la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione la direttiva europea 98/2008/ce, direttiva...
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LA GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZION E Ing. Fabio De Pascalis1 – Ing. Giorgio Bressi1
1 Premessa
In Italia il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti è stato avviato negli anni ’80 e, sebbene si sia
sviluppato fino ad oggi andando a costituire un vero e proprio comparto industriale (ANPAR
rappresenta in Confindustria, tramite FISE, il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti da costruzione
e demolizione), la sua crescita è avvenuta senza un adeguato controllo da parte delle Istituzioni.
Basti pensare che ad oggi non esiste un censimento ufficiale degli impianti di trattamento, non
esistono dati certi ed affidabili né sulla produzione di rifiuti da C&D né sulla loro gestione e non
esistono strumenti tecnici e norme aggiornate relativi all’utilizzo degli aggregati riciclati.
La crescente attenzione della Comunità Europea verso questo settore ha tuttavia stimolato nel
tempo anche in Italia un interessamento da parte della Pubblica Amministrazione.
La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva Quadro sui Rifiuti, ha introdotto di recente due
importanti novità che potenzialmente potrebbero determinare una svolta decisiva nel settore del
riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Essa, infatti:
1) definisce un target di recupero dei rifiuti inerti pari al 70% da raggiungere entro il 2020;
2) introduce il concetto di end of waste.
Tali novità dovrebbero spingere le istituzioni da un lato ad approfondire la conoscenza del settore
degli aggregati riciclati e dall’altro a sorvegliare sulla qualità del prodotto per garantirne un
intenso uso nel territorio.
Ovviamente per il raggiungimento del target fissato dalla Commissione Europea, è innanzitutto
necessario conoscere con buona precisione il dato di produzione annuale di rifiuti da C&D.
A questo proposito si è osservato che nell’arco di una decina di anni la produzione annuale di
rifiuti da C&D dichiarata da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale,
già APAT, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) è aumentata da 14
milioni di tonnellate agli attuali 56,7 milioni di tonnellate. Al riguardo, si può presumere che non
vi sia stata una crescita così importante della produzione, ma semplicemente si siano cominciati ad
affinare gli strumenti di calcolo. Il dato attuale, seppure già molto significativo, potrebbe quindi
essere ancora sottostimato dal momento che in alcune realtà italiane, come ad esempio la
provincia di Trento, sono stati stimati indici di produttività notevolmente superiori a quelli indicati
da ISPRA.
1 ANPAR – Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati
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Anche per quanto concerne i dati relativi alla gestione di questi rifiuti, sempre ISPRA non è in
grado di fornire dati specifici ed attendibili, anche se nell’ultimo “Rapporto Rifiuti Speciali 2012”
si ipotizza che essi vengano quasi interamente destinati al riciclo/recupero.
Ciò rende necessaria una riflessione preliminare su cosa si intenda per riciclo/recupero.
È infatti importante distinguere una corretta attività di riciclaggio, che porta alla produzione di
aggregati di qualità, veri e propri materiali da costruzione, da attività in cui i rifiuti da C&D sono
usati tal quali o dopo semplici trattamenti di riduzione volumetrica.
L’apparente semplicità delle operazioni di recupero dei rifiuti da C&D ha suggerito a molti
operatori di entrare in questo mercato, anche se spesso con una evidente improvvisazione.
In molti cantieri sono intervenuti gli organi di controllo rilevando non conformità con la normativa
ambientale sul recupero dei rifiuti, così come molti direttori lavori hanno dovuto affrontare i
problemi creati da materiali inadatti per l’uso a cui erano stati dedicati.
In sostanza è necessario fare ancora chiarezza su un tema molto delicato che è stato oggetto già di
numerosi interventi normativi in questi ultimi venti anni: il passaggio da rifiuto a prodotto, il
cosiddetto end of waste.
È opportuno e necessario che si fissino precisi criteri per determinare il momento in cui il rifiuto
diventa prodotto anche, e soprattutto, in funzione delle sue caratteristiche e prestazioni. Si tratta di
dettare precise regole sulle caratteristiche geotecniche e ambientali che gli aggregati devono
possedere per essere definiti tali e trovare opportuna applicazione.
A parere di ANPAR, sarebbe opportuno che, nell’ambito del calcolo dell’obiettivo europeo, si
distinguesse la quota dei materiali effettivamente destinati a riciclaggio per la produzione di
aggregati riciclati che possono essere considerati manufatti da costruzione (raggiungimento
dell’end of waste), da quella dei rifiuti da costruzione e demolizione destinati ad altre attività che
non costituiscono un vero e proprio recupero, ma semplice “ricollocamento” di detti materiali.
Fatta questa doverosa premessa, si intendono qui affrontare più nel dettaglio le problematiche
all’interno del cantiere edile.
Nel presente articolo si considerano noti i concetti di: rifiuto, produttore di rifiuti; intermediario,
sottoprodotto, rinviando all’art.183 del D.Lgs. 152/2006 per l’esatta definizione.
2 CLASSIFICAZIONE
I rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le
caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi (D.Lgs. 152/06, art. 184,
c. 1).
