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Le Figlie di San Giuseppe 4/2018 3

Le Figlie di San GiuseppeBOLLETTINO BIMESTRALE

Una voce libera che propone:¨ la spiritualità di San Giuseppe e del Ven. Padre Felice Prinetti;¨ espressa nella vita dell’Istituto;¨ operante nella Chiesa.

Direttore responsabile: .........Dr. Marco Cardinali

responsabili Di reDazione: .....Suor Paoletta Meloni - Suor Antonia Deidda

Ufficio abbonamenti: ............Suor Maria Lucis Scema

reDazione: ............................Le Figlie di San Giuseppe - Via Carmine, 34 - Tel. 0783 78357 - 09170 ORISTANOe-mail: [email protected] - C.C.P. n.14305098

progetto grafico, stampa

confezione e speDizione: ........Grafiche Sant’Ignazio srl - 09025 SANLURI (SU)Via Carlo Felice, 86 - Tel.-Fax 070 8002907 - e-mail: [email protected]

Autorizazzione del Tribunale di Oristano n.15 del 16/12/1960

abbonamenti 2018................Italia: Annuale ordinario € 15,00 - Sostenitore € 30,00Una copia € 2,00 – Estero: annuale ordinario € 25,00

H a n n o c o l l a b o r a t o

Mons. Ignazio Sanna, Madre Maria Luciana Zaru, Marco Cardinali,Michele Antonio Corona, Don Carlo Cani, Don Antonio Donghi, Myriam Deidda.

l tema che Papa Francesco ha proposto a tutta la Chiesa per la celebrazione del mesedella Missione e della giornata missionaria mondiale è in sintonia e vuole indicare la via da

percorrere per incontrare i giovani e insieme a loro portare il vangelo a tutti. Scrive infatti:“L’occasione del Sinodo che celebreremo a Roma nel prossimo mese di ottobre, mese

missionario, ci offre l’opportunità di comprendere meglio, alla luce della fede, ciò che il Signore Gesùvuole dire a voi giovani e, attraverso di voi, alle comunità cristiane”. Vuole così ricordarci che la vita èuna missione da vivere nella fede in Gesù Cristo che ci orienta al dono della vita per il vangelo.L’annuncio e l’autentica testimonianza passano attraverso la testimonianza di una vita donata perCristo e per la causa del suo regno. Soprattutto ci ricorda che solo l’amore ricevuto e ridonatonell’accoglienza e nel servizio, ai piccoli e ai poveri, rende la vita bella e gioiosa - perchéautenticamente evangelica - sia ai giovani impegnati in qualsiasi missione di annuncio come achiunque intraprenda il cammino della sequela di Cristo nell’impegno di una fedeltà senza confini.

In questo numero della rivista il tema della Missione e del Sinodo dei giovani è trattato nei diversiarticoli, ma in particolare abbiamo dato spazio al racconto sull’impegno dell’Istituto nelle nostre realtàmissionarie: dall’Africa all’India e all’America latina, dove le Figlie di San Giuseppe operano perl’evangelizzazione proprio attraverso il dono della vita con l’essere madri e sorelle di ogni fratello cheincontrano e che amano e servono, nell’accoglienza, nell’ascolto, nell’aiuto, nella cura, prendendo sudi sé la povertà e il dolore, le angosce e le solitudini per offrire il balsamo dell’amore che si dona senzanulla chiedere nella gratuità, per essere samaritane nel corpo e nello spirito. È un impegno chevogliamo vivere ogni giorno in sintonia con la Chiesa e con piena solidarietà e obbedienza alle direttivedi Papa Francesco che ci ripropone il vangelo nella fedeltà a Cristo.

Ci aiuta in questo impegno la preghiera mariana del Rosarioper ottenere per l’intercessione di Maria, la madre del Signoree madre nostra, la grazia dell’unità nella Chiesa e della pacenel mondo, perché le famiglie, i giovani e gli anziani e malatitrovino in lei rifugio e conforto e siano consolati eabbracciati da una madre che presso la croce del Signore ciha accolti tutti come suoi figli redenti da Cristo.

A conclusione del mese missionario celebreremo laSolennità dei santi e anche il ricordo di tutti i defunti. Èla pedagogia liturgica della Chiesa che prima dell’iniziodi un nuovo anno ci ricorda che tutti siamo chiamatialla santità e che il segreto per viverla pienamente èil servizio d’amore quotidiano vissuto nellafedeltà e nella semplicità quotidiana nellaferialità e nell’ordinarietà dell’esistenzache, come nell’oscurità diNazareth, si custodisce ilmistero di un dono disalvezza offerto a tutti gliuomini di buonavolontà.

Madre M. DanielaC

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chiavi di lettura per capire meglio ciò che è stato af-fermato sapientemente dal Concilio Vaticano II: “Cri-sto, nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero delPadre e del suo amore svela anche pienamente l’uo-mo a se stesso e gli manifesta la sua altissima voca-zione” (GS 22).

Scoprire la propria chiamata non è un mistero ri-servato a chi possiede la combinazione per capire Dioo esclusivo per pochi eletti, ma è la capacità di legge-re il mistero di Dio nella vita della persona. Il Padre hagià impresso nella creatura il segno distintivo dellasua santità. È questo carattere specifico che rivela ildisegno di Dio per l’uomo. Ma Dio, da buon artigiano(non ha mai gradito le cose perfette fatte in serie!),ha lasciato che la sua opera sia interpretata, modifi-cata, portata a compimento. Mi è capitato di sentirela reazione di alcuni autori di romanzi o saggi rispon-dere a un lettore che esprimeva una certa interpreta-zione del loro libro, dicendo: “Complimenti, la sua in-tuizione è straordinaria. Io non avevo pensato che lemie parole potessero generare questa idea”.

La chiamata alla santità che Dio ha impresso in cia-scuno, non è completa a prescindere, ma si perfezio-na con la vita. E Dio di questo ne gioisce, esulta, loda.Pensate al baratto tra Abramo e Dio per la salvezzadegli abitanti di Sodoma: Dio gioisce per la caparbie-tà di Abramo e per la sua strenua difesa dei sodomiti.Ricordate la sorpresa di Dio per la fedeltà di Davide.Non dimenticate lo sguardo innamorato di Gesù perlo scriba che risponde bene alle sue domande o a Zac-cheo che si alza e riconosce di essere stato imbroglio-ne. Spesso, il concetto dell’onnipotenza di Dio ci hacondotto alla banalità della sua onniscienza e preveg-genza.

Dio continua a chiamare per vedere nell’uomo lasorpresa della creazione, la bellezza della libertà, lameraviglia dell’autenticità umana. Il Dio dei chiamatiosa ancora meravigliarsi di una vita che non da nullaper scontato. Questo è il Gesù che sa chinarsi sui pie-di di Pietro e rimbrottarlo quando questi vuole fare ameno di quella lavanda salvifica. Stupisciti di Dio epermetti a lui di stupirsi di te!

Non bisogna fare processi, poiché molte visioni sonofrutto del tempo, della mentalità, del grado di cono-scenza che si ha in quel preciso momento (anche que-sta riflessione risente inevitabilmente del medesimoinflusso!). Eppure, alcune figure bibliche ci offrono

e vocazioni scarseggiano in un mon-do globalizzato ed edonista. Il consu-

mismo non ci permette più di ascoltare lachiamata di Dio. Le famiglie non educano

più i loro figli alla risposta generosa verso un Dio checontinua a chiamare numerosi operai per la sua mes-se. Dio si è stufato dei nostri peccati e non trova piùpersone docili da inviare nella sua vigna.

Chissà a quanti di voi, lettori e lettrici, è capitato disentire queste banalità. Chissà quante volte noi stes-si abbiamo detto tali cose, disconoscendo totalmentela nostra stessa vita e storia. Il peccato più grave –quello che il vangelo invoca come imperdonabile,perché contro lo Spirito Santo – è dato dal non rico-noscere l’opera di Dio nella storia del mondo e nell’e-sperienza di vita concreta. Posso conoscere il Cate-chismo della Chiesa Cattolica a memoria, ma se nonaccolgo nella mia vita quella parola carica di senso edi fecondità di vita risorta, che è Cristo, sono aria frit-ta. Pertanto, ci occorre soffermarci sulla vocazione,su ogni vocazione, sul senso della vocazione.

A partire da una certa mentalità, influenzata an-che dalla teologia dei racconti biblici scritti durante ilperiodo ellenistico (es. il libro di Tobia), si è insegna-to che Dio avesse una sorta di progetto prefissato percui avesse scelto per ognuno un ruolo, un posto e unastrada. Sarebbe stato felice solo chi avesse indovina-to la propria posizione in questo disegno. Così, gene-razioni intere di credenti – compresa la mia – hannocercato di trovare il modo per accedere a quella map-

pa divina e conformarsi a questa volontà ineluttabilee sovrastante. Il tutto non senza uno scotto doloro-sissimo, davanti a cadute, dubbi, inadeguatezze. Chi“aveva fiducia ed era forte” si lasciava condurre, chiponeva qualche domanda, era da tenere d’occhio.

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Cristo rivela il mistero dell’amore del Padree pienamente l’u omo a se stesso

Michele Antonio Corona

Caravaggio - “Vocazione di san Matteo”,Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.

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NE La 68ª Settimana nazionale di ag-

giornamento pastorale, proposta delCentro di orientamento pastorale rivolta

agli operatori pastorali delle diocesi italia-ne (Assisi, 25-28 giugno 2018) ha posto la sua atten-zione sul tema «giovani per una “chiesa in uscita”»in sintonia con l’imminente celebrazione del Sinododei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimentovocazionale”.

Mons. Domenico Sigalini, vescovo e presidentedel COP, afferma che “L’esperienza dei parroci e de-gli operatori pastorali, nei piccoli centri, come nellegrandi città, ci mostra il desolante spettacolo di una

sempre più evidente assenza dei giovani nei nostriluoghi celebrativi ed educativi…Il Sinodo voluto dapapa Francesco è un invito a non piangerci addosso,ma a metterci in ascolto dei giovani, delle loro do-mande e delle loro speranze, perché da giovani dia-no maturità alla loro fede: ogni lavoro con i giovaniserve sostanzialmente a crescere e la fede serve apromuovere questo cammino di crescita. Senza om-bra di dubbio – prosegue il presule – ridare charme,bellezza e attrattiva all’immagine dell’adulto nella fe-de e immaginare un profilo del credente nuovo, al-l’altezza del Vangelo, che sappia abitare e trasfigura-re i contesti culturali odierni, sono i compiti che ci at-

Il Sinodo sui “Giovani”

Don Carlo Cani

GIOVANI PER UNA CHIESA IN USCITA,ANCHE NELLA LITURGIA

tendono. Un sinodo dei giovani è occasione per ri-pensare l’intera prassi pastorale, che si fa attenta al-l’uomo e che, come indica papa Francesco in Evan-gelii Gaudium, predilige il tempo allo spazio e la real-tà all’idea”.

“L’instrumentum laboris”, preparato in vista delSinodo, un testo abbastanza ampio e articolato, frut-to della consultazione del popolo di Dio, al cap. iiiUna comUnitÀ eVangelizzata eD eVangelizza-trice particolarmente ai nn. 187, 188, 189 sotto il ti-tolo “il gusto e la bellezza della liturgia” afferma chei giovani «non vengono in Chiesa per trovare qualco-sa che potrebbero ottenere altrove, ma cercano un’e-sperienza religiosa autentica e persino radicale».Molte risposte al questionario segnalano che i giova-ni sono sensibili alla qualità della liturgia. In manieraprovocatoria la RP dice che «i cristiani professano unDio vivente, ma nonostante questo, troviamo cele-brazioni e comunità che appaiono morte» (RP 7). Aproposito del linguaggio e della qualità delle omelie,una CE fa notare che «i giovani sentono mancanza disintonia con la Chiesa», e aggiunge: «Sembra che noncomprendiamo il vocabolario, e quindi anche le ne-cessità, dei giovani». Indicazioni preziose in merito sitrovano in EG 135-144.

Tenendo conto che «la fede ha una struttura sa-cramentale» (LF 40), alcune CE chiedono che vengasviluppato il legame genetico tra fede, sacramenti eliturgia nella progettazione di percorsi di pastoralegiovanile, a partire dalla centralità dell’Eucaristia,«fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (LG 11) e«fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione» (PO 5).Varie CE assicurano che dove la liturgia e l’ars cele-brandi sono ben curate vi è sempre una presenza si-gnificativa di giovani attivi e partecipi. Considerandoche nella sensibilità giovanile a parlare non sono tan-to i concetti quanto le esperienze, non le nozioniquanto le relazioni, alcune CE osservano che le cele-brazioni eucaristiche e altri momenti celebrativi –spesso considerati punti d’arrivo – possono diventareluogo e occasione per un rinnovato primo annuncio aigiovani. Le CE di alcuni Paesi testimoniano l’efficaciadella “pastorale dei ministranti” per far gustare ai gio-vani lo spirito della liturgia; sarà comunque opportu-no riflettere su come offrire un’adeguata formazioneliturgica a tutti i giovani.

Merita anche attenzione il tema della pietà popo-lare che in vari contesti offre ai giovani un accessoprivilegiato alla fede, sia perché legata alla cultura ealle tradizioni locali, sia anche perché valorizza il lin-

guaggio del corpo e degli affetti, elementiche talvolta nella liturgia stentano a trova-re spazio”.

Queste preziose indicazioni impegnanola comunità dei credenti a mettersi inascolto, in atteggiamento aperto ed inclusi-vo, all’insegna dell’autenticità, con testi-moni “luminosi e coerenti”

“chiamata ad uscire e ad incontrare igiovani lì dove sono, riaccendendo i lorocuori e camminando con loro (cfr. Lc 24,13-35)” (I.L. 175)…È quindi evidente che nellaqualità spirituale della vita della comunitàrisiedono grandi opportunità per avvicina-re i giovani alla fede e alla Chiesa e nell’ac-compagnarli nel loro discernimento voca-zionale” (I.L.184).

