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ALFREDO MOROSETTI
LA CUCINA DELLAPPENNINO
FRA LIGURIA LOMBARDIA ED EMILIA
Lantica civilt rurale: alimenti, ricette, piatti tradizionali
DUTCH COMMUNICATIONS & EDITING
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IL TERRITORIO E LANTICA CIVILTA RURALE 3
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CAPITOLO I
IL TERRITORIO E LANTICA CIVILTA RURALE
1) Il territorio
Larea che prendiamo in considerazione abbraccia a stare alle divi-
sioni amministrative odierne quattro regioni e cinque province. In re-
alt si tratta di unarea
storicamente e cultural-mente omogenea, che
coincide con il cuore
stesso delle terre un
tempo liguri: si tratta
dellalto Appennino che
si estende dal genovesato
allalessandrino, rag-
giunge Oltrep pavese
montano, arriva fino alle
vette e alle valli del pia-
centino e del parmense,
per andare a toccare le
valli che dalla Cisa scendono in Lunigiana.
Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana sono solo nomi; un
tempo in questa ampia fascia di territorio montano erano stanziate le
pi importanti trib liguri e, a Dio piacendo, questo sicuro influsso si
sente ancora ben netto e forte, passati tre o quattromila anni. Il chenon vuol dire che non ci siano differenze ce ne erano di acute tre-
mila anni fa, figuriamoci adesso. Si tratta per di differenze
allinterno di una consonanza di modi di essere, di pensare, di sentire
e di parlare. La vicinanza, e a volte la sudditanza, a Lombardi, Emi-
liani, Piemontesi, Toscani, ha indubbiamente influenzato profonda-
mente usi e costumi, stili di vita, appartenenze e fedelt politiche.
Tuttavia, percorrendo da un lato allaltro questo ambito territoriale,
non possibile non avvertire una certa aria di famiglia. Lo si av-
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verte negli accenti del parlare, nei modi di comunicare e di rappor-
tarsi agli altri, nel modo di cucinare e di selezionare le materie prime.
Si tratta di una cucina di montagna, per lo pi autoctona, di territoriin gran parte basati su di uneconomia di autoconsumo, che sapeva
strappare alla terra qualunque risorsa utile, fosse essa il risultato di
un duro lavoro agricolo, fosse essa il dono spontaneo del bosco e dei
prati. In questa prospettiva dobbiamo tenere presente alcuni fattori
climatici e ambientali che hanno avuto unimportanza primaria nella
selezione e nella produzione delle materie prime. I luoghi di cui par-
liamo sono situati ad altitudini che variano dai 600 metri ai
1000/1200. Se da un lato non ci sono ovunque le condizioni per lacoltivazione dellulivo e della vite, e dunque vino e olio sono sempre
prodotti di importazione, per altro verso altrettanto vero che c
una belle differenza vivere in un paese situato a mille metri di altitu-
dine ed uno situato a 600. Se non altro per la presenza o meno di un
alimento strategico nella dieta delle genti di montagna: la castagna,
che sopra gli 800 metri smette di crescere. Oppure se un determinato
villaggio situato nel fondovalle o sulla costa di un monte. Nel
primo caso, labbondanza dacqua permette una notevole estensionedi orti e probabilmente una certa quantit di pesce nella alimenta-
zione abituale; nel secondo caso, ci sar abbondanza di legna, di aree
destinate al pascolo e con esse una discreta quantit di latticini, pro-
dotti spontanei del bosco, come funghi, bacche selvatiche, frutti di
rovo.
E poi la conformazione del terreno e lesposizione climatica. Un
conto sono i terreni aridi e pietrosi strappati al monte attraverso i ter-
razzamenti e un conto sono gli avvallamenti montuosi di boschi a la-
tifoglie, inframmezzati da radure derba grassa. Un conto sono le
aree che guardano verso il mare e sono esposte direttamente ai venti
del Mediterraneo e quelle esposte verso la pianura e le Alpi, e dun-
que soggette ai venti del nord. A volte sufficiente oltrepassare un
passo di qualche centinaio di metri per accorgersi che persino il pro-
fumo dellaria cambiato, che i colori della natura sono diversi, che
intorno ai casolari vengono piantati certi ortaggi che appena poco
prima non crescono assolutamente.
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Infine, pi decisiva ancora della reperibilit o meno di certi alimenti
e materie prime di base, ha unimportanza di primo piano linfluenza
culturale di prossimit. Non a caso, ad esempio, nellarea prossimaalla Lombardia o alla provincia quasi Piemontese di Alessandria,
dominano fra i secondi piatti, bolliti e stracotti, pietanze storiche di
questi due ambiti regionali. Al contrario, sempre fra i secondi piatti,
la presenza del coniglio in casseruola o della cima ripiena sistema-
tica nella zona di diretta influenza genovese, lungo le valli
dellAveto e della Trebbia. O, ancora, i crostini al grass pist (grasso
pestato con aglio) o i piedini di porco bolliti e conditi con la salsa
verde, li troviamo quasi ovunque fra lAppennino piacentino e par-mense.
Ma se queste sono differenze palpabili e ben marcate, quali sono, a
livello culinario, i tratti comuni e uniformanti?
Direi che la troviamo nella costanza di certi sapori e nella combina-
zione di alcuni alimenti. Primo fra tutti il sapore dellaglio e la sua
espressione culinaria pi tipica: pestato in salsa di erbe e miscelato a
diverse tipologie di frutta secca. Col basilico e i pinoli, diventa il ce-
lebre pesto, che troviamo pressoch ovunque, dalla Lunigiana
allAlessandrino. Ma lo troviamo pestato con le noci nella famosa
salsa di noci che condisce tagliatelle, pansotti, gnocchi. Oppure nel
grass pist, col prezzemolo e il lardo. Ed entra praticamente in ogni
intingolo, in ogni fritto, in ogni rag. Una padellata di funghi dove
lolio non abbia soffritto con qualche testa daglio sarebbe una be-
stemmia e unoffesa al buon gusto. Un rag di carne senzaglio sa-
rebbe smorto come un pat di rape.
In seconda battuta, metterei la castagna che su questi monti stata
per secoli lancora di salvezza dalle carestie e la compagna pi abi-tuale della pi nobile farina bianca. I piatti che essa ha permesso di
realizzare sono innumerevoli e non c zona di questa parte
dellAppennino che non compaia sotto forma o di polenta, o di fari-
nata, o di minestra, o di dolce.
E accanto alla castagna, almeno due altri frutti degli alberi del bosco:
la noce e i pinoli, che entrano, a loro volta, a dare sapore e sostanza
ad una quantit di piatti o di condimenti. E, per quanto riguarda le
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noci, dobbiamo tenere presente lolio di noce, che a lungo stato il
sostituto pi abituale di quello di olive.
Fra le pietanze di sostanza, due sono i sapori che rappresentano unacostante delle cucine di famiglia e delle osterie che davano riparo a
mulattieri e viandanti: quello dolciastro della zuppa di trippe e quello
acuto e penetrante del merluzzo, fosse esso stoccafisso o baccal.
Tuttavia prima di addentrarci in una analisi dettagliata delle materie
prime di base che entrano nelle cucine di questarea appenninica, ve-
diamo quali erano, pi in generale, le condizioni di vita e le risorse
materiali su cui si poteva fare affidamento e dalle quali trarre so-
stentamento.
2) Le risorse e la societ
Il tratto specifico dellorganizzazione sociale ed economica di queste
vallate che non ci furono mai poveri, se per poveri intendiamo co-
loro che necessitano e si mettono nelle mani di altri. Ci fu forse indi-
genza, ma mai povert, cos come
non ci fu mai sottomissione, servili-
smo, dipendenza. Ci furono, per se-coli, signori feudali, ma non furono
mai i padroni assoluti del destino di
queste genti, anche perch i diritti
feudali non si espressero mai come
possesso di immense estensioni di
terra sulle quale fare vivere e far la-
vorare una massa di nullatenenti, ma
si concretizzarono per lo pi
nellesercizio del potere politico e
amministrativo, nel diritto ad eser-
citare la giustizia civile e penale,
nella prerogativa di esigere tasse e
imporre dazi. I signori feudali non
determinavano le condizioni di vita economica del loro contado, ma
semplicemente garantivano lordine pubblico, la sicurezza militare
del territorio, le condizioni di uso delle terre comuni, ossia i boschi, i
pascoli, i corsi dacqua, le vie di comunicazione. Il sistema di produ-
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zione era molto semplice: ogni famiglia possedeva una certa esten-
sione di terra, dalla quale traeva la base del suo sostentamento che
consisteva in una agricoltura sostanzialmente di sussistenza (cereali,legumi, ortaggi). Integrava il processo produttivo lallevamento di
qualche animale (vacchette di montagna, capre e pecore, animali da
cortile). Il terreno produttivo era ricavato dal terrazzamento dei fian-
chi dei monti e ogni striscia di terra veniva sorretta da un muretto a
secco in pietra, affinch non smottasse a valle. Gli animali da cortile
(conigli e pollame, soprattutto) fornivano quel poco di proteine no-
bili necessarie alla salute, le vacche il latte per i formaggi e davano il
concime per i campi coltivati. Il punto dolente erano i pascoli e i bo-schi dai quali si traevano le materie prime di base che consentivano il
processo produttivo, cio i foraggi per gli animali e la legna per i fo-
colari. Ovviamente non appartenevano a nessuno, ma erano la dota-
zione primaria del feudo, ed erano concessi in uso ai vari villaggi,
dietro il pagamento di diversi tipi di tasse. In pi, luso dei boschi e
dei pascoli oltre ad essere tassato, generava una conflittualit per-
manente con gli abitanti dei villaggi confinati, perch le bestie
sconfinavano dai limiti stabiliti, perch qualcuno tagliava legna dove
a lui non era consentito.
