l'ago di clusane numero 10

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CIRCOLO CULTURALE CLUSANENSE È possibile assicurare a tutta l’umanità un’ alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile? Questo è il quesito attorno al qua- le si svilupperà l’EXPO milanese del 2015. Contrariamente a ciò che si po- trebbe pensare, l’esposizione uni- versale non si focalizzerà unica- mente sul mondo dell’agricoltura, bensì utilizzerà questo argomento come filo conduttore, per tessere un discorso in grado di coinvolge- re molti altri settori. Non occorre scavare a fondo per comprendere come i problemi dell’alimentazione e della soste- nibilità non siano dovuti solo all’agricoltura. Queste ed analoghe problematiche, spesso e volentieri, si radicano in settori come la pro- duzione industriale, il commercio ed altri ancora. Proprio per con- trastare queste tendenze, come già annunciano gli organizzatori, i principali strumenti che verran- no utilizzati, per far luce in quel futuro che pare sempre più cupo, saranno la ricerca scientifica unita ad una buona dose di innovazione. Una prova della determinazione, con la quale i dirigenti hanno in- tenzione di seguire questo sentiero, ci è stata già data quando, in fase di progetto, decisero di dare una connotazione futuristica alla sede dell’EXPO, puntando sulla ricerca e sulla genialità made in Italy. In particolare, la struttura deno- minata “PALAZZO ITALIA”, ha già assunto un ruolo distintivo. Questo palazzo, progettato dallo stu- dio Nemesi&Partners (noto studio di architettura italiano), si ispira al tema dell’ “albero della vita”, dando cioè importanza alla foresta come fonte utilizzatrice di energia rinnova- bile, tramite la quale rigenerare la ter- ra, mantenendo l’ecosistema intatto e preservando la naturale biodiversità. I progettisti non si sono limitati a modellare un edificio dalle sem- bianze in grado di riprodurre una foresta, ma hanno integrato sistemi compatibili con l’ambiente senza creare limiti usufruitivi o funziona- li, e permettendo ai visitatori una nuova esperienza: un’immersione in un’atmosfera di dialogo tra ar- chitettura e ambiente circostante. Tra le molte novità adottate dal progetto, quella che sicuramente ri- veste un ruolo di principale impor- tanza è la “pelle” esterna dell’edi- ficio. Non a caso viene chiamata pelle: si tratta di una membrana realizzata in cemento biodinamico che riveste interamente l’edificio e che permette alla struttura di si- mulare il comportamento armonio- so di una foresta. EXPO 2015 : ALIMENTAZIONE, ARCHITETTURA E FUTURO Numero 10 Maggio 2014 scriveteci il blog online [email protected] facebook la redazione lagodiclusane.wordpress.com Qui potrai scaricare tutti giornalini precedenti, potrai anche interagire con noi commentando gli articoli del blog. Pagina ufficiale: L’Ago di Clusane Archetti Alessandra, Barbieri Gabriele, Belotti Federico, Bertoletti Paola, Bianchi Paola, Bianchi Luigi, Bonardi Bruno, Cancelli Nicoletta, Colosio Laura, Ferrari Deborah, Lopizzo Nicola, Pedemonti Giovanni, Piccinelli Veronica, Regonini Simone, Treccani Carloalberto, Viti Benedetta. Grafica: Andrea Sabadini. di Federico Belotti ... continua a pag. 3

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L'ago di Clusane numero 10

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Page 1: L'ago di Clusane numero 10

c I R c o l o c u lt u R A l E c l u S A N E N S E

È possibile assicurare a tutta l’umanità un’ alimentazione buona, sana, sufficiente e

sostenibile? Questo è il quesito attorno al qua-le si svilupperà l’EXPO milanese del 2015.Contrariamente a ciò che si po-trebbe pensare, l’esposizione uni-versale non si focalizzerà unica-mente sul mondo dell’agricoltura, bensì utilizzerà questo argomento come filo conduttore, per tessere un discorso in grado di coinvolge-re molti altri settori.Non occorre scavare a fondo per comprendere come i problemi dell’alimentazione e della soste-nibilità non siano dovuti solo all’agricoltura. Queste ed analoghe problematiche, spesso e volentieri, si radicano in settori come la pro-

duzione industriale, il commercio ed altri ancora. Proprio per con-trastare queste tendenze, come già annunciano gli organizzatori, i principali strumenti che verran-no utilizzati, per far luce in quel futuro che pare sempre più cupo, saranno la ricerca scientifica unita ad una buona dose di innovazione.Una prova della determinazione, con la quale i dirigenti hanno in-tenzione di seguire questo sentiero, ci è stata già data quando, in fase di progetto, decisero di dare una connotazione futuristica alla sede dell’EXPO, puntando sulla ricerca e sulla genialità made in Italy.In particolare, la struttura deno-minata “PALAZZO ITALIA”, ha già assunto un ruolo distintivo.Questo palazzo, progettato dallo stu-dio Nemesi&Partners (noto studio

