la politica italiana si "obamizza"?

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42 LA CAMPAGNA PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI È STATA SEGNATA DA NUMEROSE INNOVAZIONI ALLE QUALI DIVERSI POLITICI NOSTRANI SI SONO DIMOSTRATI SENSIBILI. L’“EFFETTO OBAMA” HA INIZIATO QUASI SUBITO A STIMOLARE NUOVI MODI PER COMUNICARE LA POLITICA, ANCHE SE I RISULTATI, PER ENTRAMBI GLI SCHIERAMENTI, NON POSSONO DIRSI ESALTANTI. I l fatto che la politica in Italia, come del resto molte forme di consumo, sia stata americanizzata non è certo una novità. Fe- nomeni come la personalizzazione della politica e la nascita di forme di politica-spettacolo han- no le loro radici negli anni Ottanta e vedono una notevole crescita negli anni Novanta, tanto che già adesso possiamo considerarli in una fase matura, come una delle tante espressioni del postmoderno. Ma tutto questo, come sempre nelle varie forme di comunicazione, con un notevole ritardo rispetto agli Stati Uniti. Per assistere a un dibattito televisivo tra i candi- dati premier dei due principali schieramenti abbiamo dovuto aspettare le elezioni del 2006, quando i primi dibattiti alle presidenziali ame- ricane si svolsero nel 1960 (gli sfidanti, allora, erano Kennedy e Nixon). In questo caso il ritar- do ha delle giustificazioni, poiché prima della cosiddetta Seconda Repubblica non si parlava di candidature alla presidenza del Consiglio. Le campagne elettorali, però, sono ancora mol- to discutibili dal punto di vista della loro effica- cia. A forme di propaganda premoderna (Lega nord e - in parte - Pdl) si contappongono altre che sembrano più evocative di prodotti mass “FENOMENI” ELETTORALI L’“obamizzazione” della comunicazione politica in Italia DI EMANUELE GABARDI market (Pd). L’americanizzazione ha influen- zato soprattutto il centrosinistra: le primarie, prima dell’Ulivo e poi del Pd, sono una ca- ratteristica del sistema politico statunitense. La stessa scelta di chiamare il nuovo soggetto politico, nato dopo lunga gestazione, Partito democratico, proprio come il partito americano dell’asinello, sembrerebbe quasi un’operazione di ricalco. Il fatto che il suo primo segretario sia stato un kennediano è da interpretare come la classica ciliegina sulla torta. Poi, con la corsa alla Casa Bianca di Barack Obama, si è assistito a una nuova evoluzione. È stato detto che il successo di Obama è do- vuto in larga parte a un uso innovativo dei new media. Vero. La capacità di utilizzo della rete ha permesso una mobilitazione mai vista, ha coin- volto in gran parte quella che viene chiamata la generazione dei Millenial o anche generazione iPod che si è recata ai seggi per la prima volta. La raccolta di finanziamenti da parte dei citta- dini comuni ha raggiunto risultati senza prece- denti. La grande novità è consistita nell’usare la rete in genere, e i social network in particolare, come strumenti aggregativi in grado di mobili- tare l’elettorato liberal. ZOOM COMUNICAZIONE

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Anche la politica italia tenta di seguire l'esempio di USA

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La campagna per L’eLezione

deL nuovo presidente

degLi stati uniti è stata

segnata da numerose

innovazioni aLLe quaLi

diversi poLitici nostrani si

sono dimostrati sensibiLi.

L’“effetto obama” ha

iniziato quasi subito a

stimoLare nuovi modi per

comunicare La poLitica,

anche se i risuLtati, per

entrambi gLi schieramenti,

non possono dirsi

esaLtanti.

