la gestione dei_conflitti

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11/10/2007 Fabriano Intercultura 2007 1 Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva interculturale I° ( 11-10-07) Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva interculturale II° ( 18-10-07) Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva interculturale IV° (8-11-07) La gestione costruttiva dei conflitti (6-12-07) La gestione dei conflitti

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11/10/2007 Fabriano Intercultura 2007 1

Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva

interculturale I° ( 11-10-07)

Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva

interculturale II° ( 18-10-07)

Il conflitto come risorsa nei processi educativi in una prospettiva

interculturale IV° (8-11-07)

La gestione costruttiva dei conflitti (6-12-07)

La gestione dei conflitti

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Il conflitto come risorsanei processi educativi

in una prospettiva interculturale

 corso di formazione

per insegnanti ed educatori professionali

I incontro - 11/10/2007

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PremessaL’educazione interculturale è educazione al conflitto.

Dall’accettazione del conflitto come evento ineliminabile dell’incontro fra soggetti

appartenenti a culture diverse, nasce la possibilità di costruire una con-vivenza

basata, non sul dover essere o sulla banalità dei buoni sentimenti, ma sulla fatica di

cercare una giusta distanza fra i soggetti in interazione.

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Premessa

Si tratta, in altre parole, di creare una cultura del conflitto come occasione di apprendimento e di cambiamento, piuttosto che di blocco comunicativo sotto la percezione di un senso di minaccia.

Ogni conflitto può essere risorsa per l’apprendimento, poiché esso esige non risposte stereotipate, ma assunzione di compiti specifici.

Compito della maieutica è di aiutare a scoprire tale compito, rispettarlo e viverlo come riorganizzazione e apprendimento significativo.

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Destinatari

Educatori dei CAG e dei Centri Didattico-Ricreativi + Insegnanti dell’ambito sociale territoriale n.10

Finalità•Presentare l’approccio maieutico nella

trasformazione dei conflitti e nella gestione di processi di apprendimento interculturale

• Favorire il confronto e la progettualità fra gli operatori/trici nell’ottica di una più forte coesione pedagogica

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Fasi e tempi

Percorso formativo di 4 unità di lavoro (ore 15.00-18.00) secondo il seguente calendario:

11 ottobre 200718 ottobre 200725 ottobre 2007

8 novembre 2007

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PRESENTAZIONI

RUOLO UFFICIALE NELL’ORGANIZZAZIONE

AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA

ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO

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RUOLO UFFICIALE NELL’ORGANIZZAZIONE

Ivana: insegnante sc infanzia, referente progetto Pace Marina: insegnante sc infanzia (7 su 28 stranieri) Anna: insegnante sc media (lettere) + coordinatrice di classe +

funzione strumentale disagio e intercultura Maria Rita: insegnante sc elementare + funzione strumentale

disagio e intercultura (23% alunni stranieri) Massimo: insegnante sc media (arte) Daniela: educatrice CDR Lorenzo: educatore CDR (“90%” stranieri) Matteo: coordinatore CDR, educatore CAG (maggioranza stranieri) Mariella: educatrice CAG Emanuela: educatrice CAG Federica: educatrice CAG (50% stranieri, integrati) Loretta: insegnante sostegno sc media

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AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA

Ivana: creare una mentalità di apertura verso i bimbi stranieri, Marina: sperimento modalità educative; + partecipante progetto Scuole di

Pace Anna: cerco di far appassionare alla mia materia, presto attenzione alle

dinamiche relazionali fra gli alunni Maria Rita:cerco di creare condizioni per star bene a scuola Massimo: educare divertendosi (non semplice passaggio di conoscenze) Daniela: promuovere benessere fra i bambini, ascoltarli Lorenzo: laboratori di educaz ambientale e alla pace, promuovere relazioni

cooperative fra gli utenti e con gli operatori Matteo: ascolto i ragazzi, sostegno la loro progettualità Mariella: ascolto e provoco i ragazzi Emanuela: promuovo confronto e conoscenza con/ fra i ragazzi Federica: aiutare nella ricerca di soluzioni ai problemi dei ragazzi,

promuovere lo stare insieme Loretta: integrazione dei ragazzi svantaggiati nel gruppo classe

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ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO

Ivana: strumenti per gestire conflitti fra gli insegnanti e tra i bambini, tra insegnanti e bimbi

Marina: strumenti operativi per la gestione dei conflitti nei gruppi educativi, mettere a fuoco i conflitti fra gli adulti che educano

Anna: strumenti per gestire conflitti fra gli adulti Maria Rita: stimoli per il mio lavoro sull’intercultura, gestione dei

conflitti fra gli adulti Massimo: strumenti per gestire i “prepotenti” Daniela: assumere una giusta distanza nel conflitto, distanziamento

emotivo Lorenzo: strumenti per gestire conflitti fra operatori e utenti e fra gli

utenti; trasformare in conflitto in occasione evolutiva Matteo: strumenti per comunicazione esterna /relazioni con il

territorio

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•ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO

Mariella: mediare i conflitti fra i ragazzi: come? Emanuela: rafforzarmi nel mio ruolo (come “donna”), gestire conflitti

fra i ragazzi, confrontarmi con altri operatori Federica: strumenti per gestire i conflitti fra i ragazzi e fra gli adulti Loretta: il conflitto è una risorsa: come?

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MAPPATURA DELLE SITUAZIONI DI MAX DIFFICOLTA’ SUL LAVORO:

“LA FATICA DELLA DIVERSITà” Il rispetto e la condivisione delle regole fra i ragazzi Difesa della propria identità attraverso atteggiamenti di chiusura Esclusione /emarginazione (con conseguente atteggiamento aggressivo

degli esclusi) Atteggiamenti di sfida verso l’autorità / regole Comportamenti aggressivi / danneggiamenti / prepotenze dei ragazzi fra di

loro o con gli operatori Gestione di episodi di prepotenza fra gli educatori Difficoltà ad “aiutare” i colleghi nel rapporto con alcuni ragazzi Offese all’identità altra / pregiudizi (fra i ragazzi o da parte di altri adulti

anche esterni) Difficoltà a declinare gli obiettivi nell’operatività con perseveranza Bassa adesione delle famiglie alle richieste del servizio (es: partecipare ai

colloqui) Ritagliarsi compiti eccedenti rispetto al proprio ruolo

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MAPPATURA DELLE SITUAZIONI DI MIN DIFFICOLTA’ SUL LAVORO:

“LA FATICA DELLA DIVERSITà” Rispetto delle regole fra ragazzi e adulti di riferimento Conoscenza della lingua altra Difficoltà di comunicazione /conoscenza con le famiglie Rompere il ghiaccio per entrare in relazione / favorire la prima

accoglienza nel nuovo contesto Trovare spazi di collaborazione nonostante la diversità di valori fra

colleghi Riappropriarsi del proprio ruolo educativo dopo momenti di

relazione alla pari con gli utenti

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PRESENTAZIONI

RUOLO UFFICIALE NELL’ORGANIZZAZIONE

AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA

ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO

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RUOLO UFFICIALE NELL’ORGANIZZAZIONE

Stefania: educatrice CAG Silvia: CDR educatrice (maggioranza stranieri) Fabio: volontario SCN; educatore “tirocinante” Silvia: educatrice ludoteca Manuela: educatrice CDR; operatrice di progetti didattici

nelle scuole Cristiana: educatrice CDR ludoteca Rita: insegnante sc infanzia, membro commissione

intercultura Liliana: insegnante sc elementare Gabriella: insegnante sc elementare

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AREA DI ATTIVITA’ QUOTIDIANA

Stefania: osservo e ascolto i ragazzi; progetto attività Silvia: organizzo le attività; ascolto i ragazzi Fabio: faccio attività con i ragazzi Silvia: programmo e organizzo laboratori; partecipo alle attività

ludiche Manuela: utilizzo metodologie basate su attività ludiche Cristiana: organizzo laboratori, gioco con i bambini Rita: gestisco conflitti anche legati al rispetto delle regole Liliana:insegnamento delle discipline Gabriella: trasmetto valori

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ASPETTATIVE RISPETTO AL CORSO

