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LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 23SETTEMBRE 2012
NUMERO 395
CULT
La copertina
MICHELE SMARGIASSI
Nell’epocadella post-fotografiadove le immaginisono “truccate”
La recensione
DARIA GALATERIA
L’allegra clinicadella buona morteraccontatada Giménez-Bartlett
All’interno
Il teatro
RODOLFO DI GIAMMARCO
Dante e Beatricedue ragazzinel Paradisodi Nekrosius
Il libro
ALESSANDRO BARICCO
Una certaidea di mondo:“Se Mosse ci svelal’ideologia nazista”
Gassman segreto“Il principe Amleto secondo me”
Spettacoli
GUIDO ANDRUETTO
e VITTORIO GASSMAN
Tutti in codaper il Monopolidel comunismo
L’attualità
MARIUSZ SZCZYGIEL
e ANDREA TARQUINI
Duecento persone (189, per la precisione, in questomomento) hanno accettato di tenere un blog per noi,l’Huffington Post Italia. Hanno accettato prima an-cora di vederci all’opera, e di poter giudicare il lavo-
ro che faremo. Un atto di incredibile fiducia. Risultato della condivi-sione di una idea: che è maturo il tempo per aprire uno spazio pub-blico di confronto e scontro che includa la massima diversità — diopinioni politiche, di status sociale, di genere, di classe, di fede. Que-sti duecento blogger (e intendiamo far crescere questo numero) so-no uomini e donne di destra e di sinistra, religiosi e non, attivisti deimovimenti e intellettuali solitari. Gente delle professioni, gente conorientamenti sessuali diversi, leader politici e operai che tengonocon le unghie e con i denti il loro posto nelle fabbriche. Personaggiconosciutissimi e perfetti sconosciuti.
(segue nelle pagine successive)
LUCIA ANNUNZIATA
LOS ANGELES
Qualche settimana fa, a pochi metri dalla conventiondemocratica (Charlotte, North Carolina), prima diascoltare dal vivo Barack Obama e Bill Clinton, misono concesso una pausa in un centro benesseresorprendente: offerto dallo Huffington Post. Yoga e
massaggi, meditazione e snack vegetariani dall’agricoltura bio-logica. Più una full immersion tra i vip progressisti d’America. Èun riassunto di quel che ti offre oggi Arianna Huffington, una del-le dieci donne più influenti d’America secondo Time, pioniera deinuovi media, sacerdotessa del pensiero progressista, e guru diuna New-New Age. Solo la Huffington poteva lanciare lo yoga bi-partisan, con i suoi centri benessere organizzati sia a Charlotteche a Tampa (convention repubblicana). Lo slogan è «unplug»:staccare la spina.
(segue nelle pagine successive)
FEDERICO RAMPINI
Alla vigilia del debuttodell’“Huffington Post Italia”intervista esclusiva
alla signoradel giornalismo online
Ariann@Il filodi
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L’intervista
SIMONETTA FIORI
Valeria Parrella“Con Antigoneaffronto i problemietici di oggi”
Repubblica Nazionale
(segue dalla copertina)
«Per lavorare me-glio, per esserepiù creativi, e an-che per far politi-ca in modo più co-struttivo, bisogna
imparare a spezzare il tran-tran infer-nale, guardare il mondo con distacco,prendersi cura di sé». Ad Arianna riescequest’acrobazia: mentre ti parla di equi-librio interiore, lei è al centro di un vor-tice di relazioni pubbliche al massimolivello; mentre ti spiega come vivere me-glio, con gli auricolari del suo iPhone se-gue a distanza la riunione di redazione(in corso a New York) del Super-blog piùvisitato del mondo. Il suo.
Arianna ha già vissuto cinque o sei vi-te, delle nove a disposizione. La sua bio-grafia diventerà un fantastico romanzoquando si cimenterà anche con la fic-tion (mai dire mai). Breve riassunto del-le puntate precedenti. Nasce 62 anni fain Grecia, come Arianna Stassinopou-los. Parte per l’Inghilterra a sedici anni,riesce a entrare nell’esclusiva universitàdi Cambridge, dove il suo incancellabi-le accento greco non le impedisce di di-ventare presidente dell’esclusiva Unio-ne degli studenti. Si lega algrande giornalista Ber-nard Levin, che lascerà so-lo perché lui non vuole fi-gli. Di figlie lei ne ha duecon Michael Huffington, ilsuo marito americano(morto nel 1997), che fudeputato repubblicano.Breve militanza di Arian-na nella destra Usa, di cuidiventa una opinionistacelebre. Si candida comeindipendente e ambien-talista contro ArnoldSchwarzenegger per go-vernare la California; per-de, ma si sposta semprepiù a sinistra. Scrive tredi-ci libri fra cui le biografie diPicasso e Maria Callas, piùmolti manuali di “self-im-provement”: consigli alledonne per coltivare l’auto-stima; guide per uno stile divita salutista. Recita in film e show tv disatira politica. Scrive canzoni con IrenePapas, colonna sonora di Vangelis. Nonle basta.
È nel 2005 che Arianna si lancia nellasua impresa (finora) più grossa. TheHuffington Post nasce mentre lei si èconquistata un nuovo ruolo: oracolodella sinistra liberal. La sua maestria nelcoltivare amicizie influenti dà frutti visi-bili, fin dall’inizio sull’Huffington Postappaiono le grandi firme dell’intelli-ghenzia progressista, politici e scrittori,star di Hollywood e columnist dei mediatradizionali. Quaranta milioni di visita-tori al mese: l’Huffington Postrivaleggiacon siti blasonati come quello del NewYork Times. Diventa anche un business,nel momento in cui (febbraio 2011) Aolstacca un assegno da 300 milioni per ac-quisirlo. Da allora Arianna diventa capodi tutta la parte editoriale di Aol. Tra ipunti di forza: la sua équipe tecnologica
padroneggia gli algoritmi di Google, fa sìche le news di Huffington Post balzinosempre in testa nelle ricerche online.Inoltre l’idea di community viene svi-luppata nella versione più estrema: icommenti dei lettori sull’HuffingtonPostsuperano per affluenza qualunquealtro sito. Li valorizza anche l’ultima suacreatura, la tv online del sito dove i temidi attualità (elezioni Usa o Medio Orien-te) vengono discussi “alla pari” da gior-nalisti ed esperti in studio, insieme congli utenti del Postche appaiono su maxi-schermi. Democrazia digitale: il lettore
interagisce con la stessa dignità del mi-nistro. Alla vigilia dell’uscita dell’edizio-ne italiana dell’Huffington Post, incon-tro Arianna nella sua villa di Los Angeles.
La rivista della prestigiosa ColumbiaUniversity School of Journalism le de-dica una copertina e la chiama «Clickmagnate», la padrona dei contatti onli-ne. Lei esplora una nuova formula dimedia adatti all’era digitale. All’inizio,hanno accusato Huffington Post di es-
sere soprattutto un “aggregatore” dinotizie elaborate da altri media come iquotidiani e le agenzie stampa. Il pre-mio Pulitzer 2012 al vostro inviato diguerra David Wood è stato come unasvolta, uno spartiacque.
«Non c’è un solo modello per il futurodei media, ciascuno ne sperimenta tan-ti contemporaneamente. Noi siamoun’impresa giornalistica, come dimo-strano i tanti premi Pulitzer che già col-
laborano con il Post; e investiamo sem-pre di più nella produzione di news. Sia-mo anche una piattaforma a disposizio-ne di chiunque abbia dei contenuti diqualità da esprimere: nella politica, nel-l’entertainment, nella ricerca di nuovistili di vita. Su di noi convergono autoridi libri, centinaia di giornalisti e com-mentatori, insieme con illustri scono-sciuti che ci usano come una sorta dipalcoscenico per la prima audizione. Direcente è stata assunta da Harvard unagiovane adolescente senzatetto di cuiospitavamo un blog».
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DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
Nata Arianna Stassinopoulos, scrittrice, politica, definitada “Time” una delle donne più influenti del pianetaIntervista alla fondatrice del giornale online premio Pulitzer. Alla vigilia del debuttodel sito italiano in partnershipcon il Gruppo Espresso
La copertinaLady Web
“Vi racconto il mio Huffington”
IL CASO WIKILEAKS
Nel novembre 2010 scoppia il caso
Wikileaks: l’Huffington Post è in prima linea
nel seguire le reazioni da tutto il mondo
GOD BLESS AMERICA
“Incredibile”: il 40 per cento
degli americani alla fine del 2010
crede ancora nel creazionismo
IL BLOG DI CLOONEY
Tra i blogger famosi c’è George
Clooney. Anche Sean Penn e Robert
Redford danno il loro contributo
OBAMA ALLE HAWAII
Fa record di contatti nel 2008 la foto
pubblicata dall’edizione di Chicago
con Obama a torso nudo alle Hawaii
i commenti
ricevuti
ad agosto 2012
9,4 mln
il numero
di blogger
negli Stati Uniti
30milai visitatori unici
ad agosto 2012:
43,7 negli Usa
59,3 mln
SULL’IPHONE
I blog
dell’HuffingtonPost sono
visibili anche
sull’iPhone
La app
è gratuita
FEDERICO RAMPINI
‘‘FuturoNon c’è un solo modello per il futuroNoi investiamo nelle news ma siamoanche una piattaformaper chi ha contenuti di qualità
‘‘CittadiniCi sarà sempre bisogno del “NewYork Times”, ma dobbiamo riconoscere che in certe circostanzeogni cittadino può diventare reporter
Repubblica Nazionale
diventare un corrispondente, un gior-nalista. Penso all’Egitto, alla Siria, dovele notizie viaggiano sull’iPhone. Il citi-zen-journalism, il giornalismo dei citta-dini, non sminuisce affatto il ruolo deiprofessionisti coraggiosi che ci forni-scono i reportage. È anche per garantirela qualità delle notizie che ci spingiamoall’estero, ora in Italia, col progetto diuna collaborazione costante fra tutte lenostre edizioni europee. Per esempio, ciinformeranno su una vicenda crucialecome la crisi dell’eurozona lavorando incooperazione, con uno sguardo auten-ticamente europeo. Servirà anche a noiqui in America, per sprovincializzare lanostra informazione; noi da qui fornire-mo ai siti europei servizi esclusivi sullenostre elezioni. Il mondo si rimpiccioli-sce, quel che accade in Cina o in Europaè importante per tutti. Ho voluto garan-tirmi in ogni grande paese il migliorpartner possibile tra i media nazionali».
Sulla crisi europea lei ha uno sguar-do particolare: cittadina americanama sempre legata alla sua Grecia.
