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1 La valutazione degli impatti della formazione. Due casi aziendali FORMATEX Fashion Competitive Value AVS/62/12II

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La valutazione degli impatti della formazione. Due casi aziendali

FORMATEX – Fashion Competitive Value AVS/62/12II

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Concept Grafico: Simona Rossi Officine Sviluppo e Ricerca S.r.l. Circonvallazione Appia, 113 – 00179 Roma tel +39 06 322 54 54 - fax +39 06 322 59 97 e-mail: www.officine.com; [email protected]

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Promosso da

Finanziato da

Realizzato da

A cura di

Pierpaolo Letizia (coordinamento), Luca Salmieri (testi)

Officine Sviluppo e Ricerca S.r.l

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Indagine realizzata nell’ambito del Piano Fondimpresa “FORMATEX – Fashion Competitive Value”

a valere sull’AVS/62/12II

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Indice

PREMESSA.................................................................................................................................................................................................. 7

Capitolo 1 ...................................................................................................................................................................................................... 8

PROBLEMI DI VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI DELLA FORMAZIONE AZIENDALE .............................................. 8

1.1. Il dibattito .................................................................................................................................... 8

1.2. Quali tipi di impatti valutare? ....................................................................................................10

Capitolo 2 ....................................................................................................................................................................................................14

GLI STUDI DI CASO ..............................................................................................................................................................................14

2.1. Gli obiettivi della ricerca ...........................................................................................................14

2.2. La metodologia ..........................................................................................................................15

2.3. Le imprese .................................................................................................................................17

2.3.1. Akkotex S.r.l. ...................................................................................................................17

2.3.2. Alsco Italia S.r.l. ..............................................................................................................20

2.4. La formazione: analisi dei fabbisogni, attività formative e valutazione degli impatti ...........23

2.4.1. La rilevazione dei fabbisogni formativi ..........................................................................23

2.4.2. L’erogazione della formazione.......................................................................................29

2.4.3. La valutazione degli impatti della formazione ..............................................................35

Capitolo 3 ....................................................................................................................................................................................................41

SPUNTI DI RIFLESSIONE...................................................................................................................................................................41

Bibliografia ..................................................................................................................................................................................................46

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PREMESSA

I differenti modelli di valutazione della formazione aziendale proposti in letteratura, nel corso degli ultimi anni, differiscono tra loro a seconda che la valutazione riguardi il raggiungimento degli obiettivi formativi oppure l’impatto che tale raggiungimento produce sull’azienda, con una netta preponderanza e affidabilità dei primi rispetto ai secondi. Una cosa è valutare il miglioramento delle competenze degli utenti della formazione, un’altra è attestare o addirittura ricavare e misurare i benefici che ne trae l’azienda. Nel primo caso si parla di evaluation training mentre nel secondo caso di effectiveness training. Alvarez e colleghi (2004) dimostrano con chiarezza le differenze tra i due approcci: «Attraverso l’evaluation training si valuta fino a che punto l’intervento formativo abbia raggiunto gli obiettivi prefissati. Le misure utilizzate dipendono dagli obiettivi ed includono il contenuto e la progettazione della formazione, i cambiamenti nei discenti e i risultati organizzativi. L’effectiveness training prende invece in esame i benefici che in un contesto organizzativo possono trarsi a seguito della realizzazione di attività formative mirate aventi come obiettivo un miglioramento di uno o più aspetti delle dell’organizzazione stessa». È indubbio che la formazione aziendale per incidere positivamente deve inserirsi in strategie di più ampio respiro in cui siano presenti anche altri tipi di interventi e di investimenti. Fermo restando le diverse variabili che incidono sull’efficacia della formazione, sulla sua efficienza organizzativa e sulla sua economicità, resta aperto un grosso problema che riguarda il seguente interrogativo: come fare per comprendere, valutare e stimare i risultati aziendali derivanti dalle azioni formative delle risorse umane? Attorno a tale interrogativo si sono mossi diversi contributi delle scienze sociali ed economiche nel corso di almeno un quarantennio. Ne presentiamo una breve rassegna nelle pagine successive. Possiamo però anticipare il carattere spiccatamente dubitativo delle risposte accumulate nel tempo. In letteratura non è infatti possibile identificare casi aziendali di valutazione degli impatti misurabili. Porsi questo obiettivo implica, infatti, una serie di difficoltà metodologiche e operative. Di seguito ci limitiamo a proporre una sintesi del dibattito esistente sul tema, e nel prosieguo del testo a presentare i casi di due aziende, con caratteristiche diverse, per le quali abbiamo esplorato e analizzato nel concreto le pratiche organizzative e le scelte strategiche affrontando l’interrogativo in esame, ovvero come valutare gli impatti della formazione aziendale.

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Capitolo 1 PROBLEMI DI VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI DELLA FORMAZIONE AZIENDALE 1.1. Il dibattito I modelli che rientrano nell’approccio evaluation training analizzano le variabili che misurano il raggiungimento degli obiettivi formativi e quindi del successo o insuccesso della formazione stessa. Uno dei modelli più noti è il modello di Kirkpatrick (1998) che valuta la formazione secondo quattro livelli differenti:

  Reazioni dei discenti   Apprendimento   Comportamenti   Risultati

I quattro livelli presentano una complessità valutativa crescente, che diviene più accurata e rigorosa man mano che si passa da un livello al successivo. Inoltre, l’analisi completa dei quattro livelli necessita di raccogliere, accumulare e confrontare una considerevole mole di dati e quindi di un ampio arco di tempo per concludersi. Al modello di Kirkpatrick sono riconducibili altri modelli di valutazione della formazione. Il modello proposto da Alliger e colleghi (1997), ad esempio, dettaglia meglio le variabili relative al livello “reazione” e “cambiamenti comportamentali”. Le reazioni dei discenti sono valutate su due piani differenti: livello affettivo e livello dell’utilità. Il livello affettivo valuta la soddisfazione del discente che è considerato cliente dell’azione formativa. Il livello dell’utilità valuta invece quanto l’azione formativa è percepita utile dal discente nello svolgimento del proprio lavoro. Gli autori propongono anche una parziale revisione del modello di Kirkpatrick, evidenziando la necessità di tenere distinti i primi due livelli di tale modello dagli ultimi due. Più in generale, essi distinguono due tipi di cambiamenti conseguenti all’azione formativa: il livello di apprendimento e i cambiamenti nell’affrontare le situazioni lavorative che diventano indicativi di un trasferimento della formazione sul piano più strettamente aziendale. Il modello di Kraiger (2002) riprende le stesse variabili proposte nei precedenti modelli e le raggruppa in tre grandi macro-variabili: progettazione, cambiamenti nei discenti, risultati organizzativi. In quest’ultimo caso ci avviciniamo sensibilmente al campo degli impatti per l’azienda. Recentemente tale modello è stato utilizzato in un’indagine sull’efficacia della formazione in dipartimenti ministeriali (Haslinda e Mahyuddin, 2009). L’indagine ha avuto come primo scopo la valutazione del raggiungimento degli obiettivi, e quindi l’individuazione dei fattori che maggiormente ostacolano il trasferimento della formazione nel settore pubblico. È emerso che le principali barriere ad una formazione efficace sono relative alle attitudini dei partecipanti (scarso interesse, gruppi che ostacolano l’azione formativa, obbligo a seguire il corso), alla progettazione (limiti di budget, analisi dei fabbisogni non adeguata,

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Capitolo 1

selezione non appropriata dei partecipanti e dei formatori) e all’ambiente lavorativo (carico di lavoro eccessivo, burocrazia e procedure, vincoli di tempo e la non applicabilità degli argomenti formativi al proprio lavoro). Nonostante la relativa semplicità dei modelli riconducibili all’approccio evaluation training, la loro applicazione “sul campo” è irta di ostacoli. La valutazione del risultato dell’azione formativa costituisce infatti l’ultimo di un insieme sistemico di livelli strettamente integrati tra loro: a) livello di reazione dei partecipanti (customer satisfaction e utilità percepita); b) livello di apprendimento dei partecipanti; c) livello di cambiamenti nei comportamenti organizzativi; d) livello di miglioramenti nelle prestazioni dell’organizzazione. Così come gli stessi livelli di valutazione, anche i loro esiti sono strettamente interconnessi: in presenza di un basso livello di gradimento tra i partecipanti, difficilmente potrà esserci un elevato livello di apprendimento; se c'è stato un basso livello di apprendimento, difficilmente ci saranno significativi cambiamenti nei comportamenti organizzativi, e così via. Si può dire quindi che, passando dal primo livello ai successivi, l’esito positivo della valutazione del livello precedente è condizione necessaria per una valutazione elevata del livello successivo. Condizione necessaria ma non sufficiente: infatti, ad esempio, l’intervento formativo potrebbe produrre risultati soddisfacenti in termini di gradimento dei partecipanti e di apprendimento, ma solo un limitato (se non nullo) impatto sui comportamenti lavorativi e sulle prestazioni degli individui. Le cause di tali esiti insoddisfacenti possono essere di diversa natura, come il limitato utilizzo all'interno dell'organizzazione di ciò che viene appreso nel corso dell'intervento formativo, o la difficoltà da parte dell’organizzazione di appartenenza di riconoscere e quindi valorizzare ciò che i discenti apprendono nel corso dell'intervento. In riferimento all’effective training, la letteratura definisce “trasferimento della formazione” l’efficace applicazione, nel contesto lavorativo, delle conoscenze acquisite e delle capacità ed attitudini sviluppate durante l’azione formativa. Baldwin e Ford (1988) affermano che il trasferimento della formazione è influenzato da tre classi di fattori: le caratteristiche individuali, la progettazione dell’azione formativa e l’ambiente lavorativo. Le caratteristiche individuali includono la personalità, le attitudini, le abilità, i dati demografici, l’esperienza, le attese. Come costrutti delle attitudini sono considerati l’auto-efficacia (la percezione dell’individuo di saper applicare ciò che ha appreso), l’orientamento agli obiettivi e la motivazione. Per quanto riguarda la progettazione dell’azione formativa, gli obiettivi dell’intervento non devono limitarsi a vaghi enunciati di tipo teorico. Occorre invece esplicitare le specifiche competenze (di tipo tecnico, gestionale, relazionale, comportamentale, etc) da rafforzare e i valori target da raggiungere alla fine del percorso formativo. L’ambiente lavorativo include caratteristiche quali il clima organizzativo verso l’apprendimento, la storia dell’organizzazione, le policy, la selezione dei discenti. La scarsa conoscenza o la limitata considerazione del contesto organizzativo dei partecipanti e dei "vincoli" alla loro azione organizzativa può compromettere seriamente la “spendibilità”, nel contesto organizzativo, di quanto appreso in aula. Holton e colleghi (2000)

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sulla base di queste tre classi di fattori hanno proposto il modello noto come Learning Transfer System Inventory. Sintetizzando, il modello proposto vuole costituire un sistema capace di diagnosticare se un intervento formativo possa essere avviato, e identificare al contempo opportuni interventi pre-formativi che possano incrementare l’efficacia della formazione stessa. Gli autori individuano sedici fattori che influenzano il trasferimento della formazione, riconducibili a tre principali categorie: il clima organizzativo, l’utilità della formazione e il sistema di ricompensa. Nell’ambito del clima organizzativo, gli autori sottolineano il ruolo determinante dei supervisori delle persone in formazione al fine di creare un clima favorevole al trasferimento. Particolare rilevanza assume la loro propensione ad invogliare e supportare i discenti nell’applicazione di ciò che si è appreso, e ad istituire appropriati sistemi di ricompensa per premiare comportamenti virtuosi e innovativi. Tuttavia, anche considerando l’approccio dell’effective training è evidente come gli sforzi restino concentrati sull’individuazione delle variabili che possono contribuire a determinare risultati positivi a beneficio dell’azienda, ma resta inevasa la questione di come misurare tali risultati. Se infatti da un lato le variabili da utilizzare per valutare l’efficacia del trasferimento della formazione sono in letteratura ben delineate, la comprensione delle modalità attraverso le quali tali variabili interagiscono tra loro e agiscono sui risultati della formazione costituiscono invece aspetti la cui gestione nei progetti di ricerca presenta non pochi ostacoli.

1.2. Quali tipi di impatti valutare? Come abbiamo illustrato in dettaglio nell’analisi da noi condotta nell’ambito del Piano SIC – Sistema Italia Calzatura 1 , il principale problema della valutazione degli impatti della formazione aziendale risiede nel fatto che la maggioranza delle attività formative organizzate dalle aziende è realizzata escludendo qualsiasi processo di misurazione empirica degli impatti che ne possono derivare per l’organizzazione. Spesso si preferisce limitarsi all’individuazione di problemi, lacune e fabbisogni specifici rispetto ai quali, nella fase post-formativa, si tenta, attraverso l’osservazione pratica, informale e diretta, di verificare la persistenza di tali problemi o la loro scomparsa o riduzione. In generale la valutazione degli impatti della formazione sulle diverse perfomance aziendali ingloba una serie di aspettative molto eterogenee. Nonostante la sua centralità teorica, la valutazione degli impatti è ancora un tema controverso. Sul piano teorico e a certi livelli del dibattito politico-istituzionale è ritenuta una pratica strategica e dotata di finalità tendenzialmente chiare; dispone di diversi approcci metodologici e di un ampio repertorio di tecniche di rilevazione. Ma sul piano pratico e attuativo

1 Nel Piano SIC, Promosso da Assocalzaturifici e finanziato da Fondimpresa, OSR ha condotto una ricerca qualitativa sul tema della valutazione degli impatti della formazione su quattro aziende italiane del settore calzaturiero ricostruendo le pratiche di analisi dei fabbisogni formativi, l’organizzazione delle attività formative e i metodi di valutazione degli impatti della formazione.