Il fatto che la politica in Italia, come del resto molte forme di consumo, sia stata americanizzata non è certo una novità. Fe-

nomeni come la personalizzazione della politica e la nascita di forme di politica-spettacolo han-no le loro radici negli anni Ottanta e vedono una notevole crescita negli anni Novanta, tanto che già adesso possiamo considerarli in una fase matura, come una delle tante espressioni del postmoderno. Ma tutto questo, come sempre nelle varie forme di comunicazione, con un notevole ritardo rispetto agli Stati Uniti. Per assistere a un dibattito televisivo tra i candi-dati premier dei due principali schieramenti abbiamo dovuto aspettare le elezioni del 2006, quando i primi dibattiti alle presidenziali ame-ricane si svolsero nel 1960 (gli sfidanti, allora, erano Kennedy e Nixon). In questo caso il ritar-do ha delle giustificazioni, poiché prima della cosiddetta Seconda Repubblica non si parlava di candidature alla presidenza del Consiglio.Le campagne elettorali, però, sono ancora mol-to discutibili dal punto di vista della loro effica-cia. A forme di propaganda premoderna (Lega nord e - in parte - Pdl) si contappongono altre che sembrano più evocative di prodotti mass

“fenomeni” eLettoraLi

L’“obamizzazione” della comunicazione politica in italia

di emanuele gabardi

market (Pd). L’americanizzazione ha influen-zato soprattutto il centrosinistra: le primarie, prima dell’Ulivo e poi del Pd, sono una ca-ratteristica del sistema politico statunitense. La stessa scelta di chiamare il nuovo soggetto politico, nato dopo lunga gestazione, Partito democratico, proprio come il partito americano dell’asinello, sembrerebbe quasi un’operazione di ricalco. Il fatto che il suo primo segretario sia stato un kennediano è da interpretare come la classica ciliegina sulla torta. Poi, con la corsa alla Casa Bianca di Barack Obama, si è assistito a una nuova evoluzione. È stato detto che il successo di Obama è do-vuto in larga parte a un uso innovativo dei new media. Vero. La capacità di utilizzo della rete ha permesso una mobilitazione mai vista, ha coin-volto in gran parte quella che viene chiamata la generazione dei Millenial o anche generazione iPod che si è recata ai seggi per la prima volta. La raccolta di finanziamenti da parte dei citta-dini comuni ha raggiunto risultati senza prece-denti. La grande novità è consistita nell’usare la rete in genere, e i social network in particolare, come strumenti aggregativi in grado di mobili-tare l’elettorato liberal.

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Candidati come brandEd è proprio su questi che si è concentrata l’attenzione dei partiti italiani, desiderosi di emulare i successi del nuovo presidente ameri-cano. In realtà non si è trattato solo di utilizzare i social network (con risultati ben lontani non solo da quelli dell’ex senatore dell’Illinois, ma anche da quelli dei suoi principali competitors), ma di valersi anche di forme di comunicazione che hanno amplificato la notorietà e le valenze del “brand Obama”.Obama docet: per la prima volta un candidato pre-sidenziale si era presentato con un vero e proprio logo. Potrebbe definirsi un logo anche quello che avevano gli altri candidati di quelle e di elezioni precedenti, ma la caratteristica comu-ne era avere il proprio nome ingabbiato nello stesso simbolo grafico. I consulenti di Obama hanno invece collocato il suo nome all’esterno, facendolo diventare il logo totalmente autonomo e dandogli una forte riconoscibilità. Un’opera-zione che nei prodotti di largo consumo hanno

realizzato con successo marche come Nike (lo swoosh) e McDonald’s (gli archi).Il primo caso nel quale la politica italiana ha “copiato” da Obama è stato nell’ispirarsi al principale claim della campagna presidenziale americana: il famoso “Yes We Can” di Obama, tradotto dal Pd nel “Sì può fare” delle elezioni del 2008, con risultati di scarsa fortuna. Quel-lo era il primo caso di “obamizzazione” della comunicazione politica italiana. Sappiamo che per spostare un numero consistente di voti un claim non è sufficiente, oltrettutto la versione italiana non aveva comunque la stessa forza di quella espressa in lingua inglese.Il fenomeno di “obamizzazione” si è visto con enfasi nelle primarie che hanno visto affrontarsi tre candidati alla carica di segretario del Pd, tenute il 21 luglio 2009 per i soli iscritti e il 25 ottobre per tutti. È stata quella la prima volta che dei politici si siano presentati agli elettori dotati di un proprio logo e di un claim.Franceschini, il candidato uscente, ha scelto

