la mole antonelliana

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La Mole Antonelliana e Galleria Vittorio Emanuele IILa Mole Antonelliana il monumento simbolo della citt di Torino. Situata nel centro storico della citt, a ridosso del quartiere Vanchiglia, prende il nome dall'architetto che la costru, Alessandro Antonelli. Raggiunge un'altezza di 167,5 metri. La massiccia parte inferiore costruita in muratura ed a base quadrata; sopra di essa si innalza una cupola. Il guscio della cupola, che ne rappresenta anche lo schema strutturale, formato da due muri sottili (12 cm di spessore) separati tra di loro da una distanza di 2 metri. All'ingresso della struttura vi un pronao a colonne, mentre al di sopra della cupola vi sono un piano aggiuntivo colonnato (il cosiddetto "Tempietto") e una guglia rinforzata internamente in acciaio assai sviluppata in altezza. Il cosiddetto "Tempietto" (a circa met altezza, a quota 85,24 m) raggiungibile mediante un ascensore che risale al centro la cupola della Mole, dando ai visitatori una panoramica interna a 360 gradi. Il primo ascensore all'interno della Mole fu costruito nel 1964. Nel 1987 fu costruito un secondo impianto che fu attivo fino al 1996, quando la Mole venne ripensata come sede permanente del Museo Nazionale del Cinema. L'attuale ascensore panoramico, gestito dalla GTT ed entrato in funzione nel luglio del 2000, dotato di pareti laterali totalmente trasparenti in cristallo di sicurezza ed sollevato mediante 4 funi in acciaio che scorrono su delle guide le quali garantiscono l'assenza di oscillazioni durante la risalita. La corsa della cabina si compie in circa 1 minuto, alla velocit di 5 km/h (1,5 m/s). Storia La costruzione della Mole inizi nel 1863, nel luogo dove sorgeva uno dei bastioni costituenti le mura della citt poi demolite per ordine di Napoleone Bonaparte ad inizio '800. Originariamente doveva essere una sinagoga: infatti era appena stata concessa da Carlo Alberto la libert ufficiale di culto alle religioni non cattoliche e la comunit ebraica voleva costruire un tempio con annessa una scuola. I quattro progetti presentati furono infatti ritenuti non confacenti allo scopo da una commissione di esperti, la quale sugger alla Comunit ebraica di chiedere un parere al professore ingegnere Alessandro Antonelli. La scelta di Antonelli come architetto si rivel infelice per la comunit ebraica, perch propose una serie di modifiche che avrebbero innalzato la costruzione a 113 metri, ben oltre i 47 metri originari per la cupola. Tali modifiche, l'allungamento dei tempi di costruzione e i maggiori costi, risultarono sgraditi alla comunit ebraica che nel 1869, per mancanza di fondi, fece terminare i lavori con un tetto provvisorio. Nel 1873 venne alla fine fatto uno scambio con la citt di Torino, che diede loro un altro terreno per costruire l'attuale sinagoga e si prese in carico la Mole da terminare, che sarebbe stata dedicata al re Vittorio Emanuele II. Si decise cos di destinare la Mole a sede del Museo Civico, ma alla morte di Vittorio Emanuele II nel 1878, il Consiglio comunale pens di destinarla a sede del Ricordo Nazionale dell'Indipendenza Italiana. La Mole diventava cos simbolo di una Torino che coltivava, al tempo stesso, l'amor di patria e il culto positivo per la scienza e la modernit. Antonelli riprese la costruzione, con una serie di modifiche in corso d'opera che portarono l'altezza complessiva a 146, 163,35 e infine 167,5 metri (con l'aggiunta in cima della statua del "genio alato" alta 4 m), facendola diventare l'edificio in muratura pi alto d'Europa e del mondo fino al 23 maggio 1953, quando la guglia originaria croll. Questo titolo pass quindi ad un'altra opera antonelliana, la cupola della Basilica di San Gaudenzio a Novara. Antonelli lavor alla Mole fino alla morte: era diventata leggendaria quella sorta di rudimentale ascensore azionato da una carrucola che portava il quasi novantenne architetto a diverse decine di metri d'altezza per verificare personalmente lo stato dei lavori. Antonelli non vide per il completamento della costruzione: la Mole fu infatti inaugurata nel 1889, ad un anno dalla sua morte, come sede del Museo del