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455•agosto 2010 Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Roma LE COSTE “SENSIBILI” dossier OLTRE TRENTA PAESAGGI MINACCIATI DA GRANDI ALBERGHI, PALAZZI, PORTI E TANTO ALTRO Alici, Carra, Iacono, Janni, Mottola Molfino, Pratesi, Rispoli, Todde, Valerio, Vallarola e le tante segnalazioni di litorali a rischio ITALIA 455:Layout 2 27-07-2010 16:35 Pagina 1

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455•agosto 2010

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione

PosteItalianeS.p.A.–SpedizioneinAbbonamentoPostale–D.L.353/2003

(conv.inL.27/02/2004n°46)art.1comma1,DCBRoma

LE COSTE “SENSIBILI”dossierOLTRE TRENTA PAESAGGI MINACCIATI DA GRANDI ALBERGHI, PALAZZI, PORTIE TANTO ALTRO

AAlliiccii,, CCaarrrraa,, IIaaccoonnoo,, JJaannnnii,, MMoottttoollaa MMoollffiinnoo,, PPrraatteessii,, RRiissppoollii,, TTooddddee,, VVaalleerriioo,, VVaallllaarroollaaee llee ttaannttee sseeggnnaallaazziioonnii ddii lliittoorraallii aa rriisscchhiioo

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AI LETTORI

Con questo Bollettino presentiamo una prima “ricognizione” delle coste italiane, di mare e di lago, e dei lorotanti “tormenti” (ma anche di qualche caso positivo): dalla Sardegna a Siracusa, da Talamone al Porto di Massae Carrara, dalle dune molisane a quelle dell’Agro pontino, numerose le segnalazioni pervenute da Sezioni eConsigli Regionali delle quali potrete leggere in questo numero che preannuncia la campagna nazionale dedi-cata ai “Paesaggi di Costa”. Ma c’è anche la costa del Salento, rimasta praticamente integra fino gli anni ’70 e ora devastata da insediamentituristici e ville, abusive e non, nonché dalla nuova minaccia della diffusione selvaggia di impianti energetici, so-prattutto eolici e fotovoltaici. O quella di Caltanissetta dove l’aggressione edilizia e l’impianto di serre arrivanoquasi al bagnasciuga. Come non segnalare poi la costiera amalfitana? È una delle più belle del mondo, eppurela cementificazione, spesso abusiva, la sta “cancellando”. Di questo e di molto altro parleremo in un prossimonumero che seguirà la campagna “Paesaggi di Costa”.

La palazzina ufficiali di Cadimare: che ne sarà?

Particolare attenzione merita quest’opera di Costantino Costantini, pregevole esempio diarchitettura razionalista, realizzata del 1933 a Cadimare, una delle tredici borgate ma-rinare di La Spezia, in origine agglomerato di poche case sul mare. Negli anni ’20 e ’30

attivo idroscalo dell’aeronautica, poi aeroporto, divenuto nel 1958, cessata l’attività di vo-lo, sede dell’istituto U. Maddalena per gli allievi dell’ONFA (Opera Nazionale Figli degliAviatori) e scuola di formazione basica a carattere tecnico professionale per il personale mi-litare. L’attenzione dell’Architetto si concentrò nella necessità di pianta e di paesaggio, cer-cando cioè di risolvere i bisogni superiori della composizione con una simpatica aderenza al-l’ambiente, concependo un organismo strutturato in volumi semplici scalati a varie altezzecon pieni e vuoti creati dalle sottrazioni dovute alle terrazze ai vari piani, di cui la più am-pia e sviluppata è quella a piano terreno. Nella palazzina di Cadimare l’architettura razio-nalista si esprime nelle forme più congeniali all’ambiente, con la semplicità e la solarità deivolumi, concepiti per essere immersi in quella natura mediterranea che, nel corso dei seco-li, aveva suggerito un’immagine architettonica che fosse espressione dei caratteri propri delclima.L’edificio è in un ottimo stato di conservazione. Sono state mantenute la volumetria e l’impiantodistributivo originali, le pavimentazioni in marmo, buona parte dei serramenti, le decorazioni del-la sala e gli elementi portabandiera delle facciate. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazionesi ha avuto cura di riprendere il colore delle facciate e mantenere forme e materiali originali dellagrande terrazza. Integro risulta lo studio di Italo Balbo a piano terra, con la pavimentazione in par-quet e gli arredi originali, cimeli e libri.Questa accurata conservazione rende merito all’opera di Costantino Costantini, ingegnere archi-tetto, nato a Oneglia nel 1904, morto a Milano nel 1982. Di lui non esistono archivio pubblico oprivato nè monografie; della sua produzione la scrivente ha ricostruito l’iter, ricercando testimo-nianze, disegni, documentazione. Ma, con l’avanzare della dismissione del demanio militare che ne sarà di questo luogo mirabile edi questa testimonianza integra di buona architettura razionalista?

CHIARA ANNA TERZANO

Politecnico di Torino, dottoranda in Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica

Errata corrige: la direttrice scientifica del Museo Civico Archeologico di Vetulonia è la Dr.ssa Simona Rafanelli (Boll. 454, pag. 30). Ci scusiamo dell’errore

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visita www.italianostra.org

“LA COLATA”Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuroAutori: Andrea Garibaldi, Antonio Massari,Marco Preve, Giuseppe Salvaggiulo,Ferruccio Sansa

Chiarelettere Editore

ITALIA NOSTRA CONSIGLIA

EDITORIALEPer un turismo a misura di luogoANTONELLO ALICI

DOSSIERAffonda nel cemento il porto grecoALESSANDRA MOTTOLA MOLFINO

I litorali salvati dagli ambientalistiFULCO PRATESICoste a rischioLUCA CARRAChiare dolci e fresche acque...FEDERICO VALERIOUn check up alle coste calabresiSEZIONE DI FUSCALDO DI ITALIA NOSTRACaccia pericolosa all’oro nero del MediterraneoLEANDRO JANNITroppo poche le “aree protette”FABIO VALLAROLAIl Paradiso feritoFRANCESCO RISPOLIL’Architetto reale racconta IschiaMARIA ROSARIA IACONOIsole di un Dio minoreGRAZIANO BULLEGAS E ANTONELLO MELI

“Il quartiere delle meraviglie”. TroppeGIOVANNI GABRIELEAncora cemento sul TigullioANNAMARIA CASTELLANOIl recupero di CopanelloTERESA LIGUORIL’ultimo rifugio di Caretta carettaMARIA ROSARIA FASCÌ“Conversazioni” sul paesaggio della costa regginaSEZIONE DI REGGIO CALABRIA DI ITALIA NOSTRAI nemici delle dune molisaneANTONIO DI LISIOIl paesaggio della costa dell’Agro pontinoSEZIONE DI LATINAMonte d’Argento, un monumento naturaleCESARE CROVACon il “Terminal Asia” addio alla pinetaROBERTA GALLETTACatania può riavere il suo mareANTONIO PAVONELe “mani” su LipariTITTI PANAJOTTI E AMEDEO TULLIOIl mare si mangia l’antica KamarinaLAURA CANNIZZARO GIUDICEGli assalti alla Brindisi “storica”DOMENICO SAPONARO“Militarizzato” il paesaggio dannunzianoSEZIONE DI PESCARA DI ITALIA NOSTRALa Riviera delle Palme: un’occasione perdutaGAETANO RINALDIUna strada nella “macchia lucchese”ANTONIO DALLE MURA

Massa e Carrara, l’attacco dei CaltagironeANTONIO DALLE MURA, MARIO VENUTELLI E BRUNO GIAMPAOLITalamone, un porto “camuffato”MICHELE SCOLAEco-scempi in MaremmaDANIELA PASINIVittoria: all’Elba niente tralicciLEONARDO PREZIOSIEcomostro di metallo a CapraiaMARIARITA SIGNORINICase e auto nelle limonaie del lagoALBERTA CAZZANIIl Liberty del Garda sepolto dai palazziCRISTINA MILANI

La crisi di MonteisolaDARIO BALOTTALignano, il cemento sulla pinetaGABRIELE CRAGNOLINITrieste, progetti per il “Lagerhauser”CR FRIULI VENEZIA GIULIA DI ITALIA NOSTRALa “verde meraviglia” dell’IsonzoANGELA BAISSERO E LUCIANA BOSCHINIl rigassificatore incombe su Muggia

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Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Roma il 6 marzo 1957, n°5683 Sped. A.p., art. 2 c. 20/b 45% legge662/96 Filiale di RomaDIRETTORE RESPONSABILE Nicola Caracciolo HA COLLABORATO Gabriella Mecucci REALIZZAZIONE GRAFICA – STAMPA

SEDEViale Liegi, 33 – 00198 Roma – tel. 068537271 fax 0685350596P.I. 02121101006 – C.F. 80078410588e-mail: [email protected] redazione: [email protected] internet: http: //www.italianostra.orgADESIONE A ITALIA NOSTRA SOCIO ORDINARIO: quota annuale euro 31,00 – quota triennale euro 80,00SOCIO FAMILIARE: quota annuale euro 20,00 – quota triennale euro 50,00SOCIO GIOVANE (fino a 18 anni): quota annuale euro 10,00 – quota triennale euro 25,00SOCIO ORDINARIO STUDENTE (fino a 26 anni): quota annuale euro 15,007 – quota triennale euro 40,00SOCIO SOSTENITORE: quota annuale euro 80,00 – quota triennale euro 210,00SOCIO VITALIZIO: euro 2.000,00 (una tantum) SOCIO BENEMERITO: quota annuale euro 1.000,00ENTE SOSTENITORE: quota annuale euro 250,00SOCIO ESTERO: quota annuale euro 52,00Versamenti su c.c.p soci n°48008007intestato a Italia Nostra – RomaPer informazioni su abbonamenti alla rivista per i non soci: Servizio abbonati – viale Liegi, 3300198 Roma – Tel. 0685372723Finito di stampare: luglio 2010

ITALIA NOSTRA ONLUS ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER LATUTELA DEL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E NATURALEDELLA NAZIONE(riconosciuta con D.P.R. 22 VIII-1958, n. 1111) PRESIDENTE Alessandra Mottola MolfinoVICE PRESIDENTI Urbano Barelli – Nicola CaraccioloLuigi ColomboSEGRETARIO GENERALE Antonello AliciCONSIGLIO DIRETTIVO Urbano Barelli – Alvise Benedetti – Francesca Marzotto CaotortaNicola Caracciolo – Luca Carra – Salvatore Ciaravino Luigi Colombo – Vezio De Lucia – Daniele Frulla Giovanni Gabriele – Elio Garzillo – Ebe Giacometti Maria Pia Guermandi – Leandro Janni – Maria Rosaria IaconoFranca Leverotti – Teresa Liguori – Alessandra Mottola MolfinoPietro Petraroia – Giacomo Rech – Maria Teresa Roli Oreste Rutigliano – Salvatore Settis – Maria Rita SignoriniGIUNTAAlessandra Mottola Molfino – Urbano Barelli Nicola Caracciolo – Luigi Colombo – Luca CarraMaria Rosaria Iacono – Giacomo Rech – Maria Teresa RoliMaria Rita SignoriniCOLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTIAldo d’Ormea – Guido Orlandini – Giovanni ZenucchiniCOLLEGIO DEI PROBIVIRIGiancarlo Bagarotto – Franca Guelfi – Paolo PupilloAMMINISTRAZIONE E INDIRIZZARIOMauro Di BartolomeoSOCI E ABBONATIEmanuela BreggiaSEGRETERIA DI PRESIDENZARoberta GianniniSEGRETERIA GENERALELuciano Marco Blasi – Dafne Cola – Andrea De Angelis Marketa JunovaSERVIZIO CIVILEIrene OrtisIl pensiero ufficiale dell’Associazione sui diversiargomenti è espresso nell’editoriale. Tutti gli altri articolirappresentano l’opinione dei rispettivi autori.Normativa sulla Privacy: ai sensi del D.L. 196 del 30/06/03 i dati sono raccolti ai soli finiassociativi e gestiti con modalità cartacea ed elettronica da ItaliaNostra. In qualunque momento Lei potrà aggiornare i suoi dati ocancellarli scrivendo ai nostri uffici di Viale Liegi, 33 – 00198 Roma

In copertinaVersione artistica di una veduta di Torre Canai(Sant’Antioco)

Stampato su carta ecologica senza uso di sbiancanti chimici

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ANTONELLO ALICI

Italia Nostra ha varato la terza campagna na-zionale “Paesaggi sensibili”, dedicata nel2010 ai ‘paesaggi di costa’. Lo ha fatto in

uno scenario che non possiamo più definire pre-occupante ma, piuttosto, compromesso, dopoche la ‘manovra’ economica ha sancito la libertàdi distruzione del nostro territorio introducen-do la ‘segnalazione certificata di inizio attività’(s.c.i.a.). La norma introdotta in extremis chene esclude l’applicazione ai beni tutelati per leg-ge non è certo un segnale di contrasto all’azio-ne – largamente condivisa in Parlamento – dismantellamento del sistema e perfino dell’inte-ro apparato della tutela. Il viaggio nell’Italia dei “paesaggi di costa”assume, allora, il valore di un rinnovato impe-gno della nostra associazione ad onorare l’arti-colo 9 della Costituzione, nella difesa unitariadel patrimonio, della cultura e della ricerca. Inun Paese che si dimostra incapace di strategie alungo termine e di una vera valorizzazione del-le proprie risorse, in cui il bene comune soccombedi fronte agli affari privati, assume valenza an-cor maggiore la capacità dei cittadini di vigila-re su un territorio che, nonostante tutto, con-serva luoghi di alto valore naturalistico, storico-artistico e architettonico. Educare alla cono-scenza e alla difesa del patrimonio è un compi-to primario per Italia Nostra, che per il terzo an-no invita gli studenti della scuola secondaria apartecipare ai concorsi sui “paesaggi sensibili”,nella convinzione di poter contrastare dal bassola pericolosa deriva a cui assistiamo da troppianni. Lo dimostra il bilancio delle campagne na-zionali del 2008 e del 2009, che hanno portatoal blocco della cementificazione della necropolidi Tuvixeddu a Cagliari (ma non possiamo an-cora cantar vittoria!) e all’annullamento di unoscomposto progetto di tramvia nel cuore monu-mentale di Firenze. Ci avviamo a costruire una nuova rete di presì-di sul territorio (a supporto ma anche a controllodelle soprintendenze) chiamati a vigilare e a de-nunciare gli scempi e il degrado. La mappa dei“paesaggi di costa” 2010 si è già punteggiatadi oltre 30 luoghi a rischio, come dimostra il cor-poso dossier (disponibile sul sito www.italiano-stra.org, ndr.), frutto della collaborazione della

sede centrale con sezioni e consigli regionali, pre-sentato alla stampa il 21 luglio dalla presidenteAlessandra Mottola Molfino. La nuova frontie-ra dell’assalto alle nostre coste è rappresentatadalla cancellazione delle norme di tutela, dalletrivellazioni petrolifere in mare, dai porti turi-stici grandi e piccoli, dal perdurare dell’abusi-vismo edilizio sostenuto dall’incapacità di at-tuare le tante demolizioni già disposte dall’au-torità giudiziaria. Per Italia Nostra simbolo diquesta deriva sono gli imponenti investimentidestinati a cancellare luoghi ricchi di memoriastorica come il porto grande di Siracusa o quel-

lo di Talamone. Il quadro si fa più cupo se va-lutiamo l’accessibilità delle spiagge, sempre piùnegata per la presenza di ville e residenze pri-vate, di hotel e concessioni balneari. Tutto que-sto significa cemento sulla costa, piscine, pisteda ballo, passeggiate, piste ciclabili, in sintesispiagge artificiali che mangiano ad ogni nuovastagione una porzione maggiore di luoghi natu-rali. Contro lo sfruttamento stagionale della co-sta, Italia Nostra ha scelto di mobilitarsi dal 19al 24 ottobre per chiamare tutti, cittadini e am-ministratori, a riappropriarsi del paesaggio e ariflettere su un modello di turismo a misura diluogo, oltre che a misura d’uomo, capace di re-stituire valore alla varietà che ogni paesaggiodella nostra costa può offrire ai più attenti e aipiù sensibili.

