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LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI TRASFUSIONE DI SANGUE E SUOI DERIVATI (dal 1990 al 2001) Legge 4 Maggio 1990 n.º107 "Disciplina per le Attività Trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.º 108 del 11 maggio 1990) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga La seguente legge: Art. 1 1. In attuazione dell'articolo 4, primo comma, n. 6), e dell'articolo 6, primo comma, lettera c), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la raccolta, il frazionamento con mezzi fisici semplici, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti sono regolati dalla presente legge. 2. Le attività di cui al Comma 1 sono parte integrante del Servizio sanitario nazionale e si fondano sulla donazione volontaria periodica e gratuita del sangue umano e dei suoi componenti. 3. È consentito, rispettando le norme indicate per l'emaferesi, il prelievo di cellule staminali, midollari e periferiche, a scopo di infusione per l'allotrapianto l'autotrapianto nello stesso soggetto o in soggetto diverso. 4. Il sangue umano ed i suoi derivati non sono fonte di profitto; la loro distribuzione al ricevente è comunque gratuita ed esclude addebiti accessori ed oneri fiscali. 5. I costi di raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano e dei suoi derivati sono a carico del Fondo sanitario nazionale. 6. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, previa consultazione della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale di cui all'articolo 12, sentito il Consiglio sanitario nazionale, stabilisce annualmente il prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale. 7. In ciascuna regione e istituito, secondo le indicazioni fissate con decreto del Ministro della sanità, il registro del sangue. I servizi di immunoematologia e trasfusione che svolgono le funzioni di centro regionale di coordinamento e compensazione ai sensi dell'articolo 8, comma 3, trasmettono al Ministero della sanità i dati relativi alla loro attività. 8. La partecipazione di associazioni e federazioni di donatori volontari di sangue aventi le finalità di cui all'articolo 2, comma 2, alle attività trasfusionali, organizzate ai sensi dell'articolo 4, è regolata da apposite convenzioni regionali adottate in conformità allo schema tipo definito con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Commissione di cui all'articolo 12. 9. Qualora, trascorsi sei mesi dal termine fissato nello schema tipo, i competenti organi regionali non abbiano proceduto alla stipulazione delle convenzioni di cui al comma 8 del presente articolo, si provvede ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 23 ottobre 1985, n. 595. Art. 2

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Page 1: Legislazione italiana ed europea in materia di trasfusioni… · sulla donazione volontaria periodica e gratuita del sangue umano e dei suoi componenti. 3. È consentito, rispettando

LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI TRASFUSIONE DI SANGUE E SUOI DERIVATI

(dal 1990 al 2001)

Legge 4 Maggio 1990 n.º107

"Disciplina per le Attività Trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.º 108 del 11 maggio 1990) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga

La seguente legge: Art. 1

1. In attuazione dell'articolo 4, primo comma, n. 6), e dell'articolo 6, primo comma, lettera c), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la raccolta, il frazionamento con mezzi fisici semplici, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti sono regolati dalla presente legge. 2. Le attività di cui al Comma 1 sono parte integrante del Servizio sanitario nazionale e si fondano sulla donazione volontaria periodica e gratuita del sangue umano e dei suoi componenti. 3. È consentito, rispettando le norme indicate per l'emaferesi, il prelievo di cellule staminali, midollari e periferiche, a scopo di infusione per l'allotrapianto l'autotrapianto nello stesso soggetto o in soggetto diverso. 4. Il sangue umano ed i suoi derivati non sono fonte di profitto; la loro distribuzione al ricevente è comunque gratuita ed esclude addebiti accessori ed oneri fiscali. 5. I costi di raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano e dei suoi derivati sono a carico del Fondo sanitario nazionale. 6. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, previa consultazione della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale di cui all'articolo 12, sentito il Consiglio sanitario nazionale, stabilisce annualmente il prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale. 7. In ciascuna regione e istituito, secondo le indicazioni fissate con decreto del Ministro della sanità, il registro del sangue. I servizi di immunoematologia e trasfusione che svolgono le funzioni di centro regionale di coordinamento e compensazione ai sensi dell'articolo 8, comma 3, trasmettono al Ministero della sanità i dati relativi alla loro attività. 8. La partecipazione di associazioni e federazioni di donatori volontari di sangue aventi le finalità di cui all'articolo 2, comma 2, alle attività trasfusionali, organizzate ai sensi dell'articolo 4, è regolata da apposite convenzioni regionali adottate in conformità allo schema tipo definito con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Commissione di cui all'articolo 12. 9. Qualora, trascorsi sei mesi dal termine fissato nello schema tipo, i competenti organi regionali non abbiano proceduto alla stipulazione delle convenzioni di cui al comma 8 del presente articolo, si provvede ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 23 ottobre 1985, n. 595.

Art. 2

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1. In attuazione dell'articolo 1, quinto comma, e dell'articolo 45 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono riconosciuti la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria e gratuita del sangue o dei suoi componenti. 2. Le associazioni dei donatori volontari di sangue e le relative federazioni concorrono ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale concernenti la promozione e lo sviluppo della donazione di sangue e la tutela dei donatori. 3. Rientrano tra le associazioni c le federazioni di cui al comma 2 quelle il cui statuto corrisponde alle finalità della presente legge, secondo le indicazioni fissate dal Ministro della sanità con proprio decreto, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. Le associazioni e le federazioni di donatori volontari devono comunicare alle strutture trasfusionali donatori iscritti. 5. I servizi di immunoematologia e trasfusione, i centri trasfusionali e le unità di raccolta sono obbligati alla tenuta e all'aggiornamento degli schedari dei donatori periodici ed occasionali.

Art.3 1. Per donazione di sangue e di emocomponenti si intende l'offerta gratuita di sangue intero o plasma, o piastrine, o leucociti, previo il consenso informato e la verifica della idoneità fisica del donatore. Il donatore può consentire ad essere sottoposto indifferentemente ai diversi tipi di donazione, sulla base delle esigenze trasfusionali ed organizzative. 2. Le caratteristiche e le modalità delle donazioni indicate dal comma 1 sono definite con decreto del Ministro della sanità, sentita la Commissione di cui all'articolo 12. 3. Il prelievo di sangue intero o plasma viene eseguito su persone consenzienti di età non inferiore a diciotto anni. Il prelievo di piastrine e leucociti mediante emaferesi ed i prelievi di cui all'articolo 1, comma 3, possono essere eseguiti anche su soggetti di età inferiore a diciotto anni, previo il consenso degli esercenti la potestà dei genitori, o del tutore o del giudice tutelare. 4. L'accertamento della idoneità del donatore viene eseguito da un medico, previa esecuzione di visita medica completa di anamnesi, esame obiettivo ed accertamenti laboratoristici, secondo i protocolli emanati con decreto del Ministro della sanità, sentita la Commissione di cui all'articolo 12. 5. Il prelievo di sangue intero è eseguito da un medico, o sotto la sua responsabilità ed in sua presenza, da un infermiere professionale.

Art. 4 1. Le attività trasfusionali sono organizzate nelle strutture:

a) servizi di immunoematologia e trasfusione; b) centri trasfusionali; c) unità di raccolta.

2. A livello regionale ed interregionale sono altresì previsti: a) centri di coordinamento e compensazione b) centri ed aziende convenzionate per la produzione di emoderivati.

3. A livello nazionale è inoltre prevista la Commissione di cui all'articolo 12.

Art. 5 1. I servizi di immunoematologia e trasfusione sono strutture di presidio ospedaliero ed operano in bacini di utenza aventi una popolazione di almeno 400.000 abitanti, con un minimo di uno per provincia. Essi possono essere integrati da uno o più centri trasfusionali laddove il bacino di utenza superi i 400.000 abitanti. 2. I servizi di immunoematologia e trasfusione esercitano le seguenti funzioni:

a) eseguire i controlli iniziali e periodici di idoneità alla donazione dei donatori volontari di sangue ed emocomponenti;

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b) effettuare la raccolta, la tipizzazione, la conservazione e l'assegnazione del sangue umano per uso trasfusionale, frazionando il sangue raccolto nei vari componenti ai fini della sua migliore utilizzazione; c) assicurare una terapia trasfusionale mirata; d) praticare le procedure aferetiche necessarie, compresa la plasmaferesi produttiva; e) promuovere e praticare l'autotrasfusione; f) garantire il buon uso del sangue; g) inviare il plasma raccolto al centro regionale di coordinamento e compensazione, per la produzione di emoderivati; h) assicurare il coordinamento delle attività delle unità di raccolta; i) partecipare ai programmi di ricerca e controllo epidemiologico; j) partecipare ai programmi di educazione alla donazione di sangue e di emocomponenti; k) coordinare sul piano tecnico, scientifico ed organizzativo l'attività degli eventuali centri trasfusionali in un ambito territoriale definito dai piani sanitari regionali; l) assicurare una adeguata integrazione con le altre strutture ospedaliere, al fine di garantire una completa assistenza ai pazienti emopatici, sia in costanza di ricovero che in regime ambulatoriale; m) provvedere alla tipizzazione ed all'esame della compatibilità tissutale; n) eseguire, in relazione alle strutture laboratoristiche esistenti ed agli obiettivi dei piani sanitari regionali, compiti di diagnosi laboratoristica ematologica, di patologia dell'emostasi, di immunopatologia ed immunoematologia forense; o) provvedere all'inventario ed al fabbisogno delle unità di emazie ed emocomponenti per il territorio di competenza; p) garantire la registrazione, il controllo e la immunoprofilassi della malattia emolitica del neonato per il territorio di competenza; q) favorire e coordinare la ricerca in immunoematologia e fungere da osservatorio epidemiologico per il territorio di competenza; r) promuovere e praticare il predeposito del sangue intero a scopo autotrasfusionale; s) favorire e praticare il predeposito di emocomponenti e il recupero perioperatorio, mediante i servizi di emaferesi; t) attuare tutte le misure atte a valutare e prevenire la diffusione delle malattie post-trasfusionali, principalmente quelle infettive; u) collaborare con i presidi locali delle forze armate.

Art. 6

1. I centri trasfusionali sono strutture ospedaliere. Essi possono essere costituiti ad integrazione dei servizi di immunoematologia e trasfusione, di cui all'articolo 5, laddove il bacino di utenza di quest'ultimo superi i 400.000 abitanti. Ove costituiti essi operano in bacini di utenza con una popolazione di almeno 150.000 abitanti. 2. I centri trasfusionali svolgono le funzioni di cui all'articolo 5, comma 2, lettere da a) a j). 3. I presidi ospedalieri, che non dispongono dei servizi di cui all'articolo 5 o dei centri di cui al comma 1 del presente articolo, sono forniti di frigoemoteca collegata con il servizio di immunoematologia e trasfusione o con il centro trasfusionale territorialmente competente.

Art. 7. 1. Le unità di raccolta sono strutture fisse o mobili finalizzate alla raccolta del sangue intero e di plasma mediante emaferesi, previo accertamento della idoneità del donatore secondo quanto disposto dall'articolo 3, comma 4. Esse dipendono, sotto il profilo tecnico ed organizzativo, dal servizio di immunoematologia e trasfusione del territorio di competenza, o, laddove esso sia integrato, dal rispettivo centro trasfusionale, definiti dai piani sanitari regionali.

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2. Le unità di raccolta possono essere gestite direttamente anche dalle associazioni o dalle federazioni dei donatori volontari di sangue, previa autorizzazione da parte delle regioni territorialmente competenti, conformemente alle esigenze indicate nei rispettivi piani sanitari regionali e subordinatamente alla verifica della presenza di condizioni strutturali idonee.

Art. 8. 1. I centri regionali di coordinamento e compensazione assicurano il raggiungimento dell'autosufficienza di sangue, plasma ed emoderivati all'interno di ogni regione. 2. Essi, oltre alle funzioni di cui all'articolo 5, hanno i seguenti compiti:

a) coordinare le attività dei servizi di immunoematologia e trasfusione della regione, favorendo la collaborazione delle associazioni e federazioni dei donatori volontari di sangue; b) rilevare il fabbisogno regionale annuale di plasmaderivati e determinare il quantitativo di plasma necessario per tale scopo; c) sovrintendere alle attività dirette al controllo del fabbisogno trasfusionale di emazie e, se del caso, all'invio delle eccedenze di emazie verso le aree carenti della regione e di altre regioni, attenendosi alle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, ai sensi del comma 4 del presente articolo, sulla base delle proposte formulate in materia dalla Commissione di cui all'articolo 12; d) collaborare con le strutture di cui all'articolo 20, comma 3, per disporre di una scorta di sangue, di emocomponenti e di emoderivati per le urgenze e le emergenze sanitarie, nonché per gli interventi in caso di calamità; e) conservare una banca di emocomponenti congelati appartenenti a donatori di gruppi rari o non frequenti, in collegamento attivo con l'Istituto superiore di sanità; f) inviare il plasma alle aziende produttrici di emoderivati e distribuire gli emoderivati ottenuti ai presidi ospedalieri della regione; g) cedere il sangue umano e gli emocomponenti alle imprese produttrici di emodiagnostici secondo convenzioni stipulate dalle regioni, in conformità allo schema tipo predisposto dal Ministro della sanità, sentita la Commissione di cui all'articolo 12; h) trasmettere al Ministero della sanità i dati di cui all'articolo 1, comma 7.

3. Ciascuna regione, nell'ambito del proprio piano sanitario, individua il servizio di immunoematologia e trasfusione che cita le Funzioni di centro regionale di coordinamento e compensazione. 4. Il compito di coordinare a livello nazionale l'attività dei centri regionali di coordinamento e compensazione e di favorire l'autosufficienza nazionale di sangue e di emoderivati è svolto dall'Istituto superiore di sanità, in attuazione delle normative tecniche emanate dal Ministro della sanità, sentita la Commissione di cui all'articolo 12.

Art. 9 1. Oltre ai compiti di cui all'articolo 8, comma 4, l'Istituto superiore di sanità svolge anche le seguenti funzioni:

a) promuove la ricerca scientifica nel settore immunotrasfusionale, principalmente nella prevenzione delle malattie trasmissibili; b) collabora con la Commissione di cui all'articolo 12 per la realizzazione degli scopi indicati al comma 4 dello stesso articolo 12; c) raccoglie e diffonde tutti i dati inerenti la pratica trasfusionale in possesso dei centri regionali di coordinamento e compensazione; d) ispeziona e controlla le aziende di produzione di emoderivati: e) controlla le specialità farmaceutiche emoderivate.

Art. 10

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1. Le frazioni plasmatiche che non possono essere prodotte con mezzi fisici semplici sono specialità farmaceutiche di produzione industriale, soggette a registrazione e sottoposte, in attesa del recepimento delle direttive 65/65/CEE e 75/319/CEE, a tutti i controlli della autorità sanitaria, ivi compresi quelli previsti dalla direttiva 89/381/CEE in quanto applicabile, da espletarsi sugli impianti produttivi delle aziende previamente autorizzate, sul plasma di origine e sulla produzione finale. 2. Il Ministro della sanità, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere della Commissione di cui all'articolo 12 e del Consiglio superiore della sanità, individua, tra le aziende di cui al comma 1 del presente articolo, i centri di produzione di emoderivati autorizzati alla stipulazione di convenzioni con i centri regionali di coordinamento e compensazione, per la lavorazione di plasma nazionale raccolto in Italia sotto il controllo dell'Istituto superiore di sanità, che vigila sull'entità e resa del frazionamento e sulla qualità del prodotto finale. 3. I centri di produzione di emoderivati non possono essere più di uno ogni 20 milioni di abitanti con dislocazione territoriale da determinarsi in base alle indicazioni del piano sanitario nazionale; devono essere dotati di adeguate dimensioni, essere ad avanzata tecnologia, aver sede in territorio nazionale, svolgere interamente i processi produttivi in impianti di frazionamento e lavorazione situati sul territorio nazionale, nonché essere in grado di produrre almeno albumina, immunoglobuline di terza generazione e concentrati dei fattori della coagulazione, secondo le più moderne conoscenze relative alla sicurezza trasfusionale del paziente ricevente.

il comma 3 precedente è modificato/sostituito dal comma 3 susseguente dal: DL n.º 381 del 27 settembre 1993 § 3. I centri di produzione di emoderivati devono essere dotati di adeguate dimensioni, essere ad avanzata tecnologia, avere sede in territorio nazionale ed essere in grado di produrre almeno albumina, immunoglobuline di terza generazione e concentrati dei fattori della coagulazione, secondo le più moderne conoscenze relative alla sicurezza trasfusiona le del paziente ricevente 4. Le convenzioni di cui al comma 2 sono stipulate dalle singole regioni, in conformità allo schema tipo predisposto dal Ministro della sanità, sentita la Commissione di cui all'articolo 12.

Art. 11 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità , sentita la Commissione di cui all'articolo 12, emana le norme. di indirizzo e coordinamento alle quali devono conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l'attuazione della presente legge. 2. Entro il termine di un anno dalla approvazione del piamo sanitario nazionale secondo le procedure di cui all'articolo 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come modificato dall'articolo 20 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e quindi dall'articolo 1 della legge 23, ottobre 1985, n. 595, le regioni predispongono i piani sangue regionali, che costituiscono parte integrante del piani sanitari regionali, al fine di una razionale distribuzione territoriale dei servizi e per una più efficace tutela della salute dei donatori e dei cittadini. 3. Ciascuna regione esercita le seguenti funzioni:

a) assicura, con riferimento all'articolo 11 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la più ampia partecipazione dei donatori volontari di sangue e delle relative associazioni o federazioni alle fasi della programmazione dell'attività dei servizi trasfusionali; b) cura la tenuta del registro del sangue, di cui all'articolo 1, comma 7;

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c) provvede alla stipulazione delle convenzioni con le associazioni e le federazioni dei donatori volontari di sangue ai sensi dell'articolo 1, comma 8; d) definisce l'ambito territoriale di competenza dei servizi di immunoematologia e trasfusione e dei centri trasfusionali; e) individua tra i servizi di immunoematologia e trasfusione il servizio che esercita le funzioni di cui dall'articolo 8, comma 3; f) provvede alla stipulazione delle convenzioni con le aziende produttrici di emoderivati secondo quanto disposto dall'articolo 10, comma 4; g) cura i rapporti con la sanità militare per lo scambio di emocomponenti e delle frazioni plasmatiche nell'ambito della convenzione di cui all'articolo 20, comma 5; h) promuove la donazione di sangue e di emocomponenti e provvede all'aggiornamento del personale sanitario sulle tematiche relative all'utilizzazione del sangue e degli emoderivati.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità, sulla base delle carenze segnalate dai centri regionali di coordinamento e compensazione all'Istituto superiore di sanità, predispone, sentita la Commissione di cui all'articolo 12, un progetto mirato ad incrementare la donazione di sangue periodica ed occasionale ne i comuni delle regioni nelle quali non sia stata raggiunta l'autosufficienza del sangue donato rispetto alle esigenze, anche mediante il coinvolgimento degli stessi comuni in attività di promozione e di supporto rispetto all'associazionismo. 5. Il progetto di cui al comma 4 prevede le iniziative più opportune tese a sensibilizzare l'opinione pubblica, ed in particolare i potenziali donatori, sui valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione del sangue e a promuovere l'associazionismo dei donatori al fine del raggiungimento dell'autosufficienza.

Art. 12 1. Nello svolgimento delle funzioni previste dalla presente legge il Ministro della sanità si avvale del parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale. 2. La Commissione è nominata con decreto del Ministro della sanità, che la presiede. Con lo stesso decreto vengono disciplinate le modalità di funzionamento della Commissione. Essa è composta da 4 rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano designati dal Consiglio sanitario nazionale; 5 rappresentanti delle associazioni dei donatori volontari o delle loro federazioni più rappresentative sul piano nazionale; 2 esperti designati dalle associazioni nazionali dei pazienti affetti da emofilia talassomia e leucemia; 9 esperti designati dal Ministro della sanità, di cui 3 scelti fra i medici dirigenti generali del Ministero della sanità e i medici dirigenti di ricerca dell'Istituto superiore di sanità, 3 scelti tra primari ospedalieri e docenti universitari e 3 indicati dalle società ematologiche di immunoematologia e trasfusione del sangue ed emaferesi; 1 ufficiale medico della sanità militare designato dal Ministro della difesa. Un funzionario della carriera direttiva medica Ministero della sanità con qualifica non inferiore alla 8 svolge le funzioni di segretario. 3. I membri della Commissione durano in carica tre anni e possono essere riconfermati una sola volta. Agli stessi si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n.5, e successive modificazioni, per quanto riguarda la corresponsione dei compensi, nonché le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 16 gennaio 1978, n.513, e della legge 26 luglio 1978, n. 417, per quanto riguarda il trattamento economico di missione e di trasferimento. 4. La Commissione svolge le funzioni indicate negli articoli 1, 3, 8, 10, 11, 15 e 16 della presente legge. La Commissione formula altresì al Ministro della sanità, con riferimento all'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 11, comma 1, proposte sui criteri e le modalità per lo scambio e la cessione di unità di sangue e di emoderivati fra regioni o province autonome, nonché sulle iniziative concernenti la propaganda sulla donazione di sangue e sulle modalità del coordinamento delle attività promozionali delle associazioni dei donatori di sangue o delle relative federazioni.

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5. Il Ministro della sanità, nel formulare il piano sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come modificato dall'articolo 20 del decreto- legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e quindi dall'articolo 1 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, definisce un programma specifico per le attività trasfusionali. In relazione alla elaborazione di tale programma specifico, la Commissione determina una proposta di programma triennale riguardante il complesso delle proprie competenze.

Art. 13 1. L'articolo 1 della legge 13 luglio 1967. n. 584, è sostituito dal seguente: «Art. 1. - 1. I donatori di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l'intera giornata lavorativa. I relativi contributi previdenziali sono accreditati ai sensi dell'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155».

Art. 14 1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 13, al datore di lavoro vengono certificati, a cura del servizio di immunoematologia e trasfusione o del centro trasfusionale o dell'unità di raccolta, l'accesso e le pratiche delle donazioni cui è stato sottoposto il dipendente donatore di sangue.

Art. 15 1. L'importazione e l'esportazione del sangue umano conservato e dei suoi derivati per uso terapeutico, profilattico e diagnostico, sono autorizzate dal Ministro della sanità, secondo le modalità stabilite con apposito decreto, sentito il parere della Commissione di cui all'articolo 12. 2. l'importazione di emoderivati pronti per l'impiego è consentita a condizione che tali prodotti, nel paese di provenienza, risultino autorizzati, da parte dell'autorità sanitaria, alla commercializzazione per uso terapeutico umano e che, fatta eccezione per quelli di provenienza dai paesi della Comunità economica europea, essi risultino autorizzati anche da parte dell'autorità sanitaria italiana. 3. L'importazione di emoderivati è consentita a condizione altresì che su tutti i lotti e sui relativi donatori sia possibile documentare la negatività dei controlli per la ricerca di antigeni ed anticorpi di agenti infettivi lesivi della salute del paziente ricevente.

Art. 16 1. La presente legge promuove la diffusione delle pratiche autotrasfusionali sotto forma di predeposito e recupero perioperatorio. I servizi ed i centri di cui agli articoli 5 e 6 i operano e coordinano, in collaborazione con le direzioni sanitarie, i servizi di anestesia e le divisioni chirurgiche, tutte le iniziative necessarie al raggiungimento di tale scopo, anche attraverso programmi di massima richiesta chirurgica di sangue, il controllo sulla utilizzazione del sangue ed il monitoraggio delle richieste trasfusionali. 2. La Commissione di cui all'articolo 12 emana direttive tecniche e promozionali al fine di divulgare le metodologie di riduzione della trasfusione di sangue omologo. 3. Le direzioni sanitarie verificano mensilmente, sulla base di questionari preparati dalla Commissione di cui all'articolo 12, il ricorso intraospedaliero alle pratiche autotrasfusionali; i dati casi raccolti vengono mensilmente trasmessi al centro regionale di coordinamento e compensazione. 4. Le regioni, nell'ambito dei programmi di aggiornamento, dispongono, per il personale medico e di assistenza, corsi obbligatori dedicati ai temi del buon uso di sangue e di emocomponenti, compresi l'autotrasfusione, l'emodiluizione ed il recupero perioperatorio.

Art. 17 1. Chiunque preleva, procura, raccoglie, conserva o distribuisce sangue umano, o produce e mette in commercio derivati del sangue umano in violazione delle norme di legge o per fini di lucro, è

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punito con la reclusione da uno a tre anni e la multa da lire 400.000 a lire 20.000.000. Se il colpevole è persona che esercita la professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione dall'esercizio della professione per un periodo non inferiore a due anni. 2. L'autorità sanitaria locale dispone la chiusura della struttura non autorizzata. 3. Chiunque cede il proprio sangue o suoi derivati a fini di lucro è punito con l'ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000. 4. In caso di recidiva per i reati di cui ai commi 1 e 3, si applicano rispettivamente le pene della reclusione fino a quattro anni e dell'arresto fino a tre mesi.

Art. 18 1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle strutture trasfusionali degli istituti e cliniche universitarie, degli istituti ed enti ecclesiastici classificati che esercitano l'assistenza ospedaliera, dell'ospedale Galliera di Genova, degli ospedali dell'Ordine Mauriziano di Torino, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli ospedali militari. 2. Per il personale delle strutture di cui al comma 1, vigono i criteri di equiparazione di cui al decreto del Ministro della sanità 27 gennaio 1976, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 30 gennaio 1976, e al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761.

Art. 19 1. Le regioni, sulla base dei propri piani sanitari, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono tenute a trasferire alle unità sanitarie locali, ai policlinici universitari ed agli istituti pubblici di ricovero e cura a carattere scientifico, i centri trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato o da strutture private. 2. Il Ministro della sanità, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasferisce con proprio decreto i centri trasfusionali della Croce rossa italiana, ivi compreso il centro nazionale trasfusione sangue, alle strutture sanitarie indicate dalla regione di competenza.

il comma 2 precedente è sostituito dal comma 2 susseguente dal: DL n.º 518 del 29 Agosto 1994 § 2. I Centri Trasfusionali della Croce Rossa Italiana, ivi compreso il Centro Nazionale Trasfusione Sangue, con i relativi servizi, restano attribuiti alla Croce Rossa Italiana. 3. Il trasferimento dei beni delle strutture di cui al comma 1 e l'indicazione delle strutture di cui al comma 2 sono effettuati con provvedimento del Presidente della Giunta regionale in conformità con le disposizioni di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

il comma 3 precedente è sostituito dal comma 3 susseguente dal: DL n.º 518 del 29 Agosto 1994 § 3. Il trasferimento dei beni di cui al comma 1 è effettuato con provvedimento del Presidente della giunta regionale in conformità con le disposizioni di cui agli articoli 65 e 66 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833

Alla decadenza del DL reiterato, il testo originale viene ripristinato: 2. Il Ministro della sanità, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasferisce con proprio decreto i centri trasfusionali della Croce rossa italiana, ivi compreso il centro nazionale trasfusione sangue, alle strutture sanitarie indicate dalla regione di competenza. 3. Il trasferimento dei beni delle strutture di cui al comma 1 e l'indicazione delle strutture di cui al comma 2 sono effettuati con provvedimento del Presidente della Giunta regionale in conformità con le disposizioni di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

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4. Il trasferimento del personale dipendente o convenzionato, in servizio alla data del 31 dicembre 1988 presso le strutture di cui al comma 1 con l'osservanza di un orario non inferiore alle 28 ore settimanali è effettuato a domanda dell'interessato con decreto del Presidente della Giunta regionale con l'osservanza dei seguenti criteri:

a) il personale da trasferire deve essere in possesso dei requisiti eccetto quelli relativi ai limiti di età per l'ammissione ai concorsi di assunzione nel relativo profilo professionale e posizione funzionale risultante dalla tabella di equiparazione approvata dal Ministro della sanità entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge in coerenza con l'allegato 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979 n. 761; il trasferimento è subordinato al concorso riservato per titoli ed esami da espletarsi in conformità al decreto del Ministro della sanità 30 gennaio 1982 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 22 febbraio 1982 e successive modifiche; b) i vincitori del concorso indicato alla lettera a) sono collocati nei ruoli nominativi regionali utilizzando le vacanze del relativo profilo e ove occorra anche in soprannumero in applicazione dei criteri di cui all'articolo 2 comma 2 del decreto legge 8 febbraio 1988 n. 27 convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 1988 n. 109.

Art. 20

1. Le Forze armate organizzano autonomamente il sevizio trasfusionale in modo da essere in grado di svolgere tutte le competenze di cui alla presente legge. 2. Nel quadro delle iniziative di educazione sanitaria impartita ai giovani in servizio di leva l'autorità militare favorisce la donazione volontaria di sangue o sue frazioni da parte dei militari di leva previo accertamento della idoneità alla donazione degli stessi presso le strutture trasfusionali militari e civili. 3. Il servizio trasfusionale militare coopera con le strutture del Servizio sanitario nazionale della Croce rossa italiana, del Ministero dell'interno e del Ministro per il coordinamento della protezione civile, al fine di costituire in relazione alle previsioni delle necessità trasfusionali per le situazioni di emergenza il mantenimento di adeguate scorte di plasma e plasmaderivati. 4. Le regioni possono organizzare proprie banche di emazie congelate da utilizzare per le situazioni di urgenza ed emergenza sanitaria. 5. Per la realizzazione degli scopi di cui ai commi 1 2 e 3 è stipulata apposita convenzione stabilita tra il Ministero della sanità e il Ministero della difesa che definisce:

a) le modalità della donazione di sangue da parte dei militari di leva presso le caserme e le strutture del Servizio sanitario nazionale; b) le modalità di scambio del plasma e dei plasmaderivati tra Servizio sanitario nazionale e servizio trasfusionale militare con riferimento all'articolo 11 comma 3 lettera g), anche attraverso la partecipazione alle convenzioni con le aziende produttrici di cui all'articolo 10, comma 4.

Art. 21

1. Non sono soggette ad imposizione tributaria le attività che le associazioni di volontariato di cui all'articolo 1, comma 8 svolgono in adempimento delle finalità della presente legge.

Art. 22 1. Il Ministro della sanità nei primi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge presenta entro il 30 giugno di ciascun anno una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge.

Art. 23 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge per le attività ordinarie si fa fronte a carico del capitolo 5941 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro relativo al

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Fondo sanitario nazionale di parte corrente per gli anni 1990 e seguenti, rientrando le spese per tali attività già tra le spese indistinte. 2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge relativamente alla razionalizzazione ed al potenziamento delle strutture preposte alle attività trasfusionali, laddove le stesse siano carenti, si provvede entro i limiti dello stanziamento di lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1990, 1991 e 1992. Al relativo onere si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990 all'uopo utilizzando l'apposito accantonamento. 3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 24 1. È abrogata la legge 14 luglio 1967, n. 592, fatte salve le posizioni soggettive già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge sulla base dell'articolo 11 della predetta legge n. 592 del 1967. Sino alla data di emanazione delle norme di indirizzo e coordinamento, di cui all'articolo 11, comma 1, continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 4 maggio 1990

COSSIGA Andreotti, Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: VASSALLI

NOTE

AVVERTENZA: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti; Note all'art. 1: - Il testo del primo comma dell'art. 4 della Legge n. 833/1978 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale), è il seguente: «Art. 4 (Uniformità delle condizioni di salute sul territorio nazionale). - Con legge dello Stato sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale e stabilite le relative sanzioni penali, particolarmente in materia di: 1) inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo; 2) igiene e sicurezza in ambienti di vita e di lavoro; 3) omologazione, per fini prevenzionali, di macchine, di impianti, di attrezzature e di mezzi personali di protezione; 4) tutela igienica degli alimenti e delle bevande;

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5) ricerca e sperimentazione clinica e sperimentazione sugli animali; 6) raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano». - Il testo del primo comma, lettera c), dell'art. 6 della citata Legge n. 833/1978, è il seguente: «c) la produzione, la registrazione, la ricerca, la sperimentazione, il commercio e l'informazione concernenti i prodotti chimici usati in medicina, i preparati farmaceutici, i preparati galenici, le specialità medicinali, i vaccini, gli immunomodulatori cellulari e virali, i sieri, le anatossine e i prodotti assimilati, gli emoderivati, i presidi sanitarie medico-chirurgici ed i prodotti assimilati anche per uso veterinario». - Il testo del comma 2 dell'art. 6 della Legge n. 595/1985 (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 19861988), è il seguente: «2. In caso di persistente inattività degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni in materia sanitaria, qua lora si tratti di adempimenti da svolgersi, entro termini perentori previsti da leggi o risultanti dalla natura degli interventi da realizzare, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Sanità, dispone il compimento degli atti relativi in sostituzione dell'amministrazione regionale». Note all'art 2: - Il testo dell'art. 1, della citata Legge n. 833/1978, è il seguente: «Art. 1 (I princìpi). - La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il Servizio Sanitario Nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il Servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L'attuazione del Servizio Sanitario Nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Nel Servizio Sanitario Nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono, nel settore sociale, attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività. Le associazioni di vo lontariato possono concorrere ai fini istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge». - Il testo dell'art; 45 della citata Legge n. 833/1978, è il seguente: «Art. 45 (Associazioni di volontariato). - È riconosciuta la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite aventi la finalità di concorrere al conseguimento dei fini istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale. Tra le associazioni di volontariato di cui al comma precedente sono ricomprese anche le istituzioni a carattere associativo, le cui attività si fondano, a norma di statuto, su prestazioni volontarie e personali dei soci. Dette istituzioni, se attualmente riconosciute come istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), sono escluse dal trasferimento di cui all'art. 25 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. A tal fine le predette istituzioni avanzano documentata istanza al presidente della giunta regionale che con proprio decreto procede, sentito il consiglio comunale ove ha sede l'istituzione, a dichiarare l'esistenza delle condizioni previste nel comma precedente. Di tale decreto viene data notizia alla commissione di cui al sesto comma dell'art. 25, del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Sino all'entrata in vigore della legge di riforma dell'assistenza pubblica ,dette istituzioni restano

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disciplinate dalla Legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modifiche e integrazioni. I rapporti fra le Unità Sanitarie Locali e le associazioni del volontariato ai fini del loro concorso alle attività sanitarie pubbliche sono regolati da apposite convenzioni nell'ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale». Note all'art. 2: - Il testo dell'art. 53 della citata Legge n. 833/1978, come modificato dall'art. 20 del D.L. n. 463/1983 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 595/1985, è il seguente: «TITOLO II - Procedure di programmazione e di attuazione del Servizio Sanitario Nazionale - Art. 53 (Piano sanitario nazionale). - Le linee generali di indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale sono stabilite con il Piano sanitario nazionale in conformità agli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e tenuta presente l'esigenza di superare le condizioni di arretratezza socio-sanitaria che esistono nel Paese, particolarmente nelle regioni meridionali. Il Piano sanitario nazionale viene predisposto dal Governo su proposta del Ministro della Sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. Il Piano sanitario nazionale è sottoposto dal Governo al Parlamento ai fini della sua approvazione con atto non legislativo. Contestualmente alla trasmissione da parte del Governo al Parlamento del Piano sanitario nazionale, il Governo presenta al Parlamento, il disegno di legge contenente sia le disposizioni precettive ai fini dell'applicazione del Piano sanitario nazionale, sia le norme per il finanziamento pluriennale del Servizio Sanitario Nazionale, rapportate alla durata del Piano stesso, con specifica indicazione degli importi da assegnare al Fondo sanitario nazionale, rapportate alla durata del Piano stesso, con specifica indicazione degli importi da assegnare al Fondo sanitario nazionale ai sensi dell'art. 51 della presente legge e dei criteri di ripartizione alle regioni. Il Parlamento esamina ed approva contestualmente il Piano sanitario nazionale, le norme precettive di applicazione e le norme di finanziamento pluriennale. Il Governo adotta i conseguenti atti di indirizzo e coordinamento, sentito il Consiglio sanitario nazionale, il cui parere si intende positivo se non espresso entro sessanta giorni dalla richiesta. Il Piano sanitario nazionale ha di norma durata triennale e può essere modificato nel corso del triennio con il rispetto delle modalità di cui al presente articolo. II Piano sanitario nazionale, le disposizioni precettive e le norme finanziarie pluriennali di cui al precedente quinto comma sono approvati e trasmessi dal Governo al Parlamento nel corso dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente, in tempo utile per consentirne l'approvazione entro il 1° settembre dell'anno stesso. Le regioni predispongono e approvano i propri piani sanitari regionali entro il successivo mese di novembre. Il Piano sanitario nazionale stabilisce per il periodo della sua durata: a) gli obiettivi da realizzare nel triennio con riferimento a quanto disposto dall'art. 2; b) (l'importo del Fondo sanitario nazionale di cui all'art. 51, da iscrivere annualmente nel bilancio dello Stato). Lettera abrogata dall'art. 1, Legge 23 ottobre 1985, n. 595; c) gli indici e gli standards nazionali da assumere per la ripartizione del Fondo sanitario nazionale tra le regioni, al fine di realizzare in tutto il territorio nazionale un'equilibrata organizzazione dei servizi, anche attraverso una destinazione delle risorse per settori fondamentali di intervento, con limiti differenziati per gruppi di spese correnti e per gli investimenti, prevedendo in particolare gli indici nazionali e regionali relativi ai posti letto e la ripartizione quantitativa degli stessi. Quanto agli investimenti il piano deve prevedere che essi siano destinati alle regioni nelle quali la dotazione di posti letto e gli altri presidi e strutture sanitarie risulti inferiore agli indici normali indicati dal piano stesso. Ai fini della valutazione della priorità di investimento il piano tiene conto anche delle disponibilità, nelle varie regioni, di posti letto, presìdi e strutture sanitarie di istituzioni convenzionate. Il piano prevede inoltre la sospensione di ogni investimento (se non pe completamenti e ristrutturazioni dimostrate assolutamente urgenti ed indispensabili) nelle regioni la

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cui dotazione di posti letto e di altri presidi e strutture sanitarie raggiunge o supera i suddetti indici; d) nella ripartizione della quota regionale ad esse assegnata fra le Unità Sanitarie Locali; e) i criteri e gli indirizzi ai quali deve riferirsi la legislazione regionale per la organizzazione dei servizi fondamentali previsti dalla presente legge e per gli organici del personale addetto al Servizio Sanitario Nazionale; f) le norme generali di erogazione delle prestazioni sanitarie nonché le fasi o le modalità della graduale unificazione delle stesse e del corrispondente adeguamento, salvo provvedimenti di fiscalizzazione dei contributi assicurativi; g) gli indirizzi ai quali devono riferirsi i piani regionali di cui al successivo art. 55, ai fini di una coordinata e uniforme realizzazione degli obiettivi di cui alla precedente lettera a); h) gli obiettivi fondamentali relativi alla formazione e all'aggiornamento del personale addetto al Servizio Sanitario Nazionale, con particolare riferimento alle funzioni tecnico-professionali, organizzative e gestionali e alle necessità quantitative dello stesso; i) le procedure e le modalità per verifiche periodiche dello stato di attuazione del piano e della sua idoneità a perseguire gli obiettivi che sono stati previsti; l) le esigenze prioritarie del Servizio Sanitario Nazionale in ordine alla ricerca biomedica e ad altri settori attinenti alla tutela della salute. Ai fini della programmazione sanitaria, il Ministro della Sanità è autorizzato ad avvalersi di un gruppo di persone particolarmente competenti in materia economica e sanitaria, per la formulazione delle analisi tecniche, economiche e sanitarie necessarie alla predisposizione del Piano sanitario nazionale. La remunerazione delle persone di cui al comma precedente è stabilita dal Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro del Tesoro, con il decreto di conferimento dell'incarico. Agli oneri finanziari relativi si fa fronte con apposito capitolo da istituirsi nello stato di previsione della spesa del Ministero della Sanità». - Il testo dell'art. 11 della citata Legge n. 833/1978 è il seguente: «Art. 11 (Competenze regionali). - Le regioni esercitano le funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato ed esercitano le funzioni amministrative proprie o loro delegate. Le leggi regionali devono in particolare conformarsi ai seguenti principi: a) coordinare l'intervento sanitario con gli interventi negli altri settori economici sociali e di organizzazione del territorio di competenza delle regioni; b) unificare 1' organizzazione sanitaria su base territoriale e funzionale adeguando la normativa alle esigenze delle singole situazioni regionali; c) assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici; Le regioni svolgono la loro attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e della più ampia partecipazione democratica, in armonia con le rispettive norme statutarie. A tal fine, nell'ambito dei programmi regionali di sviluppo, predispongono piani sanitari regionali, previa consultazione degli enti locali, delle università presenti nel territorio regionale, delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle forze sociali e degli operatori della sanità, nonché degli organi della sanità militare territoriale competenti. Con questi ultimi le regioni possono concordare: a) l'uso delle strutture ospedaliere militari in favore della popolazione civile nei casi di calamità, epidemie e per altri scopi che si ritengano necessari; b) l'uso dei servizi di prevenzione delle Unità Sanitarie Locali al fine di contribuire al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei militari. Le regioni, sentiti i comuni interessati, determinano gli ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali, che debbono coincidere con gli ambiti territoriali di gestione dei servizi sociali. All'atto della determinazione degli ambiti di cui al comma precedente, le regioni provvedono altresi ad adeguare la delimitazione dei distretti scolastici e di altre unità di servizio in modo che essi, di regola, coincidano».

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Note all'art. 12: - Il D.P.R. n. 5/1956, e successive modificazioni, reca: «Compensi ai componenti delle commissioni, consigli, comitati o collegi operanti nelle amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo e delle commissioni giudicatrici dei concorsi di ammissione e di promozione nelle carriere statali». - Il D.P.R. n. 513/1978, reca: «Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti civili dello Stato». - La legge n. 417/1978, reca: «Adeguamento del trattamento economico dimissione e di trasferimento dei dipendenti statali». Per l'art. 53 della citata Legge n. 833/1978, come modificato dall'art. 20 del D.L. n. 463/1983, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 638/1983 e quindi dall'art. 1 della Legge n. 595/1985 si veda la precedente nota all'art. 11. Nota all'art. 13: Il testo dell'art. 8 della Legge n. 155/1981 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica), è il seguente: « Art. 8 (Contributi figurativi). - Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizioni in vigore è determinato sulla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro nell'anno solare in cui si collocano i predetti periodi o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo compreso sino alla data di decorrenza della pensione stessa. Dal calcolo suddetto sono escluse le retribuzioni settimanali percepite in misura ridotta per uno degli eventi che, in base alle disposizioni vigenti, danno diritto all'accredito di contribuzione figurativa o per i trattament i di integrazioni salariale. Nei casi in cui nell'anno solare non risultino retribuzioni effettive, il valore retributivo da attribuire ai periodi riconosciuti figurativamente è determinato con riferimento all'anno solare immediatamente precedente nel quale risultino percepite retribuzioni in costanza di lavoro. Per i periodi anteriori all'iscrizione nell'assicurazione generale obbligatoria il valore retributivo da attribuire è determinato con riferimento alla retribuzione percepita nell'anno solare in cui ha inizio l'assicurazione. Qualora in corrispondenza degli eventi di cui al primo comma sia richiesto il riconoscimento figurativo ad integrazione della retribuzione, la media retributiva dell'anno solare è determinata escludendo le retribuzioni settimanali percepite in misura ridotta. In tale ipotesi ciascuna settimana a retribuzione ridotta è integrata figurativamente fino a concorrenza del valore retributivo riconoscibile, in caso di totale mancanza di retribuzione, ai sensi dei precedenti commi; I periodi di sospensione, per i quali è ammessa l'integrazione salariale, sono riconosciuti utili d'ufficio per il conseguimento del diritto alla pensione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e per la determinazione della sua misura. Per detti periodi il contributo figurativo è calcolato sulla base della retribuzione cui è riferita l'integrazione salariale. Le somme occorrenti alla copertura della contribuzione figurativa relativamente a periodi di sospensione e di riduzione d'orario, per i quali è ammessa l'integrazione salariale, sono versate, a carico della Cassa integrazione guadagni, al Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i dati necessari per il calcolo dei valori retributivi di cui ai precedenti commi secondo criteri e modalità stabiliti dal consiglio di amministrazione dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Per gli operai agricoli dipendenti, ai fini della determinazione dei requisiti contributivi per il diritto a pensione e per il calcolo della retribuzione annua pensionabile, ciascuna settimana di contribuzione figurativa è pari a sei giornate. la retribuzione da calcolare per ciascuna giornata è quella determinata ai sensi dell'art. 28 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, per l'anno solare in cui si collocano i periodi riconosciuti figurativamente. In deroga a quanto previsto dal primo comma del presente articolo ai lavoratori collocati in aspettativa si sensi dell'art. 31 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, le retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della pensione sono commisurate della retribuzione della categoria e qualifica professionale posseduta dall'interessato al momento del collocamento in

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aspettativa e, di volta in volta, adeguate in relazione alla dinamica salariale e di carriera della stessa categoria e qualifica. Per i lavoratori collocati in aspettativa da partiti politici o da organizzazioni sindacali, che non abbiano regolato mediante specifiche normative interne o contrattuali, il trattamento economico del personale, si prendono in considerazione, ai fini predetti, le retribuzioni fissate dai contratti nazionali collettivi di lavoro per gli impiegati delle imprese metalmeccaniche. Restano ferme in materia le disposizioni dell'art. 1 della Legge 15 febbraio 1974, n. 36, e della Legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche per il trasferimento dei contributi figurativi ad altri enti previdenziali per richieste presentate dai lavoratori dopo l'entrata in vigore della presente legge». Nota all'art. 18: - II D.P.R. n. 761/1979, reca: «Stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali». Note all'art. 19: - I testi degli articoli 65 e 66 della legge n. 833/1978, sono i seguenti: «Art. 65 (Attribuzioni, per i servizi delle Unità Sanitarie Locali, dl beni già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppressi). - In applicazione del progetto di riparto previsto dall'ultimo comma dell'art. 4 della Legge 29 giugno 1977, n. 349, e d'intesa con le regioni interessate, con decreto del Ministro del Tesoro, di concerto con i Ministri del Lavoro e della Previdenza sociale e delle Finanze, sia i beni mobili ed immobili che le attrezzature destinati prevalentemente ai servizi sanitari appartenenti agli enti, casse mutue e gestioni soppressi sono trasferiti al patrimonio dei comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle Unità Sanitarie Locali. Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al precedente comma, il reimpiego ed il reinvestimento dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi. Alle operazioni di trasferimento di cui al primo comma provvedono i commissari liquidatori di cui alla citata Legge 29 giugno 1977, n. 349, che provvedono altresì al trasferimento di cutti i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle Unità Sanitarie Locali. I rimanenti beni, ivi comprese le sedi in Roma delle direzioni generali degli enti soppressi sono realizzati dalla gestione di liquidazione ai sensi dell'art. 77 ad eccezione dell'immobile sede della Direzione generale dell'INAM che è attribuito al patrimonio dello Stato. Le regioni possono assegnare parte dei predetti beni in uso all'INPS, per la durata del primo Piano sanitario nazionale, per le esigenze connesse allo svolgimento dei compiti di cui agli articoli 74 e 76 della presente legge, nonché al Ministero del Lavoro della Previdenza Sociale per le esigenze delle sezioni circoscrizionali dell'impiego. Le regioni assegnano parte dei beni di cui al precedente comma in uso all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, per la durata del primo Piano sanitario nazionale, per le esigenze connesse allo svolgimento dei compiti di cui agli articoli 74 e 76 della presente legge, nonché al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale per le esigenze delle sezioni circoscrizionali dell'impiego, secondo i piani concordati con le amministrazioni predette tenendo conto delle loro esigenze di efficienza e funzionalità». «Art. 66 (Attribuzione, per i servizi delle Unità Sanitarie Locali, di beni già di pertinenza di enti locali). - Sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle Unità Sanitarie Locali: a) i beni mobili ed immobili e le attrezzature appartenenti alle province o a consorzi di enti locali e destinati ai servizi igienico-sanitari, compresi i beni mobili ed immobili e le attrezzature dei laboratori di igiene e profilassi: b) i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri, degli ospedali psichiatrici e neuro-psichiatrici e dei centri di igiene mentale dipendenti dalle province o da consorzi delle stesse o dalle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficienza (IPAB) di cui al settimo comma dell'art.

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64, nonché degli altri istituti di prevenzione e cura e dei presidi sanitari extra-ospedalieri dipendenti dalle province o da consorzi di enti locali. I rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle Unità Sanitarie Locali sono trasferiti ai comuni competenti per territorio. È affidata alle Unità Sanitarie Locali la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei comuni e all'esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro consorzi in materia igienico-sanitaria. Le regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti e degli istituti di cui alle lettere a) e b) del primo comma. Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le modalità e nei termini previsti dall'art. 61. Con le stesse modalità ed entro gli stessi termini, gli enti ed istituti di cui alle lettere a) e b), del primo comma perdono, ove l'abbiano, la personalità giuridica. Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al primo comma, il reimpiego ed il reinvestimento in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presìdi sanitari dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi». - Per il citato D.P.R/ n. 761/1979 si veda la precedente nota all'art. 18. - Il testo dell'art. 2 del D.L. n. 27/1988 (Misure urgenti per le dotazioni organiche del personale degli ospedali e per la razionalizzazione della spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 109/1988, è il seguente: «Art. 2 (Rideterminazione dei posti letto e delle piante organiche). - 1. Le Unità Sanitarie Locali, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di emanazione del Decreto Ministeriale di cui all'art. 1, sulla base dei dati relativi al tasso di utilizzazione dei posti letto nel triennio 1985-1987, formulano proposte alle regioni o province autonome per la rideterminazione, in diminuzione o in aumento, dei posti letto delle divisioni per acuti e per la conseguente revisione degli organici del personale degli ospedali pubblici, tenendo conto dei parametri tendenziali previsti dall'art. 10, comma 1, lettera a), della Legge 23 ottobre 1985, n. 595, al fine della realizzazione dei seguenti obiettivi: a) assicurare in ciascuna divisione il tasso di utilizzazione medio-annuo del 70-75 per cento, con esclusione delle divisioni e delle sezioni di malattie infettive e dei servizi di terapia intensiva e di sperimentazione. b) evitare attese di ricovero, per i casi non urgenti, superiori di norma a quindici giorni; c) applicare gli standars di cui all'art. 1 alla nuova cons istenza dei posti letto. 2. Le regioni e le province autonome, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla scadenza del termine indicato dal comma 1, fissano la consistenza dei posti letto dei singoli ospedali e le corrispondenti piante organiche, anche in assenza di proposte da parte delle Unità Sanitarie Locali e, se necessario, in difformità dei piani sanitari regionali vigenti, nel rispetto dei seguenti ulteriori criteri: a) applicare i parametri tendenziali di cui all'art. 10, comma 1 della Legge 23 ottobre 1985, n. 595; b) evitare, nel processo di ristrutturazione, secondo le indicazioni di cui all'art. 10, comma 2, della Legge 23 ottobre 1985, n. 595, la soppressione di divisioni o servizi specialistici quando non esistano ospedali, con specialità corrispondenti entro distanze o percorrenze predeterminate per tipi di area, previo parere del Consiglio sanitario nazionale; c) per il personale eventualmente in eccedenza rispetto alle nuove dotazioni organiche, applicare gli istituti normativi e contrattuali vigenti, in materia di mobilità. 3. In caso di omissione degli adempimenti previsti dai commi 1 e 2, il Consiglio dei Ministri conferisce al Ministro della Sanità apposita delega per l'adozione di tutti gli atti sostitutivi necessari, informandone il Parlamento».

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Note all'art. 24: - Il testo dell'art. 11 della Legge n. 592/1967 (Raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano), è il seguente: «Art. 17. Ogni centro deve avere un dirigente medicochirurgo, esperto in materia, la cui nomina, qualora non sia stata conseguita per pubblico concorso, dovrà essere approvata dal medico provinciale per i centri di raccolta e trasfusionali e dal Ministro per la Sanità per i centri di produzione degli emoderivati ». - Il D.P.R. n. 1256/1971, reca: «Regolamento per l'esecuzione della Legge 14 luglio 1967, n. 592, concernente la raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano».

LAVORI PREPARATORI Camera dei deputati (atto n. 757): Presentato dall'on. CECI ed altri il 9 luglio 1987. Assegnato alla XII commissione (Affari sociali), in sede legislativa, il 26 novembre 1987, con pareri delle commissioni I, II, IV, V, VI e XI. Esaminato dalla XII commissione il 15 dicembre 1987, 14 gennaio 1988, 10 marzo 1988; 27, 28 aprile 1988; 12 maggio 1988 e approvato il 18 maggio 1988. Senato della Repubblica (Atto n. 1111): Assegnato alla 12ª commissione (Sanità), in sede deliberante, il 15 giugno 1988, con pareri delle commissioni 1°, 2^, 4°, 5°, 6° e 11a. Esaminato dalla 12ª commissione il 5 ottobre 1988; 1, 15 febbraio 1989; 6 ottobre 1989, 8 novembre 1989 e approvato il 9 novembre 1989, in un testo unificato con atto n. 926 (AZZARETTI ed altri). Camera dei deputati (atto n. 757-B): Assegnato alla XII commissione (Affari sociali), in sede legislativa, il 6 dicembre 1989, con pareri delle commissioni 1, 11, V e XI. Esaminato dalla XII commissione il 21, 22 febbraio 1990 e approvato, con modificazioni, il 28 febbraio 1990. Senato della Repubblica (atto n. 926-1111-B): Assegnato alla 12ª commissione (Sanità) in sede deliberante, il 21 marzo 1990, con pareri delle commissioni 5ª e 11ª Esaminato dalla 12ª commissione il 28 marzo 1990 e approvato il 10 aprile 1990.

Legge 5 giugno 1990 n.º 135 "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS"

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale n.º 106 o 132 del 8 giugno 1990)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA

la seguente legge:

Art. 1. ( Piano di interventi contro l'AIDS )

1. Allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da HIV mediante le attività di prevenzione e di assicurare idonea assistenza alle persone affette da tali patologie, in particolare quando necessitano di ricovero ospedaliero, è autorizzata l'attuazione dei seguenti interventi, nell'ambito dell'apposito piano ministeriale predisposto dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS:

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a) inteventi di carattere poliennale riguardanti la prevenzione, l'informazione, la ricerca, la sorveglianza epidemiologica ed il sostegno dell'attività del volontariato, attuati con le modalità previste dall'azione programmata del Piano sanitario nazionale riguardante la lotta all'AIDS, e nei limiti degli stanziamenti ivi previsti anche a carico del bilancio del Ministero della sanità

b) costruzione e ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, comprese le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno e l'istituzione o il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia negli ospedali, nonchè nelle cliniche ed istituti previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, per un ammontare complessivo massimo di lire 2.100 miliardi, con priorità per le opere di ristrutturazione e con graduale realizzazione delle nuove costruzioni, secondo le indicazioni che periodicamente verranno date dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e il Consiglio sanitario nazionale, in relazione alle previsioni epidemiologiche e alle conseguenti esigenze assistenziali;

c) assunzione di personale medico e infermieristico a completamento degli organici delle strutture di ricovero di malattie infettive e dei laboratori di cui alla lettera b), e del personale laureato non medico e tecnico occorrente per gli stessi laboratori negli ospedali, nonchè nelle cliniche ed istituti di cui all'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, a graduale attuazione degli standard indicati dal decreto ministeriale 13 settembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 1988, fino ad una spesa complessiva annua di lire 120 miliardi, a regime, e di lire 80 miliardi per l'anno 1990;

d) svolgimento di corsi di formazione e di aggiornamento professionale per il personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS da tenersi fuori dall'orario di servizio, con obbligo di frequenza e con corresponsione di un assegno di studio dell'importo di lire 4 milioni lordi annui, fino ad una spesa annua complessiva di lire 35 miliardi;

e) potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze, fino ad una spesa complessiva annua di lire 38 miliardi a regime e di lire 20 miliardi per l'anno 1990;

f) potenziamento dei servizi multizonali per le malattie a trasmissione sessuale mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e province autonome in proporzione alle rispettive esigenze, fino ad una spesa complessiva annua di lire 6 miliardi, a regime;

g) potenziamento dei ruoli del personale dell'Istituto superiore di sanità. Per far fronte alle esigenze di cui al presente articolo, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui alla presente legge, le dotazioni organiche dei ruoli dell'Istituto superiore di sanità previste dalla tabella B, quadro I lettere a) e b), quadro II lettere a) e b), quadro III lettera a) e quadro IV, annessa alla legge 7 agosto 1973, n. 519 e successive modificazioni, sono incrementate, a partire dal 1º gennaio 1991, rispettivamente di 4, 20, 5, 5, 5 e 20 unità. Al relativo onere, valutato in lire 2.018,5 milioni in ragione d'anno, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate di cui al successivo periodo. Le tariffe dei servizi a pagamento resi a terzi dall'Istituto superiore di sanità sono adeguate entro il 31 dicembre 1990, con la procedura di cui al comma terzo dell'art. 3 della legge 7 agosto 1973, n. 519, in modo da assicurare un

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gettito in ragione d'anno non inferiore a lire 10.000 milioni. Le unità di personale di cui ai quadri II, III e IV, portati in aumento, potranno essere reperite, in deroga alle vigenti disposizioni, mediante utilizzo delle graduatorie dei concorsi espletati nell'ultimo quinquennio.

2. Le unità sanitarie locali, sulla base di indirizzi regionali, promuovono la graduale attivazione di servizi per il trattamento a domicilio dei soggetti affetti da AIDS e patologie correlate, finalizzati a garantire idonea e qualificata assistenza nei casi in cui, superata la fase acuta della malattia, sia possibile la dimissione dall'ospedale e la prosecuzione delle occorrenti terapie presso il domicilio dei pazienti. Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l'impiego, per il tempo necessario, del personale infermieristico del reparto ospedaliero da cui è disposta la dimissione che opererà a domicilio secondo le stesse norme previste per l'ambiente ospedaliero con la consulenza dei medici del reparto stesso, la partecipazione all'assistenza del medico di famiglia e la collaborazione, quando possibile, del volontariato e del personale infermieristico e tecnico dei servizi territoriali. Il trattamento a domicilio, entro il limite massimo di 2.100 posti da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze ed entro il limite di spesa complessiva annua di lire 60 miliardi, a regime, e di lire 20 miliardi per il 1990, può essere attuato anche presso idonee residenze collettive o case alloggio, con il ricorso ad istituzioni di volontariato o ad organizzazioni assistenziali diverse all'uopo convenzionate o a personale infermieristico convenzionato che opererà secondo le indicazioni dei responsabili del reparto ospedaliero. Le modalità di convenzionamento sono definite da un apposito decreto ministeriale. 3. Gli spazi per l'attività di ospedale diurno, da realizzare secondo le previsioni del comma 1, lettera b), sono funzionalmente aggregati alle unità operative di degenza, nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari, tra loro pienamente equivalenti agli effetti degli standard di personale. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanare ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono stabiliti criteri uniformi per l'attivazione da parte delle unità sanitarie locali dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali, con particolare riguardo ai reparti di malattie infettive e alle specifiche esigenze di diagnosi e cura delle infezioni da HIV, nonchè criteri uniformi per l'attivazione dei servizi di cui al comma 2 e sugli organici relativi. 4. Nelle singole regioni e province autonome, gli interventi di costruzione e ristrutturazione dei posti letto e quelli di adeguamento degli organici, entro le complessive previsioni quantitative stabilite al comma 1, lettere b) e c), possono essere realizzati anche in altri reparti che siano prevalentemente impegnati, secondo i piani regionali, nell'assistenza ai casi di AIDS, per oggettive e documentate condizioni epidemiologiche. 5. Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettera b), si provvede con operazioni di mutuo, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto del Ministro del tesoro. I finanziamenti predetti sono iscritti in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della sanità. Alla relativa gestione si provvede con le modalità di cui al comma 1 dell'art. 5 del decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1988, n. 109. All'onere di ammortamento dei mutui, valutato in ragione di lire 250 miliardi annui a decorrere dall'anno 1990, si fa fronte in relazione alla mancata utilizzazione della quota di lire 3.000 miliardi autorizzata per il 1988 dal comma 5 dell'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67. 6. Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettere c), d) ed e), e al comma 2 si provvede con quote del fondo sanitario nazionale di parte corrente, che vengono vincolate allo scopo.

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7. Al finanziamento degli interventi di cui al comma 1, lettera f), si fa fronte con gli stanziamenti di cui al capitolo 2547 dello stato di previsione del Ministero della sanità.

Art. 2. (Interventi in materia di costruzioni e ristrutturazioni)

1. In considerazione della eccezionale urgenza degli interventi in materia di strutture ospedaliere per malattie infettive, sulla base del fabbisogno di posti letto per l'anno 1992 indicato nel piano triennale della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS in relazione all'andamento epidemiologico stimato di tale patologia, all'attuazione degli interventi necessari si provvede con le modalità di cui al presente articolo. 2. In relazione alle indicazioni tecniche della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, le regioni e le province autonome determinano e comunicano al Ministro della sanità, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la distribuzione e la localizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia e di edificazione di nuove strutture per malattie infettive. In caso di mancata osservanza del termine, decide sulla materia il Ministro della sanità, sentita in via di urgenza la Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS. 3. Il CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, approva entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il programma degli interventi, suddiviso per regioni e province autonome e con l'indicazione delle localizzazioni e del dimensionamento delle strutture da realizzare. Con la stessa deliberazione il CIPE individua tra società con idonea qualificazione uno o più soggetti incaricati dell'espletamento, in concessione di servizi, dei compiti organizzativi afferenti all'esecuzione del programma. La deliberazione del CIPE è resa esecutiva con decreto del Ministro del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro della sanità. La dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è implicita per tutte le opere indicate nel decreto. La convenzione con il soggetto o i soggetti incaricati concessionari è stipulata dal Ministro della sanitè sentito il Ministro dei lavori pubblici. 4. Il concessionario o i concessionari, anche mediante affidamento di incarichi professionali, provvedono: al compimento di tutte le operazioni preliminari, ivi compresi gli studi geologici e le espropriazioni; alla redazione dei progetti; all'assistenza ed istruttoria relativa agli appalti; alla direzione dei lavori, alla contabilità e all'assistenza fino ai collaudi. Il concessionario o i concessionari rispondono, altresì, mediante la previsione di penalità contrattuali, di eventuali carenze progettuali, nonché del rispetto dei tempi convenuti per le opere da eseguire. 5. Il nucleo di valutazione di cui all'art. 20, comma 2, della legge 11 marzo 1988, n. 67, esprime sui singoli progetti il parere di conformità per quanto concerne gli aspetti tecnico-sanitari e di coerenza con il programma nazionale. Sui progetti predisposti dal concessionario o dai concessionari il parere del nucleo di valutazione si estende, altresì, alla congruità della soluzione, ai prezzi applicati, alle singole categorie di opere e ai tempi di realizzazione. 6. Alla esecuzione degli interventi si provvede mediante contratti di appalto, previa gara da espletarsi ai sensi dell'art. 3 della legge 17 febbraio 1987, n. 80, tra imprese di costruzione, anche cooperative, consorzi o raggruppamenti temporanei di imprese, in possesso dei requisiti minimi di carattere economico-finanziario e tecnico-organizzativi ivi indicati. Per le opere di minore consistenza e comunque inferiori a 20 miliardi o nell'eventualità di opere da realizzare in sedi con lavori già in corso, si provvede utilizzando le più adeguate modalità previste dalla normativa vigente in materia di esecuzione delle opere pubbliche. I contratti di appalto devono globalmente riguardare il complesso delle opere e fo rniture necessarie per il funzionamento delle strutture di

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ricovero e dei laboratori, comprese le attrezzature e gli arredi, nonchè gli impianti e le attrezzature inere ti ai servizi di dignostica per immagini ad elevata tecnologia, da realizzare, ove mancanti, nei centri ospedalieri di più alta qualificazione. 7. Delle commissioni giudicatrici delle gare di cui al comma 6 fanno parte un rappresentante del Ministro della sanità e un rappresentante del Ministro dei lavori pubblici. Il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro della sanità, nomina con propri decreti le commissioni di collaudo e assicura l'esercizio delle funzioni di alta sorveglianza.

Art. 3. (Conferenze regionali)

1. Per consentire l'immediata realizzazione degli intervent i previsti dalla presente legge, il Ministro della sanità promuove, d'intesa con ciascuna regione, un'apposita conferenza alla quale partecipano i responsabili dei competenti uffici delle amministrazioni e degli enti statali, regionali e locali comunque tenuti ad assumere atti di intesa, autorizzazioni, approvazioni, concessioni e nulla osta previsti da leggi statali e regionali. 2. La conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità dei progetti con le esigenze ambientali, territoriali, paesaggistiche e culturali ed entro quindici giorni dalla convocazione si esprime su di essi nella seduta all'uopo convocata. 3. L'approvazione assunta all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali. Ad essa si applicano le disposizioni di cui ai commi primo, quarto e quinto dell'art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni. 4. In assenza di unanimità e su motivata richiesta del Ministro della sanità, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo. Tale decreto ha gli stessi effetti previsti dal comma 3. 5. Non sono comunque derogabili le norme della legge 13 settembre 1982, n. 646 e successive modificazioni, nonché i vincoli di inedificabilità e le prescrizioni sostanziali contenute in vincoli previsti dalle leggi in materia paesaggistica, ambientale e storico-monumentale

Art. 4. (Norme in materia di personale)

1. Nei limiti delle dotazioni organiche e di spesa di cui all'art. 1, comma 1, lettera c), alla copertura di posti vacanti di personale medico e laureato nelle strutture di ricovero per malattie infettive e nei laboratori nel triennio 1990-1992, si provvede, in deroga alle vigenti disposizioni, mediante pubbliche selezioni regionali per titoli, da effettuarsi a cura di apposita commissione nominata dall'assessore alla sanità della regione o provincia autonoma e composta dallo stesso assessore o da un suo rappresentante, con funzioni di presidente, da un professore universitario titolare di cattedra di malattie infettive, da un rappresentante dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri del capoluogo di regione o della provincia autonoma, da un funzionario dirigente del Ministero della sanità designato dal Ministro, da un medico di ruolo in posizione apicale, incluso nell'elenco nazionale della disciplina delle malattie infettive, e da un funzionario della carriera amministrativa della regione o provincia autonoma, con funzioni di segretario. Si applicano alle selezioni i criteri di valutazione dei titoli previsti dalle vigenti disposizioni per i corrispondenti pubblici concorsi, con particolare considerazione, nell'ambito del curriculum formativo, alle attività svolte nel settore delle

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infezioni da HIV. Il bando per la prima selezione è emanato, per i posti disponibili, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Si applica, in caso di inadempienza, il disposto di cui al comma 2 dell'art. 6 della legge 23 ottobre 1985, n. 595. 2. Nei limiti delle dotazioni organiche e di spesa di cui all'art. 1, comma 1, lettera c), e in deroga alle vigenti disposizioni, alla copertura dei posti vacanti del personale non medico nelle strutture di ricovero per malattie infettive, nel triennio 1990-1992, si provvede mediante pubbliche selezioni per titoli presso ciascuna unità sanitaria locale. Si applicano a tali selezioni le norme vigenti, per i corrispondenti pubblici concorsi, in materia di composizione delle commissioni esaminatrici e di criteri di valutazione dei titoli, con particolare considerazione, nell'ambito del curric lum formativo, alle attività svolte nel settore delle infezioni da HIV. 3. Le unità sanitarie locali, entro la concorrenza di spesa di cui all'art. 1, comma 1, lettera d), organizzano annualmente corsi di formazione e di aggiornamento per il personale che opera presso i reparti ospedalieri di malattie infettive, con specifico riferimento ai problemi tecnico-sanitari connessi con l'attività di assistenza, ai problemi psicologici e sociali e a quelli che derivano dal collegamento funzionale nel trattamento a domicilio. Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, con proprio decreto disciplina l'istituzione e l'effettuazione dei corsi, nonché le modalità di erogazione dell'assegno da corrispondere ai partecipanti. 4. Con le stesse procedure previste dal presente articolo si provvede alla assunzione delle unità di personale sanitario e tecnico di cui all'art. 1, comma 1, lettera f), del personale dei laboratori di cui all'art. 1, comma 1, lettera b), e del personale occorrente per l'adeguamento degli organici nei reparti di cui all'art. 1, comma 4, utilizzando, per le commissioni di cui al comma 1 del presente articolo, docenti universitari e medici delle specifiche discipline. 5. Per far fronte alle esigenze assistenziali connesse agli interventi previsti dalla presente legge e nei limiti dei posti previsti nelle piante organiche, le unità sanitarie locali possono provvedere, in deroga alle vigenti disposizioni, all'assunzione per chiamata diretta di infermieri professionali, con rapporto di lavoro a tempo parziale, da reperirsi tra gli infermieri professionali in quiescenza che non abbiano raggiunto i limiti d'età per il pensionamento. Le assunzioni per chiamata diretta sono possibili solo qualora le procedure di reclutamento per titoli previste dal comma 2 non abbiano coperto le dotazioni organiche disponibili. Il reclutamento per chiamata diretta è effettuato sulla base di graduatorie per titoli. Il rapporto di lavoro è disciplinato con contratto di diritto privato a tempo determinato e con la tutela previdenziale propria di tale tipo di rapporto. 6. L'assunzione ha luogo sulla base di graduatorie predisposte dai coordinatori amministrativi e sanitari tenendo conto dei punteggi previsti dalle vigenti norme sui pubblici concorsi per i titoli di carriera, di studio ed accademici. 7. Il trattamento giuridico ed economico del predetto personale viene definito nell'ambito della contrattazione per il comparto del Servizio sanitario nazionale.

Art. 5. (Accertamento dell'infezione)

1. Gli operatori sanitari che, nell'esercizio della loro professione, vengano a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di infezione da HIV, anche non accompagnato da stato morboso, sono tenuti a prestare la necessaria assistenza adottanto tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita.

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2. Fatto salvo il vigente sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale dei casi di AIDS conclamato e le garanzie ivi previste, la rilevazione statistica della infezione da HIV deve essere comunque effettuata con modalità che non consentano l'indentificazione della persona. La disciplina per le rilevazioni epidemiologiche e statistiche è emanata con decreto del Ministro della sanità che dovrà prevedere modalità differenziate per i casi di AIDS e i casi di sieropositività. 3. Nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse. Sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, nell'ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate. 4. La comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti. 5. L'accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro

Art. 6. (Divieti per i datori di lavoro)

1. È vietato ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro l'esistenza di uno stato di sieropositività. 2. Si applica alle violazioni delle disposizioni contenute nel comma 1 il sistema sanzionatorio previsto dall'art. 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Art. 7. (Protezione dal contagio professionale)

1. Il Ministro della sanità, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, sentiti la Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e l'Istituto superiore di sanità, un decreto recante norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private.

Art. 8. (Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS)

1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS, presieduto dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato, del quale fanno parte i Ministri della sanità, per gli affari sociali, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale, della difesa, di grazia e giustizia, dell'interno e dei lavori pubblici. 2. Il Comitato interministeriale coordina gli interventi per la attuazione del piano globale di lotta all'AIDS e indica le misure necessarie per adattare gli interventi e le risorse finanziarie alle evoluzioni della epidemia da HIV.

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3. Il Governo riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV.

Art. 9. (Programmi delle regioni e delle province autonome)

1. Le regioni e le province autonome, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispongono i programmi per le attività di cui all'art. 1, comma 1, lettere c), d), e) e f), e comma 2. Decorso tale termine senza che siano stati adottati da parte delle regioni e delle province autonome i suddetti programmi, il Ministro della sanità procede alla nomina di commissari per il compimento degli atti necessari. 2. Le regioni e le province autonome, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, utilizzando personale già in servizio o personale in posizione di comando dalle unità sanitarie locali, istituiscono centri di riferimento aventi il compito di coordinare l'attività dei servizi e delle strutture interessate alla lotta contro l'AIDS, di attuare la sorveglianza epidemiologica e di pianificare gli interventi di informazione e formazione. La responsabilità dei centri deve essere affidata a personale medico che sia almeno in possesso dell'idoneità nazionale per le funzioni di primario di malattie infettive.

