la sfera pubblica e l'identità musulmana (6)

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Laurea Specialistica in Scienze Antropologiche ed Etnologiche Università degli studi di Milano BicoccaLa sfera pubblica e l’identità musulmanadi Michele Parodi Corso di Cultura e Società del Medio Oriente, Prof. Setrag Manoukian

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Laurea Specialistica in Scienze Antropologiche ed Etnologiche Universit degli studi di Milano Bicocca

La sfera pubblica e lidentit musulmanadi Michele Parodi Corso di Cultura e Societ del Medio Oriente Prof. Setrag Manoukian

Indice Sommario................................................................................................................................... Geertz: sfera pubblica come torneo di volont.......................................................................... Montagne: la dinamica tra makhzen e as-siba.......................................................................... Geertz: il carisma come energia individuale nelletica berbera................................................. La sfera pubblica secondo Eickelman, Salvatore...................................................................... Bourdieu e il senso dellonore cabilo........................................................................................ Prima digressione: confronto tra Geertz e Bourdieu................................................................. Dewey: il pubblico e i suoi problemi......................................................................................... La sfera pubblica pre-moderna del Marocco pre-coloniale....................................................... Seconda digressione: i poli dialettici del mondo mussulmano.................................................. Sunniti e sciiti............................................................................................................................ Lislam sufi e lislam devozionale............................................................................................. Connettendo il passato al presente............................................................................................. Strutture informali e formazione di figurazioni......................................................................... Processi deliberativi e processi disciplinari: il dawa.............................................................. La sfera pubblica islamica tra modernit e globalizzazione...................................................... Nascita di una religione occidentale?........................................................................................ Genere, cultura e capitalismo.................................................................................................... Sommario In questo breve saggio cerco di percorrere le differenti forme che la sfera pubblica islamica ha assunto nel recente passato e nellattualit, cercando di connettere queste forme alle strutture e ai discorsi della tradizione islamica e alle trasformazioni storiche, sociali ed economiche che il processo di modernizzazione, e i contatti sempre p i intensi con il mondo occidentale e globale, ha comportato. Ho cercato di trovare un modo con cui mettere insieme, discutendo le varie e possibili descrizioni della sfera pubblica e delle sue trasformazioni, il passato e il presente, le rappresentazioni locali con quelle globali. La mia analisi si basa e fa riferimento, oltre che ai testi di Geertz sul marocco precoloniale e di Bourdieu sullonore Cabilo, anche sul confronto di alcuni articoli, pubblicati negli ultimi anni da ricercatori interessati allIslam e ai problemi inerenti alla sfera pubblica: Dale Eickelman e Salvatore, Robert Hefner, Charles Hirschkind, Olivier Roy,

Victoria Bernal. Questi autori tentano di tematizzare il ruolo della sfera pubblica e delle nuove concezioni del senso civico che emergono nei paesi islamici, nel produrre e accompagnare i radicali cambiamenti che hanno subito le societ mussulmane. Geertz: sfera pubblica come torneo di volont Nel Marocco pre-coloniale descritto da Geertz1 lappartenenza politica era basata su un continuo processo di competizione, negoziazione in cui i leader erano costretti a riaffermare la propria autorit in un perenne torneo di volont. Le figure minori resistevano al centro e solo sporadicamente si consideravano o venivano sottomesse. Si trattava di un campo ampio e fluttuante di centinaia di imprenditori politici, ciascuno preoccupato di costruirsi attorno una configurazione pi o meno grande di appoggi personali2. Nelle provincie il governo era rappresentato dal qaid il cui rango poteva andare da quello del funzionario subordinato fino a quello del signore locale indipendente. Montagne: la dinamica tra makhzen e as-siba Anche Montagne in Les Berbres et le Makhzen (1930)3, descrive il sistema politico della Berberia pre-coloniale come un sistema mobile, dialetticamente pulsante tra bled-al makhzen, paese del governo, e bled as-siba, paese dellinsolenza. Questa interpretazione della politica berbera come oscillante tra due poli contrapposti, anche se non priva di compromissioni con gli interessi coloniali francesi, ha il pregio di dare un quadro dinamico di tale sistema, distaccandosi dallaproccio sincronico dellantropologia sociale funzionalista britannica e dellantropologia strutturalista francese dellepoca. La contrapposizione tra il makhzen del sultano e le trib berbere non comporta, nella rappresentazione di Montagne, una loro separazione, ma anzi un loro reciproco coinvolgimento interattivo che si attualizza di volta in volta in una specifica situazione, in rapporto alle emergenze contingenti delle singolarit storiche: la morte del sultano e le vicissitudini della sua successione, laffermarsi di capi locali, la presenza di forze straniere sulla costa (come in un passato pi remoto le fortezze portoghesi), la contesa, con i regni confinanti, delle rotte sahariane; un fascio dinamico di processi e di eventi immersi nel flusso della storia. Geertz: il carisma come energia individuale nelletica berbera Geertz parla di un mondo di volont che dominavano altre volont4, di un conflitto permanente che non si costituiva come ostacolo n era in contraddizione con lordine delle cose, ma che anzi ne realizzava lespressione pi pura.In teoria, la teoria islamica, i regni politico e religioso erano uno solo, il re era il califfo ed il capo di entrambi []; ma non era una teoria che chiunque, perfino il re, potesse considerare pi di un ideale perduto di fronte ad 1 C. Geertz, Antropologia interpretativa, Mulino, Bologna 1988, cap. 6, Centri, re e carisma, pp. 153- 185. Testo originale pubblicato con il titolo: Centers, Kings, and Charisma: Reflections on the Symbolics of Power, in J. Ben David T. N. Clark (a cura di), Culture and Its Creators, University of Chicago Press, Chicago 1977. 2 Ibidem, p. 171. 3 Le mie considerazioni fanno riferimento al testo di Robert Montagne: Vita sociale e politica dei Berberi (lancora s.r.l., Napoli, 2000 [1931]); versione abbreviata di Les Berbres et le Makhzen, adattamento curato dallo stesso Montagne e uscito lanno successivo alla pubblicazione dellopera maggiore. 4 Di grande rilevanza nellIslam la libera scelta non vincolata da imposizioni, lintenzione chiara e precisa (nya) che precede e accompagna qualsiasi atto. Il medesimo rapporto con Dio, laffidarsi al suo giudizio, si esprime in una concreta e attiva sottomissione alla sua volont (islm). Si tratta anche qui di una libera scelta, individualmente e pubblicamente testimoniata nella shahda (dalla radice shhd testimoniare), la proposizione enunciatrice della fede islamica che sancisce laccettazione del patto (baya) proposto da Dio: non c dio se non Allh e Maometto il suo profeta (Cfr. G. Vercellin, Istituzioni del mondo musulmano, Einaudi, Torino 1996, pp. 6, 9n,12)

una situazione dove avventurieri carismatici apparivano di continuo da ogni lato. Se la societ marocchina ha qualche importante principio guida, probabilmente quello che uno possiede veramente solo quello che ha la capacit di difendere, sia esso terra, acqua, donne, soci in commercio o autorit personale.5

La magia, la baraka, il carisma, lenergia spirituale del re, non era una condizione che brilla di per se, ma un movimento, come la volont, che esiste solo nel suo impatto con le cose; propriet radicalmente individualistica come la forza e il coraggio; potere che il re, nella sua persona, doveva continuamente dimostrare nei suoi atti, nelle sue decisioni, nella dinamica politica con cui sfidava chi gli si opponeva, nei suoi incessanti spostamenti attraverso cui con la sua presenza contrassegnava il territorio. Il trono del re la sua sella, il cielo il suo baldacchino, le tende reali non vengono mai riposte affermano i proverbi; e ancora: Erra e confonderai gli avversari, siediti e gli altri confonderanno te. Il movimento era la regola non leccezione. Nessuno poteva essere sicuro che lindomani il sultano no sarebbe giunto a capo delle sue truppe 6.