di architettura italiano), si ispira al tema dell’ “albero della vita”, dando cioè importanza alla foresta come fonte utilizzatrice di energia rinnova-bile, tramite la quale rigenerare la ter-ra, mantenendo l’ecosistema intatto e preservando la naturale biodiversità.I progettisti non si sono limitati a modellare un edificio dalle sem-bianze in grado di riprodurre una foresta, ma hanno integrato sistemi compatibili con l’ambiente senza creare limiti usufruitivi o funziona-li, e permettendo ai visitatori una nuova esperienza: un’immersione in un’atmosfera di dialogo tra ar-chitettura e ambiente circostante.Tra le molte novità adottate dal progetto, quella che sicuramente ri-veste un ruolo di principale impor-tanza è la “pelle” esterna dell’edi-ficio. Non a caso viene chiamata pelle: si tratta di una membrana realizzata in cemento biodinamico che riveste interamente l’edificio e che permette alla struttura di si-mulare il comportamento armonio-so di una foresta.

Expo 2015: AlImENtAzIoNE,ARchItEttuRA E futuRo

Numero 10 Maggio 2014

scriveteciil blog online

[email protected]

facebookla redazione

lagodiclusane.wordpress.comQui potrai scaricare tutti giornaliniprecedenti, potrai anche interagire con noi commentando gli articoli del blog.

Pagina ufficiale: L’Ago di Clusane

Archetti Alessandra, Barbieri Gabriele, Belotti Federico, Bertoletti Paola,Bianchi Paola, Bianchi Luigi,Bonardi Bruno, Cancelli Nicoletta,Colosio Laura, Ferrari Deborah,Lopizzo Nicola, Pedemonti Giovanni,Piccinelli Veronica, Regonini Simone,Treccani Carloalberto, Viti Benedetta.

Grafica: Andrea Sabadini.

di Federico Belotti

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pag. 2 L’ago di Clusane

pIANGE chI puÒ, RIDE chI VuolE*uNA pRopoStA pER l’ARSENAlE

Le Fondazioni d’arte rivestono in Italia un ruolo cen-trale accanto al sistema pubblico museale. Tuttavia, l’istituto giuridico delle fondazioni, con

particolare riferimento all’attuale crisi economico/fi-nanziaria, mostra ora alcuni limiti. L’idea di costituire la Fondazione Arsenale negli spazi dell’Arsenale stesso, ad Iseo, è stata senza dubbio la scelta giusta: lo status legislativo che regola le fondazioni di questo tipo in Italia permette ad esse di essere snelle da un punto di vista organizzativo, finanziario e contabile. Nonostante la configurazione statuaria, la discreta pro-grammazione portata avanti negli anni e la capacità di garantire un’attività culturale, indipendentemente da al-cune difficoltà legate alla mancata riscossione di una im-portante sponsorizzazione, la F. A. ha sofferto di diversi problemi riferibili alla sua giovane età, tra i quali la man-canza di un importante patrimonio finanziario iniziale e la carenza di una forte attività di fundraising, dovuta ad un’organizzazione interna non ancora ottimale. La sfida, oggi, è quella di riorganizzare e rivedere la F. A., prendendo a modello alcuni grandi esempi italiani come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Tori-no, la Fondazione Ratti di Como, la Fondazione Pistolet-to di Biella, o, ancora, la Fondazione Hangar Bicocca a Milano. Si rende necessario ripensare alla possibilità di una Fondazione di Partecipazione, definita di tipo mi-sto pubblico-privata, in modo da coniugare l’elemento di pubblica utilità con quello di una partecipazione personale e patrimo-niale di soci privati, consentendo di portare avanti l’attività espositiva (ma non solo), intesa come valore sociale, alla possibilità di produrre un profitto da reinvestire poi in pro-getti o in altre forme culturali. Come noto, le fondazioni e le associazioni non hanno finalità lucrative.Sarebbe auspicabile portare avanti, attraverso formule di membership, corporate membership e partner-ship, rapporti di reciproco interesse con imprese private, in cui non sia solo la F. A. a bene-ficiarne, ma in cui aziende e privati coinvolti possano trarre vantaggio attraverso una serie privilegiata di pro-getti e servizi culturali offerti dalla fondazione stessa.Si rende necessario, altresì, valutare l’opportunità di