È particolarmente interessante a questoproposito quanto sottolineato dal testo,frutto del lavoro di discernimento di 160giovani della Diocesi di Padova tra i 18 e i35 anni che hanno costituito l’AssembleaSinodale del Sinodo dei Giovani. Tra dicem-bre 2017 e maggio 2018 questi giovanihanno letto, analizzato, pregato e riflettutosulle 594 relazioni dei piccoli gruppi sino-dali che si sono trovati tra settembre e di-cembre 2017, per un totale di quasi 5000giovani coinvolti. “Abbiamo sete di Dio, an-che quando questa sete non è inquadrata

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Siate sobri. Vigilate

a bellezza della vita cristiana si co-struisce in una grande attenzione al

mistero operante nella propria vita, senzalasciarsi deviare da mentalità non evange-

liche. Il dono d’essere discepoli di Gesù rappresenta ilcriterio di ogni atteggiamento interiore e di qualun-que comportamento nelle complessità della vita quo-tidiana. Il cristiano vive in continua conflittualità conla storia e l’esortazione presente nella prima di Pietro(5,8), come appare nel titolo, ha come chiaro intendi-mento di sostenere tale perseveranza dei cristiani indifficoltà a causa delle prove e delle tribolazioni stori-che. Il clima spirituale di un autentico vissuto evange-lico è evocato appunto dal duplice imperativo “ siatesobri. Vigilate”. Dalla chiamata battesimale d’appar-tenere a Cristo, che risale all’amore gratuito e beni-gno di Dio, e fino alla meta finale, che consiste nellagloria eterna in unione con il Cristo, si svolge la brevevicenda storica di ogni umana creatura, contrasse-gnata dalle sofferenze e dalle conflittualità esisten-ziali. La profonda consapevolezza della gratuità divinagarantisce, in mezzo alle prove del contingente,l’integrità e la solidità spirituale, la fermezza e lastabilità dei credenti.

Questo contesto ci permette di leggere conserenità teologale, ma anche con molto impegnoi due capitoli del primo libro delle Istruzioni (cfrpp.174-186) di p. Prinetti, doveegli affronta il peccato capitaledella gola, peccato chiamato capi-tale, perché genera altri peccati evizi (cfr CCC n.1866). Sicuramen-te questo peccato si ramifica inuna complessità di situazioni edi atteggiamenti che impoveri-scono il cammino interiore dichiunque prenda sul seriol’avventura d’essere iconavivente del Cristo. Inqueste note cercheremodi riscoprire un camminopositivo per sostituire allaradice negativa della gola ungermoglio di freschezza, che scaturiscadalla virtù cardinale della temperanza.Qui si sconfigge la gola e i suoi derivati,come afferma p. Prinetti (p.180).

Don Antonio Donghi

La virtù della temperanza

Egli ci stimola a riscoprire la virtù della temperan-za che il CCC così definisce.

La temperanza è la virtù morale che mode-ra l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equi-librio nell’uso dei beni creati. Essa assicura ildominio della volontà sugli istinti e mantiene ildesiderio entro i limiti dell’onestà. La personatemperante orienta al bene i propri appetitisensibili, conserva una sana discrezione, e nonsegue il proprio “istinto” e la propria” forza as-secondando i desideri” del proprio “cuore” (Sir5,2) ...Nel Nuovo Testamento è chiamata “mo-derazione” o”sobrietà”. Noi dobbiamo “con so-brietà, giustizia e pietà in questo mondo” (Tit2,12) (n.1809).

Questa virtù è destinata a condurre l’uomo ad es-sere se stesso secondo le proprie caratteristiche, inun rapporto armonico con la propria personalità econ tutto ciò che lo circonda. Ciò che rappresenta ilpunto di partenza per questo tipo di lavoro è che l’uo-mo non abbia paura a conoscere se stesso secondoil progetto divino. Qui nasce il discorso di equilibrioche caratterizza ogni atteggiamento della persona,la forza della conversione, la riscoperta progressiva

del proprio volto. Un discorso analogico celo offre papa Benedetto XVI nell’enci-clica Deus caritas est.

In realtà eros e agape – amoreascendente e amore discendente – nonsi lasciano mai separare completa-mente l’uno dall’altro. Quanto piùambedue, pur in dimensioni diverse,trovano la giusta unità nell’unicarealtà dell’amore, tanto più si rea-lizza la vera natura dell’amore ingenere. Anche se l’eros inizial-

mente è soprattutto bramoso,ascendente – fascinazione perla grande promessa di felici-tà – nell’avvicinarsi poi all’al-tro si porrà sempre meno do-

mande su di sé, cercherà sempredi più la felicità dell’altro si preoccuperà

sempre di più di lui, si donerà e desidererà”es-serci per” l’altro. Così il momento dell’agape si

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dentro percorsi, riti, momenti “tradizionali” che sen-tiamo spesso lontani e difficili da comprendere - co-me la Messa, a cui molti di noi non partecipano più.Anche quando non riusciamo a dare un’adesione con-vinta a Dio, siamo in cammino e vorremmo essere sti-molati e aiutati nella nostra ricerca, con strumentiadeguati per la nostra crescita spirituale… riteniamoche il Signore ci chieda…di aprire un cantiere sulla li-turgia, che aiuti a comprendere più approfondita-mente il senso dei gesti e dei riti e a renderli il piùpossibile significativi; inoltre, vorremmo che, anchecon il contributo di tutti, le eucaristie fossero prepa-rate con cura e amore, perché possano essere mo-menti di incontro con il Signore e spazi di fraternità,fondamento di relazioni calorose con i cristiani dellenostre parrocchie, al di fuori di una routine e di unafreddezza che non aiuta né l’incontro con Dio né coni fratelli.

Sentiamo che la bellezza del Vangelo passa attra-verso delle liturgie sobrie ma non superficiali, profon-de ma non pesanti, in cui essere parti attive e non so-lo spettatori; chiediamo ai nostri preti che le omeliesiano più concrete e attuali, con un linguaggio chiaroe immediato, e che, ancorate alla Parola di Dio, ci aiu-tino a trovare stimoli e provocazioni per la nostra vi-ta quotidiana; sentiamo che il Signore ci chiama a unarelazione forte e significativa con Lui ma ci mancaun’adeguata educazione alla preghiera personale e –nonostante alcune proposte che troviamo nei percor-si esistenti – in tanti ci sentiamo lasciati soli per uncammino spirituale che possa farci incontrare il Si-gnore e nutrirci nel quotidiano; la figura di Gesù cicolpisce ma spesso la Scrittura, e in particolare il Van-gelo, ci appare distante, ci risulta difficile da capire e

interpretare, e perciò molti di noi non ne avvertono ilfascino.

Crediamo che il Signore ci stia chiedendo una for-mazione maggiore sulla Bibbia a partire da una lettu-ra approfondita e intelligente, grazie a persone, oc-casioni, stili di evangelizzazione e proposte adegua-te a sperimentare il gusto della parola. Vorremmo ri-uscire a trovare nella Scrittura aiuto e sostegno, mo-di e chiavi di lettura per capire quello che Dio dice,leggere i segni di Dio nel quotidiano, parlare con Diodella nostra vita e trasmettere tutto questo ancheagli altri”.

“I giovani cercano, sono in ricerca. Questa è lascintilla, la pro-vocazione che li incoraggia a fare sulserio. Probabilmente i giovani cercano molto di più diquello che noi adulti facciamo e crediamo di averetrovato. E dando loro risposte preconfezionate nonsiamo in grado di incontrare le vere loro domande”(G. Michelini)

“Occorre porre alla base di ogni proposta o prassipastorale che essere cristiani non è mai essere gene-rici o clonati, non è mai una risulta di tradizioni anchebelle, nemmeno è una scelta che mi faccio perché so-no convinto, mi trovo bene, ho faticato, e, di conse-guenza, ci sono riuscito a tornare nella chiesa, ma èsempre una risposta a una chiamata personale. Nonsiete voi che avete scelto me, ma io ho scelto, chia-mato voi” (Sigalini).

In questo cammino è fondamentale “ri-partire se-riamente dalla liturgia, dove si ascolta Dio che parla,dove si accoglie il dono del Corpo di Gesù, dove nel ri-to ci si vive una prossimità con Dio e con gli altri, do-ve non si nutre una devozione intimistica, ma si con-divide vita e preghiera, dono e perdono.

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vere, ma anche per tutto lo sviluppo del nostro esse-re. Il cibo rappresenta un bisogno fondamentale del-l’organismo, dal quale l’uomo non riesce a distoglier-si, ma è anche molto più di un nutrimento. Infatti quiscopriamo un valore che ci permette di gustare inchiave veramente umana il gesto del condividere uncibo e una bevanda. Il fatto di assumere insieme uncibo rappresenta il segno vivente di una comunità cheama ritrovarsi per crescere nella bellezza dell’appro-fondire gli ideali della propria vita. Infatti nel segnodel mangiare si avverte il desiderio di dare verità econcretezza a quegli ideali di vita che danno senso adogni frammento del quotidiano.

La tavola diviene, di conseguenza, il luogo dellacomunicazione reciproca, dello scambio di esperien-ze esistenziali, dell’approfondimento di valori, del re-cupero di entusiasmo e di coraggio nelle oscurità del-l’oggi, del reciproco perdono per dilatare la gioia del-la fiducia fraterna. È per questo che il mangiare èmolto più che un nutrirsi, il bere è molto più che undissetarsi, a tal punto che l’arte del vivere può essereriassunta e simboleggiata dall’arte del mangiare e delbere. Infatti, azione eminentemente propria all’uma-nità, il cibarsi diventa un’azione spirituale, carica di si-gnificato, strumento e manifestazione di una grandecomunione. Dovremmo sempre più approfondire cheil cibo è nutrimento per la convivialità, per costruireuna vera relazione fraterna, che viene alimentata dal-l’assumere lo stesso cibo e la medesima bevanda, conun medesimo cuore e un identico spirito.

Assumendo un simile atteggiamento interiore edesteriore, che coinvolge tutta la persona umana, noiinterrompiamo gli impegni soliti per passare alla gioiadi mangiare insieme, esercitando fiducia nel cibo checi viene portato, accogliendo la cura di chi lo ha pre-parato, condividendo con chi si siede a tavola con noi,e, se siamo cristiani, mostrando la nostra capacità direndimento di grazie al Padre per i doni che ci offre. Ilcibo è il linguaggio di una intensa gratitudine esisten-ziale, nella quale la creatura sperimenta la feconditàdel Dio che la ama in modo veramente meraviglioso.

Ecco perché Gesù ha voluto rimanere in mezzo anoi diventando nello stesso tempo l’origine e l’ospitedi una commensalità divino-umana. Sarebbe interes-sante rileggere i vangeli da una simile angolatura, chepermette di comprendere perché il Maestro divino ciabbia lasciato come suo testamento un linguaggiochiaramente eucaristico-conviviale.

Comunione di intelligenza

Un aspetto, che dovremmo sempre ritrovare persuperare la tentazione della gola che chiude l’uomoin se stesso, dovrebbe essere quello dell’apertura delcuore umano alla ricchezza interiore operante in ogni

inserisce in esso, altrimenti l’eros decade e per-de anche la sua stessa natura. D’altra parte,l’uomo non può neanche vivere esclusivamentenell’amore oblativo, discendente. Non puòsempre soltanto donare, deve anche ricevere.Chi vuol donare amore, deve egli stesso ricever-lo in dono. Certo, l’uomo può – come dice il Si-gnore – diventare sorgente dalla quale sgorga-no i fiumi d’acqua viva (cfr. Gv 7, 37-38). Maper divenire una tale sorgente, egli stesso devebere, sempre di nuovo a quella prima, origina-ria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore tra-fitto scaturisce l’amore di Dio (cfr. Gv 19,34)(n.7).

Unendo i due testi magisteriali, scopriamo che lasobrietà scaturisce da un vivo dialogo tra dono di Dioe il vissuto dell’uomo, alla luce della persona stessa diGesù. Ogni virtù, infatti, non è altro che il flusso esi-stenziale di una diuturna contemplazione del Cristonelle dinamiche storiche, poiché in lui e solo in luipossiamo godere quell’armonia che lentamente vinceil dramma oscuro del peccato dell’uomo.

Il significato del mangiare

Il peccato di gola nella visione tradizionale è lega-to al mangiare, ma ritraduce soprattutto uno stile divita, un modo d’interpretare la propria persona e lesue abitudini. Infatti se riuscissimo a comprendere ilvalore della convivialità, vi riscopriremmo la veritàdella nostra persona e ci sentiremmo pungolati acamminare in quotidiana novità di vita. Quando ci ri-troviamo attorno ad un tavolo, qualunque ne siano lecoordinate, evidenziamo la presenza e la qualitàumana di coloro ch si siedono attorno alla medesimamensa.

Il gesto simbolico del mangiare non è altro che unmomento particolarmente significativo del come sistia costruendo l’esistenza quotidiana. La tavola rap-presenta il luogo in cui si esprime la fiducia reciproca,la fraternità, la gioia condivisa; si vive insieme gu-stando la quotidiana riscoperta di un unico senso del-la vita che anima tutti i commensali. Il nostro modo dirapportarci al cibo può rappresentare una sapienzadel vivere, una palestra in cui imparare le nozioni fon-damentali della convivenza umana e della responsa-bilità verso il creato.

Se guardiamo la storia umana impariamo che il ci-bo è tutto ciò che si mangia e serve per la nutrizione,per mantenere in vita ogni essere vivente, per rige-nerare quelle cellule organiche che permettono allacreatura di vivere con energia ed intelligenza: aiuta sestesso ad essere tale nel mistero divino proprio dellastoria della salvezza. Infatti noi abbiamo bisogno delcibo non solo per il nutrimento in modo da poter vi-

creatura e a tutte le potenziali-tà presenti nei fratelli. In un si-mile orizzonte, scopriremmoche la cultura del cibo costitui-sce un modo privilegiato diesprimere e di comunicare al-l’altro i propri sentimenti, dicreare una condivisione anchedi tipo spirituale e intellettua-le, di coinvolgere i commensalialle grandi problematiche esi-stenziali che il fenomeno dellaglobalizzazione offre. La condi-visione del senso della vita ap-partiene all’atto del mangiareinsieme. In un simile linguaggiosacramentalmente condividia-mo il dono di ciò che abita inun cuore e un simile atteggia-mento diventa condivisione di pensieri e di orienta-menti operativi, per maturare in una feconda espe-rienza di reciproca liberazione per vivere la libertànello stile evangelico. È quel lasciarci travolgere dalBello che ci rende più relazionali nel gusto della veragioia per dilatare una vera comunione fraterna. Quiappare il dialogare di una comunità, che è in cammi-no e che irrobustisce con l’alimentazione del corpo, ilforte desiderio di approfondire il senso dell’esistenzae dei valori che la determinano.

Occorre sempre tornare di nuovo, nella vitalità diun’autentica esperienza culturale, a costruire ogniistante come l’esodo della vocazione umana e dellasua ricerca di senso, soprattutto con l’avvento dellacultura cristiana. Mentre si mangia fisicamente, ci siristora spiritualmente con quella Parola che illuminala vita e la orienta verso la bellezza del Mistero, in cuila creatura riscopre il vero e fecondo gaudio nel vive-re il quotidiano. Dobbiamo sempre ricordare a noistessi che la cultura, elaborata in una intensa interio-rità esistenziale, ha il diritto d’essere considerata unamanifestazione dello Spirito per rendere la storia, intutte le sue manifestazioni, l’espressione della gloriadi Dio stesso. Se percepissimo un simile valore, ci ac-corgeremmo che nella convivialità si sottolineerebbecome l’uomo debba nutrirsi di profondi valori spiri-tuali per costruire la sua esistenza che non è altro cheil crescere della sua persona in tutte le sue coordina-te, secondo il progetto creativo e redentivo del Pa-dre. Se è vero che l’accostarsi all’alimento ritempra leforze fisiche, l’accesso ad un cammino culturale per-mette all’uomo di rinnovare la propria identità inte-riore e di crescere nella vera comunione, che è condi-videre la bellezza dell’Invisibile per il segno dell’ar-monia visibile. Qui sussiste la possibilità di un futuroper l’umanità, di una fecondità grande a misura dello

Spirito che guida l’uomo perché sia veramente sestesso.

