le teorie organizzative - università degli studi di enna ... · (cio la storia del pensiero...
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Le teorie organizzative1
n Passaggio dal modello di produzione ed organizzazione del lavoro fordista al modello post-fordista attraverso:
n 1800: produzione per piccoli lotti e artigianale
n 1920 - 1950: produzione per grandi serie
n 1950: produzione di grandi serie per piccoli lotti
n 2000: produzione di qualità
L’evoluzione nell’organizzazione del lavoro
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Come - Quando - Perchési spiegano e si prevedono
COMPORTAMENTI ORGANIZZATIVI
Le teorie organizzative: gli obiettivi
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Non tutte Non la loro evoluzione (cioè la storia del pensiero organizzativo)
Ma alcuni punti o teorie significative: n Dal punto di vista storico n Dal punto di vista teorico n Dal punto di vista delle ricadute progettuali e/o
d’intervento
Le teorie organizzative: quali teorie studiamo?
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n Le teorie classiche n Le teorie contingenti n Le teorie dell’azione organizzativa n Le teorie motivazionali
Le teorie studiate:
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Le teorie classiche
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n Organizzazione scientifica del lavoro (OSL) (Taylor)
n La teoria della direzione amministrativa (TDA) (Fayol, Gulick, Urwick)
n La teoria burocratica (Weber) I punti in comune: n Il ricorso alla scienza n La ricerca di soluzioni ottime e universali n L’assoluta priorità degli aspetti formali n La metafora della macchina
Le teorie classiche
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n L’OSL come completa rivoluzione mentale (il progetto sociale)
n L’OSL come insieme di principi n L’OSL come insieme di meccanismi n L’OSL come base per la produzione di
massa
L’organizzazione scienti9ica del lavoro: Taylor
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n Preoccuparsi non della divisione del surplus del suo aumento
n Sostituire alle opinioni, alla conoscenza individuale e alle regole empiriche la conoscenza scientifica
1. L’OSL come completa rivoluzione mentale
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Sviluppo della scienza n I metodi lavorativi n Le cause che esercitano influenza sulle persone
Selezione e addestramento scientifico dei lavoratori e del loro sviluppo. Mettere insieme scienza e lavoratori. Intima e costante collaborazione tra direzione lavoratori.
2.1 L’OSL come insieme di principi
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I principi sono configurabili dei seguenti slogan:
n One best way: la via ottimale per raggiungere l’utilizzo efficiente del lavoratore per una produzione efficiente dell’impresa.
n The right man to the right place: l’uomo giusto al posto giusto, enfatizzando le attitudini all’espletamento di particolari mansioni.
n Differential rates: l’applicazione di tariffe differenziali del salario rispetto alla efficace realizzazione del compito assegnato all’addetto (strumento, in altre parole, attraverso il quale si applicava per la prima volta la logica del cottimo individuale attraverso la corresponsione di un bonus, in luogo del cottimo di squadra, spesso fonte di inefficienza).
2.2 L’OSL come insieme di principi
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n Sono la dimensione più tecnica e operativa dell’OSL.
n Studio scientifico dei metodi lavorativi.
n Utilizzo del cronometro.
n Task management: separazione tra progettazione ed esecuzione.
n Diversa divisione del lavoro tra direzione e lavoratori.
n Struttura funzionale.
n Principio di eccezione; razionalizzazione del lavoro attraverso l’eliminazione dei tempi morti e superflui.
3. L’OSL come insieme di meccanismi
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Struttura gerarchica semplice
4.1 Struttura funzionale
Direttore Generale
Direzione
Direzione
Direzione
Direzione
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Struttura funzionale semplice
4.1 Struttura funzionale
Direttore Generale
Direzione progettazione (Funzione)
Direzione produzione (Funzione)
Direzione acquisti
(Funzione)
Direzione vendite
(Funzione)
Unità14
Struttura gerarchico-funzionale
4.3 Struttura funzionale
Direttore Generale
Direzione personale
(Staff)
Direzione contabilità
(Staff)
Direzione produzione (Funzione)
Direzione vendite
(Funzione)
Direzione moto Direzione rete commerciale
Direzione autoveicoli
Direzione assistenza vendita
Meccanica ed applicazioni
Sviluppo prodotti
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Applicazioni vs. idee
n Parcellizzazione n Carenze motivazionali n Assenza della dimensione sociale n Sfruttamento n Antisindacalismo
Applicabilità del metodo scientifico
5. L’organizzazione scienti9ica del lavoro: le critiche
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Le teorie contingenti
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n Il riferimento alla teoria dei sistemi n L’affermazione che l’organizzazione deve adattarsi
alle caratteristiche della situazione
Le teorie contingenti: le caratteristiche principali
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n Ludwig von Bertalanffy - Quasi tutto il lavoro teorico ed empirico sulle organizzazioni complesse parte dall’assunto che queste costituiscono un sistema chiuso e i loro elementi devono essere considerati delle costanti. Il sistema aperto ci ricorda invece che tali elementi non sono ne costanti ne garantiti.
(Katz & Kahn, 1966)
La teoria dei sistemi aperti (I)
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L’organizzazione, secondo la prospettiva sistemica, è la modalità secondo la quale gli organismi viventi formano un complesso unitario composto da diversi organi (sottosistemi) tra loro interagenti. Inoltre, le organizzazioni, sono a loro volta, sottosistemi di un sistema più grande che è il sistema sociale.
