la comunicazione di marketing sociale il caso "senza la c"
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1
La comunicazione di marketing sociale
Il caso “Senza la C”
Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione
Corso di laurea in Comunicazione Pubblica e D’Impresa
Cattedra di Market Driven Management
Candidato
Alessandro Consiglio
n° matricola 1556639
Relatore
Professore Alberto Mattiacci
A/A 2015/2016
3
INDICE
Introduzione……………………..………………………….…………..…….7
Capitolo 1
Il Marketing Sociale
1.1 L’evoluzione del Marketing sociale…………………………...13
1.2 La definizione di marketing sociale…….…….……………....16
1.2.1 Le differenze con il marketing commerciale..…...19
1.3 Le aree di interesse del marketing sociale………………...22
1.3.1 La promozione della salute……………………………..23
1.3.2 La prevenzione agli infortuni/incidenti…………...24
1.3.3 La protezione dell’ambiente……………………………26
1.3.4 La promozione dell’impegno comune………………27
1.3.5 Il benessere finanziario…………………………………..29
1.4 Gli obiettivi del marketing sociale…………..………………...30
1.4.1 La concorrenza……………………………………………….31
1.4.2 Il comportamento………..…………..…………………..…33
1.5 I player del marketing sociale……………………...……….…..37
1.5.1 Le Organizzazioni profit oriented…………………….39
1.5.2 Le Organizzazioni No Profit………………………….....43
4
1.5.2.1 Il foundraising e gli sponsor…….………….....46
1.5.3 Il settore pubblico…………………………………………..48
1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R.Gordon….…....…….51
1.6.1 Testo 1: “Social marketing An Approach to
Planned Social Change” di P. Kolter e G. Zaltman
del 1971....................................................................................................52
1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the Social
Marketing Mix” di R. Gordon del 2011........................................56
1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni...........................59
Capitolo 2
L’epatite C
2.1 che cos’è…………………………………………………………........…61
2.2 Epidemiologia…………..………………………………………..…....64
2.2.1 Epidemiologia in Italia……………………………..……..66
2.3 Trend futuri………………………………………………………….....69
2.3.1 Intervista ………….……………………………………..….....73
2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione….……....….....75
5
Capitolo 3
Case study
Il Caso “Senza La C”
3.1 MediArt S.r.l……..…………………………...…….………………..…83
3.1.1 L’azienda...............….………….....…..…………………….....83
3.1.2 Struttura aziendale…..………………………………..…...84
3.1.3 Product offering e performance..…………….............84
3.2 Il progetto “Senza la C”…….………………………………...…….87
3.2.1 I fase: 2014 – 2015 “L’epatite C lega”.…………......…..87
3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C”......……………….…....93
Conclusione........................................................................... …………111
Bibliografia…………………………………………………………………….115
7
Introduzione
Questo lavoro di tesi nasce dall’esperienza diretta
avuta sul campo, all’interno di un’agenzia di comunicazione
nella quale ho avuto l’opportunità di lavorare. Fra i vari
progetti seguiti, quello che mi ha maggiormente interessato
sia a livello intellettuale che formativo data la tematica
trattata e le operatività, è stato quello della campagna di
comunicazione “Senza la C”: un progetto di marketing e
comunicazione sociale finanziato da un azienda
farmaceutica e fortemente voluto da diverse associazioni di
pazienti allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le
istituzioni riguardo i pericoli del virus HCV e
contestualmente informarli dell’efficacia dei nuovi farmaci.
Questo progetto, date le sue finalità etiche e sociali, mi ha
permesso di approfondire lo studio di un settore (quello del
marketing sociale) che ad oggi ancora non riesce ad essere
percepito per la sue reale rilevanza e per le sue enormi
potenzialità. In Italia, riguardo questo ramo di studio regna
8
una grande confusione1: infatti molto spesso il marketing
sociale si ritrova associato erroneamente con il marketing
del settore pubblico, con il marketing delle organizzazioni
no profit o con molte altre discipline, senza riuscire ad
avere un’inquadratura autonoma. Tuttora per molti è
difficile immaginare uno specifico settore di questa materia
(il marketing) con un intento interamente sociale. Molte
persone, infatti, continuano a meravigliarsi quando sentono
parlare di “marketing sociale”, ritenendo che il termine
“marketing” (e contestualmente i suoi strumenti) possano
essere applicabili solo al mercato commerciale2.
Dato questo scenario, prima di analizzare il caso del
progetto “Senza la C”, il testo nel primo capitolo si
sofferma sul tema generale del marketing sociale cercando
(grazie alla consultazione di testi internazionali) di
inquadrare questo specifico settore in maniera
indipendente. Il capitolo parte dalla disamina
dell’evoluzione della materia a partire dal 1971, data in cui
1 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio
della società, Lupetti p. 11.
2 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p.
10.
9
viene per la prima volta pronunciata, fino ad arrivare alla
definizione attuale maggiormente accettata sottolineando
però attentamente quelle che sono le differenze che
intercorrono fra questo tipo di approccio di marketing e
quello strettamente commerciale. Si prosegue poi
analizzando le aree di interesse e gli obiettivi specifici del
marketing orientato a fini sociali soffermando, in
particolare, l’attenzione su due aspetti peculiari: la
concorrenza e l’aspetto psicologico del “comportamento”.
Nella seconda parte del primo capitolo l’attenzione invece
si sofferma sui player che entrano in gioco nel marketing
sociale; un argomento molto importante che differenzia
l’intero settore di studio. In conclusione di questa prima
parte del lavoro, allo scopo di avere uno sguardo d’insieme
su una delle tematiche maggiormente dibattute del
marketing sociale - il marketing mix da utilizzare - viene
proposta una comparazione fra due saggi: “Social
marketing An Approach to Planned Social Change” di
Philip Kolter e Gerald Zaltman
e “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di
Robert Gordon. Questa comparazione oltre ad offrirci una
panoramica del dibattito, dato che i due testi hanno circa
10
quaranta anni di differenza, ci permette anche di ragionare
in merito al futuro della materia in oggetto.
Dopo aver analizzato peculiarità e caratteristiche del
marketing sociale, nella seconda parte del testo (capitolo 2
e 3) si comincia ad analizzare il case study: il progetto
“Senza la C”. Il capitolo due, infatti, è dedicato allo studio
dello scenario epidemiologico mondiale dell’epatite C con
una particolare attenzione a quello nazionale. In questo
capitolo inoltre è affrontato il tema del ruolo della
comunicazione in ambito sociale, argomento sempre
maggiormente preso in considerazione dalle aziende e dalle
istituzioni. In questa sezione del testo poi, al fine di rendere
il più possibile attuale la trattazione, è stata intervistata una
delle figure più importanti per questo determinato settore;
il presidente e fondatore dell’associazione dei pazienti
Epac, l’organizzazione no profit più attiva a livello
nazionale per l’epatite C.
In fine il terzo ed ultimo capitolo è dedicato alla
presentazione strutturale e qualitativa dell’agenzia di
comunicazione che ha reso possibile l’intero lavoro
(Mediart Srl) nonché tutte le fasi progettuali, analitiche ed
operative del progetto.
11
Capitolo 1
Il Marketing Sociale
Il termine “Marketing” viene abbinato ufficialmente a
quello “Sociale” per la prima volta da P. Kotler e G. Zaltman
con la pubblicazione dell’ormai celebre articolo “Social
Marketing: an approach to planned social change” del
19713. Da quel momento in poi questo specifico settore del
marketing ha goduto di un crescente interesse da parte
della comunità scientifica internazionale e ha avuto una
larga diffusione a livello applicativo in vari settori. Ad oggi,
l’importanza e l’utilità di questa disciplina sono indiscutibili
e gli studi in merito sono in costante crescita. Troppo
spesso, però, questo campo di studio viene confuso ed
affiancato erroneamente ad altre discipline. Per questo,
prima di esaminare la sua evoluzione fino ad arrivare alla
sua definizione attuale, sarà necessario analizzare, seppur
3 Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 312.
12
brevemente, quei settori cui il marketing sociale viene
troppo spesso confuso:
Il marketing del settore pubblico: viene definito da
P. Kotler4 come l’utilizzo degli strumenti e delle tecniche di
marketing da parte delle pubbliche amministrazioni per
gestire al meglio le proprie attività e per essere allo stesso
tempo più efficace e più efficiente. Vedremo nel capitolo 1.5
tuttavia che gli enti pubblici possono, servendosi delle
tecniche e delle strategie del caso, diventare i maggiori
promotori di campagne di marketing sociale.
Il marketing delle organizzazioni no profit: è lo
sviluppo delle metodologie del marketing in cui l’oggetto
dello scambio non è più necessariamente un bene (o un
servizio) nel senso tradizionale, ma può essere costituito da
valori etici, religiosi e culturali5 Anche in questo caso
vedremo nel capitolo 1.5 come spesso le organizzazioni no-
4 Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.224.
5 Barbetta G.P., (1994) Le dimensioni economiche del settore non profit in
Italia, Quaderni occasionali p. 6.
13
profit siano comunque, le principali promotrici di
campagne di marketing sociale.
La psicologia comportamentale: è un approccio ai
processi psichici, sviluppato dallo psicologo John Watson
agli inizi del Novecento, basato sull'assunto che il
comportamento esplicito dell'individuo è l'unica unità di
analisi scientificamente studiabile della psicologia
avvalendosi del metodo stimolo (ambiente) e risposta
(comportamento).6
Il social media marketing: è quella branca del
marketing che si occupa di generare visibilità sui social
media e di gestire le community online. Il social media
manager ha la responsabilità di gestire varie figure tra cui il
digital pr, il web analist, l’e-reputation manager ecc.7
1.1 L’evoluzione del Marketing Sociale
In particolare si inizia a parlare di marketing sociale
con l’articolo sopracitato di P. Kotler e G. Zaltman scritto
6 http://www.sapere.it/
7 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.582
14
nel 19718. Nel famoso saggio i due autori si interrogano
sulla possibilità di applicare le tecniche ed i concetti del
marketing commerciale alle cause sociali come la lotta
contro il fumo, l’abuso di alcol e la dipendenza dalle droghe.
Negli anni successivi lo stesso tema è ripreso in numerosi
articoli dallo stesso P. Kotler e da altri autori. Nel 1980 P.
Kotler e K. Fox pubblicano sul Journal of Marketing un
nuovo saggio nel quale si sottolinea l’interesse crescente
nei confronti dell’applicabilità della materia in oggetto. Nel
1981 viene creata dal ministro della sanità del Canada la
prima unità di marketing sociale al mondo. Nello stesso
anno si ha la pubblicazione di “The Marketing of Ideas and
Social Iusses” scritto da S. Fine. Nel 1985 un secondo libro
interamente dedicato alla materia viene pubblicato negli
Stati Uniti da R. Manoff “Social Marketing New Imperative
for Public Health”. Nel 1989 viene scritto da P. Kotler e E.
Roberto il primo manuale di marketing sociale della storia
“Social Marketing: for Changing Public Behaviour”. Dai
8 Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 312.
15
primi anni novanta in poi la materia si comincia a definire
in maniera concreta: si susseguono numerose
pubblicazioni, nascono i primi indirizzi di studio accademici
e si creano le prime associazioni e le prime unità operative.
Nel 1995 viene elaborato da A. Andersen “Marketing Social
Change: Changing Behaviour to promote Health, Social
Development and the Environment”. Nel 1999 viene
istituito alla Georgetown University di Washington DC il
primo corso universitario in marketing sociale. Nel 2004, in
Inghilterra, viene creato il primo centro nazionale
strategico di social marketing. Nel 2008 a Brighton è tenuta
la prima “World Social Marketing Conference”. Nel 2011
nasce la “International Social Marketing Association” e nel
2012 la prima conferenza europea sul marketing sociale si
tiene a Lisbona.
Come è evidente, nel corso degli anni la materia ha
avuto un costante progresso; i paesi che hanno riscontrato
un interesse maggiore per l’argomento sono gli Stati Uniti,
il Canada, l’Australia e l’Inghilterra. Tutt’oggi quella del
marketing sociale rimane un’area di studio estremamente
attiva ed in progress, ma con non poche difficoltà ad
imporsi.
16
1.2 La definizione di marketing sociale
Nel corso degli anni i diversi autori hanno cercato di
dare una definizione univoca al marketing sociale. Tra gli
anni settanta e ottanta primeggiavano definizioni che
consideravano il marketing sociale tendenzialmente un
settore esclusivo della promozione della salute:
“L’utilizzo del marketing sociale per favorire l’adozione di
sani stili di vita si inserisce in un percorso di sperimentazione
di modalità efficaci di promozione della salute. Accanto alle
tradizionali attività di educazione alla salute e
comunicazione sociale, si propone di consentire ai cittadini di
acquisire abilità e competenze per scegliere in modo libero e
consapevole cosa è bene per la propria salute, coerentemente
con gli obiettivi indicati dalla Carta di Ottawa” 9
9 The Ottawa Charter for Health Promotion 1° Conferenza Internazionale
sulla promozione della salute 17-21 novembre 1986 Ottawa, Ontario,
Canada
17
Col passare del tempo e l’ampliarsi degli studi si è presa
consapevolezza che questa specifica branca del marketing
poteva essere applicata anche ad altre aree più generali e
non solo alla promozione della salute:
“Il marketing sociale è l’applicazione delle tecniche del
marketing commerciale all’analisi, alla pianificazione, alla
realizzazione ed alla valutazione di programmi volti ad
influenzare il comportamento del pubblico di riferimento al
fine di migliorare il benessere degli individui e della società”
10
“Il successo di una strategia di marketing sociale è
determinato dal suo contributo al benessere del pubblico di
riferimento o dell’intera società” 11
10
Andreasen, A.R. (1995) Marketing Social Change: Changing Behavior to
Promote Health, Social Development, and the Environment. San Francisco
11 Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino p.7.
