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ROBERTO SAVIANO “È il male organizzato, è la glorificazione del crimine, è il solo potere reale al quale la città obbedisca” Napoli 1862, che cos’è la camorra nel reportage inedito del grande scrittore C ari lettori, Chi sono i camorristi? mi do- manderete. I mem- bri della camorra. Cos’è la camorra? Se foste a Napoli, vi ri- sponderei semplicemente: la ca- morra è la camorra; ma siete in Francia, e devo cercare di dirvi co- sa essa sia [...]. La camorra è una specie di società segreta che, come tutte le società segrete, ha finito per diventare una società pubblica [...]. La camorra è l’impunità del furto e dell’omicidio, l’organizza- zione dell’ozio, la remunerazione del male, la glorificazione del cri- mine. La camorra è il solo potere reale al quale Napoli obbedisca. Ferdinando II, Francesco II, Gari- baldi, Farini, Nigra, Cialdini, San Martino, La Marmora, tutti costo- ro non sono che il potere visibile: il vero potere è quello nascosto, la camorra. (segue nelle pagine successive) D umas non ha mai creduto in una terra felice dove giustizia e benessere coinci- dessero con ordine, pulizia, eterna sicu- rezza. Dumas è interessato alla complessità del vivere. Napoli per Dumas ha rappresentato questa complessità. La possibilità di feli- cità nel caos, la resistenza a un de- stino drammatico, la bellezza nel disordine, la dolcezza in grado di sopravvivere ai vicoli violenti. Du- mas sembra interessato a cogliere questo segreto. Come si poteva star tanto bene in un luogo al con- tempo così corrotto e così sublime. Sentiva l’indignazione per lo spre- co di una terra e di una cultura lu- minosa incapace di emanciparsi da governanti corrotti, miseria e violenza. Questo si intravede negli articoli dell’autore de I tre mo- schettieri ora pubblicati da Don- zelli con il titolo Camorra. (segue nelle pagine successive) Gomorra Alexandre Dumas di ALEXANDRE DUMAS LADOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 9 DICEMBRE 2012 NUMERO 405 CULT La copertina ROSENFELD E SMARGIASSI La nuova inciviltà delle immagini tra miliardi di foto e universo digitale Il libro FRANCO MARCOALDI Vizi e passioni degli esseri umani nei racconti spietati di Evelyn Waugh All’interno L’opera DINO VILLATICO Al San Carlo arriva una Traviata prudente, calma e troppo decorativa La lettura ALEKSANDAR HEMON Il mio professore di letteratura diventato criminale di guerra in Bosnia DISEGNO DI MASSIMO JATOSTI Straparlando ANTONIO GNOLI Liliana Cavani “Quando Foucault decise di difendere Il portiere di notte” Repubblica Nazionale

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ROBERTO SAVIANO

“È il maleorganizzato,è la glorificazionedel crimine,è il solo potere realeal quale la cittàobbedisca”Napoli 1862,che cos’èla camorranel reportageineditodel grandescrittore

Cari lettori, Chi sono icamorristi? mi do-manderete. I mem-bri della camorra.Cos’è la camorra? Sefoste a Napoli, vi ri-

sponderei semplicemente: la ca-morra è la camorra; ma siete inFrancia, e devo cercare di dirvi co-sa essa sia [...]. La camorra è unaspecie di società segreta che, cometutte le società segrete, ha finito perdiventare una società pubblica[...]. La camorra è l’impunità delfurto e dell’omicidio, l’organizza-zione dell’ozio, la remunerazionedel male, la glorificazione del cri-mine. La camorra è il solo poterereale al quale Napoli obbedisca.Ferdinando II, Francesco II, Gari-baldi, Farini, Nigra, Cialdini, SanMartino, La Marmora, tutti costo-ro non sono che il potere visibile: ilvero potere è quello nascosto, lacamorra.

(segue nelle pagine successive)

Dumas non ha maicreduto in una terrafelice dove giustiziae benessere coinci-dessero con ordine,pulizia, eterna sicu-

rezza. Dumas è interessato allacomplessità del vivere. Napoli perDumas ha rappresentato questacomplessità. La possibilità di feli-cità nel caos, la resistenza a un de-stino drammatico, la bellezza neldisordine, la dolcezza in grado disopravvivere ai vicoli violenti. Du-mas sembra interessato a coglierequesto segreto. Come si potevastar tanto bene in un luogo al con-tempo così corrotto e così sublime.Sentiva l’indignazione per lo spre-co di una terra e di una cultura lu-minosa incapace di emanciparsida governanti corrotti, miseria eviolenza. Questo si intravede negliarticoli dell’autore de I tre mo-schettieri ora pubblicati da Don-zelli con il titolo Camorra.

(segue nelle pagine successive)

GomorraAlexandreDumas

di

ALEXANDRE DUMAS

LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 9DICEMBRE 2012

NUMERO 405

CULT

La copertina

ROSENFELD E SMARGIASSI

La nuova inciviltàdelle immaginitra miliardi di fotoe universo digitale

Il libro

FRANCO MARCOALDI

Vizi e passionidegli esseri umaninei racconti spietatidi Evelyn Waugh

All’interno

L’opera

DINO VILLATICO

Al San Carloarriva una Traviataprudente, calmae troppo decorativa

La lettura

ALEKSANDAR HEMON

Il mio professoredi letteraturadiventato criminaledi guerra in Bosnia

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Straparlando

ANTONIO GNOLI

Liliana Cavani“Quando Foucaultdecise di difendereIl portiere di notte”

Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 30

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

Arrivò a Napoli con il suo amico, il generale GaribaldiRaccontò le gesta dei Mille e quelle degli odiati BorboneMa dell’autore de “I tre moschettieri” non si conoscevanoquesti testi contro “la società segreta

a cui non sfugge niente”e che controlla popolo e poliziaOra vengono pubblicati in Italia e sembrano storia di oggi

La copertinaDumas a Gomorra

(segue dalla copertina)

Ogni prefetto di polizia che cerchi di agire a Napoli senza lacamorra è condannato in anticipo a cadere nell’arco diquindici giorni: negli ultimi quindici mesi, Napoli ha avu-to dieci prefetti di polizia e sette luogotenenti generali.Ma quanti camorristi ci sono a Napoli? mi domanderete.È come chiedere quanti ciottoli ci sono sulla spiaggia diDieppe. Dire da quindici a trentamila non è dir troppo.Da quali segni visibili li si riconosce? Dai loro abiti di vel-luto a colori sgargianti, dalla loro cravatta chiara, dalle ca-tene degli orologi incrociate in tutti i sensi sul panciottocangiante, dalle loro dita cariche di anelli fino all’ultimafalange, e dai lunghi bastoni di rattan. Il camorrista un po’agiato presta su pegno alla giornata. Tutte quelle catene,quegli anelli, quei gioielli che gli brillano addosso, sono

pegni che restituisce lealmente se il prestito gli viene puntualmente re-stituito nel giorno stabilito, ma che trattiene se il debitore ritarda. Il ca-morrista è un monte di pietà vivente. [...]

La camorra, come la Santa Vehme tedesca, ha un proprio tribunale in-visibile che giudica e condanna, sia gli stranieri che potrebbero nuocer-le, sia i propri membri che non mantengono gli impegni presi al mo-mento della loro iniziazione. Ha tre gradi di punizione: la bastonata, losfregio o colpo di rasoio, la coltellata. Con la bastonata si è costretti a let-to per quindici giorni, con lo sfregio si resta segnati a vita; la coltellata uc-cide. Nelle nostre antiche commedie si dice per ridere: «Ti darò una sca-rica di bastonate», e non le si danno mai. Nelle province meridionali, loscherzo è più lugubre; dicono: «Ti darò una coltellata», e la danno. A Na-poli, l’omicidio è un semplice gesto. E non è stato mai punito con la mor-te: il boia rovinerebbe la municipalità.

Napoli, 14 marzo 1862

Diamo ora un’idea dell’estensione che ha preso la camorra. Salite suuna vettura a noleggio; un uomo che non conoscete e che sembra unamico del cocchiere sale a cassetta con lui. È un camorrista. Il cocchieregli deve e gli darà il decimo di quanto riceverà da voi, senza essersi datoaltra pena che quella di farsi portare in giro sedendo a cassetta, mentrevoi vi fate portare in giro in carrozza. Un venditore di frutta entra a Na-poli; un camorrista lo aspetta alla barriera, compra la frutta e la valuta: ilvenditore di meloni, di fichi, di pesche, di pere, di mele o d’uva gli deve ildecimo del valore stimato. Napoli, che fece una rivoluzione con Masa-niello per non pagare la tassa imposta dal duca d’Arcos sulla frutta, nonha mai pensato di rivoltarsi contro i camorristi [...].

La camorra preleva un diritto su ogni cosa: sulle barche, sulle merci al-la dogana, sulle fabbriche, sui caffè, sulle case di tolleranza, sui giochi dicarte. Oggi che ci sono i giornali, i suoi diritti si estendono anche a quel-li. A Napoli cento chioschi sono rimasti sfitti perché il proprietario nonha potuto mettersi d’accordo con i camorristi: nessuno osa affittare. Al-la camorra non sfugge niente, e tuttavia, qual è il re che le ha concessoquesta facoltà? Nessuno. [...]

Napoli, 18 marzo 1862

Il denaro della camorra serve anzitutto: a pagare la polizia che la pro-tegge; poi gli ufficiali superiori della camorra che stanno in galera; i capi,secondo il grado che occupano; e prima di tutti, immediatamente dopola polizia, il generale che riceve quattro parti; i capi camorristi di tutti iquartieri ricevono due parti; i camorristi comuni una parte. L’apprendi-sta camorrista riceve, invece che un grano per carlino, un grano per du-cato, finché non viene nominato camorrista proprietario. Ma per arri-vare a questo brevetto d’onore deve sottoporsi a una prova. Deve battersial coltello con il capo. Se questi rimane contento di lui nel duello, scriveal generale che il tal camorrista è degno della sua benevolenza e che cre-de di poterglielo presentare come meritevole del titolo di camorrista pro-prietario. Il generale, a seguito di questa presentazione, scrive ai capi delquartiere al quale appartiene l’apprendista camorrista: «Potete accetta-re come camorrista il tale…».