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Capitolo 1

presenta e riproduce innumerevoli ostacoli ad incominciare dal fatto che essa è ancora attuata in modo incoerente o parziale: molti studi valutativi si limitano infatti all’esame delle attività a completamento della formazione aziendale (ciò che si è realizzato al termine dell’attività, il numero di partecipanti che hanno completato il percorso, il totale delle ore erogate, le discipline trattate, le conoscenze acquisite e verificate attraverso test, il grado di soddisfazione dei partecipanti, ecc.). I casi di studio che indagano in modo più accurato i benefici diretti per l’azienda, rivolgendo lo sguardo e l’analisi all’impresa o almeno a parti o processi che ne sostanziano l’organizzazione e le attività, spesso utilizzano unicamente la dimensione percettiva, valoriale e di opinione piuttosto che la dimensione fattuale ed empirica. Negli ultimi anni sta prendendo piede – nel caso di quelle organizzazioni che si vantano di adottare un metodo ‘scientifico’ – il modello del ciclo di valutazione con misurazione quantitativa. Questo modello induce abbastanza naturalmente ad una prima rappresentazione in termini di teoria dei sistemi: dato il livello di competenze iniziali del lavoratore (s0) – valore che è frutto tanto del livello di istruzione generale quanto dell’esperienza lavorativa pregressa – la formazione aziendale è una funzione di flusso (funzione di ingresso), f(t), che ne determina la variazione. Il livello di formazione al tempo t (ft) influenza a sua volta una funzione di risposta, cioè un vettore di output, o (t, t+1, …t+n), con t+n la data al di là della quale non si registrano altri effetti. In termini compatti, è come se le variazioni della variabile indipendente, la formazione aziendale, si trasferisse, secondo una ignota struttura temporale, sulla variazione di quelle dipendenti. Al valutatore potrebbe non interessare in alcun modo ciò che accade all’interno della scatola nera che media tra ingresso ed uscita; ma, nelle scienze sociali, l’adozione irriflessa della metafora ingegneristica incontra numerose opposizioni, di svariata intensità. Ogni evento economico, si argomenta, è intriso di fattori socio-istituzionali. Persino nelle impostazioni metodologicamente più vicine alle concezioni di hard science, come nel paradigma della rational choice, si cerca di entrare nella scatola nera del processo e si cerca di stilizzare al meglio l’ambiente di riferimento. Solitamente la teoria economica maggiormente attrezzata per svolgere indagini quantitative imposta il problema della valutazione della formazione aziendale secondo l’usuale coppia efficienza/equità, ovvero la formazione aziendale porta ad incrementi di produttività del lavoro (e quindi dei salari). Ma tali variazioni sono efficienti? Avvengono cioè al minimo costo o, ad un costo dato, possono dirsi le massime possibili? Questo approccio è molto potente e congeniale ad una impostazione della prassi valutativa di tipo “impatto/controllo”. Ma, al di là degli aspetti valoriali, non vanno sottaciute le difficoltà di trasposizione nella prassi valutativa locale ed effettiva, in cui incontra numerosi limiti. Innanzitutto sono necessari poderosi apparati di ricerca quantitativa, calibrati su indicatori di valore. I molti problemi tecnici di stima impongono infatti la disponibilità di ampi supporti informativi. Secondo, non bisognerebbe mai dimenticare che i numeri che si ricavano sono comunque stime probabilistiche, e quindi non così affidabili.

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In particolare, la formazione aziendale è un’attività prevalentemente posta in essere dalle aziende, vuoi per motivi di tipo adattativo (soprattutto nel caso delle Piccole e Medie Imprese), vuoi per favorire la crescita di competenze distintive, sviluppare condivisione su visioni strategiche, valori, comportamenti, sostenere processi di sviluppo organizzativo e diffondere stili di leadership. Questi obiettivi sono riconducibili solo in parte allo stato di variabile numerica e quindi sono di difficile quantificazione. A questo proposito abbiamo ritenuto importante riprendere uno schema elaborato per la ricerca nel Piano SIC, in cui sono stati classificati i diversi obiettivi cui possono concorrere le attività formative aziendali e per ciascun tipo di obiettivo sono stati indicati i fattori di sovrapposizione che intervengono rispetto alla valutazione degli impatti. Oltre a quelli che richiamiamo nello schema, ci sono naturalmente molti altri tipi di obiettivi specifici che un’azienda può voler raggiungere attraverso la formazione, come ad esempio migliorare la sicurezza sul lavoro o ridurre i rischi di inquinamento. Tuttavia, anche obiettivi del genere possono essere ricondotti ad uno o più degli obiettivi generali che abbiamo individuato. Va però sottolineato che in questi casi le difficoltà di misurare gli impatti della formazione sono minori. In termini generali, infatti, più gli obiettivi sono specifici e definiti più è facile giungere ad una affidabile valutazione degli impatti della formazione. Le situazioni in cui la valutazione degli impatti della formazione aziendale è meno complessa sono infatti quelle riconducibili all’individuazione o al fronteggiamento di esigenze e fabbisogni molto specifici e circoscritti, dettati ad esempio da mutamenti normativi (necessità di adeguamenti ad obblighi di legge) o da richieste di partner aziendali o, ancora, da problemi operativi palesi e facilmente identificabili. Tuttavia, deve essere altresì rimarcato che in questi casi la valutazione dell’impatto formativo è anch’essa strettamente circoscritta al problema specifico in questione. Tab.1 - Tipologia dei fattori intervenienti di sovrapposizione sulla valutazione degli impatti di formazione aziendale

OBIETTIVI - AREA DI MIGLIORAMENTO BENEFICIO ATTESO

FATTORI ENDOGENI FATTORI ESOGENI ALTRI OSTACOLI

Produttività

Difficoltà di isolare formazione rispetto altre variabili della

produttività

Variabili economiche esterne

Qualità prodotti e processi

Difficoltà di isolare formazione rispetto altre variabili della

qualità di prodotti e processi.

Difficoltà nell’elaborare indicatori di

misurazione della qualità

Variabili economiche esterne

Difficoltà nel separare l’apprendimento informale dalla

formazione formale

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Capitolo 1

Vendite

Difficoltà di isolare formazione rispetto altri cambiamenti

interni

Variabili ambientali Variabili legate alla

domanda

Costi Variabili di produzione e o organizzazione

Variabili ambientali Variabili economiche

esterne

Difficoltà nell’individuazion

e di costi intangibili

Riorganizzazione

Indistinguibilità tra effetti della formazione

e processi di riorganizzazione

Variabili ambientali Variabili esterne di

natura organizzativa ed economica

Difficoltà nella quantificazione dei benefici (a

cosa è finalizzata la

riorganizzazione?)

Cambiamento continuo

Indistinguibilità tra effetti della formazione

e processi di riorganizzazione

Variabili esterne di natura organizzativa ed

economica

Difficoltà nella quantificazione

dei benefici (perché il

cambiamento continuo è

benefico a priori?)

Clima aziendale Difficoltà di traduzione

delle competenze in clima aziendale

Variabili ambientali

Difficoltà nel valutare il clima aziendale di per

Immagine

Indistinguibilità tra componenti della

formazione e processi che incidono

sull’immagine aziendale

Variabili legate alla percezione esterna

Difficoltà nel valutare

l’immagine aziendale di per

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Capitolo 2 GLI STUDI DI CASO

2.1. Gli obiettivi della ricerca La ricerca che abbiamo svolto, e di cui di seguito presentiamo i risultati, analizza due casi d’imprese che realizzano attività formative in modo costante e punta a descrivere i metodi che queste adottano per valutare gli impatti della formazione aziendale. Le due imprese, molto diverse tra loro, operano entrambe nel settore tessile e sono leader nel loro ambito specifico di attività: tessuti tessili industriali nel primo caso, noleggio, lavaggio e gestione abiti da lavoro e biancheria nel secondo. Nel rapporto tra formazione aziendale e benefici per l’azienda non prenderemo tanto in considerazione gli aspetti relativi all’efficacia, ovvero il rapporto tra i risultati conseguiti (o i benefici prodotti) e gli obiettivi dell’azione formativa; né ci soffermeremo sul principio dell’efficienza, quale rapporto tra obiettivi progettuali della formazione e risorse impiegate. Cercheremo invece di comprendere se e secondo quali metodi e criteri le due aziende rilevano gli impatti in termini di benefici economici prodotti nell’organizzazione a seguito di attività formative formali. Come abbiamo anticipato nel capitolo precedente, le aziende di solito si spingono fino all’analisi dell’utilità della formazione, tentando di individuare l’insieme dei risultati e dei benefici prodotti in rapporto ai bisogni formativi e al tipo di organizzazione o ente che ha approntato il percorso di formazione; ma non misurano né valutano gli impatti diretti prodotti dalla formazione. Oppure quelle aziende che adottano sistemi di valutazione si limitano a considerare la formazione aziendale come se si trattasse di formazione individuale. In altre parole adottano sistemi di valutazione che rilevano o certificano la congruenza tra obiettivi progettuali e bisogni formativi dei destinatari. In che modo questa rilevanza si traduca in termini di benefici per l’azienda resta sovente una domanda inevasa. Il primo interrogativo del nostro studio di caso è se le due aziende coinvolte nella ricerca operino o meno una valutazione degli impatti della formazione. In seconda battuta si intende verificare quali tipi di impatti vengono valutati e secondo quali sistemi di rilevamento. In particolare, per impatti intendiamo gli effetti in termini di beneficio sulle diverse forme di performance aziendale. Anche questo aspetto è centrale, ovvero ci interessa comprendere quali siano i termini della relazione di osservazione che le aziende assumono come scenario del prima e del dopo: cosa viene confrontato? Quali aspetti, indicatori, segnali, indici vengono considerati per definire lo stato di performance prima e dopo la realizzazione dell’attività formativa? Tenteremo di individuare le rispose specifiche delle due aziende tenendo conto dell’importanza di comprendere quanto le attività di training sostenute

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Capitolo 2

abbiano avuto una valenza “strategica” (in quanto connesse a processi di innovazione indirizzati a mantenere/creare un differenziale competitivo nei confronti dei concorrenti); una valenza “manutentiva” (con l’obiettivo di mantenere i propri dipendenti aggiornati su competenze di mercato, su standard e/o a normative esistenti, di riqualificare particolari categorie di lavoratori a seguito dell’obsolescenza di alcune loro competenze o compiti); oppure “istituzionale” (avente l’obiettivo di informare ed addestrare neoassunti sulle caratteristiche dei processi produttivi, sulla missione e sulla strategia dell’impresa). Si tratta di tipi di interventi formativi con costi, finalità e ritorni molto diversi, indispensabili per comprendere le differenze nelle politiche formative adottate nonché il framework all’interno del quale collocare le pratiche di valutazione degli impatti.

2.2. La metodologia Nella concreta realtà, le aziende incontrano vincoli, soluzioni, ostacoli, strategie e tattiche che rendono l’analisi delle scelte formative e la riflessione sulle modalità di valutazione degli impatti una questione molto complessa. Per tale motivo nello studio che presentiamo seguiremo una metodologia prima di tutto descrittiva, attraverso cui il lettore potrà rendersi conto di ciò che effettivamente può accadere in un’azienda quando ci si confronta con il tema della formazione. Le due aziende sulle quali è stato condotto lo studio sono Akkotex S.r.l., (Vicenza); Alsco Italia S.r.l., sede di Pomezia (Roma). La ricerca si è svolta attraverso interviste approfondite di tipo qualitativo, condotte presso le sedi aziendali. Si è partiti dal racconto dell’esperienza di più soggetti coinvolti a vario titolo non solo nei diversi ruoli aziendali, ma anche nelle attività finalizzate a rilevare i fabbisogni formativi, a pianificare ed organizzare la formazione, e in tutte quelle attività e rappresentazioni che seguono e valutano la formazione. L’intervista non direttiva ha consentito quindi di far emergere la storia dell'impresa e delle esperienze formative così come esse sono percepite e più o meno razionalizzate dai soggetti imprenditoriali e dai vari ruoli aziendali. L'intervistatore si è servito di una griglia informativa di carattere generale, costruita sulla base dei temi di interesse individuati nella fase di preparazione, non al fine di indirizzare il racconto, ma allo scopo di usarlo come schema di rilevazione sulla base del quale verificare le priorità richiamate dall’imprenditore e dagli altri soggetti implicati nelle scelte formative rispetto ai fabbisogni, all’organizzazione, agli esiti e al giudizio su questi. In tale esperienza il ricercatore rinuncia solo apparentemente agli strumenti scientifici propri delle discipline delle scienze sociali: ad essere valorizzato è infatti un taglio interpretativo che consente di apprezzare i legami tra i significati dell’organizzazione aziendale e gli approcci alla formazione. Ebbene, è proprio su questo tema delicato che l'intervista qualitativa consente un approfondimento di conoscenze viceversa precluso a chi si avvale delle analisi

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quantitative o delle rilevazioni telefoniche. Grazie infatti al clima di empatia e all'interesse verso le ragioni dell'altro, la testimonianza rivela tanto lo stato di difficoltà, quanto le strategie di successo messe in atto nei confronti delle scelte formative. Le testimonianze generalmente non tacciono neanche sugli aspetti negativi e sugli errori che sono stati riconosciuti come base per effettuare scelte diverse, scelte coraggiose, scelte inusuali. Per comprendere obiettivi, scelte, metodi di formazione aziendale e strumenti e approcci di valutazione riteniamo imprescindibile ripercorrere la storia evolutiva delle aziende. Preliminarmente riportiamo di seguito (i) gli aspetti salienti e i punti cruciali dell’organizzazione, del settore di produzione, dei prodotti e dei mercati di entrambe le aziende in modo da poterle poi collegare alle questioni che riguardano le scelte nel campo della formazione e, infine agli approcci alla valutazione. In secondo luogo ci soffermeremo (ii) sulle modalità attraverso cui sono emersi, e solitamente emergono, i fabbisogni formativi (iii), per poi passare a considerare in che modo viene organizzata la formazione, le metodologie adottate e i contenuti e arrivare, infine, (iv) a focalizzare l’attenzione sulla modalità attraverso cui vengono valutati gli impatti. È evidente come l’ultimo aspetto, che costituisce l’oggetto principale della ricerca e della nostra riflessione, sia fortemente intrecciato e dipendente dai primi tre che temporalmente lo precedono. Il primo tema (i) è rilevante poiché è in grado di raccontare il tipo di organizzazione dell’impresa, il suo ambiente di riferimento e le variabili esogene che ne influenzano l’operato. È il punto di taglio espositivo necessario per contestualizzare quanto descriveremo nei punti successivi, ed è utile per mettere a fuoco le caratteristiche principali delle aziende coinvolte e le caratteristiche dell’attuale assetto. Il secondo tema (ii) consente di aprire uno squarcio sui meccanismi e sulle dinamiche effettive che presiedono alla scelta di fare formazione, ai campi in cui farla, al modo di organizzarla e conciliarla con le esigenze dell’azienda. Non a caso, come vedremo, i due casi indicano in modo molto simile il forte collegamento tra la presa di coscienza dell’importanza di prestare attenzione alla gestione delle risorse umane e il successivo ricorso alla formazione. Il terzo tema (iii) offre uno spaccato dell’esperienza diretta degli intervistati, ma anche delle esperienze indirette del personale nei vari ruoli. È qui che potrà essere messo in risalto l’oggetto e le modalità di assegnazione di valore di parte dell’azienda, intesa come insieme di relazioni umane. Alcune aree di competenza sono ritenute più importanti di altre; alcune attività organizzative, produttive, amministrative, commerciali sono considerate più adatte agli interventi formativi di altre; alcuni profili professionali risultano più strategici, altri meno; alcuni problemi organizzativi e logistici si rivelano irrisolti e irrisolvibili. Inoltre, le modalità di finanziamento della formazione possono avere un peso determinante rispetto alle scelte di formazione. Infine, il quarto tema (iv) costituisce l’osservatorio privilegiato per affrontare le questioni delle criticità connesse alla valutazione degli impatti. È in questo ambito che si concentra il nostro interesse.