18
Ad oggi la definizione maggiormente accettata dalla
comunità scientifica è quella data dall’ISMA (International
Social Marketing Association)12 che riassume in se le
definizioni dei vari autori degli ultimi anni facendo
emergere allo stesso tempo l’attenzione verso il
comportamento e l’applicabilità del marketing sociale a
diverse aree, tale definizione può essere abbreviata come
segue:
“Il marketing sociale è una disciplina che utilizza il processo
di pianificazione, le tecniche e i principi del marketing per
influenzare i comportamenti del target di riferimento allo
scopo di ottenere benefici per gli individui o per l’intera
società.”
Consideriamo quindi il marketing sociale come
l’utilizzo delle tecniche e degli strumenti del marketing
commerciale al fine etico di influenzare i comportamenti,
12
http://www.i-socialmarketing.org/social-marketing-
definition#.VsQxxvnhCUk
19
non per uno scopo economico, bensì per il bene
dell’individuo stesso o dell’intera società.
1.2.1 Le differenze tra il marketing sociale e il
marketing commerciale
Il marketing sociale, pur utilizzando le tecniche e i
principi del marketing, si sviluppa in un contesto di valori e
presupposti che lo rendono allo stesso tempo strettamente
legato, ma anche profondamente diverso da quello
commerciale. Prendendo il paragone offertoci da Bloom e
Novelli13 possiamo affermare che la relazione che
intercorre fra il marketing sociale e il marketing
commerciale
“è simile a quella esistente fra il football e il rugby. Le due
discipline hanno molto in comune e richiedono una
formazione simile, ma ognuna ha il suo insieme di regole,
limiti e richiede specifiche abilità. Un buon giocatore dell’una
13
Bloom P.N., Novelli. W.D.(1981) “Problems and challenges in social
marketing”. Journal of Marketing; vol. 45: p. 79-88.
20
non è detto che sia necessariamente anche un buon giocatore
dell’altra […]”.
Fra gli aspetti che accomunano le due discipline
possiamo notare: le fasi di pianificazione, il rapporto di
scambio costi/benefici, l’attenzione al target e l’utilizzo del
marketing mix. Mentre per quanto riguarda gli aspetti che
le differenziano, individuiamo: il bene che offrono sul
mercato, la concorrenza con la quale devono competere, il
tipo di beneficio offerto dal prodotto, i costi che richiedono,
la tipologia di target14 e soprattutto le finalità (figura 1.1).
Figura: 1.1 differenze tra il marketing sociale e il marketing
commerciale adattamento A. Consiglio (2016)
Marketing Commerciale Marketing Sociale
Il bene offerto sul mercato è
una merce o un servizio
Ciò che viene offerto sul
mercato è un comportamento
da seguire
14
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig
21
La concorrenza è data dalle
altre aziende presenti sul
mercato
La concorrenza è
rappresentata da stili di vita,
opinioni contrastanti e, in
maniera minore, da alcune
aziende
I benefici dati dall’acquisto di
un bene e/o servizio, in linea
di massima, sono immediati o
a breve termine
I benefici dati
dall’acquisizione del
comportamento corretto
sono generalmente visibili nel
medio/lungo periodo
Il costo è principalmente
monetario
Il costo è principalmente
psicologico e/o fisico
Il target è “passivo” Il target è “attivo”
Finanziato dagli investimenti
e dalle vendite
Finanziato da tasse, donazioni
e fondi pubblici
Il fine ultimo è l’acquisizione
di un profitto
Il fine ultimo è il benessere
dell’individuo e/o della
società
22
1.3 Le aree di interesse del marketing sociale
Abbiamo analizzato in che modo inizialmente il social
marketing si sia strutturato per offrire una soluzione alle
problematiche collegate al settore della salute come l’abuso
di alcol, il fumo, la dipendenza da droghe e simili. Nel corso
degli anni, tuttavia, si è presa in considerazione l’idea che si
potessero adottare le tecniche e gli strumenti del marketing
anche per altre aree che avessero comunque come unique
value proposition il benessere collettivo e/o individuale. Ad
oggi, individuiamo oltre alla promozione della salute, altre
quattro macro aree di interesse15: la prevenzione agli
infortuni e/o incidenti, la protezione dell’ambiente, la
promozione dell’impegno comune e il benessere
finanziario.
1.3.1 La promozione della salute
La promozione della salute è l’area per cui il marketing
sociale nasce e per la quale è stato maggiormente
15
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p. 26.
23
identificato nel corso degli anni; infatti a questa area fanno
riferimento la maggior parte delle campagne. L’adozione
delle tecniche del marketing per la promozione della salute
ha lo scopo di influenzare i comportamenti per ridurre
l’impatto di una molteplicità di problemi sociali come ad
esempio: l’uso di droghe, l’obesità, gravidanze premature,
fermare la diffusione dell’HIV/AIDS, cancro della pelle,
cancro al seno, cancro alla prostata, l’igiene orale, pressione
del sangue, disordini alimentari e molti altri. Di seguito è
riportato l’esempio di una campagna per la lotta contro il
fumo.
Esempio: “Gli ex-fumatori sono irresistibili” EU
Un esempio
di marketing
sociale applicato
alla promozione
della salute è
quello della
campagna
“Irresistibili”
Figura 1.2: “Gli Ex fumatori sono irresistibili”
24
lanciata dalla Direzione Generale della Salute della
Commissione Europea in occasione del 31 maggio 2015 -
Giornata Mondiale senza Tabacco. La campagna è il
proseguimento dell’iniziativa “Help”, un’altra attività di
promozione contro il fumo, conclusa nel 2010. Peculiarità
del marketing mix adottato è quella di offrire uno
strumento innovativo molto efficace per aiutare i fumatori
a uscire dal tabagismo: l’iCoach, una piattaforma digitale
gratuita di educazione alla salute. Diversamente da altre
iniziative di questo tipo, questa applicazione è rivolta anche
a chi non intende smettere o è soggetto a un elevato rischio
di ricaduta16
1.3.2 La prevenzione agli infortuni e/o
incidenti
L’area del marketing sociale della prevenzione agli
infortuni e/o incidenti insieme a quella della promozione
della salute è sicuramente quella che ha avuto una
maggiore diffusione e applicazione. I comportamenti che
questa specifica area cerca di influenzare per evitare
16
http://www.exsmokers.eu/it-it/
25
sinistri di ogni tipo sono molteplici: la guida in stato di
ebbrezza, l’uso del telefono al volante, i suicidi, la violenza
domestica, la violenza nelle scuole, l’uso delle cinture di
sicurezza e molti altri.
Esempio: “Non sei un numero non diventarlo”
PROVINCIA DI TORINO
Un esempio molto
esplicativo dell’applicazione
del marketing sociale
all’area della prevenzione
dagli infortuni e/o incidenti
è stato quello della
campagna di
sensibilizzazione “Non sei
un numero non diventarlo”
promossa nel 2003 dalla
Provincia di Torino. Il
progetto nato in seguito all’emanazione della Legge
144/99, (istitutiva del Piano Nazionale della Sicurezza
Stradale che prevedeva il cofinanziamento di interventi e
progetti innovativi di carattere sperimentale finalizzati a
Figura 1.3: “Non sei un numero”
diventarlo
26
migliorare la sicurezza stradale e a ridurre il numero delle
vittime degli incidenti stradali) ha previsto un marketing
mix composto da: distribuzione presso i caselli autostradali
di 100.000 brochure nelle quali era riportato ”Il
vademecum del buon guidatore” e la diffusione di uno spot
radiofonico attraverso sedici emittenti locali17.
1.3.3 La protezione dell’ambiente
Altra area di grande importanza è quella della
protezione ambientale. Finalmente, dopo numerosi appelli
della comunità scientifica, negli ultimi anni si sta dando la
giusta attenzione alle problematiche legate allo
sfruttamento ambientale: spreco delle risorse idriche,
disboscamento, inquinamento e riciclaggio sono solo alcuni
dei comportamenti sui quali il marketing sociale oggi prova
ad intervenire.
17
http://www.provincia.torino.gov.it/sic_stradale/campagne/nn_sei_nume
ro/
27
Esempio: “WaterSense” EPA
“WaterSense” è un programma
sviluppato dall’EPA (Agenzia del
governo federale degli Stati Uniti
per la protezione dell'ambiente) in
partnership con i produttori e i
distributori di prodotti per il
bagno, la cucina e la casa in generale. Lo scopo del
programma è di promuovere l’acquisto di prodotti
etichettati “WaterSense” e quindi certificati come water-
efficent e high-performing (più efficaci ed efficienti dal
punto di vista del risparmio idrico)18.
1.3.4 La promozione dell’impegno comune
Donare gli organi, donare il sangue, andare a votare,
adottare un animale sono tutti comportamenti sui quali il
marketing sociale prova a fare leva all’interno dell’area
della promozione dell’impegno comune. In questa categoria
l’interesse è indirizzato a quei comportamenti che portano
18
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p.42.
Figura1.4: “watersense”
28
un beneficio per l’intera comunità o per un determinato
gruppo target.
Esempio: “Ogni volta è la prima volta” AVIS
AVIS (Associazione Volontari
Italiani Sangue) ha incentrato la
sua ultima campagna del 2015
(figura 1.5) sul tema della “prima
volta”, andando quindi a
rivolgere il messaggio soprattutto
ai neo donatori, per mostrare
come ci siano tante “prime volte”
nella nostra vita. L’intento della
campagna era quindi quello di
convertire il gruppo target (persone che non hanno mai
donato) in nuovi donatori attraverso un marketing mix
basato su spot video e immagini veicolati soprattutto
attraverso il web19.
19
http://laprimavolta.avis.it/
Figura 1.5: “La prima volta”
29
1.3.5 La promozione del benessere finanziario
L’area della promozione del benessere finanziario è un
settore ancora in via di sviluppo. I comportamenti che il
marketing in quest’area mira a modificare e/o tutelare
sono: il comportamento da assumere per evitare le frodi o
la bancarotta, come proteggere i propri account, come
gestire i risparmi, ecc…
Esempio: “Campagna sociale contro il maltrattamento
dei soldi” ACOMEA
AcomeA (società indipendente dai gruppi bancari che
garantisce di lavorare senza conflitti di interessi in difesa
dei clienti) nel 2014 ha lanciato una campagna per
sensibilizzare i risparmiatori a reagire contro la non
trasparenza della finanza, imparando così a scegliere con
cognizione di causa e a porre le domande giuste per
valutare i propri investimenti. Il marketing mix oltre al
materiale grafico forniva un ebook scaricabile online:
“Manuale di autodifesa contro il maltrattamento dei
soldi”20.
20
https://www.acomea.it/
30
1.4 Gli obiettivi del marketing sociale
A questo punto della trattazione risulta ormai evidente
come l’obiettivo principale del marketing sociale sia quello
di influenzare i comportamenti degli individui al fine di
ottenere un beneficio per l’intera comunità o per
l’individuo stesso. Spingere all’azione o modificare un
atteggiamento però è molto complesso: “Significa infatti
portare il nostro interlocutore a rinunciare ad un’idea o
modificare un preconcetto”21. Per questo risulta
fondamentale nelle fasi di pianificazione focalizzare al
meglio il target di riferimento e il posizionamento che si
21
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci.p.34.
Figura 1.6:”AcomeA”
31
intende avere. Inoltre, di grande importanza è analizzare
approfonditamente quali possano essere le leve del
marketing mix che ci permetteranno di raggiungere nel
modo migliore l’obiettivo definito e competere con la
concorrenza.
1.4.1 La concorrenza
Un’analisi della concorrenza (compresa una
conseguente strategia per contrastarla) è fondamentale ai
fini della promozione del comportamento corretto. La
principale forma di concorrenza nel marketing sociale,
secondo P. Kotler, è rappresentata dall’idea o dal
comportamento che si vuole modificare offrendo idee e
comportamenti alternativi22. Infatti, esaminando qualsiasi
area di interesse studiata, vedremo che esistono sempre
alternative a quella che si sta proponendo. Per questo è
essenziale offrire sul mercato un prodotto di scambio che il
target di riferimento consideri di maggior valore rispetto
22
Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino
32
alle altre opzioni disponibili23. Ad esempio in una
campagna contro il fumo, la concorrenza sarà presentata
dalla pratica dell’uso delle sigarette, mentre per una
campagna contro l’inquinamento ambientale, la
concorrenza sarà data dall’abitudine di utilizzare le
autovetture per ogni spostamento. Data la difficoltà di
identificare e catalogare questo tipo di concorrenza, che
appare meno evidente a confronto di quella del settore
commerciale (che si suddivide facilmente in verticale ed
orizzontale24), nel marketing sociale diventa d’importanza
strategica l’analisi dei bisogni e dei gruppi obiettivo25. Nel
caso delle sigarette ad esempio sarà utile comprendere
quali bisogni il tabacco soddisfa mentre nel caso
dell’inquinamento bisognerà capire qual è il motivo che
spinge le persone a sottovalutare le alternative ad impatto
zero per la mobilità (bicicletta, camminata ecc). Spesso,
23
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig p.11.