«L’austerity applicata in Europacoincide perfettamente con la defini-zione clinica della follia: ripeti all’infini-to lo stesso errore, sperando che il risul-tato sia diverso. Sono cresciuta in unafamiglia rovinata dai debiti perché miopadre da editore finì in bancarotta, mamia madre tenne duro su un principio:tutto si può sacrificare fuorché l’istru-zione dei figli. Invece l’Europa sacrificail futuro dei suoi giovani, che non han-no colpe per questa crisi».
Anche con gli Usa lei non è tenera, ilsuo ultimo libro s’intitola America,una nazione del Terzo mondo.
«La forza dell’America un tempo erache qui i nostri figli sarebbero stati me-
glio di noi. Non è più vero. Ilsogno americano si è inter-rotto, la disoccupazione gio-vanile sale e colpisce perfinoi laureati. La mobilità socialenegli Usa è scesa al decimoposto tra le nazioni, dietro al-cuni paesi europei. Il declinodella middle class è preoccu-pante. Il sistema politico nonriesce più a discutere i temiche contano davvero. Perciòglieli suggeriamo noi, con lenostre “convention-ombra”dove abbiamo messo in pri-mo piano il ruolo del denaronella politica, le disegua-glianze sociali, il fallimento
della guerra alle droghe».Sull’Huffington Postcresce lo spazio
dedicato ad altre tematiche: lifestyle,qualità della vita. Anche qui c’è una co-stante, un parallelo con la biografia diArianna...
«Ho sempre cercato di lavorare perun vero cambiamento, su due piani: at-traverso la politica e attraverso la vitapersonale. L’Huffington Post arricchi-sce continuamente le sezioni dedicatealla salute, agli stili di vita sani, perchéquesto mi affascina. E credo che possainteragire con la qualità dell’azione po-litica. Non dimentico mai una doman-da lanciata da Solgenitsyn: se vuoi ope-rare un vero cambiamento, cominci da-gli altri o da te stesso?».
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LUNEDÌ 24 SETTEMBRE 2012
maggio 2006maggio 2005 agosto 2008 novembre 2008 febbraio 2011 gennaio 2012 aprile 2012
LA FINE DI GHEDDAFI
“Sono un rivoluzionario, morirò come
un martire”: così L’HP riporta le parole
di Gheddafi il 22 febbraio del 2011
i membri
dello staff
negli Stati Uniti
776
i blogger in Italia
tra cui Tremonti,
Landini e Linus
200
il record
di commenti
a un articolo
169mila
(segue dalla copertina)
Giovani che faticano a tirare avanti, e giovani che studiano in presti-giose università all’estero. C’è anche una suora. Nella totale diver-sità c’è però un elemento comune, che è anche il criterio su cui noi
stessi orientiamo le nostre scelte: ognuno di loro conta non per i suoi titoli,ma perché la sua voce si “ascolta”, ha una sua unicità, muove qualcosa. Que-sta lista è per noi già in sé una mappa della società in cui viviamo e delle di-namiche oggi in corso. Tra vecchio e nuovo, fra idee e bisogni, fra quel checade, quel che nasce e quel che si rivela solo illusione. Mappa aggiornata, eda aggiornare continuamente. Di cos’altro deve, dopotutto, occuparsi ilgiornalismo oggi, se non di tentare di descrivere il cambiamento (o do-vremmo dire crollo?) in corso? Alle voci dei blogger e della rete affianchere-mo così un lavoro giornalistico che si concentra soprattutto sulla politica el’economia, cioè i settori che più pesano sul nostro destino e che più sonocolpiti da una crisi di entità a noi finora sconosciuta. Non sperimentavamoinfatti una turbolenza come quella attuale dalla fine della Seconda guerramondiale. Nemmeno gli anni di piombo, pistole e morti, hanno fatto sen-tire così tanto il fiato sul collo al nostro paese. Inutile negare il senso di sfi-ducia, paura, che ci pervade, la sensazione che il mondo come lo conosce-vamo in fabbrica, in casa e dentro di noi, stia finendo. Dove andiamo da qui?Il nuovo è spesso incomprensibile, spesso intimorisce, ma è già qui. Senzaalcuna pretesa di saperne di più, o di saper far meglio, vogliamo aggiunger-ci a tutti gli altri media nell’identificare e capire quel che ci sta succedendo.Con un solo vantaggio a nostro favore: il patrimonio creato fin qui da que-ste due testate che danno vita all’HuffPost Italia, la grande tradizione delgiornalismo civico del Gruppo Espresso, e l’intuizione di Arianna Huffing-ton sul nuovo mondo che la rete ha formato. L’Huffington Post Italianasce“meticcio”, dunque, come meticcio del resto è il tempo in cui viviamo.
(Direttore dell’Huffington Post Italia)
Tutte le voci che servonoper sfidare la crisi
IL PULITZER
È il primo giornale
online a vincerlo
Il reportage
è “Beyond
the Battlefield”
di David Wood
LUCIA ANNUNZIATA
LE TAPPE
LA NASCITA
Il 9 maggio viene
fondato come
blog negli Stati
Uniti e diventa
subito uno dei siti
più seguiti
IL MIGLIOR BLOG
Viene premiato
ai Webby
Award come
il miglior blog
dedicato
alla politica
LE EDIZIONI LOCALI
Partono le edizioni
locali americane:
a Chicago,
New York,
Denver
e Los Angeles
LE ELEZIONI USA
Le elezioni
americane fanno
fare all’HPil balzo in termini
di contatti
e influenza politica
AOL
Viene comprato
da Aol per oltre
300 milioni di dollari
A maggio arriva
in Canada; a luglio
nel Regno Unito
IN EUROPA
Dopo il Regno
Unito, a gennaio
arriva anche
in Francia;
a giugno il debutto
in Spagna
IL PULITZER
Il 16 aprile vince
il Pulitzer
con un reportage
sui soldati feriti
in Iraq
e Afghanistan
settembre 2012
IN ITALIA
L’edizione italiana
sarà online
tra la mezzanotte
di domani e l’una
di martedì: il via
sarà dato dagli Usa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Rispetto ad altri siti e blog di news eopinioni il vostro primato è nei com-menti online. Sta qui l’originalità?
«Il 70 per cento dei commenti sonorisposte e reazioni dei lettori ad altrilettori: è una vera discussione alla pari,è una comunità autentica quella chevive questa esperienza. La parola chia-ve è coinvolgimento: lo stesso valoreche distingue la nostra tv. Il lettore è alcentro dell’azione, nel cuore dell’Huf-fington Post. E attenzione, non si trattadi commenti grezzi, perché fin dal pri-mo giorno abbiamo organizzato una
pre-moderazione, una selezione affi-data prevalentemente agli stessi letto-ri, che garantisce il tono civile e la qua-lità della discussione».
Di questo passo, quale sarà il pae-saggio dei media tra vent’anni? Vihanno accusati di succhiare linfa vita-le dai grandi organi d’informazionecome il New York Times.
«Sono certa che ci sarà sempre biso-gno del New York Times e di Repubbli-ca, non credo alla fine dei giornali. Madobbiamo anche riconoscere che incerte circostanze ogni cittadino può
LA PRESENTAZIONE
Martedì prossimo, alle 19, all’area 56 di Milano
(via Savona 56) Arianna Huffington e Lucia Annunziata
presenteranno il nuovo sito italiano dell’HuffingtonPost, online da quello stesso giorno in collaborazione
con il Gruppo Espresso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 40
DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
L’attualitàDopolavoro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ipn, 303: era una squadriglia polacca della RoyalAir Force, la migliore in assoluto nella Battagliad’Inghilterra. Ironia, tenacia e realismo furonosempre le carte vincenti di questo paese occi-dentale nato nel posto sbagliato, da Kosciuszkoe Mickiewicz fino a Solidarnosc e al suo negozia-to con Jaruzelski.
Aeroporto Chopin, qualche giorno dopo: «Ilgioco aiuta a insegnare la tattica della lotta là do-ve la libertà ancora manca, Kolejka piaceva per-sino ai poliziotti che ci hanno perquisito», dico-no i due giovani sbarcando dal Boeing di ritornoda Minsk. Qualcuno scommette persino che idue team di Walesa e dei militari, che nell’89 or-mai lontano trattarono la svolta sfasciando ilMuro e l’Impero, oggi da pensionati si rilassinoricordando. Giocando insieme a Kolejka, ovvio.
giovani, con humour, un passato sconosciuto. AMinsk o altrove è export clandestino del know-how delle lotte per la libertà, una specialità dellanuova Polonia. Kolejka, la coda per gli acquisti.Per chi nel 1945 ebbe la fortuna di venire liberatoda britannici, americani e polacchi di Anders,sembra un nonsenso. Per chi ha vissuto il socia-lismo reale no. Ma le generazioni voltano velocile pagine dei ricordi. L’idea di Karol Madaj, delloIpn — Istituto per la memoria nazionale — erarammentare come si viveva nella penuria, quan-do anche nella capitale (nota come Parigi dell’E-st prima dell’attacco di Hitler e Stalin nel settem-bre 1939) la gente dal 1945 al 1989 andava al lavo-ro con la borsa piena di mele contro i morsi dellafame, e docenti universitari aspettavano davan-ti agli alberghi per comprare dollari al nero o chie-dere antibiotici e aspirine a noi visitatori dalmondo libero.
Come nel Monopoli, vince chi guadagna o in-cassa di più. Ma in Kolejka non puoi acquistarealberghi a Parco della Vittoria o in Viale dei Giar-dini. Devi essere più veloce degli altri giocatori,scegliere la coda ai negozi meno lunga, trovareogni stratagemma. Devi portare a casa abba-stanza cibo, abiti per i figli, mobilio, e se possibi-le una radio o una tv. Allora non era facile: razio-namenti, consegne improbabili nei negozi diStato, le merci migliori riservate alle boutiquespeciali per i soli gerarchi.
Kolejka va a ruba, non solo in Polonia: centi-naia di migliaia di copie, edizioni in russo, giap-ponese, inglese, spagnolo. Non è nostalgia del-l’Est o del passato, non ha nulla a che vedere conl’ipocrita Ostalgie dei tedeschi orientali che rim-piangono la Ddr pur vivendo oggi non peggio chea Colonia o Düsseldorf grazie ai cento miliardi dieuro annui di aiuti, decisi per loro da HelmutKohl. I polacchi no, non rimpiangono, e fecero dasoli, non c’era una Bonn polacca. E allora puntia-
mo tutti a vincere nel gioco della penuria di ieri.Serve astuzia, a Kolejka come a Monopoli. Ma re-gole e tattiche sono diverse come i due sistemi.
