la rassegna stampa di oblique di agosto

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  • 8/11/2019 La rassegna stampa di Oblique di agosto

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    Un giorno per disfare, il romanzo desordio di Raffaele Riba, il libro del mese di agosto di Fahrenheit.

    Festeggiamo la scelta, pubblicando un altro breve estratto del romanzo

    La rassegnastampa diOblique

    agosto 2014

    Matteo Danza, Breve aggiornamento sullumanit

    Da questa parte della natura per, quella in cui siamo

    rimasti nudi, perfettamente tecnologizzati e soli, cqualcosa che sembra non funzionare correttamente.Somiglia a un disagio, per qualcuno qualcosa di pi.Uno scarto tra la nostra parte pensante, lucida e rego-latrice, che ha dovuto, deve e dovr fare i conti con lanostra parte di cervello antica, quella degli istinti, deiriessi e dei bisogni. Lo scarto tra memoria biologicae intelligenza forse lunica cosa che luomo non puplasmare o nascondere. E tutto ci ha un peso. Comela coda del fagiano. E non si tratta di natura madre o

    matrigna, di eletti o del buon selvaggio. Si tratta di ciche abbiamo perso di vista. Non si tratta di Dio, nonsi tratta di religioni, castighi o conquiste illuminate. Sitratta di ci che . Un disallineamento. utti gli animaliin cattivit perdono connessione col resto. In qualsiasizoo cominciano a comportarsi in maniera strana, spa-esata, controproducente. In cattivit le leggi della bio-logia vengono sconvolte. Gli animali si deprimono, di-ventano violenti, si suicidano, oppure non rispondonopi agli stimoli, si ammalano. Luomo in cattivit. E

    allora i suoi comportamenti si sono alterati. Luomo hainnalzato citt sulla natura, facendola affi orare qua e la suo piacimento. convinto di aver costruito un habi-tat pi comodo e funzionale di quello che aveva prima.Ma, come accade agli animali negli zoo, i suoi istinti, isuoi atteggiamenti innati, vengono fuori dagli intersti-zi, dai buchi, dagli spazi lasciati vuoti. Il suo istinto dicaccia non pi soddisfatto pu degenerare in aggressivi-t. La spinta sessuale pu trasformarsi in violenza. []

    Luomo un essere pi intelligente di altri, ma non

    lEssere, il vertice, il prodotto assoluto di miliardidi tentativi. E non nemmeno il peggiore. Anche ibisonti, le formiche o gli ippopotami devastano i ter-ritori in cui vivono e poi si spostano per devastarnealtri, mentre lentamente quelli abbandonati si ripren-dono. Anche i lupi uccidono, anche le iene rubano,anche i conigli scopano, anche i bonobi mentono etradiscono. Ma ci che ha messo lessere umano nelsuo vicolo cieco evolutivo la sproporzione tra i mez-zi di cui la natura ha sapientemente dotato le proprie

    specie e quelli di cui luomo, astraendosi e costruendo-si unaltra natura, si fornito. Quando ha scambiatolincongruenza per unicit. Sarebbe bello capire chisiamo, riordinare le nostre convinzioni, correggere ilpunto di fuga. Ci siamo tirati fuori dal quadro per am-mirarlo e comprenderlo, ci siamo girati e ne abbiamofatto un altro simile, soddisfacendo la suprema vora-cit dei nostri neuroni. Ma ci siamo avvicinati troppoper cesellare i particolari. Particolari su particolari chehanno cambiato completamente il secondo quadro,

    ora cos diverso dal primo. E lavorare per ore, gior-ni, mesi, anni, secoli, millenni su quei particolari ci hareso miopi e incapaci di riappropriarci di una visionedi insieme. Riconoscere di nuovo i nostri compor-tamenti innati, i nostri istinti, i nostri bisogni e nonclassicarli come brutali, retrogradi e animali. Riabi-litarli e regolarli per accordarli con la nostra quantitdi pensiero. Non dobbiamo ritornare selvaggi ma ri-diventare uomini.

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    Disneyland Paris, 2004. Unagghiacciante sequenza di scatti ritrae un Pluto di peluche che si d fuoco sot-to gli occhi increduli dei visitatori. Sotto quel vestito sintetico c Matteo Danzi, dottorando in Biologia,dipendente del parco. A immortalare il gesto sacricale Jacques Vian, cinquantenne, giornalista di LeMonde affl itto dai primi disturbi del morbo di Parkinson.Agns nata in una famiglia normale, ha partecipato al 68 parigino per poi fuggire a Antibes con un dot-tore di Italianistica molto pi grande di lei. I due hanno avuto una bambina, Christiane, ma dopo tre anni

    luomo le ha lasciate. La piccola cresce con le storie che Robert, amante di Agns, le racconta e grazie a luidiventa unattrice dal fascino irresistibile. Matteo ha una fallimentare relazione con Christine, e alla ne vaa vivere da Agns. Riba racconta quattro personaggi in un cortocircuito, quattro vite che si annodano in unagrande riessione sul comportamento degli uomini.

    Raffaele Riba(Cuneo, 1983) vive a orino, dove lavora come redattore alla Scuola Holden. Ha pubblicatodiversi racconti tra cui Leloquenza delle nature mortesu Watt 0,5 (2012) e La storia di Cinzianella raccolta100 storie per quando troppo tardi(Feltrinelli, 2012).

    Raffaele RibaUn giorno per disfare

    66thand2nd, collana Bookclub, pp 144, euro 15

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    Raffaella De Santis, Larsson: Sono un pirata e uno scrittorela Repubblica, primo agosto 2014 5

    Mario Baudino, Guru e seduttore, trionfa il superlibraio

    uttolibri dellaStampa, 2 agosto 2014 7 Andrea Colombo, Pianeta distrutto, tecnocrate contentoAlias delmanifesto, 3 agosto 2014 9

    Luigi Mascheroni, La requisitoria capolavoro del garantista Drrenmatt: Condannate la giustiziail Giornale, 6 agosto 2014 12

    Lorenzo Fabbri, Il fascino del libro resta, ma la cultura oggi si fa sul webpagina99, 6 agosto 2014 14

    Giulia DAntona con Natan Modin, Leditoria vista da Manhattanlinkiesta.it, 7 agosto 2014 16

    Stefania Parmeggiani, Amazon, scontro totale. Da Grisham a Stephen King, la carica dei 900 scrittori

    la Repubblica, 8 agosto 2014 20 David Streitfeld, Preston, luomo che sfida Amazonla Repubblica, 9 agosto 2014 21

    Tomas Martinelli, Andrea Pazienza forever youngAlias delmanifesto, 9 agosto 2014 23

    Mario Baudino, Frankestein sono io. Il segreto di Mary ShelleyLa Stampa, 11 agosto 2014 27

    Fabrizio Massaro, Amazon e la guerra per i libri online: arruola Orwell ma sbaglia la citazioneCorriere della Sera, 12 agosto 2014 29

    Stefania Parmeggiani, Chi ha detto che le copertine scompariranno?

    la Repubblica, 13 agosto2014 30 Laura Antonelli Carli, Il mondo nella testa: com natoAuto da flinkiesta.it, 14 agosto2014 32

    Pietro Citati, Conrad. Vita misteriosa e folle di un marinaio infedeleCorriere della Sera, 15 agosto2014 35

    Bruno Giurato, Baraghini: I miei libri Millelire erano vera rivolta. Ora leditoria mortail Giornale, 17 agosto2014 41

    Stefania Parmeggiani, Editori, sveglia. Amazon rischia di farci sparirela Repubblica, 21 agosto2014 43

    Il critico secondo me un parassita perch vive del lavoro di altri, quindi unopera significa o nonsignifica quello che riesci a vedere. |Andrea Pazienza

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    Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani, periodici e siti internettra il primo e il 31 agosto 2014. Impaginazione a cura di Oblique Studio.

    Franco Giubilei, Jack Frusciante ha ventanni e vuole diventare adultoLa Stampa, 22 agosto 2014 45

    Luigi Mascheroni, Salviamo i libri dalloblio. Ecco i titoli da recuperareil Giornale, 22 agosto 2014 47

    Alessandro Piperno, Il cardellino dei miracoli

    IL magazine, 22 agosto 2014 49 Carlo Mazza Galanti, Carrre sulla religione, che delusioneIL magazine, 22 agosto 2014 53

    Serena Danna, Ecco quanto leggiamo (davvero) di un libroLa Lettura delCorriere della Sera, 24 agosto 2014 55

    Emilio Gentile, La testimone di PragaIl Sole 24 Ore, 24 agosto 2014 57

    Paolo Di Paolo, ruman Capote, il cantiere camaleonteLa Stampa, 24 agosto 2014 59

    Anais Ginori, Houellebecq, lo scrittore che falsic s stesso

    la Repubblica, 25 agosto 2014 61 Pedro Armocida, Da Faulkner e Ovidio abbuffata di cinescrittoriil Giornale, 26 agosto 2014 62

    Davide Coppo, Cortzar era il migliorerivistastudio.com, 26 agosto 2014 64

    Viola Papetti, Julio Cortzar ritrae John Keatsil manifesto, 26 agosto 2014 68

    Fabio Francione, Aldo Nove, dagli oscuri magazzini della memoriaAliasdel manifesto, 30 agosto 2014 70

    Enrico Brizzi, Jack Frusciante non tornato nel gruppo

    La Letturadel Corriere della Sera, 31 agosto 2014 73

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    La letteratura deve far sognare altre vite. BjrnLarsson oggi ha sessantanni e non ha rinunciato almare e alla scrittura, le due passioni che da quando

    giovane dominano la sua vita. Continua a vivereperiodicamente a bordo di una barca, a insegnare let-teratura francese alluniversit di Lund in Svezia, e aviaggiare nel nostro paese, visto che da tre anni ha unarelazione con unitaliana. Il suo ultimo libro, Diario dibordo di uno scrittore(Iperborea) una traversata nelleacque avventurose della sua opera letteraria. Larssonci fa entrare nel suo cantiere creativo, tra i fogli e gliattrezzi di lavoro della sua offi cina narrativa, l dove ilpirata Long John Silver un giorno ha traslocato dalle

    pagine dellIsola del tesorodi Stevenson. Per approdarea quelle di un piccolo quaderno di fabbricazione ci-nese, in cui Larsson ha dato vita a una nuova epopea.

    Ha scritto i suoi libri pi importanti vivendo a bordo diuna barca: Il cerchio celtico, La vera storia del pirataLong John Silver, Il porto dei sogni incrociati, La

    saggezza del mare. Oggi preferisce lavorare sulla terraferma?No, non cambiato niente. A Helsingborg, la cittin cui risiedo, ho una barca dove in genere vado ascrivere e vivo per lunghi periodi. Evito linverno,ma da ottobre in poi sono a bordo. l che nasconoi miei libri. In genere scrivo ogni mattina per due otre ore. la prima cosa che faccio, prima ancora diparlare con qualcuno. La prima versione dei mieiromanzi deve nascere in perfetta solitudine.

    Stiamo parlando della barca a vela Rustica, quella concui ha attraversato lAtlantico e i mari del Nord?

