le leggende, le storie e le credenze attraverso … · con l’intento di riportare alla luce tutte...
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LE LEGGENDE, LE STORIE E LE
CREDENZE ATTRAVERSO LE
TESTIMONIANZE DEGLI ANZIANI DI
QUARTU S.E.
Classe 1ª E
Prof.sse Ornella Carta e Reginella Comparetti
Anno Scolastico 2007-2008
Noi ragazzi della 1ªE, abbiamo voluto realizzare un lavoro
con l’intento di riportare alla luce tutte le storie, leggende,
fiabe e altro per poi confrontarle con quelle che studieremo
durante l’anno.
Ci hanno accompagnato in questo progetto le prof.sse
Ornella Carta e Reginella Comparetti.
Per mandare avanti questa attività, ogni venerdì pomeriggio
ci siamo incontrati a scuola per effettuare le interviste e
rielaborarle per le loro relative stesure.
Questo lavoro l’abbiamo portato a termine grazie alla
disponibilità di alcuni anziani che sono venuti a scuola ed altri
che hanno permesso di intervistarli nelle loro abitazioni.
A supporto di queste testimonianze orali abbiamo fatto un’
accurata ricerca sui pochi testi raccolti, sia nella biblioteca
comunale che da quanto fornito dalle famiglie dei ragazzi.
Questo percorso ha contribuito a confermare le nostre
considerazioni sul fatto che i contenuti dei miti e delle
leggende su Quartu si riferivano a tutto ciò che andava al di
là dell’ esperienza di ciascuno e alle realtà materiali
conosciute.
I contadini attraverso la loro fantasia sono riusciti ad
inventare nuove storie che sono state raggruppate in “contus
de forredda”, luogo centrale della cucina, oltre a essere
punto d’ incontro per tutta la famiglia rappresentava un
luogo dove si cucinava e per gli altri risultava un momento di
riposo dopo le fatiche quotidiane.
In questi momenti sia i nonni che i genitori raccontavano ai
propri figli i fatti, le leggende, le curiosità, i racconti
fantastici, spaventosi e aneddoti di quella Quartu che con il
suo patrimonio culturale solo loro potevano raccontare. Lo
scopo di ciò era quello di insegnare regole di
comportamento da tramandare di generazione in
generazione.
Invece sotto il profilo culturale far riflettere sulle
tradizioni per non perdere l’ identità del passato.
Questo modesto lavoro vuole raccogliere tutto ciò che può
considerarsi “ricordo”. Di alcuni racconti proponiamo quelli
che la memoria degli anziani ci ha concesso di ascoltare,
ancora una volta, accompagnati dalle loro emozioni.
Il racconto più temuto dai bambini e talvolta dagli adulti era:
Su Carru Gocciu… questo carro sarebbe dovuto essere
portatore di allegria, beatitudine, gioia; al contrario incuteva
terrore al paese.
Un altro racconto che però non è di origini quartese era:
Su Mazzamurreddu, uno gnomo rosso molto fortunato che
dovunque si recasse lasciava dei tesori nascosti sottoterra….
Fiebeddu o Raffaelino era un operaio del cimitero che
decideva dove andava sepolta la salma e quando riesumarla
per sistemare i resti nella fossa comune…..
La fortuna parla di un re conosciuto da tutta la comunità
come compare Crallino che ebbe una grande passione per il
denaro…..
Il Golfo degli Angeli narra della vita di questi che hanno
avuto da sempre un particolare riguardo per ciò che di bello
si trovava sulla Terra; infatti la leggenda racconta che
appena loro ricevevano il permesso di lasciare il Paradiso, gli
angeli si rifugiavano volentieri tra gli uomini per proteggerli,
ma anche per soddisfare il loro desiderio del bello…
Unu contu de Mrexiani.
Contu e gocciu de Carnevali.
Il pozzo dei ganci, era un modo per punire le persone che
hanno commesso un reato.
