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KARATE Karate (空手?) è un'arte marziale nata in Giappone, precisamente nelle isole Ryukyu, (la cui più grande è l'isola di Okinawa). Fu sviluppato dai metodi di combattimento indigeni chiamati te (? lett. "mano") e dal kenpō cinese.[1][2][3] Prevede la difesa a mani nude, senza l'ausilio di armi, anche se la pratica del Kobudo di Okinawa, che prevede l'ausilio delle armi tradizionali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama), è strettamente collegata alla pratica del karate. Attualmente viene praticato in versione sportiva (privato della sua componente marziale e finalizzato ai risultati competitivi tipici dell'agonismo occidentale) e in versione arte marziale tradizionale per difesa personale. Nel passato era studiato e praticato solo da uomini, ma col passare dei secoli anche le donne si sono avvicinate a questa disciplina. Il karate fu sviluppato nel Regno delle Ryūkyū prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo. Fu portato sulle isole giapponesi durante il periodo degli scambi culturali fra i nipponici e gli abitanti delle Ryukyu. Nel 1922 il Ministero dell'Educazione Giapponese invitò Gichin Funakoshi a Tokyo per una dimostrazione di karate: la National Athletic Exhibition[4]. Nel 1924 l'Università Keio istituì in Giappone il primo club universitario di karate, e nel 1932 tutte le maggiori università avevano i loro club.[5] In un'epoca di crescente militarismo giapponese,[6] il nome fu modificato da mano cinese (唐手?) a mano vuota (空手 ?)– che in entrambi i modi viene pronunciato karate – ad indicare che i nipponici svilupparono una forma di combattimento di stile giapponese.[7] Dopo la seconda guerra mondiale Okinawa divenne un importante sito militare statunitense, ed il karate divenne popolare tra i soldati stanziati sulle isole.[8] Etimologia Kara significa vuoto. Te significa mano. La parola giapponese karate, nel complesso, si compone di vuoto e pugno, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè mettersi all'opera per fare il vuoto. Il termine zen ku, che indica lo spirito vuoto, l'assenza di Ego, può essere pronunciato anche "kara". Il karate si pratica attraverso il karate-do, dove Dō significa Via, ovvero il percorso di autoperfezionamento che si intraprende attraverso questa disciplina. Pertanto KarateDō significa "Via della Mano Vuota". Ad Okinawa si praticava l'arte marziale dell'Okinawa-te, detta più semplicemente Te, ma anche Tode. Per facilitare la diffusione del karate in Giappone, Gichin Funakoshi e Kanryo Higaonna mescolarono i due nomi dell'arte di Okinawa: presero le parole Tode e Okinawa-te (e ovviamente anche Te) e ne fecero un parola unica: ToTe. Scelsero apposta l'ideogramma to perché si poteva leggere sia "to", sia "Kara". Kara in questo caso voleva dire "vuoto". La parola divenne perciò karate col significato di mano vuota, ovvero un'arte marziale senza l'uso di armi[senza fonte]. Questi concetti suggeriscono che il praticante di karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale, ma anche nella vita. Si può quindi riassumere che il karate è un'arte; una disciplina che si applica a mani nude, di origine giapponese e che rafforza il corpo e lo spirito. "Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateka deve rendere vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe incontrare." G. Funakoshi Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l'accezione karate, più spesso si adoperavano altre parole: te o bushi no te (la mano del guerriero).

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Page 1: KARATE - LA FENICE · Funakoshi fu scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, ove si stabilì[4]. Nel 1922 scrisse "Ryu-kyu

KARATE

Karate (空手?) è un'arte marziale nata in Giappone, precisamente nelle isole Ryukyu, (la cui più grande è

l'isola di Okinawa). Fu sviluppato dai metodi di combattimento indigeni chiamati te (手? lett. "mano") e dal

kenpō cinese.[1][2][3] Prevede la difesa a mani nude, senza l'ausilio di armi, anche se la pratica del Kobudo

di Okinawa, che prevede l'ausilio delle armi tradizionali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama), è strettamente

collegata alla pratica del karate. Attualmente viene praticato in versione sportiva (privato della sua

componente marziale e finalizzato ai risultati competitivi tipici dell'agonismo occidentale) e in versione arte

marziale tradizionale per difesa personale. Nel passato era studiato e praticato solo da uomini, ma col

passare dei secoli anche le donne si sono avvicinate a questa disciplina.

Il karate fu sviluppato nel Regno delle Ryūkyū prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo. Fu

portato sulle isole giapponesi durante il periodo degli scambi culturali fra i nipponici e gli abitanti delle

Ryukyu. Nel 1922 il Ministero dell'Educazione Giapponese invitò Gichin Funakoshi a Tokyo per una

dimostrazione di karate: la National Athletic Exhibition[4]. Nel 1924 l'Università Keio istituì in Giappone il

primo club universitario di karate, e nel 1932 tutte le maggiori università avevano i loro club.[5] In un'epoca

di crescente militarismo giapponese,[6] il nome fu modificato da mano cinese (唐手?) a mano vuota (空手

?)– che in entrambi i modi viene pronunciato karate – ad indicare che i nipponici svilupparono una forma di

combattimento di stile giapponese.[7] Dopo la seconda guerra mondiale Okinawa divenne un importante

sito militare statunitense, ed il karate divenne popolare tra i soldati stanziati sulle isole.[8]

Etimologia

Kara significa vuoto. Te significa mano. La parola giapponese karate, nel complesso, si compone di vuoto e

pugno, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè mettersi all'opera per fare il

vuoto. Il termine zen ku, che indica lo spirito vuoto, l'assenza di Ego, può essere pronunciato anche "kara".

Il karate si pratica attraverso il karate-do, dove Dō significa Via, ovvero il percorso di autoperfezionamento

che si intraprende attraverso questa disciplina. Pertanto KarateDō significa "Via della Mano Vuota". Ad

Okinawa si praticava l'arte marziale dell'Okinawa-te, detta più semplicemente Te, ma anche Tode. Per

facilitare la diffusione del karate in Giappone, Gichin Funakoshi e Kanryo Higaonna mescolarono i due nomi

dell'arte di Okinawa: presero le parole Tode e Okinawa-te (e ovviamente anche Te) e ne fecero un parola

unica: ToTe. Scelsero apposta l'ideogramma to perché si poteva leggere sia "to", sia "Kara". Kara in questo

caso voleva dire "vuoto". La parola divenne perciò karate col significato di mano vuota, ovvero un'arte

marziale senza l'uso di armi[senza fonte].

Questi concetti suggeriscono che il praticante di karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia

sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a

svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale,

ma anche nella vita. Si può quindi riassumere che il karate è un'arte; una disciplina che si applica a mani

nude, di origine giapponese e che rafforza il corpo e lo spirito.

"Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateka deve rendere

vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe

incontrare." G. Funakoshi

Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l'accezione karate, più spesso si

adoperavano altre parole: te o bushi no te (la mano del guerriero).

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Il carattere giapponese per "mano vuota" fu usato per la prima volta nell'agosto del 1905 da Chōmo

Hanashiro, maestro di Okinawa, in Karate Shoshu Hen (Il combattimento nel Karate).