i partiti canteriniPochi mesi fa è uscito un eccellente libro: Politica pop. da “Porta a Porta” a “l’isola dei famosi” di gianpietro mazzoleni e anna Sfardini. i due studiosi di comunicazione politica hanno dimostrato, con abbondanza di esempi, quanto la cultura popolare della quale la televisione si è fatta la più importante portavoce, si sia legata alla politica e come i politici non possano più fare a meno delle logiche dello spettacolo.in america abbiamo assistito a una notevole quantità di videoclip dedicati a Obama, anche se la pratica di utilizzare delle canzoni per i candidati alle presidenziali risale almeno ai tempi di nixon. ma solo nel 2008 una canzone composta per Obama, che ha per titolo lo slogan più famoso della campagna “Yes We Can”, cliccato più di venti milioni di volte, ebbe un tale successo da vincere un emmy award. Sappiamo che la musica e il testo della canzone “meno male che Silvio c’è” erano state composte in precedenza, ma per le elezioni politiche del 2008, successive alla caduta del governo Prodi, si scelse di utilizzarle per un inno semi-ufficiale del Pdl. il testo venne rivisto (dallo stesso berlusconi) e utilizzato per un videoclip. un confronto con i video di Obama sarebbe troppo impietoso. diciamo che la musica melensa, le parole e le immagini che l’accompagnano vanificano il risultato fino a renderlo parodistico (il video “nixon now” del 1972 è addirittura più moderno), al punto da stimolarne decine di parodie. non una parodia, ma una sorta di risposta fu quella del circolo 02Pd di milano, che produsse il videoclip “i’m Pd” al costo di soli 65 € per l’affitto della sala di registrazione. gli attori, tutti volontari, dedicavano la loro canzone a Veltroni sulla base musicale della canzone Y.m.C.a. resa famosa dai Village People. a seguito dell’intervento degli aventi diritto, il video è stato tolto dal sito del circolo, ma continua a circolare suYouTube. Per le regionali 2010, un gruppo di cantanti e band pugliesi ha prodotto la compilation “una canzone per nichi” per sostenere economicamente la campagna elettorale di Vendola. non sappiamo se un’operazione del genere sia mai stata fatta in italia, ma ricordiamo che nel 2008 venne realizzato un Cd dedicato a Obama, sempre con la finalità di ottenere un supporto per la campagna.l’evento musicale più noto di queste ultime elezioni è senza dubbio lo scherzo che un gruppo di buontemponi ha realizzato subito dopo l’esclusione del Pdl in lazio. l’ispirazione è nata ispirandosi al video del famoso brano We are The World, composto da michael Jackson e lionel richie, cantato da ventuno famosi cantanti di musica pop, folk, soul, county e blues, tra i quali, oltre ai suoi autori, bob dylan, ray Charles e bruce Springsteen. utilizzando lo stesso video e incidendo un cantato sullo stesso tema musicale, ne è uscito un prodotto esilarante: We are The World for Polverini, che a distanza di due settimane dal suo inserimento su YouTube è stato visto oltre 300.000 volte.