In ogni caso, bisogna tenere pre-
sente che le risorse a disposi-
zione di ogni nucleo famigliare
erano sempre inferiori alle sue
pur minime necessit. Per
quanto si facesse e per quanto ci
si accontentasse di poco, la pro-
duzione non bastava a sostentarelintero nucleo famigliare. La
ragione presto detta: la fasce di
terra potevano essere coltivate
solo col duro lavoro individuale
di zappa e dunque non aveva
senso avere una grande estensione di fasce di terra se poi la famiglia
non aveva sufficienti braccia per zapparle interamente e, inoltre, per
ogni certa estensione di terreno occorreva avere un determinato nu-
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mero di vacche o di muli in grado di fornire il concime necessario
per renderlo produttivo. Dunque che si fosse in dieci, in venti o in
due o in tre, il risultato finale non cambiava. Ogni paio di bracciapoteva coltivare solo un tanto di terra, e quanto da questo lavoro si
ricavava non produceva un numero sufficiente di calorie a tenere in
vita sul lungo periodo chi si era spezzato la schiena a coltivare il
campo. Come mai allora le genti di queste terre sono riuscite a vi-
verci per millenni e non si sono estinte per fame? La risposta sem-
plice: perch si sono sempre date da fare, perch si sono sempre
messe in movimento. Per strano che possa sembrare, ma da sempre
queste terre sono state un via vai perenne di traffici, di spostamenti,di gente che andava via
in cerca di nuove op-
portunit e ritornava.
Nessun villaggio mai
stato totalmente isolato,
nessuna famiglia, al suo
interno, vissuta solo
ed esclusivamente dellerisorse del suo cir-
condario. Le giovani fi-
glie in attesa di marito
andavano a fare lavori
stagionali nelle terre di pianura (la monda del riso, soprattutto), qual-
cuna andava a fare la cameriera presso questa o quella famiglia di
citt e inviava a casa i soldi che guadagnava. I giovani andavano
ovunque, persino in Turchia, se vi erano buone occasioni di lavoro e
di traffici. Spesso remavano sulle galee della Repubblica, pi ancora
si specializzavano in qualche attivit artigianale da intercalare col la-
voro agricolo. Erano muratori, fabbri, carpentieri, cestai, cordai.
Spesso i padri compravano ad un figlio una o due mule e questi di-
ventava un trasportatore per conto terzi delle merci che arrivano
dalla pianura al mare e che dal mare risalivano verso la pianura. Il
mulattiere guadagnava discretamente bene, rispetto ai famigliari che
rimanevano in paese e lavoravano la terra. Soprattutto disponeva di
un flusso costante di denaro contante che aveva una funzione essen-
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ziale non solo per lui, ma per lintero gruppo famigliare, in quanto
metteva tutto il nucleo famigliare nella condizione di non dipendere
totalmente dalle condizioni di scambio che facevano i mercanti checompravano le magre eccedenze della produzione contadina, cio
formaggette, uova, verdure, animali di vario genere, canapa e lavo-
rati grezzi della lana e della canapa.
OSTERIE
Losteria ebbe, specie nelle campagne, degli aspetti che vanno ben oltre ilsemplice bere e mangiare in compagnia, giocare dazzardo e passare una se-
rata insieme cantando e litigando.
La loro scomparsa fu decretata, in primo luogo, dal diffondersi dei mezzi di
trasporto a motore e, in secondo luogo, dallestinguersi del popolo.
La loro nascita antichissima, risale alla fine dellepoca medioevale,
quando i monasteri e le abbazie stavano andando pian piano spegnendosi,
mentre le vie di comunicazione e i traffici su di esse stavano ampiamente
sviluppandosi. In pratica venivano a sostituirsi ai monasteri quali luogo di
rifugio e di ospizio di coloro che viaggiavano. Era una funzione essenziale,di gran lunga superiore a quella connessa e consequenziale della ristora-
zione e del bere. Il sistema dei trasporti avveniva principalmente a per
mezzo di muli o di carri e carrozze trainate da cavalli. Le miglia che un
mulo o un carro potevano fare in un giorno erano fisse e calcolabili; per-
tanto la pi parte delle osterie sorgeva in genere ad una giornata di viaggio
dalla pi vicina, lungo una strada per lo pi trafficata da mercanti, mulattieri
e da soldati. Inoltre, prima ancora che rifugio e luogo di conforto dei viag-
giatori erano punti di ricovero assolutamente essenziali per gli animali da
carico. Cavalli e muli dovevano, dopo una giornata di viaggio, essere ab-bondantemente rifocillati con biada e crusca, ma pi ancora strigliati del su-
dore raggrumato lungo tutto il loro corpo. Un animale lasciato di notte al
freddo, bagnato del suo sudore, alla lunga si sarebbe sicuramente ammalato
gravemente, ed facile immaginare quale danno producesse un evento del
genere al proprietario.
Dunque le osterie disseminate principalmente lungo le strade erano tutte
dotate di stalla e fornivano tutti i principali servizi di stallaggio (i famosi
garzoni di stalla erano appunto quelli che accudivano cavalli e muli, non
solo le baronesse nei loro momenti di smarrimento). Per altro verso,
losteria era il principale mezzo di informazione e di circolazione delle noti-
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zie che riguardavano tutte le principali vicende della comunit e delle co-
munit limitrofe. Non solo notizie di morti, nascite, sposalizi, ma notizie
politiche, condanne penali, leggi promulgate, vicende belliche. La quantitdi informazioni nasceva dal fatto che erano luoghi obbligati di sosta per
chiunque fosse in viaggio. Allepoca (600, 700, 800, primi decenni del
900) non esistevano i camper n le roulottes, dunque non si poteva fare gli
schizzinosi. Se in citt le osterie si dividevano fra quelle di lusso per perso-
naggi altolocati, quelle andanti un po per tutti gli altri, e quelle infime per i
pendagli da forca, nelle campagne il formato era uguale per tutti: quello che
si trovava si trovava e non si poteva andare per il sottile. Se il posto era ben
tenuto e pulito, lo era per lultimo mulattiere come per il signor conte, e se
era, invece, un porcile, lo era allo stesso modo sia per chi aveva la camiciadi seta sia per chi era coperto di stracci.
Ma questa obbligata commistione di individui di ogni ceto e condizione,
questo incontro sistematico di gente che proveniva dai luoghi pi diversi
determinava un flusso continuo di notizie che poi si sarebbero propagate in
ogni altra osteria del circondario e nei villaggi raggiunti da questo o quel
paesano che allosteria era venuto a sapere che....
In questottica, possiamo dire che le osterie di campagna sono state i gior-
nali e gli uffici stampa del popolo; lAnsa degli analfabeti, il Google del
mondo che andava a candele e zoccoli di mulo.Infine, oltre che alla ovvia mensa e mescita per i viaggianti, erano il teatro,
la sala gioco, il palcoscenico di ogni spirito preso da eroico furore. I poeti si
sentivano autorizzati a declamare in osteria i loro componimenti. I cospira-
tori a rendere pubblici i loro proclami. Gli istrioni a raccontare le loro mira-
bolanti storie. I bari a fare andare le carte come volevano loro. I briganti a
fingersi tranquilli viandanti.
Infine losteria era un vero e proprio ricovero per i diseredati. Non cera
lobbligo di consumazione, non cera il biglietto di ingresso allo spettacolo.
Chiunque poteva entrare e sedersi su di uno sgabello presso il fuoco e ma-gari consumare le croste di pane che aveva con s. Loste non lo sbatteva
fuori, se non dava fastidio.
Pi in generale era essenzialmente la coesione del nucleo famigliare
a garantire la possibilit di sopravvivenza a ciascun individuo. E tut-
tavia non si trattava di un mondo chiuso e limitato. La stessa impos-
sibilit di essere autosufficienti apriva le famiglie e i paesi verso
lesterno, li obbligava ad una molteplicit di attivit complementari a
quella agricola per ottenere un livello di vita passabile. E il nucleo
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famigliare aveva, in ogni caso, come proprio centro di riferimento
per la propria sopravvivenza materiale, la terra, fosse il terreno di
propriet da cui traeva i principali alimenti del desinare quotidiano,fosse la terra di propriet comune, cio i pascoli e il bosco.
3) Lagricoltura di sussistenza
Dalla terra si traevano
essenzialmente due cereali
di base: il grano e il mais,
che per erano un magro
raccolto rispetto al lavoro ealla estensione di terra ri-
chiesti.
Dovevano essere assoluta-
mente integrati con una se-
rie di prodotti dellorto,
dellallevamento di animali domestici, di prodotti spontanei del bo-
sco.
Primi fra tutti i legumi e, in particolare i fagioli, di cui si coltivano
diverse specie. La pi nota la fagiolana che si coltiva soprattutto
in val Scrivia e comunque verso il lato genovese e piemontese
dellAppennino. E una variet di origine spagnole che ha i caratteri
tipici del grosso fagiolo bianco di Spagna, se non una consistenza pi
forte della buccia e una pasta molto delicata. Viene mangiato in in-
salata o come accompagnamento di spezzatini di carni varie o come
contorno di carni arrosto.
Altri legumi molto coltivati sono i ceci, dai quali soprattutto si ricava
la farina per la diffusissima polenta o la schiacciata di farina di ceci,detta appunto farinata. Altrettanto diffusa era la coltivazione del
fagiolino verde da mangiare bollito in insalata e, con esso, delle ver-
dure tipiche della montagna per la loro capacit di reggere ai freddi
come i cavoli, le bietole, e, pi ancora, le verze. Poi abbiamo le ci-
polle, i porri, pi raramente i pomodori.
Scarsa, invece, la coltivazione dei radicchi e delle lattughe per il
semplice fatto che venivano sostituite dalle erbe spontanee dei
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campi, come il dente di leone, lasciando cos spazio nellorto a ver-
dure pi ricche di sostanza.
Altro alimento strategico fu la patata, in particolare una variet, laquarantina (bianca e gialla), che meglio di qualsiasi altra si adattava
ai terreni di montagna pi elevati e giungeva a maturazione in tempi
piuttosto brevi. Peraltro, abbiamo altre variet tipiche come la ca-
bannina o la cannellina nera che venivano a caratterizzare
lagricoltura di questo o quel villaggio o zona montana.
Il vantaggio alimentare di questo tubero di origine americana ben
noto: crescendo sotto terra era protetto da improvvisi sconvolgimenti
climatici che spesso mettevano a rischio interi raccolti di cereali,come il grano, il mais, la segale. Per altro vero, la bont e la possibi-
lit di legare al meglio con qualsiasi pietanza, la patata rappresentava
e rappresenta un vero tesoro anche sotto il profilo gastronomico.