    Raffaella De Santis, la Repubblica, primo agosto 2014

    Intervista allautore svedese che ha rilanciato la letteratura di mare:Vorremmo essere tutti come Long John Silver

    Larsson: Sono un pirata e uno scrittore, fuggo dal grigio della vita

    sognando romanzi davventura

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    Che rapporti ha con la sua famiglia?Nella mia famiglia sono il primo ad aver preso lamaturit e a essersi laureato. Quando mio padre morto annegato ero molto giovane, ho dovuto stu-diare molto per arrivare. Non vorrei si pensasse a me

    solo come un navigatore ribelle.Da giovane per ha fatto il bohmien a Parigi?A Parigi studiavo e lavoravo. Per vivere ho vendutogiornali a domicilio, fatto il supplente, il commessoin libreria. Non esiste bohme senza lavoro. Anche senon sono credente ho pur sempre unetica protestante.

    La letteratura espressione di libert?Nella mia visione la scrittura una forma di lotta

    perch spinge i lettori a mettere alla prova la loroimmaginazione. Scrivere signica lottare per la li-bert degli altri.

    Un narratore come lei, che ha sempre legato la scritturaal suo bisogno di libert e allimmaginazione, come viveil doversi confrontare col giudizio altrui?Non mi va che un domani uno studente trovi i mieiappunti e si metta ad analizzare i miei errori. Voglioche rimanga solo la versione denitiva. Non sono il

    solo. Harry Martinson, scrittore svedese Nobel per laletteratura nel 1974, anche lui amante del mare e va-gabondo, scriveva pensieri e li cancellava subito dopo.

    Come lettore sembra essere compulsivo. Racconta di leg-gere almeno cento libri lanno, di aver divorato in gio-vent tutto Vonnegut, tutto Hemingway, Saul Bellow,Orwell e tanti altri.Io leggo e ricopio le citazioni dei pensieri che mihanno colpito. Ultimamente ho deciso di trasferi-

    re tutti gli appunti presi nel tempo al computer. Cisono voluti sei mesi, alla ne ho accumulato 1.500pagine di citazioni. cos, quando incontro una fra-se bella ho paura di dimenticarla.

    Qual il suo bilancio personale, in questo momento dellavita?Ho vissuto una vita bella. Spero solo di morire insolitudine. Non voglio dare un dolore a chi mi ama.

    Ora ho unimbarcazione pi grande, in acciaio, un-dici metri e mezzo, 38 piedi. Direi che pi piace-vole di una casa. la mia scrivania. Mi siedo nellacuccetta e scrivo a mano la prima stesura. Anzi amatita. Fino a qualche anno fa usavo solo quaderni

    fabbricati in Cina con la copertina nera e il bordorosso. Scrivo e ogni quaranta pagine trascrivo tuttoal computer. Non solo. Dopo aver salvato il mate-riale sul computer prendo una gomma e cancello.Non voglio che rimangano tracce della versioneprecedente.

    In effetti i suoi romanzi sono sempre documentatissimi. Lavera storia del pirata John Silverpotrebbe essere usato perricostruire il periodo doro della pirateria nel Settecento.

    Ho letto davvero molti libri sullargomento. Ancheper Locchio del male, in cui si racconta di un inte-gralista islamico algerino inltrato tra gli operai diun cantiere a Parigi, ho divorato almeno quarantaromanzi di scrittori maghrebini.

    Sta dicendo che la vita, perno quando una vita avventu-rosa come la sua, non suffi ciente come fonte dispirazione?La letteratura serve a dare unalternativa alla vitagrigia di ogni giorno. Se raccontassi solo ci che

    vedo sarei un documentarista o un giornalista o fa-rei autoction, genere che non minteressa. Il miocompito invece far sognare. Amo i grandi romanzidavventura ottocenteschi, Stevenson prima di tutti.Credo che gli italiani, in genere molto ancorati allapropria mamma e alle famiglie dorigine, abbianoamato tanto il pirata John Silver per questo motivo,perch gli regalava lillusione di una vita ribelle mol-to diversa dalla loro quotidianit.

    A proposito di persone ribelli: lei per difendere la sua li-bert dopo il liceo ha riutato di fare il servizio militareed nito in prigione. Lo rifarebbe?Certo, ne sono orgoglioso. Alla ne, dopo cinque mesi,mi hanno fatto uscire perch considerato irrecuperabi-le. Ma non vorrei fraintendesse. Non ho una visioneromantica della libert. Non credo esista la libert as-soluta. Sono un uomo estremamente disciplinato. Soche per ottenere un risultato bisogna impegnarsi.

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    Bello non , in compenso carismatico. In certo casiha poteri divinatori e forse taumaturgici, in altri puessere piuttosto ruvido almeno sulle prime, ma in

    generale proprio il tipo di cui innamorarsi, anchealla follia. il libraio indipendente: non saprem-mo dire se proprio quello della realt, ma certo ilsuo doppio che fa da protagonista in una lunga seriedi romanzi. La tradizione antica, com ovvio (gliscrittori frequentano molto le librerie, come clienti ecome ospiti) e non univoca; per restare in Italia bastipensare ai tre cupi librai senesi di Federico ozziin re croci, ancora negli anni Venti, per lestero sarsuffi ciente lesilarante furbacchione, il Libraio che

    imbrogli lInghilterranel celebre racconto (1987) diRoald Dahl.La mutazione del personaggio, proprio in questianni in cui il libraio indipendente combatte per so-pravvivere in condizioni sempre pi diffi cili, persorprendente. Nel giro di pochi mesi trionfa su duebestseller e un longseller di ottima qualit comela serie dedicata a Victor Legris da Claude Izner(pseudonimo delle sorelle parigine Liliane Korbe eLaurence Lefvre) arrivata or ora alla nona avven-

    tura per le edizioni ea. La casa abbandonata di rueCorvisartnon fatta per deludere gli affezionati, enemmeno gli eventuali neoti. ono garbatamenteironico nella Parigi di ne Ottocento, accurata rico-struzione dellambiente culturale e editoriale, trameben impiantate e soprattutto la libreria Elzvir, de-lizioso microcosmo piuttosto incline alla narrativapoliziesca, da dove Legris si lancia in perigliose av-venture come detective.

    Va da s che un bel giovane, molto caro alle clientispesso matronali e insopportabili, incline allamoreanche se non certo un Don Giovanni. La ripetizione

    differente la sua forza. Due personaggi del tuttonuovi lo affi ancano per sulla scena destate, e inmodo pi aggressivo. Uno sta scalando con una cer-ta lena le classiche, oltre a gestire la Island Booksdi una Alice Island, vicino, ma non troppo vicino,a New York. Non ha nulla di affascinante, almenoa prima vista; chiuso in s e beve troppo, essendorimasto vedovo. Risultato, A.J. Fikry (remote origi-ni indiane) sta perdendo il gusto per la lettura, anzista dando sfogo a tutte le sue idiosincrasie riguardo

    a libri e autori.Va detto che sono idiosincrasie non sgradevoli,giudizi ben assestati nella loro ringhiosa unilatera-lit. Verr salvato, nelle letture e nella vita, da unabambina di due anni che la madre abbandona innegozio, prima di uccidersi in mare. Il libraio e labambina raccontano in La misura della felicit, diGabrielle Zevin (edizioni Nord) la storia sorridentee malinconica di come si possa crescere in un mon-do di libri, trovare lamore, rinascere e naturalmente

    morire, non senza che si scopra come un misterio-so lo di eventi leghi la piccola orfanella Maya, ndallinizio, al bilioso A.J. Come dir Amelia, intre-pida promotrice destinata a sposare A.J., c qual-cosa di eroico nel fare il libraio, e c qualcosa dieroico nelladottare una bambina.Lautrice (americana) conosce bene il mondo dellalibreria, degli agenti, delle case editrici, insomma ilcommercio librario che pi o meno lo stesso in

    Mario Baudino, Tuttolibri della Stampa, 2 agosto 2014

    Nella realt resiste contro crisi, vendite on line e calo dei lettori, ma nei romanzi un vero eroe:dispensa saggezza e spezza i cuori

    Guru e seduttore, trionfa il superlibraio

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    che cura, che penetra nelle ferite della psiche, cheprovoca catarsi o smarrimenti. Gli manca, com ov-vio, quello per i propri dolori (anche lui vedovo eincline al bere) ma alla ne riuscir a trovare se stes-so nel Luberon, fra paesaggi meravigliosi, lasciando

    che la libreria navighi, alla lettera, in altre acque.Qui forse si esagera: questo libraio un po troppoguru, il suo mondo zucchero, le torsioni sentimen-tali sfondano nel rosa, e a volte nel kitsch (come nelcaso dellamata scomparsa, ricordata nel momen-to in cui amava il rumore che fanno le albicoc-che appena colte). I paesaggi del Midi ricordanoun po troppo un depliant turistico scritto bene, ein coda ci sono le ricette provenzali. Il personaggioha qualcosa di sovrannaturale, un angelo forse, un

    mago buono, e liperbole non priva di interesse. questa lidea che i lettori hanno dei loro librai? Secos fosse, il sapiente mestiere non sarebbe in pe-ricolo, come invece . Laltro lato, il controcanto,di una idealizzazione popolare (stiamo parlando dilibri che vendono molto) la vita di tutti i giorni, ilcombattimento al tempo di Amazon e della crisi.Anche qui, la testimonianza sta ovviamente in libre-ria.Il libraio suona sempre due volte, raccontano adesempio Davide Ferraris e Davide Ruffi nengo nel

    libretto (uscito per marcos y marcos, a cura di Mat-teo Eremo) che ricostruisce la storia della loro Li-breria Terse Profumi per la mente, a orino.Sempre Eremo, ancora per la casa editrice milanese,raccoglie in giro per lItalia La voce dei libri. Undi-ci strade per fare libreria oggi. Sono storie vere, chepotrebbero interessare Monsieur Perdu caso maidecidesse di tornare dal Midi. In tal caso, altra let-tura consigliata sarebbe il diario di trincea scritto daMassimiliano impano e Pier Francesco Leofreddi,

    librai romani:Chiuso per Kindle(Bompiani). noto infatti che il taumaturgo parigino detesta glie-reader. Al capitolo 7 ne regala uno, avuto in omag-gio dal frenetico produttore di una casa editrice, alcameriere Tierry del suo bistrot preferito, che traunordinazione e laltra legge scomodamente e conla schiena storta. Per uno come lui, questi congegnierano linvenzione del secolo, dice o pensa. Per ilibrai aggiunge erano solo unaltra croce.

    tutto il mondo. Costruisce la sua storia con decisomestiere disseminandola di sorprese, come quandofa sparire, in apparenza senza motivo, una prezio-sa prima edizione di Edgar Allan Poe dalla cucinadi A.J., per consentirci di ritrovarla a tempo debito,

    quando gi noi lettori ci stiamo domandando se nonse la sia per caso dimenticata. Cita e come non po-trebbe quella Storia di una ladra di libri(di MarkusZusak) divenuta grazie al lm di Brian Percival unbest seller internazionale: anche se non ci sono li-brai, e per di pi a parlare la morte in persona. Unacliente riporter indignata il romanzo a A.J., chie-dendo di essere rimborsata perch, se avesse saputochi raccontava la storia, non lo avrebbe mai letto,evitandosi una notte insonne. Lui si scusa.

    un libraio vero, persino povero come ci si aspet-ta che sia. Il suo fascino e quello del suo mestiererestano impercettibilmente separati e correlati. Ilsuperlibraio, invece, arriva dalla Germania, anchese francese, parigino, ha il negozio su una chiattae uninsegna che dice: .Si tratta delleroe messo in scena dalla tedesca NinaGeorge in Una piccola libreria a Parigi, romanzone digrande successo in Germania ora tradotto da Sper-ling & Kupfer (lo stesso editore italiano di Zusak).