Conclusione

Queste semplici sottolineature ci hanno fatto in-tuire perché il vizio della gola possiede tante ramifi-cazioni. Se impariamo a leggere in modo positivo al-cuni elementi del valore del mangiare-bere, ci accor-giamo come un simile atteggiamento è ricco di puntidi partenza per costruire la bellezza della nostra uma-nità.

Non per niente Gesù utilizza di frequente linguag-gi legati alla convivialità storica ed escatologica e vie-ne chiamato come mangione e beone. Dovremmo av-vertire continuamente nel nostro spirito questa vita-le convinzione: dove c’è un banchetto non c’è solo unfatto di nutrizione, ma c’è vita piena, condivisione,comunione tra tutti gli esseri umani, e fra Dio e l’u-manità. La storia delle religioni ce lo insegna conti-nuamente. Nello sfondo evangelico, la tavola del re-gno dei cieli ha il Signore come ospite che invita, chia-ma, offre il banchetto a noi umani, ospiti, invitati, ac-colti per fare comunione con lui. Questa affermazio-ne di JEAN-CLAUDE SAGNE ci è di grande illuminazio-ne:”la sola conclusione di ogni atto della vita cristia-na, la vera sintesi, è l’eucaristia. il pasto terreno civolge verso il vero pasto, dove la parola della vita sidona interamente a noi:”la parola si è fatta carne enutrimento. Dio ha messo il suo corpo tra le nostremani...”

Avvertiamo, di conseguenza, che ogni volta checelebriamo i divini misteri eucaristici veniamo purifi-cati dalla tentazione della gola per desiderare il gustodi quei cibi eterni che animano la comunione fraternasecondo il vangelo di Gesù.

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d un’analisi più approfondita dellasituazione di molte delle società

a livello globale, non solo italiano,potremmo dire che apparentemente

l’essere umano sembra aver abbracciato appieno lastrada della paura. L’instabilità finanziaria, il divariotra chi diventa sempre più ricco e chi sempre più po-vero; le istituzioni millenarie e principii che paionoaver perso la loro ragione di essere, l’incentrarsi solosu se stessi, il non riconoscere l’altro, che è semprediverso, come persona con una propria dignità, sem-brerebbero portare ciascuno di noi a sentirci pieni dinuove paure, che, ahimè, si uniscono con vigore alle

vecchie appartenenti fin dalla notte dei tempi all’u-manità.

Sarebbe interessante poter vedere se tutte que-ste paure, create dall’esterno o auto-create, sianocorrispondenti o no alla realtà, ciò su cui mi soffermooggi, però, visto lo spazio ristretto di un articolo, è lapercezione che abbiamo di tutto questo. La percezio-ne, infatti, diventa tanto preponderante nella nostrarealtà personale (o collettiva), da non importare piùse questa corrisponda o no alla realtà, perché noi or-mai ci crediamo, crediamo che sia veramente così!Diviene un vero e proprio pensiero dominante che ilprof. Stefano Benemeglio, nelle Discipline Analogi-

che, descrive come “pen-siero che governa il siste-ma mentale della personae attraverso il quale, ve-drà e inquadrerà la pro-pria realtà”. Un educatorenon può esimersi, dun-que, dal comprendere tut-to questo e dal prenderlosul serio. Semplificandomolto possiamo dire cheun tempo, anche in cam-po educativo e culturale,poteva bastare dire cheuna cosa era giusta per-ché era così, perché i no-stri genitori o persone“autorevoli” lo avevanodetto.

Oggi ciò non vale più,perché viviamo in una so-cietà estremamente liqui-da, in cui è vero tutto e ilcontrario di tutto. Ci stia-mo abituando ormai asentire una stessa perso-na che un minuto primaesprime un concetto e su-bito dopo lo annienta to-

Capaci di cambiareper essere liberi

Marco Cardinali

talmente col suo esatto contrario.Non rileviamo più, in noi e nell’altro, nemmeno

l’incoerenza più grande, per una sorta di desiderioinconscio di auto-convincerci che il tale o il tal altrointerpreta perfettamente ciò che voglio io, in unasorta di deresponsabilizzazione, di scissione che ser-ve a difenderci dalle paure più profonde verso coseche, ripeto, la maggior parte delle volte neanche esi-stono nella realtà. Questo naturalmente vale per tut-ti e in modo particolare per i più giovani che dovreb-bero apprendere giorno, per giorno le giuste strate-gie per affrontare il mondo.

Sembrerebbe tutto perduto allora! No, personal-mente credo non sia così. Possiamo dire certamenteche la nostra epoca abbia tratti specifici assoluta-mente inediti, distanti anni luce da altre epoche pas-sate, ma ha in sé anche grandi potenzialità. Siamotutti chiamati ad essere più coscienti e maggiormen-te responsabili di noi stessi, del creato, del mondoche ci circonda e degli altri. Ad un educatore non ba-sta più avere risposte preconfezionate, adatte a tut-ti e per tutte le occasioni; la sfida appassionante èquella di formare realmente donne e uomini capacidi essere all’altezza di rispondere alla vocazione a cuisono chiamati.

In un mondo anestetizzato da smartphone, mas-sificato dal trend di turno, guidato da bloggers chetraggono potere dai followers, formato da una politi-ca incapace di gestire la complessità e che mira al mi-nimo comune denominatore semplificando tutto; unmondo composto da alcuni esponenti ecclesiali chesi allontanano troppo spesso e in maniera profondadal Vangelo, il nostro compito è quello di svegliarci edi svegliarlo. Dobbiamo essere le evangeliche “senti-nelle del mattino”, che sono lì per annunciare agli al-tri che il mattino è vicino, che la luce ancora una vol-ta inonderà la nostra vita dopo le tenebre della not-te. Non sentinelle di sventura, non sentinelle “con-tro” qualcuno, ma in favore della vita vera, piena e li-bera che è dono di Dio.

Abbiamo la responsabilità di cercare nuovi per-corsi, di offrire nuovi strumenti ai nostri giovani, af-finché siano realmente iniziati ad affrontare le sfidedel mondo con coraggio e con gioia. Nonostante icambiamenti veloci, troppo veloci per stargli sempreal passo, è un mondo che è fermo, stantio, immobi-le, incapace di affrontare il cambiamento che investele nostre esistenze. Dobbiamo per primi impararel’arte del cambiamento, per poi poterla insegnarecon l’esempio ai nostri giovani. Cambiare, non per di-struggere; cambiare non per buttare all’aria tutto ilbuono che c’è nel nostro passato o per dimenticarecose c’è stato di terribile, ma cambiare per saper vi-vere al meglio le sfide che abbiamo di fronte, per tra-sformare le avversità in opportunità.

Non è forse tutto questo parte viva del messaggioevangelico? “Se non diventerete come bambini nonentrerete nel regno dei cieli” ci ha detto Gesù e nonè forse questa una vera e propria capacità di cam-biare le nostre attitudini, i nostri schemi sclerotizzatigià visti e vissuti, per dare spazio ad un nuovo e piùfresco modo di vedere, di vivere? Diventare piccoliper essere capaci di accettare che dobbiamo cambia-re per vivere veramente, cambiare personalmente ecome cristiani per superare “la paura che ci fa vede-re la vita in funzione delle difficoltà e non degli obiet-tivi” come afferma Benemeglio. Non siete anche voistanchi della paura, di quella sensazione di incapaci-tà di non essere all’altezza di quanto accade perchétutto sembra più grande di voi? Il Vangelo ce lo dicechiaramente quando parla di metanoia, cioè di“cambiare mentalità” per saper vivere pienamente,di “cambiare mentalità” per essere in questo mondo,ma non di questo mondo, cioè non più schiavi di ciòin cui il mondo ci ha imprigionati; di cambiare men-talità per essere liberi e divenire lievito capace diportare la vita dal profondo. Ma tutto questo... nonè forse ciò che chiamiamo conversione?

Buona riflessione a tutti allora e buon cambia-mento!

Ad un educatore non bastapiù avere risposte

preconfezionate, adatte atutti e per tutte le occasioni;

la sfida appassionante èquella di formare realmente

donne e uomini capaci diessere all'altezza di

rispondere alla vocazione acui sono chiamati.

Abbiamo la responsabilità dicercare nuovi percorsi, dioffrire nuovi strumenti ai

nostri giovani, affinchésiano realmente iniziati ad

affrontare le sfide del mondocon coraggio e con gioia.

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La scena raffigura il momento in cui il pa-dre perdona e accoglie il figlio pentito posan-do le mani sulle spalle del giovane con un ge-sto amorevole e protettivo. Il ragazzo, che hasperperato i beni del padre, è in ginocchio,vestito di stracci logori, con gli zoccoli con-sunti, che simboleggiano il lungo camminonel rimorso del male compiuto, ma sostentodalla speranza di poter essere accolto nellacasa del padre, almeno come servo. Sulla de-stra il figlio maggiore osserva la scena, men-tre sullo sfondo compaiono due figure, pro-babilmente servi.

L’attenzione di chi osserva il quadro si con-centra sulla scena principale grazie all’uso sa-piente della luce, che scivola dai personaggisecondari per soffermarsi sull’anziano padree sul figlio pentito: è una luce divina che ri-schiara il buio del peccato. Il pittore mette inevidenza l’analogia tra il padre della parabolae Dio: l’aspetto del personaggio ricalca, infat-ti, i tradizionali lineamenti attribuiti a Dio cheè il Padre misericordioso che accoglie tutti.

Sempre nel vangelo di Luca troviamo l’al-tra tra le parabole più note, “il buon Samari-tano” (10, 25-37) che mette in risalto la mise-

ricordia e la compassione cristiana damostrare verso il nostro prossimo,chiunque esso sia.

Diversi artisti si sono cimentatinella rappresentazione di questosoggetto; tra essi ricordiamo il pitto-re olandese postimpressionista Vin-cent Van Gogh che, nel 1890, eseguìl’olio su tela Il buon Samaritano(fig.4). La scena si svolge lungo unastrada sterrata che costeggia un fiu-me, in mezzo a campi arsi dal sole;l’artista raffigura il momento in cui ilSamaritano, dopo aver soccorso ilviandante ferito, lo carica sul suo ca-vallo. In secondo piano si vedono duepassanti, il sacerdote e il levita, chehanno ignorato l’uomo derubato emalmenato.

La scelta del soggetto sacro non ècasuale per Van Gogh che, nel perio-do in cui dipinge quest’opera, viveuna fase difficile della sua malattia;egli si sente solo e abbandonato co-me il viandante della parabola e pro-babilmente cerca di trovare conforto,oltreché nella pittura, anche nella re-ligione.

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e parabole di Gesù sono racconti nar-rati nei vangeli e rappresentano il più

noto esempio del genere letterario “para-bola”, che si caratterizza per sintesi, im-

mediatezza e incisività. Il termine deriva dal grecoparabolé che significa letteralmente “comparazione esimilitudine”; essa ha lo scopo di illustrare in modo

semplice concetti complessi, favorendo una com-prensione immediata negli ascoltatori. Generalmentele parabole sono incentrate su uno o più temi: la ve-nuta del Regno dei Cieli, le caratteristiche di Dio, que-stioni inerenti alla moralità e alla giustizia. Alcuneparabole sono presenti in più di un vangelo sinottico,altre invece compaiono solo in uno.

Nella storia della produzione artistica abbiamo di-verse rappresentazioni tratte dalle parabole, in par-ticolare, la prima e unica raffigurazione di Gesù con-cessa dal IV secolo, era quella del Buon Pastore, cherimanda all’omonima parabola tratta dal vangelo diGiovanni (10,1-21), nella quale Cristo stesso si de-scrive come il pastore che dona la vita per le sue pe-core. L’immagine del Buon Pastore consiste nella raf-figurazione di un giovane che porta un agnello sullespalle, rappresentazione ispirata a opere greche pre-cedenti e comune nelle pitture paleocristiane ritro-vate nelle catacombe, tra cui quelle di San Callisto aRoma (fig.1).

Lo stesso soggetto è presente in un pregevole mo-saico bizantino, collocato nella lunetta sopra l’ingres-so del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Qui com-pare un Cristo imberbe seduto su una roccia e circon-dato da pecore che si rivolgono tutte verso di lui(fig.2). Particolare è l’abbigliamento del personaggio,tunica e mantello, cioè abiti di tipo imperiale, che at-testano un comune schema iconografico di assimila-zione dell’imperatore a Cristo.

Tra le parabole più conosciute vi è quella “del fi-glio prodigo” nota anche come “parabola del padremisericordioso”, a indicare come il vero protagonistasia non tanto il giovane quanto il padre che aspetta,lo accoglie e fa festa.

La parabola, che si trova solamente nel Vangelo diLuca (15, 11-32), esprime bene la teologia dell’amoree della misericordia di Dio, propria dell’evangelista. Ilperdono del figlio non è condizionato da buoni pro-positi, il padre, infatti, lo accoglie ancora prima cheabbia la possibilità di parlare e di esprimere il propriopentimento: “Quando era ancora lontano, suo padrelo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli sigettò al collo e lo baciò.” (Luca 15, 20). Tale miseri-cordia è ben espressa in un dipinto a olio su tela, Ri-torno del figliol prodigo (fig. 3), realizzato nel 1668 dalpittore olandese Rembrandt, uno dei più grandi pit-tori della storia dell’arte europea.

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Le parabole di GesùMyriam Deidda

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alle norme della Chiesa, sono vivamente raccoman-dati, soprattutto quando si compiono per mandatodella Sede apostolica.

Di speciale dignità godono anche quei «sacri eser-cizi» delle Chiese particolari che vengono compiutiper disposizione dei vescovi, secondo le consuetudi-ni o i libri legittimamente approvati. Bisogna peròche tali esercizi siano regolati tenendo conto deitempi liturgici e in modo da armonizzarsi con la litur-gia; derivino in qualche modo da essa e ad essa in-troducano il popolo, dal momento che la liturgia èper natura sua di gran lunga superiore ai pii esercizi(n.13). La liturgia è la prima e indispensabile fontedalla quale i fedeli possono attingere il genuino spiri-to cristiano (n.14).