24 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato, Hoepli p.99.
25 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della
società, Lupetti p 112.
33
tuttavia i comportamenti che si vogliono modificare
vengono sostenuti e promossi da altre organizzazioni profit
oriented; nel caso dell’uso delle sigarette ad esempio la
pratica sarà promossa dalle multinazionali del tabacco;
mentre per quanto riguarda l’esempio dell’inquinamento
l’utilizzo dell’auto sarà incoraggiato dalle industrie
automobilistiche. In questi casi le strategie per competere
con la concorrenza fanno direttamente riferimento a quelle
del marketing commerciale.
1.4.2 Il comportamento
Come in precedenza analizzato la modifica di un
comportamento è l’obiettivo finale del marketing sociale.
Ciò nonostante, tale processo non è statico e lineare, dato
che ogni persona può presentare diversi gradi di
disponibilità nell’accettare o abbandonare un determinato
comportamento. Affrontando questa specifica tematica, il
modello teorico di riferimento che prendiamo in
considerazione è quello “Transteorico” messo a punto da
Prochaska e Di Clemente nel 1982, migliorato ed aggiornato
34
poi nel corso degli anni26. Il modello sostiene che gli
individui, quando apprendono e adottano un nuovo
comportamento, passano attraverso sei fasi:
1. Precontemplazione: l’individuo non prende in
considerazione l’idea di modificare il proprio
comportamento dannoso e/o pericoloso nell’immediato
futuro (6 mesi). Tale situazione si verifica a seguito di
alcuni possibili motivi: non conosce o non è informato del
rischio (o se conosce i rischi è scoraggiato circa la propria
capacità di operare il cambiamento e preferisce non
pensarci); ha un atteggiamento di difesa nei confronti della
pressione sociale a cambiare; minimizza il rischio e/o
rifugge da consigli e dalle raccomandazioni. (Ad esempio la
persona che fa uso di sostanze stupefacenti, ignora i
pericoli derivati da tali sostanze o se li conosce li
minimizza, non ha intenzione di smettere).
2 Contemplazione: l’individuo prende seriamente in
considerazione l’idea di modificare il proprio
atteggiamento entro i 6-12 mesi successivi, calcolando costi
26
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig
35
e benefici che la modifica del suo comportamento attuale
può comportare. (La persona che fa uso di sostanze
stupefacenti comincia a pensare a quali potrebbero essere i
benefici dati dalla sua disintossicazione: un miglioramento
a livello salutare, migliori possibilità sociali e lavorative, e
allo stesso tempo la persona si informa sugli strumenti e i
costi che dovrà affrontare se smettesse di fare uso di
sostanze stupefacenti).
3 Preparazione: il soggetto ha deciso di modificare il
comportamento nell’immediato futuro (nel mese
successivo) e pianifica la modalità di cambiamento. (La
persona che fa uso di sostanze stupefacenti ad esempio può
aver pianificato di consultare un esperto, partecipa a
programmi strutturati per tossicodipendenti, si comincia a
documentare sui migliori modi per smettere di far uso di
droghe ecc.).
4 Azione: l’individuo mette in atto la vera e propria
modifica comportamentale cominciando a far proprio
l’atteggiamento che gli è stato proposto. L’azione non è
sempre una modificazione diretta del comportamento ma
tutto quell’insieme di attività che vengono messe in atto nel
tentativo di modificare un comportamento: atti singoli ed
36
episodici, azioni ricorrenti, strategie semplici e complesse.
(L’individuo che fa uso di sostanze stupefacenti smette di
acquistare e assumere sostanze, interrompe la
frequentazione con le persone che insieme a lui ne fanno
uso ed evita ambienti in cui tali sostanze sono facilmente
reperibili).
5 Mantenimento / 6 Ricaduta: in questa fase il soggetto si
applica al mantenimento nel tempo e alla stabilizzazione
del cambiamento. Chiaramente in questa fase le azioni sono
ridotte, il soggetto non è impegnato attivamente come nella
fase di azione. Questa fase ha una durata estremamente
variabile in relazione al comportamento e alle
caratteristiche individuali, ed è sempre possibile una
ricaduta. (La persona presa ad esempio è ormai un ex
tossicodipendente, conduce una vita regolare lontano dalle
droghe, ma il pericolo della ricaduta è sempre dietro
l’angolo).
I sei stadi del cambiamento possono essere applicati a
qualsiasi modifica comportamentale. Per questo motivo la
conoscenza da parte del marketer sociale di tale modello
(Transteorico) è un elemento sostanziale per la definizione
del target, del posizionamento e di tutte le fasi operative
37
che verranno messe in atto all’interno del piano di
marketing sociale.
Figura 1.7: illustrazione degli Stadi del cambiamento di Prochaska e Di
Clemente adattamento di A. Consiglio 2016.
1.5 I player del marketing sociale
Dopo aver analizzato l’evoluzione, la definizione, le
aree di interesse e gli obiettivi, è necessario, a questo punto
della analisi, approfondire quelli che sono i promotori di
questa specifica area di studio, ovvero, coloro che mettono
in pratica le tecniche e gli strumenti specifici del marketing
sociale. Diversi e molteplici possono essere gli agenti che,
38
sviluppando un piano di marketing, dispongono un
processo di comunicazione per fini sociali. Infatti,
riprendendo in considerazione le varie aree di interesse
della materia analizzate nel capitolo 1.3, ci si rende conto di
quanto questo settore possa essere eterogeneo. Al fine di
fare chiarezza nello scenario dei player, possiamo
suddividere il macro insieme in tre sotto categorie: le
organizzazioni profit oriented, le organizzazioni no profit e
il settore pubblico27.
Figura 1.8 Rappresentazione grafica dei player del marketing sociale
27
Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editore p.27.
39
1.5.1 Le Organizzazioni profit-oriented
Nel mercato di oggi, ormai non desta più stupore
imbattersi in campagne di marketing sociale firmate da
aziende private in partnership con organizzazioni no profit
o aziende private che si prodigano in condotte favorevoli
all’ambiente e/o alla collettività. Eppure lo scenario non è
stato sempre così: agli inizi degli anni Novanta, e poi
nuovamente a cavallo del Duemila, si hanno periodi di forte
discussione nei confronti del marketing, dovuto sia ad un
rallentamento dello sviluppo economico, sia a una costante
crescita di indipendenza del consumatore che, acquisendo
conoscenza e quindi valore sul mercato, richiede una
maggiore trasparenza e comportamenti sociali corretti alle
aziende. Questo tipo di comportamenti sfociano poi, in
questi stessi anni, in movimenti di protesta come il
consumerismo e l’ambientalismo28. È in queste determinate
circostanze che nasce da parte delle imprese un forte
interesse per un marketing di tipo sostenibile e socialmente
28
Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.588.
40
corretto. Due dei modelli maggiormente sviluppati per
andare in contro a questo trend emergente sono il cause
related marketing e il societing.
Il Cause related marketing tradotto “responsabilità
sociale d’impresa” è, in linea generale, un'operazione di
marketing tesa al perseguimento di obiettivi di carattere
commerciale che al tempo stesso contribuiscono ad una
causa ambientale o umanitaria29. L’azienda che adotta una
strategia di cause related marketing ha quindi un duplice
obiettivo: fare profitto e contemporaneamente essere
apprezzata dagli steakholder per il suo contributo alla
causa30. Il primo caso di una campagna di questo tipo è
quello dell’American Express nel 1885. In occasione di un
progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà
l’agenzia nazionale che la gestiva, la US National Park
Service, strinse un accordo con L’American Express la quale
si impegnò a donare un penny per ogni transazione
bancaria effettuata attraverso le proprie carte di credito e
29
Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della
società, Lupetti p.86.
30 http://www.fundraising.it/
41
un dollaro per ogni nuovo cliente che registrava una nuova
carta nei primi tre mesi dal lancio dell’iniziativa. Il risultato
fu sorpendente: la campagna generò 1,7 milioni di dollari
da destinare al restauro e, allo stesso tempo, l’azienda
registrò un incremento di transazioni del 27% e il 10% in
più di nuove richieste di carte di credito31. Ad oggi sono
moltissimi i casi in cui le aziende adottano questo tipo di
strategia.
Per societing, invece, si indica il superamento
dell’orientamento di marketing “tradizionale”32. In questa
concezione l’attenzione si focalizza sull’interazione
dell’impresa, non soltanto con il mercato di riferimento, ma
anche con la società in cui opera. Si afferma che la società
sta mutando e con essa deve cambiare anche il marketing33:
per le aziende è arrivato il momento di spostare il focus dal
mercato alla società e quindi considerare il consumo come
31
Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settor pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.262.
32 Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editore p. 46.
33 http://www.societing.org/
42
uno degli aspetti centrali della vita quotidiana. Le imprese
sono “obbligate” ad adottare questo cambiamento perché
non possono sottrarsi alla pressione dei consumatori che
diventano sempre più informati, critici e al tempo stesso
consapevoli del loro potere. Prende sempre maggiore forza
l’idea di un marketing teso a creare un rapporto diretto con
il consumatore (dal business to business/consumer al
business to people34) e per far ciò l’impresa non può che
agire in modo socialmente corretto nel proprio mercato di
riferimento. Moltissimi sono oramai i casi in cui aziende
adottano questo tipo di approccio al mercato. Consideriamo
ad esempio McDonald, la multinazionale più grande al
mondo per il mercato dei fast food, che dal 1974 negli Stati
Uniti e dal 1999 in Italia gestisce parallelamente alle sue
attività commerciali la fondazione no profit per l’infanzia
“Ronald McDonald”35.
34
https://blogs.oracle.com/socialspotlight/entry/forget_b2b_and_b2c_teh
35 http://www.fondazioneronald.it/
43
1.5.2 Le Organizzazioni No-profit
Altro settore estremamente attivo nel marketing sociale
è quello delle Organizzazioni No profit, anche detto terzo
settore, che è costituito da un variegato insieme di tipologie
di enti: organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(ONLUS), organizzazioni non governative (ONG),
associazioni di volontariato, fondazioni, enti ecclesiastici,
cooperative sociali e molti altri. A partire dagli anni
settanta, la crescita del welfare state ha generato
aspettative crescenti di benessere da parte dei cittadini, ma
allo stesso tempo, l’incapacità delle istituzioni di fare fronte
alle sempre più complesse domande sociali ha fatto si che
l’importanza delle organizzazioni del terzo settore
crescesse vigorosamente36. Oggi, il terzo settore conta circa
duecentomila organizzazioni37 ma, oltre al numero, nel
tempo sono cresciute anche le responsabilità e il livello di
attività che questi enti sviluppano. Questa crescita
36
Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editorep. 40.
37 A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi”
Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
44
qualitativa e quantitativa ha portato le organizzazioni no-
profit a dover gestire in modo progressivamente sempre
più complesso la propria attività utilizzando strumenti
tipicamente manageriali38. Attualmente l’applicazione dei
principi del marketing sociale nelle ONLUS, nelle ONG e
nelle altre associazioni è basilare e in questo specifico
ambito gli studi e le ricerche sono molteplici.
Di seguito riportiamo un esempio di una campagna di
una delle ONLUS più importanti a livello internazionale per
i diritti dei bambini “Save the Children”. Dal 2012
l’organizzazione ha promosso una campagna di
sensibilizzazione in aiuto dei bambini a rischio povertà in
Italia, coinvolgendo singoli cittadini, imprese, enti locali, il
mondo della cultura e dell’informazione, per promuovere
cambiamenti concreti a livello sociale, culturale, politico e
giuridico. Nel 2015, in continuum con l’iniziativa
precedente, Save the Children ha lanciato la campagna
“Illuminiamo il Futuro” per dare educazione, opportunità e
speranza ai bambini che vivono in povertà in Italia. Il
38
A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi”
Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
45
marketing mix, oltre al materiale grafico di promozione, ha
utilizzato un vero e proprio strumento a disposizione dei
bambini, tentando quindi di sottolineare la sua presenza sul
territorio: i “Punti Luce”, centri in cui bambini e adolescenti
tra i 6 e i 16 anni possono studiare, giocare, avere accesso
ad attività educative e sportive altrimenti a loro precluse39.
Peculiarità delle organizzazioni senza fine di lucro,
come dice la stessa definizione, è proprio quella di non
adottare una strategia volta all’acquisizione di un profitto
monetario. Come fanno allora questo tipo di organizzazioni
a sopravvivere e a finanziare vere e proprie campagne di
39
http://www.savethechildren.it/
Figura 1.9 “Save the Children”
46
comunicazione che nei casi più fortunati competono sullo
scenario internazionale a fianco delle multinazionali? Nel
rispondere a questa domanda si introducono nell’analisi lo
studio di due attività: il fundraising e la sponsorship, che
per questo tipo di organizzazioni sono la linfa vitale per la
sopravvivenza e per il loro sviluppo.