    Monsieur Perdu sa quale sia il libro adatto a ognicliente, e a prima vista. Per ognuno ha un romanzo

    Bello non , in compenso carismatico. In certocasi ha poteri divinatori e forse taumaturgici,in altri pu essere piuttosto ruvido almenosulle prime, ma in generale proprio il tipo dicui innamorarsi, anche alla follia. il libraioindipendente.

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    improbabile che, quando nel 2011 pubblic il rac-conto da cui sarebbe nata la fortunatissima rilogiadel Silo, Hugh Howey fosse cosciente di star scrivendo

    una pagina importantissima nella storia dellindustriaculturale di massa. Aveva 36 anni, la classica mareaamericana di mestieri alle spalle e una serie di romanzidi fantascienza uscita con case editrici minori. Il nuovoracconto, Wool, decise invece di affi darlo direttamenteal sistema Amazon Coms Kindle Direct Publishing,senza passare per la mediazione di una grande o piccolacasa editrice. In Italia la sola idea sarebbe stata da cami-cia di forza, ma negli Usa, dove le vendite di ebook siavviavano a superare quelle dei libri in carta (sorpasso

    poi puntualmente realizzatosi), ci poteva stare.Il racconto infatti vendette benissimo, e cos quel-li successivi. A partire dallidea iniziale, Howey hacostruito infatti un intero universo, no a realizzareuna saga post-apocalittica poi raccolta, nel 2012, neitre volumi Wool, Shift e Dust. Per la pubblicazione incarta, Howey si affi dato a Simon & Schuster, mai diritti delle vendite online, nonostante offerte dafavola, se li tenuti stretti. In compenso ha cedutoquelli per la versione cinematograca alla 20thCen-

    tury Fox. In Italia a pubblicare la trilogia sono i Fra-telli Fabbri: dopo i primi due volumi, adesso lavolta di Dust(pp 462, euro 14,90).Grazie al successo, tanto imprevisto quanto clamo-roso, la rilogia del Silo segna dunque uffi cial-mente la nascita della letteratura indie, indipen-dente, ma la rivoluzione che ha avviato rischia dimettere in primo piano solo levento editoriale oscu-rando la qualit della serie, che invece altissima.

    Letichetta post-apocalittica, la cui popolarit nelcinema e nella letteratura di genere americana da tredecenni almeno paragonabile solo a quella dellon-

    nipresente serial killer, adeguata: si parla infatti diuna comunit di sopravvissuti, costretti da un paiodi secoli a vivere in unenorme palazzo sotterraneo(un Silo appunto), roba da 150 piani in profondit,con uno schermo come unica nestra sulla desola-zione del mondo distrutto e inabitabile della super-cie. Chi esprime il desiderio di uscire allaperto,fosse pure solo con un vago e peregrino accenno,viene seduta stante condannato alla Pulizia. Deveuscire davvero dal Silo, col compito di pulire le lenti

    che permettono di sbirciare sul mondo di ieri, pernire subito dopo disintegrato dagli agenti veneciche hanno reso il pianeta inabitabile.Per i tre romanzi indie di Howey non sono soloquesto. Sono anche, a tutti gli effetti, un modello diSF distopica, simile da questo punto di vista allal-trettanto fortunata trilogia di Suzanne Collins Hun-ger Games, e sar solo una coincidenza se i due eventieditoriali che hanno segnato il secondo decennio delsecolo, quelli il cui trionfo stato decretato diretta-

    mente dai lettori senza alcun lancio n interventodelle case editrici, descrivono incubi futuri edicaticon materiale rubato al presente e veicolano, nono-stante le immense differenze, il medesimo messag-gio, e cio linevitabilit della rivolta?Nei romanzi del Silo Howey descrive nei partico-lari un intero assetto sociale agorafobico, comples-sivamente fondato sulla penuria e sullimpossibilitper la grandissima maggioranza della popolazione

    Andrea Colombo, Alias del manifesto, 3 agosto 2014

    La trilogia del Silo, bestseller di fantascienza, da Fabbri Editori. Autentico caso, in America, di editoria on-line,Hugh Howey legge la crisi mondiale con la maestria, anche politica, di un nuovo Asimov

    Pianeta distrutto, tecnocrate contento

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    Laspetto pre-apocalittico in realt il pi interes-sante, soprattutto il pi originale. In una casistica fol-tissima di lm e romanzi apocalittici, la ne del mon-do nella stragrande maggioranza dei casi provocatadagli uomini. Mai per con fredda intenzionalit:

    piuttosto un virus che sfugge al controllo, qualcheesperimento ardito andato male, un amabile scambiodi ordigni nucleari un tantinello troppo tto Sta-volta no. In questo caso lo sterminio di quasi tutto ilgenere umano una scelta consapevole, decisa, piani-cata e inne operata da un gruppo molto piccolo diuomini molto potenti. Non sono killer seriali o fol-li innamorati della morte. Sono colti galantuomini,scienziati e uomini di potere, convinti che lo stermi-nio sia il male minore, il solo modo per evitare un

    olocausto che non lascerebbe scampo a nessuno, nep-pure ai pochissimi che loro scelgono invece di salvare.E anche se qualcuno ce la facesse, a non farcela sareb-be la civilt, quella che a loro insindacabile giudizio la sola civilt possibile. Dunque optano, ovviamentesenza consultare nessuno, per la distruzione preven-tiva, unecatombe che quasi annienta il genere uma-no, per pilotata, cos da consentirgli di pianicaree preparare una sorta di ricolonizzazione del pianetaposticipata di qualche secolo e affi data a un genere

    umano rieducato dalla lunghissima permanenza nelsilo. Una versione sinistra delle Fondazioni di IsaacAsimov, che rispecchia il fondato pessimismo deitempi esattamente come la trilogia di Asimov riet-teva la ducia nel futuro della met del secolo scorso.Leggi e pensi che si tratta appunto di fantascienza. Poiti vengono in mente quei tecnocrati, anche loro moltopochi e molto potenti, che hanno costruito leuro: lor-goglioso racconto di come si chiudevano in una stanzaspremendosi le meningi per rendere impossibile uscire

    dalla gabbia che stavano scientemente edicando; leammissioni e le mezze parole che rivelano quanto fos-sero consapevoli del prezzo che avrebbe comportato peri popoli la realizzazione del loro sogno; la superbia che lispingeva, e li spinge, ad arrogarsi il diritto di decidere pertutti. E ti rendi conto che, ancora una volta, la letteraturadi genere ha colto il segno dei tempi, la mappa segretadelle sue zone oscure, con limmediatezza e la precisionespesso negate a pi vaste e addottorate narrazioni.

    di accedere alle informazioni reali, con ruoli e man-sioni tanto rigidi quanto gerarchizzati; e tutta-via, formalmente, democratico. Un sistema in cuile divisioni di classe non passano per il reddito maper le mansioni, con gli addetti ai lavori meccanici

    ghettizzati nei piani pi bassi e al di sotto di loro iportatori, incaricati di correre su gi per le in-nite scalinate in assenza di ascensori. Il potere realee la conoscenza della verit non sono depositati nel-le mani dei sindaci e degli sceriffi eletti dal popolo,ma in quelle di una ristrettissima casta di tecnocrati.Solo andando avanti nella lettura si intuir, senzache lautore debba mai esplicitarlo, che quellordinesociale corrisponde, portandolo alle estreme con-seguenze, a quello che cera nel mondo di fuori un

    attimo prima della catastrofe, della quale peraltrodirettamente responsabile.La trilogia di Howey infatti una storia tanto prequanto post apocalittica. Il primo romanzo de-scrive luniverso chiuso del silo e segue le avventuredi Juliette, una meccanica che si trover a essere laprima, nel corso dei secoli, a uscire dal silo senzanire distrutta in pochi minuti dai veleni nellaria. Ilsecondo arretra di qualche secolo. Racconta lapoca-lisse e ne svela le ragioni. Segue la vicenda di uno dei

    tecnici che lhanno provocata, Donald Keene, archi-tetto e deputato, luomo che materialmente progettail silo e che avrebbe tutte le possibilit di compren-dere a cosa sta collaborando, se solo volesse apri-re gli occhi. Non vuole. Guarda e non vede. Noncapisce perch non vuole capire, e si rivela cos unadelle mille incarnazioni possibili di quella attitudinediffusa che andrebbe chiamata banalit del male,se lo sfrenato abuso della celebre quanto malintesadenizione di Hannah Arendt non lavesse ormai

    completamente stravolta, cancellando proprio quelche per la losofa tedesca ne era lanima e la chiave:la rinuncia allesercizio del pensiero. Nel terzo ro-manzo le due correnti si ricongiungono e si intrec-ciano, non solo portando la vicenda al suo sciogli-mento ed epilogo ma chiarendo per intero qualeprogetto lucidamente folle presiedeva alla distru-zione del mondo, allassassinio di miliardi di esseriumani e alla costruzione del silo.

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    E ci che racconta La panne, in chiave grottescae surreale, che dietro la faccia perbenistadelle societ umane si nascondono infinite

    meschinit.

    perdamente umano e riprovevole, ma non uncrimine. Avere una relazione extraconiugale im-morale e persino peccato, ma non reato. Larri-vismo, lassenza di scrupoli, il cinismo che miranoallarricchimento e allaffermazione professionale

    sono comportamenti criticabili in alcune forme ecircostanze, ma non hanno alcuna rilevanza pena-le. O cos dovrebbe essere. Se non che, quando ilrappresentante di articoli tessili chiede con curiositquale reato gli imputassero, il pubblico ministero,pulendosi il monocolo, gli risponde che un puntodi scarsa importanza: un reato si nisce sempre pertrovarlo. Ecco perch La panne un classico. Perchci che racconta valido in tutti i luoghi, in ognitempo.

    E ci che racconta La panne, in chiave grottesca esurreale, che dietro la faccia perbenista delle so-ciet umane si nascondono innite meschinit. Checi che sembra vero non lo mai no in fondo, ecos come ci che sembra falso non lo mai del tutto(il protagonista un uomo che entra in scena inno-cente ma viene giudicato reo di omicidio, e mentretutto sembra dimostrare la sua estraneit ai fatti luisi convince con orgoglio di essere colpevole). Checonfondere la verit umana, letica, con la verit

    processuale, il crimine, un vizio pericoloso e an-tico. E che a volte chi disprezza maggiormente lalegge non sono i criminali, ma chi la esercita. Come

    spiega il giudice del racconto, noi quattro qui se-duti a questo tavolo siamo ormai in pensione e per-ci ci siamo liberati dellinutile peso delle formalit,delle scartoffi e, dei verbali, e di tutto il ciarpame deitribunali. Noi giudichiamo senza riguardo alla mi-seria delle leggi e dei commi. Un incubo. Che permolti un sogno.

    recente autoction!) lo dimostra, appunto, il suo Lapanne, un racconto, o romanzo breve, del 1956, cheora Adelphi riporta in libreria: 90 paginette, unoradi lettura e uninquietudine e un appagamento che rimarr per sempre.

    La storia, di impianto teatrale (sar portata sul pal-coscenico e anche al cinema), dura una notte, sisvolge tutta fra la sala da pranzo e il salotto di unavecchia casa di campagna, e vede soltanto cinquepersonaggi in scena, pi una servetta, che non havoce n volto nel racconto di Drrenmatt ma ha ilvolto e il corpo magnici di Janet Agren nel lmmolto liberamente ispirato al romanzo La pi bellaserata della mia vita, del 1972, girato da Ettore Scolae con un Alberto Sordi perfetto.