Per un turismo a misura di luogo

Al via la terza edizione di “Paesaggi Sensibili”editoriale

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SIRACUSA

Due porti minaccianol’Isola di Ortigia.Foto di L. Janni

ALESSANDRA MOTTOLA

MOLFINO

Dossier

In Italia sembra che non basti più costruiresulla terraferma, ora si scopre perfino il ma-re… Porti e porticcioli, con la scusa del tu-

rismo, sono progettati un po’ ovunque: dallaToscana (gravissimi gli esempi di distruzionedel porto romano di Talamone e di Massa-Car-rara), a La Spezia (con dozzine di casermonisulla passeggiata a mare), ai porti sempre piùfitti in Liguria. E per superare i vincoli storici,culturali e paesaggistici? Basta un “accordo diprogramma”, ad esempio. Porti turistici mi-

nacciano anche l’Isola di Ortigia a Siracusa, di-chiarata nel 2005 patrimonio dell’umanità dal-l’UNESCO e dal 1988 vincolata perchè “docu-mento di storia e/o monumento di valore arti-stico di eccezionale valore”, come si legge nelprovvedimento, dato che “lo specchio di marecostituente l’insenatura portuale, oltre ad es-sere ricordato dalle fonti scritte da Tucidite aDiodoro e Cicerone, è stato teatro di avveni-menti di fondamentale importanza per la sto-ria della Sicilia antica”. Sulla destra della “cit-tà di Archimede” si apre infatti un porto natu-rale unico per la sua grandezza nel Mediterra-neo, reso mitico dalle leggende come quelle del-le ninfe Aretusa e Ciane, teatro della più gran-diosa delle battaglie navali dell’antichità: era il413 a.C. quando l’intera flotta ateniese, al co-

mando di Nicia, con 30.000 uomini e 134 tri-remi, venne affondata dai siracusani. Un’im-portanza storica e archeologica che da sola giu-stifica l’inviolabilità del luogo. E invece in que-sta rada si dà corso a due devastanti progettiportuali. Il primo, già in costruzione e al qua-le Italia Nostra si è opposta con forza, è fruttodi un accordo di programma del 2007 tra Re-gione, Comune, Genio Civile, Capitaneria diPorto, gruppo Bellavista Caltagirone. Negli ol-tre 50mila mq di superficie sottratta al mare(fra banchine ed aree di costruzione) sono pre-visti uffici, negozi, ristorante, caffetteria, salalettura, centro benessere, eliporto, 700 postibarca, parcheggi ed altro ancora, come un ho-tel lungo 140 m. La spesa in origine di 27 mi-lioni di euro è già salita a 70. Attualmente so-no in corso le operazioni di interramento in ma-re per costruire, ma nel frattempo nessuno fi-nanzia i recuperi di navi greche già individua-te nei fondali del porto piccolo. Per il secondoporto, adiacente al primo, è in fase di appro-vazione il progetto definitivo. Si tratta di altri50mila mq da costruire in mare destinati a ban-chine e a vari edifici, come alberghi e centricommerciali. Significa che insieme, le due strutture, farannoscomparire oltre 100mila mq di mare, una su-perficie che equivale a 9 campi da calcio. Le nuo-ve cubature stravolgeranno la fisionomia del por-to e l’arco della sua costa. Un lungo molo poi,che arriverà fino al centro della rada, servirà legrandi navi da crociera, portando quel deva-stante turismo “mordi e fuggi” a discapito diquello attuale di qualità. Per Italia Nostra è essenziale almeno fermarequesto secondo porto e contenere al massimogli edifici del primo. Sulle rive da risanare, oraingombre di capannoni industriali, si poteva in-vece realizzare una “cala secca” secondo il mo-dello francese. E perché non creare nel portogrande un parco archeologico subacqueo comequelli che la Soprintendenza del Mare della Re-gione Sicilia sta creando alle Egadi e alle Eo-lie? Questo sì che sarebbe una grande attrazio-ne turistica.

Allarme per l’Isola di Ortigia a Siracusa

Affonda nel cemento il porto greco

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Antonio Cederna, nell’introduzione alla se-rie di volumi “Coste d’Italia” pubblicatanel 1967, scriveva “L’irreparabile degra-

dazione delle coste, operata in questi ultimi ven-t’anni, è certamente l’aspetto più vistoso del-l’immaturità che la società italiana ha mostratonei riguardi di quello che fu il Bel Paese, del di-sprezzo che essa ha mostrato per le sorti del ter-ritorio nazionale”.Nell’ottobre 1970, intervenendo in un convegnoorganizzato da Italia Nostra e dalla Società Bo-tanica Italiana dichiaravo: “L’ondata di degra-dazione dovuta a un incontrollato sviluppo edi-lizio suscitato da un turismo privo di qualsiasiprogrammazione sta scendendo lungo le costed’Italia, lasciando alle sue spalle cadaveri calci-nati: la Riviera Ligure, la Versilia, tutta la costatra Trieste e Ancona (…) trasformando le costein un unico nastro di cemento e di asfalto”.

Questi allarmi e queste denunce di un degradoche stava massacrando buona parte dei circa7.500 chilometri di litorali – allarmi e denuncelanciati da Italia Nostra e dal WWF a partire daiprimi anni ’60 – sono valsi ad arrestare la me-tastasi cementizia e asfaltica che divorava le“amate sponde”? Vediamo.Anni fa, parlando con un ambientalista spagno-lo, lamentavo lo stato d’invasione edilizia dellenostre coste, che consideravo senza paragoni. Emi sorprese assai sentirmi rispondere che in Spa-gna le cose erano molto peggiori. Volli, poco tem-po dopo, fare un viaggio lungo tutta la costa me-diterranea della Spagna, ripetendo un mio viag-gio del 1957.Restai allibito al vedere come una costa splen-dida, dai Pirenei a Gibilterra, fosse stata com-pletamente cementificata annullando per sem-pre ogni traccia dell’antico ambiente litoraneo.Così, ripensando al passato, alle tante battagliedegli ambientalisti nostrani, fatte di convegni ericorsi, proposte di legge e pressioni politiche,manifestazioni di piazza e campagne stampa, hoprovato una certa consolazione mista a orgoglio. E spiego perché.In fondo, è vero che grandissima parte delle co-ste d’Italia sia ormai divenuta un’orrida perife-ria fatta di falansteri fin sulla battigia, lottizza-zioni spesso abusive, lungomari e parcheggi, sta-

bilimenti balneari e quartieri di ville, approdituristici e campeggi conditi da battaglioni di om-brelloni sulle affollatissime spiagge (a volte ad-dirittura con divieto di balneazione).Pure, si sono conservati, grazie alle nostre strenuelotte, luoghi ancora incantevoli come il promon-torio di Portofino, il Parco di Migliarino San Ros-sore (teatro di cruenti scontri – che ancora prose-guono! – tra ambientalisti e lottizzatori appoggiatida amministrazioni locali miopi e avide), il Parcodella Maremma e buona parte del litorale Ma-remmano con le oasi di Orbetello e Burano e conun Argentario ancora non (e forse non più) total-mente calcificato, un Arcipelago Toscano in cui lelottizzazioni di Giannutri e la privatizzazione diMontecristo sono state fermate, ponendo le basiper l’istituzione del Parco Nazionale. Scendendo a sud, che dire dei 1000 ettari di stu-pefacente foresta di Capocotta, strappata allasorte di divenire un quartiere di 1700 (milleset-tecento) villette già munite di una rete stradalecon relativa illuminazione? Il Parco Nazionale del Circeo, nonostante le rei-terate (anche recenti) aggressioni speculative èriuscito, grazie agli interventi degli ambientali-sti, a conservare e ad ampliare il territorio pro-tetto con l’acquisto dei laghi costieri e dell’isoladi Zannone.La lista delle aree e dei paesaggi salvati con leloro dune e le loro macchie mediterranee, le fo-ci solitarie e le pinete, le scogliere sonanti e le fa-lesie precipiti per opera delle associazioni am-bientaliste in tutta Italia, sarebbe lunghissima. Ma anche questi brevi cenni possono essere mo-tivo d’orgoglio e di gratitudine per chi ha, perdecenni, generosamente e coraggiosamente ope-rato per la loro conservazione.

I litorali salvati dagli ambientalisti

Grazie alle nostre battaglie stiamo meglio di altri Paesi

SARDEGNA

Costa di Sant’Antioco.Foto ricevuta

da G. Bullegas

FULCO PRATESI

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PAESAGGI DI COSTA

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LUCA CARRADei 7.500 chilometri dicoste italiane, il 53% ècostituito da spiagge. Di

queste circa la metà è soggettaa fenomeni di erosione. Pianpiano il mare – che nel prossi-mo secolo secondo le stime del-l’IPCC dovrebbe crescere di al-meno mezzo metro a causa delriscaldamento globale – se le stamangiando. Le spiagge apparentemente alriparo da questo fenomeno han-no subito la dura medicina del-le cosiddette “opere di difesadegli abitati dall’erosione ma-rina”: una legge che risale al1907 e che ha fatto sì che sor-gessero un po’ ovunque porti,strade e ferrovie litoranee. Que-ste opere in realtà hanno bloc-cato l’avanzata del mare irrigi-dendo la linea di costa in mo-do artificiale, sostituendo il ce-mento alla sabbia. Ma così fa-cendo hanno sconvolto le dina-miche geologiche di molti lito-rali interrompendo per semprei flussi di sedimenti provenien-ti dai fiumi e ostacolando qual-siasi possibilità di rigenerazio-ne della costa. Questa la diagnosi stilata daFabrizio Antonioli dell’Enea eda Sergio Silenzi dell’Ispra inun recente volume dedicato aglieffetti del cambiamento clima-tico in Italia (citazione). Learee costiere più a rischio, se-condo gli studiosi, sono le 30pianure costiere che costellanol’Italia soprattutto nel versan-te alto adriatico. Di queste, già

oggi circa 4.500 chilometriquadrati di coste basse (quasia quota 0 sul livello del mare)rischiano di essere allagate nelcorso di questo secolo. Il cheequivale a dire che una super-ficie pari a tre volte la città diRoma è destinata a sparire sot-t’acqua. Molte di queste “terrebasse” non sono aree qualun-que, poiché, come raccontanoAntonioli e Silenzi, “rappre-sentano aree ad elevato valorenaturalistico e paesaggistico, esono sedi di attività produttivedi rilevanza nazionale. L’in-cremento atteso della frequen-za e dell’intensità dei fenome-ni estremi (alluvioni, mareg-giate, ecc.) e l’accelerazionedella risalita del livello marinoe dei fenomeni erosivi compor-teranno perdite di territorio, diinfrastrutture e di beni econo-mici”.Riusciremo ad arrestare la ri-salita del mare? Fosse soloquello il problema. Non è infattisolo il mare che si alza. È an-che la terra che si abbassa acausa sia di fenomeni naturali(tettonici), ma soprattutto pergli sconsiderati prelievi di ac-qua e gas dal sottosuolo, so-prattutto nell’alto versanteadriatico. A questo si aggiungel’artificializzazione delle costecon porti e porticcioli, strade,regimazione dei fiumi, sman-tellamento delle dune e sfrut-tamento turistico intensivo del-le spiagge, il cui effetto com-plessivo è l’interruzione del ri-

pascimento delle coste con se-dimenti che sostituiscano quel-li asportati dal mare. L’avanzata del mare si po-trebbe controllare con una se-rie di misure di ingegneria na-turalistica; per esempio “se ledune fossero libere di spostar-si e di restituire la materia”spiega Antonioli. “In Italia pe-rò le abbiamo quasi tutte di-strutte costruendo sopra casee strade. La soluzione quindiè preservare le dune dove cisono e ricostruirle dove sianolibere di spostarsi senza osta-coli”. Altre misure importan-ti: la salvaguardia delle prate-rie di Posidonia oceanica o deisuperstiti tratti di reef nostra-no, come quello siciliano aVermetidi, che con i suoi sedi-menti mantiene in equilibriospiagge come quelle di S. VitoLo Capo. Ma anche con ac-corte strategie di conservazio-ne delle lagune costiere e del-le foci fluviali.Ma in Italia si pensa ad altro.Ai porti turistici, per esempio,ad ascoltare il sottosegretarioallo sviluppo economico Adol-fo Urso, che per sostenere ilcomparto della nautica da di-porto ha recentemente annun-ciato la costruzione di 50 nuo-vi porti turistici, di cui l’80%nelle regioni del Mezzogiorno.Proprio la soluzione sbagliata,ovviamente presentata con “so-luzioni rispettose dell’ambien-te”. Strano che non abbia cita-to anche la green economy.

Coste a rischioDiagnosi dei 7.500 km di litorale italiano

SARDEGNACosta di Sant’Antioco,Torre Canai.Foto ricevuta da G. Bullegas

dossier

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Ogni anno, all’inizio del-l’estate, il Ministero del-la Salute pubblica il rap-

porto sulle acque di balneazio-ne*. Bisogna riconoscerlo, losforzo delle Agenzie per l’Am-biente è notevole e, grazie a lo-ro, gran parte delle coste italia-ne sono sotto costante controllo.Nel 2008, sui 7.375 chilometridi costa della nostra penisola,5.170 chilometri sono stati og-getto di prelievi ed analisi del-le loro acque e i risultati con-fermano che gli italiani posso-no nuotare tranquilli lungo ben4.970 chilometri.Invece le coste inibite alla bal-neazione si estendono per 2.205chilometri, in gran parte areemilitari, porti o foci di fiumi.Dunque, tutto bene? Un esame più attento della qua-lità delle acque costiere italia-ne ci fornisce meno tranquilliz-zanti informazioni.Intanto anche i colibatteri divi-

dono il Paese: la maggiore per-centuale di coste vietate allabalneazione per eccessiva pre-senza di questi e altri batteri fe-cali si registra in Campania(19%), seguita da Lazio (7%)e Calabria (7%).Un altro dato che lascia per-plessi è l’andamento storico del-la balneabilità lungo le nostrecoste. Dal 1993, anno in cui sisono avviati i controlli, fino al2001-2002, si sono registratiprogressivi miglioramenti: i chi-lometri di coste classificati nonbalneabili sono passati dal 7 al2%, rispetto al totale.Ma dal 2002 i miglioramentisono cessati e la percentuale dicoste non balneabili è progres-sivamente aumentata arrivan-do, nel 2008, al 3,8%.Per quale motivo stiamo tor-nando indietro? La relazionedel Ministero mostra i grafici,ma glissa elegantemente sullecause del fenomeno.

Sulla carta, il 70% degli italia-ni ha un depuratore a disposi-zione per trattare le acque libe-rate ogni volta che tirano la ca-tena dello sciacquone; potreb-be sembrare un buon risultato,ma questo vuol dire che il 30%delle acque reflue prodotte inItalia finisce a mare senza nes-suna parvenza di trattamento,con tutto il suo carico di nitra-ti, fosfati, colibacilli e inqui-nanti chimici di varia natura,domestica ed industriale; e giàquesto è un problema. Il secon-do problema è vedere se tutti idepuratori costruiti funzionano

veramente e al meglio delle lo-ro potenzialità. Sarà un caso,ma in Internet, interrogando ef-ficentissimi motori di ricercanon si trova traccia sul numerodi depuratori in funzione in Ita-lia e sulla percentuale di acquereflue che questi impianti trat-tano.