Stefania: quali risorse esprimono i ragazzi nelle situazioni di conflitto Silvia: strumenti per gestire conflitto, distanziamento emotivo Fabio: fare esperienza di gestione dei conflitti Silvia: riuscire a non vivere il conflitto come problematico per me e

per i ragazzi del centro Manuela: stare il più oggettivamente possibile nel conflitto Cristiana: praticare coinvolgimento e distacco nel conflitto per

vederlo chiaramente e trarne benefici Rita: raccogliere materiale anche per i colleghi Liliana: gestire il conflitto con le famiglie degli alunni stranieri Gabriella: idem

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In questa settimana…

Dove non c’era diversità non usciva nulla di nuovo, non possono esserci degli stimoli

Di fronte alla possibilità di esclusione di un alunno e di un conflitto con i colleghi, ho preso tempo per ricercare insieme una soluzione condivisa, restituendo il problema al gruppo

Preferisco evitare di esplicitare il conflitto (con i colleghi) , preferisco risolvere soprattutto se ci sono di mezzo le sofferenze dei bambini

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GESTIRE CONFLITTI:BUONI/CATTIVI MAESTRI NELLA MIA

STORIA EDUCATIVA COSA ERA EFFICACE? COSA ERA DISFUNZIONALE?

Ascolto “efficace” – comprensione – dialogo - capacità di immedesimarsi nell’altro per capire

Non giudicare

Riformulare il problema

Restituire responsabilità nel ricercare soluzioni

Dare fiducia

Aiutarsi reciprocamente

Rispetto: dare pari dignità a tutti gli attori

Regole condivise, motivate

(Barricarsi dietro la propria età /ruolo per) non mettersi in dialogo

Pregiudizi: utilizzare le caratteristiche personali per “risolvere” il problema, escludere

Non ascolto: imporre il proprio punto di vista - Non voler comprendere / non dare importanza alle ragioni altrui

Imporre regole non condivise

Superficialità: far finta che l’altro non esista

Poca riservatezza

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.GESTIRE CONFLITTI:BUONI/CATTIVI MAESTRI NELLA MIA

STORIA EDUCATIVA COSA ERA EFFICACE? COSA ERA DISFUNZIONALE?

Calma, serenità

Non drammatizzare, contenere la confusione

Silenzio e immobilismo attivo per dare tempo alle parti in conflitto e lasciar sedimentare il caos

Aggiungere elementi nuovi per rompere l’escalation

Mantenere gli impegni presi (coerenza)

Mettersi in discussione

Umiliare l’altro: giudizi e interpretazioni del vissuto altrui

Prendere le parti di uno degli attori / trattamenti personalizzati - Schierarsi senza conoscere il problema

Svalutare

Utilizzare un altro conflitto per “evitare” di occuparsi del primo

Aggredire alimentando la confusione-utilizzare comportamenti violenti

Utilizzare mezzi repressivi

Abbandonare il conflitto

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In previsione del prossimo incontro…In relazione ad un conflitto aperto

/riapribile, provare a prefigurare le diverse fasi della pratica di

esplicitazione sotto indicata1. Scegliere il momento e il luogo adeguato

2. Circoscrivere il conflitto/problema da esplicitare

3. Esprimere le proprie emozioni rispetto all’accaduto (significato specifico del conflitto)

4. Dire quali motivazioni ti hanno portato/a ad esplicitare il conflitto stesso

5. Fare una richiesta alla controparte in relazione ai propri bisogni

6. Definire un esito/decisione del conflitto SUFFICIENTEMENTE BUONI PER TUTTI

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IL CONFLITTO FRA GLI ADULTI CHE EDUCANO (CULTURE ORGANIZZATIVE E

CONFLITTO)GERARCHIA CONFIDENZIALITA’ COLLABORAZIONE

Identità sociale

  Capo

  Ordine

  Autorità /arbitrarietà

  Linearità

  Formalità

  Appartenenza

  Carriera

Futuro certo

  Aspettative certe

Personalizzazione

Segreto

Star bene

    Collega

Merito/colpa

   Vicinanza/intimità

   Implicito

   Invischiamento

   Uniformità

Personalizzazioni/narcisimo

   Confusione

   Passato idealizzato

Individualismo

Pettegolezzo/confidenze

Compiti/risultati

Responsabile rispetto a

 Responsabilità

 Distanza/limite/confini

 Esplicito

  Clima di cordialità

  Differenziazione

  Integraz.nel progetto org.°

 Complessità /conflittualità

Progettualità

Agire organizzativo

Riservatezza

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IL CONFLITTO CON I COLLEGHI (COESIONE EDUCATIVA E ORGANIZZATIVA)