La sfera pubblica secondo Eickelman, Salvatore Allargando il nostro discorso al di la della competizione tra il sultano e i capi tribali, seguendo lidea proposta da Dale Eickelman e Armando Salvatore nel loro articolo The public sphere and Muslim identities7, possiamo pensare la sfera pubblica marocchina pre-coloniale come uno spazio sociale caratterizzato dalla permanente negoziazione di una pluralit di istanze e identit (ruoli, status, privilegi, obbligazioni,) giocate trasversalmente rispetto una variet di principi organizzativi strutturanti: la religione, la parentela, il lignaggio, la trib, il territorio, la professione; principi a loro volta usati pragmaticamente e tatticamente dagli attori in campo per raggiungere individualmente i propri obiettivi specifici. La sfera pubblica marocchina individua, secondo questo punto di vista, il luogo ove il contendere, a tutti i livelli, era messo in scena.8 Bourdieu e il senso dellonore cabilo Bourdieu, nel saggio sul senso dellonore in Cabilia 9, approfondisce con grande efficacia il carattere dinamico delletica cabila, problematizzando la natura volitiva delle scelte individuali. Il punto donore, il nif, rappresentato dai cabili come una sostanza suscettibile, aggressiva, simbolo ed essenza della virilit maschile, sostanza attiva e pubblica. La sfida al nif, loffesa, mette in uno stato di incertezza lharam10, il sacro, la cui integrit deve essere ristabilita esercitando attivamente5 Geertz, 1988, op. cit., p. 172. 6 Idem, p.173. 7 Eickelman, The public sphere and Muslim identities, ?????. 8 La sfera pubblica di cui parlano Eickelman, Salvatore ben diversa dalla sfera pubblica habermasiana, spazio ideale in cui le opinioni si confrontano in base allargomentazione razionale, senza tenere conto dei vincoli dellautorit e della tradizione. Secondo Eickelman, Salvatore la sfera pubblica deve essere concepita come la scena dove si generano forme apparentemente anarchiche ma tuttavia ordinate di intersoggettivit, basate su un complesso sistema di relazioni dinamiche situazionalmente generate, essenzialmente asimmetriche e instabili, continuamente riorganizzate in temporanei e delicati equilibri di forze (Ibidem, pp. 95-96). Bisogna per notare che la razionalit di cui parla Habermas, almeno dopo la svolta linguistica compiuta con la pubblicazione della Teoria dellagire comunicativo (1981), non una razionalit di tipo positivista, ma un tipo di razionalit stipulativa e interattiva, attenta alle occorrenze della vita sociale, che proprio nella sua intersoggettivit costruisce la sua razionalit. 9 P. Bourdieu, Per una teoria della pratica, Cortina, Milano 2003 [Esquisse dune thorie de la pratique, 1974], cap. 1, Il senso dellonore, pp. 11-49. Testo originale pubblicato con il titolo: The sentiment of honour in kabyle society, in J. Peristiany (a cura di), Honour and shame, University of Chicago Press, Chicago 1966. E quindi probabile che il suo contenuto fosse chiaramente conosciuto a Geertz quando pi di dieci anni dopo pubblic: Centers, Kings, and Charisma. 10 Dalla radice h-r-m: ci che interdetto, proibito, illecito. Sacro in quanto inaccessibile, separato. In origine luogo (da cui il nostro harem), tempo, o cibo inviolabile. La nozione di hrm non ha nulla a che fare con la nozione cristiana di consacrato. Nozione che connota invece il potere di uomini o cose di stabilire un rapporto privilegiato con il divino e

il proprio nif. La sfida e loffesa non causano direttamente il disonore, ma, lasciando la possibilit di una risposta, invitano ad impegnarsi in una ritorsione e in una rivincita. La sfida innesca cos un ingranaggio a cui non si pu sottrarsi, in quanto la tradizione culturale non offre la possibilit di sfuggire al codice donore. Linterruzione del ciclo delle vendette pu essere decisa solo tramite la mediazione di un elemento terzo: un marabutto, un gruppo inglobante o neutrale, uno straniero, terzo elemento che ha il compito di fornire loccasione di uscire onorevolmente da una faida a contendenti che gi hanno questa intenzione. E al momento della scelta che la pressione della comunit e della famiglia si esercita con maggior forza; lonore indiviso e linfamia pu ricadere su tutti. Lunica alternativa consentita allindividuo, che si astiene da ogni replica alla sfida, lesilio, la morte sociale nella comunit di appartenenza. Lo stesso Bourdieu sottolinea, per, che ogni situazione nella sua singolarit mantiene sempre un fondo di ambiguit, cos che tutti possono, ogni volta, giocare su di essa di fronte allopinione pubblica, una particolare strategia; ad esempio il disdegno, il rifiuto sprezzante consentito da chi possiede una posizione dominante rispetto un avversario debole, pu mascherare pusillanimit. Nonostante ci, la sovranit rimane sempre dellopinione pubblica e la logica della sfida, attraverso la sua funzione comunicativa, predispone lindividuo al dominio della comunit su di esso. Questa dialettica tra individuo e tradizione, tra individuo e comunit definita da Bourdieu nei termini dellagire di una disposizione, di un habitus:Ci che viene chiamato il senso dellonore non altro che la disposizione coltivata, lhabitus, che permette a ogni agente di generare, a partire da un piccolo numero di principi impliciti, tutti i comportamenti conformi alle regole della logica della sfida e della risposta e ci grazie ad altrettante invenzioni che non esigerebbero per nulla lo svolgimento stereotipato di un rituale. [] Non esiste nulla, neppure negli scambi pi ritualizzati [] che non possa autorizzare uno scontro di strategie, nella misura in cui gli agenti restano padroni dellintervallo tra i momenti obbligati e possono agire sullavversario giocando sul ritmo dello scambio. [] La padronanza perfetta dei modelli del modo di obbedire ai modelli [] si esprime nel gioco con il tempo che trasforma lo scambio ritualizzato in uno scontro di strategie.11

Il senso dellonore dunque giocato strategicamente nel tempo, nella logica dellevento. Ma ogni strategia presuppone degli obiettivi e dei fini. Bourdieu sembra intendere che al di sotto del senso dellonore continuano ad operare la struttura, i rapporti economici, le leggi dellinteresse, sempre dissimulati sotto il velo delle relazioni di prestigio e donore 12. Come se il mercanteggiamento pi accanito, la ricerca del massimo profitto materiale, potesse essere praticata solo dissimulandosi nella disputa donore e nella ricerca del massimo profitto simbolico 13. Come in Geertz sembra qui affiorare una razionalit sostanzialmente utilitaristica che guarda pi di tutto ai propri interessi economici. Prima digressione: confronto tra Geertz e Bourdieu Per Geertz tale lucidit emerge dallindividuo, come affermazione di volont, come una forza primitiva che esercita sia le funzioni consce che quelle inconsce, allinterno di una cornice culturale il cui scopo sembra solo quello di consentire linterazione e il reciproco coordinamento delle sovrane libert degli attori in campo. Una cornice che assume dunque in primo luogo un requisitosinonimo di santit. Lidea di consacrato estranea allIslam, che insiste invece sulla pari possibilit di ognuno di entrare in contatto diretto con Allah e sulla fondamentale uguaglianza di tutti di fronte a Dio. I Califfi e i loro successori non ricevevano linvestitura da Dio, ma dalla Sua comunit, attraverso la baya, il patto, il giuramento di reciproca alleanza, stipulato dai fedeli con Dio. Cfr. G. Vercellin, 1996, op. cit., pp. 175-176. Il concetto di santit per presente nel sufismo come sar evidenziato in seguito. 11 Bourdieu, 2003, op. cit., pp. 33-43. 12 Ibidem, p. 48. 13 Cfr. Ibidem, p.49.

orientativo rispetto problemi, [che] essendo esistenziali, sono universali14. Se le espressioni della vita sociale cambiano, non mutano le necessit interiori che le animano. I troni possono essere fuori moda [], ma lautorit politica ha ancora bisogno di una cornice culturale entro cui definirsi e avanzare le sue richieste15. Secondo Geertz anche vero che non sempre necessario che il potere si ammanti di virt, o si inserisca nella cosmologia per essere percepito come qualcosa di pi di una forza al servizio dellinteresse: la sua importanza pu venir simboleggiata direttamente16. Nel marocco di Hassan, come Dio, i re desideravano ed esigevano, giudicavano e decretavano, punivano e ricompensavano. Cest son mtier non c bisogno di scuse per governare17. Per Bourdieu invece, secondo una visione forse pi pessimistica delluomo, lindividuo dominato dal sociale, ordine naturale incorporato nella persona a cui il soggetto costretto ad aderire spontaneamente. Anche in Bourdieu il momento della scelta assume un ruolo cruciale. Prendendo a prestito le nozioni di piano sintagmatico e piano paradigmatico della linguistica generale, potremmo dire che per Bourdieu (ma anche per Geertz) come se lindividuo, costretto a rispettare la catena sintagmatica consentita a partire da un dato evento (ad esempio la sequenza offesa, risposta, contro-risposta,), potesse di volta in volta scegliere strategicamente gli specifici termini paradigmatici con cui rispondere alla sfida: replica (sfida attiva), rifiuto, disprezzo (sfida passiva). Scelte situazionali e idiosincratiche dominate dalla struttura sintagmatica a cui lindividuo condannato a sottostare. Tra Geertz e Bourdieu vi per un differente modo di concepire il valore del piano sintagmatico. Ci che per il primo solo la cornice che permette agli attori di esprimere la propria volont18, coordinandola, in modo pi o meno conflittuale, con le volont altrui, per il secondo il recinto opprimente attraverso cui un potere esterno agli individui si impone e si incarna nei loro corpi e nei loro discorsi.19 Dewey: il pubblico e i suoi problemi Ritorniamo ora allarticolo di Eickelman, Salvatore. Secondo i due autori, qui ispirati dallopera di Dewey20, la sfera pubblica sempre gerarchizzata da una stratificazione di mediatori, giudici,14 C. Geertz, Interpretazione di culture, Mulino, Bologna 1987 [1973], cap. 10, Persona, tempo e comportamento a Bali, p. 342. 15 Geertz 1988, op. cit., p.181. Questa mia interpretazione della concezione geertziana del rapporto tra individuo e societ pu essere esplorata nelle analisi del cerimonialismo di corte a Bali che Geertz riporta in molti suoi articoli: lapparato istituzionale balinese viene interpretato come stato-teatro, come finzione, messa in scena al di sotto della quale le intricate forme della politica reale continuano ad esprimersi sotto forma di alleanze, intrighi, raggiri, bluff (Cfr. Geertz 1987, op.cit., p. 330). 16 Ibidem, p.170. 17 Ibidem, pp. 170-171. 18 La propria volont di potenza verrebbe da dire. 19 Questa digressione teorica, che pu sembrare apparentemente inutile, a mio avviso qui necessaria, visto che il concetto di sfera pubblica strettamente dipendente dal rapporto tra individuo e collettivit, e tra azione e razionalit. Mi pare che la ricerca pi o meno implicita di un fondamento allazione: la volont individuale, i problemi esistenziali universali (Geertz) o le condizioni oggettive: la struttura economica, il linguaggio, lambiente naturale (Bourdieu); faccia perdere il carattere intrinsecamente ermeneutico dellevento, il suo apporto simultaneamente strutturante e destrutturante, cos perdendo di vista il conflitto che il potere, in quanto costantemente impegnato a riprodurre se stesso, costretto a ingaggiare con levento. Tale conflitto si esprime ad esempio nel continuo tentativo del potere di ridurre levento al rituale, forzando le interpretazioni a includerlo surrettiziamente, a posteriori, nello schema generale del rito e nelle sue rappresentazioni (cfr. M. Aug, Poteri di vita, poteri di morte, Cortina, Milano 2003 [1977]). Se anche il piano paradigmatico, in quanto strutturato in rapporti simbolici interni, impone dei vincoli, il potere sembra per maggiormente esercitarsi sul piano sintagmatico, autorizzando o vietando determinate combinazioni tra ambiti paradigmatici distinti (ad esempio associando la magia al piano paradigmatico del femminile e la religione al campo maschile). Per Aug il potere costituisce una totalit virtuale, la somma del possibile e del pensabile per una determinata societ, che non si attualizza mai se non in enunciati parziali, interpretazione, descrizione, giustificazione di un evento particolare. A partire da un elemento arbitrario, levento nella sua singolarit irriducibile, non tutte le catene sintagmatiche sono possibili. La sintassi definisce cos nel medesimo tempo i limiti del senso e del diritto, le leggi della presa di parola. Il rapporto di senso esprime e impone un rapporto di forze. Lo scopo del potere consiste allora nel neutralizzare gli effetti imprevedibili dellevento e la persistente originalit dellindividuo. 20 The Public and Its Problem (1927).