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Sono rifiuti urbani (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 2):
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile
abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui
alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198,
comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o
sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e
lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da
attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).
Sono rifiuti speciali (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 3):
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c.;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che
derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla
potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e
da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie.
Sono rifiuti pericolosi (D.Lgs. 152/06, art. 184, c. 5):
- quelli il cui codice CER è contrassegnato da apposito asterisco. Detti rifiuti sono
classificati come pericolosi fin dall’origine;
- quelli la cui pericolosità dipende dalla concentrazione di sostanze pericolose e/o dalle
caratteristiche intrinseche di pericolosità indicate nei relativi allegati alla parte IV del
D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii.
3 DEPOSITO TEMPORANEO
Si definisce Deposito Temporaneo il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta,
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nel luogo in cui gli stessi sono prodotti2, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti devono essere depositati nel rispetto delle
specifiche norme tecniche;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo
una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza
almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il
quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al
massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti
non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata
superiore ad un anno;
3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel
rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme
che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze
pericolose.
4 TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI
I produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività di demolizione e
costruzione (rifiuti non pericolosi da cantiere) possono tenere in deposito i rifiuti presso il luogo
di produzione nel rispetto dei criteri del deposito temporaneo (si veda la sezione “Deposito
temporaneo”) e risultano esonerati dalla tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti. Sono però
tenuti, nel caso di cantieri di duarata superiore a sei mesi all’iscrizione al SISTRI (sono esclusi
dall’obbligo di iscrizione i cantieri di durata inferiore a mesi sei che non dispongano di tecnologie
adeguate per l’accesso al sistema SISTRI) e se non hanno più di dieci dipendenti sono esonerati
dalla presentazione del MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale).
Ciò è valido unicamente per i cantieri propriamente detti ove si producono rifiuti speciali non
pericolosi. Alla sede legale dell’impresa edile si applica quanto definito agli artt. 3 e 4 del D.M.
18/02/2011.
I produttori di rifiuti speciali pericolosi derivanti da qualsiasi attività (rifiuti pericolosi ) possono
tenere in deposito i rifiuti presso il luogo di produzione nel rispetto dei criteri del deposito
temporaneo (si veda la sezione “Deposito temporaneo”). Tali soggetti sono obbligati alla tenuta
del registro di carico e scarico dei rifiuti (fino al 30 settembre 2013 o al 2 marzo 2014 -si veda la
2 unica eccezione all’ubicazione del deposito temporaneo presso il luogo di produzione è costituita dai rifiuti prodotti da attività di manutenzione per i quali valgono le disposizioni di cui agli articoli 230 e 266 del D.Lgs. 152/06
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sezione “Registro di carico e scarico”), fino alla piena operatività del SISTRI (SIStema di
controllo della Tracciabilità dei RIfiuti – dal 1° ottobre 2013 o 3 marzo 2014. Si veda la sezione
“SISTRI”).
Il trasporto dei propri rifiuti deve sempre essere accompagnato dal Formulario di Identificazione
del Rifiuto (FIR) mentre per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, a seguito della
piena operatività del SISTRI, il formulario sarà sostituito dall’apposita scheda SISTRI.
5 SISTEMA DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITA’ DEI RIFIU TI (SISTRI)
Istituito con DM 12 dicembre 2009, il SIStema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti non
risulta ancora attivo, ma il recente DM 20 marzo 2013 ne ha fissato i termini di operatività a in
due date diverse 1° ottobre 2013 e 3 marzo 2014.
Le imprese edili che producono unicamente rifiuti speciali non pericolosi (derivanti da attività
diverse da quelle di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g) del D.Lgs. 152/06) all’interno di un
cantiere la cui durata non sia superiore a sei mesi e che non dispongano di tecnologie adeguate per
l’accesso al SISTRI, non sono obbligate ad iscriversi al SISTRI.
Sono obbligati invece all’iscrizione al SISTRI:
a) i produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
b) i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g)
del D.Lgs. 152/06 con più di 10 dipendenti;
c) i commercianti e gli intermediari;
d) i consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di rifiuti;
e) le imprese di cui all’art. 212, comma 5 del D.Lgs. 152/06 che raccolgono e trasportano
rifiuti speciali (trasporto di rifiuti prodotti da terzi );
f) i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti;
g) i soggetti di cui all’art.5, comma 10 del decreto 17 dicembre 2009 (trasporto
intermodale).
Il SISTRI è operativo dal 1° ottobre 2010. Tuttavia, le sanzioni per la mancata iscrizione ed
utilizzo del SISTRI, introdotte dal D.Lgs 205/10, si applicheranno solo a seguito della piena
operatività del SISTRI, attualmente fissata al 1° ottobre 2013 e al 3 marzo 2014. I soggetti per
i quali l’operatività del sistema è fissata al 3 marzo 2013 sono solo i produttori iniziali di rifiuti
pericolosi e i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che hanno più di dieci dipendenti.
Per utilizzare il sistema SISTRI, è necessario dotarsi di un Personal Computer, di una stampante,
di connessione alla rete Internet e del dispositivo USB SISTRI.