5.2.1 Il fundraising e gli sponsor
Spesso il termine “fundraising” viene tradotto in
italiano semplicemente come “raccolta fondi”, ma
analizzando il significato del verbo "to raise" (che esprime
senso di: far crescere, coltivare, sorgere, sviluppare)
percepiamo che il termine nasconde una valenza molto più
ampia e complessa. Con fundraising, infatti, si intende il
promuovere e il credere in una causa costruendo delle
relazioni che permettano a degli individui (i donatori) di
aiutare altre persone e/o cause. Henry Rosso definiva nel
1991 il fundraising come “La gentile arte di insegnare agli
altri la gioia di donare”40. Oggi quella del fundraising è
diventata un’attività di assoluta importanza per tutto il
40
H. Rosso (1991) Achieving Excellence in Fundraising,
47
terzo settore che si fonda su competenze di marketing
management. Sono svariate le tecniche e gli approcci per
incrementare questa attività, come ad esempio: le
pubbliche relazioni, il mail marketing, il telemarketing, gli
eventi, il porta a porta e per ultimo, ma non di minore
importanza il web che negli ultimi anni ha visto una forte
crescita in questo settore dovuta all’attestarsi delle sue
enormi potenzialità41. Quella del fundraising è quindi
un’attività molto complessa e articolata che negli ultimi
anni si è attestata come materia autonoma e indipendente
di grandissimo valore per tutte le realtà no-profit.
Le organizzazioni senza scopo di lucro possono
incrementare il loro budget anche attraverso
sponsorizzazioni con aziende profit oriented. Per le
organizzazioni no-profit l’instaurarsi di questo tipo di
rapporto costituisce una “straordinaria opportunità che
permette di ampliare i mercati per la raccolta delle risorse
grazie a nuovi e fecondi budget”42. Tendenzialmente il fine
dei due soggetti che mettono in atto una sponsorship di
41
Melardi V., (2012) Manuale di Fundraising fare raccolta fondi nelle
organizzazioni nonprofit e negli enti pubblici, Maggioli Editore p.93.
42 Ivi p. 411.
48
questo tipo sono molto differenti. Il fine delle
organizzazioni no profit è: raccogliere fondi, aumentare la
visibilità, differenziare il mercato di raccolta, incrementare
l’awareness, attingere a nuovi budget ed accedere al know-
how aziendale. Mentre gli obiettivi dell’azienda sponsor
possono essere: rafforzare i legami con i pubblici attuali,
raggiungerne nuovi, migliorare la sua immagine e delle
volte anche incrementare il suo profitto con operazioni di
casued related marketing (vedi 1.5.1).
Un programma di fundraising o un piano di
sponsorizzazione, se ben progettati e implementati,
riescono ad accrescere fortemente il budget
dell’organizzazione che ne risponde. Per questo,
predisporne di altamente efficaci è indispensabile per ogni
tipo di organizzazione che non mira al profitto.
1.5.3 Il settore pubblico
Come precedentemente affermato la categoria del
settore pubblico è quella che ha maggiore interesse nel
promuovere la salute, nel prevenire gli incidenti, nel
sostenere l’ambiente, nel favorire l’impegno comune e
nell’assicurare benessere finanziario al proprio pubblico di
49
riferimento (i cittadini) dato che, i costi sociali ed
economici che deriverebbero dal mancato interesse di
ognuna di queste aree da parte di essi, andrebbe ad influire
direttamente in negativo sul bilancio dello stato.
L’obiettivo primario del settore pubblico è quindi quello di
assicurare che le persone abbiano un comportamento
socialmente corretto, per questo motivo, il maggior numero
di campagne di marketing sociale nel mondo sono
finanziate dagli enti pubblici nazionali e/o locali. Le
tecniche e gli strumenti che vengono adoperati dal
marketing sociale nel
settore pubblico sono gli
stessi che vengono
utilizzati nel settore
delle organizzazioni no
profit; l’unica differenza
sostanziale è che il
settore pubblico non
farà attività di
fundraising dato che
avrà già budget
Figura 1.10 ““National Breastfeeding”
Awareness Campaign”:”
50
predisposti per questo tipo di attività. Ma allo stesso tempo,
date le sue caratteristiche, questo specifico settore può
sviluppare sia campagne sociali in completa autonomia, sia
in partnership con organizzazioni private.
L’esempio che viene proposto di seguito tratta proprio
di una campagna sviluppata tra un dipartimento federale e
un’organizzazione no-profit. Nel 2005 il governo americano
nota che benché molti cittadini siano consapevoli
dell’importanza dell’allattamento al seno, gli Stati Uniti
detengono uno dei tassi più bassi al mondo per quanto
riguarda questa pratica. Per ovviare a questo problema, lo
US Department of Health and Human Services, l’Office of
Women’s Health e lo Ad Council (un’organizzazione privata
senza fini di lucro che ha come obiettivo quello di
coinvolgere su base volontaria i migliori talenti
dell’industria pubblicitaria e della comunicazione) hanno
lanciato la “National Breastfeeding Awareness Campaign”:
una campagna di sensibilizzazione sui benefici
dell’allattamento materno. I messaggi della campagna
erano quelli di eliminare la confusione circa la durata
ottimale dell’allattamento al seno e contrastare la
convinzione diffusa che i benefici dell’allattamento non
51
siano poi così rilevanti per la salute futura del bambino.
L’obiettivo della campagna, far aumentare del 50% entro il
2010 il numero di mamme che avrebbero allattato i figli per
almeno sei mesi dopo il parto, fu raggiunto con successo43.
Il marketing sociale con il passare del tempo, date le
sue enormi potenzialità, sta interessando sempre più una
vasta platea di player sia del mondo commerciale e sia di
quello no-profit/pubblico. Con il crescere
dell’interessamento, di conseguenza, prosperano anche i
dibattiti ad esso connessi. Uno dei principali è sicuramente
quello legato agli strumenti da utilizzare all’interno di un
piano di marketing sociale. Vediamo di seguito come questo
tema si è sviluppato nel corso degli anni.
1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R. Gordon
Per analizzare lo sviluppo del dibattito riguardo il
marketing sociale dalla sua nascita fino ad oggi, di seguito si
43
Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.271.
52
propone un confronto tra due importanti saggi: “Social
Marketing: An Approach to Planned Social Change” di P.
Kotler e G. Zaltman del 197144 e “Re-thinking and Re-tooling
the Social Marketing Mix” di R. Gordon del 201145. La
comparazione tra questi due studi che, anche avendo
quaranta anni di differenza sono incentrati sulla stessa
tematica, ci permette di comprendere in maniera chiara
quelle che sono le leve di discussione maggiormente
dibattute e quelli che sono i trend emergenti in merito alla
materia in oggetto.
1.6.1 Testo 1: “Social Marketing: An Approach to
Planned Social Change” di P. Kotler e G. Zaltman
del 1971
Gli autori sviluppano la loro analisi partendo da due
volumi: il testo di G. D. Wiebe “Merchandising Commodities
and Citizanship on television” del 1952, nel quale lo studioso
44
Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 312.
45 Gordon R., (2012) “Re-thinking and re-tooling the social marketing mix”.
Australian Marketing Journal, vol 20, p. 122-126.
53
si domanda perché non sia possibile vendere la fratellanza
allo stesso modo di come si vende il sapone, e il testo di J.
McGinniss’s “The Selling of the president” del 1968, nel
quale l’autore afferma di poter “vendere un candidato alle
presidenziali allo stesso modo di come si vende il sapone”.
Sulla base dell’analisi dei testi sopra citati, P. Kotler e G.
Zaltman si interrogano sulla possibilità di trasportare le
tecniche del marketing commerciale, con le quali si
vendono le commodities, anche per promuovere cause di
tipo sociale. Nella prima parte dell’articolo vengono date le
definizioni generali di marketing e di marketing
management. Il marketing viene definito come uno scambio
di beni o servizi per un altro bene, per un altro servizio o
per soldi: “Il marketing non si verifica a meno che non ci
siano due o più parti, che hanno qualcosa da scambiare e che
siano in grado di effettuare comunicazione e distribuzione”.
Il marketing management, invece, viene definito come:
“l’analisi, la pianificazione, l’implementazione e il controllo di
programmi designati a portare un profitto”. Dopo questa
prima parte di introduzione al marketing generale, i due
autori si concentrano sull’argomento principale: il social
marketing. Prendendo in analisi la forte crescita delle
54
agenzie e delle organizzazioni che in quegli anni si
occupano di comunicazione sociale, i due autori
introducono il tema del marketing sociale andandolo a
definire come: “la progettazione, l’attuazione e il controllo
dei programmi per influenzare l'accettabilità delle idee
sociali attraverso la pianificazione del prodotto, del prezzo,
della comunicazione e della distribuzione”. Da subito nel
testo si può notare quindi come le “4p” di McCarthy del
marketing commerciale siano riproposte anche per quello
sociale. Infatti, basandosi sulle condizioni sin equa non
imposte da Lazarsfeld e Merton (manipolazione,
canalizzazione e integrazione) e sull’anailisi di Wiebe nella
quale vengono analizzati i cinque cardini fondamentali per
una campagna sociale (forza, direzione, meccanismo,
adeguatezza e distanza), i due studiosi argomentano la
propria tesi: l’adottabilità delle 4p del marketing
commerciale (product, promotion, place e price) anche per
il settore sociale. Per quanto riguarda il prodotto essi
ipotizzano che come nel marketing commerciale anche in
quello sociale i venditori debbano, studiando il proprio
mercato di riferimento, progettare un prodotto
appropriato: “essi devono ‘impacchettare’ l'idea sociale, in
55
modo che il loro target di riferimento abbia il desiderio
dell’acquisto”. In merito alla promozione gli autori
considerano che anche nel marketing sociale tale
strumento sia efficace allo stesso modo di come lo sia nel
marketing commerciale, allo scopo di far diventare il
“prodotto” familiare, accettato e costantemente desiderato.
Gli strumenti della promozione che considerano più
rilevanti sono l’advertising, la vendita personale e la
vendita promozionale. Attribuiscono invece alla mancata
attenzione verso lo strumento della distribuzione la causa
principale del fallimento di diverse campagne sociali. Essi
pensano che troppo spesso le persone che lavorano nel
sociale sottovalutino i canali distributivi che vengono, per
questo motivo, posizionati in zone non concordi con la
problematica in oggetto risultando poco incisivi. Per questa
ragione gli autori affermano che le stesse attenzioni che
sono date nell’ambito commerciale alla distribuzione
debbano essere trasportate anche nell’ambito sociale.
Anche per quanto riguarda il prezzo, i due autori
esprimono enorme interesse intorno a questa area che nel
marketing sociale risulta avere un ruolo fondamentale,
56
dato che il prezzo non sarà solo quello monetario, ma
soprattutto psicologico e sociale.
1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the
Social Marketing Mix” di R. Gordon del 2011
Il testo di R. Gordon è introdotto da un breve inciso nel
quale viene esposto come durante il World Social
Marketing Conference del 2011, svolto a Dublino, gli
studiosi Clive Blair-Stevens (direttore del Strategic Social
Marketing) e Sue Nelson (direttrice settore marketing
sociale di Kindred) hanno proposto di abbandonare le 4p
applicate al marketing sociale perchè considerate, alla luce
del nuovo scenario mediatico e tecnologico, uno strumento
obsoleto. La platea, chiamata a votare per decidere se
abbandonare o meno tale strumento, si è vista per la
maggior parte in disaccordo e quindi le 4p sono state
riconfermate come il migliore strumento di marketing per il
settore sociale. Nel saggio l’autore, dopo una disamina della
progressiva affermazione delle 4p nel marketing sociale, a
partire proprio dall’articolo di P. Kotler e G. Zaltman sopra
analizzato e poi confermato nel corso degli anni, afferma la
57
necessità di un ripensamento e riposizionamento delle 4p
per il marketing sociale, considerando tale strumento
inadatto al mercato attuale. In particolare lo studio
individua tre punti di debolezza delle 4p applicate al
settore sociale: l’interesse unico al breve periodo, la
staticità e la conseguente non apertura ai nuovi media. Egli
sostiene che con le nuove strategie ormai in uso (come le
community online, i networking, la co-creazione,
l’advocacy, il lobbing e molte altre), l’ampliarsi del
marketing mix diventa indispensabile. R. Gordon considera
che, come nel settore commerciale anche nell’ambito
sociale, deve essere implementato un modello orientato
maggiormente al consumatore. L’autore sostenendo questa
tesi presenta un nuovo modello formato da cinque
categorie: contesto, organizzazione/competizione, costi,
processo e canali/strategie. Queste classi sono tutte in
funzione della sesta categoria, quella principale e più
rilevante, il consumatore.
L’autore conclude il saggio dichiarando un’aperta
speranza nei confronti dell’ampliarsi del dibattito che potrà
portare al cambiamento definitivo del marketing mix nel
settore sociale.
59
1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni
Analizzando i due testi si nota immediatamente come
l’argomento maggiormente dibattuto sia quello legato
all’operatività del marketing sociale. È chiaro come nella
comunità scientifica ci sia accordo sulla definizione, sulle
aree di interesse nonché sulla questione etica della materia,
mentre non c’è omogeneità di pensiero in merito agli
strumenti della disciplina. Da una parte, P. Kotler e G.
