la personalità della prestazione professionale (giampietro vecchiato)
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LA PERSONALITÀ DELLA PRESTAZIONE PROFESSIONALE. Creare valore con la comunicazione ed il governo delle relazioni. Di Giampietro Vecchiato*
Una questione preliminare per aprire questo mio intervento: quali sono gli elementi
peculiari delle organizzazioni ad alta intensità di personalità (dove le modalità di
comportamento e di relazione tra lo studio professionale ed i clienti sono
fondamentali) e caratterizzate da una forte intangibilità del servizio?
Solo trovando una risposta chiara e coerente a questa domanda è possibile garantire
quotidianamente comportamenti e prestazioni precisi, efficaci e vantaggiosi, sia per
l'erogatore (il singolo professionista o lo studio professionale) che per il fruitore (il
cliente).
Dalla letteratura, dallo studio dei miei clienti, dall'esperienza personale, posso
sintetizzare in quattro elementi la cultura d'impresa delle organizzazioni orientate ai servizi:
1°elemento: l'orientamento alla qualità Le organizzazioni ad alta personalità più affermate hanno un forte orientamento ai
risultati e gestiscono in modo quasi “maniacale” la transazione/scambio con il cliente.
La qualità della prestazione è un fattore critico di successo e tutti i componenti
dello studio professionale devono condividere questa filosofia.
2° elemento l'orientamento al cliente Gli studi professionali che incontrano il favore dei loro clienti hanno capito:
a) che l'acquisizione del cliente non è né facile né scontata e che il suo
mantenimento è il frutto di un processo consapevole, complesso, prolungato nel
tempo;
b) che i servizi non si vendono una volta per tutte;
c) che un cliente soddisfatto è il migliore investimento per il futuro;
d) che “prima di entrare nel portafoglio di un cliente bisogna entrare nel suo cuore” e
costruire una relazione basata sulla fiducia e sulla competenza (credibilità
professionale). Secondo una ricerca condotta dal gruppo Accenture nel 2004, i clienti
considerano la fiducia come il fattore chiave e di maggiore importanza nel processo
di selezione di una società di consulenza; mentre la conoscenza del settore risulta solo
al quarto posto.
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3° elemento: la valorizzazione delle persone Una organizzazione basata su servizi ad alta intensità di personalità guarda alle
persone che lavorano al suo interno come al dato patrimoniale più significativo e
rilevante.
La chiave del successo nella fornitura di servizi, soprattutto quando si parla di beni e
servizi basati sull’esperienza, è sempre legata all'abilità di individuare e mobilitare l'energia e la volontà delle persone.
In che modo? Valorizzando la creatività individuale e le diversità. Creando obiettivi
condivisi. Selezionando e premiando i talenti migliori. Favorendo l'apprendimento, lo
sviluppo della conoscenza e il trasferimento di know-how. Prestando molta attenzione
all’organizzazione dello studio e al clima relazionale interno.
In altre parole gli studi professionali efficaci ed efficienti hanno una grande fiducia nelle persone.
4° elemento: la creazione di un forte capitale relazionale Le organizzazioni leader di mercato considerano la dimensione relazionale un
fattore critico di successo. Una dimensione attraverso la quale si attivano contatti, si
gestiscono rapporti, si crea e si mantiene la fiducia, si ascolta, si esercitano strategie
per il trasferimento efficace di informazioni; si effettuano scambi senza un “dare per
avere” immediato.
Tale attività va svolta sia all'interno (per creare identità, valori e cultura comune,
coesione, obiettivi condivisi) che verso l'esterno (per collegare l'organizzazione
all'ambiente in cui opera, per vivere e svilupparsi interagendo con tutti i pubblici).
Per avere successo l'azienda di servizi deve quindi “vendere” se stessa ai suoi clienti
e al suo personale. Michele Costabile afferma che “l'organizzazione o è relazionale o
non è”.