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Entro il 30 settembre 2013 e il 28 febbraio 2014, gli utenti sono tenuiti a riallineare i dati con
il sistema caricando sul registro cronologico del SISTRI tutte le giacenze reali.
Per l’utilizzo del sistema e per la gestione dei casi particolari (rifiuti pericolosi prodotti nei
cantieri, rifiuti da attività di manutenzione) si può fare riferimento ai manuali utente pubblicati sul
sito www.sistri.it.
6 FORMULARIO DI IDENTIFICAZIONE DEI RIFIUTI (FIR)
Il formulario di identificazione rifiuti (FIR) è un documento di accompagnamento del trasporto dei
rifiuti che contiene tutte le informazioni relative alla tipologia del rifiuto, al produttore, al
trasportatore ed al destinatario.
La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non necessita di
compilazione del FIR.
Il FIR deve essere redatto in 4 esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal
detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore . Le copie del formulario devono essere
conservate per 5 anni.
Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre,
controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal
trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore.
I FIR devono essere numerati e vidimati dagli uffici dalle Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e devono essere annotati sul registro IVA acquisti (nel senso che deve
essere registrata la fattura di acquisto del formulario con l’indicazione dei codici alfanumerici
identificativi del blocco di formulari acquistato). La vidimazione dei predetti formulari di
identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
IN CASO DI TRASPORTO EFFETTUATO DA UN TERZISTA: la responsabilità del
produttore/detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa a condizione che il
detentore abbia ricevuto il formulario controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre
mesi dalla data di conferimento dei rifiuti, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia
provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario.
7 REGISTRO DI CARICO E SCARICO
Come già indicato al precedente §4 relativo alla tracciabilità dei rifiuti, i produttori di rifiuti da
costruzione e demolizione di cui all’art.184 c.3 lett. b) del D.Lgs.152/2006, sono esonerati
dall’obbligo del registro di Carico e Scarico.
Analogamente non sono esclusi dall’obbligo della tenuta del registro di Carico e Scarico dei rifiuti
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gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi derivanti
da attività di costruzione e demolizione di cui all’art. 212 comma 8 del D.Lgs. 152/06.
Gli altri soggetti obbligati alla tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti devono annotare
sullo stesso le informazioni relative alle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti.
Per quanto riguarda i produttori, le annotazioni devono essere effettuate almeno entro 10 giorni
lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.
Il registro deve essere conservato presso il luogo di produzione del rifiuto e deve essere integrato
con i relativi formulari di identificazione. I registri devono essere conservati per 5 anni dalla data
dell’ultima registrazione.
I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa
sui registri IVA. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio
territorialmente competenti.
8 MODELLO UNICO DI DICHIARAZIONE AMBIENTALE (MUD)
Il D.Lgs. 205/10 ha eliminato l’obbligo di trasmissione del Modello Unico di Dichiarazione
ambientale (MUD) per le imprese, in quanto obbligate ad aderire al SISTRI. Tuttavia, fino alla
piena operatività del SISTRI rimane vigente l’obbligo di predisposizione del MUD da presentare
entro il 30 aprile. Sono esonerati dalla presentazione del MUD i produttori iniziali di rifiuti non
pericolosi che non hanno più di dieci dipendenti (ai sensi dell’art.189 comma 3) I produttori
iniziali di rifiuti e le imprese che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che
in passato erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla
legge 25 gennaio 1994, n. 70, devono comunicare le seguenti informazioni:
a) il quantitativo totale di rifiuti annotati in carico sul registro, suddiviso per codice CER;
b) per ciascun codice CER, deve essere indicata la quantità in giacenza presso il produttore;
c) per ciascun codice CER, il quantitativo totale annotato in scarico sul registro, con le
relative destinazioni;
d) per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti,
le operazioni di gestione dei rifiuti effettuate;
e) per ciascun codice CER, il quantitativo totale che risulta in giacenza.
9 ALBO GESTORI AMBIENTALI
Le attività di trasporto dei rifiuti possono essere effettuate solo da soggetti iscritti all’Albo
Nazionale Gestori Ambientali, ente incaricato dell’iscrizione, selezione, qualificazione e controllo
delle imprese operanti nel settore della gestione dei rifiuti.
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Le imprese edili che trasportano i propri rifiuti non pericolosi o pericolosi in quantità non
eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno si devono iscrivere all’Albo Nazionale Gestori
Ambientali nella categoria “TRASPORTATORI DEI PROPRI RIFIUTI (produttori inizia li)
(art. 212, comma 8, D.Lgs. 152/2006)”.
In seguito all’introduzione del sistema SISTRI, i trasportatori che intendono trasportare i propri
rifiuti pericolosi devono iscrivere l’autoveicolo al SISTRI e installare la necessaria Black Box.
Le imprese che trasportano rifiuti prodotti da terzi devono essere iscritte all’Albo nelle categorie 4
o 5 (le categorie 2 e 3 risultano attualmente decadute, pertanto le autorizzazioni in tali categorie
sono valide fino alla scadenza naturale dei cinque anni).