La teoria dei sistemi aperti (II)
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Homans, (1950) aveva individuato in ogni sistema sociale, un sistema esterno (attività interazioni, strumenti) e un sistema interno (atteggiamenti, norme) che si caratterizzano per un rapporto di dipendenza reciproca e di dipendenza tra loro e l’ambiente. Il rapporto di interdipendenza con l’ambiente consente all’organizzazione la sopravvivenza.
La teoria dei sistemi aperti (III)
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n Apertura all’ambiente: dinamica imput/output
n Entropia / entropia negativa:
n Omeostasi:
n Correlazione tra struttura e funzione
n Differenziazione e Integrazione funzionale
n Equifinalità: primary task (tutti i sottosistemi hanno un medesimo obiettivo; contribuire alla realizzazione dell’obiettivo generale dell’organizzazione)
Le teorie contingenti: le caratteristiche dei sistemi
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Un metodo di evidenziare i sottosistemi di cui si compongono le organizzazioni è quello di individuarli in base alle funzioni che essi svolgono all’interno di queste.
Le organizzazioni come sistemi socio-‐tecnici (I)
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Secondo Trist (1951), le organi sono individuabili in base ad un intreccio di variabili tecnologiche (impianti, informazioni, processi di lavorazione) e variabili sociali (relazioni tra gli individui). Esse definiscono due sottosistemi tecnologico e sociale. Si tiene un’organizzazione efficiente ricercando la combinazione ottimale tra i due sottosistemi: l’equilibrio non può essere mantenuto se, intervenuta una modifica su uno dei due, non sia anche un adeguamento dell’altro.
Le organizzazioni come sistemi socio tecnici (II)
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Le teorie contingenti: la dinamica sistemica
Relazioni con l’esterno
Compiti Tecnologia
Obiettivi
Relazioni umaneStruttura
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Le teorie contingenti
Il tipo di fattore contingente
AmbienteTecnologia
Strategia
Dimensione
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Divisione del lavoro micro
Divisione del lavoro macro
Coordinamento
Formalizzazione
Responsabilità
Accentramento
Stile di direzione
Controllo
Comunicazioni
Base della gerarchia
Cultura
Ambiente: il sistema meccanico e organico di (Burns e Stalker)
Alta
Input
Gerarchia
Alta
Particolari
Alto
Autoritario
Gerarchico
Verticali/ordini
Posizione
Obbedienza/lealtà
Bassa
Output
Mutuo aggiustamento
Bassa
Globali
Basso
Partecipativo
Sociale/obiettivi condivisi
Orizzontali/istruzioni
Competenza/informazione
Obiettivi aziendali e sviluppo
Sistema organicoSistema meccanico
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La dinamica sistemica: l’adattamento alle contingenze
Situazione OrganizzazioneAlta
Performance Bassa
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n Il riduzionismo nello studio delle relazioni fra contesto e organizzazione
n La scarsa attenzione ai processi di cambiamento per realizzare l’adattamento
n La passività della relazione fra contesto e organizzazione
Le teorie contingenti: le critiche
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Argyrs, 1971; Beckard, 1969; Bennis, 1969; Shein, 1965; French 1973. L’ O.D. è una risposta al mutamento, una strategia di base molto complessa che ha come scopo il mutamento delle condizioni, degli atteggiamenti, dei valori delle strutture organizzative così che esse possono meglio adattarsi alle nuove tecnologie, nuovi mercati, alle nuove sfide...” “... O.D. è il nome che viene dato alle azioni di mutamento pianificato al livello di sistema totale (Bennis, 1969).”
L’organizatio development
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Le radici dell’O.D. sono ravvisabili in quelle formulazioni teoriche, che tentano di risolvere il problema del l ’ integrazione tra individuo e organizzazione.
(Maslow, 1954; Mc Gregor, 1960; Likert, 1961)
L’organizatio development
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Frech & Bell (1973) “.. L’O.D. è un intervento a vasto raggio per migliorare i processi di soluzione dei problemi e di rinnovamento di un’organizzazione, specialmente attraverso il controllo più efficace e collaborativo, della cultura dell’organizzazione e impiego delle teorie delle tecniche delle scienze applicate .”
L’organizatio development
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n Miglioramento dei rapporti interpersonali.
n Riduzione della tensione nei gruppi di lavoro.
n Sviluppo di nuove tecniche di risoluzione dei conflitti.
n Leadership partecipativa.
Obiettivi dell’O.D.
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n Capacità di comunicazione delle informazioni.
n Flessibilità e creatività decisionale.
n Impegno e adesione nei confronti degli obiettivi aziendali.
n Clima di sostegno e sicurezza.
n In sintesi una combinazione più efficace di caratteristiche organiche e meccaniche, i bisogni della persona e scopi dell’organizzazione. (Schein, 1965)
Condizioni da sviluppare
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n Diagnosi - raccolta e analisi dati.
n Azione - attività strutturate finalizzate al raggiungimento d i o b i e t t i v i f u n z i o n a l i e a l m i g l i o r a m e n t o dell’organizzazione.
n Mantenimento - valutazione dei risultati, feedback continuo per la verifica della validità e dei procedimenti adottati. (French & Bell, 1973)
n Questi passaggi sono quelli che sintetizzano il modello dell’Action Research.
Componenti fondamentali di un programma di sviluppo organizzativo
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Pianificazione azioni
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Feedback con il cliente
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Raccolta dati e diagnosi
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Consultazione con esperti
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Pianificazione del problema
Il modello dell’Action Research (French, 1969)
Azione (nuovo comp.)
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Pianificazione azione
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Discussione
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Feedback al gruppo cliente
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Raccolta dati
Azione
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Pianificazione azione
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Discussione
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Feedback
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Raccolta dati
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