STORIA

Descrivere in modo dettagliato l'evoluzione del karate risulta difficile per mancanza di fonti storiografiche

certe. Si possono solo formulare ipotesi riguardo alla nascita e alla diffusione iniziale di quest'arte marziale,

utilizzando rare fonti costituite perlopiù da racconti e leggende trasmessi oralmente. Dal XIX secolo in poi,

la storia risulta più chiaramente documentata.

La storia del karate parte da un arcipelago a sud del Giappone, le isole Ryūkyū (in origine scritto Ryu-kyu), e

in particolare da una di queste, l'isola più grande: Okinawa. Non è possibile affermare con certezza se

esistesse già una forma di combattimento autoctona; tuttavia, si crede che fosse già praticata un'arte

"segreta": l’Okinawa-te.

L'arcipelago delle Ryu-Kyu era diviso in tre regni. Per molti secoli Okinawa –nell'arcipelago dei Tre regni

delle Ryu-kyu, che allora erano stati a sé, indipendenti dal Giappone– aveva mantenuto rapporti

commerciali con la provincia cinese di Fukien e fu così, probabilmente, che conobbe alcune arti marziali

cinesi come il kempo o chuan-fa / Quanfa («Via del pugno») -nato secondo la tradizione nel monastero di

Shàolín-sì- modificandolo col passare degli anni secondo metodi locali. La stessa isola di Okinawa era divisa

in tre principati: Hokuzan (北山 Montagna settentrionale), Chūzan (中山 Montagna centrale) e Nanzan (南

山 Montagna meridionale).

Shō Hashi (soprannominato Shang Bazhi), re di Chuzan, nel 1429 unificò i tre regni di Okinawa e in seguito

anche tutti i regni delle Ryu-kyu. Poco più tardi, Sho Shin (che regnò dal 1478 al 1526), per mantenere la

pace, intorno al 1500 vietò il possesso di armi, che furono raccolte e chiuse in un magazzino del castello di

Shuri.

Dopo la battaglia di Sekigahara, il clan vittorioso dello shogunato Tokugawa concesse al clan Shimazu, che

governavano il bellicoso feudo di Satsuma nell'isola di Kyūshū, di occupare le Ryukyu: 3.000 samurai

compirono l'invasione senza incontrare valida resistenza (1609).

Poiché fu rinnovato il divieto di possedere armi e persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e

falcetti dovevano essere chiusi nei magazzini durante la notte, gli abitanti si dedicarono in segreto allo

studio di una forma di autodifesa da usare contro gli invasori.

Nacque così la scuola Okinawa-te («mano di Okinawa»), detta anche tode («mano cinese», dove

l'ideogramma to caratterizza la dinastia Tang), che si differenziava in tre stili: Naha-te, sul modello del kung-

fu / gongfu della Cina meridionale, Shuri-te e Tomari-te, sul modello del kung-fu / gongfu della Cina

settentrionale. Va precisato che Naha era la capitale dell'isola di Okinawa, Shuri la sede del castello reale e

Tomari la zona del porto (oggi Shuri e Tomari sono quartieri di Naha)[

L'ideogramma te (手) letteralmente indica la parola "mano", ma per estensione può anche indicare "arte" o

"tecnica"; il significato di Okinawa-te, quindi, è "arte marziale di Okinawa".

Essa era praticata esclusivamente dai nobili, che la tramandavano di generazione in generazione. Secondo

le credenze popolari, come detto sopra, la nascita del karate è dovuta alla proibizione dell'uso delle armi

nell'arcipelago delle isole Ryūkyū.

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Ciò è vero solo in minima parte, in quanto l'evoluzione di quest'arte marziale è molto più lunga e

complessa. Nei secoli XVII e XVIII le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente; l'improvviso

impoverimento delle classi alte fece sì che gli esponenti di queste ultime iniziassero a dedicarsi al

commercio o all'artigianato. Fu grazie a questo appiattimento tra i due ceti che l'arte "segreta" iniziò a

penetrare anche al di fuori della casta dei nobili[senza fonte].

La conoscenza del te restava uno dei pochissimi segni di appartenenza passata a un'elevata posizione

sociale. Per questo motivo i nobili, ormai divenuti contadini, tramandavano quest'arte a una cerchia

ristrettissima di persone, quasi in modo esoterico.

Così facendo si è avuta una dispersione dell'arte originale e furono gettate le basi per i vari stili di karate.

Per la nascita del tode furono fondamentali anche le arti marziali cinesi: le persone che si recavano in Cina,

anche per due o tre anni, avevano modo di studiare le arti marziali del luogo e, in molti casi, cercarono di

apprenderle; però le arti marziali cinesi si basavano su concetti filosofici e su un'elaborata concezione del

corpo umano, pertanto era impossibile imparare le arti cinesi nello spazio di un solo viaggio, e con ciò i

viaggiatori giapponesi appresero quel che potevano.

Si pensa quindi che sia stata possibile una sorta di fusione tra le arti arrivate dalla Cina, che comunque

costituivano uno stile non metodico, e il te okinawense. Una prova di questo importante scambio culturale

tra Okinawa e Cina è fornita da un maestro vissuto in epoca successiva, Ankō Itosu. In uno scritto di suo

pugno vede le origini del karate nelle arti cinesi e sottolinea come non abbiano influito né il Buddhismo né il

Confucianesimo.

Il primo maestro delle Ryu-kyu fu Kanga Sakugawa di Shuri (1733-1815), signore di Okinawa ed esperto di

te; era soprannominato “Tode” perché combinò il kempo, da lui studiato in Cina, con le arti marziali di

Okinawa. Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione delle arti diffuse ad

Okinawa. Tuttavia trascorse ancora qualche decennio prima dello sviluppo di una vera e propria scuola di

tode.

Il fondatore di questa scuola fu il suo allievo Sōkon Matsumura (1809-1901); egli fu maestro del grande

Ankō Asato (o Azato 1827-1906), a sua volta maestro di Gichin Funakoshi (1868-1957).

Il suo stile di tode era chiamato Shuri-te (arte marziale di Shuri) in quanto Matsumura era residente proprio

nella città di Shuri. Egli basò il proprio insegnamento su tre punti fondamentali: la pratica dell'arte

autoctona di Okinawa, l'arte giapponese della spada (Jigen-ryū) e la pratica delle arti cinesi. Nacque così il

vero e proprio tode.

Anko Itosu (1832-1916), allievo esterno di Matsumura, grande amico di Azato e anch'egli maestro di

Funakoshi, introdusse il to-de nelle scuole di Okinawa e mise a punto i cinque kata detti Pinan (presenti nel

karate degli stili come il Wado-Ryu e Shito-Ryu; questi kata cambiarono poi il nome in Heian[10]).

Il primo maestro di Okinawa a recarsi in Giappone fu Motobu Chōki di Shuri (1871-1944), straordinario

combattente, ma illetterato, che perciò non ottenne grande successo come insegnante. Solo più tardi, con

l'arrivo dell'allievo Funakoshi, divenuto poi maestro, l'Okinawa-te poté diffondersi nel paese del Sol

Levante.