collaborare con istituzioni e gallerie del territorio, in modo da poterne condividere i progetti, e quindi razio-nalizzare i costi e le spese, l’organizzazione e l’esperien-za. Le gallerie, ad esempio, potrebbero allestire mostre ed eventi approfittando degli spazi dell’arsenale, che verrebbero messi a disposizione gratuitamente nei casi di collaborazioni o mostre condivise, o anche eventual-mente affittati. Forme di parternariato, che non devono mettere paura, ma che devono significare una possibi-lità di collaborazione, facendo convivere le finalità isti-tuzionali con una sostenibilità finanziaria intesa non solo come un semplice dato tecnico, ma anche come comportamento etico.Particolarmente interessante e personalmente molto sentito è l’aspetto della collaborazione con le Univer-sità e le Accademie. Ed in particolar modo, mi riferisco all’Università Cattolica di Brescia, nello specifico alla Fa-coltà di Scienze e tecnologie delle arti e dello spettacolo (S.t.ar.s), alle Accademie LABA e S. Giulia di Brescia, ma anche all’università di Bergamo e all’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, attraverso progetti condivisi, stage e tirocini. La F.A. potrebbe diventare un labora-torio sperimentale, dove mettere in pratica gli insegna-menti ricevuti nel campo del fundraising (ma anche della ricerca di risorse umane e di volontari che vogliano col-laborare e prestare le loro competenze alla F.) dell’or-ganizzazione di eventi artistici e della comunicazione.

Laboratorio nel quale immettere co-noscenze e competenze, con partico-lare attenzione ai bandi sia europei che territoriali. In questo caso, F. A. e Università potrebbero collaborare e condividere sia i progetti, sia le fasi di stesura e di partecipazione ai bandi. La collaborazione con le Uni-versità potrebbe, inoltre, permettere alla Fondazione di collaborare con persone giovani e di capacità, spesso ricche di idee, competenze nuove e voglia di fare.Il consiglio di amministrazione do-

vrà inoltre essere formato o affiancato da esperti, critici e curatori, ma anche da persone esperte di marketing e di management, che di comune accordo garantiranno la funzionalità e la qualità dell’offerta artistico-culturale. I membri del consiglio dovranno essere persone di ricono-

di Carloalberto Treccani

CONCORSO FOTOGRAFICO

Nei prossimi giorni sulla nostra pagina facebook L’AGO DI CLUSANE verranno pubblicate tutte le in-formazioni a riguardo, inoltre verranno distribuite per il paese locandine e flyer.

“Clusane,luoghi e persone”

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pag. 3 L’ago di Clusane

... prosegue da pag. 1

sciuta competenza in modo da attirare possibili investi-tori e da creare una rete di quelle che in inglese vengono chiamate connection, con imprese, artisti, collezionisti, ma anche musei, fondazioni e pubbliche amministrazio-ni. Necessaria sarà inoltre la figura del fundraiser che dovrà dedicare il tempo necessario alla ricerca di dona-tori, da coinvolgere in modo continuo in un progetto di più ampio respiro e non legato ad una sponsorizzazione sporadica. Il fundraiser dovrà inoltre saper sviluppare un progetto che sappia stringere un forte legame con la comunità e con le diverse realtà pubbliche e private che la compongono, in modo da coinvolgerle efficacemente nelle attività della fondazione. Tutto ciò per realizzare un programma culturale di qualità assicurandone la du-rata nel tempo; un programma che spesso, ma non sem-pre, il nostro apparato burocratico, partitico, pubblico non è stato in grado di garantire.

La F.A. dovrà essere un luogo che sappia accogliere cit-tadini e imprese, un luogo attento e aperto agli stimoli esterni, luogo da ripensare in ogni dettaglio: dagli orari e modalità di apertura, alla rivalutazione degli spazi (si potrebbe ad esempio, a costo zero, eliminare la pesante struttura espositiva in legno che copre alcune pareti rendendo gli spazi più vicini a quelli che sono gli stan-dard espositivi internazionali contemporanei e rivedere, sempre a costo zero, la ancora pesante ed ingombrante struttura che sostiene l’illuminazione nella sala prin-cipale), alla definizione chiara e precisa della mission della fondazione. Un cambiamento profondo, ma possibile.