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Capitolo 2

Sebbene le interviste e il resoconto dell’osservazione sul campo non offrano una grandissima quantità di elementi formalizzati su cui ricostruire le dinamiche di valutazione, tuttavia presentano numerosi stimoli di riflessione soprattutto su tre aspetti: - la programmazione come elemento che agevola la valutazione degli impatti; - i meccanismi di scambio orizzontale tra le varie figure professionali come canale efficace di informazione per una valutazione condivisa degli impatti della valutazione; - il legame tra il tipo di formazione e le possibilità di formalizzare la valutazione. Come vedremo più chiaramente nelle Conclusioni, gli stimoli emersi ci mostrano approcci alternativi alla misurazione strutturata degli esiti, ma comunque in grado di garantire un controllo consapevole dell’esperienza formativa, anche in termini di ricadute.

2.3. Le imprese 2.3.1. Akkotex S.r.l.

Akkotex S.r.l. (di seguito Accotex) è un’azienda di piccole dimensioni, operante nel settore della produzione di tessuti industriali specializzati, fondata nel 1990 e presente fin dall’inizio nel mercato internazionale. La sua produzione può considerarsi di nicchia, basata sulla accoppiatura e spalmatura di tessuti e affini che realizza con processi meccanici e chimici basati su tecnologie avanzate. L’azienda ha tre brevetti registrati. «L’Accotex è nata da un’idea del sig. Bressan, amministratore unico. Le proprietà sono quasi al 70% dei familiari Bressan. Quindi è una cosa che è rimasta nell’ambito familiare. È nata nel 1990 e infatti quest’anno festeggiamo il 25esimo anniversario dell’impresa… All’inizio, non produceva tessuti, ma accoppiava tessuti. Cioè acquistava tessuti e con delle macchine particolari e delle colle li assemblava per creare delle caratteristiche qualitative diverse, tipo resistenza alla rottura, all’attrazione, all’impermeabilità» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). Nel corso degli anni, l’azienda ha sviluppato un forte orientamento alle imprese clienti operanti in diversi settori merceologici, in particolare calzaturiero, abbigliamento tecnico, moda, arredamento, ortopedia, automotive e nautico. Nel corso degli anni Akkotex ha sviluppato con queste imprese soluzioni personalizzate attraverso un lavoro di partnership finalizzato ad ottenere prodotti e rivestimenti tessili per usi particolari come gli interni per i caschi da motocicletta, fibre idrorepellenti per l’abbigliamento sportivo, materiali traspirabili o ancora materiali impermeabili per diversi usi. «Agli inizi Akkotex operava soprattutto per le imprese del settore calzaturiero tipo… non so se ha presente le scarpe da ginnastica della Diadora che avevano quella gommapiuma dentro… Ecco, tra i clienti più importanti c’era anche Diadora. La forza era soprattutto la particolarità di riuscire a creare dei tessuti attraverso un mix di altri tessuti di base e di prodotti chimici. Si basava su processi produttivi meccanici e chimici. È partita con pochi addetti e poi nel corso del tempo si è leggermente ingrandita. Per fortuna non abbiamo molti concorrenti

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in Italia che fanno il nostro lavoro… Eh, sono stati assunti i primi rappresentati, abbiamo iniziato a far conoscere i nostri prodotti. E ci siamo poi evoluti presentando delle soluzioni anche per altre tipologie di mercato, tipo gli interni per i caschi da motocicletta, cosa sulla quale siamo molti specializzati attualmente» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). Tra i prodotti di punta dell’azienda ci sono tessuti accoppiati a particolari pigmenti che hanno la caratteristica fisica di catturare la luce e rilasciarla lentamente quando sono al buio, emanando così una luminescenza propria. Tali tessuti sono prodotti in collaborazione con Lucedentro Srl, azienda contitolare del brevetto assieme ad Akkotex. “Membrana XTEX’ è invece un prodotto brevettato di esclusiva proprietà Akkotex, realizzato con un innovativo sistema elastico non microporoso a struttura chiusa caratterizzato da prestazioni di resistenza, idrorepellenza ed elasticità particolarmente elevati. Si tratta di un tessuto impiegabile nell’abbigliamento tecnico resistente anche a livelli di umidità superiori all’80% e che utilizza il trasporto molecolare del vapore acqueo. Per questo motivo ha ottime capacità di assorbimento del sudore, poiché maggiore è la sudorazione, maggiore è la capacità di trasporto del sudore attraverso la membrana. Le caratteristiche di questa membrana – assoluta impermeabilità a vento e acqua, traspirabilità costante, struttura chiusa, superficie idrofilica, elevatissima elasticità e resistenza ai lavaggi – hanno portato Akkotex a raggiungere una posizione leader nella fornitura di tessuti speciali ad imprese che operano in diversi settori dell’abbigliamento. Akkotex produce inoltre tessuti che vengono utilizzati anche in altri settori: calzature da lavoro, abbigliamento tecnico impiegato negli sport invernali, calzature moda e per il tempo libero, calzature sportive in tela, tessuti per gli interni dei caschi, tessuti per impieghi industriali. Come si può immaginare, stiamo parlando di un’impresa che sin dalle sue origini presenta una spiccata propensione per l’innovazione e che tutela con politiche mirate la propria inventiva tecnologica: «capacità, passione e attenzione nello studio dei macchinari, sono all’origine della nostra storia e del nostro successo. Il signor Bressan, il fondatore, è ingegnere ed ha proprio questa passione. Tutti i macchinari sono realizzati su suo progetto. Anche quei pochi che sono stati acquistati, poi sono stati adattati al nostro ciclo produttivo. L’ultimo tipo di macchinario è quello con la luce dentro…. nel senso che apre possibilità future davvero incredibili. Naturalmente siamo molto attenti a non essere copiati. Il signor Bressan è molto geloso dei macchinari e non ha ceduto alle lusinghe del mercato. Il brevetto lo hanno chiesto sia Ikea e che le Roi Merlin… ma non abbiamo accettato» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex) Ultimamente Akkotex ha talmente esteso la propria produzione che per alcuni tipi di prodotto e durante periodi di boom delle commesse assegna ad altre aziende parte delle lavorazioni: «se il tipo di produzione e la quantità di produzione, nei tempi prestabiliti dalla commessa, lo consentono si fa tutto qui, noi… se invece c’è un di più rispetto alle possibilità, allora si va in conto terzi … diciamo più che altro, se ci sono delle lavorazioni particolari…. ci sono anche delle produzioni che rendono necessario rivolgersi all’esterno. Perché altrimenti

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sarebbe troppo oneroso per noi tirar giù il lavoro da un macchinario già occupato…. potrebbe essere che la macchina che noi abbiamo già occupato per un lavoro non può essere destinata a questo nuovo lavoro, perché il primo è più importante del secondo. Se la macchina è già piena, noi siamo in grado di capire chi è che può fare parte del lavoro, assicurandoci comunque la quantità e la qualità che faremmo noi…» (Responsabile della qualità, Akkotex). L’azienda negli anni ha diversificato il tipo di lavorazioni possibili, utilizzando macchinari e processi di propria invenzione, rendendo la propria posizione di mercato molto specializzata. «I concorrenti sono tutti italiani e non sono tanti, sono davvero pochi, si contano sulle dita di una mano». Le specializzazioni riguardano le resinature; i diversi tipi di trattamento meccanico-chimico dei tessuti (trattamenti anti-sfilo acrilico, a lattice, poliuretanico e con resine ritardanti di fiamma; trattamenti idrorepellenti, antibatterici); le accoppiature (a punti di colla con gradi diversi di traspirazione, con schiume acriliche, poliuretaniche, a lattice); le accoppiature di tessuti con MTP (Moltoprene) e con neoprene di diversi spessori; le accoppiature con resine idrosolubili e le accoppiature a campo pieno poliuretaniche; le lavorazioni con termoadesivi (a campo pieno a base EVA, a campo pieno a base poliuretanica, a campo pieno a base poliolefinica), con termoadesivi a punti a base EVA, a punti a base poliuretanica e a punti a base poliolefinica; l’impiego di autoadesivi (a base acrilica, a base SBR, a base hot-melt, removibili, a righe e autoestinguenti). Le diverse e innovative applicazioni consentono all’azienda di soddisfare richieste per tessuti molto specifici. «Ci prendiamo noi tutto l’incarico, proprio perché sappiamo chi può soddisfare queste esigenze particolari e quindi consegniamo noi direttamente al committente il prodotto finito così come ci è stato richiesto…. abbiamo la capacità di venire incontro a richieste particolari… del tipo…’noi solitamente non facciamo questo tipo di lavoro, ma possiamo comunque riuscire a farlo’…» (Responsabile della qualità, Akkotex). Leader a livello mondiale nel proprio settore, l’azienda ha visto negli ultimi anni crescere il fatturato costantemente: «nel corso degli ultimi 5 anni è andato sempre screscendo, in modo sostanzioso direi» (Amministratore unico, Akkotex). È quindi la continua innovazione di prodotto su cui punta l’azienda, e in particolare il suo amministratore unico, a rendere Akkotex una realtà produttiva in costante sviluppo: «noi facciamo persino i pavimenti… Nel senso che qualsiasi sia la base che sorregge la superficie finale di un pavimento, questa superficie può essere rivestita di tessuti particolari ottenuti con i nostri processi di lavorazione che consentono di avere per esempio un pavimento antiscivolo o con determinate caratteristiche di calpestio, con colori particolari, per superfici industriali e commerciali. Lo facciamo da tre anni e abbiamo aziende clienti in tutta Italia» (Amministratore unico, Akkotex). E ancora: «Anche questo prodotto è brevettato, abbiamo un brevetto particolare per cui produciamo una specie di feltro e dove si prendono delle piastrelle appositamente studiate e dove si auto-posa il pavimento… È un prodotto per pavimenti autoposanti…» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex).

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L’organizzazione di Akkotex è molto snella. Mantiene le caratteristiche tradizionali dell’impresa a conduzione familiare, ma ha una strutturazione molto moderna ed efficace che coniuga i principi della flessibilità dei ruoli, dell’innovazione tecnologica e della crescita delle specializzazioni e della qualità. «Le proprietà sono due. C’è l’amministratore unico – Bressan – e poi c’è l’altro socio di maggioranza che non è un Bressan. È un rappresentante, che ha sempre curato gli aspetti commerciali… se l’è presa a cuore come se fosse la sua ditta… che nel corso degli anni, prima di entrare come socio di capitali, ha particolarmente sviluppato la promozione, la commercializzazione e con molti legami nel settore calzaturiero. Dopo le proprietà, praticamente, c’è l’amministrazione e l’ufficio commerciale. Due cose separate che lavorano però fianco a fianco, a strettissimo contatto. Siamo in sei. L’amministrazione fa personale, paghe, tasse anche se poi ci sono alcuni commercialisti esterni, ma poi facciamo la contabilità anche all’interno. Gestiamo gli aspetti che provengono dal commerciale e dalla produzione. L’ufficio commerciale è ancora più a contatto con la produzione: perché l’ufficio commerciale, decide gli ordini, decide su quali macchine mettere a lavoro questi ordini, decide a chi farli fare, la tempistica, conosce quanti ordini ha già in carico, i tempi di evasione… In pratica l’ufficio commerciale decide anche…. voglio dire, funziona anche come ufficio che gestisce i cicli di produzione. Nell’ufficio commerciale abbiamo anche un responsabile che… diciamo… è il cavo di collegamento con la produzione… Poi in produzione ci sono 15 addetti attualmente» (Responsabile amministrazione, Akkotex).