I tanti inquinamenti che minacciano il nostro mare

Chiare dolci e fresche acque…

In questa paginaI “CIANCIOLARI”

Della marineria localeoggi in completo

disarmo. Immagine storica

ricevuta da D. MaioGabbiano Reale

Foto di F. Vallarola

Nella pagina seguenteCoralligeno AMP

Portofino. Foto L. Tunesi

Corvine AMP MiramareFoto M. Spoto

FEDERICO VALERIO

Chimico Ambientale

*(http://www.salute.gov.it/balneazione/paginaInternaMenuBalneazione.jsp?id=379&menu=strumentieservizi)

PAESAGGI DI COSTA

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Non sarà che nei periodi eco-nomicamente difficili si rispar-mia anche sulla depurazionedelle acque? Comunque colibatteri e salmo-nelle sono solo la punta del-l’iceberg delle possibili conta-minazioni delle nostre acque.Nel linguaggio tecnico usato daichimici ambientali, i mari e i lo-ro sedimenti sono definiti come“scolo” dell’inquinamento pro-dotto dall’uomo (in inglese, iltermine è un po’ più elegante:“sink”).Tutto quello che l’attività uma-na immette nell’ambiente (aria,suolo, acqua) prima o dopo fi-nisce a mare e di qui nei suoisedimenti dove, la composizio-ne chimica, strato per strato,fornisce chiare tracce dei di-versi modelli di sviluppo indu-striale ed agricolo che si sonosucceduti nel tempo: piombonelle benzine, diossine dagli in-ceneritori, radionuclidi dai testnucleari in atmosfera, pestici-di a partire dalla “rivoluzioneverde”.E dai sedimenti, grazie al bio-accumulo lungo complesse ca-tene alimentari, tutto questo civiene prima o dopo restituitonei “muscoli alla marinara” enel “pesce spada ai ferri”.E non va meglio nelle acquedolci del nostro Bel Paese.L’ISPRA, Istituto Superiore perla Protezione e la Ricerca Am-

bientale, ha pubblicato que-st’anno il Rapporto “Monito-raggio nazionale dei pesticidinelle acque”.Grazie a questo studio si è con-statato che è “normale” trova-re nelle acque superficiali e sot-terranee italiane fungicidi, in-setticidi, erbicidi: ben 118 so-no stati i tipi di pesticidi rinve-nuti nelle nostre acque, prodot-ti sintetizzati per aumentare laproduzione agricola ma poten-zialmente pericolosi per l’uomoe per l’ecosistema e finiti doveproprio non servono.Nel 2008 le indagini hanno ri-guardato 3.136 punti di cam-pionamento, la maggior parteeffettuati dai laboratori ARPAdelle regioni del nord. Sonostati rinvenuti residui di pesti-cidi nel 48% dei punti di mo-nitoraggio delle acque super-ficiali e nel 32% di questi ca-si le concentrazioni sono risul-tate superiori ai limiti fissatiper le acque potabili. Non vameglio nelle acque sotterranee,per il 27% contaminate da pe-sticidi.E le brutte sorprese non sono fi-nite: nei nostri fiumi e laghi sitrovano anche tracce di tutti imedicinali che gli italiani usa-no e a volte abusano, compre-sa cocaina ed anfetamine.A quanto pare le chiare dolci efresche acque cantate dal Poe-ta sono solo un lontano ricordo.

UN CHECK UP ALLE COSTE CALABRESI

Un progetto di “sensibilizzazione ambientale” che abbia al centro il delicato equilibrio dell’ecosistema costiero:è questa la proposta operativa scaturita dai lavori del convegno sulla balneazione svoltosi a Fuscaldo e pro-mosso dalla locale sezione di Italia Nostra in collaborazione con il consiglio regionale della Calabria. Il progettoè rivolto soprattutto alle giovani generazioni, ma non solo, e coinvolge oltre a Italia Nostra la Provincia di Co-senza, il Comune di Fuscaldo, la Soprintendenza scolastica regionale, le Università “Federico II” e “Parthenope”di Napoli, la stazione zoologica “Anton Dorhn”. Una équipe di valenti studiosi, quali i professori Giancarlo Car-rada, Giovanni Fulvio Russo e Vincenzo Soggiomo faranno ricerche sullo stato di salute del Mediterraneo edelle sue coste con particolare riferimento a quelle calabresi in stretto rapporto con il Presidente regionale diItalia Nostra Carlo de Giacomo.

SEZIONE DI FUSCALDO

dossier

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Il disastro della piattaformapetrolifera Deepwater Horizonnel Golfo del Messico si starivelando una delle più gravicatastrofi ambientali dellastoria. Ciò non toglie che inItalia – come se non fosseaccaduto nulla – aumentano lericerche per esplorazioni etrivellazioni petrolifere in mareaperto. Non esiste unanormativa adeguata per tutelarel’ecosistema. E in caso didisastro ambientale non èprevista nessuna forma dirisarcimento. Si pensi che laBritish Petroleum dovrà pagare– per il Golfo del Messico –danni per miliardi di dollari.

Oltre alle 66 concessioni di estrazione pe-trolifera off-shore con pozzi già attivi, inItalia sono in vigore 24 permessi di esplo-

razione off-shore, soprattutto nel medio e bassoAdriatico a largo di Abruzzo, Marche, Puglia enel Canale di Sicilia, con un’area delle esplora-zioni che supera gli 11.000 chilometri quadrati(praticamente la superficie dell’Abruzzo). No-nostante questa intensa attività già in atto, loscorso anno il Ministero dello Sviluppo Econo-mico ha reso note delle mappe che dimostranoun forte incremento delle richieste di trivella-zioni esplorative, la cui superficie complessiva –pur non essendo nota – si stima essere almeno ildoppio di quella in cui le ricerche sono già sta-te autorizzate. Una situazione che desta non po-che preoccupazioni, sia dal punto di vista eco-nomico che ambientale. Come mai accade tuttoquesto? In Italia le royalties da pagare allo Sta-to per le trivellazioni sono del 4%, e non del 30-50% come per altri Paesi. Inoltre, non si pagaalcuna imposta per i primi 300.000 barili di pe-trolio all’anno: oltre 800 barili (50.000 litri) dipetrolio gratis al giorno. Le attività esplorativesono effettuate o richieste da imprese ben note,come Eni, Edison e Shell, ma anche da impreseminuscole, con scarsa esperienza e anche con so-li 10.000 euro di capitale sociale. Non certo una“sicurezza”…

In Sicilia, da alcuni giorni, cittadini, comitaticivici, associazioni ambientaliste e persino po-litici e amministratori locali stanno lottandocontro i permessi di ricerca del petrolio nel MarMediterraneo, concessi dai diversi governi ne-gli ultimi anni. Licenze per oltre mille chilo-metri quadrati. Parliamo del magnifico branodi mare tra Marsala, Sciacca e le isole Egadi.Richieste di perforazioni sono state presenta-te anche per Pantelleria e Lampedusa. In-somma, siamo alla solite: “l’oro nero” e la Si-cilia, una storia lunga decenni. Una storia fat-ta di grandi aspettative, di grandi illusioni.Sull’Isola si raffina il 30% del petrolio consu-mato in Italia. Le aree di Priolo, Milazzo e Ge-la, devastate dal punto di vista ecologico e pae-saggistico, sono oggi qualificate ad elevato ri-schio ambientale. Quanto accaduto, dunque,non ha insegnato niente, non è servito a nien-te? Certo è che è cominciata la corsa alle trivella-zioni nel mare siciliano. Già l’Eni, negli anniOttanta, ci aveva provato, con due pozzi poi ab-bandonati perché antieconomici. Ma adesso, so-no una trentina i permessi già concessi in gransegreto, senza la prescritta pubblicità. I primicinque arrivano nel novembre 2006: ad aggiu-dicarseli sono stati la Shell e la Northern Pe-troleum. Poi è arrivata la Audax Energy e nel

Caccia pericolosa all’oronero del Mediterraneo

Comitati di lotta contro le trivellazioni in mare

LEANDRO JANNI

Consigliere Nazionale di Italia Nostra

PAESAGGI DI COSTA

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SICILIA

La minaccia delle trivellazioni.Foto ricevuta da L. Janni

2009 è toccato a tre autorizzazioni alla San Le-on Energy. A Sciacca se ne sono accorti quasiper caso. Un foglio di carta appeso all’albo pre-torio comunale annunciava, per fine maggio2010, il termine utile per presentare le osser-vazioni contro la richiesta di autorizzazione for-mulata dalla società irlandese. A questo punto,però, scoppia la rivolta delle popolazioni agri-gentine e trapanesi, perché il loro mare, il loro

territorio valgono oro per il turismo e la pesca.I comitati civici di Sciacca, le associazioni ter-ritoriali e ambientaliste – tra cui Italia Nostra– iniziano ad indagare sui permessi e sulle so-cietà petrolifere, scoprendo che lo Studio am-bientale presentato dalla società San Leon Ener-gy è fortemente inadeguato e caratterizzato daevidenti imprecisioni. Inoltre, la popolazione èstata male informata. La San Leon Energy èuna srl con un capitale di 10mila euro. La se-de è in un paesino della Puglia. La ditta risul-ta inattiva ed è stata ceduta a una società ma-dre con sede in Irlanda. Si scopre anche che ilMinistero dello Sviluppo Economico, nel 2009ha autorizzato le ricerche nel mare antistantelo straordinario Parco archeologico di Selinun-te e le superbe spiagge di Menfi, per non par-lare della città di Sciacca, con uno dei più gran-di porti del Mediterraneo per il pesce azzurro.Le ricerche arriveranno a meno di 2 km dallacosta e si estenderanno per 482 kmq. Non ba-sta: siamo in prossimità di due vulcani sotto-marini attivi, una zona sismica. Il piano preve-de indagini condotte con l’air-gun (pistola adaria che crea un’onda sonora ad alta intensità)e la trivellazione di due pozzi di esplorazione.Nessuno, ovviamente, si è ricordato della pre-senza di importanti riserve naturali e dei ban-chi di corallo. Inevitabilmente ci chiediamo: che

cosa accadrebbe, in caso d’incidente, in un ma-re chiuso come il Mediterraneo? Qualcosa si sta muovendo. Ma ancora trop-po poco. Lo scorso 23 giugno 2010, accoglien-do il ricorso della Regione Puglia, il Tar della Pu-glia ha annullato il decreto 1349/2009 del Mi-nistero dell’Ambiente che, di concerto con il Mi-BAC, aveva dato il via libera all’avvio delle ri-cerche di idrocarburi sui fondali pugliesi da par-

te della società inglese Northern Petroleum ltd.Su proposta della Prestigiacomo, il Consiglio deiMinistri ha approvato, nello schema di decretodi riforma del Codice Ambientale, un articoloche vieta ogni esplorazione, non solo le trivella-zioni, in tutte le zone all’interno delle aree ma-rine e costiere protette, e per una fascia di maredi 12 miglia attorno al loro perimetro. Un di-vieto solo un po’ meno duro riguarderà l’interacosta nazionale: nessuna attività sarà consenti-ta entro le 5 miglia e comunque “le attività diricerca ed estrazione di idrocarburi saranno tut-te sottoposte a Valutazione di Impatto Ambien-tale”. “Si tratta – chiarisce il ministro Prestigia-como – di una normativa che fissa paletti primalacunosi. Tant’è che la nuova disciplina si ap-plica anche ai procedimenti autorizzativi in cor-so. Abbiamo inserito norme chiare a difesa delnostro mare e dei nostri gioielli naturalistici – in-calza in una nota la Prestigiacomo – colmandoun’opacità legislativa che nel recente passato hasuscitato timori nelle comunità locali”. In sinte-si riteniamo che le nuove norme che regolamen-tano le trivellazioni, annunciate dal ministro del-l’Ambiente Prestigiacomo, rappresentino restri-zioni importanti, ma di certo questi provvedi-menti non sono sufficienti a garantire adeguatecondizioni di sicurezza per i nostri mari e le no-stre coste.

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12Lungo la costa medio-adriatica c’è un’area ancora “salva”: la Riserva Naturale del Borsacchio. La Sezione di Teramo la segnalacome ‘Paesaggio Sensibile’ in quanto ora le amministrazioni locali e la stessa regione Abruzzo propongono la riduzione dei

confini e l’inserimento nel Piano di Assetto Naturalistico di grandi quantità di cubatura edificabile nonché di strade di accesso.

Una gestione integratadelle aree costiere è unachimera che la comuni-

tà scientifica e politica globaleaffronta dagli anni Settanta,senza avere ancora trovato unasoluzione. Si tratta di un setto-re in cui le politiche internazio-nali sono prevalenti e diventa-no importanti linee guida per lescelte effettuate sulla tutela at-tuata da ogni singolo Stato. Dal 1979 l’Italia è parte della“Convenzione di Barcellona”,importante accordo interna-zionale promosso nel 1976 dal-

l’UNEP per la protezione del-l’ecosistema marino e dei lito-rali del Mediterraneo (a tut-t’oggi considerato il più riusci-to esempio di approccio ai pro-blemi della protezione del-l’ambiente marino). In tale am-bito l’Italia, dal 2008, è uno deiquindici firmatari del Proto-collo volto alla disciplina didettaglio della pianificazioneintegrata della zona costiera,indicata generalmente conl’acronimo ICZM- IntegratedCoastal Zone Management. Al-l’avvenuta ratifica di almenosei Paesi, l’ICZM diverrà il pri-mo provvedimento normativodi fatto adottato su scala me-diterranea.Si tratta di un approccio stra-tegico per la gestione delle areecostiere che, coinvolgendo neiprocessi decisionali tutti i sog-getti pubblici con responsabi-lità di pianificazione, pro-grammazione e gestione degli

ecosistemi, prova a creare unaforma di pianificazione e ge-stione integrata della costa. In questo quadro le aree pro-tette si trovano in una posizio-ne ideale. In Italia, dove l’areamarina demaniale si estendesugli arenili e sugli spazi co-stieri, le Aree Marine Protette,che ne divengono competentiper la gestione, si trovano inuna posizione ancor più privi-legiata. Questo ruolo è riconosciuto lo-ro dalle stesse direttive euro-pee. Con l’approvazione della

direttiva quadro sulla strategiaper l’ambiente marino, la n.2008/56/CE, si sono posti, fi-nalmente in maniera organica,obiettivi e scadenze precise perla politica comunitaria in ma-teria. Si è avuto un nuovo ap-proccio che abbandona la set-torialità tipica degli strumentiadottati in ambito UE, che ave-va sempre caratterizzato i pre-cedenti provvedimenti in ma-teria di tutela dell’ambientemarino e che non aveva anco-ra portato, se non per limitatiaspetti, al raggiungimento de-gli obiettivi prefissati. Un cam-biamento di rotta volto ad im-postare una nuova politica in-tegrata e innovativa che indi-vidua le zone marine protettecome i più importanti luoghidel quadro di tutela dei mari edelle coste e tenta di integrareanche la rete Natura 2000 nel-le azioni di “network” verso cuitutte le Aree marine protette, a

livello mondiale, si stannomuovendo da tempo. Nell’in-differenza generale e sottova-lutandone la portata, la Diret-tiva 2008/56/CE sulla strate-gia UE per l’ambiente marino,è stata già recepita in Italia conla “legge comunitaria 2008”(Legge n.88 del 7 luglio 2009). Purtroppo, nonostante al sus-seguirsi degli accordi interna-zionali l’Italia abbia sempretempestivamente adattato ilquadro normativo interno, ra-ramente però ha poi fatto se-guire l’effettiva applicazione di

In particolare sono scarse quelle marine

Troppo poche le “aree protette”

PAESAGGI DI COSTA

FABIO VALLAROLA

Sezione di Teramo di Italia Nostra

Dal 1979 l’Italia è parte della “Convenzione di Barcellona”