* Pleur qui peut, rit qui veut(Piange chi può, ride chi vuole),Premio Furla 2011, Christian Boltanski

Partendo dalla base con una trama molto fitta, tale struttura raggiun-ge l’apice, dove le fronde iniziano a essere più rade. Oltre alle carat-teristiche estetiche determinate dal rivestimento, la vera novità risiede nel materiale che lo compone.Il cemento biodinamico, brevettato per l’occasione dalla Italcementi, racchiude nel nome le principali in-novazioni che comporta.Il primo aggettivo “bio” (inconsueto per un cemento), racchiude la capaci-tà fotocatalitica dell’ elemento, cioè, in parole povere, se questo è illumi-nato dalla luce solare, è in grado di eliminare alcuni inquinanti presenti nell’aria trasformandoli in Sali inerti. Per di più, la miscela è composta per l’80% da materiale di scarto derivan-te dalla lavorazione del marmo.Secondariamente, l’aggettivo “di-namico” sottolinea l’estrema faci-lità di impiego del materiale indi-pendentemente dalla complessità dell’elemento da realizzare.Oltre al rivestimento esterno, inter-vengono moltissimi altri sistemi fun-zionali all’indipendenza energetica.

Invece di elencare una serie di elementi, senza poi spiegarne l’effettivo uso, vorrei fare solo un ultimo esempio, che sottolinea la sensibilità con la quale è sta-to affrontato il tema dell’eco-compatibilità.Difatti, oltre all’idea dell’au-tosufficienza energetica,durante la progettazione, si è pensa-to all’ impatto che avrebbe prodot-to sull’ambiente. Nulla è lasciato al caso, anche il rivestimento che crea la pavimentazione esterna è stato progettato al fine di non compromet-tere il ciclo delle acque piovane (si pensi che, solo per la parte riservata all’Italia, si parla di 30000 m² di su-perficie da pavimentare); così facen-do, si ottiene un buon compromesso tra la funzione voluta e l’alterazione (inevitabile) dei sistemi naturali.Dopo aver assistito alla presentazione del Palazzo Italia tenuta dal progetti-sta Michele Molè, comprendo come il

suo lavoro e la sua voglia di fare siano un esempio da seguire, così come il progetto da lui creato sia un’occasio-ne per valorizzare la capacità innova-tiva delle imprese italiane, e sia altre-sì un incoraggiamento per lo sviluppo di prodotti sostenibili e di tecnologie eco-compatibili.Tornando all’interrogativo iniziale, mi auguro che il grande motore dell’EXPO faccia buon uso di quella inesauribile fonte chiamata inge-gno, e che riesca ad ingranare la marcia giusta al fine di rispondere concretamente alle esigenze ali-mentari attuali e future.

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pag. 4 L’ago di Clusane

di Paola Bertoletti

Chiunque passi da Clusane non può non notare la presenza di un massiccio palazzo fortificato che domina il paese e il lago dal promontorio ovest

della parte antica del borgo. Il castello di Clusane, o del Carmagnola, si presenta come un severo palazzo a pianta quadrata con un loggiato su un fronte. I pochi documenti pervenuti attestano che nel 1412 la proprie-tà apparteneva alla famiglia dei Malatesta e successi-vamente, nel 1427, alla Repubblica Veneta in seguito alla confisca dei beni degli Ysei. L’imponente costruzio-ne fu donata l’anno seguente a Francesco di Bussone detto “il Carmagnola”, da qui il nome del castello, per i servizi prestati come comandante di tutto l’esercito della terraferma. Il grande condottiero divenne signore del castello solo per quattro anni, poiché nel 1432, ritenuto un traditore dai veneziani, fu giustiziato e i suoi beni vennero venduti ai privati. Il castello fu successivamente acquistato dalla nobile famiglia dei Sala che trasformò la proprietà per renderla più simile a una residenza secondo i canoni rinascimentali. Fu grazie a questi interventi se sul prospetto orientale si può apprezzare una loggetta con quattordici campate sostenute da colonnine di pietra e una fascia affrescata che corre lungo il sottotetto.A partire dal XVII secolo, il castello venne diviso in più proprietà e lasciato in dote a diverse casate. Ogni fami-glia, tra cui ricordiamo i Soncini, i Maggi, i Coradelli e i Lana, riadattò la proprietà secondo le proprie esigenze, modificando l’aspetto militare originario. Oggi, il palazzo appartiene a due famiglie: gli Anessi, detentori della par-te occidentale e i Bosio, proprietari della parte orientale.A partire dal 2008, la Soprintendenza per i Beni Ar-chitettonici e Paesaggistici ha stanziato un fondo e imposto alle proprietà il recupero del bene. Dopo 40 anni di abbandono, oggi il castello si trova oggetto di due recuperi completamente diversi. Gli Anessi hanno puntato alla messa in sicurezza dell’immobile, mentre

i Bosio hanno intrapreso un restauro, non ancora ulti-mato, mirato alla valorizzazione della proprietà.Di questo ultimo intervento è oggetto l’intervista fatta al signor Luigi Bosio, il quale ha accettato di raccon-tarci l’evoluzione del palazzo in questi ultimi anni.