 

1.CONDIVISIONE DELLE INFORMAZIONI

2.DEFINIZIONE DELLE PRIORITA’

3.PRESA DELLE DECISIONI E ATTRIBUZIONE DEI COMPITI

4.MONITORAGGIO DELLE AZIONI CHE REALIZZANO LE DECISIONI PRESE

5.VALUTAZIONE DEGLI ESITI

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Riflessioni e domande aperte

PROMUOVERE RELAZIONI IMPRONTATE ALLA COLLABORAZIONE: CHE COSA MI E’ DIFFICILE FARE?

Distribuire compiti e responsabilità (non cadere nella trappola di risolvere al posto di… fare al posto di..)

Mantenere un atteggiamento cordiale / rapporti sufficientemente buoni (niente a che vedere con la simpatia, ma rispetto reciproco delle buone ragioni altrui)

Riuscire a far mantenere nel tempo gli impegni / compiti assunti

(tenere traccia del lavoro/decisioni / verificarne la sostenibilità ) Esplicitare problemi e successi / tenere traccia del lavoro Di che cosa ho paura se passo alla “collaborazione”?

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. IL CONFLITTO IN CONTESTI MULTICULTURALI

Le relazioni fra diversità culturali si configurano sempre, in qualche modo, come conflittuali,

in quanto è la compresenza stessa di diversità a determinare il conflitto,

ma esso si manifesta secondo modalità differenti, a seconda degli atteggiamenti degli

individui che concretamente lo agiscono

.

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. Per un dialogo fra soggetti appartenenti a culture diverse

E’ possibile utilizzare aspetti di una cultura diversa e stabilire una relazione con un altro, culturalmente differente anche senza capirli del tutto e, dunque, entrare in dialogo con la differenza senza la pretesa di penetrarla interamente ed una volta per tutte.

E’ possibile intendere quello che l’altro fa, dice, pensa, senza tuttavia condividere, accettare quello che si è capito

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Quale significato diamo al termine “CULTURA”?

LA CULTURA NON E’ TRASMESSA BIOLOGICAMENTE, MA APPRESA NEL CORSO DELLE ESPERIENZE FATTE DA OGNI PERSONA

2. LA CULTURA E’ UNA COSTRUZIONE SOCIALE, CIOE’ ELABORATA E TRASMESSA ATTRAVESO IL GRUPPO. TUTTAVIA, ESSA NON E’ SUBITA PASSIVAMENTE DAL SINGOLO: ESISTE INFATTI UN RAPPORTO DI CIRCOLARITA’ E DI INFLUENZA RECIPROCA TRA SINGOLO E GRUPPO

3. LA CULTURA E’ UN SISTEMA COMPLESSO ED ETEROGENEO DI ELEMENTI, A VOLTE ANCHE INCOERENTI

4. LA CULTURA E’ DINAMICA E PERMEABILE, TENDE CIOE’ A MUTARE NEL TEMPO SULLA BASE DI EVENTI INTERNI (SCOPERTE) O ESTERNI (CONFRONTO, ASSIMILAZIONI) E NELL’INCONTRO CON ALTRI GRUPPI

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. Quale significato diamo al termine “CULTURA”?

Le culture non sono dei blocchi, ma piuttosto delle reti di significato intersoggettivamente costruite all’interno di relazioni instaurate da individui concreti

Per “sistema culturale” non s'intende qualcosa di necessariamente omogeneo al suo interno e armonicamente in equilibrio, privo di contraddizioni, né tanto meno chiuso all’esterno.

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IL CONFLITTO CON GLI UTENTI(ragazzi / bambini)

COSA HO SPERIMENTATO COME INEFFICACE?(ERRORI DA NON RIPETERE)

Fare a “braccio di ferro” (muro contro muro), rigidità sulle posizioni, assumere atteggiamenti di sfida

Disattendere le regole (insostenibilità) Utilizzare punizioni Perdita / rinuncia al proprio ruolo educativo Farsi prendere dalla rabbia / emozioni non gestite Arrendevolezza Estemporaneità-impulsività / lasciar passare troppo tempo Imposizione di regole non condivise Affrontare in gruppo questioni “personali” Allontanare / escludere persone difficili

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IL CONFLITTO CON GLI UTENTI

COSA HO SPERIMENTATO COME EFFICACE? (BUONE PRASSI DA CONSOLIDARE)

Colloqui con le parti in presenza di un mediatore Colloqui individuali Cercare di com-prendere le ragioni dell’altro, provare a vedere l’altro punto

di vista Punizione (dopo avevano paura che…) Non rinunciare al proprio ruolo educativo Flessibilità (autorità e complicità) Sdrammatizzare /atteggiamento positivo Saper cogliere il momento giusto per affrontare il problema Motivare i rifiuti, regole, rimproveri… Comunicare /dare parola al proprio vissuto emotivo Guardare negli occhi la controparte/mantenere il contatto visivo Non accogliere / accogliere le provocazioni Responsabilizzare attribuendo compiti specifici

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LA REGOLA EDUCATIVALA REGOLA EDUCATIVA

La regola deve essere REALISTICA, ADEGUATA ED ESPLICITATA :

Realistica vuol dire che il bambino è in grado di praticarla.

Adeguata significa che risulta pertinente alla sua età.

Esplicitata adeguatamente vuol dire formulata con precisione e chiarezza (linguaggio positivo, impegni non condizionati)

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.

Le regole costruite senza una vera consensualità vengono facilmente disattese.

Le regole date a prescindere da una forte coesione educativa sono destinate a non funzionare.

Un’altra minaccia alla gestione delle regole è lo scarso rispetto delle regole da parte degli stessi adulti

LA REGOLA EDUCATIVA

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LA REGOLA EDUCATIVA Co-costruire il minimo necessario di regole

per la con-vivenza per promuovere motivazione, maggior qualità delle decisioni, autostima, responsabilità personale, senso di controllo sul proprio destino

Né ricompense, né punizioni, (dipendenza e paura – controllo esterno/obbedienza).. ma capacità di mettere i ragazzi/bambini di fronte alle dirette conseguenze delle proprie scelte per promuovere autonomia (controllo interno)

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IL CONFLITTO FRA GLI UTENTI

Passaggio dalla spontaneità alla facilitazione dei processi di autonoma capacità di gestire le divergenze,

restituendo ai confliggenti la responsabilità

della ricerca delle soluzioni al problema

  1. Dare una cornice riconoscibile: tempo, luogo, regole… 2. Individuare le parti coinvolte nel conflitto (di chi è il

problema?) 3. Chiarire l’oggetto /circoscrivere il problema di cui parlare 4. Fare domande per aiutare a chiarire il problema

5. Fare la sintesi di quanto affrontato insieme

6. Facilitare la individuazione di possibili soluzioni al problema 7. Assumere compiti sostenibili (“Siete sicuri di poterlo fare?”)

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La gestione costruttiva dei conflitti

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Ipotesi sul conflitto Il conflitto non è un incidente

di percorso, un imprevisto, ma appartiene alle relazioni tra le persone e le struttura (nel senso di dare forma, limite, significato specifico).

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Conflitto?

Si tratta di uno stato della relazione, che riguarda due o più persone, in cui si presenta un problema/ incompatibilità (contenuto) che crea un disagio/ fastidio (significato emotivo).

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Conflitto?

I CONFLITTI SONO SITUAZIONI NELLE QUALI DUE O PIU’ PERSONE ENTRANO IN OPPOSIZIONE O DISACCORDO PERCHE’ I RECIPROCI INTERESSI , POSIZIONI, BISOGNI, DESIDERI, VALORI SONO INCOMPATIBILI , O SONO PERCEPITI COME INCOMPATIBILI, DOVE GIOCANO UN RUOLO IMPORTANTE LE EMOZIONI E I SENTIMENTI, E DOVE LA RELAZIONE TRA LE PARTI IN CONFLITTO PUO’ USCIRNE RAFFORZATA O DETERIORATA IN FUNZIONE DI COME SI SVILUPPI IL PROCESSO DI RISOLUZIONE DEL CONFLITTO.

 (Juan Carlos Torrego Seijo, Vinco-vinci: manuale per la mediazione dei

conflitti…”, La Meridiana, 2003, pag. 7)  

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Conflitto?

I CONFLITTI SONO SEMPRE UN SEGNALE IMPORTANTE DI QUALCOSA CHE NON VA PIU’ E CHE DEVE ESSERE MODIFICATO, UNA OPPORTUNITA’ PER SVILUPPARE E MIGLIORARE I RAPPORTI RECIPROCI. E’ IL MODO IN CUI IL CONFLITTO VIENE AFFRONTATO A STABILIRE SE QUESTA OPPORTUNITA’ VENGA COLTA O NO.

(Besemer 1999, pag. 21)

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Conflitto?

IL CONFLITTO SOCIALE E’ UN’INTERAZIONE TRA ATTORI (INDIVIDUI, GRUPPI,

ORGANIZZAZIONI…ECC.) IN CUI ALMENO UN ATTORE PERCEPISCE UN’INCOMPATIBILITA’

CON UNO O PIU’ ATTORI IN MANIERA TALE CHE LA REALIZZAZIONE DEI PROPRI PENSIERI,

EMOZIONI, VOLONTA’… VENGA OSTACOLATA DA UN ALTRO ATTORE

(Glasl, 1997)

 

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LE CONDIZIONI PER STARE NEL CONFLITTO

1. Rispettare il “peso specifico” del conflitto

2. Lavorare favorendo la specificità/diversità di ciascuno

3. Imparare dal e sul conflitto

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LA PRE-CONDIZIONE: CHE IL CONFLITTO SIA LEGITTIMATO /

DISPIEGATO

L’incompatibilita’ deve manifestarsi in un agire concreto

Almeno un attore deve attribuire all’altra parte il motivo dell’impedimento alla propria (auto)-realizzazione

Gli attori devono reciprocamente riconoscersi come controparti nel conflitto

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Approcci al conflitto

Normativo (Bastano le regole per evitare i conflitti)

Affettivo (Non possiamo permettere al conflitto di rovinare la nostra

relazione)

Trasformativo Il conflitto ci chiede di trovare esiti in misura dei nostri

bisogni/interessi

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IL QUADRANTE DEI CONFLITTI

 CONFLITTO INTRAPERSONALE

Area della conoscenza di sépartendo dalla propria storia

professionale(emozioni, aspettative, passaggi di

ruolo)

CONFLITTO INTERPERSONALEArea della negoziazione(esplicitazione, ascolto e comunicazione assertiva,

Individuazione interessi comuni)

 CONFLITTO ESTERNO

Area del dare aiutocome facilitatore dei processi di autonoma capacità di gestire le

divergenze(neutralità empatica, facilitazione)

 CONFLITTO ORGANIZZATIVO

Area della coesione come disponibilità a comunicare e decidere fra soggetti

con simili responsabilità (trasformare la lamentela in

cambiamento, integrare i bisogni individuali con gli obiettivi

organizzativi)

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Glossario minimo

REAZIONESi tratta di un automatismo, di un'azione

estemporanea e tempestiva che priva il soggetto della possibilità di attivare

risorse creative più raffinate, più meditate; favorisce la fuoriuscita di

modalità arcaiche, istintive

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Glossario minimo

GESTIONE Si tratta di agire intenzionalmente e

consapevolmente per orientare la trasformazione del conflitto in una certa

direzione, tenendo conto dei propri bisogni/interessi e di quelli dell’altro/a

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Glossario minimo

RABBIASi tratta di un’emozione che ha un carattere

esplosivo e temporaneo

VIOLENZADanneggiamento intenzionale dell’avversario

per creare un danno irreversibile. Volontà di risolvere il problema (conflitto)

eliminando chi porta il problema stesso. Area dell’eliminazione relazionale

(distruzione).

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.

.

LE CONDIZIONI PER ENTRARE NEL CONFLITTO

1. Quanti / quali conflitti esistono (latenti e manifesti)?

2. Chi sono gli attori del conflitto?3. Le parti hanno desiderio / necessità

della relazione?4. Le parti intravedono un “guadagno”

dalla esplicitazione/assunzione trasformativa del conflitto?