4) Gli animali da allevamento domestico
La possibilit di sopravvi-
venza era data, inoltre,
dallallevamento su base fa-migliare di alcuni piccoli
animali, che si andavano ad
affiancare, per chi ne aveva
la possibilit, a qualche vacca
di montagna e a qualche pe-
cora. In ogni caso non cera
famiglia che non allevasse conigli, galline e non avesse almeno una
capra. In ambito soprattutto emiliano anche il maiale era un animale
che veniva allevato sistematicamente su base famigliare.
Il vantaggio di allevare conigli, nonostante le morie per malattie in-
fettive varie, era il fatto mangiavano erba e si riproducevano, ap-
punto, come conigli, dunque costavano poco e davano molto. Pi
importante per, era il pollaio, perch luovo era veramente un ali-
mento fondamentale per integrare, con proteine nobili, la dieta a base
di cereali e verdure. Le galline costavano un po di pi dei conigli ad
allevarle, perch mangiavano anche i cereali e dunque erano in con-
correnza con luomo, tuttavia molto facevano da sole lasciate razzo-
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lare nellaia e nei campi circostanti: allora trovavano tuberi, vermi,
serpi, piccoli roditori e provvedevano da sole almeno al 50% della
loro alimentazione.Acconto a questi piccoli animali da allevamento domestico, troviamo
la vacca di montagna (era difficile che una famiglia non ne avesse
almeno una). La necessit della vacca presto detta in relazione al
latte che rappresenta un alimento essenziale nella dieta ed entra in
una quantit di composti e preparazioni. Nelle zone di montagna e in
quelle pi isolate, lolio di oliva era una rarit e un lusso.
La possibilit di cuocere con dei grassi dipendeva appunto dal burro
tratto dalle vacche e dallo strutto ricavato dal maiale. Quanto ai for-maggi, erano ricavati, in genere, dalla mescolanza del latte di vacca
con quello di pecora, laltro animale di taglia impegnativa che rap-
presentava la migliore risorsa per sfruttare lerba dei prati e le radure
del sottobosco. Si produceva, cos, la classica caciotta, un formag-
gio semplice e sostanzioso che, invecchiato, poteva sostituire almeno
in parte il parmigiano, altro prodotto di gran pregio e assai costoso.
5) Le risorse del bosco
Limportanza del bosco nella economia complessiva dei villaggi ap-
penninici assoluta, e non solo perch dal bosco che si trae la le-
gna, la fonte energetica fondamentale alla base della vita di ogni
giorno, o perch dal legno si ricavano praticamente tutti i manufatti
della vita domestica e degli attrezzi da lavoro. Questo del tutto ov-
vio e, almeno fino allaltro ieri, un fatto che valeva per ogni so-
ciet e paese del mondo.
Tuttavia quello che faceva del bosco un luogo fondamentale per la
sopravvivenza delle genti dellAppennino non era solo il legno, maanche i prodotti spontanei che era in grado di fornire.
In realt dire che il bosco era un terreno selvatico e incolto, come
normalmente vediamo oggi boschi, errato. Il bosco era di fatto la-
vorato e tenuto con cura n pi n meno che un campo. Il sottobosco
era sempre pulito alla perfezione e i rovi, gli sterpi, le foglie, utiliz-
zati in tanti modi diversi, come lettiera per gli animali, come ali-
mento per i roditori, come legacci per i pali dei campi o dei recinti.
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Gli alberi che crescevano
troppo vicini, togliendosi
reciprocamente lo spaziovitale, venivano tagliati e,
pi in generale, si pota-
vano le piante di alto fusto
che potevano dare utili
frutti, come i castagni i
noci le querce, affinch
crescessero pi alte e ro-
buste. Insomma, il boscopulito e curato con siste-
matica solerzia era messo nelle condizioni di dare al meglio dei frutti
spontanei.
Fra essi, i primo luogo, come abbiamo appena accennato, la casta-
gna, che rappresentava il principale integratore alimentare dei cereali
coltivati.
Della pianta del castagno ne esistono ben 89 variet Il castagno ap-
partiene all'ordine delle Fagales e alla famiglia delle Fagacee. Laspecie pi importante, utilizzata sia per la produzione di frutti, che
del legno il castagno europeo (Castanea sativa). All'interno della
specie, si riconoscono varie sottospecie come: la Castanea Sativa
Asplenifolia, la Castanea Sativa Fastigiata, la Castanea Sativa Proli-
fera, la Castanea Sativa Purpurea e la Castanea Sativa Piramidalis.
La castagna veniva mangiata in ogni modo: in primo luogo, fresca
appena caduta dallalbero, bollita o arrosto. Quindi secca come fosse
un qualsiasi legume da ammollare al momento di cucinarlo ed, in-
fine, trasformata in farina, da mescolare a quella di frumento.
Fra i prodotti spontanei del bosco vi erano tantissime erbe, che si
mangiavano crude in insalata o bollite in minestre. SullAppennino
ligure si indica col termine preboggion un insieme di erbe, con le
quali si fanno molti piatti o entrano in tanti composti e ripieni di-
versi. Fra esse: la cicerbita, la grattalingua, il raperonzolo, il radic-
chio selvatico, i denti di coniglio (coniggio), il dente di cane taras-
saco, borragine (bietola di prato), ortica, papavero. Esse vengono,
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per lo pi raccolte e mangiate appena in germoglio, giacch la pianta
matura non quasi mai commestibile.
Naturalmente accanto alle erbe selvatiche di prato, abbiamo tutta laschiera dei frutti di bosco, dalle fragoline, alle more, dai lamponi ai
mirtilli.
Infine il fungo, la cui raccolta stata sempre non solo una risorsa di
autoconsumo, ma uno dei prodotti del bosco che veniva sistematica-
mente venduto nei mercati di citt, sia fresco che sottolio, ma so-
prattutto secco. Abbiamo testimonianze precise, a livello storico,
circa la vendita organizzata del fungo in Val di Taro. Ad esempio, in
un passo della Historia di Borgo Val di Taro, di Alberto ClementeCassio (1699-1760), abbiamo notizia della presenza di mercati sta-
bili, lungo la Cisa, per la rivendita dei funghi porcini abbondantis-
simi in questa zona; e gi verso la fine del secolo XIX sorsero
aziende specializzate per la commercializzazione e la lavorazione di
funghi tuttora in attivit.
Quanto alle specie dei funghi che si possono trovare, diciamo che ci
sono tutte le principali della penisola. I funghi crescono abbondantis-
simi lungo la valle del Taro, sui monti e le valli che separano larea
parmense dalla Lunigiana. Ma ricche di funghi sono anche la zona
dellAntola e quella del monte Penna.
Dal punto di vista gastronomico, data labbondanza, si prendono in
considerazione soltanto tre specie: i porcini, gli ovuli e i magici pru-
gnoli.
Le principali tipologie del porcino commestibile sono essenzialmente
quattro di cui la edulis la pi diffusa e anche la pi apprezzata; poi
abbiamo il boletus aereus, il boletus aestivalis, boletus pinophilus.
La loro localizzazione dipende dalla tipologia di bosco (castagni,faggi, querce, cerri, pini), ma anche dalla altitudine e dalla chimica
del terreno. E il fungo, per eccellenza, che si fa seccare, in quanto il
suo profumo eccezionale, ma viene mangiato in tutti i modi: crudo,
impanato, trifolato, in rag o ripieno al forno.
Lovulo (amanita cesarea) era il fungo prelibato che allietava i ban-
chetti degli imperatori romani. Eccellente crudo in insalata, con aglio
olio e limone, anche ottimo in una zuppa tipica o al forno ripieno.
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Infine il prugnolo, apprezzato soprattutto nel parmense e nel piacen-
tino. E un fungo primaverile, che cresce in luoghi erbosi, ai margini
e nelle radure dei boschi purch soleggiate e luminose. Ottimo inqualsiasi preparazione culinaria e si conserva in tutte le maniere (sot-
t'olio, essiccato, ecc). Il suo inconfondibile odore di farina fresca e di
sapore eccellente si gusta prevalentemente con le tagliatelle fresche,
in insalata, in tegame al funghetto.
6) Cacciagione, lumache, trote
Dire che la caccia era un diverti-
mento sarebbe falso. O meglio,laffermazione sarebbe vera se ri-
ferita a nobili e aristocratici, ma
non certo a dei contadini. Per loro
la caccia era anche un diverti-
mento, ma era pi ancora un la-
voro da fare nei tempi morti, nelle
stagioni autunnali e invernali,
quando il lavoro nei campi si atte-nuava di parecchio e permetteva di
utilizzare il tempo a disposizione
per provare a mettere in tavola una
lepre, un fagiano, un capriolo.
Naturalmente era anche un grandissimo piacere, sebbene pochi po-
tessero permettersi di andare a caccia con la licenza e la doppietta. Si
andava a caccia con i sistemi ancestrali e sicuri che garantivano, in
silenzio, un buon risultato, non costavano praticamente nulla, specie
in tasse, ma anche in cartucce e manutenzione delle armi. Si trattava,
cio, di una caccia di frodo che richiedeva limpiego di trappole, di
reti, di lacci, e dava il piacere della sfida ai poteri costituiti che cer-
cavano di impedirla con ogni mezzo e dava il piacere dellastuzia nel
riuscire a catturare animali selvatici che sono a loro volta astuti, dif-
fidenti, imprevedibili e matti.
Con il laccio si prendevano animali di media taglia e, soprattutto,
almeno dove era presente, il cinghiale. Il cinghiale un animale do-
tato di un olfatto finissimo e di una notevole memoria. Per mesi rie-
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IL TERRITORIO E LANTICA CIVILTA RURALE 17
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sce a sentire lodore delle mani sul laccio di colui che lo ha incauta-
mente maneggiato e si rifiuta, perci, di passare per i cespugli dove il
laccio stato teso. Allora labilit consisteva, in primo luogo, nelloscoprire dove i cinghiali passassero abitualmente e poi nel tendere il
laccio mascherando lodore umano con odori di altri animali selva-
tici. Se il cinghiale si confondeva nel distinguere gli odori, allora
passava per il solito pertugio e finiva per infilare la testa nel laccio l
sistemato e non aveva pi scampo. Allo stesso modo, ma molto pi
facile era la caccia alla lepre. In questo caso, lanimale era facile da
catturare per la sua stessa insipienza. Preferendo di gran lunga lerba
coltivata a quella selvatica, i teneri germogli del grano ai duri ramo-scelli degli alberi del bosco, viveva in prossimit dei campi coltivati
e aveva (e continua ad avere, sebbene oggi non sia pi cacciata con
gli antichi sistemi, ma solo con i fucili e i cani) una ottusa
predisposizione a fare sempre gli stessi percorsi. Per catturarla ba-
stava un piccolo laccio una volta individuato dove avesse la tana e
quale tragitto facesse per la sua pastura notturna. Ottima in salm, ha
allietato per secoli le tavole dei contadini, alla faccia dei proclami e
delle ordinanze che minacciavano pene tremende per chi si fosse az-
zardato a darle la caccia.