Zaltman affermano che l’unico ed efficace marketing mix sia
quello direttamente derivato dall’ambito commerciale (le
4p), mentre R. Gordon, avendo uno sguardo sull’attuale
evoluzione dei mercati, propone un ripensamento e una
ristrutturazione delle tecniche e degli strumenti utilizzati
andando a dare maggior rilievo al consumatore. Si potrebbe
pensare, dato che il primo saggio analizzato risale a
quaranta anni fa, che i due autori (P. Kotler e G. Zaltman) ad
oggi abbiano modificato anche loro la propria visione a
favore di una posizione maggiormente orientata al
consumatore. Eppure, andando ad analizzare il più recente
60
testo di Kotler46, questa possibilità viene esclusa, dato che
notiamo come egli stesso riproponga (anche se integrando i
nuovi strumenti) come marketing mix del settore sociale: il
prezzo, il prodotto, la distribuzione e la promozione. Questo
tipo di dibattito non investe solo il settore sociale, bensì
tutto il mondo del marketing.
Attualmente gli autori che si schierano per un
rinnovamento degli strumenti rispetto al marketing
tradizionale sono innumerevoli. Termini come marketing
non convenzionale, prosumer e crowdfunding stanno
prendendo sempre più piede. È ormai evidente che lo
scenario stia lentamente mutando a favore di un
orientamento in cui le pratiche di marketing sono sempre
più slegate da schemi fissi e diventano sempre più
personalizzate per ogni piccola nicchia di mercato. Da
questo mutamento in atto, a mio avviso, non può sottrarsi
la branca del marketing sociale, che come ogni altro settore,
dovrà reinventarsi in nuove tecniche e pratiche più
orientate al consumatore.
46
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p.234
61
Capitolo 2
L’epatite C
2.1 Che cos’è
L’epatite C, in passato conosciuta come epatite non-A
non-B47, è una malattia infettiva del fegato causata da un
virus (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della
famiglia dei Flaviviridae. L’infezione il più delle volte
decorre in maniera asintomatica o presenta sintomi vaghi e
aspecifici; quando questi sono presenti sono caratterizzati
da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, spasmi
addominali e ittero (colorazione gialla di sclere e cute). I
sintomi si possono presentare prevalentemente dopo
diversi mesi dall’infezione. Circa il 20% delle persone
infette guarisce autonomamente, mentre il restante 80% di
chi contrae il virus ha a che vedere con una patologia di
media/lunga durata che può condurre alla cirrosi epatica48:
una malattia cronica del fegato causata da
47
http://sieropositivo.it/area-mst/epatite-c.html
48http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie
_infettive
62
un’infiammazione che implica la trasformazione del
suddetto organo in un tessuto fibroso con cicatrici che nei
casi più gravi può portare all’insufficienza epatica, al
tumore del fegato e al decesso49. La principale causa di
trasmissione del virus dell’epatite C è attraverso il contatto
di sangue infetto: rapporti sessuali non protetti, scambio di
lamette, siringhe, utilizzo di strumentazioni mediche o
estetiche non sterili ecc. Ad oggi la condivisione di aghi o
siringhe, insieme alla trasmissione sessuale, rimangono i
fattori di rischio contagio più elevato, segue, anche se in
maniera molto meno incisiva (5% dei casi), la trasmissione
verticale da madre a figlio50. Dato che in molti soggetti i
sintomi del virus non si presentano con una sintomatologia
ben definita, la diagnosi dell’epatite C rimane molto
difficoltosa e si affida soprattutto agli esami del sangue a
volte effettuati per tutt’altra esigenza, come ad esempio
screening per donazione, per intervento chirurgico o atri.
Per questa difficoltà oggettiva di identificare i sintomi del
49
http://www.cirrosi.com/
50http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie
_infettive
63
virus nel breve periodo; l’epatite C può persistere per anni
o decenni prima che venga diagnosticata51. Come afferma
Carlo Federico Perno, docente di Virologia, Direttore della
Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia,
dell’Università Tor Vergata di Roma, per risolvere questo
problema e intervenire sulla salute di molte persone affette
da HCV, ma nelle quali ancora non si sono palesati i sintomi,
basterebbe “un semplice screening, in cui, oltre al classico
test per il diabete, il colesterolo, e l’anemia, si aggiungesse
anche il test HCV, che permetterebbe di diagnosticare prima
l’infezione, e prevenire al meglio le sue conseguenze”52.
Attualmente, la mancanza di un vaccino per questo tipo
di virus fa si che la prevenzione dall’epatite C poggi
esclusivamente sull’interruzione della catena di contagio
basandosi sulle misure preventive generiche e aspecifiche
che hanno l’obiettivo di eliminare o ridurre la trasmissione.
Allo stesso tempo però negli ultimi anni sono stati studiati e
messi a punto alcuni farmaci molto efficaci capaci di
51
http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatite-c/#1
52 http://www.quotidianosanita.it/scienza-e
farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
64
debellare totalmente l’HCV in sole 12 o al massimo 24
settimane con tassi di guarigione del 90-100%. Questo tipo
di farmaci tuttavia non sono ancora reperibili per la totalità
dei pazienti affetti dal virus dato che la loro produzione e la
loro distribuzione hanno costi molto elevati53.
2.2 Epidemiologia
Stando alle stime del Ministero della Salute nel mondo
gli individui infetti da epatite C sono circa 150 milioni, si
stima quindi che circa il 3% della popolazione mondiale è
colpita dal virus54. La diffusione a livello globale però non è
omogenea: la maggioranza di coloro che contraggono
l'infezione risiede nei Paesi asiatici (Taiwan, Mongolia,
Pakistan), nell'Africa subsahariana (Camerun, Burundi,
Gabon) e nel Mediterraneo orientale (L’Egitto è il paese al
mondo con la più alta prevalenza: 9% nelle aree urbane,
fino a raggiungere il 50% in alcune aree rurali)55. 53
http://www.senzalac.it/pdf/EPAC%20WEB.pdf
54http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=11
8&area=Malattie_infettive
55 http://www.quotidianosanita.it/scienza-e
farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
65
Nell’Europa occidentale la presenza del virus è stimata al
0,4-3% ed è più alta nell’est Europa56. Di seguito l’immagine
elaborata dal CDC (Centers for Disease Control and
Prevention) ci mostra l’espansione su scala globale del
virus.
Figura: 2.1 epidemiologia su scala globale del virus dell’HCV
rilevamenti di CDC (Centers for Disease Control and Prevention), 2013.
Ad ogni modo calcolare il numero esatto di persone affette
dal HCV è molto difficile dato che esiste un enorme
56
http://www.epatitec.info/default.asp?id=743
66
sommerso dovuto alla latenza clinica del virus che
impedisce una diagnosi in tempi utili57.
2.2.1 Epidemiologia in Italia
Secondo le stime, si pensa che al momento in Italia gli
infetti dall’HCV siano più di un milione58. Prendendo in
considerazione i dati SEIEVA (Sistema Epidemiologico
Integrato dell'Epatite Virale Acuta) la percentuale di
soggetti nel nostro paese portatori del virus dell’epatite C
varia in maniera consistente in base alla distribuzione
geografica, all’età e al sesso.
Figura: 2.2 Tassi annuali/100.000 per tipo di epatite, età, sesso ed area
geografica. SEIEVA 201459.
57
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e 58
http://www.epatitec.info/default.asp?id=743 59
http://www.iss.it/binary/seie2/cont/SEIEVA_Tassi_2014.pdf
67
Esiste una forte discrepanza nella diffusione del virus fra il
nord-centro e il sud-isole: nel nord-centro c’è un’incidenza
dello 0,25% mentre nel sud-isole l’incidenza si abbassa a
0,14%. Inoltre, possiamo notare che il sesso maggiormente
colpito dal virus è quello maschile con una differenza sul
totale di ben cinque punti percentuali, mentre la fascia d’età
maggiormente colpita è quella che va dai trentacinque ai
cinquantaquattro anni di età.
Prendendo in considerazione invece i dati ISTAT
relativi alle principali cause di morte in Italia (figura 2.3)
possiamo renderci conto di come il numero di decessi
direttamente connessi al virus dell’HCV (evidenziati in
giallo) siano molto estesi. Oltre ai decessi direttamente
congiunti alla totalità delle epatiti virali (epatite A, epatite
B, epatite C, epatite Delta ed epatite E60), che comunque
complessivamente hanno un tasso più elevato del virus
dell’HIV (che per anni è stata considerata una vera e
propria piaga sociale); il dato che risalta maggiormente è
quello legato alle morti per “tumori maligni del fegato”, che
nella maggior parte dei casi sono direttamente connessi al
60
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/epatite.asp
68
decorso dell’HCV61. Questo dato avendo un tasso di 1,55%
sul totale, con più di 10.000 casi, è uno di quelli più elevati
di tutta la lista: quindi una delle cause di morte attualmente
più incidente sullo scenario italiano.
Figura: 2.3 Lista delle principali cause di morte per i decessi in Italia.
Rango per frequenza assoluta con corrispondente numero di decessi e
tassi standardizzati per età, valori per 10.000 abitanti, per genere,
ISTAT anno 2012 – adattamento A. Consiglio (2016).
61
http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatocarcinoma/#3
69
2.3 Trend futuri
Come riportano le ultime rilevazioni tenute dalla
SEIEVA (figura 2.4) negli ultimi anni si sta riscontrando un
progressivo e costante rallentamento della diffusione del
virus dell’epatite C e in generale di tutte le epatiti virali. In
particolar modo prendendo in considerazione l’epatite A
(linea blu) e l’epatite C (linea rossa) notiamo come nell’arco
temporale di circa trenta anni (dal 1983 al 2014)
l’incidenza percentuale sia diminuita drasticamente.
Figura: 2.4 Tassi di incidenza per 100.000 abitanti delle epatiti virali
acute, per anno; SEIEVA 1985-2014 in Italia62
62
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
70
Questa costante diminuzione della diffusione delle epatiti
virali, sia a livello nazionale che globale, è dovuta ad una
serie di cause. In particolare: migliori condizioni
economiche che hanno comportato un innalzamento del
livello igienico generale; una costante riduzione dei nuclei
familiari e quindi un abbassamento della circolazione del
virus a livello intra-familiare; l’introduzione di importanti
norme di prevenzione a livello internazionale nell’ambito
sanitario; (e soprattutto) una maggiore conoscenza e
consapevolezza del rischio di trasmissione dovuto in gran
parte alle molteplici campagne di comunicazione sociale
sviluppate negli ultimi anni63. Oltre a queste leve, che
probabilmente continueranno ad influenzare in positivo lo
scenario futuro, quello che è ad oggi l’argomento che
interessa maggiormente gli addetti ai lavori, la comunità
scientifica e il mondo dei pazienti e che avrà forti
conseguenze sull’epidemiologia dell’epatite C, è
l’introduzione dei nuovi farmaci.
Al “The Liver Meeting” il congresso annuale
dell’American Association For The Study of Liver Disease 63
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
71
tenutosi dal 12 al 18 novembre 2015 a San Francisco, sono
stati presentai per la prima volta i risultati di diversi studi
(dell’azienda farmaceutica Msd) che hanno provato
definitivamente l’efficacia della combinazione di due
molecole (gazoprevir/elbasvir) sui pazienti affetti da
cirrosi e infezione da HCV. Grazie a queste innovative
molecole il virus nel 90-100% dei casi è stato estirpato,
tanto che i farmaci hanno ottenuto immediatamente
l’autorizzazione al commercio dal FDA (l’ente americano
per il controllo dei medicinali) e successivamente dall’EMA
(l’ente europeo dei farmaci). Stiamo parlando di una
terapia altamente innovativa e singolare che nell’arco di 12
settimane debella completamente il virus in pazienti affetti
da anni. Tuttavia esiste un impedimento dovuto ai costi: un
trattamento per HCV di questo tipo comporta alle casse
dello stato un esborso di 30.000 euro a paziente. Al
momento, il governo come afferma il Professor Antonio
Craxì, Ordinario di Gastroenterologia all’Università degli
Studi di Palermo: “ha stanziato per i prossimi anni circa un
miliardo di euro per utilizzare i nuovi farmaci” cifra
comunque “esigua per poter curare tutti i malati”. Per
questo lo stato ha deciso di fornire la terapia
72
momentaneamente solo ai malati più gravi64. Tutto ciò ha
comportato forti malcontenti nel mondo dei pazienti al
quale hanno dato voce le principali associazioni: “vi pare
giusto che la mia condizione di salute si debba aggravare per
potermi curare con farmaci innovativi, sicuri, e con pochi
effetti collaterali?65”. Al di là dei costi e delle possibili
problematiche legate alla distribuzione nelle aree dove il
virus è maggiormente presente, l’introduzione di questa
nuova cura, come afferma il Professor Carlo Federico
Perno: “potrebbe eradicare nel giro di pochi anni
completamente il virus cosi come è stato fatto per la
poliomelite66”.
A fronte di questo nuovo scenario che si sta palesando,
bisogna analizzare il futuro dell’epidemiologia dell’epatite C
non tanto in ambito medico, dato che la cura è stata
ottimizzata, ma più che altro in ambito economico e
politico. Ad ogni modo quello che si prospetta per il futuro
64
http://www.panorama.it/scienza/salute/epatite-c-ecco-i-nuovi-farmaci-
che-guariscono-completamente-dal-virus/
65 Gardini I., (2015) “Farmaci epatite C: La nostra battaglia per garantire
l’accesso a tutti parte dai numeri”, in Epac notiziario n 21, anno 9 p.9.
66 Ibid
73
è uno scenario in cui i tassi di incidenza del virus dell’HCV
saranno sempre più tendenti allo zero.