    Zero azione, dialoghi da citazione, atmosfera pennel-lata da un maestro della suspense e un breve prolo-go da antologia sullessenza del romanzo, La panne la storia di un rappresentante di commercio che,appiedato da un guaio meccanico alla lussuosa Stu-debaker, trova ospitalit per la notte da un simpati-co vecchietto, un giudice in pensione che ha sempreamici a cena tutti colleghi: un ex pubblico ministe-ro, un ex avvocato, e un silenzioso boia. Di solito, perpassare il tempo, rifanno i famosi processi storici: a

    Socrate, a Ges, a Giovanna dArco, a Dreyfus. Manaturalmente il massimo diletto quando si giuocacon persone reali. Il che aveva portato molto spessoa situazioni oltremodo interessanti.E sar molto interessante, nella lunga, pantagrue-lica, raffi nata cena processuale fra uova alla tar-tara e brodo di tartaruga, arrosto di vitello farcitodi rognoni e Pichon-Longueville del 1933, plateaudi formaggi e Chteau Pavie del 1921 , indaga-re sulla tranquilla vita quotidiana del signor raps,

    rappresentante di commercio, sposato, quattro gli,un debole per le belle donne, lambizione di un riccotenore di vita, pochi scrupoli, la giusta avidit. Qua-le sar la drrenmattiana sentenza? Bisogna stare at-tenti, perch la giustizia, l fuori, spesso un gioco,e vittima del caso, proprio come quella celebrata quidentroDesiderare che una disgrazia colpisca il nostro su-periore per ottenere un avanzamento di carriera

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    Mai pensato a un libro in cui poter ascoltare la musicache ne fa latmosfera, mangiare il cibo di cui si nutre ilprotagonista, vedere i luoghi in cui tutto ha avuto ini-

    zio? utto questo esiste, e si chiama Small Demon. Omeglio, esisteva no a che il sito dedicato a connetterei libri con il mondo reale, alla ne dello scorso anno,ha chiuso i battenti, in assenza di nanziatori o acqui-renti. Meglio andata a BookLamp se l comprataApple pochi giorni fa per qualche milione di euro mala situazione del mondo del libro, anche quello digita-le (anche quello dei big data), non rosea. Subisce laconcorrenza delle guide digitali come Mymovies, deisiti di ricette come Giallo Zafferano, dellenciclopedia

    Wikipedia, dei siti di viaggio, delle applicazioni edi-toriali per bambini e delle mappe di Google. Per nonparlare della concorrenza indiretta di Facebook e delladiffi colt crescente di tutti noi a dedicare al libro quellaattenzione esclusiva e solitaria che esso richiederebbe.Chiunque abbia passione per leditoria e la comuni-cazione si reso conto di quanto, in questi anni, ilbaricentro si sia gi spostato dal libro verso il mondodella rete, ma sono in pochi a riconoscere il mondodigitale come un insieme di pratiche sociali degno di

    essere considerato cultura. Per attuare questo ricono-scimento bisogna uscire dalle eterne contrapposizionitra apocalittici e integrati, tra tecnoli e tradizionali-sti, tra biblioli ed eretici digitali e un contributo allacausa pu venire forse dal tentativo, purtroppo raro,di partire dalle linee di continuit tra vecchio e nuo-vo mondo. Qualche esempio? Il concetto di link haun suo nobile antenato predigitale, che la citazione;le regole utilizzate da Google per denire la gerarchia

    dei risultati di ricerca prendono spunto dallanalisi delmodo in cui funzionano le pubblicazioni scientiche;la nozione di metadati, cos importante nel digitale,

    ha un equivalente nel mondo cartaceo che il para-testo. C un lo rosso che lega passato e presente, eil sistema culturale che ruota attorno al libro ha avolte inconsapevolmente contribuito in modo si-gnicativo a dare forma alle pareti di questo grandeedicio della conoscenza che internet. Non uncaso che nozioni centrali della semiotica come quelladi isotopia, coniate pensando a un mondo analogico,siano sorprendentemente attuali in un mondo digita-le in cui cos importanti sono i tag, le correlazioni e

    naturalmente i link. E non un caso che Wikipediafunzioni bene e abbia successo, cosa che si pu capirebene se si dispone di qualche nozione di epistemologia.Internet non caos e ha una sua grammatica, chiede-telo a David Weinberger, il guru di internet che scri-veElogio del disordinee (non a caso) cita la losoa dellinguaggio di Umberto Eco. Partire da l, con umil-t, forse un buon modo per far apparire fenomenicome il crowdsourcing o quello di raccomandazionisociali meno vertiginosi e realizzare quella paci-

    cazione tra vecchio e nuovo di cui c tanto bisogno.Il libro, non dimentichiamolo, ci dove tutto ha ini-zio: inizia da l le-commerce di Amazon; Facebookmisteriosamente porta la parola libro iscritta nelnome; e la passione di Steve Jobs per la calligraa ela tipograa gi leggenda. Il libro continua oggi aesercitare grande fascino, e il dibattito sul futuro dellibro spesso genera una curiosit e un interesse che hapochi eguali. Oggi, per, tutte le nostre esperienze co-

    Lorenzo Fabbri, pagina99, 6 agosto 2014

    Il libro ci dove tutto ha inizio, ma ormai viviamo in un mondo digitale. E presto la digitalizzazione toccher glispazi fisici, il mondo dei prodotti e delle merci e il tema dei big data si amplier ulteriormente. Le grandi questioni di

    cui discutere sono dunque il monopolio della ricerca dei dati e la necessit di reinventare il concetto di privacy

    Il fascino del libro resta, ma la cultura oggi si fa sul web

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    [] tutti noi stiamo accettando un sostanzialemonopolio mondiale nella ricerca di informazioni;

    e sono anche convinto che nozioni tradizionalicome quella di privacy non reggano pi e vadano

    reinventate pensando a un nuovo rapporto trasfera privata e sfera pubblica.

    gnitive sono digitalizzate: la ricerca di informazioni, iprocessi di selezione e di acquisto e la fruizione stessadei prodotti culturali. Oggi non si pu quindi limitareil ragionamento al tema dei libri, ma bisogna inclu-dere leditoria digitale e anche le esperienze culturali

    in ambienti digitali. Non a caso lesperienza di NextBig Book di cui parla Maria eresa Carbone nasce daquella di Next Big Sound. Come dire: dalla musica allibro, la questione trasversale e sottostante e riguardail linguaggio e le regole del digitale. E se guardiamo almondo delle news la questione identica, con limpor-tanza dei big data e delle piattaforme come Spike percitarne una che analizza in tempo reale e a livellomondiale i contenuti virali, consentendo a editori comeGuardiano a Huffi ngton Postdi prendere decisioni su

    cosa scrivere.E non nisce qui, oggi la cultura digitale invade i pro-dotti. In un quadro di questo genere non ha senso par-lare di saggi, bisogna parlare di cultura e di conoscenza;non ha senso parlare di romanzi, bisogna parlare di nar-razioni (digitali). E se la digitalizzazione della cultura gi una realt, che dire di tutto il resto? Che si tratti dimodelli tridimensionali, Google glass o Smartwatch, cisono gi le prime evidenze di un percorso che porter adigitalizzare le famigerate merci. E il tutto, in un me-

    raviglioso cerchio perfetto, ci riporta al pensiero degliantropologi che da Mary Douglas in poi ci spieganocome le merci incorporino conoscenza, come i prodottisiano essi stessi cultura. Che questo avvenga attraverso iWereable di Samsung o nelle piccole botteghe artigianedove designer e ingegneri lavorano con le tecnologie distampa 3D tutto da capire, ma sta gi accadendo. E ilgoverno delle informazioni diventa, in modo sempre piesplicito, controllo del sistema economico e, in senso piampio, controllo sociale (sempre di big data si tratta).

    orniamo allora al tema da cui la discussione ha presoinizio, quello dei big data che tanto ha a che fare con igiganti di internet Google, Apple, Amazon, Facebook.Quello dei big data tema su cui le diverse comunitdigitali dagli imprenditori digitali alle comunit opensource riettono da tempo. E sarebbe ora, diciamolo,che avesse pi spazio una nuova classe di intellettualiche vive in rete, fatta di blogger, designer digitali, deve-loper, analisti e statistici, etnogra digitali, tecnologi e

    creativi in rete e che possa aiutare il paese a capire cosasta succedendo. Personalmente sono colpito dal fattoche tutti noi stiamo accettando un sostanziale monopo-lio mondiale nella ricerca di informazioni; e sono ancheconvinto che nozioni tradizionali come quella di priva-

    cy non reggano pi e vadano reinventate pensando a unnuovo rapporto tra sfera privata e sfera pubblica. Sonocontemporaneamente dellidea che i big data siano unagran cosa, per esempio ci consentono di ripensare ilconcetto di selezione in un mondo nalmente liberodalla dittatura degli spazi sici. E non mi pare poco.I big data e il concetto di selezione. Il mondo predigi-tale era caratterizzato dalla dittatura degli spazi sici equindi dalla necessit di organizzare la societ secon-do logiche di selezione, gatekeeping, riduzione della

    offerta, limitazioni daccesso di ogni tipo. Nel mondodigitale questo non pi vero, e si traduce in una strut-tura di comunit pi aperta e basata sul pluralismo e lacooperazione. La selezione un concetto pi vivo chemai, ma ha preso una nuova forma: per esempio nonavviene pi a monte ma a valle delle esperienze sociali,e non pi un processo nelle mani di pochi selezionaticustodi della ortodossia. Al contrario, la selezione passaattraverso la cooperazione e le scelte individuali, sianoesse orientate a soddisfare un desiderio, oppure a sco-

    prire nuovi mondi. Sar allora forse pi evidente cheil problema di oggi non se usare i dati o meno, maquanto laccesso a questa straordinaria fonte di sapere

    debba essere concentrata nelle mani di soggetti priva-ti o piuttosto considerata un bene pubblico al servizio,appunto, della comunit. Il tutto nella speranza che gliintellettuali sappiano illuminare questo tema, e affron-tarlo come oggi merita, anche al di fuori di alcune no-zioni oggi un po logore come privacy e sistema deimedia.