Prefazione
Questa è una ricerca nel passato di antiche storie che
venivano narrate ai bambini con lo scopo che questi
assumessero dei giusti atteggiamenti. Con le testimonianze
orali che siamo riusciti a farci arrivare abbiamo palesemente
notato la differenza tra l’ antico e il moderno. Da come ho
interpretato io tutto l’ intero lavoro mi è sembrato che il
fine sia far capire ai ragazzi l’ importanza della ricerca al di
là dei libri di scuola, anche perché i racconti sentiti dal vivo
hanno molto più senso di quelli acquisiti dalle pagine che si
leggono. Infatti, secondo il mio pensiero, i libri hanno già una
propria opinione dettata dallo scrittore, mentre le fiabe
che si ascoltano con l’ entusiasmo di chi le racconta,
possiedono una verità che si può capire solo ed
esclusivamente guardando gli occhi e lo sguardo della
persona alla quale si sta facendo ripercorrere tutta l’
infanzia e tutta quell’ emozione che solo quell’ età è
capace di regalare. Quindi dico che questo progetto ha una
interpretazione particolarmente soggettiva. C’è chi la
capisce, e chi al contrario comprende soltanto il fatto che è
un semplice ascolto succeduto dalla rielaborazione. A
proposito: la rielaborazione è fondamentale, perché oltre
allo scrivere i racconti si aggiunge un’ opinione propria che
poi andrà a far parte del libricino che abbiamo pensato di
scrivere per ricordarci del nostro lavoro di prima media.
Tutti i racconti fra le varie pagine avranno una successione
particolare, a partire dai più sinistri ( su carru gocciu ) e
antichi a quelli più simpatici che fanno intendere anche un po’
la stupidità della gente ( su mazzamurreddu ).
Molto probabilmente le testimonianze che ci sono giunte
sono anche troppo poche, ma ciò che interessa è che tutto
coincida e sino ad ora l’ abbiamo constatato.
Alessia Vacca
Prefazione
Ci sono filastrocche, racconti fantastici e detti popolari
in questo opuscolo effettuato intervistando persone
anziane sulle storie, raccontate loro quando erano piccoli.
Proprio perché queste storie gli venivano raccontate in
tenera età essi le esprimono come se in un racconto ci sia
la terra, la notte, il sole, le stagioni, i misteri, il mito, il
desiderio, la speranza, l’augurio, la magia, l’esorcismo……
Sarebbe stato troppo semplice andare su internet e fare
copia e incolla, proprio per questo, noi, un gruppo di
alunni della classe prima E guidati dalle Professoresse:
Reginella Comparetti e Ornella Carta, ci siamo rimboccati
le maniche e abbiamo cercato delle persone che hanno
sempre abitato a Quartu, disponibili da intervistare.
Quartu è la terza città della Sardegna e per questo ha
dovuto subire dei grandi cambiamenti. Molte persone di
altri paesi o città si sono trasferiti qui e per tanto è
difficile trovare dei veri quartesi. Prima, quando Quartu
contava meno abitanti, gli anziani sostituivano la
biblioteca, il vocabolario, la televisione e il libro di
avventure, comico o horror.
I racconti degli anziani potevano avere scopi diversi;
essi non raccontavano le storie per fermarle nel tempo
bensì per tramandare le loro emozioni di un tempo ai
nipoti, ai figli e così via, tanto che ora ci sono dei
racconti con più di cento anni di vita.
Serena Utzeri
Alla signora Rosalba quando era piccola le raccontavano le
“Storie di paura”. Di solito i genitori o i nonni narravano
durante il pomeriggio o dopo pranzo con lo scopo di far
comportare bene i bambini. Adesso racconteremo le storie
che signora Rosalba ci ha fatto conoscere:
� Su Carru Gocciu
La sera i bambini e gli adulti ingenui dovevano stare attenti
ai rumori che si sentivano la notte quando passava su Carru
Gocciu.
I bambini domandavano ai genitori cosa trasportava questo
carro; i genitori rispondevano che trasportava “is animasa
malla”di chi era morto e si era comportato male.