2.3.1 Intervista – Dottor Ivan Gardini –
Presidente Epac
Al fine di avere uno sguardo d’insieme il più completo
possibile sulla diffusione attuale e futura dell’epidemiologia
dell’epatite C e sulla situazione corrente dei nuovi farmaci,
è stato intervistato il dottor Ivan Gardini, fondatore e
presidente del comitato e dell’associazione Epac ed
attualmente considerato uno dei massimi esperti dei
problemi socio-sanitari dei pazienti con epatite C in Italia. Il
dottor Gardini è di frequente invitato a convegni, tavole
rotonde, seminari e interpellato dai Media e Istituzioni per
illustrare le numerose problematiche cui soffrono i
portatori dell’epatite e dare così voce ai malati67.
67
L’autore A. Consiglio nel corso della ricerca ha intervistato il dottor
Gardini in merito allo scenario epidemiologico in Italia. Intervista effettuata
in data 19/02/2016.
74
-Se si avessero le risorse necessarie per distribuire i
nuovi farmaci alla totalità dei pazienti affetti da HCV, si
potrebbe realmente prospettare una completa
eradicazione del virus nel giro di pochi anni?
“La risposta è no. Possiamo parlare di totale eliminazione
dell’HCV nei casi noti ed eleggibili a un trattamento
antivirale. Che, in sé, sarebbe già un traguardo enorme.
L’eradicazione presupporrebbe che tutti i casi, anche quelli
non noti, ovvero il sommerso di persone infette tuttora
inconsapevoli, dovrebbero essere scoperte tramite screening
e curate, inclusi i tossicodipendenti in fase attiva, e gli
extracomunitari senza permesso di soggiorno. L’eradicazione
del virus comunque non è esclusa, ma ci vorrebbero diversi
anni per una cosa del genere”.
- Stando al quadro politico e farmacologico attuale
come immagina lo scenario epidemiologico dell'epatite
C da qui a dieci anni?
“Più che immaginare, mi auguro che tutti i casi noti siano
stati già stati curati e sia iniziata un’attività di screening
75
sistematica in base a un piano di eradicazione
Ministeriale/Nazionale sul quale anche le regioni siano
d’accordo e parte attiva. Che non è scontato, considerato che
ci sono ventuno sistemi sanitari spesso diversi tra loro”.
- In che modo la comunicazione può influire sul futuro
dell’epidemiologia dell’epatite C?
“Come nella maggior parte dei settori farmacologici/sociali,
la comunicazione ha un ruolo enorme. I decision makers,
soprattutto in Italia, prendono decisioni quasi sempre in base
alla quantità di comunicazione che si produce su un
determinato argomento. Inutile dire che tanto più è scabrosa
una faccenda, tanto più impegno ci mettono per risolverla.
Decida lei se perché ci credono davvero, o per attirare le
simpatie degli elettori”.
2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione
sociale
Nel corso degli ultimi anni si è verificato quindi un
continuo abbassamento dell’incidenza delle epatiti. Una
76
delle principali cause della determinazione di tale
inversione di tendenza è stata la progressiva diffusione
delle campagne di comunicazione sociale (capitolo 2.2).
Infatti, la diffusione di queste tipologie di campagne ha
avuto un’influenza particolarmente rilevante nel rendere
gli individui maggiormente coscienti e consapevoli in
merito alla diffusione del virus e quindi più responsabili nei
comportamenti da adottare per una corretta prevenzione.
Questo tipo di campagne possono far parte di un piano
di marketing, ma in ogni caso fanno riferimento al più
ampio e sfaccettato tema della “comunicazione sociale”.
Le molteplici applicazioni e variabili di questa tematica
hanno provocato una certa difficoltà da parte degli studiosi
e degli esperti nel definire sistematicamente tale campo.
Infatti nel corso degli anni, vari professionisti hanno offerto
svariate definizioni, pur senza riuscire a trovarne una
soddisfacentemente, esaustiva e condivisa. Ad esempio,
Giovanna Gadotti, che da svariati anni si occupa di
“comunicazione sociale”, dichiara che “una delimitazione
univoca di questo campo non è stata e non è cosa facile”68. A
68
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13.
77
tal proposito anche la studiosa Pina Lalli sostiene che ad
oggi della comunicazione sociale si “danno molte definizioni,
a seconda della prospettiva entro la quale si vuole
collocare”69, senza riuscire a trovare quella definitiva.
Spesso inoltre si parla di “comunicazione sociale” facendo
riferimento a tutto l’ambito della pubblicità sociale e/o
campagne di pubblica utilità, e nel contesto italiano a
pubblicità progresso senza fare quindi una distinzione fra
gli strumenti e il concetto. La stessa P. Lalli evidenzia
quanto la comunicazione sociale sia divenuta
un'espressione "ombrello" non più riducibile alla sola
pubblicità e ne propone quindi un approccio
fenomenologico, attento a ciò che gli attori effettivamente
fanno, e costruttivista, focalizzato sugli effetti di significato
che la comunicazione sociale contribuisce a produrre70.
Nonostante l’assenza di una definizione univoca e
inequivocabile, è comunque possibile, in linea generale,
denotare il prioritario oggetto di interesse della
69
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13.
70 Lalli, P., Le sfide della comunicazione per la salute in "Comunicare la
salute", a cura di M. Ingrosso, 2001, Franco Angeli: Milano. p. 41-58
78
comunicazione sociale: sensibilizzare il pubblico di
riferimento rispetto ad un determinato problema e/o
situazione71.
Della comunicazione sociale intesa come modus
operandi se ne può servire ogni tipologia d’impresa e/o
organizzazione: sia attraverso una comunicazione di tipo
deliberato (strumenti di comunicazione), sia attraverso una
comunicazione di tipo non deliberato (caratteristiche
dell’offerta e comportamento del management), sia
attraverso fonti esterne quali la stampa, i social network, gli
opinion leader ecc.72.
Ai fini della presente trattazione, il tipo di
comunicazione che maggiormente ci interessa è quella
“deliberata”, che consiste in tutte le iniziative pianificate,
rivolte ad un target prestabilito e con un obiettivo
determinato. Per mettere in campo questo tipo di
comunicazione sociale l’organizzazione o l’impresa adopera
71
Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino
72 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.417.
79
vari strumenti e tecniche, tra cui il comunicato stampa, il
sito web e l’advertising ecc. L’insieme di questi strumenti,
in una concezione di marketing sociale, vanno a costituire
quella che viene definita una campagna di comunicazione
sociale. Il rapporto che intercorre fra comunicazione e
marketing sociale, possiamo affermare, è di tipo funzionale,
ovvero: ogni tipo di campagna di comunicazione sociale è in
funzione di un più complesso piano di marketing, mentre
non può essere vero l’inverso.
In conclusione possiamo quindi dire che il ruolo della
comunicazione sociale, all’interno di un più complesso
piano di marketing sociale, risulta essere fondamentale e
insostituibile per proseguire i molteplici fini di una
strategia volta alla modifica dei comportamenti per il bene
comune e/o individuale. Ad oggi sono molteplici gli esempi
di campagne svolte per fini sociali, più o meno fortunate,
portate avanti da tipologie differenti di organizzazioni e/o
imprese. Nel capitolo successivo è riportato il caso di una
campagna di marketing sociale; il caso del progetto “Senza
la C”.
81
Capitolo 3
Case study
Il caso “ Senza la C”
Quello che di seguito sarà analizzato è il case study di
una campagna di comunicazione di marketing sociale per la
prevenzione e la sensibilizzazione del virus dell’HCV. La
campagna è stata promossa da diverse associazioni di
pazienti che per la prima volta, anche avendo target e
finalità differenti, si sono riunite per la stessa causa:
informare e sensibilizzare la propria popolazione di
riferimento, le istituzioni e l'opinione pubblica. Importante
è sottolineare che mai prima di questa iniziativa cosi tante e
diversificate associazioni dei pazienti di livello nazionale si
erano riunite per una causa comune. Questa, insieme ad
altre caratteristiche e peculiarità che analizzeremo, ha reso
l’iniziativa unica nel suo genere e di grande innovazione.
Oltre alla volontà del mondo dell’associazionismo il
progetto è stato reso possibile anche grazie ai patrocini di
grande rilevanza ottenuti, ma soprattutto grazie alla
sponsorizzazione non vincolante dell’azienda farmaceutica
82
Abbvie; una delle multinazionali più importanti per la
ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti
farmaceutici per l’epatite C. Il mandato per la progettazione
e l’implementazione del progetto è stato invece conferito
alla MediArt Srl; un’agenzia di comunicazione che nel
settore del marketing strategico e della comunicazione
legati all’ambito istituzionale e sanitario ha una esperienza
ampia e consolidata. La MediArt Srl si è occupata quindi di
tutto il processo di progettazione a partire dalle analisi di
mercato, dalla strategia fino ad arrivare alle operatività del
caso. Il ruolo dell’agenzia è stato di duplice importanza: da
una parte ha messo in campo il proprio know how e gli
strumenti di marketing più adatti e allo stesso tempo ha
lavorato anche sulle attività strettamente comunicative
facendo da tramite fra i vari player della campagna,
assicurando ottimi rapporti di comunicazione con i tutti gli
stakeholder.
83
3.1 MediArt Srl
3.1.1 L’azienda
MediArt nasce nel 1995 come struttura
di management artistico, produzione
musicale e progettazione di eventi, in seguito
dal 1998 l’attività si amplia orientandosi
verso il marketing strategico e la comunicazione legati
all’ambito istituzionale, con particolare riferimento a quello
etico, sociale, medico e sanitario. La collaborazione costante
con le principali aziende italiane leader di marcato e le
maggiori istituzioni nazionali, la forte vocazione al
marketing ed alla comunicazione, il know-how e le reti
relazionali acquisite rendono oggi MediArt una struttura
capace di coniugare visione strategica e capacità produttiva
al fine di realizzare coerenti piani di comunicazione
caratterizzati da soluzioni creative, flessibili e
personalizzate, sviluppate in un’ottica di marketing mix
orientato all’obiettivo e all’attenzione verso il rapporto
qualità/prezzo. I mercati serviti dall’azienda sono vari, ma
senza dubbio i più importanti sono quelli della
Figura 3.1: logo
84
comunicazione e del marketing sociale riferiti alle aziende
farmaceutiche e alle istituzioni.
3.1.2 Struttura aziendale
La struttura presenta due dipendenti con contratto a
tempo determinato o indeterminato più vari consulenti che
costantemente collaborano con l’agenzia. Le sedi operative
sono due: una a Roma in Viale Giuseppe Mazzini 119 e la
seconda a Benevento in Viale degli Atlantici 65. Il fatturato
con riferimento all’anno 2015 è di 980.685,21 euro. La
struttura societaria è di tipo Srl (società a responsabilità
limitata) con due soci dei quali il dottor Jean Pierre el
Kozeh è maggioritario e rappresenta anche la figura di
amministratore unico. L’azienda non presenta connessioni
internazionali e verticalizzazioni particolarmente
strutturate.
3.1.3 Product offering e performance Data la sua evoluzione nel corso degli anni, ad oggi i
target di riferimento, ai quali l’azienda è maggiormente
interessata, sono le aziende del settore farmaceutico e gli
organi istituzionali. Tra i vari clienti dell’agenzia si possono
85
citare Farmindustria, Finmeccanica, Enel, Novo Nordisk,
Novartis, Enervit, Eli Lilly, Sanofi, Menarini, Abbvie e molti
altri.
Per quanto concerne la tipologia dell’offerta essa si
suddivide su quattro macro aree principali suddivise poi a
loro volta in diverse operatività. La prima è riferita alla
progettazione di attività per varie tipologie di campagne di
comunicazione e organizzazione di eventi. La seconda
interessa la formazione: settore in cui l’agenzia offre, grazie
alla collaborazione con professionisti altamente
specializzati, corsi ad hoc per il management delle grandi
aziende che vogliono approfondire temi come il pubblic
speaking, la relazione con i media e la leadership all’interno
dell’aziende. Terza macro area è invece quella riferita al
mondo digital in cui l’azienda offre professionalità e
conoscenze di web marketing e social media, gestendo il
web di diverse imprese e curando vari profili professionali.
Ultima, ma non meno importante, che potremmo
considerare al servizio delle precedenti aree, è quella che si
occupa della produzione di video e grafica dalle quali
prendono forma la maggior parte dei contenuti che sono
poi sviluppati all’interno delle campagne. Quest’ultima
86
macro area analizzata può essere considerata il punto di
forza dell’agenzia dato che possiede all’interno del proprio
organico una pre e post produzione video e grafica con una
forte propensione all’entertainment. Tale vantaggio è
dovuto all’esperienza acquisita negli anni, dopo aver
lavorato (e lavorando tutt’ora), per produzioni televisive e
radiofoniche per le maggiori emittenti nazionali (Rai,
Mediaset, Radio Italia ecc.).
La società, essendo inserita in un contesto come quello
della comunicazione istituzionale e/o sociale, ha molti
competitor diretti rappresentati dalle molteplici agenzie di
comunicazione presenti sullo scenario italiano; allo stesso
tempo però, svolgendo un’attività altamente profilata, nel
corso degli anni si è costruita sul campo una forte
riconoscibilità e un consolidato posizionamento. Il brand
Mediart (figura 3.1) infatti ad oggi è altamente riconoscibile
nel suo mercato di riferimento e si posiziona in un contesto
di premium market offrendo servizi dall’alto valore
aggiunto, di grande professionalità e supportati da una
decennale esperienza. Il tutto offerto ad un prezzo
competitivo.