Il capitale relazionale è una ricchezza per lo studio professionale e contribuisce ad
esprimere il valore del professionista e dello studio professionale ai fini della
competizione. Aver costruito un buon capitale relazionale significa, in altre parole,
fruire di un goodwill positivo con l'ambiente, governare con successo le relazioni con tutti i pubblici, poter attivare quel passaparola tanto decantato ma quasi sempre
gestito in modo superficiale e improvvisato.
Significa anche assumere il punto di vista per cui la fiducia è una
qualità/conseguenza della quantità e qualità delle relazioni costruite nel mercato e
nella comunità.
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Ma come è possibile istituzionalizzare questi quattro elementi nella cultura delle
professioni e degli studi professionali? Cosa significa, in altre parole, creare valore per il cliente quando lo “scambio” si può concretizzare solamente in presenza di un
contatto diretto tra il professionista fornitore di servizi ed il suo cliente? La capacità
di far percepire valore al cliente è l'ingrediente essenziale di ogni fornitura di
servizi e gli strumenti più efficaci per raggiungere questo obiettivo sono strumenti di comunicazione e di relazione.
Non è quindi sufficiente, nel settore delle professional firms, fornire una elevata
prestazione “tecnica”; è indispensabile, se si vuole mantenere un gruppo di clienti
fedeli, creare valore anche nella relazione di servizio che si genera “prima, durante
e dopo” la costruzione del servizio stesso. Tale considerazione è ancora più
importante nel momento in cui il singolo professionista non esegue personalmente la
prestazione ma si dota di un insieme di persone (organizzazione=studio
professionale) che hanno il comune obiettivo di fornire il servizio professionale. In
questo caso il professionista non è più tale, perlomeno non solo, ma diventa il
manager responsabile della gestione dell'organizzazione che eroga il servizio ed il
suo garante.
La costruzione prima ed il governo delle relazioni poi, tra lo studio professionale ed
i suoi clienti, sono il più importante fattore per il successo e quindi per la
reputazione del professionista e tale attività richiede un nuovo approccio alla cultura
d'impresa e nuove risorse, non solo di natura finanziaria.
La reputazione inoltre, non si costruisce “una volta per sempre”, ma va
quotidianamente gestita, monitorata e valutata nella certezza che la creazione di vuoti
comunicativi e relazionali può impedire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti e
danneggiare la reputazione e il capitale relazionale faticosamente costruito nel tempo.
La reputazione, infatti, passa sempre attraverso un processo di responsabilità, sia
professionale che sociale, e fa a sua volta riferimento ai principi etici che governano
il pensare ed il fare dello studio professionale. Principi etici che rimandano
all'essenza stessa dello studio, al suo modo di essere e, soprattutto, alla sua capacità
di esplicitare:
� la mission, ossia la propria identità (chi siamo);
� la vision (che cosa vogliamo diventare);
� i valori guida (nel rispetto di quali valori vogliamo transitare dalla mission alla
vision);
� i pubblici ai quali intendiamo rivolgerci (per costruire relazioni efficaci).
Elementi dai quali discendono obiettivi, comportamenti e azioni.
Se non si è consapevoli di questi aspetti si corrono due rischi.
Da una parte confondere l'identità (quello che siamo) con l'immagine percepita dai pubblici: a fronte di una sola identità ci possono infatti essere tante immagini quanti
sono i pubblici.
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Dall'altra, confondere l'immagine con la reputazione: se l'immagine è infatti il
risultato della lettura dei segnali inviati dal professionista e dallo studio professionale,
la reputazione è invece il frutto dell'esperienza personale diretta dei clienti, del parere
di altre persone e della loro sedimentazione nel tempo.