Però i bambini chiedevano il nome dei morti e i genitori
rispondevano con il nome di un defunto e antipatico vicino di
casa. Tutti si nascondevano quando sentivano dei
rumori,perché questo carro era temuto da grandi e piccini.
Questa storia è un misto tra fantasia e realtà, infatti le
persone che guidavano questi carri erano i cosiddetti ”ladri
di polli” che avevano ideato il carro dopo aver messo in
circolazione questa storia in modo che tutte le notti la gente
rimanesse chiusa in casa.
� Su Mazzamurreddu
“Su Mazzamurreddu” era uno gnomo tendente al rosso che
quando appariva si diceva che nelle vicinanze si nascondeva
un tesoro, e questa è la sua storia, raccontataci dalla sig.ra
Rosalba.
Un ragazzo di quindici anni ogni mattina presto si recava a
Cagliari per lavorare.
Ad un tratto della strada incominciò ad udire degli stani
suoni e per sfuggirli si accostò ad un portone pregando di
non incontrarlo. Invece se lo ritrovò di fronte: era un
omuncolo che appena superava il metro d’altezza ed
indossava un cappottino da soldato che nascondeva piedi e
mani.
Il suo viso era nascosto da un grosso e nero fazzoletto.
Sulla sua spalla destra si era caricato un enorme tronco della
lunghezza di almeno quattro metri, e la cosa più strana era
che, pur non tenendolo, esso non toccava il suolo.
Improvvisamente non lo vidi più e cominciai a pensare che il
buio lo avesse inghiottito.
Nella casa dove lo gnomo era entrato non ci abitava nessuno,
eppure di notte gli capitava spesso di sentire dei rumori di
piatti, gente che urlava e che si muoveva e genericamente un
gran chiasso.
� I falsi guaritori
C’erano questi falsi guaritori di malattie che in cambio della
guarigione chiedevano di fargli la spesa.
La signora dopo aver fatto la spesa alla “Guaritrice”,
ricevette un pacco anonimo e la guaritrice gli disse che
doveva buttarlo nell’acqua del mare e dopo non si doveva
girare, e così la malattia si sarebbe sciolta. La signora però
non seppe resistere. Quando si girò vide il resto della spesa
e capì l’imbroglio.
Andrea Soddu e Zanata Alessia
I sigg.ri Palmerio Delogu e Ignazia Curreli, nati nel 1935,
sono venuti nella nostra scuola e ci hanno raccontato delle
storie di quando erano ragazzi.
Il sig. ha iniziato raccontando che quando era ragazzo come
noi, non andava a scuola ma, aiutava a lavorare in casa perché
la famiglia era numerosa. Si svegliava alle quattro del mattino
con la mamma per fare il pane (che aveva una lunga
lievitazione), puliva il cortile (sa lolla), andava in campagna col
padre, e aiutava i genitori a gestire la famiglia perché era il
figlio maggiore.
Poi ha continuato con le storie di Quartu.
Alliccheddu Mrexani
Alliccheddu Mrexani era un barbone che viveva in un
cimitero.
Un giorno decise di fare uno scherzo al guardiano: questi
stava contando le fosse vuote e Alliccheddu, che stava
riposando in una fossa, disse al guardiano di non contarla
perché ci stava riposando lui; il guardiano si spaventò e
scappò via, credendo che fosse uno spirito resuscitato.
Andò a raccontarlo a tutta la gente che rimase alla larga dal
cimitero proprio per paura di vedere gli spiriti.
Sa funtana deis aggangius
Candu femu picciocheddu intendemu sempri chi a Quartu
esistiat sa funtana de is Aggancius. Custa funtana fiat un
modu po bociri una persona cundannada a mortu. Custa
funtana fiat in prazza de is Argiolos propio in su puntu
atundi ai c’est una gruxi fatta in perda de gromitiu.
Candu si cundannada una morti si nai gettat aintru de gusta
funta pressa de gancius de lerre e cusse paberu cristianu
non arribat mai a su lundu eassendi unarrogu de pessa in
dognia gonciu.