2.3.2. Alsco Italia S.r.l. Alsco Italia S.r.l. (di seguito Alsco) nasce nel 1963 nell’hinterland milanese come società che offre un servizio professionale di noleggio e lavaggio di indumenti da lavoro e biancheria piana, rappresentando fin da subito un’attività industriale innovativa per l’Italia. Inizialmente nata con il nome di Linen Supply Italiana, il nome ALSCO che l’azienda acquisisce in seguito (American Linen Supply Company) deriva dal socio americano, già leader di settore dal lontano 1889. Nel corso dei decenni Alsco ha registrato una costante e progressiva evoluzione con l’ampliamento del numero e della tipologia di clienti, e del numero di sedi nazionali fino a creare due sussidiarie: Alsco Swiss e Alsco Sicilia. Ad oggi le sedi operative sono nove. Da quanto visto in sede di intervista, lo stabilimento di Pomezia (Roma) - così come tutti gli altri stabilimenti dell’azienda - funzionano attraverso un complesso sistema di gestione della qualità con cui garantire uniformità dei processi e servizi gestiti. Il core business di Alsco si basa sul servizio di noleggio full-service di abiti da lavoro e biancheria piana e si sostanzia nella ricerca del materiale tessile più appropriato. Una volta avviato, il servizio procede ciclicamente con la confezione di abiti personalizzati rintracciabili in ogni fase del processo; il ripristino con lavaggio e manutenzione; l’adozione di appropriati trattamenti ad alta tecnologia per capi indossati in ambienti critici

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ed eventuale sterilizzazione; la gestione e la logistica con ritiro e consegna presso le imprese; le organizzazioni clienti. Durante le fasi di ritiro degli abiti utilizzati, divisione degli abiti per tipologia, lavaggio, stiratura (con eventuale rammendo o sostituzione dei capi) e divisione dei capi per cliente e tipologia e consegna, viene utilizzato un sistema con microchip e lettura del microchip per il completo tracciamento del capo. Tutti i capi sono etichettati con un codice a barre che riporta diverse informazioni sul capo stesso, nonché il cliente a cui è il capo è associato; le stesse informazioni sono contenute in un microchip di multi-lettura applicato sull’indumento. Tramite la gestione dei dati contenuti nel microchip, il sistema informatico permette di ottenere informazioni puntuali su ogni singolo pezzo dall’ingresso in azienda fino alla riconsegna all’impresa cliente. Il sistema permette anche l’accesso via web da parte di quest’ultima per le consultazioni di varia natura relative alle dotazioni di indumenti. L’azienda dispone di sei clean-room in tutta Italia per processare internamente i capi fino alla classe ISO 3 con trattamenti antimicrobici brevettati. L’azienda ha una politica strategica di sviluppo di procedure e processi di minimizzazione dei rischi ambientali. Per questo suo ruolo, il gruppo Alsco è socio sostenitore dell'ASCCA (Associazione per lo Studio e il Controllo della Contaminazione Ambientale) e partecipa a numerosi corsi di formazione sulle caratteristiche degli indumenti e sulle procedure di vestizione in clean-room per gli operatori nei diversi settori. L’azienda è anche partner dell’European Textile Services Association. Oltre ai diversi comparti, l’azienda fornisce i suoi servizi anche ad altre importanti realtà lavorative come società autostradali, aziende municipalizzate, unità di pronto soccorso e pronto intervento, ditte di vigilanza, vigili del fuoco, banche e assicurazioni, società e imprese di catering e imprese della grande distribuzione. Nel campo delle aziende di elettronica, farmaceutica e alimentare, le attenzioni di Alsco nei cicli di noleggio, ritiro, lavaggio e controllo degli abiti da lavoro sono concentrate sugli aspetti legati alla protezione dei prodotti nelle fasi di produzione. Nell’industria alimentare, ad esempio, la gestione degli abiti da lavoro ha un grosso impatto sugli standard qualitativi: le procedure di sicurezza alimentare dell'UE, le prescrizioni di enti governativi legate alla normativa cogente, le norme volontarie di fabbricazione di qualità e le prescrizioni per certificazioni BRC e/o IFS richieste comportano il rispetto dei requisiti più elevati, raggiungibili solo tramite specifici processi industriali e tessuti ad hoc che l’azienda ha sviluppato utilizzando materiali resistenti ai lavaggi ad alta temperatura, capi dotati di sole tasche interne, elastici ai polsi e chiusure con bottoni automatici ricoperti. Altro esempio, per le lavorazioni in ambienti freddi, lungo la catena del freddo, Alsco fornisce linee di capi imbottiti e antistatici. Nel comparto automotive i capi vengono forniti per soddisfare i requisiti di della robustezza, della durabilità, ma soprattutto dell’antimpigliamento secondo la norma UNI EN 510, e per minimizzare il rischio di graffi o scalfitture sulle carrozzerie dei veicoli in produzione.

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Nell'industria delle biotecnologie il focus è invece sulla protezione del prodotto da contaminanti o alteranti, e l'indumento gioca un ruolo cruciale in quest'ottica: sono infatti necessari complessi sistemi di vestizione e processi di manutenzione degli stessi che siano rigorosi e collaudati. Grazie all’esperienza pregressa nelle aree a contaminazione controllata, l’azienda realizza, noleggia, ritira, lava e controlla indumenti in tessuti tecnici progettati per garantire accuratezza alla decontaminazione da agenti chimici o biologici. Tramite linee produttive separate e processi validati per l'abbattimento degli inquinanti vitali e inerti, si punta ad evitare ogni forma di contaminazione crociata e a preservare i risultati delle attività di ricerca di laboratorio. Gli abiti per i laboratori biotech sono realizzati con tasche interne, polsini chiusi, con tessuti senza rilascio di particelle e con capacità di filtrazione delle particelle cutanee. Per speciali applicazioni vengono forniti capi di protezione da calore e fiamma. L’adesione alle norme e alle procedure di certificazione per le varie attività rappresenta una dimensione centrale per l’azienda. I capi dei lavoratori esposti ad agenti chimici (EN 13034), ad esempio, sono trattati con una speciale procedura di ripristino dello strato idro-oleorepellente superficiale che ne assicura la protezione (alta repellenza e bassa penetrazione di liquidi). Anche i capi antistatici per aree ATEX (norma EN 1149-5) sono sottoposti a processi validati che assicurano il mantenimento nel tempo delle caratteristiche di dissipazione delle cariche elettrostatiche. I capi ad alta visibilità vengono sottoposti alla verifica dei requisiti fotometrici e colorimetrici delle bande rifrangenti e del materiale fluorescente di base, in modo da assicurare un indosso in sicurezza e conforme alle norme di riferimento durante l'uso. Alsco ha sviluppato inoltre trattamenti speciali per gli abiti utilizzati nel settore della cosmetica e della farmaceutica, gestendo speciali processi di lavaggio per eliminare lo sporco derivante dalle sostanze colorate. Nel comparto dell’elettronica, i trattamenti sono realizzati per preservare il prodotto dalle contaminazioni in fase di lavorazione: per gli ambienti a contaminazione controllata più esigenti, l’azienda noleggia speciali abiti e realizza trattamenti di decontaminazione particellare che al contempo garantiscono il mantenimento delle proprietà di dissipazione delle cariche elettrostatiche e il mantenimento dell'effetto filtro. È comunque nel settore della sanità che Alsco ha raggiunto una posizione di leadership. In questo campo impiega procedure di trattamento dei capi che superano tutti i requisiti di sicurezza richiesti dalle normative. Dato che la prevenzione e la protezione da patologie infettive, finalizzata a garantire un'adeguata ed efficace tutela del personale e del paziente, ha assunto un ruolo cruciale all’interno dei sistemi ospedalieri e sanitari, l’azienda adotta le specifiche Linee Guida sugli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatori. Fornisce i propri capi e indumenti a numerose realtà ospedaliere italiane, ne cura il ritiro, il lavaggio, la disinfettazione, il controllo, la qualità e la riconsegna. Realizza inoltre la gestione integrata a noleggio di set chirurgici sterili pronti all’uso, in tessuto tecnico a barriera riutilizzabile (TTR), specifici per le diverse specialità chirurgiche e con processi di ripristino e sterilizzazione validati e conformi alla Direttive CEE e alla norma UNI EN ISO

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13485. È dotata di un servizio di noleggio, trattamento igienizzante e di sanificazione e riconsegna dello strumentario chirurgico e della materasseria ospedaliera. I servizi comprendono la sanificazione, disinfezione e sterilizzazione in autoclave o mediante altri idonei trattamenti chimico-fisici dei materassi e dei prodotti complementari. Infine, Alsco è specializzata nella fornitura di servizi per l’igiene dei bagni, con personale qualificato che effettua visite periodiche presso le installazioni verificando che gli apparecchi per l'igiene ambientale e personale funzionino correttamente. Reintegra le scorte secondo gli standard concordati con le imprese ed effettua interventi di manutenzione periodica.

2.4. La formazione: analisi dei fabbisogni, attività formative e valutazione degli impatti La ricerca sul campo e le interviste ai diversi attori delle due imprese coinvolte consentono di mettere in luce le diverse modalità attraverso cui queste individuano e rilevano i fabbisogni di formazione aziendale, in che modo procedono alla realizzazione degli interventi formativi e soprattutto se e come vengono sviluppate attività di valutazione degli impatti. In via del tutto generale, la formazione può avere diverse finalità. Tuttavia, non è affatto casuale che, anche di fronte a solo due aziende, tra l’altro molto diverse per dimensioni, organizzazione e tipo di prodotti e servizi, sia stato riscontrato un approccio simile in termini di valutazione degli impatti. In entrambi i casi, infatti, la valutazione degli impatti non risposa su un sistema codificato, formalizzato ed empiricamente consolidato, ma varia di volta in volta a secondo delle finalità, dei contenuti e delle motivazioni alla base della formazione. Ad ogni modo, prima di procedere su questo punto che è quello di maggior interesse per la nostra trattazione, è doveroso descrivere le modalità di rilevazione dei fabbisogni formativi e le modalità di realizzazione degli interventi.

2.4.1. La rilevazione dei fabbisogni formativi Nel caso dell’azienda Akkotex, la rilevazione dei fabbisogni è generalmente condotta attraverso un fitto scambio informale di comunicazioni interne, favorito dalle piccole dimensioni dell’impresa e dal clima molto familiare e informale tra i vari addetti e le diverse figure professionali. La storia di Akkotex è rivelatrice di un contesto organizzativo e lavorativo molto piccolo e coeso: «Stazionando all’inizio attorno a pochi macchinari di un’officina molto piccola all’inizio gli addetti erano fondamentalmente cinque, sei persone. La famiglia Bressan e un paio di operai. Poi è successo che negli anni Novanta un po’ alla volta, hanno fittato il piccolo capannone di fianco e si sono un po’ allargati, finché… è successo che nel 2005 hanno deciso di costruire lo stabile che lei vede qui e che arriva fino in fono alla via e si sono trasferiti qui…. Prima del trasferimento eravamo una decina di addetti, considerando tutti. No, devo dire che c’è stata una crescita graduale e costante. Essendo un settore di nicchia. Anche rispetto alla crisi, noi non ne abbiamo risentito… Abbiamo le spalle

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grosse, non abbiamo avuto contraccolpi e adesso siamo una ventina, abbiamo raddoppiato gli addetti e stiamo assumendo ancora. Dal 2005 in poi la crescita degli addetti è continuata e poi abbiamo anche tanto lavoro che diamo in conto terzi ad altre aziende più piccole. Anche questo tipo di attività è in crescita» (Responsabile amministrazione, Akkotex). Per lo sviluppo dei piani formativi di intervento, si fa riferimento a consulenti esterni fidati, esperti di formazione e di procedure per la partecipazione a bandi di finanziamento di Fondimpresa. Il ricorso a tali figure esterne all’azienda avviene ogni qualvolta vengono individuati problemi di carattere organizzativo che si ritiene possano essere affrontati anche con il ricorso alla formazione del personale: «abbiamo uno studio che ci appoggia e che da sempre analizza…..e ci aiuta nel valutare i costi, ma anche nello scegliere a quali società rivolgerci per fare formazione, di volta in volta diversi» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). All’interno dell’azienda, un ‘trio’ formato dalla Responsabile amministrativa, dal Responsabile della qualità e dall’Amministratore unico guida l’azienda in una prospettiva di sviluppo organizzativo di lungo periodo e, all’interno di questo, riconosce le necessità di formazione che di volta in volta si presentano come elemento costitutivo del cambiamento. L’amministrazione ha una funzione di particolare rilievo nel management dell’azienda: «in amministrazione facciamo il monitoraggio di tutto l’andamento economico e finanziario in tempo reale… Giorno per giorno, quasi ora per ora. Facciamo indici di bilancio, break-even point, margine di contribuzione, giornalmente» (Responsabile amministrazione, Akkotex). Il rapporto continuativo con tutto il personale e nell’ambito di tutti i processi lavorativi sono due caratteristiche che migliorano la conoscenza dell’organizzazione e di riflesso consentono al ‘trio’ di avere una visione generale dell’organizzazione aziendale, ma al tempo stesso specifica dei singoli aspetti processuali delle lavorazioni. In Akkotex il rilevamento dei fabbisogni formativi avviene nell’ambito di un costante processo di monitoraggio dell’organizzazione e della gestione aziendale. Tale processo ha tuttavia un carattere semi-informale, con incontri periodici e diversi momenti di scambio e comunicazione tra le diverse figure professionali, in un contesto in cui ciascuna figura professionale ha più di un compito e di una responsabilità lavorativa. Il rilevamento dei fabbisogni altro non è che un elemento del sistema generale di “vigilanza e miglioramento continuo”. In un certo senso è un processo autoindotto, poiché i vertici dell’azienda definiscono degli obiettivi da raggiungere nell’ambito di un programma di sviluppo generale. «Questo è un tipo di azienda in cui chiunque, qualunque ruolo abbia, ha comunque una visione complessiva di tutta l’azienda. Io mi faccio moltissime passeggiate in produzione: osservo, guardo, scambio due parole, raccolgo quello che mi hanno da dire. Abbiamo poi tantissimi momenti per parlare, anche con le persone dell’ufficio commerciale. Quando c’è un problema o si parla di una cosa importante, ne discutono un po’ tutti. Poi c’è il responsabile della qualità che come dicevo è un ponte di collegamento tra produzione, commerciale e amministrazione. Ognuno ricopre

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tanti ruoli….Se spunta fuori un’esigenza formativa io sono la prima a saperlo e se c’è un ruolo da ricoprire in produzione, allora mi occupo io della ricerca e della selezione del personale» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). In funzione di questo processo continuo di analisi interna e informale degli eventuali fabbisogni formativi dell’azienda, possiamo dire che presso Akkotex gli interventi formativi rispondono sia ad esigenze di natura “manutentiva”, in particolare rispetto al continuo evolvere degli standard richiesti dalle normative vigenti sulla sicurezza, la protezione dei lavoratori e l’ambiente, sia ad esigenze di natura “strategica”, in riferimento alle innovazioni tecnologiche nei processi di realizzazione dei tessuti industriali speciali e in riferimento alle strategie di miglioramento continuo della qualità dei processi stessi e dei prodotti realizzati, sia, infine, ad esigenze di natura “istituzionale” in relazione alle pratiche formative dei neoassunti e sull’aggiornamento professionale sia degli addetti alla produzione che degli addetti all’area commerciale. Le attività formative convergono dunque in un’ampia gamma di contenuti: lingua inglese per le attività commerciali; sicurezza e protezione sul lavoro; aggiornamento sulle procedure meccanico-chimiche di realizzazione dei prodotti tessili; management e amministrazione. Non vengono comunque adottati strumenti specifici e formalizzati di rilevamento dei fabbisogni, né per il singolo addetto, né per gruppi di addetti. Vengono definite le aree delle anomalie, ma da queste non si passa alla traduzione di gap in termini di competenze. Questi vengono invece desunti e generalizzati a partire dalle problematiche che emergono gradualmente e di volta in volta nell’ambito di riunioni, incontri e momenti informali tra le varie figure professionali. In definitiva, attraverso questo approccio, vengono esaminate soprattutto le questioni relative ai processi produttivi e alle aree di attività che richiedono interventi per la prevenzione degli infortuni e degli incidenti, oltre che al rafforzamento delle strategie commerciali dell’azienda. L’esame dei fabbisogni non trova traduzione in documenti e strumenti formali di rilevamento e descrizione, ma viene condotto principalmente a livello operativo attraverso l’osservazione/individuazione delle esigenze di natura strategica e delle problematiche che progressivamente emergono nel campo della sicurezza, della protezione e dell’ambiente. A detta dei responsabili non è necessario predisporre l'esame puntuale del fabbisogno formativo dei lavoratori da avviare alla formazione, poiché questi aspetti sono desumibili dall'esame attento e congiunto del problema e del fabbisogno professionale ad esso associato. Sul piano metodologico si tratta di un vuoto. Ma evidentemente viene ritenuto sufficiente individuare gli ambiti tematici della formazione e i gruppi di addetti da inserire in formazione sulla scorta del dialogo continuo con questi e sulla base dell’osservazione diretta delle problematiche che meritano un intervento formativo. Questo approccio è probabilmente determinato dal tipo di contesto organizzativo, ovvero una realtà di piccole dimensioni in cui vi è una conoscenza molto diretta dei singoli dipendenti e delle loro capacità/competenze. In linea generale, la dimensione contenuta dell’impresa rende più facile identificare aree problematiche e, di riflesso, ambiti formativi.