Quando ha acquistato la proprietà e che tipo di intervento pensava di sviluppare nel castello?Ho comprato la proprietà nel 1967 dalla famiglia Cap-pelli di Scanzorosciate. Il mio primo interesse riguarda-va solo l’acquisto del brolo adiacente il castello. Avevo bisogno del prato da utilizzare come parcheggio per la mia attività di albergatore. Purtroppo, o per fortuna, la proprietà vendeva tutto l’immobile per la cifra di trenta milioni di lire. Alla fine, decisi di effettuare l’investi-mento insieme a mio fratello.In quegli anni, il castello era abitato da numerose fa-miglie, così, oltre all’immobile, acquisii i contratti di affitto fino alla fine degli anni Settanta, quando il ca-stello divenne pericolante e fui costretto a cessare i contratti e a lasciarlo disabitato.È stato obbligato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici a recuperare il castello? A chi va il merito?La Soprintendenza, visto la decadenza e lo stato di abbandono, ha imposto alle proprietà la messa in si-curezza. Il provvedimento pur riguardando anche la parte di cui ero comproprietario, non mi riguardava personalmente.Quanto ha stanziato lo Stato per il recupero dell’im-mobile e quale è stato il suo investimento?Le percentuali di investimento statale sono cambiate più volte. Ora cerchiamo una maggior definizione da parte della Soprintendenza. Quello che è certo è che per il momento del finanziamento a fondo perduto non ho tuttora ricevuto nulla.I lavori di restauro sono iniziati nel giugno del 2008 e

cAStEllocARmAGNolA

DEbIto o RISoRSA? uNA chIAcchIERAtA coN luIGI boSIo

- pRImA pARtE -

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pag. 5 L’ago di Clusane

sono durati circa 18 mesi. In questo periodo è stato ri-strutturato l’esterno e si sono recuperati gli affreschi dei loggiati, oltre a provvedere al rifacimento della copertu-ra. L’investimento ha superato il milione di euro. Il suo intervento di recupero è completamente diver-so da quello della proprietà Anessi che ha optato per la sola messa in sicurezza. Lei ha restaurato anche quasi tutti gli affreschi; quali sono oggi i suoi inte-ressi nei confronti del castello?Si, sono stati recuperati tutti gli affreschi del sottotet-to e quasi tutti quelli interni. A febbraio di quest’anno abbiamo restaurato la sala sud e per fine anno vorrei recuperare la sala blu, per poter ultimare l’intervento al piano terra.Tutti gli investimenti che sto facendo sono mirati al recupero del bene storico e al suo utilizzo.Il progetto presentato prevedeva il recupero de-stinato ad abitazioni civili su entrambi i piani, compreso il sottotetto, questo è quello che c’era e questo è quello che ha ottenuto. Per cambiare la destinazione d’uso è arrivato a degli accordi con l’amministrazione comunale? Ho fatto delle osservazioni durante la stesura del Piano di Governo del Territo-rio chiedendo anche un uso parziale commerciale.L’amministrazione pur acco-gliendo la domanda, ha chiesto in cambio la cessione dei due fabbricati posti tra il castello e il brolo, la transitabilità e l’ac-cesso al cortile interno. Richie-ste a mio avviso troppo onerose per essere accettate.Lei però organizza eventi quali matrimoni all’interno della proprietà ...No, affitto occasionalmente a privati, beni di questa natura hanno bisogno di costante manutenzione e per far “sopravvivere” queste realtà bisogna creare un minimo di redditività, altrimenti gran parte dei detentori di palazzi e ville storiche non avrebbero i mezzi per salvaguardare il patrimonio.Non crede però che, se i detentori di questi beni facessero unicamente i propri interessi, si specule-rebbe sul bene stesso a discapito della collettività? In fondo, anche se privato, si tratta sempre di un bene tutelato dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (dlgs 42/2004).Il mio lavoro è un passo verso il pubblico, il bene è privato e il restauro che ho fatto e l’uso dell’immobile rispettano pienamente il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