Nanta chi is trerrius de cussa pober anima is intessessi a
una chilometru de distanza. Lassura chini liggita fai is
proprios meditasionis.
Traduzione dal sardo all’italiano
Quando ero un ragazzino sentivo sempre dire che a Quartu
c’era il pozzo dei ganci; questo pozzo serviva per uccidere i
condannati a morte ed era situato in piazza Argiolas proprio
dove c’è la croce costruita in pietra.
Praticamente quando uno veniva condannato a morte lo si
buttava nel pozzo, però non arrivava mai intero sul fondo
perché ogni gancio si prendeva un pezzo del corpo.
Si diceva che le grida dei condannati si sentivano a
chilometri di distanza.
Su carru Gocciu (il carro della paura)
Si narrava che su carru gocciu fosse il carro in cui,
dovessero esserci le anime dei morti cattivi, ma queste
erano solo storie per prendere in giro la gente ed erano
molti quelli che ci credevano. Erano uomini che andavano in
giro vestiti di bianco sul carro facendo finta di essere
fantasmi e la gente spaventata si ritirava in casa; lo scopo di
queste persone era quello di spaventare i bambini.
Serena Utzeri
Il 29 Febbraio abbiamo intervistato il sig. Longoni, che ai
nostri occhi si è presentato come un uomo molto saggio.
A primo impatto ci è parso una persona molto elegante.
Vestiva i tipici abiti Sardi in velluto; sotto indossava una
camicia bianca pieghettata con uno stretto girocollo.
Appena ha incominciato a raccontare le sue esperienze, il suo
sguardo ha coinvolto tutti.
Da piccolo non amava frequentare la scuola, ma quando
divenne ragazzino e non sapeva neanche firmare, prese a
seguire la scuola serale e quando raggiunse un’età maggiore
diventò bidello, molto amato dai bambini perché quando
erano malinconici, a tirare loro su il morale erano o
barzellette o canzoncine del sig. Longoni.
Data questa vicinanza con i bambini, noi lo sentivamo come un
nonno adottivo che era entusiasta di parlare con noi delle
sue esperienze.
E comincia a raccontare…
Quando andavo a scuola ed ero molto cattivo, nei momenti in
cui la maestra andava a prendere il caffè, ci lasciava soli in
classe; allora noi giocavamo creando molta confusione, e al
suo rientro diceva:<< Cos’è questo caos?>> E i primi ad essere
puniti eravamo io e mio fratello.
Io e la mia famiglia vivevamo in una zona chiamata “Funtani
Ortusu”.
Quando a scuola venivo punito con mio fratello per il
comportamento, ci allontanavano, allora andavamo al
convento perché passava nostro padre con i cavalli che
portavano la sabbia a Cagliari.
Al ritorno dal lavoro gli dicevamo che
anche quel giorno la maestra ci aveva
mandati via.
Dopo diversi anni, ho scritto una
canzone perché sono compositore e
suonatore di launeddas, infatti ho
lavorato per quindici anni alla radio.
Arrivato alle medie non volevo più andare a scuola e questo
non mi ha permesso di prendere la licenza media.
Da grande, sono entrato a lavorare al comune di Cagliari
come netturbino, ho fatto pure lo spazzino e ancora prima ho
lavorato in fonderia.
Ho avuto la fortuna di conoscere un giudice che mi ha
offerto un posto come guardia municipale. Io ho risposto :
<<La ringrazio sig. giudice ma i miei studi non sono
sufficienti, quindi non mi faccia fare la guardia municipale,
mi metta in una scuola così se piove o non piove almeno sono
al coperto>>.
Così mi ha inserito nella scuola a fare il bidello.
I ragazzini pregavano che mancasse l’insegnante, così prima
di arrivare il supplente mi dicevano: <<Sig. Longoni vada a
controllare questa classe! >>.
Ed io raccontavo loro storie che facevano ridere e spesso
suonavo anche il flauto.