La trappola con i denti di metallo era riservata soprattutto alla volpe
o alla faina. La volpe lanimale odiato per eccellenza dai monta-
nari, perch il grande saccheggiatore dei pollai. La volpe non si
mangia, ma la sua pelle assai apprezzata, specie dalle signore. Per
gli uccelli i sistemi di cattura erano le reti poste fra gli alberi oppure i
ramoscelli ricoperti di vischio (una specie di colla) e messi tutti in-
torno alle gabbiette che imprigionavano gli uccelli che cantando ri-
chiamavano su di esse i fratelli in libert. Ma la vera strage di passerie di merli, cio delle specie che vivevano al limitare dei villaggi, av-
veniva di inverno, quando cera la neve. Allora affamati perdevano
qualsiasi prudenza e si riuscivano a catturare con sistemi elementari,
come ad esempio una grossa pietra piatta, sollevata da un lato con un
bastoncino, sotto la quale venivano poste alcune briciole di pane.
Andandole mangiare, luccellino muoveva il bastoncino e finiva
schiacciato dal masso. Ecco perch dinverno si facevano scorpac-
ciate dipolenta e osei.
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18 CAPITOLO I
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E accanto agli animali della cacciagione, quelli della raccolta, fra cui
le lumache erano le pi ricercate per la bont, per labbondanza, per
la facilit di trovarle. Inutile dire che le ricette a base di lumachesono diffuse ovunque sullAppennino e presentano delle variazioni
di ogni tipo. E, infine, i pesci dei torrenti e dei ruscelli. La trota, ma
anche il gambero di acqua dolce, una squisitezza che purtroppo oggi
assai rara.
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LA CUCINA DI TRADIZIONE LIGURE 19
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CAPITOLO II
LA CUCINA DI TRADIZIONE LIGURE
Laspetto eccezionale della cucina ligure la sua straordinaria capa-
cit di trarre il meglio da alimenti poverissimi e spesso nemmeno
coltivati, frutti o prodotti selvatici del bo-
sco.
Il tratto dominante di questa cucina ilruolo e il sapore che le erbe e i tuberi
conferiscono alle varie pietanze. Fra esse,
laglio, in primo luogo, che entra in ogni
rag, soffritto, stufato. Quindi le erbe pi
tipiche del suolo esposto pi esposto ai
venti del Mediterraneo: il basilico, il
timo, lorigano, la maggiorana, lalloro,
la salvia. Quindi quelli che derivano dai
pinoli, dalle olive, dalle bacche di gine-
pro. Gli odori che esse trasferiscono ai
vari alimenti li fanno profumare in ma-
niera unica e indimenticabile.
Larea ligure anche quella nella quale lolio di oliva ha una pre-
senza, nelle ricette, costante e significativa, a differenza di aree dove
i costi proibitivi di questo alimento lo rendevano raro e mai usuale
nelle ricette delle tradizionali.
Antipasti e salse
La tradizione ligure non privilegia, negli antipasti, i salumi, che
compaiono solo in addizione a verdure ripiene, torte salate, funghi e
verdure sottolio, olive in salamoia, conserve varie.
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Uova RipieneIngredienti per 4 persone: 4 uova; 60 g di tonno sott'olio; un ciuffo di prezze-
molo; !limone; 20 g di maionese; 2 cucchiai di olio d'oliva; sale e pepe
Bollire le uova e una volta sode, sgusciarle
e tagliarle per il verso della lunghezza.
Tritare i tuorli col tonno e il prezzemolo e
quindi aggiungere lolio, il succo del li-
mone il sale e il pepe. Mescolare energi-
camente il tutto e riempire con questo im-
pasto le mezze uova. Aggiungere, infine, uno strato di maionese.
Torta di funghiIngredienti per 4 persone: 400 gr di farina, 600 gr di funghi porcini, olio d'o-
liva, aglio e prezzemolo.
Impastare la farina con acqua ed un po' d'olio e lasciarla riposare al-
meno un paio dore. Pulire funghi, tagliarli a fettine sottili e friggerli
nellolio con un paio di spicchi daglio. Aggiungere prezzemolo tri-
tato e far cuocere per circa un quarto d'ora, a fuoco basso. Tirare lasfoglia e porla sul fondo unto d'olio di una teglia dal bordo basso e
versavi i funghi. Chiudere la teglia con altra pasta sfoglia che verr
unita e impastata con quella che ricopre fondo e bordo della teglia.
Infornare a 160 gradi per circa 20 minuti.
Torta di borragine e ricottaIngredienti per 4 persone: 400 g di borragine,200 g di ricotta, 200 g di farina,
80 g di burro, un uovo, 80 g di pecorino grattugiato
Impastare la farina acqua con uvo e sale e formare una palla, che va
poi coperta con un panno e lasciata riposare per circa 60 minuti.
Bollire e strizzare la borragine quindi rosolarla sminuzzata nel burro
per alcuni minuti; preparare un composto di ricotta, pepe e pecorino,
aggiungere il sale e la borragine.
Stendere a sfoglia, la pasta e metterla sul fondo di una teglia imbur-
rata. Riempire con il composto di ricotta, pecorino, borraggine, e
chiudere la superficie con la pasta sfoglia. Infornare per circa unoraa 160 gradi.
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Pomodori ripieniIngredienti per quattro persone : 4 pomodori tagliati a met e privati dei semi,
100 g di tonno sottolio, 4 patate lessate, 20 cl di olio d'oliva, un ciuffo di basi-lico, 4 uova, sale e pepe.
Amalgamate con un pestello patate bollite e tonno, aggiungete il ba-
silico passato nel mortaio, aggiustate di sale e pepe, quindi riempite i
pomodori tagliati a met e liberati del loro contenuto, che viene ag-
giunto tritato al composto. Decorare i pomodori con mezzo uovo
sulla superficie.
Ricotti della valle SturlaIngredienti per 4 persone: un chilo di patate, 300 g di farina di mais, 200 g di
lardo, 100 g di burro, 4 cipolle, 1 spicchio daglio, un ciuffo di prezzemolo, 50 g
di parmigiano reggiano grattugiato, sale.
Passare nello schiacciapatate le patate bollite e aggiungere la farina
di mais, mescolando bene e
aggiungendo poi il formag-
gio grattugiato; fare quindi
soffriggere nel burro il lardo
tagliato a pezzetti minuti in-
sieme alle cipolle tagliate a
fette sottili e un battuto
daglio e prezzemolo. Frig-
gere per qualche minuto il
composto di patate e mais,
quindi tirare la padella via
dal fuoco e fare delle pic-cole polpettine con lo
impasto ottenuto. Metterle
in forno a 150 e tirarle fuori non appena diventano dorate.
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Farinata
E un piatto universale che troviamo ovunque in Liguria, ma anche
in Lunigiana. Solo nellAppennino strettamente di influenza emiliana sconosciuto.Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di farina di ceci, un bicchiere bicchiere d'o-
lio, sale, pepe ed acqua.
Stemperare in acqua la farina di ceci con un po di sale fino ad otte-
nere una pastella abbastanza liquida e lasciarla riposare almeno 4
ore. Preparare il testo di rame dai bordi molto bassi, tipico della Li-
guria per cuocere al forno. Se non si possiede usare una teglia da
forno dai bordi molto bassi, nella quale si sar versato abbondanteolio che verr mescolato energicamente con la pastella.
Informare a 200 e lasciare cucocere fino a che la farinata non pre-
senta una crosticina dorata. Aggiungere pepe al momento del con-
sumo.
Frittelle di farina di ceciIngredienti per 4 persone: 20 cl di olio d'oliva, 600 g di farina di ceci, 2 cipolle,
sale e pepe.
Sciogliere la farina di ceci in una ampia scodella fino ad ottenere
una pastella molto liquida. Salare e pepare e lasciare a riposare una
notte. Mettere la pastella a bollire a fuoco basso fino a che diventa
piuttosto densa, mescolando in continuazione perch non si attacchi
e cuocia uniformemente. Quando il composto si fatto abbastanza
solido, tirare via dal fuoco e versare in piatti fondi la polentina otte-
nuta. Quando sar completamente fredda, tagliare il contenuto delle
fondine a fette regolari e metterle a friggere in una padella con loliomolto caldo. Servire spolverando leggermente di sale e cipolla tritata
finemente.
Fiori di zucca ripieni
Le verdure ripiene al forno (fiori di zucca, cipolle, zucchine, pepe-
roni, ecc.) sono un classico della cucina ligure di montagna. Si
mangiano come antipasto, ma anche come contorno dei secondi. Fra
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esse il fiore di zucca ripieno sicuramente quello che meglio si pre-
sta come antipasto.
Ingredienti per 4 persone: 8 fiori di zucca, 2 uova, un ciuffo di maggioranzafresca, 2 cipolline dolci, la mollica di 2 pagnotte, prezzemolo, uno spicchio
daglio, un bicchiere di latte, 50 g di mortadella, 30 g di formaggio parmigiano,
olio di oliva.
Bagnata la mollica di pane nel latte e strizzata bene si prepara
lamalgama con i rossi duovo, e un trito daglio, cipolline, prezze-
molo, maggiorana, mortadella, formaggio grattugiato. Si liberano i
fiori di zucca del pistillo e li si riempiono con il composto ottenuto.
Si mettono in piedi in una teglia da forno unta dolio e si fanno cuo-cere a 160 per circa 40 minuti.
Insalata di pomodori (cundijun)
E un classico antipasto o contorno ligure che si trova ovunque, ma
che in ogni posto trova delle varianti sui generis. In linea di mas-
sima, le costanti sono i pomodori, le cipolle, il basilico, le olive
nere, le uova sode, i filetti di acciuga. In alcune localit si aggiunge
allinsalata il pane secco, dopo averlo bagnato e strizzato. Per questocaso viene anche chiamato pan bagn.