La pietà popolare

Papa Francesco, in continuità con i suoi immedia-ti predecessori, ha rivalutato il ruolo della pietà po-polare nella vita di fede cristiana e ne ha promosso lapurificazione da possibili abusi. Ha dedicato delle ri-flessioni molto interessanti nell’esortazione apostoli-ca Evangelii Gaudium. “Ciascuna porzione del Popo-lo di Dio, ha scritto, traducendo nella propria vita ildono di Dio secondo il proprio genio, offre testimo-nianza alla fede ricevuta e la arricchisce con nuoveespressioni che sono eloquenti. Si può dire che «il

nella vita della Chiesa: “Cristo è sempre presentenella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni li-turgiche. È presente nel sacrificio della messa, sianella persona del ministro, essendo egli stesso che,“offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stes-so tramite il ministero dei sacerdoti”, sia soprattuttosotto le specie eucaristiche. È presente con la sua vir-tù nei sacramenti, al punto che quando uno battezzaè Cristo stesso che battezza. È presente nella sua pa-rola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa silegge la sacra Scrittura. È presente infine quando laChiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove so-no due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mez-zo a loro” (Mt 18,20) (n.7).

“La liturgia è considerata come l’esercizio dellafunzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santi-ficazione dell’uomo è significata per mezzo di segnisensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno diessi; in essa il culto pubblico integrale è esercitatodal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dal-le sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, inquanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo,che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nes-sun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficaciaallo stesso titolo e allo stesso grado”.

Il documento conciliare precisa opportunamenteche “La sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione del-la Chiesa (n.9). Nondimeno la liturgia è il culmineverso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stes-so, la fonte da cui promana tutta la sua energia (n.10). È necessario che i fedeli si accostino alla sacra li-turgia con retta disposizione d’animo, armonizzino laloro mente con le parole che pronunziano e cooperi-no con la grazia divina per non riceverla invano”(n.11).

I Padri conciliari hanno rifiutato un assolutismo li-turgico ed hanno riconosciuto la validità di altre for-me di preghiera, prima di tutte quella personale. “Lavita spirituale tuttavia non si esaurisce nella parteci-pazione alla sola liturgia.

Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghie-ra in comune, è sempre tenuto a entrare nella pro-pria stanza per pregare il Padre in segreto; anzi, se-condo l’insegnamento dell’Apostolo, è tenuto a pre-gare incessantemente. L’Apostolo ci insegna anche aportare continuamente nel nostro corpo i patimentidi Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù simanifesti nella nostra carne mortale. Per questo nelsacrificio della messa preghiamo il Signore che, “ac-cettando l’offerta del sacrificio spirituale”, faccia “dinoi stessi un’offerta eterna” (n.12).

Accanto alla preghiera personale operano pure ledevozioni popolari che il Concilio chiama “pii eserci-zi”. I “pii esercizi” del popolo cristiano, scrive il docu-mento conciliare, “purché siano conformi alle leggi e

va incide il cuore. Una liturgia è sana quando è bella,senza sciatteria. Una sobria bellezza: che significasemplificare la nebbia di parole, il linguaggio daprontuario, l’ovvietà riciclata, e andare al nocciolo alcuore semplice della fede”.

La preghiera liturgica

La prima delle costituzioni conciliari Sacrosanctu-ma Concilium, approvata nel dicembre del 1963, scri-ve, anzitutto, che “La liturgia, mediante la quale, spe-cialmente nel divino sacrificio dell’eucaristia, «si at-tua l’opera della nostra redenzione», contribuisce insommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vitae manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genui-na natura della vera Chiesa” (n.2).

Poi, indica i diversi modi della presenza di Cristo

l convegno ecclesiale diocesanodi quest’anno ha affrontato il rappor-

to della preghiera liturgica con la pietàpopolare, ossia ha riflettuto sui modi con

i quali si professa la fede in Dio Uno e Trinoper mezzo delle celebrazioni liturgiche e delle tradi-zioni religiose. In questo breve saggio vorrei mostra-re come il Magistero della Chiesa abbia dato chiariorientamenti per trovare il giusto equilibrio tra i mo-di di celebrare i misteri della fede. I rischi da evitaresono, da una parte, un certo assolutismo liturgico,che privilegia il ritualismo e il rubricismo; dall’altraparte, certe manifestazioni di religiosità popolareche sconfinano in credenze superstiziose e trasfor-mano la celebrazione delle feste dei santi e della Ma-donna in eventi di aggregazione sociale e culturale. Ilservita David Maria Turoldo ha scritto: “La liturgia vi-

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Preghiera liturgicae pietà popolare

Mons. Ignazio Sanna

Per realizzare un’opera così grande,Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, ein modo speciale nelle azioni liturgiche.

È presente nel sacrificio della messa, sianella persona del ministro, essendo eglistesso che, «offertosi una volta sulla croce[20], offre ancora se stesso tramite ilministero dei sacerdoti», sia soprattuttosotto le specie eucaristiche. È presente conla sua virtù nei sacramenti, al punto chequando uno battezza è Cristo stesso chebattezza [21].

È presente nella sua parola, giacché è luiche parla quando nella Chiesa si legge lasacra Scrittura. È presente infine quando laChiesa prega e loda, lui che ha promesso:«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, làsono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Dalla costituzione conciliare sacrosanctum concilium n. 7

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evangelizzazione” (n.124). “Per capire questa realtàc’è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo sguardo delBuon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di ama-re. Solamente a partire dalla connaturalità affettivache l’amore dà possiamo apprezzare la vita teologa-le presente nella pietà dei popoli cristiani, special-mente nei poveri.

Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi delletto del figlio malato che si afferrano ad un rosarioanche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o atanta carica di speranza diffusa con una candela chesi accende in un’umile dimora per chiedere aiuto aMaria, o in quegli sguardi di amore profondo a Cristocrocifisso. Chi ama il santo Popolo fedele di Dio nonpuò vedere queste azioni unicamente come una ri-cerca naturale della divinità. Sono la manifestazionedi una vita teologale animata dall’azione dello Spiri-to Santo che è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm5,5)” (n.125).

“Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vange-lo inculturato, è sottesa una forza attivamente evan-gelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbecome disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piut-tosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarlaper approfondire il processo di inculturazione che èuna realtà mai terminata. Le espressioni della pietàpopolare hanno molto da insegnarci e, per chi è ingrado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dob-biamo prestare attenzione, particolarmente nel mo-mento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione”(n.126).

popolo evangelizza continuamente sé stesso». Qui ri-veste importanza la pietà popolare, autenticaespressione dell’azione missionaria spontanea delPopolo di Dio. Si tratta di una realtà in permanentesviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista”(n.122).

“Nella pietà popolare, ha precisato Papa France-sco, si può cogliere la modalità in cui la fede ricevutasi è incarnata in una cultura e continua a trasmetter-si. Paolo VI nella sua Esortazione apostolica Evange-lii nuntiandi spiega che la pietà popolare «manifestauna sete di Dio che solo i semplici e i poveri possonoconoscere» e che «rende capaci di generosità e di sa-crificio fino all’eroismo, quando si tratta di manife-stare la fede». Benedetto XVI ha segnalato che sitratta di un “prezioso tesoro della Chiesa cattolica”(n.123).

Nel cogliere il valore aggiunto della pietà popola-re, Francesco scrive che “Si tratta di una vera «spiri-tualità incarnata nella cultura dei semplici». Non èvuota di contenuti, bensì li scopre e li esprime piùmediante la via simbolica che con l’uso della ragionestrumentale, e nell’atto di fede accentua maggior-mente il credere in Deum che il credere Deum. È “unmodo legittimo di vivere la fede, un modo di sentirsiparte della Chiesa, e di essere missionari”; porta consé la grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stes-si e dell’essere pellegrini: «Il camminare insieme ver-so i santuari e il partecipare ad altre manifestazionidella pietà popolare, portando con sé anche i figli oinvitando altre persone, è in sé stesso un atto di

l nuovo anno sociale, appenainiziato, mentre ci riporta agli ordinari

impegni di servizio, ci fa vivere la conclu-sione e l’inizio dell’anno liturgico con la so-

lennità della Regalità di Cristo, l’ultima dome-nica di novembre, e quella di Tutti i Santi il primo no-vembre. Due solennità a cui la Chiesa ci vuole prepara-re con l’ottobre missionario che chiede una riflessionespeciale sull’invio dei discepoli nel mondo per annun-ciare la buona novella del Regno di Dio. Centro e cuoredell’annuncio è il mistero pasquale di Cristo, la sua mor-te e risurrezione che ha realizzato la salvezza dell’uomoe ha rivelato l’amore eterno e infinito di Dio per ogniuomo. Un amore che costituisce la sostanza del Regnodi Dio, della regalità di Cristo a cui tutti siamo chiamatia partecipare. La solennità di Cristo Re che chiude l’an-no liturgico, è la celebrazione del compimento di que-sto Regno d’amore affidato ai discepoli che hanno sto-ricamente seguito Gesù e oggi è affidato a noi, chiama-ti a testimoniare con la nostra vita, nei contesti in cui vi-viamo, la presenza di questo Regno d’amore. Con l’ot-tobre missionario la Chiesa intende richiamare tutti icristiani a questo impegno di testimonianza insito nelnostro battesimo, costitutivo del nostro essere figli diDio e condizione per la piena realizzazione delle nostrepersone. Gesù ci chiede di andare. Per andare bisognauscire. Nella logica evangelica uscire significa abbando-nare le chiusure egoistiche per andare verso l’altro. Laprima forma di missione è il rapporto con l’altro, il vin-colo di comunione che devo stabilire con chi mi vive ac-

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canto, accettando la fatica che questo richiede, comepassaggio necessario al compimento della missione,della testimonianza dell’amore di Dio.

Questo ci aiuta a capire che la missione non è com-pito esclusivo di chi è inviato alla missione ad gentes,non può essere ridotto ad una raccolta fondi per le mis-sioni, non è un impegno occasionale, ma riguarda e co-involge sempre tutti, perché tutti siamo oggetto dell’in-finito amore di Dio, rivelato nel suo Figlio Gesù e la mis-sione non è altro che l’irradiazione della consapevolez-za di questo amore, tra le persone con cui viviamo. Vi-vere la missione implica l’assunzione di responsabilitàdelle persone e del servizio che si deve rendere, impe-gnandoci a operare al meglio con l’atteggiamento delbuon samaritano che non passa oltre, non adduce falsipretesti per fuggire e non impegnarsi, ma si ferma persoccorrere chi ha bisogno di lui. Un atteggiamento cheesclude l’indifferenza di fronte ai problemi, l’isolamen-to nel proprio egoismo, ogni coinvolgimento nel lavoro,nella partecipazione alle emergenze, nella condivisionedella fatica e dell’impegno. Viviamo il mandato di pre-dicare il Vangelo al mondo se viviamo nell’amore, se vi-viamo una storia con Dio che consente di sentirlo pre-sente, di camminare con lui, con la certezza che Lui è ilSalvatore che ama in me.

Gesù nell’invio dei suoi discepoli in tutto il mondoinclude ogni creatura dicendoci che nessuno è esclusodal suo amore, e che anche il cuore del discepolo deveavere un’apertura universale, perché lui, buon semina-tore, sparge ovunque e in tutti abbondantemente il se-

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Abside del Duomo di Cefalù,Cristo Pantocratore.

Le comunità raccontano“La mia dignità ènella missione cheEgli mi ha dato:servirlo, dove ecome Egli richiededa me, è la mia verasicurezza, grandezzae felicità”(Ven.le P.F.PrinettiPen. N°214).

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me del suo amore che cresce di giorno e di notte, anchese noi non ci accorgiamo e porterà frutti inaspettati, se-condo la libertà del suo Spirito. Una universalità chenon fa differenza di razza, di colore, di religione, perchésiamo tutti figli. Il Padre Prinetti ci ricorda che la nostradignità è nella missione che Egli mi ha dato e che servir-lo, dove e come egli richiede da me è la mia vera sicu-rezza, grandezza e felicità.

La collaborazione per questo disegno è lo spazio incui si realizza la mia dignità di cristiano. Quanto più en-tro e vivo dentro le coordinate del disegno di Dio, tantopiù la missione per cui siamo chiamati si realizza, e daessa dipende la mia sicurezza, la mia vera grandezza ela mia felicità che il nostro Padre Fondatore sintetizzaanche con l’espressione santa allegrezza e tranquillaconfidenza.

Anche Papa Francesco ci ricorda che siamo chiama-ti a vivere la missione negli ambienti in cui ciascuno viveed opera, irradiando con la vita il vero contenuto delRegno di Dio: la misericordia per tutti. Vivere la missio-ne come testimonianza gioiosa della presenza dell’a-more di Dio in noi, oltre a dare senso a quello che sia-

mo e a quello che facciamo, costituisce anche la so-stanza della santità. La solennità di tutti i Santi, includenon solo i Santi ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa,ma tutti i salvati in Cristo, quelli che hanno vissuto unasantità ordinaria, che il Papa chiama i santi della portaaccanto: papà e mamme che si sono sacrificati per la fa-miglia, quelli che hanno lavorato nel silenzio e si sonoimpegnati per gli altri, quelli che hanno vissuto nell’o-nestà cercando la giustizia, come i nostri genitori e tan-te persone che abbiamo conosciuto e che abbiamo in-contrato nel cammino della vita. La Chiesa vuole cele-brare questa santità possibile a tutti, possibile a ciascu-na di noi, nell’adempimento amoroso della volontà diDio dove e come ci vuole, perché ovunque egli è connoi, e in qualsiasi situazione ci troviamo, sane o amma-late, giovani o anziane, nell’abbandono al suo amoreche vede nel segreto e dà a tutti la giusta ricompensa.

È bello pensare che tutti siamo Santi perché tuttipartecipiamo, con la grazia battesimale, alla santità diDio, e poiché ci troviamo nella condizione di pellegrini,in cammino verso la pienezza del Regno.

Madre Maria Luciana Zaru

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alla lettura dell’articolo “Guardate dall’A-more” pubblicato sul numero di Le Figlie di

San Giuseppe Marzo-Aprile 2018 n.2, vienefuori una riflessione sulla storia raccontata dalle tre“sorelle”. Sul loro incontro e unico cammino nella fe-de. Soprattutto in riferimento alla questione, moltoattuale, “Dell’anormalità” di tre giovani donne, sposa-te in Cristo nostro Signore.

A dispetto della loro giovanissima età, senza paura,perché forti dell’amore del Signore, percorrono, felicila loro vocazione. Quando l’amore ti colpisce, nonguarda all’età. E l’amore di Cristo verso i suoi fratelli esorelle, è unico e totale, sempre e comunque, incom-mensurabile, inestinguibile e fonte dell’unica salvezza.Un cammino irto di ostacoli, che come sapientementele sorelle hanno saputo raccontare, non è semplice nefacile, ma degno di sacrificio e difficoltà quotidiane.