Si dice che il primo maestro di Naha-te fosse Higaonna Kanryō, noto anche come Higashionna (1853-1915;

secondo alcune fonti la nascita sarebbe nel 1840). Kanryio Higaonna aiutò molto

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Funakoshi nella diffusione del karate in Giappone. Con questa diffusione, l'Okinawa-te divenne così il

karate.

Gichin Funakoshi nacque a Shuri. Bambino gracile e introverso, si appassionò alle arti di combattimento:

studiò con Azato, padre di un suo compagno di scuola e maestro di svariate arti marziali, poi con Itosu,

quindi con Matsumura. Era non solo un abile calligrafo, ma conosceva anche i classici cinesi; pertanto nel

1888 cominciò ad insegnare in una scuola elementare.

Nel 1921 passò per Okinawa il principe Hirohito, diretto in Europa, e nel castello di Shuri, Funakoshi

organizzò un'esibizione che fu molto apprezzata. Lasciato l'insegnamento, nella primavera del 1922

Funakoshi fu scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di

Tokyo, ove si stabilì[4].

Nel 1922 scrisse "Ryu-kyu kempo": karate (karate significava ancora «mano cinese» e i nomi dei kata erano

quelli originari di Okinawa). Nel 1935 pubblicò "Karate-do kyohan", molti anni dopo tradotto dal maestro

Tsutomu Ōshima.

I primi anni furono difficili soprattutto sotto l'aspetto economico. Nel 1931 il karate fu ufficialmente

riconosciuto dal Dai Nippon Butoku Kai, l'organizzazione imperiale per l'educazione della gioventù. Dopo

aver utilizzato un'aula del Meisei Juku (un ostello per studenti di Okinawa nel quartiere Suidobata), per

qualche tempo Funakoshi fu ospite nella palestra del maestro di scherma Hiromichi Nakayama.

Nel 1936, grazie al comitato nazionale di sostenitori del karate, venne costruito il dojo Shotokan («casa

delle onde di pino») a Zoshigaya, sobborgo del quartiere speciale di Toshima a Tokyo. “Shoto” era lo

pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi cinesi, "kan" invece vuol dire "sala".

Per facilitare la diffusione del karate in Giappone, gli ideogrammi tode e te, vennero assemblati. Si ottenne

così la parola tote, ma l'ideogramma to, che si leggeva anche "kara" (ma col significato di «vuoto» sia nel

senso di «disarmato», che in riferimento allo stato mentale del praticante, concetto Zen di mu-shin), fu

cambiato con questa lettura. Pertanto l'ideogramma finale risultò karate. Vennero inoltre cambiati in

giapponese i nomi originali delle tecniche e dei kata per renderli più comprensibili.

Nel dopoguerra il generale Douglas MacArthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l'anima dello

spirito militarista nipponico, ma a poco a poco l'interesse per il karate crebbe anche in Occidente e

Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni.

Funakoshi lasciò la direzione dello stile Shotokan al figlio Yoshitaka, che trasformò profondamente lo stile

elaborato dal padre, inserendovi attacchi lunghi e potenti, che facevano uso di nuove tecniche di calci.

Yoshitaka morì di tubercolosi nel 1953. Ricordiamo che la diffusione del karate nel Giappone si deve ai

maestri Funakoshi e Higaonna, ma la diffusione di esso in tutto il mondo occidentale, si deve ad un allievo

di Chojun Miyagi (che era un allievo di Higaonna): Jitsumi Gōgen Yamaguchi.

Dal karate nacquero poi diverse correnti di pensiero e il karate si divise così in vari stili.

Stili del karate

Lo stesso argomento in dettaglio: Stili del karate.

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Gichin Funakoshi, fondatore del Karate Shotokan.

Inizialmente esistevano due scuole, Shorei e Shorin, le quali tecniche erano diverse tra loro. In generale

possiamo dire che nello Shorei-ryu si dà maggiore enfasi alle tecniche delle braccia, alla respirazione e

all'uso della forza, troviamo posizioni più corte e movimenti decisamente più circolari dello Shorin-ryu,

dove le posizioni sono più ampie e basse, le tecniche più agili e veloci e potenti e si usano più le gambe

degli arti superiori[senza fonte]. Shorei e Shorin erano le due principali scuole che poi però si

differenzieranno tra le tre città principali di Okinawa: Tomari, Naha e Shuri.

Alla fine del diciannovesimo secolo i nomi e gli stili si modificarono ancora e lo Shorin Ryu divenne il Shuri-

te e il Tomari-te, mentre lo Shorei-ryu divenne il Naha-te. Il Naha-te, ideato da Kanryo Higaonna diede vita

ad alcuni stili di karate, il cui principale è il Goju-ryu, la cosiddetta "scuola dura e morbida" sviluppata dal

maestro Chojun Myiagi.

Lo Shuri-te e il Tomari-te si fusero insieme e diedero vita ad alcuni stili come il Wado-Ryu e lo Shotokan-ryu.

Pertanto si può dire che esistono l'Area Shorin (poiché dallo Shorin-ryu nacquero lo Shuri-te e il Tomari-te)

e l'Area Shorei (visto che dallo Shorei-ryu nacque il Naha-te)[senza fonte].

Ad Okinawa esiste una tradizione dove entrambi gli approcci Shorin e Shorei sono mescolati in uno stile

unico, la cui maggiore scuola è quella di Kenwa Mabuni che insegna lo Shito-ryu, anche se l'influenza

maggiore di questo stile deriva dall'area shorei.

I principali stili del karate sono:

yū, non è propriamente uno stile di karate. È un'antica scuola di karate, che si è evoluta nel Naha-

te, dal quale poi sono nati lo stile Goju-Ryu e lo stile Uechi-ryū. Ebbe anche una leggera influenza sullo

Shitō-ryū. Lo Shorei- hōrin-ryū, non è propriamente uno stile di karate. È

un'antica scuola di karate, che si è evoluta nello Shuri-te; in seguito lo shuri-te è stato combinato con il

Tomari-te (che era quasi del tutto simile allo shuri-te dal quale derivava) e si sono originati gli stili di karate

Shotokan, Wado-ryu e

Shitō-ryū (quest'ultimo ebbe anche una piccola influenza dello Shōrei ryū). Anche se non è propriamente

uno stile di karate, esiste ancora qualcuno che lo pratica tutt'oggi, ma esso è diviso in numerosissime

bran

tecnici del figlio Yoshitaka) intorno agli anni Quaranta. Pur praticato in numerose varianti e da numerose

scuole, con impostazioni tecniche piuttosto variegate, si caratterizza comunque per le posizioni

tendenzialmente basse, stabili e forti (e quindi per una maggiore staticità rispetto ad altri stili). Prevede

competizioni sia di Kata sia di Kumite, queste normalmente con protezioni piuttosto limitate. Il nome

significa casa (kan) di Shoto (brezza nella pineta) pseudonimo con cui Funakoshi firmava i suoi

-ryū, stile moderno

fondato dal maestro Kenwa Mabuni nel 1931. Egli iniziò a studiare il karatedo all'età di 13 anni dal maestro