87
3.2 Il progetto “Senza la C”
In questo capitolo saranno analizzate tutte le fasi che
hanno portato alla realizzazione del progetto “Senza la C”
da parte dell’agenzia di comunicazione Mediart. La
progettazione della campagna iniziata nel 2014 sarebbe
dovuta essere lanciata ad inizio 2015, ma, date le
innumerevoli possibilità di ampliarne la portata e l’efficacia
che si sono palesate nel corso della progettazione, si è
deciso di spostare il lancio ad inizio 2016. Dato che questo
slittamento ha comportato un completo restyling sia a
livello grafico che strumentale ai fini di una più completa
trattazione del caso, il capitolo è stato suddiviso in due
sezioni: la prima che prenderà in considerazione il progetto
dal 2014 al 2015 e la seconda dal 2015 al 2016, quindi alla
sua presentazione.
3.2.1 I Fase: 2014-2015 “L’epatite C lega”
Il contesto
Il contesto nel quale si è cominciato a ragionare
sull’ipotesi di progettare una campagna di sensibilizzazione
88
sull’epatite C non era molto differente da quello mostrato
nel capitolo due. I dati derivati dallo studio dello scenario
dell’epidemiologia dell’epatite C da una parte
comunicavano che il virus era in regressione, ma dall’altra,
calcolando le numeriche riferite ai decessi direttamente
collegati al virus e guardando al tasso di infetti, indicavano
che ci si trovava ancora di fronte a una vera e propria
emergenza sanitaria. Inoltre dall’altro lato, la ricerca
cominciava a consentire a coloro che avevano contratto
l’HCV di migliorare notevolmente la propria qualità di vita e
addirittura di guarire completamente.
I player
Dati i numeri della patologia, la sua l’incidenza e la
possibilità dei nuovi trattamenti, ad inizio del 2014 tre
associazioni dei pazienti decidono di voler realizzare una
campagna di informazione sulla tematica in oggetto. Le tre
Onlus in oggetto sono: AEL Onlus (Associaizione Emofilici
Lazio), EPAC Onlus (Pazienti con Epatite e Malattie del
Fegato) e PLUS Onlus (Persone LGBT Sieropositive Onlus).
Esse trovano nell’agenzia di comunicazione MediArt Srl
l’expertise che stavano cercando per sviluppare al meglio la
89
loro campagna di comunicazione. In particolare le azioni
richieste all’agenzia furono: un’analisi dettagliata del
mercato di riferimento, uno studio del target e la successiva
implementazione di un efficace marketing mix. Grazie al
lavoro dell’agenzia inoltre si è riusciti a sottoscrivere un
contratto di sponsorship non vincolante con l’azienda
farmaceutica Abbvie Srl, che ha coperto per intero tutti i
costi.
Il target
La difficoltà maggiore nella definizione del target nella
campagna in oggetto è stata quella di trovare un pubblico di
riferimento univoco, dato che le tre associazioni dei
pazienti differenziavano in maniera consistente riguardo ai
propri obiettivi: AEL - associazione rivolta alle persone
affette da emofilia (una malattia ereditaria comportante
una grave insufficienza nella coagulazione del sangue) 73;
EPAC - ente diretto all’aiuto di persone affette dalle epatiti
virali e da malattie del fegato; PLUS - una fondazione che si
prodiga nell’aiuto delle persone LGBT (lesbiche, gay,
73
http://www.assoemo.it/emofilia.html
90
bisessuali e transgender) che sono sieropositive (affette da
HIV). Dopo un attento studio delle diverse realtà, si decretò
che i pubblici di riferimento per la campagna fossero sei:
dializzati e trapiantati, persone affette da epatite e malattie
del fegato, emofilici, infetti da HIV, LGTB sieropositivi e
tossicodipendenti.
Il marketing mix
Dato questo scenario molto eterogeneo la leva sulla
quale l’agenzia andò a concentrarsi maggiormente fu quella
del pericolo condiviso d’infezione da HCV e la conseguente
battaglia a un male comune. Si lavorò quindi sul concept
dell’“unione” tentando di individuare una proposta che
rappresentasse adeguatamente questa filosofia. Da questo
concetto si formulò il nome della stessa campagna
“L’epatite C lega”, che avrebbe dovuto avere lo scopo di
evidenziare come le realtà associative fossero si differenti,
ma allo stesso tempo legate da un unico filo conduttore. Da
questi concetti si formulò in seguito anche il marketing mix
più adatto. Si propose la realizzazione di sei brochure
(figura 3.1) con layout grafico simile che rimandasse
all’idea dell’”unione/legame”, ma con contenuti specifici
91
per ogni associazione e quindi per ogni tipologia di
pubblico. Le brochure, pieghevoli, rettangolari e a quattro
ante, sarebbero state poi distribuite tramite i principali
canali di distribuzione delle varie associazioni (presidi, sedi
locali, centri di ascolto ecc.).
Figura 3.2: esempi di proposte per due delle sei brochure progettate
92
Le altre leve alle quali si era pensato erano: un sito internet
dedicato (www.lepatiteclega.it) associato con adeguati
canali social (Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin), la
stesura di un comunicato stampa con conseguente attività
di divulgazione su le maggiori testate nazionali e per ultimo
un evento di presentazione istituzionale. Data però la
successiva implementazione del progetto, tra la fine del
2014 e l’inizio del 2015, che ha portato ad un completo
ripensamento e riposizionamento del progetto, le varie
attività elencate furono completamente ripensate e
rielaborate.
Figura: 3.3 una fra le proposte di home page del sito web
93
3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C”
Il 31 dicembre 2014 le tre associazioni di comune
accordo decidono di spostare in avanti il lancio della
campagna per due motivi principali: la concomitanza della
presentazione con altre campagne con oggetto l’epatite C, e
l’opportunità di potenziare la diffusione e la portata del
progetto coinvolgendo altri player. In quest’ottica sono
state coinvolte altre tre associazioni di pazienti di livello
nazionale: ANED Onlus (Associazione Nazionale Dializzati
e Trapiantati), NADIR Onlus (pazienti con HIV) e L’ISOLA
DI ARRAN (Associazione impegnata nella lotta al disagio e
all’emarginazione sociale legate al mondo della droga).
Inoltre, l’associazione AEL Onlus ha trasferito il suo
coinvolgimento direttamente all’associazione nazionale
FEDEMO che ha perciò sostituito la realtà regionale. Il
coinvolgimento delle altre tre associazioni di pazienti ha
comportato una fase di condivisione del lavoro fino ad
allora svolto e la revisione dell’impostazione iniziale.
94
I player
Ufficialmente, con l’ingresso delle altre tre associazioni,
si hanno per la prima volta nella storia del mondo
dell’associazionismo sei realtà di livello nazionale molto
differenti per finalità e target al lavoro sugli stessi interessi
e obiettivi. Di seguito analizziamo singolarmente le sei
associazioni:
ANED Onlus nasce nel
1972 dalla volontà di Franca
Pellini affinché in Italia tutti
potessero fare dialisi.
Affiancando lo sviluppo della
Nefrologia, conquista numerosi diritti soci sanitari per
questi malati. Nel 1993 ANED viene insignita di Medaglia
d’Oro al Merito della Sanità Pubblica. In Italia ci sono circa
tre milioni di persone con una malattia renale iniziale, oltre
50.000 malati in dialisi, 9.000 pazienti in lista di attesa di
trapianto d’organi e circa 30.000 trapiantati d’organo. Oggi
l’obiettivo di Aned è una nuova frontiera: quella di impedire
l’insorgere della malattia con la prevenzione e garantire ai
malati la guarigione. Aned da oltre quaranta anni affronta
Figura: 3.3 logo Aned
95
quotidianamente i problemi dei malati di reni sul territorio
nazionale attraverso i suoi 20 Comitati Regionali e oltre
500 delegati presenti negli ospedali74.
EPAC Onlus è di fatto il
gruppo no profit più attivo in
Italia nel fornire assistenza
informativa ai pazienti e
familiari sulle malattie del
fegato, sull’epatite virale ed in particolare sull’epatite C.
Svolge attività di counselling, informazione, prevenzione e
offre il suo contributo alla ricerca. Nel corso degli anni si
sono aggiunti diversi professionisti al team di Epac: medici
specialisti nelle malattie del fegato, avvocati, nutrizionisti e
professionisti del settore che consentono di offrire a
migliaia di pazienti risposte concrete ai loro bisogni. Epac
Onlus promuove in Italia le attività della Giornata Mondiale
dell’Epatite, in quanto membro dell’ELPA, uno dei 7
membri della World Hepatitis Alliance. L’Associazione può
74
http://www.aned-onlus.it/pagina.aspx?ida=1
Figura: 3.4 logo Epac
96
contare su personale che lavora a tempo pieno, su
numerosi volontari ha circa 40.000 iscritti 75.
FEDEMO Onlus è una
Organizzazione non Lucrativa
di Utilità Sociale legalmente
costituitasi nel 1996. Dal 2013
è anche Associazione di
Promozione Sociale (APS) ufficialmente riconosciuta e con
personalità giuridica propria. La Federazione delle
Associazioni Emofilici Onlus è l’Organismo nazionale che
riunisce tutte le trentadue Associazioni territoriali che nel
nostro Paese tutelano i bisogni sociali e clinici delle oltre
8.000 persone affette da Malattie Emorragiche Congenite
(MEC) e delle loro famiglie. La Federazione persegue gli
obiettivi definiti dal proprio Statuto, tra cui: informare,
educare, promuovere e coordinare tutte le attività volte al
miglioramento dell'assistenza clinica e sociale degli
emofilici in Italia e al potenziamento della ricerca
scientifica e della terapia genica nel settore delle malattie
75
http://www.epac.it/l'associazione/default.asp?id=866
Figura: 3.5 logo Fedemo
97
emorragiche congenite (MEC), stimolare e sostenere i
centri per l'Emofilia, rappresentare le istanze e i bisogni
della comunità degli emofilici italiani e molti altri76.
ISOLA DI ARRAN nasce
nel 1996 intorno
all’esperienza del giornale di
strada “Polvere” e del gruppo
di auto – mutuo - aiuto
autogestito “Fluxo”. Nello statuto dell’associazione è
riproposta la volontà di lavorare nel campo delle persone
che usano sostanze e del disagio, perseguendo e
promuovendo la metodologia del proprio intervento: il
sostegno tra pari. L’associazione da febbraio 2014
partecipa al progetto HepC Initiative nell’ambito della rete
europea Correlation Network che termina ad ottobre con la
“I° Conferenza europea su HCV e uso di droga” di Berlino.
L’esperienza maturata in ambito europeo fa nascere il
progetto Peer Support EpC. In seguito si è passati alla
realizzazione del vero e proprio peer support nei servizi a
76
http://fedemo.it/cat/chi-siamo/storia-della-federazione/
Figura: 3.6 logo Isola di Arran
98
bassa soglia e nei Ser.D. ubicati nei territori delle ASL
cittadine e limitrofe, azione che continua ancora oggi77.
NADIR Onlus è
un'associazione patient - based
fondata nel 1998 e promuove
un ruolo attivo e pienamente
partecipativo delle persone con
HIV/AIDS e patologie correlate (Epatite C, Epatite B, HPV,
ecc.) nelle decisioni ad ampio raggio che le riguardano
(ossia cliniche, assistenziali, istituzionali, sociali),
intervenendo direttamente con le istituzioni, con il mondo
scientifico in senso lato (clinici e ricercatori di base), con il
settore privato e ovunque laddove si ritene necessario. Lo
spirito che anima l’operato dell’associazione è che “un
paziente informato” è di aiuto a se stesso, alla comunità
scientifica ed alla società: creare le basi culturali per un
dialogo alla pari tra le parti, secondo i rispettivi ruoli, è
dunque cruciale. Tutte le attività dell’associazione sono
volte al raggiungimento delle finalità istituzionali e sono da
77
https://isoladiarran.wordpress.com/chi-siamo/
Figura: 3.7 logo Nadir
99
ritenersi attività di utilità sociale al servizio delle persone
sieropositive78.
PLUS Onlus è
un'associazione di persone
LGBT (lesbiche, gay, bisex e
trans) che vivono con HIV e
persegue finalità di solidarietà
sociale nella lotta contro l’HIV/AIDS, attivandosi in ambito
bio – psico - sociale, nella informazione, formazione,
istruzione e assistenza nella riduzione di ogni tipo di
discriminazione in riferimento all’HIV. Con la creazione del
BLQ Checkpoint, il primo centro italiano community based,
l'associazione è oggi attiva in prima linea nella promozione
del test rapido per HIV e HCV. Inoltre Plus Onlus è la prima
associazione in Italia che fornisce un numero verde al quale
persone LGBT che vivono con l’HIV possono avere risposte
immediate a dubbi di qualsiasi tipo: possono chiamare
persone HIV-negative per un aiuto nella valutazione di un
comportamento a rischio oppure persone con HIV che
78
http://www.nadironlus.org/?page_id=1304
Figura: 3.8 logo Plus
100
vogliano condividere esperienze legate alla loro
sieropositività. Inoltre combattono contro la
discriminazione verso le persone con HIV e soprattutto per
la promozione dei comportamenti sessuali più sicuri79.