Tiri coi dadi, ma come a Monopoli non è tut-to. Ecco le carte delle probabilità: «Conosci ungerarca locale del partito, avanzi di dieci casellenella coda». Oppure: «Chi ha un neonato in brac-cio può passare avanti, tu non hai figli ma la vici-na ti presta il piccolo e arrivi prima al banco ». Ec-co, come in Monopoli, anche le carte degli im-previsti: la coda alla macelleria si allunga perchétroppa produzione è finita a Mosca per pagarepetrolio e gas. Ma il gioco ti offre scappatoie. Pa-ga in contanti chi ti tiene il posto alla coda e vaiad attendere a un’altra coda, magari quella per icappotti per i bimbi prima del gelido inverno. Senon trovi nulla, i piccoli non devono per forzacongelare: affidati al cambio valute al mercato
nero. Ma attento alla cassa, dollari o sterline co-stano cari. Oppure organizzati con accordi tragiocatori, così come dal paese reale nacque allo-ra l’opposizione. Ma attento: se una ti dice cheperdi i nervi in coda e parli male del regime, la SB,la polizia politica di allora, arriva subito e vai di-rettamente in prigione “senza passare dal via”.
Vivevano così i genitori della coppietta in vo-lo per Minsk. Passato ignoto, per quei due inna-morati in missione. Shopping center pieni a ogniora, Bmw, Golf e Audi a dominare il traffico, unceto medio sempre più numeroso e prospero,sono il presente. Non nuovi ricchi alla russa,bensì solida economia reale: produce aerei conAirbus per Asia e America latina, o gli autobus piùecologici e moderni per i trasporti urbani di Ber-lino. Oggi per i polacchi Kolejka è solo un gioco,senza voglie di rivincite. Come il war game dello
VARSAVIA
«L ot, Polish airlines, voloper Minsk, imbarco im-mediato uscita A22».Gentile ed elettronica, la
voce femminile chiama i passeggeri nell’iperve-trato, modernissimo Chopin international air-port. Addio ai bei negozi, la coppietta si tiene permano sorridente, corre verso il gate e sale sul co-modo, fiammante 737 bianco e blu. Lui, atleticoe poliglotta, è figlio di un eroe della rivoluzionedell’89, lei sembra una top model, insegna russoe milita in una Ong per i diritti umani calpestati aest della Polonia. Entrambi hanno un gioco da ta-volo, ma non sono turisti, né invitati a un torneo.Quel gioco ricorda Monopoli, in Bielorussia èproibito e i due innamorati sono in missione qua-si come 007 e una Bond girl. Lo portano agli op-positori, come arma di lotta non violenta controla brutale dittatura di Lukashenko. È l’ultima sfi-da polacca ai postumi dell’Impero del Male. Sichiama Kolejka, che vuol dire la coda d’attesa da-vanti al negozio. Qui nella seconda locomotivad’Europa è un “come eravamo” per raccontare ai
ANDREA TARQUINI
Giochiamoa farei comunisti?
60 Carte dei prodotti
In Poloniala “Kolejka”era la “codadi attesa”
fuori dai negoziduranteil socialismo realeOra è il nomedi un “Monopoli”ambientatoin quell’epocacon tanto di dadie tabelloneMa senza rimpianti
Repubblica Nazionale
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DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
Immaginate, cari lettori, di vo-ler comprare un frigorifero.Purtroppo nei negozi non ce
ne sono, e chissà quando ci saran-no. Il negoziante non ve lo sa dire.Non potete semplicemente fareun salto al negozio ogni tanto pervedere se per caso sono arrivati, ese sì, comprarne uno. Non vi restache mettervi davanti al negozio, inattesa. Può darsi che ci sarà daaspettare una settimana, o maga-ri un mese. Dunque a settembre vipiantate davanti al negozio. Primadi voi ci sono già trenta persone, lealtre vi si accodano via via dietro.Non potete allontanarvi neancheper un istante, nemmeno per an-dare al gabinetto, perché non vi la-sceranno più riprendere il vostroposto in coda. Quando siete al la-voro, vi fate sostituire da vostrosuocero pensionato. Fate la codadalle 16 a mezzanotte, e di nottevostra moglie o vostro marito vidanno il cambio. Il giorno dopo vialternate. Se siete fortunati, i frigo-riferi verranno consegnati nel girodi una settimana. Se no, vi toc-cherà aspettare un mese e mezzo.Intanto si sarà fatta la metà di ot-tobre. In Polonia le notti sono già
molto fredde, vi portate dietroun thermos con del caffè bol-
lente o, meglio ancora, dellavodka, per scaldarvi. Avete an-
che una sedia pieghevole, per-ché non si può rimanere in piedi
per tante ore. Vi piacerebbe leg-gere un libro, ma fa troppo buio.
Non vi resta che scambiarequattro chiacchiere con i vici-
ni di coda, vale a dire bron-tolare insieme contro il si-
stema. Vostro figlio siaccorge che da un po’
di settimane uno deigenitori passa la not-te fuori casa. Vede
che entrambi casca-no dal sonno e dalla
stanchezza, e non par-lano più con lui. «Teso-
ro» annuncia il padre conaria felice, «ancora una
settimana o due e avremofinalmente un bel frigorifero! Poi iltuo papà e la tua mamma si met-teranno in coda per la lavatrice,poi in quella per l’aspirapolvere, einfine faranno anche la coda percomprarti un mangianastri». Tresettimane più tardi arrivano al ne-gozio soltanto 20 frigoriferi, di cui8 andranno ai parenti e ai cono-scenti del personale. Siete il nu-mero 31, e può succedere chenemmeno i frigoriferi della conse-gna successiva siano sufficientiper voi. Gira e rigira rimanete incoda fino a novembre.
Questa è stata la mia infanzianella Polonia socialista. Ricordo lerisse in fila per la carne. Ricordo lestrisce di giornali che pendevanonei bagni perché il sistema comu-nista non era in grado di produrrecarta igienica a sufficienza. Ricor-do gente che girava per la città conrotoli di carta igienica appesi alcollo a mo’ di collana, fiera di es-serne riuscita a comprare ben 20.Ricordo il comunismo come mi-seria e umiliante lotta per procu-rasi beni di prima necessità.Non esiste un paese al mondoin cui il comunismo sia riusci-to a provvedere ai bisogni pri-mari della gente. I comunistihanno fallito in tutto, salvoche nello spogliare l’uomodi dignità e libertà. Nonhanno saputo assicurareai propri cittadini nean-che la carta igienica, fi-guriamoci la felicità.
(TraduzioneMarzena Borejczuk)
Il Paesedelle file
MARIUSZ SZCZYGIEL
LE CODE
Per vincere devi essere
più veloce degli altri scegliendo
la coda meno lunga ai negozi
LA LISTA DELLA SPESA
All’inizio del gioco viene
distribuita ai giocatori una lista
con i prodotti da acquistare
LO SCOPO DEL GIOCO
Vince chi riesce a portare
a casa più cibo, abiti per i figli,
mobili, una radio o una tv
LE PROBABILITÀ
Per esempio: conosci un gerarca
e avanzi di dieci caselle;
con un neonato passi avanti
GLI IMPREVISTI
Occhio alla carta “parli male
del regime, vai in prigione
senza passare dal via”
COME SI GIOCA
Si tirano i dadi e come
nel Monopoli ci sono le carte
degli imprevisti e delle probabilità
30 Pedine in 6 colori diversi
5 di ogni colore
50 Tesseredi coda LE REGOLE
1 Marcatoreiniziale
5 Tesseredella listadella spesa
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Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 42
DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
Il pittore aveva ottant’anni quando accettòdi lavorare a un’opera fatta di pagine colorate e ritagliateA convincerlo fu l’arrivo nella Parigi del dopoguerradi un sound mai sentito. E che assomigliava al suo mododi intendere la vita. Nacque così un libro unicoche Electa pubblica per la prima volta in Italia
L’immagineFauves e bebop
Un vecchio nonno unpo’ sornione che rita-glia giocattoli per i ni-potini: è così che si pre-senta Henri Matisse inuna foto che lo ritrae a
Vence, a quasi ottant’anni, mentresforbicia uno dei cartoncini coloraticon cui avrebbe costruito Jazz, uno deilibri d’arte più originali del Novecen-to. E oggi Jazz viene riproposto in edi-zione fac-simile dall’Electa, con duescritti di Francesco Poli e di CorradoMingardi, in un libro-oggetto fatto diquartini sciolti che alternano paginescritte a mano da Matisse e colorateimmagini ritagliate da un enfantdi ot-tant’anni, un bambino sapiente e sca-pestrato che si mise a dipingere car-toncini e a costruire disegni che sonoquasi sculture, tagliando le carte conle forbici e montando i pezzi come inun cinema delle origini: sono i papiersgouachés et decoupés che un editoregeniale, Tériade, vide nello studio diMatisse e gli chiese di mettere insiemeper comporre un libro.
I giochi a colori di Matisse riguarda-vano soprattutto il circo, tra clown emangiatori di spade e Pierrot, ma Té-riade ebbe un’idea brillante, e dette allibro un nome che in quegli anni evo-cava il nuovo, l’istinto, l’improvvisa-zione, il ritmo e la giovinezza: e lochiamò Jazz. In quel 1947 le caves aSaint-Germain-de-prés cominciava-no a essere invase dai jazzisti america-ni, i francesi un po’ fuori moda impaz-zivano per la faccia da Satiro ubriacodi Sidney Bechet e per lo stile New Or-leans del suo sax soprano, i giovani sibuttavano sui primi dischi del bop tro-vando nei solchi i guizzi nevrotici e ta-gliati di Charlie Parker, l’anno dopo sisarebbe aperto il festival internazio-nale del jazz di Parigi, e lo scrittore Bo-ris Vian scriveva libri surreali e suona-va la tromba in un gruppo jazz riu-scendo forse a pagarsi le cene ma noncerto il troppo whisky americano chebeveva.