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    come percorrere una strada un po dissestata, dalfascino antico ma di una scomodit sconfortante,scendere lungo il panorama editoriale mondiale.Si fa una gran fatica, soprattutto perch quello cheabbiamo intorno, in Italia, quanto di pi caoticopossibile. Poi, tra il sudore e la polvere, lo scintillan-

    te baluginare lontano dei colossi colorati e chiassosiamericani inarrivabili, come una Coney Island diintellettualismo puro il sentiero si punteggia dipietre miliari. Poche, sacre, e ormai quasi del tuttoinutili.Non abbiamo mai saputo fare una rivista letteraria,come ultimamente non sappiamo pi fare un gior-nale e scambiamo tutte le blog-avventure squattri-

    nate e dense di speranze mal riposte per una start-upeditoriale. Ne abbiamo avute di buone riviste, e neabbiamo ancora, ma quelle di una volta non funzio-nano a dovere Nuovi Argomenti l, a eterno mo-nito di quanto il tempo passi per tutti e se non ci sista attenti ci divora e quelle nuove sono rimastica-

    zioni di ben altre esperienze, appuntate sul petto de-gli editor come blasoni che gridano tutta la loro nonappartenenza dallalto di poche centinaia di copievendute a addetti ai lavori, pi che a lettori pietosi.Il resto sono blog, buone occasioni, esempi eccellen-ti di come si faccia a dedicare le proprie giornate aincanalare una passione. Il settore editoriale va alladeriva, con la bussola che punta in direzione di una

    Giulio DAntona con Natan Mondin, linkiesta.it, 7 agosto 2014

    Intervista con Lorin Stein, direttore della Paris Review, storica rivista letteraria

    Leditoria vista da Manhattan

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    stella polare offuscata da nuvoloni neri. Senza unpiano, senza nessuna chiarezza quando basterebberispettare una gerarchia denita nelle pubblicazioni.Questo era quello di cui discutevamo in ascensorediretti verso la redazione della Paris Review, mentre

    fuori soffi ava il vento fresco di un luglio anomalo trai monoliti squadrati del Meatpacking District. Sonocose di cui siamo andati avanti a parlare per anni,arrivando a poche incertezze diffuse, mentre anchenoi ci muovevamo a stento tra le schiere affrante econfuse e, trovandoci di fronte a Lorin Stein, ci sembrato giusto chiedergli la sua. Dal torpore chias-soso e rassicurante della Coney Island editoriale.La Paris Reviewnon un punto di arrivo, ma il ri-volo di sicurezza che scorre tra le pieghe della crisi

    di settore. stata fondata nel 1953 a Parigi, appun-to, e si trasferita a New York nel 1973, senza maiapparentemente accusare una essione. Galleggia inquelle acque placide dellautorit che ha acquisitofacendo le cose per bene, pubblicando esordienti,maneggiando con cautela i grandi nomi che ne han-no popolato le pagine e rimanendo fedele a s stes-sa. Stampata, impavida e con un occhio sospettososul web. Lorin Stein siede nelluffi cio del direttoredallaprile 2010, beve espresso e fuma Marlboro.

    Quando il direttore era George Plimpton sta-to leditor della rivista per cinquantanni, prima dimorire mi ha proposto di intervistare JonathanLethem. strano, perch non lo conoscevo. Era-vamo vicini di casa, frequentavamo lo stesso bar manon ci eravamo mai parlati. In realt tempo primami avevano chiesto di scrivere un articolo su di lui,su Motherless Brooklyn, e io ho fatto un casino. Hoscritto un suo prolo e ho parlato male del libro.Plympton mi ha spiegato che non si fa cos nel mon-

    do dei grandi, che quando scrivi un prolo devi scri-vere qualcosa di carino. Mi sono sentito stupido eho pensato di riscriverlo. Poi lho incontrato, ed stato molto imbarazzante, mi ha chiesto perch nonmi fosse piaciuto il libro. Gli ho detto che era perchaveva scritto un romanzo su un quartiere nero chediventa bianco e ledicio pi grande del quartiere la prigione, ma lui non ne aveva parlato. E poiha pubblicato La fortezza della solitudine. Quando

    lho intervistato non sapevo niente di letteratura digenere, di pulp, e Lethem mi ha fatto una lista. Miha chiesto di studiare per intervistarlo. E nellinter-vista si capisce, io ho cercato di non sembrare troppostupido ma la verit che mi ha usato come lidiota

    di un dialogo platonico. Uno degli scrittori che miha fatto leggere Tomas Berger, che morto dapoco e che era un personaggio schivo, nemmeno ilsuo editore sapeva dove abitasse, ma col quale Le-them aveva tenuto una corrispondenza tta. E nien-te, senza di lui, senza la rivista, non ne avrei saputomolto.Questo quello che generalmente succede, le rivi-ste sono vettori, parti attive del mercato editorialeperch fonti continue di spunti, di collegamenti e

    di conoscenze. Intorno alle riviste, lindustria unindustria, dobbiamo rendercene conto. Ci sonodei soldi in ballo dice Stein pesca, spizzica, im-para. E contemporaneamente le riviste si nutronodellindustria in una sorta di mutualismo biologi-co imprescindibile che alimenta il usso letterario,assieme al mercato libraio. La Paris Review haun budget annuale di poco meno di due milionidi dollari, quindi haun costo. Due terzi vengonocoperti dagli abbonamenti, dalle pubblicit e dalle

    copie vendute in libreria, il resto lo raccogliamoin una sera. Facciamo una cena di benecenza,la base di seimila dollari, ma c chi dona dieci,venti, cinquantamila dollari per tavolo. Abbiamoun consiglio di amministrazione, naturalmen-te, composto da grossi donatori, e non facciamoprotto. Con un surplus che si aggira attorno aiquattro milioni. Questo lo schema, questi sonoi fatti. Quello che pensiamo, e di cui ci convin-ciamo sempre di pi parlando, che forse in Ita-

    lia non siamo cos abituati a fornire i fatti primadellideologia. Mi piace pensare che ci sia unide-ologia. Ma a New York, tra le persone con i soldiinteressate allarte, non tutti la pensano allo stessomodo. Qualcuno pensa che sarebbe meglio se unprogetto come questo generasse guadagni, altrisi arroccano sul pensiero dellarte ne a s stessa.Quello che voglio io che chi sta investendo siacontento del prodotto e allo stesso tempo vorrei

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    Leggere online e leggere su carta sono duecose completamente diverse, c un rapportodiverso con un libro che poi resta sullo scaffale,con una rivista che poi possiamo risfogliare,rispetto a qualcosa che una volta spentosparisce per sempre.

    online sono gratuiti. Il trucco cercare di trasfor-mare i nostri numeri sul web in abbonati. Sonomolto orgoglioso dei contenuti web e c marginedi miglioramento. Ma il sito accessorio alla ver-sione cartacea. Quello che pubblichiamo online

    un facsimile di quello che stampiamo, lo facciamoapposta [poco prima criticavamo le testate italia-ne che riportano gli stessi contenuti online e sucarta, ndr]. Non voglio creare una macchina chepoi dovremmo alimentare con contenuti che nonci appartengano. Non voglio iniziare a produrrecontenuti che non siano quello per cui siamo nati,e il web per molti signica questo. Leggere onlinee leggere su carta sono due cose completamentediverse, c un rapporto diverso con un libro che

    poi resta sullo scaffale, con una rivista che poi pos-siamo risfogliare, rispetto a qualcosa che una voltaspento sparisce per sempre. Questo pu sembrareun discorso sentimentale, ma quello che penso.Le metriche, tra lonline e la carta, sono differenti.PrendiNew York Magazine, diventato una speciedi aggregatore di blog, di alta qualit sia chiaro, ein termini di traffi co potentissimo, ma a me man-ca lidea di quello che era prima, lintegrit.C unaltra cosa, che mette un mare di distanza tra

    la tradizione delle riviste cartacee e il proliferaredi progetti in rete, ed limportanza enorme dellaconnotazione geograca. Non ho mai visto nientefunzionare senza un polo geograco di riferimen-to. Se noi adesso siamo qui a parlare perch esisteNew York, perch voi sapevate di dover venirequi e di qui si ha la sensazione che stia passandotutto quanto. Siamo animali sociali, logico chetutto succeda per mezzo della socialit. Dallaltraparte, ho fatto unintervista con William Gibson

    e mi diceva che non ci saranno mai pi le condi-zioni per uno sviluppo di una sottocultura legataa un particolare luogo. Anche questo vero: nonesister mai una utopistica societ degli scritto-ri. Qualcuno ha detto che internet. Cazzate,stare sul web pi costoso che comprare una casaa Chelsea. Non pu succedere niente di casualesul web, non si incontrano le persone sul web, nonsi spontanei sul web. La rete vuole venderti pi

    che il costo delle copie scendesse, cos che i lettoriinvestissero direttamente in quello che leggono. Ilragionamento sensato che dovremmo poter fareil meglio coi mezzi che abbiamo, e se ci riusciamodovremmo poter fare protto.

    La questione del protto non secondaria, maspesso se ne parla a mezza bocca, come se vende-

    re copie di una rivista o di un libro per gua-dagnare dei soldi fosse deleterio per un sistemafondato sulla purezza degli intenti. Se si tratta diuna scelta editoriale, per, un altro paio di ma-niche: Finch alla Paris Reviewcontinueremo apubblicare la versione cartacea, non c modo diguadagnarci, questo lo stato delle cose. A uncerto punto qualcuno ha avanzato la proposta di

    sviluppare il sito, che in quattro anni di esistenzaconta circa mezzo milione di visitatore unici almese, alimenta pi di 250mila follower su Face-book e 390mila su witter. E se riuscissimo afare un milione di click al giorno? ha detto. Seriuscissimo a fare un milione di click al giorno,staremmo lavorando nel modo sbagliato. Perchso cosa ci vorrebbe per raggiungere quei numeri,e non quello che ho intenzione di fare. Non quello che facciamo qui.

    Anche il rapporto delle riviste con il web qual-cosa che vale la pena di esplorare. Se da una partedellAtlantico le cose nascono sul web, per le grandiriviste americane si tratta di scegliere una linea datenere una volta sbarcati in rete. Il New Yorker, peresempio, ha scelto di dedicare grande spazio allosviluppo e alla cura dei contenuti per il sito, men-tre la Paris Reviewha altre idee. Il sito il postoin cui vendiamo gli abbonamenti, e tutti contenuti

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    facevo leditor in casa editrice, per me era normaleattingere alle riviste per scovare gli autori, e que-sto succede ancora. Ci sono tre riviste che garanti-scono a un giovane autore, soprattutto di racconti,unattenzione particolare da parte delle case edi-

    trici: il New Yorker (che distribuisce un milione dicopie e pubblica cinquanta racconti lanno),Har-pers (100mila e qualcosa e pubblica dodici raccontilanno) e noi, che pubblichiamo trenta racconti. IlNew Yorker d veramente il senso di qual il no-stro lavoro: pubblicano forse tre o quattro raccontidi autori gi famosi, tutto il resto proviene da esor-dienti o quasi. Potrebbero non farlo, non ne han-no bisogno, non hanno bisogno di assumersi il ri-schio, ma lo fanno comunque. cos che funziona,

    o che dovrebbe funzionare, anche a livelli superioridella catena. Prendi un autore che scrive per unpiccolo editore e vende milioni di copie, per primacosa trascina con s gli altri autori di quella parti-colare casa editrice, e poi per il suo secondo librotrova i grandi gruppi disposti a pagare un sacco disoldi. Ci sono persone che sono irritate da questoprocesso, ma non vedo il perch. un lavoro, e gliscrittori devono pagare il mutuo, la scuola dei gli,devono vivere di questo. Io sono stato orgoglioso

    quando il New Yorkerha pubblicato Sam Lypsite,perch lo meritava e perch giusto che le cosevadano cos.La visione di Stein tradizionale e confortante,equilibrata e ben connessa a cosa accade intorno,esattamente quello che ci immaginavamo di sentiree che avevamo paura di aver perso per strada. Nonc una scelta univoca, per chi lavora con la lette-ratura, ma non bisogna avere paura a maneggiareil denaro, non bisogna avere paura ad alimentare

    lindustria, rimanendo fedeli a s stessi e alla pro-pria storia, rimanendo attaccati ai linguaggi dellapropria tradizione. Leditoria bloccata, scossa pe-santemente dalla crisi, ma la Paris Review conoscela strada, come la conoscono la maggior parte delletestate e degli editori statunitensi, e nch il sen-tiero segnato ci si pu muovere, con cautela, nellanebbia. Guidati dalle luci distanti e dalle indubbiepietre miliari.