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L’elevata prossimità tra reparti e lavoratori, e tra questi e la dirigenza, fa sì che gli scambi siano costanti e il flusso comunicativo aperto e continuativo. «Succede che per la formazione vengono a parlare con me oppure io sono già al corrente e vado io a parlare con loro, per capire bene di cosa si tratta. Cioè è importante capire che tipo di problema c’è. Poi se invece ci sono adempimenti e necessità sulla sicurezza, beh allora, lì ci sono i vincoli di legge …non è che bisogna stare tanto a parlare per capire… bisogna fare quella formazione e facciamo quella formazione» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). L’esperienza lavorativa quotidiana è in grado di circolare e quindi di far giungere concretamente le problematiche delle lavorazioni all’interno dello spazio-tempo formativo in cui evidentemente non si strutturano relazioni tra esperto-docente e tecnici-qualificati, ma si mette in atto un meccanismo circolare e reiterativo di ricerca delle soluzioni. Inoltre, anche nel rapporto tra i tecnici e la dirigenza si innesca un meccanismo di tipo circolare che consente di assestare di volta in volta la rotta. L’assenza di un audit analitico delle competenze dei singoli è il risultato di una strategia rivolta più al fabbisogno aziendale che a quello professionale del singolo, e l’assenza di strumenti formali di rilevazione dei fabbisogni aziendali è il risultato di una cultura e di una pratica di comunicazione interne all’azienda e fondate sulla fiducia personale e sulle relazioni dirette. La metodologia di rilevazione è dunque una parte dell’intero sistema di comunicazione e di fiducia aziendale. Il sistema consente di rilevare il fabbisogno partendo dal basso, ma innescando un processo che coinvolge la dirigenza. «Non ci interessano i questionari di feedback, anche perché quelli riguardano il giudizio che ogni lavoratore esprime come gradimento. Quali risultati ha prodotto nel singolo partecipante… non sono feedback che l’azienda guarda. Noi non li prendiamo in considerazione… A noi quest’aspetto non interessa: non siamo in tanti, siamo pochi e per noi quello che conta è il nostro giudizio rispetto proprio alle questioni pratiche del lavoro, dell’organizzazione, la qualità finale dei prodotti, la sicurezza, il funzionamento delle cose. Ecco su questi aspetti noi ci basiamo; su quello che rileviamo direttamente noi con i nostri occhi e se facciamo la formazione per migliorare l’inglese, quello che conta non sono i feedback sui test, ma se poi le persone sanno parlare a telefono in inglese e se sanno leggere un fax scritto in inglese» (Responsabile della qualità, Akkotex). Il ricorso a segnalazioni e resoconti espressi da parte delle diverse figure professionali che operano nell’azienda non riguarda i compiti e le competenze, le capacità o le attitudini, ma ingloba gli input, i processi e i prodotti dell’organizzazione del lavoro, secondo una visione circolare che va dal marketing alla produzione e dalla produzione all’amministrazione e da questa di nuovo al marketing. Essendo in ballo la comunicazione tra i reparti e la coerenza tra i processi che vi sono collegati, la rilevazione del fabbisogno si allarga a segnali di tipo più informale, ma essenziali per cogliere le caratteristiche dei margini di miglioramento. La concezione aziendale del miglioramento è ampia e comprende non solo gli aspetti economici e finanziari, ma anche la qualità del lavoro e il benessere ambientale dei lavoratori.

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Nel caso di Alsco Italia S.r.l., per la sede di Pomezia e in alcuni ambiti formativi anche per le altre sedi italiane, il rilevamento dei fabbisogni formativi aziendali è affidato al consulente interno, il Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, figura specializzata anche nella gestione e organizzazione delle risorse umane che opera a stretto contatto con la dirigenza. La sua funzione non è legata unicamente alla pianificazione formativa, ma anche alla consulenza organizzativa a tutto tondo nel campo della sicurezza, della protezione dei lavoratori, dell’ambiente e della qualità dei prodotti e dei processi, rispetto ai quali la formazione costituisce un elemento importante. Tuttavia, a livello centrale, il gruppo Alsco progetta e realizza grandi interventi formativi nel settore della sicurezza: «come gruppo abbiamo un ufficio della qualità centrale che traccia le linee guida di necessità e fabbisogni formativi che poi possono essere recepite dalle filiali e naturalmente integrate dalle scelte locali. Qui parliamo in modo particolare di formazione dedicata alla manodopera diretta, quindi ai grandi numeri dell’attività. Non sto a discutere della formazione di settori particolari, tipo che quello commerciale o settori più specifici che abbracciano un tipo di formazione specifica e più piccola» (Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità, Alsco Pomezia). Fondamentali nel tipo di rilevazione dei fabbisogni, sono gli indicatori e i segnali, spie e campanelli di allarme che vengono interpretati sulla base di un lavoro sinergico tra il Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità del gruppo e i Responsabili di produzione dei vari siti produttivi. Nondimeno, il metodo di rilevamento dei fabbisogni è differente rispetto al metodo utilizzato da Akkotex: anche se non si basa su procedure sistematiche e strutturate, nel caso della formazione in tema di sicurezza e protezione dei lavoratori e in tema di qualità e ambiente, la rilevazione dei fabbisogni è collegata all’analisi delle ricorrenze di eventi-indicatori successivi alla formazione: in fase di rilevamento dei fabbisogni si analizza la casistica delle segnalazioni di ‘mancati incidenti’ – eventi in cui si sono verificate situazioni prossime all’evento infortunio o all’evento incidente – oppure la casistica dei reclami da parte delle aziende clienti sulla qualità dei prodotti e dei servizi. Tali casistiche vengono analizzate in relazione alle tipologie di rischi e alle tipologie di reclami. A partire dall’individuazione dei rischi connessi agli eventi e delle problematiche legate alla qualità, il Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, in sinergia con l’Addetto alla Qualità in capo alla Direzione Generale redige un Piano formativo di massima che viene sottoposto alla direzione. In tale Piano, i fabbisogni formativi vengono declinati non in termini di competenze da sviluppare, rafforzare o estendere, ma in termini diretti di azioni formative. Il confronto diretto e costante con i singoli reparti e siti di produzione consente di acquisire direttamente dai Responsabili di produzione le informazioni chiave su diversi tipi di problemi che si manifestano nell’organizzazione o nella produzione. Tale confronto offre la possibilità di migliorare la comunicazione e quindi di anticipare l’insorgenza di problematiche più radicali nel campo della relazioni lavorative e del clima aziendale .

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La formazione risulta quindi strumentale rispetto al soddisfacimento di esigenze di natura “manutentiva”, in particolare riguardo alle norme di sicurezza, ambiente e qualità. Tuttavia l’azienda persegue una mission che va oltre le garanzia degli standard minimi richiesti dalle norme in materia, in quanto eleva al massimo la formazione tesa a ridurre i rischi e soprattutto a migliorare la qualità in termini di abbattimento dei reclami. Da questo punto di vista, l’analisi dei fabbisogni formativi e le attività formative che ne conseguono rispondono al contempo ad una funzione “strategica”, poiché puntano ad innalzare il livello della qualità dei servizi e dei prodotti. La formazione apre lo spazio di riflessione per il raccordo, la comunicazione, le modalità di gestione dei processi. Inoltre, la rilevazione dei fabbisogni formativi nei campi della sicurezza, della prevenzione dei rischi e della qualità viene a definirsi come un ciclo continuo di analisi formale e informale di eventuali problematiche segnalate da più figure professionali e in più occasioni ai Responsabili di produzione, all’interno di un clima cooperativo e spontaneo in cui l’azienda cerca di aumentare la circolazione di informazioni. «Nel nostro caso, l’azienda è chiamata continuamente a ridefinire le procedure del sistema della qualità. È un sistema di qualità integrato, che è un unicum, all’interno del quale ci sono tutte le norme di cui noi disponiamo» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco sede di Pomezia). In particolare, agli inizi di ogni intervento formativo sulla sicurezza o sulla prevenzione rischi, ai partecipanti viene somministrato un breve questionario volto a rilevare gli aspetti generali della sicurezza o della prevenzione rischi che non risultano sufficientemente integrati nelle competenze e nei compiti lavorativi dei rispondenti. L’analisi delle risposte aggregate di questa rilevazione costituisce una base di partenza sia per calibrare l’attività formativa in essere sui gap registrati, sia per progettare ed eventualmente realizzare ulteriori interventi formativi ad hoc. «Abbiamo trovato ed utilizzato un test per cui, chi sta facendo un dato corso, prima di iniziare può rispondere ad una serie di domandine che sono sull’ABC della sicurezza. Il docente prima di partire con il suo corso ha una panoramica sulle risposte e automaticamente riprende alcuni concetti e ripropone il test alla fine, tanto per capire… se quello che ti eri dimenticato, adesso io te lo ho rinfrescato» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia). Si può dire che con questo sistema lo spazio-tempo della formazione è sfruttato per rilevare i fabbisogni formativi. I questionari ai dipendenti si basano su strumenti più analitici rispetto alle comunicazioni tra il Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità e i Responsabili di produzione. Attraverso i questionari, anche la Direzione viene a diretta conoscenza dei problemi e delle difficoltà riscontrate lungo i diversi processi aziendali. In questo modo è possibile calibrare gli interventi formativi focalizzandoli specificamente sulle questioni oggetto della problematica riscontrata. Questa metodologia riesce a collocare concretamente i lavoratori al centro del sistema delle responsabilità e al centro del rilevamento dei fabbisogni. In primis è il lavoratore ad essere consultato. A questa metodologia si aggiungono i casi in cui vi sono interventi specifici: «mi viene in mente

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quando abbiamo implementato alcuni tipi di lavorazioni come ad esempio la lavorazione dei dispostivi medici… quindi noi abbiamo una linea di produzione che è lavorazione dei dispositivi medici per sala operatoria, con marchio CEE, autorizzazione dell’Istituto Superiore della Sanità che necessariamente all’atto della progettazione di un’area, di un sito nuovo di produzione… quindi se voglio implementare questa attività presso un sito, è evidente che oltre a tutta l’analisi dell’impiantistica e di investimenti, parte poi anche l’aspetto che riguarda le risorse umane e quindi di una formazione molto specifica, molto più mirata e meno generalizzata rispetto alle nostre attività» (Responsabile sicurezza, ambiente e sicurezza, Alsco, sede di Pomezia). Nell’ambito dei Piani formativi sottoposti alla Dirigenza vi è anche spazio per i risultati di un processo di più lungo periodo che si basa su una programmazione per obiettivi. Questa dovrebbe favorire l’emergere di fabbisogni formativi in chiave preventiva e anticipatoria. All’interno di tale programmazione vengono definiti obiettivi anche di tipo qualitativo che attengono ad eventuali innovazioni nei cicli di erogazione dei servizi. In sintesi, la rilevazione dei fabbisogni si basa su elementi empirici, ma si riproduce sulla scorta dei flussi di comunicazione interna all’azienda di tipo informale. Le pratiche integrate nella quotidianità aziendale producono un insieme di informazioni eterogenee più o meno formalizzate che oscillano tra semplici segnali e indicatori formali. Il tutto è interpretato attraverso l’esperienza del Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità coadiuvato dai Responsabili di produzione. Abbiamo visto che i due casi esaminati – Accotex e Alsco – rimandano a due modelli differenti di rilevazione dei fabbisogni formativi aziendali. Volendo sintetizzare in maniera estrema le differenze, sottolineiamo che: • Akkotex si basa sull’attività di osservazione e monitoraggio di tipo

informale attraverso cui vengono rilevati fabbisogni formativi da cui possono scaturire attività formative di natura “manutentiva”, “strategica” o “istituzionale”.

• In Alsco invece, l’osservazione e il monitoraggio di tipo informale si accompagna a strumenti di rilevazione di tipo formale attraverso cui l’azienda, di notevoli dimensioni, registra il verificarsi di situazioni di rischio nell’ambito della sicurezza e della prevenzione e indicazioni di miglioramento della qualità dei processi e dei servizi. Da questa forma di rilevazione l’azienda fa scaturire attività formative soprattutto con funzioni “manutentitive” che però possono diventare anche “strategiche”.

2.4.2. L’erogazione della formazione Possiamo ora osservare i rapporti che esistono tra i diversi obiettivi della formazione aziendale e le modalità di realizzazione delle attività formative, tenendo in considerazione le differenze nei metodi adottati per la rilevazione dei fabbisogni.