Art. 10. (Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 5 giugno 1990

COSSIGA Andreotti, Presidente del Consiglio dei Ministri

De Lorenzo, Ministro della Sanità Visto, il Guardasigilli : VASSALLI

Decreto Ministeriale 21 Luglio 1990

"Misure dirette ad escludere il rischio di infezioni epatitiche da trasfusioni di sangue "

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nº 1990)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ

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Vista la legge 4 maggio 1990, n.107, sulla disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati; Vista la legge 23 dicembre 1978, n.833, art.4 primo comma, n.6, e art. 6, primo comma,lettara c ); Visto il decreto ministeriale 18 giugno 1971, sui requisiti del sangue umano e dei suoi derivati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256, regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1967, n.592; Vista la propria circolare n. 68 del 1978 avente ad oggetto il controllo dell'HbS Ag su ogni singolo prelievo di sangue o plasma; Visto il decreto ministeriale 15 gennaio 1988, n.14, contenente disposizioni dirette ad escludere il rischio di infezioni da HIV; Ritenuto necessario dettare ulteriori disposizioni al fine di prevenire l'insorgenza di infezioni da virus epatici tramite la trasfusione di sangue e suoi componenti;

Decreta: Art. 1

I servizi di immunoematologia e trasfusione e i centri trasfusionali previsti nell'art.4 della legge 4 maggio 1990, n.107, nell'ambito delle funzioni attribuite a tali strutture dall'art.5, comma 2, della suddetta legge e particolarmente dalle lettere «a» e «t» hanno l'obbligo di effettuare su ogni singola unità di sangue e di plasma donato, oltre alla ricerca dell'HbS Ag (antigene di superficie del virus dell'epatite di tipo B) e degli anticorpi anti HIV, già stabilita con precedenti disposizioni, anche la ricerca degli anticorpi anti HCV (virus dell'epatite di tipo C) e la determinazione del livello di ALT (Alanin-Aminotrasferasi ).

Art. 2. Possono essere destinate alla trasfusione diretta di sangue e suoi componenti solo le unità risultate negative alla ricerca dell'HbS Ag, degli anticorpi anti HIV, e degli anticorpi anti HCV e in cui siano stati riscontrati livelli di ALT non superiori a 1,5 volte il valore massimo dell'intervallo normale stabilito sulla propria popolazione di donatori da ciascun servizio o centro di cui all'art. 1. Le unità di sangue o plasma risultate positive ad una delle suddette analisi devono essere eliminate.

Art. 3 Gli schedari di cui all'art. 2 della legge 4 maggio 1990, n.107, devono riportare anche i dati relativi alle analisi di cui al precedente articolo eseguite con metodiche idonee su ogni unità di sangue, o di plasma donato. Gli schedari, aggiornati in ogni loro parte, devono essere esibiti ad ogni controllo delle autorità sanitarie fermo restando il segreto professionale e quello di ufficio di cui all'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256.

Art. 4 Il presente decreto avrà efficacia a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 21 luglio 1990

Il Ministro, Francesco De Lorenzo

Decreto Ministeriale 28 Settembre 1990

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"Norme di prevenzione del contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 235 del 8 ottobre 1990)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 5 giugno 1990, n. 135, riguardante la prevenzione e la lotta contro l'AIDS; Visto, in particolare, l'art. 7 della predetta legge, che prevede che il Ministro della sanità emani un decreto recante norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private; Tenuto conto che l'attuazione della richiamata legge, per la parte che riguarda il programma di costruzioni e ristrutturazioni dei reparti più direttamente interessati all'assistenza alle persone affette da AIDS e patologie correlate consentirà di adeguare le condizioni difunzionalità dei predetti reparti dal punto di vista sia della strutturazione edilizia e dalle dotazioni strumentali che dei requisiti ambientali e di sicurezza; Visti i documenti prodotti dalla commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, ed in particolare le "linee guida di comportamento per gli operatori sanitari per il controllo dell'infezione da HIV"; Considerato che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è possibile identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV, e che pertanto, in aggiunta alle misure che si riferiscono all'assistenza ai soggetti per i quali è già nota l'infezione, è necessario definire precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio con riferimento alle attività che vengono prestate, nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, nei confronti della generalità delle persone assistite; Sentiti la commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e l'istituto superiore di sanità:

Decreta:

Art. 1.

Precauzioni di carattere generale Tutti gli operatori, nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private, inclusi i servizi di assistenza sanitaria in condizioni di emergenza e i servizi per l'assistenza ai tossicodipendenti, nonchè quanti partecipano alle attività di assistenza e trattamento domiciliare di pazienti. debbono adottare misure di barriera idonee a prevenire l'esposizione della cute e delle mucose nei casi in cui sia prevedibile un contatto accidentale con il sangue o con altri liquidi biologici. Tali precauzioni, basate sulle modalità di trasmissione in ambito assistenziale, vanno in particolare applicate oltre che al sangue, al liquido seminale, alle secrezioni vaginali, ai liquidi cerebrospinali, sinoviale, pleurico peritoneale, pericardico e amniotico. Esse non vanno, invece, applicate a feci, secrezioni nasali, sudore, lacrime, urine e vomito, salvo che non contengano sangue in quantità visibile. Nell'effettuazione di prelievi tecnicamente di difficile esecuzione, per le condizioni del paziente o per la particolarità del sito di prelievo e durante l'istruzione del personale all'esecuzione dei prelievi

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stessi è obbligatorio l'uso del guanto. Il trasporto ai laboratori di campioni di sangue, liquidi biologici e tessuti deve avvenire tramite l'utilizzazione di appositi contenitori idonei ad evitare perdite.

Art. 2.

Eliminazione di aghi e di altri oggetti taglienti L'eliminazione degli aghi e degli altri oggetti taglienti, utilizzati nei confronti di qualsiasi paziente, deve avvenire con cautele idonee ad evitare punture o tagli accidentali. In particolare gli aghi, le lame di bisturi e gli altri strumenti acuminati o taglienti monouso non debbono essere rimossi dalle siringhe o da altri supporti ne in alcun modo manipolati o rincappucciati, ma riposti, per l'eliminazione, in appositi contenitori resistenti alla puntura. I presidi riutilizzabili debbono, dopo l'uso, essere immediatamente immersi in un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV prima delle operazioni di smontaggio o pulizia, da effettuare come preparazione per la sterilizzazione.

Art. 3

Precauzioni per i reparti di malattie infettive Nell'ambito dei reparti di malattie infettive e negli altri reparti che ordinariamente provvedono all'assistenza a pazienti infetti da HIV, in corrispondenza della molteplicità di agenti infettanti che possono colpire le persone assistite debbono essere adottate misure di igiene individuale e generale nonchè tecniche assistenziali di isolamento enterico e respiratorio idonee ad evitare la contaminazione ambientale da parte dei microrganismi veicolati dai predetti pazienti.

Art 4.

Norme per gli operatori odontoiatrici Gli operatori odontoiatrici, oltre ad osservare le precauzioni di carattere generale debbono indossare i guanti durante le manovre che possono comportare contatto con mucose, sangue, saliva e fluido gengivale, sostituendoli per ogni singolo paziente. I manipoli, gli ablatori ad ultrasuoni, le siringhe aria/acqua, le frese e qualsiasi altro strumento che venga a contatto con le mucose, dopo l'utilizzo, se riutilizzabili, vanno sterilizzati per ogni singolo paziente nei casi in cui la sterilizzazione non sia tecnicamente possibile, è obbligatoria la disinfezione degli strumenti con sostanze chimiche di riconosciuta efficacia sull'HIV. Tutti i rifiuti dei gabinetti dentistici debbono essere eliminati secondo la procedura di cui alla legge 10 febbraio 1989, n. 45.

Art. 5.

Precauzioni per gli operatori addetti alle autopsie

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Gli Operatori addetti alle autopsie, fermo restando quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, in ordine al trasporto delle salme, debbono indossare, durante le procedure, maschere, occhiali, guanti e camici a tenuta d'acqua. Gli strumenti e le superfici contaminate durante le procedure debbono essere decontaminati con un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV.

Art. 6.

Precauzioni specifiche per i laboratori Il personale che opera nei laboratori, oltre ad osservare le precauzioni di ordine generale, deve adottare idonee misure protettive durante la manipolazione di campioni di sangue, e degli altri materiali biologici indicati nell'art. 1. Al termine delle attività il personale deve decontaminare i piani di lavoro con un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull'HIV. La gestione dei campioni clinici, dei materiali biologici indicati nell'art. 1 e dei tessuti, deve essere effettuata in modo da minimizzare la diffusione di materiali patologici per limitare la conseguente possibilità di contaminazione dell'operatore e dell'ambiente. Le attività che comportano la produzione di virus in concentrazioni elevate, debbono essere eseguite in laboratori di sicurezza livello 3, della classificazione adottata dall'Organizzazione mondiale della sanità. Per il pipettamento è obbligatoria l'adozione di sistemi di tipo meccanico. Tutta la vetreria di laboratorio, il materiale monouso e i rifiuti dell'attività di laboratorio debbono essere eliminati secondo la procedura di cui alla legge 10 febbraio 1989, n.45. Le apparecchiature debbono essere decontaminate prima di qualsiasi intervento di manutenzione o riparazione.

Art. 7

Precauzioni per il personale addetto alle operazioni di prono soccorso e trasporto degli infermi e degli infortunati.

Il personale sanitario che effettua operazioni di primo soccorso e trasporto di infermi ed infortunati deve utilizzare, oltre alle precauzioni di carattere generale, sistemi meccanici di respirazione che evitino il contatto diretto con le mucose dell'infermo.

Art. 8.

Obblighi degli organi preposti Gli organi preposti alle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private, i titolari di studi

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professionali e di laboratori, nonché i responsabili delle istituzioni di volontariato o delle organizzazioni assistenziali previste dalle leggi vigenti, debbono:

1. rendere edotti, con adeguati strumenti di informazione, gli operatori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme di prevenzione di cui al presente decreto;

2. assicurare agli operatori mezzi, presidi e materiali per l'attuazione delle presenti norme;

3. disporre e vigilare affinché gli operatori osservino le precauzioni stabilite ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.

Art. 9.

Obblighi degli operatori

Tutti gli operatori di cui all'art.1 debbono:

1. osservare le norme del presente decreto nonché le misure correntemente riconosciute idonee per il controllo delle infezioni;

2. usare, nelle circostanze previste dal presente decreto, i mezzi di protezione messi a loro disposizione;

3. comunicare immediatamente all'organo preposto l'accidentale esposizione a sangue o ad altri liquidi biologici per l'adozione degli opportuni provvedimenti;

4. comunicare immediatamente, all'organo preposto, eventuali proprie ferite o lesioni cutanee essudative, per l'adozione degli opportuni provvedimenti.

Art. 10

Raccomandazioni ed indicazioni tecniche

Specifiche raccomandazioni tecniche ed indicazioni sulle sostanze chimiche di riconosciuta validità per la protezione dal contagio professionale da HIV, potranno essere periodicamente definite dalla commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS. Con le stesse modalità potranno essere altresì, proposti standard di riferimento per presidi e materiali da utilizzare nelle procedure assistenziali. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Roma, 28 settembre 1990

Il Ministro: De Lorenzo

Decreto Ministeriale 1 Febbraio 1991

"Rideterminazione delle forme morbose che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, nonché all'attestazione delle stesse"

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(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 32 del 7 febbraio 1991)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ

[OMISSIS]

Art. 3 3. I soggetti affetti dalle forme morbose sotto elencate sono esentati dal pagamento delle quote di partecipazione alla spesa, limitatamente alle prestazioni di diagnostica strumen tale e di laboratorio e alle altre prestazioni specialistiche correlate alla patologia stessa e di seguito indicate, sempreché ritenute necessarie dal medico:

1) affezioni dell'apparato cardiovascolare in trattamento anticoagulante limitatamente a: tempo di protrombina, tempo di tromboplastina parziale (PTP);

2) cardiopatie scompensate (N.Y.H.A. classe 111 e IV) limitatamente a: elettrocardiografia, ecocardiografia, monitoraggio dei farmaci specifici;

3) angioedema ereditario: inibitore del C1;

4) artrite reumatoide limitatamente a: fattore velocità di sedimentazione (VES), autoan- specifici, emocromocitometria, radiologia convenzionale del distretto osteoar- coinvolto;

5) dermatomiosite limitatamente a: fattore velocità di sedimentazione (VES), autoanti- specifici, emocromocitometria;

6) lupus eritematoso sistemico limitatamente a: fattore reumatoide, velocità di sedimentazione (VES), autoanticorpi specifici, emocromo citometria, esame urine, radiologia convenzionale del torace;

7) sclerosi sistemica progressiva limitatamente a: fattore reumatoide, velocità di sedimentazione (VES), autoanticorpi, emocromocitometria;

8) sclerosi multipla limitatamente a: monitoraggio della evoluzione della malattia;

9) immunodeficienze congenite limitatamente a: immunoglobuline, fattori complemento, emocromocitometria, sottopopolazioni linfocitarie, funzionalità neutrofili (NBT);

10) pemfigo e pemfigoidi limitatamente a: immunofluorescenza diretta ed indiretta della lesione, dosaggio immunoglobuline emocromocitometria, velocità di sedimentazione (VES);

11) psoriasi pustolosa grave limitatamente a: emocromocitometria, velocità di sedimentazione (VES);

12) emoglobinopatie e anemie congenite limitatamente a: emocromocitometria, reticolociti, bilirubina, ferritinemia;

13) emofilia limitatamente a: emocromocitometria, radiologia convenzionale del distretto osteoarticolare coinvolto;

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14) fenilchetonuria ed errori congeniti del metabolismo limitatamente a: aminoacidi e acidi organici urinari, equilibrio acido-base;

15) glaucoma limitatamente a: tonometria, campimetria, fondo dell'occhio, ecografia oculare;

16) insufficienza renale limitatamente a: urea, creatinina (clearance), esame urine, elettroliti, proteinuria, emocromocitometria, elettrocardiografia, ecografia renale, radiologia convenzionale torace (5);

17) insufficienza respiratoria cronica limitatamente a: emogasanalisi, elettroliti, emocromocitometria, radio logia convenzionale torace, elettrocardiografia, monitoraggio dei farmaci specifici;

18) ipertensione arteriosa resistente alle misure generali di ordine igienico e dietetico limitatamente a: elettroliti, creatinina, esame urine, radiologia convenzionale torace, elettrocardiografia, fondo oculare;

19) miastenia grave e miopatie congenite limitatamente a: creatina kinasi, aldolasi, mioglobina;

20) morbo di Hansen limitatamente a: anticorpi anti-micobacterium leprae, radiologia convenzionale dei segmenti scheletrici coinvolti;

21) tubercolosi attiva bacillifera limitatamente a: velocità di sedimentazione (VES) emocromocitometria, ricerca bacillo Koch, esami radiologici relativi agli organi interessati;

22) i soggetti affetti da HIV e i sospetti di esserlo ai soli fini dei relativi accertamenti diagnostici;

23) diabete insipido limitatamente a: elettroliti, osmolalità serica e urinaria, prova di concentrazione;

24) diabete mellito limitatamente a: glicemia, glico-emoglobina, proteine glicate, esame urine, albuminuria, fondo dell'occhio, elettromiografia, creatinina, fluorangiografia se richiesta dallo specialista oftalmologo ed in presenza di retinopatia diabetica, fotocoagulazione retinica, determinazione della microalbuminuria limitatamente a tre determinazioni/anno, visite specialistiche inerenti al diabete ed alle sue complicanze effettuate presso i centri e i servizi di diabetologia di cui all'art. 2, comma 2, della Legge 16 marzo 1987, n. 115 (6);

25) nanismo ipofisario e sindrome di Turner ed altre endocrinopatie congenite limitatamente a: GH (dopo stimolo), FSH, LH, TSH, T4: cortisolo, 17 OH progesterone, 17 ketocorticoidi urinari, testosterone, delta 4 androstenedione, estradiolo; monitoraggio età ossea (radiologia convenzionale mano, polso);

26) neoplasie limitatamente a: terapia radiante, monitoraggio umorale e strumentale della crescita neoplastica e della terapia antiblastica;

27) psicosi limitatamente a: monitoraggio dei farmaci specifici;

28) spasticità da cerebropatia limitatamente a: monitoraggio dei farmaci specifici;

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29) sindrome e morbo di Parkinson limitatamente a: monitoraggio dei farmaci specifici;

30) epilessia limitatamente a: monitoraggio dei farmaci antiepilettici;

31) retinite pigmentosa limitatamente a: fondo dell'occhio, visus, elettroretinogramma, campimetria;

32) rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn limitatamente a: rettoscopia pancolonscopia con relative biopsie intestinali, clisma opaco, radiologia convenzionale digerente, clisma del tenue, ecografia addome, emocromo citometria, proteine totali ed elettroforesi.

33) fibrosi cistica del pancreas limitatamente a: emocromo citometria, proteine, albumina, elettroliti, radiologia convenzionale del torace;

34) epatite cronica attiva e cirrosi epatica, cirrosi biliare primitiva limitatamente a: proteine totali, albumina. immunoglobuline, ammonio, elettroliti, bilirubina, transaminasi (AST, ALT), gammaglutamiltrasferasi (GGT), fosfatasi alcalina (ALP), emocromo citometria, autoanticorpi, anticorpi specifici, markers dell'epatite, esofagogramma;

35) [trapianto d'organo limitatamente, a: monitoraggio della funzione degli organi trapiantati; monitoraggio della terapia antirigetto] (6/a);

36) i donatori di sangue in rapporto con gli atti di donazione;

37) i donatori viventi d'organo compresi i donatori di midollo emopoietico in connessione con gli atti di donazione;

38) ipercolesterolemie familiari: LDL aferesi, limitatamente ai casi di ipercolesterolemia familiare, là dove indicato, su prescrizione di un centro ospedaliero (6/b).

4. Sono esentati dal pagamento delle quote di partecipazione alla spesa sanitaria per le prestazioni farmaceutiche, di diagnostica strumentale e di laboratorio e per le prestazioni specialistiche correlate alle specifiche patologie di cui sono affetti.

[OMISSIS]

NOTE: (5) Numero così modificato dall'art. 1, D.M. 5 settembre 1991 (Gazz. Uff. 16 settembre 1991, n. 217). (6) Numero così sostituito dall'art. 3, D.M. 5 settembre 1991 (Gazz. Uff. 16 settembre 1991, n. 217). (6/a) Numero soppresso dall'art; 2, D.M. 30 dicembre 1991 (Gazz. Uff: 20 gennaio 1992, n. 15). (6/b) Numero aggiunto dall'art. 2, D.M. 5 agosto 1992 (Gazz. Uff. 12 agosto 1992, n. 189).

Decreto Ministeriale 7 Giugno 1991 "Indicazioni sulle finalità statutarie delle Associazioni e Federazioni dei Donatori di sangue"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 148 del 26 giugno 1991)

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IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visti gli articoli 1 e 45 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale; Vista la legge 4 maggio 1990, n.º 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati» ed in particolare l'art. 2, comma 3, che demanda al Ministro della sanità la fissazione delle indicazioni relative alle finalitàstatutarie delle associazioni e federazioni dei donatori volontari del sangue; Vista la legge 13 marzo 1958, n.º 296;

Decreta:

Art. 1.

1. Rientrano fra le associazioni e federazioni dei donatori di sangue quelle che, escluso ogni fine di lucro:

a. si ispirano, nei rispettivi statuti ai valori umani e solidaristici della donazione volontaria e gratuita del sangue e dei suoi componenti;

b. sono formate da cittadini donatori volontari o che già lo siano stati;

c. improntano l'organizzazione e la struttura degli organi associativi al principio democratico.

2. A tal fine gli atti istitutivi e regolamentari delle associazioni e delle federazioni dei donatori di sangue debbono essere informati alla più ampia partecipazione dei cittadini ed a criteri democratici di gestione dell'ordinamento interno.

Art. 2. 1. Le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue, legalmente costituite e riconosciute, ammesse a concorrere ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale perseguono i seguenti scopi:

a. promozione dell'informazione e della educazione al dono del sangue e della educazione alla salute nella popolazione, con interventi a livello nazionale, regionale e locale;

b. promozione e sviluppo della coscienza trasfusionale;

c. offerta del sangue da parte dei soci, senza vincoli sulla destinazione;

d. adesione al programma nazionale per il raggiungimento dell'autosufficienza ematica come stabilito nella legge 4 maggio 1990, n.º 107 e secondo le direttive e raccomandazioni dell'OMS, della CEE e del Consiglio d'Europa.

Art. 3. 1. Le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue possono concorrere ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale, secondo i rispettivi piani sanitari regionali, mediante convezioni da stipulare con le regioni in conformità allo schema tipo previsto dall'art. 1, comma 8, della legge n.º 107/1990. 2. La stipula delle convenzioni indicate al comma 1 è condizionata alla verifica della conformità degli statuti delle associazioni e federazioni contraenti alle indicazioni del presente decreto.

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Art. 4. 1. Le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono tenute ad adeguare, ove necessario, il proprio statuto alle indicazioni del presente decreto entro un anno dalla sua pubblicazione. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 7 giugno 1991

Il Ministro: DE LORENZO

Modificato dal: Decreto Ministeriale 1º Settembre 2000

Decreto Ministeriale 12 Giugno 1991

"Disposizioni sull'importazione ed esportazione del sangue umano e dei suoi derivati, per uso terapeutico, profilattico e diagnostico"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 148 del 26 Giugno 1991)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visti gli articoli 4, comma 1, punto 6, e l'art. 6, primo comma, lettera c), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, recante la "Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"; Visto in particolare l'art. 15, comma 1 e 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107, che autorizza il Ministro della sanità a fissare le modalità per l'importazione ed esportazione del sangue umano conservato e dei suoi derivati; Visto il decreto ministeriale 27 dicembre 1990, che stabilisce le «caratteristiche e modalità per le donazioni del sangue ed emoderivati»; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, di cui all'art. 12 della legge 4 maggio 1990, n. 107, nominata con decreto del Ministro della sanità il 26 giugno 1990; Vista la legge 13 marzo 1958, n. 296;

Decreta:

Art. 1. 1. L'importazione di sangue umano, emocomponenti, plasma, plasmaderivati ad uno stato intermedio di lavorazione, per uso terapeutico, profilattico e diagnostico, viene autorizzata di volta in volta dal Ministero della sanità, anche in relazione allo stato di avanzamento dei piano di incremento produttivo di plasma nazionale. 2. Il Ministero della sanità consente l'importazione dei suddetti prodotti dopo aver accertato l'origine del sangue o del plasma e dopo aver acquisito da parte delle autorità sanitarie e dei produttori dei Paesi esportatori le garanzie necessarie e i dettagli delle metodiche utilizzate per assicurare la protezione dei donatori e dei riceventi. 3. L'autorizzazione è altresì concessa a condizione che il richiedente sia in grado di eseguire sul

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prodotto importato i controlli previsti dalla Farmacopea ufficiale, stabiliti con appositi provvedimenti del Ministero della sanità e raccomandati da norme internazionali e possa assicurare in qualsiasi momento e per qualsiasi evenienza la documentazione relativa alla selezione dei donatori. 4. I requisiti cui debbono corrispondere le importazioni di plasma e di plasmaderivati sono fissati almeno con cadenza annuale su proposta del Consiglio superiore di sanità, sentite la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale e la Commissione nazionale AIDS, tenendo conto delle acquisizioni scientifiche in materia e della esigenza di realizzare l'autosufficienza nazionale.

Art. 2.

1. Nei casi di necessità e urgenza determinati da eventi straordinari il Ministero della sanità può procedere direttamente all'importazione dei prodotti di cui all'articolo 1 e alla successiva distribuzione tramite centri regionali di coordinamento e compensazione, di cui all'art. 4, comma 2, lettera a), della legge 4 maggio 1990. n. 107.

Art. 3.

1. L'esportazione dei prodotti di cui all'art. 1 potrà essere consentita a condizione che risulti prioritariamente soddisfatto il fabbisogno nazionale relativo allo specifico prodotto per il quale viene chiesta l'autorizzazione all'esportazione. 2. I prodotti esportati devono essere sottoposti a tutti i controlli di cui all'art. 1.

Art. 4.

1. La domanda di autorizzazione di importazione o esportazione deve essere indirizzata al Ministero della sanità, Direzione generale del servizio farmaceutico e deve indicare:

a. il tipo di prodotto e la quantità che si intende importare o esportare;

b. la destinazione d'impiego;

c. il Paese di provenienza o di destinazione;

d. il mezzo di trasporto designato;

e. la frontiera di passaggio.

2. Alla domanda deve essere allegata una attestazione responsabilizzante relativa ai controlli di cui all'art. 1. comma 2 e 3.

Art. 5.

1. Non è soggetta a preventiva autorizzazione la importazione o l'esportazione di campioni di sangue, siero o plasma umani destinati ad indagini diagnostiche sui campioni stessi. Detti campioni devono essere contenuti in recipienti preferibilmente di materiale infrangibile, chiusi ermeticamente e confezionati in modo tale da rendere impossibile lo spargimento all'esterno del loro contenuto in caso di rottura, a salvaguardia del personale addetto alla manipolazione dei campioni stessi.

Art. 6.

1. L'importazione di specialità medicinali costituite da plasmaderivati legalmente in commercio nel Paese di provenienza ma non ancora registrate in Italia è sottoposta ad autorizzazione del Ministero

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della sanità e può essere consentita in caso di mancanza di analoghe alternative terapeutiche e a condizione che:

a. le specialità medicinali stesse risultino preparate nei Paesi d'origine con requisiti equivalenti a quelli richiesti nello Stato;

b. la richiesta di importazione sia accompagnata da dichiarazione del sanitario che si assume la responsabilità dell'impiego caso per caso, vidimata dalla competente autorità sanitaria locale.

Art. 7.

1. Alle autorità sanitarie di frontiera è demandata la vigilanza sull'applicazione delle presenti disposizioni. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 12 giugno 1991 Il Ministro: DE LORENZO Modificato dal: Decreto Ministeriale 5 novembre 1996

Decreto Ministeriale 18 giugno 1991

"Indicazioni per l'istituzione del registro del sangue in ciascuna regione e provincia autonoma"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 167 del 18 luglio 1991)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

Vista la legge 4 maggio 1990, nº 107, «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati» ed in particolare, l'art. 1, comma 7 che autorizza il Ministro della sanità a fissare le indicazioni per la istituzione del registro del sangue in ciascuna regione e provincia autonoma; Sentito il parere espresso dalla Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, nominata con decreto del Ministro della sanità 26 giugno 1990, ai sensi dell'art. 12 della predetta legge nº 107/1990; Vista la legge 13 marzo 1958,nº 296;

DECRETA

Art. 1

1. Il registro del sangue è un sistema informativo stabile per la conoscenza dei dati relativi alla raccolta e alla distribuzione del sangue umano ed alle informazioni sul complesso delle attività svolte dai servizi e centri di cui agli articoli 5 e 6 della legge nº 107/1990.

2. Il registro si basa su un questionario che viene compilato da responsabile di ogni servizio o centro a cadenza semestrale. Esso va trasmesso alle regioni entro il giorno 15 del mese successivo al semestre cui si riferisce.

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3. Il questionario è composto da due sezioni: la prima attiene al movimento del sangue e suoi derivati; la seconda riguarda informazioni sulla organizzazione dei servizi e dei cent ri. Esso va trasmesso dalle regioni al Ministero della sanità - Direzione generale dei servizi di medicina sociale - Commissione nazionale per il servizio trasfuzionale e all'Istituto superiore di sanità entro il quindicesimo giorno successivo a quello ind icato al comma 2.

4. L'Istituto superiore di sanità, con i dati raccolti dal registro prepara a cadenza semestrale un rapporto che trasmette tempestivamente al Ministero della sanità. L'Istituto diffonde i dati inerenti la pratica trasfusionale secondo le direttive del Ministero della sanità.

Art. 2

1. Il questionario riportato nell'allegato A è soggetto a modifiche ed integrazioni con le modalità previste dall'art. 1, comma 7, della legge nº 107/1990 tenendo conto anche delle osservazioni e proposte delle regioni e provincie autonome.

2. Al fine di consentire alle regioni e provincie autonome di dotarsi di idonei mezzi informatici per la gestione del registro del sangue, in base al questionario allegato al presente decreto, questi non verrà modificato prima del quarto anno di applicazione.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 18 giugno 1991

Il Ministro: De Lorenzo ALLEGATO A

Sostituito da "ALLEGATO A" del Decreto Ministeriale 5 novembre 1996

REGISTRO NAZIONALE E REGIONALE SANGUE E PLASMA Anno ........................ Semestre ..................

PARTE PRIMA (Sezioni A - E)

[OMISSIS]

Decreto Ministeriale 18 Settembre 1991

"Determinazione dello Schema-Tipo di convenzione fra Regioni e Associazioni e Federazioni di Donatori Volontari"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nº. 232 del 3 ottobre 1991)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, nº 107, recante la disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati e, in particolare, l'art. 2 che riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria e gratuita del sangue e dei suoi componenti;

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Ritenuto di dover definire lo schema-tipo di convenzione, previsto dall'art. 1, comma 8, della predetta legge nº 107/1990, al quale devono conformarsi le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano nello stipulare le convenzioni con le associazioni o federazioni di donatori volontari di sangue per la loro partecipazione alle attività trasfusionali organizzate nelle atrutture indicate dall'art. 4 della predetta legge nº 107/1990; Sentito il parere espresso dalla Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, nominata con proprio decreto del 26 giugno 1990; Sentito il Consiglio sanitario nazionale nella seduta del 23 luglio 1991; Vista la legge 13 marzo 1958, nº 296;

DECRETA Art. 1

Convenzioni Le regioni e le provincia autonome, nello stipulare le convenzioni con le associazioni o le federazioni di donatori volontari del sangue, ai sensi dell'art. 1, comma 8 della legge 4 maggio 1990, nº 107, di seguito indicata come legge 107/1990, ottemperano ai seguenti criteri fissati quale schema tipo delle convenzioni stesse.

Art. 2 Attività di propaganda, di promozione e di educazione alla salute

1. La convenzione, in aderenza alle condizioni del piano santario regionale, disciplina il concorso necessario delle associazioni e federazioni in premessa indicate per l'organizzazione e l'attuazione delle attività di propaganda e promozione specifiche, in collaborazione con le unità sanitarie locali.

2. Le regioni e le provincie autonome forniscono il supporto per l'informazione tecnico-scientifica destinato alla promozione della donazione del sangue nel rispetto della tutela della salute dei donatori.

3. Le regioni e le provincie autonome valutano gli oneri finanziari delle iniziative, assicurando il relativo finanziamento con il concorso delle unità sanitarie locali e dei comuni interessati.

Art. 3 Rapporti economici

1. La convenzione definisce le forme di corresponsione di un contributo daparte delle regioni e provincie autonome alle associazioni e alle federazioni di donatori di sangue per lo svolgimento dei compiti e dell'attività istituzionale indicata dall'art. 2, punto 2, della legge nº 107/1990 e dagli articoli 1 e 2 del presente schema tipo di convenzione.

2. Dal contributo di cui al precedente comma sono, comunque, esclusi i costi di cessione delle unità di sangue.

3. La regione potrà valutare di volta in volta anche iniziative particolari o progetti obiettivi per la promozione e la propaganda del dono del sangue con il concorso delle unità sanitarie locali e dei comuni interessati, assicurandone, conseguentemente, il relativo finanziamento.

Art. 4 Raccolta del sangue e tutela del donatore

1. Le associazioni e le federazioni di donatori volontari del sangue, in aderenza ai propri fini statutari, concorrono alla raccolta del sangue attivando i propri iscritti e concordando con le strutture trasfusionali pubbliche la chiamata dei donatori.

2. La convenzione stabilisce le modalità con le quali è concordata con le associazioni e le strutture trasfusionali pubbliche la realizzazione del servizio di chiamata dei donatori.

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3. La convenzione stabilisce, altresì, le modalità con le quali le associazioni e le federazioni comunicano alle strutture trasfusionali gli elenchi, periodicamente aggiornati, dei propri donatori, anche ai fini degli accertamenti di idoneità alla donazione, ai sensi del comma 4 degli articoli 2 e 3 della legge nº 10/1990.

4. La convenzione stabilisce, inoltre, le modalità attuative del decreto ministeriale 15 gennaio 1991, ai fini della tutela della salute del donatore da parte dei servizi di immunoematologia e trasfusione dei centri trasfusionali di cui agli articoli 5 e 7 della legge nº 107/1990, di concerto con le associazioni e le federazioni di donatori di sangue.

5. La convenzione prevede adeguata copertura assicurativa per i donatori nell'ipotesi di danni ed infortunio, anche «in itinere», correlati con la donazione.

Art. 5 Gestione delle unità di raccolta fisse e mobili da parte delle associazioni e federazioni dei donatori

volontari del sangue

1. Le regioni e le provincie autonome, tenuto conto delle esigenze del piano sanitario nazionale, possono affidare in via convenzionale, per ambiti territoriali definiti, la gestione della raccolta del sangue e del plasma, con strutture fisse e mobili, alle associazioni e federazioni in premessa indicate che ne facciano richiesta, previa verifica delle condizioni strutturali previste dall'art. 7, comma 2, della legge nº 107/1990.

2. In sede di convenzione le parti concordano l'entità e le modalità di corresponsione del rimborso delle spese per le attività di raccolta qualora delegate alle associazioni e alle federazioni di donatori di sangue, fissando garanzie ed adempimenti che dovranno essere osservati anche da parte del rispettivo personale.

Art. 6 Partecipazione delle associazioni alla programmazione e sviluppo dell'attività di raccolta dei

servizi trasfusionali

1. In sede di convenzione sono stabilite le modalità della partecipazione delle associazioni e delle federazioni di donatori di sangue alle attività dei servizi trasfusionali in maniera da garantire la presenza di tutte le componenti istituzionali, tecniche ed associative, ad essa interessate, in stretta collaborazione operativa con il centro di coordinamento e compensazione di cui all'art. 8 della legge nº 107/1990.

2. Il centro regionale di coordinamento e compensazione propone alla regione le linee guida finalizzate alla collaborazione delle associazioni e delle federazioni convenzionate con le strutture trasfusionali di cui agli articoli 5, 6 e 7 della legge 107/1990.

3. Le regioni e le provincie autonome formulano gli indirizzi per le unità sanitarie locali e gli enti e istituti di cui all'art. 18, comma 1, della legge n° 107/1990 per la realizzazione della partecipazione di cui al presente articolo.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Roma, 18 settembre 1991

Il Ministro: DE LORENZO Modificato dal Decreto Ministeriale 22 novembre 1993

Decreto Ministeriale 18 Settembre 1991

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"Determinazione del prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n.º 232 del 3 ottobre 1991)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto l'art. 4, primo comma, n. 6), l'art. 6, primo comma, lettera C) e l'art. 45 della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale 23 dicembre 1978, n. 833; Vista la legge 4 maggio 1990, n.º 107, "Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"; Visto, in particolare, l'art. 1, comma 6, della legge 4 maggio 1990, n. 107; Ritenuto che occorre provvedere agli adempimenti previsti dalle citate disposizioni di legge; Sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, di cui all'art. 12 della legge 4 maggio 1990, n. 107, nominata con decreto del Ministro della sanità il 26 giugno 1990; Sentito il Consiglio sanitario nazionale nella seduta del 23 luglio 1991:

Decreta: Art. 1.

1. Il prezzo unitario annuale di cessione delle unità di sangue ed emocomponenti tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale, è espresso dall'allegata tabella che fa parte integrante del presente decreto e decorre dalla data di pubblicazione dello stesso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Quantità e requisiti minimi come previsto da D.M. 27-12-1990

Costo cessione in Lire

Sangue / emocomponente:

1) Unità di sangue intero non classificato raccolta in sacca multipla

40.000

2) Unità di sangue classificata (sangue intero od emazie conc.) 110.000

3) Plasma fresco congelato tipo A (congelato entro 6 ore dal prelievo) (non inferiore a 200 ml) 20.000

4) Concentrato piastrinico da singola unità 25.000

5) Unità di plasma di aferesi (non inferiore a 500 ml) 125.000

6) Concentrato piastrinico o leucocitario, da aferesi 500.000

7) concentrato piastrinico da plasma piastrinico aferesi 200.000

8) Crioprecipitato (contenuto minimo di Fattore VIII pari a 100 U.I.) 40.000

9) Plasma tipo B (congelato entro 24 ore dal prelievo) 60.000 litro

10) Plasma tipo C (congelato dopo le 24 ore dal prelievo) 40.000 litro

11) Plasma iperimmune (elevata concentrazione di anticorpi specifici)

prezzo maggiorato in

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funzione del tipo e della concentrazione degli anticorpi specifici

Maggiorazioni:

a) Rimozione del buffy-coat per unità 6.000

b) Deleucocitazione mediante filtrazione (per ogni filtro impiegato)

60.000

c) Congelamento/scongelamento cellule (eritrociti o piastrine) 250.000

d) Lavaggio cellule 50.000

e) Irradiazione 60.000

Decreto Ministeriale del 3 ottobre 1991 "Protocollo per l'esecuzione delle vaccinazioni contro l'epatite virale B"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n.º251 del 25 ottobre 1991)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto l'art. 2, comma 1, della legge 27 maggio 1991, n. 165; Visti gli articoli 5, comma 3, e 6, lettera b), della legge n. 833/1978; Udito il parere del Consiglio superiore di sanità

Decreta:

Art. 1.

La vaccinazione di cui alla legge 27 maggio 1991, n. 165, deve essere eseguita secondo l'allegato protocollo.

Art. 2. Il protocollo allegato al presente decreto verrà aggiornato periodicamente. Roma, 3 ottobre 1991

Il Ministro: De Lorenzo

PROTOCOLLO DI ESECUZIONE DELLE VACCINAZIONI

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La vaccinazione contro l'epatite B può essere eseguita secondo la schedula prevista per ciascun vaccino registrato. Per gli scopi che si prefigge la legge 27 maggio 1991, n. 165, sembra tuttavia opportuno seguire protocolli di vaccinazione il più possibile uniformi, che vengono di seguito riportati:

1) Nuovi nati che devono effettuare le vaccinazioni dell'obbligo: Con ogni tipo di vaccino si esegue lo schema Piazza che prevede di regola la immunizzazione al 3°, 5° e 11° mese di vita contemporaneamente alle altre vaccinazioni obbligatorie (polio-difterite-tetano). Dose pediatrica.

2) Nati da madre HBsAg positiva: Con ogni tipo di vaccino si segue il seguente schema: 1ª dose alla nascita (contemporaneamente alla somministrazione di immunoglobuline in altra sede); 2ª dose dopo un mese; 3ª dose subito dopo il compimento del secondo mese di vita, in concomitanza con le vaccinazioni antipolio-difterite-tetano; 4ª dose all'undicesimo mese in concomitanza con le suddette vaccinazioni. Dose pediatrica.

3) Bambini sotto i 10 anni, appartenenti ai gruppi a rischio, e già sottoposti alle altre vaccinazioni obbligatorie (polio-difterite-tetano): Si segue lo schema: mese 0, 1, 6. Dose pediatrica.

4) Soggetti di età superiore ai 10 anni (adolescenti della coorte dell'obbligo, adolescenti e adulti delle categorie a rischio): Si segue lo schema: 0, 1, 6. Dose per adulti.

5) Soggetti dializzati o immunocompromessi:

Lo schema base è: mese 0, 1, 6 impiegando una dose doppia rispetto a quella usata per l'adulto normorispondente, tenendo presente che il contenuto in alluminio non deve comunque superare 1,25 mg dose. Al fine di ottenere una risposta sierologica adeguata ulteriori dosi di rinforzo potranno essere decise, caso per caso in base ai risultati del monitoraggio sierologico dell'anti-HBs.

6) Soggetti vittime di punture accidentali con aghi o strumenti appuntiti, potenzialmente infetti o che hanno avuto altre esposizioni, per le quali è importante conseguire difese immunitarie nel più breve tempo possibile: Lo schema più collaudato, con tutti i tipi di vaccino, è quello mese: 0, 1, 2 completato da un rinforzo fra il sesto e dodicesimo mese. Dose per adulti. L'opportunità di somministrare contemporaneamente immunoglobuline specifiche va valutato caso per caso. Sopra i dieci anni, tutti i tipi di vaccino devono essere inoculati nel deltoide: nel neonato, nei muscoli della coscia (regione esterna quadricipite). Tutte le preparazioni dei vaccini debbono essere conservate tra +2 °C e +8 °C; non devono essere assolutamente congelate.

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I periodici aggiornamenti previsti all'art. 2 del presente decreto indicheranno i tempi e le modalità di somministrazione ed eventuali dosi di richiamo.

Decreto Ministeriale 4 Ottobre 1991 "Offerta gratuita della vaccinazione contro l'epatite virale B alle categorie a rischio"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 251 del 25 ottobre 1991)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ Visto l'art. 3 della legge 27 maggio 1991, n. 165; Visti gli articoli 5, comma 3, e 6, lettera b), della legge n. 833/1978; Udito il parere del Consiglio superiore di sanità

Decreta: Art. 1.

La vaccinazione antiepatite B deve essere offerta gratuitamente: a) ai conviventi, in particolare ai bambini non compresi nelle categorie indicate all'art. 1 della legge n. 165/1991, e alle altre persone a contatto con soggetti HBsAg positivi; b) ai pazienti politrasfusi, emofilici ed emodializzati; c) alle vittime di punture accidentali con aghi potenzialmente infetti; d) ai soggetti affetti da lesioni croniche eczematose e psoriasiche della cute delle mani; e) ai detenuti negli istituti di prevenzione e pena; f) alle persone che si rechino all'estero, per motivi di lavoro, in aree geografiche ad alta endemia di HBV; g) ai tossicodipendenti, agli omosessuali e ai soggetti dediti alla prostituzione; h) al personale sanitario di nuova assunzione nel Servizio sanitario nazionale ed al personale del Servizio sanitario nazionale già impegnato in attività a maggior rischio di contagio e segnatamente che lavori in reparti di emodialisi, rianimazione, oncologia, chirurgia generale e specialistica, ostetricia e ginecologia, malattie infettive, ematologia, laboratori di analisi, centri trasfusionali, sale operatorie, studi dentistici, medicina legale e sale autoptiche, pronto soccorso; i) ai soggetti che svolgono attività di lavoro, studio e volontariato nel settore della sanità l) al personale ed agli ospiti di istituti per ritardati mentali; m) al personale religioso che svolge attività nell'ambito dell'assistenza sanitaria; n) al personale addetto alla lavorazione degli emoderivati; o) al personale della Polizia di Stato e agli appartenenti all'Arma dei carabinieri, al Corpo della Guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia, ai comandi provinciali dei vigili del fuoco e ai comandi municipali dei vigili urbani; p) agli addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.

Art. 2. Per le categorie indicate all'art. 1 e in qualsiasi altra condizione in cui si proceda alla somministrazione di vaccino antiepatite B non è necessario effettuare la ricerca prevaccinale dei marcatori HBV (salvo che per esigenze di ordine epidemiologico e medico- legale). Per l'esecuzione

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delle vaccinazioni sarà applicato il protocollo di cui al decreto ministeriale 3 ottobre 1991 che verrà periodicamente aggiornato

Art. 3. La spesa per l'attuazione della vaccinazione contro l'epatite virale B, gratuita per le categorie di cui all'art. 1, graverà sui fondi del Servizio sanitario nazionale.

Art. 4. Il decreto ministeriale 26 aprile 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 107 del 10 maggio 1990, è revocato. Roma, 4 ottobre 1991

il Ministro: De Lorenzo

Circolare n.º 20 del 4 Ottobre 1991 "Disposizioni relative all'applicazione della legge 27 maggio 1991, n. 165."

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.º 251 del 25 Ottobre 1991)

MINISTERO DELLA SANITÀ

CIRCOLARE ESPLICATIVA La recente introduzione della legge del 27 maggio 1991, n. 165, che rende obbligatoria la vaccinazione contro l'epatite virale B pone il nostro Paese all'avanguardia nel campo della prevenzione di questa malattia. Vengono di seguito riportate alcune note espicative relative all'articolato della legge al fine di rendere omogenea la sua applicazione sul territorio nazionale.

Art. 1. L'art. 1 della legge definisce il campo di applicazione della vaccinazione individuando due categorie destinatarie e cioè

1) tutti i nuovi nati nel primo anno di vita: a costoro il vaccino antepatite virale B deve essere somministrato, secondo lo schema Piazza, al terzo, al quinto ed undicesimo mese di vita, prefiribilmente nei muscoli della regione antero-laterale della coscia, nella stessa seduta in cui vengono somministrati i vaccini antipolio, antidifterico ed antitetanico. Tale schema di somministrazione deve essere applicato per tutti i vaccini antiepatite virale B attualmente utilizzati in Italia. Nel protocollo di esecuzione delle vaccinazioni allegato al decreto ministeriale 3 ottobre 1991 sono indicati i dosaggi;

2) tutti gli adolescenti nel corso del dodicesimo anno di vita: a costoro il vaccino verrà somministrato nel deltoide secondo quanto stabilito dal protocollo di

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esecuzione. La procedura vaccinale può essere avviata in un qualunque giorno decorrente tra il compimento dell'undicesimo anno di vita.

Al fine di raggiungere in questa coorte una alta percentuale di soggetti correttamente vaccinati è necessaria un'opera di sensibilizzazione a livello scolastico indirizzata ai docenti, genitori e ragazzi stessi, in modo da far rilevare l'importanza e necessità della vaccinazione.

L'obbligo per questa seconda classe di età è limitato ai primi dodici anni di applicazione della legge, cioè è limitato al periodo necessario ad ottenere la saldatura immunitaria fra i primi nuovi nati e gli ultimi dodicenni: in tal modo, nell'arco di dodici anni avremo già realizzato l'immunizzazione di ventiquattrocoorti di età

Art. 2. L'art. 2 indica i centri deputati alla esecuzione dei cicli vaccinati individuandoli nei presidi delle U.S.L. e del Servizio sanitario nazionale. Il protocollo di esecuzione della vaccinazione è quello indicato attraverso il decreto ministeriale emanato ad hoc e che sarà aggiornato a seconda del progredire delle conoscenze scientifiche. Inoltre, l'art. 2 prevede che, come per altre vaccinazioni obbligatorie, anche per la vaccinazione anti epatite virale B venga rilasciata gratuitamente il relativo certificato e che questo venga esibito all'atto dell'iscrizione alla scuola dell'obbligo a partire dal sesto anno successivo all'entrata in vigo re della legge. Gli adolescenti al dodicesimo anno di età, esibiranno la certificazione di avvenuta vaccinazione al momento dell'ammissione agli esami di licenza media a partire dall'anno scolastico successivo all'emanazione dei decreti applicativi di cui agli articoli 2 e 3 della legge stessa. La stessa certificazione è indispensabile perchè i nuovi nati vengano ammessi in comunità infantili di qualunque tipo, ivi compresa la scuola materna. si fa rilevare come la certificazione della struttura sanitaria possa essere sostituita dall'autocertificazione introdotta con la legge 7 agosto 1990, n. 241, in conformità a quanto previsto dall'art. 18. Nell'autocertificazione deve obbligatoriamente essere specificata l'unità sanitaria locale o il presidio del Servizio sanitario nazionale presso il quale è avvenuta o è stata registrata la vaccinazione: ciò, per consentire l'acquisizione d'ufficio della documentazione, o di sua copia, secondo il isposto dell'art. 18 della legge n. 241/1990.

Art. 3. In base al diposto dell'art. 3 della legge, correlato ai successivi articoli 4 e 8, comma 1, della medesima, deve essere riconosciuto il diritto ad ottenere la vaccinazione gratuita a tutte quelle categorie di cittadini che, per motivi sociali, di abitudini di vita, sono riconosciute a rischio per epatite virale B e che vengono individuate ed aggiornate con il decreto ministeriale 4 ottobre 1991 a seconda del mutare delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche. Per informare i soggetti appartenenti a tali categorie va valutata l'opportunità di intervenire nei singoli settori utilizzando canali informativi a diffusione sia ampia, sia settoriale (giornali, riviste specializzate) da individuare caso per caso. Ad esempio: a) laboratori di analisi per l'individuazione dei portatori di HBsAg; b) strutture sanitarie per coloro che svolgono attività di tipo sanitario; c) uffici sanitari speciali per i viaggiatori; d) individuazione di tipologia di informazione (stampa periodica) per le categorie di cui alla lettera g) del decreto.

Art. 4.

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L'art. 4 individua nei presidi delle unità sanitarie locali e del Servizio sanitario nazionale le strutture deputate a vaccinare gratuitamente i cittadini appartenenti alle categorie a rischio ed a rilasciare loro la certificazione di avvenuta vaccinazione.

Art. 5. L'art 5 prevede l'obbligo dell'accertamento dello stato di portatore (ricerca dell'HBsAg) per tutte le gestanti durante il terzo trimestre di gravidanza. Viene fatto obbligo ai responsabili sanitari delle strutture in cui avviene il parto di richiedere l'accertamento dello stato di portatore qualora la gestante non produca spontaneamente tale esame. Ove la gestante fosse HBsAg positiva, il nuovo nato verrà vaccinato tenuto conto che: entro le prime 24 ore vanno somministrate immunoglobine specifiche al dosaggio di o,5 ml/kg per via intramuscolare; subito dopo, e comunque entro la prima settimana di vita, va somministrata (preferibilmente nella regione antero- laterale della coscia) la prima dose di vaccino in sito diverso da quello in cui è avvenuto l'inoculo delle immunoglobuline specifiche. Le successive vaccinazioni vanno eseguite secondo il protocollo allegato al decreto ministeriale 3 ottobre 1991. È d'uopo pertanto che al momento della dimissione la puerpera sia informata sulla procedura da seguire per il consolidamento dello stato immunitario del bambino, da effettuare nei mesi successivi, preferibilmente presso le strutture di igiene pubblica del territorio. Tutte le spese inerenti all'accertamento dello stato di portatore e della immunoprofilassi sono esenti da tichet ed a totale carico del Fondo sanitario nazionale.

Art. 6. Ogni struttura deputata all'esecuzione delle vaccinazioni dovrà tenere ed aggiornare un registro delle vaccinazioni somministrate. In tale registro, ove possibile, dovrà essere informatizzato e collegato con l'anagrafe comunale. I dati relativi alle vaccinazioni effettuate dovranno essere trasmessi alle regioni con cadenza trimestrale e da queste trasmesso al Ministero della sanità - Direzione generale dei servizi per l'igiene pubblica - Divisione II - Via Sierra Nevada, 60 - 00144 Roma, entro i quindici giorni successivi alla ricezione dei corrispondenti dati dalle unità sanitarie locali.

Art. 7. L'art. 7 individua i soggetti responsabili in merito all'accesso alla vaccinazione antiepatite virale B. Per coloro che non ottemperino all'obbligo di legge, con esclusione dei casi previsti nella circolare n. 9 del 26 marzo 1991, viene altresì prevista la sanzione pecuniaria da L. 100.000 a L. 500.000. Viene demandato agli organi locali il compito dell'accertamento e della irrogazione della sanzione. Si sottolinea l'obbligo, per gli organi competenti, di notificare all'autorità sanitaria locale i casi di inadempienza all'obbligo vaccinale.

Art. 8. In questo articolo viene sancita la totale gratuità della vaccinazione antiepatite virale B per i destinatari della legge e per coloro che appartengono alle categorie a rischio.

Art. 9. L'art. 9 estende il diritto e l'obbligo alla vaccinazione antiepatite virale B anche per i cittadini stranieri che abbiano, comunque, stabile dimora in Italia. Ad ogni buon fine si segnala che l'art. 3 del decreto ministeriale 4 ottobre 1991 che indica le categorie a rischio per le quali permane il diritto alla vaccinazione gratuita contro l'epatite B, ribadisce che non è necessaria la determinazione dei Markers pre vaccinali. Tuttavia, per quanto riguarda le categorie a elevato rischio può essere opportuno effettuare la determinazione dei marcatori sierologici dell'HBV per esigenze di profilassi, medicina del lavoro e medicina legale a

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seconda degli obiettivi da perseguire. Nel caso di conviventi con un portatore di HBsAg è infatti importante la ricerca dell'HBsAg prima di procedere alla vaccinazione al fine di individuare l'eventuale situazione immunologica della persona, eventualmente costituitasi a seguito della convivenza con il portatore. A vaccinazione effettuata è anche necessario documentare l'avvenuta copertura immunitaria del convivente al fine di essere certi della sua protezione dall'infezione in considerazione della sua esposizione continua al contagio. Nel caso di operatori sanitari a contatto con il sangue è necessario procedere alle stesse determinazioni sia prima che dopo la vaccinazione, al fine di verificare lo stato naturale nei confronti dell'infezione dell'operatore prima della vaccinazione e l'avvenuta protezione contro l'infezione dopo la vaccinazione. Il fatto che la vaccinazione contro l'epatite B sia diventata obbligatoria per i nuovi nati e gli adolescenti al dodicesimo anno non riduce la necessità di un'adeguata opera di informazione ed educazione sanitaria sulle modalità di tramissione dell'infezione, sulle misure di profilassi generale che devono essere applicate in maniera sempre più capillare, nonchè sul significato della pratica vaccinale.

Il Ministro: De Lorenzo Modificato dal Decreto Legge 29 Agosto 1994 n.º 518 Decreto reiterato e poi decaduto nel febbraio 1995

Decreto Ministeriale 27 gennaio 1992

"Trasferimento dei centri trasfusionali della Croce rossa italiana, ivi compreso il Centro nazionale trasfusione sangue, alle strutture sanitarie indicate dalla regione competente"

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di emoderivati»; Visto in particolare l'art. 19, commi 2 e 3, della stessa legge 4 maggio 1990 n. 107; Vista la propria nota n. 500.7/AG.3/5437 in data 23 marzo 1991, indirizzata agli assessori alla sanità della regione Lazio e della regione Abruzzo; Visto il decreto del Presidente della giunta della regione Lazio n. 1699/91 del 30 settembre 1991; Vista la nota dell'assessore alla sanità della regione Abruzzo vistata dalla giunta regionale n. 21387/4/48 del dicembre 1991; Ritenuto che occorre provvedere agli adempimenti previsti dalle citate disposizioni di legge;

Decreta:

È approvato l'articolato concernente il trasferimento dei centri trasfusionali della Croce rossa italiana, ivi compreso il Centro nazionale trasfusione sangue, alle strutture sanitarie indicate dalla regione competente.

Art. 1.

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Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Camillo di Roma e il Centro nazionale trasfusione sangue, sono trasferiti all'unità sanitaria locale RM/10 e più esattamente al servizio di immunoematologia e trasfusione del citato presidio ospedaliero S. Camillo. Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Giovanni di Roma è trasferito all'unità sanitaria locale RM/4 e più esattamente al servizio trasfusionale del citato ospedale S. Giovanni. Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Filippo Neri di Roma è trasferito all'unità sanitaria locale RM/12 e più esattamente al centro trasfusionale del citato ospedale S. Filippo. Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Giacomo di Roma è trasferito all'unità sanitaria locale RM/1 e più esattamente al centro trasfusionale del citato Ospedale S. Giacomo. Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Spirito di Roma è trasferito all'unità sanitaria locale RM/ 11 e più esattamente al centro trasfusionale dell'ospedale S. Spirito. Il centro trasfusionale dell'ospedale S. Eugenio di Roma è trasferito all'unità sanitaria locale RM/ 7 e cioè al servizio immunoematologico del citato ospedale S. Eugenio. Il centro trasfusionale della struttura ospedaliera «Regina Elena», facente parte degli Istituti fisioterapici ospitalieri di Roma, quale istituto di ricovero e cura a carattere scientifico pubblico, rimarrà alla struttura ospedaliera medesima.

Art. 2.

La struttura sanitaria cui è trasferito il centro trasfusionale extraospedaliero della Croce rossa italiana dell'Aquila è all'unità locale socio-sanitaria aquilana. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 27 gennaio 1992

Il Ministro: DE LORENZO Legge modificata dal Decreto Legge n.º 518 del 29 agosto 1994 Legge modificata dal Decreto Legge n.º 92 del 4 aprile 1997

Legge 25 febbraio 1992 n.º 210

"Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 55 del 6 marzo 1992)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

Art. 1.

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1. Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge. 2. L'indennizzo di cui al comma 1 spetta anche ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati, nonchè agli operatori sanitari che, in occasione e durante il servizio, abbiano riportato danni permanenti alla integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da infezione da HIV. 3. I benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali. 4. I benefici di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1; alle persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie; ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie.

Art. 2. 1. L'indennizzo di cui all'art. 1, comma 1, consiste in un assegno non reversibile determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall'art. 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111. 2. L'indennizzo di cui al comma 1, integrato dall'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 e successive modificazioni, ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda. 3. Qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie previste dalla presente legge sia derivata la morte, spetta, in sostituzione dell'indennizzo di cui al comma 1, un assegno una tantum nella misura di lire 50 milioni da erogare ai soggetti a carico, nel seguente ordine: coniuge, figli minori, figli maggiorenni inabili al lavoro, genitori, fratelli minori, fratelli maggiorenni inabili al lavoro. 4. Qualora la persona sia deceduta in età minore, l'indennizzo spetta ai genitori o a chi esercita la potestà parentale.

i commi 1, 2, 3, 4 precedenti sono sostituiti dai commi 1, 2, 3, 4 susseguenti dal: DL n.º 518 del 29 agosto 1994 § 1. L'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, consiste in un assegno non reversibile determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla Legge 29 aprile 1976, n. 177 come modificata dall'articolo 8 della Legge 2 maggio 1984, n. 111. L'indennizo è cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito. 2. L'indennizzo di cui al comma 1 è integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla Legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato ed ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda. La predetta somma integrativa è cumulabile con l'indennità integrativa speciale o altra analoga indennità collegata alla variazione del costo della vita. 3. Qualora a causa della vaccinazioni o delle patologie previste dalla presente legge sia derivata o derivi la morte, spetta un assegno una tantum nella misura di lire 50 milioni da erogare ai soggetti nel seguente ordine: coniuge, figli, genitori, fratelli. 4. Qualora la persona sia deceduta in età minore l'indennizo spetta ai genitori o a chi esercita la potestà parentale.

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Art. 3.

1. I soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo di cui all'art. 1, comma 1, presentano domanda al Ministro della sanità entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV. I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno.

il comma 1 precedente è sostituito dal comma 1 susseguente dal: DL n.º 92 del 4 aprile 1997 § 1. I soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, presentano alla USL competente le relative domande, indirizzate al Ministro della sanità, entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post - trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV. I termini decorrono dal momento in cui, sulla base delle documentazioni di cui ai commi 2 e 3, l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno. La USL provvede, entro novanta giorni dalla data di presentazione delle domande, all'istruttoria delle domande stesse e all'acquisizione del giudizio di cui all'articolo 4, sulla base di direttive del Ministero della sanità, che garantiscono il diritto alla riservatezza anche mediante opportune modalità organizzative

è inserito ex novo l'art. 1-bis dal: DL n.º 92 del 4 aprile 1997 § 1-bis. Chiunque, nell'esercizio delle proprie funzioni, venga a conoscenza di casi di persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, è tenuto a rispettare il segreto d'ufficio e ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona interessata 2. Alla domanda è allegata la documentazione comprovante: la data della vaccinazione, i dati relativi al vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e l'entità delle lesioni o dell'infermità da cui è derivata la menomazione permanente del soggetto. 3. Per le infezioni da HIV la domanda deve essere corredata da una documentazione comprovante la data di effettuazione della trasfusione o della somministrazione di emoderivati con l'indicazione dei dati relativi all'evento trasfusionale o all'emoderivato, nonchè la data dell'avvenuta infezione da HIV. 4. Alla domanda di indennizzo ai sensi dell'art. 2, comma 3, è allegata la documentazione comprovante: la data della vaccinazione, i dati relativi al vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e il decesso. Per le infezioni da HIV alla domanda è allegata la documentazione comprovante la data di effettuazione della trasfusione o della somministrazione di emoderivati con l'indicazione dei dati relativi all'evento trasfusionale o all'emoderivato, nonchè la data dell'avvenuto decesso. 5. Il medico che effettua la vaccinazione di cui all'art. 1 compila una scheda informativa dalla quale risultino gli eventuali effetti collaterali derivanti dalle vaccinazioni stesse. 6. Il medico che effettua trasfusioni o somministra emoderivati compila una scheda informativa dei dati relativi alla trasfusione o alla somministrazione. 7. Per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già subito la menomazione prevista dall'art. 1, il termine di cui al comma 1 del presente articolo decorre dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

Art. 4.

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1. Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la vaccinazione, la trasfusione, la somministrazione di emoderivati, il contatto con il sangue e derivati in occasione di attività di servizio e la menomazione dell'integrità psico-fisica o la morte è espresso dalla commissione medico-ospedaliera di cui all'art. 165 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092. 2. La commissione medico-ospedaliera redige un verbale degli accertamenti eseguiti e formula il giudizio diagnostico sulle infermità e sulle lesioni riscontrate. 3. La commissione medico-ospedaliera esprime il proprio parere sul nesso causale tra le infermità o le lesioni e la vaccinazione, la trasfusione, la somministrazione di emoderivati, il contatto con il sangue e derivati in occasione di attività di servizio. 4. Nel verbale è espresso il giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità secondo la tabella A annessa al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834.

Art. 5. 1. Avverso il giudizio della commissione di cui all'art. 4, è ammesso ricorso al Ministro della sanità. Il ricorso è inoltrato entro trenta giorni dalla notifica o dalla piena conoscenza del giudizio stesso. 2. Entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, il Ministro della sanità, sentito l'ufficio medico-legale, decide sul ricorso stesso con atto che è comunicato al ricorrente entro trenta giorni. 3. È facoltà del ricorrente esperire l'azione dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione.

Art. 6. 1. Nel caso di aggravamento delle infermità o delle lesioni, l'interessato può presentare domanda di revisione al Ministro della sanità entro sei mesi dalla data di conoscenza dell'evento. 2. Per il giudizio sull'aggravamento si osserva la procedura di cui agli articoli 3 e 4.

Art. 7. 1. Ai fini della prevenzione delle complicanze causate da vaccinazioni, le unità sanitarie locali predispongono e attuano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, progetti di informazione rivolti alla popolazione e in particolare ai donatori e ai soggetti riceventi materiali biologici umani, alle persone da vaccinare e alle persone a contatto. 2. I progetti di cui al comma 1 assicurano una corretta informazione sull'uso dei vaccini, sui possibili rischi e complicanze, sui metodi di prevenzione e sono prioritariamente rivolti ai genitori, alle scuole ed alle comunità in genere. 3. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, curano la raccolta dei dati conoscitivi sulle complicanze da vaccino, anche al fine di adeguare a tali dati i progetti di informazione e i metodi di prevenzione.

Art. 8. 1. Gli indennizzi previsti dalla presente legge sono corrisposti dal Ministero della sanità. 2. All'onere derivante dall'applicazione della presente legge, valutato in lire 19 miliardi per l'anno 1992 e in lire 10 miliardi a decorrere dal 1993, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 4550 dello stato di previsione del Ministero della sanità per l'anno 1992 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi.

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3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 25 febbraio 1992

COSSIGA ANDREOTTI, Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli : MARTELLI

Decreto Ministeriale 28 Gennaio 1993

"Integrazione alle tabelle allegate al decreto ministeriale 10 marzo 1983 recante l'elenco delle discipline equipollenti e affini rispetto alle discipline oggetto degli esami di idoneità e dei

concorsi presso le unità sanitarie locali valevole per la formazione delle commissioni esaminatrici e per la valutazione dei titoli negli esami di idoneità e nei concorsi di assunzione

dei medici, farmacisti e veterinari presso le unità sanitarie locali"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 27 del 3 febbraio 1993)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ di concerto con

IL MINISTRO DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761. e in particolare l'art. 20 di esso; Visto il decreto ministeriale 31 gennaio 1983 con il quale in applicazione dell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, è stata predisposta la disciplina per gli esami di idoneità del personale del ruolo sanitario dei medici, dei farmacisti e dei veterinari; Visto il precedente decreto interministeriale 10 marzo 1983, e successive modificazioni e integrazioni; Ritenuta l'opportunità di aggiornare l'elenco delle discipline di cui ai provvedimenti sopra indicati:

Decreta: Le tabelle di cui al decreto interministeriale 10 marzo 1983 citato, sono integrate come appresso:

Tabella A Area funzionale di medicina

Laboratorio analisi chimico-cliniche e microbiologia. Discipline equipollenti: analisi chimico-cliniche e microbiologia; chimica biologica; biochimica; microbiologia; microbiologia clinica; patologia clinica; patologia generale; biochimica applicata; biochimica clinica; biochimica sistematica umana; chimica e microscopia clinica. Discipline affini: immunologia; immunochimica; immunopatologia; parassitologia; parassitologia medica; igiene; istituzioni di patologia generale.

Area funzionale della sanità animale

e igiene dell'allevamento delle produzioni animali

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Sanità animale e igiene dell'allevamento e delle produzioni animali. Discipline equipollenti: patologia e profilassi delle malattie infettive degli animali domestici I e II; polizia sanitaria; igiene e veterinaria; igiene zootecnica; patologia e profilassi delle malattie infettive; microbiologia dei prodotti zootecnici; malattie parassitarie degli animali domestici; parassitologia; profilassi delle malattie parassitarie degli animali domestici; parassitologia animale e difesa degli allevamenti; clinica medica veterinaria; terapia medica veterinaria; patologia medica di animali domestici; patologia speciale e clinica medica; difesa dagli inquinamenti; igiene e zootecnia; patologia da alimentazione degli animali domestici; nutrizione e alimentazione animale; clinica ostetrica e ginecologica veterinaria; patologia aviare; allevamento e patologia degli animali domestici; fisiopatologia della riproduzione animale e fecondazione artificiale; patologia della riproduzione e fecondazione artificiale; ostetricia veterinaria; zootecnia I: valutazione morfofunzionale degli animali, etnologia, igiene ed etologia zootecnica; zootecnica II: genetica, allevamento e protezione animale; microbiologia ed immunologia veterinaria; patologia medica veterinaria.

Tabella B

Area funzionale di medicina Radiologia diagnostica.

Discipline equipollenti: radiodiagnostica; radiologia; radiologia medica; radiologia e fisioterapia; radiologia e terapia fisica; radiologia medica e medicina nucleare; radiologia medica e radioterapia; radiologia medica e terapia fisica; radiologia ed elettroterapia. Discipline affini: medicina nucleare; medicina nucleare e oncologia; fisica nucleare applicata alla medicina; neuroradiologia; radiobiologia; radioterapia; radioterapia oncologica.

Laboratorio analisi chimico-cliniche e microbiologia.

Discipline equipollenti: analisi chimico-cliniche e microbiologia; analisi cliniche e di laboratorio; patologia generale: patologia clinica; biochimica e chimica clinica; semeiotica e diagnostica di laboratorio; chimica biologica o biochimica; biochimica applicata; microbiologia; microbiologia clinica; microbiologia medica; biologia clinica; analisi chimico-cliniche di laboratorio; biochimica sistematica umana; biochimica clinica; specialista medico laboratorista; specialista in analisi cliniche e specialista medico laboratorista; specialista in analisi cliniche e di laboratorio. Discipline affini: parassitologia; parassitologia medica; istituzioni di patologia generale; chimica e microscopia clinica; chimica clinica; igiene; igiene e medicina preventiva con orientamento di laboratorio; igiene ed epidemiologia; igiene e medicina preventiva; igiene generale e speciale; igiene pubblica; igiene e sanità pubblica; igiene e tecnica ospedaliera; igiene, tecnica e direzione ospedaliera; ematologia; immunopatologia; immunologia; immunoematologia; micologia medica; diagnostica di laboratorio; medici laboratoristi; settore laboratorista; settori e medici laboratoristi; anatomia e istologia patologica; citochimica e istochimica; citopatologia; istochimica normale e patologica; istochimica patologica; tecnica e diagnostica istopatologica; virologia; citologia.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 28 gennaio 1993 Il MINISTRO della sanità:

De Lorenzo Il MINISTRO dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica:

Fontana

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Decreto Ministeriale 12 febbraio 1993

"Individuazione dei centri di produzione di emoderivati autorizzati alla stipulazione di convenzioni con i centri regionali di coordinamento e compensazione per la lavorazione di

plasma nazionale raccolto in Italia"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º del )

IL MINISTERO DELLA SANITÀ

Visto l'art. 4, comma 1, punto 6 e l'art. 6, primo comma, lettera c), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, recante la «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti per la produzione di plasmaderivati»; Visto in particolare l'art. 10, comma 2 e comma 3, della predetta legge n. 107 che demanda al Ministro della sanità l'individuazione, tra le aziende autorizzate alla produzione di specialità medicinali costituite da frazioni plasmatiche di produzione industriale, dei centri di produzione di emoderivati autorizzati alla stipulazione di convenzioni con i centri regionali di coordinamento e compensazione per la lavorazione, sotto il controllo dell'Istituto superiore di sanità, di plasma nazionale raccolto in Italia; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale di cui all'art. 12 della legge 4 maggio 1990, n. 107, nominata con decreto del Ministro della sanità il 26 giugno 1990; Sentito il parere del Consiglio superiore di sanità;

Decreta:

Art. 1. I centri di produzione di emoderivati di cui all'art. 10, comma 2, della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono individuati sulla base dei requisiti di cui all'art. 10, comma 3, della sopracitata legge, nelle seguenti aziende:

Sclavo, con officina farmaceutica sita in Sovicille Rosia, loc. Bellaria; Nuovi laboratori Farma Biagini, con officina farmaceutica sita in Gallicano, frazione Bolognana (Lucca).

Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo à quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 12 febbraio 1993

Il Ministro: De Lorenzo Convertito in Legge con modificazioni dalla Legge 28 Gennaio 1994

Decreto Legge 27 Settembre 1993 n.º 381

"Modifica dell'Art. 10, comma 3, della legge 4 Maggio 1990, n.º 107, concernente disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la

produzione di plasmaderivati"

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(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 134 del 27 Settembre 1993)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di prevedere, in attesa del riordino del settore ed al fine di tutelare la salute pubblica, una disciplina transitoria dei requisiti per la produzione di emoderivati; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 24 settembre 1993; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità;

E M A N A il seguente decreto- legge

Art. 1

1. il comma 3 dell'art. 10 della Legge 4 maggio 1990, nº 107, è sostituito dal seguente: «3. I centri di produzione di emoderivati devono essere dotati di adeguate dimensioni, essere ad avanzata tecnologia, avere sede in territorio nazionale ed essere in grado di produrre almeno albumina, immunoglobuline di terza generazione e concentrati dei fattori della coagulazione, secondo le più moderne conoscenze relative alla sicurezza trasfusionale del paziente ricevente.». 2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto si provvede al riordino della materia.