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GESTIONE TRASFORMATIVA DEI CONFLITTI

 A B

L’altra persona viene identificata con il problema   A

ProblemaB

 Il problema viene riconosciuto e risolto insieme

 

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La trasformazione (gestione costruttiva) dei conflitti

INTENDIAMO PER COSTRUTTIVI I MODI DI GESTIONE DEL CONFLITTO CHE:

NON MIRANO A DISTRUGGERE O LEDERE L’AVVERSARIO

INTENDONO MANTERE APERTI CANALI COMUNICATIVI PROMUOVONO SOLUZIONI (DEI PROBLEMI CHE

SOTTOSTANNO AL CONFLITTO) IN GRADO DI SODDISFARE I BISOGNI FONDAMENTALI DI TUTTE LE PARTI COINVOLTE

RICERCHINO ESITI SOSTENIBILI NEL TEMPO (FINO AD UN CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI DI FONDO)

(Arielli-Scotto 1998, pag 181)

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Le fonti del conflitto

Identità

Interessi Valori

Emozioni

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UNA PRATICA DI ESPLICITAZIONE: un primo passo per la trasformazione dei

conflitti 1. Scegliere il momento e il luogo adeguato

2. Circoscrivere il conflitto/problema da esplicitare

3. Esprimere le proprie emozioni rispetto all’accaduto (significato specifico del conflitto)

4. Dire quali motivazioni ti hanno portato/a ad esplicitare il conflitto stesso

5. Fare una richiesta alla controparte in relazione ai propri bisogni

6. Definire un esito/decisione del conflitto SUFFICIENTEMENTE BUONI PER TUTTI

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LA NEGOZIAZIONE IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

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LA NEGOZIAZIONE IN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

La negoziazione è un processo di ricerca dinamico e volontario: attraverso un continuo riposizionamento rispetto all’altro e rispetto a sé punta a trovare esiti accettabili, parziali e temporanei per le parti, e non soluzioni. Le competenze in gioco sono di tipo comunicativo ed emotivo.

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I PRINCIPI DELLA NEGOZIAZIONE RAGIONATA

1. DISTINGUERE LA PERSONA DAL PROBLEMA; AGGEDIRE IL PROBLEMA E NON LA PERSONA

2.  ORIENTARSI AL FUTURO (DAL PERCHE’ AL COME)

3.  COMUNICARE RISPETTO E ACCETTAZIONE RECIPROCA

4. CONCENTRARSI SUGLI INTERESSI IN GIOCO (TIMORI, BISOGNI, DESIDERI) E NON SULLE PRESE DI POSIZIONE

5. SVILUPPARE SOLUZIONI CHE PROCURINO RECIPROCO BENEFICIO

6. ASSUMERE COMPITI SOSTENIBILI NEL TEMPO

7. PREVEDERE LA POSSIBILITA’ DI SOLUZIONI INTERMEDIE EVITANDO LA CULTURA DELLA TEMPESTIVITA’

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LA MEDIAZIONEIN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

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LA MEDIAZIONEIN PROSPETTIVA TRASFORMATIVA

La mediazione è un metodo di gestione dei conflitti, dove le parti fanno volontariamente ricorso ad una terza parte non implicata nel conflitto. Il mediatore crea le condizioni per ripristinare la relazione e attivare la negoziazione e quindi facilitare la ricerca di un esito accettabile (accordo).

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Alcune parole sulla MEDIAZIONE

“ LA MEDIAZIONE PROMUOVE UNA SOLUZIONE NELLA QUALE TUTTE LE PARTI COINVOLTE GUADAGNANO O OTTENGONO UN BENEFICIO, E NON SOLO UNA DI ESSE. PER QUESTO (…) EVITA LA RELAZIONE DI TIPO DICOTOMICO “VINCITORE-PERDENTE”. PER QUESTO E’ ANCHE UN METODO IDEALE PER QUEI CONFLITTI NEI QUALI LE PARTI IN CONTRASTO DEVONO O DESIDERANO CONTINUARE LA RELAZIONE.”