Ankoh Itosu; all'età di 20 anni iniziò lo studio del Naha-Te con il maestro Higaonna. Kenwa Mabuni in

seguito si unì alle forze di polizia e questo gli permise di viaggiare per tutta l'isola di Okinawa così da

imparare nuove arti marziali classiche dell'isola. Si trasferì ad Osaka nel 1929 dove aprì una propria

palestra, decidendo in breve di insegnare la sua versione del karate-do. Mabuni incentrò il suo nuovo

metodo di insegnamento su quanto appreso dai suoi due maestri più importanti: il maestro Kanryu

Higashinna di Naha e Ankoh Itosu di Shuri; chiamò questo nuovo stile del karate Shito Ryu dandogli le

iniziali dei loro nomi, Higaonna e Itosu o, più semplicemente, scuola di Itosu e Higaonna. Lo Shito Ryu è lo

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-ryu, stile moderno che si basa sugli insegnamenti del maestro

Hironori Otsuka, il quale fuse lo Shindo Yoshin Ryu JuJitsu con il karate di Okinawa e introdusse il moderno

concetto di Kumite. Wado Ryu letteralmente significa: "La scuola della Via della Pace". Le posizioni sono

molto alte e morbide, e si pone l'accento sulla velocità e la fluidità sia dei colpi che del corpo. Il Wado Ryu,

ad un contrasto cruento, preferisce utilizzare schivate e taisabaki per controllare e accompagnare il colpo

dell'avversario così da sbilanciarlo e lasciarlo scoperto ad una serie di contrattacchi rapidi e dirompenti. La

sua caratteristica principale è inoltre il vasto bagaglio di Jujitsu per cui a tecniche di percussione si

accompagnano proiezioni, leve articolari, strangolamenti e sbilanciamenti. Predilige una distanza medio-

-Ryu, stile antico tutt'oggi praticato ad Okinawa, tende a non discostarsi dallo stile codificato in

origine. Nasce dal Naha-te, il cui primo Maestro fu Kanrio Higahonna che visse per moltissimo tempo nel

Fukien in Cina. A raccogliere l'eredità di Higaonna e fondare lo stile Goju-ryu fu il maestro Chojun Myagi. Lo

Uechi-ryū, (上地流 Uechi-ryū?) ("stile

di Uechi") è il nome attribuito ad una disciplina marziale di origine cinese che fu introdotta ad Okinawa da

Kanbun Uechi, un Okinawense che la apprese in Cina, a Fuzhou nella provincia di Fukien[11]. Poco diffuso a

livello europeo, il Karate Uechi-

Sankudò, stile moderno che si basa sulla leggerezza e l'accuratezza della tecnica ma anche sulla potenza dei

colpi. Fu fondato da Yoshinao Nanbu, che lo ha poi lasciato nel 1978, in modo da poterlo evolvere (per

scelta del maestro Nanbu in persona), nell'arte marziale Nanbudo, che a tutt'oggi viene praticata e

M° Nanbu decise di

abbandonare temporaneamente il mondo del karate per ritirarsi nella località di Cap d'Ail. Fu proprio in

questo luogo, in quattro anni di riflessione, in cui si rese conto che il Karate Sankukai era solo una tappa del

suo viaggio e che era necessaria un'evoluzione nel suo stile. Decise quindi di abbandonare quest'ultimo e di

far nascere, nel 1978, il Nanbudo, l'arte marziale (non più definibile, dallo stesso M° Nanbu "karate") che

tutt'oggi il maestro segue e continua a migliorare tramite

Nakamura è il fondatore e presidente della World Seido Karate Organization. Karateka di fama mondiale,

Nakamura è cintura nera nono Dan con cinquant'anni di esperienza nella pratica e nell'insegnamento delle

arti marziali. Esperto nell'uso delle armi orientali, Nakamura ha dato numerose lezioni, e dimostrazioni in

molti paesi in giro per il mondo. Il Gran Maestro Nakamura iniziò i suoi studi di karate nel 1953 all'età di

undici anni. Le sue prime esperienze furono

nello stile Goju, con gli insegnamenti del Maestro Kei Miyagi, figlio del fondatore di questo stile. Nel 1956,

Nakamura iniziò a studiare con Masutatsu Oyama, fondatore del KyokushinKarate, nel 1959 conseguì il

grado di Shodan, in quel tempo fu il più giovane studente di Kyokushin del Giappone a prendere la cintura

nera. Nel 1961, all'età di diciannove anni, Nakamura debuttò nel panorama dei tornei, con un primo posto

al campionato nazionale studentesco di karate. L'anno seguente, Nakamura divenne eroe nazionale per

aver battuto con un K.O. un campione tailandese di kickboxing in un incontro che avrebbe dovuto

determinare, quale nazione detenesse l'arte marziale più forte. Durante la sua carriera sportiva, Nakamura

vinse molti altri tornei. In questo periodo, Nakamura iniziòad insegnare il karate anche agli altri. Servì come

capo istruttore a Camp-Zama, una base americana vicino a Tokio, dal 1961 al 1965 e allenò la squadra di

karate del Toho Medical University per tre anni. Mentre conseguiva il suo settimo dan di Kyokushin Karate,

Nakamura serviva anche come capo istruttore nella sede centrale di Tokio del Kyokushin Karate. Nel 1966,

Nakamura fu scelto direttamente da Masutatsu Oyama per portare il vero spirito del Kaicho Karate in

America. Quell'anno Nakamura partì per New York dove Iniziò ad insegnare Kyokushin Karate, in un piccolo

Dojo di Brooklyn. Nel 1971, Nakamura fondò il quartier generale del Kyokushin Karate, nel Nord America.

Servì come capo del Kyokushin Karate, per l'America, per un decennio, allenando e formando molti abili

studenti in quel periodo. Nel 1976, Nakamura rispettosamente si scisse dal Kyokushin Karate. Quello stesso

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anno, fondò la World Seido Karate Organization, che rifletteva le sue convinzione sul vero significato del

karate. Nakamura creò il Seido che in giapponese significa “via sincera”, per creare individui completi, atti a

Kyokushinkai, stile moderno fondato dal maestro Masutatsu Oyama che, dopo aver praticato lo Shotokan

sotto la guida di Gichin Funakoshi e il Goju-ryu, ha creato questo stile basato sul Kumite full contact.