Art. 2 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Data a Roma, addì 27 settembre 1993

SCÀLFARO CIAMPI, Presidente del Consiglio dei Ministri

GARAVAGLIA, Ministro della Sanità Visto, il Guardasigilli CONSO

Decreto Ministeriale n.º 590 8 ottobre 1993

"Regolamento di attuazione dell'art.19, comma 4, della Legge 4 maggio 1990, n.107, recante approvazione della tabella di equiparazione delle qualifiche e dei livelli funzionali del

personale dipendente dai Centri Trasfusionali gestiti per convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale dalle Associazioni di volontariato o da Strutture private"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 36 del 14 febbraio 1994)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ

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Vista la Legge 4 maggio 1990, n. 107, disciplinante le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati; Visto, in particolare, l'art. 19, comma 4, della predetta Legge, il quale prevede il trasferimento delle Unità Sanitarie Locali ai policlinici universitari ed agli istituti pubblici di ricovero e cura a carattere scientifico, del personale dipendente o convenzionato, delle associazioni di volontariato o delle strutture private, in servizio alla data del 31 dicembre 1988 presso centri trasfusionali gestiti in convenzione; Considerato che il trasferimento è subordinato al superamento del concorso riservato al personale che sia in possesso dei requisiti, eccetto quelli relativi all'età, per l'ammissione ai concorsi di assunzione del relativo profilo professionale a posizione funzionale risultante dalla tabella di equiparazione approvata dal Ministro della Sanità in coerenza con l'allegato 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761; Ritenuto che il personale interessato debba essere inquadrato, tramite i concorsi riservati nei profili e nelle posizioni funzionali previsti dal richiamato Decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 20 dicembre 1979, e che solo successivamente debba essere inquadrato unitamente al restante personale nelle nuove qualifiche di cui ai Decreti Legislativi 30 dicembre 1992, n. 502, e 3 febbraio 1993, n. 29; Vista la Legge 11 luglio 1967, n. 592, relativa alla raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano; Visto l'art. 17 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128; Visto il Decreto Ministeriale 27 gennaio 1976, concernente l'equiparazione dei servizi e delle qualifiche del personale sanitario in servizio presso organismi diversi dagli enti ospedalieri a quello ospedaliero; Visto il Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, recante disposizioni sullo stato giuridico del personale del Servizio Sanitario Nazionale; Visto il Decreto Ministeriale 30 gennaio 1982 recante «Normativa concorsuale del personale delle Unità Sanitarie Locali in applicazione dell'art. 12 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 20 dicembre 1979»; Visti i Decreti del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384, 20 maggio 1987, n. 270, 17 settembre 1987, n. 494 e 25 giugno 1983, n. 348, relativi agli accordi collettivi di lavoro del personale del comparto del Servizio Sanitario Nazionale; Visto l'art. 17, comma 3, della Legge 23 agosto 1988, n. 400; Sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative su base nazionale; Sentito il Consiglio sanitario nazionale nella seduta del 21 luglio 1992; Sentito il Consiglio di Stato che ha espresso il proprio parere nelle adunanze generali del 15 aprile 1993 e del 22 luglio 1993; Ritenuto di dover provvedere all'approvazione delle tabelle di equiparazione dei profili professionali e posizioni funzionali ai sensi del richiamato art. 19 della Legge n. 107 del 1990; Vista la comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri resa ai sensi dell'art. 17 della Legge 23 agosto 1988, n. 400;

ADOTTA il seguente regolamento:

Art. 1 - Concorsi riservati assunzione 1. È approvata l'allegata tabella di equiparazione delle qualifiche e dei livelli funzionali del personale dipendente dei Centri Trasfusionali gestiti per convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale dalle associazioni di volontariato o da strutture private. Il presente Decreto, munito del sigillo di Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 8 ottobre 1993

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Il Ministro: GARAVAGLIA Visto, il Guardasigilli:CONSO Registrato alla Corte dei conti il 3 febbraio 1994 Registro n. 1 - Sanità, foglio n. 8

ALLEGATO 1 EQUIPARAZIONE DELLE QUALIFICHE E DEI LIVELLI FUNZIONALI DEL PERSONALE DIPENDENTE DEI CENTRI TRASFUSIONALI GESTITI PER CONVENZIONE DALLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO O DA STRUTTURE PRIVATE

RUOLO SANITARIO Tabella A - Profilo professionale: medici

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Primario ospedaliero XI

Medico con funzioni, da almeno un anno, di primario o direttore di Centro Trasfusionale di tipo A (1). Medico con anzianità di servizio non inferiore a 15 anni e con funzioni, da almeno un anno, di primario o direttore di Centro Trasfusionale di tipo B (1).

2) Aiuto corresponsabile X

Medico con funzioni, da almeno un anno, ospedaliero di aiuto o qualifica corrispondente di Centro Trasfusionale di tipo A. Medico con anzianità di servizio non inferiore a 10 anni e con funzioni di aiuto o qualifica corrispondente in Centro Trasfusionale di tipo B.

3) Assistente medico IX Medico

(1) Tipologia dei centri: Centro Trasfusionale di tipo A: centro dotato di personale e attrezzature per la raccolta, tipizzazione, conservazione, controllo e assegnazione del sangue nonché per la preparazione e distribuzione di emoderivati di immediato impiego. Centro Trasfusionale di tipo B: centro dotato di personale e attrezzature per la raccolta, tipizzazione, conservazione, controllo e assegnazione del sangue.

Tabella B - Profilo professionale: farmacisti Posizioni funzionali

Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Dirigente XI

Farmacista con funzioni, da almeno un anno, di direzione o di responsabilità di struttura autonoma per la preparazione di emoderivati presso Centro Trasfusionale di tipo A (1). Farmacista con anzianità di servizio non inferiore a 15 anni e con funzioni, da almeno un anno, di direzione o di responsabilità in struttura autonoma di Centro Trasfusionale di tipo B (1).

2) Coadiutore X Farmacista con funzioni, da almeno un anno, di coadiutore o qualifica corrispondente in Centro

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Trasfusionale di tipo A. Farmacista con anzianità di servizio non inferiore a 10 anni e con funzioni di coadiutore o qualifica corrispondente in Centro Trasfusionale di tipo B.

3) Collaboratore IX Farmacista.

Tabelle D-E-F - Profili professionali: biologi, chimici, fisici

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Dirigente XI

Biologo, chimico, fisico con funzioni, da almeno un anno, di direzione del laboratorio o di responsabile di Centro Trasfusionale di tipo A (1). Biologo, chimico, fisico con anzianità di servizio non inferiore a 15 anni e con funzioni, da almeno un anno, di direzione del laboratorio o di responsabilità di Centro Trasfusionale di tipo B (1).

2) Coadiutore X

Biologo, chimico, fisico con funzioni, da almeno un anno, di coadiutore o qualifica corrispondente in centro trasfusionale di tipo A. Biologo, chimico, fisico con anzianità di servizio non inferiore a 10 anni e con funzioni di coadiutore o qualifica corrispondente in Centro Trasfusionale di tipo B.

3) Collaboratore IX Biologo, chimico, fisico.

(1) Tipologia dei centri: Centro Trasfusionale di tipo A: centro dotato di personale e attrezzature per la raccolta, tipizzazione, conservazione, controllo e assegnazione del sangue nonché per la preparazione e distribuzione di emoderivati di immediato impiego. Centro Trasfusionale di tipo B: centro dotato di personale e attrezzature per la raccolta, t ipizzazione, conservazione, controllo e assegnazione del sangue.

Tabella I - Personale infermieristico Profilo professionale: operatori professionali di prima categoria

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Operatore professionale coordinatore

VII Infermiere professionale in servizio con funzioni di capo sala da almeno un anno.

2) Operatore professionale collaboratore

VI Infermiere professionale.

Tabella L - Personale tecnico sanitario

Profilo professionale: operatori professionali di prima categoria Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Operatore VII Tecnico di Centro Trasfusionale o di

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professionale coordinatore

laboratorio medico con funzioni di capo tecnico da almeno un anno.

2) Operatore professionale collaboratore

VI Tecnico di Centro Trasfusionale o di laboratorio medico.

RUOLO TECNICO

Tabella B - Personale professionale statistico Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Dirigente XI Statistico con anzianità di servizio non inferiore a 15 anni e con funzione di direzione o di responsabilità di C.E.D. da almeno un anno.

2) Coadiutore X Statistico con anzianità di servizio non inferiore a 10 anni e con funzione di direzione o di responsabilità di C.E.D. da almeno un anno.

3) Collaboratore IX Statistico.

Tabella E - Personale professionale assistenti tecnici

Posizioni funzionali

Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Assistente tecnico

VI Programmatori di C.E., geometra, perito industriale.

Tabella F - Personale professionale: operatori tecnici

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Operatore tecnico V

Operaio ad alta specializzazione, autisti di ambulanze, impiantisti elettricisti ed impiantisti idraulici.

2) Operatore tecnico IV Capo servizio operaio - Centralinista -Operatore di

C.E. Tabella G - Profilo professionale: agenti tecnici

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Agente tecnico III Ausiliario socio-sanitario - Telefonista - Autista

automezzi semplici.

RUOLO AMMINISTRATIVO Tabella A - Personale amministrativo laureato Profilo professionale: direttori amministrativi

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Direttore XI Personale dirigente con anzianità di servizio

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amministrativo capo servizio

non inferiore a 15 anni e con funzioni di direzione o di responsabilità di struttura complessa da almeno un anno.

2) Direttore amministrativo X

Personale dirigente con anzianità di servizio non inferiore a 10 anni e con funzioni di direzione o di responsabilità di struttura complessa da almeno un anno.

3) Vice direttore amministrativo IX

Personale direttivo con una anzianità non inferiore a 5 anni e con funzioni di direzione o di responsabilità di strutture complesse da almeno un anno.

Profilo professionale: collaboratori amministrativi Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Collaboratore coordinatore VIII Funzionario direttivo con incarico di

coordinamento da almeno un anno.

2) Collaboratore amministrativo VI Funzionario direttivo.

Tabella B - Profilo professionale: assistenti amministrativi Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Assistente amministrativo VI Ragionieri e segretari. Tabella C - Profilo professionale: coadiutori amministrativi

Posizioni funzionali Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Coadiutore amministrativo IV Archivista dattilografo. Tabella D - Profilo professionale: commessi

Posizioni funzionali

Livelli Personale Centri Trasfusionali

1) Commesso III Commesso, ausiliario o qualifica corrispondente.

NOTE:

AVVERTENZA: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note alle premesse: - Si riporta il testo dei commi 1 e 4 dell' art. 19 della Legge 4 maggio 1990, n. 107. «1. Le regioni, sulla base dei propri piani sanitari, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente Legge, sono tenute a trasferire alle Unità Sanitarie Locali, ai policlinici universitari ed agli Istituti pubblici di ricovero e cura a carattere scientifico, i Centri Trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato o da strutture private. 2-3 (Omissis).

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4. II trasferimento del personale dipendente o convenzionato, in servizio alla data del 31 dicembre 1988, presso le strutture di cui al comma 1 con l'osservanza di un orario non inferiore alle ventotto ore settimanali, è effettuato a domanda dell'interessato con Decreto del Presidente della Giunta regionale con l'osservanza dei seguenti criteri:

a) il personale da trasferire deve essere in possesso dei requisiti, eccetto quelli relativi ai limiti di età, per l'ammissione ai concorsi di assunzione nel relativo profilo professionale e posizione funzionale risultante dalla tabella di equiparazione, approvata dal Ministro della Sanità entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore ella presente Legge in coerenza con l'allegato 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761; il trasferimento è subordinato al concorso riservato per titoli ed esami da espletarsi in conformità al Decreto del Ministro della Sanità 30 gennaio 1982, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 22 febbraio 1982, e successive modifiche; b) i vincitori del concorso indicato alla lettera a) sono collocati nei ruoli nominativi regionali utilizzando le vacanze del relativo profilo e ove occorra anche in soprannumero, in applicazione dei criteri di cui all'art. 1, comma 2, del Decreto-Legge 8 febbraio 1988, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 aprile, n. 109 .

- Il comma 3 dell'art. 17 della Legge n. 400/1988 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede che con Decreto ministeriale possano essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere; Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione; Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce che gli anzidetti regolamenti debbano recare la denominazione di "regolamento", siano adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. - Modifica il Decreto Ministeriale 18 Settembre 1991 ed è... Modificato dal Decreto Ministeriale 5 Novembre 1996

Decreto Ministeriale 22 novembre 1993

"Aggiornamento del prezzo unitario, di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 294 del 16 dicembre 1993)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ

Visto l'art. 4.primo comma, n. 6) 1'art. 6. primo comma, lettera C) e l'art. 45 della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale 23 dicembre 1978 n. 833; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati» e i decreti ministeriali attuativi; Visto l'art. 1 comma 6, della legge 4 maggio 1990 n. 107; Visto il decreto ministeriale 18 settembre 1991; Ritenuto che occorre provvedere ad aggiornare il prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale; Sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale nella seduta del 22 gennaio 1993; Sentito il Consiglio sanitario nazionale nella seduta del 6 luglio 1993;

Decreta: Art. 1.

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I costi che concorrono a formare il prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari pubblici e privati, uniforme per tutto il territorio nazionale sono:

i costi per le attività associative; i costi per le attività di raccolta; i costi per l'esecuzione dei controlli ed esami prescritti della legislazione vigente.

Art. 2. I costi per le attività associative di cui al precedente art. 1 ammontano complessivamente a L. 23.000 per la donazione di sangue intero a L. 28.000 per la donazione di plasma in aferesi e a L. 33.000 per la donazione di citoaferesi. I costi delle attività che concorrono a formarli sono specificati nell'allegato A che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 3. I costi per le attività di raccolta di cui all'art. 1 del presente decreto ammontano complessivamente a L. 60.000. I costi delle attività che occorrono a formarli sono specificati nell'allegato B. che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 4. I costi per l'esecuzione dei controlli ed esami prescritti della legislazione vigente, per unità di sangue ammontano complessivamente a L. 82.000. I costi delle attività che concorrono a formarli sono specificati nell'allegato C, che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 5. Il prezzo complessivo per le unità di sangue intero in sacca multipla, con sostituzione additiva di 450 ml + 10% e classificata è pari a L. 165.000 (costi associativi L. 23.000 + costi raccolta L. 60.000 + costi esecuzione controlli L. 82.000)

Art. 6. Il costo delle procedure aferetiche sono specificate nell'allegato D che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 7. Il prezzo unitario per gli emocomponenti, uniforme su tutto il territorio nazionale viene definito nella seguente tabella. Emocomponente: Prezzo

1) Concentrato eritrocitario (280 ml ± 20%) L. 165.000

2) Plasma fresco congelato (congelato entro sei ore dal prelievo) 250 ml ± 20% L. 25.000

3) Unità di plasma da aferesi (non inferiore a 500 ml) L. 150.000

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4) Concentrato piastrinico da singola unità L. 28.000

5) Concentrato piastrinico o leucocitario da aferesi L. 700.000

6) Concentrato piastrinico da plasmapiastrino-aferesi. L. 250.000

7) Crioprecipitato (contenuto minimo di fattore VIII pari a 100 UI) L. 45.000

8) Procedura di autotrasfusione mediamente predeposito e per singola unità

L. 100.000

Maggiorazioni: Prezzo

a) Rimozione del buffy-coat per unità L. 6.000

b) Deleucocitazione mediante filtrazioni (per ogni filtro impiegato) L. 70.000

c ) Procedura completa congelamento scongelamento cellule (eritrociti o piastrine)

L. 350.000

d) Lavaggio cellule L. 50.000

e) Lavaggio cellule con separatore L. 100.000

f) Irradiazione L. 60.000

Art. 8.

Come già previsto all'art. 1, comma 4, della legge n. 107/1990 la cessione del sangue ed emocomponenti ai pazienti e gratuita. I prezzi del presente decreto riguardano la cessione di sangue ed emocomponenti tra servizi sanitari. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 22 novembre 1993

Il Ministro: GARAVAGLIA

Allegato A

COSTI PER LE ATTIVITÀ ASSOCIATIVE

Donazione sangue intero: Prezzo

Costi per la promozione e la propaganda L. 8.000

Costi per il funzionamento dell'associazione L. 5.000

Costi per chiamata (telefono e/o posta, personale addetto, informatizzazione)

L. 10.000

Totale L. 23.000

Donazione di plasma in aferesi:

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Costi per la promozione e la propaganda L. 10.000

Costi per il funzionamento dell'associazione L. 5.000

Costi per chiamata (telefono e/o posta, personale addetto, informatizzazione)

L. 13.000

Totale L. 28.000

Donazione di citoaferesi:

Costi per la promozione e la propaganda L. 12.000

Costi per il funzionamento dell'associazione L. 5.000

Costi per il servizio di chiamata (telefono e/o posta, personale addetto, informatizzazione) L. 16.000

Totale L. 33.000

Allegato B COSTI PER LE ATTIVITÀ DI RACCOLTA

(visita clinica e prelievo)

Costi per il personale e l'assicurazione R.C. L. 33.000

Costi per il funzionamento delle sedi e trasporti L. 8.000

Costi per i servizi per il donatore (ristoro, esami predonazione, computer ecc.) L. 4.000

Sacca multipla (tripla quadrupla) con soluzione additiva provette ed etichette

L. 15.000

Totale L. 60.000

Allegato C COSTI PER L'ESECUZIONE DI CONTROLLI ED ESAMI

Sangue intero classificato:

Costi per personale L. 40.000

Costi per reagenti, ammortamento attrezzature e controlli di qualità L. 30.000

Costi materiali vari e gestione informatizzata L. 12.000

Totale L. 82.000

Allegato D COSTI PER LE PROCEDURE DI AFERESI

Costi per personale e controlli clinici L. 400.000

Costi materiali di consumo e ammortamento attrezzature L. 300.000

Totale L. 700.000

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Legge che modifica la Legge 4 Maggio 1990 n.º107 all'art.10

Legge 28 gennaio 1994 n. 63

"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 1993, n.º 480, recante modifica dell'articolo 10, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n.º 107, concernente

disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"

(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.º 22 del 28 gennaio 1994) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA la seguente legge:

1. Il Decreto- legge 29 novembre 1993, n. 480, recante modifica dell'articolo 10, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, concernente disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge. 2. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto- legge 27 settembre 1993, n. 381. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 28 gennaio 1994.

SCALFARO Ciampi, Presidente del Consiglio dei Ministri Visto, il Guardasigilli: Conso

ALLEGATO MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE AL DECRETO-LEGGE 29 NOVEMBRE 1993, N. 480. All'articolo 1, comma 1, capoverso 3, le parole: «uno stabilimento di frazionamento e di produzione» sono sostituite dalle seguenti: «lo stabilimento idoneo a ricomprendere il «ciclo completo di frazionamento e di produzione». AVVERTENZA: Il decreto-legge 29 novembre 1993, n. 480, é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 280 del 29 novembre. 1993. A norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988. n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla presente legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Il testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione é pubblicato in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla

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pag. 23.

Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994

"Approvazione del piano per la razionalizzazione del sistema trasfusionale italiano per il triennio 1994 1996"

(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.º 93 del 22 Ottobre 1994)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell'Art.1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che demanda al Governo la predisposizione e l'adozione dei progetti-obiettivo inseriti nel Piano sanitario nazionale, sentite le commissioni parlamentari permanenti competenti per per materia di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, concernente la disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati; Vista la preliminare deliberazione adottata dal Consiglio dei Ministri, nella riunione del 7 ottobre 1993; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Preso atto dell'intesa intervenuta nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 24 febbraio 1994; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 marzo 1994; Sulla proposta del Ministro della sanità di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, del tesoro e del bilancio e della programmazione economica;

EMANA

il seguente decreto:

Art.1 È approvato il piano per la razionalizzazione del sistema trasfusionale italiano per il triennio 1994-1996. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Dato a Roma, addì 7 aprile 1994

SCALFARO CIAMPI, Presidente del Consiglio dei Ministri GARAVAGLIA, Ministro della sanità CASSESE, Ministro per la funzione pubblica BARUCCI, Ministro del tesoro SPAVENTA, Ministro del bilancio e della programmazione economica

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PIANO SANGUE - PLASMA NAZIONALE PER IL TRIENNIO 1994-1996

1) La situazione attuale

Il sistema trasfusionale italiano si presenta soddisfacente se valutato nel suo complesso, disomogeneo ad una analisi più approfondita e disaggregata per singolo territorio regionale, non solo in termini di disponibilità di sangue, ma soprattutto nel numero e nella dimensione delle strutture che lo compongono, oltre che nella tipologia delle prestazioni erogate da ciascuna struttura. Risalire alle cause di una situazione cosìdiversificata, pur in presenza di una legge specifica nel settore, comporterebbe una analisi puntuale dei diversi contesti normativi, culturali e sociali che l' hanno determinata. Quello che invece occorre rilevare è come l' attuale organizzazione strutturale e operativa dei servizi di trasfusione, anche laddove ha consentito di raggiungere elevati e qualificati livelli di attività, si dimostri inidonea, così com'è oggi a realizzare un intervento programmatorio che assuma come proprio obiettivo l' autosufficienza nazionale per componenti cellulari e plasmaderivati. La mancata realizzazione, al momento attuale, di un flusso informativo corrente attraverso il Registro nazionale istituito di recente decreto ministeriale 18 giugno 1991, rende difficile e imprecisa la raccolta di dati che concernono l' attività trasfusionale italiana. Le informazioni che provengono dalle fonti più autorevoli rappresentate nella Commissione nazionale per il servizio trasfusionale indicano che attualmente il nostro Paese manca di 600.000 unità per raggiungere con donatori volontari periodici il proprio fabbisogno teorico di sangue intero/anno (e quindi di concentrati di emazie), calcolato sulla base di 40.000 unità/milione di abitanti/anno (Tabella 1). I dati riportati in detta tabella dovranno essere annualmente aggiornati da parte dell' Istituto superiore di sanità, sulla base dei flussi ufficiali periodicamente trasmessi con il Registro sangue di cui al sopra citato decreto ministeriale 18 giugno 1991. Il difetto è accentuato da una distribuzione assai disomogenea della "risorsa sangue" nelle diverse regioni e dalla mancanza di strumenti organizzativi di coordinamento interregionale c spesso anche infra-regionale. È pur vero che, se si considerano le donazioni occasionali, il difetto si riduce a circa 200.000 unità/anno. Ma queste ultime donazioni, oltre a non cogliere l'obiettivo dell'autosufficienza, comportano un rischio più alto di trasmissione trasfusionale di malattie infettive. Per di più, molte volte- rappresentano l'esito della drammatica pressione che la mancanza di sangue esercita sulle famiglie dei malati, con tutto ciò che ne consegue. L`autosufficienza conseguita con l'apporto dei donatori occasionali può quindi rappresentare soltanto un obiettivo intermedio, sul percorso di un' autosufficienza ottenuta con il contributo dei soli donatori volontari periodici. Per quanto riguarda i plasmaderivati, la situazione è sicuramentepiù critica, registrando una dipendenza dall'estero per oltre il 70% del fabbisogno nazionale di plasma. In siffatte condizioni, un difetto di approvvigionamento o di produzione all'estero, una qualsiasi variabile di mercato, costituiscono condizioni capaci di rendere insufficienti o addirittura irreperibili prodotti terapeutici «salva-vita», come già è avvenuto in più di una occasione. È quindi evidente la necessità di raggiungere l'autonomia circa le fonti di approvvigionamento della

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materia prima per la produzione di plasmaderivati; autonomia che acquista carattere "strategico". Il piano si propone di raggiungere l'obiettivo - al termine del triennio- di una disponibilità di plasma pari a 800.000 litri/anno. 2) LA STRATEGIA DI INTERVENTO. Riguarda una serie di misure dirette a realizzare: A) L'autosufficienza nazionale per sangue intero e plasmaderivati. B) La riorganizzazione delle strutture trasfusionali e la qualificazione dell' intervento trasfusionale. C) La formazione e l'aggiornamento del personale. D) La promozione della ricerca. 3) IL MODELLO ORGANIZZATIVO. Il modello organizzativo delle attività trasfusionali è quello definito dalla legge 4 maggio 1990, n. 107 ed è cosi articolato: A livello U.S.L.: servizi di immunoematologia e trasfusione; centri trasfusionali; unità di raccolta. A livello regionale: centri di coordinamento e compensazione; centri ed aziende convenzionate per la produzione di emoderivati. A livello centrale: il Ministero della sanità; l' Istituto superiore di sanità; la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale. Saranno definiti, con le norme regolamentari che saranno emanate dal Ministro della sanità ai sensi dell'art. 1 della legge n. 107/1990, standard organizzativi per i servizi e i centri trasfusionali allo scopo di rendere più omogenea l'attività di medicina trasfusionale nel territorio nazionale. 4) GLI INTERVENTI DA COMPIERE.

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Per il triennio 1994-1996 vengono individuati i seguenti interventi da compiere per assicurare una risposta organica e quantitativamente significativa ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale: A) In relazione all'obiettivo dell'autosufficienza nazionale per sangue intero e plasmaderivati, gli interventi da compiere o completare sono: a) attuare quanto previsto all'art. 11 comma 4, della legge n. 107/1990, promuovendo iniziative dirette a sensibilizzare l' opinione pubblica, ed in particolare i potenziali donatori, sui valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione di sangue, favorendo l' associazionismo dei donatori; b) incrementare l'indice di donazione nei donatori periodici associati, migliorando il servizio di «chiamata» attraverso la sua computerizzazione e intervenendo sulle condizioni ambientali ed operative delle strutture di raccolta; c) incrementare la disponibilità di sangue nell'entità e con la progressione indicata in tabella 2, i cui parametri di riferimento (% di donatori sul totale della popolazione residente, indice di donazione) devono essere intesi come obiettivi di ogni singola struttura; d) promuovere iniziative tese a generalizzare in tempi brevi la pratica di prelievi da 450 ml ± 10% di sangue intero, come previsto dal decreto ministeriale 27 dicembre 1990; e) promuovere, conti concorso delle associazioni dei donatori, iniziative atte a diffondere una corretta informazione circa il significato e i contenuti della plasmaferesi produttivà così da renderne compartecipe anche il donatore; f) rendere operante con l' emanazione delle normative tecniche di cui all' art. 8, comma 4, della legge nº 107/1990 il coordinamento nazionale dell' attività dei centri regionali di coordinamento e compensazione affidato all' Istituto superiore di sanità, per favorire il raggiungimento dell' autosufficienza già oggi facilmente attuabile per il sangue con l' invio delle eccedenze di emazie di alcune regioni. Tali funzioni di coordinamento potranno essere svolte con il supporto ed in collegamento con l' Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all'art. 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266); g) assicurare un corretto impiego della "risorsa sangue", assumendo a pratica costante la trasfusione mirata con emocomponenti e plasmaderivati; h) predisporre, sulla base delle direttive tecniche e promozionali emanate dalla Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, programmi attuativi di terapia alternativa all' uso di sangue omologo, quali l' autotrasfusione con predeposito, I' emodiluizione normovolemica e il recupero perioperatorio; i) promuovere la costituzione, in tutti i presidi ospedalieri con significativo consumo trasfusionale, di Comitati ospedalieri per il "buon uso del sangue" nell' ambito della VRQ art. 135 ANUL, con il compito di: definire sistemi di valutazione del consumo di sangue nei singoli reparti al fine di prospettare la più corretta indicazione alla terapia trasfusionale, secondo il principio del rischio-beneficio;

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indurre, ogni qual volta possibile, la riduzione delle trasfusioni di plasma; verificare la qualità delle cure prestate al paziente attraverso una valutazione obiettiva dell'efficacia della terapia trasfus ionale; concorrere alla attuazione locale dei programmi di cui alla precedente lettera h); l) predisporre programmi regionali per l' approvvigionamento del plasma da scomposizione; tali programmi devono essere diretti a raggiungere i seguenti risultati: generalizzare l' impiego di contenitori con additivi-conservanti; ottenere, in ciascun territorio, la scomposizione di almeno l' 80% delle unità di sangue intero nel primo anno di attuazione del programma, per giungere, nel triennio a superare il 90%; ottenere che almeno l' 80% del plasma da scomposizione giunga a congelamento entro 3- 6 ore dalla raccolta, in modo da acquisire la più alta resa in fattori della coagulazione; contenere i consumi trasfusionali di plasma al di sotto del 5% del totale dei consumi trasfusionali delle singole sedi di ricovero. La tabella 3 indica orientativamente le dotazioni occorrenti per l' attività di scomposizione; m) attivare programmi di plasmaferesi produttiva ad integrazione di quelli enunciati alla lettera precedente. Considerato che, con limitati investimenti, almeno il 50% del fabbisogno di plasma può essere soddisfatto attraverso la scomposizione del sangue intero, i programmi di plasmaferesi produttiva, che comportano alti costi di gestione, devono porsi unicamente l' obiettivo di colmare la differenza. Conseguentemente, i criteri da seguire con gradualità sono: attivare i programmi nelle sedi che presentano "indici di affidabilità", intendendo come tali l'esistenza, negli ultimi due anni, dei seguenti requisiti: numero dei donatori attivi periodici non inferiore a 4.000; indice di donazione non inferiore a 1,ó, ammettendo indici inferiori unicamente quando la sede goda di eccedenza di emazie: percentuale di scomposizione delle unità di sangue intero in ingresso non inferiore all' 80%; conoscenza della procedura per aver eseguito un totale di almeno 300 plasmaferesi produttive a titolo sperimentale; impiegare separatori cellulari organizzati in moduli di 3 - 4 macchine collocati all' interno delle sedi di raccolta già esistenti, sviluppando il programma con la progressione proposta in tabella 4, intendendo come indicativo il tipo di modello organizzativo e come vincolante la produttività finale (kg di plasma prodotto/anno) in rapporto alle risorse impegnate; orientare la selezione e il controllo dei donatori in modo da privilegiare prelievi da 600 ml di plasma per seduta; perseguire la piena produttività di ciascun separatore cellulare, quantificabile in 1.000 procedure/anno/macchina, per un totale di 500 - 600 litri di plasma/anno, macchina; finalizzare alle specifiche fasi di realizzazione del programma le risorse economiche e le necessarie dotazioni organiche da destinare alle sedi prescelte, subordinando l' erogazione di ulteriori risorse

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alla verifica dei risultati raggiunti di anno in anno; aggiornare i programmi in corso d' opera, in ragione della produzione conseguita con la sola scomposizione delle unità di sangue intero, che, in una prospettiva di lungo termine, deve tendere a soddisfare il 70 - 80%, del fabbisogno nazionale di plasma; n) individuare i centri autorizzati alla produzione di plasmaderivati; o) in sede di Istituto superiore di sanità, con l' analisi del Registro del sangue di cui al decreto ministeriale 18 giugno 1991 e con il contributo della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, predisporre strumenti di verifica della attività delle strutture trasfusionali, delle loro dotazioni e della progressione con la quale si attua il presente piano, visto nella sua globalità, anche affinché raggiunta l' autosufficienza nazionale per componenti cellulari, possano essere formulati gli indirizzi utili a deprimere o a convertire la raccolta del sangue intero nelle regioni di eccedenza man mano che crescono le disponibilità delle regioni attualmente in carenza; p) definire e rendere immediatamente operativi strumenti di compensazione economica efficaci e rapidi, tali da incoraggiare l'impegno di risorse da parte delle regioni, che possono offrire il proprio contributo al rapido conseguimenio dell'autosufficienza perseguita dal presente piano. B) La Iegge n° 107/1990 prevede come parametro per l' organizzazione territoriale dei servizi di immunoematologia e trasfusione e dei centri trasfusionali quello della popolazione residente. Se tale parametro, visto nel contesto dell'attuale sistema trasfusionale, rende evidente l'esigenza di pervenire ad una razionalizzazione della rete dei servizi e dei centri, le funzioni attribuite dalla legge a tali strutture, richiamandole ad un impegno autenticamcnte clinico, richiedono che gli interventi di riorganizzazione si caratterizzino anche in termini di qualificazione delle prestazioni erogate. Pertanto, la programmazione regionale, nel definire l' ubicazione e il tipo delle strutture trasfusionali del proprio territorio, dovrà perseguire una maggiore omogeneità del sistema riducendone, se del caso, la frammentazione e realizzando completamente nel triennio di validità del piano quanto previsto dal disposto normativo degli articoli 5,6,7 e 8 della legge n° 107/1990. È possibile sperimentare, in attuazione dei citati articoli, I' istituzione di servizi di immunoematologia e trasfusione multizonale, collegati con i centri trasfusionali con una organizzazione funzionale di tipo dipartimentale. Nei presidi ospedalieri, che a norma dell' art. 6; comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono forniti soltanto di frigoemoteca, l' attività trasfusionale consiste: nel raccogliere la domanda trasfusionale, eontrollarne la corretta formulazione e trasmetterla alla struttura trasfusionale cui è affidato il rifornimento dell'emoteca; nella conservazione delle unità trasfusionali assegnate al singolo malato dalla struttura trasfusionale competente; nella conservazione delle unità di globuli rossi concentrati da utilizzarsi in caso di urgenza; nella gestione della movimentazione delle unità trasfusionali e nella tenuta del "registro di carico e scarico"; nei provvedere al controllo e nel disporre gli interventi manutentivi delle dotazioni strumentali che supportano l'attività. Fino a diverse disposizioni in materia, la responsabilità della gestione della frigoemoteca resta affidata al direttore sanitario della sede di ricovero, Cosi come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256. Per raggiungere, sia a livello regionale che nazionale. una cornpleta armonizzazione ed omogeneità del sistema trasfusionale, è necessaria una esatta conoscenza delle attività svolte dalle singole strutture trasfusionali. Il Registro nazionale del sangue, istituito con decreto ministeriale 18 giugno 1991, costituisce un primo strumento volto a conseguire questo obiettivo. Tuttavia, un livello di conoscenza pienamente adeguato può essere raggiunto soltanto attraverso un sistema informatizzato di comunicazione che, facendo salve le specifiche esigenze delle singole strutture, consenta una

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uniforme e sistematica raccolta dei dati indispensabili sia alla programmazione regionale che a quella nazionale. Deve essere quindi generalizzata, nei servizi e nei centri la dotazione di sistemi di gestione automatica chè accanto ad una maggiore efficienza nella operatività quotidiana, siano adatti a conseguire l'obiettivo su indicato. Preso atto della necessità di rifinanziare la legge n. 107/1990, nel periodo di validità del piano le risorse finanziarie necessarie vanno reperite attraverso un recupero graduale della spesa farmaceutica per l'acquisto di plasma-derivati. Infatti, con l'attuazione dei programmi di plasma produzione (separazione del 95% del sangue intero prelevato e plasmaferesi produttiva) e l'avvio all'industria del plasma ottenuto, è possibile conseguire, a partire dal 1994; un risparmio annuale del 30% da impiegare per l'attuazione dei suddetti programmi.

TABELLA 1

TABELLA 2

TABELLA 3 - DOTAZIONI OCCORRENTI PER L'ATTIVITÀ DI

SCOMPOSIZIONE

N. di UT scomposte per anno

spazio m2

Centrifughe refrigerate (4-6 posti)

Congel. -90°C (80-100 lt)

Congel. -40°C (tot lt

Organico (n. unità tecniche)

Fino a:10.000 16 1 - 2 1 300-500 1 - 2

10/20.000 20 2 - 3 2 800-1200 2 - 3

20/30.000 28 3 2 1200-1800 3

30/40.000 40 3 - 4 2 1800 3 - 4

40/50.000 40 4 2 1800 4 - 5

TABELLA 4

BUON USO DEL SANGUE Il sangue per uso trasfusionale è di esclusiva origine umana. Si tratta di una risorsa terapeutica limitata e deperibile che, accanto a vantaggi comporta anche rischi limitati ma misurabili. Per ridurre i rischi ed evitare carenze, il sangue va utilizzato solo quando ne esiste precisa indicazione e ricorrendo all'emocomponente specifco per il difetto che si vuole correggere.

Le inclinazioni alla trasfusione. Fatta eccezione per casi particolari (exsanguino trasfusione) che richiedono l'impiego di sangue intero, la trasfusione viene attualmente effettuata impiegando i singoli emocomponenti: globuli rossi, plasma, piastrine. La trasfusione di globuli rossi è indicata per aumentare rapidamente il trasporto e la cessione di ossigeno ai tessuti. Il valore soglia di Hb oscilla tra 70 e 100 g/L a seconda dei casi ed è più elevato nel neonato.

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La trasfusione di plasma fresco è indicata per correggere i deficit dei fattori della coagulazione non altrimenti correggibili (es. fattore V e VII). Il valore soglia è rappresentato dal rapporto paziente/controllo del tempo di protrombina (PT) e/o del tempo di tromboplastina parziale (PTT) superiore a 1,4. - La trasfusione di piastrine è indicata per il trattamento delle emorragie dovute a carenza quantitativa o qualitativa delle piastrine. Il valore soglia è 10.000-20.000/uL per i pazienti medici, 50.000-100.000/uL per i pazienti chirurgici. In particolari casi sono indicati i cosiddetti emocomponenti di secondo livello, ottenuti dai precedenti mediante successivi procedimenti fisici (filtrazione, irradiazione, ecc.). Gli emoderivati sono concentrati di specifiche proteine ottenuti dal plasma mediante procedimenti fisico-chimici di separazione e purificazione. Si tratta di farmaci costosi, sottoposti a registrazione del Ministero della sanità. Quelli di più comune impiego sono l'albumina, le gammaglobuline e i concentrati di Fattore VIII.

L'autotrasfusione. Alla realizzazione del buon uso del sangue concorre anche l'impiego della trasfusione di sangue autologo o autotrasfusione. Questa puo' avvenire tramite il prelievo di sangue dal paziente prima di un intervento programmato (predeposito, emodiluizione), o recuperando il sangue perso durante e dopo l'intervento (recupero intra tra e post operatorio). Le indicazioni sono le stesse del sangue omologo. Dato che il programma di autotrasfusione è costoso e impegnativo. esso va riservato agli ospedali che praticano interventi di chirurgia maggiore con perdite di 2 o più unità di sangue quali chirurgia vascolare addominale. cardiochirurgia, ortopedia (protesi totale d'anca, protesi totale di ginocchio, interventi correttivi per scoliosi). prostatectomia radicale, trapianto di fegato.

La richiesta. Il buon uso inizia dalla richiesta, che deve essere appropriata ed accurata. Per evitare una eccessiva richiesta di sangue, frequente soprattutto in chirurgia, e utile costruire una tabella che stabilisca per ogni équipe il numero massimo di unità da richiedere per tipo di intervento chirurgico programmato (cosiddetto Maximum Surgical Blood Order Schedule, MSBOS). In attesa che ogni ospedale realizzi il proprio MSBOS, è utile che si ricorra a MSBOS pubblicati. L'accuratezza della richiesta riguarda anche la corretta identificazione dei prelievi in reparto e la completa e chiara compilazione della modulistica di accompagnamento. Per evitare che eventuali errori di identificazione del paziente o del campione portino alla trasfusione di sangue ABO incompatibile è necessario disporre di due determinazioni di gruppo ABO e tipo Rh effettuate su due differenti campioni prelevati in momenti dive rsi. Solo se le due determinazioni danno risultato identico, è possibile trasfondere sangue dello stesso gruppo ed Rh; nel caso in cui `non si disponga di due determinazioni di gruppo/Rh è consigliabile trasfondere sangue di gruppo 0, preferibilmente Rh negativo.

La consegna e il trasporto del sangue. Le unità di emocomponenti, assegnate al paziente dal servizio trasfusionale dopo opportune indagini di laboratorio, vengono consegnate al reparto solo previa verifica dell'identità tra il nominativo riportato sulla richiesta e quello riportato sull'unita da trasfondere e della loro compatibilità ABO ed Rh. Le unità devono quindi essere trasportate avendo cura che l'intervallo di tempo tra la consegna e la trasfusione sia il più breve possibile e comunque non superiore a 2 ore. È essenziale evitare la conservazione degli emocomponenti nei reparti.

La trasfusione Al momento della trasfusione, per prevenire l'errore di identificazione va effettuata, in doppio, una verifica dell'identità tra ricevente e nominativo al quale l'unità è stata assegnata.

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Il buon uso del sangue si conclude con la valutazione clinicà che implica l'osservazione del paziente durante la trasfusione c il controllo della sua efficacia attraverso la salutazione dei parametri che si volevano correggere. La documentazione. La registrazione accurata di tutti i dati pertinenti la trasfusione risponde ad una duplice esigenza: documentare l'osservanza delle norme di legge e delle misure atte a garantire la sicurezza, a tutela non solo dei pazienti, ma anche degli. operatori sanitari; fornire gli elementi necessari per la valutazione della pratica trasfusionale.

L 'organizzazione. È essenziale ad assicurare il buon uso del sangue. Essa si incentra su alcuni cardini: l'attivazione di un comitato ospedaliero per il buon uso del sangue con il compito di stendere gli standards, le linee guida e le procedure e di verificare e migliorare la pratica trasfusionale nell'ambito dell'ospedale. Perche le direttive del comitato possano trovare concreta applicazione è necessario che esso sia dotato di poteri conferitigli dagli organi.direttivi dell'ospedale. È anche desiderabile che il comitato disponga nell'ambito di specifici progetti di fondi finalizzati alla realizzazione del buon uso del sangue. Sono anche auspicabili forme di incentivazione per i reparti, o i singoli operatori, impegnati nel miglioramento della pratica trasfusionale; il flusso informativo: il comitato, tramite la direzione sanitaria, trasmette le linee guida e le procedure scritte ai primari, i quali si assumono la responsabilità di diffonderle a tutto il personale medico e non medico che da essi dipende. Per ogni paziente candidato alla trasfusione, si procede alla compilazione di una cartelletta trasfusionale, nella quale viene raccolta, oltre ai dati anagrafici, alla storià di interesse trasfusionale e al consenso informato, tutta la documentazione relativa alla pratica trasfusionale (copia delle richieste, copia dei moduli di assegnazione-trasfusione). I dati ottenuti da tali moduli, possibilmente gestiti da un programma computerizzato, vengono elaborati dal servizio trasfusionale per la stesura di rendiconti periodici. Questi ultimi vengono inviati al comitato e ai singoli reparti e quindi discussi con i responsabili per migliorare la qualità delle prestazioni; gli interlocutori di reparto: è importante che questo flusso di informazioni sia accompagnato da una interazione diretta tra il servizio trasfusionale e il personale medico e infermieristico di reparto, sia mediante incontri periodici di aggiornamento, sia mediante consulenza su problemi specifici di medicina trasfusionale. Per la qualità della pratica trasfusionale è essenziale che il comitato sappia identificare, educare e motivare continuamente questi interlocutori.

L'informatizzazione. La realizzazione del buon uso puo' essere agevolata dall'adozione di un sistema informatizzato di gestione della pratica trasfusionale. E' pertanto auspicabile che i finanziamenti per l'informatizzazione; di cui all'art. 23 della legge n. 107/1990, vengono impiegati anche per questo scopo. In ordine di priorità, gli interventi da compiere sono i seguenti: 1) creazione di programmi di supporto al controllo di processo del servizio trasfusionale; 2) attivazione di procedure alte a garantire la sicurezza nell'assegnazione e nella trasfusione delle unità di sangue mediante l'adozione di codici a barre, 3) informatizzazione della "cartelletta trasfusionale"; 4) realizzazione di un collegamento informatico tra reparti e servizio trasfusionale per la trasmissione automatica dei 'dati. Conclusioni Nel prossimo triennio ogni ospedale dotato di servizio o centro trasfusionale deve istituire il proprio comitato per il buon uso del sangue, che a sua volta auspicabilmente realizzerà quanto, segue: 1) la stesura e la diffusione degli standards, linee-guida e procedure; 2) la costruzione della richiesta massima di sangue per tipo di intervento e per équipe chirurgica (MSBOS); 3) I'identificazione degli nterlocutori di reparto e dei modi di identificazione con il servizio trasfusionale;

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4) i sistemi di sicurezza (doppio controllo per evitare l'errore di prelievo e di trasfusione, appropriata gestione delle unità di sangue in reparto, ecc); 5) la raccolta ed elaborazione dei dati; 6) la modulislica necessaria; 7) spostare il sistema di verifica e miglioramento della pratica trasfusionale; 8) l'introduzione di sistemi informatici di gestione della pratica trasfusionale. Formazione ed aggiornamento professionale La medicina trasfusionale nella sua attuale e più ampia accezione, spinta al raggiungimento di un sempre migliore uso del "farmaco sangue", limitando al massimo i rischi, gli sprechi ed anche le diseconomie, sta certamente attraversando un momento di analisi critica. e di rivalutazione, che impone un'azione di controllo e verifica puntuale nella formazione degli operatori delle strutture di imnnunoematologia e trasfusione (SIT). Infatti i SIT, da mero luogo di raccolta le distribuzione del sangue intero, sono via via divenuti strutture che attuano la terapìa trasfusioriale nonché i vari procedimeni di emaferesi, ed hanno assunto la fisionomia di laboratori specializzati in immunologia ed ematologia nelle loro varie sub-specialità L'emoterapia ha raggiunto uno sviluppo teorico e tecnico tale che, attualmente il medico esperto in medicina trusfusionale è chiamato sempre più spesso a dare il proprio parere in tema di terapia trasfusionale, specie nell'impiego di emocomponenti e/o emoderivati, o in particolari situazioni trasfusionali Vi è inoltre da considerare che i SIT non sono sempre organizzati in maniera tale da far fronte sufficientemente alle necessità di una corretta prassi trasfusionale, sia per mancanza di un coordinamento, sia per dispersione delle forze, sia perché il controllo clinico sull' uso delle sostanze di originè umana è inadeguato ed esiste una carenza di personale altamente qualificato. In ultimo non si puo' ignorare, nella attuale contingenza scientifica, che ad infermieri professionali, ostetriche e tecnici di laboratorio competono pesanti responsabilità relative alla medicina trasfusionale, disciplina spesso ignorata nella formazione di queste figure professionali I suddetti problemi, là dove esistono, possono condurre o a una mancanza di prodotti o all'uso improprio o alto spreco di preziosi prodotti di origine umana, cosa da evitare imperativamente nell'interesse dei donatori e dei riceventi. Si raccomanda di coinvolgere con i mezzi, che saranno ritenuti più opportuni il Ministero dell'università e della ricerca scientifica, per adeguare i programmi delle università e delle scuole universitarie nell'acquisizione di conoscenze e formazione nel settore della medicina trasfusionale. Pertanto, in attuazione del quinto comma dell'art. 12 della legge n. 107/1990 e delle raccomandazioni comunitarie riguardanti il miglioramento della pratica trasfusionale si ritiene necessario: 1) istituire presso l'lstituto superiore di sanità (dotandolo di adeguato organico) una struttura operativa che, tramite corsi teorico-pratici, oltre ad attuare quanto previsto dall'art 9 della legge n. 107/1990, provveda all'aggiornamento ed alla formazione professionale dei SIT, onde giungere (nell'ambito del triennio 1994-96), attraverso una uniformità culturale, all'unificazione di tutta la prassi emotrasfusionale, garanzia per il fruitore di un miglior servizio standardizzato ai migliori livelli informativi; 2) di includere nel corso di studio per tecnici di laboratorio, infermieri professionali ed ostetriche i programmi di istruzione in medicina trasfusiona le indicati negli allegati A) e B) E' inoltre necessario che le regioni, nel rispetto delle loro competenze specifiche (decreto del Presidente della Repubblica n 869/ 1966; decreto del Presidente della Repubblica n 909/1975; legge n. 833/1978; legge n 845/1978), istituiscano per mezzo dei centri previsti dagli articoli 5 e 8 della legge n. 107/1990, dei corsi di aggiornamento professionale per medici non-specialisti utilizzatori dell'emoterapia (allegato C), infermieri professionali ed ostetriche, tecnici di laboratorio, colmando in tal modo le attuali carenze sul piano della formazione di base a livello di queste figure professionali che non hanno avuto tradizionalmente né (se non scarsa) formazione di base specifica

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né un aggiornamento in corso di impiego.

Decreto Ministeriale del 14 Settembre 1994 n.º 739

"Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere"

(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.º 6 del 9 gennaio 1995)

IL MINISTERO DELLA SANITÀ Visto l'art. 6, comma 3, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della Legge 23-ottobre 1992, n. 421», nel testo modificato dal Decreto Legislativo 7 dicembre 1993, n. 517; Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al Ministro della sanità di individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione; Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali; Ritenuto di individuare la figura dell'infermiere; Ritenuto di prevedere e disciplinare la formazione complementare; Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 22 aprile 1994; Ritenuto che, in considerazione della priorità attribuita dal Piano sanitario nazionale alla tutela della salute degli anziani, sia opportuno prevedere espressamente la figura dell'infermiere geriatrico addetto all'area geriatrica anziché quella dell'infermiere addetto al controllo delle infezioni ospedaliere, la cui casistica assume minor rilievo; Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza generale del 4 luglio 1994; Vista la nota, in data 24 settembre 1994, con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al Presidente del Consiglio dei Ministri;

ADOTTA il seguente regolamento:

Art. 1

1. È individuata la figura professionale dell'infermiere con il seguente profilo: l'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è responsabile dell'assistenza generale infermieristica. 2. L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria. 3. L'infermiere:

a) partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; c) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico; d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali; f) per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto;

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g) svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale.

4. L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca. 5. La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:

a) Sanità pubblica: infermiere di Sanità pubblica; b) pediatria: infermiere pediatrico; e) salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico; d) geriatria: infermiere geriatrico; e) area critica: infermiere di area critica.

6. In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio Sanitario Nazionale, potranno essere individuate, con decreto del Ministero della Sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione complementare specifica. 7. Il percorso formativo viene definito con Decreto del Ministero della Sanità e si conclude con il rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l'esercizio delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative. La natura preferenziale del titolo è strettamente legata alla sussistenza di obiettive necessità del servizio e recede in presenza di mutate condizioni di fatto.

Art. 2 1. Il diploma universitario di infermiere, conseguito ai sensi dell'art. 6, comma 3, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, abilita all'esercizio della professione, previa iscrizione al relativo albo professionale.

Art. 3 1. Con Decreto del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati, conseguiti in base a1 precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario di cui all'art. 2, ai fini dell'esercizio della relativa attività professionale e dell'accesso ai pubblici uffici. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 14 settembre 1994

Il Ministro: COSTA Visto, il Guardasigilli: BIONDI Registrato alla Corte dei conti il 24 dicembre 1994 Registro n. 1 Sanità,foglio n. 359

NOTE AVVERTENZA: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei Decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note alle premesse:

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- Il testo dell'art. 6, comma 3, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo modificato dal D.Lgs 7 dicembre 1993, n. 517, è il seguente: «A norma dell'art. 1, lettera o), della Legge 23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del Servizio Sanitario Nazionale e istituzioni private accreditate. I requisiti di idoneità e l'accreditamento delle strutture sono disciplinati con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica d'intesa con il Ministro della Sanità. II Ministro della Sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'art; 9 della Legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della Sanità». - Il comma 3 dell'art. 17 della Legge n. 400/1988 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede che con decreto ministeriale possano essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione. Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce che gli anzidetti regolamenti debbano recare la denominazione di "regolamento", siano adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Nota all'art. 2: - Per il testo del comma 3 dell'art. 6 del D.Lgs. n. 502/1992 si veda in nota alle premesse.

Decreto Ministeriale 1º settembre 1995

"Costituzione e compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri."

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 240 del 13 Ottobre 1995)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, concernente la disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione dei plasmaderivati; Visto il piano per la razionalizzazione del sistema trasfusionale per il triennio 1994-1996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994; Ritenuto che nel predetto piano, tra gli interventi da compiere al fine di assicurare una risposta organica e quantitativamente significativa ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale, è indicata, con particolare riferimento all'obiettivo dell'autosufficienza nazionale per sangue intero e plasmaderivati, la costituzione di comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri; Attesa l'opportunità di emanare norme di carattere tecnico, uniformi a livello nazionale, sulla composizione e sui compiti dei predetti comitati; Visto l'art. 11, comma 1, della sopra richiamata legge 4 maggio 1990, n. 107; Sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale nella seduta del 27 giugno 1995; Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 3 agosto 1995;

DECRETA:

Articolo 1

1. Con provvedimento del direttore generale dell'azienda sanitaria, da adottare entro trenta giorni dalla pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale, è costituito il

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comitato per il buon uso del sangue per ciascun ospedale pubblico o per più ospedali appartenenti alla stessa azienda.

Articolo 2 Il comitato per il buon uso del sangue, di norma, è composto:

• dal direttore sanitario che lo presiede;

• dal direttore della struttura trasfusionale;

• da medici appartenenti ai reparti che praticano la trasfusione, in numero variabile in rapporto alle dimensioni dell'ospedale, fino ad un massimo di cinque;

• dal direttore della farmacia;

• da un rappresentante degli infermieri;

• da un rappresentante delle associazioni dei donatori;

• da un impiegato amministrativo con funzioni di segretario.

Articolo 3

1. Il comitato per il buon uso del sangue ha il compito di :

a) determinare gli standard e le procedure per l'utilizzazione del sangue; b) definire la richiesta massima di sangue per tipo di intervento (MSBOS); c) promuovere la pratica della trasfusione di sangue autologo (autotrasfusione); d) coinvolgere organizzativamente le unità operative di diagnosi e cura su programmi di risparmio di sangue, emocomponenti e plasmaderivati; e) contribuire al perseguimento dell'autosufficienza di sangue, emocomponenti e plasmaderivati; f) definire i controlli di sicurezza e verifica; g) effettuare la valutazione della pratica trasfusionale nei singoli reparti (audit-edico); h) favorire l'informatizzazione del sistema di donazione e trasfusione ospedaliero; i) stabilire rapporti di collaborazione con i referenti per le attività trasfusionali delle case di cura private.

2. Il comitato si riunisce di regola ogni tre mesi. Di ogni riunione è redatto il verbale, da conservarsi presso la direzione sanitaria.

3. A cadenza annuale i risultati della valutazione dell'uso del sangue, opportunamente rappresentati e commentati, sono esaminati in apposito incontro con tutti i clinici dei reparti ospedalieri interessati alle attività trasfusionali, sulla scorta di elementi comparativi inerenti al medesimo ospedale, ad altri ospedali e ai dati della letteratura scientifica. In sede di riunione annuale sono, inoltre, esaminati i problemi organizzativi inerenti alla donazione del sangue, definiti gli obiettivi ed aggiornati programmi di attività.

4. Le conclusioni dell'incontro annuale, unitamente alle proposte operative concordate, sono sintetizzate in un rapporto da trasmettere alla regione e al centro regionale di coordinamento e compensazione.

Articolo 4

1. Deve essere comunicata ai pazienti la possibilità di effettuare, quando indicata, l'autotrasfusione e deve essere richiesto il consenso informato alla trasfusione di sangue ed emocomponenti ed alla somministrazione di emoderivati. Il consenso è espresso mediante

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sottoscrizione di apposita dichiarazione conforme al testo allegato al presente decreto, da unire alla cartella clinica (allegati 1 e 2).

2. Se il paziente è un minore, il consenso deve essere rilasciato da entrambi i genitori o dall'eventuale tutore. In caso di disaccordo tra i genitori, il consenso va richiesto al giudice tutelare.

3. Quando vi sia un pericolo imminente di vita, il medico può procedere a trasfusione di sangue anche senza consenso del paziente. Devono essere indicate nella cartella clinica, in modo particolareggiato, le condizioni che determinano tale stato di necessità.

4. Nei casi che comportano trattamenti trasfusionali ripetuti, il consenso si presume formulato per tutta la durata della terapia, salvo esplicita revoca da parte del paziente.

Articolo 5

1. Al comitato per il buon uso del sangue è trasmessa mensilmente, a cura dei singoli reparti ospedalieri, una scheda informativa, sul numero di pazienti che hanno prestato il consenso alla trasfusione o che hanno rifiutato la trasfusione e sui casi di trasfusione senza consenso, determinata da stato di necessità;

2. I dati riassuntivi annuali sono comunicati alla regione e al centro regionale di coordinamento e compensazione, nel rapporto previsto dall'art. 3.

Roma, 1º settembre 1995

Il Ministro: GUZZANTI

ALLEGATO 1

CONSENSO INFORMATO ALLA TRASFUSIONE Io sottoscritto/a ........................... nato a ................................. il ......../......../........ sono stato informato dal dott. ........................................................ che per le mie condizioni cliniche potrebbe essere necessario ricevere trasfusioni di sangue omologo/emocomponenti (*), che tale pratica terapeutica non è completamente esente da rischi (inclusa la trasmissione di virus dell'immunodeficienza, dell'epatite, ecc.). Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal dott. ................................. sia in ordine alle mie condizioni cliniche, sia ai rischi connessi alla trasfusione come a quelli che potrebbero derivarmi se non mi sottoponessi alla trasfusione. Quindi acconsento/non acconsento (*) ad essere sottoposto presso codesta struttura al trattamento trasfusiona le necessario per tutto il decorso della mia malattia. Data .........................................

Firma .................................................. (*) Cancellare quanto non interessa.

ALLEGATO 2

CONSENSO INFORMATO AL TRATTAMENTO CON EMODERIVATI Io sottoscritto/a .......................... nato/a a ............................ il ../../... sono stato informato dal dott. ........................ che per le mie condizioni cliniche devo essere

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sottoposto ad un trattamento terapeutico con emoderivati, che tale pratica terapeutica non è completamente esente da rischi (inclusa la trasmissione di virus dell'immunodeficienza, dell'epatite, ecc.). Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal dott. ................................................ in ordine alle mie condizioni cliniche, ai rischi connessi alla terapia e a quelli che potrebbero derivare non sottoponendomi al trattamento. Quindi acconsento/non acconsento (*) ad essere sottoposto al trattamento terapeutico con emoderivati, necessario per tutto il decorso della mia malattia. Data ....................................

Firma .................................................. (*) Cancellare quanto non interessa.

Decreto Ministeriale 16 aprile 1996

"Individuazione degli emoderivati salvavita ai quali si applica l'art. 7, secondo comma, del decreto-legge del 2 aprile 1996, n.176"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 123 del 28 maggio 1996)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed in particolare l'art. 8; Visto il decreto-legge 2 aprile 1996. n. 176, ed in particolare l'art.7, secondo comma, che, in deroga a quanto stabilito dall'art. 8, comma 12, della legge sopracitata, prevede che l'adeguamento alla media comunitaria del prezzo degli emoderivati salvavita identificati con decreto del Ministro della sanità avviene nella misura del 50% a partire dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e per il restante 50% a partire dal 1º gennaio 1997;

Decreta: Gli emoderivati salvavita ai quali si applica il disposto di cui al decreto- legge 2 aprile 1996, n. 176, art. 7 secondo comma, sono i seguenti:

fibrinogeno; complesso protrombinico; immunoglobuline anti-D; immunoglobuline antiepatite; fattore VII della coagulazione; fattore IX della coagulazione.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 16 aprile 1996

Il Ministro: Guzzanti Registrato alla Corte dei Conti il 15 maggio 1996 Registro n. 1 Sanità, foglio n. 89

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Decreto integrato dal Decreto Ministeriale 8 agosto 1997 e successivamente dal Decreto Ministeriale 29 marzo 1999

Decreto Ministeriale 22 aprile 1996

"Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue e plasma umani contenenti albumina"

(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 142 del 26 Agosto 1996)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, recante norme di recepimento delle direttive della Comunità economica europea in materia di specialità medicinali; Visto in particolare l'art. 22, quinto comma, del predetto decreto legislativo, con il quale vengono stabilite norme in materia di controlli di Stato sulle specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani e sulle relative procedure tecniche di esecuzione; Visto il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 267; Considerato che l'Istituto superiore di sanità con nota n. 16125-18664/BCL12 in data 6 ottobre 1995 ha comunicato le procedure di controllo e le relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o plasma umani contenenti albumina; Visto il parere favorevole espresso in proposito dal Consiglio superiore di sanità nella seduta del 14 febbraio 1996;

Decreta:

Art. 1 Sono sottoposti a controllo di Stato, partita per partita, prima dell'immissione in commercio, le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti albumina. L'Istituto superiore di sanità - ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, lett. e) del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 267 - effettua i relativi controlli.

Art. 2 Le spese del controllo sono a carico del produttore nella misura prevista dalla normativa vigente.

Art. 3 Il controllo di Stato non è richiesto per le specialità medicinali già sottoposte ad analogo controllo da parte della autorità sanitaria di uno Stato che faccia parte della U.E. o con il quale esistano accordi bilaterali. In tale caso per ogni lotto, prima della immissione in commercio, dovrà essere fornita al Ministero della sanità copia autenticata del certificato originale di rilascio.

Art. 4 Le procedure tecniche per l'esecuzione del controllo di Stato sulle predette specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani sono allegate al presente decreto e ne costituiscono parte integrante. Roma, 22 aprile 1996

Ministro: GUZZANTI Registrato alla Corte dei conti il giugno 1996 Registro I Sanità, foglio n. 1

EMODERIVATI - ALBUMINA PROCEDURE PER IL CONTROLLO ALLEGATO

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1) Documentazione da inviare al Ministero della sanità - Dipartimento della prevenzione e del farmaco. 1.1) Domanda in carta legale con la quale viene richiesto per ogni lotto di produzione che le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani siano sottoposte a controllo di Stato, con la precisazione del numero del lotto. Copia di tale domanda, dovrà essere presentata alla unità sanitaria locale competente per territorio, al fine di consentire la predisposizione del prelevamento dei campioni che verranno inoltrati, a cura dell'Azienda, all'lstituto superiore di sanità corredati dai documenti di cui al punto n. 2. 2) Documentazione da inviare all' lstituto superiore di sanità. Le ditte produttrici dovranno inviare all'lstituto superiore di sanità, per ogni lotto di produzione la seguente documentazione: 2.1) Copia della domanda di cui al punto 1.1; 2.2) Copia del verbale di prelevamento dei campioni del prodotto finito e dei campioni delle miscele di plasma che hanno originato il prodotto: nel verbale, munito delle firme del direttore tecnico e del medico capo della struttura sanitaria o di un incaricato, alla presenza del quale viene eseguito il prelevamento dei campioni, secondo le norme previste dall'art. 15 del regio decreto 18 giugno 1905, n. 407, devono figurare, fra gli altri dati, il numero del lotto, il numero complessivo delle dosi costituenti il lotto, la data di preparazione e il numero delle dosi costituenti il campione destinato all'Istituto superiore di sanità; 2.3) Copie dei protocolli di produzione e dei controlli efFettuati nelle diverse fasi di produzione dell' emoderivato secondo il modello allegato (all. 1), debitamente firrnati dal direttore tecnico responsabile. Se trattasi di emoderivato di provenienza estera i protocolli relativi alla produzione ed ai controlli effettuati nell'officina di produzione conformemente alla normativa vigente nella U.E. devono essere accompagnati da una dichiarazione legalizzata attestante che l'emoderivato giunto in dogana, debitarnente contrassegnato da un numero progressivo di serie, proviene tutto da un'unica partita; 2.4) Quietanza comprovante il versamento a favore dell lstituto superiore di sanità presso la sezione della tesoreria provinciale della somma di L. 3.000.000 per ogni lotto di emoderivato sottoposto a controllo. PROCEDURE TECNICHE DI CONTROLLO Rilascio del lotto in circostanze normali (Fase 1).

Per ogni lotto di albumina per cui si richiede il controllo di Stato, debbono essere inviate all'lstituto superiore di sanità almeno 3 confezioni di prodotto finito nel contenitore finale etichettato. Dovrà inoltre essere fornito un campione di 3 ml suddiviso in due aliquote per ciascuna delle miscele di plasma da cui è stato preparato il prodotto. Per ciascun lotto debbono esserc effettuati i seguenti saggi: a) sulla miscela di plasma originale. Ricerca dei marcatori di infezione virale previsti dalla normativa vigente per lo screening delle donazioni. Il saggio deve essere eseguito secondo le seguenti norme: Il materiale che deve essere saggiato è la miscela di plasma o il supernatante dopo separazione del crioprecipitato. I saggi usati devono essere quelli più aggiornati e convalidati per specificità e sensibilità.Le miscele

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di plasma che sono risultate positive per uno qualsiasi dei marcatori di infezione virale devono essere eliminati cosi come tutti i prodotti che provengono dalla loro lavorazione. b) sul prodotto finito: attivatore della precallicreina. Rilascio de1 lotto in particolari circostanze (Fase 2).

La fase 2 del rilascio del lotto deve essere introdotta in aggiunta alla fase 1 in particolari circostanze: quando viene proposto un nuovo prodotto; quando è stata approvata una variazione nel processo produttivo; quando è stata approvata una variazione nel luogo di produzione; quando sia stato osservato un aumento inaspettato nella percentuale o nella natura di reazioni cliniche avverse o quando siano stati messi in evidenza difetti di qualità di lotti precedenti del prodotto; quando si verifichi una mancanza di riproducibilità nel processo produttivo; quando vi sia un rapporto critico da parte degli ispettori delle Aziende; quando sia presente una variazione nelle procedure di analisi delle Aziende; quando sia riscontrata una variabilità inaspettata dei risultati dei controlli effettuati dal produttore. Il tipo dei controlli supplementari necessari per il rilascio del lotto è strettamente correlata alle circostanze che hanno richiesto i controlli di fase 2. Informazioni riguardanti lotti che non hanno superato il controllo di qualità della ditta potrebbero essere richieste nell'ambito della fase 2 delle procedure di rilascio del lotto. I saggi richiesti per le fasi 1 e 2 sono quelli previsti dalle corrispondenti monografie della Farmacopea italiana ed europea. Il numero e il tipo dei saggi potrà essere sottoposto a revisione in accordo con le eventuali variazioni introdotte a livello europeo. CERTIFICATO DI RILASCIO L'Istituto superiore di sanità per ogni lotto esaminato invierà al Ministero della sanità ed alle aziende il certificato di rilascio che deve contenere almeno le seguenti informazioni: nome e indirizzo dell'azienda; marchio registrato e nome commerciale del prodotto; numero dell'autorizzazione del prodotto; numero di lotto; numero di contenitori (dosi); quantità (ml o mg) per contenitore (dose); tipo di contenitore; data di rilascio e numero di riferimento; temperatura di conservazione; data di scadenza; attività dichiarata per le immunoglobuline specifiche. Il certificato dovrà essere rilasciato entro sessanta giorni dalla ricezione dei campioni.

Decreto Ministeriale 5 novembre 1996

"Integrazione al decre to ministeriale 1º settembre 1995 concernente la costituzione e compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri"

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(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana s.g. n.º 292 del 13 dicembre 1996)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto il proprio decreto in data 1º settembre 1995, relativo alla costituzione e compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri, registrato alla Corte dei conti il 22 settembre 1995, registro nº.1 , foglio nº.301; Vista la nota datata 29 novembre 1995, con la quale il tribunale per i diritti del malato, la Fondazione nazionale dell'emofilia e la fondazione «Futuro senza Thalassemia», chiedono di integrare l'art.2 del decreto ministeriale in epigrafe, nel senso di prevedere che del comitato per il buon uso del sangue faccia parte anche un rappresentante delle associazioni dei malati; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, costituita ai ai sensi dell'art. 12 della legge 4 maggio 1990, nº 107, che nella seduta del 4 marzo 1996 ha approvato la modifica; Sentita la Conferenza Stato-regioni; Ritenuto di dover acogliere la suddetta richiesta;

DECRETA

Art. 1 Il comitato per il buon uso del sangue, di cui al precitato art. 2 del decreto ministeriale 1º settembre 1995, è integrato come segue: un rappresentante delle associazioni dei malati. Il presente decreto sarà trasmesso agli organi di controllo per la registrazione e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 5 novembre 1996

Il Ministro: BINDI Registrato alla Corte dei conti il 20 novembre 1996 Registro n.1 Sanità, foglio n.338

Modifica il Decreto Ministeriale 22 Novembre 1993

Decreto Ministeriale 5 novembre 1996

"Aggiornamento del prezzo unitario di cessione del sangue e degli emocomponenti tra Servizi sanitari pubblici e privati, uniforme per tutto il territorio nazionale"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.º 294 del 16 dicembre 1996)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

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Visto l'art. 4, comma 1, n. 6); l'art. 6, primo comma, lettera C) e l'art. 45 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 concernente la «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati» e i decreti ministeriali attuativi; Visto in particolare l'art. 1, comma 6, della predetta legge n. 107 del 1990; Visto il proprio decreto 18 settembre 1991 con il quale è stato determinato il «prezzo unitario di cessione delle unità di sangue tra servizi sanitari, uniforme per tutto il territorio nazionale»; Visto il proprio decreto 22 novembre 1993, con il quale il prezzo unitario è stato aggiornato; Ritenuto che occorre provvedere ad un ulteriore aggiornamento; Sentita la Commissione Nazionale per il Servizio Trasfusionale che, nella seduta del 2 maggio 1996 ha proposto di aggiornare il precitato prezzo di cessione delle unità di sangue, incrementando le singole tariffe stabilite con il decreto 22 novembre 1993 dell'aumento percentuale dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale calcolato dall'ISTAT per gli anni 1993, 1994 e 1995, nella misura del 14%; e di dover aggiornare in particolare la tariffa relativa a: «costi per il personale e l'assicurazione R.C.», all'interno della voce: «Costi per l'attività di raccolta» (Allegato B del Decreto Ministeriale 22 novembre 1993) della quota ulteriore del 7%, tenuto anche conto di quanto disposto per i lavoratori autonomi, dall'art. 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335; Visto l'art 3 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n.º 266; Sentita la Conferenza Stato Regioni;

DECRETA: Art. 1

1. II prezzo unitario di cessione del sangue e degli emocomponenti tra Servizi Sanitari pubblici e privati, uniforme per tutto il territorio nazionale, viene, in via transitoria, adeguato sulla base di una rivalutazione dei costi di cui agli allegati A, B, C, D del Decreto Ministeriale 22 novembre 1993 pari all'aumento percentuale dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale calcolato dall'ISTAT per gli anni 1993, 1994 e 1995 nella misura del 14%, nonché sulla base di un aggiornamento della valutazione relativa ai costi per il personale e l'assicurazione R.C. all'interno della voce:«Costi per l'attività di raccolta», di cui all'Allegato B del citato Decreto Ministeriale 22 novembre 1993, per un'ulteriore quota del 7%.

Art. 2 1. Il prezzo complessivo per le unità di sangue intero in sacca multipla, con soluzione additiva di 450 ml +/- 10%, e classificata è pari a L. 190.730 (costi associativi L. 26.220 + costi raccolta L. 71.030 + costi esecuzione controlli L. 93.480).

Art. 3 1. Il prezzo unitario per gli emocomponenti, uniforme su tutto il territorio nazionale, viene definito nella seguente tabella:

Emocomponenti Prezzo

a) Concentrato eritrocitario (280 ml ± 20%) 190.730

b) Plasma fresco congelato (congelato entro sei ore dal prelievo) (205 ml ± 20%) 28.500

c) unità di plasma da aferesi (non inferiore a 500 ml) 171.000

d) Concentrato piastrinico da singola unità (0,6 x 1011° piastrine) 31.920

e) Concentrato piastrinico o leucocitario da aferesi 798.000

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(3,5 x 1011° piastrine) (1 x 10 10° leueociti)

f) Concentrato piastrinico da plasma-piastrino-aferesi (1,8 x 1011° piastrine)

285.000

g) Crioprecipitato (contenuto minimo di fattore VIIIº pari a 100 UI) 51.300

h) Procedura di autotrasfusione mediante predeposito e per singola unità 114.000

Maggiorazioni

a) Rimozione del buffy-coat per unità 6.840

b) Deleucocitazione mediante filtrazioni (per ogni filtro impiegato) 79.800

c) Procedura completa congelamento/scongelamento cellule (eritrociti o piastrine) 399.000

d) Lavaggio cellule manuale 57.000

e) Lavaggio cellule con separatore 114.000

f) Irradiazione 68.400

Art. 4 Ai sensi dell'art. 1, comma 4. della legge 4 maggio 1990 n.º 107, la cessione del sangue ed emocomponenti ai pazienti è gratuita. I prezzi del presente decreto riguardano la cessione d sangue ed emocomponenti tra servizi sanitari Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Roma, 5 novembre 1996

Il Ministro: BINDI Registrato alla Corte dei conti il 26 novembre 1996 Registro n. 1 Sanità, foglio n. 334

NOTA CIRCOLARE DEL 21 FEBBRAIO 1997 Sono pervenuti a questo Ministero, numerosi quesiti in merito alla gratuità del sangue per il soggetto ricevente ed alla legittimità della fatturazione del costo del sangue medesimo a pazienti ricoverati presso Strutture accreditate e non accreditate. Al riguardo si fa presente che l'art. 1, commi 4 e 5 della Legge 4 maggio 1990, n. 107, afferma i seguenti principi: 1) la distribuzione del sangue umano -e dei suoi derivati al ricevente è comunque gratuita ed esclude addebiti accessori; 2) i costi di raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano e dei suoi derivati sono a carico del Fondo Sanitario Nazionale.

