la storia di giona

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1 Giona: un percorso verso gli altri Giona è il protagonista di un piccolo libro, un romanzo didattico del Primo Testamento, di soli quattro capitoli, scritto probabilmente tra il 500 e il 400 a.C. E' paradigma di un itinerario e di un percorso di vita chiamato ad andare sempre oltre. 1 E' il libro di Giona il più breve della Bibbia ebraica dopo quello di Abdia; è una sorta di parabola ricca di provocazioni e sfide rivolta ad una comunità, quella ebraica, che affrontava la situazione di ritorno alla terra dopo il tempo dell'esilio. Era in atto una lenta riorganizzazione della vita in un contesto segnato dal confronto con altri popoli e culture. Il popolo ebraico tendeva a mantenere la propria specificità e peculiarità tra altri popoli, sottolineando la sua separatezza dai pagani al punto che i matrimoni misti erano proibiti. Era una comunità preoccupata di perdere la propria identità sociale, religiosa e cultuale, e proprio per questo tendente a rinchiudersi in una attesa del giudizio di Dio sui pagani. "un libretto, che però è stato definito da qualcuno “la bomba atomica dell‟Antico Testamento… Il libro di Giona è scritto proprio per punzecchiare la comunità post-esilica … Ma il libro di Giona è anche una grande provocazione per noi missionari che lavoriamo in Europa". 2 Il libro è un magnifico racconto, un romanzo posto al cuore della Bibbia che ha il sapore di una fiaba di cui molti sono gli elementi: la descrizione della città di Ninive con le sue enormi dimensioni (Gn 3,3), il re che appare come seduto tutto il giorno sul trono in un ambiente da mille e una notte, l‟ironia sottile con cui si descrive l‟opera di Dio che in una notte fa sorgere una pianta di ricino che fa ombra a Giona, invia in seguito un verme a roderla e poi fa soffiare il vento caldo d‟oriente ad opprimere il profeta fin quasi a fargli perdere i sensi. Ma soprattutto elemento tipico dei miti del mare è il grande pesce dal quale Giona viene ingoiato e da cui viene rigettato dopo tre giorni e tre notti, vivo, sulla spiaggia, dopo aver espresso un grande cantico che attraversa il capitolo 2 del libro. Elementi mitici tratti dai racconti mesopotamici e comuni a grandi narrazioni di altre culture antiche. Il racconto di Giona, punteggiato di momenti di svolta e di elementi di narrazione coinvolgenti ha impressionato letterati e poeti, come Quevedo fino a Thomas Merton. Ne parla Elie Wiesel e Melville lo utilizza nel suo Moby Dick. L‟immagine di Giona appare sin dalle prime espressioni iconografiche cristiane, ad esempio in un Sarcofago del Laterano del III secolo come simbolo della morte e della risurrezione di Cristo; così la sua storia viene ripresa nelle miniature medioevali. Michelangelo lo 1 Cfr. l‟interessante e originale traduzione di Erri De Luca: Erri De Luca. Giona/Ionà, Feltrinelli, Milano 1995 2 A.Zanotelli, Alzati và a Ninive, in http://www.giovaniemissione.it/spiritualita/darteo2.htm.

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Storia e significato dell'episodio biblico di Giona

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  • 1

    Giona: un percorso verso gli altri

    Giona il protagonista di un piccolo libro, un romanzo didattico del Primo Testamento, di soli quattro

    capitoli, scritto probabilmente tra il 500 e il 400 a.C. E' paradigma di un itinerario e di un percorso di

    vita chiamato ad andare sempre oltre.1

    E' il libro di Giona il pi breve della Bibbia ebraica dopo quello di Abdia; una sorta di parabola ricca

    di provocazioni e sfide rivolta ad una comunit, quella ebraica, che affrontava la situazione di ritorno

    alla terra dopo il tempo dell'esilio. Era in atto una lenta riorganizzazione della vita in un contesto

    segnato dal confronto con altri popoli e culture. Il popolo ebraico tendeva a mantenere la propria

    specificit e peculiarit tra altri popoli, sottolineando la sua separatezza dai pagani al punto che i

    matrimoni misti erano proibiti. Era una comunit preoccupata di perdere la propria identit sociale,

    religiosa e cultuale, e proprio per questo tendente a rinchiudersi in una attesa del giudizio di Dio sui

    pagani. "un libretto, che per stato definito da qualcuno la bomba atomica dellAntico Testamento

    Il libro di Giona scritto proprio per punzecchiare la comunit post-esilica Ma il libro di Giona

    anche una grande provocazione per noi missionari che lavoriamo in Europa".2

    Il libro un magnifico racconto, un romanzo posto al cuore della Bibbia che ha il sapore di una fiaba di

    cui molti sono gli elementi: la descrizione della citt di Ninive con le sue enormi dimensioni (Gn 3,3),

    il re che appare come seduto tutto il giorno sul trono in un ambiente da mille e una notte, lironia sottile

    con cui si descrive lopera di Dio che in una notte fa sorgere una pianta di ricino che fa ombra a Giona,

    invia in seguito un verme a roderla e poi fa soffiare il vento caldo doriente ad opprimere il profeta fin

    quasi a fargli perdere i sensi. Ma soprattutto elemento tipico dei miti del mare il grande pesce dal

    quale Giona viene ingoiato e da cui viene rigettato dopo tre giorni e tre notti, vivo, sulla spiaggia, dopo

    aver espresso un grande cantico che attraversa il capitolo 2 del libro. Elementi mitici tratti dai racconti

    mesopotamici e comuni a grandi narrazioni di altre culture antiche.

    Il racconto di Giona, punteggiato di momenti di svolta e di elementi di narrazione coinvolgenti ha

    impressionato letterati e poeti, come Quevedo fino a Thomas Merton. Ne parla Elie Wiesel e Melville

    lo utilizza nel suo Moby Dick. Limmagine di Giona appare sin dalle prime espressioni iconografiche

    cristiane, ad esempio in un Sarcofago del Laterano del III secolo come simbolo della morte e della

    risurrezione di Cristo; cos la sua storia viene ripresa nelle miniature medioevali. Michelangelo lo

    1 Cfr. linteressante e originale traduzione di Erri De Luca: Erri De Luca. Giona/Ion, Feltrinelli, Milano 1995

    2 A.Zanotelli, Alzati v a Ninive, in http://www.giovaniemissione.it/spiritualita/darteo2.htm.

  • 2

    ritrae sulla volta della Cappella Sistina nelle vesti di un giovane che discute e quasi litiga con Dio nella

    ampiezza dei suoi gesti. Correggio riprende la storia sulla cupola di San Giovanni Evangelista a Parma

    e Rubens lo ritrae con i tratti dellanzianit e barbuto in una tela di Nancy. Anche Jan Bruegel dipinge

    una scena del racconto quando Giona rigettato dalla balena sulla spiaggia.

    'Alzati e va' a Ninive la grande citt': con queste parole si apre il libro di Giona.

    La citt di Ninive fu la terza grande citt dellimpero assiro. Sorgeva nei pressi dellodierna citt di

    Mosul in Irak. Assurbanipal aveva reso questa citt centro del suo impero (669-626 a.C.) fu distrutta

    dai medi e babilonesi nel 612 a.C. Nel 1843 Paul Emile Botta, console francese a Mosul, appassionato

    di antichit, intu che sotto alcune colline artificiali nel deserto (tell) dovevano celarsi tracce di antiche

    civilt e intraprese per primo gli scavi che portarono alla straordinaria scoperta della reggia di Sargon

    II, re assiro che conquist Samaria nellVIII secolo a.C., a capo di una civilt assai sviluppata e ricca.

    Tale studio e tale progetto di scavi segnano linizio dellarcheologia nella terra tra i due fiumi, la

    Mesopotamia. La reggia era nei pressi di Ninive, scoperta alcuni anni pi tardi dallarcheologo inglese

    Henry Layard.

    Ninive descritta nel libro di Giona come un ricordo lontano: il testo perci risale probabilmente al

    tempo successivo allesilio, forse verso il 400 a.C. La problematica al centro dellavventura di Giona

    la critica di fondo ad un modo di concepire la salvezza di Dio in senso particolaristico, come riservata

    ad alcuni, in senso esclusivo, nellinimicizia verso i lontani e i pagani. Per contro lannuncio di fondo

    la cura e la misericordia di Dio che raggiunge in diverso modo tutti, non solo Israele ma anche i pagani

    e a tutti chiede conversione.

    Giona profeta che pretende di piegare Dio alle sue vedute: non segue la chiamata a partire secondo le

    indicazioni di Dio e ad andare verso la grande citt, piuttosto si dirige decisamente verso la direzione

    opposta. Tutto il racconto non parla tanto della conversione di Ninive, ma della conversione a cui Dio

    intende condurre Giona. Mentre egli chiuso nella sua concezione di una salvezza riservata solo ad

    Israele e indisponibile agli altri popoli, i marinai della nave prima, gli abitanti di Ninive poi, si aprono

    ad unazione di Dio che li raggiunge in modi nuovi e inediti. Giona rappresenta luomo chiuso in una

    religiosit orgogliosa, esclusiva ed escludente, che pretende di possedere il progetto di Dio sulla storia.

    Giona il tipo dell'uomo chiuso in una identit che non deve essere intaccata, restio a muoversi, a

    partire, ad aprirsi a nuovi orizzonti, l'antitesi di Abramo.

  • 3

    Il libretto costituisce quasi un commento alla pagina di Geremia in cui si parla dellagire di Dio

    paragonato allopera di un vasaio nel suo cambiare orientamento verso un popolo che si converte dalla

    sua condotta malvagia: Forse non potrei agire con voi, casa dIsraele, come questo vasaio? Oracolo

    del Signore. Ecco, come largilla nelle mani del vasaio, cos voi siete nelle mie mani, casa di Israele.

    Talvolta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido di sradicare, di abbattere e di distruggere;

    ma se questo popolo, contro il quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagit, io mi pento del

    male che avevo pensato di fargli (Ger 18,6-8)

    Con ironia nel libro di Giona si parla della penitenza del re di Ninive che alla predicazione di Giona

    risponde con il cambiamento e il digiuno, e con lui tutta la citt. Mentre, per contro il re Ioiakim di

    Giuda, aveva gettato nel fuoco il rotolo scritto da Baruc con le parole del profeta Geremia che

    richiamavano al digiuno e ad abbandonare la condotta malvagia (Ger 36,23-25).

    Giona indispettito e dispiaciuto perch Dio si manifesta a lui come un Dio misericordioso e

    clemente, longanime e di grande amore, che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato (Gn 4,2).

    Anzich accogliere un tale volto di Dio - che scardina ogni pretesa di esclusivit e di separazione

    dallaltro come nemico Giona chiede Signore toglimi la vita, perch meglio per me morire che

    vivere.

    La scenetta finale del racconto presenta un Dio con i tratti del paziente educatore che non rinuncia a

    voler recuperare anche Giona ad un nuovo modo di intendere la sua vita religiosa: Ti sembra giusto

    essere sdegnato cos? Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e

    che tu non hai fatto spuntare, che in una notte cresciuta e in una notte perita; e io non dovrei aver

    piet di Ninive, quella grande citt, nella quale sono pi di centoventimila persone, che non sanno

    distinguere tra la mano destra e la sinistra, e una grande quantit di animali (Gn 4,10-11)

    Dio si prende cura dei vicini e dei lontani ci dice questo libro - non vuole la morte del peccatore ma

    che si converta e viva, e la sua grande fatica condurre anche il religioso e fondamentalista Giona - il

    profeta renitente - ad aprirsi ad un incontro nuovo con Dio che immediatamente implica un modo

    diverso di guardare gli altri, i lontani.

    E contrapposta con sottile humour la rigidezza di una religione che esclude, separa e diventa strumento

    dellinimicizia, ad un cammino esteriore per Giona anche un viaggio - ed interiore di scoperta della

    presenza di Dio oltre ogni limite e confine che si potrebbe imporre al suo agire.

  • 4

    Il testo ci dice qualcosa di pi profondo: lautentico incontro con Dio, talvolta nascosto e inespresso,

    attenzione e cura a persone, animali e cose con lo sguardo di chi cerca la pace.

    Grande protagonista di questo testo il Signore: Fu rivolta a Giona questa parola del Signore....

    Yahweh, viene usato ben 25 volte; Dio 13 volte; la parola Signore Dio una volta. Ci sono 39

    riferimenti alla divinit nei 44 versetti che compongono il libro. La presenza di Dio, il suo volto, stanno

    al cuore di questo testo.

    Per Paul Murray autore di un vivace e profondo commento al libro di Giona, questo testo "il pi

    profondamente cristiano di tutti i libri della Bibbia ebraica, ed il libro dal quale abbiamo pi da

    imparare all'inizio di questo nuovo millennio".3

    Murray parte da alcune considerazioni che Gerolamo present nel suo prologo al commento del libro di

    Giona nel IV secolo (In Ionam prophetam): "Con le loro molte questioni i commentatori non hanno

    chiarito, piuttosto hanno reso pi oscuro il significato. Le loro stesse interpretazioni hanno bisogno di

    essere interpretate e il lettore lasciato in uno stato di incertezza maggiore di quando aveva iniziato".

    Analogamente Martin Lutero nel suo commento a Giona rimproverava ai commentatori di aver

    complicato il testo con intricate e astruse questioni, mentre il testo stesso chiaro e facile da

    comprendere.4 Cos Murray ritiene invece che alcuni dei migliori commentari sul libro di Giona non

    provengano dai risultati di ricerche scientifiche degli esegeti, ma dalle poesie e dai dipinti, dalle

    sculture, dalle vetrate, dalle storie e giochi per bambini. Questo genere di 'letture' in cui un'opera d'arte

    risponde ad un altra, e si pone in relazione dal di dentro del processo creativo, sono spesso, di una

    profondit di penetrazione che supera quella proveniente dall'esterno, da una lettura di tipo critico o

    accademico.5

    Si pu quindi accostarsi a leggere il libro di Giona cogliendo in esso le varie fasi del cammino di

    questo profeta che pronuncia ben poche parole e la cui vicenda un simbolo: un primo momento il

    farsi incontro della Parola. Un secondo momento l'esperienza dell'abisso e del grande pesce. Un terzo

    momento il dialogo presso la pianta di ricino, l'apertura ad un nuovo modo di intendere il volto di Dio

    e la sua stessa vita.

    3 P.Murray, A Journey with Jonah. The Spirituality of Bewilderment, Dublin, The Columba Press 2002, 10. (Tr. it. In viaggio con Giona. La spiritualit dello sconcerto, Cinisello B. ed. san Paolo 2006). 4 M. Lutero, Lectura in Ionam. Textus latinus 1525.

    5 Cfr. P.Murray, A Journey, cit. 13.

  • 5

    Il viaggio verso Tarsis: la sfida dell'ascolto della Parola

    L'invito con cui il libro si apre indicazione di un cammino in cui la Parola del Signore spinge il

    profeta: Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: Alzati e va' a Ninive la grande

    citt e in essa proclama che la loro malizia salita fino a me. Giona per si mise in cammino per

    fuggire a Tarsis, lontano dal Signore."

    Giona l'uomo di ogni tempo che si trova ad essere interpellato ad entrare in rapporto con la grande

    citt, la citt dove presente la malizia. Le parole che introducono alla vicenda di Giona sono un invito

    ad andare oltre: presentato l'orizzonte di un viaggio a cui il profeta chiamato verso Ninive. Si apre

    un orizzonte che sta oltre il suo particolarismo, la pacifica situazione della propria stabilit: chiamato

    dalla Parola che lo raggiunge ad aprirsi all'incognita della grande citt, per affrontare un invio,

    l'incontro e lo scontro con la malizia e la perversione della grande citt.

    E' chiamato ad andare a Ninive, ma si dirige verso Tarsis; il suo nome ne denota la missione: il figlio

    della fedelt di Dio, perch questo significa il nome del padre, Amittai. Eppure Giona insicuro ed

    incerto. Anzich ascoltare la parola che lo chiama e vivere la missione Giona fugge. Il termine ebraico

    utilizzato (jrd) indica che si tratta di una fuga verso il basso, gi al porto pi vicino. Gi ancora dal

    porto verso la prima nave: Giona fugge da Dio e dal compito che Lui gli ha assegnato. E s'imbarca

    verso Tarsis, citt portuale sulla costa al sud della Spagna. E ancora nella nave scender nell'angolo pi

    riposto: quasi un nascondersi a Dio che lo chiama, agli altri e a se stesso.

    Giona si dimostra uomo dalla forte volont: reagisce prontamente a questo invito e si mette in

    cammino, dice il testo, ma dirigendosi verso la parte opposta e 'lontano dal Signore'. C' la possibilit

    di un andare oltre nel senso dell'ascolto e dell'obbedienza alla parola, ma c' anche un andare oltre in

    diversa direzione. Il suo non un cammino ma una fuga, un tentativo di andare lontano da quella

    parola, chiamata del Signore che aveva segnato la sua vita. Mandato alla grande citt fugge lontano,

    gi. Ma perch - ci si pu chiedere - fugge dalla grande citt?

    Ninive la grande citt, capitale di un potente regno, simbolo per eccellenza non solo di una citt

    pagana ma di un luogo di potere che si contrappone a Dio. La sua malizia arriva fino al cielo. Il profeta

    Nahum (Na 1,1; 2,9; 3,7) e il profeta Sofonia (vedi Sof 2,13) avevano annunziato il castigo di Ninive.

    E' chiamato ad annunziare la salvezza per missione di Dio indicando le condizioni del pentimento e

    della conversione: da Amos in poi, questa era stata l'insistenza dei profeti.

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    Il motivo di quest'annuncio sta nell'amore e misericordia di Dio (cfr. 4,2.11). Ma proprio in questo sta

    la novit del messaggio di Giona, nei confronti dei suoi antecessori, compreso Geremia, che cio i

    popoli pagani sono posti sullo stesso piano d'Israele nei confronti del disegno divino della salvezza.

    Ninive, capitale dell'impero degli assiri, non solo una citt "pagana", lontana dalla salvezza, ma per

    Israele era il simbolo dell'oppressore. Figura del mondo pagano e tipo della citt degli oppressori di

    tutti i tempi. A loro, agli oppressori, Giona inviato, per richiamarli alla conversione.

    Lesercito assiro nell'antichit si distingueva per la sua efferatezza. Ninive diviene cos simbolo

    delloppressione e della crudelt, come anche della violenza. Il profeta Naum cos si scaglia contro la

    citt:"Guai alla citt sanguinaria,piena di menzogne,colma di rapine...Chiunque sentir tue notizie

    batter le mani. Perch su chi non si riversata senza tregua la tua crudelt?"(Naum 3,1.19b).