Incorpora alcuni Kata dello Shotokan e altri tradizionali. Lo stile necessita di una notevole preparazione

fisica per poter essere praticato a causa anche dei combattimenti a contatto pieno. Le competizioni si

Kyokushinkai. Si basa sul concetto di Sabaki. Prevede combattimenti a contatto pieno e dei kata alquanto

Ninomiya, allievo di Ashihara. Dopo aver insegnato Kyokushinkai per qualche anno, e aver seguito il

maestro Ashihara, aiutandolo nella divulgazione dell'Ashihara Karate, nel 1988 decide di portare avanti il

suo stile: l'Enshin. Il karate Enshin, basato sempre sul concetto di Sabaki, è caratterizzato da combattimenti

a contatto pieno. I kata, come nell'Ashihara, si discostano molto da quelli del Kyokusinkai. Ogni anno si

Shidokan, Fondato da Yoshiji Soeno, il karate Shidokan, come avviene per quasi tutti gli altri stili a contatto

pieno, deriva dal Kyokushinkai e prevede lo studio dei kata. È un metodo di combattimento che utilizza, fra

le altre cose, le tecniche di pugilato, le ginocchiate e le gomitate tipiche della Muay Thai, il grapplin e la

Fondato da Minoru Tanaka, deriva dal Seidokaikan. Tra le altre cose prevede anche allenamenti di Karate

Gloves (Karate con i guantoni), per offrire ai praticanti la possibilità di cimentarsi in combattimenti

interstile. Lo Shinseikai (Shin = verità, Sei = giusto, Kai = associazione, quindi Associazione della giusta

verità) ha come particolarità, diversamente dalle altre organizzazioni, un sistema molto aperto dove la

gerarchia dei capo scuola internazionali è messa sullo stesso piano, non ci sono privilegiati ne pedine, siamo

tutti su -jutsu (古流沖縄手拳法術) è la

sistematizzazione didattica moderna delle discipline di combattimento storiche di Okinawa operata da

Patrick McCarthy, Hanshi 8º dan. Si tratta di un'arte non agonistica interamente finalizzata all'autodifesa

reale contro atti abituali di violenza fisica attraverso un metodo di apprendimento/insegnamento coesivo e

coerente.

-Ryu, Kuma-Ryu (o stile dell'orso) è uno stile di karate originario di Okinawa che utilizza posizioni

erette, veloci chiusure dello spazio e tecniche di combattimento sulla corta distanza. Ufficialmente

conosciuto come: Kuma-Ryu Karate-Jutsu, questo stile presenta joint locks tecniche di controllo e

immobilizzazione e attacchi sul meridiano, (o "punti di pressione"). Sono utilizzati i calci alti nel Kuma-Ryu e

gli stessi possono anche essere diretti in determinate aree e sulle gambe. Le tecniche sono ampiamente

-Ryu, Washin-Ryu (和真流),

significa "Armonia con verità", ed è uno stile di karate portato negli Stati Uniti da Hidy Ochiai. La sua sede

centrale si trova a Vestal, appena fuori di Binghamton. Ci sono comunque molte diramazioni negli Stati

Uniti nordorientali. Con 13 ramificazioni a New York, 2 delle quali in Connecticut e in Pennsylvania e una

nell'Ohio e in Massachusetts, il WashinRyu ha molto seguito. Nonostante si dica che alcune arti marziali si

concentrino sui calci ed i pugni, Hidy Ochiai è famoso per sostenere che il Washin-Ryu è "al 100% mente,

corpo, e spirito". Le lezioni di Washin-Ryu includono la pratica dei kata, l'autodifesa, il combattimento e la

pratica con l'uso delle armi. La sequenza delle cinture è: Bianca, Gialla, Arancione, Verde, Blu, Viola,

Marr -Kan Sottostile del Goju- -

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Fudokan Stile fondato da Ilija Jorga nel -

Uno stile di karate nato dallo Isshin-

Kimura]], discendente della casata dei samurai Kimura. Combina le tecniche del Kyokushin con le antiche

forme da combattimento dei samurai.

Nel karate si sono formati molti altri stili, e talvolta alcuni stili presentano anche dei sotto-stili, ma ad ogni

modo la World Karate Federation riconosce solo questi 4 stili di karate della lista:[13]

- - - -ryū.

Filosofia Budō

Anko Itosu ebbe il grande merito di introdurre il karate nelle scuole dell'epoca; a seguito delle prestigiose

esibizioni del Maestro Gichin Funakoshi a Tokyo nel 1922, il karate venne conosciuto al di fuori dell'isola di

Okinawa. Questi sono stati i quattro maestri che hanno determinato nel karate svolte di fondamentale

importanza.

Funakoshi fu anche fondatore dello Stile Shotokan, che basa l'efficacia delle proprie tecniche su agili

spostamenti e attacchi penetranti. Egli intese ed insegnò il karate come "sistema di disciplina interiore"

capace di condizionare tutti gli aspetti della vita dei praticanti, denominato più precisamente karate-dō.

Da allora il karate si è diffuso in gran parte del mondo, subendo anche cambiamenti discutibili che -

secondo alcuni - lo hanno allontanato dallo spirito originale voluto dai suoi fondatori.

Il più grande ringraziamento che il praticante possa elevare è diretto ai maestri che insegnano a

comprendere quest'arte e svelano, passo dopo passo, il Dō, la "via" è molto più della tecnica, è un lento e

misterioso cammino dell'essere verso la propria perfezione, il proprio compimento.

Ogni scuola di karate tradizionale sintetizza per i propri allievi i principî morali che devono guidare la pratica

e che ne costituiscono i fondamenti. Essi sono chiaramente enunciati nel Dojo Kun.

Le regole del dōjō

Dojo Kun indica le regole del dōjō, che variano a seconda della scuola. Quelli sotto riportati si riferiscono

allo shotokan.

-

mamoru koto - cerca di e - dobbiamo

- dobbiamo cercare di agire nel

- dobbiamo cercare di controllare i nostri

istinti

Il karate è fondamentalmente rispetto reciproco, sul quale si basa e il dōjō kun dovrebbe venire applicato

anche al di fuori del dōjō. Infatti un esempio di questo principio è che nel kumite, praticato da certe

palestre, non si può toccare l'avversario, mentre prima di salire sul tatami bisogna fare il saluto al Maestro.

I quattro lati del dōjō hanno particolari nomi: la Sede Superiore, ovvero dove sta il ritratto del Maestro

fondatore dello stile che viene praticato è chiamato Jo-Za, mentre il lato dove stanno gli allievi, per fare il

saluto, è chiamato Shimo-za, ovvero sede inferiore. Nel saluto gli allievi sono sistemati in ordine di cintura,

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iniziando dalle nere con grado maggiore fino ad arrivare alle bianche. Il lato verso gli allievi di grado più alto

è chiamato Jo-seki, mentre invece quello verso le bianche, quindi verso coloro con meno esperienza è

chiamato Shimo-seki.

I venti principi guida di Funakoshi

Lo stesso argomento in dettaglio: Stile Shotokan.

I venti principi fondamentali dello spirito del karate (松濤二十訓 Shōtō nijū kun?) insegnati dal maestro

Gichin Funakoshi sono:[14]

1. Non dimenticare che il karate-dō comincia e finisce con il saluto. (一、空手は礼に初まり礼に終 るこ

とを忘るな 。) 2. Nel karate non esiste iniziativa (Karate ni sente nashi), (二、空手に先手無し。). 3. Il

karate è dalla parte della giustizia (三、空手は義の補け。). 4. Conosci prima te stesso, poi gli altri (四、先

づ自己を知れ而して他を知れ。). 5. Lo spirito viene prima della tecnica (五、技術より心術。). 6. Libera

la mente (il cuore) (六、心は放たん事を要す。). 7. La disattenzione è causa di disgrazia (七、禍は懈怠

に生ず。). 8. Il karate non si vive solo nel dōjō (八、道場のみの空手と思うな。). 9. Il karate si pratica

tutta la vita (九、空手の修行は一生である。). 10. Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile

bellezza (十、凡ゆるものを空手化せ其処に 妙味あり。). 11. Il karate è come l'acqua calda, occorre

riscaldarla costantemente o si raffredda (十一、空手は湯の 如く絶えず熱を与えざれば元の水に返る

。).

12. Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere (十二、勝つ考えは持つな、負けぬ考えは 必

要。). 13. Cambia in funzione del tuo avversario (十三、敵に因って転化せよ。). 14. Nel combattimento

devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto (十四、戦は虚実の操縦如何にあ り。). 15. Considera mani e

piedi dell'avversario come spade (十五、人の手足を劔と思え。). 16. Oltre la porta di casa, puoi trovarti

di fronte anche un milione di nemici (十六、男子門を出づれば 百万の敵あり。). 17. La guardia è per i

principianti; più avanti si torna alla posizione naturale (十七、構えは初心者に、 あとは自然体。). 18. I

kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa (十八、型は正しく、実戦は別 もの。).

19. Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la

velocità, in ogni tecnica (十九、力の強弱、体伸縮、技の緩急を忘るな。). 20. Sii sempre creativo (二十

、常に思念工夫せよ。).

L'abito

Il karate-gi. Consiste in due parti: uwagi (giacca) e zubon (pantaloni) usualmente portati con una obi

(cintura) colorata (non mostrata nella foto).

Lo stesso argomento in dettaglio: Karate gi.

In quasi tutte le arti marziali è uso allenarsi indossando un abito adeguato, chiamato gi (pronuncia: ghi); nel

Karate, quest'abito è il karate-gi, composto da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone

bianco e da una cintura (obi) il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante. Oltre al termine

specifico "karate-gi", l'abito per la pratica del karate può essere chiamato genericamente "keikogi" o "dogi";

mentre completamente sbagliato, ma molto in voga, è il termine "kimono". Questa antica parola della

lingua giapponese, che originariamente significava semplicemente "abito", ai nostri giorni viene usata per

indicare uno specifico tipo di vestito tradizionale che nulla ha a che vedere con la pratica delle arti marziali.

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Fu il maestro Gichin Funakoshi ad adottare per primo l'uso del "karate-gi". Infatti, in occasione della prima

dimostrazione al Budokan di Tokyo, lui e un suo allievo indossarono un abito fatto da

Funakoshi stesso la notte precedente, ispirandosi al modello del judo-gi ed utilizzando, però, una tela più

leggera e comoda. Il colore bianco è quello naturale del cotone non tinto, essendo questo un abito

semplice ed umile.

Regole di karate-gi: per gli atleti di Kata (Combattimento immaginario con uno o più avversari) il keikogi è

più duro e si può portare anche corto; Per gli atleti di kumite (Combattimento libero) il keikogi è più leggero

e non deve essere lungo fino alle caviglie.

In molte arti del Budō (Kendo, Kyudo, Aikido), per esercitarsi si indossa, invece, una gonnapantalone

(hakama) tipico giapponese ma mai utilizzato ad Okinawa.

Cinture

Lo stesso argomento in dettaglio: Gradi del karate.

La cintura nel karate è un riferimento che indica l'abilità, attestata dal superamento di appositi esami, nella

pratica della disciplina di chi la indossa.

Nel 1924, Gichin Funakoshi, fondatore del Karate Shotokan, adottò il sistema dei dan dal fondantore dello

judo, Jigoro Kano. Egli usò un sistema di gradi con un set limitato di colori di cintura. Anche gli altri

insegnanti di Okinawa adottarono questa pratica. Tuttavia il sistema di gradazione delle cinture può variare

a seconda dello stile. Nel sistema kyū/dan i gradi per principianti cominciano con un kyū numerato in

maniera crescente,(ad esempio 9 kyū) ed avanza in maniera decrescente fino al kyū di numero più basso. Il

dan inizia col 1 dan (Shodan, o "cominciando a dan") sino a giungere ai dan di grado più elevati. I gradi sono

assegnati come una "cintura di colore" o mudansha ("uni senza dan"). I karateka con grado di dan sono

assegnati come yudansha ("possessori del rango di dan"). Il yudansha porta tipicamente una cintura nera. I

requisiti dei ranghi differiscono fra stili, organizzazioni e scuole. La minima età e il tempo nei gradi sono

fattori promozione importanti.

L'esame consiste nel dimostrare le tecniche di fronte ad una commissione di esaminatori. Questa varia da

scuola a scuola, ma l'esame può includere tutto ciò che si è imparato fino a quel punto oppure nozioni

nuove. La dimostrazione è una domanda per grado nuovo (shinsa) e può includere: kata, bunkai,

l'autodifesa, routine, tameshiwari ("rompendo"), e/o kumite (combattimento). L'esame di cintura nera può

includere anche una parte scritta.

Le cinture colorate vengono dette Kyū (che secondo una traduzione, significa "bambino"), mentre le cinture

nere vengono dette Dan (che secondo una traduzione, significa "adulto"). Secondo altre traduzioni, kyu

significa "classe/allievo", mentre dan, significa appunto grado, livello. Il primo livello di dan non è chiamato

"ichi dan", che vorrebbe dire "primo grado", ma "sho dan", cioè "inizio del grado", a testimonianza del fatto

che il raggiungimento della prima cintura nera è solo l'inizio di un lungo e severo apprendimento dell'Arte

Marziale, che può non avere limiti proprio come i dan della cintura che in teoria sono illimitati.

CINTURE COLORATE, che si ottengono per esame:

a la cintura bianca: a volte è necessario sostenere un esame per ottenerla e a volte no,

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CINTURE NERE, che si ottengono per esame:

Godan

CINTURE NERE, che si ottengono ad honorem per meriti od onorificenze:

ra 10º dan Kuro

obi Judan

Le classificazioni per i kyū variano da federazione a federazione, ed esistono, presso alcune scuole, ulteriori

cinture intermedie (bianca, bianco-gialla, gialla, gialla-arancione, arancione, arancioneverde, verde, verde-

blu, blu, blu-marrone, marrone, marrone-nera). Dopo la cintura marrone si passa a cintura nera che rimane

tale al raggiungimento di gradi superiori (dan), dal 1º in poi, anche se è possibile trovare federazioni che

utilizzano la cintura bianco-rossa per il 6°, 7°, 8° dan e rossa per i 9º e 10º dan. L'ideogramma dan si trova

anche nella parola shodan, che significa "principiante", per dimostrare come l'aver impiegato alcuni anni

per diventare cintura nera sia davvero poca cosa in confronto a tutti gli anni di allenamento che aspettano.

Generalmente, le cinture si ottengono per esami fino al 5º dan, mentre dal 6º dan in poi, il grado viene

assegnato solo per meriti speciali e non più in seguito ad esami, anche se il modo in cui vengono rilasciati i

più alti gradi dan può variare da federazione a federazione. Per i gradi più elevati non viene valutata

solamente la mera capacità tecnica raggiunta ma soprattutto le doti di esperienza, didattica,

organizzazione, sviluppo e dedizione a quest'arte marziale.