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Conseguentemente, le predette spese non possono, per legge, essere addebitate al cittadino, ma poste a carico del Fondo Sanitario Nazionale. Le Regioni dovranno, pertanto, individuare modalità organizzativo-distributive tali da garantire che ai cittadini, dovunque e comunque ricoverati, venga assicurato gratuitamente il sangue; modalità che potranno prevedere procedure di rimborso o procedure di distribuzione diretta del sangue, oppure soluzioni diverse, ritenute più idonee, purché naturalmente raggiungano gli scopi precedentemente detti. Per gli Ospedali pubblici e le Strutture convenzionate, il costo del sangue utilizzato rientra nell'ambito della tariffa dei D.R.G. Per le case di cura private non accreditate che, a differenza delle strutture pubbliche e di quelle private accreditate, non fruiscono dei rimborsi previsti dalle tariffe dei D.R.G., le Regioni dovranno attivare le suddette procedure di rimborso o di distribuzione diretta del sangue o quant'altro ritenuto più conveniente, come detto in precedenza. Si pregano, pertanto, le Amministrazioni in indirizzo di portare quanto sopra a conoscenza delle Strutture Sanitarie pubbliche e private interessate . Modifica il Decreto Ministeriale 18 giugno 1991

Decreto Ministeriale 5 novembre 1996

"Indicazioni per l'istituzione del registro del sangue e del plasma in ciascuna regione e provincia autonoma"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana s.g. n.º 292 del 13 dicembre 1996)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati», ed in particolare l'art. 1, comma 7, che autorizza il Ministero della sanità a fissare le indicazioni per la istituzione del registro del sangue in ciascuna regione e provincia autonoma; Visto il decreto ministeriale del 18 giugno 1991 «Indicazioni per l'istituzione del registro del sangue in ciascuna regione e provincia autonoma»; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale costituita ai sensi dell'art. 12 della predetta legge n. 107/1990, che nella seduta del 4 marzo 1996 ha approvato le modifiche alla scheda del registro nazionale e regionale sangue e plasma; Sentita la Conferenza Stato-regioni; Ritenuta la necessità di aggiornare il decreto ministeriale del 18 giugno 1991; Vista la legge 13 marzo 1958, n. 296;

Decreta:

Art. 1.

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1. II registro del sangue è un sistema informativo stabile per la conoscenza di dati relativi alla raccolta e alla distribuzione del sangue umano e alle informazioni sul complesso delle attività svolte dai servizi e centri di cui agli articoli 5 e 6 della legge n. 107/1990. 2. Il registro si basa su un questionario che viene compilato dal responsabile di ogni servizio o centro annualmente. Esso va trasmesso alle regioni entro il 28 febbraio successivo all'anno cui si riferisce. 3. Il questionario è composto da due sezioni: la prima attiene al movimento del sangue e suoi derivati; la seconda riguarda informazioni sulla organizzazione dei servizi e dei centri. Esso va trasmesso dalle regioni all'Istituto superiore di sanità e al Ministero della sanità - Dipartimento delle professioni sanitarie, delle risorse umane e tecnologiche in sanità e dell'assistenza sanitaria di competenza statale - Commissione nazionele per il servizio trasfusionale entro il trentesimo giorno successivo quello indicato al comma 2. Le regioni e province autonome possono, per le proprie finalità programmatorie, anche al fine di realizzare sistemi di accreditamento e di controllo della qualità, dotarsi di un registro sangue che oltre alle informazioni fornite nelle due sezioni, preveda ulteriori specifiche schede informative. 4. L'Istituto superiore di sanità, con i dati raccolti dal registro, prepara annualmente un rapporto che trasmette entro il 30 giugno dello stesso anno al Ministero della sanità. 5. L'Istituto diffonde i dati inerenti la pratica trasfusionale secondo le direttive del Ministero della sanità.

Art. 2. 1. Il questionario riportato nell'allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto, è soggetto a modifiche ed integrazioni tenendo conto anche delle osservazioni e proposte delle regioni e province autonome. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 5 novembre 1996

Il Ministro: Bindi Registrato alla Corte dei conti il 21 novembre 1996 Registro n. 1 Sanità. foglio n. 340

ALLEGATO A

REGISTRO NAZIONALE E REGIONALE SANGUE PLASMA

Anno _________

PARTE PRIMA - (Sezione A - E) A) Area funzionale 1. Regione ___________________________________________ 2. Centro o Servizio ____________________________________ (artt. 5 e 6 della legge n. 107/1990) 2a. Codice fiscale Ospedale |_|_|_|_|_|_|_|_|_|_|_| 3.Sede _______________________________________ Città _____________________ Prov ( ____________ )

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4. Gestito da:

Azienda Socio Sanitaria |_| ____________________ Azienda Ospedaliera |_| ____________________ IRCCS |_| ____________________ Università |_| ____________________ Altro |_| ____________________

5. Unità di raccolta collegate: Totale |_|_|_|_| (art. 7 legge n.107/1990)

- gestite dallo stesso ente |_|_|_|_| - da altro ente o associazione |_|_|_|_|

6. Popolazione della A.S.S./Azienda Ospedaliera e Aziende collegate tramite moduli decentrati o frigoemoteca |_|_|_|_|_|_|_| 6a. Posti letto serviti dalla struttura: Totale |_|_|_|_|_|_|_|

- della stessa Azienda |_|_|_|_|_|_|_| - di altre Aziende |_|_|_|_|_|_|_| - IRCCS |_|_|_|_|_|_|_| - Università |_|_|_|_|_|_|_| - Strutture private |_|_|_|_|_|_|_| - Altro |_|_|_|_|_|_|_|

Responsabile Cognome e nome ___________________________ Qualifica ______________ Ente di appartenenza ______________________________________________ Via ______________________________________ CAP ______ Città _____________________________ Prov. ( _______________ ) Telefono ___ / __________________ Fax ____/ ____________________________ Data ______________________ Firma del Responsabile _____________________________________

B) Gestione dei donatori 7. Donatori che abbiano effettuato almeno una donazione nell'anno in esame

(A)

- Nuovi |_|_|_|_|_|_|_| - di cui hanno ridonato nell'anno in corso

- Periodici Totali

(B) (B1) (B+B1) - Periodici |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

(tutti i donatori dalla seconda donazione in poi) (A+B)

- Donatori Totali

|_|_|_|_|_|_|_|

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8. Donatori di aferesi (con o senza donazione ordinaria) - solo aferesi |_|_|_|_|_|_|_| 9. Indice donazioni

a) sangue intero |_|.|_| (numero unità raccolte nell'anno/numero donatori salassati nell'anno)

b) Procedure di aferesi |_|.|_| (numero procedure/numero donatori di aferesi).

10. Pazienti sottoposti a: 10a. Predeposito |_|_|_|_|_|_|_| 10b. Emodiluizione |_|_|_|_|_|_|_| 10c. Recupero perioperatorio |_|_|_|_|_|_|_| 10d. Procedure miste |_|_|_|_|_|_|_|

C) Gestione Unità di Sangue C1) Sangue Omologo 11. Unità raccolte: Tot. |_|_|_|_|_|_|_| - nel Centro |_|_|_|_|_|_|_|

- nelle Unità di Raccolta collegate |_|_|_|_|_|_|_|

11a. Peso medio Unità gr. |_|_|_|_|_|_|_|

12. Prodotti finali ottenuti da frazionamento nella struttura trasfusionale: Tot. (unità) |_|_|_|_|_|_|_| - sangue intero |_|_|_|_|_|_|_| - emazie concentrate |_|_|_|_|_|_|_| - emazie senza buffy coat |_|_|_|_|_|_|_| - emazie congelate |_|_|_|_|_|_|_| - buffy coat |_|_|_|_|_|_|_| - crioprecipitato |_|_|_|_|_|_|_| - colla di fibrina |_|_|_|_|_|_|_| -........................................ |_|_|_|_|_|_|_|

13. Lavorazioni effettuate dalla struttura trasfusionale Tot. |_|_|_|_|_|_|_| - filtrazione in laboratorio |_|_|_|_|_|_|_| - filtrazione a letto del malato |_|_|_|_|_|_|_| - assemblaggio (creazione di pool) |_|_|_|_|_|_|_| - irradiazione unità |_|_|_|_|_|_|_| - altro |_|_|_|_|_|_|_| 14. Unità acquisite da altre strutture:

Sangue intero Emazie Piastrine Tot. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

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- in regione |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - fuori regione |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - altro |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| (specificare) ........................................................................................ 15. Unità distribuite:

Sangue intero Emazie Piastrine Tot. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - in sede (comprese le unità distribuite per uso domiciliare)

|_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

- ASS/Aziende Osp. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - osp. o cliniche conv. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - centro compens. reg. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - strutt. region. non conv. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - strutture extraregionali (*) |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - strutture extra nazionali (*) |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| (*) Regione/Stato acquirente

Azienda Sanitaria

Tipo emocomponente

n° unità

......................................... .......................... ............................... ...........

......................................... .......................... ............................... ...........

......................................... .......................... ............................... ........... 16. Unità non utilizzate: Sangue intero Emazie Piastrine

Tot. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - per scadenza nel Servizio |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - rientro dopo scadenza |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - cause sanitarie |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - cause tecniche |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| 17. Unità giacenti: Sangue intero Emazie Piastrine - anno precedente |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - anno in esame |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| C2) Sangue autologo (da non sommane alle unità omologhe)

Tot. |_|_|_|_|_|_|_|

18. Unità predepositate |_|_|_|_|_|_|_| 19. Unità trasfuse |_|_|_|_|_|_|_| 20. Unità non utilizzate |_|_|_|_|_|_|_| D) Gestione Aferesi ( escluse le terapeutiche) (numero procedure)

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21. Plasmaferesi |_|_|_|_|_|_|_| 22. Piastrinoaferesi |_|_|_|_|_|_|_| 23. Plasmapiastrinoaferesi |_|_|_|_|_|_|_| 24. Leucoaferesi |_|_|_|_|_|_|_| 25. Raccolta cellule staminali

- periferiche |_|_|_|_|_|_|_| - da cordone |_|_|_|_|_|_|_|

E) Gestione Plasma mL, o g. 26. Quantità media unità di plasma da donazione ordinaria |_|_|_|_| 27. Quantità media unità di plasma da: - plasmaferesi |_|_|_|_|

- plasmapiastrinoaferesi |_|_|_|_| Unità Litri o Kg 28. Prodotto nel Centro e Unità collegate: Tot. |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - da aferesi - da donazione ord. fresco e/o congelato entro 6 ore

|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- da donazione ord. congelato dopo 6 ore |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| 29. Acquisito da altri Centri:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|

|_|_|_|_|_|_|

- regionali: - da aferesi

|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- da donazione ordinaria |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| -extra regionali: - da aferesi

|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- da donazione ordinaria |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| 30. Distribuito:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|

|_|_|_|_|_|_|

- per uso clinico: - fresco e/o congelato |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- frazionamento industria: - da aferesi |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- fresco congelato |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - recuperato |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| 31. Non utilizzato:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|

|_|_|_|_|_|_|

- da aferesi: - per scadenza |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- cause sanitarie |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - cause tecniche |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - da donazione ordinaria: - per scadenza

|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

- cause sanitarie |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

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- cause tecniche |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| 32. Plasma giacente (anno precedente)

Tot.

|_|_|_|_|_|_|

|_|_|_|_|_|_|

- da aferesi |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - da donazione ordinaria |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| 33. Plasma giacente (anno in esame)

Tot.

|_|_|_|_|_|_|

|_|_|_|_|_|_|

- da aferesi |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_| - da donazione ordinaria |_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|

PARTE SECONDA - (Sezione F) F) Altre attività trasfusionali

34. Trasfusioni ambulatoriali Tot. |_|_|_|_|_|_|_| 35. Aferesi terapeutiche: (compresa raccolta cellule staminali)

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

- in regime ambulatoriale: |_|_|_|_|_|_|_| - in regime di ricovero |_|_|_|_|_|_|_| - day hospital |_|_|_|_|_|_|_| 36. Salassi terapeutici:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

- in regime ambulatoriale |_|_|_|_|_|_|_| - in regime di ricovero |_|_|_|_|_|_|_| 37. Autotrasfusione:

37a. Unità predepositate:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

- in regime ambulatoriale |_|_|_|_|_|_|_| - in regime di ricovero |_|_|_|_|_|_|_| 37b. Procedura di recupero:

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

- intraoperatorio |_|_|_|_|_|_|_| - postoperatorio |_|_|_|_|_|_|_| 37c. Procedure di emodiluizione

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

38. Consulenza medicina trasfusionale

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

- Interne Tot. |_|_|_|_|_|_|_| - esterne Tot. |_|_|_|_|_|_|_| 39. Trattamenti di midollo osseo

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

40. Procedure di congelamento escluse le emazie ed il plasma

Tot.

|_|_|_|_|_|_|_|

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41. Attività diagnostica di laboratorio: La rilevazione numerica degli esami va effettuata secondo le definizioni stabilite dal nomenclatore tariffario in vigore; p.e. Fenotipo Rh compreso Du (anti. C, anti E, ....) è un solo esame.

Pazienti

Esami: Donatori Interni Esterni Totale - Immunoemat. eritrocit. |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

- Immunoemat. leucociti |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

- Immunoemat. piastrine

|_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

- Sierologia epatiti |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Sierologia HIV |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Sierologia lue |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Ematologia |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Chimica clinica |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Coagulazione |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Immunologia |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Allergelogia |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Citogenetica |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Biologia molecolare |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Citometria |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| - Altro ......... |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_| |_|_|_|_|_|_|_|

42. Gestione computerizzata: Programma: SI NO - donatori |_| |_| .......................

- magazzino trasfusionale |_| |_| .......................

- riceventi |_| |_| .......................

- attività di laboratorio |_| |_| .......................

43. Controllo di Qualità Programma: Interno Esterno

SI NO SI NO

- immunoematologia |_| |_| |_| |_| .......................

- emocomponenti |_| |_| |_| |_| .......................

- HBsAg, HIV 1/2, HCV |_| |_| |_| |_| .......................

- citometria |_| |_| |_| |_| .......................

- HLA |_| |_| |_| |_| .......................

- coagulazione |_| |_| |_| |_| .......................

- allergologia |_| |_| |_| |_| .......................

- altro ............ |_| |_| |_| |_| .......................

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44. È costituito il Comitato ospedaliero SI NO per il corretto uso del sangue: |_| |_| 44a. È operativo: |_| |_|

45. Servizio d'urgenza garantito da:

SI NO - guardia attiva |_| |_| - reperibilità |_| |_| - reperibilità solo medico |_| |_| - reperibilità medico e tecnico |_| |_| - reperibilità mista ad altri reparti |_| |_|

46. Organico del Servizio o Centro: in pianta organica in servizio

- medici |_|_|_| |_|_|_|

- tecnici |_|_|_| |_|_|_|

- infermieri professionali |_|_|_| |_|_|_|

- ausiliari |_|_|_| |_|_|_|

- amministrativi |_|_|_| |_|_|_|

- altri |_|_|_| |_|_|_|

ESEMPIO DI COMPILAZIONE DEL PARAGRAFO B B) Gestione dei donatori 47. Donatori (che abbiano effettuato almeno una donazione nell'anno) - Nuovi |_|_|_|_|_|2|8| di cui hanno

ridonato nell'anno in corso

- Periodici Totali

- Periodici |_|_|_|_|7|0|0| |_|_|_|_|_|1|4| |_|_|_|_|7|1|4| - Donatori Totali |_|_|_|_|7|2|8|

Decreto Legge 18 Novembre 1996 n.º 583

"Disposizioni urgenti in materia sanitaria"

( Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nº 271 del 19 Novembre 1996)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Ritenuto che nelle materie della disponibilita degli emoderivati salvavita, dell'organizzazione sanitaria, dei finanziamenti di alcune rilevanti attività sanitarie e del funzionamenio delle

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commissioni mediche periferiche del Tesoro, si sono determinate situazioni richiedenti l'adozione di misure legislative straordinarie ed urgenti; Ritenuto, in particolare, che la previsione contenuta nell'articolo 8, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, che consente alle aziende farmaceutiche di adeguare nell' arco di un quinquennio i prezzi dei medicinali ai prezzi medi comunitari, ha provocato una consistente rarefazione nel mercato italiano degli emoderivati salvavita; che a contrastare tale fenomeno è risultato insufficiente l'anticipazione dell'adeguamento al 1º gennaio 1997, prevista dal decreto-legge 13 settembre 1996, n. 478; che, pertanto, occorre ulteriormente anticipare, per gli anzidetti farmaci, la data dell'adeguamento al 1º dicembre 1996; Ritenuto, altresì, che il finanziamento dei contratti collettivi di lavoro della dirigenza medico-veterinaria e dei ruoli professionali tecnico, sanitario e amministrativo del Servizio sanitario nazionale, per il biennio economico 1996-1997, richiede uno stanziamento aggiuntivo a carico del Servizio sanitario nazionale che assume carattere di atto necessitato, che tale esigenza ha assunto carattere di effettiva concretezza a partire dall' 8 novembre 1996, avendo il Consiglio dei Ministri sotto tale data deliberato I'autorizzazione a sottoscrivere i contratti suddetti; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 novembre 1996; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la funzione pubblica e gli affari regionali;

EMANA il seguente decreto- legge:

Art. 1.

Emoderivali salvavita 1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 8, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l'adeguamento alla media comunitaria dei prezzi degli emoderivati salvavita in vigore alla data del 15 novembre 1996 avviene a partire dal 1º dicembre 1996.

Art. 2. Norme urgenti in materia di organizzazione sanitaria

[OMISSIS..]

Art. 3. Finanziamenti per l'attuazione dell' art.18 comma 2-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, nº 502, e successive modificazioni, nonchè per il potenziamento delle funzioni distrettuali e delle attività della medicina e della pediatria di base

[OMISSIS..]

Art. 4. Disposizioni per le commissioni mediche periferiche del Ministero del Tesoro

[OMISSIS..]

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Art. 5. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 18 novembre 1996

SCALFARO

PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri BINDI, Ministro della sanità

CIAMPI, Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e

tecnologica BASSANINI, Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali

Aggiornato dal: Decreto del PCM 1º settembre 2000

Decreto Presidente Repubblica n.º 4 del 14 gennaio 1997

"Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alla Regioni e alle Province Autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali ed organizzativi minimi per

l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle Strutture pubbliche e private"

(pubblicato nel Supplemento Gazzetta Ufficiale del 20 Febbraio 1997)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l'art. 8, comma 4, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, che prevede la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, mediante atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Consiglio Superiore di Sanità, nonché la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi; Visto l'art. 1, comma 1, lettera hh), della Legge 12 gennaio 1991, n. 13; Sentito il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta del 18 dicembre 1996; Vista l'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 19 dicembre 1996; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 1996; Sulla proposta del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro per la Funzione pubblica e gli affari regionali;

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DECRETA È approvato il seguente atto di indirizzo e coordinamento.

Art. 1 - Approvazione requisiti 1. Fermo restando la competenza delle Regioni e delle Province Autonome nel disciplinare la materia delle autorizzazioni sanitarie, sono approvati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, riportati nell'Allegato, che fa parte integrante del presente decreto.

Art. 2 - Definizione dei requisiti 1. Le strutture di cui al successivo art. 4 sono tenute a rispettare e ad adeguarsi ai requisiti minimi generali e specifici, di cui all'art. 1. Restano ferme 1e prescrizioni contenute nella normativa nazionale, regionale e nei regolamenti edilizi comunali. 2. Le regioni disciplinano le modalità per l'accertamento e la verifica del rispetto dei requisiti minimi. 3. La verifica della permanenza dei requisiti minimi deve essere effettuata con periodicità almeno quinquennale e ogni qualvolta le regioni ne ravvisino la necessità ai fini del buon andamento delle attività sanitarie 4. Le regioni determinano, ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 7 dell'art. 8, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; e successive modificazioni ed integrazioni, gli standards di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione di cui all' art. 1. 5. Nella determinazione dei requisiti ulteriori, le regioni si attengono ai seguenti criteri generali, volti ad assicurare:

a) che l'accreditamento della singola struttura sia funzionale alle scelte di programmazione regionale, nell'ambito delle linee di programmazione nazionale; b) che il regime di concorrenzialità tra strutture pubbliche e private sia finalizzato alla qualità delle prestazioni sanitarie e si svolga secondo il criterio dell'eguaglianza di diritti e doveri delle diverse strutture, quale presupposto per la libera scelta da parte dell'assistito; c) che sia rispettato il livello quantitativo e qualitativo di dotazioni strumentali, tecnologiche e amministrative correlate alla tipologia delle prestazioni erogabili, nonché alla classe di appartenenza della struttura; d) che le strutture richiedenti presentino risultanza positiva rispetto al controllo di qualità anche con riferimento agli indicatori di efficienza e di qualità dei servizi e delle prestazioni previsti dagli articoli 10, comma (?) e 14, comma 1 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni.

6. Le regioni disciplinano le modalità per la richiesta di accreditamento da parte delle strutture autorizzate, la concessione e l'eventuale revoca dello stesso, nonché la verifica triennale circa la permanenza dei requisiti ulteriori richiesti per l'accreditamento medesimo. 7. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le Aziende e gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli appositi rapporti di cui all'art. 8, commi 5 e 7 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni nell'ambito del livello di spesa annualmente definito. 8. I requisiti ulteriori, di cui ai commi 4 e 5, oltre che presupposto per l'accreditamento, costituiscono altresì. fondamento dei piani annuali preventivi, così come previsti e definiti dalla normativa vigente.

Art. 3 - Modalità di applicazione

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1. Le regioni entro un anno dalla pubblicazione del presente decreto, nell'ambito della propria autonomia danno attuazione alle presenti disposizioni. 2. I requisiti minimi di cui al presente decreto trovano immediata applicazione nel caso di realizzazione di nuove strutture e di ampliamento o trasformazione di strutture già esistenti. Per ampliamento si intende un aumento del numero dei posti letto o l'attivazione di funzioni sanitarie aggiuntive rispetto a quelle precedentemente svolte; per trasformazione si intende la modifica delle funzioni sanitarie già autorizzate o il cambio d'uso, con o senza lavori, degli edifici o di parti di essi destinati ad ospit are nuove funzioni sanitarie. 3. Con lo stesso provvedimento le regioni dettano disposizioni circa i tempi e le modalità per l'adeguamento delle Strutture Sanitarie pubbliche e private già autorizzate e in esercizio ai requisiti minimi stabiliti dal presente decreto, da prevedersi nell'arco massimo di cinque anni. 4. Le regioni disciplinano l'accesso all'accreditamento delle Strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti ulteriori di cui al commi 4 e 5 dell'art. 2, ancorché in precedenza non convenzionate.

Art. 4 - Classificazione delle Strutture 1. Le regioni classificano le Strutture in relazione alla tipologia delle prestazioni contemplate dai livelli di assistenza in: a) Strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno per acuti; b) Strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio; c) Strutture che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo e/o diurno. 2. Le Strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno possono essere distinte: a) in relazione alla destinazione funzionale secondo le attività per l'acuzione e la postacuzie. b) in relazione alla tipologia dell'istituto: aziende ospedaliere di rilievo nazionale e di alta specializzazione, aziende ospedaliere regionali, presidi ospedalieri della USL, policlinici universitari, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ospedali militari. 3. Le Strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale possono essere distinte a seconda dell'entità e della tipologia delle prestazioni erogabili e delle dotazioni strumentali, tecnologiche ed organizzative, possedute. 4. Le Strutture che erogano prestazioni in regime residenziale, in riferimento all'attività a ciclo continuativo e/o diurno, possono essere distinte in tipologie connesse ai livelli di assistenza previsti dal Piano Sanitario Nazionale.

Art. 5 - Norma di garanzia per le Province Autonome 1. Le Province Autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente atto di indirizzo e coordinamento nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Dato a Roma, addì 14 gennaio 1997

SCALFARO PRODI, Presidente del Consiglio dei Ministri

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BINDI, Ministro della Sanità BASSANINI, Ministro per la Funzione pubblica e gli affari regionali

Registrato alla Corte dei Conti il 7 febbraio 1997 Registro n. 1 Sanità foglio n. 15.

PREMESSA

Ai fini dell'applicazione dei requisiti minimi e tenuto conto che con il termine di requisito organizzativo si intende l'azione organizzativa, si definisce: AZIENDA: Il soggetto giuridico, pubblico e privato che offre attività o prestazioni sanitarie PRESIDIO: Struttura fisica (ospedale, poliambulatorio, ambulatorio ecc.) dove si effettuano le prestazioni e/o le attività sanitarie STRUTTURA ORGANIZZATIVA: Dimensione organizzativa complessiva della funzione svolta. VALUTAZIONE E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ: Tali attività hanno lo scopo di garantire all'utente che le prestazioni od i servizi ricevuti siano di buona qualità. Per iniziative di valutazione e miglioramento della qualità si intendono progetti che prevedono: 1) l'identificazione di un problema (intesa come occasione di miglioramento); 2) la determinazione delle cause possibili; 3) la definizione dei criteri, degli indicatori e dei livelli soglia di buona qualità; 4) la progettazione e l'effettuazione di uno o più studi per precisare la differenza tra i valori attesi e quelli osservati nonché per identificare le cause di tale discrepanza; 5) la progettazione e l'effettuazione dell'intervento migliorativo; 6) la valutazione di impatto a breve e medio termine dell'intervento migliorativo nei confronti del problema affrontato; 7) la diffusione dei risultati a tutti gli interessati. Tali iniziative possono riguardare processi/esiti di prestazioni dirette agli utenti o processi/esiti delle attività di supporto (gestionali, organizzative, amministrative, etc.). LINEE-GUIDA: insieme di indicazioni procedurali suggerite, finalizzate ad assistere gli operatori in specifiche circostanze. REGOLAMENTI INTERNI: definiscono le modalità di comportamento o successione di azioni definite da documenti formali o dalla normativa, che devono essere sistematicamente ottemperate. PROCEDURE: insieme di azioni professionali finalizzate ad un obiettivo.

REQUISITI MINIMI ORGANIZZATIVI GENERALI Il presente documento indica i requisiti minimi relativi ai seguenti aspetti organizzativi: 1. - politica, obiettivi ed attività; 2. - struttura organizzativa; 3. - gestione delle risorse umane; 4. - gestione delle risorse tecnologiche; 5. - gestione, valutazione e miglioramento della qualità, linee guida e regolamenti interni; 6. - sistema informativo. 1) Politica, obiettivi ed attività La Direzione aziendale provvede alla definizione delle politiche complessive dell'Azienda ed esplicita gli obiettivi da raggiungere, sia per la tipologia ed i volumi che per la qualità delle prestazioni e dei servizi che intende erogare. La Direzione deve esplicitare ai presídi, alle unità operative ed alle altre articolazioni organizzative, il ruolo, gli obiettivi e le funzioni assegnate agli stessi. È adottato un documento in cui sono esplicitati:

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- La missione, e cioè la ragion d'essere dell'organizzazione ed i valori cui si ispira, le politiche complessive, e cioè l'indirizzo dato dalla Direzione Generale, che consiste nel definire i campi prioritari di azione e quali metodi adottare per raggiungere gli obiettivi; - gli obiettivi: a) devono essere articolati nel tempo: b) devono risultare congruenti con gli obiettivi dei livelli organizzativi sovra-ordinati; - l'organizzazione interna con particolare riferimento a: a) l'organigramma con il quale vengono individuati i responsabili delle articolazioni operative e delle funzioni di supporto tecnico amministrativo e definite le loro funzioni; b) i livelli di responsabilità; c) le modalità di erogazione del servizio; d) le prestazioni e/o le attività erogate; La Direzione definisce annualmente il piano di lavoro che comprende: - la tipologia ed il volume di attività previste; - il piano organizzativo.

La Direzione predispone materiale informativo a disposizione dell'utenza, che specifichi tipolologia delle prestazioni erogate, operatori responsabili delle prestazioni, orarie, costi. 2) Struttura organizzativa La Direzione definisce ed esplicita l'organizzazione e le politiche di gestione delle risorse umane ed economiche per: - le attività ambulatoriali; - le attività di ricovero a ciclo continuativo e diurno (acuti e post-acuti); La Direzione definisce le modalità con cui garantisce la continuità dell'assistenza al paziente in caso di urgenze od eventi imprevisti (clinici, organizzativi, tecnologici). 3) Gestione delle risorse umane La Direzione definisce il fabbisogno di personale: - in termini numerici (equivalenti a tempo pieno) per ciascuna professione o qualifica professionale; - per posizione funzionale; - per qualifica; - in rapporto ai volumi ed alle tipologie delle attività, secondo criteri specificati dalle normative regionali. È indispensabile che tutti i ruoli e le posizioni funzionali siano ricoperti da personale in possesso dei titoli previsti dalla normativa vigente. Deve essere predisposto un piano di formazione-aggiornamento del personale, con indicazione del responsabile. Devono essere normalizzate le modalità per favorire l'inserimento operativo del personale di nuova acquisizione. 4) Gestione delle risorse tecnologiche

Si devono prevedere specifiche procedure di programmazione degli acquisti delle apparecchiature biomediche e dei dispositivi medici che devono tenere conto dell'obsolescenza, dell'adeguamento alle norme tecniche, della eventuale disponibilità di nuove tecnologie per il miglioramento dell'assistenza sanitaria. La Direzione adotta un inventario delle apparecchiature in dotazione Deve esistere un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature biomediche; tale piano deve essere documentato per ciascuna apparecchiatura e reso noto ai diversi livelli operativi. La Direzione deve provvedere affinché in ogni presidio sia garantito l'uso sicuro, appropriato ed economico delle apparecchiature biomediche. 5) Gestione, valutazione, e miglioramento della qualità, linee-guida e regolamenti interni

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La Direzione è responsabile della «creazione delle condizioni organizzative che facilitino e consentano la promozione e il supporto ad attività valutative e di miglioramento dei processi di erogazione dei servizi e delle prestazioni, secondo le indicazioni contenute in questo stesso documento o nella normativa già emanata a livello nazionale o locale. In tutti i presídi devono essere attivati programmi di valutazione e miglioramento delle attività. I programmi vengono selezionati in rapporto alle priorità individuate. In ogni azienda deve esistere una struttura organizzativa (o un responsabile in relazione alla complessità della stessa) che presiede alle attività di valutazione e miglioramento della qualità. Annualmente ogni struttura organizzativa effettua al proprio interno o partecipa ad almeno un progetto di valutazione e verifica di qualità favorendo il coinvolgimento di tutto il personale. Tale attività sarà utilizzata anche per lo studio dell'appropriatezza nell'utilizzo delle risorse, con particolare riferimento agli episodi di ricovero e all'utilizzo di tecnologie complesse (RMN, TAC, Angioplastiche, etc.). I laboratori di analisi, i servizi di anatomia- istologia-citologia patologica e i centri trasfusionali devono prevedere attività di controllo di qualità interne ed esterne e partecipare a programmi di miglioramento della qualità. In tutte le articolazioni organizzativo-funzionali è favorito l'utilizzo delle linee-guida predisposte dalle Società scientifiche o da gruppi di esperti per una buona pratica clinica nelle varie branche specialistiche. Inoltre, devono essere predisposte con gli operatori, linee-guida e regolamenti interni che indichino il processo assistenziale con cui devono essere gestite le evenienze cliniche più frequenti o di maggiore gravità. Ogni struttura organizzativa predispone una raccolta di regolamenti interni, linee-guida, aggiornati per lo svolgimento delle procedure tecniche più rilevanti (selezionate per rischio, frequenza, costo). Il personale deve essere informato sull'esistenza di tali documenti, che sono facilmente accessibili, e che vanno confermati o aggiornati almeno ogni tre anni. Devono essere predisposti documenti simili per lo svolgimento delle principali attività di supporto tecnico-amministrativo, in particolare: - criteri e modalità di accesso dell'utente (programmazione liste di attesa, accoglimento e registrazione); - modalità di prelievo, conservazione, trasporto dei materiali organici da sottoporre ad accertamento; - modalità di pulizia, lavaggio, disinfezione e sterilizzazione di tutti gli strumenti ed accessori; - pulizia e sanificazione degli ambienti; - modalità di compilazione, conservazione, archiviazione dei documenti comprovanti un'attività sanitaria. 6) Sistema informativo Il sistema informativo è finalizzato alla raccolta, elaborazione ed archiviazione dei dati di struttura, processo ed esito, con gli obiettivi di: - sostanziare e ridefinire le politiche e gli obiettivi del presidio e dell'azienda; - fornire il ritorno informativo alle strutture organizzative, necessario per le valutazioni di loro competenza; - rispondere al debito informativo nei confronti dei livelli sovra-ordinati. La Direzione assicura: - l'individuazione dei bisogni informativi dell'organizzazione; - la struttura del sistema informativo; - le modalità di raccolta; - la diffusione ed utilizzo delle informazioni; - la valutazione della qualità del dato; - l'integrazione delle informazioni prodotte nelle attività correnti delle singole unità operative,

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sezioni, uffici, etc. Deve essere individuato un referente del sistema informativo responsabile delle procedure di raccolta e verifica della qualità (riproducibilità, accuratezza, completezza) e diffusione dei dati, ferme restando le responsabilità specifiche previste da norme nazionali.

REQUISITI MINIMI STRUTTURALI E TECNOLOGICI GENERALI Tutti i presídi devono essere in possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di: · protezione anti-sismica · protezione anti- incendio · protezione acustica · sicurezza elettrica e continuità elettrica · sicurezza anti- infortunistica · igiene dei luoghi di lavoro · protezione delle radiazioni ionizzanti · eliminazione della barriere architettoniche · smaltimento dei rifiuti · condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas · materiali esplodenti In merito a tali problematiche si ritiene di fare riferimento alle specifiche norme nazionali, regionali, locali e, per la prevista parte di competenza, alle disposizioni internazionali.

Legge 17 gennaio 1997, nº.4

"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 1996, nº. 583, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria"

(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nº.14 del 18 gennaio 1997)

Art. 1. Emoderivati salvavita

1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 8, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, nº. 537, l'adeguamento alla media comunitaria dei prezzi degli emoderivati salvavita in vigore alla data del 15 novembre 1996 avviene a partire dal 1 dicembre 1996.

Art. 2. Norme urgenti in materia di organizzazione sanitaria

[OMISSISS..]

Art. 4. (Soppresso dalla legge di conversione)

Art. 5.

Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

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Decreto Ministeriale 17 Luglio 1997, nº. 308

"Regolamento recante norme per la disciplina dei compiti di coordinamento a livello nazionale delle attività dei centri regionali di coordinamento e compensazione in materia di sangue ed emoderivati"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nº. 217 del 17 Settembre 1997)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

Vista la legge 4 maggio 1990, nº. 107 concernente la "Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"; Visto in particolare l'art. 8. comma 4 della legge 4 Maggio 1990, nº. 107, che demanda all'Istituto superiore di sanità il compito di coordinare a livello nazionale l'attività dei centri regionali di coordinamento e di compensazione e di favorire l'autosufficienza nazionale di sangue ed emoderivati, in attuazione delle normative tecniche emanate dal Ministro della sanità, sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale; Visto il piano per la razionalizzazione del sistema trasfusionale per il triennio 1994 - 1996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nº. 93 del 22 Aprile 1994; Considerato che il predetto piano prevede che l'Istituto superiore di sanità, per i compiti di coordinamento svolti in attuazione delle direttive tecniche emanate dal Ministero della sanità, possa avvalersi del supporto dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all'art.5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, nº. 266; Ritenuta la conseguente esigenza di adottare norme per regolamentare l'esercizio della funzione di coordinamento e per disciplinare i rapporti tra i predetti organismi in armonia con le attribuzioni di competenza del Ministero della sanità e delle regioni e province autonome; Visto l'articolo 11. comma 1, della richiamata legge 4 maggio 1990, nº.107. Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni; Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, nº. 400; Sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale; Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome nella seduta del 21 dicembre 1995; Udito il parere del Consiglio di Stato espresso all'adunanza generale del 20 marzo 1997; Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, effettuate in data 14 Aprile 1997 con protocollo nº.900.5-bis/CNST.2/225;

ADOTTA

il seguente regolamento:

Art. 1 1. Con il presente decreto vengono individuati gli obiettivi generali e gli interventi da compiere per assicurare una risposta organica ai problemi che caratterizzano il settore trasfusionale sulla base delle disposizioni della legge 4 maggio 1990 nº. 107, nonché le modalità di raccordo a livello

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centrale delle attività del Ministero della sanità, dell'Istituto superiore di sanità e dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali nell'area della rilevazione dei dati e del coordinamento e del controllo nonché in quella della gestione delle attività connesse alla cessione del sangue e relativi derivati tra le regioni.

Art. 2 1. Il Ministero della Sanità nell'esercizio dei compiti e delle funzioni istituzionali allo stesso demandati dalla vigente normativa in materia di sangue ed emoderivati, adotta i provvedimenti ed assume le iniziative necessarie al raggiungimento dell'autosufficienza nazionale. A tal fine provvede a: a) definire annualmente, sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, il fabbisogno nazionale dl sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati; b) concordare con le Regioni la rispettiva quota di partecipazione al programma di autosufficienza, l'individuazione delle risorse ed i criteri di finanziamento e di compensazione, le modalità di rilevazione e di contabilizzazione dei dati inerenti agli scambi di sangue e di emoderivati tra le stesse regioni; c) stabilire con le regioni il piano annuale di distribuzione dei plasmaderivati alle eccedenti il fabbisogno regionale, alle strutture sanitarie pubbliche e private del territorio nazionale; d) verificare, periodicamente, lo stato d'attuazione del programma annuale concordato; e) emanare le linee guida relative ai modelli organizzativi e di funzionamento delle attività trasfusionali ed alla pratica trasfusionale nonché alla formazione ed all'aggiornamento del personale, che competono alle regioni ed all'Istituto superiore di sanità; f) definire il programma di emovigilanza; g) alla proposta di un programma nazionale di iniziative per la razionalizzazione ed il rafforzamento delle attività affidate dalla legge 4 maggio 1990 nº. 107, alle organizzazioni di volontariato del sangue. 2. Per i compiti di cui alle lettere a), b), c), d), e) e g) del comma 1, il Ministero della Sanità si avvale del supporto tecnico dell'Istituto superiore di sanità. Il Ministero della sanità può avvalersi, altresì, delle ricerche e delle indagini eventualmente espletate dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali. 3. Il Ministero della sanità partecipa alla elaborazione delle normative dell'Unione europea in materia dl sangue ed emoderivati curandone l'attuazione in ambito nazionale.

Art. 3 1. L'istituto superiore di sanità svolge funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico a livello nazionale ed, in particolare: a) promuove la ricerca scientifica nel campo immunotrasfusionale, con particolare riguardo alla prevenzione delle malattie trasmissibili; b) promuove ed organizza il controllo di qualità esterno riguardante le procedure e le metodiche diagnostiche in campo trasfusionale, anche mediante l'utilizzo di strutture esterne (laboratori o strutture trasfusionali) ed avvalendosi di un apposito comitato di esperti; c) esercita il controllo sulle specialità farmaceutiche emoderivate secondo i criteri e le modalità definiti in base a normative nazionali e comunitarie: d) coordina l'attività dei centri regionali di coordinamento e compensazione in attuazione delle direttive tecniche del Ministro della Sanità; e) collabora con il Ministero della sanità per la definizione di un programma nazionale di emovigilanza e ne cura l'attuazione; f) promuove programmi di formazione per l'esercizio dell'attività di vigilanza e controllo di competenza delle Regioni nei confronti delle strutture trasfusionali 2. L'Istituto superiore di sanità ispeziona e controlla le aziende di produzione di emoderivati, anche su richiesta delle regioni.

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3. Le rilevazioni dei dati periodici relativi al settore trasfusionale mediante il registro del sangue è effettuata dall'Istituto superiore di sanità per gli aspetti tecnico-scientifici e dal Ministero della sanità per gli aspetti concernenti l'organizzazione dei servizi.

Art. 4 1. Le regioni e le province autonome, nel predisporre i programmi inerenti alle attività trasfusionali, devono perseguire l'obiettivo dell'autosufficienza sia regionale che nazionale. A tale fine possono avvalersi della collaborazione dell'Agenzia por i servizi sanitari regionali. 2. Le regioni e provincie autonome assicurano il coordinamento della attività trasfusionali sotto il profilo programmatorio e finanziario. A tale fine, ferme restando le competenze attribuite dalla legge ai centri regionali di coordinamento e compensazione, le regioni e province autonome adottano le iniziative di carattere organizzativo necessarie per l'espletamento delle seguenti funzioni: a) rilevazione del fabbisogno annuale di sangue, emocomponenti, emoderivati a della quantità di plasma necessaria da avviare ai centri di frazionamento; b) emanazione di direttive per l'invio delle eccedenze degli emocomponenti ed emoderivati verso aree carenti della regione e verso altre regioni; c) regolamentazione della compensazione anche sotto il profilo contabile dei flussi di scambio di emocomponenti ed emoderivati relativi alle strutture sanitarie della regione; d) emanazione di direttive per l'invio di plasma alle aziende produttrici di emoderivati e controllo della distribuzione degli emoderivati ottenuti; e) monitoraggio della spesa farmaceutica al fine di controllare i consumi di prodotti derivati dal sangue nei presidi pubblici o privati e nelle farmacie esterne. 3. Le regioni effettuano, con il proprio servizio ispettivo, il controllo delle strutture trasfusionali sotto il profilo organizzativo-gestionale. Per casi particolari possono richiedere l'ausilio dell'Agenzia per i servizi sanitari ragionali e dell'Istituto superiore di sanità. 4. La cessione di sangue ed emoderivati si realizza esclusivamente tramite i servizi trasfusionali pubblici mediante i centri regionali di coordinamento e compensazione secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 1º settembre 1995 relativo a "Disciplina dei rapporti tra le strutture pubbliche provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nº. 240 del 13 ottobre 1995. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 17 Luglio 1997

Il Ministro: BINDI Visto, il Guardasigilli: FLICK Registrato alla Corte dei Conti il 9 settembre 1997 Registro n. 1 Sanità, foglio nº. 306

NOTE AVVERTENZA: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, nº. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio.Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note alle premesse: - Il testo del comma 4 dell'art. 8 e del comma 1 dell'art. 11 della legge nº. 107/1990 è il seguente:

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"Art. 8, comma 4, - Il compito di coordinare a livello nazionale l'attività dei centri regionali e compensazione e di favorire l'autosufficienza nazionale di sangue e di emoderivati è svolto dall'Istituto superiore di sanità, in attuazione delle normative tecniche emanate dal Ministero della sanità, sentita la Commissione di cui all'art. 12" " Art. 11, comma 1, - Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della sanità, sentita la Commissione di cui all'art. 12, emana le norme di indirizzo e coordinamento alle quali devono conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l'attuazione della presente legge" "Art. 5 del D.Lgs. nº. 266/1993 (Riordinamento del Ministero della sanità a norma dell'art. 1 comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, nº.421) è così formulato: - L'Art. 5 (Agenzia per i servizi sanitari regionali). - 1. È istituita una Agenzia dotata di personalità giuridica e sottoposta alla vigilanza del Ministero della sanità, con compiti di supporto delle attività regionali, di valutazione comparativa dei costi e dei rendimenti dei servizi resi ai cittadini e di segnalazione di disfunzioni e sprechi nella gestione delle risorse personali e materiali e nelle forniture, di trasferimento dell'innovazione e delle sperimentazioni in materia sanitaria. 2. Con decreto del Ministero della sanità di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, da emanare ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, nº. 400, nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia in modo da assicurare la composizione delle regioni nel consiglio di amministrazione. 3. Il direttore dell'Agenzia è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, tra esperti di riconosciuta competenza in materia di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari, anche estranei all'amministrazione. Il direttore è assunto con contratto di diritto privato di durata quinquennale non rinnovabile. 4. L'Agenzia si avvale di personale comandato dalle amministrazioni statali, dalle regioni, dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere, nonché dal personale assunto con contratto di diritto privato a tempo determinato, nei limiti del contingente di cui alla tabella A allegata al presente decreto, e della disponibilità finanziaria. 5. La dotazione finanziaria dell'Agenzia è determinata, per una parte, mediante assegnazione di un contributo annuale non superiore a lire cinque miliardi da prelevarsi dal fondo sanitario nazionale di cui all'art. 12, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, nº. 502. Per la parte restante gli oneri di funzionamento dell'Agenzia sono coperti mediante gli introiti derivanti dai contratti stipulati con le regioni per le prestazioni di promozione, consulenza e supporto. 6. Sono abrogati i commi 11 e 12 dell'art. 53 della legge 23 dicembre 1978, nº. 833 - Il D.L. nº. 502/1992 reca: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, nº.21". - Il comma 3 dell'art. 17 della legge nº. 400/1988 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione. Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce che gli anzidetti regolamenti debbano recare la denominazione di "regolamento", siano adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei Conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

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Decreto che integra il Decreto Ministeriale 22 aprile 1996

Decreto Ministeriale 8 agosto 1997

"Integrazione al decreto ministeriale 22 aprile 1996 concernente: «Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate da sangue e plasma umani

contenenti albumina»"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 225 del 26 settembre 1997)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, e successive modifiche; recante norme di recepimento delle direttive della Comunità economica europea in materia di specialità medicinali; Visto in particolare l'art. 22, comma 5, del predetto decreto legislativo, con il quale vengono stabilite norme in materia di controlli di Stato sulle specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani e sulle relative procedure tecniche di esecuzione; Visto il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 267; Considerato che l'Istituto superiore di sanità con nota n. 16125-18664/BCL12 in data 6 ottobre 1995. ha comunicato le procedure di controllo e le relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o plasma umani contenenti albumina; Visto il decreto 22 aprile 1996 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 26 agosto 1996 ed entrato in vigore alla data del 10 settembre 1996; Considerato per il succitato decreto prevede il controllo di Stato anche per l'albumina prima del suo impiego in qualità di eccipiente; Visto il parere espresso in data 20 novembre 1996 dal Consiglio superiore di sanità, che ha ravvisato l'opportunità di concedere un periodo transitorio per la commercializzazione dell'albumina già prodotta alla data di entrata in vigore del citato decreto ministeriale 22 aprile 1996, al fine di evitare un'eventuale carenza dal mercato ed un inutile spreco di prodotto indispensabile; Visto l'ulteriore parere favorevole espresso in data 16 luglio 1997 dal Consiglio superiore di sanità;

Decreta:

Art. 1. Al decreto 22 aprile 1996 è aggiunto il seguente articolo: «Art. 5. - L'albumina fabbricata anteriormente al 10 settembre 1996, e pertanto non sottoposta al controllo di Stato di cui all'art. 1, del decreto 22 aprile 1996, può essere utilizzata come eccipiente per la produzione di specialità medicinali, nel rispetto delle norme vigent i, fino al 10 settembre 1997; le specialità medicinali così prodotte possono essere commercializzate fino alle relative date di scadenza». Roma, 8 agosto 1997

Il Ministro: Bindi

Decreto Ministeriale 19 marzo 1998

"Disposizioni concernenti medicinali derivati dal sangue o plasma umano"

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(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 83 del 9 aprile 1998)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, n.º 107; Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n.º 178, e successive modificazioni; Visto il decreto ministeriale 12 giugno 1991; Visto il documento del Gruppo ad hoc Biotechnology/Pharmacy - sottogruppo sui prodotti medicinali derivati dal sangue o plasma umani n.º III/5272/94 finale dal titolo "Contribution to Part IIª of the stucture of the dossier for applications for marketing authorization - Control of starting materials for the production of blood derivatives" e successive modificazioni; Vista la raccomandazione 25 febbraio 1998 del Comitato specialità medicinali (CPMP) circa i prodotti medicinali derivati da sangue o plasma umano; Ravvisata la necessità, di intesa con l'Istituto superiore di sanità, di ricevere con urgenza informazioni relative ai Paesi di origine e di provenienza del sangue, degli emocomponenti e degli emoderivati utilizzati nei processi di fabbricazione di specialità medicinali, nonchè di acquisire dati tecnici aggiornati (Plasma Master File) circa i materiali medesimi;

Decreta:

Art. 1. 1. Entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le ditte titolari di registrazioni di specialità medicinali a base di emoderivati, o comunque contenenti, sotto forma di componenti, stabilizzanti, eccipienti, coadiuvanti tecnologici od altro, sostanze derivate dal sangue, sono tenute a trasmettere al Ministero della sanità - Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza una certificazione per ciascuna specialità medicinale redatta secondo il modello riportato in allegato, rilasciata dal responsabile legale e controfirmata dal direttore tecnico o dall'esperto qualificato dell'officina di produzione, nella quale, con riferimento almeno agli ultimi cinque anni, si attesti il Paese di origine e di provenienza del sangue, degli emocomponenti e degli emoderivati utilizzati nei relativi processi di fabbricazione.

Art. 2. 1. Entro centottanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le ditte di cui all'art. 1 devono altresì trasmettere al Ministero della sanità - Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza "Plasma Master Files" aggiornati nei quali, in particolare, devono essere descritti in dettaglio:

origine del plasma; criteri di selezione/esclusione; controlli eseguiti su ogni donazione e relative metodiche; criteri di decisione in caso di successiva siero-conversione di un donatore; sistema di rintracciabilità punto di raccolta / prodotto finito e viceversa; contenitori; conservazione e trasporto; specifiche del plasma.

Tale obbligo non vige, tuttavia, nei casi in cui risulti che la ditta interessata abbia già provveduto al riguardo successivamente al 1 gennaio 1995.

Art. 3. Il presente decreto viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.

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Roma, 19 marzo 1998

Il Ministro: BINDI ALLEGATO

ditta ............................................................................... sede legale .................................................................... specialità medicinale ...................................................... codice A.I.C ................................................................... officina di produzione ....................................................... sita in ........................................................................... Si dichiara che la presente specialità medicinale contiene in qualità di: _ principio attivo _ eccipiente _ coadiuvante tecnologico _ stabilizzante _ altro (specificare) ............................................. Il/I seguente/i componente/i ...................................... derivato/i da sangue o plasma umano. Si dichiara altresì che l'origine del sangue/emocomponente/ emoderivato di cui sopra è quella di seguito riportata: paese/i di origine ................................................ paese/i di provenienza ............................................ data ...........

Timbro e firma del responsabile legale

Firma del dir.

tecnico o esperto

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Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n.º 112

"Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 92 del 21 aprile 1998 - Supplemento Ordinario n. 77)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 5, 76, 87, 117, 118 e 128 della Costituzione; Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 febbraio 1998; Acquisita, in relazione all'individuazione dei compiti di rilievo nazionale di cui all'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Acquisito il parere della Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa, ai sensi dell'articolo 5 della legge 15 marzo 1997, n, 59; Acquisito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 marzo 1998; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Titolo I

Disposizioni generali

Capo I

Disposizioni generali

Art. 1. Oggetto

1. Il presente decreto legislativo disciplina, ai sensi del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni, alle province, ai comuni, alle comunità montane o ad altri enti locali e, nei casi espressamente previsti, alle autonomie funzionali, nelle materie non disciplinate dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, dal decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 426, dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, dal decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, nonché dal decreto legislativo recante riforma della disciplina in materia di

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commercio, dal decreto legislativo recante interventi per la razionalizzazione del sostegno pubblico alle imprese e dal decreto legislativo recante disposizioni in materia di commercio con l'estero. 2. Salvo diversa espressa disposizione del presente decreto legislativo, il conferimento comprende anche le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali fra gli altri, quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa, nonché l'adozione di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dalla legge. 3. Nelle materie oggetto del conferimento, le regioni e gli enti locali esercitano funzioni legislative o normative ai sensi e nei limiti stabiliti dall'articolo 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. In nessun caso le norme del presente decreto legislativo possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato, alle sue amministrazioni o ad enti pubblici nazionali, di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque attribuiti alle regioni, agli enti locali e alle autonomie funzionali dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

Art. 2. Rapporti internazionali e con l'Unione europea

1. Lo Stato assicura la rappresentanza unitaria nelle sedi internazionali e il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea. Spettano allo Stato i compiti preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e dagli accordi internazionali. Ogni altra attività di esecuzione è esercitata dallo Stato ovvero dalle regioni e dagli enti locali secondo la ripartizione delle attribuzioni risultante dalle norme vigenti e dalle disposizioni del presente decreto legislativo.

Art. 3. Conferimenti alle regioni e agli enti locali e strumenti di raccordo

1. Ciascuna regione, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro sei mesi dall'emanazione del presente decreto legislativo, determina, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire tutte le altre agli enti locali, in conformità ai principi stabiliti dall'articolo 4, comma 3, della stessa legge n. 59 del 1997, nonché a quanto previsto dall'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142. 2. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai principi di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Le regioni, nell'emanazione della legge di cui al comma 1 del presente articolo, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui al comma 5 del presente articolo. Nell'ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale ind icato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. La legge regionale prevede altresì appositi strumenti di incentivazione per favorire l'esercizio associato delle funzioni. 3. La legge regionale di cui al comma 1 attribuisce agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 4. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo adotta con apposito decreto legislativo le misure di cui all'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

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5. Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze. 6. I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono comunque emanati entro il 31 dicembre 1999. 7. Ai fini dell'applicazione del presente decreto legislativo e ai sensi dell'articolo 1 e dell'articolo 3 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni e i compiti non espressamente conservati allo Stato con le disposizioni del presente decreto legislativo sono conferiti alle regioni e agli enti locali.

Art. 4. Indirizzo e coordinamento

1. Relativamente alle funzioni e ai compiti conferiti alle regioni e agli enti locali con il presente decreto legislativo, è conservato allo Stato il potere di indirizzo e coordinamento da esercitarsi ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Art. 5. Poteri sostitutivi

1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere. 2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. 3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni" e alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.

Art. 6. Coordinamento delle informazioni

1. I compiti conoscitivi e informativi concernenti le funzioni conferite dal presente decreto legislativo a regioni ed enti locali o ad organismi misti sono esercitati in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale. 2. Lo Stato, le regioni, gli enti locali e le autonomie funzionali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. è in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il Sistema statistico nazionale (SISTAN). 3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

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Art. 7. Attribuzione delle risorse

1. I provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, determinano la decorrenza dell'esercizio da parte delle regioni e degli enti locali delle funzioni conferite ai sensi del presente decreto legislativo, contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative. Con la medesima decorrenza ha altresì efficacia l'abrogazione delle corrispondenti norme previste dal presente decreto legislativo. 2. Per garantire l'effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, i provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che individuano i beni e le risorse da ripartire tra le regioni e tra le regioni e gli enti locali, osservano i seguenti criteri: a) la decorrenza dell'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali, può essere graduata, secondo date certe, in modo da completare il trasferimento entro il 31 dicembre 2000; b) la devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali deve garantire la congrua copertura, ai sensi e nei termini di cui al comma 3 del presente articolo, degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell'autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni delegate, nell'ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasfe rite dallo Stato alle regioni; c) ai fini della determinazione delle risorse da trasferire, si effettua la compensazione con la diminuzione di entrate erariali derivanti dal conferimento delle medesime entrate alle regioni ed agli enti locali ai sensi del presente decreto legislativo. 3. Con i provvedimenti di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, alle regioni e agli enti locali destinatari delle funzioni e dei compiti conferiti sono attribuiti beni e risorse corrispondenti per ammontare a quelli utilizzati dallo Stato per l'esercizio delle medesime funzioni e compiti prima del conferimento. Ai fini della quantificazione, si tiene conto: a) dei beni e delle risorse utilizzati dallo Stato in un arco temporale pluriennale, da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni; b) dell'andamento complessivo delle spese finali iscritte nel bilancio statale nel medesimo periodo di riferimento; c) dei vincoli, degli obiettivi e delle regole di variazione delle entrate e delle spese pubbliche stabiliti nei documenti di programmazione economico-finanziaria, approvati dalle Camere, con riferimento sia agli anni che precedono la data del conferimento, sia agli esercizi considerati nel bilancio pluriennale in vigore alla data del conferimento medesimo. 4. Con i provvedimenti, di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede alla individuazione delle modalità e delle procedure di trasferimento, nonché dei criteri di ripartizione del personale. Ferma restando l'autonomia normativa e organizzativa degli enti territoriali riceventi, al personale trasferito è comunque garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata. Il personale medesimo può optare per il mantenimento del trattamento previdenziale previgente. 5. Al personale inquadrato nei ruoli delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, si applica la disciplina sul trattamento economico e stipendiale e sul salario accessorio prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto regioni-autonomie locali. 6. Gli oneri relativi al personale necessario per le funzioni conferite incrementano in pari misura il tetto di spesa di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. 7. Nelle materie oggetto di conferimento di funzioni e di compiti ai sensi del presente decreto legislativo, lo Stato provvede al finanziamento dei fondi previsti in leggi pluriennali di spesa mantenendo gli stanziamenti già previsti dalle leggi stesse o dalla programmazione finanziaria triennale. Sono finanziati altresì, nella misura prevista dalla legge istitutiva, i fondi gestiti mediante convenzione, sino alla scadenza delle convenzioni stesse.

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8. Al fine della elaborazione degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Conferenza unificata Stato, regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata", promuove accordi tra Governo, regioni ed enti locali, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo. Gli schemi dei singoli decreti debbono contenere: a) l'individuazione del termine, eventualmente differenziato, da cui decorre l'esercizio delle funzioni conferite e la contestuale individuazione delle quote di tributi e risorse erariali da devolvere agli enti, fermo restando quanto previsto dall'articolo 48 della legge 27 dicembre 1997, n. 449; b) l'individuazione dei beni e delle strutture da trasferire, in relazione alla ripartizione delle funzioni, alle regioni e agli enti locali; c) la definizione dei contingenti complessivi, per qualifica e profilo professionale, del personale necessario per l'esercizio delle funzioni amministrative conferite e del personale da trasferire; d) la congrua quantificazione dei fabbisogni finanziari in relazione alla concreta ripartizione di funzioni e agli oneri connessi al personale, con decorrenza dalla data di effettivo esercizio delle funzioni medesime, secondo i criteri stabiliti al comma 2 del presente articolo. 9. In caso di mancato accordo, il Presidente del Consiglio dei Ministri provvede, acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 10. Nei casi in cui lo Stato non provveda ad adottare gli atti e i provvedimenti di attuazione entro le scadenze previste dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 e dal presente decreto legislativo, la Conferenza unificata può predisporre lo schema dell'atto o del provvedimento e inviarlo al Presidente del Consiglio dei Ministri, per le iniziative di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Si applica a tal fine la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 11. Ove non si provveda al trasferimento delle risorse disposte ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei termini previsti, la regione e gli enti locali interessati chiedono alla Conferenza unificata di segnalare il ritardo o l'inerzia al Presidente del Consiglio dei Ministri, che indica il termine per provvedere. Decorso inutilmente tale termine il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina un commissario ad acta.

Art. 8. Regime fiscale del trasferimento dei beni

1. I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che trasferiscono a regioni ed enti locali i beni in relazione alle funzioni conferite, costituiscono titolo per l'apposita trascrizione dei beni immobili che dovrà avvenire con esenzione per gli enti interessati di ogni onere relativo ad imposte e tasse.

Art. 9. Riordino di strutture

1. Al riordino degli uffici e delle strutture centrali e periferiche, nonché degli organi collegiali che svolgono le funzioni e i compiti oggetto del presente decreto legislativo ed eventualmente alla loro soppressione o al loro accorpamento con altri uffici o con organismi tecnici nazionali, si provvede con i decreti previsti dagli articoli 7, 10 e 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 2. Le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 4, del presente decreto legislativo si applicano anche al personale delle strutture soppresse o riordinate in caso di trasferimento ad altra amministrazione.

Art. 10. Regioni a statuto speciale

1. Con le modalità previste dai rispettivi statuti si provvede a trasferire alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in quanto non siano già attribuite, le funzioni e i compiti conferiti dal presente decreto legislativo alle regioni a statuto ordinario.

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Titolo II

Sviluppo economico e attività produttive

Capo I

Ambito di applicazione

Art. 11. Ambito di applicazione

1. In attuazione della delega conferita dall'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, il presente titolo disciplina il conferimento alle regioni ed agli enti locali, nonché, nei casi espressamente previsti, alle autonomie funzionali, delle funzioni e compiti esercitati, nel settore dello sviluppo economico, da qualunque organo o amministrazione dello Stato o da enti pubblici da questo dipendenti. 2. Il settore sviluppo economico attiene, in particolare, oltre alla materia "agricoltura e foreste", che resta disciplinata dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, alle materie "artigianato", "industria", "energia", "miniere e risorse geotermiche", "ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura", "fiere e mercati e commercio", "turismo ed industria alberghiera". 3. Il conferimento comprende anche gli atti di organizzazione e ogni altro atto strumentale in rapporto di stretta connessione all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti.

Capo II

Artigianato Art. 12

Definizioni 1. Le funzioni amministrative relative alla materia "artigianato", così come definita dall'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, comprendono anche tutte le funzioni amministrative relative alla erogazione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere, comunque denominati, alle imprese artigiane, con particolare riguardo alle imprese artistiche.

Art. 13. Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. In materia di artigianato sono conservate all'amministrazione statale le funzioni attualmente previste concernenti: a) la tutela delle produzioni ceramiche, in particolare di quella artistica e di qualità, di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 188; b) eventuali cofinanziamenti, nell'interesse nazionale, di programmi regionali di sviluppo e sostegno dell'artigianato, secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza unificata. In tali casi lo Stato, d'intesa con la regione interessata, può avvalersi dei comitati tecnici regionali di cui all'articolo 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949. La composizione dei comitati tecnici regionali può essere modificata dalla Conferenza unificata. In tali casi lo Stato, d'intesa con la regione interessata, può avvalersi dei comitati tecnici regionali di cui all'articolo 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949. La composizione dei comitati tecnici regionali può essere modificata dalla Conferenza unificata.

Art. 14. Conferimento di funzioni alle regioni

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1. Sono conferite alle regioni tutte le funzioni amministrative statali concernenti la materia dell'artigianato, come definita nell'articolo 12, non riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 13.

Art. 15. Agevolazioni alle imprese artigiane

1. Le regioni provvedono all'incentivazione delle imprese artigiane, secondo quanto previsto con legge regionale. Esse subentrano alle amministrazioni statali nei diritti e negli obblighi derivanti dalle convenzioni dalle stesse stipulate in forza di leggi ed in vigore alla data di emanazione del presente decreto legislativo e stipulando, ove occorra, atti integrativi alle convenzioni stesse per i necessari adeguamenti. 2. Resta ferma, ove prevista, l'estensione alle imprese artigiane di agevolazioni, sovvenzioni, contributi o incentivi comunque denominati.

Art. 16. Abrogazioni

1. All'articolo 127, comma primo, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche ed integrazioni, sono soppresse le parole: "i cesellatori, gli orafi, gli incastratori di pietre preziose e gli esercenti industrie o arti affini". 2. è abrogato l'articolo 111 del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Sono abrogati gli articoli 197, 198 e 199 del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Nell'articolo 243, comma primo, del medesimo regolamento approvato con regio decreto n. 635 del 1940 sono soppresse le parole: "ai cesellatori, agli orafi, agli incastratori di pietre preziose ed agli esercenti industrie od arti affini". 3. è abrogato l'articolo 3 del decreto- legge 31 luglio 1987, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 399. Sono, inoltre, abrogati i decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 28 novembre 1989, n. 453, e 2 febbraio 1994, n. 285. 4. è abrogato l'articolo 12 della legge 8 agosto 1985, n. 443.

Capo III Industria Art. 17.

Definizioni 1. Le funzioni amministrative relative alla materia "industria" comprendono qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di merci e di beni anche immateriali, con esclusione delle funzioni relative alle attività artigianali ed alle altre attività produttive di spettanza regionale in base all'articolo 117, comma primo, della Costituzione e ad ogni altra disposizione vigente. 2. Sono comprese nella materia anche le attività di erogazione e scambio di servizi a sostegno delle attività di cui al comma 1, con esclusione comunque delle attività creditizie, di intermediazione finanziaria, delle attività concernenti le società fiduciarie e di revisione e di quelle di assicurazione.

Art. 18. Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. Sono conservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti: a) i brevetti e la proprietà industriale, salvo quanto previsto all'articolo 20 del presente decreto legislativo; b) la classificazione delle tipologie di attività industriali ai sensi dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1977, n. 675; c) la determinazione dei campioni nazionali di unità di misura; la conservazione dei prototipi nazionali del chilogrammo e del metro;

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d) la definizione dei criteri generali per la tutela dei consumatori e degli utenti; e) le manifestazioni a premio di rilevanza nazionale; f) la classificazione delle sostanze che presentano pericolo di scoppio o di incendio e la determinazione delle norme da osservarsi per l'impianto e l'esercizio dei relativi opifici, stabilimenti o depositi e per il trasporto di tali sostanze, compresi gli oli minerali, loro derivati e residui, ai sensi dell'articolo 63 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; g) le industrie operanti nel settore della difesa militare, ivi comprese le funzioni concernenti l'autorizzazione alla fabbricazione, all'importazione e all'esportazione di armi da guerra; h) la fabbricazione, l'importazione, il deposito, la vendita e il trasporto di armi non da guerra e di materiali esplodenti, ivi compresi i fuochi artificiali; la vigilanza sul Banco nazionale di prova delle armi portatili e delle munizioni commerciali; i) la classificazione dei gas tossici e l'autorizzazione per il relativo impiego; l) le prescrizioni, il ritiro temporaneo dal mercato e il divieto di utilizzazione in materia di macchine, prodotti e dispositivi pericolosi, nonché le direttive e le competenze in materia di certificazione, nei limiti previsti dalla normativa comunitaria; m) l'amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, ai sensi dell'articolo 1 della legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modifiche; n) la determinazione dei criteri generali per la concessione, per il controllo e per la revoca di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi, benefici di qualsiasi genere all'industria, per la raccolta di dati e di informazioni relative alle operazioni stesse, anche ai fini di monitoraggio e valutazione degli interventi, la fissazione dei limiti massimi per l'accesso al credito agevolato alle imprese industriali, la determinazione dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari di credito agevolato; o) la concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi, benefici di qualsiasi genere all'industria, nei casi di cui alle lettere seguenti, ovvero in caso di attività o interventi di rilevanza economica strategica o di attività valutabili solo su scala nazionale per i caratteri specifici del settore o per l'esigenza di assicurare un'adeguata concorrenzialità fra gli operatori; tali attività sono identificate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni; p) la concessione di agevolazioni, anche fiscali, di contributi, incentivi, benefici per attività di ricerca, sulle risorse allo scopo disponibili per le aree depresse; q) la gestione del fondo speciale per la ricerca applicata e del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica ai sensi della legge 17 febbraio 1982, n. 46; r) la gestione del fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Con delibera della Conferenza unificata sono individua te, tenuto conto dell'esistenza di fondi regionali di garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei consorzi di garanzia collettiva fidi di cui all'articolo 155, comma 4, del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385; s) le prestazioni, i servizi, le agevolazioni e la gestione dei fondi destinati alle agevolazioni di cui alla legge 24 maggio 1977, n. 227, nonché la determinazione delle tipologie e caratteristiche delle operazioni ammissibili al contributo e delle condizioni, modalità e tempi della loro concessione; t) la determinazione delle caratteristiche delle macchine utensili, del prezzo di vendita, delle modalità per l'applicazione e il distacco del contrassegno, dei modelli del certificato di origine e dei registri speciali, ai sensi dell'articolo 4 della legge 28 novembre 1965, n. 1329; u) l'individuazione, sentita la Conferenza unificata, delle aree economicamente depresse del territorio nazionale, il coordinamento, la programmazione e la vigilanza sul complesso dell'azione di intervento pubblico nelle aree economicamente depresse del territorio nazionale, la programmazione e il coordinamento delle grandi infrastrutture a carattere interregionale o di interesse nazionale ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3 del decreto- legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488; v) il coordinamento delle intese istituzionali di programma, definite dall'articolo 2, comma 203,

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della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e dei connessi strumenti di programmazione negoziata; z) l'attuazione delle misure di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, per l'imprenditoria femminile e al decreto- legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, per l'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno; aa) l'attuazione delle misure di cui al decreto- legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, per la disciplina organica dell'intervento nel Mezzogiorno e agevolazioni alle attività produttive. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le direttive per la concessione delle agevolazioni di cui al predetto decreto- legge n. 415, sono determinate con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, ad eccezione di quelle per le agevolazioni previste dalla lettera p) del presente comma; bb) la concessione di sovvenzioni e ausili finanziari ai soggetti operanti nel settore della cinematografia, di cui alla legge 4 novembre 1965, n. 1213, e successive modificazioni e integrazioni. 2. Senza pregiudizio delle attività concorrenti che possono svolgere le regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge 15 marzo 1997, n. 59, lo Stato continua a svolgere funzioni e compiti concernenti: a) l'assicurazione, la riassicurazione ed il finanziamento dei crediti all'esportazione; b) la partecipazione ad imprese e società miste, promosse o partecipate da imprese italiane; la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di iniziative di penetrazione commerciale, di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese italiane; c) il sostegno alla partecipazione di imprese e società italiane a gare internazionali; d) l'attività promozionale di rilievo nazionale, attualmente disciplinata dalla legge 25 marzo 1997, n. 68. 3. Restano fermi le funzioni e i compiti assegnati alla cabina di regia nazionale dalla legislazione vigente.

Art. 19. Conferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali

1. Sono delegate alle regioni tutte le funzioni amministrative statali concernenti la materia dell' industria, come definita nell'articolo 17, non riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 18 e non attribuite alle province e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi del presente articolo e dell'articolo 20. Tra le funzioni delegate sono comprese anche le funzioni amministrative concernenti l'attuazione di interventi dell'Unione europea salvo quanto disposto dall'articolo 18. 2. Salvo quanto previsto nell'articolo 18, comma 1, lettere n), o), p), q), r), s), z), aa) e bb), sono incluse fra le funzioni delegate alle regioni quelle inerenti alla concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere all'industria, ivi compresi quelli per le piccole e medie imprese, per le aree ricomprese in programmi comunitari, per programmi di innovazione e trasferimento tecnologico, nonché quelli per singoli settori industriali, per l'incentivazione, per la cooperazione nel settore industriale, per il sostegno agli investimenti per impianti ed acquisto di macchine, per il sostegno allo sviluppo della commercializzazione e dell'internazionalizzazione delle imprese, per lo sviluppo dell'occupazione e dei servizi reali alle industrie. Alle funzioni delegate ineriscono anche l'accertamento di speciali qualità delle imprese, che siano richieste specificamente dalla legge ai fini della concessione di tali agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici. Alle funzioni delegate ineriscono, inoltre, gli adempimenti tecnici, amministrativi e di controllo per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree individuate dallo Stato come economicamente depresse. Alle funzioni delegate ineriscono, infine, le determinazioni delle modalità di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata, per quanto attiene alle relazioni tra regioni ed enti locali anche in ordine alle competenze che verranno affidate ai soggetti responsabili.

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3. Per la definizione dei provvedimenti attuativi delle funzioni amministrative delegate e programmatorie, le regioni attivano forme di cooperazione funzionali con gli enti locali secondo le modalità previste dall'articolo 3, comma 1, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ciascuna regione può proporre l'adozione di criteri differenziati per l'attuazione nel proprio ambito territoriale delle misure di cui alla lettera aa) del comma 1 dell'articolo 18. 5. Salvo quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettere n), o), p), q), r), s), z), aa) e bb), i fondi che le leggi dello Stato destineranno alla concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere all'industria saranno erogati dalle regioni. 6. I fondi relativi alle materie delegate alle regioni sono ripartiti tra le medesime e confluiscono in un unico fondo regionale amministrato secondo norme stabilite da ciascuna regione. 7. Sono soppresse le forme di concertazione o le intese col Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato previste in relazione a funzioni conferite alle regioni. 8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri di riparto, recanti anche eventuali quote minime relative alle diverse finalità di rilievo nazionale previste, nonché quelle relative alle diverse tipologie di concessione disposte dal presente decreto legislativo. 9. Sono conferite alle province le funzioni amministrative relative alla produzione di mangimi semplici, composti, completi o complementari, di cui agli articoli 4 e 5 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, ed al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 152. Lo svolgimento di dette attività si intende autorizzato, conformemente alla disciplina prevista dall'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, qualora non sia comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine di novanta giorni, che può essere ridotto con regolamento da emanare ai sensi dello stesso articolo 20 della legge n. 241 del 1990. 10. Resta di competenza degli organi e delle amministrazioni statali e centrali la gestione dei procedimenti amministrativi fino a compimento dei conseguenti atti di liquidazione ed erogazione delle agevolazioni, per i quali alla data di effettivo trasferimento e delega delle funzioni risulta già avviato il relativo procedimento amministrativo. 11. Con i decreti legislativi, emanati ai sensi dell'articolo 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuate le attività di collaudo, autorizzazione o omologazione comunque denominate, relative a macchine, prodotti e dispositivi, ivi inclusi quelli sottoposti a marcatura CE, da conservare allo Stato, da attribuire agli enti locali o che possono essere svolte anche da soggetti privati abilitati. 12. Le regioni provvedono alle incentivazioni ad esse conferite ai sensi del presente articolo, con legge regionale. Esse subentrano alle amministrazioni statali nei diritti e negli obblighi derivanti dalle convenzioni dalle stesse stipulate in forza di leggi ed in vigore alla data di emanazione del presente decreto legislativo e stipulando, ove occorra, atti integrativi alle convenzioni stesse per i necessari adeguamenti.