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In linea di massima un ottimo e tradizionale antipasto ligure do-
vrebbe comprendere: funghi, olive, verdure sottolio, pomodori sec-chi sottolio, verdure ripiene al forno, insalata di pomodori, una
fetta di torta salata di vario genere, ad esempio ai funghi, qualche
fettina di salume, in particolare lardo, pancetta e salame casalingo.
Ovviamente la stagionalit determina la presenza o meno di certi
alimenti, in particolare di questa o quella variet di verdure.
PestoE una salsa universalmente diffusa in tutto lAppennino fino alla
Toscana. Le variazioni sono minime, seb-
bene ci sia una sorta di gelosia genovese,
secondo cui solo il pesto fatto con il basi-
lico di mare un vero pesto. Il basilico
cresciuto in collina o in montagna non
avrebbe quel profumo e quel sapore cos
unico che caratterizza il vero pesto alla
genovese. Insomma...In realt le differenze sono essenzial-
mente nella variazione delle proporzioni
degli ingredienti e risentono, perci e so-
prattutto, del gusto non tanto e non solo
locale, ma addirittura di ciascun desco famigliare nel quale lo si
prepara. Dunque, si pu dire che qualsiasi famiglia e qualsiasi risto-
ratore vi preparer un pesto con un sapore e un profumo che difficil-
mente troverete identico altrove.
Ingredienti: 100 g. di foglie di basilico; 10 g di pinoli, 30 g. di formaggio peco-
rino o parmigiano, uno o due spicchi di aglio (secondo i gusti), olio doliva di
qualit (mezzo bicchiere circa), sale e pepe.
Si prende un mortaio da cucina e vi si mettono le foglie di basilico,
laglio tagliato a pezzetti, e i pinoli e si comincia a pestare (pistu, ap-
punto) questi ingredienti fino a ridurli in poltiglia; si aggiunge pian
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piano lolio, il sale. Quando si avr una salsa densa si aggiunge il
formaggio grattugiato e si mescola ancora.
Salsa di noci
Si utilizza soprattutto per condire una pietanza tipica: i pansotti, che
sono grossi ravioli ripieni essenzialmente di verdure.Ingredienti: 200 grammi di gherigli di noci, uno spicchio d'aglio, mollica di due
panini; latte intero, due cucchiai d'olio, sale, 50 g. di parmigiano grattugiato.
Pulire i gherigli di noci della loro pellicina e metterle nel mortaio da
cucina insieme alla mollica di pane bagnata nel latte, lolio, laglio e
a un po di sale. Col pestello di legno lavorare gli ingredienti fino ad
ottenere una crema omogenea e aggiungere ad essa il formaggio
grattugiato.
Salsa di pinoli
Usata soprattutto per condire carni bollite e pesci lessi.
Ingredienti: 40 g. di pinoli, 50 g di
mollica di pane, 1/2 bicchiere d'olio,aceto e sale.
Far ammollare la mollica di pane
in aceto; una volta ben inzuppata
la si strizza e la si pesta nel
mortaio con pinoli sino ad avere
ottenuto un amalgama omoge-
neo. Quindi condire la salsa conun po' di sale ed aceto (un cuc-
chiaio circa).
Mescolare con apposito cuc-
chiaio da cucina in legno e ver-
sare lentamente il mezzo bic-
chiere d'olio continuando a me-
scolare con energia.
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Agliata (Aggiada)
E una salsa molto particolare che si sposa bene con il pesce, ma
soprattutto col fegato di vitello. Ne esistono due versioni con o senzamilza.Ingredienti: mollica di pane (un paio di panini), 60 g. di milza di vitello, un bic-
chiere di aceto bianco, mezzo bicchiere di vino bianco, 2 spicchi daglio, sale,
olio.
Sbollentare per qualche minuto la milza in acqua, quindi tagliarla a
pezzetti e pestarla nel mortaio con l'aglio e la mollica di pane, quindi
salare e diluire con l'altro aceto e vino bianco.
Far cuocere il composto per 3 minuti, quindi versare su pesce fritto,baccal o fegato.
Rag (toccu) di spinaroli
Lo spinarolo, fungo primaverile, fra i pi
apprezzati per il suo straordinario profumo e
la sua consistenza soda e corposa. Per que-
sto ottimo come condimento delle paste
fatte in casa, vale a dire i ravioli di erbe o lepi semplici tagliatelle.
Il rag si ottiene facendo soffriggere aglio e spinaroli tagliati a pez-
zetti nel burro. Si aggiunge un poco di latte e a cottura ultimata della
panna da cucina e del prezzemolo tritato, nientaltro.
Rag di funghi (secchi)
Si possono ovviamente usare anche i funghi freschi, ma in genere il
rag di funghi, specie di quelli porcini, viene benissimo con quelli
secchi che conservano, anzi accentuano, il loro inconfondibile pro-
fumo una volta seccati.
Per un rag adatto a condire almeno 4 porzioni di pasta, si prendano
50 gr. di porcini secchi, un cucchiaio di pinoli, una cipolla, due spic-
chi daglio, passata di pomodoro, prezzemolo (una manciata), un
bicchiere di vino rosso, sale.
Far rivenire i funghi e preparare un soffritto, in una casseruola di ter-
racotta, di aglio e cipolla. Quando la cipolla imbiondisce, aggiungere
i funghi tagliati a pezzetti e quindi un poco del loro brodo di rinve-
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nimento, ovviamente filtrato. Dopo qualche minuto aggiungere vino
rosso, fare evaporare, e quindi aggiungere la passata di pomodoro e i
pinoli e fare cuocere per almeno venti minuti a fuoco molto basso econ il coperchio, allungando col brodo di funghi. Aggiustare di sale
e a cottura ultimata aggiungere il prezzemolo tritato.
Rag di salsiccia e funghi
E una variante del rag di funghi, soprattutto per uso del lardo
come base di cottura degli ingredienti. Dunque una bomba calorica,
adatta a rinfrancare le forze soprattutto nei periodi di grande fatica
nelle campagne.
Soffriggere in una casseruola di terracotta il lardo pestato e un cuc-
chiaio dolio doliva, cipolla tagliata a fette, aglio, carota tagliata a
rondelle sottili, rosmarino. Quando la cipolla imbiondisce aggiungere
dei tocchetti di salsiccia fresca e quindi una manciata di funghi sec-
chi ammollati. Rosolare il tutto, aggiungere e fare evaporare un bic-
chiere di vino bianco, mettere un cucchiaio di salsa di pomodoro e
acqua quanto basta. Far cuocere per unora a fuoco basso.
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Primi piatti
PansottiSi chiamano cos per la pancia molto gonfia che li contraddistingue e li fa
pi grossi dei normali ra-
violi. Per altro verso esi-
stono nella tradizione li-
gure diverse tipologie di
pasta ripiena che si diffe-
renziano le une dalle altre
o per le verdure del ri-pieno o per la crane che
entra nel ripieno. I ravioli
con ripieno di carne si
mangiano con il sugo
(tocc) di carne o di fun-
ghi. Mai con la salsa di noci o il pesto.
Ingredienti per 4 persone: prendere le verdure che costituiscono il celebre pre-
boggionper un una quantit di circa un chilo ( un misto di verdure selvatiche,composto da verza primaticcia, raperonzolo, ortica, pissarella, borragine, bie-
tola, radicchio selvatico, cerfoglio, pimpinella, cicerbita e talegua; 300 grammi
di farina; ricotta 100 grammi, parmigiano grattugiato g 50, 2 uova, vino
bianco secco, maggiorana, sale
Lessare le verdure, strizzarle, tritarle, metterle in una terrina e unire
le uova, il parmigiano, la ricotta, la maggiorana tritata e il sale. Ri-
mescolare il ripieno. Impastare la farina con un bicchiere di vino e,
se il caso, aggiungere poca acqua. Tirare la sfoglia, ritagliare deitriangoli, porre al centro il ripieno e, ripiegando gli estremi, formare
dei grossi tortellini. Lessarli e condirli con salsa di noci.
Ravioli di carne e g (bietole)Ingredienti per 4 persone: 600 g di farina bianca, 6 uova, 500 g. di bietole, 300
g. di carne trita di manzo, olio doliva, una cipolla, due spicchi daglio, una ca-
rota, rosmarino, due chiodi di garofano, un bicchiere di vino bianco, parmi-
giano, sale, pepe.
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Preparare la pasta sfoglia con acqua, un pizzico di sale e tre uova e
lasciarla riposare per almeno unora.
Lessare e quindi tritare le bietole. Preparate il soffritto di cipollaaglio carota e i sapori. Come la cipolla imbiondisce aggiungere la
carne ben macinata e fare rosolare, aggiungendo vino bianco.
Quando la carne cotta ritirare dal fuoco, fare raffreddare e amalga-
mare col rosso di tre uova, il trito di bietole e il parmigiano. Riem-
pire i quadratini di pasta con questo ripieno, chiudere e fare cuocere
qualche minuto in abbondante acqua salata. Condire con rag di fun-
ghi o di carne.
Troffie di castagne
Le troffie sono delle particolari forme
di pasta fatta in casa, tipiche della Ligu-
ria, che solitamente si mangiano col pe-
sto. Sono dei gnocchetti sottili, ritorti su
se stessi. Le troffie di montagna fatte
con farina di castagne e di frumento
(met e met), sono semplicissime da
preparare: solo acqua sale e farina. Per
non si condiscono con il pesto, bens
con ricotta e pecorino grattugiato che, col suo gusto forte, attenua il
dolciastro della castagna.
Minestra di castagne e porriIngredienti per 4 persone: 400 g di castagne secche, 6 porri, un litro di latte, 50
g di burro, 100 g di ricotta, 2 foglie alloro.
Ammollare le castagne per almeno 60 minuti, quindi bollirle in ac-
qua con un paio di foglie di alloro Intanto pulire i porri e rosolarli ta-
gliati a rondelle nel burro. Scolare le castagne dopo almeno unora di
bollitura e aggiungerle alla casseruola dove hanno soffritto i porri.
Dopo che si sono rosolate per circa 10 minuti, aggiungere il latte e
fare cuocere per unaltra mezzora a fuoco lento, spezzettando le ca-
stagne col cucchiaio di legno. A cottura ultimata deve risultare una
minestra di consistenza cremosa alla quale si aggiunge la ricotta.
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Minestra di castagne e funghi
La procedura la stessa di quella di porri. Si utilizzano funghi sec-
chi che vengono prima ammollati e poi soffritti come i porri.
Minestra di tagliatelle di castagne (batolli) in brodo di lardo
Un piatto poverissimo ma assai saporito e abi-
tuale, un tempo, nella dieta di ogni giorno, anche
grazie al suo grande apporto calorico.Ingredienti per 4 persone: 200 g. di farina di castagne,
200 g. di farina bianca, lardo, mezzo litro di latte.
Preparare la pasta sfoglia mescolando e impa-
stando con acqua le due farine fino ad ottenere
una pasta morbida ed elastica. Tagliare la sfoglia
in tagliatelle corte ma spesse. Preparare il brodo, facendo bollire ab-
bondante lardo pestato in acqua e latte. Aggiungere le tagliatelle e
servire con aggiunta di un cucchiaio di ricotta per fondina.
Minestra primaverile di erbeIngredienti per 4 persone: si raccolgano tutte le erbe selvatiche commestibili
che possibile reperire (primula, cime di ortica, cime di vitalba, piantaggine,
ravizzone, ecc.), mezzo chilo di patate a pasta bianca, 200 g. di fagioli borlotti,
formaggio fresco, timo.
Mondare le erbe, tagliare a tocchetti le patate, lessare a parte per una
mezzora i fagioli messi da una notte a bagno e quindi aggiungerli
alle altre verdure. Bollire il tutto per almeno unora. Spegnere il
fuoco e aggiungere delle tagliatelle di farina bianca, il formaggio fre-sco tagliato a fettine sottili e il timo. Lasciare riposare per 4/5 minuti
la pentola a coperchio chiuso e quindi servire.
Minestrone con il pestoIngredienti per 4 persone: 2 coste di sedano, 2 piccole carote, 200 g di fagiolini,1
grossa zucchina, 250 g di patate,200 g di piselli freschi sgranati,150 g di fagioli
freschi sgranati, 1/2 scarola o 20 foglie di borragine, 2 pomodori maturi, 1/2 ci-
polla, 1 piccolo porro,1 spicchio di aglio,prezzemolo tritato, 2 cucchiai di pesto
fresco, 150 g di spaghettini sottili, olio extravergine di oliva, sale.
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Pulire e preparare le verdure, pelare le patate e tagliarle a tocchetti
insieme alle altre verdure. Affettare sottile la cipolla e il porro; spe-
lare e tagliare a pezzetti laglio.Portate a ebollizione 2 litri di acqua, salatela, immergetevi tutte le
verdure, i piselli, i fagioli e le foglie di scarola o borragine. Condite
con 2 cucchiai di olio, aggiungete i pomodori a tocchetti, un cuc-
chiaio di prezzemolo, coprite e lasciate bollire a fuoco lento per circa
2 ore. Unite gli spaghettini e completate la cottura.
Aggiungete il pesto al minestrone gi tiepido o freddo, perch il ba-
silico teme il calore.
Zuppa di trippe
Era il piatto unico che si trovava e si serviva sempre nelle osterie di
campagna. Era la minestra usuale dei
carrettieri e dei mulattieri che entravano
in osteria e si facevano versare una sco-
della dove nel brodo caldo sguazzava
qualche listarella di trippa. Aggiungevano
il pane secco che si portavano da casa e il
problema del pane quotidiano era risolto.
Ingredienti per 4 persone: mezzo chilo di trippe di manzo pulite e gi bollite,
una cipolla, una carota, 30 g. di lardo, una costa di sedano, un bicchiere abbon-
dante di vino bianco, formaggio grattugiato, sale.
Tagliare a listarelle le trippe e quindi preparare un battuto di lardo e
verdure. Metterlo a soffriggere in una casseruola alta, possibilmente
di terracotta; appena la cipolla imbiondisce aggiungere le trippe e ro-solare per un buon quarto dora versando il vino e facendolo evapo-
rare, quindi aggiungere un litro e mezzo dacqua, il sale, e fare cuo-
cere a fuoco lento per unora. Si aggiunge il formaggio grattugiato
nella fondina al momento di consumare la zuppa che va integrata con
crostini di pane.
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32 CAPITOLO II
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Secondi piatti
Cima ripienaIngredienti per 4 persone: un chilo abbondante di punta di vitello tagliata con
unampia tasca longitudinale. Per il ripieno: polpa di vitello, animelle, cervella
e schienali (filoni) per complessivi 350 grammi, 6 uova, 50 g. di burro, gr. 40 di
pisellini, un cucchiaio pinoli, 20 g. di funghi secchi, mollica di pane, latte per
bagnare la mollica di pane, uno spicchio di aglio, 5-6 rametti tritati di maggio-
rana, 80 g. di formaggio grattugiato, un pizzico noce moscata, sale e pepe.
Rosolare nel burro le animelle, la polpa, le cervella, e tagliati a pez-
zettini. Tritare il tutto con i funghi ammollati in acqua tiepida, ver-
sare in una terrina, aggiungere i pisellini, la mollica di pane imbevuta
nel latte e ben strizzata, la maggiorana e laglio tritati, il formaggio
grattugiato, le uova, il sale e il pepe e un po di noce moscata. Amal-
gamare tutto bene. Il composto dovr risultare piuttosto cremoso.
Versare nella tasca di vitello, riempiendola non pi di due terzi. Cu-
cire la tasca con un filo di cotone e metterla a freddo in 2 litri di ac-
qua con carota, cipolla, sedano e il sale. Cuocete a fuoco molto basso
e lentamente per circa 2 ore, pungendola con uno ago quando si gon-fia. Porre la cima a raffreddare su un piatto largo con sopra un peso
in modo che si appiattisca e servirla a fette.
Gallina ripiena
Pi ancora che la cima di vitello, nei vil-
laggi di montagna, per le feste, si usava la
gallina ripiena, specie per il Natale.
Ingredienti: una gallina grande e bene in carne, dueuova, mollica di pane di due panini bagnati nel
latte, le interiora della gallina, prezzemolo, aglio,
maggiorana, formaggio grattugiato, una noce di
burro, sale.
Soffriggere pochi minuti le interiora ben tritate nella noce di burro.
Versare il contenuto in una terrina e mescolare con gli altri ingre-
dienti a loro volta ben tritati. Riempire con esso il busto della gallina
e cucire con filo alimentare. Lessare a fuoco dolce.
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LA CUCINA DI TRADIZIONE LIGURE 33
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Stocafisso accomodatoIngredienti per 4 persone: 600 g. di stoccafisso bagnato, mezzo chilo di patate,
un pugno di olive nere, un cucchiaio capperi, 6 pomodori pelati, un bicchiere diolio doliva, 2 spicchi aglio, un cucchiaio di prezzemolo tritato, una carota, una
cipolla, due bicchieri di vino bianco, sale e pepe.
Il baccal conservato sotto sale, lo stoccafisso essiccato allaria e
al sole dei mari del nord.
In un tegame di terracotta si rosolano laglio, la cipolla, la carota e il
prezzemolo tritati, dopo alcuni minuti si aggiungono i capperi dissa-
lati e le olive. Dopo aver tagliato lo stoccafisso in pezzi, lo si mette
nel tegame e sopra si versano i pomodori privati dei semi e tritatigrossolanamente, il sale e abbondante pepe macinato al momento.
Si mette il coperchio al tegame e si lascia cuocere lentamente per due
e pi, aggiungendo il vino bianco e girando di tanto in tanto perch
non si attacchi al fondo. Quando lo stoccafisso quasi cotto, aggiun-
gere le patate a pezzetti. Dopo una mezzora il piatto pronto.
Lumache allagliata Dei molti modi che abbiamo di cucinare le
lumache, questo uno dei semplici e dei pi
gustosi.
Lavare le lumache con acqua salata e aceto,
ripetendo loperazione fino a che lacqua di
pulizia rester limpida. Versare le lumache col guscio in una casse-
ruola con olio bollente, chiudere col coperchio e fare cuocere per al-
cuni minuti fino a che le valve cominceranno a staccarsi dai gusci.
Bagnare con un bicchiere di vino bianco, fare evaporare e quindi ag-
giungere acqua bollente e fare cuocere circa unora. Preparare
lagliata (n.b. vedi ricetta poco pi indietro) e a cottura pressoch ul-
timata aggiungerla alle lumache e servire.
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34 CAPITOLO II
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Coniglio alle olive
Piatto tradizionale, universalmente diffuso soprattutto sul lato ap-
pennico che volge verso il mare e dove la presenza degli ulivi non rara.
Ingredienti per 4 persone: un coniglio di grossa taglia, un
bicchiere di vino rosso, una cipolla, due spicchi daglio,
rosmarino, salvia e timo, una manciata di olive nere, 20 cl.
dolio doliva, sale.
Pulite e tagliate a pezzi il coniglio, e soffriggetelo
con la cipolla tagliata a fettine e aggiungere gli
odori tritati fini. Versare il vino e, se occorre acqua, fare cuocere afuoco dolce per circa unora. A cottura quasi ultimata aggiungere le
olive.
Agnello e carciofiIngredienti per 4 persone: 800 g. di agnello tagliato a pezzi, 2 uova, otto car-
ciofi, un bicchiere di olio doliva, aglio, succo di limone, un bicchiere di vino
bianco, sale e pepe.
Mettere sul fuoco mezzo bicchiere di olio d'oliva in una casseruola,
fare rosolare due spicchi di aglio schiacciati, e aggiungere, a roso-
lare, quindi lagnello. Quando la carne risulter ben rosolata, salare,
pepare e bagnare con il vino bianco. Fare evaporare e continuare la
cottura a recipiente coperto con laggiunta, se serve, di un goccio
dacqua. Pulire i carciofi dalle foglie esterne pi dure, e tagliare via
parte spinosa e le barbe, quindi affettarli a spicchi. A cottura della
carne quasi ultimata togliete l'agnello dalla padella e cocete i carciofinel sugo di agnello del fondo pentola. Quando i carciofi saranno
quasi pronti rimette in pentola lagnello e terminare la cottura. Ap-
pena spento il fuoco aggiungere le uova sbattute con il succo di un
limone e mescolare in modo da distribuire uniformemente le uova
sulla carne e i carciofi.
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LA CUCINA DI TRADIZIONE LIGURE 35
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Funghi e verdure impanate e fritte
In alcuni luoghi vengono anche chiamati pesci di montagna. In re-
alt si tratta di funghi, spesso un po ammaccati o passati, di verdurecome le bietole (le coste) e le melanzane, tagliate a fettine non troppo
sottili, che vengono passate nelluovo sbattuto, quindi nel pan grat-
tato e fritte in olio bollentissimo. Sono un ottimo contorno per le
carni, ma spesso mangiate anche come secondo vero e proprio, ma-
gari con accompagnamento di insalata verde.
Stufato di trippeIngredienti per 4 persone: mezzo chilo di trippe gi lessate, mezzo chilo di pa-
tate, una cipolla, un gambo di sedano, una carota, un ciuffo di prezzemolo tri-
tato, due pomodori da sugo, un bicchiere di vino bianco, 20 g. di pinoli, for-
maggio grattugiato, sale e pepe.
Tagliare la trippa lessata a striscioline e le patate a tocchetti e sof-
friggerle in una casseruola con le verdure e gli odori.
Bagnare quindi col vino bianco, fare evaporare e aggiungere i pomo-
dori sbucciati e liberati dei semi, quindi aggiungere i pomodori, re-
golare di sale e pepe, fare cuocere per circa 30 minuti, aggiungendodi volta in volta acqua calda. Al momento di servire cospargere ogni
piatto di formaggio grattugiato.
Patate fagioli e lardo (brebuggion)
Pietanza fra le pi povere, ma anche fra
pi saporite della pi antica tradizione
dei villaggi di alta montagna.Ingredienti per 4 persone: un chilo di patate,
400 g. di fagioli borlotti, una cipolla grossa,400 g. di coste, 60 g. di lardo pestato, mezzo li-
tro di latte.
Lessare le patate, sbucciarle e pestarle
grossolanamente. Aggiungere le coste
lessate e tagliate anchesse grossolana-
mente. Soffriggere la cipolla tagliata a fette sottili nel lardo pestato e
aggiungere le patate e le coste e, infine, i fagioli lessati. Mescolare il
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36 CAPITOLO II
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tutto per qualche minuto e aggiungere il latte per amalgamare bene il
composto fino ad ottenere un impasto cremoso.
Verza ripiena (Cou pin)Ingredienti: una verza grande, due uova, mollica di due panini, 100 g. di salsic-
cia, una cipolla, 30 g. di funghi secchi, 100 g. di ricotta, 50 g. di lardo pestato,
sale.
Scottare per cinque minuti la verza in acqua
bollente. Lasciarla raffreddare e svuotarla
del cuore. Soffriggere la cipolla nel lardo,
e aggiungere, quando imbiondisce, la salsic-cia e i funghi ammollati. Cuocere una de-
cina di minuti, chiudere il fuoco e mescolare
con le uova sbattute, la mollica del pane ba-
gnato nel latte, la ricotta e il cuore della
verza. Tritare bene il tutto e riempire con esso la verza. Cucirla con
filo alimentare e bollirla fino a cottura completa. Si serve fredda a
fette.
Frittata di cime di orticheIngredienti per 4 persone: 8 uova, mezzo chilo di cime di ortiche, due cipolle, 30
grammi di strutto, uno spicchio daglio, sale, pepe.
Pulire e lessare le cime di ortica, quindi strizzarle bene dellacqua di
cottura. Soffriggere le cipolle tagliate sottili nello strutto, aggiungere
le cime di ortica e lo spicchio daglio. Rosolare per qualche minuto,
quindi versare le uova sbattute e preparare la frittata cocendo sui due
lati il composto di uova e ortiche.
CastagnaccioIngredienti per 4 persone: 800 g. di farina di castagne, 60 g. di pinoli e 60 g. di
gherigli di noci, un cucchiaio di rosmarino tritato, pan grattato, olio, sale.
Mettere la farina di castagne in una bacinella da cucina insieme a
circa un litro dacqua e ottenere una pastella abbastanza consistente.
Aggiungere un mezzo cucchiaino di sale, mescolare bene e versare
nella teglia preventivamente unta con un po dolio e rivestita di
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LA CUCINA DI TRADIZIONE LIGURE 37
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pangrattato. Spargere sulla pastella le noci a pezzetti e i pinoli, una
cucchiaiata di aghi di rosmarino, un filo di olio e poi mettere al forno
a 200 gradi per circa 40 minuti.Sar pronto quando avr assunto un bel colore marron scuro e
limpasto, provato con uno stuzzicadenti, risulter asciutto. La super-
ficie sar tutta screpolata. Si mangia con formagetta fresca.
Patate e funghi (porcini)Ingredienti per 4 persone: 4 patate, 4 funghi porcini, 3 spicchi daglio, olio
doliva, origano, prezzemolo tritato, sale.
Pulire i funghi e tagliarli a fette. Lessare le patate a 1/2 cottura, pe-larle e tagliarle a pezzi. In una teglia ben unta d'olio, mettere 3 spic-
chi d'aglio, prezzemolo tritato, uno strato di patate con sale, origano
e olio, uno di funghi. Alternare allo stesso modo vari strati e mettere
a cuocere in forno a 180 per circa mezzora.
Fegato allagliataIngredienti (per 4 persone): gr. 500 fegato di vitello a fette, gr. 50 di milza, 2
spicchi aglio, un panino di mollica di pane, un bicchiere aceto, due cucchiai di
olio doliva, sale.
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38 CAPITOLO II
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Scottare la milza in acqua bollente, poi pestarla nel mortaio con
laglio e la mollica di pane bagnata nellaceto. Scaldare lolio in una
padella larga, rosolare le fette di fegato, salare e un po prima dellafine cottura aggiungere lagliata, mescolare bene per due minuti a
fuoco vivace e servire caldissimo.
Frittelle di baccal (frisceu)Ingredienti per 4 persone: 800 g. di baccal (merluzzo sotto sale), 400 g. di fa-
rina bianca, un bicchiere di vino bianco, mezzo litro di olio doliva, sale.
Ammollare il baccal per diversi giorni per liberarlo dal sale. Pulirlo
della pelle e delle spine, e tagliarlo a pezzi quanto pi possibile uni-formi di circa 5 centimetri per lato. Preparare la pastella mescolando
la farina con il vino, lolio doliva, un poco dacqua e un pizzico di
sale. Lasciarla riposare unora prima di usarla. Immergere i pezzi di
baccal nella pastella e friggere a fuoco molto alto. Normalmente
non occorre salare ulteriormente.
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Dolci
Latte dolce frittoIngredienti: 1 litro di latte, 150 grammi di farina, 150 grammi di zucchero, 4
uova sbattute, 2 uova (solo tuorli - albume facoltativo), una scorza di limone,
100 grammi di pane grattugiato, olio d'oliva
Portare ad ebollizione il latte dopo avervi stemperatola farina. Unire
lo zucchero, la scorza di limone e le 4 uova sbattute. Proseguire la
cottura mescolando a fuoco basso fino ad ottenere una crema consi-
stente. Stendere la crema ottenuta in un piatto unto d'olio e lasciare
raffreddare. Quando il composto sar freddo e compatto tagliarlo arettangoli e passarlo nei tuorli d'uovo sbattuti, nel pane grattugiato,
ed infine friggerlo in olio caldo.
Budino di castagneIngredienti per 4 persone: 400 g. di castagne, 100 g di zucchero, 3 uova, 100 cl
di latte, 70 g. di burro, la scorza di un limone grattugiata, pangrattato.
Lessare sbucciate le castagne. Passarle, liberate della pellicina, nelloschiacciapatate e mettere la purea in una ampia scodella; unire lo
zucchero, la scorza di limone, 1/2 etto di burro, le uova e il latte.
Amalgamare bene il tutto, aggiungendo eventualmente del pangrat-
tato per rendere pi consistente lamalgama. Imburrare uno stampo
da budino, spolverizzarlo di pangrattato e versarvi l'impasto. Cuocere
in forno a 180 gradi per circa trenta minuti.
Budino con la camiciaIngredienti: un litro di latte, quattro uova, un bicchierino di brandy, due o tre
mandorle triturate, un pezzetto di scorza di limone, tre cucchiai di zucchero.
Sbattere le uova insieme allo zucchero, al trito di mandorle, la scorza
di limone grattata, il bicchierino di brandy. Aggiungere il latte. Nel
frattempo fare sciogliere nello stampo da budino sul fuoco un poco
di zucchero in modo da ottenere il caramello. Aggiungere
lamalgama e fare cuocere a bagnomaria ponendo sullo stampo un
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40 CAPITOLO II
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coperchio di ghisa con sopra delle braci affinch si formi una crosti-
cina.
PignolataIngredienti per 4 persone: 100 g. di pinoli, 50 g. di farina, 80 g. di zucchero, 8
ostie per dolci, lalbume di 6 uova, un bicchierino di acqua di fiori di arancio.
Montare a neve lalbume delle uova e unire ad esso la farina, lo zuc-
chero, lacqua darancio, i pinoli. Porre a campana il composto otte-
nuto su ciascuna ostia e infornare a 200 per una ventina di minuti.
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CAPITOLO III
LAREA LIGURE-PIEMONTESE E LOMBARDA
Larea che andiamo ad esplorare sotto il profilo culinario quella
racchiusa fra le valli del Borbera e del Curone fino ad arrivare allo
Scrivia, che segna il confine col Monferrato. Si tratta di una fascia di
territorio storicamente e
culturalmente totalmenteligure.
Basta leggere i nomi dei
principali paesi: Cabella
Ligure, Rocchetta Ligure,
Albera Ligure, ecc.; op-
pure tenere a mente le de-
sinenze finali di pratica-
mente tutti i nomi degli
altri paesi. Noteremo chefiniscono quasi sempre in ascooppure in assi, indicatori precisi delle
origini linguistiche liguri di una comunit.
Ad ogni modo, col Congresso di Vienna queste terre, come del resto
tutta la Liguria, passarono sotto il dominio piemontese e, fatta lunit
dItalia, si volle mantenerle unite alla provincia di Alessandria, sotto
la regione Piemonte.
Daltra parte, pur essendo ligure fino al midollo, bisogna riconoscere
che questarea ha subito, in ogni caso, una secolare e non indiffe-rente influenza piemontese e, pi precisamente, monferrina, non solo
per la vicinanza, ma anche perch lungo queste valli correva una
delle principali vie del sale verso il Piemonte e dunque fu un territo-
rio di ampi scambi commerciali e culturali con lo Stato dei Savoia. A
titolo esemplificativo, in questa zona entrato da secoli, come ricetta
tradizionale, un piatto tipico della pianura vercellese,la panissa, un
risotto a base di fagioli e salsiccia. Ad importarlo e a farlo proprio
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42 CAPITOLO III
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furono le numerose mondine che, di anno in anno, per secoli, anda-
vano in Piemonte a mondare il riso.
Per altro verso, questo territorio confina lungo lo Staffora conlestremo lembo di territorio lombardo al di l del Po, ossia lOltrep
Pavese. Anche in questo caso, linfluenza reciproca stata continua e
proficua.
Piatti lombardi sono entrati nelluso locale e, viceversa, piatti liguri e
piemontesi sono entrati a pieno titolo da secoli fra i monti
dellAppennino oltrepadano lombardo.
Nelle pagine seguenti, le ricette pi classiche sia della tradizione li-
gure-piemontese, sia di quella lombarda.
1) Fra Borbera e Curone
Abbiamo, oltre alle risorse materiali, universalmente diffuse
sullAppennino, funghi, miele, castagne, formaggi di alpeggio, carni
e salumi, alcuni prodotti tipici che non possono non essere citati pro-
prio per la loro specificit. Prima fra tutti, una discreta presenza ditartufi, fra cui il rinomato tartufo bianco (Tuber Magnutum Pico) e
quello nero, sia nella variet pregiata (Tuber Melanosporum Vitta-
dini), che in quella estiva detta anche scorzone - di minore pregio.
La notevole diffusione dellallevamento al pascolo consente la pro-
duzione di ottime carni bovine locali, e associato allallevamento bo-
vino vi quello suino, per cui troviamo una diffusa presenza di sa-
lumi di qualit, ma anche una specialit locale molto interessante: la
testina in cassetta.
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Qui vengono inoltre coltivale la cosiddetta fagiolana, ossia una va-
riet di fagiolo bianco, di origine spagnola, fatto crescere in filari ac-
coppati, che entra in numerosi piatti tipici locali. E, ancora, da se-gnalare il formaggio Montebore, un villaggio a cavallo fra le valli
Grue e Borbera,che veniva prodotto fin dal medioevo e che ha ri-
schiato di spegnersi se non fosse stato per lintraprendenza di alcuni
giovani che ne hanno salvato la ricetta e hanno saputo rilanciare, an-
che commercialmente, la tipologia. E un formaggio a latte crudo,
composto 75% di latte vaccino, e del 25% di latte ovino, dalla
forma assai curiosa, vale a dire un tronco di cono a gradoni, model-
lato in questo modo dalle fascette dove viene messo a maturare. Sipu gustare fresco, maturo, e persino invecchiato come formaggio da
grattugia. Infine, negli avvallamenti meglio esposti al sole viene col-
tivato anche un vitigno autoctono, anchesso recuperato in questi ul-
timi anni, e salvato dallestinzione. Si tratta del Timorasso, che pro-
duce unuva a bacca bianca dalla quale si ottiene un vino di buona
struttura e buona gradazione alcolica, oggi assai richiesto. Infine, da
non dimenticare, la presenza di ottime trote di montagna sia nel tor-
rente Borbera che in quello Curone, che fanno di questo pesce una
presenza sistematica nei ricettari locali.
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Antipasti e salse
Naturalmente gli antipasti tipici di queste valli ricalcano in gran
parte quelli di tradizione schiettamente ligure, ragion cui troviamole torte salate di verdure, le verdure ripiene al forno, i funghi e le
verdure sottolio e sottoaceto, come avviene in ogni territorio di cul-
tura e tradizione culinaria ligure. Tuttavia qui possiamo trovare una
presenza abbondante di salumi che altrove in genere non abbiamo.
Salumi misti e testina in cassetta
Come si detto, unarea ricca di allevamenti suini. Si produce qui
un ottimo salame, noto per la dolcezza del suo impasto. Ma il salumeveramente tipico la testina in cassetta. Si tratta di un salume confe-
zionato con la lingua, il grasso, le cotiche e la cartilagine della testa
del maiale. E una ricetta antichissima, le cui origini risalgono al
medioevo. Un tempo questo salume era anche conosciuto con
lappellativo di prosciutto dei genovesi. La testa del maiale viene
fatta bollire con gli aromi e quando cotta, viene disossata, tagliata a
pezzetti e limpasto viene messo in stampi in legno a forma di cas-
setta, da cui appunto il nome.
Torta di bietole e formaggio
E una delle tante varianti di torte
salate alle verdure che troviamo in
ogni regione dellAppennino ligure
emiliano. Qui la specificit data
dallabbondante formaggio che en-
tra nella ricetta rendendo pi ricco
e saporito il risultato finale.
Ingredienti per 4 persone: mezzo chilo di
foglie di bietole, 100 g. di quagliata o
formaggio morbido, 50 g. di grana grat-
tugiato, 3 uova, 300 g. di farina banca, un
bicchiere dolio doliva, sale.
Preparare con la farina, lacqua, un pizzico di sale e un cucchiaio
dolio la pasta sfoglia e lasciarla riposare almeno unora. Toglierealle bietole la parte verde e bollire (10 minuti circa) le coste in acqua
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leggermente salata. Strizzare bene le bietole, tagliarle a pezzi gros-
solanamente, sbattere in una terrina le uova e unire ad esse il trito di
bietole, quindi il formaggio grattugiato e la quagliata, salare e me-scolare bene. Oliare una teglia deporre la pasta sfoglia sul fondo, la-
sciando che superi abbondantemente il bordo, mettere il composto e
richiudere la pasta sfoglia a festoni, spennellare dolio doliva la su-
perficie e mettere in forno a 180.
Ovoli ripieni al forno
Gli ovoli si mangiano in insalata
quando sono appena nati e lacappella non ancora del tutto
dischiusa dalla membrana bianca
che lavvolge. Quando, per, la
cappella pienamente aperta, il
modo migliore di gustarli cuci-
narli ripieni al forno.
Ingredienti per 4 persone: 8 funghi ovoli, due uova, 80 g. di parmigiano grat-
tugiato, 50 g. di mollica di pane secco gr. 50, latte, olio doliva, maggiorana,timo, origano, aglio, sale e pepe.
Togliere i gambi alle cappelle e pulirle bene, grattando via ogni im-
purit. Sbattere in una terrina il rosso delle uovo, la mollica del pane
bagnata nel latte, un cucchiaio di olio doliva, il trito di erbe e aglio, i
gambi degli ovoli tritati, salare e pepare. Riempire le cappelle e in-
fornarle, facendole cuocere a temperatura moderata (130) per circa
mezzora.
Insalata di trippe al verdeIngredienti per 4 persone: 400 g. di trippa di gola, un pugno di pinoli, 200 g. di
fagiolane bollire, aglio, prezzemolo, olio doliva, aceto, sale e pepe.
Pulire e lessare la trippa di gola; tagliarla grossolanamente e unirla ai
fagioli. Preparare un trito di prezzemolo, pinoli, aglio, mescolarlo
alle trippe e ai fagioli condire con olio, aceto bianco (poco), sale e
pepe.
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46 CAPITOLO III
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Insalata di fagiolane
Bollire le fagiolane della Val Borbera in acqua con una cipolla e
poco sale, scolarle e condirle con un trito di aglio e prezzemolo, oliodoliva, aceto, sale e pepe. Mangiarle ancora calde.
Insalata di fagiolane al tartufo nero
Lessare i fagioli e condirli aglio, olio, sale e limone. Mescolare bene
e lasciare macerare almeno unora. Aggiungere il tartufo nero ta-
gliato a lamelle e servire.
Salsa verdeE una salsa di derivazione piemontese che si accompagna special-
mente ai bolliti misti, altro piatto piemontese, qui adottato da tempo
immemorabile anche grazie alle ottime carni bovine allevate in loco.Ingredienti: un paio di cetriolini sottoaceto, un mazzetto grande di prezzemolo
(usare solo le foglie), la mollica di due panini, un bicchiere di olio doliva, due
cucchiai di aceto di vino bianco, due spicchi daglio, una manciata di capperi, 4
filetti dacciuga, sale e pepe.
Bagnare la mollica di pane nellaceto, quindi strizzarla bene. Tritaretutti gli altri ingredienti con la mezzaluna e quindi metterli insieme al
alla mollica di pane. Amalgamare il tutto, aggiungendo a poco a
poco lolio. Salare e pepare.
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Primi piatti
Agnolotti al verde
Il termine agnolotto di derivazione piemontese e con ogni proba-
bilit deriva dal fatto che questo tipo di pasta ripiena prendeva la
forma dello stampo a forma di anello con cui venivano confezionati.
In ogni caso questa variamente tipica del classico agnolotto pie-
montese lunione abbastanza insolita di un ripieno di carne e di
verdura, utilizzando prevalentemente gli spinaci invece che le bie-
tole, come solitamente avviene nel raviolo ligure.Ingredienti per 4 persone: g. 400 di carne di manzo, mezzo chilo di spinaci, 200g. di bietole, due cipolle, 4 uova, un ciuffo di prezzemolo, un bicchiere di vino
bianco, 100 g. di burro, sale.
Preparare la pasta sfoglia con due uova, acqua e farina. Lessare gli
spinaci e le bietole in poca acqua salata. Tagliare a fettine le cipolle e
soffriggerle con met burro, aggiungere poi la carne di manzo ta-
gliata a pezzetti. Bagnare col vino, aggiungere acqua e fare cuocere
un paio dore a fuoco lentissimo. Quando la carne cotta passarla altritacarne e versarla in una terrina insieme agli spinaci e alle bietole.
Mescolare bene il tutto e farlo soffriggere con il restante burro, ag-
giungendo a fine cottura (una decina di minuti) il prezzemolo tritato.
Ritirare dal fuoco e mescolare infine con due tuorli duovo. Prepa-
rare gli agnolotti con questo impasto e condirli con rag di carne o al
burro fuso e salvia.
Ravioli di castagne e formaggioIngredienti per 4 persone: 250 g. di farina bianca, 250 g. di farina di castagne,
mezzo chilo di castagne lessate, ! litro di latte, 200. g. di formaggio tenero (ot-
timo il Montebore), due uova, 50 g. burro, sale.
Preparare la pasta sfoglia con acqua e sale mescolando bene insieme
la farina di ca