Voglio fare una domanda a tutti i vostri lettori: “Se il castello fosse di proprietà comunale, oggi in che con-dizioni sarebbe?”La risposta la si trova sul muro comunale (fronte lago). È puntellato da 14 anni. Tre amministrazioni sono pas-sate e il muro è ancora in quello stato. Come si è comportata l’amministrazione comunale in questi ultimi anni?I progetti venivano passati direttamente alla Soprin-tendenza e successivamente inviati al Comune di Iseo. All’interno del vecchio Piano Regolatore vi era presen-te una clausola che legava gli interventi sul castello all’approvazione di ogni proprietario.Con l’entrata in vigore del nuovo Piano di Governo del Territorio (gennaio 2013), sarebbe stato auspicabile cambiare a favore di un disegno di progetto globale affinché le singole proprietà potessero procedere senza il vincolo di approvazione degli altri proprietari.Lei è proprietario di un bene straordinario che do-vrebbe poter essere apprezzato da tutti. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha concesso un con-tributo in conto interessi per il recupero del castello e ha stipulato una convenzione affinché due volte al

mese chiunque possa visita-re il castello (i Beni sottopo-sti agli investimenti pubblici sono fruibili al pubblico se-condo l’articolo 38 del dlgs 42/2004).Qual è la sua posizione?La mia posizione è evidente: ho firmato una convenzione che viene pienamente rispettata.

Di fronte ad ogni tipo di richiesta mi sono sempre di-mostrato disponibile a rendere fruibile la mia parte di castello. Un esempio: nel 2008, in pieno cantiere, il FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha organizzato una giornata per la visita al castello, in quella occasione si sono contati duemila ingressi.Lei non pensa che un bene come quello che possie-de possa essere non solo un valore per lei e la sua famiglia, ma sia una risorsa per il paese stesso di Clusane, affinché da esso possa ripartire il turismo locale? È un pensiero che condivido pienamente. Tutto il pa-lazzo dovrebbe ritrovare i fasti antichi, non solo la par-te che detengo ... mi auguro che, col tempo, il castello Carmagnola possa essere oggetto di un progetto più ampio di completamento totale.

L’articolo continua nel prossimo numero con l’intervista alla famiglia Anessi.

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pag. 6 L’ago di Clusane

di Bruno Bonardi

Emmy Award (e altri premi), come se piovesse su questa serie tv made in Usa che ha

certamente ridefinito i canoni di ca-polavoro cinematografico seppur a episodi.Si accende il dibattito proprio ora, nonostante il primo dei 62 episodi sia stato trasmesso nel 2008, per-ché siamo giunti da poco alla fine del viaggio. In breve, la serie nar-ra le vicende di un mite professore di Chimica di Albuquerque (Nuovo Messico), Walter White, a cui viene diagnosticato un cancro ai polmoni ma che, parallelamente, grazie alle sue conoscenze, approccia il mondo dello spaccio e della realizzazione di CRYSTAL METH (cristalli di Metan-fetamina), una nuova e devastante droga che da qualche anno spopola Oltreoceano. Capirete che avendo una moglie incinta, sospettosa e te-nace, un figlio disabile e un cogna-to che lavora attivamente nella DEA (drug enforcement administration - unità antidroga) il quadro si fa un attimo arzigogolato; inoltre, come socio in affari, il professore ha un ex-allievo tossico e imprevedibile.Le 5 stagioni si snodano fluidamen-te con numerosi colpi di scena e una

sceneggiatura diretta e coinvolgen-te... ma non mi pare importante elo-giare la serie dal punto di vista tec-nico, credo invece sia interessante capire e analizzare la parabola che il nostro caro Walter White compie nell’arco di quest’avventura.Chi non ha avuto un profes-sore ligio al dovere e sempre controllato, calmo, quieto? Una per-sona seria, affidabile, onesta, incor-ruttibile, mai una contravvenzione, quello che in gioventù non ha mai nemmeno suonato i campanelli delle case per poi scappare. Ecco, prende-te questa figura e immaginate che piano piano diventi una specie di gangster spietato, senza scrupoli e sanguinario.La discesa agli Inferi inizia lenta, si fanno conoscenze poco raccomanda-bili, la salute e la famiglia vanno a rotoli, si iniziano a perdere le certez-ze, si è sfiduciati e un po’ depressi. La reazione a questa situazione è di rigetto per tutto e tutti. Walter Whi-te rifiuta l’aiuto di chi gli vuole bene, per certi versi sfiora l’anarchia per di più distruttiva, d’altronde la malattia gli dà poche speranze per il futuro. Walter però non perde mai il polso della situazione, è sempre lucido, le

sue azioni sono calcolate, utilizza giudizio e senso, perché l’intelligen-za non gli manca. Chiariamo che Wal-ter non cade nel nichilismo assoluto, piuttosto percorre nuove e pericolose strade che porteranno alla rovina, ma è cosciente di questo e l’obiettivo è ricavare il massimo, sia in termini economici che esperienziali. Questa Serie piace a molti, perché in fondo il percorso di Walter Whi-te lo potremmo fare anche noi: pur di garantire un futuro ai nostri cari, saremmo disposti a tutto, la fami-glia sempre al primo posto. In que-sta narrazione c’è però qualcosa di più. Walter White “cucina” cristalli di Metanfetamina perché a lui piace, perché nella sua vita ci sono state delusioni e castrazioni del suo es-sere; invece, mentre “cucina”, lui si sente il Re del mondo, nessuno è bravo come lui in quel lavoro, è

oVVERolA DIScESA AGlI INfERI

DI uN uomo QuAluNQuE

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pag. 7 L’ago di Clusane

Arte di colpire con pugno e calcio in volo”, tanto significa il nome di una disciplina orientale chiamata Taekwondo.