TRIESTE

Area Marina ProtettaMiramare

Nella pagina successivaArea Marina Protetta

Isole TremitiFoto ricevute

da F. Vallarola

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quelle stesse norme. Un mododi fare che è divenuto una con-suetudine. E così il corpo nor-mativo italiano in materia am-bientale, pur presentandosi conun’elevata caratura in terminidi specificità e validità, nellasostanza, risulta spesso scarsa-mente applicato. Già dal 1982, con la legge n.979, si prevedeva un “Pianogenerale di difesa del mare edelle coste”, uno strumentoprogrammatico essenziale perindirizzare, promuovere e co-ordinare gli interventi e le at-tività in materia di tutela del-l’ambiente marino. Ma ad og-gi, tale Piano non ha ancora vi-sto la luce. L’Italia si vanta di essere, sullacarta, il Paese con il maggiornumero di riserve marine nelMar Mediterraneo e con la mag-giore superficie a mare vinco-lata con 130 Kmq di aree a pro-tezione assoluta. Di fatto que-ste cifre, che in numeri assolu-ti potrebbero apparire esaltan-ti, risultano davvero deludentise confrontate ai circa 7500chilometri di costa con cui l’Ita-lia si propende nel Mediterra-neo: meno del 10% delle costeè posto sotto protezione effetti-va. Il dato diviene desolante sesi considera che, delle circa 800aree protette italiane, pur vo-lendo essere ottimisti, solo unatrentina sono marine. Le risorse economiche che ven-gono destinate dallo Stato aquesto settore, in Italia, non so-no mai aumentate in propor-zione alla crescita del numerodi aree protette. Con la legge fi-nanziaria di quest’anno il tagliodel 50% delle somme destinateai Parchi Nazionali, senza alcu-na valutazione preventiva, conil rischio che davvero qualcheEnte Parco chiuda i battenti,conferma il disinteresse versoquesti argomenti da parte delloStato. Nello specifico settore delmare la situazione è ancor piùgrave. Nell’ultimo periodo lesomme destinate annualmentealle Aree marine protette si so-

no ridotte, in proporzione, al disotto degli standard degli anniNovanta. Gli Enti locali coin-volti nella gestione delle AreeMarine Protette, sono stati chia-mati dal legislatore, attraversola legge 179/2002, a farsi cari-co di tutte le spese relative alpersonale destinato al funzio-namento dell’area protetta econtestualmente, non appenadefinita tale incombenza, si èanche avviata, nel quadro nor-mativo generale, una riduzionecostante dei trasferimenti di ri-sorse dallo Stato verso tutte lepubbliche amministrazioni pe-riferiche. Da alcuni anni sembrerebbepoi in attuazione una politicadi federalismo fiscale che gra-dualmente andrebbe a collega-re sempre di più le risorse eco-nomiche degli Enti locali alprelievo attuato direttamentenei confronti dei propri contri-buenti. È difficile pensare co-me sia possibile, in un tale con-testo, che siano previsti a cari-co di quegli stessi Enti localianche i costi di gestione di areeprotette, come quelle marine,che vengono individuate cometali dallo Stato, sul demaniomarittimo, proprio perché ri-conosciute patrimonio colletti-vo da tutelare in forza del lorointeresse ben superiore a quel-lo strettamente locale.È indispensabile che lo Stato ela comunità tutta tornino aguardare alle aree protette co-me ad un patrimonio da salva-guardare e conservare intattoper le generazioni future, an-che solo per un rispetto delledecisioni concordate a livellointernazionale. Allo stesso tem-po sarebbe opportuno che siinizi a considerare il profilo co-stiero e l’intero mare come unambiente di primaria impor-tanza, che circonda e “comple-ta” il nostro Paese con gli im-paragonabili paesaggi che ci of-fre ma anche, e soprattutto, peri contenuti di vita e biodiversi-tà di cui, fortunatamente, an-cora dispone.

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Da molti anni mentrel’isola è in crisi la politi-ca locale tende a salva-

guardarne la sola immagine. Ma,al di là dell’immagine vi sono fe-rite vere. La favola del mare pu-lito, di un’isola sicura, raccon-tata per continuare ad attrarreturisti, non regge più ed anzi,paradossalmente, allontana lasoluzione dei problemi: perchépulire il mare se è già pulito?Perché chiedere finaziamentiimponenti per costruire depu-ratori se l’isola è già depurata?Perché intervenire sul dissestoidrogeologico se a Ischia nonc’è rischio frane? E via di que-sto passo.

Emergenza abbattimenti eemergenza abitativa Una casa di 100 metri quadri dilivello basso in zone di scarsopregio costa a Ischia tra 4.000 e5.000 euro/mq. In totale dai400.000 ai 500.000 euro. E poibisogna completare, ristruttura-re, ecc. Occorre essere miliarda-ri per garantirsi il diritto alla ca-sa? L’abusivismo di necessità èstato un potente ammortizzato-re sociale e uno straordinario di-spositivo di costruzione di fortu-ne elettorali (e di fortune econo-miche, per quanto riguardal’abusivismo di speculazione).Oggi questo ammortizzatoresembra non funzionare più. Ilproblema è divenuto ancor piùcomplesso e determina una sor-ta di paradossale “illegalità co-attiva”. Essere costretti all’ille-galità per soddisfare un bisogno:è questa l’incredibile ma veracondizione di chi a Ischia aspiraad avere una propria casa.

Lo sviluppo e il benessere Un breve sguardo retrospettivomostra un’isola povera che al-

la fine degli anni Cinquanta co-nosce lo sviluppo. Sono tempieroici di sacrificio e di benesse-re. Le famiglie non devono piùemigrare, possono costruir ca-sa, possono mandare i figli ascuola, possono dar loro un fu-turo. È giunto il benessere ed èdurato molto tempo. Il redditodelle famiglie è aumentato, itempi bui sono apparsi allespalle. Le generazioni che van-no dal dopoguerra alla fine delmillennio hanno goduto di que-sto stato di cose. Ora, purtroppo, la festa è fini-ta. Il reddito medio delle fami-glie è aumentato, ma le fami-glie sono di fatto più povere,perché più povere di futuro,hanno minori speranze che i lo-ro figli abbiano un futuro, se lovogliono, nella terra in cui so-no nati.

La sostenibilità e i limiti dellosviluppoQuello della sostenibilità è il te-ma più ricorrente nelle politi-che dello sviluppo a livellomondiale e non riguarda que-stioni confinate nelle trasfor-mazioni ecocompatibili. Neiprotocolli internazionali lo svi-luppo sostenibile è quello chedeve lasciare alle future gene-razioni un mondo non peggio-re di quello che abbiamo tro-

vato. Accade questo a Ischia?Oppure è verosimile che i limi-ti dello sviluppo stiano già pro-vocando fenomeni di emigra-zione massiccia pari a quelliprecedenti gli anni Sessanta? Equesta parola è all’ordine delgiorno delle politiche locali? Esi è sull’isola in grado di pen-sare in termini di etica della re-sponsabilità? Oppure si voglio-no privilegiare accaparramentied egoismi, scavare a destra e amanca nella miniera fino a far-la crollare?

Il non futuro dei giovani ischi-taniDi fronte a questa condizionedi emergenza occorrono politi-che di emergenza. Pensare apercorsi come quelli che fannocapo ai Piani Regolatori misembra del tutto inverosimileed inefficace nel caso di que-st’isola dove l’edilizia si studianelle Facoltà di Giurispruden-za e l’Urbanistica in quelle diArcheologia…Il tempo a dispo-sizione è poco. Occorrono in-terventi straordinari in materiadi disagio abitativo del tipo diquelli della Protezione civile. Ilprezzo da pagare può essere al-trimenti altissimo: o ulterioreabusivismo o un’imponente on-data migratoria dei giovaniischitani.

Il Paradiso ferito

FRANCESCO RISPOLI

Università Federico II di Napoli

I tanti problemi irrisolti di Ischia

PAESAGGI DI COSTA

ISChIA

Alluvione a Casamicciola.

Foto ricevuta da S. Vellante

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Cosa ci ha fatto perdere a Ischia il consu-mo del territorio? L’isola d’Ischia, e so-prattutto Casamicciola, come meta di cu-

ra per i diversi malanni era ben nota a LuigiVanvitelli* (1700-1773), l’architetto della Reg-gia di Caserta e prima ancora della Fabbricadi San Pietro. Nella corrispondenza con Urba-no1 il fratello abate, che viveva a Roma, fa ri-ferimento in più occasioni alle proprietà salu-tari delle acque minerali isolane. Lo stesso re di Napoli, Carlo di Borbone (3 giu-gno 1752) – per il quale sta costruendo la reg-gia di Caserta – gli consiglia per il figlio mag-giore ammalato “le stufe e poi li bagni

d’Ischia”, all’epoca il luogo di cura preferitodai sovrani, i nobili, i dignitari di corte e l’al-to clero napoletani. Lo stesso Vanvitelli per ipostumi di un incidente alla caviglia occorso-gli mentre scendeva dal calesse nel 1755, ognianno si sottopone a ripetuti bagni di acqua diIschia, facendosela portare nella sua abitazio-ne di Napoli. Tuttavia, nell’estate del 1762 de-cide di fare la cura termale direttamente sul-l’isola, precisamente a Casamicciola, “luogorustico, distante circa due miglia dalla mari-na”. Resta molto colpito dai costumi che le don-ne “di statura alta come gli uomini” sfoggianoin occasione della festa della santa patrona,Maria Maddalena: “tutto è festa e tutto sa dirusticità marina”. Alla sua acuta osservazione di artista non sfug-gono la fertilità del territorio e le sue bellezzenaturali e paesaggistiche: “quest’isola è caricadi vigne e fa buoni frutti da mangiare in ab-

bondanza, e si pescano buoni pesci”; “sono an-dato ieri alla punta di un promontorio dell’iso-la, ove si vede Procida, la punta di Baia, il mon-te di Puzzolo, Posillipo, Nisita, e poi il Vesuviotermina la veduta. Non è possibile idearsi vistapiù bella”. Conclude la descrizione del giro del-l’isola esclamando “questo è quanto fin’ad oraò veduto, ma li sassi, li scogli bizzarri e nuoviche nel mare si vedono sono mirabilissimi perfare delle vedute”. Le notazioni dell’architetto reale ci rimanda-no una visione dell’isola, delle sue caratteristi-che paesaggistiche, naturali, economiche e so-ciali che nei loro aspetti fondamentali sembra-

no essersi conservate fino ad oggi (il termali-smo, le tradizioni, il turismo culturale, ecc.)ma che ad un esame più attento e accurato, ap-paiono guastate, in maniera forse irreversibi-le, dal consumo smodato e autolesionista di unarisorsa limitata: il territorio. Appunto.

* Franco Strazzullo, Le lettere di Luigi Vanvitelli dalla biblioteca palatina di Caserta. Galatina 1976

MARIA ROSARIA IACONO

Consigliere Nazionale di Italia Nostra

L’Architetto realeracconta Ischia Vanvitelli, l’isola e i guasti di oggi

dossier

Un consumo smodato del territorioci ha fatto perdere moltissime caratteristiche dell’isola

ISChIA

Il Castello Aragonese

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GRAZIANO BULLEGAS

Segretario del CR Sardegna di Italia Nostra

ANTONELLO MELI

Segretario della Sezione Sant’Antioco di Italia Nostra

“Si tutelino le coste della Sardegna, maquelle delle isole minori siano tute-late a metà”. Questo sembra il pre-

cetto seguito dagli amministratori regionali inSardegna, dalle norme urbanistiche degli anni’90 (che prevedevano inedificabilità a 300 mdalla battigia, per le isole minori solo 150 m)fino all’odierno “piano casa”. anche la “leggesalvacoste” emanata dalla giunta Soru, pur es-sendo un vincolo provvisorio, ha gravementepenalizzato le coste delle isole sarde, mettendoil vincolo alla sola fascia dei 500 m, mentre nelresto della Sardegna è stato fissato in 2 km. ecosì sulle zone costiere delle isole – e nelle areeagricole adiacenti - si sono scaricati, negli an-ni della “salvacoste”, gli appetiti di tanti spe-culatori.

nell’isola di Sant’antioco, ad esempio, negli an-ni 2003-2007 sono stati realizzati volumi stimatiper ospitare oltre 5.000 nuovi abitanti, senza al-cun beneficio per l’economia! non se ne sono ac-corti gli imprenditori locali (neppure le impreseedili), non se ne sono accorti i disoccupati, chesono aumentati del 4% in 5 anni, l’emigrazionegiovanile è continuata e così pure il decrementodemografico. Una bolla speculativa ha drogato il mercatoedilizio e il suo indotto (le imprese locali nonsono più concorrenziali e perdono sempre piùcompetitività). nascono e scompaiono societàimmobiliari, di costruzione, di intermediazionee nel loro disastroso percorso senza regole tra-scinano anche le piccole imprese del territorio.di alcune di queste società si sta occupando da

diversi anni la magistratura. Un’altra conside-razione: si è edificato tanto eppure non si è ri-solto il problema abitativo dei residenti, semprepiù poveri. Inoltre manca quasi del tutto la ri-cettività alberghiera. ritornando alla “tutela dimezzata”, la “ratio”del vincolo di inedificabilità è quella di tutelarela costa, come mai le coste delle isole minori de-vono essere tutelate di meno rispetto a quelle del-l’isola madre? La norma avrebbe un senso sequeste isole fossero lunghe e strette, tanto da nonconsentire nessuna costruzione, ma la loro lar-ghezza oscilla dai 4 ai 7 km.La sezione di Sant’antioco e il Consiglio regio-nale Sardo di Italia nostra hanno inutilmentesollevato la questione in diverse occasioni, manonostante l’interesse manifestato sull’argo-

mento, non si è mai riusciti ad eliminare questaassurdità urbanistica. Le isole rappresentano ecosistemi unici e irri-petibili, possono rappresentare veri e propripoli di sviluppo (anche in termini economici)del Mediterraneo, laboratori dello sviluppo so-stenibile e aree di sperimentazione. Sono quin-di degne di tutela e continueremo a batterci af-finché ciò avvenga. Invece che regimi di pro-tezione attenuati dovrebbe esser prevista unaparticolare forma di salvaguardia più attentaalle peculiarità locali. L’istituzione di aree ma-rine protette, o di parchi, ove mancanti, comenell’arcipelago del Sulcis, potrebbe rappresen-tare un significativo contributo sia sul versan-te della tutela che su quello dello sviluppo eco-nomico.

nata nel 2005 e diventata agenzia regionale nel 2006, la Conservatoria delle Coste della Sardegna (unica esperienza in Italia),fortemente voluta da Italia nostra, doveva creare una sorta di parco naturale in un intelligente equilibrio tra tutela e

sfruttamento dell’ambiente. Ma si apprende che verrà liquidata.

Sardegna

Pan di Zucchero elottizzazione aSant’antioco.Foto ricevuta

da g. Bullegas

Isole di un Dio minorePAESAGGI DI COSTA

È come se qui si applicasseuna tutela “dimezzata”

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GIOVANNI GABRIELE

Consigliere Nazionale di Italia NostraUna nuova “tendenza” si

sta sviluppando in Ita-lia: la “riqualificazione”

dei fronte mare (“waterfront”)come testimoniano i tanti inter-venti proposti o già avviati, edi numerosi concorsi di proget-tazione che hanno come ogget-to il ripensamento del rapportotra città, porto e mare. Sembrasia diventata la principale poli-tica di sviluppo urbano, spessoin territorio demaniale: alber-ghi, residenze, spazi per attivi-tà commerciali e di intratteni-mento vengono spacciati comeopportunità di investimento peri privati, e quindi sviluppo eco-nomico per le città. e così, an-che perché spesso le aree inte-ressate sono in degrado, si pro-pongono interventi che non so-no di risanamento ma di occu-pazione del suolo e di vera epropria speculazione edilizia.Vediamo ora il caso emble-matico della Spezia. Promos-so da autorità Portuale e Co-mune della Spezia, il concorsodi progettazione architettonicae di destinazione d’uso per lariqualificazione, valorizzazionee recupero ad uso turistico nau-tico della Calata Paita del por-to mercantile della Spezia e delwaterfront cittadino è stato vin-to da José María Tomás Llava-dor, Studio Schiattarella,M.a.as. di Mazzanobile aldo eassociati – S.a.s. La Spezia(SP) con il progetto denomina-to “Le forme dell’acqua”.Il contenuto del progetto è pre-occupante: si va a modificare lastruttura dell’unica passeggia-ta storica davanti al mare, che

è, da sempre, teatro di tutte lemanifestazioni marinare dellacittà. Proprio lungo la passeg-giata, denominata Morin, in oc-casione della giornata naziona-le dei “Paesaggi Sensibili”, il 20settembre 2008 si organizzò unpresidio per illustrare il nostrodissenso. dopo circa due anni è stato ap-provato dal Comitato Portualeun nuovo piano con delle mi-gliorie per la passeggiata Mo-rin. e dopo le nostre contesta-zioni, si è ottenuto questo ulte-riore risultato contestualizzatodalle autorità competenti: “riteniamo che sia preferibile,pur mantenendo il gioco dellelinee che sottende l’intero dise-gno, una piattaforma a sbalzo,col mare sotto… Ma se diventaun problema, anche per la fat-tibilità economica, ci si può tra-quillamente rinunciare. L’im-portante è che la passeggiata siariqualificata in termini di ser-vizi e godibilità”. Ma intanto nel nuovo piano so-no stati introdotti massicci in-terventi di edificazione resi-denziale e alberghiere che han-no sollevato proteste.Le ragioni del dissenso. Si di-chiarava che una vasta areaportuale, la cosiddetta “CalataPaita”, sarebbe stata restituitaalla città. In realtà nulla vienerestituito, in quanto l’area re-sta demaniale e i progetti sa-ranno finanziati dai privati erealizzati secondo una logicaperversa.Vediamo nei dettagli il pro-getto: 330mila metri quadratila superficie totale, due alber-

ghi a quattro e cinque stelle concentri congressi,�aree verdi per40 mila mq,�percorsi pedonalie ciclabili,�zone dedicate asport, benessere e ristoro, pi-scine, parcheggi, percorsi pe-donali,�un museo del mare, unanuova darsena e una nuova sta-zione crocieristica, strutture perattività sportive e per il tempolibero� chioschi, un anfiteatroper spettacoli estivi, una galle-ria commerciale, una piscina.Sarà anche modificato il siste-ma stradale per congiungere ilfronte mare e la città. Verrà rea-lizzato l’interramento di vialeItalia in due punti ai limiti del-l’attuale passeggiata. altrettan-te le zone destinate a parcheg-gio: al di sotto di piazza euro-pa (circa 11mila mq) e l’altrasotto Calata Paita di circa 40mi-la per un totale di 2.024 postiauto. Infine, si introducono nuo-vi collegamenti e nuove moda-lità di trasporto. Viene però tra-scurata la massiccia occupazio-ne del suolo con due edifici mul-tipiani e cinque palazzoni resi-denziali, disposti e allineati inmodo anomalo, che alterano lastruttura urbanistica della cittàfine Ottocento.In conclusione riteniamo che ilprogetto, così come presentato,prevede un esaltante “quartie-re delle meraviglie”, in cui glispezzini potranno finalmentetrovate di tutto (verde pubbli-co, passeggiate e piste ciclabi-li, disco-pub, residenze, hotel a4 ma anche a 5 stelle, pizzerie,chioschi, negozietti, centri com-merciali, piscine, biblioteche,ecc. ecc.). Troppo!