Bisogna però sottolineare come il formalismo relativo al vestiario e alle cinture iniziò solamente con lo

sviluppo di massa del karate e quindi con la sua commercializzazione, soprattutto in occidente. Alle origini,

il karate era praticato con i vestiti quotidiani, spesso solamente con la biancheria intima e non esistevano le

graduatorie per cinture. Da molti praticanti di karate tradizionale, la cintura è considerata un simbolo di un

certo livello di conoscenza e di percorso ma non possiede certo un valore meramente di grado.

In origine la cintura era solo bianca. Con il passare del tempo, a furia di utilizzarla, essa si sporcava e di

conseguenza si anneriva. Perciò più una cintura era nera, ovvero sporca, più significava che veniva

indossata da molto tempo; ciò significava che uno con la cintura nera praticava il karate da molto e quindi

era bravo, mentre uno con la cintura bianca era agli inizi. Da qui ha avuto origine la colorazione delle

cinture bianca e nera e in seguito tutte le colorazioni intermedie in ordine cromatico.

Filosofia

Gichin Funakoshi interpretò il "kara" del karate-dō con il significato di "purificare se stessi da pensieri

egoisti e malvagi, perché solo con una mente e coscienza limpida il praticante può comprendere la

conoscenza che riceve". Funakoshi riteneva che il karateka doveva essere "interiormente umile ed

esternamente gentile". Solamente comportandosi umilmente si può essere aperti alle molte lezioni del

karate. Questo può essere fatto solamente attraverso l'ascolto ed attraverso la ricezione delle critiche. Egli

considerava la cortesia di primaria importanza. Diceva che "il karate viene propriamente applicato solo in

quelle rare situazioni in cui uno deve davvero atterrare qualcuno o essere da lui atterrato". Funakoshi ha

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ritenuto insolito per un appassionato l'utilizzo del karate in uno scontro fisico reale più di una volta nella

vita. Egli disse che i praticanti di karate "non devono mai essere facilmente trascinati in una lotta". Resta

inteso che un colpo scagliato da un vero esperto potrebbe significare la morte. Risulta chiaro che coloro i

quali fanno un uso distorto di ciò che hanno imparato portano disonore a se stessi.[15]

Perché a piedi nudi

Un fatto importante nel karate è il fatto di stare a piedi nudi nello svolgere la lezione, questo ha motivazioni

tecniche e formali, risponde ad esigenze pratiche ed è volto al conseguimento della massima efficacia.

Ragioni fisiche: il piede è ricco di ricettori tattili che permettono di conoscere la conformazione del suolo

senza interventi della vista; la struttura ossea del piede è arcuata così da restare parzialmente sospesa sul

piano di appoggio. L'adattamento alle caratteristiche del suolo viene avvertito dai recettori di tensione dei

tendini e delle articolazioni: il corpo risponde così alla percezione dell'inclinazione e della direzione di

pendenza, adeguandosi alle mutevoli necessità dello stare eretti. Fare karate significa anche imparare a

flettere, estendere e ruotare il piede, adattandolo al fine di ottenere un impatto efficace sul bersaglio.

Un'altra delle ragioni che chiariscono perché i praticanti di karate tradizionale non usino protezioni ai piedi

affonda le sue radici nel passato, quando i samurai divennero imbattibili nell'uso della spada, si chiesero

cosa sarebbe stato di loro se fossero stati sorpresi disarmati. Di qui la necessità di imparare ad usare il

corpo come un'arma e vennero sviluppate le prime tecniche a mano nuda: la loro evoluzione e quella delle

forme di lotta che in esse si fusero, portò alla codificazione di sistemi di combattimento a mano disarmata

sempre più complessi che scaturirono nel Jūdō, nell'aikido e nel karate (giapponese). Lo stare a piedi nudi è

un segno di umiltà, rispetto e di volontà di affrontare l'allenamento con la mente vuota dalle

preoccupazioni quotidiane.

Tecniche del karate-dō

Lo stesso argomento in dettaglio: Tecniche del karate-dō.

A seconda dei vari stili di karate, il karate si compone di numerosissime tecniche: tecniche di pugno, di

mano aperta, di gomito, calci, parate, cadute, spostamenti, posizioni e guardie. Il karate prevede lo studio

approfondito di tecniche di colpo dette "atemi waza", parola derivata dalla contrazione del verbo "ateru-

colpire" e "mi-corpo". Si utilizzano pugni, calci (principalmente alle gambe e al tronco), gomitate,

ginocchiate e colpi di percussione a mano aperta nelle zone sensibili del corpo umano (femore,

articolazioni, fegato, gola, costole fluttuanti) al fine di provocare un trauma anatomico che neutralizzi

l'avversario nel modo più veloce ed efficace possibile seguendo la regola del "minimo sforzo, massimo

risultato". Da segnalare che nello studio più avanzato dell'arte vengono esaminati anche gli "tsubo" o "punti

di pressione" e particolarmente rilevante è il fatto che nel primo testo redatto dal maestro Funakoshi

("Karate-do Kyohan") un intero capitolo fosse dedicato all'anatomia umana a dimostrazione che non solo si

deve imparare "come" colpire ma anche, e soprattutto, "dove". Tutte queste tecniche sono corredate da un

insieme di parate, schivate,

spostamenti e scivolate atte a deflettere e intercettare gli attacchi oltre a proiezioni, spazzate, bloccaggi e

leve articolari. Non si deve però pensare al Judo o all'Aikido. Le proiezioni e le spazzate del karate non

prevedono di "lanciare" l'avversario in lontananza (come nell'Aikido) ma di "sgretolarlo" sul suo centro, a

terra, per impedirgli di contrattaccare e quindi finirlo con tecniche di colpo. Il karate, del resto, è

primariamente un'arte di percussione sebbene il suo studio comprenda tutte le possibilità di

combattimento.

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Preparazione fondamentale (Kihon)

Lo stesso argomento in dettaglio: Kihon.

Il Kihon è un termine che indica le tecniche di allenamento base, di parata o di attacco, su cui si basa il

Karate. In pratica, si tratta di esercizi propedeutici all'esecuzione tecnica nel Karate.

Kata o forme

Lo stesso argomento in dettaglio: Karate Kata.

Il kata è un combattimento contro un avversario immaginario, una specie di prova. Nel Kata, che significa

"forma", si racchiudono le tecniche diffuse dalle varie scuole. Il karate ha una vasta gamma di kata che si

differenziano nei diversi stili e per i diversi ryu. I kata possono essere visti come delle tecniche marziali

prestabilite, per la maggior parte, nelle otto direzioni dello spazio. Il kata non viene considerato come un

combattimento simbolico eseguito a vuoto, ma come un combattimento contro uno o più avversari. Il

numero dei kata, ma anche i loro nomi e i kata stessi, cambiano in base alla scuola ("stile") che si pratica. Gli

elementi fondamentali per eseguire un buon kata sono: la tecnica, kime (la breve contrazione muscolare

isometrica eseguita nell'istante della conclusione della tecnica), la potenza (indicata dalla formula P=FxV

dove la velocità risulta essere maggiormente incisiva della forza), l'espressività, il ritmo e la sua bellissima

storia. La maggior parte delle volte, un kata (nelle gare a squadre) è seguito dal bunkai, cioè la messa in

pratica delle tecniche e la dimostrazione dell'efficacia delle tecniche e dei movimenti; solitamente le

squadre sono formate da tre persone e, solo in Italia, vige la regola per cui il Torei (colui che si difende)

deve essere unico.