Risorgimento. Fu per portata a termine dal figlio Costanzo coadiuvato fino all'anno 1900 dall'allievo del padre Crescentino Caselli, mentre l'architetto Annibale Rigotti decor gli interni tra il 1905 e il 1908. La Mole fu, tra l'altro, una delle prime costruzioni a venire illuminata mediante piccole fiammelle di gas cittadino sul finire del XIX secolo. Una volta trasferito il Museo del Risorgimento a Palazzo Carignano, tra gli anni sessanta e gli anni novanta la Mole stata usata prevalentemente come "balcone sulla citt" (grazie al gi citato ascensore), oltre che per mostre estemporanee. L'interesse della citt sembr diminuire in assenza di una collocazione definitiva per la struttura. Dopo 4 anni (1996-2000) di chiusura per ristrutturazione, necessari a rinnovare l'ascensore e ad eliminare parte degli archi di supporto in cemento, la Mole diventata sede permanente del Museo nazionale del Cinema, che ospita macchine ottiche pre-cinematografiche (lanterne magiche), pezzi provenienti dai set dei primi film italiani ed altri cimeli, in un allestimento suggestivo. Dal 1998, in occasione della ridefinizione dell'illuminazione esterna e della nascita della manifestazione "Luci d'Artista", sul fianco della cupola si pu vedere un'installazione di Mario Merz, Il volo dei numeri, con l'inizio della successione di Fibonacci che s'innalza verso il cielo. La Mole Antonelliana non ha mai avuto vita felice. L'opera ha infatti subito sofferto di problemi strutturali, data la dimensione areale relativamente ridotta della base e il notevole peso che doveva supportare. Il terreno su cui sorge era, come detto, luogo di uno dei bastioni costituenti le mura della citt: demolite tali mura per ordine di Napoleone Bonaparte ad inizio '800, possibile che il terreno non fosse ancora completamente riassestato quando

si costru la Mole. Durante la sua costruzione, il terremoto del 23 febbraio 1887 fece emergere proprio questa problematica e perci costrinse a modificare il progetto per consentire al terreno di completare senza danni il processo di consolidamento sotto carico. Queste modifiche, decise dall'Antonelli stesso, consistevano in un intelligente sistema di catene di contenimento, tiranti in ferro e intreccio di archi in mattoni; si trattava in pratica di un significativo rinforzo strutturale ottenuto con accorgimenti tecnici che pesavano molto poco, gravando in modo trascurabile sulla struttura. La statua del "genio alato" collocato sulla punta del monumento venne abbattuto da un fulmine durante il nubifragio dell'11 agosto 1904, rimanendo prodigiosamente in bilico sul terrazzino sottostante nonostante le sue tre tonnellate; fu poi sostituito da una stella a cinque punte di pi di quattro metri di diametro. La statua del genio si pu ancora vedere all'interno della Mole, e viene regolarmente scambiato per quella di un angelo. Il 23 maggio 1953 alle ore 19,25 un altro violentissimo nubifragio, accompagnato da una tromba d'aria, fece precipitare ben 47 metri della guglia nel piccolo giardino della RAI sottostante e ancora prodigiosamente senza provocare danni alle persone; fu poi ricostruita e conclusa il 31 gennaio del 1961 non pi in muratura ma con una struttura interna metallica rivestita di pietra. Durante i lavori di consolidamento si era deciso di stabilizzarne l'interno con enormi archi di cemento, che per snaturavano completamente l'interno dando uno sgradevole senso di claustrofobia; tra l'altro si erano levate anche voci critiche, che temevano che la troppa rigidit data alla struttura con questa cementificazione risultasse addirittura dannosa, riducendone la possibilit di oscillazioni elastiche, ed avendo secondo alcuni influito sul crollo della guglia nel 1953, a causa della modifica delle risposte dinamiche alle sollecitazioni esterne subite dalla costruzione. L'Edificio Nel progetto originario l'Antonelli un la sua cultura neoclassica alla tradizione locale barocca, spingendo le membrature al limite delle possibilit di tenuta attraverso l'uso di catene di ferro. Su questa struttura s'innalza la cupola. A pianta quadrata, la costruzione presenta una massiccia parte inferiore, la cui facciata di forme classicheggianti. Fu