Il target
Ancor di più con l’ingresso delle altre tre associazioni
(anch’esse con target molto differenti fra loro: ANED -
Dializzati e Trapiantati, NADIR - affetti HIV, L’ISOLA DI
ARRAN - tossicodipendenti) si è avuta un’ulteriore
dilatazione del pubblico di riferimento della campagna. Per
questo motivo è stato deciso di continuare a lavorare su un
marketing mix differenziato per i diversi pubblici. Allo
stesso tempo, una volta riuniti i rappresentanti delle
diverse associazioni, si è deciso, dato l’evolversi dello
scenario farmacologico all’inizio del 2015 il quale dava
sempre risultati più positivi in merito al trattamento anti
HCV, di spostare il focus della campagna dal concetto di
“unione” per una lotta comune all’epatite C al concetto di
“unione” per la cura dall’epatite C. Dato questo presupposto
7979
http://www.plus-onlus.it/chi-siamo/
101
è stato cambiato il nome del progetto da “L’epatite C lega”
in “Senza la C”, sottolineando l’impegno comune delle
diverse realtà associative di lavorare assieme per
raggiungere l’obiettivo dell’apertura alla cura.
Il marketing mix
Gli strumenti divulgativi pensati e implementati,
successivamente all’inclusione delle ulteriori associazioni,
non variarono come tipologia, ma ebbero un completo
restyling a livello grafico e una maggiorazione a livello
distributivo. Inoltre il prolungamento del processo creativo
dovuto allo slittamento del lancio della campagna ha
consentito l’ottenimento di importanti patrocini che con la
loro autorevolezza hanno dato maggiore visibilità al
progetto: Ministero della Salute, FOFI (Federazione
Ordini Farmacisti Italiani), Dipartimento di
Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza
Università di Roma, SIMG (Società Italiana di Medicina
Generale e delle Cure Primarie) e VIM (Vendita Ingrosso
Medicinali). Il 17 dicembre 2015 la campagna è stata
ufficialmente lanciata supportata dagli strumenti di
comunicazione di seguito analizzati.
102
Sono state realizzate sei tipologie di brochure profilate
per ogni associazione attraverso il colore, parte dei testi, il
logo in evidenza rispetto agli altri e le anagrafiche di ogni
associazione sul retro.
Figura 3.10: layout grafico di una delle sei brochure
103
Al fine di garantire una più ampia diffusione, una delle sei
brochure (Epac) è stata progettata con informazioni
comuni a tutti per essere rivolta a un pubblico più generico,
dato che è stata distribuita non solo nei punti di interesse
dell’associazione ma anche nelle farmacie italiane. Oltre alle
informazioni più uniformi, questa brochure, al fine di
garantire una distribuzione più vantaggiosa, ha avuto anche
un taglio tipografico differente (pieghevole 5 ante 4
cordature formato 52x15 cm) a differenza delle altre
(pieghevole 4 ante 3 cordature formato 86x16 cm). Ogni
associazione negli incontri singoli con l’agenzia ha
concordato le quantità di stampa utili a raggiungere
capillarmente la propria popolazione di riferimento e
quindi i rispettivi presidi, sedi locali, sedi nazionali, centri
di ascolto ecc. in cui far recapitare le proprie brochure.
Nello schema seguente possiamo analizzare le differenti
numeriche di brochure volute da ogni associazione e i
canali in cui sono state distribuite.
104
Figura 3.11: prospetto tiratura e distribuzione per ogni associazione
Associazione Tiratura copie
brochure
Numero spedizioni
ANED 30.000 21
(20 sedi regionali + 1
editore house organ)
EPAC 2.000
-
137.OOO
(50 brochure per
ognuna delle 2.743
farmacie coperte da
VIM)
2 c/o sedi associazione
-
10
(nelle principali sedi di
stoccaggio farmaci:
Matera, Foggia, Lecce,
Mangone (CS) Recanati,
Roma, Salerno, Siena,
Torino, Milano)
FEDEMO 12.500 34
(sede di Milano, sede
tipografica a Ravenna e
le 32 sedi regionali)
ISOLA DI ARRAN 57.000 154 ser.d
24 itard
1 sede nazionale
associazione
NADIR 12.350 123 centri infettivologia
PLUS 25.000 18 sedi associazioni
TOTALE 276.000 387
105
Grazie alla disponibilità delle diverse associazioni e al
rapporto instaurato dalla Mediart con VIM (Vendita
Ingrosso Medicinali), che ha permesso la distribuzione
anche nelle farmacie italiane e non solo nei centri delle
associazioni, si è riusciti a raggiungere un bacino di utenza
a livello nazionale molto importante che ha dato un’enorme
visibilità al progetto.
Coerentemente con la nuova immagine e il nuovo
nome, è stato aggiornato anche il visual del sito internet.
All’interno di quest’ultimo, depositato sul dominio
www.senzalac.it e scritto con linguaggio di
programmazione html, si possono trovare tutte le
informazioni generali della campagna, link diretti ai
patrocini che hanno preso parte al progetto e soprattutto le
schede delle sei associazioni con i rispettivi riferimenti
dalle quali è possibile accedere in maniera diretta alla home
page dei loro portali. Grazie alla pagina web inoltre è
possibile scaricare in formato pdf direttamente le sei
brochure delle associazioni partecipanti. Al sito è stata data
una grande importanza dato che ad oggi risulta essere uno
strumento fondamentale e indispensabile ai fini di una
106
divulgazione su ampia scala80. In quest’ottica il sito è stato
pensato non come un semplice emittente di informazioni,
ma come uno snodo in cui i vari stakeholder possano
interagire e avere la possibilità di ampliare la propria
ricerca.
Figura 3.11: home page sito internet
80
Halligan B., Shah D., (2015) Inbound Marketing attirare e soddisfare i
clienti online, Tecniche Nuove p. 16.
107
Il lancio della campagna è stato annunciato tramite un
comunicato stampa, elaborato e successivamente
divulgato a tutte le testate nazionali di maggiore rilevanza
in ambito medico sanitario e a tutti i maggiori quotidiani,
dal titolo: “- senza la c - Oggi l’epatite fa meno paura. Sei
importanti associazioni di pazienti promuovono una
campagna nazionale di sensibilizzazione sull’hcv”. Il lavoro
costante dell’ufficio stampa ha permesso che il comunicato
avesse una grande diffusione, la notizia è stata riportata da
moltissime testate online (Repubblica.it81, Ilcorriere.it82,
Liberoquotidiano.it83 ecc.) e anche dai maggiori quotidiani
nazionali (Corriere Della Sera, Messaggero ecc.).
Come ultimo strumento di comunicazione, la Mediart si
è occupata dell’organizzazione dell’evento istituzionale di
81
http://www.repubblica.it/salute/medicina/2015/12/20/news/epatite_al_
via_campagna_sensibilizzazione_senza_la_c_lanciata_da_sei_associazioni_
di_pazienti-129858650/
82http://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/15_dicembre_31/conos
cerla-prevenirla-senza-c-campagna-fermare-l-epatite-8886e7d2-afcc-11e5-
98da-4d17ea8642a3.shtml
83 http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/11861444/epatite-
c-malattia-campagna-sensibilizzazione-.html
108
presentazione della campagna. Il 15 febbraio 2016 si è
tenuta dalle 11:00 alle 13:30 presso l’Auditorium del
Ministero della Salute a Roma la giornata di presentazione
della campagna. Alla cerimonia, svolta in forma di talk show
moderata dal giornalista professionista Franco Di Mare,
hanno partecipato: i presidenti o i delegati delle varie
associazioni (Ivan Gardini – Presidente Epac, Filippo von
Schlosser - Presidente Nadir, Giulio Maria Corbelli – Vice
Presidente Plus, Ottorino Rossi – Delegato Fedemo, Maria
Teresa Ninni – Delegato Isola di Arran e Giuseppe Vanacore
– Delegato Aned); vari stakeholder del mondo medico
sanitario (Stefano Vella – Direttore del Dipartimento del
farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità, Antonio Chirianni
– Presidente SIMIT Società Italiana Malattie Infettive e
Tropicali, Luca Miele - componente del Comitato
Coordinatore A.I.S.F. Associazione Italiana per lo Studio del
Fegato) e soprattutto il Ministro della Salute Beatrice
Lorenzin. Data la sua rilevanza a livello mediatico, dovuta
alla partecipazione attiva del ministro e alla presenza di
molte figure rilevanti nel campo sanitario, l’organizzazione
della giornata di presentazione è stata una delle leve che ha
riscosso maggior success
109
Risultati della campagna
Al momento è possibile affermare che la campagna, a
livello di comunicazione e marketing, ha avuto una
soddisfacente riuscita. Basti considerare che nel mondo
dell’associazionismo ha comportato una vera e propria
rivoluzione, dimostrando la possibilità di far collaborare
per lo stesso fine diverse realtà che generalmente,
lavorando in autonomia, non riescono a raggiungere un
bacino di utenza così significativo e, soprattutto, non
riescono a coinvolgere le istituzioni, organi decisori la cui
attenzione è fondamentale ai fini di ogni campagna sociale.
In questo specifico caso l’aver coinvolto sei realtà così
differenti è stata una scelta che sicuramente sarà ripagata
nel medio - lungo periodo, ma che comunque ha già
prodotto significativi effetti nel breve periodo. A tal
proposito di significativa importanza è stato il riscontro di
una crescente attenzione e conseguente partecipazione
attiva del Ministro della Salute alla giornata di
presentazione. Tale risultato è riscontrabile nelle
dichiarazioni di chiusura del Ministro Lorenzin: “Ho fra le
mani la stessa opportunità che ha avuto l’allora ministro
della salute durante il periodo in cui è stata messa in
110
commercio la penicillina” che ci lascia sicuramente ben
sperare sul futuro epidemiologico dell’epatite C e, quindi,
sulla riuscita del progetto.
111
Conclusione
Al termine di questo breve lavoro, risulta evidente
come con il passare del tempo il marketing sociale stia
avendo una costante crescita che tuttavia, a mio parere, non
è ancora così rilevante come dovrebbe, date le sue enormi
potenzialità.
Nonostante le svariate possibilità di questo settore e le
grandi potenzialità legate ai suoi contenuti etici e sociali,
evidenziati dai risultati raggiunti dal progetto “Senza la C”,
un caso di studio importante ma sicuramente non isolato,
ad oggi, il settore del marketing sociale non risulta
adeguatamente sviluppato, soprattutto perché non dispone
di appropriati finanziamenti. Questa mancanza di fondi è
dovuta in gran parte alle differenze che intercorrono con il
marketing commerciale che abbiamo analizzato nel
capitolo uno: in primis il suo fine non redditizio. Inoltre, se
si fa riferimento ai player che generalmente si interessano
in maniera più rilevante a questo tipo di campagne
(organizzazioni senza scopo di lucro che sussistono grazie
alle donazioni ed enti governativi che hanno budget limitati
per la comunicazione in generale) appare chiaro come sia
112
difficile trovare progetti di comunicazione e marketing
sociale che abbiano a disposizione budget consistenti.
Si pensi però a cosa sarebbe possibile se le campagne di
tipo sociale avessero a disposizione lo stesso budget delle
campagne promosse dalle grandi multinazionali. Si
immagini cosa vorrebbe dire la promozione di una
campagna per la lotta contro il tabagismo con un budget di
svariati milioni di euro, o a che cosa potrebbe portare una
campagna con lo stesso tipo di budget per la
sensibilizzazione sull’inquinamento.
Tuttavia, immaginare uno scenario di questo tipo non è
ancora possibile: basti considerare che il fondo destinato
alla “comunicazione” dal Ministero Della Salute per il 2016
è di soli ottocentomila euro84, cifra irrisoria se si
considerano le somme che le grandi società dedicano a
questo settore.
Per tutto questo, dato il suo fine squisitamente etico, gli
addetti ai lavori del settore del marketing sociale, anche se
al momento non dispongono dell’adeguato sostegno,
84
http://www.quotidianosanita.it/governo
parlamento/articolo.php?articolo_id=34755
113
devono far leva sulle nuove possibilità offerte dal mercato:
fare attività di networking, sfruttare le potenzialità del web
e quindi usufruire di tutte quelle leve a basso costo che in
questi anni stanno avendo la loro maggiore evoluzione per
cercare di evidenziare le capacità e le opportunità che offre
questo settore, andando così a sottolineare costantemente,
prendendo in prestito le parole di W. A. Smith85, che il
marketing sociale può essere considerato come la versione
sociale del detto: “facciamo un affare!”, dato che i benefici
che comporta sono alla portata di tutti.
“Il marketing sociale può essere considerato come la versione
sociale del detto "facciamo un affare!". Noi riteniamo infatti
che tutti gli uomini e le donne hanno il diritto di determinare
ciò che è importante per loro. Il nostro lavoro non è infatti
cambiare i loro valori, che può essere considerato l’obiettivo
dell’educazione o della religione. Bensì il nostro compito è
quello di offrire alle persone qualcosa che già valutano
85 Smith W. A., (2002) “Social Marketing And Its Potential Contribution
To A Modern Synthesis of Social Change” Social Marketing Quartely 8,
no.2 p. 46-48.
114
positivo in cambio di un comportamento che ritengano a
beneficio non solo di loro stessi come individui, ma della
società nel suo complesso.”
115
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in ordine cronologico dal più recente in poi
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