Bunkai kata

Lo stesso argomento in dettaglio: Bunkai.

Bunkai letteralmente significa "smontare" ed indica lo studio per l'applicazione pratica delle tecniche

contenute nei kata. Lo studio di esse permette di estrapolare dai kata efficaci tecniche di difesa, molto

spesso proiezioni, tecniche combinate, leve articolari e spazzate che sono nascoste magari all'interno di una

tecnica di pugno o parata. Lo studio dei Bunkai Kata è uno dei più complessi dell'arte poiché richiede una

chiave di lettura che si deve dedurre dallo stile del fondatore. È altresì uno degli argomenti più delicati per i

teorici e gli studiosi dell'arte marziale poiché non possediamo documenti scritti sulla pratica del bunkai

sebbene essa sia importantissima per la comprensione del karate. Da ricordare, inoltre, come le tecniche

dei kata derivino da tecniche

di combattimento codificate e non il contrario. Ciò significa che le tecniche contenute nelle forme sono

funzionali e non mera tradizione scolastica.

Il combattimento (Kumite)

Lo stesso argomento in dettaglio: Kumite.

Gichin Funakoshi (船越 義珍), disse: "Non ci sono dispute nel Karate". Prima della seconda guerra

mondiale, in Okinawa, il kumite non era parte integrante dell'insegnamento. Shigeru Egami riferisce che,

nel 1940, alcuni karateka furono cacciati dal dojo perché usavano il karate nelle risse in strada. Tra le

caratteristiche del Kumite del Karate si nota che i colpi, ad eccezione del Kyokushinkai (e degli stili a

contatto pieno da esso derivati), non vengono affondati alla ricerca del knockout dell'avversario, ma

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vengono arrestati per ovvi motivi di incolumità. Le tecniche tuttavia devono dimostrare il loro potenziale ed

essere eseguite, arrestandole con controllo per non arrecare eccessivi danni. Ciò è possibile grazie ad un

adeguato allenamento e ad un opportuno regolamento di gara. Quest'ultimo infatti prevede, in linea di

massima, un lieve contatto a livello addominale, nessun contatto con tecniche di braccio al volto e un

lievissimo contatto con tecniche di calcio al volto (anche se esistono vari regolamenti e, per esempio, in

alcune federazioni e in determinati stili il contatto è consentito). L'eventuale ausilio di protezioni preventive

(conchiglia, paradenti, corpetto, paratibia-piede, guantini) e l'adozione di sanzioni adeguate e di opportune

norme completano il regolamento nella massima tutela dei praticanti. Negli anni cinquanta, il maestro Mas

Oyama creò il Kyokushinkai (Full Contact Karate) e da esso, successivamente, si svilupparono molti altri stili

che facevano del contatto pieno il loro punto di forza.

Condizionamenti

Il karate di Okinawa usa un addestramento supplementare noto come Hojo undō (補助運動). Questo

utilizza una semplice attrezzatura fatta di legno e pietra. Il makiwara è uno degli attrezzi più usati

(allenamento all'impatto dei colpi). Il "nigiri game" è un grande vaso usato per rinforzare la presa di mani e

dita. Questi esercizi supplementari sono progettati per aumentare forza, capacità di resistenza, velocità e

coordinazione muscolare. Il karate sportivo enfatizza esercizio aerobico, anaerobico, potenza, agilità,

flessibilità e gestione dello stress. Tutte le pratiche variano a seconda delle scuole e degli insegnanti.

Karate sportivo

Lo stesso argomento in dettaglio: Karate sportivo.

La federazione mondiale del karate (WKF) è riconosciuta dal comitato olimpico internazionale (CIO) come

responsabile per le competizioni di karate. La WKF ha sviluppato regole comuni che governano tutti gli stili.

I WKF organisations nazionali coordinano coi loro rispettivi comitati olimpici nazionali.

Due karateka in combattimento.

Il karate è una disciplina olimpica ,ha raggiunto il numero di voti sufficiente nelle decisioni del Comitato

Olimpico Internazionale nel 2016 e nel 2020 sarà presente alle olimpiadi di Tokyo

Sul fronte karate sportivo va precisato che, oltre alla WKF, ci sono realtà diverse che enfatizzano il

combattimento, nelle cui competizioni si può vincere anche per KO. Famoso è il Sabaki Challenge, dove ogni

anno si sfidano atleti provenienti da ogni parte del mondo. Da menzionare, poi, i campionati mondiali di

Kyokushinkai e Ashihara; entrambi caratterizzati da un numero rilevante di atleti internazionali.

Note

1. ^ Morio Higaonna, Traditional Karatedo Vol. 1 Fundamental Techniques, 1985, p. 17, ISBN 0-87040-595-

0. 2. ^ (EN) History of Okinawan Karate, wonder-okinawa.jp. URL consultato il 28 novembre 2010. 3. ^ Di

solito si pronuncia come è scritto, senza accento sulla e finale, anche se esiste la variante karatè. Secondo

altre fonti, la pronuncia karaté (con l'accento sulla e finale, ma con una "e" chiusa) è l'unica corretta. In

realtà il giapponese non usa accenti ma accentua le sillabe allungando il suono della vocale. Té è traducibile

in italiano con "mano" e kara con "vuota"; quindi, karate è traducibile in "mano vuota". Pronunciare il te

senza l'accento non ha alcun significato nella parola karate. Pronunciare karate dando enfasi sulla seconda

a e non sulla e finale è scorretto. 4. ^ a b CDKST | Scuola di Karate e Kobudo - Cinisello Balsamo Monza

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Milano 5. ^ 唐手研究会、次いで空手部の創立ラバは吸うです , Keio Univ. Karate Team. URL consultato

il 14 marzo 2010. [collegamento interrotto] 6. ^ Chojun Miyagi, Karate-doh Gaisetsu (An Outline of Karate-

Do), Patrick McCarthy, 1993 [1934], p. 9, ISBN 4-900613-05-3. 7. ^ Draeger & Smith, Comprehensive Asian

Fighting Arts, 1969, p. 60, ISBN 978-0-87011436-6. 8. ^ Mark Bishop, Okinawan Karate Second Edition,

1999, p. 11, ISBN 978-0-8048-3205-2. 9. ^ (EN) Hanashiro, Chomo (1869-1945), fightingarts.com. URL

consultato il 9 ottobre 2012. 10. ^ I Kata 11. ^ Official Karate Site of the Okinawan Prefecture 12. ^ Il

Maestro Fulvio Zilioli | Okikukai Karate Italia 13. ^ Competition Rules. Kata and Kumite, World Karate

Federation, page 25

14. ^ Gichin Funakoshi, I Venti Principi Guida del Karate, Edizioni Mediterranee, 2010, ISBN 978-88-272-

2104-4. 15. ^ Funakoshi, Gichin. "Karate-dō Kyohan - The Master Text" Tokyo. Kodansha International