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come logo una stilizzazione della penisola ita-liana, realizzata con pochi segni di pennarello: un’immagine semplice ma visivamente grade-vole. La scelta del claim “Liberiamo il futuro” rimanda alla campagna della Margherita del 2006, con headline come “Una sanità che funziona rende tutti più liberi” o “Liberiamo i talenti e le energie del Sud”, accompagnati dal payoff “Riapriamo il futuro”. La rivisitazione appare evidente. Lo sfidante Bersani si è pre-sentato con una B stilizzata, nei colori verde e rosso, su fondo bianco. La scritta “Bersani 09” è un altro elemento che richiama le elezioni statunitensi, nelle quali i nomi dei candidati sono accompagnati dall’anno della campagna presidenziale. Il claim, chiaramente ispirato a Vasco Rossi, è “Un senso a questa storia”. Una scelta curiosa, questa, perché il seguito della canzone di Vasco Rossi è “Anche se questa storia un senso non ce l’ha”. L’autoironia era voluta?Il “terzo incomodo” Marino, forse anche per differenziarsi dai due maggiori competitor, si è presentato con un logo privo di rimandi ai colori

nazionali (è verde e viola) e di non semplice interpretazione. Al centro del cerchio c’è quella che sembra essere la stilizzazione di una M. Ma perché si conclude con una freccia che esce dal cerchio stesso, tale da ricordare il simbolo che indica il sesso maschile? Sul sito personale di Ignazio Marino erano visibili le declinazioni del logo, peraltro piuttosto infelici. La versione bianca su fondo nero assumeva toni minacciosi, tali da farla sembravare il marchio di un’orga-nizzazione della destra radicale. Il suo claim era: “Vivi il Pd, cambia l’Italia”.Al di là della maggiore o minore personalizzazione dei marchi, l’aspetto che maggiormente interessa per definire il posizionamento dei candidati è il significato che si ricava dalla lettura dello slogan scelto, una sorta di promessa fatta agli elettori, esattamente come fa un brand nei confronti dei consumatori. Al “Liberiamo il futuro” di Fran-ceschini, che sembra rivolgersi a un elettorato più ampio di quello dei simpatizzanti del Pd, si contrappone il partitocentrico “Un senso a questa storia” di Bersani, che vuole invece af-fermare la promessa della realizzazione di qual-

È soprattutto in questo settore che i partiti politici italiani hanno tentato di

“obamizzarsi”, anche se una comparazione sarebbe inclemente. la campagna delle

regionali ha visto diversi candidati particolarmente attivi sulla rete. dag Communication

ha analizzato i loro siti a distanza di dieci giorni dalle elezioni e le sorprese non sono

state poche. la ricerca non è esaustiva, in quanto non comprende tutte le regioni, ma è

comunque indicativa dello stato delle cose sul fronte dei new media.

Forse la lettura del libro “Come dire qualcosa di sinistra. da blair a Obama, dalla Terza

Via al presidente Youtube” di Francesco Pira, docente all’università di udine, nel quale

è posta in evidenza la crisi della comunicazione del centrosinistra, ha costituito uno

stimolo per “attrezzarsi” meglio in una tornata elettorale particolarmente difficile.

il candidato con il maggior numero di fan iscritti su Facebook (67.773) è risultato nichi

Vendola, seguito da Vincenzo de luca (53.304), candidato Pd per la Campania. Per

entrambi, inoltre, si sono formati 300 gruppi. nella classifica dei fan, al terzo posto

si colloca il candidato della lega per il Veneto, luca Zaia (45.966), ma il numero dei

gruppi è di 70, sensibilmente inferiore, quindi, a quello della bonino (180) che nella lista

è al quarto posto come numero di fan (30.285). Tutti gli altri candidati sono molto al di

sotto dei 20.000, con il sorprendente risultato della lombardia, che vede Formigoni con

2.834 fan e 10 gruppi e Penati con 2.072 fan e 15 gruppi.

nichi Vendola è il primo anche per quanto riguarda Twitter: con 10.156 follower non

ha praticamente rivali. dopo di lui, infatti, mercedes bresso con soli 181 e roberto

Formigoni con 126. anche su YouTube il primato è sempre del candidato favorito

alla regione Puglia, con 277.417 visualizzazioni. lo segue Formigoni con 176.467.