 

(Torrego Seijo, 2003, pagg.7.-8)

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Alcune parole sulla MEDIAZIONE

“I MEDIATORI NON PRENDONO DECISONI SULLA CONTROVERSIA , NON SONO ARBITRI O GIUDICI. INTERVENGONO UNICAMENTE PER RIPARARE IL GUASTO COMUNICATIVO, RESTITUENDO ALLE PARTI LA RESPONSABILITA’ DELLA GESTIONE DEL CONFLITTO.”

(Gaiotti-Mierolo, 2000, p.108)

 

 

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LE FASI DEL PROCESSO DI MEDIAZIONEPREMEDIAZIONE Quanti / quali conflitti riusciamo a individuare?

Di chi è il conflitto?

La relazione fra le parti è necessaria/desiderata?

Quali vantaggi / minori danni intravedete dalla partecipazione al processo di mediazione?

CONTRATTO E REGOLE DEL GIOCO

Cosa possiamo fare insieme ?

INDIVIDUARE IL PROBLEMA

Cosa è accaduto? Quali difficoltà state sperimentando (emozioni + effetti concreti)?

DEFINIRE GLI INTERESSI IN GIOCO

Di quali bisogni / interessi siete portatori?

PROPORRE ESITI Come potete far evolvere la situazione in modo sufficientemente buono per entrambi?

STIPULARE UN ACCORDO Cosa decidete di fare?

Chi fa, cosa, come, dove, quando?

VERIFICARE L’ACCORDO Com’è andata? Cosa proponiamo per migliorare l’accordo?

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Alcune parole sulla MEDIAZIONE

TRASFORMAZIONE (NON RISOLUZIONE) DEL CONFLITTO

Aiuta a diminuire gli effetti indesiderati legati al conflitto Assume il conflitto come occasione per ristrutturare le

relazioni, facendole evolvere in senso costruttivo.

TERZIETA’ Uscita dalla logica del “io vinco, tu perdi” (pensiero duale, aut

aut), per approdare alla logica “io vinco, tu vinci”

EMPOWERMENT (CAPACITAZIONE) Restituisce alle parti capacità decisionale /responsabilità, senza

più delegare ad altri la soluzione dei propri problemi.

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PROCESSUALITA’ Allontana l’”ansia da soluzione”, ridando al conflitto il proprio

tempo/spazio per essere pensato Aiuta le parti a riconoscere i risultati progressivamente raggiunti e ad

individuare le aree di ulteriore sviluppo.

GENERATIVITA’ Aiuto alla ricerca di soluzioni al problema in grado di procurare

reciproco beneficio Aiuto alla costruzione di opzioni non ancora praticate, ma

praticabili/possibili, e che permettano di potenziare gli elementi costruttivi (generativi) della relazione.

DISTANZIAMENTO Assunzione di una distanza temporale/spaziale/emotiva rispetto al

conflitto agito in maniera reattiva /impulsiva /automatica.

VOLONTARIETÀ Verifica della decisione libera e volontaria delle parti di entrare in

mediazione (le parti in conflitto possono ritirarsi dalla mediazione in qualunque momento)

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COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO” DEL MEDIATORE

1. APRE GLI INCONTRI

Definisce obiettivi limitati, circoscritti, realistici, misurabili

Gli argomenti vengono divisi per risolverli uno alla volta

2.    TIENE LA DISCUSSIONE ENTRO LE LINEE GUIDA

Aiuta a rimanere in argomento, attorno al tema centrale, evitando le dispersioni

Aiuta e stimola a discutere i problemi sul tappeto e ad elaborare concrete proposte di soluzione, facendo sì che tutti possano intervenire attivamente

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COMPITI DI TIPO “COMUNICATIVO” DEL MEDIATORE

3.    SVILUPPA UN’ATMOSFERA COLLABORATIVA E AMICHEVOLE (PER QUANTO POSSIBILE) Individua e depotenzia gli spunti polemici e i riferimenti a presunti torti passatiRompe i tentativi di monopolizzazione della discussione e invita a discorsi chiari e sinceri

4.    RIASSUME E RILANCIAProduce sintesi provvisorie (i risultati raggiunti, le tesi in contrastoInvita ad una ulteriore produzione di idee

 5.    CONCLUDE L’INCONTRORiassume i risultati a cui si è pervenuti, mette a fuoco i punti su cui non è stato raggiunto un accordo e sui è necessario riprendere la discussione