Lo stesso cammino di cui anche noi vogliamo forni-re testimonianza, dell’amore che ci circonda e acco-muna nel nostro percorso di sofferenza. Ed è l’amoreche ci riservano i nostri familiari, che ci sostengonononostante le colpe e le condizioni di abbandono cheinevitabilmente, il carcere induce a sentire nel cuoredei nostri cari. Pensiamo alle mogli, lasciate piccole esole di crescere quei figli frutto dell’amore. A quei figliappunto senza colpe, crescono senza il padre, e trova-no rifugio nella sola figura materna. E tutte le mamme,nonne, fratelli e sorelle, costrette all’assenza di un fra-tello, figlio e nipote, autore di sbagli e mai rinnegato.Quell’amore che ci dimostrano, ci sostiene in questocammino, aiutati dalla fede nel Signore, proprio comel’amore di cui parlano le tre sorelle: Adelia, Alana e He-loiza. Senza la vicinanza del Signore, noi come loro, nonsaremmo riusciti a superare quello che Dio ci ha postoinnanzi. L’amore è il motore che muove il mondo, e noiin questo luogo di sofferenza, è dall’amore che traiamola forza per andare avanti, continuare a credere in unfuturo che purtroppo per molti di noi, pare sia preclu-so per sempre, per effetto di una legge terrena, privadi pietas e di speranza. Nulla accade per caso, in molti,trovano nella fede la speranza di un domani.

Ecco Dio è speranza!Proprio in questi giorni, il nostro carissimo, Don

Gabrielle, illustrandoci la Parola evangelica, ci ha par-lato dell’amore. Dell’amore incondizionato del disce-polo verso Gesù, e di quello di Gesù verso tutta l’uma-nità. Il Signore è sempre pronto ad accogliere chi losupplica facendo appello alla sua misericordia. Le pa-role di papa Francesco nelle sue omelie richiamanosempre gli insegnamenti di Gesù. Bisogna abbandona-re la logica semplicistica di dividere la realtà in buoni e

cattivi, per entrare in quella dinamica capace di assu-mere la fragilità, i limiti e anche il peccato, per aiutar-ci ad andare avanti.

In questo luogo di sofferenza, noi abbiamo la for-tuna di ricevere amore da persone che ci vedono perla prima volta, come si dimostrano sempre Don Ga-briele, le tre sorelle Adelia, Alana e Heloiza che di sa-bato ci allietano con i canti, animando la liturgia e tut-te quelle persone che entrano facendo volontariato.Ecco a queste persone vogliamo dire Grazie per tuttal’umanità di cui sono capaci. Grazie perché l’amoreche ci dedicano arriva dritto al cuore. Grazie perché lavostra opera, ci induce alla riflessione che fa stringereil cuore di fronte al pensiero dell’ingiustizia di malattieche colpiscono bambini e non lasciano alcuna speran-za per il domani.

Le leggi terrene vorrebbero annullare anche in noila speranza, ma non potranno mai intaccare la nostrafede. Il Signore ci guida e ci protegge. “Chi non ha pec-cato scagli la prima pietra”.

Gesù nella sua breve esistenza terrena, ha volutoprovare anche il carcere, e lo ha vissuto da innocente,e ci ha lasciato l’insegnamento di non lasciarsi andareall’angoscia, ma di guardare sempre al futuro con laprospettiva dell’essere uomo virtuoso, seguendo lastrada dell’amore. Il carcere è un luogo di solitudine edi emarginazione, ma con la presenza della Chiesa e ditutti coloro che si adoperano in e per essa, questo pe-nitenziario, è risorto, è diventato una comunità chenon soffre più di solitudine, anzi sentiamo il Signore alnostro fianco e nulla più ci spaventa di quello che ci ri-serva il domani. Finalmente riusciamo anche noi ascorgere la luce di Dio, grazie a tutti voi.

Vostri fratelli in Cristo,i detenuti del carcere di Massama

I Figli di Maria. Liberi dalle catene

Sr Laura ha preso il largo ed èpassata all’altra riva, è passatadalla terra al cielo. Un passaggioultimo, ma iniziato, come rispostaalla chiamata alla vita, il giornodella sua nascita avvenuta a Senisil 30 agosto del 1933, in una fami-glia ricca di valori umani e cristianiche l’hanno guidata all’ascoltodella voce di Dio che via via le in-dicava i passaggi da fare fino adarrivare a quest’ultimo.

Ogni passaggio nella vita di

Suor Laura è stato illuminato dallaluce della Parola di Dio, come sideduce dai pensieri da lei scelti, inoccasione della sua prima consa-crazione al Signore: “Insegnami, oSignore a fare sempre la tua santavolontà” e quella perpetua: “Aiu-tami Signore ad essere perseve-rante nel tuo santo servizio”.

Dentro la volontà di Dio accol-ta, come progetto d’amore, SuorLaura ha vissuto tutti i passaggichiesti dall’obbedienza e chel’hanno impegnata in una molte-plicità di servizi.

Un servizio reso nella semplici-tà e nel silenzio, senza ruoli appa-riscenti, ma nella costanza di unarisposta quotidiana ai bisogni del-la carità, nella consapevolezza che

ogni azione per quanto umile enascosta ha un valore infinito seadempiuta in conformità con lavolontà di Dio.

Una volontà accolta con sere-nità e fiducia anche negli ultimianni segnati dalla malattia e dallasofferenza fisica, vissuta con filialeconfidenza e sereno abbandono inDio, da vera Figlia di San Giusep-pe. Ringraziamo il Signore per ildono di questa sorella all’Istituto ealla Chiesa. Chiediamo a SruorLaura che dal cielo continui nelsuo servizio d’amore, pregando,vegliando e proteggendo anche isuoi famigliari che l’hanno seguitae amata con squisita attenzione,l’Istituto, la Chiesa e il mondo in-tero.

Nella Pace di DioSuor Laura Musu

Nata a Senis il 30 agosto 1933

Morta a Genoni, l’11 luglio 2018

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che per ricevere; la missione è una condivisione deldare e del ricevere, soprattutto dei valori. La missionedeve essere contagiosa! I benefattori devono conta-giare figli, nipoti, catecumeni e conoscenti, perché èuna eredità da trasmettere agli altri. Ha sottolineatola gioia di vivere dei fratelli poveri e la loro speranzain Dio! Anche se nascono poveri e poveri muoiano, ilsorriso non manca mai nel loro volto.

Dopo questa ricca comunicazione, abbiamo prose-guito con un resoconto sintetico del lavoro svolto nelcorso dell’anno sia dai benefattori che dal segretaria-to missioni e a quali missioni e attività è destinato ilricavato, questo, come dovere di riconoscenza e in-coraggiamento ai collaboratori e benefattori nel lorolavoro e generosità. Il tempo non è bastato per potercontinuare ad ascoltare il punto di vista dei collabo-ratori e benefattori, per un buon andamento di tutto.Cercheremo di recuperare questa parte la prossimavolta, a Dio piacendo! Alle ore 17, conclusione e par-tenza! Stanchi ma pieni di gioia dell’incontro fraterno,come dice il salmista: “Come è bello che i fratelli vi-vano insieme e siano uniti...”

Il nostro grazie va al Signore per il buon andamen-to di questo incontro! Un grazie particolare a tutti eper tutto! Senza dimenticare le consorelle giovani perla collaborazione fraterna mettendo a disposizioneanche le loro competenze tecniche, a sr Ann Mary eComunità di Torregrande, a quanti hanno partecipatocon gioia e sacrificio nonostante l’età e salute, a sr.Ivana che continua ad aiutarmi da vicino da vera so-rella, a madre M. Luciana per la fiducia nonostante lemie paure e incapacità! A tutti grazie di cuore. Dio cibenedica e ci conservi sotto il manto dell’umiltà e delsuo amore. Amen!

Sr. Jeanne Bombiala (segr. missioni f.s.g.)

PS. Si ricorda che il conto corrente del segretariatoMissioni non è cambiato ed è sempre lo stesso:– C/C postale 12079091– IBAN : IT 11 P 01015 17400 000000034997

delle attività missionarie che si svolgono nelle variesedi. Padre Gabriele, ex missionario fidei donum, inBrasile, anch’egli ha voluto comunicare la sua riccaesperienza missionaria a Viana, dove operano le no-stre consorelle. A conclusione, come in videoconfe-renza, i saluti delle sorelle delle varie stazioni missio-narie: India, Congo Brazzaville, Rep. Dem. del Congo(Zongo), le due comunità del Brasile e dell’Argentina.Alle ore 12 il momento clou della giornata: la cele-brazione Eucaristica, presieduta da padre Gabriele,animata dalle sorelline brasiliane e quelle africane, in-fatti non poteva mancare il rullo del tamburo. Tuttal’assemblea ha partecipato con molta devozione,compresa del mistero. Completavano la celebrazionele invocazioni spontanee per il Papa e la chiesa tutta,sia locale che missionaria, per i governanti, i poveri ei malati, dando spazio anche alla preghiera personale.

Ore 13: incontro alla mensa fraterna, preparata adhoc grazie alla collaborazione di Sr. Ann Mary, re-sponsabile della comunità, delle consorelle e collabo-ratrici tutte. Grazie a Sr. Ida Maria che ha arricchito lagiornata rallegrandoci con la sua fisarmonica e per unmomento ci ha fatto tornare indietro negli anni suo-nando ed esortandoci a cantare i canti dei tempi chefurono.

Alle ore 15, di nuovo in sala, dove abbiamo senti-to la testimonianza più dettagliata, di padre Gabrieledella sua missione in Brasile; di questa possiamo con-dividerne tre cose: la sua positività nel parlare dellamissione; in missione non si va solo per dare ma an-

l 2 giugno a Torregrande, abbiamo avutol’incontro con i benefattori: ricordiamo che

questa giornata non è una novità, è ormai unatradizione! Possiamo dire allo stesso tempo con S.Agostino “Bellezza antica, ma sempre nuova”. Unvero incontro, un incontro fraterno e familiare che ciapre e ci dà la possibilità di rinnovamento e di edifi-cazione reciproca! Il galateo insegna a ringraziare chiti fa del bene. Gesù ci ricorda di fare sempre questogesto di riconoscenza e di gratitudine (Lc 17, 17-19 idieci lebbrosi). Le consorelle che mi hanno precedutoin questo servizio l’hanno sempre fatto. Anche noi,abbiamo pensato di camminare sulle loro orme: lagratitudine verso il prossimo, in sintesi, i nostri colla-boratori e benefattori! Ma il grande Grazie lasciamo-lo a Colui che vede con quale impegno, passione edentusiasmo, si lavora per il Suo Regno, grazie a tutti ea ciascuno per la collaborazione. La giornata è inizia-ta con l’accoglienza verso le ore 9.30, dove la comu-nità di Torregrande ha salutato con tanto affetto i fra-

telli venuti dalle varie località: cabras, Decimoman-nu, Dorgali, iglesias, isili, gavoi, genoni, mogoro,oristano, torregrande, sacconago di busto arsizio,sassari, Villasor ecc, alcuni amici non hanno potutopartecipare a causa di impegni imprevisti.

Dopo i saluti e gli abbracci, tutti siamo convenutiin sala. Dopo un momento di preghiera, madre MariaLuciana, madre generale dell’Istituto, ha rivolto unabreve esortazione, ringraziando tutti i benefattori peril loro sostegno alle Figlie di San Giuseppe nella vignadel Signore, mettendo in evidenza che sono non solobenefattori ma dei benedetti per quello che sono efanno, (il messaggio è stato interrotto da un calorosoe vibrante applauso) condividendo con loro gli eventidel Padre Fondatore e la prospettiva del trasferimen-to della sua salma in Sardegna (Genoni). Si, questo èil nostro desiderio, e preghiera, per la glorificazionedel nostro caro padre Felice Prinetti.

In seguito si sono succeduti i gruppi presenti e lemissionarie in congedo, per rendere partecipi tuttiV

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Giornata con i benefattoriTORREGRANDE

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argherita Bordoninasceva a Porta Pia il 2

Maggio del 1914 e ve-niva battezzata a Sant’ Agnese. Lasua famiglia era composta dai suoigenitori, Luigi Bordoni e Pasqua Erco-li, da cinque fratelli e due sorelle.Margherita era molto legata a sua so-rella minore Maria ed amava aiutarela mamma e prendersi cura dei suoifratelli maggiori. Lei aveva anche lapassione per l’orto e fin da piccolaaiutava il papà a curare le piante del-l’orto che avevano nel giardino.

Margherita cresceva tra le dueguerre mondiali e si è sposava conGioacchino Poggi dopo undici anni di fi-danzamento. Infatti la stessa ha aspetta-to fedelmente il suo promesso sposoche venisse liberato dalla prigionia deitedeschi proprio durante la secondaguerra mondiale. Dall’unioni con Gioac-chino nascevano tre figli: Luigi, Gian Domenico e do-po un po’ di anni, Maria.

Lei ha dedicato la sua vita alla famiglia e con i ri-sparmi Margherita e Gioacchino riuscivano a costrui-re una bella casa in Via degli Scrovegni. La vita fami-gliare si svolgeva serenamente nel quartiere di Bra-vetta, dove abitavano anche i fratelli di Margherita.

Negli anni i figli crescevano, si sposavano e resta-vano ad abitare tutti insieme nella casa paterna. Lui-gi e Gian Domenico avevano poi ciascuno un figlio ecosì Margherita e Gioacchino diventavano nonni diDavid e Daniele. Si sposava anche la figlia Maria edandava ad abitare lontano, tra le montagne della Val-

tellina, a Bormio, in una splendidacittadina ai confini con la Svizzera.Dopo poco però Margherita restavavedova, perché Gioacchino veniva amancare dopo una sofferta malattia.Lei però, ancora abbastanza giova-ne, persona di mille risorse con uncarattere molto forte e solare, conti-nuava a prendersi cura della sua fa-miglia e dei suoi nipoti.

Negli anni successivi fortunata-mente anche la figlia Maria con ilmarito Andrea, aveva due meravi-gliose bambine, Maria Vittoria edEleonora che per Margherita eranoun nuovo motivo di gioia e ragione divita. La famiglia si allargava ulterior-mente quando i nipoti, ormai adulti,David e Daniele avevano due ma-schietti Riccardo ed Alessio. Dall’an-no 2010 Margherita diventava quin-di una bisnonna ed ancora piena di

energia si coccolava i pronipoti.Oggi Margherita trascorre le sue giornate presso

l’Istituto Felice Prinetti, dove le suore Figlie di SanGiuseppe si prendono cura di lei, ma non smette difesteggiare allegramente i suoi compleanni.

Infatti lo scorso 2 maggio Margherita ha festeggia-to i suoi 104 anni, insieme alla sua famiglia ed alle al-tre persone che vivono con lei nell’Istituto.

Cogliamo l’occasione di ringraziare le Figlie di SanGiuseppe per la loro ospitalità e l’affetto che rivolgo-no a Margherita.

Lei stessa ringrazia tutti e, se Dio vuole, vi aspettaal suo prossimo compleanno!

Grande festa per Margherita BordoniROMA – Istituto Felice Prinetti

dite udite! I dinosaurisono tornati e con loro

anche gli uomini primitivi!Gli alunni della scuola dell’infanziaparitaria “Melis – Ariu Doloretta”quest’anno, si sono cimentati a sco-prire la storia passata, dalla nascitadella terra, ai dinosauri, agli uominiprimitivi, sino a giungere alla sco-perta del fuoco.

È stato un viaggio lungo, duratoun anno, che non poteva non con-cludersi con il consueto recital di fi-ne anno. Lo spettacolo si è tenutovenerdì 15 giugno alle 17.30, nei lo-cali della scuola dell’infanzia, han-no partecipato tutti i bambini dai 2ai 5 anni, ciascuno con un ruolo di-verso.

Il sipario si apre, la coordinatrice Sr Maria Placida,dà il benvenuto agli spettatori, dando cosi inizio allospettacolo.

Luci soffuse, musica in sottofondo, gli “attori” en-trano in scena, i bambini di 5 anni presentano lo spet-tacolo e subito l’ambientazione cambia … eccoci inuna zona di scavi con una scolaresca ed un paleonto-logo che cercano antichi fossili. Il paleontologo trovaun fossile antichissimo, i bambini molto incuriositi,chiedono al maestro di poter conoscere la storia del-la terra e dei suoi abitanti. La musica inizia e tutti incoro intonano il canto “nasce la terra”.

Con la terra nascono tutti gli esseri viventi e conloro anche i dinosauri (interpretati dai bambini di 2 –3 anni), ma come possono arrivare sino a noi i dino-sauri?! … semplice … con la macchina del tempo!

Sul palcoscenico è un via vai di personaggi, dal T-Rex alla mitica Ciottolina, alle bambine primitive. Tracanti e balli si snocciola la storia del passato, dai di-nosauri, all’uomo e alla sua evoluzione, sino alla tap-pa fondamentale che decreterà il passaggio a un’altraepoca: la scoperta del fuoco.

In mezzo a tutto ciò però, non potevamo dimenti-care colui che può e che ha creato tutto: Dio.

I bambini in chiusura intonano il canto “Grazie perla vita”, con parole di lode e ringraziamento:

“grazie per la vita che ci hai dato, grazie o nostroDio per il creato, noi ti diciamo grazie per davvero,per ogni uomo, per la terra e il cielo” […] “se ti guar-

di intorno te ne accorgerai di quante cose belle chetu hai. Un mondo di colori che vive qui con te, il mon-do più fantastico che c’è”

Non poteva esserci chiusura migliore, il cerchio sichiude, la storia continua, con Dio presenza costantee fondamentale nella vita della terra e degli uomini.

La recita è finita, ma non del tutto, i bambini di 5anni salutano, accompagnati dal coro dei bimbi piùpiccoli, la scuola con una canzone in inglese. Al termi-ne della canzone le maestre, tra le lacrime di mammee maestre, consegnano il diplomino ai bambini che asettembre frequenteranno la primaria.

Pensate possa finire cosi?! Ovviamente no! Lemamme dei bambini uscenti e della sezione primave-ra salgono sul palco per ringraziare le insegnanti, e fa-re un regalo molto speciale: due giochi per la scuola,due dondoli, uno per i grandi e l’altro per i piccoli. Èstato un gesto molto apprezzato, un modo per dire“ANCHE IO HO FREQUENTATO QUESTA SCUOLA EQUESTO GIOCO LO LASCIO PER I BAMBINI CHE VER-RANNO”

La festa continua, le lacrime continuano a scende-re insieme ai ricordi di quei piccoli bambini paffutelliche quattro anni fa iniziarono a frequentare la scuola,con quelle gambette paffutelle e un po’ tremolanti dichi si affaccia al mondo e inizia a conoscerlo; ora li ve-diamo in lontananza, più alti, più forti, grandi, ma pursempre i nostri piccoli bambini.

Le insegnanti

In viaggio nel tempoMOGORO

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l 20 aprile u.s. con Sr. Sonia siamo partitedalla Sardegna per Venezia per poter raggiun-

gere Pieve di Soligo, per un incontro con i nostribenefattori Veneti, e per una conoscenza più da vici-no, approfittando dell’occasione per una giornatamissionaria. Siamo arrivate alle ore 14.30 e signor Lui-gi De Faveri, il capogruppo dei benefattori, già ciaspettava con tanta premura, per poi partire per Pie-ve di Soligo a circa 60 km dall’aeroporto. e ad atten-derci, la moglie Sig. Gabriella, che ci ha accolto contanto affetto. Dopo qualche ora, ci hanno raggiuntisig. Ircano Zanet e un suo cugino. Ci sono stati vicini,fino alla vigilia della nostra partenza.

Soggiorno a Pieve di Soligo: La sera del nostro ar-rivo, abbiamo incontrato don Giuseppe, Parroco delDuomo “Santa Maria Assunta“, è stato molto acco-gliente, disponibile e aperto, con uno spirito vera-mente missionario, essendo lui stesso un ex missio-nario in Burundi, dandoci l’opportunità per una gior-nata missionaria dal sabato sera 21 al 22 domenica,nonostante gli altri impegni previsti in quei giorni nel-

la parrocchia e incoraggiando i suoi parrocchiani a es-sere generosi, sebbene, secondo le loro possibilità! Adon Giuseppe, tutta la nostra gratitudine e ricono-scenza.

Il giorno dopo, Sig. Luigi, ci ha condotto a visitarela sua fabbrica, un uomo tanto grande ma allo stessotempo riservato e semplice, dove niente fa chiasso:quanta lezione di umiltà e di nascondimento!

Visita al cimitero: è stata una opportunità per ren-dere omaggio e pregare per i nostri benefattori de-funti (Sig. Sergio e Antonio De Faveri e altri), e per ifamiliari.

Il sabato sera e la domenica, come stabilito, ab-biamo animato tutte le messe, puntualizzando so-prattutto l’aspetto della fraternità universale: Abbia-mo tutti un unico Padre che ci ama e ci vuole in co-munione con il Figlio e nello Spirito Santo, al di là diogni colore, lingua, cultura o livello sociale.

Soddisfatte della missione, la sorpresa di unpranzo fraterno con tutto il gruppo, convenuto daivari paesi vicini, momento in cui abbiamo avuto la

possibilità di conoscercimeglio, concludendo laserata insieme alla fami-glia De Faveri e i due cu-gini Zanet. È stato pernoi, veramente, un mo-mento di esperienza digrande fraternità! Rin-graziamo e benediciamoDio per il dono del grup-po dei benefattori Vene-ti!

Evviva l’Equipe dei Ve-neti!!!

Suor Jeanne Bombiala(segr. miss. fsg)

Giornata MissionariaPIEVE DI SOLIGO

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n occasione della giornata per i mala-ti di Lebbra, i ragazzi della 5^ di Isili, dopo

aver visto il film Molokai, sulla vita di padreDamiano, hanno preso l’iniziativa di aiutare an-che loro un malato; a ogni incontro di catechismoportavano i loro piccoli risparmi, frutto della lororinuncia. È stato bello e hanno dato prova che,anche se giovanissimi, volendo possono esserecollaboratori per il bene altrui.

Hanno scritto a Tina e alla sua mamma mala-ta questa letterina:

Carissima Tina,non abbiamo raccolto molto, ma speriamo

appena sufficiente perché la tua mamma inizi lacura e guarisca presto, e tu possa rimanere conlei, crescere bene senza pericolo di contagio; te loauguriamo tanto, ti vogliamo bene e ti mandia-mo tanti baci. Saluta la mamma e dille che ci dis-piace, ma le auguriamo una pronta guarigione.Speriamo di poter avere notizie e così diventareamici.

I tuoi amici di Isili

Ero malato e tu mi hai guaritoa cura di Claudio Casadio

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sempre una grande festa per i nostri bimbi del-la scuola dell’infanzia San Giuseppe, il saggio di fi-ne anno scolastico, una festa in una grande fami-

glia composta da insegnanti, genitori, nonni, zii ma inparticolare loro: i nostri piccoli attori e alunni. Anchequest’anno abbiamo potuto assistere ad uno spettaco-lo originale, frizzante e divertente: i bambini dell’ultimoanno, hanno esposto con una breve sintesi il lavorosvolto durante l’anno scolastico, partendo dalle indi-menticabili avventure con La Combriccola nella quali sisono ritrovati a svolgere attività campestri come la ven-demmia, la raccolta delle olive, la preparazione del pa-ne e la mungitura; un’esperienza che non solo i bambi-ni ma anche le loro insegnanti custodiranno gelosa-mente nel proprio cuore. Lo spettacolo è continuato al-l’insegna dell’amicizia e del divertimento, da splendidacornice, a un palco allestito con soli materiali di riciclo(altro progetto svolto a scuola durante l’anno scolasti-co) sono state le rappresentazioni dei due progetti prin-cipali: Progetto di psicomotricità e Progetto di LinguaInglese, canti, balli, percorsi e un pizzico di emozione,ma principalmente la spontaneità aggiunta alla bravu-ra, sono state le protagoniste indiscusse di questo gior-no di festa. In conclusione per la gioia dei più grandi, c’èstata la consegna dei diplomi per i bambini che farannoil grande salto nella scuola primaria.

Questi ultimi hanno dedicato la canzone di chiusuraa tutti i genitori: Un semplice “Grazie” ma doveroso perl’opportunità data e per l’amore incondizionato che gli

ha guidati fin qui e ancora porterà ognuno di loro mol-to lontano. Lo spettacolo è stato ricco e vario e al di-vertimento si è unito l’obiettivo principale: la solidarie-tà verso chi è meno fortunato di noi, verso chi una casanon ce l’ha e per chi oggi patisce il dolore della guerra,ed è proprio a tutti i nostri fratelli vicini e lontani che èstata dedicata questa splendida recita, perché “i nostribambini “una cosa l’hanno imparata: non esiste pover-tà peggiore che non avere amore da dare!!

Mamma Virginia

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Saggio di fine annoVILLASOR - Scuola dell’Infanzia “San Giuseppe”

Alcuni momentidel Saggio di fine anno

nella Scuola dell’Infanzia.

Gavoi, il 6 e 7 ottobre in concomitanzacon la manifestazione cortes apertas, la

comunità di Gavoi col gruppo missionarioche collabora con loro, hanno allestito come l’annoscorso, la mostra missionaria e la pesca nella casa del-le suore. Una grande stanza è stata destinata all’e-sposizione degli articoli da vendere.

Un largo spazio è stato riservato agli oggetti tradi-zionali africani comprendenti una vasta gamma di ar-ticoli in legno che vanno dalle statue del presepio, al-le figure africane di donne, uomini, bambini e anima-li, a capi di abbigliamento, stoffe, servizi da tè e da ta-vola, a quadri che ritraggono la vita quotidiana degliafricani e infine ai gioielli fatti con le pietre africanetutte luminose ebrillanti. Unospazio non me-no importante èstato riservatoagli articoli pro-venienti dall’In-dia, Argentina edal Brasile quali,le sciarpe in se-ta, i sari, le cu-stodie dei tele-fonini e altri pic-coli oggetti.

In un’altrastanza è stataallestita la pescacon oggetti re-galati dalle fa-miglie, da nego-zianti e da istitu-

ti religiosi e privati. I visitatori, accolti con cordialitàdai volontari del gruppo missionario e dalle suore del-la comunità che ci hanno sostenuto con le loro pre-ghiere. I visitatori hanno mostrato un grande interes-se per la mostra forse perché scoprivano un nuovomondo, con i suoi colori, le sue tradizioni e le sue bel-le culture. E a far da guida in questa scoperta oltre asuor Marie Michel, c’è stata anche suor. Jeanne, la se-gretaria delle missioni delle Figlie di San Giuseppe.L’affluenza è stata notevole, forse perché si è riuscitia creare tutti insieme, visitatori e collaboratori, un’at-mosfera gioiosa, cordiale, accogliente, ma soprattut-to missionaria. Con tanta gratitudine ringraziamo il Si-gnore, don Gianfranco e tutti coloro che hanno visita-to la mostra, con l’augurio di fare ancora meglio neglianni futuri.

Dio benedica la sua opera! Comunità di Gavoi

e Gruppo missionario

Mostra missionariaGAVOI

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Professione perpetua di Sr. Marie CorinneGABON

omenica 19 agosto 2018, alle 9.30 si è ce-lebrata la Santa Messa nella Parrocchia No-

stra Signora degli Apostoli per la donazionetotale a Dio di Suor Marie Corinne attraverso la pro-fessione dei voti perpetui. La cerimonia era presiedu-ta da Mons. Alexis Vicario apostolico, delegato dal ve-scovo. “Sono venuto perché abbiate la vita e che l’ab-biate in abbondanza”.

Questo è stato il ritornello che ha suscitato nei no-stri cuori tanta gioia ed emozione.

Durante l’omelia Monsignor Alexis ha invitato ilpopolo di Dio di prendere coscienza dell’importanzadel dono di sé senza riserva e di accettare che Dio siail nostro sposo. Ribadiva che l’esempio della consa-crata deve interpellare i genitori perché lascino i figliliberi nelle loro scelte, aiutandoli e incoraggiandoli afare scelte radicali senza paura.

Tutto è stato vissuto in un clima festoso di pre-ghiera tra applausi, danze e canti. Nessuno avevafretta così che abbiamo potuto gustare ogni momen-to senza percepire la fatica della lunghezza della mes-sa durata quattro ore. La presenza dei preti, delle re-

Professione religiosaREPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

l 22 luglio 2018 nella Parrocchia Santa Elisa-betta di Gemena nella Repubblica Democratica

del Congo, Dio ha fatto dono alla sua Chiesa di cin-que giovani per suo servizio della Chiesa attraverso i vo-ti religiosi, tre di loro hanno fatto i Voti temporanei so-no: Suor Thérèse Idwine Nyabolokoli Libondelo, SuorBlandine Kialomono Gbokopo e Suor Judith Toguluse Ki-toko e due sorelle che hanno emesso i voti perpetui:suor Bibiane Demomo e Suor Rachele Asingo. In questastessa occasione, Suor Marie Constantine Kofio Ndataha reso grazie a Dio per i suoi venticinque anni di consa-crazione religiosa. Thérèse ha iniziato il suo percorso al-la vita religiosa a Brazzaville come aspirante, Blandi e Ju-dith hanno fatto il percorso del postulandato a Bangui eproseguiranno la formazione con il noviziato a Brazzavil-le. A Gemena, da quando abbiamo iniziato la nostra mis-sione dopo la guerra in quella comunità lasciata dalleSuore missionarie belghe, non si è mai fatta una profes-sione religiosa, per questo motivo si è chiesto alla Madredi poter fare la professione in questo luogo.

La celebrazione della Santa Messa, presieduta da suaEccellenza Mons. Dominique Bulamatari, Vescovo diMolegbe nella quale ha concelebrato il vescovo emeritodi Molegbe Ecc.za Joseph Kesenge insieme a tanti altripreti religiosi e diocesani venuti da tante parti. È la pri-ma volta che le Figlie di San Giuseppe emettono la pri-ma professione a Gemena per cui non è stato possibilefare la professione all’interno della Chiesa perché nonavrebbe contenuto tutta quella gente accorsa per par-tecipare alla celebrazione. L’assemblea era molto nu-merosa ed erano presenti le autorità politiche personedi diverse diverse confessioni religiose, alcuni solo per lacuriosità di vedere come avviene il passaggio dalla lipu-ta (l’abito locale) all’abito religioso. La celebrazione haavuto inizio alle ore 7 e 30 ed è finita alle ore 14.

All’omelia il Vescovo ha spiegato l’importanza dellaconsacrazione all’interno della Chiesa è un dono di Dio

ligiose, dei parenti, amici e conoscenti venuti nume-rosi ha formato un mosaico profetico. Finita la cele-brazione, siamo passati al tavolo della fraternità doveabbiamo continuato i festeggiamenti.

A Sr. Marie Corinne auguriamo un buon cammino.

fatto alla sua Chiesa stessa, e Dio dona sempre le cosebuone, belle e preziose così è avvenuto per le nostre so-relle, sono come tante altre ragazze ma hanno accetta-to di lasciare tutto per rispondere alla chiamata di Dio. IlVescovo ha spiegato ancora che siamo consacrate daDio nel Battesimo e questa consacrazione, per noi reli-giosi, si conferma attraverso i voti religiosi e la gioia del-la consacrazione che suscita oggi molta curiosità e un ri-chiamo per i giovani a non avere paura di rispondere al-la chiamata di Dio ma è importante saper prestare ascol-to, perché per rispondere bisogna ascoltare. A nomedelle sorelle professe, e di suor Marie Constantine per lasua fedeltà a Dio e a l’Istituto ringrazio tutta l’intera no-stra famiglia Giuseppina, di avere aiutato da lontano cheda vicino per raggiungere questo traguardo, per averaiutato le nostre case di formazione, spiritualmente eeconomicamente per la buona realizzazione della vita diqueste sorelle. Visto la bellezza di questa Consacrazioneil Vescovo ha ringraziato la Congregazione nelle personedelle suore che operano nella sua diocesi citando ogniopera alla fine ci ha invitato di prendere ancora di averegli occhi su un altro luogo nella diocesi sempre per aiu-tare tanti fratelli nella fede.

Alla fine della Santa Messa, dopo il ringraziamento diMadre Maria Luciana, e delle nuove professe, le giovanisuore di voti temporanei. Al termine della celebrazioneil vescovo ha affidato all’assemblea il compito di prega-re per le suore perché possano vivere bene la vocazione.Grazie a tutta la nostra famiglia religiosa, continuiamo amanifestare la nostra appartenenza alla Chiesa attraver-so il nostro Istituto.

Suor Marie Jeanne Dedemogo Abena

Foto di gruppo con le ragazze in cammino formativo.

Repubblica Centrafricana - Celebrazione delle professionitemporanee e perpetue a Gemena

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A M E R I C A L A T I N Are mai ma perdonare sempre. È un’esperienza cheporterò sempre nel mio cuore è stata occasione ditante riflessioni e una grande crescita personale. Rin-grazio Madre Maria Luciana per la possibilità e tuttala Congregazione.

Un ringraziamento speciale ad Heloiza, Adelia,Alana per la loro disponibilità, nonostante fossero inBrasile per la visita in famiglia, si sono impegnate acondividere con me questa esperienza. Grazie a suorCristina per la sua forza, il suo carisma, la sua dedi-zione in tutto quello che segue, ho imparato tanto dalei. Grazie a suor Anna Carla per la sua dolcezza epremura e per avermi fatta conoscere tutte le sue at-tività.

Grazie a Suor Annalisa per avermi fatto conoscereil suo operato all’interno della comunità, per la possi-bilità di stare con i ragazzi della fazenda e pregare conloro a Suor Vittoriana per il suo spirito giovanile e lemille chiacchierate e testimonianze che mi hannoaperto un mondo, per avermi mostrato il loro lavoroquotidiano e grazie a Gesù per aver permesso tuttoquesto.

Marta

ell’Agosto del 2018 sono partitain Brasile cogliendo l’opportunità del

viaggio di tre suore. Ho avuto la possi-bilità di toccare con mano tante realtà: il

Carcere dove lavora Suor Cristina (apac), il centro direcupero per tossico dipendenti (fazenda). Quandosono entrata ho percepito che tutto quello che stavovedendo fosse come un miracolo di Dio, perché pos-siamo rinascere sempre, con la nostra forza di volon-tà e con una mano d’aiuto.

I villaggi che mi hanno permesso di visitare, sonocaratterizzati da una povertà incredibile ma allo stes-so tempo una felicità inspiegabile. Il popolo stesso èsempre molto caloroso. Ho vissuto grandi emozionilasciate dal sorriso di un bambino, dall’ affetto di unanziano, dalla forza di una famiglia in difficoltà, dallacapacità di sorridere sempre anche di fronte ad unavita che spesso ti schiaccia.

Mi ha sorpreso come i pilastri delle comunità sia-no i giovani, il loro impegno e la loro voglia di metter-si in gioco per servire Dio e il prossimo. L’importanzadella figura dei laici che si dedicano a celebrare la pa-rola nei villaggi a organizzare feste nelle comunità edanno un grosso aiuto compensando la mancanzadella figura del sacerdote. Tra tutto ciò che ho vissu-

to, lascio un pezzetto del mio cuore all’interno delcarcere, per la prima volta nella mia vita, ho visto Ge-sù, in maniera così evidente negli occhi di quei ragaz-zi. L’apac gestita da Suor Cristina e dalla sua squadrami ha fatto capire che nella vita non bisogna giudica-

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Tutto è come un miracolo

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Visita alle ComunitàARGENTINA

e nostre Comunità in Argentina sonodue: una a Cordoba e un’altra a Villa

Udaondo nella periferia di Buenos Aires.A Cordoba la Comunità è formata da Suor Patrizia,

suor Anna Gemma e suor Maria Rosa. A Villa Udaon-do da suor Franceschina, suor Donatella, suor MaryTheres e suor Maria Lujan.

Due Comunità che non hanno un servizio specificocome scuole, ospedali o altro, ma sono come il lievitoevangelico in mezzo alla gente e per la gente, si sonoinserite nel contesto parrocchiale e sociale rispon-dendo ai bisogni emergenti.

A Cordoba un bisogno emergente è l’accoglienza ela cura delle famiglie di numerosi profughi boliviani eperuviani che lasciano la loro patria dove non vedonouna possibilità di sopravvivenza e si trasferiscono interra argentina con il sogno di una vita migliore. Inrealtà migliorare la propria condizione di vita in terrastraniera non è facile, perché lo straniero è semprevisto con sospetto, perché considerato usurpatore dibeni che in realtà non esistono neanche per i resi-denti, come il lavoro e una casa, ne consegue unaemarginazione che spesso sfocia in rifiuto e ostilità.Le famiglie che arrivano sono tutte molto numeroseanche con dieci e dodici figli e questi bambini si ritro-vano a non avere da mangiare e senza scolarizzazio-ne.

Le suore, dal primo periodo della loro presenza,hanno preso a cuore la situazione di questi poveri e

hanno attivato tutte le iniziative possibili per aiutarli.E’ nata così la Casa della Speranza, uno spazio dove siaccolgono i piccoli in età scolare per garantire la cola-zione prima di andare a scuola, la merenda e l’ac-compagnamento didattico nel pomeriggio. E’ nato unambulatorio per le emergenze sanitarie e il prontosoccorso in particolare per le persone che non hannoancora residenza e sono invisibili allo Stato.

Due realtà sostenute dall’Istituto che ha provve-duto ad ampliare gli spazi del primo piccolo apparta-mento acquistato per le suore con una striscia di giar-dino dove sono sorti i luoghi di accoglienza, a dire ilvero molto stretti, per il numero delle persone cheaccoglie e vorrebbe accogliere, ma con l’ampiezzadella carità di Cristo dove tutti trovano accoglienza euna parola di conforto.

Queste iniziative oltre che soccorrere i poveri so-no un’opportunità perché tante persone desiderose

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di vivere la propria scelta cristiana abbiano la possibi-lità di coinvolgersi nelle opere di misericordia corpo-rali e spirituale. Con le suore operano tanti volontari:nell’ambulatorio suor Patrizia ha coinvolto tanti gio-vani medici del vicino ospedale che volentieri dedica-no il loro tempo libero a curare i poveri.

Anche suor Maria Rosa nell’accoglienza dei bam-bini è aiutata da tante giovani desiderose di esprime-re la loro fede con il servizio di carità. Questo servizioche per lunghi anni è stato reso con lo stile giuseppi-no, nel silenzio e nel nascondimento, oggi ha acqui-stato visibilità a livello diocesano e si pone comeun’esperienza pilota che si vorrebbe attivare in piùIstituti religiosi che dispongono di spazi per lo piùvuoti. Per questo motivo il Vescovo del luogo, ha vo-luto che suor M. Rosa partecipasse al Sinodo diocesa-no come portavoce di un servizio di carità che oggi ri-sponde ai bisogni dei più poveri.

Suor Anna Gemma è impegnata nell’assistenzaspirituale agli ammalati del vicino ospedale dove, conil conforto della sua presenza risolve tanti piccoli pro-blemi soprattutto delle persone sole.

In questa Comunità ho fatto la Visita Canonica edè stata una grande gioia vedere di persona come il Ca-risma della compassione proprio delle Figlie di SanGiuseppe è vissuto e incarnato nel dono diuturno diqueste nostre sorelle c, nonostante l’età e i problemidi salute, continuano a spendersi con generosità eamore. La visita alla Comunità di Villa Udaondo, oltrealla Visita Canonica era richiesta da alcune importan-ti ricorrenze: la professione perpetua di suor MariaLujan e suor Laura, i 25 anni di apertura della casa, il50° di professione religiosa di Suor Donatella e il 25 diprofessione religiosa di suor Mary Theres.

Anche a Villa Udaondo le Suore sono per la gentee in mezzo alla gente. Operano nel settore pastorale,

Alcuni momentidella celebrazione Eucaristicadella professione perpetuae 25° e 50° di professione.

La comunità di Cordoba. Da sisnistra sr Anna Gemma,Madre M. Luciana, sr Patrizia, sr M. Rosa, sr Nolly

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A M E R I C A L A T I N A I N D I Asanitario e scolastico, in collaborazione con i PadriOblati di Maria Vergine. Il servizio che rendono hauna forte valenza cristiana e sociale, raggiunge tuttele categorie di persone, qualsiasi situazione si trovinoa vivere, dalla povertà economica, a quella morale edaffettiva, ma il valore reale è la loro presenza che sipone come segno dell’amore di Dio per tutti. Unapresenza che ha trasformato gli ambiti geografici incui operano in una grande famiglia in cui a ciascuno èriconosciuta la giusta dignità di persona umana e diFiglio di Dio.

Questa fratellanza è stata manifestata e vissuta datutti i parrocchiani in occasione della celebrazione deivari eventi che l’Istituto ha ricordato il giorno sedicisettembre. Una celebrazione preparata e curata datempo con un mese di formazione delle sorelle chehanno emesso i voti perpetui e che si è concluso congli esercizi spirituali guidati dai Padri Oblati di MariaVergine. In questa preparazione si sono particolar-mente impegnati Padre Marcelo, parroco della par-rocchia Nostra Signora di Lourdes, Padre Luiss e Pa-dre Enrique, ai quali vogliamo esprimere il nostro piùsentito ringraziamento.

La festa dell’Istituto è stata la festa della gente cheil giorno sedici settembre, per tempo, ha riempito laChiesa, preparata a festa per accogliere sua eccellen-za Mons G. Vasgnez, vescovo della diocesi di Moronche ha presieduto la solenne concelebrazione eucari-stica. L’emozione e il coinvolgimento dell’assembleaerano palpabili dall’inizio alla fine della cerimonia: dalmomento dell’ingresso che ha visto sfilare tutte le Fi-

glie di San Giuseppe presenti, in particolare suor An-nalisa, Suor Anna Gemma e Suor Anna Carla invitateper la celebrazione del 25° anno di apertura della Ca-sa perché erano state proprio loro, con la guida diMadre Maria Daniela e Suor M. Luigia, ad avviare ilservizio in quella parrocchia, al rito dei voti perpetuidi Suor M. Lujan e Suor Laura, alla rinnovazione dellapropria consacrazione a Dio di Suor Donatella che fe-steggiava i 50 anni di vita religiosa e di suor Mary The-res che ricordavo i 25 anni dei suoi voti religiosi. Unagrande attrazione è stata la danza indiana eseguitacon la processione offertoriale da di Suor Mary The-res accompagnata dalle altre Sorelle.

La solennissima celebrazione liturgica, preparata eseguita da Padre Marcello, in tutti i dettagli, è stata ilcuore della festa che è continuata nella gioiosa convi-vialità del pranzo che ha coinvolto tutti i parrocchianii quali hanno provveduto ad imbandire la mensa conuna ricca varietà di cibi preparati in casa, dove hannotrionfato le panadas confezionate con tutti i gusti, iltutto accompagnato dalle note del tango argentinoche ha attirato in pista numerose coppie.

E’ stata una vera festa caratterizzata dall’allegriama soprattutto dalla gioia, una gioia profonda che nu-tre l’anima, frutto di un’esperienza forte di Dio rice-vuto nell’Eucarestia e presente nelle Sorelle che con-fermando la propria consacrazione a Dio hanno affer-mato che vale la pena vivere per Lui, mettendo la vi-ta a disposizione dei fratelli più bisognosi, attrattedalla forza e dal profumo del suo amore.

Suor M. Luciana Zaru

La Professione religiosaRAJAMATTAM

l 20 giugno 2018 è stata una giornata digioia e di festa per le figlie dim San Giuseppe.

Quattro giovani suore con l’entusiasmo della lorovita, desiderose di donarsi al Signore hanno detto il ‘si’totale ed incondizionato pe tutta la loro vita. Sono: SrSoniya Theres Mathirappally, Sr. Ann Jose Kattackal, SrRany Maria Perumbral e Sr. Nancy Jose Perumbral. Losguardo benevolo di Dio si è posato su di loro chia-mandole a vivere la vita come dono ricevuto e donato.Dopo diversi anni di riflessione, di studi e di discerni-mento sotto l’amorosa guida del Signore hanno com-preso il disegno di Dio su di loro. E con disponibilità eprontezza hanno voluto mettersi alla sequela di Cristo,come l’unico ideale della loro vita; per essere e viverenella chiesa la missione di testimonianza e per servirel’umanità.

Come le vergini prudenti della parabola del vangeloerano in attesa di questo momento importante dellaloro vita: donarsi completamente per sempre a Dio.Nel loro cuore c’era una certa trepidazione, ma, eranogioiose, serene e fiduciose perché lo loro forza è nelSignore Gesù cristo, il tutto della loro vita.