    stronzate possibili il pi velocemente possibile. Sedici che ti piace Tomas Berger, ti consiglier diLeggere Jonathan Lethem, ma se dici che ti pia-ce Lethem non ti consiglier Berger, ti consiglierqualche autore che abbia scritto di pi e che abbia

    venduto di pi, e questo castrante. C la neces-sita di predire e soddisfare i desideri, che nella vitareale, negli spazi reali di condivisione, non esiste.La Paris Review distribuisce circa 18mila copieper numero, che se messe in relazione al merca-to delle riviste statunitensi una cifra piuttostolimitata, ma paragonato alla tiratura di un librosul mercato italiano un successo. Siamo in unaspecie di limbo, n grandi n piccoli, fedeli alla li-nea. Per, pensaci: sono molte pi copie di quanto

    abbiano venduto la prima edizione di Ogni cosa illuminatao diInfinite Jest, il doppio de I detectiveselvagginegli Stati Uniti, e questo un paese enor-me. una strana condizione, la nostra, di pacatoequilibrio, punteggiato di insoddisfazione. Anchele nostre fasce di lettori sono anomale, siamo fortitra i venticinque e i trentacinque anni e poi c unbuco, n sopra i cinquanta. Per quanto riguarda lacondizione italiana, posso solo dirti che lItalia non lOlanda. In Olanda la gente compra qualcosa

    come quattro libri al giorno.Abbiamo sempre discusso su come leditoria do-vrebbe procedere lungo il pendio di una piramideben tracciata, dal basso verso lalto. E il percorsodi un esordiente, per essere sano, per non subirei vuoti daria generati dalle copie invendute, dallaperdita di interesse da parte del pubblico, dalle ca-dute di mercato, dovrebbe cominciare dalla base.Alla base dovrebbero stare le riviste, che compien-do unopera di scouting alimenterebbero i piccoli

    editori, e su no agli apici plurale dobbligo nellibero mercato dei grandi gruppi editoriali. Perqualche motivo questo sistema non viene applicatoe tutto capita un po a casaccio. Quando nata,la Paris Reviewha cominciato a formare un piccolobacino di contatti, pur non avendo una grande di-stribuzione. Ha cominciato a dar vita a una rete diconnessioni tra gli editori e gli autori, e tra gli edi-tori e le altre riviste. Quindi funzionava. Quando

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    Qui fuori nei boschi, al termine di non una ma bendue strade sterrate, in una capanna equipaggiata conunimmagine del Dalai Lama, una linea dati ad alta

    velocit e una copia di Disobbedienza civiledi To-reau, il sogno di Amazon di imporre la sua legge sulmondo editoriale incappato in un ostacolo.Douglas Preston, che trascorre lestate in questo pa-esino sulla costa, un autore di thriller vendutissimi:

    o meglio lo era no a quando Amazon non ha deci-so di scoraggiare i lettori dallacquistare libri del suoeditore, Hachette, per costringere questultimo a

    concedere alla libreria online condizioni migliori pergli ebook. Preston ha deciso quindi di scrivere unalettera aperta ai suoi lettori esortandoli a contattareJeff Bezos, lamministratore delegato di Amazon,per chiedergli di smetterla di usare gli scrittori come

    David Streitfeld, la Repubblica, 9 agosto 2013

    Incontro con lo scrittore che ha organizzato la campagna contro il colosso raccogliendo 900 firme tra cui quelle diGrisham, Chabon e Stephen King. Per delegittimarmi i multimiliardari di Bezos dicono che sono ricco

    Preston, luomo che sfida Amazon:

    Si mai visto un libraio che blocca la vendita di libri?

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    Jeff Bezos ha usato i libri come punta didiamante per riuscire a vendere di tutto,dai cavi per computer ai tagliaerba, ed stataunottima idea. [] Ora Amazon ci ha voltatole spalle.

    ostaggi nelle sue trattative. La lettera, che Prestonha scritto in questa capanna nel Maine, si diffusa amacchia dolio allinterno della comunit letteraria.Allinizio di questa settimana, il numero di scritto-ri che lavevano sottoscritta era arrivato a 909; fra

    loro ci sono nomi famosissimi come John Grishame Stephen King. La lettera uscir come inserzione a

    tutta pagina sulledizione domenicale del New Yorkimes. Amazon, turbata dalle iniziative di una cate-goria che prima era fra le sue principali sostenitrici,ha reagito attaccando il cinquantottenne Preston eal tempo stesso cercando di blandire lui e gli altridissidenti per indurli a rientrare nei ranghi.Preston non si lascia smuovere di un millimetro.Jeff Bezos ha usato i libri come punta di diamante

    per riuscire a vendere di tutto, dai cavi per computerai tagliaerba, ed stata unottima idea dice. OraAmazon ci ha voltato le spalle. Ci considerano cospoco? Non sentono nessuna riconoscenza? perquesto che gli autori sono furiosi. Preston non sabene come ha fatto a ritrovarsi a capo di un grup-po che si autobattezzato Autori Uniti. Non mipiace litigare, sostiene sono una femminuccia.Quando i bulli alle medie mi dicevano che mi avreb-bero aspettato nel parcheggio nita la scuola, facevo

    sempre in modo di essere ben lontano.Fra gli altri scrittori che hanno rmato la lette-ra gurano Robert A. Caro, Junot Daz, MalcolmGladwell, Lemony Snicket (nome darte di DanielHandler), Michael Chabon, Michael Lewis, JonKrakauer, Scott urow, George Saunders, SebastianJunger, Philip Pullman e Nora Roberts. Siamo fer-mamente convinti che nessun libraio dovrebbe bloc-care la vendita di libri, o impedire o scoraggiare in

    qualunque modo i clienti dallordinare o ricevere ilibri che desiderano recita la lettera.Alcuni scrittori, pur essendo pienamente concordi conil contenuto della lettera, hanno paura di rmarla, haspiegato Preston. Qualcuno aveva deciso di rmarla

    e poi si tirato indietro, per lo stesso motivo. Lin-serzione sul New York imes, che costa 104mila dol-lari, stata pagata da un gruppetto degli scrittori dimaggior successo. Preston non uno di quegli scrittoriche stanno sempre a guardare la loro posizione nelleclassiche di vendita di Amazon, e non nemmenouno di quelli che tengono il conto di quanti libri hannovenduto. Lui preferisce scrivere. Ma recentemente hapensato di chiedere qualche dato alla Hachette. I datisono arrivati laltra mattina, e gli sembrato il caso di

    farli vedere a sua moglie Christine.Circa la met dei suoi libri era venduta su Amazon,ma da quando questultima ha cominciato a scorag-giare le ordinazioni le sue vendite di libri cartaceisono calate del 61 percento e quelle di libri elettro-nici del 62 percento. Il suo penultimo romanzo Nel fuoco: una settimana dopo la sua uscita, 25milaclienti di Amazon ne avevano ordinato una copia.Lultimo romanzo, Te Lost Island, uscito marted.Solo poche migliaia di lettori ne avevano prenota-

    to una copia, e tutti prima che Amazon calasse lascure sulla Hachette smettendo di vendere i libri diprossima pubblicazione. Christine Preston, che dimestiere fa la fotografa, ha studiato questi dati sco-raggianti. Sta diventando una faccenda personale,ha commentato sapevo che ci sarebbero stati deicontraccolpi, ma non immaginavo di queste pro-porzioni. Sei preoccupata? gli ha chiesto Preston.Fai bene. Che succede se Amazon dice: Perchdovremmo vendere i libri di Douglas Preston, visto

    che ci procura tutti questi fastidi?. Sai che ti dico?Chi se ne frega di tutta questa roba.Amazon cerca di usare il successo di Preston con-tro di lui, dipingendolo come un riccone che nonriesce a calarsi nei panni delle masse di scrittori chefaticano a sbarcare il lunario.Mi fanno ridere, dice ultramiliardari di internetche deniscono ricco un semplice scrittore. Mi sache si stanno innervosendo.

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    Thomas Martinelli, Alias del manifesto, 9 agosto 2014

    Intervista realizzata a Pisa nel 1981 allartista venticinquenne nel corso della mostra dedicata a Frigidaire:un libero flusso di parole che ce lo restituisce sempre giovane, come voleva essere

    Andrea Pazienza forever young

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    un momento sempre in Pentothal molto pi duroche appunto poi il momento Pentothal, quello cheio denii cos, che poi doveva essere questo sierodella verit che invece non stato solo questocheera molto pi legnoso, totemico e al quale potevo

    fare riferimento senza espormi cos tanto. Ma que-sta una fase iniziale di assoluta non conoscenzadel mezzo attraverso il quale io mi proponevo ecos, un po come nei temi in classe quando ti diconobravo, ma fuori tema, io mi espandevo sulla car-ta in modo abbastanza sconnesso, senza esercitarmimolto nel segno, facendo quello che io sapevo gifare, cio proponendomi attraverso delle chiavi cheio gi conoscevo, che avevo gi sperimentato in altreoccasioni, nel privato oppure quando facevo i qua-

    dri. Invece tutta lultima produzione la migliore quella che a me piace di pi e che nasce dallavolont di divertimento, non tanto di raccontare madalla voglia di ricreare delle situazioni quanto pipossibile evocative. Questi momenti in me nasconosullonda di quella che vorrebbe essere una scopertamatematica. Cio, a me la matematica mancataa scuola perch la odiavo. Invece adesso ne sentola mancanza nel senso che mi piacerebbe costruireattraverso dei moduli in modo simmetrico, specu-

    lare, denito delle cose che siano quanto pi possi-bili e realiste. Zanardi la cattiva coscienza di tuttinoi, il nostro compagnuccio di scuola, lamico din-fanzia perdo che ci ha umiliato in mille modi. lapersona che abbiamo odiato di pi in assoluto maalla quale avremmo voluto assomigliare, alla quale cisiamo ispirati di pi. Era nefando, ignorante, spre-giudicato perch assolutamente vuoto.

    Perch al liceo e non nella vita normale dove pure c

    questa categoria di persona?Io adesso sto acquistando forza statica con lete perdo invece quella forza che mi faceva volare sullescale in salita che noi tutti abbiamo la stessa et ricordiamo n troppo bene, quasi con dolore, perchappartiene a ieri, non ancora allaltro ieri o allannoscorso. E allora ci sono ancora dei momenti in cui iomi provo, e non mi ritrovo pi con quel dinamismotutto particolare.

    I momenti che attualizzano uno scritto su AndreaPazienza non mancano mai, tanta limpronta inde-lebile del suo segno invincibile nel panorama cultu-rale italiano degli ultimi decenni. La grande mostrache ha circolato ultima nellordine a Bagnoli (Napo-

    li), ogni volta pi ricca, il lavoro instancabile e pun-tuale di raccolta dei fratelli, le riedizioni delle sueopere (prossimamente Baldini & Castoldi riproponeil denso e penetrante Pompeo) e nel prossimo futu-ro un lm tratto dalle sue storie. A osare RenatoDe Maria, il regista che ha girato per la Rai il docu-mentario sullappartamento di Bifo, gi sede di RadioAlice e di altri momenti del movimento bolognesedel 77. Dopo Hotel Paura, lm con Sergio Castel-lito e Isabella Ferrari, il regista bolognese che ha vis-

    suto con Pazienza momenti di passaggio fra il 77e gli 80 si cimenter con la traduzione sullo schermodi tre episodi diversi ma emblematici di Paz: Pento-thal, Giornoe Zanardi. Di questa transizione fra la-pice del movimento del 77 alle prime avvisaglie delcinismo individualistico degli orrendi Ottanta dallacreativit anarcoide e liberatoria giovanile pur sempreparte di una sinistra di cui sintravedeva qualche sma-gliatura al lato bieco e odioso della merce e del deliriodonnipotenza adolescenziale che in quei crepacci si

    annidato, si parlava con Andrea Pazienza in que-sta intervista. A Pisa nel 1981, in occasione di unabella mostra a Palazzo Lanfranchi dedicata al men-sile Frigidaire, la testata di tendenza allora sia comecontro/informazione che come fumetto, ci eravamoseduti per terra appartati in un angolo. Come sempreallora, la chiacchierata con lui era un imprevedibileusso di coscienza, fortunatamente in quelloccasionessato su nastro da un registratore acceso.