Questa visione, da un punto di vista comunicativo, ha tre conseguenze:
a) è impossibile non comunicare. L'opzione non è se comunicare o meno, ma se
gestire consapevolmente o meno la propria comunicazione e le proprie relazioni;
b) l'organizzazione comunica con tutta sé stessa. Poiché i pubblici si formano
un'opinione sullo studio professionale sulla base dei segnali provenienti dallo studio
stesso, è necessario che tutti operino per indurre nei clienti una visione univoca e non
ambigua;
c) non c'è spazio per una visione di “conquista” ma vanno costruite e mantenute
relazioni che consentano a entrambi – studio professionale e clienti – di raggiungere i
propri obiettivi nella reciproca fiducia e rispetto.
La comunicazione è quindi uno strumento che genera e sostiene relazioni, sviluppa
fiducia e conoscenza, produce credibilità strategica e reddituale, contribuisce alla
costruzione e alla diffusione della conoscenza. In altre parole la comunicazione
concorre alla creazione e alla diffusione di valore:
a) per i clienti: servizi di qualità, credibilità, reputazione;
b) per i business partner: ricavi, servizi, fiducia;
c) per i dipendenti: retribuzione, crescita professionale, merito, clima aziendale,
sicurezza;
d) per la comunità: occupazione, innovazione, responsabilità sociale.
Tutti questi fattori hanno una forte componente intangibile. Il loro reale valore
dipende infatti da come vengono percepiti dai pubblici, dai clienti e dall'ambiente e
quindi dalle strategie di comunicazione utilizzate dagli studi professionali.
In altre parole non è più sufficiente far bene: per generare nuovo valore è necessario
farlo sapere ed essere riconosciuti per averlo fatto.
“Fare e non comunicare ciò che si è fatto equivale a non averlo fatto. In termini di
organizzazione è uno spreco di risorse. In termini sociali è una sottrazione di
informazioni utili alla comunità”.
La comunicazione è quindi essa stessa un fattore che, da una parte, crea valore perché valorizza il capitale intangibile dell'organizzazione (competenze, conoscenze,
capitale relazionale, brand, reputazione, ecc.) e, dall'altra, diffonde valore perché
rende esplicito ai pubblici, ai clienti e al mercato il reale valore intrinseco
dell'organizzazione.
Il passaggio da un determinato livello di valore intrinseco ad un valore percepito superiore è dunque il frutto combinato di un “saper fare”, di un “far sapere” e di una
consapevole e costante strategia di comunicazione.
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Laddove questi processi si rivelassero carenti, il valore percepito potrebbe essere
inferiore al valore intrinseco e si potrebbe quindi verificare una distruzione di valore
potenziale.
Visto che il successo dello studio professionale dipende dalla sua competenza ma
anche dalla sua notorietà, dal consenso e dalla fiducia che riesce ad ottenere dai suoi
interlocutori sociali e di mercato, operare per avere una bella immagine, una buona reputazione, un brand riconoscibile, costituisce una priorità inderogabile per le professional firms.
Ne consegue che il governo delle relazioni, della comunicazione e della reputazione
devono sempre più uscire dalla casualità e dall'improvvisazione per rientrare nelle
competenze proprie della gestione strategica dello studio professionale.
Giampietro Vecchiato è Direttore clienti di P.R. Consulting srl, Agenzia di Relazioni pubbliche di
Padova. E’ Vice Presidente Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana. E’ consulente di
direzione ed esperto di comunicazione per le organizzazioni complesse. Relatore in convegni e
formatore sia a livello universitario (Padova, Udine, Milano) che post universitario. E’ autore di
diversi testi e saggi sulle relazioni pubbliche e sulla comunicazione. Per gli studi professionali ha
pubblicato: Marketing, comunicazione e relazioni pubbliche per gli studi professionali (con Enzo
Mario Napolitano), FrancoAngeli 2007; Comunicare le professioni intellettuali (con Sergio Zicari),
Ferpi - SpazioRP 2008; Il primo incontro non si scorda mai. Manuale di accoglienza per le imprese
e le organizzazioni (con Sergio Zicari), FrancoAngeli 2009.