10 SMALTIMENTO O RECUPERO DI RIFIUTI
I rifiuti prodotti dalle imprese edili possono essere conferiti solo presso soggetti autorizzati
dall’Ente competente (Regione/Provincia) all’attività di smaltimento o di recupero di rifiuti.
Tutti i soggetti che producono materiale derivante da lavori di costruzione e demolizione,
comprese le costruzioni stradali, devono adottare tutte le misure atte a favorire la riduzione di
rifiuti da smaltire in discarica, attraverso operazioni di reimpiego, previa verifica della
compatibilità tecnica al riutilizzo in relazione alla tipologia dei lavori previsti. Al fine di limitare
la produzione dei rifiuti inerti è necessario:
- favorire in ogni caso, ove possibile, la demolizione selettiva degli edifici e la conseguente
suddivisione dei rifiuti in categorie merceologiche omogenee;
- favorire, direttamente nel luogo di produzione, una prima cernita dei materiali da
demolizione in gruppi di materiali omogenei puliti;
- prevedere, ove possibile, precise modalità di riutilizzo in cantiere dei materiali in fase di
demolizione, per il loro reimpiego nelle attività di costruzione (mattoni, coppi, ecc.);
- conferire i rifiuti inerti presso i diversi impianti di gestione presenti sul territorio regionale e
regolarmente autorizzati ai sensi della vigente normativa ovvero ricorrendo ad impianti
mobili autorizzati.
Il conferimento in discarica e/o ad impianto di recupero deve avvenire (con le modalità previste
dalla normativa vigente) esclusivamente nei casi in cui non risulti possibile una delle operazioni di
riutilizzo e recupero già richiamate.
11 IMPIANTI MOBILI PER IL RECUPERO DI RIFIUTI
Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero (utilizzati direttamente presso il luogo di
produzione del rifiuto – cantiere) devono essere autorizzati, in via definitiva, dalla Provincia ove
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l'impresa titolare dell’impianto ha la sede legale. Per lo svolgimento delle singole campagne di
attività, è necessario comunicare alla Provincia sul cui territorio si svolge la campagna di attività,
almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, le specifiche dettagliate relative alla
campagna di attività.
Particolare attenzione deve essere posta agli eventuali obblighi di verifica di assoggettabilità o di
Valutazione di Impatto Ambientale, posti sia dalla normativa nazionale che da quella regionale in
materia e variabili da Regione a Regione (es. per quantità superiori a 10 ton/d)3.
12 TERRE E ROCCE DA SCAVO
Entrato in vigore il 6 ottobre 2012, il Decreto Ministeriale 10 agosto 2012 n°161 stabilisce i criteri
qualitativi da soddisfare affinché le terre e rocce da scavo siano considerate sottoprodotti4 e non
rifiuti. Abroga pertanto la disciplina precedentemente in vigore (art. 186 D.lgs.152/06) sia per gli
utilizzi industriali che per gli utilizzi in edilizia per rinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati5.
È importante sottolineare che si è sviluppata una accesa discussione interpretativa tra vari portatori
di interesse nel campo dei rifiuti inerti derivanti da operazioni di scavo quali associazioni di
categoria, ordini professionali e Ministero dell’Ambiente. A seguito di tale confronto il Ministero
dell’Ambiente con una nota predisposta dalla Segreteria Tecnica in risposta ad un quesito posto
dall’Ordine dei geologi dell’Umbria, ha pubblicato una circolare esplicativa secondo la quale, il
DM 161/2012 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo”,
non si applica al materiale da scavo riutilizzato nello stesso sito in cui è prodotto. Il Ministero
interviene, altresì, con riferimento all’applicabilità della procedura prevista nel decreto ai materiali
da scavo prodotti nell’ambito dei cosiddetti piccoli cantieri (cantieri sino a 6000 mc), precisando
che il decreto “non tratta l’argomento in quanto l’art. 266, comma 7, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 così come modificato dall’art. 2, comma 45-bis. D.lgs. n. 4 del 2008 indicava
la necessità di un diverso decreto”.
Per tutti gli altri casi il DM 161/2012 prescrive quanto di seguito indicato.
3 Si veda, ad esempio, la normativa della Regione Lombardia (L.R. n.13/2010) per cui sono esclusi dagli obblighi di verifica di assoggettabilità a VIA gli impianti mobili volti al recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalle operazioni di costruzione e demolizione, qualora la durata della campagna risulti inferiore a 90 giorni e degli altri impianti mobili di trattamento rifiuti non pericolosi la cui campagna abbia durata inferiore a 30 giorni. In ogni caso eventuali successive campagne sullo stesso sito dovranno essere assoggettate alla verifica di assoggettabilità a VIA. 4 L'art. 184-bis del d.lgs. n. 152/2008 nel definire il sottoprodotto stabilisce che devono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
• la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
• è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
• la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
• l'ulteriore utilizzo è legato, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
5 Il decreto n. 161/2012 è stato previsto all'art. 49 del d.l. n. 1/2012, convertito con la legge n. 27/2012, "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività", che ha anche modificato l'articolo 39, comma 4, del d.lgs. n. 205/2010, introducendo la previsione che, dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale stesso, venga abrogato l'articolo 186 del d.lgs. n. 152/2006, relativo appunto alla gestione delle terre e rocce da scavo non contaminate.