realizzata senza ricorrere a strutture metalliche, ancora troppo onerose a quel tempo in Italia, con una struttura muraria a scheletro. Le decorazioni interne andarono completamente distrutte in seguito ai lavori di consolidamento iniziati nel 1930, che portarono alla creazione di una struttura in cemento armato indipendente e sostitutiva di quella antonelliana. Mole Antonelliana, simbolo della citt di Torino e storia di un geniale ingegnere e architetto di Piercarlo Comolli, ingegnere in Milano. Quest'opera, non a caso, condivide con la Torre Eiffel (unici edifici al mondo) la singolare prerogativa di venire individuata col nome di chi l' ha concepita e realizzata. Le ragioni per cui questa costruzione poco pi che centenaria ha emarginato molti altri significativi edifici di Torino assai pi antichi e carichi di storia non sono celebrative di patrie memorie bens la sua arditezza tecnica e la sua tribolata costruzione. LAntonelli elabor per i piani fuori terra un criterio costruttivo innovativo rispetto ai canoni del tempo, consistente nel sostituire alle tradizionali murature portanti continue in laterizio un sistema di supporti isolati, detti "fulcri", formati da colonne e pilastri. Cos facendo Antonelli ridusse drasticamente l'impiego dei mattoni (realizzando una consistente economia) e prospett una planimetria edificabile libera da ostacoli e vincoli murari, conseguendo la massima fruibilit dello spazio nonch la sua illuminazione ed aereazione dirette. Oggi con il calcestruzzo armato si risolvono i problemi costruttivi pi intricati ma a quel tempo esso era ancora sconosciuto nella pratica a causa dello scandaloso ribaltamento del tradizionale concetto di sovrapposizione di elementi solidi uno sull'altro per far luogo a colate di materia semifluida in forme cave in attesa del consolidamento. Al di sopra delle fondazioni in cotto tradizionali, il sistema portante realizzato fu di 20 "fulcri" formati ciascuno da 4 colonne e pilastri essi pure in cotto, distribuiti ad intervalli regolari di m. 5,40 l'uno dall'altro, realizzando una maglia strutturale quadrata che dal piano terra veniva ripetuta anche ai piani superiori di quota 5 m, 10 m, 15 m, e successivamente ma modificata al piano di quota 25 m. In origine i disegni prevedevano soltanto due ordini di piani sovrastati da una cupola con lanterna, ma gi nel 1863, alla consegna dei lavori, il progettista present una prima variante consistente nelladozione di un pronao a colonne posto all'ingresso dell'edificio e per ci stesso una modifica dell'assetto planimetrico. Infatti il pronao di ingresso, a carattere monumentale, rendendo indipendente l'accesso allaula liturgica, posta a piano terra, dalla sede degli scaloni adducenti ai piani superiori, modific la configurazione architettonica della facciata principale e la direttrice di simmetria dell'edificio permettendo una migliore distribuzione dei percorsi interni a partire dal piano sotterraneo di fondazione. Anche il termine dei lavori, previsto per il 1866, non venne rispettato mentre la Committenza inizi ad accorgersi che l'Antonelli "divorato dalla smania di accoppiare il suo nome ad un monumento di singolare maestria", aveva quasi di soppiatto realizzato un terzo ordine di piani superiori nell'intento "di portare l'edificio ad una smisurata altezza". Questa seconda variante oltre ad introdurre il terzo piano prevedeva una modifica della cupola che da tonda con lanterna passava a padiglione con guglia destinata a diventare l'elemento architettonico predominante e con forte significato simbolico: l'altezza dell'edificio alla fine dagli iniziali 47 m raggiungeva ben 113,57 m. Il progetto della nuova copertura, concepita dalla trasformazione conica di una superficie cilindrica