Art. 20. Funzioni delle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura

1. Sono attribuite alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura le funzioni esercitate dagli uffici metrici provinciali e dagli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato, ivi comprese quelle relative ai brevetti e alla tutela della proprietà industriale. 2. Presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è individuato un responsabile delle attività finalizzate alla tutela del consumatore e della fede pubblica, con particolare riferimento ai compiti in materia di controllo di conformità dei prodotti e strumenti di misura già svolti dagli uffici di cui al comma 1.

Art. 21. Semplificazioni e liberalizzazioni

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1. Sono soppresse le seguenti funzioni: a) autorizzazione agli investimenti per l'apertura e l'ampliamento di nuovi impianti industriali, prevista dagli articoli 3 e 4 del decreto- legge 30 aprile 1976, n. 156, convertito con modificazioni dalla legge 24 maggio 1976, n. 350, come modificati dalla legge 1 marzo 1986, n. 64; b) autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti di macinazione, ampliamento, riattivazione e trasformazione degli impianti di macinazione e operazioni di trasferimento o concentrazione degli stessi, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 386. 2. Il riconoscimento come impresa produttrice di amido, fecole e derivati, ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 31 maggio 1989, si intende concesso ove nel termine di sessanta giorni dalla richiesta non sia comunicato all'interessato il provvedimento di diniego, ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Art. 22. Liberalizzazioni e semplificazioni concernenti le funzioni delle camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura. 1. È soppresso il visto annuale della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura alle licenze di panificazione ai sensi dell'articolo 7 della legge 31 luglio 1956, n. 1002. 2. Lo svolgimento delle seguenti attività si intende assentito, conformemente alla disciplina prevista dall'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, qualora non sia comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine pure di seguito indicato: a) l'esercizio dei mulini per la macinazione dei cereali, nonché il loro trasferimento, trasformazione, ampliamento o riattivazione di cui alla legge 7 novembre 1949, n. 857; l'eventuale provvedimento di diniego deve essere comunicato nel termine di sessanta giorni, termine che può essere ridotto con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241; b) l'esercizio dei nuovi panifici, i trasferimenti e le trasformazioni dei panifici esistenti, di cui all'articolo 3 della legge 31 luglio 1956, n. 1002; l'eventuale provvedimento di diniego deve essere comunicato nel termine di sessanta giorni, termine che può essere ridotto con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241; c) la produzione a scopo di vendita e la vendita del materiale forestale di propagazione da destinarsi al rimboschimento, di cui all'articolo 2 della legge 22 maggio 1973, n. 269; l'eventuale provvedimento di diniego deve essere comunicato nel termine di sessanta giorni, termine che può essere ridotto con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. è subordinato ad una denuncia di inizio attività l'esercizio delle seguenti attività, precedentemente assoggettate ad iscrizione nei registri camerali: a) attività di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione di impianti di cui all'articolo 2 della legge 5 marzo 1990, n. 46, e al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 392; b) attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione, sanificazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 82; c) attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122. 4. è subordinato ad una denuncia di inizio attività l'esercizio dell'attività relativa alla fabbricazione e alla gestione di depositi all'ingrosso di margarina e di grassi alimentari idrogenati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 novembre 1997, n. 519, precedentemente assoggettato a licenza camerale.

Capo IV

Conferimenti ai comuni e sportello unico per le attività produttive

Art. 23. Conferimento di funzioni ai comuni

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1. Sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. 2. Nell'ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall'articolo 19, le regioni provvedono, nella propria autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le province, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività delle unità organizzative di cui all'articolo 24, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo. 3. Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive.

Art. 24. Principi organizzativi per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di insediamenti

produttivi 1. Ogni comune esercita, singolarmente o in forma associata, anche con altri enti locali, le funzioni di cui all'articolo 23, assicurando che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento. 2. Presso la struttura è istituito uno sportello unico al fine di garantire a tutti gli interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio informatico contenente i dati concernenti le domande di autorizzazione e il relativo iter procedurale, gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le informazioni disponibili a livello regionale, ivi comprese quelle concernenti le attività promozionali, che dovranno essere fornite in modo coordinato. 3. I comuni possono stipulare convenzioni con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la realizzazione dello sportello unico. 4. Ai fini di cui al presente articolo, gli enti locali possono avvalersi, nelle forme concordate, di altre amministrazioni ed enti pubblici, cui possono anche essere affidati singoli atti istruttori del procedimento. 5. Laddove siano stipulati patti territoriali o contratti d'area, l'accordo tra gli enti locali coinvolti può prevedere che la gestione dello sportello unico sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.

Art. 25. Procedimento

1. Il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive è unico. L'istruttoria ha per oggetto in particolare i profili urbanistici, sanitari, della tutela ambientale e della sicurezza. 2. Il procedimento, disciplinato con uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59, si ispira ai seguenti principi: a) istituzione di uno sportello unico presso la struttura organizzativa e individuazione del responsabile del procedimento; b) trasparenza delle procedure e apertura del procedimento alle osservazioni dei soggetti portatori di interessi diffusi; c) facoltà per l'interessato di ricorrere all'autocertificazione per l'attestazione, sotto la propria responsabilità, della conformità del progetto alle singole prescrizioni delle norme vigenti; d) facoltà per l'interessato, inutilmente decorsi i termini per il rilascio degli atti di assenso previsti, di realizzare l'impianto in conformità alle autocertificazioni prodotte, previa valutazione favorevole di impatto ambientale, ove prevista dalle norme vigenti e purchè abbia ottenuto la concessione

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edilizia; e) previsione dell'obbligo della riduzione in pristino nel caso di falsità di alcuna delle autocertificazioni, fatti salvi i casi di errori od omissioni materiali suscettibili di correzioni o integrazioni; f) possibilità del ricorso da parte del comune, nella qualità di amministrazione procedente, ove non sia esercitata la facoltà di cui alla lettera c), alla conferenza di servizi, le cui determinazioni sostituiscono il provvedimento ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127; g) possibilità del ricorso alla conferenza di servizi quando il progetto contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico; in tal caso, ove la conferenza di servizi registri un accordo sulla variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente il consiglio comunale, tenuto conto delle osservazioni, proposte e opposizioni avanzate in conferenza di servizi nonché delle osservazioni e opposizioni formulate dagli aventi titolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150. h) effettuazione del collaudo, da parte di soggetti abilitati non collegati professionalmente nè economicamente in modo diretto o indiretto all'impresa, con la presenza dei tecnici dell'unità organizzativa, entro i termini stabiliti; l'autorizzazione e il collaudo non esonerano le amministrazioni competenti dalle proprie funzioni di vigilanza e controllo e dalle connesse responsabilità previste dalla legge. 3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nel presente articolo secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Art. 26. Aree industriali e aree ecologicamente attrezzate

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente. Le medesime leggi disciplinano altresì le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte di soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di quanto previsto dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e dall'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché le modalità di acquisizione dei terreni compresi nelle aree industriali, ove necessario anche mediante espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate sono esonerati dall'acquisizione delle autorizzazioni concernenti la utilizzazione dei servizi ivi presenti. 2. Le regioni e le province autonome individuano le aree di cui al comma 1 scegliendole prioritariamente tra le aree, zone o nuclei già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dismessi. Al procedimento di individuazione partecipano gli enti locali interessati.

Art. 27. Esclusioni

1. Sono fatte salve le vigenti norme in materia di valutazione di compatibilità e di impatto ambientale. Per gli impianti nei quali siano utilizzati materiali nucleari, per gli impianti di produzione di materiale d'armamento, per i depositi costieri, per gli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di oli minerali e deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio dei rifiuti non si applicano i principi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 dell'articolo 25.

Capo V Ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di energia

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Art. 28. Definizioni

1. Le funzioni amministrative relative alla materia "energia" concernono le attività di ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia.

Art. 29 Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono conservate allo Stato le funzioni e i compiti concernenti l'elaborazione e la definizione degli obiettivi e delle linee della politica energetica nazionale, nonché l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento per una articolata programmazione energetica a livello regionale.

2. Sono conservate, inoltre, allo Stato le funzioni amministrative concernenti: a) la ricerca scientifica in campo energetico; b) le determinazioni inerenti l'importazione, l'esportazione e lo stoccaggio di energia; c) la determinazione dei criteri generali tecnico-costruttivi e le norme tecniche essenziali degli impianti di produzione, conservazione e distribuzione dell'energia; d) la determinazione delle caratteristiche tecniche e merceologiche dell'energia prodotta, distribuita e consumata; e) la vigilanza sull'Ente nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA); f) l'impiego di materiali radioattivi o macchine radiogene; g) la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, salvo quelli che producono energia da fonti rinnovabili di energia e da rifiuti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le reti per il trasporto con tensione superiore a 150 KV, l'emanazione di norme tecniche relative alla realizzazione di elettrodotti, il rilascio delle concessioni per l'esercizio delle attività elettriche, di competenza statale, le altre reti di interesse nazionale di oleodotti e gasdotti; h) la fissazione degli obiettivi e dei programmi nazionali di cui al comma 1 del presente articolo in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico, nonché le competenze di cui all'articolo 18, comma 1, lettere n) e o), in caso di agevolazioni per le medesime finalità; i) salvo quanto previsto nel capo IV del presente titolo, gli impianti nucleari, le sorgenti di radiazioni ionizzanti, i rifiuti radioattivi, le materie fissili o radioattive, compreso il relativo trasporto, nonché gli adempimenti di protezione in materia, ai sensi della normativa vigente; l) la prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi in mare, nonché la prospezione e ricerca di idrocarburi in terraferma, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria ai sensi delle norme vigenti; m) l'imposizione delle scorte petrolifere obbligatorie ai sensi delle norme vigenti; n) l'attuazione sino al suo esaurimento, del programma di metanizzazione del Mezzogiorno di cui all'articolo 11 della legge 28 novembre 1980, n. 784, e successive modifiche ed integrazioni; o) la determinazione delle tariffe da corrispondersi da parte dei richiedenti per autorizzazioni, verifiche, collaudi; p) la rilevazione, l'elaborazione, l'analisi e la diffusione dei dati statistici, anche ai fini del rispetto degli obblighi comunitari, finalizzati alle funzioni inerenti la programmazione energetica e al coordinamento con le regioni e gli enti locali.

3. In sede di recepimento della direttiva 96/1992/CE, lo Stato definisce obiettivi generali e vincoli specifici per la pianificazione regionale e di bacino idrografico in materia di utilizzazione delle risorse idriche ai fini energetici, disciplinando altresì le concessioni di grandi derivazioni di acqua pubblica per uso idroelettrico. Fino all'entrata in vigore delle norme di recepimento della direttiva 96/1992/CE le concessioni di grandi derivazioni per uso idroelettrico sono rilasciate dallo Stato

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d'intesa con la regione interessata. In mancanza dell'intesa, entro sessanta giorni dalla proposta, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato decide, in via definitiva, motivatamente.

4. Le determinazioni di cui alla lettera h) del comma 2, l'articolazione territoriale dei programmi di ricerca, le procedure per il coordinamento finanziario degli interventi regionali, nazionali e dell'Unione europea sono adottati sentita la Conferenza unificata.

Art. 30. Conferimento di funzioni alle regioni

1. Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative alle fonti rinnovabili, all'elettricità, all'energia nucleare, al petrolio ed al gas, che non siano riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 29 o che non siano attribuite agli enti locali ai sensi dell'articolo 31.

2. Sono attribuiti alle regioni i compiti previsti dagli articoli 12, 14 e 30 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ad esclusione di quelli concernenti iniziative per le quali risultino già formalmente impegnati i fondi. Per quanto attiene alle funzioni di cui al medesimo articolo 30 della legge n. 10 del 1991 trasferite alle regioni, resta ferma la funzione d'indirizzo ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

3. Il coordinamento e la verifica in ambito nazionale delle iniziative relative ai progetti dimostrativi di cui all'articolo 12 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, è affidato alla Conferenza unificata. Le decisioni assunte in tale sede sono vincolanti ai fini dell'ammissibilità delle iniziative al finanziamento da parte delle singole regioni. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano il conferimento delle funzioni e dei compiti, nonché dei connessi beni e risorse, avviene nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di attuazione.

4. Per fare fronte alle esigenze di spesa relative alle attività di cui al comma 1 del presente articolo e per le finalità della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le regioni a statuto ordinario destinano, con le loro leggi di bilancio, almeno la quota dell'1 per cento delle disponibilità conseguite annualmente ai sensi dell'articolo 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995 n. 549.

5. Le regioni svolgono funzioni di coordinamento dei compiti attribuiti agli enti locali per l'attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993 n. 412, nonché compiti di assistenza agli stessi per le attività di informazione al pubblico e di formazione degli operatori pubblici e privati nel campo della progettazione, installazione, esercizio e controllo degli impianti termici. Le regioni riferiscono annualmente alla Conferenza unificata sullo stato di attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, nei rispettivi territori.

Art. 31. Conferimento di funzioni agli enti locali

1. Sono attribuite agli enti locali, in conformità a quanto disposto dalle norme sul principio di adeguatezza, le funzioni amministrative in materia di controllo sul risparmio energetico e l'uso razionale dell'energia e le altre funzioni che siano previste dalla legislazione regionale.

2. Sono attribuite in particolare alle province, nell'ambito delle linee di indirizzo e di coordinamento previste dai piani energetici regionali, le seguenti funzioni: a) la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico;

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b) l'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energia; c) il controllo sul rendimento energetico degli impianti termici.

Capo VI Miniere e risorse geotermiche

Art. 32. Definizioni

1. Le funzioni amministrative relative alla materia "miniere e risorse geotermiche" concernono le attività di ricerca e di coltivazione dei minerali solidi e delle risorse geotermiche ed includono tutte le funzioni connesse con lo svolgimento di tali attività.

Art. 33. Funzioni e compiti riservati allo Stato

1. Sono conservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti: a) la polizia mineraria per le risorse collocate in mare; b) l'approvazione di disciplinari-tipo per gli aspetti di interesse statale; c) la determinazione dei limiti massimi dei diritti, canoni e contributi dovuti dai titolari dei permessi e delle concessioni, ove non siano stabiliti con legge; d) la ricerca mineraria, la promozione della ricerca mineraria all'estero, la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi all'industria mineraria; e) la determinazione degli indirizzi della politica mineraria nazionale ed i relativi programmi; f) la dichiarazione di aree indiziate di minerale, sentite le regioni interessate; g) l'inventario delle risorse geotermiche; h) la definizione dei contenuti e della durata dei corsi per il diploma di cui all'articolo 27, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, come sostituito dall'articolo 20 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624; i) la determinazione dei limiti massimi delle tariffe da corrispondersi da parte dei richiedenti autorizzazioni, verifiche, collaudi, ove non siano stabiliti con legge; l) la determinazione dei requisiti generali dei progetti di riassetto ambientale che le regioni devono tenere presenti nei procedimenti per la concessione degli speciali contributi previsti dalla legislazione statale; m) la determinazione degli indirizzi per la raccolta dei dati in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nel settore minerario; n) il riconoscimento dell'idoneità dei prodotti esplodenti e la tenuta del relativo elenco.

Art. 34. Conferimento di funzioni alle regioni

1. Le funzioni degli uffici centrali e periferici dello Stato relative ai permessi di ricerca ed alle concessioni di coltivazione di minerali solidi e delle risorse geotermiche sulla terraferma sono delegate alle regioni, che le esercitano nell'osservanza degli indirizzi della politica nazionale nel settore minerario e dei programmi nazionali di ricerca.

2. Sono altresì delegate alle regioni le funzioni di polizia mineraria su terraferma che le leggi vigenti attribuiscono agli ingegneri capo dei distretti minerari ed ai prefetti, nonché le funzioni di polizia mineraria relative alle risorse geotermiche su terraferma.

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3. Sono delegate alle regioni la concessione e l'erogazione degli ausilii finanziari che le leggi dello Stato prevedono a favore dei titolari di permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione di sostanze minerali e di risorse geotermiche, nonché degli ausilii disposti dai programmi previsti dalle leggi dello Stato per aree interessate a processi di riconversione delle attività minerarie.

4. È altresì delegata alle regioni la determinazione delle tariffe entro i limiti massimi fissati ai sensi dell'articolo 33, lettera i).

5. I canoni dovuti dai titolari dei permessi e delle concessioni sono devoluti alle regioni territorialmente interessate, le quali provvedono altresì alla loro determinazione entro i limiti fissati ai sensi dell'articolo 33, lettera c).

6. Gli obblighi di informazione previsti a carico dei titolari di permessi e di concessioni sono assolti mediante comunicazione all'autorità regionale competente, la quale provvede alla trasmissione dei dati al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato per i compiti di spettanza di questo.

7. Nulla è innovato quanto agli obblighi di informazione delle imprese nei confronti dei comuni, i quali trasmettono all'autorità regionale le relazioni previste dalla legislazione vigente.

8. Sono soppressi i pareri di organi consultivi centrali previsti dalla disciplina dei procedimenti relativi a competenze delegate alle regioni ai sensi del presente articolo.

Art. 35. Valutazione di impatto ambientale

1. Agli adempimenti relativi alla valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti di ricerca e di coltivazione di cui all'articolo 34 provvedono le regioni, sentiti i comuni interessati, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti, a decorrere dall'entrata in vigore delle leggi regionali in materia.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai progetti di ricerca e di coltivazione di idrocarburi in mare.

Art. 36. Abrogazioni

1. Dalla data dell'attuazione delle deleghe previste all'articolo 34 del presente decreto legislativo sono abrogati gli articoli 44 e 53 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 maggio 1991, n. 395.

Capo VII Ordinamento delle camere di commercio industria, artigianato e agricoltura

Art. 37. Vigilanza sulle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura

1. Sono aboliti gli atti di controllo sugli statuti delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, sui bilanci e sulla determinazione delle piante organiche delle stesse, sulla costituzione di aziende speciali, nonché gli atti di controllo sulle unioni regionali, i centri estero e le unioni interregionali delle camere stesse.

2. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza Stato-regioni, presenta ogni

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anno al Parlamento una relazione generale sulle attività delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e delle loro unioni regionali, che riguardi in particolare i programmi attuati e gli interventi realizzati. La relazione è redatta sulla base delle relazioni trasmesse dalle regioni sentite le unioni regionali delle predette camere.

3. Le regioni esercitano il controllo sugli organi camerali, in particolare per i casi di mancato funzionamento o costituzione, ivi compreso lo scioglimento dei consigli camerali nei casi previsti dall'articolo 5 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, salvo quanto previsto all'articolo 38, comma 1, lettera e), del presente decreto legislativo. Nel collegio dei revisori delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è garantita la presenza di rappresentanti della regione, del Ministero del tesoro e del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Art. 38. Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. Sono conservate allo Stato, in tema di ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le funzioni amministrative concernenti: a) l'approvazione dello statuto, e relative modifiche, dell'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; b) la vigilanza sull'attività dell'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; c) l'emanazione, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, delle norme di attuazione dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, relativo alla disciplina del registro delle imprese istituito presso ogni camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura; d) la determinazione delle voci e degli importi massimi dei diritti di segreteria sull'attività certificatoria svolta e sulla iscrizione in ruoli, elenchi, registri ed albi tenuti ai sensi delle disposizioni vigenti; e) lo scioglimento degli organi camerali per gravi motivi di ordine pubblico. f) la tenuta dell'elenco dei segretari generali, l'iscrizione allo stesso e la nomina dei segretari generali ai sensi dell'articolo 20 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

2. Sono conservate allo Stato, che le esercita previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, le funzioni concernenti: a) l'istituzione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura derivanti dall'accorpamento delle circoscrizioni territoriali di due o più camere; b) la fissazione dei criteri per la determinazione, da parte del consiglio camerale, degli emolumenti da corrispondere ai componenti degli organi camerali; c) l'emanazione delle norme di attuazione dell'articolo 12, commi 1 e 2, e dell'articolo 14, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, relativi alla costituzione del consiglio camerale e, rispettivamente, della giunta camerale;

3. Su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, la Conferenza unificata delibera sulle seguenti materie: a) la determinazione dei diritti annuali e della quota destinata al fondo perequativo delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; b) la definizione dei criteri generali per la ripartizione dei componenti i consigli camerali; c) la determinazione delle modalità per l'elezione diretta dei consigli camerali, ai sensi dell'articolo 12, comma 5, della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

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Capo VIII Fiere e mercati, e disposizioni in materia di commercio

Art. 39. Definizioni

1. Le funzioni amministrative relative materia "fiere e mercati" ricomprendono le attività non permanenti, volte a promuovere il commercio, la cultura, l'arte e la tecnica attraverso la presentazione da parte di una pluralità di espositori di beni o di servizi nel contesto di un evento rappresentativo dei settori produttivi interessati. Quelle relative alla materia "commercio" ricomprendono l'attività di commercio all'ingrosso, commercio al minuto, l'attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, l'attività di commercio su aree pubbliche, l'attività di commercio dei pubblici esercizi e le forme speciali di vendita. Si intendono altresì ricomprese le attività concernenti la promozione dell'associazionismo e della cooperazione nel settore del commercio e l'assistenza integrativa alle piccole e medie imprese sempre nel settore del commercio.

Art. 40. Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. Sono conservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti: a) le competenze attribuite allo Stato dal decreto legislativo recante riforma della disciplina in materia di commercio; b) le esposizioni universali; c) il riconoscimento della qualifica delle manifestazioni fieristiche di rilevanza internazionale; d) la pubblicazione del calendario annuale delle manifestazioni fieristiche di rilevanza internazionale e nazionale; e) il coordinamento, sentite le regioni interessate, dei tempi di svolgimento delle manifestazioni fieristiche di rilievo internazionale.

2. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 19, comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

Art. 41. Conferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali

1. Sono trasferite alle regioni e ai comuni tutte le funzioni in materia di fiere e mercati, salvo quelle espressamente conservate allo Stato dall'articolo 40.

2. Sono trasferite in particolare alle regioni le funzioni amministrative concernenti: a) il riconoscimento della qualifica delle manifestazioni fieristiche di rilevanza nazionale e regionale nonché il rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento, sentito il comune interessato; b) gli enti fieristici di Milano, Verona e Bari, d'intesa con i comuni interessati; c) la pubblicazione del calendario annuale delle manifestazioni fieristiche; d) le competenze già delegate ai sensi dell'articolo 52, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; e) la promozione dell'associazionismo e della cooperazione nel settore del commercio, nonché l'assistenza integrativa alle piccole e medie imprese sempre nel settore del commercio; f) la concessione e l'erogazione di ogni tipo di ausilio finanziario; g) l'organizzazione, anche avvalendosi dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), di corsi di formazione professionale, tecnica e manageriale per gli operatori commerciali con l'estero, di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

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3. Sono trasferite ai comuni, anche in forma associata e nelle zone montane anche attraverso le comunità montane, le funzioni amministrative concernenti il riconoscimento della qualifica delle manifestazioni fieristiche di rilevanza locale e le relative autorizzazioni allo svolgimento.

4. Le regioni assicurano, mediante intese tra loro, sentiti i comuni interessati, il coordinamento dei tempi di svolgimento delle manifestazioni fieristiche, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 40, comma 1, lettera e).

5. Fino alla data di effettivo conferimento delle funzioni di cui al presente capo restano in carica gli attuali titolari degli organi degli enti di cui al comma 2, lettera b).

Art. 42. Abrogazioni

1. Sono abrogate le disposizioni dell'articolo 60, comma 10, del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 4 agosto 1988, n. 375, dell'articolo 23, comma 6, del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 4 giugno 1993, n. 248, dell'articolo 10, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287, nella parte in cui individuano l'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato come organo competente per l'irrogazione delle sanzioni pecuniarie, nonché tutte le disposizioni incompatibili con la normativa vigente per effetto dell'abrogazione delle menzionate disposizioni.

2. Sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 del regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334.

Capo IX T u r i s m o

Art. 43. Definizioni

1. Le funzioni amministrative relative alla materia "turismo ed industria alberghiera", così come definita dall'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, concernono ogni attività pubblica o privata attinente al turismo, ivi incluse le agevolazioni, le sovvenzioni, i contributi, gli incentivi, comunque denominati, anche se per specifiche finalità, a favore delle imprese turistiche.

Art. 44. Funzioni e compiti conservati allo Stato

Sono conservate allo Stato: a) la definizione, in accordo con le regioni, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. Le connesse linee guida sono contenute in un documento approvato, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative degli operatori turistici, dei consumatori e del turismo sociale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori del turismo più rappresentative nella categoria. Prima della sua definitiva adozione, il documento è trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo è approvato il predetto documento contenente le linee guida; b) il monitoraggio delle fasi attuative del documento di cui alla lettera a) relativamente agli aspetti statali;

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c) il coordinamento intersettoriale delle attività di competenza dello Stato connesse alla promozione, sviluppo e valorizzazione del sistema turistico nazionale; d) il cofinanziamento, nell'interesse nazionale, di programmi regionali o interregionali per lo sviluppo del turismo.

Art. 45. Conferimento di funzioni alle regioni

1. Sono conferite alle regioni tutte le funzioni amministrative statali concernenti la materia del turismo, come definita nell'articolo 43, non riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 44.

Art. 46. Abrogazioni

1. Ai sensi dell'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, è abrogato il comma 5 dell'articolo 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217.

2. Nel comma 6 dell'articolo 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217, è soppresso il secondo periodo.

3. Nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773: a) al comma 1 dell'articolo 17-bis, aggiunto dall'articolo 3 del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, sono soppressi il numero 123 e la virgola successiva; b) è abrogato l'articolo 123.

4. Sono abrogati gli articoli da 234 a 241 del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

5. Nella tabella C, costituente l'allegato 1 al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407, è soppresso il n. 65.

6. Sono o restano abrogate le seguenti leggi o disposizioni: a) legge 15 maggio 1986, n. 192; b) articolo 12 del decreto- legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 237; c) articolo 57, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; d) articoli 13, 14 e 15 delle legge 17 maggio 1983, n. 217.

7. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1994, n. 394, è abrogato. Resta fermo quanto previsto relativamente agli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene per i circhi equestri e le attività di spettacolo viaggiante.

Capo X Disposizioni comuni

Art. 47 Funzioni e compiti conservati allo Stato

1. Nelle materie oggetto di trasferimento di funzioni ai sensi del presente titolo, è conservata allo Stato la definizione degli indirizzi generali delle politiche economiche e delle politiche di settore.

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2. Sono conservate, altresì, allo Stato le funzioni amministrative concernenti la definizione, nei limiti della normativa comunitaria, di norme tecniche uniformi e standard di qualità per prodotti e servizi, di caratteristiche merceologiche dei prodotti, ivi compresi quelli alimentari e dei servizi, nonché le condizioni generali di sicurezza negli impianti e nelle produzioni, ivi comprese le strutture ricettive.

Art. 48. Conferimento di funzioni alle regioni

1. I trasferimenti e le deleghe di funzioni alle regioni, disposti nelle materie di cui al presente titolo, comprendono, tra l'altro, le funzioni relative: a) all'organizzazione ed alla partecipazione a fiere, mostre ed esposizioni organizzate al di fuori dei confini nazionali per favorire l'incremento delle esportazioni dei prodotti locali, anche con la stampa e la distribuzione di pubblicazioni per la relativa propaganda; b) alla promozione e al sostegno alla costituzione di consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali e artigiane, come individuati dagli articoli 1 e 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 83; c) alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di iniziative di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese italiane; d) allo sviluppo della commercializzazione nei mercati di altri Paesi dei prodotti agroalimentari locali; e) alla promozione ed al sostegno della costituzione di consorzi agroalimentari, come individuati dall'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n. 394; f) alla promozione ed al sostegno della costituzione di consorzi turistico-alberghieri, come individuati dall'articolo 10, comma 2, del citato decreto-legge n. 251 del 1981; g) alla predisposizione ed all'attuazione di ogni altra iniziativa idonea a favorire i predetti obiettivi.

2. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui al comma 1, le regioni possono avvalersi anche dell'ICE e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Art. 49. Agevolazioni di credito

1. Sono comprese tra le funzioni amministrative trasferite o delegate alle regioni nelle materie di cui al presente titolo, anche quelle concernenti ogni tipo di intervento per agevolare l'accesso al credito nei limiti massimi stabiliti in base a legge dello Stato, nonché la disciplina dei rapporti con gli istituti di credito, la determinazione dei criteri dell'ammissibilità al credito agevolato ed i controlli sulla sua effettiva destinazione.

2. Rimangono assegnate allo Stato ed ai competenti organismi indipendenti le funzioni in materia di ordinamento creditizio, di banche e intermediari finanziari, di mercati finanziari e di vigilanza sul sistema creditizio e finanziario.

3. La determinazione dei tassi minimi d'interesse agevolati a carico dei beneficiari è operata ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

4. Il trasferimento di funzioni di cui al comma 1 del presente articolo comprende le funzioni di determinazione dei criteri applicativi dei provvedimenti regionali di agevolazione creditizia, di prestazione di garanzie e di assegnazione di fondi, anticipazioni e quote di concorso, destinati all'agevolazione dell'accesso al credito sulle materie di competenza regionale, anche se relativi a provvedimenti di incentivazione definiti in sede statale o comunitaria.

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Capo XI Disposizioni transitorie e finali

Art. 50. Accorpamenti e soppressioni di strutture amministrative e statali e attribuzione di beni e risorse

1. Sono soppressi gli uffici metrici provinciali e gli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato. Sono, inoltre, soppressi gli uffici periferici già appartenenti all'Agenzia per la promozione dello sviluppo per il Mezzogiorno (Agensud), a decorrere dalla conclusione delle operazioni previste per la gestione stralcio.

2. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro il 30 novembre 1998, si provvede alla individuazione in via generale dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire.

3. La data dei trasferimenti di cui al comma 2 del presente articolo viene stabilita in modo da assicurare che l'effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel presente titolo decorra dal 1º gennaio 1999, salvo esplicita diversa previsione nel presente titolo.

4. Il personale e le dotazioni tecniche degli uffici metrici provinciali e degli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato sono trasferiti alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Titolo III TERRITORIO AMBIENTE E INFRASTRUTTURE

Capo I Disposizioni generali in materia di territorio ambiente e infrastrutture

Art. 51. O g g e t t o

1. Il presente titolo disciplina il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti amministrativi in tema di "territorio e urbanistica", "protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti", "risorse idriche e difesa del suolo", "opere pubbliche", "viabilità", "trasporti" e "protezione civile".

Capo II Territorio e urbanistica

Sezione I - Linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale

Art. 52. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del paese.

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2. Spettano allo Stato i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con l'Unione europea di cui all'articolo 1, comma 4, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59, in materia di politiche urbane e di assetto territoriale.

3. I compiti di cui al comma 1 del presente articolo sono esercitati attraverso intese nella Conferenza unificata.

4. All'articolo 81, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, la lettera a) è abrogata.

Sezione II - Urbanistica, pianificazione territoriale e bellezze naturali

Art. 53. Funzioni soppresse

Sono o restano soppresse: a) le funzioni consultive, spettanti al Consiglio superiore dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 2 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sui progetti e le questioni di interesse urbanistico; b) le attribuzioni spettanti al Ministero dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, in materia di piani territoriali di coordinamento; c) le funzioni relative alla tenuta dell'albo degli esperti di pianificazione; d) le residue funzioni statali in materia di piani di ricostruzione; e) le funzioni giurisdizionali delle commissioni centrale e regionali di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica.

Art. 54. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni relative: a) all'osservatorio e monitoraggio delle trasformazioni territoriali, con particolare riferimento ai compiti di cui all'articolo 52, all'abusivismo edilizio ed al recupero, anche sulla base dei dati forniti dai comuni; b) all'indicazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente, e per quello in corso di elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per una più agevole lettura dei dati; c) alla predisposizione della normativa tecnica nazionale per le opere in cemento armato e in acciaio e le costruzioni in zone sismiche; d) alla salvaguardia di Venezia, della zona lagunare e al mantenimento del regime idraulico lagunare, nei limiti e con le modalità di cui alle leggi speciali vigenti nonché alla legge 5 marzo 1963, n. 366; e) alla promozione di programmi innovativi in ambito urbano che implichino un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni dello Stato.

2. Le funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) del comma 1 sono esercitate di intesa con la Conferenza unificata.

Art. 55. Localizzazione di opere di interesse statale

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1. Le procedure di localizzazione delle opere pubbliche di interesse di amministrazioni diverse dalle regioni e dagli enti locali sono attivate previa presentazione alla regione, ogni anno, da parte dell'amministrazione interessata, di un quadro complessivo delle opere e degli interventi compresi nella propria programmazione triennale, da realizzarsi nel territorio regionale.

2. Nei casi di variazione degli strumenti urbanistici vigenti conseguente all'approvazione di progetti di opere e interventi pubblici, l'amministrazione procedente è tenuta a predisporre, insieme al progetto, uno specifico studio sugli effetti urbanistico-territoriali e ambientali dell'opera o dell'intervento e sulle misure necessarie per il suo inserimento nel territorio comunale.

Art. 56. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative non espressamente mantenute allo Stato dalle disposizioni della presente sezione.

Art. 57. Pianificazione territoriale di coordinamento e pianificazioni di settore

1. La regione, con legge regionale, prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale di cui all'articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assuma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali, semprechè la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti.

2. In mancanza dell'intesa di cui al comma 1, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa nazionale e regionale.

3. Resta comunque fermo quanto disposto dall'articolo 149, comma 6, del presente decreto legislativo.

Art. 58. Riordino e soppressione di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, è ricompresa, in particolare, la direzione generale del coordinamento territoriale presso il Ministero dei lavori pubblici.

Sezione III - Edilizia residenziale pubblica

Art. 59. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni e i compit i relativi: a) alla determinazione dei principi e delle finalità di carattere generale e unitario in materia di edilizia residenziale pubblica, anche nel quadro degli obiettivi generali delle politiche sociali; b) alla definizione dei livelli minimi del servizio abitativo, nonché degli standard di qualità degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; c) al concorso, unitamente alle regioni ed agli altri enti locali interessati, all'elaborazione di programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse a livello nazionale;

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d) alla acquisizione, raccolta, elaborazione, diffusione e valutazione dei dati sulla condizione abitativa; a tali fini è istituito l'Osservatorio della condizione abitativa; e) alla definizione dei criteri per favorire l'accesso al mercato delle locazioni dei nuclei familiari meno abbienti e agli interventi concernenti il sostegno finanziario al reddito.

Art. 60. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate tra quelle mantenute allo Stato ai sensi dell'articolo 59 e, in particolare, quelle relative: a) alla determinazione delle linee d'intervento e degli obiettivi nel settore; b) alla programmazione delle risorse finanziarie destinate al settore; c) alla gestione e all'attuazione degli interventi, nonché alla definizione delle modalità di incentivazione; d) alla determinazione delle tipologie di intervento anche attraverso programmi integrati, di recupero urbano e di riqualificazione urbana; e) alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all'assistenza abitativa, nonché alla determinazione dei relativi canoni.

Art. 61. Disposizioni finanziarie

1. Dal 1º gennaio 1999 sono accreditate alle singole regioni le disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sulle annualità corrisposte dallo Stato alla sezione autonoma per l'edilizia residenziale della Cassa depositi e prestiti, relativamente ai limiti di impegno autorizzati: a) dagli articoli 36, 37 e 38 della legge 5 agosto 1978, n. 457; b) dall'articolo 9 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 febbraio 1980, n. 25; c) dai commi quarto ed undicesimo dell'articolo 1, dai commi undicesimo e dodicesimo dell'articolo 2 e dall'articolo 21 quinquies del decreto- legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94; d) dal comma settimo dell'articolo 3 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 1985, n. 118; e) dal comma 3 dell'articolo 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67; f) dal comma 1 dell'articolo 2 della legge 17 febbraio 1992, n. 179.

2. A decorrere dal 1° gennaio 1998, sono versate alle regioni secondo la ripartizione effettuata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), le annualità relative ai limiti di impegno autorizzati: a) dagli articoli 36 e 38 della legge 5 agosto 1978, n. 457; b) dall'articolo 9 del decreto- legge 15 dicembre 1979, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 febbraio 1980, n. 25; c) dai commi quarto e undicesimo dell'articolo 1 e dal comma 12 dell'articolo 2 del decreto- legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94; d) dall'articolo 3, comma settimo, del decreto- legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118; e) dal comma 3 dell'articolo 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67.

3. L'erogazione dei fondi di cui all'articolo 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, attribuiti a ciascuna regione, il cui versamento è stato prorogato dall'articolo 22 della legge 11 marzo 1988, n.

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67 e dall'articolo 3, comma 24, della legge 8 agosto 1995, n. 355, è effettuato dalla Cassa depositi e prestiti su richiesta delle regioni, nei limiti delle disponibilità a ciascuna regione attribuite.

4. Le regioni possono utilizzare le eventuali economie sulle annualità di cui al comma 2 e, per esigenze di cassa, effettuare anticipazioni sul fondo di cui al comma 3, per far fronte agli oneri derivanti da quanto previsto dalle seguenti disposizioni: a) articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 1992, n. 498; b) articolo 13, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; c) articolo 38 della legge 23 dicembre 1994, n. 724; d) articolo 1, comma 60, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

5. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, e 3 del presente articolo si applicano ai rientri di cui alle lettere e) ed f) dell'articolo 13 della legge 5 agosto 1978, n. 457, nonché a quelli dell'articolo 18 della legge 17 febbraio 1992, n. 179.

6. Le risorse finanziarie relative alle funzioni conferite con il presente decreto legislativo sono devolute alle regioni contestualmente alla data del trasferimento, con corrispondente soppressione o riduzione dei capitoli di bilancio dello Stato interessati.

7. Le risorse statali destinate alle finalità di cui all'articolo 59 vengono determinate annualmente nella legge finanziaria, sentita la Conferenza unificata.

Art. 62. Riordino e soppressione di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, è ricompresa, in particolare, la sezione autonoma per l'edilizia residenziale pubblica della Cassa depositi e prestiti.

2. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono soppressi, contestualmente all'avvenuto trasferimento delle competenze, secondo le modalità di cui all'articolo 63 del presente decreto legislativo: a) il Comitato per l'edilizia residenziale pubblica (CER) presso il Ministero dei lavori pubblici e il relativo comitato esecutivo; b) il Segretariato generale del CER e il centro permanente di documentazione.

Art. 63. Criteri e modalità per il trasferimento alle regioni

1. La competente amministrazione dello Stato propone alla Conferenza Stato-regioni, di cui all'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, i criteri, le modalità ed i tempi per il trasferimento delle competenze alle regioni. Raggiunta l'intesa, sono attivati accordi di programma tra la competente amministrazione dello Stato e ciascuna regione per rendere operativo il trasferimento stesso, tenendo conto della necessità di garantire l'efficacia delle procedure in essere.

2. In ogni caso l'intero processo di trasferimento deve completarsi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

Art. 64. Patrimonio edilizio

1. Con successivo provvedimento legislativo verrà definito l'assetto del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, fatto salvo quello di proprietà degli enti locali.

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Sezione IV - Catasto, servizi geotopografici e conservazione dei registri immobiliari

Art. 65. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) allo studio e allo sviluppo di metodologie inerenti alla classificazione censuaria dei terreni e delle unità immobiliari urbane; b) alla predisposizione di procedure innovative per la determinazione dei redditi dei terreni e degli immobili urbani ai fini delle revisioni generali degli estimi e del classamento; c) alla disciplina dei libri fondiari; d) alla tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione di visure ipotecarie; e) alla disciplina delle imposte ipotecarie, catastali, delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali, ivi compresa la regolamentazione di eventuali privilegi, di sgravi e rimborsi, nonché dell'annullamento dei carichi connessi a tali imposte; f) all'individuazione di metodologie per l'esecuzione di rilievi e aggiornamenti topografici e la formazione di mappe e cartografie catastali; g) al controllo di qualità delle informazioni, e al monitoraggio dei relativi processi di aggiornamento; h) alla gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera g), assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e consentendo l'accesso ai dati ai soggetti interessati;

Art. 66. Funzioni conferite agli enti locali

1. Sono attribuite, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai comuni le funzioni relative: a) alla conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché alla revisione degli estimi e del classamento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 65, lettera h); b) alla delimitazione di zone agrarie interessate ad eventi calamitosi; c) alla rilevazione dei consorzi di bonifica e degli oneri consortili gravanti sugli immobili.

2. Nelle zone montane le funzioni di cui al comma 1 possono essere esercitate dalle comunità montane d'intesa con i comuni componenti.

Art. 67. Organismo tecnico

1. Allo svolgimento dei compiti di cui alle lettere d), g) e h) del comma 1 dell'articolo 65, e al coordinamento delle funzioni mantenute allo Stato e di quelle attribuite ai comuni, si provvede attraverso l'istituzione, con i decreti legislativi di cui all'articolo 9 del presente decreto legislativo, di un apposito organismo tecnico, assicurando la partecipazione delle amministrazioni statali e dei comuni.

2. Alla formazione di mappe e di cartografia catastale e speciale, al rilevamento e aggiornamento topografico, all'elaborazione di osservazioni geodetiche e all'esecuzione delle compensazioni di reti

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trigonometriche e di livellazione, provvedono, per quanto di rispettivo interesse, lo Stato, le regioni, le province e i comuni, anche attraverso alle comunità montane, avvalendosi di norma dell'organismo tecnico di cui al comma 1.

3. Allo svolgimento dei compiti di cui al comma 1 i comuni possono, al fine di contenere le spese, provvedere anche mediante convenzioni con l'organismo tecnico di cui allo stesso comma 1 e le amministrazioni che svolgono corrispondenti funzioni a livello centrale.

Capo III Protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti

Sezione I - Funzioni di carattere generale e di protezione della fauna e della flora

Art. 68. F u n z i o n i

1. è soppresso il programma triennale per la tutela dell'ambiente.

Art. 69. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi: a) al recepimento delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie relative alla tutela dell'ambiente e alla conseguente definizione di obiettivi e delle iniziative necessarie per la loro attuazione nell'ordinamento nazionale; b) alla conservazione e alla valorizzazione delle aree naturali protette, terrestri e marine ivi comprese le zone umide, riconosciute di importanza internazionale o nazionale, nonché alla tutela della biodiversità, della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni e dalla normativa comunitaria; c) alla relazione generale sullo stato dell'ambiente; d) alla protezione, alla sicurezza e all'osservazione della qualità dell'ambiente marino; e) alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale; f) alla prestazione di supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale, nelle materie di competenza statale; g) all'esercizio dei poteri statali di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349; h) all'acquisto, al noleggio e all'utilizzazione di navi e aerei speciali per interventi di tutela dell'ambiente di rilievo nazionale; i) alle variazioni dell'elenco delle specie cacciabili, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157; l) all'indicazione delle specie della fauna e della flora terrestre e marine minacciate di estinzione; m) all'autorizzazione in ordine all'importazione e all'esportazione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone; n) all'elencazione dei mammiferi e rettili pericolosi; o) all'adozione della carta della natura; p) alle funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, come risultano modificate dall'articolo 1, comma 8, della legge

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19 maggio 1997, n. 137, nonché quelle attualmente esercitate dallo Stato fino all'attuazione degli accordi di programma di cui all'articolo 72.

2. Lo Stato continua a svolgere, in via concorrente con le regioni, le funzioni relative: a) alla informazione ed educazione ambientale; b) alla promozione di tecnologie pulite e di politiche di sviluppo sostenibile; c) alle decisioni di urgenza a fini di prevenzione del danno ambientale; d) alla protezione dell'ambiente costiero.

3. Sono altresì mantenute allo Stato le attività di vigilanza, sorveglianza monitoraggio e controllo finalizzate all'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al comma 1, ivi comprese le attività di vigilanza sull'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e sull'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM).

4. I compiti di cui al comma 1, lettere b) e p), sono esercitati, sentita la Conferenza unificata e i compiti di cui al comma 1, lettera o) sono esercitati previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Art. 70. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni degli articoli 68 e 69 sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) i compiti di protezione ed osservazione delle zone costiere; b) il controllo in ordine alla commercializzazione e detenzione degli animali selvatici, il ricevimento di denunce, i visti su certificati di importazione, il ritiro dei permessi errati o falsificati, l'autorizzazione alla detenzione temporanea, ad eccezione della normativa di cui alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES), resa esecutiva dalla legge 19 dicembre 1975, n. 874; c) le competenze attualmente esercitate dal Corpo forestale dello Stato, salvo quelle necessarie all'esercizio delle funzioni di competenza statale.

Art. 71. Valutazione di impatto ambientale

1. In materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) sono di competenza dello Stato: a) le opere ed impianti il cui impatto ambientale investe più regioni; b) le opere e infrastrutture di rilievo internazionale e nazionale; c) gli impianti industriali di particolare e rilevante impatto; d) le opere la cui autorizzazione è di competenza dello Stato.

2. Con atto di indirizzo e coordinamento da adottare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuate le specifiche categorie di opere, interventi e attività attualmente sottoposti a valutazione statale di impatto ambientale da trasferire alla competenza delle regioni.

3. Il trasferimento delle competenze attualmente in capo allo Stato è subordinato, per ciascuna regione, alla vigenza della legge regionale della VIA, che provvede alla individuazione dell'autorità competente nell'ambito del sistema delle regioni e delle autonomie locali, ferma restando la distinzione tra autorità competente e soggetto proponente.

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Art. 72. Attività a rischio di incidente rilevante

1. Sono conferite alle regioni le competenze amministrative relative alle industrie soggette agli obblighi di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, l'adozione di provvedimenti discendenti dall'istruttoria tecnica, nonché quelle che per elevata concentrazione di attività industriali a rischio di incidente rilevante comportano l'esigenza di interventi di salvaguardia dell'ambiente e della popolazione e di risanamento ambientale subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui al comma 3 del presente articolo.

2. Le regioni provvedono a discip linare la materia con specifiche normative ai fini del raccordo tra i soggetti incaricati dell'istruttoria e di garantire la sicurezza del territorio e della popolazione.

3. Il trasferimento di cui al comma 1 avviene subordinatamente all'adozione della normativa di cui al comma 2, previa attivazione dell'Agenzia regionale protezione ambiente di cui all'articolo 3 del decreto- legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e a seguito di accordo di programma tra Stato e regione per la verifica dei presupposti per lo svolgimento delle funzioni, nonché per le procedure di dichiarazione.

Art. 73. Ulteriori conferimenti alle regioni in conseguenza di soppressione di funzioni statali

1. Sono altresì conferite alle regioni, in conseguenza della soppressione del programma triennale di difesa dell'ambiente ai sensi dell'articolo 68 le seguenti funzioni: a) la determinazione delle priorità dell'azione ambientale; b) il coordinamento degli interventi ambientali; c) la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate tra i vari interventi.

2. Qualora l'attuazione dei programmi regionali di tutela ambientale richieda l'iniziativa integrata e coordinata con l'amministrazione dello Stato o con altri soggetti pubblici o privati, si procede con intesa, accordo di programma o convenzione.

3. è conferita, previa intesa, alla regione Sardegna l'attuazione di tutti gli interventi necessari per la realizzazione del programma di salvaguardia del litorale e delle zone umide nell'area metropolitana di Cagliari di cui all'articolo 17, comma 20, della legge 11 marzo 1988, n. 67. La regione Sardegna succede allo Stato nei rapporti concessori e convenzionali in atto e dispone delle relative risorse finanziarie.

Art. 74. Disciplina delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale

1. L'articolo 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è abrogato.

2. Le regioni, sentiti gli enti locali, nei rispettivi territori, individuano le aree caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione.

3. Sulla base dell'individuazione di cui al comma 2, le regioni dichiarano tali aree di elevato rischio di crisi ambientale. La dichiarazione ha validità per un periodo di cinque anni ed è rinnovabile una sola volta.

4. Le regioni definiscono, per le aree di cui al comma 2, un piano di risanamento teso ad individuare in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le situazioni di rischio e al ripristino ambientale.

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5. Le disposizioni contenute nei commi da 1 a 4 si applicano anche alle aree dichiarate ad elevato rischio di crisi ambientale al momento dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo.

6. Resta salva l'efficacia dei provvedimenti adottati in base all'articolo 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349, fino all'emanazione della disciplina regionale e all'adozione dei relativi strumenti di pianificazione.

Art. 75. Riordino di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9 del presente decreto legislativo sono ricompresi in particolare: a) il Consiglio nazionale per l'ambiente; b) la Consulta per la difesa del mare; c) la Commissione scientifica sul commercio internazionale di specie selvatiche di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 7 febbraio 1992, n. 150; d) la Consulta tecnica per le aree naturali protette di cui all'articolo 3, commi 7 e 8, della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

Sezione II - Parchi e riserve naturali

Art. 76. Funzioni soppresse

1. è soppresso il programma triennale per le aree naturali protette.

Art. 77. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti e le funzioni in materia di parchi naturali e riserve statali, marine e terrestri, attribuiti allo Stato dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.

2. L'individuazione, l'istituzione e la disciplina generale dei parchi e delle riserve nazionali, comprese quelle marine e l'adozione delle relative misure di salvaguardia sulla base delle linee fondamentali della Carta della natura, sono operati, sentita la Conferenza unificata.

Art. 78. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Tutte le funzioni amministrative in materia di aree naturali protette non indicate all'articolo 77 sono conferite alle regioni e agli enti locali.

2. Con atto di indirizzo e coordinamento sono individuate, sulla base di criteri stabiliti d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, le riserve statali, non collocate nei parchi nazionali, la cui gestione viene affidata a regioni o enti locali.

Sezione III - Inquinamento delle acque

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Art. 79. Funzioni soppresse

1. Sono soppressi i seguenti piani: a) il piano di risanamento del mare Adriatico; b) il piano degli interventi della tutela della balneazione; c) il piano generale di risanamento delle acque; d) il piano generale di risanamento delle acque dolci superficiali destinate alla potabilizzazione.

Art. 80. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i seguenti compiti: a) la definizione del piano generale di difesa del mare e della costa marina dall'inquinamento; b) l'aggiornamento dell'elenco delle sostanze nocive che non si possono versare in mare; c) la fissazione dei valori limite di emissione delle sostanze e agenti inquinanti e degli obiettivi minimi di qualità dei corpi idrici; d) la determinazione dei criteri metodologici generali per la formazione e l'aggiornamento dei catasti degli scarichi e degli elenchi delle acque e delle sostanze pericolose; e) la determinazione delle modalità tecniche generali, delle condizioni e dei limiti di utilizzo di prodotti, sostanze e materiali pericolosi; f) l'emanazione di norme tecniche generali per la regolamentazione delle attività di smaltimento dei liquami e dei fanghi; g) la definizione dei criteri generali e delle metodologie concernenti le attività di rilevamento delle caratteristiche, di campionamento, di misurazione, di analisi e di controllo qualitativo delle acque, ovvero degli scarichi inquinanti nelle medesime; h) la determinazione dei criteri metodologici per l'acquisizione e la elaborazione di dati conoscitivi e per la predisposizione e l'attuazione dei piani di risanamento delle acque da parte delle regioni; i) l'elaborazione delle informazioni sulla qualità delle acque destinate al consumo umano; l) l'organizzazione dei dati conoscitivi relativi allo scarico delle sostanze pericolose; m) l'elaborazione dei dati informativi sugli scarichi industriali di sostanze pericolose; n) la definizione dei criteri generali per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento delle acque; o) la individuazione in via generale dei casi in cui si renda necessaria l'installazione di strumenti di controllo in automatico degli scarichi industriali contenenti sostanze pericolose; p) la prevenzione e la sorveglianza nonché gli interventi operativi per azioni di inquinamento marino; q) la determinazione dei criteri generali per il monitoraggio e il controllo della fascia costiera finalizzati in particolare a definire la qualità delle acque costiere, l'idoneità alla balneazione nonché l'idoneità alla molluschicoltura e sfruttamento dei banchi naturali di bivalvi; r) la definizione di criteri e norme tecniche per la disciplina degli scarichi nelle acque del mare; s) l'autorizzazione agli scarichi nelle acque del mare da parte di navi e aeromobili.

2. Restano altresì ferme le attribuzioni relative all'attuazione e alla verifica del piano straordinario di completamento dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue di cui all'articolo 6 del decreto- legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successivamente modificato dall'articolo 8 della legge 8 ottobre 1997, n. 344, fermo restando che per la programmazione degli ulteriori finanziamenti lo stesso dovrà essere verificato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, per le finalità di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

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3. I programmi specifici di intervento per evitare o eliminare inquinamenti derivanti da fonti significative di sostanze pericolose diverse dalle fonti soggette a regime di valore limite di emissione comunitarie e nazionali sono adottati sulla base di criteri generali stabiliti attraverso intese nella Conferenza unificata.

Art. 81. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli della presente sezione e tra queste, in particolare: a) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque dolci superficiali; b) la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco delle acque destinate alla molluschicoltura; c) il monitoraggio sulla produzione, sull'impiego, sulla diffusione, sulla persistenza nell'ambiente e sull'effetto sulla salute umana delle sostanze ammesse alla produzione di preparati per lavare; d) il monitoraggio sullo stato di eutrofizzazione delle acque interne e costiere.

2. Sono altresì conferite alle regioni interessate in conseguenza della soppressione del piano di risanamento del mare Adriatico di cui all'articolo 79, comma 1, lettera a), le funzioni di coordinamento, a detti fini, dei piani regionali di risanamento delle acque.

Sezione IV - Inquinamento acustico, atmosferico ed elettromagnetico

Art. 82. Funzioni soppresse

1. è soppresso il piano nazionale di tutela della qualità dell'aria.

Art. 83. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 hanno rilievo nazionale i compiti relativi: a) alla disciplina del monitoraggio della qualità dell'aria: metodi di analisi, criteri di installazione e funzionamento delle stazioni di rilevamento; criteri per la raccolta dei dati; b) alla fissazione di valori limite e guida della qualità dell'aria; c) alla fissazione delle soglie di attenzione e di allarme; d) alla relazione annuale sullo stato di qualità dell'aria; e) alla fissazione e aggiornamento delle linee guida per il contenimento delle emissioni, dei valori minimi e massimi di emissione, metodi di campionamento, criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili e criteri di adeguamento degli impianti esistenti; f) alla individuazione di aree interregionali nelle quali le emissioni nell'atmosfera o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o valori più restrittivi, fatto salvo quanto disposto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 84; g) alla determinazione delle caratteristiche merceologiche, aventi rilievo ai fini dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti nonché alla fissazione dei limiti del tenore di sostanze inquinanti in essi presenti; h) alla determinazione dei criteri per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento e tutela della qualità dell'aria; i) alla definizione di criteri generali per la redazione degli inventari delle fonti di emissione; l) alla fissazione delle prescrizioni tecniche in ordine alle emissioni inquinanti dei veicoli a motore; m) all'accertamento delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e alla disciplina

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delle revisioni dei veicoli stessi, con riguardo alle emissioni inquinanti; n) alla determinazione dei valori limite e di qualità dei criteri di misurazione, dei requisiti acustici, dei criteri di progettazione diretti alla tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico; o) al parere dei Ministri dell'ambiente e della sanità, di intesa con la regione interessata, previsto dall'articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, limitatamente agli impianti di produzione di energia riservati alla competenza dello Stato, ai sensi dell'articolo 29 del presente decreto legislativo.

2. Le funzioni di cui alle lettere a), b), e), f), h), i) e l) del comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata.

Art. 84. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni degli articoli 82 e 83 e tra queste, in particolare, le funzioni relative: a) all'individuazione di aree regionali o, di intesa tra le regioni interessate, interregionali nelle quali le emissioni o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o valori più restrittivi in relazione all'attuazione di piani regionali di risanamento; b) al rilascio dell'abilitazione alla conduzione di impianti termici compresa l'istituzione dei relativi corsi di formazione; c) alla tenuta e all'aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione.

Sezione V - Gestione dei rifiuti

Art. 85.

Funzioni e compiti mantenuti allo Stato 1. Restano attribuiti allo Stato, in materia di rifiuti, esclusivamente le funzioni e i compiti indicati dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, nonché quelli già attribuiti allo Stato da specifiche norme di legge relative a rifiuti radioattivi, rifiuti contenenti amianto, materiali esplosivi in disuso, olii usati, pile e accumulatori esausti. Restano ferme le competenze dello Stato previste dagli articoli 22, comma 11, 31, 32 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, anche per quanto concerne gli impianti di produzione di energia elettrica di cui all'articolo 29 del presente decreto legislativo.

Capo IV

Risorse idriche e difesa del suolo

Art. 86. Gestione del demanio idrico

1. Alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio. 2. I proventi ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico sono introitati dalla regione e destinati, sentiti gli enti locali interessati, al finanziamento degli interventi di tutela delle risorse idriche e dell'assetto idraulico e idrogeologico sulla base delle linee programmatiche di bacino. 3. Nella programmazione dei finanziamenti dello Stato in materia di difesa del suolo, da definirsi di intesa con la Conferenza Stato-regioni, si terrà conto, ai fini della perequazione tra le diverse regioni, degli introiti di cui al comma 2, nonché del gettito finanziario collegato alla riscossione diretta degli stessi da parte delle regioni attraverso la possibilità di accensioni di mutui.

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Art. 87.

Approvazione dei piani di bacino 1. Ai fini dell'approvazione dei piani di bacino sono soppressi i pareri attribuiti dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, al Consiglio superiore dei lavori pubblici e alla Conferenza Stato-regioni.

Art. 88. Compiti di rilievo nazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi: a) al censimento nazionale dei corpi idrici; b) alla programmazione ed al finanziamento degli interventi di difesa del suolo; c) alla determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta elaborazione e consultazione dei dati, alla definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché indirizzi volti all'accertamento, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; alla valutazione degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo; d) alle direttive generali e di settore per il censimento ed il monitoraggio delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia idrica e per la protezione delle acque dall'inquinamento ; e) alla formazione del bilancio idrico nazionale sulla scorta di quelli di bacino; f) alle metodologie generali per la programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche e alle linee di programmazione degli usi plurimi delle risorse idriche; g) alle direttive e ai parametri tecnici per la individuazione delle aree a rischio di crisi idrica con finalità di prevenzione delle emergenze idriche; h) ai criteri per la gestione del servizio idrico integrato come definito dall'articolo 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; i) alla definizione dei livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in ciascun ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché ai criteri ed agli indirizzi per la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione e di accumulo per usi diversi da quello potabile; l) alla definizione di meccanismi ed istituti di conguaglio a livello di bacino ai fini del riequilibrio tariffario; m) ai criteri e agli indirizzi per la programmazione dei trasferimenti di acqua per il consumo umano laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici; n) ai compiti fissati dall'articolo 17 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in particolare alla adozione delle iniziative per la realizzazione delle opere e degli interventi di trasferimento di acqua; o) ai criteri ed indirizzi per la disciplina generale dell'utilizzazione delle acque destinate a scopi idroelettrici ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 30 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, fermo restando quanto disposto dall'articolo 29, comma 3; p) alle direttive sulla gestione del demanio idrico anche volte a garantire omogeneità, a parità di condizioni, nel rilascio delle concessioni di derivazione di acqua, secondo i principi stabiliti dall'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; q) alla definizione ed all'aggiornamento dei criteri e metodi per il conseguimento del risparmio idrico previsto dall'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; r) alla definizione del metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento del servizio idrico; s) alle attività di vigilanza e controllo indicate dagli articoli 21 e 22 della legge 5 gennaio 1994, n. 36; t) all'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali; u) all'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancata istituzione da parte delle regioni delle

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autorità di bacino di rilievo interregionale di cui all'articolo 15, comma 4, della legge 18 maggio 1989, n. 183, nonché dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 18, comma 2, 19, comma 3, e 20, comma 4 della stessa legge; v) all'emanazione della normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento e di opere di carattere assimilabile di qualsiasi altezza e capacità di invaso; z) alla determinazione di criteri, metodi e standard volti a garantire omogeneità delle condizioni di salvaguardia della vita umana, del territorio e dei beni; aa) agli indirizzi generali ed ai criteri per la difesa delle coste; bb) alla vigilanza sull'Ente autonomo acquedotto pugliese. 2. Le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata, fatta eccezione per le funzioni di cui alle lettere t), u) e v), che sono esercitate sentita la Conferenza Stato-regioni.

Art. 89. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni non espressamente indicate nell'articolo 88 e tra queste in particolare, sono trasferite le funzioni relative: a) alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura; b) alle dighe non comprese tra quelle indicate all'articolo 91, comma 1; c) ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e al regio decreto 9 dicembre 1937, n. 2669, ivi comprese l'imposizione di limitazioni e divieti all'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua; d) alle concessioni di estrazione di materiale litoide dai corsi d'acqua; e) alle concessioni di spiagge lacuali, superfici e pertinenze dei laghi; f) alle concessioni di pertinenze idrauliche e di aree fluviali anche ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 37; g) alla polizia delle acque, anche con riguardo alla applicazione del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775; h) alla programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri; i) alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 29, comma 3, del presente decreto legislativo; l) alla nomina di regolatori per il riparto delle disponibilità idriche qualora tra più utenti debba farsi luogo delle disponibilità idriche di un corso d'acqua sulla base dei singoli diritti e concessioni ai sensi dell'articolo 43, comma 3, del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. Qualora il corso d'acqua riguardi il territorio di più regioni la nomina dovrà avvenire di intesa tra queste ultime; 2. Sino all'approvazione del bilancio idrico su scala di bacino, previsto dall'articolo 3 della legge 5 gennaio 1994 n. 36, le concessioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo che interessino più regioni sono rilasciate d'intesa tra le regioni interessate. In caso di mancata intesa nel termine di sei mesi dall'istanza, ovvero di altro termine stabilito ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, il provvedimento è rimesso allo Stato. 3. Fino alla adozione di apposito accordo di programma per la definizione del bilancio idrico, le funzioni di cui al comma 1, lettera i), del presente articolo sono esercitate dallo Stato, d'intesa con le regioni interessate, nei casi in cui il fabbisogno comporti il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici.

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4. Le funzioni conferite con il presente articolo sono esercitate in modo da garantire l'unitaria considerazione delle questioni afferenti ciascun bacino idrografico. 5. Per le opere di rilevante importanza e suscettibili di interessare il territorio di più regioni, lo Stato e le regioni interessate stipulano accordi di programma con i quali sono definite le appropriate modalità, anche organizzative, di gestione.

Art. 90. Attività private sostitutive di funzioni amministrative

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, si stabilisce la classificazione delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta e delle traverse, individuando quelle per le quali l'approvazione tecnica può essere sostituita da una dichiarazione del progettista che asseveri la rispondenza alla normativa tecnica della progettazione e della costruzione.

Art. 91. Registro italiano dighe - RID

1. Ai sensi dell'articolo 3, lettera d) della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Servizio nazionale dighe è soppresso quale Servizio tecnico nazionale e trasformato in Registro italiano dighe - RID, che provvede, ai fini della tutela della pubblica incolumità, all'approvazione tecnica dei progetti ed alla vigilanza sulla costruzione e sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari sulle dighe di ritenuta aventi le caratteristiche indicate all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito con modificazioni dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584. 2. Le regioni e le province autonome possono delegare al RID l'approvazione tecnica dei progetti delle dighe di loro competenza e richiedere altresì consulenza ed assistenza anche relativamente ad altre opere tecnicamente assimilabili alle dighe, per lo svolgimento dei compiti ad esse assegnati. 3. Ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con specifico provvedimento da adottarsi su proposta del Ministro dei lavori pubblici d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono definiti l'organizzazione, anche territoriale, del RID, i suoi compiti e la composizione dei suoi organi, all'interno dei quali dovrà prevedersi adeguata rappresentanza regionale.

Art. 92. Riordino di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi in particolare: a) gli uffici del Ministero dei lavori pubblici competenti in materie di acque e difesa del suolo; b) il Magistrato per il Po e l'ufficio del genio civile per il Po di Parma; c) l'ufficio per il Tevere e l'Agro romano; d) il Magistrato alle acque di Venezia, definendone le funzioni in materia di salvaguardia di Venezia e della sua laguna. 2. Con decreti da emanarsi ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto legislativo, si provvede, previa intesa con la Conferenza unificata, al riordino degli organismi e delle strutture operanti nel settore della difesa del suolo nonché all'adeguamento delle procedure di intesa e leale cooperazione tra lo Stato e le regioni previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, in conformità ai principi e agli obiettivi nella stessa stabiliti. 3. Con uno o più decreti da emanarsi ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al riordino del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 4. Gli uffici periferici del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali sono trasferiti alle regioni ed incorporati nelle strutture operative regionali competenti in materia.

Capo V Opere pubbliche

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Art. 93. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) alla responsabilità dell'attuazione dei programmi operativi multiregionali dei quadri comunitari di sostegno con cofinanziamento dell'Unione europea e dello Stato membro, escluse la realizzazione e la gestione degli interventi; b) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di opere pubbliche relative a organi costituzionali o di rilievo costituzionale o internazionale; c) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di interesse naziona le con legge statale; d) alla programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione di opere in materia di difesa, dogane, ordine e sicurezza pubblica ed edilizia penitenziaria; e) alla programmazione, alla localizzazione e al finanziamento della realizzazione e della manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili destinati a ospitare uffici dell'amministrazione dello Stato, nel rispetto delle competenze conferite alle regioni e agli enti locali e fatte salve le procedure di localizzazione e quanto previsto dall'articolo 55; f) alla regolamentazione e alla vigilanza relativamente al sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; g) ai criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e alle norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone; h) alla valutazione tecnico-amministrativa dei progetti delle opere di competenza statale ai sensi del presente articolo. 2. Resta ferma la ripartizione di competenze prevista dalle vigenti leggi relativamente agli interventi per il Giubileo del 2000 e per Roma capitale. 3. Sono, altresì, mantenute allo Stato le funzioni attualmente attribuite all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici e all'Osservatorio dei lavori pubblici. 4. Le funzioni di cui alle lettere e), g) e h) del comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata.

Art. 94. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono delegate alle regioni le funzioni relative alla progettazione, esecuzione e manutenzione straordinaria di tutte le opere relative alle materie di cui all'articolo 1, comma 3, della medesima legge n. 59, non espressamente mantenute allo Stato ai sensi delle lettere c), d), e) e f) dell'articolo 93 del presente decreto legislativo. Tali opere comprendono gli interventi di ripristino in seguito ad eventi bellici o a calamità naturali. 2. Tutte le altre funzioni in materia di opere pubbliche non espressamente indicate nelle disposizioni dell'articolo 93 e del comma 1 del presente articolo sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) l'individuazione delle zone sismiche, la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone; b) l'autorizzazione alla costruzione di elettrodotti con tensione normale sino a 150 kV; c) la valutazione tecnico-amministrativa e l'attività consultiva sui progetti di opere pubbliche di rispettiva competenza; d) l'edilizia di culto; e) il ripristino di edifici privati danneggiati da eventi bellici; f) le funzioni collegate alla cessazione del soppresso intervento nel Mezzogiorno, con le modalità previste dall'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

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Art. 95. Interventi di interesse nazionale in aree urbane e metropolitane

1. Fatto salvo quanto disposto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 54 e dalla lettera f) del comma 1 dell'articolo 93, la realizzazione delle opere di cui al comma 1 dell'articolo 94 dichiarate di interesse nazionale e finanziate con leggi speciali relative a singole aree urbane o metropolitane è delegata alle città metropolitane ovvero, in mancanza, al comune capoluogo per le opere da realizzarsi nel territorio comunale e alla provincia per le opere da realizzarsi nel restante territorio dell'area urbana o metropolitana interessata. 2. Ai soggetti di cui al comma 1 spetta, per i territori di rispettiva competenza, il coordinamento generale degli interventi relativi ad opere di competenza dello Stato, della regione e degli enti locali. 3. La programmazione generale degli interventi di cui al comma 1 è definita in sede di commissioni presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e composte da un pari numero di rappresentanti dello Stato e di rappresentanti della regione e della città metropolitana o, in assenza, del comune capoluogo e della provincia. La composizione e i compiti di tali commissioni sono definiti con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Art. 96. Riordino di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione dello Stato competenti in materia di opere pubbliche e, in particolare: a) il Dipartimento per le aree urbane presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; b) il Consiglio superiore dei lavori pubblici; c) la direzione generale delle opere marittime del Ministero dei lavori pubblici; d) gli uffici del genio civile per le opere marittime; e) la direzione generale dell'edilizia statale e dei servizi speciali; f) i provveditorati regionali alle opere pubbliche. 2. Sono soppresse le sezioni autonome del genio civile per le zone terremotate di Palermo, Trapani e Agrigento istituite con la legge 5 febbraio 1970, n. 21.

Capo VI Viabilità Art. 97.

Funzioni soppresse 1. Sono soppresse le funzioni amministrative relative: a) alla classificazione delle infrastrutture viarie di grande comunicazione di cui all'articolo 1 della legge 12 agosto 1982, n. 531; b) all'elaborazione del piano decennale di grande comunicazione di cui all'articolo 2 della legge n. 531 del 1982; c) alla definizione dei piani di priorità di intervento nell'ambito del piano decennale prevista dall'articolo 4 della legge n. 531 del 1982; d) agli interventi per il Frejus, concernenti i lavori, l'assunzione di partecipazioni, e l'erogazione di contributi, previsti dall'articolo 6 della legge n. 531 del 1982; e) all'unificazione dei sistemi di esazione dei pedaggi autostradali, di cui all'articolo 14 della legge n. 531 del 1982; f) alla contribuzione al fabbisogno del Fondo centrale di garanzia di cui all'articolo 15, comma primo, della legge n. 531 del 1982; g) al riordino del sistema delle tariffe di pedaggio in concomitanza con la predisposizione del piano decennale, di cui all'articolo 15, comma settimo, della legge n. 531 del 1982; h) alla relazione al Parlamento di cui all'articolo 15, comma ottavo, della legge n. 531 del 1982; i) alla definizione del programma triennale di interventi nell'ambito del piano decennale di cui

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all'articolo 6 della legge 3 ottobre 1985, n. 526; l) alla partecipazione in società per azioni con sede in Italia aventi per fine lo studio, la progettazione, la costruzione e la temporanea gestione di autostrade in territorio estero, nel limite del 10 per cento del capitale, di cui all'articolo 4 della legge 28 dicembre 1982, n. 966; m) al versamento dei contributi trentennali a carico dello Stato non ancora versati alle concessionarie, di cui all'articolo 8, comma primo, della legge 28 marzo 1968, n. 385; n) all'affidamento a trattativa privata a professionisti del compito di redigere progetti per un periodo di 3 anni di cui all'articolo 9 della legge n. 526 del 1985; o) alla predisposizione di un elenco delle strade statali e delle autostrade di cui all'articolo 2, lettera f), della legge 7 febbraio 1961, n. 59; p) alla predisposizione di una relazione di carattere tecnico-economico sull'attività svolta nell'esercizio precedente e sui rilevamenti statistici di cui all'articolo 2, lettera h), della legge n. 59 del 1961; q) alla costituzione di speciali uffici periferici di vigilanza sulla costruzione di autostrade o sull'esecuzione di lavori eccezionali di cui all'articolo 24, comma secondo, della legge n. 59 del 1961; r) alla concessione della garanzia per mutui e obbligazioni contratti da società concessionarie di cui all'articolo 3 della legge 24 luglio 1961, n. 729, e all'articolo 1 della legge 28 marzo 1968, n. 382.