La celebrazione ha avuto il luogo nella parrocchia diRajamattam, dove si trova la prima casa dell’istituto inIndia. Per l’occasione erano giunte dall’italia la nostraMadre Generale Madre Maria Luciana e la vicaria Sr.Nolly Kunnath. La comunità ha vissuto giorni di allegriasia per le loro presenza che per l’imminente festa del-la professione. Molte sorelle delle altre comunità sonovenute a trovare le madri ed erano presenti anche perla professione. La madre ha incontrato le giovni pro-fessanti per incorraggiarle, per farle comprenderesempre meglio l’importanza dell’atto che compirannoe per far sentir loro la vicinanza e sostegno di tutto l’is-tituto accompagnata dalla preghiera.

Prima della celebrazione eucaristica la madre haimplorato la benedizione del Signore e ringraziandoLoper il dono di quattro sorelle per l’istituto e per la san-ta chiesa. In chiesa erano presenti i genitori, i parenti,gli amici delle suore, come pure molte suore, sacerdotie parrocchiani. La chiesa ben preparata accompgnan-do dai canti ha accolto la professanti. La celebrazione èstata presieduta dall’arcivescovo di Changanassery,Sua Eccellenza, Mons. Joseph Perumthottam. Durantel’omelia l’arcivescovo ha sottolineato l’importanza del-

la vita religiosa e ha congratulato le quattro giovani peril loro corraggio e disponibilità per questa scelta.

Dopo le celebrazioni liturgiche tutti hanno presoparte al rinfresco condividendo la fraternità e gioia del-l’incontro. Auguriamo alle nostre quattro consorelle lagioia di vivere con grande entusiasmo, amore e fedeltàla loro consacrazione e che la chiesa e l’istituto abbianosempre a rallegrarsi della loro donazione incondiziona-ta. E preghiamo che il Signore conceda loro abbondan-ti grazie e benedizioni celesti.

Sr. Saveriana Pandiammackal

In alto: Sr Soniya Theres Mathirappally,Sr. Ann Jose Kattackal, Sr Rany Maria Perumbral

e Sr. Nancy Jose Perumbral.Sopra: Foto di gruppo.

Da sn. Suor Jes Mary, Madre M. Luciana,le professe, suor Nolly.

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L’Istituto delle Figlie di San Giuseppe, è un cenacolo didiscepole del Signore, fondato dal Servo di Dio PadreFelice Prinetti per la gloria di Dio, mediante lasantificazione dei membri nella professione dei consiglievangelici e la collaborazione ecclesiale.Armonizzando nel proprio spirito contemplazione eazione, ha un solo volto che lo caratterizza nell’operareper il regno di Dio in umiltà e gioia, con dedizione chetrascende il sacrificio, e tende unicamente al compimentodella divina volontà.

(dal Direttorio dell’Istituto n. 1)

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GIULIANA PINNA† 27 novembre 2017

La morte non è un tramonto che cancella tutto,ma un passaggio, una migrazione e l’inizio diun’altra vita per ogni vita.

Hai lasciato un vuoto immenso nella nostra vita,la tua assenza riempie il nostro cuore di nostal-gia ma ci conforta la certezza che ora sei nellapienezza dell’amore.

I nostri defuntimaria martis ved. pittalUga

cognata di suor M. Romana

efisio perriacognato di suor Anna Carla

mario meliscognata di suor Renata

giUseppina soDDUsorella di suor Silvia

anna Dettori ved. pinnacognata di suor Virginia

liDia pilicognata di suor Armida

francesco serranipote di suor Santina

francesca serra ved. carottisorella di suor M. Angelica

efisio cariacognato di suor M Alfonsa

pietrina canUsorella di suor Paolina

EFISIO TRIFOGLIOFratello di suor Fiorenza

† 29 settembre 2018

Ciao papà, scrivo per dirti che mi manchi, daquando ci hai lasciati un dolore immenso mi hainvestito e lasciato senza parole. La malattia tiha portato via da me in un attimo, senza dartila possibilità di portare avanti la tua missione:aiutare e sostenere la tua famiglia per nonlasciarla in balia delle onde, in questatempesta che è la vita.Stai tranquillo papà, ci hai lasciato in buonemani, le tue che ci guideranno da lassù.Ora che non ci sei riesco a percepire l’amoreche avevi per me che non mi hai detto a parolema che non mi hai mai fatto mancare.L’amore che io stesso ho trattenuto senzamanifestarlo.In tutto questo mi rimane l’amarezza di nonessere riuscito a dirti: “Papà., ti voglio bene”.Oggi resta solo l’amore.

Tuo figlio Paolo

MARIA ANTONIA PORRU

moglie e mamma affettuosa;generosa e buona con tutti.Ci ha lasciato col sorriso.Signore non ti chiediamo perché ce l’hai tolta,ma ti ringraziamo perché ce l’hai data.

M. CARMINETTA FIGUSSorella di suor Lia† 14 agosto 2018

Non addio cara sorella, ma un arrivederci. Latua dipartita non sarà un’assenza. La fede ci dala certezza che colui che non vediamo è con noi.

Pino e famiglia

DAVIDE

Ogni tanto la pace assume un volto familiare,spesso ha il profumodegli alberi bagnati di pioggia,il suono dei passi sulla sabbia.È un ricordo, ma c’è.

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coDice Di Diritto canonicocommentato(6ª ed. ampliata 2018)Editore: Coletti a San PietroPrezzo: € 59,00

Questa Sesta edizione del “Co-dice di Diritto Canonico e leggicomplementari” rappresenta unaprofonda revisione dell’opera pre-cedente resasi necessaria dai rile-vanti cambiamenti normativi ap-portati negli ultimi tre anni delpontificato di Papa Francesco.

Dal maggio 2015, data dellaprecedente edizione, l’ordina-mento canonico è stato rinnovatoa più riprese, interessando sia ca-noni del Codice che documentiutilizzati nei commenti. In questobreve periodo, per esempio, sonostati modificati più di trenta cano-ni del Codice: cosa del tutto inu-

suale in epoche precedenti. Il pre-sente volume contiene, di conse-guenza, l’aggiornamento comple-to di una delle sezioni più utilizza-te del Codice, com’è quella delprocesso speciale per dichiarare lanullità del matrimonio, modificata

a seguito del m. p. Mitis Iudex Do-minus Iesus. Analogo lavoro era ri-chiesto dalle modifiche introdottedalla legge che ha armonizzato ladisciplina latina con quella del Co-dex Canonum Ecclesiarum Orien-talium in diversi aspetti di prassipastorale, o dalle svariate modifi-che realizzate nell’organizzazionedella Curia Romana.

In molti altri casi, nuove dispo-sizioni normative hanno richiestol’intera rielaborazione dei com-menti ai canoni, come ad esempiocirca la disciplina sugli studi eccle-siastici riorganizzata dalla Cost.Apostolica Veritatis gaudium. Ap-pendici e sussidi sono stati altret-tanto aggiornati alla data odiernae, in particolare modo, si è fattoun approfondito adeguamentodell’indice analitico con l’inclusio-ne di nuove voci.

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empo fa, in una terra lontana, vive-va un signore potente e famoso in ogni

angolo del regno. Sull’orlo di una nera sco-gliera aveva fatto costruire una roccaforte

così solida e ben armata, da non temere né re, néconti, né duchi, né principi, né visconti. E questo pos-sente signore aveva un bell’aspetto, nobile e impo-nente. Ma nel suo cuore era sleale, astuto e ipocrita,superbo e crudele. Non aveva paura né di Dio né de-gli uomini.

Sorvegliava come un falco i sentieri e le strade chepassavano nella regione e piombava sui pellegrini emercanti per rapinarli.

Aveva da tempo cal-pestato tutte le pro-messe e le regoledella cavalleria.

La sua crudeltàera divenuta pro-verbiale. Disprez-zava apertamen-te la gente e leleggi della Chiesa.Ogni Venerdì san-to invece di digiu-nare e rinunciare amangiare carne organizzava grandi fe-stini e lautii banchetti per i suoi cavalieri. Si divertivaa tiranneggiare vassalli e servitù.

Ma un giorno, durante un combattimento, un col-po di balestra lo ferì gravemente ad un fianco. Per laprima volta, il crudele signore provò la sofferenza e lapaura. Mentre giaceva ferito, i suoi cavalieri gli fece-ro balenare davanti agli occhi la gola spalancata e in-fuocata dell’inferno a cui era sicuramente destinatose non si fosse pentito dei suoi peccati e confessato inchiesa. “Pentirmi io? Mai! Non confesserò neppureun peccato!”.

Tuttavia il pensiero dell’inferno gli provocò un po’di spavento salutare. A malincuore gettò elmo, spadae armatura e si diresse a piedi verso la caverna di unsanto eremita. Con tono sprezzante, senza neppureinginocchiarsi, raccontò al santo frate tutti i suoi pec-cati: uno dietro l’altro, senza dimenticarne neppureuno. Il povero eremita si mostrò ancora più afflitto:“Sire, certamente hai detto tutto, ma non sei pentito.Dovresti almeno fare un po’ di penitenza, per dimo-strare che vuoi davvero cambiare vita”. “Farò qualun-

que penitenza. Non ho paura di niente, io! Purché siafinita questa storia”. “Digiunerai ogni Venerdì per set-te anni...!”.

“Ah, no! Questo puoi scordartelo!”. “Vai in pelle-grinaggio fino a Roma...”.

“Neanche per sogno!”. “Vestiti di sacco per unmese...”.

“Mai!”. Il superbo cavaliere respinse tutte le pro-poste del buon frate, che alla fine propose: “Bene, fi-gliolo. Fa’ soltanto una cosa: vammi a riempire d’ac-qua questo barilotto e poi riportamelo”. “Scherzi? Èuna penitenza da bambini o da donnette!”. Sbraitò il

cavaliere agitando il pugno minaccio-so.

Ma la visionedel diavolo sghi-gnazzante lo am-morbidì subito.Prese il barilottosotto braccio ebrontolando sidiresse al fiume.Immerse il bari-lotto nell’acqua,

ma quello rifiutòdi riempirsi. “È un

sortilegio magico”, ruggì il penitente,“ma ora vedremo”. Si diresse verso una sorgente: ilbarilotto rimase ostinatamente vuoto. Furibondo, siprecipitò al pozzo del villaggio. Fatica sprecata! Provòad esplorare l’interno del barilotto con un bastone:era assolutamente vuoto. “Cercherò tutte le acquedel mondo”, sbraitò il cavaliere. “Ma riporterò questobarilotto pieno!”. Si mise in viaggio, così com’era, pie-no di rabbia e di rancore. Prese ad errare sotto lapioggia e in mezzo alle bufere. Ad ogni sorgente, poz-za d’acqua, lago o fiume immergeva il suo barilotto eprovava e riprovava, ma non riusciva a fare entrareuna sola goccia d’acqua. Anni dopo, il vecchio eremi-ta vide arrivare un povero straccione dai piedi san-guinanti e con un barilotto vuoto sotto il braccio. Lelacrime scorrevano sul suo volto scavato.

Una lacrima piccola piccola scivolando sulla foltabarba finì nel barilotto.

Di colpo il barilotto si riempì fino all’orlo dell’ac-qua più pura, più fresca e buona che mai si fosse vi-sta.

Una sola piccola lacrima di pentimento...

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Il barilottoBruno Ferrero

lettera a mio figliosUlla felicitÀdi Sergio BambarénTRADUTTORE: A. CominottiEDITORE: Sperling & KupferPagine: 148 – Prezzo € 13,51

Per anni, Sergio Bambarén hagirato il mondo in cerca di una se-renità all’apparenza irraggiungibi-le, spinto dal vento irrequieto delsuo animo. Poi, proprio quandocrede di aver finalmente conqui-stato l’equilibrio da sempre desi-derato, ecco che arriva un figlio asconvolgere ogni sua certezza.

Solo stringendo tra le braccia ilpiccolo Daniel per la prima volta,Sergio si rende conto di non avermai nemmeno immaginato lestraordinarie implicazioni della

paternità. Sopraffatto dalle emo-zioni, decide di prendere carta epenna per scrivere una lunga let-tera al figlio. Una lettera in cuipossano trovare sfogo tutte le pa-role che gli affollano la mente. Co-

sì, Sergio si mette completamentea nudo, raccontando pagine dellasua esistenza che non ha mai con-diviso con nessuno. Parla della suainfanzia in Perù, del primo amore,della passione per il mare. Svela isuoi sogni più intimi, le ambizionipiù nascoste, le speranze più se-grete.

Ma non solo. Con lucidità eonestà, rievoca le paure, gli errori,le debolezze e le lezioni imparatea caro prezzo sulla propria pelle.Rimanendo fedele allo stile sem-plice e poetico che lo ha reso cele-bre, l’autore de “Il delfino” parlaper la prima volta della meravi-gliosa esperienza che gli ha cam-biato la vita, regalandoci un mes-saggio d’amore intenso e dolcissi-mo, che va dritto al cuore.

Page 23: Le Figlie di San Giuseppe...2019/02/04  · Una copia € 2,00 – Estero: annuale ordinario € 25,00 H anno collaborato Mons. Ignazio Sanna, Madre Maria Luciana Zaru, Marco Cardinali,

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u cari lettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Madre M. Daniela

u spiritUalitÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4CRisto rivela il mistero dell’amore del Padree pienamente l’uomo a se stessoMichele Antonio Corona

u parola e celebrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6Il Sinodo sui “Giovani”Giovani per una chiesa in uscita, anche nella liturgiaDon Carlo Cani

u spiritUalitÀ Del fonDatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9Siate sobri: VigilateDon Antonio Donghi

u attUalitÀ e formazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12Capaci di cambiareper essere liberiMarco Cardinali

u arte e feDe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Le parabole di GesùMyriam Deidda

u riflettiamo sU.... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16Preghiera liturgicae pietà popolareMons. Ignazio Sanna

u Vita Dell’istitUto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19ITALIANella Pace di Dio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20I Figli di Maria. Liberi dalle catene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21Torregrande: Giornata con i benefattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Roma: Grande festa per Margherita Bordoni . . . . . . . . . . . . . . . . 24Mogoro: In viaggio nel tempo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25Pieve di Soligo: Giornata Missionaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26Ero malato e tu mi hai guarito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27Villasor: Saggio di fine anno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28Gavoi: Mostra missionaria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29Pagina dei bambini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

AFRICAGabo: Professione perpetua di Sr. Marie Corinne . . . . . . . . . . . . 32Repubblica Democratica del Congo: Professione religiosa. . . . . . 33

AMERICA LATINATutto è come un miracolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Argentina: Visita alle Comunità. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

INDIARajamattam: La Professione religiosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

u pregHiamo per... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

u riflettere e… sorriDere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42Il barilotto

u scelti per Voi... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43Libri

S O M M A R I O