    Da Pentothal a Zanardi, qual il personaggio di Pazienza?Facciamo cos: io rispondo a domande in modo unpo generico parlando cos uscendo a volte fuoritema Allora io penso questo: esistono due mo-menti della mia vita, uno il momento Pentothalche a sua volta si divide in altri due: uno molto cat-tolico, clericale, da sagrestia con una ridda di giochi,divertimento, scuse, affettazioni, tartagliamenti,congestioni, nasi grandi, pustole ecc. Poi c invece

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    a lavorare producendo una storia al mese o ogni duemesi, per poi alla ne si entra in un gioco partico-lare di situazioni che ne sei costretto forse pi che seesistesse realmente una gura che ti obbliga a farlo.Il fatto voglio entrare anche in termini spiccioli

    che una tavola a me viene pagata 100-120mila lire.Basta prendere il giornale e contare il numero del-le tavole: quello che tendo a fare, come tutti quelliche riescono a pubblicare tutto quello che fanno, di garantirmi uno stipendio. Quello che fannotutti, tutti quelli che cercano un lavoro cercano difare questo Per esempio c una tavola su Amo-re miodove c una gura accovacciata che guardaun pezzo di carta appallottolato che gli sta davanti, una cosa a colori. Dietro io ci avrei voluto fare un

    Victor Vasarelli, tutto matematico, una sorta di pro-getto costruttivista con delle cromie molto studiate,molto particolari e ti assicuro che sarei riuscito a far-lo se avessi avuto il tempo. Non avevo il tempo e misono dovuto accontentare di una serie squalicantedi rombi colorati. Potr anche piacere, per non lacosa che avrei voluto fare se avessi avuto un tempodiverso. Per questo non importante Quandoriesco a produrre qualcosa che mi piace molto, iogodo, mi diverto nel farla, passo dei momenti che

    per me sono indimenticabili. Quando invece faccioqualcosa che non mi va, io ho sofferto per un mesee quindi non perdo il sonno a pensare alle 3.500 lireche ha perso il tipo comprando il giornale e rima-nendo deluso, perch lui ha perso 3.500 lire e ioci sono stato molto, ma molto pi male Sono ioquello che ci sta peggio, quindi non mi sento co-stretto di dare spiegazioni a nessuno da questo pun-to di vista. Unopera darte o un quadro o un vasoo un water signica esattamente quello che riesci

    a vedere. Quello che vedi quello che . Nessuno tiobbliga ed giusto a conoscerne la storia, a cono-scerne i passaggi della ricerca che sono alla base delprogetto, tutte la teorie dellevoluzione che hannoportato a questo tipo particolare di oggetto. unastoria a parte. Il critico secondo me un parassitaperch vive del lavoro di altri, quindi unopera signi-ca o non signica quello che riesci a vedere. uttoil resto sono altre discipline, la storiograa, le mille

    E tu che pensi?Penso che va male da questo punto di vista, mi di-spiace molto. A me non interessa la maturit per-ch io non credo nella maturit nel senso di acqui-sizione di conoscenza, responsabilizzazione, presa

    di coscienza di certi fatti. Mi piacerebbe rimaneregiovane il pi possibile, nel senso di non doverla maimenare a nessuno dicendogli quello che secondo medeve o non deve fare.

    E tu ti comporti cos?No, non mi comporto cos, assolutamente, perquando devo inventare dei personaggi cerco di farein modo che questi personaggi rispondano quantopi possibile a questo particolare tipo di dinamismo

    eccentrico, violento che poi ha in s la ribellione,perch non si tiene. Insomma per, questo non laspetto pi importante o quello che minteressa.Io mi accorgo che in una citt esistono mille situa-zioni diverse e le riconosco molto di pi nei ragazziche negli adulti o in questi che rappresentano un pocome me let di mezzo, quando non si ha pi tempoda dedicare al fatto modale spicciolo, al colore dellavespa, a quel particolare aggeggio che ti distingue.E tutto questo muoversi a me piace. Da un certo

    punto di vista mi disgusta: perch? Quando poi lhofatto io, tutta la mia energia dinamica in qualchemodo la disperdevo perch poi non sono arrivatoa nessuna conclusione degna, dal momento che oggimi riconosco con dei dubbi enormi la disperdevoquindi in politica. Ho passato il liceo a fare casini inpolitica, mentre invece oggi nei licei di politica nonsi parla neanche un po, non esistono pi le assem-blee, non esiste pi niente. E in fondo il diverti-mento puro un regresso sicuramente se si pu

    parlare di regresso, ma forse superuo parlarneC chi dice che a volte ti diverti quando fai i tuoi fu-metti maecco, posso rispondere? Prima di tutto il fumet-to ha dei tempi che sono i tempi del fumetto, sonoi tempi che non danno al fumetto la dignit alla qua-le potrebbe assurgere in altre particolari circostanze.Nessuno naturalmente ci costringe o costringe me

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    Che musica ti piace adesso?Sento la radio, per non ho impianti, non col le-ziono dischi, non so siccome di solito dico cosealle quali credo, almeno al momento Se tu mifai una domanda sulla musica, io ti posso rispon-

    dere con qualche cosa buttata l che poi domaninon ricorderei.

    Allora pi secco: che disco metteresti adesso?Ah, metterei lultimo dei King Crimson, Disci-pline, con Robert Fripp che fa il barrito delefante.

    i senti una star?sk! No.

    Sei ancora il vecchionon sono mai stato il vecchio, cho 25 anniSolo in certe occasioni come queste si ha loccasionedi trovarsi, altrimenti e per fortuna non si vivonocerte cose proprio per niente. Meno male. Non nun ghetto n altro, proprio la felice normalit e lavita di chi se l cercata e che se lo sta vivendo conidiota tranquillit. Ho uninnit di problemi, manon sono questi, cio sono proprio problemi: nonfare il militare, cambiare casa

    denizioni che compongono luniverso, la galassiadelle materie al Dams, per esempio, che sono unapi stupida dellaltra o una meno denibile dellal-tra, una pi funambolica dellaltra nella denizione.Poi in effetti se la cosa riesce a trasmetterti qualcosa

    ha funzionato, se non te la trasmette non ha funzio-nato e nisce l. A volte questione di un millime-tro Esistono delle matematiche che determinanotutto questo. Queste sono le matematiche alle qualiio vorrei arrivare, per un lavoro diffi cile perchquando sei l, vai, capito?

    C un tuo lone di satira politica o proprio non ti poniil problema?No, mi piacerebbe avere a disposizione una quantit

    di segni diversi e poter fruire di questi segni, pervanno coltivati in qualche modo. Io non ho moltotempo n voglia Poi in verit se io adesso mi do-vessi mettere a fare la satira politica dopo due anniche non la faccio pi, non ci riuscirei. Cos comenon avrebbe pi senso per me fare una vignetta conDe Michelis con la scritta De Michelis un bri-gatista, mentre invece al limite se lavessi fatta dueanni fa per usando un modo particolare di pro-porre limmagine avrebbe funzionato, forse.

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    Ha quasi duecento anni, e senza di lui la storia del ci-nema, per fare un esempio, sarebbe molto pi povera.Eppure Frankenstein, il romanzo che Mary Shelley

    scrisse a diciassette anni e pubblic nel 1818, nono-stante il grande successo di massa stato tenuto aimargini dellaccademia almeno no agli anni Ottantadel Novecento. Ancora nel 65 Harold Bloom, con

    tutte le sue idiosincrasie uno dei critici pi importantidel secolo scorso e forse anche di questo, scriveva cheera forte ma pieno di difetti, con frequenti gof-

    faggini sia nella narrazione sia nella caratterizzazionedei personaggi. Aggiungeva che nonostante la suamancanza di sosticatezza e complessit, fotografavaperfettamente il mito romantico. Di qui il successo.

    Mario Baudino, La Stampa, 11 agosto 2014

    Una studiosa femminista americana rivela la genesi di un romanzo che ha fatto la storia del cinema: una metafora della vita coniugale dellautrice

    Frankenstein sono io. Il segreto di Mary Shelley

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    Belli e forse dannati, vivevano intensamente pen-sando soprattutto a s stessi e ai loro libri, alla po-esia e allidea che i poeti fossero, come scrisse P.B.Shelley, i non riconosciuti legislatori del mondo.Molto meno si curavano delle compagne, che li

    adoravano. Erano narcisisti, passionali, seduttoriimplacabili tra incesti e infedelt, gli nati e mortio abbandonati; molto lontani dalle convenzioni delloro tempo, molto noti, molto sospetti agli occhi deitutori dellordine.Quellanno lestate era troppo calda, il gruppo pas-sava molto tempo in albergo a leggere storie goti-che. Fu Byron a proporre agli amici di comporneuna a loro volta, come un gioco di societ. A MaryShelley non veniva in mente nulla, agli altri s. Ma

    ripensandoci, giorno dopo giorno, fu lunica a scri-verla davvero, la sua storia. Era la sola che potessefarlo, perch aveva tutti i personaggi a disposizione.Barbara Johnson si diverte a passarli in rassegna:Victor Frankenstein, il medico che assembla il mo-stro, certamente Polidori (erano tempi in cui perle autopsie private andava forte il contrabbando dicadaveri, col suo contorno fosco e a volte criminale)ma anche lo stesso P.B. Shelley, che nella realt usa-va Victor come nomignolo e soprattutto esprimeva

    le stesse idee educative del dottor Frankenstein.Quelle che nel romanzo falliscono miseramente.Frankenstein, o il moderno Prometeo questo il titolocompleto, richiama del resto il dramma lirico Pro-meteo liberatodi P.B. Shelley.Sembra curiosamente mancare allappello il quartopersonaggio, proprio il fascinoso Byron. Vero chese ne occup Polidori: nel 1819 il medico avreb-be pubblicato un altro libro dal grande avvenire, IlVampiro, ispirandosi direttamente a lui per il suo

    protagonista. Non detto che lidea gli sia venuta inquel frangente, ma lipotesi quantomeno invitante.Anche perch di l a poco, salvo Claire Clairmont,tutti i protagonisti sarebbero scomparsi: Polidorisuicida nel 1821, P.B. Shelley annegato nel naufra-gio del suo Ariel, al largo di Viareggio, nel 1822,Byron ucciso dalla malaria a Missolungi nel 1824.Frankenstein, alla n ne, una storia di famiglia.E di vedovanza.