Siamo portati a credere che le arti marziali possano indirizzare alla violenza e sviluppare l’aggressività; al contrario, sono un mix di tecniche, norme spi-rituali e princìpi basati sul rispetto dell’individuo. Paradossalmente il primo è la Cortesia.

Noto una distorsione del senso sociale, vedo persone trasformate dal male di vivere: chi è incattivito dalla vita, chi in lotta perenne con il mondo, chi depresso, chi frustrato, chi pettegolo (siete tanti, eh? Sappia-te che siete i peggiori) e mi chiedo se il numero sarà sempre maggiore. Non posso fare altro che interro-garmi circa la causa di tale diseducazione.A quale scopo tanta povertà d’animo?Tanto cinismo? Tanta fretta? Tanta insoddisfazione? Tanto pessimismo? Diamo colpa alla società, quando la società siamo noi, la costruiamo e la distruggiamo noi. Siamo noi i responsabili di questi scarsi risultati. Diamo peso a cose di poco conto, mentre non ne diamo affatto a quelle realmente importanti. Non stiamo vivendo anni facili: c’è bisogno di risco-prire lo stesso senso del sacrificio che ha portato i nostri genitori ed i nostri nonni ad andare avanti, secondo il principio del mai lasciarsi andare. Gente divorata dall’ansia e dall’invidia che dice di

essere in tempo di Quaresima... Non comprendo.È pieno di stronzi il mondo, me compresa, ma se sono in grado di ammettere a me stessa di esserlo (e magari solo in determinate situazioni), allora significa che mi conosco e che sono così.Sono io, al 100% e non ho bisogno di nascondermi dietro un finto bel carattere. Sono me stessa.Sarò felice solo quando conoscerò ogni angolo di me. Credo che dovremmo tutti imparare dai bambini, loro in questo sono maestri. Vivono la vita giorno per giorno, in maniera spen-sierata e pura. Voi direte: sono bambini. Chiaramente anche loro attraversano momenti difficili, alle volte travolti dalla stupidità degli adulti, e ciò che per noi gran-di sembra leggerezza non lo è per loro. Impieghiamo tre secondi a distruggere un sogno in-fantile; rendiamoci consapevoli che i bambini han-no una sensibilità straordinaria che non dovremmo sottovalutare mai. Sono portatori di felicità.Un meraviglioso motivo per ascoltarli.

“La macchina dell’abbondanza ci ha dato la po-vertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l’avidità ci ha reso duri e cattivi. Pensiamo trop-po e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e genti-lezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto”.

Vero. Ma non perché l’abbia detto Charlie Chaplin.

di Nicoletta Cancelli

chINARE lA tEStA

il migliore e lui lo sa. Non lo fa solo per i suoi figli, lo fa anche per sé; con queste azioni vuole liberare fi-nalmente sé stesso da una campana di vetro che lo soffocava, che gli im-pediva di essere veramente come è. Finalmente può esprimersi, finalmen-te vediamo il vero Walter White, il cattivo, lo spietato. Nei vari episodi ci sono stati parecchi momenti nei quali avrebbe potuto abbandonare la sua pericolosa attività; i suoi cari e lui stesso rischiano la vita più volte,

ma lui non smette, perché l’adrenali-na e il potere che l’attività stessa gli trasmettono è incomparabile. Egli è dipendente da queste sensazioni che non ha mai provato nella sua giovi-nezza. Come la METH non molla i suoi consumatori tossici, così la bramosia di potere tiene Walter attaccato al suo “lavoro”. Lentamente scivola nel-la perdizione, non gli basta più essere un semplice “cuoco”, vuole comanda-re e decidere, vuole dominare il mer-cato, vuole espandersi, vuole imporsi,

vuole sopraffare i concorrenti. Anche il suo viso si trasforma, l’espressione da timido professore man mano spa-risce e subentra un ghigno da duro che incute timore e rispetto; infatti, mentre “lavora”, lui non è più Walter White, ma è Heisenberg, un alter-ego che mette in subbuglio tutto il mer-cato della droga nello Stato.Non sarò certo io a dirvi come va a finire. Prendete le 5 stagioni in DVD e iniziate la Maratona. Saranno le 60 ore meglio spese della vostra vita (o quasi).