“Il quartiere delle meraviglie”.

Troppe

A La Spezia 330mila metri quadrati sul fronte mare

dossier

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ANNAMARIA CASTELLANO

Presidente della Sezione Tigullio di Italia Nostra

TERESA LIGUORI

Consigliere Nazionale di Italia Nostra

CaLaBrIa

Copanello.Foto ricevuta da T. Liguori

L’urbanizzazione del golfodel Tigullio procede da de-

cenni senza soste. Permangonotuttavia tratti naturali e digrande valore paesistico. Pur-troppo i Comuni costieri, nonsazi del benessere raggiunto, ve-dono lo sviluppo solo come ul-teriore edificazione sul litorale.e così, nonostante le coste delTigullio siano in gran parte vin-colate (d.L.42/04) numerosisono i devastanti progetti che sivogliono portare avanti. a Sestri Levante si parla cicli-camente di mettere in sicurez-za la rada, costruendo un por-to che stravolgerebbe il pae-

saggio. Lavagna e Chiavarihanno due grossi porti turisti-ci, che hanno modificato il de-posito dei sedimenti del fiumeentella e creato problemi dierosione costiera. a Lavagna siprogetta una colmata alla focedel fiume per installare il de-puratore comprensoriale e deimodesti cantieri.a Chiavari tutto il fronte mareé sotto attacco. Si progetta ilraddoppio del porto turistico.Si cercano imprenditori per tra-sformare la colmata a mare, og-gi posteggio e area degradata,con un’enorme operazione im-mobiliare di pesantissimo im-

patto. a Zoagli si straparla diun approdo su una costa preci-pitante in mare. e di una pas-seggiata fino a rapallo con ope-re cementizie agganciate alla fa-lesia ancora intatta.a S. Margherita Ligure é stataprolungata la diga foranea permettere in sicurezza il porto. Mac’è chi vuole ancora “raziona-lizzare”, snaturandolo, tuttol’approdo.a Paraggi (comune di S. Mar-gherita) la recente vicenda del-lo sbancamento in area protet-ta, autorizzato con una sempli-ce dIa per costruire garage (la-vori ora sospesi).

Copanello di Stalettì è un suggestivo angolodella costa jonica nel golfo di Squillace, me-

ta turistica tra le più frequentate della regione.È stata presa d’assalto dall’edilizia abusiva cheha deturpato le sue coste suggestive ricche di sco-gliere incorniciate dalla macchia mediterranea. Tale speculazione, sempre più selvaggia ed in-controllata, non ha risparmiato aree di alta va-lenza archeologica e naturalistica, come la sco-gliera di San Martino, dove, sulla “spiaggetta”tra gli scogli e le “vasche di Cassiodoro”, ri-membranze del “Vivarium” dello statista vissu-to nel VI sec.d.C., è stato costruita, a fine anni’70, una struttura incompatibile con la natura econ la storia antica dei luoghi, con conseguenteforte degrado della caletta. grazie alla sentenza emessa il 27 febbraio 2003dalla Corte Suprema di Cassazione, Seconda Se-zione Penale, si è chiusa, almeno dal punto divista legale, una vicenda che ha visto Italia no-stra, con la sezione locale prima e poi con la se-de centrale, costituirsi parte civile sin dal giudi-zio di primo grado e lottare per 9 lunghi annicontro quell’abuso. La sentenza della Cassazio-ne ha sancito la vittoria di Italia nostra, alme-no sulla carta: l’immobile, costruito su suolo deldemanio marittimo, avrebbe dovuto già essere

demolito, visto che si tratta di un manufatto abu-sivo, ma purtroppo nulla è stato ancora fatto da-gli enti competenti. Impossibile quantificare ildanno che il patrimonio culturale ed ambienta-le ha subìto a Copanello: basti pensare ai reper-ti archeologici distrutti ed a come sarà difficileripristinare lo stato originale della scogliera diS. Martino. Italia nostra continuerà il suo forteimpegno affinchè venga finalmente eseguita, do-po 7 anni, la sentenza di demolizione sanziona-ta da tutti e tre i gradi di giudizio, così da resti-tuire alla caletta della scogliera di S. Martino edal paesaggio costiero la loro straordinaria bel-lezza. Prima che sia troppo tardi.

Il recupero di CopanelloL’immobile sulla “spiaggetta” deve essere abbattuto

Ancora cemento sul Tigullio

18Capo Colonna, con la colonna superstite dell’antico tempio di Hera Lacinia, è uno dei luoghi simbolo della grecità d’occidente.La Sezione di Crotone ha scelto questo “Paesaggio Sensibili” perché minacciato da processi naturali di erosione marina

e dalla presenza di pozzi di estrazione del metano di eni/agip.

PAESAGGI DI COSTA

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MARIA ROSARIA FASCÌ

Consigliere della Sezione Reggio Calabria di Italia NostraConsigliere del Parco Marino Regionale “Costa dei Gelsomini”

COSTA DEI GELSOMINI

La Caretta caretta (foto P. Storino)e giovani tartarughe (foto T. Mingozzi)

Dal mese di marzo 2008 laCalabria ha 5 nuovi parchi

marini: “Costa dei Gelsomini, Ri-viera dei Cedri, Baia di Soverato,Scogli di Isca e fondali di CapoVaticano – Vibo e Tropea. Perquel che riguarda il Parco mari-no regionale Costa dei Gelsomi-ni, all’interno del comitato prov-visorio di gestione, grazie ancheall’intervento del Presidente re-gionale IN Arch. Carlo De Gia-como, in rappresentanza delle as-sociazioni ambientaliste ricono-sciute dal Ministero dell’Ambienteoperanti in Calabria è presenteItalia Nostra. Il parco in esame siestende nel tratto costiero com-preso tra Capo Bruzzano a norde Punta di Spropoli a sud. Talesettore costiero include i comunidi: Bianco, Ferruzzano, Bruzza-no Zeffirio, Brancaleone e Paliz-zi. “Negli ultimi anni il numerodei nidi italiani (di tartarughe,ndr.) è oscillato dai 12 ai 24 l’an-no” spiega il Prof. Antonio T.

Mingozzi dell’Università della Ca-labria, coordinatore di un pro-getto pluriennale di ricerca, de-nominato TARTACare Calabria,sulla nidificazione lungo la costaionica calabrese. Come hanno di-mostrato recenti ricerche condot-te dalla sua équipe, in questo set-tore costiero si concentra il 70%dei casi registrati attualmente nelPaese. Seguono per importanza,le isole Pelagie e la costa meri-dionale della Sicilia, mentre ni-dificazioni isolate sono state se-gnalate in Puglia, Campania eSardegna. Il Prof. Antonio T.Mingozzi riferisce ancora: “si trat-ta di 10-20 deposizioni a stagio-ne, che, tuttavia rappresentano,secondo gli anni, dal 60% al 90%dei nidi segnalati in Italia. NelMediterraneo il periodo di depo-sizione inizia a fine maggio e puòproseguire fino ad agosto inol-trato, anche se il 50% dei nidi ègeneralmente deposto tra la me-tà di giugno e luglio. I rischi del-

le nidiate sono molteplici, consi-derando che il periodo di schiu-sa coincide in larga misura con ilperiodo di massimo affollamentoturistico delle spiagge”. La sal-vaguardia degli habitat è quindiuna priorità assoluta per la salu-te di Caretta caretta in Italia, uncompito di cui attualmente al-l’interno del Parco marino regio-nale si sta occupando in manie-ra attiva Italia Nostra, che peròdeve scontrarsi regolarmente conamministrazioni locali più inte-ressate a generare flusso turisticoche alla sorte della nostra faunamarina. Se solo le persone e leamministrazioni capissero che letartarughe possono rappresenta-re un’attrazione turistica, comeavviene in altri paesi, avremmorisolto parte del problema. Lagente verrebbe a vederle e capi-rebbe che vanno tutelate. Senzacontare che assisterebbero a unotra gli spettacoli più meraviglio-si che la natura può offrire.

L’ultimo rifugio di Caretta caretta

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“CONVERSAZIONI” SUL PAESAGGIO DELLA COSTA REGGINA

La Sezione di Reggio Calabria continua il suo impegno per la campagna nazionale Paesaggi Sensibili aderendoa “Paesaggi di Costa”. Il secondo ciclo annuale di “conversazioni”, dedicato quest’anno all’osservazione e allo stu-dio della costa reggina, é iniziato Il 26 maggio con l’intervento dell’arch. Roberto Banchini, Sopr. ai Beni Paesag-gisti delle prov. di Reggio Calabria e Vibo Valentia, sui “problemi della tutela e gestione delle coste della provinciareggina”, per poi proseguire con il contributo del prof. Alessandro Crisafulli, docente in Botanica sistematica al-l’Università di Messina, sulle trasformazioni subite negli ultimi 150 anni in particolare dalle aree umide costiere. Dopola pausa estiva, si affronterà il tema dell’evoluzione dei paesaggi costieri con il geologo dott. Gioacchino Lena.Sarà poi la volta del prof. Antonio Mingozzi, che tratterà del nuovo parco marino “Costa dei Gelsomini” dove nidi-fica la tartaruga “Caretta caretta”. Infine, a novembre, con gli assessori all’ambiente della regione, della provinciae del comune, il comandante della guardia costiera, il direttore dell’ARPACAL e il Soprintendente per i beni pae-saggistici, la sezione traccerà la sintesi di quanto emerso dagli incontri e presenterà le sue proposte di tutela.

SEZIONE DI REGGIO CALABRIA

dossier

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ANTONIO DI LISIO

Sezione Campobasso di Italia Nostra

I nemici delle dune molisaneRifiuti, olii, porti, lidi

Le dune litoranee sono costitute da accumuli di sabbia mista spesso a piccole frazioni di parti-celle più fini, di varia composizione chimica, formatisi in seguito all’opera combinata dei ven-

ti e delle onde marine. Rappresentando un ambiente di transizione fra il mare ed il continente, di-fendono i terreni e le strutture retrostanti, impedendo l’azione erosiva su di esse e l’ingresso, ver-so l’entroterra, di grandi quantità di sostanze inquinanti sotto forma di aerosol marino. Costitui-scono quindi un habitat unico, raro, ma anche fragile.Sulle dune si trova una particolare vegetazione detta psammofila e alofila, resistente al clima arido e al-le correnti marine. Verso l’entroterra, ci sono piante ascrivibili all’associazione Salsolo kali-Cakiletummarittimae (caratteristico il Ravastrello – Cakile maritima – con fiori rosa-violetto), poi l’Echinophorospinosae-Elymentum farcti (con la Graminacea delle spiagge – Elymus farctus). Sulla parte sommitalesi riscontra la zona più “colorata” con specie di Echinophoro spinosae-Ammophiletum arenariae e Tor-tulo-Scabiosetum (tra cui la Santolina delle spiagge – Otanthus maritimus – con fiori bianchi, l’Erbamedica marina – Medicago marina – con fiori a corolla gialla, la Soldanella di mare – Calystegia sol-danella – con grandi fiori a campana di colore rosa, la Silene colorata con fiori rosa e la Violaccioccasinuata – Matthiola sinuata – con fiori violetti). Verso l’entroterra invece, popolamenti ad Imperata ci-lindrica e vegetazione con Eriantho-Schoenetum nigricantis e Phagmitetum communis. A volte ci sonotrovare anche specie rare come: Glaucium flavum (Papavero cornuto), Schoenus nigricans (Giunco ne-ro comune), Juncus maritimus (Giunco marittimo) e Holoschoenus romanus (Giunchetto minore).Ci sono poi diverse specie di insetti e di uccelli, come il Fratino che nidifica proprio sulle coste mo-lisane, e i numerosi migratori che nella sabbia trovano cibo e ristoro. Tipica è la Tartaruga her-manni e, si dice, ci sia anche la Tartaruga Marina (Caretta caretta). La presenza dell’uomo ancora non è stata devastante, le dune molisane presentano un patrimonionaturalistico in discreto stato di conservazione. Ma i problemi ci sono: dal livellamento delle dune,alla costruzione di lidi e porti, all’inquinamento dovuto ad abbandono di rifiuti o sversamenti diolii, come verificatosi nel Torrente Tecchio nei pressi di Petacciato Marina. Poi l’invasione di spe-cie esotiche (Agave americana, Acacia cyanophilla, Robinia pseudacacia, Eucalipto, ecc.) e so-prattutto l’erosione costiera che sta distruggendo le dune in gran parte del Molise: la costa è arre-trata di quasi 290 m in prossimità del Fiume Biferno e di circa 215 m della foce del Trigno. Si-gnifica che circa il 65% del litorale molisano è in arretramento. In conclusione, anche se alcuni Comuni hanno adottato un codice di autoregolamentazione per latutela di dune e spiagge, l’attuazione di una strategia rivolta alla salvaguardia della natura e del-la biodiversità deve essere sicuramente parte integrante dello sviluppo economico e sociale dell’areacostiera. Questo dovrebbe essere attuato su due fronti: un’azione volta alla loro salvaguardia (con-tenimento all’erosione, pulizia delle spiagge e delle zone limitrofe, ecc.) e una alla sensibilizzazio-ne degli utenti con la realizzazione di sentieri-natura, piste ciclabili, centri di educazione ambien-tale e campeggi eco-sostenibili.

LE IDROVORE SULLA COSTA MOLISANA

La Sezione di Campobasso per Paesaggi Sensibili ha scelto di dedicarsi al caso delle idrovore: manufatti rea-lizzati a partire dalla fine del XIX sec. per bonificare le zone paludose nei pressi delle foci fluviali così da desti-narle all’agricoltura, che ora, essendo state abbandonate, sono ridotte a discariche abusive. In particolare sisegnala il caso dell’idrovora di Montenero di Bisaccia che se opportunamente recuperata, sia come patrimoniostorico che fabbricato da adibire a centro visita e struttura ricettiva, potrebbe diventare un valido esempio di cor-retta gestione e tutela del territorio.

PAESAGGI DI COSTA

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CESARE CROVA

Presidente del CR Lazio di Italia Nostra

Il paesaggio della costa dell’Agro Pontino

Monte d’Argento, un monumento naturale

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Sulla costa dell’Agro Pontino, le dune e i laghicostieri rappresentano un “unicum” inscin-

dibile, di altissimo valore naturalistico-ambien-tale e storico. La gran parte dell’area è inseritanel Parco Nazionale del Circeo e la zona umida,a ridosso delle dune di sabbia, è vincolata dallaConvenzione di Ramsar. Qui però i rischi sonoaltissimi. Forte è la cementificazione: a partiredagli anni ’50 del secolo scorso, sono stati edifi-

cati circa mc 1.500.000, di cui circa mc 800.000abusivamente; di questi circa mc 500.000 con-donati e mc 300.000 non sanabili (realizzati post1993 in area vincolata paesaggisticamente). Innome dello sviluppo poi si progettano un portoa Foce Verde e, più o meno velatamente, uno nelLago di Paola (quest’ultimo metterebbe in seriopericolo il Parco Nazionale). Sono infine in attoforti fenomeni di erosione della duna.

L’attività di tutela promos-sa da Italia Nostra Lazio

per la protezione delle costepassa anche attraverso l’istitu-zione di aree protette, che va-lorizzino il paesaggio. Già nel1984, grazie all’iniziativa del-la sezione del Golfo di Gaeta, èstata preservata una porzionedi costa del Lazio meridiona-le, sottraendola alla specula-zione edilizia, con l’istituzionedel Parco regionale suburbanodi Gianola e del Monte di Scau-ri (L.R. n. 15/1987). Con laL.R. 2/2003, il Parco, insiemea quello regionale di Monte Or-lando, a Gaeta, e al Monu-mento naturale PromontorioVilla di Tiberio e Costa TorreCapovento – Punta Cetarola, aSperlonga, è gestito dall’enteParco della Riviera di Ulisse. Ultimo lembo di costa lazialeancora non protetto è il pro-montorio del Monte d’Argento,nel Comune di Minturno, oggiarea demaniale. Qui insistonopreziose testimonianze storico-culturali, quali il sito medieva-le di Castrum Argenti (X sec) ei resti di un presidio militaredel XVI secolo voluto dalla Co-

rona spagnola che governavasul Regno di Napoli, e natura-listiche con la tipica macchiamediterranea. Nell’ambito del progetto sullatutela dei paesaggi di costa, ilCR Lazio e la sezione del Gol-fo di Gaeta hanno ora promos-so alla Regione Lazio l’istitu-zione del Monumento naturaledel Monte d’Argento, secondo ildettato della L.R. 29/1997. Lasua creazione permetterà di

completare un’area protetta dicirca 40 km, che da Sperlongaarriverà fino alla foce del Gari-gliano, comprendente due par-chi regionali, due monumentinaturali e un sistema di novetorri costiere del periodo vice-reale.

È l’ultimo lembo di costa laziale ancora da proteggere

MONTE D’ARGENTO

Resti della chiesa di SanTommaso (XII sec.) e vista del Golfo di Gaeta.Foto ricevuta da C. Crova

dossier

SEZIONE DI LATINA

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Il litorale a Nord di Civitavecchia, tra la Mat-tonara e la Torre di Sant’Agostino, passando

per la pineta della Frasca, rappresenta un ec-cezionale concentrato di aree di interesse natu-ralistico, paesaggistico e archeologico. La pineta, attualmente di proprietà dell’Arsial,è una documentata zona di rispetto per la bio-diversità, con particolare interesse per il trattodi fondale antistante costituito da una prateriadi Posidonia Oceanica. Questa zona è anche mol-to interessante dal punto di vista archeologico:ci sono i resti di un porto, il porto di Columna,identificato con la spiaggia della Frasca, e di unavasta villa romana edificata su un preesistenteinsediamento preistorico. Il progetto per lo sviluppo del Porto di Civita-vecchia verso nord, per far posto a un “Termi-nal Asia” e a un porticciolo turistico da almeno700 posti barca, comporterebbe la distruzione

della pineta e della distesa di Posidonia, triste-mente sostituiti con banchine in mare e piazza-li per deposito di container nell’entroterra. Per difendere il territorio e la popolazione diCivitavecchia da queste distruzioni occorrereb-be un vincolo di protezione tramite l’istituzio-ne del Monumento Naturale per tutta l’esten-sione della pineta “La Frasca” (già richiesto al-la giunta regionale del Lazio nel novembre 2008e sul quale sono stati apposti due vincoli ar-cheologici).

CIVITAVECChIA

Costa e pineta della Frasca.Foto ricevuta

da R. Galletta

CATANIA

Zona Armisi.Foto ricevuta da A. Pavone

ROBERTA GALLETTA

Presidente Sezione Asfodelo di Italia Nostra

ANTONIO PAVONE

Presidente della Sezione Cataniadi Italia Nostra

Con il “Terminal Asia” addio alla pineta

ACatania da tempo la ReteFerroviaria Italiana (RFI)

ha programmato il prosegui-mento dell’interramento dellarete (già completato a nord del-le aree ferroviarie connesse al-l’attuale stazione centrale). Ilprogetto prevede un parziale in-terramento (che comprenderàanche la stazione centrale) e li-bererà tutte le aree oggi desti-nate alla formazione dei con-

vogli, al parco del materiale ro-tabile, carrozze passeggeri ecarri merci. E così, dopo 150anni, verrà (in parte) restituitoil mare alla città. Utilizzandouna parte delle aree liberate chela città potrà destinare ai servizi,si può realizzare un parco linea-re costiero con piste pedonali eciclabili, lungo il ciglio dell’altafalesia costituita dalla colata la-vica preistorica dell’Armisi, giun-ta fino al margine nord-est del-l’attuale centro storico. Credia-mo sia estremamente opportunoche l’interramento progettato daRFI, per la prosecuzione verso Si-racusa e Palermo, prosegua an-ch’esso in galleria fino alla sta-zione di Acquicella, al margine

del centro storico, liberando co-sì dalla presenza dei binari il via-dotto detto “Archi della Marina”realizzato dopo il 1866. Al ripri-stino del contatto del Centro Sto-rico con la costa si ritiene di osta-colo il progetto di un grande por-to turistico privato (a nord delladiga foranea del porto della cit-tà). Italia Nostra da tempo si op-pone a questo progetto e ritieneutile dislocare tale tipo di strut-tura all’interno del bacino por-tuale (recentemente ampliato).L’opera pregiudicherebbe in par-te il contatto con il mare e la pos-sibilità di realizzare il parco conun percorso pedonale di circa trechilometri utilizzando, anche, ilcitato viadotto.

Catania può riavere il suo mareGrazie al progetto di interramento della rete ferroviaria

PAESAGGI DI COSTA

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La rada di Lipari rischia diessere completamente stra-

volta da un progetto in nomedello sviluppo turistico (“rifun-zionalizzazione con finalitàcommerciale, crocieristica e di-portistica”). Ma non è soltantoaumentando la ricettività nau-tica, i “posti-barca”, che si in-crementa il turismo, si debbo-no anzi cercare “sviluppi soste-nibili” compatibili con la tute-la storica e ambientale, che neesaltino, semmai, l’identità cul-turale. Scorrendo l’iter ammini-strativo di questo progetto, diquattro anni fa, si riscontranoanomalie e illegittimità. Il9.5.2006 la giunta approva lo“Schema di Programma Trien-nale dei Lavori Pubblici”. Pocodopo la “Società Italiana Con-dotte d’acqua” presenta al Sin-daco Bruno Mariano un proget-to per il rinnovamento del siste-ma portuale dell’isola da realiz-zarsi con una società pubblico-privato cui demandare la pro-gettazione, la realizzazione e la

gestione delle nuove strutture. IlSindaco incarica il dirigente arch.Biagio de Vita di inserire questoprogetto nel Programma Trien-nale Opere Pubbliche e di di-chiararlo di Pubblico Interesse. IlSindaco, tuttavia, non procedealla riadozione del Programmache quindi non viene esposto al-l’albo Pretorio a disposizione deicittadini. In seguito tutte le pro-cedure per la scelta del partner ela costituzione della Società ven-gono demandate al dirigente deVita, escludendo il Consiglio Co-munale che non è chiamato adesprimersi né sull’atto Costituti-vo e sullo Statuto della Società eneppure sul progetto stesso. Vin-citrice della gara per la scelta delpartner è la “Società Condotted’acqua” e il 1 ottobre 2007 vie-ne fondata la Società mista pub-blico-privato “Lipari PortiS.p.a.” nel 2008 la Società di-chiara una perdita di esercizio di€ 382.000 e a tutt’oggi non ri-sulta presentato alcun progettoalla Soprintendenza competente.

Si mettono le mani a: 1. MarinaCorta, che diventerà una darse-na diportistica e per gli operato-ri locali, il cui fulcro sarà la pe-nisoletta del Purgatorio con lachiesetta di S. giuseppe, che am-pliata risulterà completamentedecontestualizzata; 2. Sotto Mo-nastero: si raddoppierà l´attualealta banchina e vi potranno at-traccare anche le grandi navi dacrociera, il cui impatto è facile daimmaginare; 3 Marina Lunga:da Sotto Monastero si dipartiràuna diga-banchina continua fi-no a Pignataro, ad uso della nuo-va grande darsena, che cancelle-rà completamente il lungomaree costituirà una barriera-trinceainvalicabile di fronte alle case; 4.Pignataro, si provvederà alla tri-plicazione dell’attuale darsena.

LAURA CANNIZZARO GIUDICE

Presidente della Sezione Vittoria di Italia Nostra

LIParI

Progetto. Le zone gialle indicano le nuove strutture, le arancioni quelle in ristrutturazione, le marroni i nuovi edifici.Foto ricevuta da T. Panajotti.

Le “mani” su Lipari

La costa siciliana che va dalgolfo di gela a Capo Pas-

sero presenta diversi esempi dierosione marina: antiche torricostiere sono franate e le ondecontinuano il lavoro di demo-lizione. L’ultima emergenza si è presen-tata per l’erosione del promon-torio sopra la foce del fiume Ip-pari. Sono franate in mare lepietre delle mura di cinta del-l’antica città di Kamarina, co-lonia fondata alle soglie del VIsecolo a.C. che tenne testa allamadre patria Siracusa e fu piùvolte distrutta e ricostruita. del-la città, la cui acropoli, con i re-sti del tempio di atena, domina

su un vasto tratto di costa, è sta-ta scavata una piccola parte; etuttavia si è potuto creare in lo-co un interessante museo, no-nostante importanti reperti sia-no a Catania e a Siracusa.In seguito al crollo, è scattatol’allarme. È stato fatto un con-vegno ad hoc, anche per discu-tere le modalità dell’interventoche si spera tempestivo, com-patibilmente con la burocraziae le scarse risorse finanziarie.L’erosione marina, che divienesempre più distruttiva, è da al-cuni attribuita al porto di Sco-glitti, che sorge a pochi passi dalsito archeologico. Questo portoè stato più volte ampliato, an-

che per evitare che si insab-biasse, e ultimamente è statocostruito un lungo braccio a oc-cidente che ha comportato lacreazione spontanea di un’im-mensa spiaggia a ridosso delbraccio stesso. a occidente delporto c’è quindi troppa sabbia,al lato opposto l’erosione si èfatta più aggressiva.L’azione dell’uomo può essere de-terminante nella trasformazionedelle coste. Si ricorda che gli an-tichi costruttori di Kamarina ave-vano avvedutamente creato unporto canale alla foce del fiume,conoscevano il gioco dei venti esaggiamente avevano alterato lacosta il meno possibile.

Il mare si mangia l’antica Kamarina

dossier

AMEDEO TULLIO

Presidente del CR Siciliadi Italia Nostra

TITTI PANAJOTTI

Presidente del CR Venetodi Italia Nostra

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BRINDISI

Degrado della costa,Castello Svevo e Alfonsino.

Foto di D. Saponaro

DOMENICO SAPONARO

Presidente della sezione Brindisi di Italia Nostra

SEZIONE DI PESCARA

Gli assalti alla Brindisi “storica”

“Militarizzato” il paesaggio dannunziano

Brindisi è da sempre un porto strategico, in particolare per la sua ubicazione nel cuore del Me-diterraneo e l’esposizione verso oriente. Per questo nei secoli passati si dotò di un efficace si-

stema difensivo, costituito dalle torri costiere (tuttora a presidio del litorale) e da due splendidi ba-luardi: il Castello Svevo (o “di terra”) e il complesso fortificato dell’isola di Sant’Andrea, com-prendente il Castello Aragonese (o Alfonsino) e il “Forte a mare”, a guardia dell’ingresso al porto.Il primo, essendo sede del Comando Marina Militare, gode di un buon stato di conservazione (no-nostante delle discutibili superfetazioni). Il complesso di Sant’Andrea, smilitarizzato e oggetto dilunghi restauri quasi ultimati, è in attesa di una rifunzionalizzazione. È poi insidiato da una vici-nissima e crescente area industriale e dai progetti di due mega-terminal crocieristici (con annesseinfrastrutture) voluti dall’Autorità Portuale. Per impedire questi “assalti” allo splendido monu-mento e individuarne ipotesi di reimpiego sostenibile, il 18 giugno scorso la sezione brindisina diItalia Nostra ha organizzato un partecipato convegno che ha visto anche le relazioni del vice pre-sidente Nicola Caracciolo, il consigliere nazionale Vezio De Lucia e l’assessore regionale puglieseal paesaggio e ai beni culturali Angela Barbanente.E mentre la costa a sud della città è stata quasi interamente occupata dal polo industriale ed ener-getico, a nord “impazzano” degrado, inurbamento, cementificazione e abusivismo mancando ade-guate politiche e strumenti di pianificazione. Intanto, i ruderi di stabilimenti balneari dismessi e dialtre costruzioni abbandonate attendono la rimozione, se non il recupero, per un rilancio dell’eco-nomia locale basato sulla riqualificazione e promozione del paesaggio costiero. Un’attesa vana.

I130 chilometri della costa abruzzese sono purtroppo interessati da pesante cementificazione, an-che nelle aree vicine alla foce del fiume Saline. O la spiaggia, come a Francavilla al Mare, dove

lo scorso anno è stata sequestrata una struttura turistico-residenziale in costruzione dopo l’espos-to-denuncia di Italia Nostra e altre associazioni. Altri casi di cementificazione riguardano un grossoinsediamento turistico-abitativo che coprirà l’ultima area verde – fronte litoranea a nord di Mon-tesilvano o la caserma della Guardia di Finanza a sud di Pescara, in un’area a forte vocazione tur-istica – tra la pineta dannunziana e il nuovo ponte del mare –aperto soltanto a pedoni e biciclette.Diventerà “zona militare invalicabile”. Infine, c’è un altro pesante rischio: secondo il Ministero del-lo Sviluppo Economico anche l’Abruzzo costituisce distretto petrolifero. Una scelta devastante perl’economia (quella turistica e quella legata all’attività vitivinicola, in particolare) oltre che per ilpaesaggio e l’ambiente.

PAESAGGI DI COSTA

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La Riviera delle Palme rap-presenta un caso esempla-

re di un’occasione perduta. Unmicroclima particolarmente mi-te, la vegetazione esotica e lus-sureggiante, un paesaggio dol-ce e luminoso, ampie spiaggeriparate da una quinta di pre-cipiti colorate pareti cretacee,ultima propaggine dell’ondula-to fantastico sistema collinarepiceno, non sono riusciti a fre-nare gli appetiti della più vigo-rosa speculazione edilizia. Edifici senza qualità sono statirealizzati sin sulla battigia, nonsi sono rispettate distanze ade-guate tra le costruzioni, si è pri-

vilegiato il fenomeno delle se-conde case e, per concludere, èincominciata la progressiva ag-gressione alla quinta collinare.Un luogo che poteva diventa-re una fonte di ricchezza soli-da e diffusa, dove si poteva fa-vorire non il turismo di rapi-na, bensì quello di qualità cherispetta la natura e dura tuttol’anno, sente i dolorosi morsidella crisi.Nemmeno la presenza di unlungomare luminoso, esaltatoda una vera e propria foresta dipalme lussureggianti, fantasti-ca esplosione di verdi fuochid’artificio, riesce a ridurne i

gravi effetti negativi. D’altraparte, anche questa spettacola-re verde barriera si trova in con-dizione di grave sofferenza, sof-focata, come si trova, tra unacontinua compatta parete di co-struzioni e una spiaggia sog-getta a una progressiva dram-matica erosione.Nulla si fa per cambiare regi-stro: si pensa, invece, di supe-rare la crisi, autorizzando gli al-berghi, non ancora trasformatiin residence, ad effettuare del-le sopraelevazioni, con la co-struzione di due piani in più diquelli esistenti. Insomma, dan-no al danno.