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In Akkotex il ricorso alla formazione è abbastanza frequente. Negli anni le attività di formazione aziendale sono aumentate, sia quelle a sostegno dell’adozione di innovazioni tecnologiche di processo e di prodotto (che presuppongono non solo una sempre maggiore cura per la sicurezza, la prevenzione e l’ambiente, ma anche per la qualità), sia quelle a sostegno delle strategie di estensione dei mercati internazionali di sbocco dei prodotti. «Noi facciamo tantissima formazione. Ogni anno c’è sempre un momento in cui si fa formazione e questo da 25 anni a questa parte… dall’inizio in azienda so che si è sempre fatta formazione… è una caratteristica di tutta la storia dell’azienda» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex) Le attività formative sono organizzate in base ai programmi predefiniti e ai contributi dei fondi interprofessionali, come ad esempio Fondimpresa oppure servendosi di consulenze dirette o gruppi di lavoro interni. In quest’ultimo caso la formazione avviene sia attraverso incontri con i dipendenti su temi specifici, come quelli del management, del marketing e della qualità dei processi di produzione, sia direttamente e autonomamente con risorse proprie: «i progetti di formazione aziendale dei fondi interprofessionali non ci bastano e quindi quando abbiamo bisogno di far partire un’attività formativa in un periodo in cui non ci sono possibilità di partecipare ai bandi di Fondimpresa, allora ci attrezziamo da soli. In un anno mediamente, un nostro operaio, fa circa 40 ore di formazione, se non di più..» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). La formazione erogata riguarda soprattutto gli aspetti della sicurezza, del marketing e delle competenze operative per i processi produttivi: «innanzitutto, badiamo alla sicurezza…. perché si tratta di macchinari e materiali potenzialmente pericolosi. Usiamo solventi, prodotti chimici. Abbiamo poi un abbattitore dei fumi dietro al capannone che è grande quanto mezzo stabilimento, per cui i corsi sulla sicurezza sono all’ordine del giorno» (Responsabile della qualità, Akkotex). Indipendentemente dal canale formativo, sul piano dei criteri attuativi l’azienda ritiene particolarmente strategica la formazione on the job, con l’affiancamento di consulenti esperti esterni. «Per esempio per l’inglese… Noi chiediamo all’insegnante di inglese direttamente di venire… come dire… a lavorare con noi, cioè le riportiamo proprio i casi linguistici che ci servono… oppure ci facciamo aiutare su i documenti, contratti scritti in inglese» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). Ma, l’azienda riconosce comunque la rilevanza dell’esperienza d’aula per rispondere ad esigenze di tipo più teorico. I momenti di riflessione e trattazione teorica in aula vengono ritenuti essenziali per veicolare nozioni teoriche e principi generali in grado di orientare la pratica, soprattutto per i contenuti formativi che toccano le questioni della sicurezza e della prevenzione. Tuttavia, per gli addetti alla produzione è necessario che gli aspetti tecnico-pratici prevalgano in modo da fronteggiare nel concreto le necessità per le quali si è programmata la formazione, anche allo scopo di evitare una riduzione dell’efficacia. Le ore di formazione realizzate in modalità classica frontale avvengono in uno spazio aziendale strutturato come aula di formazione (una sala riunioni), o all’esterno

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presso strutture formative nel caso il numero dei partecipanti di Akkotex sia basso. In questo modo è possibile costituire gruppi d’aula misti. Alcuni interventi formativi sono stati realizzati su richiesta delle figure professionali impegnate nella produzione, nella qualità, nel controllo dei processi. Questa particolare attenzione deriva dal ruolo attivo che gli addetti alla produzione rivestono nell’ambito dell’utilizzo di macchinari speciali e nell’impiego di sostanze chimiche. In particolare va sottolineato che le competenze pratiche degli addetti alla produzione sono particolarmente avanzate, proprio in relazione alle tecnologie di processo e alla complessità dei macchinari: «ci vogliono due anni per imparare bene il nostro lavoro... qui ci vogliono due anni, però non possiamo pretendere che conoscano già il lavoro specifico se non sono mai stati nella nostra azienda… dovranno imparare qui, impareranno qui… nella scrematura selezioniamo quelli che almeno hanno una certa esperienza generale nel settore… Anche perché una persona che viene lavorare qui non è di certo un ragazzino, perché altrimenti si spaventerebbe. Sono persone mature, già responsabili. Anche per una questione di sicurezza Per noi è importante che una persona abbia già esperienza come operaio in questo settore dei tessuti industriale» (Responsabile della qualità, Akkotex). In Alsco, negli ultimi anni, buona parte dell’attività di formazione organizzate per i dipendenti ha avuto per oggetto obblighi e adempimenti normativi relativi alla sicurezza, all’ambiente di lavoro e alla qualità. In modo preponderante la formazione è stata dedicata soprattutto alla sicurezza: «in quasi tutto il settore industriale, la formazione sulla sicurezza imposta dal decreto 81 e in modo particolare dall’accordo Stato Regioni del 2011… ha completamente assorbito quasi tutte le risorse formative… il 99% degli ultimi due o tre anni è stato preso da attività legata alla formazione sulla sicurezza… perché chiaramente l’accordo Stato-Regioni, differentemente da prima, ha tirato una linea dove ha imposto, in virtù del proprio codice Ateco, un monte ore di formazione… e parliamo di un minimo di 8 ore ad una massimo di 16 ore. Vale a dire 8 ore per il settore rischio basso, 12 il settore rischio medio fino a 16 ore il rischio elevato, calcolate su un 4 ore di base che sono trasversali per tutti, più le rispettive ore per la formazione specifica» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia). Tuttavia, questo tipo di formazione ha spesso risvolti di carattere strategico, poiché comprende il rafforzamento di competenze connesse alle procedure di certificazione della qualità. Prima di tutto, rispetto alla formazione sulla sicurezza le scelte aziendali sono improntate al massimo sforzo, ben oltre quanto richiesto dalla normativa: «quella sulla sicurezza è un’attività formativa che poi nell’arco di un quinquennio richiede l’aggiornamento di ulteriori 8 ore. Di base c’è un’attività formativa che interessa i preposti; poi c’è un’attività formativa molto spinta che interessa attività lavorative specifiche, vedi manutenzione, dove una serie di obblighi normativi che prima non c’erano e adesso ci sono hanno imposto un monte ore considerevole. Parliamo di quelle 8 ore, in più, se sei un preposto, altre 8 ore e se sei un preposto manutentore almeno altre 24 ore. Quindi lei capisce che nell’ultimo triennio, magari su alcune persone, abbiamo spalmato ben 25-30 ore di formazione il che non è

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facile da sopportare per una struttura. Ma inoltre quest’anno abbiamo fatto e stiamo facendo una formazione di integrazione a quella obbligatoria, perché c’è poi una interpretazione del codice Ateco in base alla quale… noi potremmo anche non farla questa formazione aggiuntiva. Il nostro codice Ateco ci dice che noi saremmo a ‘rischio basso’. Però io che sono il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione oramai di tutto il gruppo Alsco ritengo che questo rischio…. insomma…. Per una questione proprio strategica io decido che c’è bisogno anche di una formazione superiore e aggiuntiva» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia). All’interno dei diversi siti di produzione dell’azienda vengono poi realizzati interventi di affiancamento al personale in caso di reclutamento di nuovi addetti alla produzione. La formazione è svolta quasi sempre da personale specializzato interno, coordinato dal Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità del gruppo e dagli esperti interni di qualità: «personalmente, per esperienza, a me piace fare formazione con le risorse interne, in alcuni ambiti, quello sicurezza in particolare. Avere la conoscenza e l’esperienza dei propri processi, fa sì che si riesca ad avere una capacità di comunicazione molto più diretta. Si raccolgono anche molte più contraddizioni. Perché si può essere in contraddizione quando si dice una cosa sapendo magari poi che l’attività giù in impianto non è proprio in linea con quella cosa. Però rimane anche il coraggio di dire ‘senti queste dovrebbero essere le cose, aiutami a sistemarle’» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, Alsco, sede di Pomezia). Nel caso in cui, per problemi di grandi numeri, il personale interno non è sufficiente poiché più addetti sono coinvolti in attività formative, vengono reclutati formatori esterni, esperti non solo nei campi della sicurezza e della qualità, ma anche nei settori industriali vicini a quello di Alsco. In ogni caso, le attività formative si basano su gruppi di volta in volta poco numerosi, in modo da facilitare l’apprendimento e non ostacolare il flusso continuo della produzione: «noi stiamo andando avanti adesso nell’ultimo periodo con gruppi di 6-7 persone… in una dimensione grande e complessa come quella di Pomezia non possiamo fare altrimenti… in una dimensione dove abbiamo stabilimenti più piccoli dove l’unità produttiva è fatta da massimo 30-40 persone, a quel punto invece, anche se accade raramente, è molto più conveniente programmare, pianificando la produzione, un fermo produttivo di due ore e fare un gruppo da 20 persone e quindi la pianificazione dipende molto dalla capacità produttiva» (Responsabile della qualità, Alsco, sede di Pomezia) Per le attività di formazione, Alsco non partecipa a bandi di finanziamento poiché risulta difficile far combaciare i tempi della procedura di candidatura con le esigenze organizzative e formative dei diversi siti produttivi: «difficilmente partecipiamo a bandi di formazione… chiaramente la rigidità nell’erogazione della formazione implica che… Personalmente ho fatto un po’ di fatica con i bandi della formazione finanziata…. mentre con il Contoazienda…». (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia). Alsco del resto si affida ad un sistema centralizzato di pianificazione degli interventi di formazione: «la massa, il volume principale della formazione

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dedicata ai grandi numeri, cioè alle persone che sono a diretto contatto della produzione, si basa essenzialmente sulle linee guida e le scelte generali centrali che investono magari anche altri stabilimenti sparsi in tutta Italia. Ci sono dei piani formativi che vengono definiti poi in sede di riesame, sia a livello di riesame di gruppo che di riesame di sito. Questo tipo di applicazione è ciclica, quindi chiaramente ….lo start-up di alcune certificazioni è molto forte e poi però man mano del tempo a venire un mantenimento e quindi non ha più quella centralità, ma riguarda, mentre va scemando, i nuovi assunti, altro personale residuo e così via» (Responsabile della sicurezza, ambiente e qualità, Alsco Pomezia) L’azienda ricorre spesso alle attività in affiancamento, soprattutto per le esperienze di nuove assunzioni di personale. Ma oltre alla formazione per la sicurezza, Alsco organizza anche attività formative che insistono sul miglioramento della qualità: «oltre alla formazione per la sicurezza, forse oggi l’unica che riusciamo a mantenere e che teniamo attiva è per esempio la formazione sul reclamo… Il nostro personale viene coinvolto direttamente sul reclamo del cliente... - non tanto all’analisi dell’evento che chiaramente è evidente che se c’è una deviazione, è oggettivo no?… Qualcosa non ha funzionato - ma proprio legato ai comportamenti… La nostra attività comunque richiede sempre una manualità e ha ancora una componente legata alla persona abbastanza importante al di là delle competenze, delle garanzie che il processo mette in atto, quindi dei controlli. Quindi la componente umana, l’attenzione, il coinvolgimento sono fondamentali e quasi sempre in un’analisi di un reclamo viene fuori questa necessità e questa attività di formazione, cioè quella di lavorare sul coinvolgimento delle persone. Questo lo abbiamo sperimentato ovviamente sulla qualità del prodotto e lo sperimentiamo tutti i giorni sulla sicurezza» (Responsabile della qualità, Alsco, sede di Pomezia) Siamo ora giunti agli aspetti più importanti dello studio dei casi: la valutazione degli impatti della formazione. Prima di analizzare in che modo nelle due aziende avviene la valutazione degli impatti della formazione, è bene riportare sinteticamente gli aspetti più importanti emersi dalla descrizione delle modalità di realizzazione della formazione. • Akkotex realizza interventi formativi nell’ambito di tutte le aree aziendali

– management, amministrazione, marketing, sicurezza e qualità nella produzione, innovazione nelle tecnologie di produzione – a partire da esigenze specifiche delle figure professionali le quali hanno in molti casi ruoli e compiti diversi secondo un’organizzazione multiskill delle funzioni. Gli interventi formativi avvengono sia on the job che in ambito teorico, sia all’interno dell’azienda (formazione on the job e formazione teorico-pratica in modalità di aula), sia all’esterno dell’azienda (formazione teorico-pratica in modalità di aula). La progettazione e l’erogazione didattica sono demandate nella maggior parte dei casi a figure e strutture esterne all’azienda. Una quota consistente degli interventi formativi è finanziata attraverso il ricorso ai fondi interprofessionali. Gli obiettivi degli interventi formativi risultano collegati a diversi tipi di performance aziendale: miglioramento delle capacità commerciali attraverso interventi

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formativi in ambito linguistico (inglese commerciale, marketing); miglioramento delle capacità di governance finanziaria dell’azienda attraverso interventi formativi in tema di management e amministrazione; miglioramento della qualità di processo e di prodotto e della produttività in relazione ad innovazioni tecnologiche e di processo, attraverso interventi formativi on the job rivolti agli addetti della produzione; innalzamento degli standard di prevenzione dei rischi ambientali e della sicurezza sul lavoro, attraverso interventi formativi calibrati sulla prevenzione e sulle normative sulla sicurezza. In particolare, la formazione per il rafforzamento delle competenze in Inglese è divenuta molto importante: «negli ultimi anni abbiamo cominciato ad avere clienti stranieri, soprattutto per quel che riguarda i caschi da motocicletta. Quest’anno abbiamo fatto più di 100 ore di inglese. A questa attività partecipano le figure professionali dell’area commerciale e l’amministrazione, perché gli operai non ne hanno bisogno» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). In azienda, l’area commerciale riveste funzioni molto importanti e strategiche, poiché è in questo ambito che si acquisiscono gli ordini delle aziende. È un luogo dove le persone passano tutto il tempo a telefono, a gestire gli ordini, le variazioni di ordini, a prendere nota delle caratteristiche del prodotto. Anche perché, chiuso un accordo commerciale, molto spesso ci sono variazioni in corso d’opera, richieste diverse sui tempi e sui quantitativi. «Poi si contratta e si negozia e rinegozia di continuo, su tempi, cifre, consegne… Le aziende che ordinano possono a loro volta avere delle richieste nuove o differenti da altre aziende ancora… così l’ordine varia, oppure bisogna aggiungere altri ordini. È un lavoro molto intenso» (Responsabile area commerciale, Akkotex).

• Alsco concentra la realizzazione di interventi formativi nell’ambito della sicurezza e prevenzione dei rischi e tramite tali interventi punta indirettamente a migliorare la qualità dei processi di erogazione di una gamma diversificata di prodotti e servizi. Infatti, gli interventi formativi, alcuni dei quali obbligatori per legge, sono organizzati con riferimento anche agli sforzi affinché le condotte comportamentali degli addetti alla produzione contribuiscano a migliorare la qualità della produzione e dell’ambiente di lavoro. Gli interventi formativi sono pianificati, progettati e organizzati secondo un procedere articolato che coinvolge in maniera circolare i Responsabili di produzione dei vari siti – e tramite questi le varie figure professionali addette alla produzione – il Responsabile sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, gli esperti addetti alla qualità e alle certificazioni e gli organismi della dirigenza dell’azienda. Attività formative diverse, ma che incidono in minima parte sul budget totale riservato alla formazione, coinvolgono le figure professionali commerciali ed hanno spesso una dimensione operativa della formazione esterna all’azienda. Viceversa, la quasi totalità delle attività formative è realizzata all’interno dell’azienda, per lo più in modalità di formazione d’aula, anche se negli ultimi anni l’azienda si sta sforzando per ricorrere con maggiore

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frequenza a metodologie di formazione on the job. Infatti, come dichiara il Responsabile del gruppo per la sicurezza, l’ambiente e la qualità: «siamo stanchi di fare formazione in aula, perché le persone non recepiscono al meglio…Molto invece vale la formazione on the job. È molto difficile, ma è anche molto efficace. Cioè andare sulla macchina, sull’impianto, all’interno del proprio reparto e con il gruppetto che stai formando automaticamente crei la formazione per tutti. Tutti stanno guardando cosa sta succedendo. Partecipano, spiegano, raccontano. Emergono anche un’infinità di cose che magari non sempre sono attinenti, ma quella è poi la capacità del docente di saper filtrare le cose… Ma il futuro è quello, nel senso che la formazione in aula, in base alla nostra esperienza dovrà cedere sempre più il posto a quella on the job» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, Alsco). L’erogazione della formazione è in buona parte a cura di personale interno specializzato con competenze sulla sicurezza, la prevenzione di incidenti ambientali, la qualità e le procedure di certificazione. Nei rari casi in cui si impiegano formatori esterni, questi vengono selezionati tra docenti con esperienze pratiche o operative nel settore di riferimento di Alsco: «il docente è importante…. davvero importante… perché la formazione la si fa in N modi, ma dal momento in poi che al personale arriva una scarsa formazione, hai perso la credibilità sull’intero mondo della formazione» (Responsabile della qualità, Alsco, sede di Pomezia). Gli obiettivi degli interventi formativi sono collegati a due tipi di performance aziendale: garantire gli standard di massima sicurezza lavorativa e prevenzione ambientale in ottemperanza agli obblighi normativi e agli adempimenti previsti da vari tipi di certificazione della qualità e migliorare la qualità dei processi e dei servizi erogati.

2.4.3. La valutazione degli impatti della formazione Ora esamineremo nel dettaglio i metodi di valutazione adottati nelle due aziende oggetto di studio. In Akkotex non viene adottato alcun sistema formale e analitico di valutazione degli impatti della formazione. Naturalmente ciò non vuol dire che la dirigenza non si preoccupi di comprendere se un’attività formativa abbia sortito i benefici auspicati. Principalmente la dirigenza fa ricorso ad una serie di interpretazioni basate sull’osservazione di alcune evidenze e segnali visibili in azienda ex post. In alcuni casi la dirigenza impiega determinati indicatori, ma la rilevazione basata su tali indicatori non si serve di strumenti analitici, non è formalizzata e non riposa su alcuna metodologia empirica. Essa non è altro che la risultante di un continuo flusso di comunicazioni e relazioni de visu tra le figure professionali che hanno un ruolo di osservazione dei diversi processi aziendali. I segnali e gli indicatori derivano dalla definizione degli obiettivi formativi, ma né questi ultimi né i segnali e gli indicatori sono definiti in termini di misurazione. Non si tratta cioè di parametri empirici, ma di un processo di valutazione generale che non prevede l’esame puntuale e

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sistematico per singolo lavoratore, né per gruppi di lavoratori. La valutazione puntuale e sistemica ex-post degli impatti misurati su parametri predefiniti è considerata un processo troppo complesso che porterebbe via tempo e risorse ed è quindi percepita unicamente come un costo. «Noi ci basiamo sul fatto di vedere se cambia qualcosa dopo all’interno dell’azienda… Ad esempio, il caso dell’inglese… perché prima nessuno… se arrivava una telefonata inglese, pur avendolo studiato tutti a scuola, perché alle superiori ormai inglese te lo insegnano. Però una telefonata commerciale magari è un’altra cosa… Quindi ecco che abbiamo deciso di fare tutti un corso di Inglese… adesso ci sono più persone che sono in grado di parlare inglese, almeno di capire cosa dicono dall’altro lato del telefono… Quindi diciamo che il metodo per capire gli impatti della formazione è l’esperienza, l’esperienza diretta… dopo la formazione vedo se le cose sono cambiate in meglio o no» (Responsabile dell’amministrazione, Akkotex). Si preferisce procedere per inferenza: se ad esempio la finalità dell’attività formativa era il miglioramento della produttività in relazione ad innovazioni tecnologiche e di processo, a distanza di un certo periodo dal completamento della formazione, si è valutato se l’incremento si è verificato o meno sulla scorta delle opinioni degli addetti e del responsabile della qualità. Ad ogni modo, non vengono effettuate misurazioni, ma ci si basa sulla percezione condivisa. La successione temporale dei due eventi – formazione + maggiore produttività – è ritenuta di per sé un segnale affidabile dell’efficacia e del successo dell’intervento formativo. Le dimensioni comunque contenute dell’impresa e la vicinanza tra dirigenza e reparti rendono per lo più affidabile questo approccio che inoltre tende a privilegiare gli aspetti qualitativi basati sullo scambio reciproco di impressioni: l’attività formativa ha avuto successo soprattutto se le persone ne parlano in termini positivi e se la maggioranza degli addetti ha l’impressione che la formazione abbia prodotto cambiamenti positivi. I segnali dunque circolano all’intero della rete di relazioni e rafforzano le considerazioni basate sull’inferenza tra il prima e il dopo. La dirigenza osserva le reazioni, acquisisce i pareri, accumula opinioni e aggrega impressioni e grazie a questa molteplicità di segnali riesce ad immaginare gli impatti prodotti dalla formazione. Si tratta di un’opinione sollecitata, una valutazione personale prima e di gruppo dopo che giustifica ex-post l’importanza della formazione. Ma è chiaro che tale valutazione non rientra più nell’economia delle scelte: la valutazione che ha reso necessario il corso, è avvenuta ex-ante. Ex-post contano la circolazione delle informazioni e il livello di coinvolgimento e proattività dei lavoratori quali segnali di conferma. Non vi sono indicatori, ma si segue un approccio olistico con il quale sono considerate efficaci le attività formative a valle delle quali l’ambiente organizzativo umano risulta arricchito e soddisfatto agli occhi di chi vi è coinvolto. In definitiva, per la direzione di Akkotex non si avverte la necessità di adottare un sistema formale e analitico di valutazione degli impatti delle attività formative. Questo sembra dovuto principalmente al fatto che le attività formative sono considerate come portatrici di benefici a tutto tondo, ma

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soprattutto sul fatto che relazioni tra le figure professionali improntate alla piena fiducia, comunicazioni fitte e quotidiane, coinvolgimento di più figure professionali su più compiti lavorativi e le piccole dimensioni aziendali consentono di sviluppare un’osservazione diretta e partecipata che si impone come sistema di rilevazione mediata degli impatti della formazione, della esistenza o persistenza di problemi, dell’efficacia o meno delle soluzioni adottate. La proprietà si affida ai riscontri di efficacia che circolano nelle valutazioni soggettive delle varie figure professionali le quali diventano valutazioni aziendali in forza della loro circolazione diffusa. Sul piano dei segnali, sono soprattutto la maturità dei dipendenti e la qualità delle relazioni interpersonali a mostrare le ricadute della formazione. È il dialogo continuo con loro a fornire i segnali riguardanti l’impatto della formazione. Se la formazione è concreta, applicata, coerente alle esigenze e alle indicazioni che essi hanno comunicato, i lavoratori ne riconoscono il valore poiché ne percepiscono l’efficacia nelle loro pratiche quotidiane. Questa crescita di maturità si riconosce sia nel modo in cui continueranno a investire in formazione sia nel modo in cui contribuiranno alla definizione dei fabbisogni in fase di studio e pianificazione degli interventi, avviando così un circolo virtuoso dei segnali in fase di esplicitazione dei fabbisogni, apprezzamento della formazione, capacità di esprimere un giudizio sugli impatti. «Ci basta vedere con l’esperienza…. Diciamo che siamo tutte persone molto responsabili…. non siamo particolarmente attaccati all’idea di usare strumenti di rilevazione sulla formazione. Semmai sarebbe utile avere un sistema specifico di rilevazione delle problematiche. Che so… un test fatto ogni tot mesi in cui a tutti viene chiesto: ‘nel fare questa attività, quali problemi e difficoltà incontri? Queste difficoltà secondo te a cosa sono dovute? Come potrebbero essere migliorati questi aspetti?’, ecce cc. Però questo serve a rilevare in maniera costante gli eventuali fabbisogni di formazione o di organizzazione o di qualità o ancora di sicurezza… mentre una volta che hai fatto la formazione, secondo me, poi dopo basta vedere con l’esperienza e con i fatti se è servita o non è servita… fare proprio un calcolo di quanto è servita mi pare una cosa troppo grossa e faticosa» (Amministratore unico, Akkotex) Nel caso di Alsco, invece, vi sono alcuni elementi che in modo parziale contribuiscono ad un sistema di valutazione degli impatti che, in minima parte, può essere definito come empirico e analitico, poiché si basa sulla registrazione di eventi di potenziale infortunio e in riferimento al numero dei reclami dei clienti: l’azienda registra gli eventuali miglioramenti nelle fasi successive alla formazione nel campo della sicurezza e della qualità. «Ci sono attività formative che dimostrano con i numeri il loro buon esito ed è legato all’infortunio. Cioè dove noi abbiamo concentrato e aumentato l’intensità della formazione, abbiamo visto immediatamente un risultato numerico, quindi misurabile e monetizzabile volendo. Per cui io investo in formazione sul capitale umano, perché dalla mia analisi dei rischi mi accorgo che, dati 10 infortuni, il 90% è legato al comportamento e quindi non vado più a cercare l’investimento sull’impianto per metterlo in sicurezza, perché probabilmente lo ho già fatto, vado invece a vedere perché continuo ad avere degli episodi di

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infortunio e scopro che è molto legato al comportamento e quindi faccio formazione sui comportamenti e le condotte. Dopo rileva che il numero di eventi ‘rischiosi’ diminuisce e quindi significa che la formazione ha avuto un effetto positivo, anche monetizzabile» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia) Tuttavia, si tratta pur sempre di un’osservazione e non di un’analisi. Vale a dire che il giudizio dell’efficacia della formazione svolta non si basa sulla misurazione del peso effettivo che questa ha avuto nel ridurre o meno gli eventi a rischio e i reclami. In altre parole, non si valuta il contributo effettivo apportato dalle singole attività formative, ma si osserva in linea generale se i fenomeni relativi alla sicurezza e alla qualità beneficiano o meno, nelle condizioni successive alla formazione, di riduzioni numeriche. Inoltre, i processi di valutazione – comunque condotti in base alla semplice osservazione degli andamenti dei fenomeni di eventi di rischio e di comunicazione di reclami da parte delle aziende servite da Alsco – raramente analizzano le competenze, le conoscenze e le attitudini del singolo lavoratore prima e dopo l’attività formativa cui egli partecipa. Ciò avviene solo nel caso delle competenze strettamente legate alla conoscenza delle norme basilari di prevenzione dei rischi e degli infortuni e del soddisfacimento dei criteri minimi per la sicurezza sul lavoro. «Nel caso della formazione sulla qualità ci limitiamo ad un’osservazione empirica grossolana: una fase di rilevazione fatta sulla scorta di numeri che riguardano casi di reclami e accompagnata da un’analisi dei rischi o da un’analisi degli aspetti migliorabili. Poi segue la pianificazione e progettazione della formazione e poi l’erogazione. Però l’erogazione deve esser fatta bene; deve essere efficace, altrimenti è tutto inutile… Poi dopo osserviamo se c’è una riduzione del fenomeno» (Responsabile della qualità, Alsco, sede di Pomezia). In generale, chi deve esprimere una valutazione sulla riuscita delle attività formative osserva il prima e il dopo, con riferimenti numerici al verificarsi di eventi di rischio incidente e dati quantitativi e qualitativi relativi ai reclami che giungono circa la qualità dei servizi e dei prodotti erogati alle aziende servite. L’osservazione soggettiva e di gruppo attesta se si è verificato un miglioramento che viene ricollegato, per effetto di una stima interpretativa, anche ai fattori benefici della formazione. «Nel caso degli infortuni noi adottiamo strumenti di valutazione degli impatti della formazione. Anche perché questo, assieme a quello dei reclami, è l’ambito statisticamente più aggredibile. Noi abbiamo una costante attività di monitoraggio degli infortuni. È un’attività e sono degli strumenti che non nascono per la valutazione degli impatti della formazione, ma esistono e noi li utilizziamo da tempo, di per sé, per tenere sotto controllo questo aspetto molto importante. Tuttavia, questi strumenti di monitoraggio sono ottimi anche per valutare l’impatto della formazione poiché non tengono conto solo degli infortuni effettivi, ma anche degli episodi da cui si sarebbero potuti verificare degli infortuni. Vengono continuamente registrate tutte le anomalie e discrepanze che si verificano ed è chiaro che anche in base al tipo di discrepanze e al tipo di rischi è possibile inquadrare il tipo di lacune nei comportamenti e da queste passare alla