Noi incuriositi abbiamo chiesto al Sig. Longoni se avesse mai
sentito parlare di “Su carru gocciu”,“ Su mazzamureddu”,
“Fiebeddu” e “I falsi guaritori”
Lui ha iniziato a raccontare:
Su carru gocciu: narra di alcuni ladri che spaventavano le
persone per poter entrare nelle case e rubare tutto ciò che
trovavano. Io li ho pure visti mentre rubavano in casa della
loro comare però hanno fatto una brutta fine.
Su carru gocciu era un carro, che trascinava delle catene o
delle latte con le ruote, trasportava dei sacchi e uomini
coperti da un lenzuolo bianco per spaventare la gente.
A quei tempi Quartu era scarsamente illuminata, c’erano solo
alcune lampadine, ma troppo distanti l’una dall’altra, così la
gente aveva paura.
Dopo il suono dell’Ave Maria, le persone andavano a dormire.
Anche nelle case non c’era illuminazione, ma solo qualche
candela.
A volte usavano una specie di lume ad olio per poter cenare e
cosi mettersi un po’ davanti al caminetto.
Queste storie venivano raccontate quando io ero piccolino:
me le raccontava mio nonno dopo cena, dato che abitava a
fianco casa mia.
Quando si rientrava se non si salutava, ci facevano tornare in
dietro in strada dicendo:<<Fuori, asini in casa non ne
vogliamo!>>
Io ho conosciuto un ladro che aveva una comare, proprietaria
di un negozio di generi alimentari.
Un bel giorno, questo ladro fece un buco nel soffitto, ed
entrò, indisturbato, nel negozio portando via tutto quello che
c’era dentro. Tutto ciò che rubò lo nascose dentro un
armadio, tanto grande che un uomo poteva anche entrarci
dentro per lavarlo.
Per strada la gente urlando diceva: <<Hanno rubato in casa
del “Tale”…..>>. Il ladro allora andò a casa della comare e le
chiese conferma di quanto avesse sentito.
<<Sì, sì, mi hanno svuotato il negozio>> dice la comare.
<<E da dove sono entrati i ladri?>>.
<<Lo vedi, hanno fatto un buco qui nelle tegole!!>>.
Imprecando contro i ladri.
Da giovane, un bel giorno
pulendo i cavalli, spalando
il fango e lavorando in
campagna con un principale
molto tirchio, finivo
sempre col lavorare anche
la notte.
La domenica lavoravo mezza giornata a spazzare il cortile e
la strada; il principale mi dava la paghetta solo verso l’una,
quando i negozi erano chiusi e non potevo comprare quanto
mia madre mi aveva ordinato.
Anche mio padre era nella mia stessa situazione. Allora non
ci sono più andato: però andavo in campagna a scacciare gli
uccelli dai raccolti e a volte a seminare piselli.
Nel terreno c’era una casetta fatta di canne ed io prendevo
un barattolo per fare rumore. Dovevo essere lì prima che
sorgesse il sole, perché gli uccelli
divoravano i frutti del raccolto e io dovevo impedirglielo.
Questo lavoro l’ho fatto per circa tre anni, quando ero
ragazzo.
Quando non ero impegnato a mandare via gli uccelli,
aiutavo mio padre a pulire la vigna.
e lui ogni tanto mi chiamava e mi insegnava come fare. E mi
chiedeva: <<Quale lasceresti di tralcio per far crescere
l’uva?>> E io: <<Questo?>> e mio padre: <<No! Questo tralcio
non da uva, ma solo foglie!>>.
Così mi ha insegnato a riconoscere i tralci che potevano dare
frutti e come potarli: insomma mi ha insegnato a lavorare la
terra da quando ero ragazzino.
Però, quando sono diventato più grande non volevo più
lavorare in campagna perché si guadagnava poco.
Figuratevi che per scacciare gli uccelli mi davano due lire e
cinquanta centesimi la settimana.
“Su mazzamurreddu”
Era colui che saliva sul “carru gocciu”.
Ora le chiamano “is animeddas”, ma anticamente era detto mazzamurreddu. Dicevano: <<Stanno riuscendo le anime dei morti!>>.
Si dice che tutti abbiamo un’anima, ma chissà se questa
rivivrà.