    Ninive era percepita dal popolo ebraico come la citt centro del terrore, il nemico per antonomasia.

    L'avanzata militare degli assiri aveva raggiunto la Palestina nel VIII secolo a.C.. Essi avevano

    conquistato e distrutto Samaria, capitale del Regno del Nord, nel 722 a.C. segnando cos la fine del

    regno. La loro politica di invasione ed il loro dominio erano noti. La richiesta a Giona di andare a

    predicare il perdono alla grande citt di Ninive ha in s un carattere di richiesta sconvolgente e

    scandalosa.

    Giona nell'ascoltare la chiamata di Dio che lo spinge ad andare a Ninive percepisce allora la durezza di

    questo invito: Dio lo invia presso gli oppressori! L'espressione usata da Ges nel vangelo di

    Matteo:"Dio che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e manda la pioggia sui giusti e sugli ingiusti"

    (Mt 5,45) aiuta a comprendere lo sconcerto di Giona che lo spinse ad andare gi al porto di Giaffa.

    Mandato non solo verso i pagani, ma proprio dagli oppressori, Giona fugge in direzione opposta alla

    grande citt. Il libro ci parla quindi di una triplice discesa di Giona: scende al porto, scende nella nave e

    scende nel luogo pi riposto della nave.

    Giona non un 'non credente', nemmeno un uomo che rifiuta Dio; appartiene al popolo eletto, e nel

    corso del libro la sua esperienza di uomo di fede, pur nella contraddizione, si configura con le

    caratteristiche della consapevolezza e della coerenza: egli conosce il Dio in cui crede, e, nonostante le

    titubanze, egli confessa la sua fede.

    Il suo nome significa 'colomba'. Questo termine era stato usato da Osea per indicare Israele: in Osea

    7,11, Efraim indicato come colomba "ingenua, priva di intelligenza". Giona quindi riferimento ad

    Israele in quanto nutre la paura e il rifiuto della salvezza dei pagani e si oppone in un attitudine di

  • 7

    orgoglio perch non venga meno il proprio privilegio. Si tratta dell'attitudine religiosa di tipo

    esclusivista, e del pensiero che pretende di gi possedere la verit di Dio. Giona in tal senso anche un

    uomo che vive nella paura e nella chiusura, nella paura che la sua obbedienza alla parola che lo chiama

    lo conduca ad avere successo. In tal caso la conversione della grande citt sarebbe uno scacco alle sue

    attese religiose. Tra le righe l'autore fa cogliere la paura di chi credente e sa che Dio avr alla fine uno

    sguardo di misericordia e non di condanna su Ninive. Ma il suo atteggiamento anche quello di chi

    nutre invidia e non si apre ad accogliere la possibilit che gli altri possano cambiare. Somiglia per molti

    aspetti al fratello maggiore della parabola di Ges sui due fratelli (Lc 15). Il fratello maggiore chiuso

    nella sua pretesa di esclusivit e desidera il male dell'altro. Anche Giona, vive tale resistenza di Israele

    contro lingresso dei pagani nella promessa "senza lopera della legge".6

    Giona scende e cerca di sottrarsi alla presenza di Dio che ha investito la sua vita. Il salmo 139 esprime

    in forma poetica il sentimento di Giona: Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua

    presenza? Se salgo in cielo, l tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Giona cerca di fuggire ma non si

    pu allontanare da Dio, non pu fuggire al compito che gli dato.

    La domanda che si pone a tutti i credenti e non solo a Giona e di cui questo testo pone in risalto :

    stiamo veramente ascoltando la voce di Dio che ci chiama ad andare e predicare oppure viviamo

    rinchiusi in una grande bolla fatta di sicurezze e di comodit? Siamo disponibili ad oltrepassare i

    confini di modi di pensare e di vivere che impediscono di partire? Siamo aperti a percorsi che

    conducano all'incontro agli altri, e a viaggi interiori affrontando nuove sfide e interrogativi del nostro

    tempo?

    In questa situazione di fuga la nave su cui Giona 'sceso' deve affrontare una tempesta che cos forte

    da mettere a repentaglio la stessa vita dei marinai e di chi sta a bordo.

    "La situazione descritta in questo primo capitolo incredibile. Giona, israelita, rappresentante del

    popolo di Dio, sprofonda sempre pi in basso. La religiosit di Giona tutta di superficie, perch se

    in grado di parlare di Dio, a differenza dei marinai non parla a Dio. Ciancia di teologia, ma non prega.

    Sa fare osservazioni teologiche, ma non obbedisce. In fondo un uomo che fugge dalla propria

    esperienza religiosa, mentre i marinai, pagani, pregano, passano allazione.Secondo una tradizione

    ebraica, lequipaggio della nave che trasportava Giona era costituito dai rappresentanti di tutte le

    6 Cfr. J.Ratzinger, Lectio divina a Santa Maria in Traspontina, 24 gennaio 2003. http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=362.

  • 8

    settanta nazioni del mondo. Il miscuglio della ciurma corrisponde al crogiolo di razze che si poteva

    trovare nella citt di Ninive".7

    Il racconto dice che si scaricano molte cose, si buttano (ebr.: twl). Dio 'scarica' la tempesta sul mare, e i

    marinai scaricano senza esito il carico gi dalle nave; solamente quando Giona confessa di essere lui il

    colpevole e chiede di 'scaricare' lui in mare, il mare si placa.

    Il testo dice che i marinai pregarono ciascuno il proprio Dio (1,5), ma anche questo non sufficiente.

    Mentre i marinai pregano il profeta sceso gi, nel luogo pi riposto a dormire.

    P.Murray accenna a tutte le interpretazioni che vedono in questo sonno di Giona una sorta di ritorno al

    grembo materno: non solo una descrizione di una situazione religiosa ma una presentazione della

    condizione umana, del sogno di ritorno nel protettivo ambito del grembo materno. La tendenza

    individualistica di Giona pu essere cos indicata come sindrome del grande pesce.

    "C' oggi un nuovo fascino fra i nostri contemporanei delle cose dello spirito. Purtroppo tale interesse

    non si traduce in capacit di ascoltare la voce vivente di Dio, o di arrendersi con fede e speranza e

    amore alla bellezza trascendente e alla spinta della divina rivelazione. Al contrario c' una tendenza a

    vivere la propria spiritualit nella bolla del s, e praticare ci che Martin Buber ha chiamato in una

    espressione memorabile, la 'religione della pura immanenza psichica.8

    Giona provocato dalla tempesta scopre che la tempesta non solo fuori di lui ma dentro di s. In un

    carme latino attribuito erroneamente a Tertulliano, il Carmen de Iona et Ninive, Giona dice: Ego

    tempestas, ego tota insania mundi. Egli riconosce: "E' in me che il mare si alza e l'aria superiore scende

    gi. La terra in me lontana e nulla la speranza in Dio". La grande tempesta, ci suggerisce questa

    interpretazione, non tanto quella esteriore che sta manifestandosi all'esterno, piuttosto la tempesta

    interiore che nel cuore di Giona si compie quando svegliato dal suo sonno.

    Il dormire di Giona nel luogo pi riposto della nave ad un lettore del vangelo suggerisce

    immediatamente l'accostamento ad un episodio del vangelo, in cui durante la tempesta, mentre gli

    apostoli vivono la paura e temono di morire, il vangelo di Marco dice che Ges dormiva: come Giona,

    mentre all'esterno si scatena la forza del mare, simbolo della forza del male oscura e non arginabile

    dall'uomo, Ges dorme all'interno della barca. Giona viene gettato in mare nel profondo perch il mare

    si plachi. Ges nel vangelo di Marco dice una parola di potenza che fa tacere il mare.

    7 A.Zanotelli, Alzati, cit.

    8 P.Murray, A Journey, cit., 22-23.

  • 9

    E' sorprendente come Giona professi la sua fede con limpidezza nel momento della prova: non solo, ma

    egli conscio della sua situazione del suo tentare la fuga, sa di essere la causa della tempesta che

    colpisce la nave sulla quale si imbarcato per fuggire lontano dal Signore: "'Spiegaci dunque per causa

    di chi abbiamo questa sciagura. Qual il tuo mestiere? da dove vieni? Qual il tuo paese? A quale

    popolo appartieni?'. Egli rispose: 'Sono ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare

    e la terra'. (...) 'Prendetemi e gettatemi in mare e si calmer il mare che ora contro di voi, perch io so

    che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia'." (1,8-9.12)

    Compare qui un primo paradosso di questo racconto. L'autore con humour pone in luce un contrasto fra

    Giona ed i pagani: Giona cerca di fuggire lontano da Dio, i pagani invece cercano il cammino verso

    Dio. Giona raffigurato mentre dorme; i marinai per contro mettono in campo tutte le loro forze per

    salvare se stessi e la nave: sono presentati mentre pregano. Giona il profeta, non si sente per nulla

    portato alla preghiera. Giona cerca la morte (come ultima discesa), i marinai la vita. Possiamo cos

    cogliere un accostamento con questa vice del profeta Isaia in cui Dio afferma di essere cercato dai

    pagani: Io sono stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli

    che prima non mi cercavano. (Isaia 65,1).

    Alla domanda Chi il tuo Dio? Giona risponde: Il Dio del cielo che ha creato il mare e lasciutto:

    Dio colui che ordina alle onde e crea il terreno asciutto sotto i piedi. Il Dio che Giona presenta il

    Dio della creazione ma anche il Dio dell'Esodo che apre una strada sotto i piedi da percorrere.

    La prima parte del libro di Giona segnata dalle tre esperienze: la chiamata, la fuga, il naufragio. Di

    fronte alla chiamata di un Dio che rivolge la sua parola, cos come ad Abramo, comunicando non solo

    un invito, ma dando se stesso in quella sua parola suscitatrice di vita e di azione, Giona fugge: la fuga

    dalla grande citt, la citt della malizia e della perversione, la grande citt pagana, con insistenza

    presentata come un movimento lontano dal Signore (1,3.12).

    Soffermandoci su questi primi due capitoli del libro di Giona ci possiamo domandare: qual l'identit

    profonda di Giona? Il suo profilo presenta la complessit e l'intrico interiore di ogni vita umana. Giona

    un uomo toccato dalla Parola di Dio, ma un credente che vive in una condizione di isolamento.

    Dapprima fugge e poi dorme, indifferente e disinteressato mentre la nave sulla quale altri stanno

    vivendo la lotta contro il naufragio sta per soccombere alla forza del mare: uomo religioso, teme il

    Signore, ma nel contempo cerca di non esser inquietato nella sua tranquilla indifferenza agli altri. E

  • 10

    forse il paradigma del credente nell'et dell'individualismo, tipo di quell'ottusit di una fede che non si

    lascia inquietare. Pensa di poter vivere la chiamata di Dio senza prendersi cura e seguire una voce che

    lo spinge ad uscire, ad andare.

    D'altra parte Giona anche un uomo che si lascia toccare dalle provocazioni - sono le chiamate di un

    Dio che gli parla attraverso gli altri -. Ad esse reagisce in modi contraddittori: Cosa fai, dormi?

    Alzati (1,6). C' una molteplicit di risposte di Giona agli inviti ad alzarsi. E' la sua la figura

    dell'uomo contraddittorio, che mescola alla fuga l'onest, al tentativo di evitare fastidi la sincerit di

    riconoscere la sua identit, la sua situazione. E, paradossalmente, Giona, il profeta in fuga, si fa

    annunciatore, tra marinai pagani, del Dio in cui crede.

    Sul crinale della morte: la lezione del grande pesce

    La seconda parte del libro di Giona centrata sulla sua esperienza di vulnerabilit, di precariet. Giona

    vive la paura della morte, l'angoscia dell'uomo senza vie d'uscita. E' questo il sentimento che vive

    quando, gettato in mare, viene inghiottito da un grosso pesce. Colui che muove le vicende varie degli

    eventi naturali e umani visto dall'autore del libro come il Dio che all'opera nel provvidenziale

    svolgimento degli eventi umani ed appassionato ai soggetti in essi coinvolti: il Signore dispose che un

    grosso pesce inghiottisse Giona: Giona rest nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del

    pesce Giona preg il Signore suo Dio e disse...

    Nel ventre del grosso pesce Giona prega. La preghiera che sgorga dalla sua bocca un salmo di

    invocazione dal profondo abisso in cui egli si trova: la scoperta che per andare oltre la sua situazione

    di sofferenza e di oppressione solo il ricordo del Signore Dio rende possibile il suo ritorno alla vita. La

    presenza liberante e vicina del Dio fedele lo hanno fatto risalire dalla fossa.

    Questa seconda parte del libro ha per messaggio fondamentale la salvezza sperimentata da Giona, non

    per sentito dire, ma come esperienza coinvolgente la totalit della sua esistenza: nella mia angoscia ho

    invocato il Signore ed egli mi ha esaudito... la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre.

    Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita... (2,3.7)

    Giona nei tre giorni e tre notti scopre la potenza di vita e di liberazione che viene dal Dio che fa risalire

    dalla fossa, sperimenta il senso pi profondo della preghiera, come memoria della fedelt del Signore, e

    sacrificio di lode: immerso nel mare, luogo delle capricciose forze del male e della morte, e ingoiato

    nelle viscere del grosso pesce, mostro vorace simbolo del regno della morte, Giona scopre la vicinanza

    di Dio, la sua liberazione come una resurrezione e si scopre salvato.

  • 11

    Sta qui forse il nucleo profondo di questo passaggio del libro: Giona, da credente sicuro della sua fede,

    e certo del volto del Dio in cui crede, eppure infedele e in fuga di fronte alle chiamata inattesa e

    imprevedibile di Dio nella sua vita, si scopre gratuitamente toccato dalla vicinanza di Dio che salva e

    che dona a lui gratuitamente la salvezza come possibilit di vita.

    Giona un uomo che nella prova scopre il ricordo del Signore e in questo ricordo sperimenta la

    conversione ad un Dio che comunica in modo vivente: a differenza dei naviganti che lo gettano a mare

    in un atto di esorcismo per placare la divinit da temere nella sua ira, Giona scopre, nel volto di Dio che

    egli in parte conosceva o pretendeva di sapere (Io so...), aspetti profondissimi e nuovi: un Dio che lo

    libera dalla morte, un Dio che lo salva nonostante la sua fuga e il suo non prendersi cura della grande

    citt....

    Proprio nel momento dello sconcerto, del fallimento che viene percepito come uno stare sulla soglia

    della morte, Giona scopre la forza della grazia di Dio che fa breccia nel suo cuore e lo apre allo stupore

    della salvezza da accogliere come dono. Per questo Giona costituisce l'esempio di una 'spiritualit dello

    sconcerto'.9 E' testimone del paradosso a cui conduce il vivere un rapporto con Dio. Nella discesa nel

    ventre del pesce si possono cogliere i caratteri di una discesa nella morte: come non pensare all'imma-

    gine teologica della discesa di Cristo agli inferi? Nella sua morte Cristo si fa solidale con tutti coloro

    che stanno nell'abisso della morte, raffigurato in icone e affreschi come una prigione in una caverna,

    Essi attendono liberazione ed egli scende per liberare tutti coloro che erano tenuti incatenati.

    Giona in questo momento della sua vicenda scopre il dono della vita e un senso della vita che solo

    dall'incontro con il Dio liberatore pu venire; egli sar il segno indicato da Ges, segno della morte e

    della resurrezione (cfr. Mt 12,38-42). Ma egli deve ancora divenire segno di qualcos'altro. La paziente

    pedagogia del Signore della storia e del creato, del Dio che chiama ed vicino, condurr Giona (ed la

    vicenda dei capitoli 3 e 4 del libro) ad andare ancora oltre, a vivere un cambiamento di mentalit e di

    stile di vita (cfr. Lc 11,29-32) una conversione al volto di Dio che richiede una conversione alla

    solidariet con la grande citt e con i suoi abitanti, il farsi carico di chi, altro e straniero pu fare

    esperienza di essere salvato, cos come Giona stato salvato: Giona non rimane nel ventre del pesce ma

    dovr giungere alla grande citt.10

    E' questa una parte ricca di ironia in cui il primo soggetto Dio stesso: Dio si serve del grosso pesce

    che vomita Giona, per riportare il profeta riluttante, profeta suo malgrado, al punto di partenza. Dio

    9 P.Murray, A Journey, cit. 43. 10

    L.Alonso Schkel - J.L.Sicre Diaz, I profeti, tr.it. Roma, Borla, 1989, pp.1145-1174

  • 12

    presentato non solo come il Signore del creato, ma anche signore della storia che riconduce Giona - che

    tenta di scappare - nella direzione verso cui lo sta chiamando.

    Nella grande citt, la scoperta della compassione senza limiti

    Giona vive questa fase nella terra arida dove il pesce lo ha vomitato. E ancora gli si fa incontro la

    Parola di Dio. La Parola di Dio lo raggiunge ancora. Fu rivolta a Giona una seconda volta questa

    parola del Signore: Alzati, va' a Ninive la grande citt e annunzia loro quanto ti dir (Gn 3,1): questa

    parte potrebbe essere intitolata Giona e la grande citt.

    Giona si reca a Ninive, la grande citt e predica la minaccia della distruzione se non si compir una

    conversione dei suoi abitanti. Il testo presenta, di fronte a questa predicazione di Giona, il movimento

    di ritorno che coinvolge tutta la grande citt, dal re, agli uomini, agli animali: il re abbandona i segni

    del suo potere e si mise a sedere sulla cenere, un editto viene emanato in cui si impone un digiuno

    accompagnato da atteggiamenti di penitenza e di invocazione a Dio: ...ognuno si converta dalla sua

    condotta malvagia e dalla violenza che nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca,

    deponga il suo ardente sdegno, s che noi non moriamo (3,8-9).

    Si attua cos un primo movimento di conversione, quello del re e dei niniviti, che diviene movimento

    storico e cosmico, vi sono coinvolti anche gli animali, conversione esemplare che sar ricordata da

    Ges nella sua predicazione (Mt 12,41; Lc 11,32).

    La conversione dei niniviti si connota come un cambiamento di comportamento, espresso nel distacco

    dalla condotta malvagia e dalla violenza, inserito in un contesto di nuovo rapporto con Dio: si invochi

    Dio con tutte le forze l'invito che riprende la grande espressione dello Shem Israel: Tu amerai il

    Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze (Dt 6,5). Il ritornare dei niniviti

    comprensione che questo rapporto con Dio possibilit di vita e di significato per la vita stessa: Chi

    sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno s che noi non moriamo.

    Sorprende la disponibilit radicale di questa accoglienza della predicazione, delle parole di Giona da

    parte del re di Ninive; cos come sorprende la comprensione della conversione come cambiamento di

    vita che pone la stessa vita nella relazione fondante con il Dio della vita, nucleo della fede stessa

    d'Israele.

    I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno Dio vide le loro opere, che si erano

    cio convertiti dalla loro condotta malvagia.

  • 13

    Questo quadretto della conversione di Ninive strutturato, con sapiente ironia, come la raffigurazione

    che contrasta ad un'altra predicazione rivolta ad un re, il re d'Israele Ioiachim, nel 605, descritta nel cap.

    36 del libro di Geremia: in quella circostanza Geremia aveva fatto scrivere al suo segretario Baruc su di

    un rotolo le parole che aveva ricevuto da Dio: Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male

    che mi propongo di fare loro, abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa e allora perdoner la

    loro iniquit e i loro peccati. (Ger 36,3) In un giorno di digiuno quel rotolo venne letto e ascoltato ma i

    capi del popolo lo trafugarono a Baruc, lo lessero davanti al re e la reazione del re fu un deciso rifiuto.

    Fece infatti distruggere quel rotolo e tutte le parole in esso contenute.

    La conversione di Ninive pone in risalto che le minacce di Dio sono espressione di un'esigenza di

    amore, di incontro, sono attesa di poter esprimere la sua misericordia in una relazione rinnovata con

    Lui, che coinvolga cuore, anima, forze, tutta la vita.

    A differenza della durezza dei capi di Israele, Ninive, la grande citt, la citt pagana e lontana, intende

    la predicazione di Giona e vive un'ascolto che si apre ad una comprensione profonda che

    quell'annuncio per avere la vita e per avere la vita nell'incontro con Dio.

    Compare a questo punto un secondo movimento di conversione: in conformit alle attese di chi aveva

    ascoltato, Dio vide le loro opere, che cio si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si

    impietos riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece (3,10).

    Dio si impietos: il termine ebraico che utilizzato indica le viscere di una donna (rhm) ed esprime

    cos la profondit dell'amore di Dio che com-patisce, si prende cura e cambia i suoi disegni di minaccia

    mostrando il suo volto di amore accogliente e senza limiti.

    Anche Dio si 'converte': questo passaggio del libro di Giona appare come un commento all'espressione

    Convertitevi a me... e io mi rivolger a voi (Zac 1,3), Ritornate a me e io torner a voi (Mal 3,7): il

    ritornare della conversione dell'uomo sempre preceduto da un chinarsi di Dio che sempre precede e

    ripropone l'alleanza e la vita, ed in questo stesso movimento di ritorno si schiude l'esperienza del

    ritornare di Dio, del convertirsi di Dio che cerca di poter esprimere la sua misericordia e il suo perdono:

    la vicenda di Ninive e questo convertirsi di Dio verso la grande citt non ricorda forse quel 'cambiare

    idea' di Dio nel drammatico dialogo con Abramo davanti alla citt di Sodoma? L era stata la

    dolcissima insistenza di Abramo a far mutare il giudizio di Dio quasi come un mercanteggiare alle

    porte della citt. L'insistente e ripetuta richiesta a Dio di avere piet se in quella citt si trovassero

    anche un piccolo pugno di giusti conduce a far intravedere il ruolo del piccolo resto che pu salvare la

  • 14

    citt in virt della sua fedelt, ma anche a far scorgere il volto di un Dio che si lascia cambiare dalla

    supplica del suo servo (Gen 18,16-33).

    Ninive, alla predicazione di Giona, si converte. Si attua cos un venir meno dellimmagine del nemico:

    Ninive per Giona sin dal primo momento della sua chiamata costituisce il paradigma del nemico. Il

    venir meno di questo crea un vuoto che Giona non sa colmare. Non solo, ma egli vive esistenzialmente

    un altro tipo di vuoto: si tratta della frustrazione per il venir meno dello scopo della sua predicazione

    intesa come minaccia. Si attendeva altro dal suo lavoro: gli esiti lo rendono spaesato e senza pi scopo.

    E tutto questo lo fa ripiegare su di s.

    Giona indispettito di fronte a quanto sta accadendo. Ma proprio quanto accade diviene per lui

    occasione per una conversione fondamentale: si tratta di passare da un'idea di Dio corrispondente ai

    suoi schemi e assoggettabile ai suoi progetti e alle sue pretese, rassicurante di fronte ad ogni straniero e

    nemico, il Dio dei privilegi e delle appartenenze, ad un volto di Dio che torna, che sa impietosirsi, che

    grande nell'amore. Ma questo non solo come conoscenza di tipo intellettuale, ma come conoscenza

    che deriva dalla prassi della vita, come esperienza che genera un ripensamento esistenziale.

    Giona ancora una volta - e cos si apre l'ultima parte di questo libro - riconosce ad un livello di

    comprensione intellettuale il volto di questo Dio che lo sconvolge e lo turba, che lo ha legato a s ma

    che lo fa nel contempo indispettire e reagire violentemente. Ma anche Giona chiamato ad una

    conversione che vada oltre la sua stessa comprensione intellettuale e che lo conduca nella concretezza

    dell'esistenza ad accogliere un Dio che gli si fa incontro attraverso gli altri della grande citt, al di l e

    al di dentro della storia umana e intricata dei rapporti in cui difficile scorgere il suo volto.

    Dopo che Giona deluso e adirato chiede al Signore di togliergli la vita, si assiste ancora una volta ad un

    volgersi paziente, attento, ricco di fine pedagogia e di ironia anche, di Dio, questa volta verso Giona.11

    Una pianticella di ricino cresce accanto a Giona sdegnato, che si ritirato fuori della citt, a vedere ci

    che sarebbe avvenuto nella citt. Questa piantina gli procura inizialmente gioia ma poi, per il bruciar

    del sole si secca e porta Giona a dire: meglio per me morire che vivere.

    E' interessante come questa immagine sia presente anche nella tradizione islamica: Giona (o Yunus,

    che significa quello del pesce) l'unico tra i profeti maggiori e minori ad essere citato per nome nel

    11

    Cfr. E. Drewermann, E il pesce vomit Giona allasciutto. Il libro di Giona interpretato alla luce della psicologia del profondo, Brescia Queriniana, 2003: nellanalisi di Drewermann il libro di Giona il pi brillante esempio dellumorismo di Dio.

  • 15

    Corano (Cor., XXI,87) che lo venera come uno dei profeti di Allah. Maometto lo nomina tra gli

    apostoli di Dio e la sua vicenda, accanto al ricino, raffigurata in rappresentazioni artistiche dell'Islam.

    E' il segno che conduce al discorso finale del racconto, discorso che si chiude con una domanda: il libro

    si chiude infatti non con una conclusione edificante ma con una domanda sospesa. Dio chiede a Giona

    di aprirsi ad accettare la sua misericordia e la piet: la presenza di Dio nella grande citt, non sta nella

    punizione e nel rifiuto, ma nella comunione ritrovata e nella pazienza dell'amore:

    Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto

    spuntare, che in una notte cresciuta e in una notte perita: e io non dovrei aver piet di Ninive, quella

    grande citt, nella quale sono pi di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano

    destra e la sinistra, e una grande quantit di animali? (4,10-11)

    Ninive passata dalla violenza ad un modo nuovo di intendere l'esistenza, che dice la comprensione

    della presenza di Dio come Colui che d vita e senso all'esistere stesso; Dio si volge e si china, chiama

    per mandare alla grande citt, quella citt dove presente Caino, colui che ha ucciso il fratello, il primo

    costruttore di citt, ma anche dove presente la relazione con l'altro, che pu divenire fratello/sorella

    scoperto e accolto in modo nuovo, colui e colei che suscitano un camminare, insieme, verso l'incontro

    con il Dio della comunione e della misericordia. La domanda aperta che chiude il libro di Giona

    domanda che oggi si ripropone nelle diverse provocazioni ad incontrare l'altro/a nella grande citt come

    via necessaria per una comprensione ed una esperienza pi autentica della fede nel Dio della alleanza.

    Giona, e come lui anche noi, lettori e ascoltatori coinvolti a prendere posizione nel dare una risposta a

    questa domanda, siamo chiamati fondamentalmente ad aprirci alla speranza, alla speranza che lo

    sguardo di Dio per tutti, perch la vita sia un ritorno a Lui e perch in questo ritorno si scopra la vita e

    la speranza che renda responsabili dell'altro nella vicenda storica.

    L'intero libro di Giona letto nel giorno dell'espiazione, lo Yom Kippur, nella tradizione ebraica.

    Parimenti il testo nella sua totalit letto nella liturgia greco ortodossa nel giorno del sabato santo.

    Martin Lutero scrisse che questo piccolo libretto non null'altro che un meraviglioso segno della bont

    di Dio per tutto il mondo. Lutero altres nota che Giona un santo noioso e pesante che arrabbiato a

    causa della misericordia di Dio per i peccatori. E tuttavia un figlio amatissimo di Dio: si rivolge a lui

    senza inibizioni come se non avesse per nulla timore di fronte a Lui, mentre in realt ne ha. Confida in

    Lui come in un padre.12

    12 Cfr. P.Murray, A Journey, cit.

  • 16

    E' un libro che si chiude con una domanda, non con un'affermazione. Forse uno spazio aperto perch

    ciascun lettore possa riempire lo spazio aperto dalla domanda per poter scrivere una finale nuova a

    questo racconto, affascinante e inquietante come tutti i grandi racconti. Giona l'uomo sconcertato,

    smosso dalla imprevedibilit e dalla novit dell'agire di Dio. Il grande protagonista del libro Dio che

    si china e si rivolge continuamente ( questo il senso della 'conversione') verso qualcuno: il racconto

    mostra come Dio si intrattenga con Giona e come il suo sguardo sia rivolto alla citt.

    Giona diviene cos paradigma di una scoperta che ad ogni tempo pu essere rinnovata e che nel nostro

    tempo forse la sfida di fondo di fronte alla quale ci troviamo: la sfida di accogliere l'alterit e di

    rapportarsi all'altro nel tempo del pluralismo, nel tempo in cui prevale la paura e la ricerca di chiudersi

    in una identit senza l'altro. Giona 'uomo chiamato ad ascoltare in modo nuovo la Parola, in rapporto

    alla grande citt'

    Giona ci parla innanzitutto dell'Alterit di Dio: una sfida 'religiosa' quella che sta davanti a noi oggi.

    La questione del senso della vita, della fede si pone in termini nuovi nel tempo della pluralit delle fedi,

    delle culture, delle opzioni di vita. Siamo anche oggi chiamati ad imparare a cercare Dio, a divenire

    cercatori di trascendenza, al di l di schemi rassicuranti e che talvolta rinchiudono Dio solo in

    costruzioni umane. Ma siamo anche chiamati a scoprire Dio al di l di appartenenze esclusive.

    Giona testo attuale per il suo porsi di fronte all'alterit dello straniero. E' possibile instaurare un

    rapporto con chi diverso, nemico e lontano? Giona ci dice di s, ma presenta anche la complessit del

    cammino che ci comporta. La vita si connota come apprendimento, imparare ad incontrare in modo

    nuovo. Il nostro oggi tempo dello spaesamento e dello sconcerto. Proprio nello sconcerto Giona si

    apre alla novit di Dio e a lasciarsi cambiare nella sua visione di esclusione e di pensiero del disprezzo.

    Oggi siamo chiamati a fare i conti anche in modi nuovi con l'alterit del nostro io, con sentimenti, con

    le vicende delle nostre fughe e ritorni. Come Giona forse non al di fuori di esse, ma al di dentro, c' da

    scoprire la voce incessante di una Parola che ci invita, ci spinge e rinnova la chiamata ad una missione.

    C' un altro tratto del libro di Giona ricco di interrogativi per noi: tratta infine della sfida dell'alterit

    delle cose, della natura. Il mare, il grosso pesce, la terra arida, la pianta di ricino, il deserto, gli animali

    della grande citt, sono l'ambiente in cui Giona percorre il suo viaggio, un percorso che rimane aperto

    sulla domanda finale presentata da Dio.

  • 17

    Il viaggio di Giona non concluso: anche in questa generazione forse Giona attende compagni che

    come lui si lascino provocare dalla Parola, e provocati dagli eventi della loro storia, si lascino

    coinvolgere nella passione di Dio perch tutti siano salvi.

    Alessandro Cortesi op