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formazione e poi verificare che tipo di record si registrano successivamente su quel tipo di discrepanza. Su altri campi è un po’ più complesso.» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità, Alsco, sede di Pomezia). La prossimità tra l’attività formativa e il rilevamento delle esigenze specifiche dell’azienda aumenta, nella percezione delle figure preposte all’organizzazione aziendale, l’affidabilità della valutazione. Anche in questo è evidente che l’osservazione del prima e del dopo in ambito lavorativo rappresenta di per sé il test diretto degli impatti. Anche in questo caso funziona l’inferenza e la deduzione logica. Infine, la valutazione scientifica degli impatti economici della formazione non costituisce un obiettivo aziendale: «Magari la valutazione specifica dell’impatto in termini economici sarebbe necessaria qualora bisogna attivare un intervento formativo molto costoso e dispendioso e allora bisogna pre-determinare la soglia economica minima di benefici attesi. Ma appunto è qualcosa che fissi prima della formazione, poi dopo, una volta che la formazione comunque la hai fatta, ha senso accertarsi che abbia funzionato, ma non ha più senso andarsi a calcolare esattamente se ha determinato il beneficio economico atteso. Basta verificare che l’impatto sia stato efficace e positivo. Io personalmente… sì, spendere troppo tempo e risorse per avere una rilevazione così puntuale. Andare a misurare se nella risoluzione di un problema l’impatto preciso della formazione è stato 5, 6 o piuttosto 9, è davvero relativo. È più importante invece guardare già avanti e andare subito a rilevare i prossimi fabbisogni. Poi dipende giustamente dalle organizzazioni, dalle dimensioni. Nel caso nostro il problema semmai è convincere tutti e avere tutti veramente a disposizione» (Responsabile sicurezza, ambiente e qualità del gruppo, Alsco, sede di Pomezia). Benché non si siano utilizzati strumenti specifici di misurazione e peso degli impatti specifici della formazione l’osservazione delle ricadute, forse proprio per questo motivo, diventa una pratica di riferimento assoluto. Gli indicatori indiretti e i segnali attengono direttamente agli obiettivi aziendali. Il rapporto tra rilevazione del problema, fabbisogno espresso dalle singole figure professionali attraverso i Responsabili di produzione dei vari siti e il superamento dei problemi rinvenuti rappresenta il processo lineare e schematico di considerazione sulla riuscita immediata dell’intervento. «Noi abbiamo inserito da un paio d’anni la segnalazione del rischio infortunio oppure dell’anomalia… per esempio io lavoratore mi accorgo che c’è qualcosa che non va nell’attività che faccio oppure c’è il collega che non fa le cose come andrebbero fatte e per cui abbiamo detto… Questo è uno strumento, ma può essere anche un indice. Dove riesco a ricevere molte segnalazioni, non significa che il mio sistema sta peggiorando, significa che io su 150 persone, ho 150 teste e 300 occhi. Probabilmente 10 segnalazioni sono banali e le reputo inutili, però le 5 che ricevo sono molto intelligenti e soprattutto mi danno le idea se le persone hanno capito. Non dico che questo sistema sia perfetto. Viaggia anche questo con delle consistenti caratteristiche da migliorare… questo sistema potrebbe essere utilizzato anche su aspetti relativi al processo» (Responsabile della qualità, Alsco, sede di Pomezia). L’adozione di questo

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approccio deriva dall’interazione costante tra tecnici, capi reparto, funzione gestione risorse umane e Dirigenza. La continuità del meccanismo di consultazione e la vicinanza al problema specifico rendono possibile valutare gli impatti singoli in modo olistico, mentre l’osservazione dell’andamento delle voci di fatturato giorno per giorno rappresenta piuttosto l’aggancio empirico necessario per giustificare la formazione e far convergere il personale verso un obiettivo tangibile.

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Capitolo 3 SPUNTI DI RIFLESSIONE Molto spesso le principali motivazioni e gli obiettivi della formazione aziendale investono proprio quei fenomeni e quegli aspetti non direttamente assoggettabili alla disciplina econometrica: l’incremento della job satisfaction; il miglioramento organizzativo; lo sviluppo del teamworking; l’adozione di nuove tecnologie di informazione e comunicazione; l’incremento della qualità del customer service; la riduzione del numero di conflitti interni e quindi il miglioramento de clima aziendale; la qualità dei prodotti e dei servizi finali e così via. Per non parlare della sicurezza e della qualità dei processi produttivi. Certo, sono tutti di aspetti che in linea di principio possono a loro volta contribuire al miglioramento dei benefici economici dell’azienda, ovvero determinare una riduzione dei costi e/o un aumento dell’entrate. Tuttavia, resta evidente come calcolare il legame lineare tra questi risultati economici e l’effetto della formazione sia un compito arduo, se non impossibile. I due casi che abbiamo esaminato in questo lavoro rafforzano le evidenze sino ad oggi raccolte nei nostri studi sul tema della valutazione degli impatti. In particolar modo sono perfettamente in linea con il quadro di sintesi emerso nel già citato progetto SIC. Le due aziende, molto diverse per storia, dimensione e cultura, non ricorrono ad un sistema formale, analitico, empirico di valutazione degli impatti della formazione. Anche in questo caso, tuttavia, non è possibile sostenere che ciò sia un gap nella loro politica e nelle loro strategie di sviluppo del business, ancora una volta trattandosi di realtà importanti del sistema tessile italiano di sicuro non carenti sul piano organizzativo. Al contrario, il processo di valutazione, inteso come sistema rigoroso di misurazione quantitativa o econometrica degli impatti netti della formazione aziendale, sembra semplicemente non adattarsi alle esigenze operative di queste realtà organizzative. Se, da un lato, un approccio “da manuale” alla valutazione potrebbe comportare senz’altro benefici, dall’altro i punti critici pongono qualche dubbio rispetto all’adozione: costi elevati, dedizione di tempo e risorse, pressione sull’ambiente produttivo, proliferazione di indicatori in grado di misurare comunque soltanto gli impatti lordi della formazione, persistenza di numerose altre variabili non esplorate e, pertanto, persistenza di uno stato di indeterminatezza delle scelte effettuabili in base ad esse. Tale assenza, tuttavia, non sta ad indicare che le due aziende basino la loro strategia valutativa semplicemente sulle impressioni, sulle sensazioni e sulle interpretazioni. Al contrario, sotto molti aspetti esse sono un esempio di come un approccio olistico non implichi l’aprioristico abbandono di qualsiasi metodologia formale, capace di lasciare traccia e quindi di essere riletta e ripetuta nel tempo. Il loro stile di valutazione non è improvvisato e fondato semplicemente sull’intuito della dirigenza, ma è supportato dalla sostanziale

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Capitolo 3

integrazione dell’attività formativa nelle prassi organizzative e produttive aziendali. La formazione non è un’esperienza episodica ed è accuratamente ponderata e finalizzata a risolvere problemi specifici rilevati sia attraverso dinamiche informali sia formali. L’elevata specificità dei problemi cui risponde la formazione accresce la facilità di percepirne il buon esito, o l’eventuale fallimento, anche attraverso prassi di lettura degli impatti poco formalizzate. In quest’ottica i due casi ci consentono di ribadire l’importanza di dieci principi, emersi nel Piano SIC, che riteniamo siano alla base di un sistema di valutazione fondato su un approccio analitico e al contempo olistico:

1. La valutazione può essere intesa come un processo continuo e non come un momento in cui si fotografa uno stato di cose attuale per compararlo ad uno stato di cose precedente. La continuità del processo è particolarmente apprezzabile poiché integra la valutazione nella pratica lavorativa quotidiana consolidando una cultura della valutazione che produce ricadute positive in termini di senso d’appartenenza e proattività.

2. In quanto processo deve presupporre il coinvolgimento di tutti gli addetti di un’azienda, tanto quelli interessati in modo diretto dalla formazione quanto quelli che ne sono rimasti fuori. Benché non coinvolti direttamente, questi dovrebbero essere comunque messi a conoscenza del tipo di formazione svolta, delle sue finalità e di come è collocata nell’ambito della più ampia vision aziendale.

3. Il coinvolgimento oltre a favorire la rilevazione delle esigenze, dei fabbisogni e degli obiettivi della formazione, accresce le occasioni per elaborare e formalizzare i segnali e gli indicatori degli impatti che siano validi, attendibili e condivisi. Questo lavoro di elaborazione e formalizzazione, poiché svolto nel tempo con una logica evolutiva e grazie al riscontro fornito dai lavoratori coinvolti a diverso titolo, rende possibile testare e adattare i criteri della valutazione agli inevitabili mutamenti delle pratiche oggetto di valutazione (che possono ridurre la validità e l’attendibilità degli indicatori) e coinvolgere tutta l’organizzazione in modo da costruire il consenso su tali criteri. Quest’ultimo è un passaggio fondamentale per favorire l’avvio di strategie di valutazione sistematiche che altrimenti potrebbero trovare resistenze sul piano organizzativo.

4. La valutazione degli impatti netti è possibile, fermo restando la disponibilità del personale a mettere in atto esercizi teorici di ricostruzione qualitativa delle variabili di controllo: è possibile infatti ipotizzare una ricostruzione da parte delle varie figure professionali, in gruppo e singolarmente, dei meccanismi all’opera nel loro lavoro, assegnando a ciascuno di essi un peso. Ciò fatto, è possibile chiedere loro di estrapolare il peso legato alle competenze e alle abilità in loro

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possesso. Questa operazione può essere fatta prima, durante e dopo la formazione e può addirittura essere messa a sistema e attuata in momenti cadenzati. Essa produce indubbiamente un beneficio collaterale non indifferente: una maggiore consapevolezza del proprio lavoro, dell’organizzazione in cui si è inseriti, dell’ambiente e del clima aziendale in cui si esplica.

5. La valutazione come processo costante implica autoriflessione e riflessione di gruppo. Presume un sistema in fieri in cui si ricostruisce ex-post la dinamica dettagliata secondo cui avvengono le cose. La traccia di tali ricostruzioni è il menù delle possibilità e al contempo il mosaico degli aspetti specifici in cui può intervenire o è intervenuta la formazione.

6. Gli impatti della formazione devono essere valutati separatamente rispetto agli obiettivi generali dell’azienda e, parimenti, gli indicatori e i segnali riguardanti tali impatti devono essere concepiti come di natura diversa dagli obiettivi stessi. Una cosa infatti è l’obiettivo aziendale di migliorare la qualità media dei servizi resi o dei prodotti realizzati, altra cosa è l’indicatore prescelto per valutare questo contributo e altra cosa ancora è il modo in cui la formazione contribuisce a raggiungere questo obiettivo. Sebbene obiettivi aziendali, impatti della formazione e indicatori della valutazione della formazione siano strettamente connessi secondo un procedere logico, essi vanno analiticamente e concettualmente distinti.

7. La valutazione degli impatti non può non basarsi soltanto sull’interpretazione e sull’osservazione partecipante. Tanto una figura esterna che non partecipa direttamente e mantiene un approccio olistico ma leggermente distante, quanto chi è invece direttamente coinvolto nelle attività lavorative, in quelle formative e in quelle di valutazione, attraverso un approccio autoriflessivo, può basarsi sull’osservazione e sull’interpretazione soggettiva. Il fatto che l’interpretazione sia soggettiva non vieta che possa tradursi in segnali e indicatori condivisi e quindi in un certo senso oggettivi. Proprio i momenti della formazione contengono, spesso in modo latente, inespresso e non formalizzato, tutte le potenzialità per configurarsi come spazi di costruzione dell’oggettività condivisa.

8. La valutazione degli impatti della formazione può generare un giudizio positivo o negativo sull’attività già realizzata. Il suo obiettivo tuttavia, come si può facilmente immaginare, non è questo di per sé: se gli impatti non sono stati positivi, non si può certo tornare indietro. L’obiettivo è semmai migliorare le capacità di collegare gli strumenti, i contenuti e le metodologie formative adeguate ad esigenze e problematiche aziendali. Riconoscere che un’attività formativa non ha funzionato come ci si aspettava significa poter calibrare meglio il

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Capitolo 3

tentativo successivo. Inoltre non va sottovalutato che la valutazione può portare a riscontrare impatti sì diversi da quelli programmati ma comunque positivi.

9. La formazione aziendale è tuttavia sempre portatrice di una fondamentale efficacia legata agli aspetti organizzativi e comunicativi di un’azienda poiché essa offre, di là dei contenuti di cui tratta e degli obiettivi specifici che si propone, l’opportunità di riflettere in gruppo sul lavoro, sul clima e sui flussi di comunicazione: un aspetto questo che di per sé produce benefici in termini di capacità di formalizzare e astrarre le esigenze di ciascuno e quindi dell’azienda.

10. Infine, la valutazione degli impatti della formazione deve basarsi sulla trasparenza e sulla comunicabilità dell’intero processo aziendale che deve essere chiaro e comprensibile sin dalla rilevazione dei fabbisogni, passando per la definizione degli obiettivi e arrivando alla condivisione degli indicatori, dei segnali e delle pratiche della valutazione.

Si tratta di condizioni che possono favorire il raggiungimento di esiti positivi della valutazione, ma che di certo non eliminano tout court tutti i problemi che sono legati a questa complessa attività. Ad esempio, resta aperto il rapporto tra valutazione interna all’organizzazione e valutazione a livello di sistema. In che modo le istituzioni responsabili della programmazione formativa possono valutare gli impatti dei piani finanziati con le risorse da loro erogate? Quanto possono apprendere dalle strategie di valutazione utilizzate dalle organizzazioni beneficiarie? Approcci troppo formalizzati rischiano di non integrarsi con le esigenze delle aziende poiché troppo onerosi sul piano organizzativo e, come abbiamo visto, troppo distanti dalla loro cultura aziendale. Approcci eccessivamente qualitativi, invece, risulterebbero troppo onerosi per le istituzioni e gli enti finanziatori poiché di difficile applicazione in tempi ridotti e portatori di risultati difficilmente standardizzabili. Un approccio intermedio potrebbe essere rappresentato da indagini periodiche con panel longitudinali selezionati con tecniche ragionate per l’inclusione delle aziende. Questo tipo di indagine, non privo di criticità, può comunque favorire il coinvolgimento, la fidelizzazione, la continuità nel tempo, tutti aspetti che migliorano la possibilità di avere resoconti approfonditi, ma anche standardizzati. Parallelamente non è da sottovalutare il problema opposto: in che modo è possibile supportare quelle imprese che non sono in grado di rilevare, neanche attraverso procedure informali (“non da manuale”), tanto il fabbisogno formativo quanto gli impatti della formazione erogata per soddisfarlo? Come abbiamo visto le aziende oggetto dei nostri studi, sono organizzazioni di dimensioni medio piccole, ma caratterizzate da modelli produttivi comunque evoluti. Piccole e, soprattutto, micro imprese di carattere informale potrebbero non avere il know how e la cultura organizzativa necessari per soddisfare molti dei requisiti illustrati nei precedenti 10 punti.

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Come è possibile sostenerle affinché sviluppino i requisiti necessari? Si apre a tale proposito un altro interessante dibattito, oggetto di approfondimento in prossimi studi, sui servizi di consulenza ed assistenza per questa ampia platea di aziende. Anche in questo caso, però, non è possibile prescindere da una prospettiva olistica in grado di trasmettere non solo metodi e tecniche, ma anche i principi necessari per sviluppare una cultura della programmazione e della valutazione indispensabile per far si che a livello di sistema la valutazione non sia percepita unicamente come pratica ispettiva potenzialmente sanzionatoria.

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