Art. 98. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) alla pianificazione pluriennale della viabilità e alla programmazione, progettazione, realizzazione e gestione della rete autostradale e stradale nazionale, costituita dalle grandi direttrici del traffico nazionale e da quelle che congiungono la rete viabile principale dello Stato con quella degli Stati limitrofi; b) alla tenuta dell'archivio nazionale delle strade; c) alla regolamentazione della circolazione, anche ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai fini della salvaguardia della sicurezza nazionale. d) alla determinazione dei criteri relativi alla fissazione dei canoni per le licenze e le concessioni, nonché per l'esposizione di pubblicità lungo o in vista delle strade statali costituenti la rete nazionale; e) alla relazione annuale al Parlamento sull'esito delle indagini periodiche riguardanti i profili sociali, ambientali ed economici della circolazione stradale ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992; f) alla informazione dell'opinione pubblica con finalità prevenzionali ed educative ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992; g) alla definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza stradale e norme tecniche relative alle strade e loro pertinenze ed alla segnaletica stradale, ai sensi del decreto legislativo n. 285 del 1992; h) alle funzioni di indirizzo in materia di prevenzione degli incidenti, di sicurezza ed informazione stradale e di telematica applicata ai trasporti, anche mediante iniziative su scala nazionale; i) alla funzione di regolamentazione della circolazione veicolare, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 285 del 1992, per motivi di sicurezza pubblica, di sicurezza della circolazione, di tutela della salute e per esigenze di carattere militare. 2. All'individuazione della rete autostradale e stradale nazionale si provvede, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, attraverso intese nella Conferenza unificata. In caso di mancato raggiungimento delle intese nel termine suddetto, si provvede nei successivi sessanta giorni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio dei Ministri.

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3. Sono, in particolare, mantenute allo Stato, in materia di strade e autostrade costituenti la rete nazionale, le funzioni relative: a) alla determinazione delle tariffe autostradali e ai criteri di determinazione dei piani finanziari delle società concessionarie; b) all'adeguamento delle tariffe di pedaggio autostradale; c) all'approvazione delle concessioni di costruzione ed esercizio di autostrade; d) alla progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade e delle autostrade, sia direttamente sia in concessione; e) al controllo delle concessionarie autostradali, relativamente all'esecuzione dei lavori di costruzione, al rispetto dei piani finanziari e dell'applicazione delle tariffe, e alla stipula delle relative convenzioni; f) alla determinazione annuale delle tariffe relative alle licenze e concessioni ed alla esposizione della pubblicità. 4. La Conferenza unificata esprime parere in materia di pianificazione pluriennale della viabilità e di programmazione per la gestione e il miglioramento della rete autostradale e stradale d'interesse nazionale. La programmazione delle reti stradali interregionali avviene tramite accordi tra le regioni interessate, sulla base degli indirizzi generali stabiliti dalla Conferenza unificata.

Art. 99. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli del presente capo e tra queste, in particolare, le funzioni di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale, compresa la nuova costruzione o il miglioramento di quelle esistenti, nonché la vigilanza sulle strade conferite. 2. La progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade di cui al comma 1 può essere affidata temporaneamente, dagli enti territoriali cui la funzione viene conferita, all'Ente nazionale per le strade (ANAS), sulla base di specifici accordi. 3. Sono, in particolare, trasferite alle regioni le funzioni di programmazione e coordinamento della rete viaria. Sono attribuite alle province le funzioni di progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale, secondo le modalità e i criteri fissati dalle leggi regionali. 4. Alle funzioni di progettazione, costruzione, manutenzione di rilevanti opere di interesse interregionale si provvede mediante accordi di programma tra le regioni interessate.

Art. 100. Riordino di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9 del presente decreto legislativo è ricompreso, in particolare, l'ANAS. Art. 101. Trasferimento delle strade non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale 1. Le strade e autostrade, già appartenenti al demanio statale ai sensi dell'articolo 822 del codice civile e non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale, sono trasferite, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 98, comma 2, del presente decreto legislativo, al demanio delle regioni, ovvero, con le leggi regionali di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, al demanio degli enti locali. Tali leggi attribuiscono agli enti titolari anche il compito della gestione delle strade medesime. 2. In seguito al trasferimento di cui al comma 1 spetta alle regioni o agli enti locali titolari delle strade la determinazione dei criteri e la fissazione e la riscossione, come entrate proprie, delle tariffe relative alle licenze, alle concessioni e alla esposizione della pubblicità lungo o in vista delle strade

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trasferite, secondo i principi definiti con atto di indirizzo e di coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Capo VII Trasporti

Art. 102.

Funzioni soppresse 1. Sono soppresse le funzioni amministrative relative: a) all'approvazione degli organici delle ferrovie in concessione; b) all'approvazione degli organici delle gestioni governative e dei bilanci delle stesse, all'approvazione dei modelli di contratti, alla nomina dei consigli di disciplina; c) all'autorizzazione alla fabbricazione dei segnali stradali; d) al rilascio delle concessioni alle imprese di autoriparazione per l'esecuzione delle revisioni; e) al rilascio di nulla osta alla nomina del direttore di esercizio di metropolitane e tramvie; f) al rilascio di nulla osta per uniformi e segni distintivi; g) al piano poliennale di escavazione dei porti di cui all'articolo 26 della legge 28 gennaio 1994, n. 84; h) al rilascio delle autorizzazioni agli autotrasportatori di merci per conto terzi, a far data dal 1º gennaio 2001. Art. 103. Funzioni affidate a soggetti privati 1. Sono svolte da soggetti privati le attività relative: a) all'accertamento medico della idoneità alla guida degli autoveicoli, da parte di medici abilitati a seguito di esame per titoli professionali e iscritti in apposito albo tenuto a livello provinciale; la certificazione della conferma di validità viene effettuata con le modalità di cui all'articolo 126, comma 5, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; b) alla riscossione delle ent rate per prestazioni rese da soggetti pubblici nel settore dei trasporti, da parte delle Poste italiane s.p.a., delle banche e dei concessionari della riscossione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43.

Art. 104. Funzioni mantenute allo Stato

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) alla predisposizione del piano generale dei trasporti; b) a tutte le funzioni inerenti ai servizi di trasporto pubblico di interesse nazionale, come individuati dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422; c) alle competenze di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422; d) alla definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza dei trasporti aerei, marittimi, di cabotaggio, automobilistici, ferroviari, e dei trasporti ad impianti fissi, del trasporto di merci pericolose, nocive e inquinanti; e) alla vigilanza ai fini della sicurezza dei trasporti ad impianto fisso, fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 4 comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422; f) alla vigilanza sulle imprese di trasporto pubblico di interesse nazionale e sulla sicurezza e regolarità di esercizio della rete ferroviaria di interesse nazionale; g) al rilascio di concessioni per la gestione delle infrastrutture ferroviarie di interesse nazionale; h) alle funzioni attinenti alla programmazione realizzata previa intesa con le regioni degli interporti e delle intermodalità di rilievo nazionale e internazionale; i) agli interventi statali a favore delle imprese di autotrasporto di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 454;

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l) al rilascio di autorizzazioni agli autotrasportatori di merci per conto terzi sino alla data del 1 gennaio 2001; m) all'albo nazionale degli autotrasportatori con funzioni di indirizzo, coordinamento e vigilanza di cui all'articolo 1, comma 4, e articolo 7, comma 7 della legge 23 dicembre 1997, n. 454; n) alla concessione di autolinee ordinarie e di gran turismo non comprese fra quelle previste dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422; o) alla omologazione e approvazione dei veicoli a motore e loro rimorchi, loro componenti e unità tecniche indipendenti; p) al riconoscimento delle omologazioni del Registro italiano navale (RINA) e alla vigilanza sul RINA, l'Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale (INSEAN) e la Lega navale italiana; q) ai compiti di polizia stradale di cui agli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; r) ai rapporti internazionali riguardanti la navigazione sui laghi Maggiore e Lugano; s) alla classificazione dei porti; alla pianificazione, programmazione e progettazione degli interventi aventi ad oggetto la costruzione, la gestione, la bonifica e la manutenzione dei porti e delle vie di navigazione, delle opere edilizie a servizio dell'attività portuale, dei bacini di carenaggio, di fari e fanali, nei porti di rilievo nazionale e internazionale; t) alla disciplina e alla sicurezza della navigazione da diporto; alla sicurezza della navigazione interna; u) alle caratteristiche tecniche e al regime giuridico delle navi e delle unità da diporto; v) alla disciplina e alla sicurezza della navigazione marittima; z) alla bonifica delle vie di navigazione; aa) alla costituzione e gestione del sistema del traffico marittimo denominato VTS; bb) alla programmazione, costruzione, ampliamento e gestione degli aeroporti di interesse nazionale; cc) alla disciplina delle scuole di volo e del rilascio dei titoli aeronautici (brevetti e abilitazioni), nonché alla disciplina delle scuole di formazione marittima e del rilascio dei titoli professionali marittimi; alla individuazione dei requisiti psicofisici della gente di mare; dd) alla disciplina della sicurezza del volo; ee) alle funzioni dell'Ente nazionale per l'aviazione civile e del dipartimento dell'aviazione civile previste dall'articolo 2 del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250; ff) alla programmazione, previa intesa con le regioni interessate, del sistema idroviario padano-veneto; gg) alla pianificazione degli interventi per sostenere la trasformazione delle compagnie portuali, anche in relazione agli organici e all'assegnazione della cassa integrazione guadagni; hh) alla tenuta dell'archivio nazionale dei veicoli e dei veicoli d'epoca e dell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida; ii) agli esami per conducenti di veicoli a motore e loro rimorchi; ll) al rilascio di patenti e di certificati di abilitazione professionale e di loro duplicati e aggiornamenti; mm) alla immatricolazione e registrazione della proprietà dei veicoli e delle successive variazioni nell'archivio nazionale dei veicoli; nn) alle revisioni generali e parziali sui veicoli a motore e i loro rimorchi, anche tramite officine autorizzate ai sensi della lettera d) del comma 3 dell'articolo 105, del presente decreto legislativo, nonché alle visite e prove di veicoli in circolazione per trasporti nazionali e internazionali, anche con riferimento ai veicoli adibiti al trasporto di merci pericolose e deperibili; al controllo tecnico sulle imprese autorizzate; oo) al rilascio di certificati e contrassegni di circolazione per ciclomotori; pp) all'utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.

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Art. 105.

Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate negli articoli del presente capo e non attribuite alle autorità portuali dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni. 2. Tra le funzioni di cui al comma 1 sono, in particolare, conferite alle regioni le funzioni relative: a) al rilascio dell'autorizzazione all'uso in servizio di linea degli autobus destinati al servizio di noleggio con conducente, relativamente alle autolinee di propria competenza; b) al rifornimento idrico delle isole; c) all'estimo navale; d) alla disciplina della navigazione interna; e) alla programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale e interregionale delle opere edilizie a servizio dell'attività portuale; f) al conferimento di concessioni per l'installazione e l'esercizio di impianti lungo le autostrade ed i raccordi autostradali; g) alla gestione del sistema idroviario padano-veneto; h) al rilascio di concessioni per la gestione delle infrastrutture ferroviarie di interesse regionale; i) alla programmazione degli interporti e delle intermodalità con esclusione di quelli indicati alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 104 del presente decreto legislativo; l) al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia; tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995. 3. Sono attribuite alle province, ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni relative: a) alla autorizzazione e vigilanza tecnica sull'attività svolta dalle autoscuole e dalle scuole nautiche; b) al riconoscimento dei consorzi di scuole per conducenti di veicoli a motore; c) agli esami per il riconoscimento dell'idoneità degli insegnanti e istruttori di autoscuola; d) al rilascio di autorizzazione alle imprese di autoriparazione per l'esecuzione delle revisioni e al controllo amministrativo sulle imprese autorizzate; e) al controllo sull'osservanza delle tariffe obbligatorie a forcella nel settore dell'autotrasporto di cose per conto terzi; f) al rilascio di licenze per l'autotrasporto di merci per conto proprio; g) agli esami per il conseguimento dei titoli professionali di autotrasportatore di merci per conto terzi e di autotrasporto di persone su strada e dell'idoneità ad attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto su strada; h) alla tenuta degli albi provinciali, quali articolazioni dell'albo nazionale degli autotrasportatori. 4. Sono, inoltre, delegate alle regioni ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni relative alle deroghe alle distanze legali per costruire manufatti entro la fascia di rispetto delle linee e infrastrutture di trasporto, escluse le strade e le autostrade. 5. In materia di trasporto pubblico locale, le regioni e gli enti locali conservano le funzioni ad essi conferite o delegate dagli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. 6. Per lo svolgimento di compiti conferiti in materia di diporto nautico e pesca marittima le regioni e gli enti locali si avvalgono degli uffici delle capitanerie di porto. 7. L'attività di escavazione dei fondali dei porti è svolta dalle autorità portuali o, in mancanza, è conferita alle regioni. Alla predetta attività si provvede mediante affidamento a soggetti privati scelti attraverso procedura di gara pubblica.

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Art. 106. Riordino e soppressione di strutture

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione dello Stato competenti in materia di trasporti e demanio marittimo e, in particolare: a) il comitato centrale e i comitati provinciali per l'albo degli autotrasportatori; b) gli uffici della Motorizzazione civile e i centri prova autoveicoli; c) la Direzione generale del lavoro marittimo e portuale; d) la Direzione generale del demanio marittimo. 2. è soppresso il Servizio escavazione porti. Il relativo personale, è trasferito ai sensi del comma 2 dell'articolo 9, per essere impiegato nelle mansioni relative alle funzioni di cui alla lettera z) del comma 1 dell'articolo 104 e alla lettera e) del comma 2 dell'articolo 105.

Capo VIII Protezione civile

Art. 107. Funzioni mantenute allo Stato

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi: a) all'indirizzo, promozione e coordinamento delle attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, delle comunità montane, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale in materia di protezione civile; b) alla deliberazione e alla revoca, d'intesa con le regioni interessate, dello stato di emergenza al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225; c) alla emanazione, d'intesa con le regioni interessate, di ordinanze per l'attuazione di interventi di emergenza, per evitare situazioni di pericolo, o maggiori danni a persone o a cose, per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi e nelle quali è intervenuta la dichiarazione di stato di emergenza di cui alla lettera b); d) alla determinazione dei criteri di massima di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225; e) alla fissazione di norme generali di sicurezza per le attività industriali, civili e commerciali; f) alle funzione operative riguardanti: 1) gli indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio; 2) la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione; 3) il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e lo spegnimento degli incendi e lo spegnimento con mezzi aerei degli incendi boschivi; 4) lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative ai piani nazionali di emergenza; g) la promozione di studi sulla previsione e la prevenzione dei rischi naturali ed antropici. 2. Le funzioni di cui alle lettere a), d), e), e al numero 1) della lettera f) del comma 1, sono esercitate attraverso intese nella Conferenza unificata.

Art. 108. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali

1. Tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate nelle disposizioni dell'articolo 107 sono conferite alle regioni e agli enti locali e tra queste, in particolare: a) sono attribuite alle regioni le funzioni relative: 1) alla predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli

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indirizzi nazionali; 2) all'attuazione di interventi urgenti in caso di crisi determinata dal verificarsi o dall'imminenza di eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, avvalendosi anche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; 3) agli indirizzi per la predisposizione dei piani provinciali di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992; 4) all'attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi; 5) allo spegnimento degli incendi boschivi, fatto salvo quanto stabilito al punto 3) della lettera f) del comma 1 dell'articolo 107; 6) alla dichiarazione dell'esistenza di eccezionale calamità o avversità atmosferica, ivi compresa l'individuazione dei territori danneggiati e delle provvidenze di cui alla legge 14 febbraio 1992, n. 185; 7) agli interventi per l'organizzazione e l'utilizzo del volontariato. b) sono attribuite alle province le funzioni relative: 1) all'attuazione, in ambito provinciale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l'adozione dei connessi provvedimenti amministrativi; 2) alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali; 3) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225; c) sono attribuite ai comuni le funzioni relative: 1) all'attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali; 2) all'adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla preparazione all'emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale; 3) alla predisposizione dei piani comunali e/o intercomunali di emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, e, in ambito montano, tramite le comunità montane, e alla cura della loro attuazione, sulla base degli indirizzi regionali; 4) all'attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e degli interventi urgenti necessari a fronteggiare l'emergenza; 5) alla vigilanza sull'attuazione, da parte delle strutture locali di protezione civile, dei servizi urgenti; 6) all'utilizzo del volontariato di protezione civile a livello comunale e/o intercomunale, sulla base degli indirizzi nazionali e regionali.

Art. 109. Riordino di strutture e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco

1. Nell'ambito del riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi, in particolare: a) il Consiglio nazionale per la protezione civile; b) il Comitato operativo della protezione civile. 2. Con uno o più decreti da emanarsi ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al riordino delle seguenti strutture: a) Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi presso il Ministero dell'interno; b) Corpo nazionale dei vigili del fuoco; c) Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Capo IX Disposizioni finali

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Art. 110. Riordino dell'ANPA

1. Ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono ridefiniti gli organi dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) prevedendo il coinvolgimento delle regioni, ai fini di garantire il sistema nazionale dei controlli in materia ambientale.

Art. 111. Servizio meteorologico nazionale distribuito

1. Per lo svolgimento di compiti conoscitivi tecnico-scientifici ed operativi nel campo della meteorologia, è istituito, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Servizio meteorologico nazionale distribuito, cui è riconosciuta autonomia scientifica, tecnica ed amministrativa, costituito dagli organi statali competenti in materia e dalle regioni ovvero da organismi regionali da esse designati.

3. Con i decreti legislativi da emanarsi ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti la composizione ed i compiti del consiglio direttivo del Servizio meteorologico nazionale distribuito con la presenza paritetica di rappresentanti degli organismi statali competenti e delle regioni ovvero degli organismi regionali, nonché del comitato scientifico costituito da esperti nella materia designati dalla Conferenza unificata su proposta del consiglio direttivo. Con i medesimi decreti è disciplinata l'organizzazione del servizio che sarà comunque articolato per ogni regione da un servizio meteorologico operativo coadiuvato da un ente tecnico centrale.

Titolo IV

SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA COMUNITÀ Capo I

Tutela della salute Art. 112. Oggetto

1. Il presente capo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi in tema di "salute umana" e di "sanità veterinaria". 2. Restano esclusi dalla disciplina del presente capo le funzioni e i compiti amministrativi concernenti le competenze sanitarie e medico- legali delle forze armate, dei corpi di polizia, del Corpo dei vigili del fuoco, delle Ferrovie dello Stato. 3. Resta invariato il riparto di competenze tra Stato e regioni stabilito dalla vigente normativa in materia sanitaria per le funzioni concernenti: a) le sostanze stupefacenti e psicotrope e la tossicodipendenza; b) la procreazione umana naturale ed assistita; c) i rifiuti speciali derivanti da attività sanitarie, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; d) la tutela sanitaria rispetto alle radiazioni ionizzanti, di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230; e) la dismissione dell'amianto, di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257; f) il sangue umano e i suoi componenti, la produzione di plasmaderivati ed i trapianti; g) la sorveglianza ed il controllo di epidemie ed epizozie di dimensioni nazionali o internazionali; h) la farmacovigilanza e farmacoepidemiologia nonchè la rapida allerta sui prodotti irregolari; i) l'impiego confinato e la emissione deliberata nell'ambiente di microrganismi geneticamente modificati.

Art. 113. Definizioni

1. Ai sensi del presente decreto legislativo attengono alla tutela della salute umana le funzioni e i compiti rivolti alla promozione, alla prevenzione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e

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psichica della popolazione, nonchè al perseguimento degli obiettivi del Servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 2. Attengono alla sanità veterinaria, ai sensi del presente decreto legislativo, le funzioni e i compiti relativi agli interventi profilattici e terapeutici riguardanti la salute animale, nonchè la salubrità dei prodotti di origine animale. 3. In particolare, attengono alle funzioni e ai compiti di cui ai commi 1 e 2: a) la profilassi e la cura relative alle malattie umane e animali, ivi comprese le misure riguardanti gli scambi intracomunitari, fermo restando il disposto dell'articolo 1, comma 3, lettera i), della legge 15 marzo 1997, n. 59; b) le funzioni di igiene pubblica; c) l'igiene e il controllo dei prodotti alimentari, ivi compresi i prodotti dietetici e i prodotti destinati a una alimentazione particolare, nonchè gli alimenti di origine animale e i loro sottoprodotti; d) la disciplina delle professioni sanitarie; e) la disciplina di medicinali, farmaci, gas medicinali, presidi medico-chirurgici e dispositivi medici, anche ad uso veterinario; f) la tutela sanitaria della riproduzione animale; g) la disciplina dei prodotti cosmetici.

Art. 114. Conferimenti alle regioni

1. Sono conferiti alle regioni, secondo le modalità e le regole fissate dagli articoli del presente capo, tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana e sanità veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato. 2. I conferimenti di cui al presente capo si intendono effettuati come trasferimenti, con la sola esclusione delle funzioni e dei compiti amministrativi concernenti i prodotti cosmetici, effettuati a titolo di delega.

Art. 115. Ripartizione delle competenze

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59 sono conservati allo Stato i seguenti compiti e funzioni amministrative: a) l'adozione, d'intesa con la Conferenza unificata, del piano sanitario nazionale, l'adozione dei piani di settore aventi rilievo ed applicazione nazionali, nonchè il riparto delle relative risorse alle regioni, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; b) l'adozione di norme, linee-guida e prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria relative ad attività, strutture, impianti, laboratori, officine di produzione, apparecchi, modalità di lavorazione, sostanze e prodotti, ivi compresi gli alimenti; c) la formazione, l'aggiornamento, le integrazioni e le modifiche delle tabelle e degli elenchi relativi a sostanze o prodotti la cui produzione, importazione, cessione, commercializzazione o impiego sia sottoposta ad autorizzazioni, nulla osta, assensi comunque denominati, obblighi di notificazione, restrizioni o divieti; d) l'approvazione di manuali e istruzioni tecniche su tematiche di interesse nazionale; e) lo svolgimento di ispezioni, anche mediante l'accesso agli uffici e alla documentazione, nei confronti degli organismi che esercitano le funzioni e i compiti amministrativi conferiti; f) la definizione dei criteri per l'esercizio delle attività sanitarie ed i relativi controlli ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni e del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario n. 42 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 20 febbraio 1997, recante l'approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e

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private; g) la definizione di un modello di accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private. 2. Nelle materie di cui all'articolo 112 sono conferiti tutte le funzioni e i compiti amministrativi non compresi nel comma 1 del presente articolo nè disciplinati dagli articoli seguenti del presente capo, ed in particolare quelli concernenti: a) l'approvazione dei piani e dei programmi di settore non aventi rilievo e applicazione nazionale; b) l'adozione dei provvedimenti puntuali e l'erogazione delle prestazioni; c) la verifica della conformità rispetto alla normativa nazionale e comunitaria di attività, strutture, impianti, laboratori, officine di produzione, apparecchi, modalità di lavorazione, sostanze e prodotti, ai fini del controllo preventivo, salvo quanto previsto al comma 3 del presente articolo, nonchè la vigilanza successiva, ivi compresa la verifica dell'applicazione della buona pratica di laboratorio; d) le verifiche di conformità sull'applicazione dei provvedimenti di cui all'articolo 119, comma 1, lettera d). 3. Il conferimento delle funzioni di verifica delle conformità di cui al comma 2 ha effetto dopo un anno dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo. Entro tale termine, con decreto legislativo da emanarsi ai sensi dell'articolo 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuati gli adempimenti affidabili ad idonei organismi privati, abilitati dall'autorità competente, nonchè quelli che, per caratteristiche tecniche e finalità, devono restare di competenza degli organi centrali. 4. La costituzione di scorte di medicinali di uso non ricorrente, sieri, vaccini e presidi profilattici può essere effettuata dall'autorità statale o da quella regionale. Lo Stato assicura il coordinamento delle diverse iniziative, anche attraverso gli strumenti informativi di cui all' articolo 118, ai fini della economicità nella costituzione delle scorte e, di conseguenza, del loro utilizzo in comune. 5. Restano riservate allo Stato le competenze di cui agli articoli 10, commi 2, 3 e 4, e 14, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, 502, e successive modifiche e integrazioni, le attribuzioni del livello centrale in tema di sperimentazioni gestionali di cui all'articolo 9-bis dello stesso decreto, nonchè quelle di cui all'articolo 32 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

Art. 116. Pianificazione

1. L'individuazione degli obiettivi essenziali e dei criteri comuni di azione amministrativa relativi ai piani e programmi di settore adottati dalle regioni è operata con atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nel rispetto dei piani e programmi di cui all'articolo 115, comma 1, lettera a) del presente decreto legislativo. 2. Le funzioni già esercitate da commissioni e organismi ministeriali, anche a composizione mista o paritetica con altre amministrazioni, in relazione ai piani e programmi di settore conferiti alle regioni, sono soppresse. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, è operato il riordino delle medesime commissioni e organismi, provvedendo alla relativa soppressione nei casi in cui non permangano funzioni residue.

Art. 117. Interventi d'urgenza

1. In caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 2. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del comma 1.

Art. 118. Attività di informazione

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1. In relazione alle funzioni conferite ai sensi del presente capo restano allo Stato le funzioni e i compiti amministrativi concernenti: a) la raccolta e lo scambio di informazioni ai fini del collegamento con l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), le altre organizzazioni internazionali e gli organismi comunitari; b) la gestione del Sistema informativo sanitario (SIS) per quanto concerne le competenze statali, nonchè il coordinamento dei Sistemi informativi regionali, in connessione con gli osservatori regionali, con altri organismi pubblici e privati; in particolare, rimangono salve le competenze dell'Osservatorio centrale degli acquisti e dei prezzi, di cui all'articolo 1, comma 30, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; c) l'analisi statistica e la diffusione dei dati ISTAT-SIS-SISTAN, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59; d) la redazione delle relazioni da presentarsi al Parlamento e le altre relazioni o rapporti di carattere nazionale; e) il coordinamento informativo e statistico relativo alle funzioni e ai compiti conferiti; a tal fine i soggetti destinatari del conferimento sono tenuti a comunicare alla competente autorità statale, con aggiornamento periodico o comunque a richiesta, le principali informazioni concernenti l'attività svolta, con particolare riferimento alle prestazioni erogate, nonchè all'insorgenza e alla diffusione di malattie umane o animali; f) la predisposizione dello schema di decreto di cui al comma 5 dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni. 2. Sono conferite alle regioni tutte le funzioni amministrative concernenti la pubblicità sanitaria, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 175, ad esclusione delle funzioni di cui agli articoli 7 e 9 della stessa legge, conservate allo Stato.

Art. 119. Autorizzazioni

1. Sono conservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti: a) l'autorizzazione alla produzione, importazione e immissione in commercio di medicinali, gas medicinali, presidi medico-chirurgici, prodotti alimentari destinati ad alimentazioni particolari e dispositivi medici, anche ad uso veterinario, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46; b) l'autorizzazione alla produzione, importazione e immissione in commercio dei prodotti fitosanitari e dei relativi presidi sanitari; c) l'autorizzazione alla importazione o esportazione di sostanze o preparati chimici vietati o sottoposti a restrizioni; d) l'autorizzazione alla pubblicità ed informazione scientifica di medicinali e presidi medico-chirurgici, dei dispositivi medici in commercio e delle caratteristiche terapeutiche delle acque minerali. 2. Sono conservate allo Stato le funzioni amministrative relative alle attività sottoelencate. Lo svolgimento di dette attività si intende autorizzato, conformemente alla disciplina prevista dall'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, qualora non sia comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine pure di seguito indicato: a) produzione a scopo di vendita o preparazione per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo di mangimi contenenti integratori o integratori medicati, di cui all'articolo 6 della legge 15 febbraio 1963, n. 281. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la domanda di autorizzazione si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine di novanta giorni, salva la fissazione di un termine minore con regolamento da emanarsi ai sensi del citato articolo 20; b) produzione a scopo di vendita o preparazione per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, di integratori o integratori medicati per mangimi, di cui all'articolo 7 della legge 15 febbraio 1963, n. 281. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la domanda di

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autorizzazione si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine di novanta giorni, salva la fissazione di un termine minore con regolamento da emanarsi ai sensi del citato articolo 20; c) vendita di ogni singolo integratore e integratore medicato per mangimi, sia di fabbricazione nazionale che di importazione di cui all'articolo 8 della legge 15 febbraio 1963, n. 281. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la domanda di autorizzazione si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine di sessanta giorni, salva la fissazione di un termine minore con regolamento da emanarsi ai sensi del citato articolo 20.

Art. 120. Prestazioni e tariffe

1. Rimangono ferme le attuali competenze dello Stato concernenti: a) la classificazione dei medicinali ai fini della loro erogazione da parte del Servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, all'articolo 1, comma 2, del decreto- legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1996, n. 425, e all'articolo 1, comma 42, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; b) la contrattazione, di cui all'articolo 1, comma 41, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dei prezzi dei medicinali sottoposti alla procedura di autorizzazione prevista dal regolamento 93/2309/CEE; c) il regime di rimborsabilità dei medicinali autorizzati con procedura centralizzata, di cui alla direttiva 65/65/CEE; d) la predisposizione e l'aggiornamento dell'elenco dei medicinali innovativi da porre a carico del Servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto- legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648; e) la determinazione delle ipotesi e delle modalità per l'erogazione di prodotti dietetici a carico del Servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 1 del decreto- legge 25 gennaio 1982, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 25 marzo 1982, n. 98; f) l'approvazione del nomenclatore tariffario protesi, sentita la Conferenza Stato-regioni; g) la definizione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni, di cui all'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; la definizione dei massimi tariffari, di cui all'articolo 2, comma 9, della legge 28 dicembre 1995, n. 549; l'individuazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di cui al medesimo articolo 2, comma 9; h) l'assistenza penitenziaria; l'assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 618, all'articolo 2, ultimo comma, del decreto-legge 8 maggio 1981, n. 208, convertito con modificazioni dalla legge 1 luglio 1981, n. 344, e all'articolo 18, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; l'assistenza al personale navigante marittimo e della aviazione civile, nonchè le forme convenzionali di assistenza sanitaria all'estero per il personale delle pubbliche amministrazioni; i) la determinazione dei criteri di fruizione di prestazioni ad altissima specializzazione all'estero, di cui all'articolo 3, comma 5, della legge 23 ottobre 1985, n. 595; l) le autorizzazioni e i rimborsi relativi al trasferimento per cura in Italia di cittadini stranieri residenti all'estero, di cui all'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; m) le tariffe relative alle prestazioni sanitarie a favore degli stranieri, nonchè la loro iscrizione volontaria od obbligatoria al Servizio sanitario nazionale.

Art. 121. Vigilanza su enti

1. Sono conservate allo Stato le funzioni di vigilanza e controllo sugli enti pubblici e privati che operano su scala nazionale o ultraregionale, ivi compresi gli ordini e collegi professionali. In

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particolare, spettano allo Stato le funzioni di approvazione degli statuti e di autorizzazione a modifiche statutarie nei confronti degli enti summenzionati. 2. Ferme restando le competenze regionali aventi ad oggetto l'attività assistenziale degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e le attività degli istituti zooprofilattici sperimentali, sono conservati allo Stato il riconoscimento, il finanziamento, la vigilanza ed il controllo, in particolare sull'attività di ricerca corrente e finalizzata, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati e degli istituti zooprofilattici sperimentali. 3. La definizione, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle attività di alta specialità e dei requisiti necessari per l'esercizio delle stesse, nonchè il riconoscimento degli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione e la relativa vigilanza sono di competenza dello Stato. Restano ferme le competenze relative all'approvazione dei regolamenti degli enti di assistenza ospedaliera a norma dell'articolo 4, comma 12, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni, nonchè quelle previste dallo stesso articolo 4, comma 13. 4. Spettano alle regioni le funzioni di vigilanza e controllo sugli enti pubblici e privati che operano a livello infraregionale, nonchè quelle già di competenza delle regioni sulle attività di servizio rese dalle articolazioni periferiche degli enti nazionali.

Art. 122. Vigilanza sui fondi integrativiStato-regioni

1. Spetta allo Stato la vigilanza sui fondi integrativi sanitari, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, istituiti e gestiti a livello ultraregionale. 2. è conferita alle regioni la vigilanza sui medesimi fondi istituiti e gestiti a livello regionale o infraregionale.

Art. 123. ContenziosoStato-regioni

************************ 1. Sono conservate allo Stato le funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. ********************************** 2. Restano altresì salve le funzioni della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui al decreto del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, e al decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221, nonchè le funzioni contenziose della Commissione medica d'appello avverso i giudizi di inidoneità permanente al volo, di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1988, n. 566. 3. Sono inoltre conservate le funzioni consultive esercitate dall'ufficio medico legale del Ministero della sanità nei ricorsi amministrativi o giurisdizionali in materia di pensioni di guerra e di servizio e nelle procedure di riconoscimento di infermità da causa di servizio.

Art. 124. Professioni sanitarie

1. Sono conservate allo Stato le seguenti funzioni amministrative: a) la disciplina delle attività libero-professionali e delle relative incompatibilità, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e dell'articolo 1, comma 14, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; b) la determinazione delle figure professionali e dei relativi profili delle professioni sanitarie, sanitarie ausiliarie e delle arti sanitarie, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; c) gli adempimenti in materia di riconoscimento dei diplomi ed esercizio delle professioni sanitarie, sanitarie ausiliarie ed arti sanitarie da parte di cittadini degli Stati membri dell'Unione europea;

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d) il riconoscimento dei diplomi per l'esercizio delle professioni suddette, conseguiti da cittadini italiani in paesi extracomunitari, ai sensi della legge 8 novembre 1984, n. 752; e) la programmazione del fabbisogno per le specializzazioni mediche e la relativa formazione, di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256, e al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, ivi compresa l'erogazione delle borse di studio e la determinazione dei requisiti di idoneità delle strutture ove viene svolta la formazione specialistica, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni; f) la determinazione dei requisiti minimi e dei criteri generali relativi all'ammissione all'impiego del personale delle aziende USL e ospedaliere, nonchè al conferimento degli incarichi dirigenziali d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. 2. È trasferito alle regioni il riconoscimento del servizio sanitario prestato all'estero ai fini della partecipazione ai concorsi indetti a livello regionale ed infraregionale, ed ai fini dell'accesso alle convenzioni con le USL per l'assistenza generica e specialistica, di cui alla legge 10 luglio 1960, n. 735, e all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761.

Art. 125. Ricerca scientifica

1. Sono mantenute allo Stato le funzioni amministrative in materia di ricerca scientifica, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera p), della legge 15 marzo 1997, n. 59, tra cui quelle concernenti: a) la sperimentazione clinica di medicinali, presidi medico-chirurgici, dispositivi medici, nonchè la protezione e tutela degli animali impiegati a fini scientifici e sperimentali; b) la cooperazione scientifica internazionale.

Art. 126. Profilassi internazionale

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera i), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono mantenute allo Stato, anche avvalendosi delle aziende USL sulla base di apposito accordo definito in sede di Conferenza unificata, le funzioni amministrative in materia di profilassi internazionale, con particolare riferimento ai controlli igienico-sanitari alle frontiere, ai controlli sanitari delle popolazioni migranti, nonchè ai controlli veterinari infracomunitari e di frontiera.

Art. 127. Riordino di strutture

1. Ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al riordino dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio superiore di sanità, dell'Istituto superio re di prevenzione e sicurezza del lavoro.

Capo II Servizi sociali

Art. 128. Oggetto e definizioni

1. Il presente capo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei "servizi sociali". 2. Ai sensi del presente decreto legislativo, per "servizi sociali" si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonchè quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.

Art. 129. Competenze dello Stato

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1. Ai sensi dell'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono conservate allo Stato le seguenti funzioni: a) la determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale; b) la determinazione dei criteri generali per la programmazione della rete degli interventi di integrazione sociale da attuare a livello locale; c) la determinazione degli standard dei servizi sociali da ritenersi essenziali in funzione di adeguati livelli delle condizioni di vita; d) compiti di assistenza tecnica, su richiesta dagli enti locali e territoriali, nonchè compiti di raccordo in materia di informazione e circolazione dei dati concernenti le politiche sociali, ai fini della valutazione e monitoraggio dell'efficacia della spesa per le politiche sociali; e) la determinazione dei criteri per la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali secondo le modalità di cui all'articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 133, comma 4, del presente decreto legislativo; f) i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento dei rapporti con gli organismi dell'Unione europea operanti nei settori delle politiche sociali e gli adempimenti previsti dagli accordi internazionali e dalla normativa dell'Unione europea; g) la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sociali nonchè le disposizioni generali concernenti i requisiti per l'accesso e la durata dei corsi di formazione professionale; h) gli interventi di prima assistenza in favore dei profughi, limitatamente al periodo necessario alle operazioni di identificazione ed eventualmente fino alla concessione del permesso di soggiorno, nonchè di ricetto ed assistenza temporanea degli stranieri da respingere o da espellere; i) la determinazione degli standard organizzativi dei soggetti pubblici e privati e degli altri organismi che operano nell'ambito delle attività sociali e che concorrono alla realizzazione della rete dei servizi sociali; l) le attribuzioni in materia di riconoscimento dello status di rifugiato ed il coordinamento degli interventi in favore degli stranieri richiedenti asilo e dei rifugiati, nonchè di quelli di protezione umanitaria per gli stranieri accolti in base alle disposizioni vigenti; m) gli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata; le misure di protezione degli appartenenti alle Forze armate e di polizia o a Corpi militarmente organizzati e loro familiari; n) la revisione delle pensioni, assegni e indennità spettanti agli invalidi civili e la verifica dei requisiti sanitari che hanno dato luogo a benefici economici di invalidità civile. 2. Le competenze previste dal comma 1, lettere d) e g) del presente articolo sono esercitate sulla base di criteri e parametri individuati dalla Conferenza unificata. Le competenze previste dalle lettere b), c) ed i) del medesimo comma 1 sono esercitate sentita la Conferenza unificata.

Art. 130. Trasferimenti di competenze relative agli invalidi civili

1. A decorrere dal centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, la funzione di erogazione di pensioni, assegni e indennità spettanti, ai sensi della vigente disciplina, agli invalidi civili è trasferita ad un apposito fondo di gestione istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS). 2. Le funzioni di concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili sono trasferite alle regioni, che, secondo il criterio di integrale copertura, provvedono con risorse proprie alla eventuale concessione di benefici aggiuntivi rispetto a quelli determinati con legge dello Stato, per tutto il territorio nazionale. 3. Fermo restando il principio della separazione tra la fase dell'accertamento sanitario e quella della concessione dei benefici economici, di cui all'articolo 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nei procedimenti giurisdizionali ed esecutivi, relativi alla concessione delle prestazioni e dei servizi, attivati a decorrere dal termine di cui al comma 1 del presente articolo, la legittimazione passiva

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spetta alle regioni ove il procedimento abbia ad oggetto le provvidenze concesse dalle regioni stesse ed all'INPS negli altri casi, anche relativamente a provvedimenti concessori antecedenti al termine di cui al medesimo comma 1. 4. Avverso i provvedimenti di concessione o diniego è ammesso ricorso amministrativo, secondo la normativa vigente in materia di pensione sociale, ferma restante la tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario.

Art. 131. Conferimenti alle regioni e agli enti locali

1. Sono conferiti alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni e i compiti amministrativi nella materia dei "servizi sociali", salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato dall'articolo 129 e quelli trasferiti all'INPS ai sensi dell'articolo 130. 2. Nell'ambito delle funzioni conferite sono attribuiti ai comuni, che le esercitano anche attraverso le comunità montane, i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, nonchè i compiti di progettazione e di realizzazione della rete dei servizi sociali, anche con il concorso delle province.

Art. 132. Trasferimento alle regioni

1. Le regioni adottano, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro sei mesi dall'emanazione del presente decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate ai comuni ed agli enti locali e di quelle mantenute in capo alle regioni stesse. In particolare la legge regionale conferisce ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali relativi a: a) i minori, inclusi i minori a rischio di attività criminose; b) i giovani; c) gli anziani; d) la famiglia; e) i portatori di handicap, i non vedenti e gli audiolesi; f) i tossicodipendenti e alcooldipendenti; g) gli invalidi civili, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 130 del presente decreto legislativo. 2. Sono trasferiti alle regioni, che provvederanno al successivo conferimento alle province, ai comuni ed agli altri enti locali nell'ambito delle rispettive competenze, le funzioni e i compiti relativi alla promozione ed al coordinamento operativo dei soggetti e delle strutture che agiscono nell'ambito dei "servizi sociali", con particolare riguardo a: a) la cooperazione sociale; b) le istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza (IPAB); c) il volontariato.

Art. 133. Fondo nazionale per le politiche sociali

1. Il Fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dall'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è denominato "Fondo nazionale per le politiche sociali". 2. Confluiscono nel Fondo nazionale per le politiche sociali le risorse statali destinate ad interventi in materia di "servizi sociali", secondo la definizione di cui all'articolo 128 del presente decreto legislativo. 3. In particolare, ad integrazione di quanto già previsto dall'articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono destinati al Fondo nazionale per le politiche sociali gli stanziamenti previsti per gli interventi disciplinati dalla legge 23 dicembre 1997, n. 451 e quelli del Fondo nazionale per le politiche migratorie di cui all'articolo 43 della legge 6 marzo 1998, n. 40.

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4. All'articolo 59, comma 46, penultima proposizione, della predetta legge 27 dicembre 1997, n. 449, dopo le parole «sentiti i Ministri interessati» sono inserite le parole «e la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».

Art. 134. Soppressione delle strutture ministeriali

1. Presso la direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno è soppresso il servizio assistenza economica alle categorie protette e sono riordinati, con le modalità di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, i servizi interventi di assistenza sociale, affari assistenziali speciali, gestioni contabili.

Capo III Istruzione scolastica

Art. 135. Oggetto

1. Il presente capo ha come oggetto la programmazione e la gestione amministrativa del servizio scolastico, fatto salvo il trasferimento di compiti alle istituzioni scolastiche previsto dall'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Art. 136. Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto legislativo, per programmazione e gestione amministrativa del servizio scolastico si intende l'insieme delle funzioni e dei compiti volti a consentire la concreta e continua erogazione del servizio di istruzione. 2. Tra le funzioni e i compiti di cui al comma 1 sono compresi, tra l'altro: a) la programmazione della rete scolastica; b) l'attività di provvista delle risorse finanziarie e di personale; c) l'autorizzazione, il controllo e la vigilanza relativi ai vari soggetti ed organismi, pubblici e privati, operanti nel settore; d) la rilevazione delle disfunzioni e dei bisogni, strumentali e finali, sulla base dell'esperienza quotidiana del concreto funzionamento del servizio, le correlate iniziative di segnalazione e di proposta; e) l'adozione, nel quadro dell'organizzazione generale ed in attuazione degli obiettivi determinati dalle autorità preposte al governo del servizio, di tutte le misure di organizzazione amministrativa necessarie per il suo migliore andamento.

Art. 137. Competenze dello Stato

1. Restano allo Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, i compiti e le funzioni concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, le funzioni di valutazione del sistema scolastico, le funzioni relative alla determinazione e all'assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale alle istituzioni scolastiche, le funzioni di cui all'articolo 138, comma 3, del presente decreto legislativo. 2. Restano altresì allo Stato i compiti e le funzioni amministrative relativi alle scuole militari ed ai corsi scolastici organizzati, con il patrocinio dello Stato, nell'ambito delle attività attinenti alla difesa e alla sicurezza pubblica, nonchè i provvedimenti relativi agli organismi scolastici istituiti da soggetti extracomunitari, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389.

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Art. 138. Deleghe alle regioni

1. Ai sensi dell'articolo 118, comma secondo, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative: a) la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b) la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a); c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; d) la determinazione del calendario scolastico; e) i contributi alle scuole non statali; f) le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite. 2. La delega delle funzioni di cui al comma 1 opera dal secondo anno scolastico immediatamente successivo alla data di entrata in vigore del regolamento di riordino delle strutture dell'amministrazione centrale e periferica, di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 3. Le deleghe di cui al presente articolo non riguardano le funzioni relative ai conservatori di musica, alle accademie di belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche, all'accademia nazionale d'arte drammatica, all'accademia nazionale di danza, nonchè alle scuole ed alle istituzioni culturali straniere in Italia.

Art. 139. Trasferimenti alle province ed ai comuni

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 137 del presente decreto legislativo, ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione sono attribuiti alle province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti: a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d'intesa con le istituzioni scolastiche; e) la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; f) le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite; g) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale. 2. I comuni, anche in collaborazione con le comunità montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano, anche d'intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a: a) educazione degli adulti; b) interventi integrati di orientamento scolastico e professionale; c) azioni tese a realizzare le pari opportunità di istruzione; d) azioni di supporto tese a promuovere e sostenere la coerenza e la continuità in verticale e orizzontale tra i diversi gradi e ordini di scuola; e) interventi perequativi; f) interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute. 3. La risoluzione dei conflitti di competenze è conferita alle province, ad eccezione dei conflitti tra istituzioni della scuola materna e primaria, la cui risoluzione è conferita ai comuni.

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Capo IV Formazione professionale

Art. 140. O g g e t t o

1. Il presente capo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi in materia di "formazione professionale", ad esclusione di quelli concernenti la formazione professionale di carattere settoriale oggetto di apposita regolamentazione in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettere s) e t), della legge 15 marzo 1997, n. 59, anche in raccordo con quanto previsto dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, e dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469.

Art. 141. Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto legislativo, per "formazione professionale" si intende il complesso degli interventi volti al primo inserimento, compresa la formazione tecnico professionale superiore, al perfezionamento, alla riqualificazione e all'orientamento professionali, ossia con una valenza prevalentemente operativa, per qualsiasi attività di lavoro e per qualsiasi finalità, compresa la formazione impartita dagli istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di studio di durata quinquennale per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, la formazione continua, permanente e ricorrente e quella conseguente a riconversione di attività produttive. Detti interventi riguardano tutte le attività formative volte al conseguimento di una qualifica, di un diploma di qualifica superiore o di un credito formativo, anche in situazioni di alternanza formazione-lavoro. Tali interventi non consentono il conseguimento di un titolo di studio o di diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o postuniversitaria se non nei casi e con i presupposti previsti dalla legislazione dello Stato o comunitaria, ma sono comunque certificabili ai fini del conseguimento di tali titoli. 2. Agli stessi effetti rientra, fra le funzioni inerenti la materia, la vigilanza sull'attività privata di formazione professionale. 3. Sempre ai medesimi effetti la "istruzione artigiana e professionale" si identifica con la "formazione professionale". 4. Gli istituti professionali che devono essere trasferiti alle regioni sulla base di quanto previsto al comma 1 del presente articolo ed a norma dell'articolo 144, sono individuati con le procedura di cui al medesimo articolo 144, comma 2.

Art. 142. Competenze dello Stato

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono conservati allo Stato le funzioni e i compiti amministrativi inerenti a: a) i rapporti internazionali e il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea in materia di formazione professionale, nonchè gli interventi preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi contratti nella stessa materia a livello internazionale o delle Comunità; b) l'indirizzo e il coordinamento e le connesse attività strumentali di acquisizione ed elaborazione di dati e informazioni, utilizzando a tal fine anche il Sistema informativo lavoro previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469; c) l'individuazione degli standard delle qualifiche professionali, ivi compresa la formazione tecnica superiore e dei crediti formativi e delle loro modalità di certificazione, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196; d) la definizione dei requisiti minimi per l'accreditamento delle strutture che gestiscono la formazione professionale; e) le funzioni statali previste dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, in materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di formazione- lavoro; f) le funzioni statali previste dal decreto- legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con

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modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, in particolare per quanto concerne la formazione continua, l'analisi dei fabbisogni formativi e tutto quanto connesso alla ripartizione e gestione del Fondo per l'occupazione; g) il finanziamento delle attività formative del personale da utilizzare in programmi nazionali d'assistenza tecnica e cooperativa con i paesi in via di sviluppo; h) l'istituzione e il finanziamento delle iniziative di formazione professionale dei lavoratori italiani all'estero; i) l'istituzione e l'autorizzazione di attività formative idonee per il conseguimento di un titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o postuniversitaria, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e in particolare dei corsi integrativi di cui all'articolo 191, comma 6, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; l) la formazione professionale svolta dalle Forze armate e dai Corpi dello Stato militarmente organizzati e, in genere, dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, a favore dei propri dipendenti. 2. In ordine alle competenze mantenute in capo allo Stato dal comma 1 del presente articolo, ad esclusione della lettera l), la Conferenza Stato-regioni esercita funzioni di parere obbligatorio e di proposta. Sono svolti altresì dallo Stato, d'intesa con la Conferenza stessa, i seguenti compiti e funzioni: a) la definizione degli obiettivi generali del sistema complessivo della formazione professionale, in accordo con le politiche comunitarie; b) la definizione dei criteri e parametri per la valutazione quantiqualitativa dello stesso sistema e della sua coerenza rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a); c) l'approvazione e presentazione al Parlamento di una relazione annuale sullo stato e sulle prospettive dell'attività di formazione professionale, sulla base di quelle formulate dalle regioni con il supporto dell'ISFOL; d) la definizione, in sede di Conferenza unificata, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei programmi operativi multiregionali di formazione professionale di rilevanza strategica per lo sviluppo del paese. 3. Permangono immutati i compiti e le funzioni esercitati dallo Stato in ordine agli istituti professionali di cui al regio decreto 29 agosto 1941, n. 1449, e di cui agli articoli da 64 a 66 e da 68 a 71 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

Art. 143. Conferimenti alle regioni

1. Sono conferiti alle regioni, secondo le modalità e le regole fissate dall'articolo 145 tutte le funzioni e i compiti amministrativi nella materia "formazione professionale", salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato dall'articolo 142. Spetta alla Conferenza Stato-regioni la definizione degli interventi di armonizzazione tra obiettivi nazionali e regionali del sistema. 2. Al fine di assicurare l'integrazione tra politiche formative e politiche del lavoro la regione attribuisce, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera i), della legge 8 giugno 1990, n. 142, di norma alle province le funzioni ad essa trasferite in materia di formazione professionale.

Art. 144. Trasferimenti alle regioni

1. Sono trasferiti, in particolare, alle regioni, ai sensi dell'articolo 118, comma primo, della Costituzione: a) la formazione e l'aggiornamento del personale impiegato nelle iniziative di formazione professionale; b) le funzioni e i compiti attualmente svolti dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione nei confronti degli istituti professionali, trasferiti ai sensi del comma 2 del presente articolo, ivi compresi que lli concernenti l'istituzione, la vigilanza, l'indirizzo e il

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finanziamento, limitatamente alle iniziative finalizzate al rilascio di qualifica professionale e non al conseguimento del diploma. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica istruzione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanare entro sei mesi dall'approvazione del presente decreto legislativo, sono individuati e trasferiti alle regioni gli istituti professionali di cui all'articolo 141. 3. I trasferimenti hanno effetto dal secondo anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con la salvaguardia della prosecuzione negli studi degli alunni già iscritti nell'anno precedente. 4. Per effetto dei trasferimenti di cui alla lettera b) del comma 1 del presente articolo, gli istituti professionali assumono la qualifica di enti regionali. Ad essi si estende il regime di autonomia funzionale spettante alle istituzioni scolastiche statali, anche ai sensi degli articoli 21 e seguenti della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Art. 145. Modalità per il trasferimento di beni, risorse e personale

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettere b) ed e), e dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, rispettivamente, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ed il Ministro della pubblica istruzione, provvede con propri decreti a trasferire dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a seguito dell'attuazione del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e dal Ministero della pubblica istruzione alle regioni beni, risorse finanziarie, strumentali e organizzative, e personale nel rispetto dei seguenti criteri: a) i beni e le risorse da trasferire sono individuati in rapporto alle funzioni e ai compiti in precedenza svolti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dal Ministero della pubblica istruzione, e trasferiti dal presente decreto legislativo; b) il personale dirigenziale, docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario degli istituti professionali di cui all'articolo 144 è trasferito alle regioni. 2. Il decreto di cui al comma 1 è adottato entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo ed ha effetto con l'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 146.

Art. 146. Riordino di strutture

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), e dell'articolo 7, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro novanta giorni dalla adozione del decreto di cui all'articolo 145 del presente decreto legislativo, si provvede con regolamento, da emanarsi in base all'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, al riordino delle strutture ministeriali interessate dai conferimenti disposti dal presente capo.

Art. 147. Abrogazione di disposizioni

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 10; b) gli articoli 35 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; c) l'articolo 2, comma 1, e l'articolo 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845.

Capo V Beni e attività culturali

Art. 148. Definizioni

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1. Ai fini del presente decreto legislativo si intendono per: a) "beni culturali", quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge; b) "beni ambientali", quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell'ambiente nei suoi valori naturali o culturali; c) "tutela", ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali; d) "gestione", ogni attività diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione; e) "valorizzazione", ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione; f) "attività culturali", quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte; g) "promozione", ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali.

Art. 149. Funzioni riservate allo Stato

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono riservate allo Stato le funzioni e i compiti di tutela dei beni culturali la cui disciplina generale è contenuta nella legge 1 giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, e loro successive modifiche e integrazioni. 2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali concorrono all'attività di conservazione dei beni culturali. 3. Sono riservate allo Stato, in particolare, le seguenti funzioni e compiti: a) apposizione di vincolo, diretto e indiretto, di interesse storico o artistico e vigilanza sui beni vincolati; b) autorizzazioni, prescrizioni, divieti, approvazioni e altri provvedimenti, anche di natura interinale, diretti a garantire la conservazione, l'integrità e la sicurezza dei beni di interesse storico o artistico; c) controllo sulla circolazione e sull'esportazione dei beni di interesse storico o artistico ed esercizio del diritto di prelazione; d) occupazione d'urgenza, concessioni e autorizzazioni per ricerche archeologiche; e) espropriazione di beni mobili e immobili di interesse storico o artistico; f) conservazione degli archivi degli Stati italiani preunitari, dei documenti degli organi giudiziari e amministrativi dello Stato non più occorrenti alle necessità ordinarie di servizio, di tutti gli altri archivi o documenti di cui lo Stato abbia la disponibilità in forza di legge o di altro titolo; g) vigilanza sugli archivi degli enti pubblici e sugli archivi privati di notevole interesse storico, nonchè le competenze in materia di consultabilità dei documenti archivistici; h) le ulteriori competenze previste dalla legge 1º giugno 1939, n. 1089, e dal decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, e da altre leggi riconducibili al concetto di tutela di cui all'articolo 148 del presente decreto legislativo. 4. Spettano altresì allo Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, le seguenti funzioni e compiti: a) il controllo sulle esportazioni, ai sensi del regolamento CEE n. 3911/1992 del Consiglio del 9 dicembre 1992 e successive modificazioni; b) le attività dirette al recupero dei beni culturali usciti illegittimamente dal territorio nazionale, in attuazione della direttiva 93/7/CEE del Consiglio del 15 marzo 1993; c) la prevenzione e repressione di reati contro il patrimonio culturale e la raccolta e coordinamento delle informazioni relative; d) le funzioni relative a scuole e istituti nazionali di preparazione professionale operanti nel settore dei beni culturali nonchè la determinazione dei criteri generali sulla formazione professionale e l'aggiornamento del personale tecnico-scientifico, ferma restando l'autonomia delle università;

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e) la definizione, anche con la cooperazione delle regioni, delle metodologie comuni da seguire nelle attività di catalogazione, anche al fine di garantire l'integrazione in rete delle banche dati regionali e la raccolta ed elaborazione dei dati a livello nazionale; f) la definizione, anche con la cooperazione delle regioni, delle metodologie comuni da seguire nell'attività tecnico-scientifica di restauro. 5. Le regioni, le province e i comuni possono formulare proposte ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui al comma 3, lettere a) ed e), del presente articolo, nonchè ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione. Lo Stato puo' rinunciare all'acquisto ai sensi dell'articolo 31 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, trasferendo alla regione, provincia o comune interessati la relativa facoltà. 6. Restano riservate allo Stato le funzioni e i compiti statali in materia di beni ambientali di cui all'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, di conversione, con modificazioni, del decreto- legge 27 giugno 1985, n. 312.

Art. 150. La gestione

1. Una commissione paritetica, composta da cinque rappresentanti del Ministero per i beni culturali e ambientali e da cinque rappresentanti degli enti territoriali designati dalla Conferenza unificata, individua, ai sensi dell'articolo 17, comma 131, della legge 15 maggio 1997, n. 127, i musei o altri beni culturali statali la cui gestione rimane allo Stato e quelli per i quali essa è trasferita, secondo il principio di sussidiarietà, alle regioni, alle province o ai comuni. 2. La commissione è presieduta dal Ministro per i beni culturali e ambientali o da un Sottosegretario da lui delegato e conclude i lavori entro due anni con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'elenco dei musei o altri beni culturali di cui al comma 1. 3. La Commissione entro un anno dal suo insediamento formula una proposta di elenco sulla quale le commissioni di cui all' articolo 154 esprimono parere. 4. Il trasferimento della gestione ai sensi del comma 1, salve le funzioni e i compiti di tutela riservati allo Stato, riguarda, in particolare, l'autonomo esercizio delle attività concernenti: a) l'organizzazione, il funzionamento, la disciplina del personale, i servizi aggiuntivi, le riproduzioni e le concessioni d'uso dei beni; b) la manutenzione, la sicurezza, l'integrità dei beni, lo sviluppo delle raccolte museali; c) la fruizione pubblica dei beni, concorrendo al perseguimento delle finalità di valorizzazione di cui all'articolo 152, comma 3. 5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si provvede al trasferimento alle regioni, alle province o ai comuni della gestione dei musei o altri beni culturali indicati nell'elenco di cui al comma 2 del presente articolo, nonchè all'individuazione dei beni, delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire e loro ripartizione tra le regioni e tra regioni, province e comuni. 6. Con proprio decreto il Ministro per i beni culturali e ambientali definisce i criteri tecnico-scientifici e gli standard minimi da osservare nell'esercizio delle attività trasferite, in modo da garantire un adeguato livello di fruizione collettiva dei beni, la loro sicurezza e la prevenzione dei rischi. Con apposito protocollo tra il Ministro per i beni culturali e ambientali e l'ente locale cui è trasferita la gestione possono essere individuate ulteriori attività da trasferire. 7. Le regioni provvedono, con proprie norme, alla organizzazione, al funzionamento ed al sostegno dei musei o degli altri beni culturali la cui gestione è stata trasferita ai sensi del presente decreto legislativo. 8. Ai fini dell'individuazione di eventuali modifiche dell'elenco di cui al comma 2, la commissione paritetica può essere ricostituita, su iniziativa del Ministro per i beni culturali e ambientali o della Conferenza unificata, entro due anni dalla pubblicazione dell'elenco medesimo.

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Decreto Ministeriale 29 marzo 1999

"Introduzione di acido nucleico del virus dell'epatite C mediante la tecnica di amplificazione genica nel pool di plasma umano utilizzati per la produzione di emoderivati"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 87 del 15 Aprile 1999)

MINISTERO DELLA SANITÀ Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, così come modificato dal decreto legislativo 18 febbraio 1997, n. 44, relativo al «Recepimento delle direttive della Comunità economica europea in materia di specialitá medicinali»; Visti i decreti ministeriali del 22 aprile 1996, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale serie generale - n. 199 del 26 agosto 1966, concernenti rispettivamente procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue e plasma umani contenenti albumina; procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue e plasma umani contenenti fattori della coagulazione; procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue e plasma umani contenenti immunoglobuline normali e specifiche; Viste la linea-guida CPMP (Committee for proprietary medicinal products) BWP (Biotechnology working party) 390/97 e la linea-guida PA/PH/OMCL (Official medicines contro] laboraturies) (98) 22 relative, rispettivamente, all'introduzione e alla validazione delle metodiche di amplificazione degli acidi nucleici (NAT) per il rilevamento di acido ribonucleico del virus dell'epatite C (HCV-RNA) nei pool di plasma; Vista la proposta dell'Istituto superiore di sanità in data 7 agosto 1998; Visto il parere favorevole emesso dal Consiglio superiore di sanità nella seduta del 20 gennaio 1999. Considerato che la nuova monografia di Farmacopea europea sul plasma umano per frazionamento entrerà in vigore il 1º luglio 1999;

Decreta: Art. 1.

1. I lotti di prodotti emoderivati esaminati ed approvati successivamente al 30 giugno 1999, saranno prodotti da pool di plasma risultati negativi per HCV-RNA mediante tecnica di amplificazione genica, opportunamente aggiornata per sensibilitá e convalidata ai sensi dell'art. 2 del presente decreto. Dal 1º luglio 1999 i certificati di controllo di stato («batch release») sono emessi dall'Istituto superiore di sanità unicamente in presenza delle condizioni di cui al presente comma.

Art. 2. 1. Le aziende interessate forniscono all'Istituto Superiore di sanità, ai fini di una verifica delle procedure di convalida, informazioni dettagliate sul metodo di amplificazione genica utilizzato e sulla sua validazione, effettuata con l'impiego di preparati di riferimento di HCV-RNA calibrati in unità di misura internazionalmente riconosciute («Unità Internazionali»).

Art. 3. 1. I campioni di pool di plasma sono esaminati per la presenza di HCV-RNA dall'Istituto superiore di sanità in aggiunta ai controlli già previsti dai decreti ministeriali del 22 aprile 1996. I pool di plasma già saggiati da altre autorità di controllo di Stati membri dell'Unione europea e accompagnati da valida certificazione non sono riesaminati. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 29 marzo 1999

Il Ministro: BINDI

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Registrato alla Corte dei conti l'8 aprile 1999 Registro n. 1 Sanità. foglio n. 75

Provvedimento 5 maggio 1999

"Integrazione dell'allegato 1 al provvedimento della Commissione unica del farmaco del 31 dicembre 1997 concernente: "Riclassificazione di specialità medicinali appartenenti al

raggruppamento ai fattori di coagulazione VIIIº e IXº da plasma umano"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 180 el 3 agosto 1999) MINISTERO DELLA SANITÀ

IL DIRETTORE GENERALE del Dipartimento per la valutazione dei medic inali e la farmacovigilanza commissario ad acta Vista l'ordinanza n.º 3360/98 emessa dal T.A.R. Lazio, sez. l bis il 7 dicembre 1998 notificata all'Avvocatura generale dello Stato il 16 dicembre successivo e da questa trasmessa al Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza il 29 marzo 1999, con la quale in causa Istituto sierovaccinogeno italiano S.p.a. contro il Ministero della sanità, viene disposto che questa amministrazione esegua la precedente ordinanza 1782/98 emessa dalla medesima sez. l bis il 22 giugno 1998 - esecutiva per difetto di impugnativa - disponente "l'obbligo del Ministero di pronunciarsi esplicitamente sulle istanze della ricorrente" allo scopo nominando il direttore del Dipartimento - commissario ad acta; Visto il provvedimento della Commissione unica del farmaco (CUF) del 3l dicembre 1997 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1998, concernente "Riclassificazione di specialità medicinali appartenenti al raggruppamento ai fattori di coagulazione VIIIº e IXº da plasma umano" con il quale i fattori della coagulazione da plasma umano già classificati in classe a) con nota n.º 37 vengono rapportati al costo ex fabrica di L. 570 per U.I. per il fattore VIIIº e di L. 600 per U.I. per il fattore IXº operando, conseguentemente, il riallineamento delle specialità medicinali aventi prezzi superiori, senza alcuna pronuncia per le specialità "Emoclot D.I." ed "Aimafix D.I." di cui al dispositivo per le quali la società I.S.I. nel marzo e nel luglio 1997 aveva avanzato istanza di vedersi riconosciuto il prezzo ex fabrica di riferimento che si andava delineando nel corso dei lavori della CUF; Considerato che la CUF nella seduta del 28 aprile 1999, riesaminata l'intera vicenda, ha espresso parere favorevole all'accoglimento delle domande della società I.S.I.; Rilevato che la determinazione del costo ex fabrica comporta nella fissazione del prezzo del medicinale al pubblico la maggiorazione del coefficiente di 1,6504, I.V.A. compresa, come da procedimento di calcolo determinato dal C.I.P.E. con deliberazione dell'8 agosto 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.º 192 del 17 agosto 1996; Ritenuto che occorre integrare l'allegato 1 del citato provvedimento CUF del 31 dicembre 1997 con l'inserimento delle specialità medicinali "Emoclot D.I." nelle confezioni da 250, 500 e 1000 U.I. (fattore VIIIº) ed "Aimafix D.I." nelle confezioni da 200, 500 e 800 U.I. (fattore IXº); Visto il decreto-legge 20 giugno 1996, n.º 323, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1996, n.º 425, art. 1, comma 2; Visti gli atti;

Delibera: Art. 1.

Il provvedimento della Commissione unica del farmaco del 31 dicembre 1997 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 47 del 26 febbraio 1998, concernente: "Riclassificazione di specialità

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medicinali appartenenti al raggruppamento ai fattori di coagulazione VIII e IX da plasma umano", viene integrato con l'inclusione delle seguenti specialità medicinali delle quali è titolare di A.I.C. la società I.S.I., con sede in Castelvecchio Pascoli (Lucca):

Fattore Specialità Confezione A.I.C. Prezzo

precedente (lire)

Prezzo nuovo (lire)

Classe

VIIIº Emoclot D.I.

F. liof. 250 U.I. + solv. 5 ml

023564154 224.900 235.200 A37

VIIIº Emoclot D.I.

F. liof. 500 U.I. + solv. 10 ml

023564166 441.000 470.400 A37

VIIIº Emoclot D.I.

F. liof. 1000 U.I. + solv. 10 ml

023564178 864.700 940.700 A37

IXº Aimafix D.I.

Flac. liof. 200 U.I. + solv.

025841077 189.100 198.000 A37

IXº Aimafix D.I.

Flac. liof. 500 U.I. + solv.

025841089 472.800 495.100 A37

IXº Aimafix D.I.

Flac. liof. 800 U.I. + solv.

025841091 745.900 792.200 A37

Art. 2. Il presente provvedimento sarà trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione, ed entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 5 maggio 1999

Il direttore generale commissario ad acta: Martini Registrato alla Corte dei conti il 7 luglio 1999 Registro n. 2 Sanità, foglio n. 32

Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 282

"Disposizioni per garantire la riservatezza dei dati personali in ambito sanitario"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.º 191 del 16 agosto 1999)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni ed integrazioni;

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Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 676, recante delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali e le raccomandazioni del Consiglio d'Europa ivi citate; Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135; Vista la legge 6 ottobre 1998, n. 344; Visto il decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94; Sentito il Garante per la protezione dei dati personali; Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 luglio 1999; Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 luglio 1999; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia;

E m a n a il seguente decreto legislativo:

Art. 1. Ambito di applicazione e definizioni

1. Il presente decreto disciplina il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute da parte di organismi sanitari pubblici, nonchè di organismi sanitari e di esercenti le professioni sanitarie in regime di convenzione o di accreditamento con il Servizio sanitario nazionale. 2. Il medesimo decreto disciplina anche, limitatamente a quanto specificamente previsto, i trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute in ambito sanitario da parte di soggetti diversi da quelli indicati nel comma 1. 3. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni elencate nell'articolo 1 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, di seguito denominata "legge".

Art. 2. Informativa e consenso

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 23 della legge sono inseriti i seguenti: "1-bis. Con decreto del Ministro della sanità adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e il Garante, sono individuate modalità semplificate per le informative di cui all'articolo 10 e per la prestazione del consenso nei confronti di organismi sanitari pubblici, di organismi sanitari e di esercenti le professioni sanitarie convenzionati o accreditati dal Servizio sanitario nazionale, nonchè per il trattamento dei dati da parte dei medesimi soggetti, sulla base dei seguenti criteri: a) previsione di informative effettuate da un unico soggetto, in particolare da parte del medico di medicina generale scelto dall'interessato, per conto di più titolari di trattamento; b) validità, nei confronti di più titolari di trattamento, del consenso prestato ai sensi dell'articolo 11, comma 3, per conto di più titolari di trattamento, anche con riguardo alla richiesta di prestazioni specialistiche, alla prescrizione di farmaci, alla raccolta di dati da parte del medico di medicina generale detenuti da altri titolari, e alla pluralità di prestazioni mediche effettuate da un medesimo titolare di trattamento; c) identificazione di casi di urgenza nei quali, anche per effetto delle situazioni indicate nel comma 1-ter, l'informativa e il consenso possono intervenire successivamente alla richiesta della prestazione; d) previsione di modalità di applicazione del comma 2 del presente articolo ai professionisti sanitari, diversi dai medici, che intrattengono rapporti diretti con i pazienti;

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e) previsione di misure volte ad assicurare che nell'organizzazione dei servizi e delle prestazioni sia garantito il rispetto dei diritti di cui all'articolo 1. 1-ter. Il decreto di cui al comma 1 disciplina anche quanto previsto dall'articolo 22, comma 3-bis, della legge. 1-quater. In caso di incapacità di agire, ovvero di impossibilità fisica o di incapacità di intendere o di volere, il consenso al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute è validamente manifestato nei confronti di esercenti le professioni sanitarie e di organismi sanitari, rispettivamente, da chi esercita legalmente la potestà ovvero da un familiare, da un prossimo congiunto, da un convivente, o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimori". 2. Nel comma 2 dell'articolo 23 della legge, dopo le parole: "all'interessato" sono inserite le seguenti: "o ai soggetti di cui al comma 1-ter".

Art. 3. Modifiche al decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135

1. All'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'inizio del comma sono inserite le seguenti parole: "Per quanto non previsto dal decreto di cui all'articolo 23, comma 1-bis, della legge,"; b) nella lettera c), tra la parola: "interessati" e la parola: "per" è inserita la congiunzione: "e"; c) dopo la lettera c) è inserita la seguente: "c-bis. identificazione di casi di urgenza nei quali l'informativa e il consenso possono intervenire successivamente alla richiesta della prestazione".

Art. 4. Prescrizioni mediche

1. Fermi restando i casi in cui norme speciali prevedono che le ricette siano rilasciate in forma anonima o con particolari annotazioni, con decreto del Ministro della sanità da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentito il Garante, sono individuati i medicinali diversi da quelli di cui al comma 2 per la cui prescrizione non è richiesta l'indicazione delle generalità dell'interessato. 2. Le ricette relative a prescrizioni di medicinali a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale sono redatte su apposito modello, approvato con il decreto di cui al comma 1. Detto modello, la cui utilizzazione è obbligatoria decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, è conformato in modo da permettere di risalire all'identità dell'interessato solo in caso di necessità connesse al controllo della correttezza della prescrizione, ovvero a fini di verifiche amministrative o per scopi epidemiologici e di ricerca, nel rispetto delle norme deontologiche applicabili. 3. I modelli di cui al comma 2 sono utilizzati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1. 4. Nei casi in cui è fatto obbligo di accertare l'identità dell'interessato ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le ricette sono conservate separatamente da ogni altro documento che non ne richieda l'utilizzo. 5. Le ricette disciplinate dall'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 539, e successive modificazioni, sono conservate dal farmacista per il periodo prescritto, e successivamente distrutte, con modalità atte ad escludere l'accesso di terzi ai dati contenuti nelle stesse.