ammiratori a parte, il candidato che più di tutti ha appreso dalle “lezioni americane”

è roberto Formigoni. il suo sito è particolarmente innovativo, in quanto implementa la

tecnologia Qr Code, l’erede intelligente del codice a barre, che permette di accedere

a numerosi contenuti multimediali extra campagna direttamente dal proprio cellulare,

fotografando il codice bidimensionale presente sui manifesti della campagna.

inoltre, ben undici suonerie, con motivi dal folk all’hard rock, sono a disposizione dei

suoi sostenitori per essere scaricate sul proprio cellulare. ma Formigoni nell’ultima

settimana antecedente le elezioni del 28 e 29 marzo ha fatto molto di più: cliccando

su YouTube, in alto a destra, e quindi subito visibile, c’è un suo spot elettorale di 1,51”.

Ha poi stretto un accordo con google per cui, ricercando parole come “sanità” il

primo sito che appare in cima alle ricerche è il suo, mentre per altre (come “ferrovie

dello stato”) è il primo dei link sponsorizzati. il servizio, piuttosto invasivo, si chiama

adWork e consente di contattare le persone mentre stanno effettuando una ricerca.

il pagamento del servizio è legato al numero di collegamenti ottenuti sul sito di

Formigoni. interessante è anche il sito di de luca, che offre agli utenti la possibilità di

finanziare la campagna elettorale pagando via paypal. Spiccano poi i social network

personalizzati creati da Zaia e dalla bonino per fidelizzare sostenitori e organizzare

volontari che si occupino della promozione e della diffusione del passaparola.

Le regionaLi 2010 e i new media

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cosa di prima incompiuto. I candidati si erano quindi associati a dei claim concettualmente molto diversi. Franceschini, parlando di futuro, esprimeva una coralità che andava oltre quella legata esclusivamente (Bersani) o parzialmente (Marino) al partito.

Dai social network alla Pop ArtLa “obamizzazione” non si ferma solo alla pre-senza di un logo e di un claim personalizzati. I tre sfidanti, come del resto i maggiori partiti ita-liani a seguito del successo della campagna in rete del vincitore alle elezioni USA, hanno fatto uso dei social network. Ci ha creduto soprattutto Franceschini, sul cui sito ne erano presenti sei (Facebook, Twitter, Flickr, YouTube, Frienfeed e Feed Rss. Marino ne aveva uno in meno (Feed Rss), mentre Bersani si limitava a tre (Facebook, Twitter, YouTube).Sullo stile di quanto fanno i candidati alle presi-denziali da decenni, e da quanto fanno i partiti politici da anni, Franceschini e Marino hanno prodotto una serie di gadget (spille, T-shirt, berretti, orologi, ecc.) che potevano essere ac-quistati via internet. Mentre Bersani si è com-pletamente astenuto da questa operazione, la gadgettistica di Franceschini era stranamente indicata in lingua inglese. La cosa è piuttosto curiosa in quanto i messaggi per le primarie erano rivolti solo ai residenti in Italia o agli ita-liani all’estero, che potevano votare online.Sembrerebbe, quindi, che solo il centrosinistra abbia tratto ispirazione dalle “lezioni america-ne” delle presidenziali 2008 e che il centro-destra si sia limitato a incrementare la propria

