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La proprietà nel quadro delle fonti e della giurisprudenza europea Federico Azzarri FUNDAMENTAL RIGHTS AND PRIVATE LAW AFTER THE LISBON TREATY SUMMER SCHOOL 2014 1

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La proprietà nel quadro delle fontie della giurisprudenza europea

Federico Azzarri

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premessa - il rilievo pratico della natura del diritto di proprietà

Art. 2059 c.c. il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge

Interpretazione costituzionalmente orientata (Cass., sez. un., 26972/2008) la violazione di diritti inviolabili dà sempre luogo al risarcimento del d.n.p. arrecato al danneggiato

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alcune sentenze di merito hanno riconosciuto il danno non patrimoniale per la lesione del diritto di proprietà, affermandone dunque la natura di diritto inviolabile (Trib. Firenze, 21.1.2011; Trib. Palermo, 18.6.2010)

Trib. Firenze 21.1.’11: un condominio, per non avere eseguito i lavori necessari di ristrutturazione del tetto, è condannato a risarcire al proprietario di un appartamento danneggiato dalle infiltrazioni di acqua piovana 5.880 euro per i danni subiti dall’immobile e 12.000 euro a titolo di danno non patrimoniale per non aver potuto esercitare il suo diritto, fondamentale e costituzionalmente garantito, di godere in modo pieno ed esclusivo del bene (832 c.c.)

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art. 42 II C.: la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

art. 42 III C.: la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale

art. 2 C.: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo […]

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Corte cost., sentenze 348 e 349 del 2007

Sono costituzionalmente illegittimi:- a) l’art. 5 bis, I e II co., d.l. 333/1992 conv. mod. l.

359/1982 nella parte in cui stabilisce un criterio di calcolo dell’indennità di esproprio sfornito di un ragionevole legame con il valore di mercato del bene;

- b) l’art. 5 bis, VII bis co., stesso testo, nella parte in cui non prevede, in caso di occupazione acquisitiva, il risarcimento integrale del danno.

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a) art. 5 bis prevedeva che l’indennità di esproprio fosse pari alla media tra il valore venale [= di mercato] del bene e il reddito dominicale rivalutato rispetto all’ultimo decennio, con ulteriore sottrazione del 40% della somma ottenuta [tuttavia evitabile con la cessione volontaria del bene];

la norma aveva sostituito il criterio originariamente previsto dalla l. 2892/1885 [l. per il risanamento della città di Napoli], basato sulla somma dei dei canoni di locazione percepiti dal proprietario nell’ultimo decennio [i quali potevano superare anche il valore venale del bene…]

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- Di fatto, l’art. 5 bis comportava un indennizzo oscillante tra il 30 e il 50% del valore di mercato del bene [ossia privo di quel «ragionevole legame con il valore venale del bene» richiesto dalla Corte eur. Dir. uomo];

- In passato la costituzionalità dell’art. 5 bis era stata sostenuta in virtù della grave situazione economica attraversata dal Paese nel 1992 (quando il debito pubblico era al 105,2% de pil e furono adottate misure straordinarie): ma a distanza di 15 anni l’argomento non era più valido

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b) l’art. 5 bis, VII bis co., si riferiva invece al criterio di calcolo del danno risarcibile in caso di “occupazione espropriativa”: si applicano i criteri previsti al primo comma, meno la decurtazione del 40% ed anzi aumentando l’importo del 10%

occupazione espropriativa (Cass. S.U., 1464/1983): in caso di illegittima occupazione di un terreno da parte della p.a. per la realizzazione di un’opera di interesse pubblico, la p.a. acquista la proprietà del terreno in seguito alla irreversibile modificazione dello stesso, dovendo risarcire il danno [pari al valore venale del bene] al vecchio proprietario entro cinque anni

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Anche in questo caso, il criterio risarcitorio fissato dal legislatore non conduceva all’integrale risarcimento del danneggiato; d’altro canto, ciò non era necessario alla tutela dell’interesse pubblico, essenzialmente già soddisfatto dalla non restituibilità del bene e dalla conservazione dell’opera realizzata dalla p.a.

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NB nell’affermare principi innovativi, la Consulta è anche un po’ “conservatrice”: infatti, non riconosce rango costituzionale alla CEDU e ne esclude la diretta applicabilità ex art. 10 C. o (come avviene invece per le norme comunitarie) 11 C.

Le previsioni della CEDU sono considerate come obblighi internazionali pattizi che vincolano il legislatore statale e regionale, ex art. 117 I C., per cui l’eventuale incompatibilità tra il diritto interno e la CEDU deve essere accertata dalla Consulta stessa, che può sindacare anche la legittimità costituzionale delle norme CEDU, in quanto integrano il parametro costituzionale pur rimanendo in un ambito sottostante.

Aspetto da non enfatizzare, sia per il ruolo “guida” da sempre avuto dalla CEDU, sia perché dopo il Tr. Lisbona i diritti che vi sono affermati sono considerati come «principi generali del diritto comunitario» (art. 6 Tr. Maastricht)

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Primo protocollo CEDU [1952]

Art. 1: ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale

Qual è il significato della disposizione e quale natura ha il diritto di proprietà?