    Nel 79, per, un gruppo di studiose pens di ri-spondere a un manifesto su Critica e decostruzio-ne appena lanciato dallo stesso Bloom e altri pro-fessori. E dato che si concludeva con una poesia diPercy Bysshe Shelley, lidea fu di opporgli un vo-

    lume collettivo dedicato proprio al FrankensteindiMary Shelley, la moglie, la vedova, la sacerdotessadellinnito culto postumo per il grande poeta ro-mantico. Non se ne fece niente, ma la rivalutazionedel romanzo in chiave femminista cominci proprioallora, contagiando anche la critica estranea ai gen-der studies.La capola di quel movimento, Barbara Johnson,ha scritto molto su Mary Shelley, no alla mortenel 2009. Ora esce postumo per la Standford Uni-

    versity Press quello che anche il suo testamentospirituale: A Life with Mary Shelley, un vita conMary. Una vita di studi. Si pu essere ossessionatida Mary Shelley? S, la risposta. Perch col suoromanzo ha osato, in qualche modo, linosabile:non solo ha sdato il partner maschio, il futuromarito, luomo che amava, e senza parere linarri-vabile circolo romantico di cui faceva parte anchese in posizione di minorit, in quanto donna; ma loha fatto quando la letteratura femminile era emi-

    nentemente scandalosa. La storia di un mostro co-struito con pezzi di cadaveri che sfugge al controllodel suo creatore e scatena una sorta di violenzainnocente per tutta lEuropa, no al Polo Nord loera ancor di pi.Quel mostro, sottolinea la Johnson, le appartiene:scrivere il libro stata di per s stessa unazionemostruosa - come la studiosa legge e interpretanelle lettere di Mary Shelley. Quel mostro, per, anche un suo altro s, unidentit oscura. La con-

    ferma nel libro, ma anche nella sua stessa genesi.Che nota: tutto avvenne sul lago di Ginevra, nelmaggio 1816, dove P.B. Shelley con la giovanissi-ma Mary (non ancora sposata) avevano raggiunto lasorellastra di lei, Claire Clairmont e il suo amante,Lord Gordon Byron. Cera anche il medico perso-nale del ricco, affascinante e tenebrosissimo bardo,John Polidori, legato a lui da un complesso rapportodi odio-amore.

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    Fabrizio Massaro, Corriere della Sera, 12 agosto 2014

    Amazon e la guerra per i libri online: arruola Orwell ma sbaglia la citazione

    Clamoroso errore di comunicazione di Amazon nel-la polemica con gli scrittori. Per difendere le proprieragioni si affi da a una citazione di George Orwell mala interpreta malamente, praticamente al contrario.Succede anche questo, nello scontro sempre pi durosul prezzo giusto dei libri elettronici tra Amazon, lacasa editrice Hachette (controllata dalla francese La-gardre) e i 900 autori americani che hanno rmato,su iniziativa dello scrittore Douglas Preston, un ap-pello contro le politiche commerciali del distributore

    online. Gli autori, peraltro, hanno fondato un sito,authorsunited.net, in cui invitano i lettori a scrive-re direttamente a Jeff Bezos ([email protected]) perprotestare contro il boicottaggio di fatto applicato algruppo francese attraverso il blocco delle prevenditedei libri e i ritardi nelle consegne siche delle copieai clienti. Per sostenere le proprie ragioni a favoredi una politica di prezzi bassi degli ebook, rispetto aquelli troppo alti e talvolta ingiusticati proposti daHachette e per difendersi dallaccusa di voler con-

    quistare quote di mercato ai danni di autori, librerie ecase editrici tradizionali , il colosso di Jeff Bezos hamesso in piedi un gruppo alternativo, readersunited.com, invitando a sua volta i lettori a protestare con-tro lamministratore delegato di Hachette, MichaelPietsch ([email protected]).Nella sua lunga risposta agli scrittori, Amazon fa levaanche su una frase di Orwell sul prezzo dei libri. Scri-vono gli uomini dellAmazon Book eam: quandopoco prima della Seconda guerra mondiale vennero

    inventati i libri economici (paperback), che costavanoun decimo dei libri tradizionali, gli editori cercarono intutti i modi di boicottarli. A riprova, citano una frase diOrwell: Se gli editori fossero sensati, dovrebbero met-tersi daccordo e sopprimerli. E commentano: S,Orwell stava suggerendo un cartello. Cartello che, se-condo Amazon, Hachette starebbe adesso proponen-do agli altri editori per opporsi al distributore online.Oggi Hachette vende gli ebook a 14,99-19,99 dollari,

    mentre Amazon in media li vende a meno di 10 dolla-ri. Lo sconto, sostiene il gruppo di Seattle, porterebbevantaggi a lettori, autori e anche alle case editrici.Ma, come ha subito notato la rete, la citazione diOrwell sbagliata. E ieri il New York imes gior-nale sul quale domenica era comparso lappello apagamento degli scrittori, tra cui Stephen King eJohn Grisham , ha messo il dito nella piaga: unamezza pagina di stroncatura su una delle pi grandicantonate nelle pubbliche relazioni. La citazione di

    Orwell, fa notare ilNyt, in realt celebrava lavventodei paperback. Era insomma, una frase ironica. Mac di pi: perch Orwell in quel brano continuavacon un argomento che smonta le tesi di Amazon. un grande errore pensare che libri meno cari sianoun bene per le vendite di libri. Meno costano i libri,meno soldi si spendono in essi sosteneva lo scrit-tore. un vantaggio dal punto di vista del lettoree non danneggia leconomia nel suo complesso, maper editori, scrittori e librai un disastro.

    Insomma, una caduta di stile per Amazon, che haanche fornito agli avversari un insperato quanto au-torevole avvocato. Ma nonostante il clamoroso er-rore di comunicazione, Amazon persiste nella sualinea commerciale e anzi allarga il fronte dello scon-tro sui prezzi anche alla Disney. Il colosso internetstarebbe ostacolando le prevendite di due lm Di-sney, Malecente Captain America: Te Winter Sol-diernella loro versione in dvd (non invece in quelladigitale). Allinizio dellestate Amazon aveva bloc-

    cato i pre-ordini di dvd della casa cinematogracaper Te Lego Movie, anche in quel caso per otteneretermini di vendita pi vantaggiosi. Alla ne le duesociet trovarono un accordo e la vendita di dvd ri-prese. Lo scontro dei prezzi in realt travalica questiepisodi, perch rischia di avere effetti concreti sulmercato editoriale e dellentertainment in generale.Non forse un caso che il Nytne scrivesse ieri nonnel dorso culturale ma in quello nanziario.

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    Il primo stato Qui Siriadella giornalista Anto-nella Appiano. Poi arrivato il saggio InteractiveFiction & Ebooks di Enrico Colombini. Quando

    leditore digitale Quintadicopertina ha deciso dipubblicarli si chiesto quale fosse il modo miglioreper presentarli ai lettori. Non cercava effetti spe-ciali, ma era dispiaciuto di non riuscire a metterein risalto la biograa degli autori. Cos ha riportatoin primo piano le cover, come nei libri di carta, matrasformando ogni elemento in una porta dingres-so: toccando il titolo comincia la narrazione, so-rando il nome dellautore si apprendono le infor-mazioni biograche. A settembre pubblicher un

    libro sulla crisi ucraina da Maidan alla guerra civile(Revolyutsiya, a cura di Matteo Zola con la reda-zione di East Journal), rivestito da una confezioneancora pi estrema: una mappa che permetter allettore di scegliere con un touch la citt da cui co-minciare il viaggio.La prima pagina interattiva una delle possibilirisposte a quanti nel mondo temono che il digita-le uccida le copertine dei libri. Come accaduto aquelle dei dischi in vinile, delle musicassette e dei

    lm in vhs.Negli ebook non ci sono pagine da rilegare e neinegozi online la copertina ridotta alla grandezzadi un francobollo o poco pi. un elemento visivocon un valore di marketing pari o inferiore a quellodi stellette e recensioni. Al momento dellacquistosparisce: chi legge entra direttamente in pagina.Una delle cover pi di successo degli ultimi anni,quella della biograa di Steve Jobs scritta da Walter

    Isaacson, ha fatto il giro delle librerie del mondo,ma un lettore digitale per vederla a tutto schermosul suo Ipad deve toccare una quindicina di volte la

    scritta back.Quando abbiamo fondato Quintadicopertinaspiega Maria Cecilia Averame avevamo cos tan-te questioni aperte che non ci siamo soffermati apensare al design dellebook. utte le nostre energieerano concentrate sulla funzionalit: che formatoutilizzare per raggiungere il numero maggiore dilettori, come promuovere i titoli su cui avevamo de-ciso di investire. A un certo punto stato inevitabilechiedersi se la cover avesse ancora una funzione. Ci

    siamo detti che s, valeva ancora la pena investiresulla confezione di un libro, ma per mettere in ri-salto quegli elementi che negli ebook niscono insecondo piano, ad esempio il prolo dellautore e lasua bibliograa. Per intenderci quegli elementi chedi solito stanno nella quarta di copertina o sul ri-svolto.Craig Mod, scrittore, designer e collaboratore delNew Yorker, nel saggio Reinventare le copertine(Apogeo) sostiene sia arrivato il momento di rimet-

    tere in discussione la faccia del libro, la sua funzio-ne e il suo stile. La copertina cos come labbiamoconosciuta morta. Ma morta perch il modo incui tocchiamo i libri digitali diverso dal modo incui tocchiamo i libri sici. Una volta che lo rico-nosciamo, possiamo trarne le conseguenze. Possia-mo disegnare una book jacket come chiamata inAmerica pi adatta ai tempi in cui viviamo. Adesempio investendola di una funzione pubblicitaria.

    Stefania Parmeggiani la Repubblica, 13 agosto 2014

    Date per spacciate con gli ebook, tornano adesso anche in versione digitale grazie a un gruppo di editori e designer.Con effetti speciali. Chiedete a Oliver Sacks

    Chi ha detto che le copertine scompariranno?

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    Lidea di una copertina di libro come formasingolare scomparsa qualche tempo fa e

    lebook pu diventare unopera darte totaleche mescola audio, video e altre animazioni.

    nessuna parola. il caso del primo libro pubblicatoda Seth Godin, per anni uomo chiave del marketingdi Yahoo, con Domino project. Poke the Boxnon haparole sulla copertina, solo il disegno stilizzato di unuomo che esulta. Chi ha bisogno delle parole? In

    rete ha spiegato Godin un libro sempre accompa-gnato da un sacco di testo. Quello che c da sapere loleggiamo sullo schermo, la copertina solo unicona.Una scelta simile, ma senza riutare le parole, statafatta dalla Apogeo: la stessa graca per tutte le opere.Laffermazione di uno stile e di unidentit editoriale.La garanzia di qualit per un lettore.Facile per chi nasce in digitale, ma per chi conti-nua a vivere sia nelle librerie che negli store onli-ne? Per ora si evita il problema disegnando una

    sola cover, quella tradizionale. Interpellato daigiornali americani Paul Buckley, vicepresidente edirettore creativo di Penguin, un uomo tra le cuimani passano ogni anno circa 800 copertine, nefa una questione economica: Le divisioni artisti-che delle case editrici tradizionali non hanno il-lustratori specializzati nel digitale e ingaggiarnedi nuovi non conviene. Nella terra di mezzo la so-luzione pi geniale, secondo Mod, stata ideatada Cardon Webb, graphic designer di New York

    tra i pi famosi al mondo, per le opere del neu-rologo Oliver Sacks. Ogni copertina autonomae seducente. Richiama lattenzione del passante

    dalla vetrina di una libreria, ma sul web che dil meglio di s. Cercatele come ebook o come li-bri di carta (Vintage) e accostat