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12.1 Requisiti del materiale di scavo
In base alla nuova norma, per essere gestiti come sottoprodotti, i materiali di scavo devono:
• essere generati da lavori edili di scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.)
perforazioni, trivellazioni, palificazioni, consolidamenti, opere infrastrutturali in generale
(galleria, diga, strada, ecc.) rimozione e livellamento di opere in terra, materiali litoidi
provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del
reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e
marini, il cui scopo primario non è la produzione di tali materiali;
• essere utilizzati, in conformità ad un piano di utilizzo predisposto prima dell'inizio dei
lavori, per:
� la realizzazione di rinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati ecc.
nell'ambito della stessa o di un'altra opera;
� sostituire materiali di cava in processi produttivi;
• essere idonei all'impiego, senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica
industriale6, e cioè possono essere sottoposti a trattamenti quali, ad esempio, la selezione
granulometrica, la riduzione volumetrica mediante macinazione, la stabilizzazione,
l'asciugatura, l'eliminazione di elementi antropici, ecc.;
• soddisfare i requisiti di qualità ambientale; la sussistenza di tali requisiti viene verificata
attraverso la caratterizzazione dei materiali, da effettuarsi prima dell'inizio dei lavori7.
Sono comunque esclusi i materiali derivanti dalle demolizioni di edifici e di altri manufatti
preesistenti.
12.1.1 PIANO DI UTILIZZO
Per gestire i materiali di scavo come sottoprodotti, il soggetto proponente presenta il piano di
utilizzo8 all'autorità competente al rilascio dell'assenso amministrativo alla realizzazione dell'opera
per la cui esecuzione è previsto lo scavo, almeno novanta giorni prima dell'inizio dei lavori.
Nel caso di opere sottoposte a procedure di valutazione ambientale, il piano di utilizzo va
presentato all'autorità competente prima dell'espressione del parere di valutazione ambientale.
a. Contenuti del piano di utilizzo
6 Le attività di "normale pratica industriale" sono definite in allegato 3 al decreto ministeriale. 7 L'allegato 4 al decreto ministeriale definisce le modalità con le quali deve essere caratterizzato il materiale che si prevede da scavare, sia per il numero dei campioni che per le modalità di campionamento. I valori di riferimento sono i valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) stabiliti nella tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006, colonna A per i siti con destinazione residenziale, colonna B per i siti con destinazione commerciale e industriale. 8 L'allegato 5 al decreto ministeriale definisce i contenuti del piano di utilizzo.
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Nel piano di utilizzo si deve:
• autocertificare che il materiale di scavo possiede tutti i requisiti di sottoprodotto, mediante
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà9;
• individuare i siti e/o gli impianti cui verrà destinato il materiale per il suo utilizzo, con i
rispettivi soggetti esecutori del piano stesso;
• definire il luogo di deposito dei materiali in attesa di utilizzo; tale deposito può avvenire
presso il sito di produzione del materiale, presso i siti di destinazione oppure in siti di
deposito intermedi. Deve consentire, mediante apposita segnaletica, di avere informazioni
sul sito di produzione, sulle quantità di materiale depositato e deve essere separato ed
autonomo dal deposito temporaneo di rifiuti e dal deposito di materiali di altri piani di
utilizzo. La durata del deposito non può essere superiore a quella del piano di utilizzo.
Il piano di utilizzo definisce la durata e la validità del piano stesso.
b. Condizioni di utilizzo
L'utilizzo in rinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ecc. è consentito:
• in qualsiasi sito a prescindere dalla sua destinazione urbanistica, se la concentrazione di
inquinanti rilevata rientra nei limiti di cui alla colonna A7;
• solo i siti con destinazione commerciale o industriale, se la concentrazione di inquinanti è
compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B7.
L'utilizzo in impianti industriali in sostituzione dei materiali di cava è sempre ammesso se la
concentrazione di inquinanti rientra nei limiti di cui alla colonna A7, mentre, nel caso in cui la
concentrazione di inquinanti sia compresa fra i limiti di cui alle colonne A e B7, è ammesso solo
per la produzione di prodotti o manufatti merceologicamente ben distinti dai materiali da scavo e il
processo industriale deve apportare una sostanziale modifica delle caratteristiche chimico-fisiche
del materiale di scavo10.
c. Approvazione del piano
Entro novanta giorni l'autorità competente approva o rigetta il piano di utilizzo; in questi novanta
giorni può essere chiesto ad ARPA di verificare, a spese del soggetto proponente, la sussistenza
dei requisiti di sottoprodotto dei materiali di scavo, anche prevedendo un'indagine in
contradditorio.
d. Esecuzione del piano
La responsabilità della corretta esecuzione del piano è in capo all'esecutore, individuato dal
proponente nel piano di utilizzo prima dell'inizio dei lavori. 9 Ai sensi dell'art. 47 del dPR n. 445/2000. 10 Allegato 4 al decreto ministeriale.