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I. La Corte eur. Dir. uomo aveva condannato l’Italia perché l’occupazione acquisitiva contrastava con il principio di legalità, conducendo ad esiti talmente imprevedibili ed arbitrari da rendere impossibile l’efficace difesa dei diritti dei soggetti coinvolti (4.12.2007, 36818/97; 22.6.2006, 213/04)

«l’art. 1 del Primo Protocollo esige prima di tutto e soprattutto che l’ingerenza della pubblica autorità nel godimento del diritto dei privati al rispetto dei loro beni sia legale», essendo «la preminenza del diritto uno dei principi fondamentali di una società democratica…inerente all’insieme degli articoli della CEDU»

NB in un caso, i ricorrenti non erano nemmeno riusciti ad ottenere il risarcimento del danno, poiché, a causa dei criteri di decorrenza della prescrizione adottati dalla Supr. Corte, il loro diritto si era ormai prescritto allorquando avevano avuto la certezza giuridica di essere stati privati dei loro beni

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Inoltre, il risarcimento non può equivalere a quello previsto in caso di espropriazione regolare ma viziata dall’iniquità dell’indennizzo, poiché questa ipotesi è meno grave, non coinvolgendo la violazione del principio di legalità (Corte. eur. Dir. uomo, 6.3.2007, 43662/98).v. ora art. 42 bis dPR 327/01: anche l’occupazione acquisitiva

richiede un atto formale di acquisizione da parte della p.a., che deve corrispondere al proprietario un indennizzo pari al valore venale del bene aumentato nella misura del 10%.

Cons. St. 4445/2013 afferma che senza questo provvedimento il privato può chiedere, dopo che sia stata riconosciuta l’illegittimità della occupazione, anche la restituzione del fondo, oltre al risarcimento del danno.

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II. In altre occasioni la Corte eur. Dir. uomo aveva censurato i criteri di calcolo dell’indennizzo delle espropriazioni (seguita poi dalla Corte cost. italiana) il principio della corresponsione dell’integrale valore di mercato del bene non è assoluto: può essere attenuato «in un contesto di riforma economica, sociale o politica», ma non per mere «raisons budgétaires» di contenimento delle finanze pubbliche, mentre la legge italiana prevedeva per ogni espropriazione la stesso indennizzo inferiore al valore di mercato violazione del principio di parità di trattamento di fronte ai carichi pubblici che è, di nuovo, un aspetto del principio di legalità. [Gambaro]

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III. Infine, la Corte eur. Dir. uomo ha condannato l’Italia per la confisca dei terreni di Punta Perotti, che infrangeva non solo l’art. 1 del Primo Protocollo CEDU, ma anche il principio di legalità dei delitti e delle pene (art. 7 CEDU)

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La giurisprudenza CEDU non riconosce la natura inviolabile della proprietà secondo la concezione liberale classica (Locke), che sarebbe del resto inconciliabile con l’istituto stesso dell’esproprio.

Già le Dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e del 1793 (artt. 17 e 19), pur riconoscendo la proprietà come diritto «inviolabile e sacro», ammettevano che per necessità pubblica, legalmente constatata, potesse avvenirne l’espropriazione, purché venisse pagata una giusta e preventiva indennità

Laurent [Principes de droit civil, III ed., 1878, vol. VI]: «en quel sense la propriété est-elle inviolable?» [con riferimento agli artt. 11 e 12 Cost. belga del 1831 e all’art. 454 code Napoléon]: divieto di confisca (le pene non potevano comportare l’ablazione della

proprietà) divieto di espropri attuati senza rispetto della legge e senza

pagamento della giusta e preliminare indennitàFUNDAMENTAL RIGHTS AND PRIVATE LAW AFTER

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Una conclusione diversa non potrebbe essere tratta dall’art. 41 CEDU, secondo cui se il diritto dello stato autore della violazione della Carta o dei suoi Protocolli non consente di rimuoverne interamente le conseguenze, la Corte può condannare lo stato a corrispondere alla vittima un’equa soddisfazione, comprendente anche il préjudice moralÈ una norma che regola il funzionamento della Corte,

attribuendole un potere che preserva l’efficacia delle sue condanne quando non sia possibile eseguirle in forma specifica.

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• Carta di Nizza [ha lo stesso valore giuridico dei Trattati: art. 6 Tr. Lisbona]

Art. 17: ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale. […]

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Formula più liberale della Cost. italiana

[«la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti»: art. 42 II]

e tedesca

[«la proprietà impone degli obblighi. Il suo uso deve al tempo stesse servire al bene della collettività»: art. 14 GG]

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…ma un’interpretazione sistematica della disposizione conduce ad un risultato sostanzialmente analogo, tenendo conto: del Preambolo [«l’Unione si fonda sui valori indivisibili e

universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà»

di altre disposizioni che testimoniano l’avvenuta «costituzionalizzazione della persona» [Rodotà], come il divieto di fare del corpo umano o delle sue parti una fonte di lucro (3), il diritto alla protezione della vita privata e familiare e dei dati personali (7 e 8), le norme sui diritti sociali e la tutela dell’ambiente (27 ss.)

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In definitiva, l’art. 17 si limita a sancire che la legittima acquisizione di un bene abilita il titolare all’esercizio di certi diritti, fondamentali in quanto, essendo previsti da una norma primaria, concorrono a definire il quadro dei valori e dei principi alla base dell’ordinamento europeo, senza però sancirne la supremazia rispetto ai diritti sociali.

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Diritti fondamentali e diritti fondamentali inviolabili

Sono inviolabili quei diritti il cui contenuto è direttamente definito dal legislatore costituzionale, che consente al legislatore ordinario di delimitarne solo le modalità di esercizio, nella misura necessaria ad impedire il sacrificio di valori di pari rango o di interessi generali che lo stato ha l’obbligo di proteggere;

Non presentano il carattere dell’inviolabilità quei diritti il cui contenuto viene rimesso alla determinazione del legislatore ordinario in vista di obiettivi di politica sociale esterni al diritto e che finiscono per modellarlo [Mengoni].

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