presenza nei social network. Le ultime elezioni regionali hanno proprio visto quest’area politica utilizzare uno degli strumenti che avevano per-messo a Obama di diventare una vera e propia icona pop: i manifesti ispirati alla Pop art. In America era stato il grafico e street artist She-pard Fairey a rendere familiare non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, il volto di Oba-ma. E allora perché non trarne ispirazione?Il caso della campagna outdoor di Formigoni è il più noto, anche perché lui era governato-re della Lombardia alle porte del suo quarto mandato consecutivo. L’immagine, curata dal fotografo Bob Krieger, ritrae il suo volto che pare composto dalle foto tessere di centinaia di persone. La tecnica non è nuova: era stata utilizzata, ad esempio, per un poster molto critico nei confronti di Bush, nel quale il suo ritratto appariva compo-sto da migliaia di foto di caduti nella guerra in Irak. Sul poster di Formigoni campeggiava il claim “Roberto, uno di noi”, quasi a rafforzare l’intesa tra i volti delle persone e quelle del loro candidato. Successivamente la frase veniva so-stituita da un banale “Noi votiamo Roberto”.Prima di lui, Domenico Zambetti, ex consigliere Udc ora nel Pdl, aveva compiuto una scelta più ardita copiando (è proprio il caso di dirlo) da quanto fatto da Andy Warhol per personaggi come Marylin Monroe e Mao Zedong. Che piac-cia o meno, è comunque un manifesto che si è notato. A ispirarsi a un altro maestro della Pop art, Roy Liechtenstein, ha invece provveduto la ex An e poi fondatrice del movimento Io Sud Adriana Poli Bortone, candidata in Puglia. Il

manifesto è stato usato solo in occasione di una conferenza davanti a degli operatori culturali (da qui, forse, la molla per la citazione “colta”). Nel testo c’è un’altra citazione, questa volta pubblicitaria, anche se ci chiediamo quanti leggendo “Think different” abbiano associato la frase alla Apple. Ma forse era proprio quello che si aspettavano gli autori.

ConclusioniNon ci sono dubbi che anche in futuro la comu-nicazione politica in Italia cercherà di ispirarsi a quanto viene fatto in questo campo al di là dell’Oceano.La “obamizzazione” degli strumenti della pub-blicità elettorale, o meglio il tentativo di ispirar-si alla comunicazione di Obama, non può però ridursi solo all’utilizzo, non sempre accurato e spesso poco partecipativo, dei social network. Ma siamo sicuri che il divario che esiste tra la capacità comunicativa della nuova amministra-zione americana e quella di tutti i partiti italiani continuerà a esistere. Non si tratta semplicemente di un problema di investimenti: è soprattutto una carenza di idee e di capacità di trasmetterle.

l’evento mediatico che più ha fatto parlare di sé è stato indubbiamente raiperunanotte, voluto da Santoro per rispondere alla “serranda” imposta dal governo sulle trasmissioni di informazione politica in rai.difficile fornire delle cifre precise sugli ascolti, anche perché raipernunanotte è stata trasmessa, oltre che in diretta da Current, Sky Tg 24 e in differita da rainews 24, su repubblica Tv, Youdem, red TV e su diverse emittenti locali.la stima è di un 13% di share (3 milioni e 250.000 spettatori). a coloro che

hanno seguito la trasmissione a casa propria, vanno aggiunti quelli che si sono radunati davanti a decine di maxischermi in tutta italia.anche il web ha avuto parte considerevole, tanto da poter dichiarare che raiperunanotte è stato uno degli eventi mediatici più importanti degli ultimi anni. Solo il sito del Tg3 ha ottenuto 700.000 contatti.da una ricerca effettuata da Human Highway in collaborazione con banzai risulta che circa quattro milioni di italiani avrebbero seguito il programma in diretta

sui vari media (60% da Tv satellitari e locali, 40% da internet).Cinque milioni di italiani hanno ripreso e approfondito i contenuti di raiperunanotte successivamente allo svolgimento dell’evento. Più della metà avevano anche visto l’evento in diretta. i mezzi utilizzati per l’informazione successiva all’evento sono stati: quotidiani, tv locali e nazionali, radio, siti web, blog e social network.i costi della trasmissione sono stati parzialmente coperti da quasi 50.000 persone che si sono autotassate contibuendo per 135.000 euro (il

versamento minimo era di 2,50).dati, questi, che evidenziano oltre all’incremento della potenzialità del web di essere usato come validissimo strumento di comunicazione politica, la grande democraticità del mezzo stesso.

iL caso di raiperunanotte