Il giorno in cui l’apprendista è accolto come camorrista proprietarioè obbligato a prestare giuramento in presenza di tutta la società. Dopotutti i camorristi mettono mano ai coltelli, li pongono in croce sopra uncrocifisso e dichiarano che chiunque tradirà la camorra sarà messo amorte, senza che la polizia abbia nulla da ridire. Fatto il giuramento, fat-ta quella minaccia, tutti si abbracciano e vanno a pranzo insieme: ma,dal momento che queste assemblee riuniscono solitamente almeno tre-mila persone, il nuovo camorrista è ammesso al tavolo dei capi imme-diatamente dopo il generale, gli altri si sparpagliano nella campagna.

L’indomani dell’ammissione il camorrista va presso il commissariodel quartiere e, presentatosi a lui, pronuncia le seguenti parole di rito:«Ecco un nuovo operaio che ha ricevuto la proprietà». Quindi il nuovocamorrista dà dieci piastre al commissario del quartiere. Da parte sua ilcommissario del quartiere avvisa il prefetto di polizia che nel quartiere èstata fatta una nuova nomina. La camorra, per assicurare al nuovo ca-morrista la protezione del prefetto di polizia, gli dona entro un mese unapolizza di cento ducati.

Napoli, 21 marzo 1862Traduzione David Scaffei. © 2012 Donzelli editore, Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ALEXANDRE DUMAS

Cari lettori, vi spiego la camorra

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

(segue dalla copertina)

Dumas aveva un conto in sospeso con i monarchi napole-tani. Il padre, Thomas Alexandre de la Pailleterie Dumas,a causa di un diverbio con Napoleone abbandonò l’eser-cito durante la campagna d’Egitto. Mentre era in naveuna tempesta lo fece approdare sulle coste pugliesi. Fat-to prigioniero dalla polizia borbonica, solo dopo due an-

ni fu rilasciato. Morì poco dopo per le conseguenze della detenzione.Alexandre aveva tre anni. Non dimenticherà mai. Scriverà una meravi-gliosa Storia dei Borbone di Napoli.

La grandezza di Dumas in questi scritti di “storia narrativa” sta nellacapacità di riunire stile letterario e analisi antropologica. Per lui scriverestoria è un’arte, non una scienza, anche se questo non significa trascu-rare le fonti. Non si allontana mai dal fatto, dalla circostanza. Il suo me-todo è ricreare sulla pagina la vicenda partendo da altri punti di vista esostenere con la fantasia l’assenza di fonti senza mai entrare in contrad-dizione con i dati raccolti. Perché proprio i dati erano la sua ossessione.

Nessuna storia narrata da Dumas è povera di ricerche e approfondi-menti. Questi scritti lo rendono il padre del new journalism.

A Napoli Dumas arriva a metà del 1860. Innamorato dell’utopia gari-baldina, aveva seguito i Mille diventandone il reporter. Ma fu anche ar-miere delle camicie rosse, comprò per loro armi e distribuì fucili. Fondòun giornale su consiglio proprio di Garibaldi: L’indipendente. Il Genera-le gli affidò il ruolo di “Conservatore dei musei”: la nuova Italia sarebbepartita dai musei. E Dumas per tre anni cercò di organizzare, catalogare,rendere i musei e gli scavi parte viva della rinascita unitaria napoletana.Ma poi la borghesia codina partenopea, antichisti e intellettuali isolaro-no questo francese di successo che voleva metter mano, secondo loro,in cose non sue. Dumas diede le dimissioni e tornò a Parigi. Ma di Napo-li, «città dell’allegria e de’ canti giocondi, in cui i volti sorridono come l’az-zurro del firmamento», si era ormai innamorato e continuò a scrivere.

Dumas non commette mai l’errore, poi di moltissimi storici, diconfondere brigantaggio e camorra. Fenomeni lontanissimi e con ra-gioni diverse. L’autore del Conte di Montecristo sapeva osservare e de-scrivere il potere come pochi. Nei suoi romanzi ne è sedotto e disgusta-to al contempo. Le sue pagine girano intorno al potere in tutte le sue for-me dalla responsabilità all’ambizione, dalla brama d’oro a quella d’o-nore. Dumas comprende Napoli davvero. E racconta il potere della ca-morra. La vede, la osserva. «Ferdinando II, Francesco II, Garibaldi, Fari-ni, Nigra, Cialdini, San Martino, La Marmora, tutti costoro non sono cheil potere visibile: il vero potere è quello nascosto, la camorra». Dumascomprende un elemento fondamentale spesso ignorato anche oggi: lacamorra è un percepita come un potere domestico, intimo, naturale einconfutabile, che si dipana nel privato delle persone ancor prima di es-sere un potere eclatante, pubblico, conclamato. La camorra è un poterepresente e vicino. Un governo monarchico, un vicereame, una demo-crazia, una repubblica li puoi sconfiggere, contrastare, puoi sfuggire al-la loro polizia, battere i loro eserciti. Puoi pensare di rovesciarli o rifor-marli. La camorra no. È lì vicino e dentro casa. Non si può nemmeno im-maginare di sconfiggerla. Perenne, forte, idra che si rigenera.

Scrive Dumas: «Napoli, che fece una rivoluzione con Masaniello pernon pagare la tassa imposta dal duca d’Arcos sulla frutta, non ha mai pen-sato di rivoltarsi contro i camorristi». Descrive il meccanismo del racketcome un reporter che si inserisce nel tessuto connettivo della città. Il po-tere della camorra sui vetturini, sulla polizia, sui mercati. Persino l’e-storsione sulla distribuzione di giornali: chioschi che non si aprono per-ché non riescono a pagare la tangente. «Alla camorra non sfugge niente,e tuttavia, qual è il re che le ha concesso questa facoltà? Nessuno. [...]».Dumas non lo racconta come un fenomeno folcloristico, non sottova-luta il problema. Lo osserva come il potere che condiziona e trasforma lavita di tutti. Dopo di lui per oltre un secolo si darà spesso uno sguardo dasuburra alla camorra. Come un’escrescenza pacchiana della miseria,un’organizzazione di sanguinari cialtroni e cafoni. Tutt’altro fa Dumasche ne vede la pericolosità. Vede in essa la costruzione di una borghesiae di un potere che condiziona la politica e che non permette alcun tipodi cambiamento della società, che governi Ferdinando I, Garibaldi o Vit-torio Emanuele II. Ascoltare il suono contemporaneo di queste parole èdavvero incredibile. Lo scrittore ha scorto l’immobilità dinamica di Na-poli. Dumas che ha vissuto e osservato il sud d’Italia ha dimostrato conla sua caparbietà di reporter che raccontare il dramma, il potere, la cor-ruzione non è un modo per ferire un luogo ma il più alto gesto d’amore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ROBERTO SAVIANO

LE ILLUSTRAZIONI

In alto da sinistra: “Omicidio in carcere”,

“Tipo di guappo”, “Camorrista

sanguinario”, “Cifrario camorristico”

e “Delitto d’onore”. Nella foto grande

“La zumpata”. In copertina, “Il guappo”

Tratte da: La Camorra di V. Paliotti

(ed. Bietti); La Camorra di F. Russo

e E. Serao (ed. Bideri); La malavita a Napoli di A. De Blasio (ed. Del Delfino)

IL LIBRO

Sarà in libreria il 12 dicembre

La camorra e altre storiedi briganti di Alexandre Dumas,

pubblicati per la prima volta

integralmente in Italia da Donzelli

(336 pagine, 30 euro)

Ne anticipiamo alcuni estratti

Quando si scrivecontro il potere

Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 32

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

I luoghiItinerari alternativi

Piccola guidanon spiritualea Vaticancity

CITTA’ DEL VATICANO

Feste danzanti, corride, torneid’armi, ma anche questuan-ti, elemosine collettive, don-ne incinte che ricevevano

una doppia elemosina per accudire il fu-turo nascituro. Happening popolari pro-mossi dai papi per celebrare gli anniver-sari delle loro elezioni nel Cortile del Bel-vedere, l’imponente piazza disegnata daBramante alla fine del 1500 a poche cen-tinaia di metri dall’austera basilica di SanPietro. Momenti di vita mondana cari apapa Alessandro VI Borgia, che amavaassistervi dalle finestre del suo apparta-mento circondato dalla corte pontificia.

Difficile immaginare che il grandepubblico che visita il Vaticano ne sia alcorrente. Come è azzardato pensare chesono in tanti a sapere che il Cortile di SanDamaso all’origine era popolato di fon-tane usate per l’abbeveraggio del bestia-me. Oggi San Damaso è la nobile piazzadove vengono ricevuti capi di Stato edospiti di riguardo per le udienza papali. Eche dire dell’origine di uno dei detti piùpopolari come “mangiare a ufo” o “farela spesa a ufo”, cioè gratis? Quanti sannoche è una frase risalente alla scritta A. U.F. (Ad usum fabricae)? Tre parole postesui materiali destinati alla Fabbrica diSan Pietro in transito attraverso l’anticaPorta Fabbrica del IX secolo. Materialisui quali, grazie a quell’AUF, non si paga-vano gabelle. Altrettanto poco nota la vi-cenda del primo ladro che, condannatodai giudici pontifici per un furto, chiesela “grazia” a Pio XI — il Papa dei Patti La-teranensi del 1929 che diedero vita alloStato della Città del Vaticano — di conti-nuare a restare nella cella del Tribunalepontificio di piazza Santa Marta «perchè,Santità, mi trovo molto bene». «No! — glirispose Pio XI — te ne devi andare perchèin Vaticano di ladri ce ne sono già tanti!».

Piccole grandi storie all’ombra del Cu-polone sconosciute ai più. Storie di uo-mini noti e meno noti, ma anche di anti-che vie e di palazzi d’epoca del più picco-

lo Stato del mondo, il Vaticano, appena44 ettari circoscritti in un perimetro di3.420 metri. Meta ogni anno di milioni dituristi e pellegrini, che arrivano per pre-gare sulla tomba di San Pietro e per am-mirare la più imponente collezione arti-stica dell’umanità “firmata” dai maestridel Rinascimento, la Città-Stato è uni-versalmente conosciuta soloper il fa-scino della basilica o della CappellaSistina. Ora però, e per la prima volta,viene riportata alla ribalta in tutta lasua interezza da una guida turisticadedicata a tutto il mondo vaticano,dalle realtà più importanti fino alle te-stimonianze meno appariscenti. È laGuida Generale alla Città del Vaticano,scritta da una task force di storici dell’ar-te e docenti universitari coordinati Ro-berto Cassanelli, Antonio Paolucci (di-rettore dei Musei Vaticani) e CristinaPantanella, che accompagna il visita-tore attraverso una serie di itinerariillustrati da foto, stampe, piantine,riferimenti storici.

Ecco quindi che per visitare ilVaticano “nascosto”, si può parti-re, ad esempio, dal portone diSant’Anna, alla destra di chi guarda la ba-silica, dove si incrocia una delle vie piùantiche del Vaticano, la via del Pellegri-no, terminale della storica via Francige-na, lungo la quale ci sono la caserma del-le Guardie svizzere, i palazzi del Restau-ro degli arazzi, la chiesa del Pellegrino, laredazione dell’Osservatore Romanoe delCtv (il Centro televisivo vaticano). DaSant’Anna si arriva al cinquecentescoTorrione di Niccolò V, all’origine struttu-ra di difesa, ma oggi sede dello Ior, la Ban-ca vaticana. Più avanti c’è la Tipografia,le Poste, la farmacia e i mercati generali,per poi arrivare al cortile del Belvedere eai Musei Vaticani. Ma si può accedere an-che attraverso l’Arco delle Campane e ilcancello di piazza del Sant’Uffizio, sededell’omonimo Palazzo, l’antico tribuna-le dell’Inquisizione, a sinistra di San Pie-tro. Da qui si raggiunge l’Aula Nervi, ilcollegio Teutonico, la Fabbrica di San

ORAZIO LA ROCCA

AULA NERVI

Anche detta Paolo VI:

è il grande auditorium

destinato alle udienze

pontificie, realizzato

da Pier Luigi Nervi

tra il 1966 e il 1971

TORRE

DI SAN GIOVANNI

Svetta

sui giardini

vaticani:

il diametro

è di 16 metri

È lo Stato più visitato del mondo e allo stesso tempoil meno conosciuto. Ora, per la prima volta,

un libro corre ai ripari.Accompagnando turistie pellegrini a scoprire piazze, palazzi e strade della città del Papa

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Repubblica Nazionale

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DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

Pietro dove c’è una stanza considerata lostudio di Michelangelo quando era l’ar-chitetto della stessa Fabbrica. Più avanti,c’è il portone del Perugino, il palazzo SanCarlo sede del “ministero” delle comuni-cazioni sociali e della Filmoteca vatica-na, il Tribunale e, immersi nei giardini, ilpalazzo del Governatorato, la direzionedi Radio vaticana, la Stazione ferroviaria

si ascende nelle Logge di Raffaello e nel-l’appartamento papale. Tradotto in ci-fre, il Vaticano, definito dall’Unesco “pa-trimonio artistico dell’umanità”, è costi-tuito per un terzo da edifici — che conta-no 10 mila sale, 12 mila finestre e 997 sca-le — per un terzo da piazze e cortili, e perun terzo da giardini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

e l’eliporto (in un primo progetto propo-sto dopo i Patti del ’29 da un maldestro ar-chitetto era previsto l’abbassamentodella Cupola...). Un altro accesso ancora,nel colonnato di destra, è il portone diBronzo che immette nello scenograficoscalone di Michelangelo che porta ai pia-ni alti della Curia, dell’Apsa, della Prefet-tura e nel cortile di San Damaso da dove

Questa bella guida alla città del Vaticano in quanto guida potrà servireda bussola per chiunque voglia conoscere, almeno sulla carta, i centoluoghi che compongono questo Stato minuscolo con la più alta con-

centrazione al mondo di opere d’arte. Ma sarebbe bello se ci permettesse diconoscere anche non solo le bellezze, ma i luoghi che hanno fatto la fama delVaticano come uno Stato pieno di segreti. Non sarà facile. Tra i luoghi elen-cati ce ne sono di facilmente accessibili, altri per i quali è necessaria un’au-torizzazione, altri ancora che restano inaccessibili.

In questi ultimi si sono spesso svolti eventi che hanno riempito le crona-che mondiali, lì sarebbe interessante fare liberamente una passeggiata. Co-minciando per esempio dall’arcigno torrione che ospita lo Ior, la banca delVaticano. In quale sala saranno stati depositati i cct della maxitangente Eni-mont? Com’era arredato l’ufficio del celeberrimo monsignor Marcinkus?Poco più in là ecco la casa dove abitava una ragazzina famosa suo malgrado,Emanuela Orlandi. Suo nonno faceva il cocchiere papale: ci saranno anco-ra le rimesse per le carrozze? E in quel pomeriggio fatale quale strada avràpreso per andare incontro alla morte? Ecco poi l’alloggio del comandantedelle Guardie svizzere. La sera del 4 maggio 1998 il colonnello Estermann,sua moglie Gladys e il vice caporale Cedric Tornay vennero trovati uccisi acolpi d’arma da fuoco: una visita all’appartamento e al pianerottolo potreb-be forse aiutare a capire quanto meno la dinamica dei fatti, cosa che un’ap-prossimativa indagine interna non ha mai fatto. La stessa aula del tribunaledove si è celebrato di recente un processo approssimativo nei confronti delmaggiordomo Paolo Gabriele sarebbe del più grande interesse. Pocheudienze frettolose, divieto di parlare con la stampa. Solo nell’Urss di buona(anzi: cattiva) memoria si celebravano processi così.

Del resto nella stessa basilica di san Pietro si possono volendo trovare iti-nerari inconsueti. Per indicarne solo uno: la basilica ospita tomba e mauso-leo di una donna, una delle poche presenti all’interno di quel maestoso edi-ficio. Il mausoleo è opera di Carlo Fontana; sotto, nelle cripte, la sepoltura siviene a trovare accanto a quella di Giovanni Paolo II. Si tratta di Cristina diSvezia, omosessuale notoria. Quali segrete ragioni ne avranno portato lespoglie fino a san Pietro?

Dallo Ior a casa Orlandila mappa dei misteri

CORRADO AUGIAS

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PALAZZO

DEL GOVERNATORATO

Esattamente

alle spalle

della basilica

di San Pietro:

è la sede

degli uffici

amministrativi

Si ispira

all’architettura

romana

tardomanierista

CASINA DI PIO IV

La “fabbrica nel boschetto”

voluta dal pontefice

come luogo dove ritirarsi

in mezzo ai boschi

FONTANA DELL’AQUILONE

Monumentale e barocca:

una montagna di rocce

sormontata da un’aquila

ad ali spiegate

CAPPELLA SISTINA

Il capolavoro

di Michelangelo

lo scorso ottobre

ha compiuto

500 anni

ABITANTI572 cittadini221 residenti (non cittadini)

SUPERFICIE0,44 kmq

FORMA DI GOVERNOMonarchia assoluta

Capo dello StatoSommo Pontefice con potere legislativo,esecutivo e giudiziario

Collegio dei cardinaliEsercita il potere nel periodo vacante

Pontificia CommissioneEsercita il potere legislativo insiemeal Pontefice

GOVERNATORATODal Presidente dipendono: 6 UfficiCentrali, 3 Organi ausiliari e 9 Direzioni

CORPI DI SICUREZZACorpo della Guardia Svizzerae Corpo della Gendarmeria

BANDIERAÈgialla (verso l’asta) e biancacon al centro le chiavi a croce sormontatedal triregno, la tiara papaleche indica i tre poteri del Papa

INNOLa Marcia Pontificia di Charles Gounod

MONETA E FRANCOBOLLILo Stato ha moneta propriaed emette francobolli postali

SIGLE AUTOMOBILISTICHESono due: SCV per le auto della SantaSede e CV per quelle dei cittadini

Lo Statodella Cittàdel Vaticano

LA GUIDA

La prima Guidageneralealla Cittàdel Vaticano(Jaca Book,

Libreria Editrice

Vaticana, Edizioni

Musei Vaticani,

480 pagg., 35 euro)

è ora in libreria

NECROPOLI

Le aree

archeologiche

della via

Triumphalis,

S. Rosa

e Autoparco

Ora sono

in restauro

MUSEI

VATICANI

Il più visitato

dei musei

del nostro

Paese

con oltre

4 milioni

di presenze

l’anno

2

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4

5

6

4

3

6

7

7

Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 34

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

In Italia organizzòGladio, in Vietnampianificò massacriIl mitico capodella Ciaraccontatodal figlio Carl

“Scoprii che lavorofaceva davveroin piscina, a Saigon”

La storiaSegreti e bugie

Spia

IL FILM E LA LETTERA

Nelle fotografie:

dall’alto, Barbara

Colby con tre

dei cinque figli

in spiaggia

a Sabaudia a metà

dei Cinquanta;

in Piazza

San Marco; Carl

al compleanno

del padre William

nei primi Sessanta

e ancora padre

e figlio in Indonesia

qualche anno dopo

In basso un biglietto

scritto da William

Colby a “un grande

figlio con una grande

storia da raccontare”

La storia di suo padre

Carl Colby

la racconta ora

in un documentario,

The Man NobodyKnew, che verrà

presentato martedì 11

al Noir Film Festival

in programma

dal 10 al 16 dicembre

a Courmayer

(www.noirfest.com)

L’OPERAZIONE PHOENIX

C’è William Colby dietro

la pianificazione di massacri

e distruzioni in Vietnam

A CAPO DELLA CIA

Dirige l’agenzia di intelligence

dal 1973 al 1975, verrà

sostituito da George W. Bush

GLI ANNI ITALIANI

William Colby nei ’50 è a Roma

La sua missione: fermare il Pci

(nella foto comizio di Togliatti)

LA GUERRA IN VIETNAM

“Chief of Station” a Saigon,

questo il suo incarico ufficiale

prima e durante la guerra

LE

TA

PP

E

Mio padrela

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

ANGELO AQUARO

IL CONFLITTO CON NIXON

Colby cercò di modernizzare

la Cia ma si scontrò

con l’allora presidente Nixon

LA MORTE SOSPETTA

27 aprile 1996, il corpo ritrovato

in una canoa sul fiume vicino

casa: incidente o suicidio?

‘‘La dolce vitaA Roma abitavamo accanto alla casadi Alcide De Gasperi, e non credofosse una coincidenza. Furono anni belliMagari una sera papà faceva sabotarela tipografia dell’Unità. Ma nessunosi faceva davvero male...

ALBUM DI FAMIGLIA

Nella foto grande da sinistra: Catherine, la moglie Barbara, William,

i figli Jonathan e Carl. Dall’alto: i Colby (Carl è il primo a sinistra,

poi Paul, Catherine e Barbara) dal presidente Ngo Dinh Diem nel ’62;

Carl in barca; i piccoli Colby a Roma nei primi anni Cinquanta

© RIPRODUZIONE RISERVATA

re i Diem ma sono gli americani ad avere preparato le circostanze.È in quel momento che scopro che il gioco si è fatto improvvisa-mente duro: che i tempi dell’Italia sono ormai lontani».

Negli occhi di Carl l’Italia è rimasto il Belpaese di lui bambino. «Sì,certo, Gladio, ma a Roma mai saputo di storie di violenze: ok, ma-gari una notte l’Unità non esce perché qualcuna sabota la tipogra-fia, ma non muore nessuno». Il figlio dell’Uomo Che Nessuno Co-nobbe fatica a far pace con quel padre che non è come gli altri di-plomatici: che non era stato come gli altri soldati. «La sapete la sto-ria, subito dopo la guerra gli americani lasciano l’Europa il più infretta possibile, tutto un saltare sul primo aereo, un bel bacio nelmezzo di Times Square ed è finita». Non per William Colby. «Sonogli ultimi giorni, papà è in questo gruppo paramilitare, Norvegia, fasaltare ponti, strade, interrompe i collegamenti di truppe tedesche,sono lì nella baia di Bergen, c’è questo enorme incrociatore nazista,ma la guerra sta finendo e il comandante dice ok, fermi tutti, primadi colpire dobbiamo sentire gli alleati a Berlino. Telegrafano, e quel-li dicono di fermarsi. Allora mio padre si china verso il comandan-te, che era un inglese: Va bene, ma adesso che è fatta possiamo de-dicarci alla guerra vera, voi inglesi e noi americani contro il nemicovero: i russi».

Un incubo, per Colby, i rossi. «Ma non era tanto per l’ideologia delcomunismo, era l’aspetto autoritario, il comunismo come il fasci-smo e il nazismo. Papà era cattolico ma i Colby erano cattolici stra-ni, lo zelo dei convertiti, mio nonno Elbridge episcopale, suo padre

un prof di chimica che morì giovane, la moglie dovette arrabattarsie trovò aiuto nei cattolici infiammati dalle dottrine sociali del car-dinal Newman. Invece da parte di mia nonna questa famiglia di pio-nieri, commerciavano in spezie e tè con gli indiani, il mio bisnonnofaceva affari con Toro Seduto lassù in North Dakota, incredibile.Papà cerca di andare a West Point ma non lo prendono, troppo bas-so, finisce a Princeton e sono gli anni Venti, è l’era di Francis ScottFitzgerald, l’America di Woodrow Wilson che scopre lo spirito in-ternazionalista. Papà vuole partire addirittura per la Spagna a com-battere contro i franchisti ma è troppo giovane, a diciassette anni siritrova in Francia quando comincia la guerra. E la sua avventura».

Carl ha preso tutta un’altra strada, ma il cinema era una passio-ne anche di papà. «Un giorno gli chiedo i film preferiti. E lui: primoLawrence d’Arabia — e va bene, l’eroe romantico che si trasformain qualcun altro, l’inglese Peter O’ Tool che diventa il ribelle bedui-no. Secondo: Il ponte sul fiume Kwai, e già qui è più complicato, per-ché il suo eroe è William Holden, Shears, l’americano che si spacciaper comandante, riesce a fuggire, ma poi lui stesso si ricaccia neiguai per i compagni e viene ucciso. E poi soprattutto il terzo: l’Or-son Welles de Il terzo uomo. Gli chiedo: Papà, ma come fai? Quel per-sonaggio, Harry Lime, vende morfina adulterata al mercato nero, cisono bambini che muoiono, come fai a stare dalla sua? E lui, reci-tando a memoria la battuta memorabile che Welles improvvisa lìsulla giostra di Vienna: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni han-no avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Mi-chelangelo, Leonardo Da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera han-no avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia —e cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”. Ecco, mio padre eraHarry Lime». L’Uomo che Nessuno Conobbe era il Terzo Uomo.

NEW YORK

«Saigon, 1960, Le Cercle Sportif è un famosissi-mo club, piscina e palestra di judo, sempreaffollato: proprietari terrieri francesi, genera-li vietnamiti, prostitute indocinesi — e bam-

bini americani come noi. La scuola è lì dietro all’aeroporto ma nonc’è aria condizionata e a mezzogiorno e mezzo siamo già tutti fuo-ri: tutti in piscina. Come faccio a scordarlo? C’è questo ragazzo lì sul-la pedana, si gira e fa a me che sto al bordo: Tuo padre è una spia. Iosbianco: Che stai dicendo?. E quello: Lavora per la Cia. Poi pluff: e situffa giù. Quella sera prendo mio padre tutto emozionato: Ma seiuna specie di James Bond, è vero? Mi hanno detto che lavori per laCia! Lui si china verso di me: Proviamo a mantenere un segreto?».

Il figlio dell’Uomo che Nessuno Conobbe sfoglia l’imbarazzantealbum di famiglia e si racconta la storia dietro a ogni foto: interro-gando la Storia. «In Italia abitavamo accanto alla casa di Alcide DeGasperi: coincidenze? In Vietnam abitavamo accanto al presiden-te Ngo Dinh Diem: coincidenze?». Non ci sono coincidenze nella vi-ta del figlio dell’Uomo che Nessuno Conobbe, The Man NobodyKnew, come recita il titolo del film inchiesta che Carl Colby ha dedi-cato a suo padre William, la spia più famosa del mondo, il mitico ca-po della Cia. William Colby è l’uomo che in Italia tagliò le gambe alPartito comunista impedendo la conquista del governo e organiz-zando la rete clandestina Gladio. William Colby è l’uomo che inVietnam diede vita a quell’Operazione Phoenix accusata di piani-ficare morte e distruzione. William Colby è l’uomo che negli Usa sirifiutò poi di obbedire alla Casa Bianca di Richard Nixon: fino aquella morte archiviata tra mille sospetti come incidente sul fiumedietro casa, in Maryland, il corpo ritrovato dopo giorni, il misterodell’ultimo delitto — o del suicidio. Ma William Colby, per il figlioCarl, è soprattutto l’uomo che neppure lui è riuscito mai a cono-scere davvero: nemmeno dopo avergli dedicato questo tormenta-tissimo film che adesso arriva nell’Italia in cui crebbe bambino. «Hodovuto rimettere in ordine tutti i tasselli, ritrovare i protagonisti, in-tervistare decine e decine di testimoni». A cominciare dall’ultimapersona che un regista si sognerebbe di spogliare di fronte alla mac-china da presa. «In fondo mia madre è la prima vittima: lei stessascoprì la vera identità per caso. Per anni credette alla maschera chemio padre si era costruito: irreprensibile funzionario del Diparti-mento degli Esteri in missione per il mondo». Davanti all’obiettivodi Carl sfilano i testimoni degli ultimi cinquant’anni di segreti Usae non solo. Da Donald Rumsfeld, l’allora capo di staff di Nixon chelo fece fuori, a Seymour Hersh, il grande reporter che per il New YorkTimes svelò le bugie del Vietnam. Dall’ex boss del Sismi CorradoCantatore al mitico Bob Woodward, il cronista dello scandalo Wa-tergate. Ma la Storia con la maiuscola per Carl è solo la cornice cheinquadra un’altra personalissima storia. «Il punto di svolta è il 1963,la notte che uccisero il presidente del Vietnam con il fratello. Siamotornati negli Usa da un anno, attraversiamo un ponte in auto quan-do la radio dà la notizia. Mia madre è sconvolta: com’è potuto ac-cadere? Quella famigliola in auto lì negli States era stata intima diquella gente che adesso marciva in una pozza di sangue a Saigon:mia sorella giocava con le nipoti del presidente. Mio padre cercadi dire qualcosa: non sono d’accordo, non volevo. Mia madre loincalza, è la prima e unica volta: e allora perché non ti dimetti.No, non mi dimetto, non scappo, mai scappato, voglio cambia-re le cose dall’interno, io. È in quel momento che comincio achiedermi chi è davvero quel signore che dice di essere mio pa-dre: che ruolo ha, com’è possibile che non sia d’accordo conquel macello, lui è il capo della divisione Estremo Oriente, luiè stato il capo lì a Saigon. E certo che lui sapeva che stava arri-vando il colpo di stato: no, non sono gli americani a uccide-

Vita privata di William Colby

Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 36

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

È stato reduce e gangster,cacciatore e pugile,e a ogni personaggioha regalato una battutaOra che negli Usa indossala sua ultima maschera,ecco cosa ha detto al criticodel “New York Times”Sui film vistida bambino,su quelliche non vedrà maie su quella voltache Bertolucci...

SpettacoliCamaleonti

RobertNiroDe

NEW YORK

Per una persona della mia generazioneè superfluo dire che Robert De Niro èil migliore attore cinematograficodella sua. Essere stato un adolescen-

te che agli inizi degli anni Ottanta e Novanta qua-si si istupidiva guardando film ha voluto dire as-sistere — in tempo reale e a un’età in cui ci si la-scia impressionare facilmente — a performanceche di lì a poco sarebbero diventate vere e proprietestimonianze. De Niro si trasformava — fisica-mente, vocalmente, psicologicamente — a ogninuova interpretazione. E così facendo, sotto i no-stri occhi, ha reinventato l’arte della recitazione.

Devo dunque confessare che mi sono dovutoavvalere di tutta la mia disciplina professionale

per resistere alla tentazione di sprecare il tempoche ho avuto occasione di passare con De Niro unsabato pomeriggio nell’interpretare il fanaticoche a bocca aperta ne ricorda tutte le parti più fa-mose. Tipo: «Oh mio Dio, ma lei è Jake LaMotta!È Johnny Boy! È Travis Bickle! E io sto parlandoproprio con lei...». Senza dimenticare che per legenerazioni di americani più giovani, De Niro èidentificabile per lo più come Jack Byrnes, l’im-possibile suocero di Ben Stiller nella saga deiFocker (Mi presenti i tuoi?).

In quarant’anni di storia del cinema De Nironon ha mai mollato, non è mai peggiorato, non èmai sparito, ma anzi un anno sì e un anno no hasempre prodotto film caratterizzati da serietà eattenzione ai dettagli, tutti elementi che in lui c’e-rano sin dagli esordi. Nella nostra chiacchierata,che si è svolta nel suo ufficio di Tribeca, non hasfoggiato quella calma bonomia che è tipica del-

le stelle del cinema quanto si ritrovano in com-pagnia di chi scriverà di loro. È rimasto sedutocon i piedi ben piantati a terra e le mani appog-giate ai braccioli della poltrona di pelle nella qua-le era sprofondato, e le risposte che ha dato allemie domande non sempre sono arrivate con fa-cilità o prontamente. Rispondere per lui è statoun lavoro.

Lei ha lavorato con vari registi. Ci sono mai oc-casioni nelle quali si presenta a loro dopo esser-si già fatto una sua idea del personaggio che do-vrà interpretare?

«Quando mi presento ho già deciso che lavo-rerò con quel dato regista e quindi abbiamo giàraggiunto un’intesa su quello che dovrà accade-re. Non entro in lunghi e tortuosi scambi di vedu-te sul mio personaggio, e non decidiamo “si fa co-sì o cosà”. In definitiva quello che si deve fare è re-citare quella parte. Il regista ti rispetterà sempre,

per i motivi stessi per i quali ti ha assunto e scelto:interpretare quella parte e rispettare la tua inter-pretazione di quella parte».

La pensa allo stesso modo anche quando sitrova dall’altra parte della cinepresa, quando èlei a dirigere?

«Qualsiasi cosa faccia, un attore non potrà maisbagliare. Per gli attori è necessario avere questasensazione, sapere che possono sperimentarecome desiderano. Anche se sbagliano non im-porta, perché forse userò una parte del girato co-munque. Una volta si gira a modo mio, poi una amodo suo e poi si decide insieme o io decideròqual è la migliore. Talvolta si fa così anche solo perlasciare che l’attore venga fuori. So di aver fattocosì io stesso. L’ho fatto, ho tirato fuori quello cheavevo dentro e anche se in seguito ho capito chenon andava bene, ormai l’avevo fatto».

Come andavano le cose quando lei era più

A. O. SCOTT

Ma diciame?

RE PER UNA NOTTE

Si chiama

Rupert Pupkin

e ha un sogno:

fare il comico

e avere uno show

1983TAXI DRIVER

“Dici a me?”

Travis Bickle,

fa il tassista

è un reduce

ed è armato

1976IL PADRINO II

Nel film

di Coppola

interpreta

Vito Corleone

e vince l’Oscar

1974TORO

SCATENATO

Interpretando

Jake LaMotta

vince un altro

Oscar

1980

Repubblica Nazionale

“Gli ultimi quindici anni sono volati davvero”.Non lo capisci finché non ci arrivi, ma le posso as-sicurare che quando ci arrivi e ti volti indietro tichiedi: “Ehi, ma dove è andato a finire tutto queltempo?” So che devo tener conto di ogni singologiorno, ogni momento, ogni questo e quello, maquel tempo è andato, finito. Quindi adesso hosoltanto ancora — che ne so? — quindici, ventianni, forse, se sarò fortunato, e devo pensare be-ne come utilizzare il tempo che mi rimane».

Che rapporto ha con i critici? E con le recen-sioni?

«Quello che dico sempre è che se nessuno ti cri-tica — per quanto irritante possa essere, o talvol-ta frustrante — come fai a capire come stannodavvero le cose? Perché la gente di sicuro non telo dice. Se mostri un film a delle persone, a unpubblico di conoscenti e amici, nessuno ti diràche non gli è piaciuto, perché sono dalla tua par-te, sanno che cosa hai dovuto passare per realiz-zarlo. Quindi troveranno sempre cose positive dadirti. Insomma, le uniche persone dalle quali sipuò avere un riscontro oggettivo sono i critici. So-prattutto i bravi critici».

Ha imparato qualcosa dalle recensioni che la

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Jake LaMottaMi piacciono quelli grandi e grossicome te, perché quando cadonofanno tanto rumore

Da Toro scatenato, 1980

NoodlesA me piace da matti la puzzadella strada, mi si aprono i polmoniquando la sentoE mi tira anche di piùDa C’era una volta in America, 1984

‘‘

‘‘Al CaponeMa vattene, non sei nienteSolo chiacchiere e distintivosei solo chiacchiere e distintivo

Da Gli intoccabili, 1987

Rupert PupkinMeglio essere re per una notteche buffoni per tutta la vitaDa Re per una notte, 1983

Sam “Asso” RothsteinCi sono tre modi di farele cose da queste partiIl modo giusto,il modo sbagliato e il mioDa Casinò, 1995

giovane? Ha lavorato con alcuni registi moltogiovani, spesso suoi coetanei, per esempio Mar-tin Scorsese e Bernardo Bertolucci.

«Adesso sono più vecchio e ho molta più espe-rienza, quindi non me la prendo quando i registicon i quali lavoro se la prendono con me. Accadedi rado. E di certo io non sono il genere di perso-na che si ritiene perfetta. Basta usare il buonsen-so. Ma quando ero più giovane ero parecchio piùnervoso. Con Bernardo talvolta mi è capitato… Ilfatto che fosse europeo e avesse alcune richiesteparticolari…».

Per esempio? «Per Novecento girammo le scene ambientate

nel passato il primo giorno e credetti che quellofosse un errore. Non mi sembrava che le cose an-dassero come dovevano. Nessuno ci stava dav-vero con la testa. Non sapevo quello che stavo fa-cendo, seduto lì, in un altro Paese, con un registache per altro mi piaceva... Mi parve naturale chie-dermi: “Che cosa stiamo facendo?”. Ero suffi-cientemente in grado di capire che non si gira co-sì, scene senza ordine. Mi adeguai, e non fun-zionò».

Quanto è importante per lei calarsi fino infondo nei personaggi che interpreta?

«È molto importante. Come conta tantissimol’aspetto fisico. Con un solo gesto si può caratte-rizzare e dare un’identità a un personaggio».

Una delle cose che più mi colpiscono è la coe-renza con la quale ha continuato a lavorare perquarant’anni. Come fa ad andare avanti e a ri-sultare sempre nuovo e diverso?

«Mi diverto. Mi piace. Specialmente quando siinvecchia ci si inizia a rendere conto che non re-sta molto tempo. Poi guardandoti indietro pensi:

riguardavano?«Sì, ho letto una recensione di un film che ho

fatto con Pacino, circa quattro anni fa. Interpre-tavamo due poliziotti e la critica disse che sem-bravo “gonfiato”. Ho risposto che avevano ragio-ne. E ho riso tanto. Perché in realtà lo avevo fattodi proposito, mi ero appesantito perché dovevointerpretare un poliziotto. È stato divertente».

Riguarda mai i suoi vecchi film?«Ho sempre avuto l’intenzione di farlo, di guar-

dare tutto quello che ho fatto, dai primi film a og-gi senza interruzione».

So di attori che invece la pensano in modocompletamente diverso. Gene Hackman peresempio ha detto che non gli piace vedere i pro-pri film una volta che li ha terminati.

«Lo capisco. Anche io tutto sommato la pensocosì, ma dipende anche da quale film si tratta».

E che cosa prova guardando la sua perfor-mance durante le riprese?

«Tutte quelle storie secondo cui un regista nonvuole che gli attori si guardino dopo le riprese pernon preoccuparsi... In realtà non funziona così. Èsempre positivo che un attore si guardi. Anzi,guardando sul monitor il registrato in playbackun attore può rendersi conto esattamente diquello che sta facendo e di quello che non deve fa-re, delle correzioni che deve apportare. Se ti ri-guardi trovi sempre qualcosa da migliorare,qualcosa da perfezionare qua e là. È così che de-ve essere. Ho avuto registi che mi dicevano:“Guarda un po’ qui” e a quel punto ti rendevi con-to da solo di quello che dovevi fare. Poi è vero, cisono anche volte in cui guardarmi non mi piaceaffatto. Preferisco dire: “Ditemi che cosa voleteche faccia”».

Ripercorrendo la sua carriera, scopro che cisono molte più commedie di quanto mi aspet-tassi, e penso che lei sia un po’ sottovalutato co-me attore comico. Osservandola, per esempio,nei film della serie della famiglia Focker mi chie-do se il suo approccio a quei film sia stato diver-so rispetto a quelli drammatici.

«Sì, è stato diverso, l’intero processo è diverso.In qualche caso mi piacerebbe di gran lunga farequalcosa più sfumato, un po’ più complicato epiù contraddittorio. Ma si tratta di film molto di-vertenti da interpretare. Non so se ne farò anco-ra».

Ha occasione di vedere molti film? «Cerco di vederne, ma non sono mai riuscito a

vederne tanti quanti dovrei. Mi passano quelliche secondo loro sono imperdibili e cerco di ve-derli. Ce ne sono di splendidi».

Le viene in mente uno che l’ha colpita in ma-niera particolare?

«Voglio chiederle io una cosa: ha visto Argo?Com’è? Perché mi incuriosisce molto, vorrei an-dare a vederlo».

È un ottimo film. Penso che Ben Affleck abbiafatto un ottimo lavoro alla regia. È incalzante,pieno di suspense. Ha qualcosa di Sesso e potere.

«Non mi viene in mente nessun film in parti-colare visto di recente. Mi è piaciuto moltissimoThe Fighter».

Da ragazzino andava spesso a cinema? «Certo, a vedere i classici, quei film magnifici

con Montgomery Clift ed Elizabeth Taylor comeUn posto al sole, La valle dell’Eden, quelli di JamesDean, quelli di Brando. A quei tempi c’erano po-che sale cinematografiche, si potevano vederedue film con un unico biglietto e nel mezzo c’erail cinegiornale».

Ripensando a quei tempi, quando e come hadeciso di voler diventare un attore?

«Più o meno intorno ai dieci anni. Per circa unanno l’ho pensato tutti i sabati. Poi ancora intor-no ai sedici anni. Dopo una piccola pausa ho ini-ziato a pensarci sul serio intorno ai diciott’anni emezzo, più o meno».

Quando ha capito per la prima volta che reci-tare era una cosa nella quale lei sarebbe potutoriuscire bene?

«Intorno ai diciott’anni. Ricordo che stavoguardando una trasmissione alla televisione,una soap opera o un telefilm western, e a un cer-to punto pensai che se quegli attori si guadagna-vano da vivere così, senza essere affatto bravi, ionon avrei potuto fare peggio di loro. Non pensa-vo di fare western, in verità, niente del genere.Quando mi applicai con serietà, vidi fin dove sa-rei potuto arrivare, quello che avrei potuto realiz-zare. Non era quello che mi aspettavo da giovane.Ma ricordo che la prima volta che pensai di di-ventare attore fu proprio guardando quelle tra-smissioni in bianco e nero alla televisione».

Fu in quel momento che capì di poter fare dimeglio.

«Esatto. Meglio di ciò a cui stavo assistendo». Traduzione Anna Bissanti

© 2012 The New York Times

GLI INTOCCABILI

È Al Capone

e pronuncia

l’indimenticabile

“chiacchiere

e distintivo”

1987QUEI BRAVI

RAGAZZI

Jimmy Conway

è un gangster

pieno

di rimpianti

1990CAPE FEAR

Qui interpreta

il ruolo

del violento

fuggitivo

Max Cady

1991TI PRESENTO

I MIEI

È Jack Byrnes,

l’impossibile

suocero

di Ben Stiller

2000L’ORLO ARGENTEO

DELLE NUVOLE

Nel suo ultimo

film è un padre

innamorato

degli Eagles

2012

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Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 38

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

Next

Nell’immaginario del riscaldamento globa-le e dell’effetto serra, è così che ci raffigu-riamo l’incubo del lento e inesorabile in-nalzamento del livello dei mari. Una cata-strofe al rallentatore, dove le onde, centi-metro dopo centimetro, metro dopo me-

tro, salgono sempre più in su e più in là, mangiandosi ognianno un altro pezzo di costa. In Maryland hanno fatto iconti e hanno visto che, ogni anno, 240 ettari di costa spa-riscono sotto il mare. A Miami, le giornate in cui le autosguazzano nell’acqua e la salsedine corrode i cerchioni so-no sempre più frequenti. Ma vale per tutti. Nell’ultimo secolo, il maggior calore haprovocato un effetto-espansione delle molecole e il livel-lo del mare è salito, in media, nel mondo, di trenta centi-metri. A metà secolo, prevedono gli scienziati, sarà salitodi altri sessanta. È allarme rosso. Globale.

Il 90 per cento delle aree urbane del mondo è sulle costee ci vivono un miliardo di persone. Di queste, dalle 50 ai 150

milioni fronteggiano un pericolo immediato, da San Fran-cisco a Lagos, a Dacca, nel Bangladesh. Con il mare più al-to di mezzo metro, un quarto del Sud Florida sarebbe per-corribile solo in canoa e in motoscafo. A New York, due-centomila persone vivono non più di un metro sopra il li-vello dell’alta marea. In tutti gli Stati Uniti, sono sei milio-ni. Ma i sessanta centimetri sono solo l’inizio. Un metro afine secolo e, poi, sempre più in su, dicono le previsioni. Inrealtà, gli scienziati sanno bene che sono solo scommes-se, probabilmente al ribasso. Tutto dipende da quantoghiaccio si scioglierà in Groenlandia, sulle coste occiden-tali dell’Artico e, soprattutto, in Antartide. Un processonient’affatto lento e graduale. Oltre una certa soglia ditemperatura, lo scioglimento diventa rapido e accelerato.Con quale risultato? Circa 125mila anni fa, prima dell’ulti-ma era glaciale, dicono i paleoclimatologi, il clima era ap-pena più caldo di quello di oggi, ma certo più fresco di co-me sarà tra qualche decennio: il livello dei mari era 8-10metri sopra quello di oggi. Fine dei giochi.

L’idea che l’innalzamento dei mari sia un processo ine-sorabile, ma lento è, in realtà, una storiella consolatoria.

MAURIZIO RICCI

Atlantide

NEW YORK E TAIWAN

Superati gli 8 metri

addio anche a New York,

Taiwan e Londra (Nord)

NEW ORLEANS

Quando il livello del mare

raggiungerà i 7 metri

non ci sarà più New Orleans

EDIMBURGO

Tra 400 anni la città scozzese

sarà completamente

sommersa dalle acque

SHANGHAI

Con un innalzamentodi 5 metri la prossimaa scomparire sarà Shanghai

LONDRA

Quando l’acqua supererài 4 metri, tra 300 anni,a rischio anche il sud di Londra

AMBURGO E SAN FRANCISCO

Addio anche San Pietroburgo,Amburgo, Lower Manhattane San Francisco

AMSTERDAM E L.A.

Con un innalzamento di 2 metrispariranno anche Los Angelese Amsterdam

VENEZIA

Sommersatra 100 anni

Con l’acqua alla gola

WaterworldScioglimento dei ghiacci, innalzamento degli oceani,uragani. Da New York a Londra, da Lagosa Dacca, le metropoli costiere studiano

nuovi sistema di difesa.E non semprela soluzione è una barriera

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DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

I PROGETTI

Perché l’avanzare dell’oceano non è affatto, in molti an-goli del globo, una catastrofe al rallentatore. È, invece, ilsuccedersi di immani disastri ripetuti, sempre più fre-quenti, più violenti, più crudeli. Chi aveva dimenticato Ka-trina e New Orleans, ha potuto rivederlo, in diretta, quan-do l’uragano Sandy si è abbattuto su New York. Il mare èancora 60 centimetri sotto il suo possibile livello del 2050,ma l’onda di Sandy, che sommava l’alta marea e la spintadella tempesta era quattro metri e mezzo sopra il livellonormale delle acque. E, prevedono ora i climatologi, gra-zie all’effetto serra e all’innalzamento dei mari, un uraga-no come Sandy potrebbe abbattersi nuovamente su NewYork ogni quindici anni. Assai prima di essere lentamenteannegate dal salire della placida risacca, le città sarannospazzate via dalla furia delle inondazioni e dei cicloni.

La reazione più immediata è la ritirata. Il dibattito cru-ciale, oggi, a New York, non è come ricostruire, ma se rico-struire le zone inondate. Ma c’è anche chi pensa che dalmare, almeno qui e ora, ci si possa difendere: molte cittàhanno eretto barriere contro la furia degli oceani. Ci sonointerventi relativamente semplici, come a Mumbai, dove

il letto dei quattro fiumi dell’area è stato ampliato, per evi-tare che straripino, se dal mare arriva un’onda più alta. Eci sono giganteschi monumenti storici, come il sistema didighe che protegge (a un costo annuo fra 1,5 e quattro mi-liardi di dollari, solo per la manutenzione) un paese comel’Olanda, per due terzi sotto il livello del mare. Anche Lon-dra è protetta dalle chiuse installate sul Tamigi: da quan-do sono state costruite — a metà degli anni Ottanta — so-no già state azionate cento volte con successo. E, tecnolo-gicamente, l’idea più ingegnosa è quella italiana del Mo-se, che proteggerà Venezia dall’acqua alta (e da una furiadel mare assai limitata), grazie a chiuse mobili, fatte salireriempiendo d’aria dei palloni alla base.

Anche a New York stanno pensando a una serie di chiu-se che attraversi il mare, dal New Jersey a Long Island. Il co-sto (16 miliardi di dollari) non è probabilmente molto piùalto di quanto sia costata Sandy alla sola New York. Ma ilproblema di chiuse, dighe e barriere è che sono strutturerigide, che è difficile adeguare a un oceano che continua asalire. A Londra hanno già deciso di aumentare l’altezzadelle chiuse di quaranta centimetri. A Rotterdam di ses-

santa. Ma è una rincorsa. Esiste, allora, un’alternativa allaritirata o alla difesa tutta d’un pezzo, chiusa o diga? Per ora,no, ma idee intriganti ce ne sono. La prima è una mezza ri-tirata: accettare che il mare entri. La parte bassa diManhattan trasformata in una piccola Venezia, con le vietrasformate in canali e la Borsa di Wall Street da raggiun-gere in gondola. La seconda è un ritorno alla natura. Il pia-no ideato da uno studio di architetti newyorchesi con-templa un rifacimento della pavimentazione delle stradedi Lower Manhattan che acceleri il ritorno delle acque ineccesso nel mare, ma il succo è altrove: una cintura di pa-ludi, acquitrini, piante acquatiche che ammortizzi, assor-ba, inghiotta l’energia e l’acqua dell’onda di tempesta. Laterza potrebbe essere complementare: una serie di sco-gliere artificiali su cui impiantare colonie di ostriche, chehanno anch’esse l’effetto di trattenere l’acqua. «Fanta-scienza», hanno definito queste idee i sostenitori dellechiuse. Però, in attesa della catastrofe, è simpatica l’idea diuscire di casa, la domenica, a Fulton Street, con il gommo-ne, per un picnic di ostriche nella laguna salata.

Riscaldamento globale

GLO

SSA

RIO

‘‘

Innalzamento dei mari Climatologia Effetto serra Recessione dei ghiacciai

Genesi, 6:17-18

Il diluvioEcco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra,per distruggere sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita;tutto quello che è sulla terra perirà. Ma io stabiliròil mio patto con te; tu entrerai nell'arca: tu e i tuoi figli,tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Causato dall’espansione

dei mari, dallo scioglimento

delle calotte polari

e da cambiamenti

nelle riserve idriche terrestri

La coincidenza del ritiro

o recessione dei ghiacciai

con l’aumento di gas serra

atmosferici è tra le maggiori

conseguenze del global warming

Consiste nel riscaldamento

degli strati inferiori

dell’atmosfera per effetto

della schermatura offerta

da alcuni gas detti gas serra

È la scienza che studia

le condizioni medie

della meteorologia

in un periodo di tempo

di almeno 20-30 anni

L’aumento della temperatura

media dell’atmosfera terrestre

e degli oceani sia per cause

naturali che per i danni

provocati dall’uomo

INF

OG

RA

FIC

A D

I A

NN

AL

ISA

VA

RL

OT

TA

FONTI: IPCC, NASA, NEW SCIENTIST.COM,POTSDAM INSTITUTE, SEA LEVEL EXPLORER

LA TEMPERATURA

Entro il 2100

la temperatura

della Terra può

aumentare di 6 °C

In questo caso

tutti i ghiacci

si scioglierebbero

facendo salire

il livello dei mari

I GHIACCI

La Terra perde

344 miliardi

di tonnellate

di ghiaccio l’anno:

lo scioglimento

dei ghiacci

contribuisce

per il 20%

all’aumento

del livello dei mari

I MARI

Il livello globale

dei mari aumenta

in media di 3,2

millimetri l’anno:

in alcune zone,

per esempio

nelle Filippine,

aumenta anche

di 10 millimetri

LA TUNDRA

Con l’incremento

della fusione

del ghiaccio artico

tra 50-100 anni

scomparirà la tundra

delle aree subpolari

LE CARTINE

L’innalzamento

dei mari tra 80,

800 e 8.000 anni

GLI URAGANI

A causa

dell’innalzamento

dei mari, uragani

come Sandy

potrebbero colpire

New York

ogni 15 anni

2050

Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 40

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

I saporiMani in pastella

A sfogliare i ricettari regionali, le papille fremono. Inun crescendo rossiniano da nord a sud, i menù sfrigola-no di pastelle croccanti e impasti morbidissimi, che av-volgono verdure, carni, pesci, formaggi, frutta, creme emarmellate, con la sola variante del grasso di cottura, sucui le discussioni sono infinite, tra chi rivendica la salu-bre modernità dell’extravergine, privilegiando quellipoco fruttati, e chi non tradirebbe mai la fragranza anti-ca dello strutto (a patto che i maiali siano stati allevati inmaniera virtuosa).

Accertato che le tossine si accumulano soprattutto neicosiddetti organi-filtro, nelle ghiandole in genere e neitessuti adiposi, occorre riservare la stessa attenzione nel-

la scelta delle carni destinate a rendere sontuoso il frittomisto, nella sua versione vegetariana se gustato il 24 —almeno secondo tradizione — ma trionfale nella varietàdi animelle, cervello, schienali e testicoli dell’edizionenatalizia.

Se siete assillati da colesterolo e bilancia, meglio ri-durre le porzioni di un fritto fatto come dio comandapiuttosto degli incanti del “fritto al forno”, pratica che siriduce quasi sempre a una sorta di asciugatura in fornodi quanto bellamente fritto in precedenza. Una vigorosapasseggiata prima di dedicarsi a tombola e mercante infiera vi metterà al riparo delle reprimende del dietologo.

Pizzelle’e baccalàCAMPANIA

Pastella di farina, lievito e acqua

per avvolgere i tocchetti di pesce

spinato da friggere in extravergine,

versione salata delle zeppole

CapitoneCALABRIA

Anguilla femmina (più grossa)

tagliata a tocchi, infarinata e fritta

A piacere, marinatura in aceto

e alloro per un giorno

CostoletteUMBRIA

Agnello impanato con uova

e pangrattato, frittura in olio o burro

A fianco, patate al forno insaporite

con alloro, rosmarino, salvia e pepe

Olive ascolaneMARCHE

Due ricette: di magro — merluzzo,

cernia, scorfano — per la vigilia,

ripieno di carne per il pranzo

di Natale. Contorno di funghi

CartellatePUGLIA

Farina, extravergine e acqua

nella ricetta dei dolcetti avvoltolati

a forma di rosa. Dopo la frittura,

immersione in miele o vincotto

Bastano farina, uova e olio. Possono essere dolci o salati,vegetali, come richiesto nei giorni di magro, o di carnePer celebrare degnamente il più dorato dei Natali

I

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ngredienti: farina, zucchero, uova, latte, scor-za di limone o bacca di vaniglia. Un bicchieri-no di liquore a piacere. Al solo scorrere l’elenco,la salivazione accelera. La ricetta conferma la pro-messa di godimento gastronomico: i tortelli farciticon la crema sono una delle gioie del Natale, insiemea graffe e cartellate, zeppole e maritozzi, pettole e cal-zoncelli, sublimazione dolce della trasgressione alimen-tare per eccellenza: il fritto. Nei tempi della Grande de-pressione, la ricerca di consolazione nel cibo — esplosadopo il crac di Wall Street del ’29 e catalogata con il nomedi comfort food — cresce in maniera direttamente pro-porzionale all’avvicinarsi delle feste di fine anno. Se du-rante l’anno, l’accesso selvaggio a discount e tre per dueregala l’illusione del risparmio (che i dati sul cibo spre-cato azzerano inesorabilmente), le celebrazioni alimen-tari di Natale e dintorni non accettano scorciatoie.

Almeno nei giorni canonici, le coccole sono attese, ne-cessarie, dovute: in primis, quelle alimentari. Per fortu-na, il piacere della tavola non passa obbligatoriamenteda salmone, caviale e foie gras (anzi): il rituale di impa-stare, lievitare e friggere rappresenta il giusto compro-messo, in bilico gongolante tra cibo povero e palato alle-gro. Del resto, non di solo zucchero vivono le fritture del-le feste, anzi. Se è vero che al di là delle economie fami-liari possiamo mangiare di tutto in qualunque momen-to, certi piatti riescono simbolici e insostituibili: per mol-ti, cenone della vigilia e pranzo del 25 privati dellespadellature appositamente dedicate, perderebberoparte del loro senso. Al contrario, capitone, struffoli, frit-telle sanno raggrumare intorno ai fornelli affetti e me-morie, scaldando il cuore prima ancora che lo stomaco.

LICIA GRANELLO

FrittiFeste

per le

Due settimanesenza dar pesoalla bilancia

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

Gli indirizzi

DOVE DORMIRE

CASALE

DI MARTIGNANO

Strada di Martignano

Campagnano (Roma)Doppia da 80 euro

con colazione

PANTHEON RELAIS

Via dei Pastini 119

RomaTel. 06-95585050

Doppia da 135 euro

con colazione

AGRITURISMO

FONTE DI PAPA

Via di Valle Ricca 70

Monterotondo (Roma)Tel. 06-8858 8110

Doppia da 80 euro

con colazione

DOVE MANGIARE

OSTERIA IOTTO

Corso Vittorio Emanuele 96

Campagnano (Roma)Tel. 06-9041746

Chiuso dom. e lun.,

menù 30 euro

DA CESARE

Via del Casaletto 45

Roma Tel. 06-536015

Chiuso mercoledì,

menù 30 euro

DEI LEONI

Piazza del Popolo 15

Monterotondo (Roma)Tel. 06-90623591

Chiuso lunedì,

menù 25 euro

DOVE COMPRARE

I SAPORI D’ITALIA

Via Mario Tadini 5

Guidonia (Roma)Tel. 0774-300532

CARNIDEA

Via Moricone 12

RomaTel. 06-86211563

FORNO CAVALLI

Via Turati 203

Monterotondo (Roma)Tel. 06-9004023

FILIPPO CECCARELLI

Ingredienti per 4 persone

500 g di farina 0025 g di zucchero10g di sale25g di strutto5 uova125 g di vino bianco Vaniglia500 g di mozzarella affumicata3 pistilli di zafferano8 gamberi

Sistemate la farina a fontana e al centro disponetevi uova,zucchero, sale, strutto e vanigliaImpastare aggiungendo il vinobianco poco alla voltaRicavare un impasto liscio e asciuttoe lasciar riposare mezz’oraFrullare la mozzarella affumicata,passarla al colino fine e ridurrea fuoco lento, aggiungendoi pistilli di zafferanoPulire i gamberi, metterli tra duefogli di carta da forno, appiattirli elasciarli appassire in forno

Dividere la pasta in pallinee allungarla per farnedegli spaghettoni, sovrapporloin maniera circolare, ricavandodei nidi da appoggiare su unmestolo Scaldare abbondante olioin una padella dai bordi altie immergere il mestolo con il nidodi spaghettoni bloccandolo con un forchettone al centro,scolare e appoggiare su cartada fritti. Dividere la salsa nei piattie appoggiare sopra il nido,decorando con i gamberi essiccati

LA RICETTA

Fresca

di stella Michelin,

Rosanna

Marziale

guida

il ristorante

“Le Colonne”

di Caserta

privilegiando

i sapori

del territorio,

come

nella ricetta

ideata

per i lettori

di Repubblica

TortelliEMILIA ROMAGNA

Ripieni assortiti, dalla crema

alla marmellata di amarene, fino

al pesto natalizio (pinoli, biscotti,

uvetta, caffè, liquore Sassolino)

CalgionettiMOLISE

Sfoglia sottilissima, a base di farina,

olio e vino bianco, per i ravioli dolci

farciti con mosto cotto, noci,

mandorle, cacao e cannella

KiachiTRENTINO

Si frigge nello strutto, il krapfen del contadino, fatto con pasta

lievitata arricchita di uvetta

e spalmata poi di marmellata

StruffoliCAMPANIA

Si intingono nel miele sciolto

a bagnomaria, le minuscole palline

realizzate con farina, uova, burro,

zucchero, scorza di limone e canditi

SPAGHETTONI DI STRUFFOLI SALATI CON MOZZARELLA AFFUMICATA

E così, tra maritozzi e cartellate, capitoni e animelle,

struffoli e baccalàalmeno fino alla Befana possiamo dimenticarcichili di troppo, menù extra light e ansia da colesterolo

Quando diventano buonianche il Nulla e il Peggio

A tavola

Fritto mistoLAZIO

Commistione golosa di verdure

(cardi, cavolfiore, carciofi)

e frattaglie (animelle, cervello):

è il menù di Natale

Tramanda l’antica sapienza romanesca che fritto con la pastella è buono ancheil Nulla. Per la verità di tale sentenza esisterebbe, anzi per dirla tutta si è avutomodo di ascoltare più volte un’improvvida lectio, o per meglio dire un’atroce

variante secondo la quale, con la giusta pastella, diverrebbe ottimamente comme-stibile perfino la più ripugnante e inconfessabile delle sostanze organiche. Tra ilNiente e il Troppo, come si conviene per ogni entità fisica e metafisica, è dunque dacollocarsi la potestà gastronomica dei fritti della Città eterna, altrimenti detti «pez-zetti»; i quali «pezzetti», sospinti dalla festiva indulgenza ad allietare il palato e a ca-rezzare il fegato, ricompaiono ogni anno sulle tavole del Natale — non di rado oscu-rando ogni altro manicaretto.

Frammenti di cavoli, broccoli, funghi, carciofi, patate, zucchine, «fior de cucuzzae baccalà in filetti»», come annoverato spesso anche in versi nella copiosa, inces-sante e inesorabile produzione poetica dialettale che celebra i «pezzetti» con inco-raggiamenti del tipo «se ne facemio fa’ na’ cartocciata», come pure vantando no-stalgicamente la convenienza di quell’inconsapevole fast-food: «Co’ poco se face-va pranzo e cena». Ne La cucina romana e del Lazio di Livio Jannattoni, autentica einsuperata Bibbia di riferimento, tali liriche creazioni in lode ai «pezzetti» rinvianoper lo più a figure, luoghi e accessori ormai scomparsi e tuttavia sia pure a sprazzi ra-dicati nella memoria dell’Urbe.

Il friggitore, ad esempio, che districandosi sull’orlo di un pozzo d’olio «balordo»svolgeva il suo ribollente compito con gesti teatrali su una specie di pedana rialzatain certe botteghe che al giorno d’oggi nessuna norma igienica dell’Ue potrebbe nem-meno lontanamente tollerare — per quanto i burocrati di Bruxelles siano ignari checon la pastella è buono anche il Niente e perfino il Peggio.

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Repubblica Nazionale

LA DOMENICA■ 42

DOMENICA 9 DICEMBRE 2012

È un altro uomo da quando ha chiusocon le droghe, con gli Oasise soprattutto con “quel rissoso”di Liam. E può tirare il fiato: “Adessoè tutto rosa perché ho venduto

un sacco di dischi,ma ero terrorizzato:quando lasci il tuo grupponon sai mai cometi accoglierà il pubblicoE del restodevi

saper frenare al momentogiusto. Quando comincia temere per la tua vita”

FIRENZE

Irocker si riconoscono dai fan. Cene sono un centinaio che aspet-tano Noel Gallagher davanti al-l’hotel fiorentino, maschi per la

maggior parte, universitari di bell’a-spetto, professionisti oltre i trenta,qualcuno con cartella e cravatta. Lestesse facce che si vedevano intorno aMark Knopfler nel dopo-Dire Straits.Da quando gli Oasis tre anni fa si sonodisintegrati, i due fratelli Gallagher siparlano solo attraverso la stampa e gliavvocati. Ognuno per la sua strada, «equesta volta per sempre», giura Noel,che dopo il fortunato album d’esordiocon gli High Flying Birds, pubblica undoppio dvd con la cronaca del primotour del gruppo, International magic —Live at the 02. Liam, il Caino del rock, èimpegnato con i Beady Eye, che a lorovolta hanno inciso un album di grandesuccesso, Different gear, still speeding.Per la prima volta nella storia, la mag-gior parte dei fan non si è schierata —molti hanno continuato ad amare l’unoe l’altro, indifferenti alle baruffe fami-liari che hanno portato Noel sull’orlodell’esasperazione. Contro ogni pro-nostico, il pubblico si è spartito equa-mente l’eredità degli Oasis, una bandda settanta milioni di dischi venduti, ilgruppo più influente del brit-pop e deldopo-Beatles. «Ora che sono alla fine diquesto primo tour come solista è comese avessi chiuso un ciclo, un momentoche stavo sognando da cinque anni»,confessa il cantante e chitarrista. «È sta-to facile fare il disco, i concerti sono sta-ti incredibilmente affollati — un fottu-

to successo, non me lo aspettavo. Sareiipocrita se dicessi che all’inizio nonavevo dubbi. La storia insegna chequando lasci il gruppo non sempre ilpubblico ti accoglie a braccia aperte.Ma la separazione era inevitabile e perme è stato un grande sollievo non averepiù tra i piedi mio fratello». Le liti eranosempre più frequenti, la gestione dellaband un inferno, le esternazioni pub-bliche di Liam imbarazzanti. Noel erasulle spine ogni volta che Liam aggredi-va i colleghi con le sue battute da delin-quentello, dando pubblicamente delfrocio a Robbie Williams e della lesbicaa Kylie Minogue, per non parlare dell’u-briachezza molesta, causa di più di unalterco tra i due fratelli, anche a pochiminuti dall’inizio del concerto. Noel eraarrivato al capolinea, interruppe il tourdegli Oasis e troncò di netto con Liam.Apparentemente senza l’angoscia dirompere un giocattolo prezioso. «Pau-ra? Dipende da come la vedi», dice.«Adesso è tutto rosa, perché ho vendu-to un sacco di dischi. Ma all’inizio nonavevo neanche un contratto, tutto di-pendeva da me, ho investito gran partedelle mie risorse nel progetto. Ero ter-rorizzato, nascondevo anche a mia mo-glie la verità, non riuscivo a dirle che sta-vamo correndo un rischio enorme perincidere un altro fottuto disco. Miavrebbe detto: “Lascia stare, ne hai giàfatti tanti!”. Fortunatamente non hafatto domande, così mi ha evitato l’im-barazzo della menzogna. Ma quanti as-segni ho firmato di nascosto. Che stress!Pensavo a quanti altri musicisti — e nonintendo i leader — avevano avuto sortialterne dopo l’uscita dal gruppo:Johnny Marr lontano dagli Smiths,John Squire fuori dagli Stone Roses».

È cresciuto, ha quarantacinque anni,parla con la pacatezza di un nonno.Niente più colpi di testa, basta con ledroghe, le sbronze sempre più rare e so-lo lontano da casa. «Se in questi mesi horicevuto una lezione è questa: finché faibuoni dischi il pubblico è sempre dallatua parte, anche in quest’epoca di gran-de crisi», assicura. «Oggi bisogna ragio-nare in un modo diverso, se vendi 1,5milioni di dischi raggiungi almenoun’audience di 6,5, perché cinque mi-lioni riescono ad averlo gratis. Il meritoè, ora come allora, della canzone, lachiave d’accesso a milioni di persone.Tu scrivi una piccola melodia ispirata altuo mondo, alla tua piccola realtà, escopri che dall’altra parte del pianeta,in Uruguay, un ragazzo canta quelle pa-

role con le stesse intenzioni. Questa è lamagia del rock. La tecnologia ce la stamettendo tutta per distruggerla. I com-puter, Internet, iTunes, grandi innova-zioni, prodezze dell’ingegno umano —ma hanno fatto bene al rock’n’roll? Nonmi pare. Hanno aiutato a far conosceremusica migliore? Non credo. Hannocontribuito a migliorare la qualità?Tutt’altro. Ma se il mondo gira così, de-vi girare con lui; se il rock’n’roll diven-terà un giochetto alla stregua dei video-game non ci resta che fare i pupazzi».

Da ragazzi, lui e Liam erano compli-ci. Proletari di Manchester, cercavanonel rock’n’roll un’alternativa di vita. Lascuola? Noiosa. Il lavoro? Un incubo ot-to ore in ufficio. E papà non era stato unbuon esempio per i tre figli maschi (PaulGallagher, il maggiore, è un tour mana-ger che ora lavora sia per gli High FlyingBirds che per i Beady Eye): alcolista, vio-lento, indifferente al futuro dei ragazzi,che per vederlo il meno possibile tra-scorrevano la maggior parte del tempoin strada o, per sbarcare il lunario, inun’impresa esile. «La nostra priorità fu

subito: fare un disco, poi si vedrà; e,quando il disco sarà fuori, avere droghe,donne e soldi in quantità — esattamen-te in quest’ordine — al quarto posto lacelebrità (sghignazza, ndr). Non abbia-mo dovuto aspettare troppo, due anniappena. Credevo ciecamente nellamissione del rocker, ma ero anche at-tratto da tutto quello che ronzava intor-no a quel mondo, top model, jet privatie sballi quotidiani. Ci guardavamo ne-gli occhi, io e mio fratello, quando leg-gevamo in cronaca le gesta di quelli giàfamosi. “È una cazzo di bella vita”, mor-morava Liam. “È una fottutissima bellavita”, rispondevo io. Il mio primo, veroidolo è stato Paul Weller dei Jam — nonè curioso che adesso viviamo nella stes-sa strada, uno di fronte all’altro? Poi i SexPistols e gli Smiths».

Con papà i rapporti sono sempre ri-masti burrascosi. Adesso Noel e Liamhanno le loro famiglie, le loro vite. Nien-te assomiglia più ai giorni trascorsi nelsuburbio di Burnage. Come leader de-gli Oasis, i Gallagher in quindici annihanno avuto il massimo. Tutto meritodi Noel se la band ha sempre tenuto unpiede sulla terraferma. «Lo capisci dasolo quando arriva il momento di pigia-re sul freno», ammette, «incominci a te-mere per la tua vita, incontri la ragazzagiusta, la sposi, fai dei figli. Droga e vitafamiliare non vanno d’accordo. E a uncerto punto, verso i quaranta, ti rendiconto che ti restano solo due cose, lamusica e il calcio: Manchester City allo-ra e per sempre». Mario Balotelli è il suoidolo, ha persino accettato di intervi-starlo per un programma sportivo del-la Bbc. «È un po’ stordito dall’interesseche ha scatenato nel Regno Unito», rac-conta. «Sembra un bandito, gioca unasorta di gangster-football, fuma, fre-quenta locali di strip tease, guida mac-chinoni, poi quando lo incontri ti rendiconto che è tutta un’altra persona, unbambino di ventidue anni. Secondome, non ha ancora dato il massimo, fracinque anni sarà un attaccante imbat-tibile. La sua immagine ha un impattofortissimo, i miei bambini di dodici, seie due anni lo adorano, per loro è l’incar-nazione del bad boy». S’incupiscequando parla dei figli: «Era meglio laThatcher, all’epoca la nostra ossessio-ne era quella di trovare un lavoro. Orasono apatici, demotivati, l’unica cosache li interessa è la tv, magari con la mi-ra di finire in un reality. Che tristezza».

È severo con i colleghi, un fonda-mentalista del rock’n’roll. Non ama i

Radiohead ed è l’unico artista che nonha avuto la pelle d’oca ascoltando il di-sco di Adele. «Sui Radiohead ho cam-biato idea dopo averli visti dal vivo», ret-tifica. «Rimane il fatto che non ho vogliadi ascoltarli a casa, a esser sincero nonho nessuno dei loro dischi. Quanto aAdele, non ho mai avuto interesse perquel tipo di canzone. Ascolto continua-mente David Bowie, e non solo i primiquattro o cinque album, come facevoun tempo, ma anche Let’s dance, Mo-dern love, Blue Jean, Ashes to ashes, bel-lissime. Ma se mi chiede chi è l’artistache considero uno spirito guida, ri-spondo: Neil Young — oltre natural-mente a mia moglie, a Balotelli, al mioamico Del Piero e a Paul McCartney(sghignazza). Cos’ha Paul più di me?Beatles e Rolling Stones hanno avuto ilculo di arrivare trent’anni prima degliOasis, in quegli anni Sessanta che an-cora ci fanno sognare, migliori in tutto eper tutto: moda, politica, cultura, arte,droghe». Cosa prova, oggi, nei confron-ti degli Oasis? «Rispetto. Chiudo gli oc-chi e rivedo quell’oceano di personeche cantavano in coro con noi. Ma daquando ho lasciato la band non ho maidesiderato che tutto questo accadessedi nuovo, non per rabbia o per rancore,ma perché è un’esperienza che ho giàvissuto. Alla fine che è successo? Ho liti-gato con una persona, una sola, mio fra-tello Liam, un tipo rissoso». Non ci restache aspettare la reunion, prima o poi ar-riva sempre. «Non ci speri». Magari asessant’anni. «No, è matto!? Troppovecchio, fottuti capelli bianchi e oc-chiali da presbite. Dicono che uno nonè mai troppo vecchio per il rock’n’roll,io non ci credo».

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L’incontroFratelli coltelli

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A un certo punto,verso i quaranta,improvvisamente ti rendi conto che ti restano solo due cose:la musicae il Manchester

Noel Gallagher

GIUSEPPE VIDETTI

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