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pag. 8 L’ago di Clusane

INSEGNARE:NoN uN SEmplIcE mEStIERE

Siamo in periodo di vacanze pasqua-li... le scuole sono chiuse per dieci giorni; ma vi rendete conto?!

Ben dieci giorni. Il che vuol dire che gli insegnanti avranno tutto il tempo per riposarsi e prepararsi mentalmente ai tre mesi di vacanze estive che sono ormai alle porte. Sono davvero fortunati... la-vorano ventidue ore la settimana, con fasce orarie decisamente comode, tanto da permettere loro di avere parecchio tempo libero. Hanno pure la possibilità di chiedere il part time e tutte le age-volazioni che ne conseguono.Entrano in classe e parlano, parlano, par-lano e parlano; in aggiunta a questo, de-vono solo controllare che i bambini non si facciano male... Vi pare faticoso?!Lo sappiamo tutti che i bambini sono angelici e celestiali. Capita pure che i

docenti facciano lavoro di squadra, di-videndosi quindi le lezioni tra di loro; ritagliandosi persino il tempo per la pausa caffè! Robe da matti! Non avete mai pensato di diventare maestri? Mah... io un pensierino l’ho fatto! E l’ho pure concretizzato... Ecco perché posso dirvi con esattezza e umiltà che tutto ciò che ho scritto finora non corrispon-de al vero.Quel che avete letto qualche riga sopra è ciò che spesso si ritrova nell’immagina-rio collettivo, nella testa di chi crede che questa professione si esaurisca qui. È normale che ognuno pensi che il proprio lavoro sia il più faticoso, difficile, duro al mondo. Questo perché ognuno sa quan-to sacrificio richiede la propria attività. Pensare però che lavori diversi dal nostro siano più semplici, privi di preoccupa-

zioni e meno stancanti è alquanto limitativo.Di solito si dice che “l’erba del vicino è sem-pre più verde”, nessuno mai però si accerta che sia davvero così.Visto tutto in quest’ot-tica, potremmo pensare che l’ingegnere infor-matico sia colui che passa il tempo davanti al computer, il panet-tiere colui che soffren-do d’insonnia la sfrutta al meglio per riposarsi dopo mezzogiorno e il postino diventereb-be colui che ama stare all’aria aperta.Ma sappiamo bene che non è cosi... che l’ope-raio non è solo colui che schiacciando un pulsan-te mette in moto un’in-tera catena di montag-gio, che il medico non

cura la gente compilando ricette e che l’astronomo non è colui che resta tutta la notte con il naso all’insù.Lavoro è fonte di guadagno e sosten-tamento, è diritto e dovere inaliena-bile, è professione, è mestiere... ma è soprattutto realizzazione di sé e pos-sibilità di lasciare traccia di ciò che si fa... e ogni lavoro lo permette. Il mio, ad esempio, è la possibilità che mi con-cedo ogni giorno di conoscere me stes-sa, i miei limiti, le mie capacità, i miei punti deboli e i miei punti di forza; è il modo che ho per imparare. Ogni gior-no tento di convincere che imparare è una cosa entusiasmante, di insegnare a dimenticare i dettagli conservando inte-gro l’aspetto interiore delle cose, di in-tuire delicatamente gli stati d’animo, di far conoscere il potere dell’amore, della dolcezza, della pazienza, del coraggio, della dedizione, di riconoscere gli errori, di leggere le storie usando una voce di-versa per ogni personaggio, di sorridere spesso, di avere la pazienza per spiegare la lezione una volta, un’altra e un’altra ancora, di leggere fra le righe di un tema che non ha nè capo nè coda, di intuire quello che quel tema voleva esprimere e, senza riscriverlo, dargli una rapida rime-scolata per farlo funzionare alla perfe-zione, di fare in modo che tutti abbiano gli incarichi più belli e quelli meno belli, di assicurare che anche il grande artista e il grande scienziato hanno commes-so errori e si sono confusi, di spiegare come una vita possa essere piatta e sot-tile oppure profonda e ricca, aiutando a scegliere quella migliore.Il mio, come tutti gli altri lavori, va ben oltre la facciata di presentazione, va compreso guardandolo dalla giu-sta prospettiva e con il corretto senso critico, che, purtroppo, non sempre è automatico. Pensate un po’ che per ca-pirlo, io ho dovuto mettermi dall’altra parte della cattedra.

di Veronica Piccinelli

AppuNtAmENtI