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L'esecutore ha la responsabilità in particolare di garantire la tracciabilità del materiale, attraverso
la documentazione accompagnatoria del trasporto dei materiali da utilizzare.
Il documento di trasporto deve essere redatto in conformità al fac-simile in allegato 6 al decreto e
deve essere predisposto in 3 copie:
• una per l'esecutore;
• una per il trasportatore;
• una per il destinatario.
Qualora l'esecutore del piano di utilizzo sia diverso dal soggetto proponente, una quarta copia
dovrà essere conservata dal proponente stesso.
Salvo deroghe, l'inizio dei lavori di esecuzione del piano deve avvenire entro due anni dalla
presentazione del piano stesso. Allo scadere dei tempi di validità del piano, i materiali di scavo
non possono più essere qualificati come sottoprodotti, bensì come rifiuti e devono quindi essere
gestiti secondo la disciplina di cui alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006. Due mesi prima della
scadenza del piano, è possibile presentare un nuovo piano di utilizzo della durata massima di un
anno.
Al termine dei lavori, l'esecutore dovrà trasmettere all'autorità che ha approvato il piano di
utilizzo, la dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU), consistente in un'autocertificazione9 che
attesti l'avvenuto utilizzo del materiale scavato in conformità al piano stesso entro il termine di
validità del piano.
Il piano di utilizzo è conservato per cinque anni presso il sito di produzione del materiale di scavo
o presso la sede legale del proponente e dell'esecutore.
12.1.2 CASI PARTICOLARI
− Valori di fondo naturale
Nel caso in cui il proponente constati per il materiale oggetto di scavo il superamento per uno o
più elementi dei valori concentrazione soglia di contaminazione dovuto a fenomeni naturali, può
chiedere che tali valori vengano assunti come valore di fondo naturale, segnalando i superamenti
all'autorità competente e presentando un piano di accertamento per la determinazione di questi
valori di fondo da eseguirsi in contradditorio con ARPA. Una volta accertati i valori di fondo, il
proponente presenta il piano di utilizzo individuando siti di destinazione compatibili con i valori di
fondo naturale riscontrati.
− Utilizzo di materiali provenienti da siti oggetto di bonifica
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Nel caso in cui si intenda presentare un piano di utilizzo di materiale proveniente da siti oggetto di
bonifica, i requisiti di sottoprodotto devono essere constatati in contradditorio con ARPA a spese
del proponente.
13 Problematiche e potenzialità di sviluppo del settore
13.1 End-of-waste e aggregati riciclati
Nella Decisione 1600/2002/CE del Parlamento Europeo, che istituisce il Sesto programma
comunitario di azione in materia di ambiente, si invitava la Commissione Europea a proporre
nuove norme o a rivedere la legislazione esistente “ ivi compresi tra l’altro rifiuti edilizi e di
demolizione, ......., [precisando la] distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è e
[sviluppando] criteri adeguati per l’ulteriore elaborazione degli allegati IIA [Operazioni di
smaltimento] e IIB [Operazioni di recupero] della direttiva quadro relativa ai rifiuti”.
Tale proposta nasceva dall’esigenza di creare un meccanismo giuridico che chiarisse quando un
rifiuto, a valle di determinate operazioni di recupero, cessi di essere tale diventando nuovamente
fruibile per il mercato come prodotto.
Dopo lunghe trattative tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio sulle modalità con cui
attuare tale meccanismo, nel novembre 2008 il Parlamento ha finalmente approvato la Direttiva
Quadro sui Rifiuti (Direttiva 98/2008/CE, recepita con il D.Lgs.205/2010), nella quale si introduce
(art. 6) il concetto di “Cessazione della qualifica di rifiuto”, meglio noto come end of waste.
L’obiettivo dell’introduzione di tale concetto è quello di fissare criteri tecnici e ambientali di
elevato livello per incoraggiare la produzione di prodotti riciclati di alta qualità e aumentare, così,
la fiducia dei consumatori che utilizzano tali prodotti.
La Direttiva impone pertanto, al fine di definire il momento in cui un rifiuto sottoposto a
operazioni di recupero diventi prodotto, di elaborare criteri specifici conformemente alle seguenti
condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli
standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla
salute umana.
Va sottolineato come l’attenzione è giustamente posta su aspetti sia tecnici sia ambientali.
14
La nascita del nuovo prodotto può infatti essere ragionevolmente individuata nel momento in cui il
materiale è conforme a determinati standard qualitativi definiti contemporaneamente per entrambi
gli aspetti.
La conformità a tali standard deve essere inoltre garantita da un controllo di tutto il processo di
recupero, dalla gestione dei rifiuti in ingresso, attraverso il processo produttivo e la tecnologia
applicata, ai requisiti di prodotto.
In attesa della definizione dei criteri end of waste, la valutazione della qualità degli aggregati
riciclati deve avvenire sulla base di quanto previsto dalla normativa vigente: la Marcatura CE
secondo le Norme Europee Armonizzate (per i requisiti tecnici) e Test di Cessione (per i requisiti
ambientali).