guardiani dei costumi, istituzioni intermediarie e specifiche autorit. Cos, lopinione pubblica si sviluppa sempre con modalit incrementali adattive e contestuali basate sul coinvolgimento accomodante di interessi solo parzialmente sovrapposti e quindi in una certa misura conflittuali; interessi coagulati da specifiche autorit e specifici canali comunicativi. Questo modello di sfera pubblica pi aperto e flessibile di quello di Habermas pu essere applicato pi facilmente ai reali contesti storici. La sfera pubblica pre-moderna del Marocco pre-coloniale La sfera pubblica pre-moderna del Marocco pre-coloniale pu essere cos descritta come un insieme di parti che si osservano e sorvegliano reciprocamente, operanti sulla base di un parziale consenso e su una gerarchia di leader ampiamente condivisa; la sfera pubblica marocchina era composta sia da alcune istituzioni formali, ad esempio gli istituti benefici (awqaf), sia da un insieme complesso e pervasivo di relazioni informali dai confini elastici continuamente negoziati. in questo frame di discorsi e pratiche che i dibattiti riguardanti il bene comune potevano estendersi oltre la casa, il villaggio e le sue immediate vicinanze. Nel Marocco pre-coloniale siamo in presenza di una moltitudine di soggetti politici fondamentalmente autonomi, diversificati quanto a potere e ricchezze personali, ma identici nellonore21, che complessivamente costituivano una struttura diversificata e democratica capace di influenzare nei dibattiti interni le scelte politiche generali. Si tratta di un sistema dotato di un equilibrio apparente, dove ogni attore attento a sfruttare ogni minima opportunit di affermazione individuale o corporativa; un organismo gestaltico in cui lintroduzione di un nuovo termine costringeva tutto il sistema a rimodellarsi fino ad assumere un nuovo precario equilibrio. Ci valeva nelle pratiche pi eccezionali (una razzia, una faida) come in quelle pi quotidiane (ad esempio, negli spazi dellospitalit, il modo di sedersi, le sequenze ritmate dei movimenti consentiti e richiesti, le retoriche del reciproco riconoscimento22). LIslam23, in questo contesto costituisce unulteriore e universale cornice di riferimento, un super-codice sulla cui base regolare sia i rapporti individuali sia le relazioni inter-tribali. Seconda digressione: i poli dialettici del mondo mussulmano Le osservazioni riportate nei paragrafi precedenti, nel caso particolare delle popolazioni marocchine e berbere, per la loro generalit, si possono facilmente estendere a vaste aree del mondo mussulmano. In effetti si pu ben dire che lIslam si sviluppi sin dalla sua nascita come forza mediatrice e unificante diverse identit, come estensione dei vincoli di sangue di origine tribale alla comunit dei credenti: lUmma24. Estensione delle varie sezioni e segmenti tribali, ad una supersezione universale, una super-trib, e ci seguendo lapproccio tribale che consente laggregazione dinamica di pi clan.21 Anche in Cabilia lonore non dipendeva dai mezzi e dal potere del singolo individuo ma dal suo carisma, dal suo coraggio, dalla sua generosit, dalle virt a lui conferite dalle varie comunit in cui si inseriva. Di fronte a qualsiasi pretesa di superiorit si usava dire: anchio ho i baffi (Bourdieu 2003, p. 16). Una tipica parabola narra come un uomo povero di mezzi fosse riuscito a conquistare il rispetto di numerose trib e esercitasse su di esse una grande influenza. Il protagonista del racconto cos rievoca la sua storia: Per prima cosa mi sono guadagnato il rispetto di mia moglie, poi dei miei figli, poi dei miei fratelli e dei miei parenti, poi del mio quartiere, poi del mio villaggio; il resto venuto da s (Bourdieu 2003, p. 37n). 22 Queste osservazioni valgono tal quali anche per il diwan siriano iracheno o il madhafa palestinese, il luogo dove si incontra un lignaggio e dove si mette in scena la propria mascolinit: il saper gestire lautorit, il saper parlare, il saper prendere posizione con il proprio corpo, il saper offrire (vedi ad esempio Van Aken ???). 23 Seguendo la definizione di pratiche della religione mussulmana proposta da Talal Asad in The Idea of an Anthropology of Islam (1986), possiamo definire lIslam come linsieme di credenze e di pratiche riconosciute mussulmane dalle tradizioni del discorso islamico. Nel loro dipanarsi tali discorsi convalidano la credenza nella tradizione, nellesistenza di una linea di continuit di cui taotologicamente sono parte (Cfr. U. Fabietti, Culture in bilico, Mondadori, Milano 2002, pp. 169.170). 24 Da umm, madre. Parola etimologicamente caratterizzata dalla radice mm, dirigere, precedere, venire prima. Radice presente anche in imam, guida (cfr. G. Vercellin, 1996, op. cit., p. 13).

LIslam risolve cos la discrepanza tra collettivismo tribale e lindividualismo mercantile della sorgente civilt meccana del VII secolo. Da una parte superando la cronica ed endemica conflittualit intertribale, i cicli cruenti di faide, di vendette e controvendette, che devastavano la penisola araba rendendo estremamente difficoltosi i commerci a lunga distanza. Dallaltro superando liniquit dilagante di una economia mercantile che, privandosi dei vincoli di solidariet, tradiva le tradizioni arabe e i codici tribali beduini. Lo slancio dinamico ma disordinato e conflittuale della societ araba pre-islamica viene cos incanalato verso lesterno, le razzie interne sono sostituite da campagne militari di conquista. LIslam si definisce proprio a partire da questa trasformazione culturale e dagli eventi storici ad essa connessa: la grande espansione successiva allunificazione delle trib della penisola araba. Si definisce nellambivalenza che si dirama tra i poli dialettici alla base di questa trasformazione, tra legualitarismo tribale e la necessit di organizzare governi efficienti dotati di una struttura di comando permanente, tra un ideale associativo autarchico e acefalo, e luniversalismo di una religione cosmopolita, tra lidea, individualistica, di un Dio unico a cui si accede senza la mediazione di un clero, e forme diversificate di collettivismo lignatico. Le stesse differenze che caratterizzano i diversi Islam che popolano il mondo mussulmano si possono configurare allora come differenti modi di rispondere alle contraddizioni generate da questo incontro di bisogni, di attese e di necessit strutturali. Differenti modi tra loro parzialmente compatibili e sovrapposti, ma anche guidati da strategie spesso inconciliabili.Sunniti e sciiti

Volendo qui solo limitarci ad una rapida sintesi possiamo soffermarci brevemente sulle tre grandi anime che caratterizzano lIslam: sunnismo, sciismo e sufismo. Se lIslam sunnita, impegnato fin dagli inizi nei problemi del governo e dellamministrazione di aree sempre pi vaste, tende ad accettare i compromessi che tali attivit comportano a livello politico, limitando e assoggettando al potere temporale, almeno in parte, le possibilit interpretative dei dotti, istituendo quindi lunit dei fedeli sulla shara,25 su una sorta di ortoprassia trasversale a qualsiasi identit etnica o di classe26, lIslam sciita nega la possibilit stessa di un potere politico che non si fondi su un primato religioso e su una guida religiosa autorevole: limm o i suoi vicari mulah e yatollh. La sha ammette che il corano, a lato di un significato manifesto, contenga anche un significato nascosto conosciuto solo dagli imm, ai quali sono allora consentite ampie e legittime capacit interpretative. Il nucleo problematico di tale sforzo interpretativo si forma nel dare risposta alla domanda cruciale sui modi con cui sia possibile mantenersi fedeli allispirazione originaria e pura del Profeta in un mondo in continua trasformazione, attraversato da molteplici interessi conflittuali, economici e politici. Al carattere pragmatico del sunnismo, si contrappone cos il carattere rivoluzionario e fondamentalmente tragico degli sciiti in cui la questione del potere non mai risolta completamente, risultando anzi quasi un principio ontologico immanente alla societ27.25 La via retta che conduce ad un luogo dove dissetarsi. Da shar, il volere di Dio. 26 Le norme espresse dalla shara si dividono generalmente nelle Ibdt, i diritti di Dio - essenzialmente i cosidetti arkn al-dn, i cinque pilastri della religione eterni e immutabili: shahda (testimonianza), salt (preghiera), sawm (astinenza), hjj (pellegrinaggio), zakt (elemosina) - e nelle mumalat, i diritti della societ, che regolano gli aspetti economici, politici e giuridici del vivere insieme. Le norme mumalat, al contrario delle Ibdt, possono essere mutate e adattate ai tempi e ai luoghi, alle condizioni di una comunit storicamente definita, costituendo un potenziale di controllo estremamente efficace nellorganizzare la societ su un insieme di pratiche, convinzioni e aspettative comuni. 27 I movimenti sciiti, a lungo perseguitati nei territori dominati dal sunnismo, hanno sviluppato una visione della fede in cui la sofferenza e il martirio hanno un significato particolarmente pregnante. Le commemorazioni della morte di Al e del figlio al-Husayn, ucciso a Kerbala nel 680, sono vissute con grande partecipazione; gi nel X secolo gli sciiti ricordavano Husayn, nel giorno di digiuno di Ashura, il 10 di Muharram. Il significato dellapprezzamento della sofferenza, intesa come valore legato alla venerazione dei martiri, non per, come per la devozione dei martiri cristiani, quello di testimonianza di un credo religioso, essendo i loro assassini altrettanti mussulmani, quanto di affermazione di uno scontro temporale e politico (cfr. Vercellin, 1996,

Per quanto ci interessa in questo articolo possiamo infine soffermarci su alcune caratteristiche dei funzionari religiosi mussulmani. In ambito sunnita gli ulama, i dotti e gli eruditi nelle discipline giuridiche religiose, non sono investiti di una carica carismatica e sacrale istituzionalizzata, che invece attribuita alla comunit dei fedeli, alla umma. In assenza di un organismo centrale di natura ecclesiale il loro ruolo riconosciuto e legittimato solo dagli altri credenti, e dagli altri ulama, attraverso una rete di relazioni personali a livello orizzontale. Il prestigio e il potere degli ulama, che deriva essenzialmente dal sapere acquisito (ilm), reso pi forte dalla natura teorica e interpretativa della shara. In quanto custodi di una elaborata normativa di comportamenti che pervade tutta la quotidianit, gli ulama occupano posizioni cruciali nella societ. Sono in grado, infatti, di imporre dei limiti alle azioni degli stessi sovrani e governanti, assumendo una funzione di guida sociale capace di mobilitare la popolazione. Al medesimo tempo, possono agire come funzionari e intermediari del potere politico con la comunit, diventando i suoi controllori e portavoce. In ambito sciita la situazione non molto differente. In assenza del legittimo Imm, discendente di Al e Muhammad28, anche gli ulama della sha, non possono essere investiti di una carica carismatica e sacrale. Nonostante ci, e in contraddizione con questa tesi, in alcune interpretazioni dello sciismo, come in quella che emerge ad esempio dai discorsi di Khomeini, lo sforzo ascetico ammesso consentire il raggiungimento di una fede perfetta e quindi infallibile. In generale, nello sciismo, ai dotti pi illuminati sono consentite ampie possibilit interpretative delle fonti della legge, la gerarchia dei mujtahid29 pi strutturata e il loro potere pi carismatico; vi sono yatollh, di grande autorit, venerati secondo pratiche che ricordano quelle dedicate ai maestri delle confraternite sufi. Sia gli ulama sunniti, che sciiti, si accomunano infine per la loro appartenenza ad un ambito fondamentalmente urbano. E nelle citt infatti che le madrasa, le scuole coraniche di diritto islamico, avevano e hanno tuttora la loro sede.Lislam sufi e lislam devozionale

La componente tradizione tribale e orale, alla base dellIslam, si esprime secondo modalit molto differenti dallIslam colto di origine urbana, qualificandosi per un atteggiamento politico e giuridico, pragmatico e flessibile, interessato pi alla risoluzione dei conflitti che allaccertamento di una verit formale. Lislam, cos, mantiene al suo interno, a fianco di unanima strettamente associata ai principi del diritto islamico, allo scritturalismo legalistico degli ulama, la capacit di organizzare forme di mediazione con le diversit di consuetudini e pratiche presenti nei territori della sua diffusione. Capacit di mediazione decisiva nei contesti pi periferici, lontani dallepicentro di irradiazione dellespansione islamica, dove le minoranze mussulmane per opportunit e progressivo meticciamento si sono sincreticamente confrontate con altre religioni e tradizioni culturali. In queste regioni la penetrazione dellIslam spesso avvenuta gradualmente lungo le rotte carovaniere, tramite lopera di proselitismo di mercanti, missionari ed asceti (ad esempio nel sud dellIndia, in Indonesia e in Africa sub-sahariana).op. cit., p. 223). Sfilando in processione per le strade, piangendo, flagellandosi e battendosi il petto e la schiena gli sciiti dichiarano il loro eterno antagonismo al corrotto sistema politico. Nagiaf e Kerbel luoghi di sepoltura di Al e di suo figlio Al-Husain, sono mete di pellegrinaggi che assumono unimportanza paragonabile al pellegrinaggio alla Mecca. 28 Per gli sciiti duodecimani (o imamiti) lultimo Imm, Abu al-Qasim Muhammad, noto anche come Imm Nascosto, non morto, ma misteriosamente scomparso nell874 per fuggire alla persecuzione del califfo. Nel 934 un suo messaggero annunzi che lImm Nascosto si era definitivamente occultato e che un giorno lontano sarebbe tornato. Da quel momento gli sciiti non presero pi parte attiva al governo della politica in quanto, in assenza dellImm, nessun governo poteva essere considerato legittimo. Solo il legittimo Imm era considerato infallibile e in diretto contatto con la parola di Dio e quindi autorizzato a governare e legiferare in suo Nome. 29 Coloro che si sforzano di interpretare le fonti della legge, il Corano, gli hadth, i detti e i fatti attribuiti al Profeta.

Nel periodo Omayyade, come reazione allo stile di vita laico, al lusso della corte del califfo e al successivo irrigidirsi delle possibilit interpretative dei testi sacri consentite dal potere politico, anche allinterno dellIslam sunnita si svilupparono vari movimenti mistici. Mentre gli ulama e i giuristi consideravano la rivelazione ormai conclusa, gli asceti sunniti (sufi30), come gli sciiti, restavano aperti alla possibilit di nuove verit, verit che per i mistici potevano celarsi anche in altre religioni. I sufi sostenevano che la conoscenza di Dio deriva dalla devozione e non dallistruzione. Essi miravano cos ad una conoscenza diretta di Dio tramite il distacco dal mondo. Spesso si ritiravano in luoghi appartati, ai margini di territori occupati da differenti domini. Il potere spirituale e magico dei singoli santi, unito alla loro apertura culturale, suscitava varie simpatie, soprattutto nei ceti urbani pi poveri e tra i contadini delle aree rurali, che rendevano la persona del sufi e i suoi insegnamenti attraenti anche per i non mussulmani. I sufi spesso si sposavano, allevavano figli, allacciavano legami matrimoniali con la comunit nei pressi della quale si erano trasferiti e di cui si prendevano cura. La gente si poteva rivolgere ad un santo mussulmano per ricevere amuleti e pareri su questioni familiari. I capi tribali potevano richiedere il suo intervento dintermediazione per risolvere le loro dispute. Non avendo propri moventi e interessi economici o politici da difendere essi erano considerati giudici saggi e imparziali. Anche i funzionari, i proprietari terrieri, i dotti e i principi potevano recarsi da un santo sufi, stanchi della vanit del mondo. Un santone mussulmano, tramite i doni ricevuti, al crescere della sua reputazione, poteva infine fondare un ospizio dove raccogliere i suoi discepoli. In breve poteva diventare oggetto di venerazione. Alla sua morte la sua tomba diventava il ricettacolo della sua baraka, la grazia divina che attraverso di lui scendeva sul mondo. La gente visitava, baciava e toccava il luogo santo, faceva doni e sacrifici, vi celebrava le feste stagionali e le ricorrenze della sua nascita e della sua morte. Attorno ai ricoveri dellospizio poteva gradualmente sorgere un nuovo villaggio che univa i contadini delle aree rurali limitrofe. Ad un sufismo dotto, dedito alle pratiche ascetiche e mistiche (tecniche dellestasi e della concentrazione, basate ad esempio sulla recitazione ripetitiva dei nomi di Allh, su veglie notturne e digiuni) si affiancava cos un sufismo popolare la cui adesione a tali movimenti era molto esteriore, limitandosi alla devozione dei santi. Per il loro tramite i fedeli speravano di poter godere della baraka. I maestri sufi si configuravano allora come mediatori dotati di poteri taumaturgici andando a coprire un vuoto nello spettro della religiosit islamica, larea del sacro, della superstizione, della magia e della medicina. In breve lospizio poteva trasformarsi nella sede di una vera e propria confraternita, dotata di vasti complessi architettonici, che compilava le biografie e le genealogie dei fondatori. Tali istituzioni diventavano, nei periodi di sfaldamento del potere centrale, un importante punto di riferimento e di aggregazione politica. In tale situazione i maestri sufi potevano allora occuparsi di organizzare la difesa dei villaggi dalle razzie di predoni e briganti costituendo piccole milizie. Sotto la guida di shaykh31 di grande influenza tali milizie potevano unirsi fino a formare un vero e proprio esercito animato dal fervore religioso degli adepti che rendeva queste soldatesche molto valorose e ardite32. Le tariquat, le confraternite sufi, pi che avere una specializzazione nella pratica religiosa, costituivano peculiari forme di aggregazione sociale che trovavano una coesione attorno alla30 Da safa, purezza. Secondo altre interpretazioni da suf, tunica di lana grezza indossata dagli asceti. 31 I maestri sufi a seconda delle regioni dove predicavano potevano essere chiamati shaykh, murshid, ustdh, pr, bb, murbit, serign. 32 il caso del movimento Safavide, di osservanza sciita, fondato dallo sheykh Safi al-Din (1252-1334). Suo figlio Sadr ne fece unorganizzazione gerarchica e politicizzata dotata di un suo patrimonio. Nel XV secolo i Safavidi, sfruttando il crollo del regime timuride, iniziarono una politica di aggressione pi militante. Sotto la guida di shah Ismail, che si dichiar Imam occultato, epifania dellesercito divino (combinando cos diversi influssi religiosi: messianesimo sunnita, buddismo, zoroastrismo), in breve tempo i Safavidi conquistarono lIran, istituendovi uno stato fortemente centralizzato. Laccento posto dai Safavidi sulla discendenza e sullereditariet ebbe limportante conseguenza di legittimare un principio di successione che si dimostr cruciale per la stabilizzazione del loro Impero in Persia.

venerazione quotidiana del capo vivente permettendo ai singoli discepoli di esprimersi in termini di lealt di gruppo rispetto ad un maestro liberamente scelto.33 Connettendo il passato al presente Come possiamo connettere il passato al presente? Seguendo le concezioni di Norbert Elias lattivit di ricerca deve individuare quei movimenti di lunga durata, lentamente plasmati dal sedimentarsi di abitudini, modi di convivenza34, prassi rituali, che in vario modo hanno definito le direzioni di un processo di civilizzazione35, nel nostro caso, il percorso tracciato dal mondo islamico e dalle sue storie. Si tratta di comprendere come le intenzioni individuali intrecciandosi in fitte reti di relazioni, pi o meno conflittuali, si sono costituite in un flusso storico coerente da cui hanno potuto emergere gradualmente nuove istituzioni, nuovi movimenti politici, nuove figurazioni36, nuove forme di vita che, ancora attive nellattualit degli avvenimenti del nostro tempo, a loro volta indicano delle direttrici con cui guardare il futuro. Negli ultimi tre paragrafi, abbiamo cercato di fare emergere quegli elementi che pi ci sono sembrati significativi nel delineare questo processo storico nel caso dellIslam. In particolare i modi di socializzazione in cui storicamente le intenzioni dei singoli attori, intrecciandosi tra loro, hanno formato complesse strutture relazionali dinterdipendenza. Strutture relazionali di potere organizzate in precari equilibri, in mutevoli campi di tensione tra soggetti interrelati. Nella concezione di Elias il potere non posseduto da qualcuno ma sempre frazionato in un sistema asimmetrico di relazioni in cui anche i soggetti apparentemente pi deboli possono esercitare, con un effetto boomerang che si appoggia alle medesime relazioni di dominio, un potere sui soggetti a cui si sottomettono. Si tratta spesso di un potere simbolico inscritto nelle pratiche, nelle abitudini, un potere che non si esercita sempre con la forza ma parte di un sistema di relazioni, di modi di pensare e di essere, di un sistema culturale in continuo mutamento. Per Elias, come per Foucault, il potere relazionale; non contano tanto i singoli individui come poli dellinterazione (da cui le critiche di Elias allinterazionismo in sociologia), quanto quei complessi fenomeni di intersoggettivit in cui si costituiscono forme di potere che organizzandosi in strutture di reciproca dipendenza coinvolgono sia i padroni che gli schiavi, sia i re che i loro sudditi, sia coloro che possiedono lautorit di imporre con la forza le proprie scelte, sia coloro che sono loggetto, apparentemente passivo, di tali volont, impedendo in un dato periodo storico che tali legami si possano sciogliere a partire da una presa di coscienza puramente razionale del sistema di assoggettamento. Da qui anche le affinit e le distanze di Elias dal concetto di sfera pubblica di Habermas. Come negli studi di Weber sullo spirito del capitalismo si tratterebbe di fare unarcheologia delle istituzioni e dei saperi e delle loro dinamiche, di individuare lo spirito dellIslam, le sue specifiche forme di razionalismo, i suoi specifici modelli di comportamento e di agire etico, nel loro intrecciarsi con i movimenti globali, economici e politici, con i processi di formazione nazionale, urbanizzazione, differenziazione sociale, democratizzazione e fondamentalismo, che coinvolgono la modernit e lattualit dei paesi mussulmani. La domanda sociologicamente pertinente, nei suoi termini pi generali, formulabile anche in questi termini: entro quali condizioni sociali lo stile di vita di alcuni individui viene abbracciato da un ceto e produce, successivamente, lorientamento dominante di un intera civilt?33 La struttura genealogica su cui le confraternite erano fondate era poi del tutto coerente con lideologia e le pratiche dei lignaggi tribali. 34 LIslam stato definito da alcuni, in quanto prassi giuridica e consuetudinaria, propriamente un voler vivere insieme (Vercellin, 1996, op. cit., p. 13). 35 N. Elias , The Civilizing Process, Basil Blackwell, Oxford,1994 [1939]. 36 Nella terminologia di Elias le figurazioni sono formazioni di individui mutualmente interdipendenti organizzati da abitudini, concezioni e rituali sociali dinamicamente inseriti nel flusso storico (N. Elias, Figuration, in Grundbegriffe der Soziologie, Edizioni Bernard Schfers. Opladen: Leske en Budrich, 1986; vedi anche R. Van Krieken, Beyond the 'problem of order': Elias, habit and modern sociology, http://www.usyd.edu.au/su/social/elias/, University of Sydney).

Strutture informali e formazione di figurazioni Eickelman e Salvatore, nellarticolo in precedenza citato37, si soffermano sul sistema di legami informali costitutivi di una serie di tradizionali organizzazioni islamiche operanti sulla base di specifici interessi condivisi: gilde di mercanti, fondazioni caritatevoli (awqaf), ordini sufi e confraternite religiose. Citando Abdellah Hammoudi38, Eickelman-Salvatore fanno osservare come il modello di relazione maestro-studente, tipico delle tariqua sufi e delle madrasa, serva da metafora chiave con cui legittimare lautorit, anche nellIslam odierno. La capacit di assegnare chiari ruoli sociali e di produrre forme organizzate di intersoggettivit e interdipendenza, di trasformare le regole giuridiche della sharia in schemi di riferimento per il comportamento morale e ragionevole che caratterizzano larea meno istituzionale delle organizzazioni e dei movimenti islamici, costituisce un sapere incorporato che ha consentito nel corso del XIX secolo di adattare gli atteggiamenti pubblici, i modi di fare ed agire, alle complesse trasformazioni sociali ed economiche che nellIslam hanno accompagnato i processi coloniali e di formazione degli stati nazionali. Un sapere incorporato in grado di costituire figurazioni omogenee, creando al medesimo tempo un insieme di virt civiche e concrete disposizioni per il pubblico interesse; una sviluppata e condivisa percezione delle conseguenze dellagire privato sul pubblico. Leducazione ad un tale tipo di percezione induce predisposizioni socializzate a formulare previsioni condivise sul comportamento degli altri individui. Questi presupposti rappresentano le condizioni stesse del dipanarsi del processo di civilizzazione di cui parla Elias. I movimenti sufi, in particolare per luso del linguaggio vernacolare, la trasversalit rispetto le identit tribali e le differenze di classe o di reddito, lambigua posizione tra la mistica della negazione di s e una pi disciplinata partecipazione alla vita sociale, una maggiore libert interpretativa dei testi religiosi, il posizionamento periferico, interstiziale sono il naturale spazio di mediazione che negli ultimi tre secoli ha posto le basi per nuove forme di partecipazione alla vita pubblica. I movimenti sufi hanno infatti sempre sostenuto il diritto dei singoli credenti a sperimentare la verit in modalit innovative indipendenti dalle interpretazioni convenzionali della sharia. Questo insieme di disposizioni, di aspettative, di habitus, ha costituito un insieme di strutture staminali capaci di sviluppare, in dipendenza dai particolari contesti della loro attivazione, efficaci forme di agency. Cos, ad esempio, in Algeria, i leader e gli ordini sufi, a lungo discriminati per la loro compromissione con le autorit coloniali francesi, hanno assunto, recentemente, un ruolo preminente nellorganizzare lazione collettiva secondo modalit indipendenti dai movimenti estremisti islamici e dalle autorit statali reazionarie. Molti dei movimenti di rinnovamento fondamentalisti dellIslam politico, si sono sviluppati, del resto, su questo medesimo substrato culturale. Nelle concezioni militanti dei fondamentalisti, la sharia diviene qualcosa di pi di una semplice nozione giuridica, individuando una cornice e un riferimento condiviso su cui fondare il dibattito pubblico. In tali movimenti il problema principale consiste nel dare una risposta ad una serie di interrogativi cruciali e alle loro ramificate implicazioni politiche e sociali: come conciliare le condizioni di vita moderne con lIslam? Come essere un buon mussulmano nel contesto dello stato nazione? Come in tale contesto ancora possibile sviluppare i valori di dignit, uguaglianza, giustizia, onore, che costituiscono il significato e la ragion dessere della partecipazione dei fedeli alla Umma? Come possibile conciliare lauto-realizzazione personale con la salvezza spirituale e limpegno per il benessere della comunit? Le istanze legate alla morale, ai valori civici, a prospettive di prosperit economica e benessere sociale sono interconnesse con le questioni della fede e della religione. Il movimento dei fratelli mussulmani, il libanese Hizbullah, il palestinese Hamas oltre al pi evidente e rappresentato ruolo politico, sostengono e promuovono alla loro base una molteplicit di attivit moralmente orientate37 Eickelman, Salvatore, ??? op. cit. 38 Cit. del lavoro di Abdellah Hammoudi 1997, in Eickelman, Salvatore, ???, op. cit., p. 100.

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allazione sociale, reti di mutua assistenza organizzate su abitudini, aspettative e interessi condivisi. Tali movimenti intrecciando legami di dipendenza personale, in contrapposizione alle indifferenti e spesso poco comprese regolamentazioni burocratiche istituzionali, attualizzano le disposizioni e gli schemi tradizionali del sufismo. Processi deliberativi e processi disciplinari: il dawa Charles Hirschkind, delluniversit di Toronto, nellarticolo Civic Virtue and Religious Reason: An Islamic Counterpublic39, esamina il ruolo della diffusione nelle aree urbane medio orientali, a partire dagli anni 70, soprattutto al Cairo e nelle aree dinfluenza della capitale egiziana, in un vasto pubblico, per lo pi privo di una specifica istruzione formale in discipline teologiche, delle registrazioni su audio cassette dei sermoni di famosi predicatori e khtib40: le cos dette cassette dawa. Dawa significa chiamata, e si riferisce al dovere di ogni mussulmano di incoraggiare i fedeli a praticare il volere di Dio in tutti gli aspetti della propria vita41. Questa concezione considerata da vari movimenti di rinnovamento islamico uno strumento indispensabile per contrastare la marginalizzazione dellIslam indotta dalle politiche riformiste dei governi nazionali e dal processo di secolarizzazione che le accompagna. I sermoni dawa, se da una parte propongono e legittimano dei discorsi autorevoli, manifestando ancora una volta limportanza e il persistere nel mondo moderno di modelli di autorit fondati sulla relazione maestro-studente, nel corso degli anni, parallelamente alla crescente diffusione di pubblicazioni, riviste, volantini di argomento religioso dedicati al grande pubblico, hanno contribuito a formare in Egitto un nuovo modo di partecipare alla sfera pubblica, fondato su pratiche discorsive dialogiche. I sermoni costituiscono una cornice tematica, un pretesto con cui organizzare le conversazioni informali tra i credenti. Il riferimento alle fonti autorevoli dellIslam non blocca il dibattito ma anzi lo motiva e istituisce, coinvolgendo i parlanti nella discussione delle possibili interpretazioni della sunna.Circulating outside the boundaries of prescribed ritual practice, cassette-sermons have helped to create the context for this type of public argument, one that [] cuts across generational and gender lines in ways not possible within the ordered, sex-segregated space of the mosque. The relation between speakers is not that of teacher to pupil but of relative equals [].42

Possiamo cos vedere che la tradizione discorsiva democratica ed egualitaria islamica, che sancisce la legittimit individuale di interpretare le fonti della Rivelazione, cos affermando la legittimit della prospettiva personale nel concepire la partecipazione collettiva alla Umma, si riproduce qui in nuove forme, forme che nonostante le differenze mantengono una continuit con la tradizione (ad esempio con i concetti di carisma e onore discussi da Geertz e Bourdieu), attualizzandola ai nuovi contesti della vita urbana. Il conversare si realizza nei contesti cittadini pi vari, nei mezzi pubblici, nei mercati, in tutte le circostanze dove un motivo occasionale pu suscitare il movente per discutere di questioni religiose. Possiamo osservare in questo processo linteragire di tradizione e innovazione. Seguendo il modello esplicativo proposto da Goody e da Ong43, mutamenti nei mezzi di comunicazione,39 Cultural Anthropology 16(1), 2001, pp. 3-34. 40 Colui che pronuncia la khutba, il sermone pronunciato il giorno di Venerd nelle moschee. Dalla radice k-t-b, scrivere, da cui anche ktib, scrivano, esperto di lingue, di retorica, di stile e di scrittura. 41 Il dovere di invitare al Bene e sconsigliare il Male (hisba). Invito missionario che si esprime attraverso uno sforzo di attrazione, di persuasione, che coinvolge anche la conversione degli infedeli: il jihd; uno dei doveri pi meritori del credente mussulmano, collocato accanto agli arkn al-dn. Il dawa, e il jihd fanno parte dei doveri del singolo nei confronti della comunit, doveri di cui ogni fedele obbligato a farsi carico nel momento in cui altri non sono disponibili ad assumersi la responsabilit della loro messa in opera. 42 Ibidem, p. 9. 43 J. Goody, Il potere della tradizione scritta, Bollati Boringhieri, Torino 2000; W. J. Ong, Oralit e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna 1986.

inducendo nuove pratiche comunicative (ad esempio nel caso che qui ci interessa le pratiche discorsive informali dawa), producono un cambiamento di certi aspetti delle attivit cognitive e dei modi in cui interpretiamo e manipoliamo quanto ci circonda, incidendo sulle categorie che attengono alla razionalit e alla logica. Queste modifiche, anche se mediate dal piano della cultura e delle strutture sociali, conseguono, in un processo di graduale deriva, importanti mutamenti nei modi e nelle strategie discorsive dell'agire comunicativo. Le nuove abitudini di ascolto e discussione dei sermoni suscitano un crescente interesse per lapprofondimento degli strumenti ermeneutici classici della tradizione islamica: ad esempio la concezione organica degli hadth, la cui importanza e validit non dipende dal loro contenuto, ma riferita allautorit e vicinanza al profeta dei loro trasmettitori (la silsila, la catena dei trasmettitori); oppure lo statuto che sancisce la prevalenza, in caso di conflitto tra sure del Corano, di quelle pi tarde (non cronologicamente ma rispetto la numerazione coranica). Si generano cos competenze specifiche in unampia fetta della popolazione. Una democratizzazione del sapere.44 Secondo Hirschkind le pratiche dawa contribuiscono a formare le virt civiche che consentono tecnicamente la messa in scena dei processi deliberativi. Nella prospettiva liberale la deliberazione collettiva autentica spesso descritta come espressione di individui autonomi non plagiati da strutture disciplinari. In questo modo la teoria liberale occulta la costruzione sociale delle disposizioni comunicative liberali, occulta quindi le sue stesse origini. La struttura comunicativa che permette il libero formarsi dellopinione pubblica e delle volont individuali, riguardo al modo di regolare le questioni collettive, si storicamente costituita attraverso attivit di disciplinamento sociale, sia esterne, imposte da governi e istituzioni, sia interne, auto-imposte da tecniche di controllo del s. Per fare un esempio ben noto, le procedure cristiane di confessione, pentimento, espiazione, promosse da trattati e manuali di etica e morale, hanno plasmato tramite specifiche tecnologie di formazione del s uno sfondo non discorsivo di sentimenti e disposizioni da cui anche i meccanismi della pubblica deliberazione dipendono. La sfera pubblica prodotta dalla diffusione delle pratiche dawa una pubblica arena allo stesso tempo normativa e deliberativa, un dominio di assoggettamento a forme di autorit, ma anche di espressione di forme articolate e dialogiche di razionalit individuale. Intrecciando momenti di apprendimento, dialogo e contestazione, la dawa non si costituisce come processo di semplice indottrinamento ideologico. La partecipazione a questa arena coinvolge complesse pratiche argomentative e la formazione di sviluppate capacit critiche.45 La condivisione di alcuni orientamenti e linguaggi specifici il prerequisito che consente ai fedeli di partecipare attivamente alla sfera pubblica, presupponendo forme di comunanza nelle quali lo stato una componente contingente non essenziale. Mentre i movimenti religiosi contemporanei sono spesso interpretati come espressione diretta dellevoluzione moderna degli stati nazione o alternativamente, come prodotto dellintensificarsi della circolazione globale dei mass media, dei capitali, del lavoro, Hirschkind, nel suo articolo, propone il superamento dellopposizione binaria di moderno e44 Questo processo di intensificazione delle interazioni orali e del dibattito democratico sembra essere in contraddizione con le concezioni di Thomson sul ruolo dei mass media nella modernit (J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernit. Una teoria sociale dei media, Societ editrice il Mulino, Bologna 1998 [1995]). Thompson studia le conseguenze dellintroduzione dei mezzi di comunicazione di massa sulla socialit delluomo e sul processo di formazione del S. Il distanziamento tra mittente e ricevente gi operante nella scrittura sembra qui aggravarsi eliminando i residui di interattivit ancora presenti nella scrittura (ad esempio i serrati scambi epistolari del romanticismo). Il ricevente, in generale, non disponendo delle capacit di encoding del mittente, impossibilitato a produrre segnali di feedback che usino gli stessi canali comunicativi attraverso cui il messaggio inviato. Il caso delle cassette dawa mette in luce come per la diffusione dei mass media possa produrre, in un contesto culturale e in una tradizione discorsiva che considera fondamentali le relazioni personali, una intensificazione dellinterattivit su piani paralleli a quelli utilizzati dai mass media. Lo stesso Thompson sottolinea limportanza e limprevedibilit delle modalit di ricezione e manipolazione locale delle informazioni trasmesse dalle reti medianiche globali, nel definire i loro effetti al livello della sfera pubblica. 45 Le pratiche dawa, pi che esprimere forme di assoggettamento ideologico, nel loro costante tentativo di trascendere la realt a cui si riferiscono assumono un valore fondamentalmente utopico. Mi riferisco qui alla classica definizione di utopia di Mannheim ripresa da Ricoeur (XXX).

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tradizionale. Nelle pratiche dawa, la tradizione, come insieme di pratiche e discorsi storicamente stratificati, se da una parte subisce alcuni vincoli imposti dalle forme moderne del potere, nonostante ci in grado di articolare forme di sensibilit incommensurabili alle assunzioni liberali che quel medesimo potere sottintende.46 Se virt quali la sincerit, la capacit di ascoltare, il coraggio di dire la verit, lumilt, la gentilezza, il riferimento al bene comune nel proporre le proprie argomentazioni, sono i presupposti condivisi sia dallagire comunicativo liberale (e dalle sue radici), sia dalletichetta dawa (adab aldawa) rappresentando le premesse tecniche che consentono interazioni pubbliche ordinate e civili47 il contenuto delle pratiche dawa assume anche altri significati locali. Lefficacia di unargomentazione, ad esempio, non valutata solo rispetto alla sua capacit logica di guadagnare il consenso cognitivo dei propri interlocutori. invece considerata fondamentale la sua forza retorica, la sua attitudine ad influenzare i self, il carattere, la disposizioni a seguire i modi corretti di essere ed agire. Si tratta di pratiche che attraversano la separazione tra pubblico e privato istituita dai principi costituzionali degli stati nazionali, separazione cruciale nelle concezioni e nelle sensibilit liberali. Incoraggiano forme di intrusione nella sfera della privacy personale: discutono questioni di fede, di morale, di gusto, oppure le scelte soggettive che riguardano labbigliamento o il modo di spendere il proprio tempo libero. Un tentativo di ripoliticizzare queste scelte vincolandole al pubblico scrutinio. Promuovendo specifiche forme di sensibilit, assumendo un ruolo critico nei confronti della separazione tra sociale, politico e religioso proposta dalle istituzioni nazionali e dai mass media occidentali, promuovendo ladozione di certi fini determinati, i movimenti dawa riconfigurano le forme della collettivit. Possiamo per chiederci, a questo punto, se i fenomeni di rinnovamento devozionale dei movimenti mussulmani informali siano del tutto peculiari allo specifico contesto islamico o se invece facciano parte di un pi generale processo globale. La sfera pubblica islamica tra modernit e globalizzazione La gran parte dei sociologi occidentali, per pi di un secolo, ha pensato che la religione fosse una forza sociale in declino. Come riassume sinteticamente Robert Hefner in un articolo in cui mette a confronto le risposte alla globalizzazione delle religioni universaliste48, due teorie, o narrazioni, del processo di secolarizzazione hanno percorso i dibattiti dei ricercatori sociali. La prima, caratterizzando la religione come strumento ingenuo di spiegazione e controllo della realt materiale e sociale, riconduce la progressiva riduzione della sua influenza, allaffermarsi della razionalit illuminista laica, fondata sul paradigma scientifico sperimentale. Questo fenomeno di disincantamento, seguendo la terminologia di Weber, si afferma anche in relazione allautonomizzazione istituzionale dello stato e del mercato, fenomeno destinato a marginalizzare il ruolo della religione nelle questioni inerenti alla politica e al pubblico. La seconda, pi recente, enfatizza invece la natura plurale del mondo moderno e post-moderno, ponendo lattenzione alle peculiari qualit delle organizzazioni sociali della tarda modernit: differenziazione strutturale, specializzazione tecnica, collasso delle narrative totalizzanti.49 Tali forme di pluralismo radicale non consentono pi di istituire identit e valori collettivamente46 Cfr. Hirschkind, op. cit., p. 27. 47 Lapprendimento di queste tecniche rappresenta forme di apprendimento ad apprendere, di deutero-apprendimento, nella terminologia di Bateson, in cui alcune disposizioni, o abitudini, si costituiscono come modelli comportamentali generali (G. Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, p. 301). Se nella societ liberale si pu dire che queste premesse sono in parte inconscie, oppure, se si vuole, che si presa labitudine di non esaminarle, nella retorica islamica delle pratiche dawa si in presenza di un complesso groviglio di livelli (o tipi) comunicativi dotati forse di un pi alto grado di riflessivit. 48 R. W. Hefner, Multiple Modernities: Christianity, Islam and Hinduism in a Globalizing Age, Annu. Rev. Anthropol., 1998, 27, pp. 83-104. 49 N. Luhmann, Religious Dogmatics and the evolution of Societies, Mellen, New York, 1984; Z. Bauman, Postmoderns Ethics, Blackwell, Oxford, 1993.

condivisi mettendo in crisi le concezioni universalistiche delle religioni mondiali transnazionali. Se in Europa queste ipotesi sembrano essere confermate dalla progressiva privatizzazione delle convinzioni religiose, in dispetto a tali teorizzazioni, si osserva invece una generale effervescenza dei fenomeni religiosi proprio in quei paesi che recentemente hanno subito un accelerato processo di modernizzazione istituzionale ed economica. I movimenti Metodisti, Battisti, come quelli islamisti, minimizzando le distanze sociali tra fedeli ed autorit religiose, consentono un alto grado di autonomia organizzativa ed un facile accesso a posizioni di autorit, anche ad individui non appartenenti alle lite economico sociali. In contrario alle convenzionali narrative del processo di secolarizzazione, tali congregazioni mantengono gli ideali religiosi strettamente collegati alla sfera pubblica. Si assiste cos ad un potente mix di pluralizzazione, ibridazione e competizione tra settarismi rivali. Nel caso dellIslam, alcuni ricercatori, hanno ricondotto questo fenomeno di ripoliticizzazione della sfera pubblica, come a mio avviso suggerisce in parte anche larticolo di Hirschkind, ad una specificit dellIslam. Secondo Gellner50 i mussulmani sono stati in grado di invocare la loro grande tradizione religiosa a simbolo di unit nazionale. Questa eccezionalit dellIslam per problematica in quanto le rivendicazioni dei movimenti pi conservatori secondo cui lIslam, per definizione, non consente una separazione tra sfere pubbliche distinte e quindi una differenziazione tra autorit politiche e religiose, e tra sfera pubblica e privata sono state, anche in anni recenti (ad esempio in Iran), aspramente contestate da gruppi di mussulmani liberali. Linfluenza che hanno assunto le concezioni teologiche pi conservative non pu essere concepita come parte delle specifiche caratteristiche dellIslam, pu invece essere meglio compresa allinterno di un conflitto di strategie egemoniche che contrappongono interpretazioni rivali dellIslam. Ci che caratterizza invece complessivamente i differenti movimenti islamici la progressiva estensione ad un numero crescente di fedeli, dellinteresse per i saperi e le pratiche islamiche dotte. In una maniera che ricorda le osservazioni di Anderson51, sullinfluenza della stampa nel processo di modernizzazione europeo, Eickelman e Piscatori52 evidenziano limportanza della diffusione dellistruzione superiore e dellemergere di un vasto mercato di libri islamici economici (in questo ambito possiamo includere anche le cassette dawa), nel determinare il collasso delle strutture sociali tradizionali fondate sul monopolio, da parte di giuristi dotati di istruzione teologica formale, dei discorsi religiosi, e del potere ad essi connesso. Lo sviluppo dei movimenti islamici contemporanei, in modo molto simile a quello degli altri movimenti religiosi globalizzati, caratterizzato allora dalla ricerca di nuove modalit di socializzazione con cui organizzare visioni coerenti e condivise del vivere insieme, e con cui fronteggiare il radicale pluralismo del mondo moderno. Nascita di una religione occidentale? Anche Olivier Roy prende in esame lIslam nellera della globalizzazione. Nel suo libro, Nascita di una religione occidentale53, costruisce una suggestiva interpretazione del fenomeno di trasformazione che ha subito lIslam nel suo disincarnarsi da un territorio e da una cultura particolari: lislam della diaspora, degli immigrati mussulmani che vivono in Europa o negli Stati Uniti. Secondo Roy si assiste qui ad un fenomeno di deculturazione dellislam ed acculturazione dei mussulmani fuori dai confini del Dr al-Islm54, alla nuova condizione di minoranze in terra straniera. La deculturazione avviene appunto tramite il disincarnarsi dellIslam dalle sue pratiche culturali. LIslam espulso dalla vita quotidiana riducendosi ad uno spazio virtuale a cui affidare il proprio immaginario in una prospettiva soteriologica di realizzazione personale. Alla nozione di legge viene sostituita quella di valore. Cambia il rapporto tra credente e religione. La ricerca etica50 E. Gellner, Postmodernism, Reason and Religion, Routledge, London, 1992. 51 B. Anderson, Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, ???, London, 1991. 52 D. F. Eickelman, J. Piscatori, Muslim Politics, Princeton Univ. Press, Princeton, 1996. 53 O. Roy, Nascita di una religione occidentale, 2002. 54 Dr significa in prima istanza casa, abitazione, spazio racchiuso da muri o da tende.

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individuale di semplici regole di comportamento in grado di adattare almeno formalmente lIslam alle condizioni strutturali in cui i mussulmani immigrati sono costretti, sostituisce la partecipazione collettiva a istituzioni e pratiche pubbliche in grado di assicurare forme condivise di riconoscimento identitario. Si realizza un fare tabula rasa, un fenomeno di anti-intellettualismo, che delegittimando gli anziani, i sapienti sancisce la destrutturazione delle istituzioni sociali islamiche e della sfera pubblica mussulmana, articolata tradizionalmente in complessi livelli gerarchici. Il bisogno di un riconoscimento identitario, il bisogno di mantenere comunque una evidenza sociale si realizza quindi in forme di omologazione virtuale che circolarmente si autolegittimano, al di la di una effettiva comunanza di esperienze vissute. Levidenza sociale ristabilita, paradossalmente, non attraverso la societ, ma attraverso la virtualit di internet, lUmma virtuale. La tesi di Roy, se da una parte sembra reificare una concezione dicotomica dellesperienza religiosa che separa il rito dalla credenza concezione che giustifica la tradizionale contrapposizione, proposta dagli storici occidentali, tra Islam, caratterizzato da forme normative di ortoprassi, e le religioni occidentali basate sullortodossia55 evidenzia per, da unaltra prospettiva, quella della progressiva deterritorializzazione delle culture, il processo globale che coinvolge i fenomeni religiosi contemporanei e che anche Hefner individua nellarticolo qui considerato. Si tratta di un fenomeno di secolarizzazione, di un fenomeno occidentale? Roy, qui in netta contrapposizione con le tesi di Hirschkind e Hefner, dichiara che lIslam non va contro il processo di secolarizzazione, ma arretra di fronte ad esso virtualizzandosi:Provocatoriamente si pu dire che i veri attori della secolarizzazione dellIslam oggi non sono tanto i mussulmani laici, perch sono al di fuori della riformulazione del religioso, quanto piuttosto gli islamisti e i fondamentalisti, perch tentano di porre rimedio alla frattura crescente fra cultura e religione attraverso una esacerbazione della religione, che ha come risultato di staccarla un po di pi dal politico e dal culturale56.

Genere, cultura e capitalismo Il fenomeno della deterritorializzazione si verifica anche internamente al Dr al-Islm. Victoria Bernal nel suo articolo, Gender, Cultur and Capitalism57, studiando gli effetti della globalizzazione in Wad al Abbas, un villaggio del Nord Sudan, ci fa vedere le strategie che i soggetti, che abitano tale contesto, mettono in campo nel confrontarsi con le trasformazioni economiche e sociali indotte dallinclusione del villaggio nel sistema del mercato internazionale. In Wad al Abbas il passato, la tradizione, ridefinita alla luce del riemergere dellortodossia fondamentalista. Se il fondamentalismo e la rottura con la tradizione locale dellIslam sufi, con lordine sociale e religioso tradizionale di Wad al Abbas, da una parte soddisfa lesigenza dei suoi abitanti di riaffermare la propria identit islamica, minacciata dallintrusione dei valori occidentali, al medesimo tempo incorpora delle logiche interne dipendenti dallemergere di bisogni locali specifici, a loro volta, dipendenti dalle particolari strutture sociali tradizionali e dalla loro differenziazione in gruppi di interesse di genere. La Bernal fornisce qui un esempio dellintrecciarsi di logiche globali e locali. Se appare in sintonia con le tesi pi generali proposte da Hefner, lidea che il cambiamento nellIslam contemporaneo sia guidato dalla reazione al radicalizzarsi dei pluralismi della modernizzazione e dalla competizione settaria di gruppi guidati da interessi conflittuali, la sua analisi etnografica illustra molto bene le specificit del particolare contesto sudanese, mostrando le implicazioni locali della politica e delleconomia internazionale. In Wad al Abbas, a partire dagli anni 50, lintroduzione delle piantagioni di cotone organizzate in forme di agricoltura intensiva, secondo il classico schema economico capitalista che prevede il progressivo assoggettamento delle popolazioni locali alle strutture del lavoro richiesto dal mercato, ha gradualmente ridotto la produzione di sorgo e di altri prodotti indispensabili nella dieta locale55 C. W. Smith, Islam in Modern History, Princeton Univ. Press, Princeton, 1957. 56 Roy, op. cit., p. 17. 57 V. Bernal, Gender, Cultur and Capitalism: Women and Remaking of Islam Tradition in a Sudanese Village, Comparative Studies in Society and History, ???, 1994.

sotto i livelli di sussistenza. Ci ha determinato la necessit per gli abitanti di Wad al Abbas di vendere il proprio lavoro nelle piantagioni. Negli anni 70 la crisi della produzione del cotone e la riduzione dei salari hanno infine costretto molti cittadini ad emigrare nelle aree urbane sudanesi e in Arabia Saudita. Mentre gli uomini hanno progressivamente allargato gli orizzonti del loro campo di esperienze e di opportunit di lavoro, integrandosi nel sistema delleconomia internazionale, le donne hanno visto ridursi i loro ruoli produttivi alle sole mansioni domestiche, in alcuni casi affiancate da piccole attivit commerciali (vendita al dettaglio di carbone, cipolle) o artigianali (intreccio di tessuti), accrescendo la propria dipendenza economica dalle rimesse dei propri mariti e dei propri parenti. La crescente segregazione femminile, generalmente imputata al prevalere di concezioni religiose conservatrici ultra ortodosse, viene cos a dipendere da un complesso corso di trasformazioni strutturali legate al processo di modernizzazione istituzionale e globalizzazione economica, e dalle specifiche caratteristiche del contesto sociale locale e al suo modo di reagire alle trasformazioni globali. La condizione delle donne nel mondo mussulmano non statica, come suggerito ad esempio da Fatima Mernissi58, invece molto dinamica. Il loro riposizionamento nella societ, ideologicamente riferito alla tradizione, sia dagli interpreti locali, sia, per fini diversi, da alcuni intellettuali occidentali e islamici, dipende invece dai mutamenti pi recenti prodottisi nei ruoli di genere. La lontananza dei mariti, e dei parenti maschili, emigrati allestero, fa delle donne che rimangono a casa dei marker dello spazio sociale e del territorio. Il ruolo delle donne assume una funzione decisiva nel mantenere la rete di legami di parentela, testimoniando con la propria presenta una continuit che si contrappone allinstabilit prodotta dai radicali cambiamenti provocati dal mercato. Paradossalmente sono le donne a perpetuare i legami patrilineari, sostenendo le istanze dei mariti durante la loro assenza. Rappresentare il cambiamento in termini di differenze di genere, anzich nei termini di un conflitto tra le strutture comunitarie di parentela tradizionali e i nuovi modi di socializzazione e definizione identitaria indotti dalla globalizzazione, serve a rendere il conflitto maneggiabile dalle categorie locali. Il passato ridefinito alla luce del riemergere dellortodossia. Le nuove interpretazioni fondamentaliste delle scritture sono parte dellinserimento della tradizione islamica nel sistema mondiale. Abbracciare il fondamentalismo assume dunque molteplici significati: rappresenta un allontanamento da identit locali, provinciali, verso forme di conformismo pi universali e cosmopolite (la tesi di Roy). Le rappresentazioni fondamentaliste sono in grado di inglobare visioni di prosperit economica e civilizzazione materiale con modalit pi compatibili con la cultura locale, rispetto alle raffigurazioni proposte dai mass media occidentali. Tali trasformazioni del modo di auto-rappresentarsi non sono per solo ideologiche (o virtuali), ma dipendono da esperienze di vita molto concrete, da nuovi rituali pubblici e privati, dal ristrutturarsi in nuove forme della sfera pubblica, che implicano differenti usi e quindi (seguendo Wittgenstein) differenti significati e interpretazioni del campo della religione. La separazione tra uomini e donne effettiva e strutturale, fondata su esperienze di vita contrapposte che determinano esigenze e strategie di dominio che vedono prevalere i bisogni maschili su quelli femminili.

58 F. Mernissi, Womens Work: Religious and Scientific Concepts as Political Manipulation in Dependent Islam, in Halim Barakat (a cura di), Contemporary North Africa, ed. Washington, 1985, pp. 114-28.

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