IL GIOVANE PERSEGUITATO
La gente aveva paura quando sentiva i rumori delle catene e
diceva: <<Stanno uscendo le anime cattive!>>.
Si diceva che le anime buone non vanno in giro, perché queste
venivano accolte in Paradiso, al contrario di quelle che
circolavano .
Quindi si aveva paura!
Anch’io ho avuto paura!
Quando ero ragazzino, un giorno rientrai a casa verso l’una di
notte, perché mi piaceva divertirmi e andare a cantare, così
rientravo tardi.
Mio padre si arrabbiava per questo e sgridava me e anche gli
altri due miei fratelli, perché eravamo tre maschi e due
femmine.
Al nostro rientro, ci aspettava anche con un bel bastone.
Ma c’era una finestra che dava sulla strada e mia sorella che
sembrava un gigante, quando vedeva mio padre che ci
aspettava all’ ingresso (su procciu), si affacciava e ci aiutava
ad entrare. Poi mi diceva di andare a letto.
Intanto mio padre brontolava: <<Furfanti, ancora non sono
rientrati!>>.
E noi: <<Papà, dovete dormire! Noi siamo a letto da tanto!>>.
All’angolo di via Pola, a Quartu, la strada che porta a
Sant’Efisio c’è un tabacchino. Una notte rientrando verso
l’una, ho visto un cane proprio al centro della strada; non
l’avevo mai visto prima nella zona, sembrava un asino!
All’epoca le strade erano pavimentate con ciottoli, ne prendo
una e tento di scacciarlo!
Questo cane enorme non si spostava e non aveva paura di me.
Così gli sono passato a fianco, facendo scivolare la pietra
piano piano perché il cane non se ne accorgesse ma, ad un
certo punto, si è messo ad abbaiare.
Sono arrivato di corsa a casa e per la fretta e la paura non
trovavo il buco della serratura! Avevo timore perché la gente
diceva che le anime cattive assumessero l’aspetto di qualsiasi
cosa.
Da grande, un giorno mi trovai dal meccanico per aggiustare
la mia Guzzi (famosa marca di motociclette d’epoca), quando
arrivò un signore che mi chiese di aggiustargli la bicicletta;
gli serviva perché il padre era molto malato e lui doveva
andare a dar da mangiare al bestiame che aveva a Flumini, in
una loro casa. Conoscevo sia il padre che il figlio e con lui più
tardi ho fatto il carrettiere. Gli dissi: <<Adesso vado ad
ascoltare i cantanti sardi della festa di Sant’Elena, perché
mi piacciono molto sin da piccolo>>.
All’età di cinque anni ho composto un canto per tutto il
vicinato un motivo per ogni persona che conoscevo.
Adesso vi racconto una preghiera, che se detta con il cuore
vi preserverà dal male.
Anche oggi l’ho recitata, ogni mattina. Sembra come se
qualcuno mi svegliasse alle sei del mattino proprio perché è
ora della preghiera!
E la recito, pregando tutti i Santi del mondo:
“Il padre nostro”, “ Ave Maria”, “Il Credo”, tutte queste
preghiere……ma in più mia suocera me ne insegnò una nuova,
anche perché mio suocero era sacrestano, visto che era pure
malato. E mia suocera mi diceva “ascolta figlio mio questa
preghiera me l’ha insegnata mio nonna, e tu recitandola non
avrai mai danno! “
Preghiera
Io vado con Dio e con la Vergine Maria
e il mantello di Maria mi copra
ne morto, ne catturato, ne ferito
passando nella porta di San Liberato
non sia né morto, né ferito, né catturato.
Si ripete tre volte con il segno di croce.
Mia moglie mi ha detto un giorno: <<Giovanni perché non fai
un forno?>>
Per cuocere il pane, per fare “is piricchittus” (dolce tipico
sardo). Ed io: << Eh cara moglie, io sono un bidello e forni non
ne so costruire!>> E mia moglie: <<Su via, dai che sei
ingegnoso!>>.
GOCCIUS “il forno”( tradotta)
Mi son messo a costruire un forno
e ne è venuta fuori una galleria
con gran piacere di mia moglie
che quasi impazziva.
Vado subito a chiedere a qualcuno
se ha della legna.
Mia moglie si rimbocca subito le maniche
ed inizia ad impastare.
A chi vuole a fargli il forno venga a casa a chiamarmi! Venga a casa a chiamarmi!
Quando stavo costruendo il forno
sembrava stessi armando un ponte,
l’ho fatto a forma di monte,
non è ne quadrato ne tondo,
io stesso mi confondo
quando mi metto ad osservarlo.
A chi vuole a fargli il forno venga a casa a chiamarmi! Venga a casa a chiamarmi! Porta la calce Antonio
che il forno è quasi finito
entra dentro figlio mio
che papà fa la cupola.
Per toglier fuori il ragazzino
Non sapevo come fare
A chi vuole a fargli il forno venga a casa a chiamarmi! Venga a casa a chiamarmi!
Vai e compra il forcone
che ti faccio l’attizzatoio,
non voglio che gli prenda il malocchio
chiudi il portone,
che son maestro di professione
di questo posso vantarmi.
A chi vuole a fargli il forno venga a casa a chiamarmi! Venga a casa a chiamarmi!
Con il piombo ed il livello
sembravo maestro Bertoldo.
Non mi è uscito bello bello
ma già cuoce “su pizzicorru”(parte del coccoetto,tipico pane
sardo).
Non lasciatemi in un angolino
ma datemi lavoro da fare.
A chi vuole a fargli il forno venga a casa a chiamarmi! Venga a casa a chiamarmi!
A questo punto il signor. Longoni suona le launeddas.
Il signor. Longoni ha composto “is goccius”per Sant’ Efisio,
per la comara a cui piaceva il caffè, la canzone de “su
calandironi” (uccello).
Tornando all’argomento di come venivano guarite le malattie.
“is gutturronis” mal di gola, sono sette, da sette passano a
sei e così via.
Il malocchio: mettono il grano nell’acqua e recitano una
preghiera.
Questa preghiera non la conosco ma possiedo un libro su cui
è stampata, il libro s’intitola: ”CITTA’ DI QUARTU”.
Questa intervista è stata esposta dal Signor Longoni in
lingua sarda ed è stata tradotta integralmente da
Micaela Zaccheddu.
Uno dei punti deboli del nostro progetto è stato il disordine
nella rielaborazione dei testi,dovuto alla poca organizzazione
dei compagni (per esempio, si pensava di aver fatto certi
lavori, ma poi non li abbiamo più ritrovati).
Un altro punto di debolezza è stato anche un po’ la scarsa
disponibilità da parte di alcuni compagni e infine la nostra
poca volontà, anche se alcuni si sono impegnati.
Uno dei punti di forza è stato la disponibilità degli anziani e
la loro pazienza nei nostri confronti. Ci hanno raccontato
molte storie e noi dobbiamo dedicare loro questo progetto,
perché senza testimonianze non avremmo portato a termine
l’attività.
Un ringraziamento alle nostre insegnanti Ornella Carta e
Reginella Comparetti, che si sono applicate con impegno nella
realizzazione del progetto.
Un ringraziamento speciale per alcuni alunni e alunne che
nonostante le difficoltà dovute agli impegni hanno concluso
il progetto.
E infine l’ultimo punto di forza, che forse è il più importante,
è stato il rapporto d’amicizia che si è creato tra ragazzi e
insegnanti.
Ed ora le nostre impressioni: noi siamo convinti che i punti
deboli, col tempo, potranno diventare punti di forza.
Per esempio, dal disordine all’ordine, e così via, speriamo che
si realizzino altri punti di forza in futuro.
Nel complesso ci sembra un progetto ideato in modo che il
contributo di ognuno risulti nel progetto. Il lavoro è stato
svolto soprattutto di pomeriggio, nonostante i vari obblighi
che non sempre hanno reso possibile l’attività.
MARTINA & RICCARDO