Nella Fig. 1 si illustra il percorso di valutazione della qualità che analizza il prodotto finale dal
punto di vista sia tecnico che ambientale.
Fig. 1: Schema di verifica dei criteri di qualità del prodotto finale
15
Una volta individuati i criteri end of waste, sarà comunque necessario dotarsi di un sistema di
controllo che assicuri che questi vengano applicati nel modo corretto e che la qualità degli
aggregati riciclati realmente li soddisfi. Tutto ciò indica l’esistenza di un mercato maturo in cui i
produttori di aggregati riciclati hanno la percezione della qualità dei loro prodotti e manifestano
l’intenzione di investire nel passaggio da una lavorazione artigianale ad una industriale.
È importante infatti distinguere tra una corretta attività di riciclaggio, che porta a produzioni di
aggregati di alta qualità, e attività in cui i rifiuti da C&D sono usati come materiali da costruzione
tal quali o dopo semplici trattamenti di riduzione volumetrica.
Nella realtà italiana sarebbe già un buon risultato chiarire che un rifiuto frantumato diviene un
prodotto solo se risponde a determinate caratteristiche dettate dalla normativa tecnica nazionale
e/o internazionale, ed è marcato CE.
Per quanto concerne la tipologia di trattamento, allo stato attuale, considerato che i flussi di rifiuti
conferiti agli impianti risultano estremamente eterogenei, le tecnologie che riescono ad ottenere la
qualità degli aggregati riciclati rispondenti alle norme tecniche di settore sono quelle in grado di
garantire le fasi meccaniche di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione
della frazione metallica e delle frazioni indesiderate.
13.2 Ipotesi di sviluppo, criticità e possibili raccomandazioni
Il settore del riciclaggio dei rifiuti da C&D vedrà nei prossimi anni, grazie alle restrizioni imposte
al settore dei materiali naturali ed alle misure che dovranno necessariamente essere adottate per
raggiungere davvero l’obiettivo di recupero del 70% imposto dalla Direttiva Quadro, un notevole
sviluppo.
Ad oggi infatti, sebbene la normativa, italiana ed europea, sia chiaramente a favore del riciclaggio
dei rifiuti inerti e dell’utilizzo degli aggregati riciclati alcuni nodi critici hanno ostacolato il
decollo del settore.
Nel seguito vengono individuate alcune misure, che insieme al nuovo impulso fornito dalla
Direttiva, potrebbero incentivare lo sviluppo del settore.
13.2.1 Censimento dei rifiuti da C&D
Sarebbe opportuno non stimare la produzione di rifiuti, ma averne una effettiva quantificazione,
adottando quindi metodi deduttivi e non induttivi. A questo scopo sarebbe assai utile un intervento
sulle Pubbliche Amministrazioni e sulle Stazioni appaltanti che autorizzano i lavori di
16
demolizione e di costruzione. Sarebbe infatti sufficiente introdurre nella modulistica delle
Amministrazioni locali e delle Stazioni appaltanti necessaria per ottenere le autorizzazioni ad
effettuare tali lavori, la stima obbligatoria, attraverso la redazione di un piano di gestione dei rifiuti
in cantiere, da parte del professionista che presenta la documentazione tecnica, delle quantità di
rifiuti che si verranno a produrre ed il loro destino; tale piano di gestione dei rifiuti in cantiere
dovrà avere un riscontro consuntivo per la chiusura amministrativa dei lavori. Laddove tale
strumento è stato introdotto è risultato particolarmente efficace.
Si richiama, a tal proposito, il Regolamento Regionale della Puglia n.6 del 12/06/2006 prevede
che tutti i progetti riferiti alla costruzione, al rifacimento, alla ristrutturazione ed alla
manutenzione straordinaria di opere, sia di interesse pubblico che privato, devono allegare alla
domanda un elaborato che indichi il bilancio di produzione di materiale da scavo e/o da
demolizione e/o di rifiuti.
13.2.2 Applicazione delle norme sul GPP e sulla marcatura
Il DM 203/03 ha introdotto l’obbligo di utilizzo dei materiali riciclati da parte della pubblica
amministrazione (nel nostro caso, in particolare, degli aggregati riciclati nelle infrastrutture), ma di
fatto tale decreto non è mai stato applicato.
Indipendentemente dall’applicazione del DM 203/03 le pubbliche amministrazioni potrebbero
svolgere un ruolo importante nel mercato degli aggregati riciclati dirigendone e stimolandone la
domanda.
Anche l’adozione del Green Public Procurement (o cosiddetti acquisti verdi) potrebbe fornire un
significativo impulso al mercato degli aggregati riciclati. Nel 2010 è stato istituito presso il
Ministero dell’Ambiente il gruppo di lavoro per la definizione dei criteri ambientali minimi da
inserire nei capitolati per la costruzione e manutenzione delle strade (Gruppo di lavoro “Green
road”).
L’obbligo di marcatura CE degli aggregati sciolti non è assolutamente osservato dai produttori né
richiesto dal mercato. In verità già l’applicazione di un adeguato sistema di marcatura da parte del
produttore potrebbe risolvere la gran parte dei problemi del mercato degli aggregati riciclati.
13.2.3 Adozione di strumenti tecnici aggiornati
Tra i motivi della ridotta diffusione dell'utilizzo e della produzione su larga scala degli aggregati
riciclati può annoverarsi l'assenza o la carenza di specifici strumenti come i Capitolati Speciali
d'Appalto. È pertanto opportuno che la Pubblica Amministrazione si adoperi affinché i Capitolati
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Speciali d'Appalto vengano aggiornati sulla base della più recente normativa tecnica europea, che
non distingue più gli aggregati per la loro natura, ma per le loro caratteristiche (ovviamente
dichiarate nella marcatura CE del prodotto).
Capitolati moderni così formulati, non discriminando sulla natura dei materiali, aprirebbero al
libero mercato la scelta dei materiali da impiegare nelle costruzioni, in funzione della destinazione
d’uso.
L’introduzione inoltre della voce “aggregati riciclati” nei prezziari delle opere edili contribuirebbe
a agevolare l’utilizzo di tali materiali.
13.2.4 Pubblicazione di una norma tecnica specifica per la costruzione delle infrastrutture
Da tempo il campo delle costruzioni stradali è stato individuato come il più idoneo ambito di
impiego di aggregati riciclati. A seguito del ritiro della Norma UNI 10006/2002, avvenuto nel
2004, mancano attualmente nel panorama normativo tecnico italiano delle linee guida relative
all’ambito delle costruzioni stradali che prevedano i requisiti minimi per i materiali da utilizzare
per la realizzazione dei diversi strati dell’opera. Tale problematica dovrebbe tuttavia essere risolta
a breve in quanto l’UNI è in procinto di pubblicare finalmente una nuova revisione della norma
UNI10006.
13.2.5 Adozione dei criteri End of Waste
Sebbene sia ormai consolidato che gli aggregati riciclati garantiscano le medesime caratteristiche
prestazionali degli aggregati naturali impiegati nelle opere stradali, l’originaria “natura” (rifiuto)
del materiale in uscita dal processo di recupero induce nell’utilizzatore una sorta di diffidenza. È
pertanto opportuno e necessario che si fissino, così come previsto dalla nuova direttiva sui rifiuti,
precisi criteri per determinare il momento in cui il rifiuto diventa materiale in funzione delle sue
caratteristiche e prestazioni (end of waste). Si tratta di dettare precise regole sulle caratteristiche
geotecniche e ambientali che gli aggregati devono possedere per essere definiti tali e trovare
opportuno impiego.
14 Conclusioni
La situazione di generale crisi del settore delle costruzioni dovrebbe favorire l’impiego di risorse
più economiche e più ambientalmente sostenibili.
Al contrario, la situazione delle imprese di riciclaggio dei rifiuti inerti è sempre più difficile e non
riesce a sbloccarsi, nonostante le indicazioni della Commissione Europea, recepite dalla normativa
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nazionale e regionale, dovrebbero favorire lo sviluppo di un fiorente mercato degli aggregati
riciclati.
Al momento attuale il mercato non ha dato soddisfazione agli operatori che si sono impegnati sia
tecnicamente sia economicamente per migliorare la qualità dei propri prodotti.
Le norme ed i controlli si sono concentrati in passato molto più sulle caratteristiche ambientali che
su quelle geotecniche dei prodotti, con il risultato che difficilmente si riesce a “chiudere il ciclo”,
cioè a passare da un rifiuto ad un prodotto realmente utilizzato nelle costruzioni.
Il mercato è stato invaso da prodotti scadenti che hanno generato molta diffidenza negli
utilizzatori.
Oggi siamo di fronte alla possibilità di cambiare approccio al problema e di capovolgere
l’impostazione precedente.
Focalizzare l’attenzione delle norme e dei controlli sulle caratteristiche del prodotto finale
permetterebbe di raggiungere i seguenti obiettivi:
1) fine del mercato dei prodotti scadenti e non adeguati all’uso previsto;
2) necessità da parte degli operatori del settore di adeguare i propri sistemi di produzione agli
standard qualitativi più recenti;
3) permettere un più semplice ed efficace confronto tra i materiali di diversa natura sulla base
delle loro caratteristiche e non della loro origine;
4) consentire un più razionale utilizzo delle risorse naturali (aggregati), dedicando i più pregiati
agli usi più nobili;
5) supportare, da un lato, gli operatori che si impegnano nella conoscenza delle caratteristiche
dei propri prodotti, che si sforzano di migliorare i propri processi produttivi, che rispettano le
complesse normative tecniche di settore, e dall’altro, la pubblica amministrazione per favorire
lo sviluppo anche nel nostro Paese di un mercato degli aggregati più maturo e consapevole
regolato da norme chiare e precise e da controlli adeguati.
ALLEGATI
1. Stralcio dell’elenco CER (capitoli 13, 15, 16 e 17).
2. Formulario – esempio di compilazione.
3. Registro di carico e scarico – esempio di compilazione