irrigidita da nervature prevedeva due calotte concentriche sovapposte in modo di formare unintercapedine connesse tra loro da una struttura cellulare realizzata dal sistema di nervature collegate orizzontalmente. Per supportare il notevole peso della cupola e non potendo fare affidamento alla sola rete dei fulcri sottostanti perch troppo intervallati, il progettista escogit un sistema di sostegno ad arconi a tre centri posti a collegamento dei fulcri dell'ultimo piano alleggerendo cos l'intuitiva, pi semplice ma pi pesante oltrech architettonicamente inaccettabile muratura continua. Anche l'assetto stilistico esteriore era stato variato in corso d'opera rispetto al progetto iniziale ed una scansione alternata di lesene e colonne diverso da piano a piano a seconda dei livelli dal suolo contribuiva a dare un sempre maggior slancio all'elemento terminale rappresentato dalla cupola con guglia formata da una doppia lanterna sovrapposta. La fantasia dell'artista costruttore non poteva alla lunga non sollevare il problema della stabilit dell'edificio, cosa che venne evidenziata per la prima volta nel 1888 su un trattato di costruzioni civili dove si faceva rilevare che gli arconi di sostegno della cupola non erano caricati simmetricamente rispetto alla loro conformazione. Nei successivi nove anni vennero svolte su incarico del Comune di Torino una serie di verifiche di stabilit dell'edificio che fornirono pareri contrastanti ma che in sostanza erano concordi nell'attribuire il rilevante numero di cedimenti e fessurazioni, riscontrabili sopratutto negli arconi di sostegno della volta, agli assestamenti delle fondazioni dell'edificio nel particolare terreno alluvionale inadatto a reagire ad ingenti pressioni concentrate. Verso il 1872 la Committenza cominci a prendere in considerazione l'ipotesi di alienare il fabbricato, nel tentativo di indurre Antonelli a portarlo finalmente a compimento adottando anche soluzioni strutturali meno impegnative, come suggerito dai tecnici comunali. Tale ipotesi venne respinta sdegnosamente da Antonelli il quale, in una lettera al Sindaco scrisse di non voler diventare il "carnefice" della propria opera. Fu allora richiesto un parere alla Societ degli Ingegneri ed Industriali di Torino, alla quale quasi certamente apparteneva anche l'Antonelli, che nella propria perizia sulla stabilit dell'edificio concludeva a favore del completamento secondo il progetto. Rassicurata cos la Committenza, che si rendeva conto della bellezza e dell'importanza anche simbolica dell'opera che Antonelli stava erigendo non solo nell'interesse della Comunit ebraica ma anche dell'intera citt di Torino, si tent di coinvolgere finanziariamente la Municipalit. Nel marzo del 1873 la Giunta Comunale accettava di rifinanziare il progetto ma alla duplice condizione di: elargire i fondi solo al termine dei lavori e ad un ulteriore accertamento di stabilit dell'edificio da parte di una speciale commissione formata da cinque professionisti. La perizia riport in alto mare l'ultimazione dei lavori avendo messo in dubbio la stabilit dell'insieme a causa della esilit dimensionale delle strutture di sostegno della volta. Cercando con tenacia di mettere d'accordo i risultati di questa perizia col parere opposto della precedente favorevole al completamento dell'opera, la Committenza chiese allora l'intervento della Commissione Comunale di Ornato. A quel tempo l'ornamento degli edifici rappresentava una componente non marginale del fabbricato perch non unicamente decorativa ma anche funzionale alla struttura stessa. Questa volta, sperando in una maggiore obiettivit di giudizio rispetto a quella esprimibile da persone del luogo,vennero nominati periti due Ingegneri di Milano, i quali con involontario umorismo suggerirono di abbandonare la cupola cuspidata per realizzare in suo luogo una struttura leggera in ferro ispirata alla architettura arabo moresca. La Commissione di Ornato tent di conseguenza, ma invano, di suggerire all'ostinato Antonelli di ridimensionare le proprie ambizioni ingegneristico-architettoniche ma il progettista, appellandosi ai "sentimenti pi nobili del progresso civile" riusc a tener testa a qualsiasi richiesta riduttiva. Nel frattempo accadde un fatto curioso: venne resa pubblica una tesi di laurea sull'edificio della Mole, redatta con estrema cura analitica e argomentata scientificamente , dove, per la prima volta, si entrava nello specifico della concezione realizzativa della struttura antonelliana e si rendeva eloquentemente comprensibile la tecnica costruttiva impiegata. La tesi contribu di fatto a ridimensionare l'allarme sollevato dallo stato dei dissesti riscontrati ed inoltre, aggiungendo una nota dettata dal buon senso, faceva rilevare che la miglior prova di stabilit veniva fornita dal fatto" che la costruzione sta e sfida gli uragani da cinque anni, scoperta , incompleta ed in stato di abbandono" senza riportare danni o cedimenti. Ormai il dibattito sul monumento aveva superato gli stretti ambiti tecnici coinvolgendo tutta l'opinione pubblica della citt e mettendo in imbarazzo la Committenza, che, accusata di megalomania, decise di rinunciare all'edificio vendendolo al Comune. Per motivare ragionevolmente tale acquisizione il Comune richiese un'ulteriore perizia ad una nuova commissione formata da 5 membri del Consiglio comunale e da 4 ingegneri provenienti da regioni diverse d'Italia che, fortunatamente, fug ogni dubbio circa la stabilit dell'edificio. Nel 1877 fu istituito un Comitato tutelare del Monumento e si promosse una pubblica sottoscrizione finalizzata a portare a termine i lavori secondo il progetto dell'Antonelli. Riaperto il cantiere e ripresi i lavori, in soli 5 mesi una squadra di 6 muratori, sotto la direzione dell'Antonelli, portarono a completamento la struttura della cupola a meno del rivestimento, col ch l'edificio poteva dirsi terminato e che quello che quasi integralmente ancora oggi visibile. I lavori di completamento degli interni e degli esterni tennero successivamente occupato l'Antonelli per circa due anni ma nel 1880 il suo animo irrequieto lo port ad impostare unulteriore variante alla lanterna terminale. La lanterna questa volta veniva impostata su due ordini di colonne in granito, coronata da metope allegoriche delle divinit fluviali del Piemonte e completata da unagile guglia

prismatica culminante con una stella poi sostituita con una statua allegorica in rame dorato dedicata al "genio alato, nume tutelare della nostra Patria e della augusta Casa Sabauda" nonch simbolo del progresso e delle arti liberali. L'edificio aveva raggiunto l'incredibile altezza di 163,35 m, primato assoluto per un fabbricato in muratura. Il Comune impaziente e desideroso di porre fine alla travagliata storia rinunci ad ogni velleit di resistenza nei confronti di ogni variante introdotta sul campo dall'Antonelli e relativi costi pur di far terminare l'opera al pi presto il che avvenne il 10 aprile 1889: purtroppo l'ingegnere Antonelli aveva cessato di vivere nell'ottobre 1888 all'et di 90 anni. Nel 1900 il Comune decise di chiudere definitivamente il cantiere e con esso finiva una vicenda umana durata quasi trent'anni. Il novecento offre a questo edificio simbolo un nuovo travagliato capitolo di storia con tentativi di brutale consolidamento negli anni trenta ed attraverso il duro e rovinoso periodo bellico. Ma la Mole, ancorch non utilizzata entrata a far parte ormai del tessuto vitale di Torino e dell'anima dei suoi abitanti,per cui il ventunesimo secolo si apre finalmente col totale recupero dell'edificio nel rispetto delle geniali soluzione strutturali dell'Antonelli esaltando ancora di pi il suo valore simbolico ed il genio del progettista. Le grandi Costruzioni con le nuove tecniche Anche la tecnica, in fatto di costruzioni nella seconda met dell'Ottocento risente con grande efficacia gli effetti del secondo rinnovamento industriale e delle scienze. Negli ultimi decenni del Settecento ed agli inizi dell'Ottocento, si consolida una nuova tecnica costruttiva, anche grazie allevoluzione nel campo della siderurgia. In precedenza, il ferro ed i suoi derivati, in fatto di costruzioni, erano impiegati esclusivamente come "elementi accessori" delle strutture principali. Con la rivoluzione industriale, la produzione di ghisa e ferro lavorato viene offerta a costi molto pi bassi, consentendo un impiego pi largamente diffuso, anche nel campo delle grandi costruzioni. La ghisa inizia cos a sostituire le strutture murarie diventando elemento portante, mentre il ferro viene lavorato in travi che formano elementi da connettersi tra loro. Da questo momento si inizia a distinguere l'ingegneria dall'architettura. La prima, sentita come risultato puramente tecnico e di calcoli matematici e fisici, la seconda come il