La Riviera delle Palme: un’occasione perduta

GAETANO RINALDI

Presidente della Sezione Ascoli Piceno di Italia Nostra

ANTONIO DALLE MURA

Presidente della Sezione Versilia di Italia Nostra

LAME

Parco Migliarino-SanRossore-Massaciuccoli.Foto ricevuta da A. Dalle Mura

Una strada nella “macchia lucchese”Parte della costa toscana, da Livorno a Via-

reggio, è protetta dal Parco Migliarino-SanRossore-Massaciuccoli: lembi di costa che, nelcorso degli anni, si sono sempre più ridotti. Da Viareggio a Torre del Lago – circa 3 km dispiaggia libera (o quasi) – la macchia mediter-ranea, quasi intatta, si smorza nelle “lame”, spec-chi d’acqua di fronte alle dune. Qui non c’è “co-lata”, a dispetto dell’attacco insistente e conti-nuo della speculazione, ma ora “il partito deigeometri” potrà averla vinta.L’Amministrazione Comunale di Viareggio hachiesto che la “Macchia lucchese” venga esclu-sa dal Parco: così la pineta sarà distrutta, le du-ne spianate e le “lame” colmate. Strade, stabili-menti balneari, alberghi centri commerciali (echi più ne ha più ne metta) potranno finalmen-te “valorizzare il territorio”.Vale la pena di ricordare che, appena nel 2008,il Progetto Life “Dunetosca”, per la “riqualifi-cazione di zone umide retrodunali”, qui ha “re-staurato” 60mila m² di lame con una spesa dicirca 500mila euro in parte a carico del Comu-ne di Viareggio. Tutto inutile? Ma non finisce qui. Si vuole aprire nella “Mac-chia lucchese” un “Asse di penetrazione”, stra-da di accesso al quartiere Darsena, manomet-tendo un Sito di Interesse Comunitario e Zona

di Protezione Speciale. Il progetto è stato boc-ciato dalla Valutazione di Incidenza ambienta-le, ma, nonostante ciò, il Presidente della Pro-vincia di Lucca se ne è fatto promotore e la Re-gione – con il Presidente Rossi e gli assessori Mar-son e Ceccobao –, ha dichiarato la disponibilitàad esaminare l’esclusione della pineta dal Parcoper renderne possibile l’esecuzione.Ma, dopo il male viene il peggio. Si vuole anche“rinnovare” lo stadio (praticamente un enclavenel Parco). E, con lo stadio rinnovato, si voglio-no costruire ristorante, albergo (da 100 came-re), centro commerciale e centri benessere.22.500 m², 78.750 m³ e 18.500 m² di parcheg-gio illustrano la portata dell’affare. Per realiz-zare tutto questo, è stato chiamato l’architettodella Juventus.Il Presidente del Parco, emarginato e tenuto al-l’oscuro della manovra “Comune-Provincia-Regione”, spera nella Comunità europea. Spe-riamo bene.

dossier

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AMassa e a Carrara si vuole ampliare il por-to commerciale e costruire il “Porto Turi-

stico di Massa e Carrara”. È una grossa specu-lazione immobiliare, dalle dimensioni indecen-ti. La Società Porto Turistico, che fa capo algruppo Caltagirone, è stata costituita ad hoc perrealizzare questo Porto il 26.5.2010. Il proget-to va dal torrente Carrione a circa 500 ml do-po il fosso del Lavello. È un territorio di altissi-mo pregio ambientale e turistico per la presen-za delle storiche pinete di Marina di Massa e perl’importanza del turismo che richiama. Per approntare gli strumenti urbanistici neces-sari alla realizzazione del Porto il Comune diCarrara ha votato una variante al Piano Strut-turale (delibera C.C. n. 113 dell’11.12.2009) e,insieme a quello di Massa, un Protocollo d’Inte-sa per il Piano regolatore del Porto di Marina diCarrara e del Porto turistico di Carrara e Mas-sa. I due Comuni hanno votato in contempora-nea il 30 dicembre. La Variante votata oggi dal Comune di Carra-ra è la ripetizione della Variante al Piano Re-golatore Portuale elaborata dall’autorità Por-tuale di Marina di Carrara nel 2001, bocciatadal Ministero per l’Ambiente e per la Tutela delTerritorio di concerto con il Ministero per i Be-ni e per le Attività Culturali con Decreto 8065

del 20.12.2002 per incompatibilità ambienta-le, socio-economica e idrogeologica, così comeconfermato dalla sentenza del TAR del Laziodel 2007*.Il Decreto negava l’opportunità dell’ampliamentodel porto commerciale fino alla foce del Torren-te Carrione e la realizzazione contigua del portoturistico fino al fosso Lavello evidenziando il ri-schio idrogeologico e di erosione della costa e ri-levando il devastante impatto paesaggistico edambientale. E concludeva: “Si ritiene pertantoopportuna la previsione di una nuova soluzioneprogettuale meno impattante di quella prevista,non espandendosi oltre la foce del torrente Car-rione, e che miri ad una correzione dell’erosio-ne anziché confermarla”.

MASSA E CARRARA

In progetto un porto.Foto ricevuta

da B. Giampaoli

TALAMONE

Foto ricevuta da M. Scola

Massa e Carrara, l’attacco dei Caltagirone

C’è una piccola baia, in un angolo dellaMaremma trascurato dall’uomo. Una

baia incantevole che unisce la mitezza di unapprodo riparato dai venti più impetuosi al-la bellezza selvaggia della Maremma più au-tentica, un piccolo golfo stretto tra l’Argen-tario e i monti del Parco Naturale del’Uccel-lina. Talamone è su tutti i libri di storia. Maadesso in questo borgo che rifornì Garibaldidi armi e di viveri, le celebrazioni per i 150anni per l’unità d’Italia passano in secondo

piano perché l’Amministrazione del Comu-ne di Orbetello ha deciso di costruire un me-gaporto, camuffato dalla parola “riqualifi-cazione” del porto esistente, con delle spro-positate volumetrie di cui 50.000 mc circadi fabbricati; quasi 1000 posti barca; unabanchina di 500 m; la deviazione di un ca-nale, nuove strade, svincoli, parcheggi chedeturperanno l’ambiente e il paesaggio.Scomparirà una delle più belle praterie di Po-sidonia. Tutto ciò nell’interesse di pochi, men-tre la splendida Rocca, sta franando nell’in-differenza generale, le spiagge, quella del Can-none e quelle del Bagno degli Uomini e del Ba-gno delle Donne, sono straziate dall’erosione edalle frane che le minacciano. Parlare di un no-vo porto è un errore concettuale, visto che lebarche già ci sono.

Talamone, un porto “camuffato”

PAESAGGI DI COSTA

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ANTONIO DALLE MURA

Presidente del CR Toscana di Italia Nostra

MARIO VENUTELLI

Presidente della Sezione Apuo Lunense di Italia Nostra

BRUNO GIAMPAOLI

Presidente della Sezione Massa Montignoso di Italia Nostra

MICHELE SCOLA

Presidente della Sezione di Grosseto di Italia Nostra

*Il 16 luglio ha avuto luogo una manifestazione di protesta contro il Porto di Massa e Carrara delle associazioni e dei comitatiambientalisti della zona.

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La sezione Isola d’Elba e Giglio, in prima linea fin dal 2004 nel seguire le vicende del progettodel nuovo Elettrodotto dell’Elba, esprime piena soddisfazione per la possibile soluzione che si

sta prospettando a seguito della decisione, da parte di TERNA, di sospendere definitivamente l’in-stallazione dei grandi tralicci, con il solo potenziamento della attuale linea e soprattutto con il mas-simo interramento della stessa.Le Associazioni, come la nostra, i comitati spontanei dei cittadini, le categorie economiche e sociali,le Istituzioni, anche quelle che in un primo momento avevano sottovalutato l’impatto ambientale,hanno costituito un fronte comune che ha dato un’idea di unitarietà, difficilmente riscontrabile in al-tre situazioni in cui l’Isola invece viene penalizzata dalla grande frammentazione di responsabilità.Il nostro impegno, sia sull’Isola a fianco dei Comitati dei cittadini che in occasione delle frequentioccasioni ufficiali di incontro presso la Regione e presso il Ministero dello Sviluppo Economico(Conferenze dei servizi), ci fa sentire fieri e partecipi di questo successo, dovuto anche alla dispo-nibilità di TERNA al dialogo.

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LE STRILLAIE

25.000 mc di cementoper l’impianto di CDR.Foto ricevuta da D. Pasini

Vittoria: all’Elba niente tralicci

Adue passi dal mare, secon-do quanto previsto dal

Piano dei Rifiuti della Provin-cia di Grosseto, in località LeStrillaie, a circa 2 Km dal cen-tro turistico di Marina di Gros-seto, è in costruzione un im-pianto di selezione dei rifiutiurbani per la produzione diCDR (combustibile da rifiuti)che tratterebbe almeno 95.000tonnellate l’anno di rifiuti. Conmolta probabilità i rifiuti arri-verebbero anche da Siena,Arezzo e dalla Val di Cornia(con le quali è già stato firma-to un accordo ATO SUD), inquanto essendo previsto perlegge il raggiungimento del50% di raccolta differenziata,si può desumere che i rifiutiprodotti “in loco” non sareb-bero sufficienti per raggiunge-re le 95.000 tonnellate l’anno,la quota minima di rifiuti af-finché l’impianto risulti eco-nomicamente vantaggioso.L’impianto dovrebbe sorgere inun’area che presenta numerosipregi: confina al sud con il Par-co Naturale della Maremma, anord con la Riserva NaturaleEuropea della Diaccia Botronaed è adiacente alla più impor-tante pineta della costa Tirre-nica ed Europea, denominata

Pineta del Tombolo. È ancheuna zona ad alta vocazione tu-ristica-agricola. Il sito, inoltre,presenta diverse incognite: sitratta infatti di una pianura al-luvionabile, percorsa da nume-rosi canali di bonifica, dove tut-t’oggi alcune idrovore pompa-no acqua altrimenti la zona siallagherebbe.Per di più è immediatamentevicina a un Sito di Bonifica diInteresse Nazionale che corri-sponde a una discarica tren-tennale in via di chiusura, dicirca 600 mila metri quadri chetutt’ora è una bomba ecologicain quanto il percolato versa nel-

le falde acquifere, come risultaanche dalla Gazzetta Ufficialedel 2007 che mette in evidenzacome in alcuni punti non risul-ti perfettamente impermeabi-lizzata.Collegato alle Strillaie, c’è poiil progetto di riconvertire l’in-ceneritore di Scarlino (Folloni-ca) dove si andrà a bruciare ilCDR prodotto alle Strillaie. Ilfuturo della Maremma… mi-gliaia di camion l’anno, emis-sione nell’aria di milioni di ton-nellate di diossine e di polveriultrasottili e milioni di metri cu-bi di acqua inquinata, più30.000 t/anno di ceneri.

Eco-scempi in Maremmadossier

LEONARDO PREZIOSI

Presidente della Sezione Isola d’Elba e Giglio di Italia Nostra

DANIELA PASINI

Sezione Grosseto di Italia Nostra

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ALBERTA CAZZANI

Sezione di Brescia di Italia Nostra

MARIARITA SIGNORINI

Consigliere Nazionale di Italia Nostra

In una località immediata-mente soprastante il paese

di Capraia Isola, a fianco del-la spianata di San Rocco, inun’area da sempre soggetta avincolo paesaggistico, è statocostruito un enorme magazzi-no in materiale metallico on-dulato, alto più di sei metri econ il lato maggiore sull’asseest-ovest. La costruzione s’im-pone in tutta evidenza alla vi-sta di chi, da nord, giunga nel-la rada del Porto. Il luogo, co-me il resto dell’isola, è Sito diInteresse Regionale e Comu-nitario e rappresenta l’ingres-so a terra del Parco dell’Arci-pelago toscano. Come ha am-messo la stessa Dott.sa Fiorel-la Ramacogi, della Soprinten-denza ai Beni Ambientali diPisa, “Il panorama del paesedal mare ne risulta fortemen-te alterato, al pari dello stessopanorama visto da quanti lo

osservino al rientro dalleescursioni nel Parco all’inter-no dell’isola”.La Soprintendenza di Pisa,contattata a più riprese da Ita-lia Nostra, sostiene che lastruttura è stata realizzata inassoluta difformità rispetto aun progetto proposto nel 2007alla sua approvazione, sia perdimensioni, sia per collocazio-ne, sia per l’uso dei materiali.In più, la struttura che dove-va avere le caratteristiche diun edificio precario, è stataedificata su suolo di uso civi-co senza alcuna preventiva au-torizzazione e su una piatta-forma in cemento alta 80 cm,anche questa non prevista nelprogetto iniziale e mai auto-rizzata.La struttura che è stata edifi-cata per una cooperativa di al-levatori di pesce, dovrebbe es-sere attrezzata per la lavora-

zione e il surgelamento del pro-dotto d’allevamento, ma è trop-po distante dal mare, non ha al-cun approvvigionamento utileallo scopo (acqua di mare cor-rente) e, almeno allo stato at-tuale, non è dotata di un siste-ma di scarico controllato delleacque reflue. Sussistono, quin-di, seri dubbi anche sul dichia-rato utilizzo.Il Corpo Forestale ha effettua-to sopralluoghi e ha acquisitogli atti giacenti presso la So-printendenza di Pisa e pressoil Comune di Capraia e hainoltrato una dettagliata de-nuncia alla Procura di Livor-no che è all’esame del Magi-strato. Ma nel frattempo i la-vori di ultimazione della strut-tura proseguono alacremente,nell’evidente speranza di ren-dere più difficile, a cose com-piute, l’azione della Magistra-tura.

Gargnano sul Garda (BS) è il paese della Ri-viera di Salò in cui si concentrava il mas-

simo numero di limonaie, particolarissime ser-re costruite fin dal XV secolo per la coltiva-zione degli agrumi. Proprio a Gargnano gliagrumi furono introdotti – come riporta la tra-dizione – da un giovane frate del sud Italia ve-nendo a Gargnano nel convento di San Fran-cesco. Proprio quel convento, soppresso dal go-verno veneto alla fine del Settecento, fu ac-quistato nel 1840 da 258 proprietari di limo-naie che fondarono la Società Lago di Gardaper commercializzare gli agrumi e poi – con ladecadenza dell’agrumicoltura – per produrre ipreziosi oli di alloro e di oliva. Allo scopo fu-rono costruiti prima un’ampia sala – in riva allago – per la cernita dei limoni e poi un edifi-cio per la lavorazione delle bacche di alloro el’oleificio.Tale complesso, ubicato all’ingresso del paese,in riva al lago – tutelato nella sua interezza dal2003 con un vincolo monumentale – forse più

di ogni altro rappresentativo delle capacità im-prenditoriali, della cultura e delle tradizioni gar-gnanesi, diventerà un condominio con annessoparcheggio. Il progetto del prof. arch. Cesare Feiffer, già ap-provato in Comune, prevede 18 appartamenti,di cui una decina nell’ex oleificio che vedrà pro-fondamente modificato il prospetto a lago conl’inserimento di una nuova fascia di finestre aseguito della totale trasformazione della riparti-zione interna.Nell’area adiacente all’oleificio, in riva al lago,è previsto un parcheggio ad alto impatto, a trepiani, con una forma che vorrebbe ricordare lelimonaie gardesane.Si sta per stravolgere un complesso di straordi-nario valore storico per ricavare alcuni appar-tamenti e un nuovo parcheggio a lago decisa-mente invasivo, con una grave alterazione di unsignificativo tratto di costa compreso in un’areasoggetta a vincolo paesaggistico ai sensi dellalegge 1497/1939 già dal 1958.

Ecomostro di metallo a CapraiaPAESAGGI DI COSTA

Case e auto nelle limonaie del lago

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CAPRAIA

Ecomostro.Foto ricevuta

dalla Sezione di CapraiaIsola

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L’area detta “ex Cantieri del Garda” copreuna superficie di 18.000 mq ed è attual-

mente occupata da un complesso industrialedismesso. Gli edifici risalgono a diverse epo-che, dai primi del ‘900 (le strutture con splen-didi finestroni in stile liberty, a lato della stra-da) al 1970 per una volumetria totale di 34.000mc. Nel Piano Regolatore tuttora vigente l’areaera classificata come turistico-alberghiera e diservizi, con una volumetria prevista di 24.000mc (meno dell’esistente). Nel novembre 2007 unanuova società proprietaria presenta un progetto,a firma del famoso studio di architettura “Fo-ster+Partners”, che, avvalendosi di ProgrammaIntegrato di Intervento sull’area privata degli “exCantieri” e su quella pubblica (38.600 mq cir-ca) di uliveto, campo di calcio, spiaggia antistantee parte della zona del “Bersaglio” (vecchio cam-po di tiro militare) prevede 54.000 mc di super-ficie residenziale, 20.000 mc alberghieri, 4.000mc commerciali, oltre a 2 livelli di parcheggiosotto il campo sportivo. Il piano delineato dalgruppo di Norman Foster concepisce edifici in ri-va al lago alti fino a 6 piani. A seguito della dif-fusione del progetto e alla nascita di un Comita-to che esprime il malcontento della cittadinanzasalta l’approvazione del Piano; inoltre, sia la Co-munità Montana Parco Alto Garda che la Pro-vincia bocciano con pesanti critiche il Program-ma. Nel settembre 2008 la Soprintendenza di

Brescia interviene ponendo un vincolo storico sul-l’area in quanto sito di archeologia industriale.Le associazioni ambientaliste prendono una po-sizione netta a riguardo e la zona risulta fra i luo-ghi del cuore del FAI. Di fronte a questa alzatadi scudi l’amministrazione e la proprietà porta-no comunque avanti un progetto confuso, non sivuole più specificare dove e cosa si costruirà perevitare grosse contestazioni. Si ridimensiona il

progetto eliminando praticamente tutti gli inter-venti sulla parte pubblica (che giustificavano ilProgramma Integrato di Intervento) ma rimanepressoché immutata l’ipotesi speculativa dei50.000 mc di edilizia residenziale con altezze fi-no a 5-6 piani. Qualche volta si dice che gli edi-fici di archeologia industriale verranno rasi alsuolo, qualche altra che si costruirà nella zonaancora verde retrostante, su alcuni giornali l’am-ministrazione sostiene che il ministero ha tolto ilvincolo, ma secondo la Soprintendenza non è co-sì; insomma in tutta questa confusione la certez-za è che è passata una variante sul niente (per-ché a questo si riduce il PII) per rendere edifica-bile forse l’ultima zona di valore ambientale del-la costa di Toscolano Maderno.

La bellezza di Monteisola, nel bresciano, l’isola lacustre più grande d’Europa, non basta perassicurare quella conservazione del territorio necessaria per un ecosistema così delicato. Non

è bella, è bellissima ma non può più sopportare le continue ferite che le vengono inflitte dall’uo-mo. Urbanizzazioni selvagge depositi agricoli trasformati in ville, uliveti divelti per far posto anuove case, porticcioli lacerati da ristrutturazioni assurde e parcheggi per motociclette in riva allago ne minano le sue caratteristiche di fondo. Le abitazioni crescono, quelle vuote si contanoquasi 500 ma la popolazione è sempre la stessa 1.780 abitanti da trent’anni. L’economia isolanalangue, son spariti gli artigiani, è crollato il turismo (i posti letto sono ridotti al lumicino), ma diturismo dolce non se ne parla. Tutto è predisposto per la grande macchina distruttrice del turi-smo “mordi e fuggi” che poi non è turismo ma si tratta della peggior specie di quello che si puòdefinire fenomeno dei visitatori a ore domenicale. Illusoria ricchezza per pochissimi montisolanie gli altri costretti a migrare per un lavoro, spesso precario, a Milano o nella bassa bresciana. L’iso-la non è più autosufficiente, la raccolta differenziata non esiste il divieto di circolazione alle au-tovetture è violato sistematicamente e gli elicotteri privati sembrano avvoltoi sulla preda. Sul la-go megabarche inquinanti sfrecciano a tutta velocità mentre le dolci piane della sponda brescia-na Pisogne, Sulzano, Marone ed Iseo vengono anch’esse divorate dal cemento.

La crisi di Monteisola

È forse l’ultima zona di valore ambientaledella costa di Toscolano Maderno

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CRISTINA MILANI

Sezione di Brescia di Italia Nostra

DARIO BALOTTA

Sezione di Brescia di Italia Nostra

MONTEISOLA

Rendering dellastruttura in progetto.Foto ricevuta da D. Balotta

dossierIl Liberty del Garda

sepolto dai palazzi

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Èin corso di approvazioneun piano particolareg-

giato che permetterà lo sra-dicamento di parecchie mi-gliaia di metri quadrati diuna delle residue pinete di Li-gnano Sabbiadoro per la co-struzione di strutture ricetti-ve. già nel 2005 si era avutala distruzione di quasi 10.000metri quadri per realizzarepiscina e palasport. È una pineta protetta, difesada ben tre tipi di vincoli: fo-restale, paesaggistico am-bientale in quanto bosco e zo-na a meno di 300 metri dal-la battigia, nonché un parti-colare vincolo paesaggisticoposto dalla regione sull’area.Si direbbe che la pineta è“blindata” e al riparo da ogni

aggressione. e invece uno do-po l’altro, con una pazienteopera di trattativa a tutti i li-velli istituzionali, ogni prote-zione crolla come un castellodi sabbia. non importa se ope-razioni del genere si lascinostrascichi giudiziari dietro. eevidentemente vale la pena dirischiare. Indagini del 2005portarono all’arresto del re-

sponsabile dell’ufficio tecnicocomunale con l’accusa di averintascato tangenti. Il Comune intanto approva, ap-prova tutto, scambia diritti di

edificazione e nel contempo esi-bisce le bandiere blu della Feee, volendo apparire come un pa-ladino dell’ambiente, promuovel’agenda 21 sul proprio territo-

rio. nel frattempo però procedenell’approvazione di varianti alpiano regolatore fra le più ce-mentificatrici della sua storia.esse sono destinate a cambiareil paesaggio e l’ambiente orien-tando lo sviluppo verso la pro-liferazione delle seconde case.“Costruisci, vendi e scappa”.Un immenso valore che si ri-schia di perdere per interesse dipochi e l’indifferenza di molti,anche se la Sezione di Udine diItalia nostra ha fatto pervenirele sue osservazioni contro que-sto ulteriore assalto all’am-biente.

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GABRIELE CRAGNOLINI

Vicepresidente della Sezione Udine di Italia Nostra

LIgnanO

La pineta e lacementificazione.

Foto ricevute da g. Cragnolini

Lignano, il cemento sulla pinetaPAESAGGI DI COSTA

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TRIESTE

Il porto.Foto ricevute da L. Boschin

Il Porto vecchio di Trieste è al-l’attenzione di Italia Nostra

da molti anni. Questo “Lager-hauser”, brano di città desti-nato alla circolazione delle mer-ci, conserva intatte le sue co-

struzioni originarie grazie aivincoli di tutela. L’abbandonopotrebbe comunque compro-mettere il futuro dell’intera areastorica portuale e si spera in im-mediati interventi di riqualifi-cazione e restauro. Per il pros-simo ottobre 2010 (21/22/23)Italia Nostra* ha promosso in

collaborazione con la RegioneFVG e il Centro di Cataloga-zione e Restauro di Villa Ma-nin, un meeting internaziona-le che porterà alla ribalta in-ternazione il percorso di ar-

cheologia industriale della Re-gione FVG e in particolare iprogetti di rivitalizzazione e ilprogetto del polo museale delporto vecchio, proposto e pro-mosso da Italia Nostra. È pre-visto poi anche un progetto diampliamento della stazione ma-rittima di Trieste. Non solo il

complesso architettonico meri-ta attenzione e valore ma anchele storiche passerelle mobili, diinteresse storico tecnologico masu cui transitarono anche cen-tinaia di migliaia di emigranti

dall’Italia verso le Americhe,l’Oceania e ogni altra parte delmondo servito dalle navi dellecompagnie di navigazione ita-liane (Italia Nostra ha propo-sto la conservazione delle pas-serelle oltre che prodigarsi peri necessari relativi finanzia-menti).

Trieste, progetti per il “Lagerhauser”dossier

Il rigassificatore incombe su Muggia

La “verde meraviglia” dell’IsonzoL’Isonzo verde smeraldo, con pregiate ca-

ratteristiche naturalistiche lungo tutto ilsuo corso, con l’importanza storica delle suesponde, teatro di battaglie per la sua collo-cazione strategica di accesso da nord-est, al-la pianura Padano-Veneta; Fiume Sacro al-la Patria dopo la grande guerra, il fiume piùbello d’Italia secondo la nostra Sezione di Go-rizia che è particolarmente sensibile alla sua

conservazione e valorizzazione. Alla sua fo-ce sono state individuate vaste aree di inte-resse naturalistico, in regime di riserva na-turale. La foce è navigabile per un bel trattosia sul ramo principale che quello seconda-rio (Isonzato). È sempre necessaria la sorve-glianza contro l’inquinamento, per evitare usiimpropri delle aree e per migliorare la ma-nutenzione.

ANGELA BAISSEROConsigliere della Sezione Goriziadi Italia Nostra

LUCIANA BOSCHIN

Presidente del CR FVGdi Italia Nostra

CR FRIULI VENEZIA GIULIA

CR FRIULI VENEZIA GIULIA

Poco prima del confine conla Slovenia, la cittadina di

Muggia conserva il suo bel cen-tro storico con i caratteri ve-neti dell’edificato, ma anchedel piglio dolcemente decisodegli abitanti. Nella baia, a po-chi metri dalle abitazioni, in-

combe il previsto intervento diun rigassificatore, contro ilquale sono schierate le asso-ciazioni ambientaliste a fiancodei cittadini e dei sindaci diMuggia e S. Dorligo della Val-le (altro comune adiacente),una gran parte degli abitanti di

Trieste, che sarebbe pesante-mente penalizzata dall’inter-vento e alcuni comuni slovenilimitrofi. Anche il ministerocompetente di Slovenia haespresso contrarietà verso l’in-tervento, le mancanze e i limi-ti della sua progettazione.

*La coordinatrice delle attività per la tutela del Porto Vecchio a Trieste è Antonella Caroli.

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IIttaalliiaa NNoossttrraa iill 2211 lluugglliioo 22001100 hhaa llaanncciiaattoo llaa ccaammppaaggnnaa PPaaeessaaggggii ddii CCoossttaa ccoonn uunnaa ccoonnffeerreennzzaa ssttaammppaa ddaallllaa qquuaallee èè eemmeerrssoo cchhee èè llaa SSaarrddeeggnnaa ccoonn llee ccoossttee ppiiùù mmiinnaacccciiaattee..IInntteerrvviieennee ppeerr nnooii lloo ssccrriittttoorree GGiioorrggiioo TTooddddee..

Sardegna svenduta, Sardegna consumata

Ci eravamo appena procurati un Piano Paesaggistico che ce lo vogliono smontare. E devono fare in fretta perché questo Piano, gridano sindaci di destra sinistra e centro, gli blocca lo sviluppo. Dicono anche, con una nota di umorismo, che questi rimaneggiamenti del Piano avvengono per volontà del governo regionale in un laboratorio del pensiero che si chiama Sardegna Nuove Idee, un alambicco dove si mettono le idee a reagire. La formula base è “concertazione e condivisione”.Abbiamo letto attentamente le decine di pagine di “concertazioni e condivisioni” tra Regione e Comuni che riassumono la Nuova Idea di Sardegna e siamo stati investiti da una ventata d’aria fresca.La Nuova Idea di Sardegna è rivoluzionaria, mai sentita prima da orecchio umano e disegna un mondo rinnovato. Ecco la novità. Finalmente anche nell’Isola si può iniziare a costruire, edificare, mettere un mattone sull’altro, senza troppe complicazioni, senza troppe regole e ogni metro cubo sarà “condiviso”. Be’, nessuno lo aveva mai fatto prima con tanta sincerità. Tutti d’accordo per “semplificare”. Troppe regole, si lamentano, sono opprimenti. “Semplificare” significa fare quello che si vuole. Basteranno una semplice dichiarazione di inizio di attivitàfamiliarmente detta DIA e il silenzio-assenso degli uffici. Raccontano che l’Isola era “bloccata”, l’edilizia “bloccata”, l’economia “bloccata” dalla malvagia Giunta Soru.Eppure la Sardegna aveva già un record di seconde case (200.000 su 850.000 totali mentre in Italia le seconde case sono solo 1/5 del totale) e saremmo già dovuti essere ricchi. Nel primo Piano Casa, detto “Piano Cemento”, dove non si fa cenno di edilizia popolare, è saltato perfino il limite dei 300 metri e in quella fascia sacra verranno edificati, si calcola, 2 milioni di metri cubi. Una bestemmia, anche giuridica, che non si reggerà sulle sue gambe. Spacciano l’anarchia per liberismo e alla cosiddetta crisi si risponde con il commercio e la consunzione dei suoli. Gli studiosi del gruppo Nuove Idee concerteranno le richieste d’accordo con i Comuni isolani i quali, dopo aver devastato i paesi, passeranno all’agro avvilito dall’abbandono. La Nuova Idea per le campagne consiste non nel coltivarle, ci mancherebbe, ma nel costruirle in modo “concertato e condiviso” con i nostri sindaci d’impresa. Qualcuno, più innovatore di altri, ha perfino chiesto che si potesse costruire anche in lotti minimi di un ettaro e il primo Piano Casa prevede dal 10 al 20% di metri cubi in più nell’agro. Insomma, tirare su un muro diventa sempre più facile e si viene perfino ricompensati. Li chiamano “premi di cubatura”. I più premiati sono gli alberghi con compensi che arrivano sino al 35% di metri cubi in più. Premiati perché siccome non riescono per incapacità ad allungare la stagione, allora gli allungano gli alberghi.Era ora che si costruisse qualcosa da queste parti. Nessuno ci aveva mai pensato. Purché, s’intende, sia fatto in modo ecosostenibile e biodegradabile, purché ogni metro cubo sia bio oppure eco, dicono i ricercatori di Sardegna Nuove Idee. Gli ecostudiosi di Nuove Idee hanno deciso di chiamare intorno a un tavolo i sindaci biocompatibili i quali vogliono essere alla pari con la Regione e con lo Stato perché si considerano i padroni del loro territorio. Basta un’occhiata per vedere cosa ne hanno fatto e immaginare cosa ne faranno. Nell’Isola, salvo brevi parentesi, tutti hanno fatto quello che volevano. No, nessuna Nuova Idea. Solo la vecchia, ossessiva idea di costruire, guadagnare (in pochi) e esaurire la propria terra. Il Piano Casa 1, il Piano Casa 2 – quello autobocciato in Consiglio regionale dalla stessa maggioranza – e lo stravolgimento del Piano Paesaggistico sono i piedi di porco per rendere finalmente anche la Sardegna simile ad altre orride regioni del Paese. Una squallida città lineare costiera. In questo progetto di cementificazione finale rientra l’abolizione della Conservatoria delle Coste che, sul modello del Conservatoire du Littoral francese che esiste dal 1975, cercava di acquisire alla Regione Sardegnatratti di costa nobile e, sopratutto, avrebbe dovuto fornire un parere obbligatorio sulle pregiate aree militari dismesse. Ancora un poco di Nuove Idee, di “concertazione e condivisione” e la Sardegna sarà tutta consumata.

GGiioorrggiioo TTooddddee

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