Art. 5. Ricerca medica ed epidemiologica

1. Per il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute finalizzato a scopi di ricerca scientifica in campo medico, biomedico o epidemiologico, il consenso dell'interessato non è necessario qualora la ricerca sia prevista da un'espressa previsione di legge o rientri nel programma

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di ricerca biomedica o sanitaria di cui all'articolo 12-bis del 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. 2. In caso di esercizio dei diritti dell'interessato ai sensi dell'articolo 13 della legge nei riguardi dei trattamenti di cui al comma 1, l'aggiornamento, la rettificazione e l'integrazione dei dati sono annotati senza modificare questi ultimi, qualora il risultato di tali operazioni non produca effetti significativi sul risultato della ricerca. 3. Resta fermo quanto previsto per la ricerca scientifica dai decreti legislativi emanati in attuazione della legge 31 dicembre 1996, n. 676.

Art. 6. Carte sanitarie elettroniche

1. Le carte sanitarie elettroniche di cui all'articolo 59, comma 50, lettera i), della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dall'articolo 2 del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, sono fornite a tutti i soggetti residenti nelle aree territoriali delle aziende sanitarie locali nelle quali si svolge la sperimentazione, previa informativa ai sensi dell'articolo 10 della legge. 2. Gli interessati possono opporsi all'inserimento nelle carte di cui al comma 1 dei dati idonei a rivelare lo stato di salute che li riguardano e che eccedano i dati relativi alla gestione amministrativa e alle situazioni di interventi di urgenza, quali definite a livello internazionale. 3. Il decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, determina anche, tra le altre garanzie previs te dall'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, le categorie di incaricati delle aziende sanitarie locali e di operatori sanitari che possono accedere alle diverse categorie di dati inseriti nelle carte, nonchè le categorie professionali tenute ad inserire i dati e il periodo massimo entro i quali i dati devono essere aggiornati.

Art. 7. Entrata in vigore

1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il 1º ottobre 1999.

Decreto Ministeriale del 1º marzo 2000

"Adozione del progetto relativo al piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999 - 2001"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 73 del 28 marzo 2000)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ

di concerto con

IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE

ECONOMICA Vista la legge 4 maggio 1990, n.º 107, recante la "Disciplina della attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati"; Visto in particolare l'art. 12, comma 5 di detta legge, che demanda al Ministro della sanità, nell'ambito del "Piano sanitario nazionale", la definizione di un progetto specifico per le attività trasfusionali; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, recante "Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000", con particolare riguardo al relativo obiettivo V,

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laddove è previsto, fra gli altri, il traguardo dell'autosufficienza del sangue e degli emoderivati", in coerenza con le raccomandazioni in materia espresse dal Consiglio d'Europa; Visto l'art. 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.º 502, come sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.º 229, recante "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale", a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n.º 419"; Visto l'art. 9 del decreto legislativo 27 agosto 1997, n.º 281, concernente in particolare le funzioni della conferenza Stato-città ed autonomie locali unificata, per le materie ed i compiti di interesse comune, con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano; Preso atto dell'intesa raggiunta nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, unificata con la conferenza Stato-città ed autonomie locali, nella seduta del 2 dicembre 1999;

Decreta: è adottato il "Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001", nel testo di cui all'intesa fra Stato e conferenza unificata, allegato come parte integrante del presente decreto. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 1º marzo 2000

Il Ministro della sanità BINDI Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica AMATO

IIº PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA (1999-2001) 1. ANALISI DEI RISULTATI DEL PRIMO PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA (1994-1996) Il Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1994-1996 (PNSP 1994-1996) prevedeva la completa applicazione della normativa sulle attività trasfusionali scaturita dalla promulgazione della legge n.º 107/1990. In particolare gli obiettivi specifici del PSPN 1994-1996 erano:

il raggiungimento della autosufficienza;

la riorganizzazione dei servizi trasfusionali e l'avviamento del modello organizzativo previsto dalla legge n.º 107/1990 con la sperimentazione del modello dipartimentale;

l'attuazione della pratica del buon uso del sangue.

Purtroppo a numerosi anni dall'emanazione della legge n.º 107/1990 e del Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 gli obiettivi previsti sono stati solo parzialmente conseguiti ed in maniera difforme sul territorio nazionale in conseguenza del fatto che molte delle previsioni in tali atti non hanno trovato una concreta applicazione. In particolare le carenze di tipo attuativo si riscontrano nella attivazione di adeguati strumenti di coordinamento e di governo del sistema, nella razionalizzazione della rete trasfusionale, nella definizione di un efficace meccanismo di compensazione tra le regioni e le aziende sanitarie, nella definizione chiara dei rapporti con le aziende di frazionamento del plasma e nel rafforzamento del ruolo delle associazioni del volontariato, soprattutto nelle regioni carenti. Il Dipartimento della programmazione del Ministero della sanità ha completato una verifica relativa alla applicazione della legge n.º 107/1990 e del Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 nelle diverse regioni, la

Tabella 1

ne sintetizza le conclusioni.

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La valutazione dei dati del Registro nazionale sangue e plasma elaborati dall'Istituto superiore di sanità consente di effettuare le considerazioni che seguono. 1.1 Autosufficienza. Il numero di donatori risulta consistente (1.251.862 secondo i dati del Registro nazionale sangue e plasma 1996), ma con distribuzione disomogenea: maggiore la presenza nelle regioni del nord, meno nelle regioni del sud ove è molto elevata la quota di donatori occasionali. Il numero di donazioni è in modesto esubero al centro-nord (si segnala un eccedenza di 111.626 unità, se calcolata sulla base dell'indice di 40 unità per 1000 abitanti) e deficitario al centro-sud (mancanza di 227.714 unità con un indice di 30 unità per 1000 abitanti). È stato raggiunto l'obiettivo del 90% di separazione delle unità di sangue. Il Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 si proponeva di raggiungere una disponibilità di plasma di 800.000 litri/anno: nel 1996 ne sono stati prodotti 564.134 (28% da aferesi), pari al 70% dell'obiettivo, di cui 406.830 (77%) avviati al frazionamento. La dipendenza dal mercato internazionale per i farmaci plasmaderivati risulta, però, più elevata (60% circa) perchè è ancora elevato il consumo di plasma per uso clinico (23%). Molto carente la situazione al centro-sud. 1.2 Riorganizzazione dei servizi trasfusionali. La metà circa delle regioni ha provveduto ad adottare un piano sangue regionale. Le strutture trasfusionali risultano essere 380 sul territorio nazionale, numero verosimilmente troppo elevato, e le esperienze dipartimentali sono limitate a poche regioni, anche se previste nei piani regionali più recenti. I compiti istituzionali del Centro regionale di coordinamento e compensazione sono spesso disattesi o espletati in maniera impropria. Le strutture di coordinamento a livello nazionale sono insufficienti e non è previsto un intervento di controllo e sostitutivo nei confronti delle regioni inadempienti. 1.3 Attuazione della pratica del buon uso del sangue. Esiste sul territorio una rilevante eterogeneità sia nell'ambito delle attività produttive (raccolta, lavorazione, controllo e distribuzione degli emocomponenti), sia in quelle di medicina trasfusionale più strettamente legate alla attività ospedaliera.

2. OBIETTIVI GENERALI DEL PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA PER GLI ANNI 1999-2001 La terapia trasfusionale, nelle Nazioni economicamente avanzate, non è mai stata così sicura come oggi anche se nella percezione della popolazione è considerata, a torto, un evento ad alto rischio. Essa, peraltro, è fondamentale per gli ammalati critici delle seguenti aree:

urgenza - emergenza;

trapianti di organo;

cardiochirurgia e altri interventi di alta chirurgia;

ematologia;

oncologia.

Senza un supporto trasfusionale adeguato non si potrebbero raggiungere successi terapeutici per gli ammalati affetti dalle patologie suddette. La terapia trasfusionale è quindi da considerare come una necessità routinaria nell'attività ospedaliera quotidiana, pertanto una buona organizzazione sanitaria deve mantenere un costante afflusso di donatori per garantirne la corretta applicazione. Gli obiettivi generali del Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001, traggono spunto dalla esperienza condotta a partire dalla legge n. 107/1990 e dal suo processo di revisione attualmente in atto, dal bilancio dei risultati conseguiti dal Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996, dalle

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raccomandazioni dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa in materia trasfusionale nonchè dalle indicazioni del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000. 2.1 Autosufficienza. Gli organismi dell'Unione europea hanno indicato, con diversi provvedimenti, gli obiettivi generali che ciascun Stato membro deve realizzare nel settore trasfusionale. In particolare, l'autosufficienza nazionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati basata sulla donazione volontaria, periodica e non remunerata, l'autosufficienza europea e la predisposizione di iniziative per la cooperazione internazionale. Ai fini del raggiungimento della autosufficienza riveste particolare importanza la formazione di una cultura sulla sicurezza del sangue e dei suoi derivati. Pertanto è fondamentale attuare la diffusione di informazioni corrette ed adeguate a livello della popolazione che si vuole raggiungere (popolazione generale, gruppi particolari, professionisti della materia, insegnanti, politici), in linea con la risoluzione 95/C 164/01 del Consiglio dell'Unione europea del 2 giugno 1995. In Italia le attività trasfusionali sono disciplinate da una legge quadro (legge 4 maggio 1990, n.º 107) e da numerosi decreti attuativi. La legge definisce il modello organizzativo generale del sistema trasfusionale individuando le principali istituzioni coinvolte nel raggiungimento degli obiettivi della stessa e stabilendo, per ciascuna di esse, ruoli e competenze. La legge prevede quali strumenti attuativi specifici la definizione, a livello nazionale, del Piano nazionale sangue e plasma e, a livello di ciascuna regione, atti programmatori specifici (piani regionali sangue e plasma). Nella definizione dei piani nazionale e regionali è necessario tenere conto degli aspetti fortemente innovativi introdotti dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche che comportano significative correzioni rispetto alla legge n. 107/1990, in merito alle autonomie aziendali, al modello organizzativo e agli aspetti finanziari. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 riconosce nell'autosufficienza di sangue, emocomponenti ed emoderivati un interesse di carattere nazionale non frazionabile. I criteri per la definizione dei livelli di autosufficienza devono essere stabiliti non solo attraverso l'aumento della produzione di emocomponenti, ma anche attraverso lo sviluppo di politiche di buon uso del sangue, degli emocomponenti e degli emoderivati volte a dimensionare sempre più i consumi entro parametri terapeutici corretti, nonchè attraverso la riqualificazione dei sistemi di produzione e degli standard di prodotto e l'utilizzo razionale di alternative alla trasfusione omologa (autotrasfusione, farmaci da ingegneria genetica). L'obiettivo dell'autosufficienza a livello nazionale deve quindi considerare:

gli aspetti contraddittori di carattere economico e gestionale dovuti alla opportunità di attuare economie di scala, coordinamenti e compensazioni a livello regionale e nazionale che non possono essere confinati ad uno scenario di programmazione di singole aziende sanitarie;

i diversi compiti, di tipo programmatorio, gestionale e di controllo, che investono la competenza delle autorità nazionali e regionali;

la identificazione appropriata dei fabbisogni teorici e il loro confronto con i fabbisogni reali;

il corretto impiego della risorsa sangue, assumendo a pratica costante la trasfusione mirata con emocomponenti e plasmaderivati;

la diffusione di programmi attuativi di terapie alternative all'uso di sangue omologo, quali l'autotrasfusione e la terapia farmacologica;

la ponderata attivazione di programmi di plasmaferesi produttiva;

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il flusso e lo scambio delle informazioni (informatizzazione) ai diversi livelli (aziendale, regionale, nazionale);

il coordinamento organizzativo a livello regionale e interregionale ai fini della compensazione;

la regolamentazione degli scambi e il sistema del finanziamento;

il coinvolgimento specifico del volontariato, soprattutto nelle regioni che non hanno raggiunto l'autosufficienza attraverso le donazioni periodiche.

2.2 Razionalizzazione del modello organizzativo. Il processo di riorganizzazione delle strutture trasfusionali regionali, inteso come ridefinizione del numero delle strutture e delle funzioni ad esse attribuibili, è stato avviato già con l'emanazione del Piano sangue e plasma nazionale 1994/1996 tenendo conto non soltanto delle indicazioni della legge n. 107/1990, ma anche di tre fondamentali eventi organizzativi introdotti dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche:

a) il processo di riorganizzazione della rete ospedaliera pubblica e privata;

b) il sistema urgenza/emergenza;

c) l'ampliamento dell'ambito territoriale delle Aziende sanitarie locali (ASL).

La struttura trasfusionale è chiamata ad assolvere compiti che rispondono sia ad esigenze di carattere intra-aziendale (o di servizio in riferimento alle specifiche necessità di medicina trasfusionale di ogni singolo ospedale di appartenenza), che ad esigenze sovra-aziendali (o produttive in riferimento alle problematiche della autosufficienza; della compensazione, delle attività diagnostiche e terapeutiche di secondo livello, ecc.). Ciò posto, è necessario che la sua organizzazione sia prevista su base territoriale ampia, di norma provinciale, in modo da garantire la gestione di tutta la materia (attività di raccolta, produzione, conservazione e distribuzione di emocomponenti, nonchè tut te le attività di medicina trasfusionale) assicurando livelli omogenei di qualità e di sicurezza operativa e livelli assistenziali essenziali e uniformi nelle strutture ospedaliere del territorio di competenza che non potrebbero essere altrimenti garantiti da una eccessiva parcellizzazione delle strutture trasfusionali. Il presente Piano deve quindi poter identificare modalità in virtù delle quali il sistema trasfusionale del Paese costituisca contemporaneamente lo strumento della realizzazione degli obiettivi aziendali - la cui organizzazione è direttamente correlata alla complessità della rete ospedaliera e del territorio di competenza - e lo strumento della realizzazione degli obiettivi della programmazione nazionale e regionale per ciò che attiene le attività volte a garantire la costante disponibilità di sangue e suoi prodotti. Pertanto l'organizzazione dipartimentale, così come prevista dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni nonchè dal Piano sangue e plasma nazionale 1994-1996, costituisce un prezioso strumento per la razionalizzazione del modello organizzativo a livello locale delle strutture trasfusionali. 2.3 Sicurezza trasfusionale. Una ulteriore indicazione di rilievo degli organismi comunitari è che le politiche trasfusionali nei diversi Paesi siano finalizzate al conseguimento della massima riduzione possibile del rischio trasfusionale. Devono, quindi, essere focalizzati tutti gli aspetti legati alla promozione della donazione volontaria e non remunerata, alla selezione del donatore, alla tutela della sua salute, alla valorizzazione dell'associazionismo volontario in quanto promotore di stili di vita e modelli di comportamento tali da favorire la salute ed il benessere del ricevente.

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Parte essenziale della sicurezza trasfusionale è la responsabilizzazione di tutte le istituzioni sanitarie, centrali e regionali, in merito all'attivazione di standard e sistemi operativi che consentano la verifica sistematica della sicurezza e dell'efficacia terapeutica del sangue e dei suoi prodotti. 2.4 Sviluppo scientifico e tecnologico. Il sistema donazione/trasfusione ha dimostrato una grande capacità di adeguarsi ai rapidi progressi che hanno caratterizzato negli ultimi 20 anni il campo delle conoscenze nell'ambito della medicina trasfusionale, dell'ematologia, delle malattie infettive e trasmissibili. La circolazione delle informazioni e delle conoscenze, la predisposizione degli strumenti di istruzione, di apprendimento e di verifica devono essere parte essenziale del Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001. 2.5 Qualità efficienza ed economicità di gestione delle strutture trasfusionali. L'esperienza in Italia, e anche negli altri Paesi europei, ha dimostrato che il mancato coordinamento delle diverse funzioni necessarie alla conduzione di una efficiente politica sanitaria nel campo trasfusionale comporta la dispersione di risorse rilevanti, la perdita di qualità della struttura trasfusionale e, conseguentemente, la diminuzione degli standard di sicurezza. La predisposizione di un adeguato modello organizzativo che consenta la ottimizzazione delle risorse è condizione essenziale per la programmazione di un servizio che, di per sè, rappresenta un rilevante impegno anche economico-finanziario. 2.6 Politica sociale in campo trasfusionale. Lo Stato garantisce l'accesso a tutti i prodotti terapeutici derivati dal sangue alle condizioni più favorevoli per effettuare le terapie più appropriate. Questo obiettivo può essere conseguito distribuendo gratuitamente al cittadino il sangue ed i suoi prodotti ottenuti dal Servizio trasfusionale nazionale. Lo Stato inoltre garantisce al cittadino un adeguato indennizzo in caso di danno biologico direttamente o indirettamente correlato con l'assunzione di prodotti derivati dal sangue. A tale fine nel presente Piano si individuano azioni organizzative volte a rendere più rapida ed appropriata l'azione amministrativa. Lo Stato promuove altresì iniziative di educazione sanitaria sintoniche con gli obiettivi enunciati dal Piano sangue nazionale ed ispirate a quelle proposte per l'anno 2000 dall'Organizzazione mondiale della sanità per le nazioni appartenenti alla Regione europea ************** 2.7 Autosufficienza europea ed iniziative per la cooperazione internazionale. Le costanti preoccupazioni sulla qualità, la sicurezza e l'efficacia del sangue e dei prodotti emoderivati nella Unione europea hanno spinto il Consiglio dell'Unione europea a raccomandare agli Stati membri l'elaborazione di una strategia comune in materia e ad intraprendere azioni volte ad armonizzare la regolamentazione e l'organizzazione del settore trasfusionale al fine di migliorare la fiducia dei cittadini nella sicurezza del sistema donazione-trasfusione e promuovere l'autosufficienza a livello comunitario. Il presente Piano pone tra i suoi obiettivi prioritari l'adeguamento delle normative in tema di selezione e di vigilanza in armonia alle indicazioni della Unione europea e del Consiglio d'Europa. 3. COMPITI E FINALITÀ DEL PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA 1999-2001 IN RIFERIMENTO ALLE DIVERSE COMPONENTI 3.1 Donatori. Il volontariato rappresenta una componente essenziale del sistema trasfusionale in ragione delle istanze etiche di cui è portatore. Il Piano deve valorizzare, in modo precipuo, il ruolo del volontariato per quelle funzioni che sono specificamente affidate dalla legge n. 107/1990. In particolare dovranno essere sviluppate azioni finalizzate al coinvolgimento del volontariato sui seguenti aspetti: a) programmazione dell'autosufficienza, con predisposizione di strumenti idonei a diffondere la cultura della solidarietà, a promuovere la donazione di sangue ed emocomponenti in forma volontaria, anonima, periodica e non remunerata. Deve essere considerato obiettivo del presente

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Piano nazionale sangue e plasma la progressiva eliminazione della donazione occasionale e di quella "dedicata"; b) promozione, insieme con le strutture trasfusionali, di un "progetto salute" in virtù della funzione di osservatorio epidemiologico che è possibile costituire sulla grande popolazione dei donatori: la conoscenza e la diffusione delle informazioni di carattere scientifico e medico possono promuovere nell'intera popolazione stili di vita e modelli di comportamento capaci di migliorare il livello di salute; c) la raccolta associativa, laddove prevista dalla programmazione regionale, può costituire, se gestita con criteri di efficienza, un elemento di flessibilità del sistema. Questa attività deve esplicarsi con modalità coerenti con il piano annuale di produzione e le esigenze di sicurezza; pertanto dovrà realizzarsi nell'ambito dei sistemi di garanzia di qualità e dei requisiti fissati per l'autorizzazione. 3.2 Ammalati. A tutti gli utenti del Servizio sanitario e, in particolare, a coloro che debbono ricorrere a procedure trasfusionali deve essere garantita: a) la sicurezza della terapia a loro necessaria; b) la costante disponibilità di sangue, emocomponenti, plasmaderivati; c) la definizione di livelli essenziali ed uniformi di assistenza sull'intero territorio nazionale sia dal punto di vista strutturale che organizzativo; d) l'informazione ampia e documentata che permetta di esprimere un reale consenso. Inoltre deve essere prevista la partecipazione, in base al decreto ministeriale 5 novembre 1996, di un rappresentante delle Associazioni dei malati, ai Comitati per il buon uso del sangue, costituiti presso i presidi ospedalieri. 3.3 Operatori della medicina trasfusionale. Il Piano deve predisporre gli strumenti per la formazione, la didattica, la ricerca clinica, la divulgazione scientifica delle attività di medicina trasfusionale, delle attività di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie del sangue, delle attività finalizzate alla prevenzione, al controllo delle malattie trasmissibili con il sangue e gli emoderivati, al buon uso del sangue, degli emocomponenti e dei plasmaderivati e alla definizione e diffusione dei criteri della qualità del servizio. 3.4 Ruolo delle Istituzioni. Il Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001 deve prevedere (a livello nazionale, regionale e di azienda sanitaria locale e ospedaliera) le modalità attuative attraverso le quali ogni componente istituzionale coopera al conseguimento degli obiettivi del Piano stesso. Si deve evitare il rischio che orizzonti programmatori ristretti riducano le attività di medicina trasfusionale al soddisfacimento di esigenze locali e che, quindi, si pongano in contrasto con le necessità di coordinamento e di compensazione che tutta la normativa del settore prevede su parametri nazionali e regionali. Particolare rilievo assumono, a tale riguardo, i compiti di coordinamento degli organi ministeriali e delle regioni. 4. AZIONI DA REALIZZARE PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL PIANO Il Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001, una volta definiti gli obiettivi quali-quantitativi, dovrà individuare le strategie organizzative e le azioni da realizzare in relazione ai seguenti aspetti: 4.1 Azioni correlate all'obiettivo I: Autosufficienza: attivazione di un nuovo flusso informativo; coordinamento programmatico tra Stato e regioni: piano di produzione annuale; regolamentazione delle cessioni tra regioni e aziende sanitarie; razionalizzazione del sistema di produzione e distribuzione di farmaci emoderivati; razionalizzazione dei consumi.

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4.2 Azioni correlate all'obiettivo II: Razionalizzazione del modello organizzativo: rafforzamento delle strutture di coordinamento organizzativo-gestionale e coordinamento tecnicoscientifico; potenziamento dell'organizzazione per le funzioni attribuite all'Istituto superiore di sanità; razionalizzazione ed organizzazione delle strutture trasfusionali: l'organizzazione dipartimentale; organizzazione del sistema urgenza-emergenza; rapporti di tipo organizzativo e di coordinamento tra strutture del servizio trasfusionale nazionale e strutture di volontariato. 4.3 Azioni correlate all'obiettivo III: Sicurezza trasfusionale: donazione volontaria, periodica, non remunerata; standardizzazione; attivazione e coordinamento del sistema ispettivo; attivazione del sistema nazionale di emovigilanza. 4.4 Azioni correlate all'obiettivo IV: Sviluppo scientifico e tecnologico: sviluppo delle nuove tecnologie in campo trasfusionale; proposizione di progetti di ricerca finalizzata; formazione. 4.5 Azioni correlate all'obiettivo V: Qualità, efficienza ed economicità dei servizi trasfusionali: accreditamento; definizione di un sistema di garanzia di qualità; razionalizzazione delle procedure trasfusiona li. attivazione di sistemi di monitoraggio sull'efficienza ed efficacia delle strutture trasfusionali. 4.6 Azioni correlate all'obiettivo VI: Politica sociale in campo trasfusionale: iniziative a sostegno dello sviluppo e delle funzioni istituzionalmente riconosciute alle associazioni e federazioni di volontariato del sangue, in particolare nelle regioni non autosufficienti; gratuità del sangue e dei suoi prodotti; potenziamento delle strutture dedicate al riconoscimento del danno biologico; prevenzione; informazione e tutela dei cittadini; sviluppo di iniziative per le realtà socio-sanitarie emergenti. 4.7 Azioni correlate all'obiettivo VII: Autosufficienza europea ed iniziative per la cooperazione internazionale: armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative. 5. DEFINIZIONE DELLE AZIONI SPECIFICHE PER L'ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA 1999-2001 Obiettivo I: Autosufficienza 5.1 Attivazione di un nuovo flusso informativo. Allo scopo di definire un piano annuale di produzione e distribuzione di sangue, emocomponenti ed emoderivati necessari per il raggiungimento della autosufficienza nazionale, ogni regione dovrà istituire un flusso informativo stabile, coordinato a livello nazionale e collegato con il Ministero della sanità e l'Istituto superiore di sanità, attraverso una rete informativa nazionale dedicata all'autosufficienza del sangue mediante la quale vengano gestiti i seguenti dati: a) dati di base: donatori; gruppi autosufficienti di donatori; sessioni di donazione;

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unità organizzative interessate; caratteristiche del sangue donato; distribuzione del sangue e dei suoi prodotti; b) dati risultanti da elaborazioni da effettuare a livello regionale e centrale; stima del fabbisogno regionale e nazionale di sangue, emocomponenti, emoderivati; dati relativi ai consumi nei presidi ospedalieri pubblici e privati ed alle farmacie extra-ospedaliere pubbliche e private; dati relativi alle capacità produttive del Servizio trasfusionale nazionale e delle aziende di frazionamento convenzionate; dati inerenti i flussi di scambio intra ed extra-regionali e la gestione delle scorte; dati relativi all'importazione ed all'esportazione; dati relativi alla consistenza numerica e agli indicatori di efficienza delle organizzazioni di volontariato del sangue; dati relativi alla qualità ed ai costi del Servizio trasfusionale nazionale e all'efficienza dei servizi erogati; dati relativi alla valutazione dei costi inerenti la spesa farmaceutica per gli emoderivati; dati relativi ai consumi del sangue e dei suoi prodotti in relazione alla tipologia dei casi trattati; dati relativi al sistema dell'emovigilanza; dati epidemiologici relativi allo stato di salute della popolazione dei donatori di sangue ed emocomponenti. La valutazione comparata di tutti questi elementi consentirà al Ministero della sanità ed a ciascuna regione, anche in relazione allo sviluppo delle politiche di buon uso del sangue e degli obiettivi assistenziali, di costruire il piano di produzione annuale. Il Ministero della sanità, entro sei mesi dalla promulgazione del presente Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001, decreta il programma di attuazione del progetto di informatizzazione del flusso informativo e il relativo finanziamento. Il progetto, che dovrà essere previsto secondo le indicazioni degli Enti normatori riconosciuti, dovrà essere completato entro tre anni dalla emanazione del Decreto di cui sopra e dovrà comprendere una fase pilota, che dovrà interessare il Ministero, l'Istituto superiore di sanità e quattro regioni paradigmatiche di diverse situazioni operative, ed una fase di estensione dell'intero sistema operativo a tutte le regioni secondo tempi e modalità previste nel suddetto decreto. 5.2 Coordinamento programmatico tra Stato e regioni: piano di produzione annuale. Ogni anno le regioni, in concomitanza con la definizione del piano economico-finanziario, determinano, sulla base delle indicazioni del Ministero della sanità e dei dati forniti dall'Istituto superiore di sanità, il Piano regionale annuale di produzione di sangue, emocomponenti e plasma destinato al frazionamento industriale. La programmazione della produzione regionale e nazionale e delle compensazioni deve essere effettuata prioritariamente sulla base del numero di donatori periodici disponibili. Il ricorso alla donazione occasionale deve costituire una modalità residuale e collegata a situazioni di carenza che non possono essere soddisfatte attraverso i meccanismi organizzativi di seguito previsti. Il piano annuale di produzione definisce per ogni singola Regione: produzione di sangue ed emocomponenti per il fabbisogno della propria rete ospedaliera pubblica e privata (accreditata e non accreditata); fornitura programmata/acquisizione di sangue ed emocomponenti per/da altre aziende sanitarie (regionali ed extraregionali); produzione di plasma da inviare all'industria convenzionata in relazione al fabbisogno regionale e nazionale; quota di farmaci plasmaderivati necessaria per soddisfare il fabbisogno regionale relativo alle strutture ospedaliere pubbliche, private e del territorio; quota di farmaci plasmaderivati eccedenti il fabbisogno aziendale da collocare presso altre aziende sanitarie della regione o di altre regioni;

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produzione di sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati da destinare come scorta per la gestione degli scambi non programmati e per le urgenze e le emergenze. Il Piano annuale di produzione prevede, secondo le modalità individuate dal presente atto, le quote di finanziamento per il raggiungimento degli obiettivi posti. 5.3 Regolamentazione delle cessioni tra regioni e aziende sanitarie. La programmazione dell'autosufficienza nazionale deve seguire due direttive principali: a) la prima, secondo programmi di medio e lungo periodo, che preveda in ogni regione, sulla base di progetti specifici, l'incentivazione di tutte le capacità operative del volontariato e delle strutture trasfusionali finalizzate ai raggiungimento di livelli produttivi il più possibile vicini a quelli indicati come obiettivo; b) la seconda, con possibilità di attuazione a breve periodo, che preveda la promozione di un "patto di solidarietà" attraverso il gemellaggio tra regioni eccedentarie e regioni carenti, che veda partecipi le strutture sanitarie e il volontariato. il patto dovrà essere finalizzato, oltre che alla compensazione interregionale programmata, alla diffusione della cultura della donazione ed alla attuazione della formazione del personale. La programmazione dell'autosufficienza nazionale dovrà prevedere: la identificazione dei fabbisogni teorici e reali su base annuale delle singole regioni carenti e la programmazione della produzione in eccedenza delle regioni autosufficienti; il coordinamento da parte delle strutture centrali competenti; la definizione del sistema tariffario e di specifici criteri di finanziamento; l'impegno solidale delle strutture trasfusionali e del volontariato tra regioni eccedentarie e regioni carenti nella programmazione delle attività, con l'avvio di progetti sperimentali di gemellaggio interregionale da parte delle regioni già disponibili; il convenzionamento tra le aziende sanitarie di regioni diverse; l'identificazione di incentivi, anche di carattere economico-finanziario, per le regioni che si impegnano a raggiungere nel triennio gli obiettivi dichiarati; la definizione dei criteri e delle modalità operative dello scambio; la verifica e l'aggiornamento annuale dei programmi. I rapporti "di fornitura programmata" tra aziende sanitarie della regione o di altre regioni possono, peraltro, essere resi rapidamente operativi sulla base di quanto previsto dal decreto ministeriale 1o settembre 1995 "Disciplina dei rapporti tra strutture pubbliche provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche", che prevede appositi accordi o convenzioni, nei quali saranno dettagliatamente definiti i seguenti aspetti: quantità, tipologia e scadenza dei prodotti da fornire; articolazione temporale delle consegne; modalità di trasporto e di ritiro; costo dei prodotti; modalità di pagamento; procedure tecniche di prelievo, centrifugazione, etichettatura; controllo di qualità dei prodotti. I rapporti tra aziende sanitarie e presidi ospedalieri privati (accreditati e non accreditati) dovranno essere regolamentati da apposite convenzioni secondo le modalità previste dal succitato decreto ministeriale 1º settembre 1995. Gli "scambi" di sangue ed emoderivati realizzati su base non programmata saranno contabilizzati e compensati dalle regioni, secondo le modalità di finanziamento previste dal presente atto. 5.4 Razionalizzazione del sistema nazionale di produzione e distribuzione di farmaci emoderivati. La produzione di plasma per uso industriale in Italia si caratterizza per alcuni elementi di criticità ed in particolare: a) la non sufficiente standardizzazione delle procedure di raccolta e di frazionamento con mezzi semplici;

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b) il rapporto sfavorevole tra la produzione di plasma di tipo A e B in alcune regioni; c) gli elevati costi di produzione. Al fine di pervenire nell'arco del triennio al raggiungimento degli obiettivi di autosufficienza, è necessario individuare, nell'ambito della formulazione del piano di produzione annuale, le necessarie strategie che definiscano una soluzione dei problemi evidenziati. Anche per la regolamentazione del rapporto con l'industria convenzionata per il frazionamento del plasma si configurano elementi di criticità che necessitano di essere normalizzati; in particolare si evidenziano elementi che diminuiscono il peso contrattuale di alcune regioni, come la scarsa quantità di materia prima oggetto della contrattazione e la conseguente mancanza di economie di scala. Al fine di esercitare un monitoraggio ed un controllo sulle condizioni contrattuali con le imprese di frazionamento, è auspicabile l'istituzione di un osservatorio nazionale presso il Ministero della sanità. Infine le regioni valuteranno l'opportunità di concludere tra loro accordi per rendere più competitive le condizioni contrattuali ed i rapporti di scambio. In merito al sistema di distribuzione dei farmaci emoderivati deve essere osservato che tali prodotti sono farmaci a tutti gli effetti. Essi possono perciò essere liberamente commercializzati, dalle imprese farmaceutiche, su tutto il territorio della Unione europea (Direttiva dell'U.E. 381/1989 recepita in Italia con il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178). La distribuzione dei farmaci emoderivati avviene in base a prescrizioni mediche sia attraverso le farmacie dei presidi ospedalieri sia le farmacie extraospedaliere (pubbliche o private) operanti sul territorio. Questa situazione comporta di fatto che la distribuzione del prodotto plasmaderivato regionale (o nazionale) avviene in un contesto di libera commercializzazione e di concorrenza. Per tale motivo la distribuzione del prodotto regionale potrà realizzarsi attraverso protocolli d'intesa da stipularsi con i rappresentanti dei servizi farmaceutici ospedalieri e delle farmacie esterne del territorio, con i grossisti dei settore e con le categorie degli utenti. In particolare dovranno essere definite a livello regionale apposite linee guida per l'utilizzo di farmaci plasmaderivati e dei corrispondenti farmaci derivati da biotecnologie nonchè campagne di informazione nei riguardi degli utenti e dei medici specialisti e di libera scelta. 5.5 Razionalizzazione dei consumi. Il Piano nazionale sangue e plasma individua il fabbisogno trasfusionale teorico riferito a parametri internazionali di consumo secondo quanto segue: emazie 40 unità/1000 abitanti; plasma: 12 litri/1000 abitanti; fattore VIIIº: 1.9 UI/abitante; albumina: 250 grammi/1000 abitanti; immunoglobuline: 25 grammi/1000 abitanti. Tali parametri devono costituire dati di riferimento per la programmazione nazionale, ma devono essere adeguati sulla base dei consumi effettivi, delle potenzialità regionali e degli altri criteri compresi nel flusso informativo sulla base dei quali ogni anno le regioni e il Ministero della sanità dovranno definire il piano annuale di produzione di sangue, emocomponenti e plasma da destinare al frazionamento industriale. Una delle finalità della pratica della medicina trasfusionale dovrebbe essere quella di produrre linee guida in grado di determinare il momento in cui il rischio legato alla mancata attuazione della terapia trasfusionale eccede quello della trasfusione in sè. L'indicazione che nasce da una vasta letteratura scientifica sull'argomento è che sia necessario far ricorso ad attività di educazione per il buon uso del sangue, utilizzando non solo attività didattiche, ma prevalentemente azioni rivolte alla pratica quotidiana, come l'adozione di algoritmi decisionali sulla pratica trasfusionale, audit retrospettivi, meeting tra fornitori ed utilizzatori dell'emoterapia, analisi critica della richiesta trasfusionale.

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In particolare appare necessario predisporre iniziative finalizzate a responsabilizzare le dirigenze mediche dei presidi ospedalieri sul funzionamento dei Comitati Ospedalieri per il buon uso del sangue, con la finalità di produrre: a) linee guida sulle indicazioni alla terapia trasfusionale; b) revisione degli standard di consumo per le diverse situazioni cliniche considerate; c) audit retrospettivi, verifica e revisione della qualità dei processi e dei risultati dell'assegnazione del sangue, dei suoi componenti e dei suoi prodotti; d) revisione degli standard di assegnazione degli emocomponenti ed emoderivati negli stessi comitati ospedalieri per il buon uso del sangue. Sulla base dei report prodotti sarà possibile, da parte del Ministero e dell'Istituto superiore di sanità costruire, per le singole regioni e per il Paese nel suo complesso, gli standard di consumo di sangue, emocomponenti ed emoderivati, effettuare una valutazione critica ed un confronto con gli standard internazionali della letteratura accreditata sulla base di criteri scientifici, chimici e tecnici. Ciò consentirà di ridefinire costantemente gli effettivi fabbisogni, di descrivere le azioni locali e regionali intese ad adeguare i consumi agli standard suggeriti dalla comunità scientifica e di programmare l'entità reale degli emocomponenti ed emoderivati da commissionare all'apparato produttivo delle strutture di medicina trasfusionale del Paese. Obiettivo II: Razionalizzazione del modello organizzativo 5.6 Rafforzamento delle strutture di coordinamento organizzativo-gestionale e coordinamento tecnico-scientifico. Nell'ambito delle azioni da realizzarsi per il raggiungimento dell'autosufficienza nazionale, le funzioni di coordinamento programmatorio, organizzativo, finanziario e di controllo nel settore trasfusionale sono affidate al Ministero della sanità ed alle regioni, secondo le rispettive competenze e livelli di autonomia. All'Istituto superiore di sanità sono attribuite le funzioni di coordinamento tecnico-scientifico, mentre ai Centri regionali di coordinamento e compensazione sono affidate le funzioni di coordinamento tecnico-operativo, con livelli di autonomia organizzativa definiti dalla programmazione regionale. è necessario che siano definite con chiarezza le modalità con le quali le strutture di coordinamento affrontano i propri ruoli: 1. il livello centrale (Ministero della sanità, Istituto superiore di sanità, commissione nazionale per il servizio trasfusionale, conferenza Stato-regioni), rappresenta la sede della programmazione delle attività produttive a livello nazionale, che definisce annualmente il fabbisogno di sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati. Costituisce, altresì il "tavolo negoziale" attorno al quale vengono concordate e valorizzate le responsabilità regionali nella programmazione e nella produzione delle attività trasfusionali. Svolge, inoltre, tutte le funzioni: di promozione, sviluppo e controllo degli aspetti tecnico-scientifici, con particolare riguardo alla formulazione e revisione sistematica di standard e di linee guida; di registrazione, di controllo, di farmacovigilanza, e di emovigilanza previste dalla legge. Infine dovrà contemplare anche interventi sostitutivi nei confronti delle regioni inadempienti. 2. il livello regionale deve costituire un organo di programmazione, coordinamento e di indirizzo attraverso una struttura regionale che svolga - direttamente o per delega - anche i compiti di centro di coordinamento e compensazione, coadiuvata da una commissione di esperti di supporto alla regione (che preveda la presenza delle diverse componenti che contribuiscano alla gestione delle problematiche normate dalla legge e dal Piano). All'organo di programmazione regionale compete, tra l'altro, di: a) definire annualmente il fabbisogno regionale di sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati, sulla scorta delle indicazioni derivanti dalla pianificazione nazionale; b) concordare con le aziende sanitarie la rispettiva quota di partecipazione al programma di autosufficienza individuando le risorse a ciò deputate;

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c) stabilire con le aziende il piano annuale di distribuzione alle strutture sanitarie pubbliche e private del territorio regionale dei plasmaderivati eccedenti il fabbisogno aziendale; d) verificare periodicamente lo stato di attuazione del programma annuale concordato; e) individuare gli strumenti e le modalità operative della armonizzazione, attraverso il modello dipartimentale, delle due grandi aree di intervento delle strutture trasfusionali: la raccolta e la produzione di unità trasfusionali per uso clinico e da avviare al frazionamento e i complessi bisogni della medicina trasfusionale; f) proporre per le aziende sede di Dipartimento di medicina trasfusionale il budget per il finanziamento delle attività. 5.7 Potenziamento dell'organizzazione per le funzioni attribuite all'Istituto superiore di sanità. Si ritiene necessaria l'istituzione, presso l'Istituto superiore di sanità, di una apposita struttura che riunisca tutte le competenze necessarie per l'implementazione delle funzioni di coordinamento tecnico-scientifico e di controllo affidategli dalla legge n. 107/1990 e dal decreto ministeriale n. 308/1997, tenuto anche conto del riscontrato progressivo aumento delle richieste di controllo di Stato da parte di aziende farmaceutiche nazionali ed europee. 5.8 Razionalizzazione ed organizzazione delle strutture trasfusionali: l'organizzazione dipartimentale. Le regioni devono predisporre la rete delle strutture trasfusionali e le loro articolazioni organizzative decentrate sulla base della riorganizzazione della rete ospedaliera pubblica e privata e dei sistema dell'urgenza-emergenza, nonchè in relazione agli obiettivi regionali e nazionali previsti dal Piano. Le strutture trasfusionali dovranno essere organizzate in Dipartimenti di medicina trasfusionale (DMT) che operano in ambito territoriale, di norma provinciale, definito dalla programmazione regionale e che svolgano almeno le seguenti funzioni: a) coordinare sul piano tecnico, scientifico ed organizzativo le attività trasfusionali; b) omogeneizzare e standardizzare le procedure trasfusionali garantendo l'avvio di un sistema della qualità su base dipartimentale; c) concentrare le attività produttive; d) razionalizzare l'impiego delle risorse; e) garantire le attività di medicina trasfusionale presso le strutture ospedaliere del territorio di competenza; f) costituire il primo livello di compensazione per emocomponenti e plasmaderivati; g) gestire il budget assegnato; h) favorire la partecipazione e lo sviluppo del volontariato. Tali funzioni dovranno essere svolte coordinando strutture trasfusionali afferenti anche ad aziende sanitarie diverse, regolando i rapporti reciproci con apposite convenzioni secondo quanto indicato nel decreto ministeriale 1º settembre 1995. La centralizzazione dei momenti di direzione delle attività nei Dipartimenti di medicina trasfusionale, e quindi la costituzione di capacità operative e di casistiche consistenti, consentirà di sviluppare le specializzazioni nei diversi settori della medicina trasfusionale e di individuare Centri di riferimento specifici a livello regionale. 5.9 Organizzazione del sistema urgenza-emergenza. L'organizzazione del sistema dell'urgenza-emergenza in materia trasfusionale deve trovare la sua articolazione organizzativa nell'ambito della pianificazione regionale. Dovranno pertanto essere previsti i protocolli, le strutture operative e di coordinamento, le scorte di emocomponenti ed emoderivati ritenuti necessari, i collegamenti con altri organismi impegnati nell'urgenza-emergenza (protezione civile, prefetture, forze armate, ecc.). Per la natura complessa e di grande impegno di mezzi e risorse necessarie a garantire tale sistema, potranno essere previste e incoraggiate azioni programmate di coordinamento anche tra più regioni. La competente struttura del Ministero della sanità deve prevedere tra i suoi compiti il coordinamento di emergenze che, eventualmente, non potessero essere fronteggiate dalle singole regioni.

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5.10 Rapporti di tipo organizzativo e di coordinamento tra strutture del Servizio trasfusionale nazionale e strutture di volontariato. Le associazioni e federazioni di donatori svolgono un ruolo centrale per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali previsti dalla legge n. 107/1990 e pertanto anche la loro attività deve rispondere alla logica organizzativa che considera l'autosufficienza di sangue ed emocomponenti come un interesse regionale e nazionale non frazionabile. Per questo motivo la realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina uniforme relativamente alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività trasfusionali è un punto decisivo, diretto a garantire continuità e razionalità al sistema. Tale strategia di uniformità si realizza attraverso la promozione del dono del sangue; i programmi di educazione sanitaria, il reclutamento e la gestione dei donatori. Le predette attività, soprattutto in relazione al nuovo disegno organizzativo previsto dal decreto legislativo n. 502/1992 ed alle nuove modalità di finanziamento, rischiano di essere gravemente penalizzate, se non viene definito rapidamente un sistema di regole che garantisca le attività associative nell'ambito del più ampio scenario del rafforzamento della programmazione regionale nel settore trasfusionale. L'attuale sistema di finanziamento, che prevede il riconoscimento al volontariato di un contributo fisso legato al numero delle donazioni effettuate, finisce per penalizzare proprio quelle realtà carenti nelle quali dovrebbe essere effettuato il massimo investimento per raggiungere gli obiettivi di autosufficienza. Il problema in oggetto per essere risolto richiede che in sede di definizione degli aspetti contrattuali, regione ed associazione, giungano a definire precisi obiettivi programmatici annuali in merito al numero delle donazioni e dei donatori e che il finanziamento alle associazioni sia garantito sulla base degli obiettivi concordati, oltre che dal numero delle donazioni effettuate. La gestione associativa diretta di unità di raccolta fisse o mobili, laddove sia prevista dalla pianificazione regionale, deve realizzarsi in stretta integrazione tecnico-funzionale con il Dipartimento di medicina trasfusionale territorialmente competente. In un sistema dove la programmazione sanitaria ed i comportamenti assistenziali vengono orientati attraverso il finanziamento, è assolutamente necessario che le associazioni e federazioni di volontariato siano adeguatamente rappresentate nella programmazione a livello locale, regionale e nazionale.

Obiettivo III: Sicurezza trasfusionale

5.11 Donazione volontaria, periodica, non remunerata.

Il conseguimento della massima riduzione possibile del rischio trasfusionale è una delle indicazioni di maggiore rilievo che gli organismi comunitari pongono all'attenzione degli Stati membri.

La promozione della donazione volontaria, periodica e non remunerata costituisce un obiettivo prioritario del Piano nazionale sangue e plasma. A tal fine devono essere attivate tutte le strutture sanitarie competenti ai diversi livelli operativi (nazionale, regionale, aziendale) di concerto con le associazioni del volontariato del sangue.

In particolare rappresentano obiettivo del presente Piano:

la valorizzazione dell'associazionismo volontario in quanto promotore della cultura della solidarietà, di stili di vita e modelli di comportamento tali da favorire la salute ed il benessere;

la eliminazione progressiva della donazione occasionale o "dedicata" e la sua sostituzione stabile con le risorse del volontariato periodico.

5.12 Standardizzazione.

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Particolare attenzione viene posta dagli organismi comunitari ai criteri della selezione del donatore ai fini della sua idoneità e ai controlli da effettuare su sangue ed emocomponenti. Gli organi di coordinamento nazionali e regionali dovranno fornire il loro contributo originale alle istanze comunitarie ed essere propulsori della omogeneizzazione di tali criteri nelle strutture e nel territorio di loro competenza attraverso la puntualizzazione degli standard di processo e di procedura, la adozione di strumenti di controllo e di verifica e l'avvio del sistema della qualità.

5.13 Attivazione e coordinamento del sistema ispettivo.

Il Ministero della sanità, L'Istituto superiore di sanità e gli organi di controllo regionali dovranno vigilare (anche attraverso la valutazione delle relazioni annuali previste dal decreto ministeriale 1º settembre 1995) a che i comitati per il buon uso del sangue siano effettivamente operativi. Tali strutture costituiscono, infatti, gli strumenti più capillari per la diffusione e la verifica di corretti criteri in merito alle indicazioni trasfusionali, alla revisione delle linee guida, alla verifica sistematica degli standard di assegnazione del sangue e dei suoi componenti, alla predisposizione di tutti gli strumenti atti ad evitare l'errore trasfusionale, alla verifica della efficacia ed al follow-up trasfusionale.

In Italia le strutture trasfusionali sono attualmente caratterizzate da una estrema variabilità operativa (dimensioni, attività realmente svolte, personale, ecc.). Esse vengono autorizzate a livello regionale, ma, a quanto è dato conoscere, non in tutte le regioni esistono particolari standard minimi richiesti, nè vengono condotte ispezioni per verificarne l'applicazione ed il mantenimento. D'altronde, poichè il sangue è una sostanza particolare, non è possibile applicare ad esso le regole di produzione dei prodotti farmaceutici e la sua stessa definizione in termini di qualità non è semplice, in quanto derivato da donatori individuali.

Le regioni dovranno, quindi, porre una speciale attenzione a criteri di ispezione e di accreditamento delle strutture trasfusionali.

Obiettivi primari di un sistema ispettivo devono essere:

verificare l'adozione di standard specifici e la loro applicazione pratica;

fornire un meccanismo per il miglioramento continuo e per il raggiungimento della qualità globale;

costituire uno strumento educativo.

Per raggiungere tali obiettivi è necessario:

fornire standard comuni per tutta la "catena del sangue" (dalla raccolta alla separazione, dai saggi di screening alla distribuzione) sui quali basare l'accreditamento delle strutture trasfusionali;

definire le buone prassi di produzione applicabili al sangue e ai suoi prodotti;

organizzare un sistema ispettivo che abbia regole comuni sull'intero territorio nazionale.

Gli ispettori potranno essere scelti dalle regioni sia tra gli esperti in materia (p.e. membri delle società scientifiche competenti), sia tra gli ispettori regionali non esperti in materia trasfusionale. Nell'uno e nell'altro caso, a livello nazionale, dovranno essere promossi a cura dell'Istituto superiore di sanità, in base al decreto ministeriale 17 luglio 1997, n. 308, programmi di formazione per l'esercizio delle attività di vigilanza e controllo, di competenza delle regioni, nei confronti delle strutture trasfusionali. Tali programmi di formazione dovranno fornire elementi di armonizzazione sul territorio nazionale, anche in sintonia con quanto in evoluzione a livello europeo. I corsi dovranno essere ripetuti per aggiornamento in rapporto agli sviluppi nel settore e/o per approfondire aspetti particolari.

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Le regioni, sulla base delle ispezioni condotte, potranno revocare le licenze autorizzative delle strutture trasfusionali che non risultino a norma fino al ripristino delle condizioni operative ritenute idonee.

5.14 Attivazione del sistema nazionale di emovigilanza.

Nel nostro Paese non si ha, così come nella maggior parte dei Paesi della Unione europea ad eccezione della Gran Bretagna e della Francia, una sistematica raccolta di informazioni riguardanti:

le reazioni avverse (siano esse di origine virologica che di origine immunologica) e gli errori di trasfusione, determinatisi in soggetti sottoposti a trasfusione;

la distribuzione dei marcatori di infezione nella popolazione dei donatori.

È necessario sviluppare un sistema di emovigilanza che consenta di:

monitorare le situazioni avverse da trasfusione, l'incidenza delle malattie trasmesse con il sangue e gli errori di trasfusione;

dare informazioni sulla popolazione dei donatori e sulla possibilità di trasmissione di nuovi agenti infettivi con la trasfusione del sangue;

adottare misure appropriate per evitare la trasmissione di infezioni attraverso la trasfusione del sangue.

Il sistema sviluppato dovrà fornire tempestivamente informazioni sull'uso clinico del sangue e dei suoi prodotti, sulle reazioni avverse dovute sia a trasmissione di agenti infettivi (noti e non), sia a reazioni immunologiche, sugli errori di trasfusione e sull'epidemiologia degli agenti infettivi nella popolazione dei donatori.

Per costruire un sistema integrato di sorveglianza è necessaria la creazione di una rete informativa dedicata che colleghi i siti di trattamento, le strutture trasfusionali, i centri di coordinamento regionali e le strutture centrali (queste ultime collegate a loro volta con la rete europea).

Affinchè il sistema sia efficace dovranno essere definite le informazioni da raccogliere e la terminologia da utilizzare;

dovranno, inoltre, essere definite e concordate procedure standard, protocolli e regole riguardanti le informazioni raccolte e diffuse attraverso la rete di emovigilanza.

Infine dovrà essere definito un sistema di "allerta rapido" che permetta di trasmettere immediatamente, a livello nazionale e comunitario, le informazioni riguardanti aspetti di interesse comune, quali inefficienza, inefficacia o inadeguatezza di un lotto di un test di screening o altro, per poter tempestivamente adottare le misure adeguate al caso.

L'intero sistema dovrà essere armonizzato con quello comunitario, attualmente in corso di definizione.

Il Ministero della sanità dovrà, entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente Piano, decretare le modalità operative della emovigilanza a livello nazionale.

Obiettivo IV: Sviluppo scientifico e tecnologico

5.15 Sviluppo delle nuove tecnologie in campo trasfusionale.

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L'Istituto superiore di sanità, sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, dovrà attivare le azioni necessarie a favorire la ricerca e la sperimentazione delle nuove tecnologie in campo trasfusionale ed ematologico.

In particolare, dovranno essere sviluppate, di concerto con le regioni, le nuove tecnologie relative alla prevenzione delle malattie trasmissibili, al prelievo di emocomponenti, alla conservazione di cellule da sangue periferico e midollare, alla diagnostica delle malattie del sangue e degli organi emopoietici.

5.16 Proposizione di progetti di ricerca finalizzata.

Il Ministero affiderà all'Istituto superiore di sanità, con apposito decreto in cui sarà previsto l'adeguato finanziamento, la promozione di progetti di ricerca finalizzata sui seguenti temi:

medicina trasfusionale e buon uso del sangue;

tecniche alternative alla trasfusione omologa;

raccolta del plasma e produzione di farmaci plasmaderivati;

terapia con farmaci plasmaderivati o con farmaci da DNA ricombinante;

studio e prevenzione delle malattie trasmissibili con il sangue ed i suoi prodotti;

malattie del sangue e degli organi emopoietici;

raccolta e trapianto di cellule emopoietiche midollari o periferiche;

diatesi emorragiche e trombotiche;

studio di modelli organizzativi finalizzati ad una migliore qualità di vita degli ammalati emopatici attraverso il miglior utilizzo delle risorse e una razionale articolazione dei regimi ambulatoriale, di day hospital e di ricovero;

formazione e aggiornamento del personale sanitario e dei dirigenti del volontariato in tema di medicina trasfusionale;

formazione e aggiornamento del personale sanitario in materia di attuazione dei protocolli di assistenza agli emopatici politrasfusi;

formazione e informazione per la sensibilizzazione ai valori della salute, della donazione e della solidarietà;

tutela della salute dei donatori.

5.17 Formazione.

Dalla lettura della legislazione nazionale vigente e dai documenti delle società scientifiche internazionali della medicina trasfusionale, nonchè dalle raccomandazioni espresse a vari livelli dalle organizzazioni sanitarie europee, emerge chiaramente la necessità che esista una corrispondenza tra funzioni dirigenziali di medicina trasfusionale e relativa specializzazione.

Il presente Piano deve quindi prevedere azioni volte a perseguire l'obiettivo della formazione specialistica e continua del personale impegnato nelle attività del settore. A tal fine il Ministero della sanità, di concerto con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica favorirà la promozione di processi stabili di formazione ed aggiornamento, comprendenti:

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l'istituzione di una scuola di specializzazione in medicina trasfusionale, già presente in altri Paesi europei (Germania, Gran Bretagna, Austria e Portogallo);

l'attivazione di corsi di formazione teorica, pratica e tecnica con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità, delle società scientifiche, delle regioni, delle università e dei competenti organismi europei e sovranazionali al fine di formare e preparare adeguatamente i quadri dirigenti del servizio trasfusionale e del volontariato secondo le finalità del presente Piano.

Obiettivo V: Qualità, efficienza ed economicità dei servizi trasfusionali

5.18 Accreditamento.

Anche nell'ambito della qualità, il sistema trasfusionale del Paese deve svilupparsi promuovendo il coordinamento fra i diversi livelli di responsabilità in modo da realizzare un sistema su base nazionale, capace di garantire livelli assistenziali, essenziali ed uniformi, assicurando servizi accreditati sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi, e contemporaneamente un sistema locale, capace di valorizzare le responsabilità regionali nella programmazione, produzione ed erogazione delle attività trasfusionali.

Proprio per le sue caratteristiche di non frazionabilità e di interesse generale per il Paese, il sistema trasfusionale deve rispondere positivamente ad una precisa definizione delle caratteristiche dei soggetti erogatori per far si che le specifiche delle prestazioni fornite corrispondano a quelle attese: tali caratteristiche devono fondarsi prevalentemente su aspetti di sicurezza, di qualità e di efficienza, poichè la sicurezza del sistema comporta aspetti di carattere tecnico estremamente specifici.

è quindi necessario che la materia sia regolata da norme che consentano una standardizzazione delle procedure ed una loro confrontabilità anche in condizioni operative diverse ai fini della massima tutela dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e della qualificazione del prodotto.

Per quanto riguarda il livello centrale, va premesso che il percorso autorizzativo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, non ha coinvolto il sistema trasfusionale.

Pertanto il Ministero della sanità definirà, in accordo con la conferenza Stato-regioni:

i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività trasfusionali da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi in quanto si ritiene importante la verifica periodica del loro mantenimento le linee guida, previste anche dal PSN 1998-2000, per l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture trasfusionali, accreditamento inteso come processo con il quale si attesta la corrispondenza dei requisiti dell'organizzazione erogatrice agli standard fissati.

5.19 Definizione di un sistema di garanzia di qualità.

Tutte le problematiche inerenti il sistema donazione-trasfusione, nonchè la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sangue comportano aspetti di carattere tecnico estremamente specifico ed eventuali conseguenze che possono avere riflessi di carattere anche giudiziario. È pertanto necessario che questa materia sia regolata da norme che consentano una standardizzazione delle procedure ed una loro confrontabilità anche in condizioni operative diverse ai fini della massima tutela dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e della qualificazione e professionalità degli stessi operatori del settore. Negli ultimi anni il concetto di qualità si è evoluto passando dal controllo di qualità del prodotto finale (che evidenzia, ma non previene eventuali errori) al concetto della qualità totale che, attraverso strategie definite e l'applicazione di procedure operative standardizzate, deve portare alla garanzia di qualità di tutto il processo produttivo. La garanzia di qualità può essere, quindi, definita come l'insieme delle attività pianificate e svolte per assicurare

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che tutti i sistemi e gli elementi che possono influenzare la qualità dei prodotti funzionino come atteso e siano affidabili.

In particolare, l'applicazione di un sistema di qualità nelle strutture trasfusionali è un presupposto essenziale per minimizzare i rischi della trasfusione e per garantire il beneficio terapeutico agli ammalati che debbono ricevere sangue o suoi prodotti.

L'Istituto superiore di sanità, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, dovrà predisporre, in collaborazione con le regioni e sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, un programma di iniziative di formazione finalizzato alla preparazione di tutti gli strumenti tecnici e scientifici utili all'avvio del processo di accreditamento tenendo conto dei requisiti minimi delle strutture trasfusionali, delle norme di gestione e di assicurazione della qualità e degli altri standard riconosciuti a livello internazionale.

L'Istituto superiore di sanità dovrà inoltre favorire e coordinare iniziative similari promosse da altre istituzioni o società scientifiche accreditate.

5.20 Razionalizzazione delle procedure trasfusionali.

Gli organismi di coordinamento a livello nazionale e regionale svolgono un ruolo importante nella razionalizzazione e standardizzazione delle procedure trasfusionali. L'attenta osservazione dei dati del Registro nazionale del sangue e l'attivazione di un nuovo flusso informativo ai fini della programmazione dell'autosufficienza sono condizioni essenziali per la promozione dei sistemi di qualità e per l'avvio delle necessarie azioni correttive.

5.21 Attivazione di sistemi di monitoraggio sull'efficienza ed efficacia delle strutture trasfusionali.

Il competente organismo del Ministero, l'Istituto superiore di sanità, sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, e gli uffici regionali competenti dovranno concordare le modalità di attivazione dei sistemi di monitoraggio delle attività trasfusionali e della verifica della loro efficienza ed efficacia a livello locale, regionale e nazionale.

Tale monitoraggio dovrà riguardare le attività dell'intero sistema donazione/trasfusione e, più in particolare, gli aspetti tecnico-scientifici, gli aspetti legati alle attività produttive e di servizio e gli aspetti economici e gestionali.

L'introduzione di un nuovo flusso informativo permetterà alle strutture di coordinamento e di verifica a livello nazionale e regionale un monitoraggio in tempo reale dei diversi aspetti succitati.

Obiettivo VI: Politica sociale in campo trasfusionale

5.22 Iniziative a sostegno dello sviluppo e delle funzioni istituzionalmente riconosciute alle associazioni e federazioni di volontariato del sangue.

Lo Stato e le regioni riconoscono il ruolo fondamentale ed insostituibile del volontariato, rappresentato dalle associazioni dei donatori volontari di sangue ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833 "Istituzione del servizio sanitario nazionale" in particolare dell'art. 45 e della legge 11 agosto 1991, n. 266 "legge quadro sul volontariato".

Il presente Piano, pertanto, dovrà promuovere e sostenere iniziative volte ad incrementare nei cittadini valori di solidarietà disinteressata e di divulgazione delle possibilità di prevenzione, diagnosi e cura delle principali malattie del sangue. Esso è orientato a stimolare lo sviluppo associativo ed a sostenerne le iniziative tutelandone l'autonomia, favorendo l'apporto originale delle

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Associazioni sia nella fase di programmazione, che in quella di gestione per il conseguimento delle finalità ivi indicate.

Pertanto la realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina uniforme relativamente alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alla gestione delle attività inerenti il sistema donazione/trasfusione è un punto decisivo diretto a garantire continuità e razionalità all'intero sistema.

5.23 Gratuità del sangue e dei suoi prodotti.

La cessione di sangue ed emocomponenti tra aziende sanitarie della stessa regione o di altre regioni si realizza esclusivamente attraverso le strutture trasfusionali pubbliche.

La distribuzione di sangue umano e di suoi prodotti al ricevente è comunque gratuita ed esclude oneri accessori.

I costi di raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano e di suoi componenti e derivati sono a carico del Fondo sanitario nazionale.

Le regioni dovranno attivare, d'intesa con la struttura ministeriale competente, le modalità operative attraverso le quali in ogni circostanza al cittadino non venga addebitato onere alcuno in merito alla distribuzione di sangue, emocomponenti ed emoderivati.

5.24 Potenziamento delle strutture dedicate al riconoscimento del danno biologico.

Il Ministero e le regioni dovranno predisporre tutti i provvedimenti atti a rendere più agile ed equo il riconoscimento dell'eventuale danno biologico da trasfusione.

5.25 Prevenzione.

Le iniziative di educazione sanitaria e le indagini effettuate ai fini della tutela della salute dei donatori e della sicurezza dei riceventi, costituiscono fondamentali attività volte a rappresentare un significativo riferimento epidemiologico e a realizzare alcuni dei principali obiettivi del Piano sanitario nazionale quali: "Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute" e "Contrastare le principali patologie".

5.26 Informazione e tutela dei cittadini.

Dovranno essere promosse, d'intesa con le associazioni dei donatori, iniziative - fra le quali anche la indizione della giornata nazionale per la donazione del sangue, da effettuarsi l'ultima domenica di maggio o la prima di giugno - volte a:

a) sensibilizzare l'opinione pubblica sui valori umani e di solidarietà che si esprimono nella donazione di sangue volontaria, periodica, anonima e non remunerata;

b) promuovere l'informazione sul significato e sul contenuto delle nuove forme di donazione (plasmaferesi, citoaferesi, raccolta di "multicomponenti"), così da rendere partecipe il donatore;

c) divulgare le informazioni inerenti la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sangue, nonchè attivare iniziative per la tutela della salute dei donatori e dei malati emopatici con interventi di educazione sanitaria e di medicina preventiva dei donatori e dei candidati alla donazione di sangue, di emocomponenti e di midollo.

5.26-bis Ruolo degli enti locali.

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"D'intesa con gli enti locali verranno altresì promosse, nell'ambito delle iniziative di prevenzione primaria e promozione della salute programmate dagli enti locali stessi, specifiche iniziative di informazione ai cittadini sugli obiettivi del presente Piano nazionale, di educazione sanitaria e di sensibilizzazione alla donazione del sangue".

5.27 Sviluppo di iniziative per le realtà socio-sanitarie emergenti.

Il quadro epidemiologico della popolazione residente in Italia, come nel resto d'Europa, è in continuo cambiamento e pone nuovi problemi e nuove realtà anche dal punto di vista di nuove forme nosologiche nell'ambito delle malattie del sangue, specie di tipo congenito (sindromi talassemiche, emoglobinopatie, ecc.).

Dovranno essere previsti interventi specifici anche nei confronti delle nuove comunità etniche al fine di coinvolgerle direttamente nei programmi di prevenzione e di tutela della salute.

Obiettivo VII: Autosufficienza europea ed iniziative per la cooperazione internazionale.

5.28 Armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative.

L'Unione europea sta realizzando una serie di iniziative volte ad armonizzare la regolamentazione e l'organizzazione del settore trasfusionale, al fine di migliorare la fiducia dei cittadini nella sicurezza della catena della trasfusione del sangue, e a promuovere l'autosufficienza a livello comunitario.

Tali iniziative riguardano la raccolta del sangue, unitamente alla definizione di programmi di ispezione e di standardizzazione da porre in atto e comprendono anche i controlli di qualità, le procedure di garanzia di qualità e la buona prassi di produzione degli emocomponenti.

Come primo intervento della suddetta strategia, è stata adottata il 29 giugno 1998 dal Consiglio della Unione europea la raccomandazione n. 98/463/CE sull'esigenza di definire requisiti comuni relativi alla idoneità dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea.

Le ulteriori iniziative da intraprendere a supporto di tale strategia possono essere così sintetizzate:

elaborazione di politiche scientificamente fondate e di procedure concordate di selezione dei donatori presso i centri di raccolta sangue della Unione europea, per fornire le necessarie garanzie sulla sicurezza dei prodotti a base di sangue provenienti da qualsivoglia fonte in seno alla stessa Unione;

attuazione di test efficienti, convalidati e attendibili nella Unione europea;

elaborazione di criteri di valutazione della qualità e delle buone prassi di produzione, riguardo alla raccolta, alla trasformazione e alla trasfusione di sangue e di emoderivati, nonchè riguardo alle procedure di sorveglianza dei pazienti;

messa a punto di un sistema di emovigilanza per la raccolta di dati epidemiologici relativi alla catena di trasfusione sanguigna;

messa a punto di programmi educativi destinati ai professionisti della sanità sull'impiego ottimale di sangue e di emoderivati;

sostegno alla diffusione di informazioni sul sangue e sugli emoderivati, nonchè sulle procedure di raccolta, trasformazione e trasfusione attraverso materiali promozionali, film, campagne di informazione ecc.

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proposta di revisione della direttiva del Consiglio 89/381 CEE del 14 giugno 1989 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali e che fissa le disposizioni speciali per i medicinali derivati dal sangue o dal plasma umani.

6. FINANZIAMENTI PER IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL PIANO NAZIONALE SANGUE PLASMA 1999-2001

6.1 Analisi dei problemi.

L'esigenza della definizione di un sistema di finanziamento specifico per il settore trasfusionale, seppur nell'ambito dei meccanismi generali stabiliti, per il Servizio sanitario nazionale, con il decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, è ormai concetto generalmente accettato in ragione delle problematiche relative alla produzione di emocomponenti ed emoderivati come già anticipato in altra parte del presente Piano.

Le peculiarità dei compiti e della strutturazione del servizio trasfusionale suggeriscono, infatti, l'opportunità di adottare anche in Italia logiche di finanziamento particolari, pur nell'ambito di quelle generali del Servizio sanitario nazionale.

Gli aspetti critici di tale questione sono legati in prevalenza alle funzioni produttive del Servizio e, quindi, alla selezione ed ai controlli periodici del donatore, alla raccolta, alla lavorazione e alla validazione degli emocomponenti, alla loro conservazione ed al trasporto, alla produzione del plasma da destinare al frazionamento.

Tali problematiche necessitano, infatti, di una programmazione su scala regionale e nazionale che non si concilia con esigenze di bilancio locale ristretto.

La situazione italiana attuale è caratterizzata da rilevanti squilibri tra aree eccedentarie ed aree carenti e, più in particolare per i prodotti plasmaderivati, da un deficit tra fabbisogno e produzione che viene coperto attraverso il ricorso al mercato internazionale.

Il sistema di finanziamento del Piano, quindi, deve basarsi su criteri programmatori a livello nazionale, su modalità di erogazione, sia da parte delle istituzioni nazionali, sia da parte di quelle regionali debitamente coordinate, che prevedano la cooperazione e gli scambi intra ed inter-regionali, e, - almeno nel breve periodo - il mantenimento delle potenzialità delle strutture eccedentarie e, al contempo, lo sviluppo delle aree carenti.

Nonostante il settore trasfusionale sia considerato quale funzione primaria dello Stato e sia stato oggetto di specifici riferimenti nel Piano sanitario nazionale 1998-2000, è necessario osservare che, al momento, non esistono le condizioni di base al fine di giungere alla definizione di strumenti o meccanismi specifici di finanziamento che possano essere direttamente governati a livello centrale.

Ciò, tuttavia, non esclude la possibilità di pervenire alla definizione di formule alternative che consentano comunque di dare concretezza alle azioni previste dal Piano, soprattutto mediante il diretto coinvolgimento delle regioni e province autonome.

Tale considerazione deriva dalla constatazione che, almeno negli ultimi anni, si è sviluppata una notevole sensibilità di tutti gli attori coinvolti nel settore trasfusionale (regioni, strutture trasfusionali del Servizio sanitario nazionale e organizzazioni del volontariato) che fanno ritenere ragionevolmente possibile giungere alla definizione di strumenti e metodi comuni da applicare su tutto il territorio nazionale al fine del superamento di quei problemi che oggi determinano situazioni di rischio per la popolazione e spreco di risorse.

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La realizzazione di tale orientamento è subordinata alla concretizzazione di due importanti condizioni a livello nazionale:

costituzione dell'organismo di coordinamento nazionale per la gestione delle problematiche relative al settore trasfusionale;

realizzazione del nuovo Sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue.

Si rendono, pertanto, necessari i seguenti atti:

identificazione dei fondi, a livello nazionale, necessari per il finanziamento dell'organismo di coordinamento nazionale e per il progetto di sistema informativo dedicato;

definizione dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi quale valore specifico nell'ambito della quota capitaria;

definizione delle modalità di finanziamento relative a progetti finalizzati al riequilibrio nelle realtà carenti della funzione produttiva rispetto ai consumi effettivi;

formulazione di un modello di riferimento per la gestione della quota di finanziamento destinata al settore trasfusionale in ambito regionale o delle province autonome.

6.2 Finanziamento dell'organismo di coordinamento e del Sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue.

Entro 90 giorni dall'approvazione del presente Piano, viene predisposto un progetto operativo relativo alla costituzione dell'organismo di coordinamento nazionale per la gestione delle problematiche relative al settore trasfusionale sulla base dei compiti e delle funzioni ad esso attribuiti dalla normativa vigente e nel presente Piano giungendo alla definizione del fabbisogno di personale, di tecnologie e spazi fisici nonchè del piano di lavoro relativo al triennio 1999-2001.

Sulla base di tali determinazioni verrà stabilito l'impegno finanziario relativo, distinto in spese di investimento e spese correnti da finanziare su capitoli specifici del bilancio del Ministero della sanità.

Entro lo stesso termine verrà predisposto il progetto operativo relativo alla creazione del sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue. Tale progetto dovrà essere articolato in modo da evidenziare le esigenze finanziarie per la predisposizione dei supporti informatici presso l'organismo di coordinamento nazionale, da finanziare sui capitoli precedentemente richiamati e presso gli organismi di coordinamento che verranno individuati a livello di regione e provincia autonoma.

In quest'ultimo caso il progetto dovrà considerare l'esistenza di supporti informatici presso le sedi regionali ed il loro grado di adeguatezza rispetto al progetto complessivo.

Le spese di progettazione che dovranno essere sostenute per il disegno del sistema informativo nelle sedi regionali saranno finanziate con le quote vincolate del Fondo sanitario nazionale ai sensi del comma 34-bis, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modifiche ed integrazioni. Le spese per investimenti per la successiva realizzazione del progetto (acquisto hardware e software) vengono finanziate, in parte, mediante le quote vincolate del Fondo sanitario nazionale precedentemente richiamate e, per una restante quota, mediante i fondi regionali. I costi da sostenere per la gestione corrente del sistema informativo (assunzione e/o addestramento del personale, manutenzioni, ecc.) sono invece a carico dei Fondi sanitari regionali.

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L'articolazione delle quote a carico dei differenti fondi individuati per il finanziamento del progetto informativo, verrà stabilita dal Ministro della sanità, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 30 giorni dalla presentazione del progetto.

6.3 Determinazione del valore economico-finanziario dei livelli di assistenza essenziali ed uniformi trasfusionali.

Annualmente sarà determinato, dal Ministero della sanità, il valore economico dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi trasfusionali nell'ambito della quota capitaria assegnata alle regioni. Tale valore, in ragione delle autonomie riconosciute alle regioni, resta comunque indicativo. Esso, in ogni caso, non modifica in alcun modo l'ammontare complessivo della quota capitaria assegnata alle regioni, ma rappresenta la parte di Fondo sanitario regionale che deve essere gestita con modalità specifiche al fine di garantire la copertura dei consumi trasfusionali determinati secondo i criteri successivamente illustrati.

L'impegno a perseguire gli obiettivi del Piano resta comunque vincolante per le regioni anche qualora ritenessero di stabilire valori differenti da quelli nazionali.

La determinazione del valore in oggetto viene fissata in ragione dei consumi programmati nelle strutture sanitarie operanti sul territorio di competenza regionale o delle province autonome e, quindi, sulla base dei seguenti indicatori:

indici di consumo internazionali, rapportati alla popolazione, relativi agli emocomponenti ed agli emoderivati;

indici medi di consumo effettivo definiti a livello nazionale sulla base dei flussi informativi generati dal costituendo Sistema informativo nazionale per l'autosufficienza del sangue;

indici di consumo specifici legati a situazioni geografiche particolari correlate all'esistenza di patologie ad elevato consumo di emocomponenti e/o emoderivati.

Fino a quando non saranno rese disponibili le informazioni prodotte dal Sistema informativo nazionale, il valore dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi trasfusionali viene determinato in ragione dei parametri internazionali e delle stime attualmente disponibili in merito ai consumi generati in aree geografiche particolari.

Al fine di stabilire l'ammontare monetario del valore in oggetto, i consumi programmati di cui sopra, determinati inizialmente in termini fisico-tecnici (es. unità di emazie), vengono valorizzati mediante l'utilizzo delle tariffe in vigore.

Le produzioni eccedentarie rispetto ai consumi programmati, come enunciato in precedenza, vengono finanziate mediante:

la mobilità dei pazienti, per la quota impiegata per il trattamento terapeutico di pazienti non residenti;

la contabilizzazione dei flussi di scambio, per le forniture di prodotti emocomponenti ed emoderivati da regioni eccedentarie a quelle carenti;

per il restante valore si procede tramite riallocazione di fondi derivanti dal Fondo sanitario regionale.

L'evidenziazione di quest'ultimo punto sarà resa possibile solo successivamente all'acquisizione dell'informazione del costituendo Sistema informativo nazionale.

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6.4 Definizione di modalità di finanziamento relative a progetti finalizzati al riequilibrio nelle realtà carenti della funzione produttiva con i consumi effettivi.

Il complessivo obiettivo dell'autosufficienza nazionale può essere conseguito attraverso la compensazione delle situazioni di squilibrio tra consumi e produzione che si generano a livello regionale. Tuttavia, in ragione del rilevante impegno finanziario che viene ad essere sostenuto dalle realtà eccedentarie, spesso non coperto dal sistema di tariffazione, si rende necessario concordare, con le regioni carenti, il piano pluriennale necessario per il progressivo adeguamento dei livelli di produzione con quelli di consumo effettivo e/o programmato.

I piani regionali di riequilibrio dovranno essere predisposti entro il 31 dicembre 1999 ed articolati per un periodo temporale sufficientemente lungo da consentire il riequilibrio ritenuto possibile.

A tale scopo le regioni potranno avvalersi delle competenze dell'organismo di coordinamento nazionale che provvederà alla valutazione annuale dei risultati conseguiti al fine del progressivo adattamento dei piani.

I piani dovranno essere oggetto di valutazione da parte delle regioni eccedentarie, al fine di stabilire i relativi piani di ridimensionamento della funzione produttiva.

Le spese relative alla realizzazione dei piani regionali di riequilibrio trovano finanziamento, limitatamente alla parte relativa all'attività di promozione, nell'ambito delle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale ai sensi del comma 34-bis, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modifiche ed integrazioni, purchè ricomprese in ambito di programmi che soddisfino i seguenti criteri e parametri:

abbiano dimensione interregionale;

siano di durata pluriennale;

si propongano risultati (intermedi e finali) misurabili e verificabili e facciano riferimento a obiettivi finalizzati prioritariamente:

alla riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;

all'adozione di programmi di prevenzione di provata efficacia;

al superamento di problemi di carenze strutturali del sistema.

Per il restante valore essi vengono finanziati mediante il Fondo sanitario regionale anche al di fuori della quota indicata per la funzione trasfusionale.

Il Piano sangue e plasma regionale assume quali obiettivi prioritari quelli definiti nei piani di riequilibrio pluriennali per il periodo di competenza.

6.5 Formulazione di un modello di riferimento per la gestione della quota di finanziamento destinata al settore trasfusionale in ambito regionale e delle province autonome.

Al fine di garantire il perseguimento delle finalità e degli scopi del Piano sanitario nazionale, del Piano nazionale sangue e plasma e degli specifici Piani sangue e plasma regionali, si ritiene utile suggerire, fatta salva l'autonomia organizzativa delle regioni, la costituzione di un Fondo regionale per la funzione trasfusionale al fine di sostenere la produzione di emocomponenti e di emoderivati o di regolamentarne la cessione direttamente tra aziende sanitarie secondo un meccanismo tariffario coerente con le politiche regionali.

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Tale necessità deriva dal riconoscimento della sovraziendalità della funzione di produzione di emocomponenti ed emoderivati e dalla partecipazione delle regioni al programma di autosufficienza nazionale definito nel presente piano.

Lo scopo del fondo regionale in parola consiste nel sostenere i livelli di produzione programmata finalizzata a coprire i consumi locali della singola azienda e, qualora venga concordato, di altre aziende della regione o fuori dalla stessa e a garantire la copertura dei costi relativi all'eventuale acquisizione programmata dei medesimi prodotti in caso di carenza.

Il meccanismo di funzionamento del sistema di finanziamento proposto viene di seguito descritto nelle sue linee generali.

Il valore economico del Fondo viene calcolato trasformando in termini monetari i consumi programmati complessivi di emocomponenti e emoderivati delle strutture sanitarie, pubbliche e private, che operano sul territorio della regione o provincia autonoma. Il Fondo viene inoltre integrato in ragione dell'eventuale produzione eccedentaria programmata per la cessione ad altri Sistemi sanitari regionali. La costituzione del Fondo determina una riduzione dei finanziamenti delle strutture sanitarie, accreditate o provvisoriamente accreditate, corrispondente ai livelli di consumo programmato specifici e l'accantonamento di quote del Fondo sanitario regionale relativamente ai consumi delle strutture private non accreditate.

L'entità dei consumi programmati viene stabilita in ragione dei consumi storici, della valutazione del loro andamento anche sulla base dell'evoluzione del sistema sanitario a livello locale, dei programmi sul buon uso del sangue e dell'impiego di prodotti ricombinanti.

Inoltre il valore relativo al consumo dovrà essere determinato in modo da considerare opportunamente, comunque in modo distinto, le previsioni formulate a livello locale in merito all'approvvigionamento con prodotti acquisiti e da acquisire sul mercato.

Lo stesso fondo viene utilizzato per finanziarie:

i livelli di produzione di emocomponenti programmati con ciascuna struttura trasfusionale della regione;

il frazionamento industriale del plasma;

l'eventuale acquisizione di emocomponenti ed emoderivati da altre realtà sanitarie fuori regione o sul mercato;

i progetti obiettivo formulati, a livello nazionale, dalle associazioni di volontariato del sangue per la sensibilizzazione e la promozione della donazione del sangue e plasma nelle regioni carenti al fine di raggiungere in tempi brevi la loro autosufficienza.

Il meccanismo di finanziamento regionale è quindi organizzato in modo che ciascuna azienda sanitaria partecipi limitatamente agli effettivi fabbisogni e, al contempo, che ciascuna azienda sede di struttura trasfusionale venga finanziata in ragione degli obiettivi di produzione concordati.

I vantaggi, per le aziende sanitarie, si traducono in minori costi relativi alle eventuali produzioni eccedentarie e non collocate presso altre aziende e, per le strutture trasfusionali, in recuperi di efficienza ed efficacia derivanti dalla possibilità di operare con livelli di programmazione più elevati.

Inoltre il costo della lavorazione industriale del plasma viene caricato a livello regionale e finanziato mediante l'impiego del fondo.

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L'organismo regionale deputato alla gestione del rapporto con le imprese si assume quindi il rischio imprenditoriale legato alla gestione delle eccedenze di emoderivati non collocabili sul mercato regionale.

Per le eccedenze non collocabili sul mercato nazionale e derivanti dalla produzione di plasma programmato, viene concordato un piano di collocazione sul mercato internazionale con l'eventuale assistenza dell'organismo nazionale.

In considerazione del fatto che gran parte del fabbisogno regionale viene coperto mediante le strutture trasfusionali locali e che il meccanismo di finanziamento proposto considera anche tutte le operazioni di scambio interne alla regione, il fondo regionale, al di là delle quote che vengono riassegnate alle aziende in forma di finanziamento vincolato, resta determinato dai valori relativi al finanziamento dell'impresa di frazionamento del plasma e per l'acquisto di prodotti emocomponenti ed emoderivati da altre realtà sanitarie nazionali o sul mercato.

Nell'ambito del fondo regionale dovrà essere prevista, come scritto anche in precedenza, la quota necessaria di finanziamento per garantire, attraverso la produzione locale o l'acquisto sul mercato, anche la copertura dei fabbisogni delle strutture sanitarie private non accreditate.

Per la valorizzazione dei consumi e dei livelli di produzione programmati, al fine della determinazione dell'entità economica del fondo regionale, vengono impiegate le tariffe attualmente in vigore per gli emocomponenti e, per quanto riguarda gli emoderivati, i prezzi medi di mercato, eventualmente corretti in ragione dei costi effettivi di produzione per la quota derivante dal frazionamento del plasma regionale.

Le regioni, qualora lo ritengano opportuno, possono utilizzare parametri differenti da quelli ipotizzati al fine di garantire una maggiore aderenza tra meccanismi di finanziamento e costi sostenuti dalle diverse strutture sanitarie.

Decreto 4 agosto 2000

"Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione del controllo di Stato delle specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti C1 inattivatore umano

(inibitore del C1 esterasi)"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 250 del 25 Ottobre 2000)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 1991, cosi come modificato dal decreto legislativo 18 febbraio 1997, n. 44, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 1997 «Attuazione della direttiva 93/39/CEE, che modifica le direttive 65/65/CEE, 75/318/CEE e 75/319/CEE relative ai medicinali»; Visto in particolare l'art. 22, comma 5, del predetto decreto legislativo, con il quale vengono stabilite norme in materia di controlli di stato sulle specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani e sulle relative procedure tecniche di esecuzione;

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Visto il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 267, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 18 del 3 agosto 1993 «Riordinamento dell'Istituto superiore di sanità»; Visti i decreti ministeriali del 22 aprile 1996, pubblicati nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 199 del 26 agosto 1996, concernenti rispettivamente procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti albumina; procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti fattori della coagulazione; procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti immunoglobuline normali e specifiche; Vista la linea guida elaborata dall'European Network of Official Medicines Control Laboratories PA/PH/OMC1(97)51,DEF (Official Control Authority Batch Release of Clotting Factor Concentrates, Plasma Inhibitor Concentrates and Fibrin Sealants); Considerato che l'Istituto superiore di sanità, con nota n. 11995/Imm.22 in data 8 giugno 2000, ha comunicato le procedure di controllo e le relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o dal plasma umani contenenti C1 inattivatore umano (inibitore del C1 esterasi); Visto il parere favorevole espresso in proposito dal Consiglio superiore di sanità nella seduta del 13 luglio 2000;

Decreta: Art. 1.

Sono sottoposte a controllo di Stato, partita per partita, prima dell'immissione in commercio, le specialità medicinali derivate dal sangue e dal plasma umani contenenti C1 inattivatore umano (inibitore del C1 esterasi). L'Istituto superiore di sanità, ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 267, effettua i relativi controlli.

Art. 2. Le spese del controllo sono a carico del produttore nella misura prevista dalla normativa vigente.

Art. 3. 1. Il controllo di Stato non è richiesto per le specialità medicinali già sottoposte ad analogo controllo da parte della autorità sanitaria di uno Stato che faccia parte dell'Unione europea o con il quale esistano accordi bilaterali. 2. In tal caso per ogni lotto, prima della immissione in commercio, dovrà essere fornita al Ministero della sanità copia autenticata del certificato originale di rilascio.

Art. 4. Le procedure tecniche per l'esecuzione del controllo di Stato sulle predette specialità derivate dal sangue o dal plasma umani sono allegate al presente decreto e ne costituiscono parte integrante.

Art. 5. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entrerà in vigore dopo il sessantesimo giorno dalla sua pubblicazione. Roma, 4 agosto 2000

Il Ministro: VERONESI Registrato alla Corte dei conti il 20 settembre 2000 Registro n. 2 Sanità, foglio n. 135

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Modifica il Decreto Legislativo 30 Dicembre 1992

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1º settembre 2000

"Atto di indirizzo e coordinamento in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie relative alla medicina

trasfusionale"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 274 del 23 novembre 2000)

IL PRESIDENTE

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Visto l'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, che prevede la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, mediante atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Consiglio superiore di sanità, nonché la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati»; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 «Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private»; Visto il decreto ministeriale 1° marzo 2000 «Adozione del progetto relativo al Piano nazionale sangue e plasma»; Visto l'art. 8, comma 4 e comma 5, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa»; Visto l'art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni; Considerata la necessità di integrare il sopracitato decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, con i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie relative alla medicina trasfusionale; Sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale nella seduta del 10 novembre 1998; Sentito il Consiglio superiore di sanità nella seduta del 27 ottobre 1999; Vista l'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni in data 1° giugno 2000; Consultate le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 agosto 2000; Sulla proposta del Ministro della sanità;

Decreta: Art. 1.

È approvato il seguente atto di indirizzo e coordinamento. Art. 2.

Approvazione dei requisiti

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1. Ferma restando la competenza delle regioni e delle province autonome nel disciplinare la materia delle autorizzazioni sanitarie, sono approvati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività di medicina trasfusionale, riportati nell'allegato parte integrante del presente decreto, tenuti presenti in quanto applicabili: i requisiti minimi organizzativi generali; i requisiti minimi per lo svolgimento dell'attività ambulatoriale; i requisiti minimi per i servizi di medicina di laboratorio (per la parte dell'attività delle strutture trasfusionali che è riconducibile all'attività analitica); i requisiti minimi per il day-hospital contenuti nel sopracitato decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997.

Art. 3. Definizione dei requisiti

1. Le strutture di cui all'art. 5 sono tenute a rispettare e ad adeguarsi ai requisiti minimi generali e specifici, di cui all'art. 2. Restano ferme le prescrizioni contenute nella normativa nazionale, regionale e nei regolamenti edilizi comunali. 2. Le regioni disciplinano le modalità per l'accertamento e la verifica del rispetto dei requisiti minimi. 3. La verifica della permanenza dei requisiti minimi deve essere effettuata con periodicità almeno quinquennale e ogni qualvolta le regioni ne ravvisino la necessità ai fini del buon andamento delle attività sanitarie. 4. Le regioni determinano, ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 7 dell'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, gli standard di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione di cui all'art. 2. 5. I requisiti ulteriori, di cui al comma 4 del presente articolo, oltre che presupposto per l'accreditamento, costituiscono altresì il fondamento dei piani annuali preventivi, così come previsti e definiti dalla normativa vigente.

Art. 4. Modalità di applicazione

1. Le regioni entro un anno dalla pubblicazione del presente decreto, nell'ambito della propria autonomia, danno attuazione alle sue disposizioni. 2. Con lo stesso provvedimento le regioni dettano disposizioni circa i tempi e le modalità per l'adeguamento delle strutture sanitarie pubbliche e private già autorizzate e in esercizio ai requisiti minimi stabiliti dal presente decreto, da prevedersi entro i termini contemplati dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997. 3. I requisiti minimi di cui al presente decreto trovano immediata applicazione nel caso di realizzazione di nuove strutture e di ampliamento o trasformazione di strutture già esistenti. Per ampliamento si intende un aumento del numero dei posti letto o l'attivazione di funzioni sanitarie aggiuntive rispetto a quelle precedentemente svolte; per trasformazione si intende la modifica delle funzioni sanitarie già autorizzate o il cambio d'uso, con o senza lavori, degli edifici o di parti di essi destinati a ospitare nuove funzioni sanitarie.

Art. 5. Classificazione delle strutture

1. Le regioni classificano le strutture in relazione a quanto stabilito dalla legge 4 maggio 19110, n. 107, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e integrazioni.

Art. 6. Norma di garanzia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome

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1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente atto di indirizzo e coordinamento nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Il presente decreto sarà trasmesso alle competenti commissioni parlamentari e verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 1° settembre 2000

Il Presidente del Consiglio dei Ministri

AMATO Il Ministro della sanità VERONESI

Registrato alla Corte dei conti il 12 ottobre 2000 Registro n. 3 Presidenza del Consiglio dei Ministri, foglio n. 322

ALLEGATO

DEFINIZIONE I Servizi di Medicina Trasfusionale debbono garantire le seguenti funzioni sulla base degli obiettivi della programmazione nazionale, regionale e locale: a) attività di produzione: sono volte a garantire la costante disponibilità di sangue, emocomponenti ed emoderivati. Esse comprendono la selezione ed i controlli periodici del donatore, la raccolta, la lavorazione e va lidazione degli emocomponenti, la conservazione ed il trasporto, la produzione di plasma da destinare alla lavorazione degli emoderivati. I livelli di tale attività e dell'organizzazione che ne consegue debbono essere definiti in base alla programmazione regionale, in forma dipartimentale b) attività di servizio: esse comprendono l'assegnazione del sangue e la distribuzione di sangue e derivati, l'urgenza e l'emergenza, la medicina trasfusionale, eventuali ulteriori competenze nel campo della diagnosi e della cura assegnate dalla programmazione regionale ed aziendale. L'organizzazione di tali attività è direttamente correlata alla complessità della rete ospedaliera del territorio di competenza. Ai fini di rispondere all'esigenza di pervenire ad una razionalizzazione del sistema trasfusionale, l'organizzazione dipartimentale, così come definito dal decreto ministeriale del 1° marzo 2000, della rete trasfusionale dovrà svolgere attività di: coordinamento delle attività trasfusionali nel territorio di competenza come definito dalla

pianificazione regionale garanzia del servizio emergenza/urgenza nelle 24 ore omogeneizzazione e standardizzazione di tutte le procedure operative concentrazione delle attività produttive e di qualificazione biologica delle donazioni diffusione uniforme in tutti i presidi ospedalieri pubblici e privati dei territorio di competenza

delle attività di servizio diffusione delle attività di raccolta sangue nell'ambito dei punti di raccolta definiti dalla

pianificazione regionale razionalizzazione dell'impiego delle risorse attività di formazione del personale e di ricerca e sviluppo.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA E DOCUMENTAZIONE RELATIVA

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La Direzione Aziendale, su proposta del Responsabile della struttura trasfusionale, provvederà a formulare documenti che descrivono obiettivi ed attività delle strutture trasfusionali, in conseguenza della duplice attività espletata dai SIMT ed indicata in definizione. Deve essere presente un documento che, in funzione del livello su cui è collocata la struttura trasfusionale nell'ambito dipartimentale, espliciti i servizi offerti dalla struttura stessa i servizi forniti dalla struttura appoggiandosi ad altre strutture (trasfusionali o non)

Fatto salvo quanto già previsto dalla normativa, il responsabile della struttura trasfusionale deve predisporre procedure scritte che definiscono le modalità con cui vengono attuate le attività seguenti, individuando anche i relativi responsabili: Produzione Criteri e modalità per la selezione, l'accettazione, i controlli periodici dei donatori e l'attività di

raccolta Programmazione ed attuazione della raccolta del sangue ed aferesi produttiva Criteri e modalità della produzione degli emocomponenti Criteri e modalità della qualificazione biologica e della validazione degli emocomponenti Criteri e modalità per la conservazione e il trasporto degli emocomponenti Criteri e modalità per assicurare la tracciabilità di ogni operazione relativa alla produzione delle

unità trasfusionali Medicina Trasfusionale Criteri per l'assegnazione del sangue e dei suoi componenti Definizione delle situazioni di urgenza/emergenza e modalità con cui si garantisce la risposta a

tali situazioni Definizione della consulenza trasfusionale e modalità con cui si assicura tale attività Criteri per l'applicazione delle procedure di trasfusione autologa, con individuazione delle

modalità di effettuazione Criteri per l'applicazione delle procedure di aferesi terapeutica, con individuazione delle modalità

di effettuazione Diagnostica immunoematologica

Rapporti esterni Modalità operative di collaborazione con: Associazioni e Federazioni di volontariato del sangue Altre Aziende Sanitarie per lo scambio di sangue ed emocomponenti Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione Industria convenzionata per il frazionamento

Distribuzione dei farmaci emoderivati Dovrà essere predisposto, in collaborazione con il Servizio Farmaceutico Aziendale e con il Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione, un piano di approvvigionamento e distribuzione dei farmaci emoderivati prodotti nell'ambito della convenzione regionale per la produzione degli emoderivati a partire dal plasma raccolto dalle strutture trasfusionali regionali. Su tutte queste attività devono esistere dati che documentano la verifica periodica dell'andamento (almeno semestrale); esiste una pubblicazione annuale. GESTIONE DELLE RISORSE UMANE E RELATIVA DOCUMENTAZIONE La Direzione Aziendale, su proposta del Responsabile della struttura trasfusionale, definisce il fabbisogno di personale: in termini numerici (equivalenti a tempo pieno) per ciascuna professione per posizione funzionale per qualifica in rapporto ai volumi ed alle tipologie delle attività, secondo criteri specificati dalla normativa.

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Deve essere predisposta una documentazione che definisce le funzioni, i compiti e le responsabilità di tutte le figure professionali presenti nel servizio. Ogni struttura trasfusionale deve dotarsi di un organigramma in cui siano definite le singole responsabilità riguardanti tutte le attività del servizio. Deve esistere un piano di formazione-aggiornamento del personale con indicazione del Responsabile; il personale dovrà essere formato almeno su questi argomenti: attività e processi, sistema di qualità, igiene, sicurezza, sistemi di comunicazione. Tale piano deve includere le modalità per l'inserimento del personale di nuova acquisizione. Devono essere definite le competenze necessarie delle diverse attività e devono esistere procedure per la verifica della persistenza di tali competenze. L'acclusa tabella A riporta esempi di definizione delle competenze del personale. GESTIONE DELLE RISORSE TECNOLOGICHE E DOCUMENTAZIONE La Direzione Aziendale, su proposta del Responsabile della struttura trasfusionale, definisce il fabbisogno della dotazione tecnologica in rapporto alla tipologia e ai volumi delle attività programmate. Sono di seguito elencate le aree funzionali per le quali si deve definire il fabbisogno: Area Accettazione e prelievi Donatori di Sangue Definizione di presidi ed attrezzature idonei all'esecuzione di prelievi (di sangue intero e/o di aferesi, a seconda della tipologia di produzione programmata per la struttura) Area preparazione emocomponenti, con definizione delle attrezzature idonee alla produzione ed alla conservazione degli emocomponenti Area di laboratorio per la qualificazione biologica delle unità trasfusionali, con definizione della dotazione di attrezzature idonee alle indagini diagnostiche eritrocitaria. Area di conservazione, assegnazione e distribuzione, con definizione dei presidi ed attrezzature idonee per la tipizzazione di pazienti e l'assegnazione delle unità compatibili Area delle prestazioni di diagnosi e cura, con definizione dei presidi ed attrezzature idonee all'esecuzione delle attività di medicina trasfusionale e di diagnosi e cura, con complessità crescenti in relazione alle richieste derivanti dalla pianificazione aziendale e regionale Per ogni area così identificata devono essere disponibili e visibili l'inventario di tutte le attrezzature presenti e funzionanti documentazione che tutte le attrezzature sono a norma di legge sistema di stabilizzazione sulle linee di alimentazione delle aree sistemi di controllo della temperatura ambientale (con particolare riguardo ai sistemi di

registrazione e di allarmi remoti per tutte le attrezzature destinate alla conservazione del sangue e dei suoi componenti, in conformità alla legislazione vigente) documentazione relativa alle procedure e agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria

delle apparecchiature in dotazione, con precisa individuazione dei responsabili. Devono esistere procedure per la verifica della persistenza della validità e della sufficienza di tali dotazioni tecnologiche. L'acclusa tabella B riporta esempi di definizione delle risorse tecnologiche minime. VALUTAZIONE E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ Il concetto di qualità si è evoluto passando dal controllo di qualità del prodotto finale (che mette in evidenza ma non previene eventuali errori) al concetto di qualità totale che, attraverso strategie definite e l'implementazione di procedure operative standard, deve portare alla garanzia di qualità di tutto il processo produttivo (e che include anche il controllo di qualità). La garanzia di qualità può quindi essere definita come l'insieme delle attività pianificate e svolte per assicurare che tutti i sistemi e gli elementi che possono influenzare la qualità dei prodotti funzionino come atteso e siano affidabili.

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In particolare, l'implementazione di un sistema di qualità nelle strutture trasfusionali è un presupposto essenziale per minimizzare i rischi della trasfusione e per garantire il beneficio terapeutico ai pazienti che ricevono sangue e/o suoi prodotti. Deve esistere una documentazione opportunamente raccolta e aggiornata periodicamente sulla base delle prescrizioni di legge, a riguardo delle necessità degli utenti e delle attività di valutazione predisposte sia dalla struttura trasfusionale sia dal Comitato Ospedaliero per il Buon Uso del Sangue. Tutte le iniziative conseguenti devono essere documentate. Lo scopo di un sistema di qualità connesso con le attività trasfusionali è quello di assicurare una buona ed uniforme sicurezza; la documentazione di cui sopra dovrà pertanto contenere informazioni circa l'adozione, la verifica della persistenza e l'implementazione di standard specifici riguardo a: Organizzazione Personale Attrezzature Qualificazione dei fornitori Controllo dei processi, ispezione finale e gestione Gestione della documentazione Incidenti, errori ed accidenti Valutazione interna ed esterna Valutazione dei risultati di salute Valutazione delle modalità di utilizzo del sangue e dei suoi prodotti Programmi di miglioramento del processo Misure generali di sicurezza

SISTEMA INFORMATIVO Il sistema informativo è finalizzato alla raccolta, elaborazione ed archiviazione dei dati di struttura, processo ed esito, con gli obiettivi di: supportare le politiche e gli obiettivi della programmazione nazionale, regionale ed aziendale in

termini di produzione di sangue e derivati fornire il ritorno informativo alle strutture organizzative, necessario per le valutazioni di loro

competenza rispondere al debito informativo nei confronti dei livelli sovra-ordinati garantire la sicurezza del donatore, del ricevente in relazione alla tracciabilità di ogni operazione

relativa alle unità di sangue ed emocomponenti. Sulla scorta delle richieste della pianificazione nazionale, regionale ed aziendale, la Direzione Aziendale, su proposta della Direzione della struttura trasfusionale, deve assicurare: l'individuazione dei bisogni informativi dell'organizzazione la struttura del sistema informativo le modalità di raccolta la diffusione ed utilizzo delle informazioni la valutazione della qualità del dato l'integrazione delle informazioni prodotte nelle attività correnti delle singole unità operative,

sezioni, uffici etc. Deve essere individuato un referente del sistema informativo responsabile delle procedure di raccolta e verifica della qualità (riproducibilità, accuratezza, completezza) e diffusione dei dati, ferme restando le responsabilità specifiche previste da norme nazionali. I dati minimi che devono essere assicurati dal sistema informativo delle strutture trasfusionali (come dati di base o come dati risultanti da elaborazioni) riguardano: donatori caratteristiche del sangue donato contenitori del sangue e dei suoi prodotti

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sessioni di donazione unità organizzative interessate consumi di sangue e suoi prodotti nei presidi ospedalieri afferenti al dipartimento, in relazione ai

casi trattati capacità produttiva del dipartimento flussi di scambio intra ed interdipartimentali gestione delle scorte sistema di emovigilanza epidemiologia relativa allo stato di salute della popolazione dei donatori di sangue

Tabella A: Esempi di definizione delle competenze del personale Personale medico

Ha le responsabilità della qualifica e relative competenze professionali con particolare riferimento alle seguenti attività: attività di raccolta, validazione e qualificazione biologica delle donazioni, produzione di emocomponenti e assegnazione degli stessi, laboratorio di immunoematologia (e altre attività di laboratorio se previste), medicina trasfusionale, direzione e coordinamento. Attività di diagnosi e cura dei pazienti ambulatoriali e in regime di day-hospital.

Personale laureato non medico

Ha la responsabilità della qualifica e relative competenze professionali con particolare riferimento alle seguenti attività: validazione e qualificazione biologica delle donazioni, produzione di emocomponenti, laboratorio di immunoematologia, altre attività di laboratorio se previste. Particolare rilievo assume la figura del biologo per l'attuazione dei programmi di controllo di qualità delle procedure di laboratorio.

Personale Tecnico di Laboratorio

Ha le responsabilità della qualifica e relative competenze professionali con particolare riferimento alle seguenti attività: supporto alle attività di raccolta, validazione e qualificazione biologica del sangue raccolto, produzione di emocomponenti, assegnazione e distribuzione, laboratorio di immunoematologia, altre attività di laboratorio se previste. Attività di supporto ,amministrativo, per quanto di competenza, con particolare riferimento alla tenuta e compilazione dei registri di legge ed alla informatizzazione. Esecuzione tecnica delle procedure, gestione/manutenzione ordinaria delle apparecchiature.

Personale Infermieristico (Caposala, Infermiere professionale, Assistente

Ha le responsabilità della qualifica e relative competenze professionali. Svolge le funzioni infermieristiche inerenti la raccolta di sangue ed emocomponenti, l'aferesi terapeutica, le vaccinazioni necessarie ai donatori e politrasfusi (es. anti-epatite B), l'attività assistenziale in day-hospital, se

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sanitaria) previsto. Nell'ambito del day hospital si rende inoltre garante dell'igiene ambientale, dell'attivazione e gestione delle procedure di ammissione e dimissione degli utenti, della verifica periodica della qualità dell'assistenza e del grado di soddisfazione dei bisogni dell'utenza. Collabora con le Associazioni e Federazioni di volontariato per l'organizzazione di campagne di propaganda, prevenzione ed educazione alla salute nei confronti dei donatori e pazienti. Effettua le rilevazioni statistiche necessarie, ivi comprese quelle inerenti il registro nazionale sangue. Svolge altresì funzioni di carattere organizzativo e le attività amministrative legate all'informatizzazione di specifica competenza infermieristica.

Personale ausiliario Ausiliario socio sanitario specializzato, Operatore tecnico addetto all'assistenza

Effettua quanto previsto dal profilo dell'ausiliario socio-sanitario specializzato, con particolare attenzione all'igiene ambientale e alla gestione delle scorte di materiali.

Personale amministrativo

L'assistente amministrativo effettua tutte le attività legate alla propria figura professionale comprese: le attività amministrative conseguenti alla corretta valorizzazione delle prestazioni della struttura trasfusionale nonchè ai corretti rapporti con le industrie convenzionate addette alla lavorazione degli emoderivati e quelle relative alla informatizzazione dati e alla gestione magazzino scorte materiali e reagenti.

Autista Ha le responsabilità della qualifica e relative competenze

professionali con particolare riferimento alle seguenti attività: raccolta mobile. Trasporto del sangue, degli emocomponenti a scopo trasfusionale e dei campioni biologici, sia in condizioni ordinarie che in situazioni di urgenza.

Tabella B: esempi di definizione delle risorse tecnologiche minime

Area di Accettazione e prelievi Donatori di Sangue

Poltrone da prelievo, bilance da prelievo, sfigmomanometri, apparecchio per. emometria, analízzatore per analisi estemporanee (protidemia, ALT, ecc.), separatori cellulari dedicati alla produzione, termosaldatrice da banco e portatile, attrezzature per rianimazione e trattamenti di emergenza.

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Area di preparazione di emocomponenti

Cappa sterile, bilancia equilibratrice per centrifuga da scomposizione, centrifuga refrigerata per scomposizione sacche, attrezzatura per separazione emocomponenti, termosaldatrice da banco e portatile, termosaldatrice per saldature sterili, agitatore per concentrati piastrinici, termostato, congelatore rapido, misuratore di pH.

Area di conservazione, assegnazione e distribuzione del sangue e dei suoi componenti

Centrifughe da laboratorio, bilancia analitica, microscopio, agglutinoscopio, centrifughe da laboratorio di cui almeno una refrigerata, frigoriferi e armadi frigoriferi, emoteche standard, congelatori a - 20, - 30 - 40 e -80 °C, stufa termostatica a secco, bagno termostatico scongelatore per plasma

Area delle prestazioni ambulatoriali

Letti ed attrezzature per terapia trasfusionale ambulatoriale (separatori cellulari dedicati alla terapia, poltrone e bilance da prelievo e salasso), attrezzature per rianimazione e trattamenti di emergenza.

Decreto 7 settembre 2000 Modifica il Decreto Ministeriale 12 Giugno 1991 Decreto 7 settembre 2000 "Disposizioni sull'importazione ed esportazione del sangue umano e dei suoi prodotti, per uso terapeutico, profilattico e diagnostico" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 248 del 23 Ottobre 2000) IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati» con particolare riguardo all'art. 15, commi 1 e 3, che autorizza il Ministro della sanità a fissare le modalità per l'importazione ed esportazione del sangue umano conservato e dei suoi derivati, per uso terapeutico, profilattico e diagnostico; Visto il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, concernente il «Recepimento delle direttive della Comunità economica europea in materia di specialità medicinali», come modificato dal decreto legislativo 6 febbraio 1997, n. 44, e relativi decreti

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applicativi; Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante «Attuazione delle direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro», come modificato e integrato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242; Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee»; Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, concernente «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59», in particolare l'art. 126; Visto il decreto ministeriale 27 dicembre 1996, n. 704 «Regolamento recante norme sull'individuazione degli uffici centrali e periferici di livello dirigenziale del Ministero della sanità»; Visto il decreto ministeriale 12 giugno 1991, recante «Disposizioni sull'importazione ed esportazione del sangue umano e dei suoi derivati per uso terapeutico, profilattico e diagnostico», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 giugno 1991, n. 148; Visto il decreto ministeriale 1° settembre 1995, concernente «Costituzione e compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri»; Visti i decreti ministeriali 22 aprile 1996, concernenti, rispettivamente, «Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o plasma umano, contenenti albumina», «Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o plasma umano, contenenti fattori della coagulazione», «Procedure di controllo e relative modalità di esecuzione per le specialità medicinali derivate dal sangue o plasma umano, contenenti immunoglobuline normali e specifiche»; Visto il decreto ministeriale 11 febbraio 1997, concernente «Modalità di importazione di specialità medicinali registrate all'estero»; Visto il decreto ministeriale 29 agosto 1997, concernente «Procedure di autorizzazione all'importazione parallela di specialità medicinali per uso umano»; Visto il decreto ministeriale 19 marzo 1998, recante «Disposizioni concernenti medicinali derivati dal sangue o plasma umano»; Visto il decreto ministeriale 29 marzo 1999, concernente «Introduzione della ricerca di acido nucleico del virus dell'epatite C mediante la tecnica di amplificazione genica nei pool di plasma umano utilizzati per la produzione di emoderivati»; Ritenuto di dover aggiornare le disposizioni del citato decreto ministeriale 12 giugno 1991, alla luce delle intervenute modifiche legislative e delle innovazioni in campo scientifico e tecnologico; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, di cui all'art.

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12 della legge 4 maggio 1990, n. 107, nella seduta del 6 ottobre 1998; Sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 1° giugno 2000; Decreta: Art. 1. 1. Il presente decreto regola l'importazione e l'esportazione del sangue umano e dei suoi prodotti per uso terapeutico, profilattico e diagnostico anche in relazione allo stato di avanzamento del piano di incremento produttivo di sangue e di plasma nazionali. Esso è sottoposto ad aggiornamento sentiti la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale e l'Istituto superiore di sanità, ed in attuazione delle normative europee del settore, tenendo conto delle innovazioni in campo scientifico e tecnologico finalizzate a garantire la sicurezza dei prodotti. Art. 2. 1. L'importazione e l'esportazione di plasma e di emo o plasmaderivati, sono autorizzate dal Ministero della sanità - Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza nei confronti degli interessati che risultino regolarmente autorizzati alla produzione e presentino la relativa istanza corredata da idonea documentazione, conformemente all'allegato 1 del presente decreto, sui requisiti di qualità e sicurezza di tali prodotti, come richiesti dalla vigente normativa in materia di protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue. 2. Il Ministero della sanità consente l'importazione dei suddetti prodotti dopo aver acquisito da parte delle autorità sanitarie e dei produttori dei Paesi esportatori idonea documentazione sull'origine del prodotto, sui dettagli delle metodiche utilizzate e ogni altra notizia atta a fornire le garanzie necessarie per assicurare la protezione dei donatori e dei riceventi. 3. L'autorizzazione all'importazione è altresì concessa a condizione che il richiedente sia in grado di eseguire sul prodotto importato i controlli previsti dalla Farmacopea ufficiale, stabiliti con appositi provvedimenti del Ministero della sanità e raccomandati da norme internazionali e possa assicurare in qualsiasi momento e per qualsiasi evenienza la pronta disponibilità della documentazione relativa alla selezione dei donatori. 4. L'eccedenza di emo o plasmaderivati, ottenuta da plasma nazionale, potrà essere utilmente esportata, previa relativa autorizzazione, per contribuire al soddisfacimento del fabbisogno europeo nell'ambito del progetto di cooperazione internaziona le nonché per fini umanitari; i prodotti di cui sopra devono essere parimenti sottoposti a tutti i controlli previsti dalla normativa vigente. 5. II rilascio dell'autorizzazione all'esportazione di emo o plasmaderivati, importati ai fini della lavorazione per l'esportazione, prescinde dalla valutazione del raggiungimento dell'autosufficienza nazionale. La predetta autorizzazione è

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subordinata alla garanzia di conformità della materia prima importata e dei prodotti lavorati dalla stessa derivati e da esportare, ai requisiti richiamati nel comma 1 del presente articolo. Art. 3. 1. È consentita l'importazione di specialità medicinali costituite da emo o plasmaderivati prodotte in officine farmaceutiche site in Paesi esteri, ma regolarmente autorizzate all'immissione in commercio in Italia, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, e successive modificazioni. 2. È altresì consentita l'importazione di specialità medicinali emo o plasmaderivate soggette alle procedure di autorizzazione all'importazione parallela previste dal decreto ministeriale 29 agosto 1997, a condizione che tali prodotti, nel Paese di provenienza, risultino autorizzati alla commercializzazione per uso terapeutico umano. 3. Alla importazione di specialità medicinali di cui ai precedenti commi 1 e 2, non si applicano i controlli di Stato prescritti dai decreti ministeriali 22 aprile 1996 e successive integrazioni, quando risultino già sottoposte ad analoghi controlli da parte dell'autorità sanitaria di uno Stato europeo ovvero di altro Stato con il quale esistano accordi bilaterali. In mancanza di questi controlli nel Paese di provenienza, l'immissione in commercio di tali specialità medicinali emo o plasmaderivate resta comunque subordinata alla esecuzione dei prescritti controlli di Stato da parte dell'Istituto superiore di sanità, o di un laboratorio della rete europea (OMCL), prima della loro commercializzazione. 4. È sottoposta a specifica autorizzazione l'importazione di emo o plasmaderivati prodotti all'estero e ammessi alla sperimentazione clinica in Italia. A tale fine la ditta interessata deve dimostrare, con documentazione tecnica, che i processi di produzione e di rimozione/inattivazione virale adottati sono adeguati alle specifiche europee e internazionali. Art. 4. 1. In caso di mancanza di analoghe valide alternative terapeutiche con medicinali emo o plasmaderivati disponibili nel commercio nazionale, il Ministero della sanità - Dipartimento per la valutazione dei farmaci e la farmacovigilanza - può autorizzare, caso per caso, l'importazione di specialità medicinali legalmente in commercio nel Paese di provenienza ma non ancora registrate in Italia. 2. Nel caso indicato nel precedente comma 1 l'autorizzazione viene rilasciata a seguito di specifica richiesta medica motivata e a condizione che i prodotti emo o plasmaderivati in questione risultino preparati nei Paesi di provenienza secondo i requisiti di sicurezza e di qualità, compresi i controlli di Stato, equivalenti a quelli richiesti dalla autorità sanitaria italiana. 3. La richiesta compilata dal medico utilizzatore deve riportare le informazioni necessarie di cui all'allegato 2.

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Art. 5. 1. L'autorizzazione all'importazione e all'esportazione di sangue e di emocomponenti nonché di cellule staminali emopoietiche e di cellule staminali da cordone ombelicale destinate al trapianto è rilasciata di volta in volta dal Ministero della sanità - Dipartimento delle professioni sanitarie, delle risorse umane e tecnologiche in sanità e dell'assistenza di competenza statale - nel rispetto dei requisiti di cui all'allegato 3. Art. 6. 1. Nei casi di necessità e di urgenza o di eventi straordinari il Ministero della sanità può procedere direttamente all'importazione dei prodotti di cui all'art. 1 e alla successiva distribuzione tramite i centri regionali di coordinamento e compensazione. Art. 7. 1. Non è soggetta a preventiva autorizzazione: a) l'importazione e l'esportazione di sangue o emocomponenti ad uso autologo; b) l'importazione o l'esportazione di campioni di sangue, siero o plasma umani da destinare ad indagini diagnostiche sui campioni stessi ovvero da utilizzare nell'espletamento delle attività proprie di laboratorio. 2. È comunque prescritto che i prodotti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 siano: accompagnati dalla documentazione prevista all'allegato 4; contenuti in recipienti preferibilmente di materiale infrangibile, chiusi ermeticamente e confezionati in modo tale da rendere impossibile lo spargimento all'esterno del loro contenuto in caso di rottura, a salvaguardia del personale addetto alla manipolazione dei campioni stessi, come indicato dalla autorità sanitaria, e al fine di assicurare la tutela dal rischio di esposizione ad agenti biologici, come previsto dal titolo VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e sue successive modificazioni e integrazioni. Art. 8. 1. Le autorità sanitarie di frontiera accertano l'applicazione delle disposizioni del presente decreto anche avvalendosi delle aziende sanitarie locali, secondo le modalità di cui all'art. 126 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Art. 9. 1. È abrogato il decreto ministeriale 12 giugno 1991 di cui in premessa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 1991, n. 148.

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Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 7 settembre 2000 Il Ministro: VERONESI Registrato alla Corte dei conti il 2 ottobre 2000 Registro n. 2 Sanità, foglio n. 159 ALLEGATO 1 Documentazione da presentare ai sensi dell'art. 2 da parte del richiedente l'importazione e l'esportazione di plasma e di emo o plasmaderivati. 1) Il richiedente deve presentare specifica istanza di autorizzazione con indicazione di: denominazione del prodotto; quantità ché si intende importare od esportare (volume, massa, attività, o altri indicatori); fornitori e/o utilizzatori esteri; eventuali relativi intermediari; origine del plasma o dell'emo o plasmaderivato; criteri di selezione/esclusione dei donatori; specificazione se trattasi di donatori non remunerati o remunerati; negatività dei controlli eseguiti su ogni donazione e relative metodiche per la ricerca di antigeni ed anticorpi di agenti infettivi lesivi della salute previsti dalla normativa vigente; ove trattasi di prodotti destinati alla diagnostica in vitro, deve essere specificata l'eventuale positività degli stessi ai controlli suddetti; criteri di decisione in caso di successiva sieroconversione di un donatore; sistema di rintracciabilità punto di raccolta/prodotto finito e viceversa; contenitori con indicazione del tipo e del numero; conservazione e trasporto; procedure di preparazione del prodotto secondo la normativa del Paese che esporta con la specificazione dei trattamenti di rimozione/inattivazione virale effettuati; destinazione d'impiego (emoderivati o emodiagnostici ovvero per uso trasfusionale) con l'indicazione dei prodotti da ottenere e relative quantità destinate al fabbisogno nazionale e/o all'esportazione ovvero con la specificazione del trattamento di rimozione/ inattivazione virale applicato sul plasma fresco congelato destinato ad uso trasfusionale; Paese di provenienza o di destinazione; mezzo di trasporto designato; frontiera di passaggio;

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officina di produzione presso la quale la società richiedente, intende effettuare la lavorazione dei prodotti in questione anche sita in territorio della Comunità europea, purché precedentemente autorizzata dall'autorità sanitaria competente e in grado di eseguire i controlli di cui al comma 3 dell'art. 2; disponibilità della relativa documentazione in qualunque momento e per il tempo di conservazione previsto per i relativi contro campioni. 2) L'istanza di autorizzazione va corredata dalla seguente documentazione riferita al tipo di prodotto in importazione o in esportazione: certificato di controllo di qualità, rilasciato dal fornitore, con indicazione dei risultati di negatività dei test di screening dei marcatori virali previsti, del valore delle ALT e di eventuali altri saggi effettuati mediante tecniche di amplificazione genomica dell'acido nucleico, delle metodiche e dei kit utilizzati in ogni singola donazione e in ogni pool di plasma secondo la normativa vigente; dati relativi alla autorizzazione e all'eventuale accreditamento del centro fornitore; specificazione per ogni centro anche della relativa quantità di prodotto, del numero totale dei contenitori, del numero delle liste dei donatori, della prima e ultima data delle liste, del totale delle unità preparate e di quant'altro necessario per l'identificazione del prodotto fornito; attestazione di responsabilità relativa ai controlli di cui ai commi 2 e 3, dell'art. 2, rilasciata dal direttore tecnico dell'officina farmaceutica di produzione, con particolare riguardo ai risultati di negatività dei test di screening dei marcatori virali, del valore delle ALT e/o di eventuali altri saggi come sopra indicato, delle metodiche e dei kit utilizzati in ogni singola donazione e nei pool di plasma; fattura. 3) Per il rilascio delle autorizzazioni alla importazione la società richiedente può inoltrare un'unica istanza valida per un periodo non superiore a sei mesi, purché la stessa sia riferita al medesimo Paese di provenienza, allo stesso fornitore e allo stesso tipo di prodotto, e corredata della documentazione prevista relativa ad ogni fornitura, ad eccezione per i prodotti destinati alla diagnostica in vitro che possono essere di tipi diversi; in quest'ultimo caso la relativa documentazione deve fornire le previste informazioni per ogni tipo di prodotto da importazione. L'importazione, ancorché autorizzata per un periodo non superiore a sei mesi, potrà svolgersi anche in più fasi, di volta in volta documentate e preventivamente comunicate sia all'ufficio che rilascia l'autorizzazione che all'ufficio di frontiera del Ministero della sanità competente ai controlli in materia. ALLEGATO 2 Documentazione da presentare ai sensi dell'art. 4 da parte del richiedente l'importazione di specialità medicinali emo o plasmaderivate legalmente in commercio nel Paese di provenienza ma non ancora registrate in Italia. Il medico richiedente dovrà fornire al Ministero della sanità la seguente

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documentazione ai fini dell'importazione in Italia dell'emo o plasmaderivato necessario: a) denominazione, forma farmaceutica e via di somministrazione; b) dichiarazione che il medicinale in questione é regolarmente autorizzato nel Paese di provenienza; c) ditta estera produttrice; d) titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio; e) quantitativo di cui si chiede l'importazione nel territorio nazionale, con la precisazione che lo stesso corrisponde a un trattamento terapeutico non superiore a trenta giorni; f) generalità del paziente; g) esigenze particolari che giustificano il ricorso al medicinale non autorizzato nel territorio nazionale; h) dichiarazione di utilizzazione del medicinale sotto la propria diretta responsabilità; i) consenso informato del paziente ai sensi del decreto ministeriale il 1º settembre 1995 «Costituzione e compiti dei comitati per il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri», pubblicato ne lla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 13 ottobre 1995. ALLEGATO 3 Documentazione da presentare ai sensi dell'art. 5 ai fini della: a) importazione - esportazione di sangue e/o emocomponenti; b) importazione - esportazione di cellule staminali ematopoietiche, nonché di cellule staminali da cordone ombelicale. Il medico responsabile della struttura ematologica ospedaliera presso la quale il paziente viene trattato ovvero il medico responsabile della struttura trasfusionale ospedaliera, ognuno per la propria competenza, deve presentare una specifica istanza per ricevere l'autorizzazione dalla quale risulti: numero di contenitori etichettati secondo le procedure definite con protocollo formulato dal responsabile del servizio, con l'indicazione anche della data di ogni prelievo nonché delle modalità di conservazione; test per la ricerca di antigeni e di anticorpi di agenti infettivi lesivi della salute previsti dalla normativa vigente per i donatori di sangue, nonché l'indicazione del valore delle ALT; controlli immunoematologici sul donatore; nazione di destinazione o di provenienza; struttura sanitaria ricevente; data del trasporto; mezzo e modalità di trasporto; frontiera di passaggio. Inoltre, ai fini del rilascio di autorizzazione alla importazione esportazione di

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cui alla lettera b), le sopraspecificate informazioni devono essere completate con: generalità del/dei paziente/i ricevente/i; controlli immunoematologici sul ricevente. ALLEGATO 4 Documentazione che deve accompagnare i prodotti di cui alle lettere a) e b) dell'art. 7. Lettera a) Documentazione del medico responsabile della struttura trasfusionale ospedaliera che esegue il predeposito dalla quale risulti: generalità del paziente; numero dei contenitori etichettati secondo le procedure definite con protocollo formulato dal responsabile del servizio, con (indicazione anche della data di ogni prelievo, nonché delle modalità di conservazione; controlli immunoematologici del paziente; nazione di destinazione o di provenienza; struttura sanitaria ricevente; data del trasporto; mezzo e modalità di trasporto. Lettera b) Documentazione del richiedente responsabile delle indagini diagnostiche dalla quale risulti: generalità del paziente, ovvero numero di lotto, siero o plasma da cui è stato prelevato il campione; numero dei contenitori opportunamente etichettati; quantità di sangue, siero o plasma in esso contenuti; centro di provenienza; laboratorio di destinazione; data del trasporto; mezzo e modalità di trasporto.

Circolare n.º 17 del 30 ottobre 2000

"Adeguamento dei livelli di sicurezza trasfusionale in presenza di metodiche atte alle indagini sui costituenti virali per HCV" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 258 del 4 novembre 2000)

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MINISTRO DELLA SANITÀ Agli assessori alla Sanità delle regioni a statuto ordinario e speciale Agli assessori alla Sanità delle province autonome di Trento e Bolzano e, per conoscenza: Ai commissari del Governo Il decreto ministeriale 29 marzo 1999, «Introduzione della ricerca di acido nucleico del virus dell'epatite C mediante la tecnica di amplificazione genica nei pool di plasma umano utilizzati per la produzione di emoderivati», ha recepito le linee guida emanate dal CPMP BWP/390/97 , nonché quelle della farmacopea europea, le quali stabiliscono che dal 1° luglio 1999 tutti i lotti di emoderivati devono essere prodotti a partire da plasma-pool risultati negativi per HCV-RNA, mediante tecnica di amplificazione egli acidi nucleici (NAT) per il rilevamento dell'HCV. Per assicurare un pari livello di sicurezza nelle trasfusioni tale tecnica deve essere progressivamente estesa anche al sangue e agli emocomponenti destinati alle trasfusioni. Al riguardo, i risultati preliminari dello studio di fattibilità in atto presso l'Istituto superiore di sanità nell'evidenziare l'esistenza di punti di criticità di rilevante impatto sul Servizio trasfusionale nazionale, confermano la necessità della creazione di una complessiva cornice organizzativa che, pur nel rispetto delle autonomie regionali, dia comunque garanzie che il sangue e gli emocomponenti vengano sottoposti, quale ulteriore criterio di validazione ai fini della trasfusione, alla ricerca dei costituenti dell'HCV, mediante indagini basate sulla tecnica di cui al decreto ministeriale 29 marzo 1999. Il Ministero della sanità e l'Istituto superiore di sanità, nell'ambito dei rispettivi compiti agli stessi attribuiti dalla normativa vigente, oltre alla valutazione di kit destinati alla ricerca di costituenti virali dell'HCV a scopo di screening del sangue donato, in rapporto a qualità, sicurezza, efficacia, specificità, applicabilità ed alla successiva registrazione, provvederanno, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente circolare in Gazzetta Ufficiale, alla definizione: dei criteri di autorizzazione dei laboratori; delle procedure operative della manipolazione dei campioni; dei criteri di valutazione dei risultati e i relativi algoritmi di interpretazione; dei pannelli di riferimento e dei controlli interni: dell'organizzazione dei proficiency test interlaboratori. Di seguito si riportano le indicazioni per il modello organizzativo da attuarsi a cura delle regioni e province autonome, volte a consentire, entro il termine di un anno dalla data di pubblicazione della presente circolare, la introduzione della ricerca di costituenti virali dell'HCV, mediante tecnica di amplificazione degli acidi nucleici (NAT) sul sangue e gli emocomponenti destinati ad uso trasfusionale. Le regioni, sulla base delle indicazioni formulate dal Ministero della sanità e dall'Istituto superiore di sanità, relativamente ai punti sopraindicati, provvederanno: 1) alla definizione del fabbisogno di test per la ricerca di costituenti virali di HCV, mediante NAT, nel sangue e negli emocomponenti destinati alla terapia trasfusionale,

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cioè al numero delle indagini da eseguire, riconducibile approssimativamente al numero di donazioni l'anno per regione; 2) alla definizione del grado di diffusione dell'erogazione della prestazione (numero delle strutture trasfusionali di riferimento per l'esecuzione dell'indagine), in rapporto a: grado di differibilità della risposta alla richiesta dell'indagine, indicativamente legata all'emocomponente labile dalla vita più breve e cioè ai concentrati piastrinici (non oltre quindi le 24-36 ore); grado di sensibilità dell'indagine all'economia di scala; necessità di raggiungere un limite critico di indagini per ottenere garanzia di qualità sul risultato ed economicità della gestione; definizione del protocollo operativo per l'invio, il confezionamento dei campioni e la trasmissione dei risultati, qualora l'indagine venga eseguita in sedi diverse; disponibilità di ambienti idonei in cui effettuare l'analisi nei laboratori di riferimento; necessità di effettuare l'analisi anche nelle giornate prefestive (e talora festive, in caso di necessità); caratteristica economica dell'acquisizione dei presidi diagnostici; personale sanitario addetto ai laboratori di esecuzione del test; 3) costituzione del modello di sviluppo: le regioni e le province autonome, nell'ottica della riorganizzazione delle strutture trasfusionali secondo il modello dipartimentale, ribadita dal Piano nazionale sangue, e plasma 1999-2001, dovranno individuare i laboratori di riferimento per l'esecuzione del test, verificando l'applicazione dei criteri di autorizzazione; l'autorità regionale quantificherà altresì il numero dei laboratori, preferibilmente strutture trasfusionali, afferenti ai laboratori di riferimento che dovranno operare sulla scorta di parametri definiti (massa critica, logistica; altro). In via transitoria le regioni impartiranno disposizioni a che presso le strutture trasfusionali venga comunque garantita la ricerca di costituenti virali dell'HCV, quale ulteriore criterio di validazione ai fini della sicurezza trasfusionale, con ogni metodica diagnostica autorizzata per lo screening del sangue, purché in grado di ridurre il periodo finestra dell'infezione da HCV a livelli pressoché paragonabili a quelli ottenibili mediante indagini basate sulla tecnica di cui al decreto ministeriale 29 marzo 1999. Roma, 30 ottobre 2000 Il Ministro: VERONESI

Ordinanza Ministero della Sanità 22 novembre 2000 "Non idoneità alla donazione di sangue di coloro che hanno soggiornato per oltre sei mesi nel Regno Unito nel periodo dal 1980 al 1996" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 275 del 24 novembre 2000) IL MINISTRO DELLA SANITÀ

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Visto l'art. 32, comma 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni; Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, concernente la disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed i suoi componenti; Visto il decreto del Ministro della sanità 15 gennaio 1991, recante «Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emocomponenti», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 20 del 24 gennaio 1991; Considerata la situazione di potenziale pericolo per la salute pubblica determinatasi nei Paesi dell'Unione europea in relazione ai casi di encefalopatia spongiforme bovina; Considerato che, ancorché non sia stata accertata alcuna diretta correlazione fra donazione di sangue ed infezione da agenti infettanti connessi alla nuova variante di malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD), in alcuni Paesi dell'Unione sono state adottate, in via prudenziale, iniziative volte ad escludere dalla donazione di sangue o di emocomponenti coloro che negli anni dal 1980 al 1996 hanno soggiornato nel Regno Unito per un periodo di tempo superiore a sei mesi; Considerato che la questione è all'esame dei competenti organi tecnici dell'Unione; Ritenuta l'opportunità di dichiarare, in via meramente cautelativa ed in attesa delle decisioni che assumeranno in materia gli organi dell'Unione, coloro che hanno soggiornato, negli anni dal 1980 al 1996, nel Regno Unito per un periodo di tempo di oltre sei mesi non idonei alla donazione di sangue o di emocomponenti; Ordina: Art. 1. 1. Coloro che, negli anni dal 1980 al 1996, hanno soggiornato nel Regno Unito per un periodo di tempo di oltre sei mesi sono da considerare non idonei alla donazione di sangue o di emocomponenti, ai sensi dell'art. 3 e dell'allegato 2 del decreto del Ministro della sanità 15 gennaio 1991, recante «Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emocomponenti», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 20 del 24 gennaio 1991. 2. La presente ordinanza entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 22 novembre 2000 Il Ministro: VERONESI

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Decreto Ministeriale del 25 gennaio 2001

"Caratteristiche e modalità per la donazione di sangue e di emocomponenti"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, con particolare riguardo agli articoli 4, punto n. 6, e 6, lettera c); Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati», con particolare riguardo agli articoli 1 e 3, comma 2; Visto il decreto ministeriale 27 dicembre 1990, «Caratteristiche e modalità per la donazione del sangue ed emocomponenti»; Visto il decreto ministeriale 15 gennaio 1991 recante «Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emoderivati» e sue successive integrazioni e modificazioni; Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, attuazione delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 891618, 90/641 e 9213 in materia di radiazioni ionizzanti; Visti il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, ed il decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 «attuazione delle direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro»; Vista la raccomandazione R 95(15) del Consiglio d'Europa, adottata dal Comitato dei Ministri il 12 ottobre 1995, e le allegate linee guida sulla «Preparazione, uso e garanzia di qualità degli emocomponenti», e loro successivi aggiornamenti; Vista la raccomandazione del Consiglio del 29 giugno 1998, sulla «ldoneità dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea» (98/463/CE); Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675 «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali», e successive modificazioni ed integrazioni; Visto il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre 1997 « Autorizzazione n. 2/ 1997, al trattamento dei dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale»; Ravvisata la necessità di modificare, aggiornandolo, detto decreto 27 dicembre 1990; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale reso nella seduta del 7 luglio 1999; Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 21 dicembre 2000;

Decreta: 1. È approvato l'articolato concernente le caratteristiche e le modalità per la donazione del sangue e di emocomponenti, composto da 18 articoli e tre allegati, uniti al presente decreto del quale costituiscono parte integrante. 2. Il presente decreto è soggetto a revisione con cadenza almeno biennale da parte della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, sentito l'Istituto superiore di sanità in collaborazione con le società scientifiche di settore, accogliendo le indicazioni formulate dagli organismi comunitari e internazionali finalizzate alla più elevata qualità possibile del sangue e dei suoi prodotti, in rapporto alla sicurezza del donatore e del ricevente.

TITOLO I RACCOLTA DI SANGUE INTERO E DI EMOCOMPONENTI

Art. 1. Prelievo di sangue intero

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1. Si definisce «sangue intero» il sangue prelevato, per scopo trasfusionale, dal donatore riconosciuto idoneo ai sensi della normativa vigente, utilizzando materiale sterile e sacche regolarmente autorizzate, contenenti una soluzione anticoagulante-conservante. 2. Il prelievo di sangue intero deve essere effettuato attuando una metodica che garantisca asepsi, con un sistema a circuito chiuso e dispositivi non riutilizzabili. Il responsabile della struttura trasfusionale definisce un protocollo dettagliato delle procedure di prelievo, con particolare riguardo alla detersione e disinfezione della cute prima della venipuntura, e vigila sulla sua applicazione. Un nuovo dispositivo di prelievo deve essere utilizzato nel caso in cui si rendesse necessaria più di una venipuntura. 3. Preliminarmente al prelievo è necessario ispezionare le sacche per verificare l'assenza di eventuali difetti, la corretta quantità di anticoagulante in esse contenuta ed il suo aspetto. Se, all'apertura di una confezione, una o più sacche risultassero abnormemente umide, tutte le sacche di quella confezione debbono essere eliminate. 4. Dopo ciascun prelievo, i contenitori e la sacca debbono essere accuratamente ispezionati per verificare l'assenza di qualsiasi difetto, debbono inoltre essere adottate misure volte ad evitare ogni possibilità di errore nell'etichettatura della sacca e delle corrispondenti provette.

Art. 2. Prelievo in aferesi

1. Per aferesi si intende la raccolta di emocomponenti mediante separatori cellulari dal donatore riconosciuto idoneo ai sensi della normativa vigente. Detta procedura viene eseguita in una struttura trasfusionale da personale all'uopo specificatamente formato, in ambienti idonei, situati in luoghi che consentono di garantire gli eventuali interventi di urgenza; deve, inoltre, essere garantita la costante manutenzione delle apparecchiature utilizzate. 2. La struttura trasfusionale predispone protocolli di attuazione per le singole procedure di aferesi e per gli interventi in caso di reazioni avverse. Per ogni singola seduta di aferesi deve essere compilata una scheda contenente i dati del donatore, il tipo di procedura adottata, l'anticoagulante e/o il sedimentante impiegato, il volume ed il contenuto dell'emocomponente raccolto, la durata della seduta, le eventuali reazioni, l'eventuale premedicazione farmacologica. 3. Durante l'intera procedura il donatore deve essere attentamente osservato e deve essere assicurata la disponibilità di un medico esperto in tutte le problematiche dell'aferesi onde fornire assistenza adeguata e interventi d'urgenza in caso di complicazioni o di reazioni indesiderate. 4. La eventuale premedicazione del donatore, eseguita allo scopo di aumentare la raccolta di alcuni emocomponenti, è consentita solo in casi adeguatamente motivati e previa acquisizione del consenso informato del donatore reso consapevole dello svolgimento della procedura in ogni suo dettaglio.

Art. 3. Modalità per la donazione di sangue intero e di emocomponenti

L'allegato n. 1 al presente decreto «Modalità per la donazione di unità di sangue intero e di emocomponenti», riporta le procedure da seguire relativamente al tipo di raccolta.

Art. 4. Ristoro post donazione

Il donatore, dopo la donazione, deve avere adeguato riposo sul lettino da prelievo e quindi ricevere un congruo ristoro, comprendente anche l'assunzione di una adeguata quantità di liquidi; al predetto debbono inoltre essere fornite informazioni sul comportamento da tenere nel periodo post-donazione.

Art. 5. Prelievo di cellule staminali emopoietiche periferiche

1. Le cellule staminali emopoietiche, in quanto cellule primitive pluripotenti in grado di automantenersi, differenziarsi e maturare lungo tutte le linee ematiche, sono utilizzate dai Centri Trapianto di midollo osseo, dopo adeguato condizionamento del ricevente, per un trapianto in grado

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di consentire il recupero della normale funzionalità midollare con la ricostituzione di tutte le linee ematiche. 2. Le cellule sopramenzionate, che si rinvengono nel midollo osseo, fra le cellule mononucleate del sangue periferico e nel sangue del cordone ombelicale, sono prelevate da donatore sano (trapianto allogenico) o dallo stesso paziente a cui vengono successivamente reinfuse (trapianto autologo). La quantità di cellule da utilizzare ai fini di un trapianto viene stabilita sulla base di protocolli operativi predefiniti. 3. L'organizzazione per la raccolta di cellule staminali emopoieitiche deve prevedere personale medico e sanitario appositamente formati: su richiesta formale del clinico, il medico incaricato della raccolta provvede all'espletamento della procedura sulla base di protocolli concordati. 4. Per la raccolta di sangue da cordone ombelicale il medico responsabile della raccolta concorda la procedura operativa con il responsabile della struttura di ostetricia. 5. La raccolta di cellule staminali deve essere eseguita in asepsi e con procedure in grado di assicurare la sopravvivenza delle predette ed il loro sufficiente recupero. Le cellule raccolte vanno immesse in un contenitore sterile, correttamente etichettato ed eventualmente sottoposto a criopreservazione.

TITOLO II PREPARAZIONE, CONSERVAZIONE ED ETICHETTATURA DEL SANGUE INTERO E

DEGLI EMOCOMPONENTI Art. 6.

Preparazione e conservazione del sangue intero 1. Il sangue intero, prelevato utilizzando materiale sterile e sacche regolarmente autorizzate, deve essere conservato in frigoemoteca ad una temperatura di 4°C ± 2°C per un periodo di tempo, adeguato al tipo di anticoagulante-conservante impiegato, che deve essere in ogni caso definito sulla base della sopravvivenza posttrasfusionale delle emazie uguale o superiore al 75% a 24 ore. 2. Nel caso in cui l'unità di sangue intero debba essere utilizzata per la preparazione di concentrati piastrinici, la sacca deve essere mantenuta a 22°C ± 2°C per il tempo strettamente necessario.

Art. 7. Preparazione degli emocomponenti.- norme generali

1. Per emocomponenti si intendono i costituenti terapeutici del sangue che possono essere preparati utilizzando mezzi fisici semplici volti ad ottenere la loro separazione. L'allegato n. 2 al presente decreto «Preparazione degli emocomponenti e loro conservazione» riporta le modalità di preparazione e conservazione dei diversi emocomponenti. 2. Durante la preparazione degli emocomponenti deve essere mantenuta la sterilità con l'impiego di metodi asettici e materiali apirogeni a circuito chiuso. La sterilità degli emocomponenti preparati e la loro rispondenza ai requisiti indicati nel precitato allegato n. 2, debbono essere sottoposte a periodici controlli. 3. Le procedure di rimozione del buffy-coat e dei leucociti nonché di lavaggio debbono essere tali da comportare una perdita media di globuli rossi non superiore al 10%. 4. Se durante la preparazione il circuito chiuso non è interrotto, il periodo di conservazione è determinato dalla vitalità e dalla stabilità del componente; se vi è stata apertura del sistema durante la preparazione del «pool», o la filtrazione e/o il lavaggio, gli emocomponenti conservati a 4°C ± 2°C devono essere trasfusi entro ventiquattro ore dalla preparazione, quelli conservati a 22°C ± 2°C, il più rapidamente possibile, comunque non oltre sei ore. 5. Gli emocomponenti crioconservati possono essere utilizzati solo se conformi ai criteri di validazione previsti dalle norme vigenti.

Art. 8. Frigoriferi e congelatori

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1. I frigoriferi per la conservazione del sangue e degli emocomponenti debbono assicurare una adeguata ed uniforme temperatura all'interno ed essere provvisti di termoregistratore ed allarme visivo ed acustico. L'allarme, posizionato in modo da poter essere prontamente rilevato dal personale addetto, deve entrare in azione prima che il sangue e gli emocomponenti raggiungano temperature tali da deteriorarli. 2. I congelatori utilizzati per la conservazione di alcuni emocomponenti debbono raggiungere la temperatura richiesta dal tipo di conservazione che si vuole ottenere; i predetti debbono possedere le caratteristiche di cui al comma precedente.

Art. 9. Scadenza del sangue e degli emocomponenti

La data di scadenza del sangue e degli emocomponenti si identifica con l'ultimo giorno in cui i predetti possono essere considerati utili agli effetti della trasfusione; la data di scadenza deve essere indicata in etichetta.

Art. 10. Etichettatura

Sui contenitori di unità di sangue e di emocomponenti debbono essere apposte apposite etichette conformi a quanto indicato nell'allegato n. 3 al presente decreto, «Etichettatura».

TITOLO III TRASPORTO E DISTRIBUZIONE DEL SANGUE E DEGLI EMOCOMPONENTI

Art. 11. Trasporto

1. Il sangue intero e gli emocomponenti debbono essere trasportati in contenitori termoisolanti dotati di appositi sistemi di controllo della temperatura interna: quelli allo stato liquido ad una temperatura compresa tra + 1°C e + 10°C, quelli conservati a 22°C ± 2°C a temperatura ambiente quando la temperatura esterna risulta compatibile con quella di riferimento. 2. Per i preparati congelati il trasporto deve avvenire alla temperatura più vicina possibile a quella richiesta per la loro conservazione. 3. I contenitori per il trasporto di unità di sangue debbono essere preraffreddati a + 4°C; i contenitori utilizzati per il trasporto di piastrine debbono essere mantenuti a temperatura ambiente per almeno 30 minuti prima del loro impiego. 4. Il periodo di conservazione delle emazie deve essere adeguatamente ridotto qualora la temperatura interna del contenitore al momento dell'arrivo risulti superiore a 10°C. 5. Le sacche contenenti unità di sangue e di emocomponenti debbono essere ispezionate immediatamente prima del trasporto ed in caso di riscontro di eventuali anomalie dell'aspetto e del colore debbono essere eliminate. L'esame ispettivo delle sacche deve essere ripetuto da chi riceve i preparati inviati, unitamente alla verifica dei dispositivi di controllo della temperatura interna dei contenitori.

Art. 12. Consenso informato del ricevente

Il ricevente la trasfusione di sangue o di emocomponenti e/o la somministrazione di emoderivati, prevent ivamente informato che tali procedure possono non essere comunque esenti da rischio, è tenuto ad esprimere per iscritto il proprio consenso o dissenso.

Art. 13. Prove pretrasfusionali

1. Prima della distribuzione di sangue e di preparati contenenti emazie presso la struttura trasfusionale debbono essere eseguite le indagini sottoindicate,volte ad accertare la compatibilità fra il donatore ed il ricevente:

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A) Esami sul sangue del donatore: conferma del gruppo AB0 e del tipo Rh; B) Esami sul sangue del ricevente: 1) Determinazione del gruppo AB0 e del tipo Rh del ricevente nelle procedure non urgenti e ove le condizioni cliniche lo consentano. La determinazione del gruppo AB0/Rh del ricevente deve essere eseguita su apposito campione in un momento diverso da quello in cui la trasfusione viene richiesta; successivamente, in occasione dell'inoltro della richiesta dell'unità di globuli rossi da trasfondere, deve essere prelevato un secondo campione di sangue del ricevente da sottoporre ad un ulteriore controllo del gruppo AB0/Rh distinto dal primo, limitato alla determinazione degli antigeni sulle emazie del ricevente. 2) Ricerca di alloanticorpi irregolari antiemazie. La ricerca anzidetta, volta ad escludere la presenza di anticorpi irregolari di rilevanza clinica o trasfusionale, consente di omettere l'esecuzione delle prove di compatibilità tra i globuli rossi del donatore ed il siero o plasma del ricevente, purché siano state attuate misure volte a garantire la sicurezza trasfusionale. Le predette prove di compatibilità debbono, invece, essere obbligatoriamente eseguite ogni qualvolta siano stati rilevati anticorpi irregolari anti emazie. Nel caso in cui non venga effettuata la ricerca sistematica di alloanticorpi irregolari sul ricevente, le prove di compatibilità tra globuli rossi del donatore e siero o plasma del ricevente sono obbligatorie quale test di routine da eseguirsi su ogni unità di sangue o di globuli rossi da trasfondere. 2. Tutti i campioni di sangue diretti alla tipizzazione eritrocitaria, alla ricerca di alloanticorpi irregolari, alla esecuzione delle prove di compatibilità, devono essere perfettamente identificabili e firmati dal responsabile del prelievo.

Art. 14. Richiesta di sangue

1. La richiesta di sangue e/o di emocomponenti, contenente le generalità del paziente e l'indicazione alla trasfusione, deve essere firmata dal medico su apposito modulo fornito dalla struttura trasfusionale o su propria carta intestata o su quella della struttura di degenza del ricevente. 2. La predetta richiesta deve essere accompagnata da un campione di sangue del ricevente di quantità non inferiore a 5 ml; per pazienti pediatrici possono essere accettati volumi inferiori. 3. Il campione deve essere raccolto in provetta sterile entro 72 ore precedenti la trasfusione, contrassegnato in modo da consentire l'identità del soggetto cui appartiene e firmato dal responsabile del prelievo. 4. