la stazione totale · 2019. 10. 6. · sviluppando le prime quattro tracce della codifica sul...
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LA STAZIONE TOTALE
La misura elettronica di angoli e distanze
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La misura delle grandezze topografiche
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I CERCHI DELLA STAZIONE
CERCHI CODIFICATI: posseggono un’origine fisica e permettono di conoscere automaticamente la posizione assoluta dell'indice di lettura solidale all’alidada, quindi dall’origine fisica (come avviene in quelli a lettura ottica)
CERCHI A MISURA INCREMENTALE (o per conteggio): consentono di misurare una posizione angolare relativa rispetto ad una precedente. In questo caso il cerchio non è dotato di un’origine fisica riconoscibile sulla sua superficie (naturalmente è possibile fissare un’origine logica convenzionale).
LETTURA STATICA: il cerchio rimane, come in un teodolite ottico, solidale al basamento. La lettura ai cerchi codificati è sempre statica.
LETTURA DINAMICA: il cerchio subisce una rotazione costante, prodotta da micromotori (dunque indipendenti dalle rotazioni dell'alidada), continuamente attivi durante la misura. Essa ha lo scopo di eseguire la lettura in parti diverse del cerchio. La lettura ai cerchi a misura incrementale può essere statica o dinamica.
in relazione a ciò che viene riportato sui cerchi, la lettura elettronica avviene con:
in relazione alle modalità di lettura elettronica si ha:
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I CERCHI CODIFICATI
Sulla loro superficie viene riportata una serie (solo appa-rentemente complessa) di trac-ce opache alternate a ad altre trasparenti.
Sopra al cerchio è collocata una batteria di LED (diodi luminosi), esattamente allineata con una batteria di sensori (CCD lineare) posta sotto al cerchio, in grado di trasformare un segnale luminoso in uno elettrico.
Le tracce opache non lasciano passare la luce emessa dal diodo e in corrispondenza il sensore non rilascia alcun segnale elettrico.
Le tracce trasparenti lasciano passare la luce e in corrispondenza dal sensore viene rilasciato segnale elettrico.
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LETTURA DEI CERCHI CODIFICATI sviluppando le prime quattro tracce della codifica sul cerchio partendo dall’origine:.
batteria led/sensori lettura digitale: 0101 = 5 (5/16 di 400c= 125c
12,5c)
L'errore massimo in questo esempio (poco realistico), è la metà della più piccola suddivisio-ne,cioè ±12c,5. È chiaro che una lettura angolare
con errore così alto è insufficiente; ma è anche chiaro che aumentando il numero delle tracce si riduce progressivamente l’incertezza della lettura.
Tuttavia non ci si può spingere di molto su questa strada per problemi di spazio fisico sulla corona circolare del cristallo, e per il numero dei fotodiodi che sarebbero necessari.
In effetti l’apparato di lettura dispone di un se-condo sistema di lettura fine, che permette la lettura delle frazioni delle più piccole parti in-tere nelle quali è suddiviso il cerchio, in analogia con quanto già visto nei teodoliti tradizionali con i micrometri ottici
1/2 1/4 1/8 1/16 12c,5
NOTA: in un cerchio codificato la corona più significativa è quella esterna
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I CERCHI A LETTURA INCREMENTALE
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sono solidali al basamento e la loro superficie è suddivisa in tracce radiali opache alternate ad altre trasparenti della stessa dimensione, senza alcuna numerazione
Il numero di queste tracce dipende dal tipo di lettura adottata nel teodolite: sono molte (es. 12.000) se la lettura è statica, assai più ridotto se la lettura è dinamica (es. 1.000)
Sopra le tracce è collocato un LED, allineato con un sensore CCD (attivato per trasparenza o riflessione), posto sotto al cerchio, in grado di trasformare un segnale luminoso in uno elettrico; essi costituiscono l’indice di lettura digitale, e sono solidali all’alidada.
durante la rotazione relativa tra cerchio e gruppo fotoelettrico si genera un sistema di segnali binari in corrispondenza del raggio luminoso che arriva (tracce trasparenti o speculari) oppure non arriva al cerchio (tracce opache)
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LETTURA INCREMENTALE STATICA
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Facciamo riferimento ad un cerchio ipotetico su cui sono state ricavati 12500 tratti chiari e altrettanti scuri. Pertanto a ciascun intervallo minimo 0 della graduazione del cerchio corrisponde un’ampiezza di:
0 = 400C/12500 = 0C,032 = 320= (secondi centesimali)
Eseguendo le letture diametralmente opposte ottenute proiettando un tratto della graduazione sul lembo opposto, si ottiene il valore più significativo, della graduazione pari alla metà del valore precedente, dunque: 160=
La lettura incrementale statica (a cerchio
fermo) fornisce una lettura ‘per
differenza’. Sul cerchio non è presente
alcuna origine fisica, né alcun valore
numerico, ma solo tratti uguali. La lettura
avviene tramite ‘CONTEGGIO’ degli n
tratti che il sistema fotoelettrico rileva
durante la rotazione dell’alidada.
0
0 : unità di graduazione
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LETTURA INCREMENTALE STATICA
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Anche in questo caso, la sola graduazione non garantisce la necessaria
precisione, dunque il sistema deve essere dotato di un dispositivo di
interpolazione per la lettura fine con la quale si possono raggiungere
precisioni dell’ordine secondo.
lettura digitale:
3504 * 0C,016 = 56C,064 0C,016
n=3504
1a pos. 2a pos.
immaginiamo di sviluppare la corona nel tratto compreso tra due posizioni assunte dall’alidada
0
Nella lettura statica il sistema interpolatore è in genere costituito da una seconda graduazione incisa su un piccolo vetrino di cristallo solidale all'alidada (o al cannocchiale per le distanze zenitali) interposto alla graduazione principale del cerchio in prossimità del sensore CCD, in modo tale che la luce, passante per il cerchio e questa seconda scala, produca delle frange di interferenza denominate ‘frange di Moirè’.
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LETTURA AFFINATA: FRANGE DI MOIRÈ
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Si tratta di una successione di segnali luminosi che passano dal nero al bianco attraverso una serie continua di sfumature grigie.
In effetti il segnale ottico viene convertito in forma digitale, quindi viene misurato lo sfasamento dell'onda interferometrica così osservata con una sensibilità pari o migliore di 1/100 del minimo intervallo della graduazione principale 0.
Queste sfumature vengono «lette» a loro volta con altri sensori digitali (CCD) che le ricevono e sono in grado di misurare i livelli di grigio delle frange così prodotte.
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LETTURA INCREMENTALE DINAMICA
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Uno degli errori di cui è affetta la misura incrementale statica è l'errore residuo di graduazione: questo errore è inevitabile, ma, come sappiamo, nei teodoliti ottici, si riduce con il metodo della reiterazione o della ripetizione.
Nel metodo di lettura dinamica è invece possibile tenere in considerazione tutte le suddivisioni di ogni parte del cerchio ad ogni singola lettura angolare. Ciò è permesso dalla rotazione costante impressa al cerchio durante la misura.
Nello strumento Leica Wild T2002, il cerchio (=52 mm) è diviso in1024 intervalli identici trasparenti/opachi, tutti osservati ad ogni misura attraverso una rotazione costante e completa del cerchio, rotazione (a strumento fermo) impressa da piccoli servomotori. Con esso si raggiungono precisione di 2= .
Il segnale luminoso, tradotto dai sensori fotoelettrici in segnale elettrico, non è più un segnale statico ma una vera e propria onda elettromagnetica quadra (perché generata dai due stati digitali) dovuta al fatto che il cerchio ruota continuamente.
Wild T2002
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LETTURA INCREMENTALE DINAMICA
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Durante la rotazione del cerchio il segnale luminoso ad onda quadra, trasformato dai fotodiodi in segnale elettrico, permette ad ogni istante t (la
completa rotazione del cerchio avviene in 338 ms), di misurare lo sfasamento fra i due segnali S e R e mediare tutte le numerosissime misure di sfasamento eseguite in questo breve intervallo di tempo.
Questo segnale, variabile nel tempo e dipendente dalla rotazione del cerchio, proviene da due barriere di fotodiodi opportunamente predisposte, una solidale all'alidada (R) e posizionata sulla parte interna del cerchio (indice di lettura), e la seconda (S) fissa al basamento ed esaminante la parte esterna dello stesso cerchio (origine della graduazione dunque la lettura è di tipo assoluto).
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LETTURA INCREMENTALE DINAMICA
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La misura di questo sfasamento costituisce la misura «fine» dell’angolo (analogamente ai distanziometri ad onde). L’angolo che, dal centro di rotazione è sotteso tra il sensore S solidale al basamento e quello R solidale all'alidada sarà uguale a:
= n 0 +
n è una costante intera che si ricava dal
conteggio del numero di chiaro/scuri osservati dal sensore S o da quello R.
n0 rappresenta la misura «appros-simata» dell’angolo , e la misura «affinata»
Nel caso del Wild T2002 è: 0=400
C/1024 = 0C,390625 , essendo 0 l’unità di graduazione (più piccola parte di graduazione del cerchio).
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LETTURA INCREMENTALE DINAMICA
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Per eliminare l'errore di eccentricità dell’alidada, sia i sensori S che i sensori R sono in realtà coppie di sensori diametralmente opposti.
Una CPU presiede al trattamento statistico (media, scarti, ecc..) delle numerosissime misure che danno poi luogo sia alla lettura orizzontale che a quella zenitale.
La misura ed il calcolo avviene per entrambi i cerchi (CO e CV) in meno di un secondo. È anche possibile predisporre lo strumento per la lettura continua (veloce) che può avvenire a cadenza di 0,1sec o di 0,15sec. Naturalmente in questo caso diminuisce la precisione di lettura (il cerchio esegue solo una rotazione parziale).
Per il cerchio orizzontale S, (come già detto) è posto nella posizione convenzionale dello zero della graduazione (origine), per il cerchio verticale S è in direzione dello zenit mentre R è nella direzione del cannocchiale. Il sistema di lettura, dunque, è un sistema assoluto.
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IL DISTAZIOMETRO EODM
INTEGRATO NELLA STAZIONE TOTALE
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LA TECNICA DELLA MISURA EDM
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La misura elettronica della distanza, [EDM (Electronic Distance Measurement)] basata sull’emissione di onde, impiega la tecnica operativa delle misure indirette (strumento su un estremo e apparato riflettente sull’altro estremo), ma produce direttamente la distanza misurata sul display dello strumento che prende il nome di distanziometro elettronico.
La distanza misurata è quella che intercorre tra strumento ed apparato riflettente, quindi la distanza reale (inclinata), tuttavia i moderni distanziometri elettronici sono in grado di calcolare e di fornire, sia la distanza orizzontale sia il dislivello tra strumento ed apparato riflettente.
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MISURE CON E SENZA PRISMA
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La misura della distanza può essere eseguita con due diverse modalità:
• con prisma riflettente, è la modalità che consente le precisioni migliori e le portate maggiori. Utilizza una radiazione luminosa IR (InfraRosso invisibile), che penetra facilmente nell’atmosfera anche in condizioni di visibilità precarie; • senza prisma riflettente (reflectorless), in cui la misura è possibile anche senza l’accesso ai punti oggetto di misura, in quanto la riflessione avviene direttamente sulla superficie dell’oggetto su cui si trovano gli stessi punti da misurare. La precisione è inferiore e la portata è più limitata rispetto alla modalità con prisma.
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CLASSIFICAZIONE DEGLI APPARATI EDM
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Un geodimetro a modulazione prevede che un fascio continuo di onde luminose portanti, perlopiù di tipo infrarosso generate da un fotodiodo, vengano modulate in ampiezza, ed inviate ad un apparato riflettente passivo (prisma) costituito essenzialmente da una serie di specchi, e da qui rimandate all’apparato emittente.
In relazione alla natura delle onde utilizzate i distanziometri elettronici si differenziano in:
GEODIMETRI: in cui vengono utilizzate onde luminose infrarosse o laser (piccole e medie portate 1-5 Km per impieghi topografici);
TELLUROMETRI: in cui vengono utilizzate onde radio (grandi portate 10-50Km per impieghi geodetici).
A loro volta i geodimetri si distinguono in:
GEODIMETRI A MODULAZIONE: prevedono la misura dello sfasamento tra l'onda emessa e quella ricevuta di ritorno dal prisma riflettore;
GEODIMETRI A IMPULSI: prevedono la misura del tempo trascorso affinché un impulso (molta energia in brevissimo tempo) ritorni all’apparato emittente dopo una riflessione.
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TEORIA DELLE ONDE TRASVERSALI
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Christiaan Huygens: nel 1678, teorizza che la luce è costituita da onde che si propagano nello spazio circostante a una sorgente luminosa
James Clerk Maxwell (1831-1879): l’onda luminosa è un caso particolare di onda elettromagnetica (con frequenze molto alte), dunque ha comportamenti analoghi alle onde radio, ai raggi X, ecc.., ne segue lo stesso modello matematico, e nel vuoto si propaga alla stessa velocità c = 299.792.458 m/sec (~300106m/sec). Le onde elettromagnetiche trasportano energia, non materia
Molti fenomeni naturali possono essere rappresentati con stati oscillatori e vibratori periodici detti ondulatori.
Un’onda si dice trasversale quando l’oscillazione (lo spostamento) si sviluppa in modo ortogonale alla direzione di propagazione
propagazione
oscillazione
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TEORIA DELLE ONDE TRASVERSALI
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Le onde sono un fenomeno la cui descrizione, pertanto, richiede una funzione di due variabili: posizione spaziale x e il tempo t (A=f(x,t)). Lo spostamento
trasversale A, nel caso di onde armoniche, varia secondo una legge sinusoidale che è rappresentata dalla equazione esprimibile con le due seguenti forme:
t x A=A0 sen [2(--- - ---)]= A0 sen T
Il fenomeno ondulatorio può essere descritto sotto due punti di vista:
In un dato istante, lo spostamento trasversale A descrive la forma l’onda. Questo spostamento cambia via via che ci si muove nello spazio da un punto all'altro dell’onda stessa; di conseguenza esso dipende dalla posizione x del punto considerato sulla direzione di propagazione.
Se, invece, si considera su un singolo punto sulla linea di propagazione dell’onda, lo spostamento trasversale A cambia al trascorrere del tempo.
A=A0 sen (t +0)
T = periodo
A0 = ampiezza (spost. massimo)
= lunghezza:
φ= fase:
φ0 = fase iniziale:
= pulsazione:
)(2
x
T
t
0
2x
T
2
f
c
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MODULAZIONE DELLE ONDE
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affinché il raggio luminoso possa disperdere poca energia e ritornare allo strumento, dopo la riflessione, per essere valutato correttamente, occorre che la lunghezza d’onda impiegata sia molto piccola (micrometrica) come la luce infrarossa con =850nm.
tuttavia lunghezza d’onda micrometriche non consentono la misura della distanza per la quale sono invece necessarie lunghezze d’onde dell’ordine del metro (onde metriche)
Queste due contrastanti esigenze sono entrambe recepite ricorrendo alla modulazione
Durante un processo di modulazione si utilizzano 2 tipi di onde chiamate portante (carrier) e modulante (modulating signal); il risultato del processo è l’onda modulata.
1. L’onda portante è un’onda con una frequenza costante che ha caratteristiche più adatte alla trasmissione ( molto corta).
2. L’onda modulante contiene l’informazione da trasportare, ma non possiede le caratteristiche necessarie ( grandi) per essere trasmessa con affidabilità
Queste 2 onde sono mescolate da un dispositivo chiamato modulatore
3. L’onda modulata contiene l’informazione mescolata al segnale portante e possiede le caratteristiche sia per la trasmissione sia per un’affidabile ricezione.
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MODULAZIONE DELLE ONDE
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Esistono tre diversi tipi di modulazione: di ampiezza (AM, Amplitude Modulation), di frequenza (FM, Frequency Modulation), e di fase (PM, Phase Modulation).
Tuttavia, nei distanziometri ad onde utilizzati in topografia viene sempre adottata la modulazione di ampiezza.
d’ora in poi quando parleremo di lunghezza d’onda ci riferiremo a quella (m) dell’onda modulata
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SCHEMA A BLOCCHI DEL GEODIMETRO
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Quarzo piezoelettrico
Fotodiodo (all'arseniuro di Gallio) che emette luce infrarossa con intensità proporzionale alla corrente che lo attraversa
Componente elettronico che può dividere per k (es. k=100) la frequenza del quarzo piezoelettrico. A questa frequenza, detta frequenza secondaria, corrisponde una lunghezza dell'onda modulante k volte più grande di quella fondamentale.
Apparato ricevente, in grado di captare l'onda riflessa da un prisma posto a distanza.
Nei distanziometri a modulazione è un dispositivo in grado di misurare lo sfasamento corrispondente a due diversi valori A1 e A2 di intensità dell'onda, e di risalire alla distanza D. Ha una precisione di 1/100 di radiante, che si traduce in un errore sulla misura della distanza valutabile in 1/1000 di mezza lunghezza d’onda impiegata nella misura: D10
-3/2 = (/2)/1000
Nei distanziometri a impulsi è un oscillatore al quarzo (orologio) in grado di misurare il tempo di percorrenza di un impulso con la precisione di 2-310-8 sec
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I PRISMI RIFLETTORI
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I prismi sono un dispositivo ottico, perlopiù collocato su un’apposita palina telescopica graduata (per rilevarne l’altezza dal suolo), spesso corredata di una mira, da collocare sul secondo estremo della distanza da misurare (sul primo vi è la stazione) utilizzati per riflettere il segnale e rinviarne la maggior parte dell’energia verso la stazione emittente. Le misure di precisione richiedono sempre l’uso del prisma. La struttura geometrica dei prismi può presentare le seguenti soluzioni:
prismi circolari: devono essere allineati (anche se in modo approssimato) con l'asse di collimazione della stazione; prismi omnidirezionali a 360° : riflettono i segnali provenienti da qualsiasi
direzione; riflettori piatti: da fissare su manufatti, per brevi distanze e basse precisioni
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I PRISMI RIFLETTORI CIRCOLARI
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J Un riflettore circolare è realizzato assemblando uno o più prismi di vetro a tre
facce, i cui spigoli sono smussati in modo da adattarli perfettamente alla custodia circolare in plastica, perlopiù con un diametro di circa 60 mm, esistono anche mini prismi, molto pratici da utilizzare, ma con limitate portate. I prismi circolari originali presentano la costante c nulla (c=0)
J Si tratta di una piramide triangolare con la base (che è la parte anteriore rivolta
alla stazione) costituita da un triangolo equilatero, e le tre superfici laterali posteriori costituite da triangoli rettangoli, formanti tra loro angoli retti, che poi vengono argentate sul retro per renderle speculari. Possiamo anche pensare tale prisma come lo spigolo di un cubo sezionato a 45°.
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I PRISMI RIFLETTORI CIRCOLARI
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Il prisma permette, di invertire la direzione di propagazione di un fascio di luce parallelamente alla direzione di incidenza. Il prisma, di solito, è collocato su un’asta telescopica graduata (per rilevarne l’altezza da terra hP), ed è provvisto di uno
scopo che consente una migliore individuazione e collimazione a distanza.
Può essere utilizzato singolarmente, o a gruppi multipli. Il numero di prismi necessario ad assicurare una buona risposta dipende dal tipo di distanziometro e, soprattutto, dalla distanza da misurare. In effetti, maggiore è il numero di prismi, maggiore è la portata dell’apparato distanziometrico.
hP
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I PRISMI PIANI E A 360°
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Per brevi distanze, e per operazioni con precisioni non spinte, il prisma può essere sostituito da riflettori piatti (target tape), talvolta con un lato adesivo per essere fissati a pareti di edifici, realizzati con lamine di materiale catarifrangente di piccolo spessore, analogo al materiale utilizzato da tempo nella segnaletica stradale. I prismi a 360° riflettono i segnali luminosi da qualunque direzione
provengano, e sono stati concepiti per migliorare la produttività nell’ambito delle operazioni di rilievo e di tracciamento con le stazioni totali motorizzate, in particolare se gestite da un solo operatore. Essi hanno sempre una costante diversa da 0 (es. c=4,3cm)
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GEODIMETRI A MODULAZIONE
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TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE
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Siano S e P gli estremi del segmento da misurare. Supponiamo che la sua lunghezza SP sia inferiore alla metà della lunghezza d’onda modulata: D = SP < /2.
In S l’apparato distanziometrico emette un’onda luminosa (modulata) la cui
legge di oscillazione trasversale sinusoidale è fornita dalla espressione:
A = A0 sen =A0 sen(t + 0)
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nello stesso punto S l'onda riflessa da uno specchio posto a una distanza D (minore di /2) ha uno stato di oscillazione pari a:
A2 =A0 sen2 = A0sen[(t + t)+o = A0 sen(t + t +0)
dove t è il tempo impiegato dall'onda a coprire la distanza 2D (da S a P e da P a S).
in un istante t lo stato dell'oscillazione in S è:
A1= A0 sen1 =A0 sen(t + 0)
2 ∆ A2
Si produce, quindi, tra le due onde uno sfasamento =t (misurabile dall’apparato elettronico EDM);
TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE
william meschieri
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A1=A0sen(t +o); A2=A0 sen(t + t +0)
Osservando le entità delle due oscillazioni A1 e A2, e ricordando che:
=2 /T ; t = 2D/v; λ = vT,
è possibile scrivere lo sfasamento come:
Dv
D
Tt 2
222
Dalla misura dello sfasamento si ottiene:
22
D
Il fattore ∆/2 è un numero sempre compreso tra 0 e 1 (infatti 0
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Immaginiamo ora che l’estremo P della distanza, quello sul quale l'onda si
riflette, sia allontanato esattamente di mezza lunghezza d’onda lungo la direttrice SP
Lo sfasamento non cambia in quanto sul percorso da SP e da PS viene ad inserirsi una lunghezza onda completa (/2 tra SP + /2 tra PS)
La stessa osservazione vale se P viene spostato di un numero intero n di mezze lunghezze d'onda. Possiamo, quindi, stabilire l'equazione fondamentale dei distanziometri a modulazione che fornisce la distanza D=SP:
TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE
222
nD
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GEODIMETRI A MODULAZIONE: sintesi
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Il geodimetro è provvisto di un misuratore di fase che, valutando le intensità delle oscillazioni A1 e A2, è in grado di misurare lo sfasamento con un errore di 1/100 di radiante. Con esso la distanza D può essere
determinata con un’incertezza valutabile mediamente sull’ordine del millesimo di mezza lunghezza dell’onda: D 10
-3/2
Volendo una distanza con la precisione del centimetro occorre, dunque, generare un'onda che presenti una lunghezza dell’ordine di =20m (10/1000=0,01m), se invece la precisione deve essere dell’ordine del millimetro, l’onda che deve essere generata deve avere una lunghezza dell’ordine di =2m.
Al contrario di e , nella equazione dei distanziometri ad onde il numero n di mezze lunghezze d'onda è incognito, per questa ragione viene chiamato ambiguità, esso pertanto dovrà venire determinato dal geodimetro con diverse tecniche.
222
nD
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DETERMINAZIONE
DELLA AMBIGUITÀ n (nei geodimetri a modulazione)
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AMBIGUITÀ n PER DECADI
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Con questa tecnica il geodimetro utilizza due (o più) frequenze a cui corrispondono le conseguenti lunghezze d’onda. La prima di queste serve per determinare un valore grossolano della distanza, e la seconda, 10 o 100 volte più piccola, viene usata per effettuare la misura affinata della distanza. Il processo può essere esteso anche ad una terza lunghezza d’onda, 10 volte più piccola della precedente, per affinare ulteriormente la precisione.
ESEMPIO: se la prima frequenza usata ha il valore f1= 149,85 kHz la seconda sarà f2=
14985 kHz =14,985 MHz. A queste frequenze corrisponderanno le seguenti lunghezze :
m200010985,14
103004
6
1
m20
10985,14
103006
6
2
Le misure delle distanze effettuate dal geodimetro con le precedenti lunghezza d’onda, presenteranno le seguenti precisioni:
misura effettuata con lunghezza d’onda 1: D 1000/1000=1m
misura effettuata con lunghezza d’onda 2: D 10/1000=0,01m=1cm
E’ poi necessario che la prima lunghezza d’onda 1 utilizzata dal distanziometro, sia maggiore del doppio della distanza massima che può misurare il distanziometro (portata), dunque: 1/2>D
Nel nostro esempio, essendo 1=2000m, la portata dello strumento sarà di 1000m=1Km.
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AMBIGUITÀ n PER DECADI
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Questa condizione e necessaria affinché la misura della distanza utilizzando la
prima lunghezza d’onda 1 presenti il valore dell’ambiguità n sempre nullo. Dunque, la distanza in prima approssimazione (con 1) si ottiene dalla seguente espressione:
Per una misura più precisa il distanziometro utilizza la frequenza f2 a cui corrisponde la lunghezza d’onda 2 100 volte più piccola di 1 (2=20m), dunque in grado di permettere la misura di D in modo 100 volte più preciso.
Per 2 però si ha 2/2
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AMBIGUITÀ n PER DECADI
35
ESEMPIO: Ipotizziamo che il valore approssimato della distanza ricavato utilizzando 1=2000m sia stato di 773,8m con incertezza valutata in 1m, e che il fattore frazionario misurato dal geodimetro utilizzando 2=20m sia stato:
cmm 1324,422
22
Il valore dell’ambiguità n viene così ricavato
8,773324,42
2
n 7795,76)2/20(
324,48,773
n
Quindi, il geodimetro ricava il valore della distanza utilizzando 2
222
222
nD cmD 1324,774324,4
2
2077
Per avere la distanza con precisione dell’ordine di 1mm, il distanziometro utilizza una terza lunghezza d’onda 3, 10 volte più piccola di 2, (nel nostro esempio 1=2m) a cui corrisponde la precisione del millimetro.
In questo caso la misura non è più istantanea (come avveniva nella misura con 1 e 2 ), ma richiede un tempo che mediamente è di alcuni secondi.
william meschieri
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AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE
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Il distanziometro, utilizza tre frequenze: in una prima fase vengono impiegate due frequenze f1 e f2, molto prossime tra loro, che portano a una stima grossolana del
valore della distanza. Successivamente, con una seconda fase, viene impiegata la terza frequenza f3 di un ordine di grandezza più alto, per determinare con precisione D.
1a FASE
22
11
22LnLnD
I termini L1 e L2 sono e le parti frazionarie dell’equazione
fondamentale:
Dalla precedente si ricava n :
22
111
L
22
222
L
21
12 )(2
LLn
Ipotizziamo di misurare la distanza modulando l'onda infrarossa con due frequenze f1 e f2
a cui corrispondono due lunghezza d’onda 1 e 2 (poniamo 1 > 2) con valori molto prossimi e dell’ordine del Km (es. 1=2000m ; 2=1980m). La scelta di due frequenze
tanto vicine permette senz’altro di considerare il valore dell'ambiguità n IDENTICO per entrambe le misure che si possono ottenere, utilizzando 1 e 2, per la distanza D, che si potrà scrivere attraverso la seguente espressione:
william meschieri
-
AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE
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Il calcolo di n richiede due osservazioni:
1) il valore dell’ambiguità n rimane uguale per le due lunghezze d’onda 1 e 2 fino ad una determinata distanza Dlim,chiamata
distanza limite, oltre la quale l’ambiguità non è più determinabile con certezza:
)(2 21
21lim
D
2) occorre valutare l’affidabilità del valore di n: infatti il risultato
dell’espressione non fornisce un numero intero, e ciò pone un dilemma in merito all’affidabilità del valore di n. Si accetta allora che il valore n ricavato dalla differisca dall’intero di una quantità massima pari a 0,20 (n=0,20)
Calcolato senza incertezza il valore dell’ambiguità n,
possiamo ora determinare il valore grossolano della distanza utilizzando la 1 e (o la 2):
11
2LnD
[ D 1m]
william meschieri
-
AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE
38
Per ottenere la misura della distanza con precisione il distanziometro emette un terza frequenza f3 (molto più grande di f1 e f2), a cui corrisponde una lunghezza d’onda 3 molto più piccola delle precedenti (es. 3=10m).
La distanza D ricavata nella 1a fase contiene errori dell’ordine del metro [(2000/2)/1000=1m], dunque non sufficiente. Pertanto il geodimetro procede con la 2a fase.
Con questa frequenza il distanziometro misura con elevata precisione [es. (10/2)/1000= 0,005m], la parte frazionaria L3 della distanza, mentre la nuova ambiguità n viene ricavata in modo affidabile utilizzando la distanza
misurata nella fase precedente (come nel metodo per decadi), certo in modo grossolano, ma comunque con incertezza ( 1m) inferiore a 3/2:
33
2LnD
22
333
L [ D 0,005m]
2a FASE
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Il concetto di misura nei distanziometri a impulsi, come detto, è lineare: nota la velocità v di propagazione dell’onda luminosa, il tempo ∆t tra andata
e ritorno del segnale verso il prisma è funzione della distanza D secondo la nota legge:
2
tvD
Prevedono la misura di tempi trascorsi tra due brevi impulsi d’onda (da cui la denominazione ‘a impulsi” .
Questa tecnica ha il grosso vantaggio di concentrare una grande quantità di energia in un ristrettissimo intervallo di tempo, permettendo di superare grandi distanze con l’uso del prisma riflettente, o piccole distanze senza l’uso del prisma
Il principio teorico è molto semplice ma, sino a qualche tempo fa, impossibile da attuare per la scarsa precisione (rispetto a quella necessaria) con la quale era possibile misurare, con la necessaria precisione, questi brevissimi intervalli di tempo.
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L’elevata velocità del segnale luminoso rende essenziale l’esatta misurazione del tempo di volo dell’impulso; in effetti, la distanza di 1 mm (precisione richiesta ai geodimetri) viene percorsa in andata e ritorno (2mm) in 6,7 picosecondo (1 picosecondo=10-12sec) .
Dunque, un metodo così semplice nel principio presenta un grosso problema pratico: affinché la distanza D abbia precisione dell’ordine di 10-6 (1 ppm= 1mm per Km), occorre che sia v, ma soprattutto ∆t, vengano misurati con grande precisione. Infatti, nell’ipotesi che v=c sia approssimativamente 300106 m/sec, ∆t dovrebbe possedere una precisione di 10-13sec, ottenibile solo con orologi atomici, non disponibili per strumenti come i geodimetri topografici .
Nei geodimetri a impulsi, esiste un orologio, molto stabile, ma di precisione più limitata a t 310
-8sec governato da un oscillatore a una frequenza f=14,985 MHz pari a = 20m. Tuttavia è possibile, anche se solo in un breve
intervallo, valutare periodi di tempo con precisione maggiori a 10-8sec, grazie ad un metodo di interpolazione di cui accenneremo brevemente in seguito .
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Nel trasmettitore del geodimetro, il fotodiodo, viene attraversato per un tempo ristrettissimo (12 nanosecondi), da una forte corrente di 30 Ampere, ed emette un fascio di luce laser (l’impulso). Dopo un certo intervallo di tempo ∆t al ricevitore arriva il segnale di ritorno: questo intervallo di tempo consente di avere un valore approssimato della distanza D con un errore medio pari a:
L’oscillatore al quarzo del geodimetro, cioè l’orologio, non è perfettamente sincronizzato con i segnali emessi per la misura della distanza. E’ quindi necessario misurare frazioni periodo di oscillazione, in particolare è necessario valutare la frazione di periodo tA compreso tra l’istante di invio
(start) e la prima oscillazione di riferimento successiva a questo evento. Così come è necessario valutare la frazione di periodo tB compreso tra l’istante di
ritorno (stop) e la prima oscillazione di riferimento successiva a questo secondo evento.
rimane allora il problema di «affinare» la misura della distanza.
D (300 106) (310-8)/2 = 4,5m
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I periodi tA e tB sono chiamati tempi residui, e la loro misura permette di ottenere il tempo ∆t, con maggior precisione, esprimendolo nella seguente forma
Il valore di n (numero intero di lunghezze d’onda dell’oscillatore-orologio) è facilmente
ricavabile in quanto misurando ∆t in prima approssimazione, la distanza approssimata è nota con precisione migliore del decametro, dunque sufficiente allo scopo .
∆t = nT + tA tB
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Per misurare con precisione periodi residui di tempo tA e tB si usa un trasduttore tempo-tensione a ‘rampa’ (così detto perchè la tensione V, dipende dal tempo di
carica in modo lineare) basato su un condensatore del quale è noto il tempo necessario per la carica completa, e da un rilevatore di tensione.
Dopo ogni misura di tensione, ed entro un intervallo che deve durare meno di un ciclo di volo dell’impulso, il condensatore viene scaricato.
Questo condensatore viene cioè aperto dal segnale di start (o di stop) e chiuso dalla prima rampa del segnale dell’oscillatore alla ricarica completa. La sua tensione dipende in modo lineare dal tempo di carica, e il trasduttore trasforma la misura di questa tensione nella misura dei tempi residui tA e tB .
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RILIEVO A SCANSIONE
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Con alcuni recenti EODM a impulsi, è possibile rilevare automaticamente un intero oggetto o un’intera zona di terreno, che viene ispezionato eseguendo la misura in corrispondenza dei nodi di una griglia regolare (formata da righe e colonne) configurabile dall’operatore. Si tratta di fatto di una tecnica molto efficace per rilevare rapidamente oggetti che non richiedono grandi precisioni (cave, frane, pendii …), ma prevedono grandi moli di punti non predefiniti. Si tratta, di fatto, delle stessa tecnica (nel principio) utilizzata con i moderni laser scanner che verrà illustrata in seguito.
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PRECISIONE DELLA MISURA
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La precisione di tutti i distanziometri, sia a misura di fase sia a impulsi, dipende da due costanti c0 e c1 fornite dalle case costruttrici che ne ricavano i valori con test di laboratorio e attraverso misure di distanze eseguite secondo norme standardizzate. L’errore medio probabile D commesso nella misura viene stimata con la seguente espressione:
)( 10 DccD
Il termine c0 è un errore costante indipendente dalla distanza, è una lunghezza espressa in mm ed è dovuto a cause intrinseche allo strumento.
Il coefficiente c1 è un numero puro e viene espresso in parti per milione (ppm.), ovvero in unità moltiplicate per 10-6 (millimetri diviso chilometri). Esso rappresenta gli errori proporzionali alla distanza D, dunque quelli dovuti a una errata valutazione della differenza di fase dell’onda o della velocità v di propagazione dell’impulso
c0 c1
EODM a misura di fase 1 ÷ 5 mm 1 ÷ 5 ppm = 1 ÷ 5 mm/km
EODM a impulsi 3 ÷ 10 mm 1 ÷ 5 ppm = 1 ÷ 5 mm/km
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CORREZIONI ATMOSFERICHE
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•La distanza misurata dall’apparato EODM della stazione totale è corretta solo se i valori di temperatura e pressione inseriti in sede di configurazione iniziale della stazione corrispondono alle reali condizioni atmosferiche prevalenti al momento della misura.
• In alcuni stazioni il software di sistema tiene conto delle condizioni atmosferiche inserite con la tastiera e applica automaticamente alla misura grezza effettuata una opportuna correzione in base a formule di carattere sperimentale.
• In altri casi le Case costruttrici riportano, nell’ambito dei manuali degli strumenti, appositi abachi (diagrammi) sui quali, in base a temperatura e pressione (in mancanza della quale può essere utilizzata la quota assoluta s.l.m. della stazione), è possibile ricavare la correzione in ppm (cioè in mm per km) da apportare alla distanza, quindi è necessario inserire questo valore direttamente nella memoria della stazione con la tastiera.
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CONFRONTO TRA GEODIMETRI
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CONFRONTO IN PARALLELO TRA LE CARATTERISTICHE MEDIE DEI DUE TIPI DI DISTANZIOMETRI AD ONDE
GEODIMETRI A MODULAZIONE GEODIMETRI A IMPULSI
Richiedono almeno due frequenze per poter modulare il segnale e misurare la distanza senza ambiguità sul numero di cicli
Un solo impulso (teoricamente) permette di determinare la distanza in modo univoco con precisione centimetrica in un millisecondo
Precisione: dipendente dalla risoluzione del dispositivo di misura della fase e dalla stabilità dell’oscillatore al quarzo che genera le frequenze utilizzate
Precisione: dipendente dalla stabilità del quarzo dell’oscillatore (orologio), in ogni caso la misura è più rapida
Portata media con 1 prisma: 2 Km Portata media con 1 prisma: 5 Km
Misura senza prisma: impossibile
Misura senza prisma: portata fino da 200 a 800m in relazione a colore e natura della superficie collimata
Componente fissa della precisione: tra 3 e 5 mm
Componente fissa della precisione: 5 mm
Componente variabile della precisione per instabilità del quarzo: da 1 a 5 ppm
Componente variabile della precisione per instabilità del quarzo: da 1 a 5 ppm
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TERMINE UNITA’
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