risultato della creativit. Dalla seconda met dellOttocento in poi, queste nuove configurazioni di struttura portante incontrano un pi vasto campo di applicazioni, nell'edificazione rapida di grandi padiglioni per le altrettanto grandi manifestazioni. La tecnica del ferro e del vetro lavorato, comune nelle serre, viene impiegata in Italia, per costruzioni di grandissime dimensioni dall'architetto Giuseppe Mengoni (1827-1877), il padre della famosa Galleria Vittorio Emanuele ll a Milano (1870 - 1878), che collega piazza del Duomo a piazza della Scala. Mengoni intuisce le potenzialit di tale tecnica, non solo come rapido mezzo per edificazione a livello industriale, ma, soprattutto come importante mezzo di espressione, lasciando la struttura di acciaio in vista e sfruttandone, le possibilit di avere molta luce negli interni, sostituendo superfici opache con le trasparenze del vetro. Innovativo anche lo scopo per il quale viene concepita la galleria, progettata come punto dincontro pubblico nel centro della citt. Nella decorazione degli interni e nella parte frontale esterna della galleria, il Mengoni tornato allo stile neorinascimentale. La Galleria Vittorio Emanuele II di Milano un passaggio coperto che collega piazza della Scala e piazza Duomo tra loro e con due vie (via Silvio Pellico e via Ugo Foscolo) tramite due corti bracci perpendicolari all'asse principale. Fu progettata dall'architetto Giuseppe Mengoni e realizzata a partire dal 1865 in uno stile eclettico, con grottesche, cariatidi, lunette e lesene, tipico della seconda met dell'Ottocento milanese. In Galleria hanno sede numerosi negozi di griffe e marchi prestigiosi oltre che famosi caff e ristoranti, da qualche anno compagni anche di una nota catena di fast food. considerata, con Via Montenapoleone e Via della Spiga, una delle sedi dello shopping di lusso meneghino. Storia Nella prima met del XIX secolo Milano guardava alle grandi capitali europee come Londra e Parigi come esempio di urbanizzazione. Soprattutto perch la citt si stava scoprendo come principale citt industriale della penisola e le innovazioni tecnologiche erano il simbolo della seconda rivoluzione industriale e di conseguenza del grande cambiamento sociale che si era messo in moto. Il Crystal Palace di Londra, il ponte di ferro sul Severn, erano un esempio di come la tecnologia fosse al servizio dell'architettura anche con un discreto senso estetico. La Galleria di Milano, con le sue strutture di ferro a vista, fu uno degli esempi a cui si sarebbe ispirato Gustave Eiffel, pochi anni dopo. Nel 1859 si fece seria l'idea di un passaggio coperto che collegasse piazza Duomo a piazza della Scala. La zona prescelta era quella a sinistra del Duomo, edificata con piccole costruzioni non consone all'immagine che la municipalit voleva dare alla piazza. Il comune indisse un concorso internazionale al quale parteciparono 176 architetti e che vide vincitore il giovane Giuseppe Mengoni, il quale propose una lunga galleria attraversata da un braccio, con al centro dell'incrocio una grande "sala" ottagonale: la copertura prevedeva un'ossatura in ferro e il resto in vetro. I due ingressi principali, quelli del braccio pi lungo, previdero inoltre due grandi archi trionfali. I

capitali necessari si trovarono costituendo una societ in Inghilterra promettendo ricavi dalle propriet in costruzione, la stessa che fabbric l'ossatura in ferro e la sped a Parigi per essere assemblata. Quando questa societ fall, il Comune di Milano assunse la propriet e continu a fornire il capitale necessario. Nel 1865 iniziarono i lavori con la posa della prima pietra da parte di re Vittorio Emanuele II di Savoia e due anni pi tardi si inaugur la Galleria, anche se non completamente terminata. Circa dodici anni dopo finalmente il complesso fu terminato. Giuseppe Mengoni, l'ideatore della Galleria, vi mor proprio precipitando dalla cupola durante un'ispezione il 30 dicembre 1877, anche se non manc l'interpretazione che si trattasse di un suicidio, dovuto alle critiche espresse da pi parti e alla delusione per la mancata presenza del re all'inaugurazione. Non si poteva sapere che tale assenza era dovuta alle gravi condizioni di salute di Vittorio Emanuele II, tenute segrete, e che il re sarebbe morto dopo pochi giorni. Durante la seconda guerra mondiale, nelle notti del 13 e del 15 agosto 1943, la Galleria venne colpita dai bombardamenti aerei alleati. La Galleria stata interessata da un restauro negli anni sessanta del XX secolo che ha portato al rifacimento della pavimentazione. Da qualche anno l'Ottagono usato dal comune di Milano per illustrare a turisti e cittadini i cambiamenti o le manifestazioni che interessano la citt meneghina con piccole mostre estemporanee. La galleria ospita negozi di alcuni fra i pi famosi marchi italiani ed internazionali. All'interno della galleria presente anche l'unico albergo 7 stelle esistente al mondo, il Town House Galleria. L'Ottagono centrale considerato il salotto della citt. Sul suo pavimento, al centro, realizzato a mosaico lo stemma di Casa Savoia. Ai suoi lati, sempre in mosaici, sono rappresentati gli stemmi delle quattro citt che in epoche diverse sono state capitali del Regno d'Italia: nell'ordine Milano (con Napoleone), poi Torino, Firenze e infine Roma (coi Savoia). Nelle lunette attorno alla volta, sono raffigurate le allegorie dei quattro continenti: Africa, Asia, Europa e America. Nell'ottagono centrale, oggi luogo privilegiato per eventi e installazioni, situato sul pavimento il simbolo araldico dei Savoia con una croce bianca in campo rosso. Intorno sono posti gli stemmi di quattro fra le pi importanti citt italiane: il toro di Torino, la lupa di Roma, il giglio di Firenze e la croce rossa in campo bianco di Milano. Oltre ai disegni della pavimentazione dell'ottagono centrale, la galleria mette in mostra anche 24 statue che raffigurano italiani illustri. Sei, pi grandi delle altre, rappresentano Volta, Michelangelo, Galileo, Cavour, Leonardo, Pier Capponi e sono state eseguite dallo scultore Magni. I due ingressi principali, quelli del braccio pi lungo, previdero inoltre due grandi archi trionfali. Con il bombardamento aereo sulla citt di Milano nell'agosto del 1943, la Galleria ha subito notevoli danneggiamenti ed in tale occasione l'arco verso Silvio Pellico stato distrutto per la maggior parte. Nel 1953 stata iniziata un'attenta ricostruzione che ha cercato di riproporre il pi fedelmente possibile l'architettura del Mengoni nelle forme e nelle proporzioni, modificando per in parte i materiali costituenti. Il restauro degli anni Sessanta ha interessato anche il rifacimento della pavimentazione. Sul pavimento dell'ottagono centrale realizzato a mosaico il simbolo dei Savoia. Sui lati sono presenti 4 stemmi di citt: Torino, Roma, Firenze e Milano. L'intervento di conservazione e restauro ha interessato anche i due archi di ingresso alla Galleria verso le vie Silvio Pellico ed Ugo Foscolo, compreso il sottarco e l'arco interno, e le facciate dei corpi di fabbrica di pertinenza per una superficie totale piana di circa 2.700 mq. L'eterogeneit architettonico-decorativa dei due archi, che si manifesta sia nella diversit dei materiali presenti che nel loro differente stato di onservazione, ha reso l'intervento del restauro estremamente complesso. Obiettivo del restauro, oltre a quello immediato di recuperare e consolidare le parti maggiormente deteriorate, anche quello di uniformare l'aspetto dei due archi dopo le diverse manomissioni avvenute nel tempo e dopo la ricostruzione del dopo guerra. Agli ingressi e nell'ottagono della Galleria furono collocate, tra il luglio e il settembre del 1867, le statue in gesso a grandezza naturale degli "uomini illustri", i personaggi che contribuirono a gettare le basi della civilt letteraria, artistica e scientifica. Le venticinque statue furono eseguite dai migliori scultori d'accademia del secondo ottocento, tra i quali Odoardo Tabacchi, autore della statua di Dante, Antonio Tantardini, cui si deve la statua del Romagnoli, e Pietro Magni, che esegu quelle di Volta, Michelangelo, Galileo, Cavour, Leonardo e Pier Capponi. Le opere, di cui era prevista la traduzione in marmo, non furono per mai sostituite e, a causa dei danneggiamenti subiti per gli sbalzi climatici, furono rimosse tra il 1892 e il 1902, per volont del sindaco Vigoni.