Ma cosa ne sapeva l’ottantenne
Matissed e l l an u o v am u s i c ache con-tagiava glizazous, iragazziniribelli dellecaves e chesi sarebbesposata aperfezionecon le nevro-si dell’Esseree del Niente diSartre? Non nesapeva nienteo quasi, ma af-ferrò al volo il suggerimento di Téria-de, scrisse nel libro che il gesto dell’ar-tista sapiente deve saper dimenticarela tecnica e conservare «la freschezzadell’istinto», disse che le sue carte rita-gliate erano «improvvisazioni croma-tiche e ritmate», aggiunse che avrebbeusato la propria grafia «come sfondosonoro», e creò il suo circo di colori alritmo di un jazz immaginario. Ma quelritmo era nelle vene dell’epoca, e ba-sta aprire Jazz per capirlo a ogni foglioe persino negli sbalzi della scrittura. Inmezzo alla grafia di curve e sgraffi e on-de di Matisse, una grafia che si trasfor-ma in calligrafia come nei rotoli di se-ta giapponesi o nelle volute liberty, ec-co che appaiono immagini famose co-me Il clown, che si muove accompa-gnato dalla musica finto jazz della so-nata per violino e pianoforte di Ravel;ed ecco i puri segni colorati che Matis-se chiamava Lagune, ma che sono ara-beschi, frange, virgole, trine, coloritrasformati in ritmi da un colpo di for-bici che somiglia a un colpo d’anciadel sax di Bechet; ed ecco un capola-voro come Cow-boy, due ombre in for-ma di macchie che si incrociano av-vinghiate da un lazo sghembo e sinco-pato come il Rag-time di Stravinskij.
E in questo tardo Matisse gli intrec-ci ritmici e cromatici andavano tutti
GIUSEPPE MONTESANO
Disegni improvvisaticome note di sax
I francesi un po’ fuori modaimpazzivano per SidneyBechet e per i guizzi nevroticie tagliati di Charlie ParkerBoris Vian suonava la tromba e riusciva a pagarsi la cena
ma non certo il troppo whiskyPE
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nella direzione del tempo sincopato eblues del jazz, la musica dell’improv-visazione emotiva in cui il nuovo è rag-giunto nel momento in cui ci si lanciaa proprio rischio e pericolo nel vuoto,e si dà inizio alle sorprese del Caso. Co-sì, a un certo punto di Jazz, Matissescriveva: «Un musicista ha detto chein arte la verità, o il reale, cominciaquando non si capisce più nulla diquello che si fa...». Il vecchio artista,che non sapeva niente di Parker e Gil-lespie, aveva però afferrato l’idea diimprovvisazione a partire dalla scom-posizione di un tema, che in lui si lega-va a una pratica esecutiva in cui glistrumenti erano le mani e la musica icolori: con l’aiuto del momento giu-sto, Matisse sapeva che le combina-zioni di timbri e segni diventavanogiuste, e la musica delle immagini si le-vava dalle sue carte colorate e ritaglia-te come qualcosa di mai visto prima.
E non è strano che dal miscuglio traimprovvisazione ritmica e infanzia ri-trovata le carte colorate di Matisse an-
ticipino anche il pop: quasi esauren-dolo prima che sia inventato. In Ma-tisse è pop l’edonismo visivo, la deco-ratività che penetra nelle figure, lasemplificazione delle forme, qualco-sa che è raffinato e bambinesco allostesso tempo, qualcosa che risuonaallegro e dolce anche quando, come inJazz, rappresenta il funerale di Pierrot.Il vecchio Matisse sapeva giocare, esapeva che i bambini perenni che sia-mo vanno divertiti e divagati: e a queibambini perenni, strizzando l’occhioda clown, regalò il suo jazz.
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Se ho fiducia nella mia mano che disegna, è perché quando le inse-gnavo a servirmi mi sono sforzato di non lasciarle mai prendere il so-pravvento sul sentimento. Sento benissimo, mentre la mano svolge
la sua parafrasi, se c’è disaccordo tra noi: tra essa e quel non so che in meche sembrerebbe esserle sottomesso. La mano non è che il prolunga-mento della sensibilità e dell’intelligenza. Quanto più è pronta, tanto piùè obbediente. Non bisogna che la serva divenga padrona.
Disegnare con le forbici. Ritagliare al vivo nel colore mi ricorda il cesel-lare diretto degli scultori. Questo libro è stato concepito nello stesso spi-rito. Le mie curve non sono folli. Il filo a piombo, impiegato per determi-nare la direzione verticale, forma col suo contrario, l’orizzontale, la bus-sola del disegnatore. Ingres si serviva del filo a piombo. Osservate nei suoistudi di figure in piedi quella linea non cancellata che passa per lo sterno
e il malleolo interno del-la “gamba portante”. In-torno a questa linea fitti-zia si sviluppa l’arabe-sco. Ho tratto dall’usoche ho fatto del filo apiombo un beneficiocostante. La verticale ènel mio spirito. Mi aiutaa precisare la direzionedelle linee, e nei disegnidi getto, non indico unacurva, per esempioquella di un ramo in unpaesaggio, senza avercoscienza del suo rap-porto con la verticale.
Le mie curve non so-no folli. Un nuovo qua-dro deve essere una cosaunica, una nascita cheporti una nuova figuranella rappresentazionedel mondo attraverso lospirito umano. L’artistadeve contribuire contutta la sua energia, lasincerità e la più grandemodestia, per scartaredurante il lavoro i piùvecchi cliché che gli ven-gono tanto facilmente
sotto mano e possono soffocare il fiorellino che, già di per sé, non vienemai così come lo si attende.
Un musicista ha detto: in arte la verità, il reale, comincia quando non sicapisce più nulla di ciò che si fa, di cosa si sa, e resta in voi un’energia tan-to più forte quanto più è contrariata, compressa, pressata. Serve allorapresentarsi con la massima umiltà, tutto bianco, tutto puro, candido, conuna mente che appaia vuota, in uno stato d’animo analogo a quello del co-municando che s’avvicina alla Sacra Mensa. Evidentemente bisogna ave-re dietro di sé tutta la proprio esperienza acquisita e aver saputo conser-vare la freschezza dell’istinto.
Se credo in Dio? Sì, mentre lavoro. Quando sono sottomesso e mode-sto, mi sento talmente aiutato da qualcuno che mi fa fare cose che vannooltre me stesso. Però non sento verso di Lui nessuna riconoscenza, perchéè come se mi trovassi davanti a un prestidigitatore di cui non riesco a ca-pire i trucchi. Mi ritrovo allora frustrato del beneficio dell’esperienza chedoveva essere la ricompensa del mio sforzo. Sono ingrato senza rimorso.
Giovani pittori, pittori incompresi o capiti troppo tardi, nessun Odio.L’odio è un parassita che divora tutto. Non si costruisce nell’odio ma nel-l’amore. L’emulazione è necessaria, ma l’odio... L’amore invece sostienel’artista. «L’amore è qualcosa di grande, un bene immenso, che da solopuò rendere leggero ciò che è pesante e fa sopportare con animo ugualeciò che è ineguale. Perché porta il peso senza farne un fardello e rende dol-ce e gradevole tutto ciò che è amaro».
Traduzione italiana tratta dal volume allegato al facsimile Intorno a Jazz di Matisse © Electa 2012
La verità nell’arteè non capire ciò che si fa
HENRI MATISSE
LE IMMAGINI
Illustrano queste pagine disegni
e testi manoscritti di Matisse
dal libro Henri Matisse. JazzDall’alto, Il clown, Il circo, Il funerale di Pierrot, Il cavallo, il cavaliere e il clown. Nella pagina accanto,
Il mangiatore di spade e, sopra, Henri Matisse
IL LIBRO
Uscirà a metà ottobre Jazzdi Henri Matisse, uno dei libri d’arte
più originali e importanti di tutto
il Novecento. Uscito a Parigi
nel 1947 da Tériade in un’edizione
limitata di 250 copie, lo pubblica
per la prima volta in Italia Electa
in accordo con la Fondazione
Matisse in una preziosa edizione
fac-simile a tiratura limitata
(152 pagine, quartini sciolti
e libro di 48 pagine, 299 euro)
con contributi di Corrado Mingardi
e Francesco Poli. Le immagini
di queste pagine e il testo firmato
da Matisse sono tratti dal libro
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“Luigi, vecchio mio”: così il grande attore italianoscriveva all’amico e regista. “Ti prego, non parlarecon nessuno delle mie idee”. Dopo sessant’anniriemerge una lettera su Shakespeare,sul “cosmo incomunicabile”, “la vasellina intellettuale”,“l’agire o non essere”, “l’umanità dannata dalla nascita”
SpettacoliIl mondo è teatro
Vecchio mio; eccoti laprima e fondamentalerelazione sulle mieidee e conclusioni aproposito di Amleto.Come ti dissi a Roma,
ho iniziato il lavoro concentrandomisulla mia parte, pensando a ragioniche da essa si sarebbe irradiata unasufficiente chiarezza sugli altri aspet-ti dell’opera. Vorrei che tu mi rispon-dessi le tue impressioni e — una voltad’accordo sul mio ruolo — ci si scam-biassero i reciproci piani di regia escenografia. A proposito di quest’ul-tima, bisognerà prima sapere se dob-biamo e vogliamo mantenere o scar-tare l’impostazione elisabettiana: og-gi come oggi — ti confesso — il pro-blema scenico mi trova assolutamen-te neutro, il che è un buon segno ri-guardo al lavoro svolto sulpersonaggio. E sempre più mi con-vinco che Amleto è tragedia di altissi-ma portata filosofica e che la scenamigliore sarebbe la più semplice, lameno invadente e macchinosa. Qua-le dunque? Ti lascio completa libertàdi decisione su questo punto, ma vor-rei sapere al più presto e avere unatraccia, una pianta per poter lavoraresul quadro generale dello spettacolo.
Veniamo al principe Amleto. [...] È[...] mia intenzione arrivare a una in-terpretazione, non assoluta (che sa-rebbe assurdo perseguire in Amleto)ma coerente all’estremo, e chiara-mente avvertibile in ogni dirottamen-to. A tale scopo ho radunato quantopiù materiale potevo nell’intento di ri-cavare una condotta univoca (quellache nel non mai abbastanza lodato
teatro greco deriva prepotente dal te-sto stesso, a chi lo sa leggere sul serio)da una serie di opinioni altrui. [...]
Chi mi ha portato, se non aiuto con-creto, almeno benefici dubbi, è Lau-ghton, con cui ho passato un pome-riggio indimenticabile: a casa sua, inpiscina anzi, fra un rutto e l’altro e be-vendo champagne. Il grasso Charlieha idee così vaste e giuste su Shake-speare che, per così dire, non ne hanessuna. Nel senso che tutto il suoesaminare verte sulla parte spirituale,filosofica dei testi, con un disprezzodell’aspetto esteriore, financo del va-lore teatrale, assolutamente inaspet-tato ed elettrizzante in un mostro ditecnica e di istituto quale è lui. [...] Inaltre parole pensa a una lettura più chea uno spettacolo; a un dialogo strettofra Shakespeare (non Amleto) e lospettatore, in un clima di assolutaastrazione. Quanto al personaggio, lovorrebbe identificare con una speciedi messia del pensiero, di un pensieronuovo che l’ha folgorato. [...]
Strano a dirsi, Laughton non ha sa-puto — o voluto — darmi nessun pare-re sull’attuazione di questa linea, e unavolta iniziato lo studio sul testo, ho ca-pito il perché. Amleto è un’opera cir-colare, inesauribile, fitta di prodigiosierrori che continuamente l’autore ri-scatta con una più fulgida impennatadella fantasia o del ragionamento o delsentimento, ma che mettono a malpartito la coerenza di un critico o di uninterprete. Dallo schema che ti passovedrai che tale coerenza ho raggiunto,ma con una serie delicatissima di astu-zie, badando bene a non compierel’errore classico, cioè il tentativo disemplificare ma anzi seguendo conlarghezza le grandi curve del testo, le
sue insenature, i suoi trabocchetti(coadiuvato in questo dalla tua magni-fica, austera traduzione).
Il punto su cui mi sono accanito èquesto: accettata l’opera come unatragedia di pensiero, accettato comenucleo del dramma di Amleto la sua in-capacità d’azione e il perenne conflit-to acceso in lui fra pensare ed agire,qual è, a suo giudizio, il termine mi-gliore, l’azione o il pensiero?
E ho paura che qui ci troviamo difronte alla nostra prima discordanza,l’unica degna di nota. Infatti l’accentoche tu brillantemente vuoi porre sulpassaggio di Fortebraccio mi fa pensa-re a una tua propensione per il mondoconcreto che implacabile si agita at-torno a Amleto e che, più forte di lui,giustamente lo avvilisce e lo schiaccia.Questo distruggerebbe ogni possibilecoerenza nella linea che vorrei adotta-re per il personaggio. L’unico modo diportarlo integro fino alla fine è di fargliodiare l’azione dal primo all’ultimoistante. Amleto è un intellettuale, piùancora, è recintato in un suo mondointerno dove è invulnerabile, non harapporti con l’esterno. E se riusciamoa farlo passare lungo i cento muta-menti della vicenda per sola spinta diintelletto credo avremo raggiunto ilvero scopo del nostro sforzo.
Procediamo per ordine, scena perscena, seguendo per ora il solo Amle-to. Premessa generale, tecnica: Amle-to è un corpo inerte (gli muoverò lebraccia a ogni morte di Papa, o di Polo-nio) con una testa mobilissima. Qual-cosa in lui mi fa pensare a una paralisibenevola, che affiochisce le membra eaguzza la fiamma della mente. Trovia-mo, all’inizio, un Amleto triste sì magià placato del vero e proprio dolore:
una delle sue cento macchine protetti-ve ha già inserito fra il suo cuore e il lut-to del padre una paratia di lenimenti, digiri fantastici, di vasellina intellettuale.Già il dolore si è fatto nostalgia.
Né il rapido matrimonio della ma-dre lo scuote e schifa quanto vorrebbefar sembrare. Inizio pacatissimo quin-di, e scarsa animosità, con la madre an-zi gentilezza istintiva. Rimasto solo, ilmonologo è solo un tentativo di susci-tare in se stesso sentimenti che do-vrebbero sorgere spontaneamente:freddo, logico, pieno di domande reto-riche, di infingimenti dialettici («devoricordare?» imprecazioni stanche, afreddo, ecc.)
Arrivano gli amici: ecco una mollache lo vivifica. L’amicizia è pane da in-tellettuali, non poggia (come dice loSquarzina) su un vincolo, che è natura,ma su una scelta. Amleto ha stermina-ta capacità di amicizia. Ma quando glidicono dello spettro, il cervello, e la vo-glia di evitar guai, lo muovono all’in-credulità. Sfotte quasi Orazio e si pre-sta all’esperimento come a un nuovofantastico giuoco. Tanto che, sulla tor-re, all’inizio, conversa con una certaleggerezza sugli usi nazionali e altregeneralità nient’affatto esoteriche. Malo spettro appare. E Amleto ha una pri-ma grande scossa: ma, badiamo, ner-vosa e intellettuale, non sentimentale.«Spirito di bene o folletto dannato» in-
VITTORIO GASSMAN
Io e il principe Amleto
GUIDO ANDRUETTO
Autore, drammaturgo, regista estudioso tra i più influenti delteatro italiano del Novecento,
Luigi Squarzina è stato uno degli arte-fici, con Giorgio Strehler e Luchino Vi-sconti, della rinascita della regia nelnostro paese negli anni dell’antifasci-smo e del dopoguerra. La sua lungacarriera, dalla fondazione del Teatrod’arte italiano con Vittorio Gassmanall’inizio degli anni Cinquanta, fino al-la direzione tra gli anni Settanta e Ot-tanta del Teatro Stabile di Genova e delTeatro di Roma, passando per la tra-sposizione teatrale di romanzi comeGli indifferenti di Moravia o La co-scienza di Zeno di Svevo, verrà riper-corsa, a due anni dalla scomparsa diSquarzina, in un convegno interna-zionale.
A ospitarlo, dal primo al 6 ottobre,sarà la Fondazione Giorgio Cini, sull’I-
sola di San Giorgio Maggiore a Vene-zia, sede del Centro studi per la ricercadocumentale sul teatro e il melodram-ma europeo, dove è custodita la bi-blioteca personale del regista romano,donata di recente alla Cini dalla mo-glie Silvia Danesi. Una collezione cheinclude, fra i tanti pezzi rari, alcunecentinaia di scritti di Squarzina, unaricca bibliografia su e di Shakespeare eil teatro elisabettiano, oltre a numero-si volumi su Goldoni, Brecht, Piran-dello, e una preziosa raccolta delleopere di Feydeau. Nell’ambito delconvegno che la fondazione organiz-za con l’Accademia nazionale dei Lin-cei, poi, uno spazio di rilievo sarà riser-vato al sodalizio fra Squarzina e Gas-sman, che insieme allestirono nel ’52un Amleto in versione integrale: a que-sto fa riferimento la lettera inedita del-l’attore (di cui pubblichiamo un
estratto in queste pagine), finora con-servata presso l’Archivio Squarzinadella Fondazione Istituto Gramsci diRoma, che verrà letta per la prima vol-ta in pubblico il 5 ottobre a Venezia, daPaola Gassman e Ugo Pagliai, a intro-duzione dell’ascolto di brani dell’Am-letonella registrazione audio della Rai.Dal primo ottobre nella Sala dell’Anti-tesoro della fondazione sarà anchepossibile ascoltare le registrazioni einterviste che Squarzina ha rilasciatonegli anni e visionare alcuni video deisuoi spettacoli, mentre dal 4 al 6 otto-bre si terranno le conferenze di stu-diosi e critici di teatro (fra questi, Ma-ria Ida Biggi, Guido Davico Bonino,Masolino d’Amico e Lina Bolzoni), af-fiancate dalle letture fra gli altri diGiorgio Albertazzi, Ottavia Piccolo,Luca Ronconi e Tullio Solenghi.
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In un convegnoi tesori nascosti
di Squarzina
Gassman
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dica la paura di essere mistificato;«questionabile» è la parola giusta;«non mi lasciare nell’ignoranza» è ilterzo punto. Amleto è eccitato dal gio-co, dal mistero. [...]
Racconto del padre (che a mio avvi-so va fatto con la mia stessa voce, inci-sa); e le reazioni di Amleto, ancora unavolta, sono smorzate, intime: c’è lasoddisfazione di trovar confermati i
suoi sospetti, il lavorio della sua men-te. È un dialogo biascicato fra il padree Amleto, praticamente un monolo-go. E finalmente Amleto ha la sua pri-ma defaillance emotiva: è stanco, hafreddo, si è eccitato oltre misura; unavena di pazzia vera si affaccia un istan-te; egli la domina («voi, miei nervi, te-netemi») ma è bastata a suggerirgli latattica della follia falsa.
Ma di che parla, ora Amleto? Di libri.Proprio nel momento in cui si illude divotarsi all’azione: cancellerò le massi-me di tutti i libri e solo il tuo comandovivrà nel libro del mio cervello. Luinon ancora, ma noi già sappiamo cheun’azione vera, pura, gli è proibita danatura.
Tornano gli amici; il suo fermo pro-posito di tacere crolla subito di frontealla tentazione del racconto, e pratica-mente, dice tutto. E — tenerissima an-notazione — esprimendo la sua fidu-cia nel loro appoggio, non sottolinea illoro valore, ma la loro cultura. Tutti i ri-ferimenti e giuramenti sulla spada so-no ironici, a mio parere. L’ultima bat-tuta ci dà la chiave intera: brutta sorteche io debba essere nato a mettere or-dine. Non gli va proprio.
Qui abbiamo un lungo intervallosenza Amleto. Che fa nel frattempo?Che ha da fare? Pensa. Soppesa l’appa-rizione, la valuta, tenta sotto sotto di di-struggere l’evidenza, si risolve final-mente a un compromesso: agirò, oh seagirò, quando avrò maggiori prove.Pianifica dunque il tutto; studia il tipodi pazzia da adottare, e decide di sgom-brare l’animo da ogni altra cura. A que-sto punto devo compiere il primo sacri-ficio, Ofelia: l’amore di Amleto per Ofe-lia è vero e sincero, violento anzi; ma èamore di intellettuale, può essere can-cellato per forza di intelletto. Amleto sadi essere ormai agganciato a un destinotragico, sa che Ofelia verrebbe implica-ta in esso, ma soprattutto che gli sareb-be d’impaccio. E se ne libera, sia purecon dolore, nella famosa scena muta dicui parla Ofelia (e che era, fra parentesi,
una delle poche cose buone del film diOlivier). Nota: tale scena è scambiatada Polonio e dagli altri per uno, e il prin-cipale, degli atti di follia di Amleto; ed èinvece l’unica in cui egli ha agito co-scientemente e senza finzione.
Comunque, quando lo rincontria-mo, Amleto è un uomo felice: si sta go-dendo questa fase, la fase dell’intrigo,del gioco psicologico, dello scandaglio,della sospensione, della provvisorietà,con tutto il suo edonismo di intellet-tuale impotente. Ecco perché così benegli riesce il motteggiare con Polonio econ gli altri. Cominciano però le disillu-sioni. Rosencrantz e Guildenstern,commoventissima scena dell’amiciziadelusa; tradita. E Amleto si fa più ama-ro, il suo motteggiare più aspro.
Ingresso di comici; il monologo reci-tato dell’attore è una frustata di rim-provero, di incitamento a troncare ilpiacere dell’attesa; ma — fondamenta-le — il “monologo di Ecuba” non è af-fatto basato sul disgusto per se stesso ela propria inazione (atteggiamento chetroveremo nella seconda parte), ma èuna fitta, capziosa indagine che Amle-to fa di se stesso, decidendo alla fine cheha ragione di aspettare ancora e pre-tendere un’altra prova: tale è la ripu-gnanza all’azione, tale l’agilità con cui ilsuo cervello gli tura le falle della co-scienza. Per me — assumendo che que-sta progressione di Amleto da noi scel-ta è la giusta — sta qui il più chiaro erro-re di Shakespeare: un errore di gradua-zione, un anticipare eccessivamente lapiena dell’autodisgusto in Amleto.
Forzeremo dunque ai nostri scopi ilmonologo di Ecuba, che — come ho
gioiosamente scoperto e provato — sipresta a un meraviglioso doppio dialo-go interno (mi ricorda Riccardo III, inaltro clima): due voci, A e B. A è la vocedell’azione, diciamo. B quella dell’ina-zione, del pensiero che non si scalda amorti di padri, che vuole altro, altri piùprofondi e rarefatti legami, che ha tem-po e pazienza di natura superiore. [...]
E fra questo monologo e To be or notto be non c’è soluzione: Amleto esce erientra nello stesso stato d’animo, conlo stesso gesto. E essere o non essere è,credimi, importante, indispensabile, aquesto momento. Il divario non è tan-to fra vivere e morire, quanto fra esserein un determinato modo (come è lui) oin un altro (come le circostanze lo vor-rebbero); fra i due termini è il vuoto, ilsilenzio; non c’è rapporto né collega-mento.
È qui che mi piace localizzare il pri-mo folgoramento di Amleto: un’idea sifa luce in lui, un’idea vaga, vuota, ster-minatamente tragica, di un cosmo in-comunicabile, di un’umanità dannatafin dall’istante della nascita. Monolo-go altissimo, dunque, ma anche dina-micamente utile all’opera, perché an-che stavolta la conclusione di Amleto èin favore dell’inerzia, di un generale di-stacco. [...]
Per favore, conservami questa lungalettera di appunti su Amleto; non cre-do mi servirà più, ma non si sa mai. E, tiprego, non parlare con nessuno dellemie, né delle tue idee a proposito dinessun lavoro.
Ti abbraccio,Vittorio
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I DOCUMENTI
A sinistra, la lettera
scritta da Vittorio
Gassman
a Luigi Squarzina
Nelle immagini,
l’attore in tre momenti
dell’Amleto del 1952
con la regia
dello stesso Gassman
e di Squarzina;
sotto, la locandina
dello spettacolo
andato in scena
dal 26 novembre 1952
al Teatro Valle
di Roma
Nell’altra pagina
in basso a sinistra,
un’illustrazione
di Amleto
dei fratelli
Beggarstaff
del 1894
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rivoluzione è già in corso e ruota at-torno all’impronta genetica, il dna.Spesso risolutivo, a volte ingannevole.Oggi si estrae anche da microscopiche mo-lecole rinvenute a distanza di anni. Ma è inutilese non lo si riesce a confrontare con il dna di unaltro individuo. Un team di ricercatori olandesiperò ha messo a punto Irisplex, un kit che per-mette di determinare dal campione biologico ilcolore degli occhi o dei capelli della persona, conuna accuratezza del 94 per cento. Non ancorasufficiente per diventare prova davanti a unacorte d’Assise italiana ma utilissimo come spun-to per le indagini. L’Fbi lo sta già usando, nelleforme sperimentate con la Georgetown Univer-sity. Arriverà anche in Italia. «Sapere che l’assas-sino ha gli occhi azzurri — ragiona il colonnelloLuigi Ripani, comandante del Ris dei Carabinie-ri di Roma — quando la maggior parte degli ita-liani li ha marrone è un bell’aiuto. Col tempoavremo altri dettagli sulla morfologia facciale, la
NextCasi aperti
Banche dati con il dna, algoritmi che prevedono le mosse di colpevoli ancora in libertà, software per ricostruireparticolari sfuggiti alle telecamere. Le indaginidel futuro saranno sempre più “digitali” I nuovi detective diventeranno un po’ scienziati e un po’ hacker
Dai campioni di dna
si potrà ricavare
il colore dei capelli
e degli occhi
della persona
colpevole di delitto
l futuro per lei sarà noioso, caro Sherlock Hol-mes. Quell’arte deduttiva di interpretare le ormedi cui tanto è fornito sarà sempre meno arte esempre più scienza esatta, alla portata di tutti gliWatson del mondo. Tra qualche anno, prima diquanto si immagini, le impronte digitali rinve-nute sugli oggetti saranno databili, le telecame-re di sorveglianza vedranno quello che non ve-dono, il dna parlerà ai detective. Dalla più minu-scola traccia biologica sapremo se l’assassino hail naso lungo o piccolo, gli occhi chiari o i capelliscuri. Nella cassetta degli attrezzi del poliziottospunteranno misteriosi algoritmi per simularela mente criminale. E il delitto perfetto diventeràuna specie a rischio estinzione.
L’investigatore di domani sarà così: logico,digitale, un po’ scienziato e molto hacker, in gra-do di trovare il bandolo della smisurata matassadi informazioni che si troverà a gestire. La prima
FABIO TONACCI
ANALISIDEL DNA
I
Nel 2013 nascerà
in Italia la banca
dati del dna
con i profili genetici
di detenuti,
condannati e indagati
BANCA DATIGENETICA
Polizia 2.0, addio delitto perfetto
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Tutto quello che vedevamo nei film di James Bond vent’anni fa si è avveratoLa sfida per le istituzioni sarà ampliare i database rispettando la privacy dei cittadini‘‘
Rosanna Colonna
Polizia Scientifica
forma del naso, della bocca e delle orecchie. Maguai a lasciare da parte l’intuito».
Un altro bel vantaggio per i detective sarà l’i-stituzione, nel 2013, della prima banca naziona-le del dna presso il Dipartimento della Ammini-strazione Penitenziaria del ministero della Giu-stizia. La prevede il Trattato di Prun, firmato nel2005 con Germania, Spagna, Francia, Paesi Bas-si e Austria. Saranno raccolti con tamponi buc-cali i profili genetici di tutta la popolazione car-ceraria (più di 60 mila individui), dei soggetti ar-restati in flagranza o fermati, di chi è stato con-dannato in via definitiva e anche degli indagatisottoposti a custodia cautelare nelle indaginiper omicidio, terrorismo, mafia. Un archivioenorme che diventerà patrimonio comune deipaesi aderenti al Trattato. Anche un’arma a dop-pio taglio, a ben vedere, da maneggiare con cu-ra. Può sì aiutare a individuare un assassino inpoche ore attraverso il confronto dei campioni,ma deve essere gestito con le più solide garanzie
a salvaguardia della privacy perché si tratta didati sensibili, utilizzabili esclusivamente a finiidentificativi. «La vera sfida per noi sarà proprioquesta — spiega Rosanna Colonna, direttoredella Prima Divisione del Servizio di PoliziaScientifica — coniugare le tecniche classiched’indagine con quelle scientifiche di ultima ge-nerazione, il pedinamento e l’interrogatoriovecchio stile con l’uso delle banche dati mon-diali. Del resto tutto quello che vedevamo neifilm di James Bond vent’anni fa si è avverato. Lasfida per le istituzioni sarà ampliare i database ri-spettando la privacy dei cittadini».
La tentazione di riempire gli archivi digitalicon quante più informazioni si riesce a reperiresulla popolazione è sempre stata forte per i cac-ciatori di ombre, per chi cioè è chiamato a trova-re assassini senza nome e senza volto. E non so-lo per loro. Al dottor José Lorente, genetista fo-rense, è venuto in mente nel 2004 di creare a Gra-nada la Dna-Prokids, una fondazione che rac-
coglie il dna dei genitori di bambini scomparsi.Ha convinto 16 paesi a partecipare, tra cui India,Perù e Brasile. Con la Dna-Prokids è riuscito a re-stituire 550 ragazzi alle famiglie e a bloccare 200adozioni illegali.Ma il futuro più suggestivo si in-contra ancora una volta là, nell’universo paral-lelo delle realtà digitali. Esperti di mezzo mondosono chini sulle tastiere per tradurre in formulamatematica l’istinto criminale, così da preve-derne le mosse. Il geographic profiling è una la-ma che si affila giorno dopo giorno. Si basa sul-l’algoritmo Rossmo, dal nome del suo invento-re, il criminologo canadese Kim Rossmo. Inse-rendo centinaia di dati sulle caratteristiche di unluogo e sulle zone dove ha colpito il violentatoreo l’omicida seriale, il computer indica con unagrado di precisione arrivato oggi al 30-40 percento dove risiede, quale vie di fuga utilizza, do-ve potrebbe agire ancora. In Italia è servito percatturare lo stupratore di Genova, nel 2006.
I software dunque rappresentano una fron-
tiera. La Polizia di Stato usa il Sesc, programmache trova le analogie nelle scene di delitti. Il nu-cleo investigativo dei Carabinieri utilizza il Laserscanner per ricostruirle in 3D. E tutti speranoche si sviluppi (ma qualcosa è già in fase di spe-rimentazione) un’applicazione per creare pixeldove non ci sono. Si potrebbe così aumentare ladefinizione dei filmati girati da milioni di teleca-mere sparse nelle strade e addirittura completa-re i volti che non si vedono. Potenza occulta de-gli algoritmi. «Internet sarà sempre di più il ter-reno dove si rincorreranno guardie e ladri —profetizza Gerardo Costabile, presidente dell’Ii-sfa, prima associazione in Italia sulla informati-ca forense — le intercettazioni telematiche bu-cheranno le residue aree anonime della rete, co-me ad esempio Tor. E con il web 3.0 ogni ogget-to avrà un ip in rete, seguendo quello sarà facil-mente rintracciabile dovunque esso sia. E così ilsuo proprietario». Elementare, Holmes.
GLOSSARIO
È il kit sviluppato in Olanda
che permette alle polizie
di estrarre dalle tracce
biologiche il colore di occhi
e capelli di una persona
Irisplex
Il Trattato di Prun del 2005
prevede l’istituzione
di database del dna
tra 8 paesi europei. Nel 2013
nascerà quello italiano
Prun
È il software in uso
alla Polizia che permette
di comparare una scena
del crimine con casi
precedenti simili
Sasc
Il canadese Kim Rossmo
ha inventato l’algoritmo
su cui si basa il geographicprofiling per prevedere
le mosse dei serial killer
Rossmo
Uno dei software oggi
più all’avanguardia
per aumentare la definizione
dei filmati digitali ripresi
con telecamere
Amped
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ci saranno software
per aumentare
la definizione
di un filmato
e ricostruire dettagli
non visibili nel video
RICOSTRUZIONE DEI PIXEL
Tra qualche anno
sarà possibile datare
le impronte digitali
studiando il grado
di decadimento
di aminoacidi e lipidi
Ci saranno software
sempre più precisi
per ricostruire
la scena del crimine
in 3D e per trovare
analogie con altri casi
SCENADEL CRIMINE
Dall’analisi dei posti
dove agisce un serial
killer si può scoprire
la zona dove vive
con un margine
di precisione del 40%
GEOGRAPHICPROFILING
DATAZIONE DELLE IMPRONTE
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA■ 48
DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
La cucina e il suo doppio. Poche regioni riempionola scena culinaria stagione dopo stagione, offren-do il meglio di mare&monti, come sa fare l’Abruz-zo. Finita la stagione dei tramonti estivi sui traboc-chi — le storiche palafitte dei pescatori con annes-sa super padella di ferro dove trasformare d’amblé
il pescato di paranza in fritto memorabile — la costa adriaticaevapora con i primi brividi d’autunno. Ma è sufficiente sostitui-re le infradito con un paio di sneaker, indossare jeans e felpa perentrare nell’atmosfera incantata dei parchi che abitano l’interadorsale della regione, tra pascoli intatti, boschi poderosi e laghiche sembrerebbero alpini, se ad alzare lo sguardo l’orizzontenon picchiasse giù nel mare.
Non è solo questione di altitudine. Esiste uno specifico geo-grafico che va ben al di là dell’agricoltura di montagna, anco-rando le vallate alle tradizioni culinarie e alla sapienzialità con-tadina dei loro abitanti. Nei parchi d’Abruzzo, per esempio, lepecore sono di razza Sopravvissana, buone per mangiare e ve-stirsi, i cereali sono piccoli e soavi, le erbe ruvide e sfrontate. Per-fino i cinghiali sono rimasti quelli antichi, di stazza ridotta e mo-deratamente prolifici, al contrario di quelli importati clandesti-namente dai bracconieri dall’Est per alimentare una malsanaidea della caccia, grandi e aggressivi, che stanno devastando vi-gneti e colture dal Veneto alla Toscana.
A salvaguardia di questa enclave benedetta, sospesa fra terri-torio e gastronomia, l’alleanza virtuosa di cuochi e produttori,che garantisce rispetto della stagionalità e sapori intatti, giusteremunerazioni e fortificazione delle microeconomie locali,contribuendo a fare della cucina dei parchi d’Abruzzo una del-le più ricche e articolate della gastronomia regionale italiana.
Il patto di mutuo soccorso ha trovato nei cuochi di nuova ge-nerazione una spinta in più, come ben testimoniano le due stel-le Michelin attribuite al trentasettenne Niko Romito quandoancora cucinava nel suo locale-bomboniera a Rivisondoli.Completato il recupero di un monastero del Cinquecento in valdi Sangro utilizzando pietra antica, legno e cera d’api, oggi Ro-mito affianca al ristorante gourmand, gestito con la sorella-sommelier Cristiana, un frutteto sperimentale, un orto biologi-co, le arnie per le api e una scuola di cucina a 360 gradi, dove simischiano tecniche iperprofessionali e incontri ad alta valenzaalimentare, con allevatori, fornai, casari, erboristi e norcini fi-nalmente in passerella.
Dopo aver sognato con il gel di vitello, porcini, mandorle, ti-mo e tartufo nero, il baccalà ai peperoni arrostiti e rosmarino oil torcinello d’agnello con friggitelli, organizzate una gita nei bo-schi a ridosso del Lago di Barrea. Le guardie forestali vi guide-ranno nel cuore segreto del parco, dove in questi giorni i cervicelebrano la stagione degli amori tra bramiti possenti e lotte ri-tuali. Portate con voi un vassoietto di fiadoni (rustici al formag-gio di pascolo) in caso di languori improvvisi.
Pecore di razza e piccoli cereali, formaggi di pascoloe miele di bosco. Il parco del Gran Sassoregala una cucina tra le più ricche d’ItaliaE proprio in questo periodo offre il meglio di sé
Il primo gusto d’autunno
Genziana
Si sfruttano le radici carnose,
lavate, asciugate e messe
in infusione alcolica fredda
per farne un ottimo digestivo
AgnelloSopravvissanaDerivato dall’incrocio tra la pecora
Vissana e i montoni spagnoli
Merinos, vanta la triplice attitudine:
carne, latte e lana. Tutti eccellenti
ArrosticiniAntico piatto dei pastori abruzzesi
i tipici spiedini di agnello cotti
alla brace, con coriandolo. La carne
va tagliata a cubetti di un centimetro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Miele di boscoLavorazione a freddo e centrifuga
per preservare l’aroma delle piante
madri. Tra i gusti: melata di quercia,
lupinella, stregonia e rododendro
Ricotta di stazzoSi produce in estate nei ricoveri
di montagna — stazzi — a partire
dal siero di latte crudo di pecora
Latte, sale e limone per la giuncata
LenticchiaS. Stefano SessanioPiccola, scura, rugosa e saporita,
protetta da un Presidio Slow Food,
si coltiva in terreni aridi, sopra i 1200
metri. Cottura veloce, senza ammollo
PastoraleAbruzzod’
LICIA GRANELLO
Cambio di stagioneI sapori
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ANTONIO GNOLI
Le costoletteamate dal Vate
Zuppa di cascignie fagioliFoglie del tarassaco sbollentate
e soffritte, unite nel coccio ai borlotti
antichi della Maiella lessati. A fine
cottura olio e pizza di randinie (mais)
Chitarracon pallottineTagliolini a sezione quadrata, conditi
con salsa di pomodoro arricchita
da polpettine d’agnello lavorate
con noce moscata e fritte nel burro
Pecora al cotturoVerdure di campo tritate e rosolate
nel paiolo. Si aggiungono i pezzi
di carne bolliti togliendo la schiuma
Lunga cottura e pomodori alla fine
Maiale cif e ciafRitagli della lavorazione del maiale
(lombatina, costine, etc.) soffritti
con peperoncino, rosmarino
e aglio, sfumando con vino rosso
Mostaccioli
Farina, uova, zucchero, olio, cannella,
cioccolato fondente fuso e mandorle
sbriciolate, impastati e ritagliati
in rombi. Glassa di albume e zucchero
LA RICETTA
Angela Tinari
gestisce
col marito
Peppino
il relais
Villa Maiella
di Guardiagrele,
nel cuore
del parco
della Maiella
Nella sua cucina
brillano
tradizione
e materie prime
Ecco la ricetta
ideata
per i lettori
di Repubblica
Ingredienti per 4 persone
0,75 l Rosso di Montepulciano
300 gr di semola di grano duro grezzo
200 gr di farina 00, 5 uova intere
500 gr di polpa di cinghiale
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
100 ml di cognac, brodo vegetale
Olio extravergine,1 rametto di salvia
Cioccolato fondente aromatico
2 coste di sedano, 1 carota
2 cipolle
2 spicchi di aglio
20 grani di pepe
5 bacche di ginepro
5 rametti di prezzemolo
1 foglia di alloro
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Gli indirizzi
DOVE DORMIRE
SEXTANTIO ALBERGO
DIFFUSO
Via Principe Umberto
Santo Stefano di SessanioTel. 0862-89912
Doppia da 140 euro
colazione inclusa
RELAIS VILLA
DRAGONETTI
DE TORRES
Via Oberdan 4
PaganicaTel. 0862-680222
Doppia da 150 euro
colazione inclusa
VILLA MON REPOS
Via Santa Lucia 1
PescasseroliTel. 0863-912858
Doppia da 60 euro
colazione inclusa
DOVE MANGIARE
REALE DI CASADONNA
Contrada S. Liberata
Castel di SangroTel. 0864-69382
Chiuso lunedì e martedì
menù da 70 euro
LA POIANA
Località La Gravara
BarreaTel. 0864-88106
Sempre aperto
menù da 30 euro
LA CORNIOLA
Via dei Maestri Lombardi
PescocostanzoTel. 0864-642470
Chiuso martedì
menù da 40 euro
DOVE COMPRARE
CASEIFICIO
CIANFLOCCA
Via Case Sparse
Castel di SangroTel. 0864-845308
NORCINERIA
DE PAULIS
Via Fioretta 1
PaganicaTel. 0862-68422
LE GOLOSE
TENTAZIONI
Piazza del Municipio
Rocca di MezzoTel. 348-2538436
Mia nonna Antonietta, che era di Silvi Marina, in cer-te invernali giornate di festa preparava il timpanodi maccheroni. Era un piatto sontuoso del Sud, do-
ve la pazienza della realizzazione annullava il senso deltempo. Anni dopo vidi Big Night. Il film era la storia di duefratelli finiti in America a gestire un ristorante di scarso suc-cesso. Colpiva che il regista avesse scelto l’abruzzese comedialetto e che il cuoco riponesse tutta la sua abilità creativaproprio in un timpano di maccheroni da realizzare comel’ultima grande sfida contro la banalizzazione del cibo.
L’Abruzzo fu una fertile terra di cuochi. Costretti spessoa emigrare perché spinti dalle scarse opportunità. La lette-ratura sembrò riflettere il contrasto fra una tradizione diprim’ordine e la difficoltà nel conservarla. In Fontamara,storia di cafoni irretiti e gabbati, Ignazio Silone descrisse glieffetti della povertà marsicana. I nomi di certi protagonisti— come il prete ubriacone e ingannatore don Abbacchio —evocavano fantasie corrotte. Alimentando l’indignazionecontro quei pochi ricchi, come don Magna, nella cui cuci-na «pendevano prosciutti, salami, salsicce, vesciche distrutto, fitte corone di sorbe, di agli, di cipolle, di funghi. Sultavolo era un mezzo agnello sanguinante e dai fornelli ve-niva un buon odore da svenire».
Silone fu l’esatto opposto di D’Annunzio, nel cui Vitto-riale — ancora avvolto dalla memoria di lirici pastori — Al-bina, la santa cuciniera, preparava costolette e cannellonidi cui il Vate era particolarmente ghiotto. Molto più prosai-co e ironico l’atteggiamento di Ennio Flaiano, che detesta-va le cene in piedi. A Roma svernò a lungo sulle tovaglie dicarta di Cesaretto. E in una sera di estro burlone scrisse suuna di esse: «Tra una coscia di pollo e la gloria, da Cesaret-to aspetto la cicoria».
A tavola
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Sfoglia grezza al ragù di cinghiale e cioccolato
Tagliare a cubetti la carne, marinarla
in frigo per una notte con sedano, carota,
cipolla, aromi e vino. Scolarla, salarla
e rosolarla, poi aggiungere le verdure
della marinata tritate (tranne ginepro, pepe,
alloro e aglio). Una volta “sudate”, dentro
pomodoro e cognac lasciando evaporare,
aggiungere il vino. Poi due ore e mezza di
cottura lenta aggiungendo il brodo. Farina,
uovo e sale per la pasta, da far riposare
mezz’ora in pellicola. Stendere tagliando
in rettangoli di 8 cm x10 e cuocere in acqua
salata Spadellare con la salsa. Nei piatti,
pezzetti di cinghiale e cioccolato grattugiato
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Ha esordito con Hitchcock, è stata la musa di Billy Wilder in classici della commedia,ma ha vinto l’Oscarfacendo piangere tutti con “Vogliadi tenerezza”. A 78 anni ha un’agenda
più fitta di tante giovanistar. Recita con JuliaRoberts, è una perfidasuocera nella serie“Downton Abbey” e dice: “Adoro
interpretare vecchieirascibili perché nella vitasono troppo saggia”
PARIGI
«Non c’è grandedifferenza trala realtà inven-tata del cinema
e quella delle nostre vite. È semprefrutto della nostra immaginazione. Lescelte esistenziali sono soggetti di stu-dio proprio attraenti, no?» SorrideShirley MacLaine. Sorriso d’altra epo-ca — cinematografica — più lieve epungente, venata di rassegnate mali-zie. Compressa in un’incredibile giac-china di lustrini, la diva Usa, 78 annitutti frizzanti, sorella maggiore di War-ren Beatty («molto maggiore», ammic-ca, forse con unico richiamo ai tre an-ni di differenza), assesta i suoi colpettidi humour a ogni argomento o perso-na che sfiora, inclusa se stessa. Sul ci-nema francese, da lei lambito più vol-te in decenni di set, si limita a osserva-re che «quelli che ho amato sono mor-ti. O in pensione. O hanno cinque o seibimbi da accudire».
Dietro la risata traspare in filigranala sua celebre battuta in Can-Can, ilmusical del ’60 con Frank Sinatra eMaurice Chevalier: «Il peccato non èstato inventato a Montmartre: vi è sta-to solo perfezionato». Dei sei-settefilm ora in agenda (più fitta di quella diKristen Stewart e delle tante neo-di-vette del momento) alcuni, comeMother Goose! (in cui sarà la MammaOca della fiaba), faranno tappa proba-bile in Francia, dove l’anno scorso la
Cinémathèque Française de Paris e ilFestival du Cinéma Américain diDeauville l’hanno onorata con trofeicome la Legion d’onore e retrospetti-ve: quasi un “Improvvisamente, Hol-lywood scorsa”, tra i lampi ricono-scenti dell’incantevole fessura asiati-ca dei suoi occhi, lei con accanto LeslieCaron, l’amica coetanea venuta a fe-steggiarla. Due corpicini rimpicciolitidal tempo, tenero quadretto virato inseppia dell’America remota del musi-cal e della sophisticated comedy: figliedel cinema, storia del cinema.
Peperina, iperattiva, un libro in usci-ta e due film scodellati da poco, Valen-tine’s Day di Garry Marshall con JuliaRoberts e Bernie di Richard Linklatercon Jack Black, la MacLaine vanta oltresettanta titoli dal 1955 a oggi, di cui su-bito dodici nelle prime stagioni, daiventuno ai ventisei anni, quando piùche mai il magico sguardo liquido delsuo viso infantile dava ragione al refraindell’«unica attrice capace di sorridereattraverso le lacrime». Un po’ la Gelso-mina di Hollywood: naturale che finis-se in Sweet Charity, ispirato alle Notti diCabiria. Ha conosciuto Giulietta Masi-na? «Ci siamo incontrate a Roma, due-mila anni fa — ironizza l’attrice — For-se era il 1968, prima delle riprese. I guaisono venuti dopo, con Bob Fosse, die-tro la cinepresa, che ci teneva in piedi fi-no all’alba: ci faceva provare e riprova-re, voleva vederci madidi di sudore. Epensare che sono stata io a chiedere chedirigesse il film, contro il parere di tutti,refrattari a un “semplice coreografo”.Se è diventato regista, lo deve a me».
Lei ha preso il volo nel cinema graziea Hitchcock. Che ricordo ha del suoesordio nel 1955 con La congiura degliinnocenti? «Era una commedia nera,che non è andata bene negli Usa. Ha in-vece funzionato in Europa, dove quelcadavere continuamente sotterrato edissotterrato, poi finito nell’armadio,poteva avere per voi un che di familiare,addirittura un significato politico...».Hitchcock l’ha corteggiata? «Era fieroche consumassi i pasti con lui. Non homai mangiato tanto in vita mia. Duran-te le riprese sono ingrassata di quindicichili: la Paramount mi metteva in guar-dia (“attenta a non comprometterti lacarriera”) e io creavo problemi al mon-taggio, perché da una sequenza all’altrapotevo aver preso otto chili. Ma a Hit-chcock non importava: l’essenziale erache mangiassi in sua compagnia. Miaveva scoperta in teatro, dov’era venu-
to a vedermi. L’unica sua indicazioneera stata: non m’interessa come reciti,nel cinema sono importanti solo la sce-neggiatura e la prima proiezione pub-blica. Ecco qual era la sua considerazio-ne degli attori: zero».
Lo stesso anno, in Artisti e modelle diFrank Tashlin, ha creato un triangolotutto fiamme con Jerry Lewis e DeanMartin. «Ma di sesso non c’è mai statal’ombra: avevo ventun anni e mi consi-deravano la loro mascotte. Jerry Lewisaveva poi tenaci resistenze verso il bodygiallo, che indosso quando canto Inna-morata nel comico balletto dove tentodi sedurlo. L’ostilità al mio costume l’hosempre spiegata col fatto che io ho bel-le gambe e lui no. So che in Italia adora-te Jerry Lewis, ma a volte anche lui è in-sopportabile». Due film trionfali con ilgrande Billy Wilder, L’appartamento eIrma la dolce: una festa? «Non solo sulset. Irma la dolce è stata per me ancheun’importante esperienza di vita. A Pa-
rigi, per entrare meglio nel personag-gio, sono andata alle Halles a incontra-re le prostitute. Ho potuto trarne una si-gnificativa radiografia del genere ma-schile che circola loro intorno. E ho se-guito il loro lavoro da vicino: ero diven-tata amica di una donna, poverissima,che si prostituiva per tirar su i figli».
Con Jack Lemmon, che in L’apparta-mento le prepara gli spaghetti scolan-doli nella racchetta da tennis, ha creatouna coppia indimenticabile. Un soda-lizio anche privato? «Era uno zuccheri-no, ma non me ne sono mai innamora-ta. Non posso nemmeno dire che fossi-mo amici, ma mi ricordo che quandoaveva problemi con la figlia era lieto diavermi vicina. Lemmon è stato per mecome una zia. Era di un perfezionismoesasperante, provava un’infinità di vol-te, adorava moltiplicare i ciak. Quandonon ero impegnata sul set, l’osservavoda dietro le quinte. Ho così imparatoche troppe riprese non sempre fannobene a un attore. Lemmon era genialefino al decimo ciak, ma poi esagerava,era un crescendo di gigioneria dall’un-dicesima ripresa in poi. Mi chiedevo co-me mai un regista, persino Wilder, nonriuscisse a capire quando smettere».
Nei film più recenti lei sta facendo di-menticare il faccino incantevole degliinizi, assumendo con qualche voluttà lamaschera di megera: si diverte? «Certo!Adoro interpretare vecchie irascibili,perché nella vita sono sempre tropposaggia. Sia in Fiori d’acciaio di HerbertRoss che, adesso, in Bernie, sono un’al-tra me stessa: quella che sto diventan-do, forse. E dal febbraio scorso, nellaminiserie tv Downton Abbey, alla suaterza stagione, sono una suocera terri-bile, a tu per tu con un altro incubo do-mestico, la consuocera, interpretatadall’insuperabile Maggie Smith». Il suosuccesso sempreverde (l’Oscar nel1983 per Voglia di tenerezza e altre seinomination) è il risultato di preparazio-ni meticolose? «Leggo la sceneggiaturauna volta e stop. Lascio che il regista mispieghi: non voglio rubargli il mestiere.In realtà, nel cinema sono rimasta quelche ero da piccola: una danzatrice. Hocominciato a due anni e mezzo: avevole caviglie deboli e mia madre era sicu-ra che mi avrebbe giovato. Ero incanta-ta dalla disciplina, dalla musica, dalsenso di equilibrio. Adesso, quando im-paro un testo, l’associo a un movimen-to del corpo. Il personaggio che inter-preto, so subito come cammina, gesti-cola, si atteggia. Ho trapiantato nel ci-
nema la tecnica del balletto. Tutti i mieimovimenti sono condizionati da quellidegli altri. Molto democratica, come at-trice, vero?».
Perché la sua vita artistica non è con-tinuata sulle punte? «Per la danza clas-sica ero troppo alta: non c’era partnerche potesse sollevarmi e sostenermi. Ascuola mi facevano sempre interpre-tare i ruoli maschili. Inoltre, ci mettevotroppa passione. Passata la passionenon mi è rimasta che la recitazione.Ma, in termini di moralità e di equili-brio, anche interiore, la formazione diballerina è stata fondamentale: una di-sciplina della pace, che nel tempo hacontinuato ad aiutarmi, a salvarmi.Non fossi stata danzatrice, non avreifatto nulla: non ci sarebbero stati il ci-nena, un matrimonio — dal ’54 all’82— e una figlia, Sachi Parker, avuta aventiquattro anni. Non ci sarebbe sta-ta Hollywood».
Come è la sua Hollywood, mezzo se-colo dopo? «Irriconoscibile. La produ-zione dei grandi Studios non è chemarketing: più nessuno si assume ri-schi, che erano il sale del cinema quan-do ero giovane. Oggi tutti vanno sul si-curo, cioè sulla replica all’infinito diformule di cassetta: e via con i sequel ei sequel dei sequel. L’unica ricerca ènelle alchimie tecnologiche, dove l’af-fanno è di ottenere effetti sempre piùsofisticati, ghiribizzi ogni volta più sor-prendenti. Ormai il cinema è solo tec-nica. Devo dirlo: sono stufa di entrarein sala e vedermi sbattere in faccia l’ul-timo ritrovato in 3D».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’incontroDive
Innamoratadi JackLemmon?
Era uno zuccherino,ma forse non eravamonemmeno amiciDiciamo che è statocome una zia
Shirley MacLaine
MARIO SERENELLINI
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Repubblica Nazionale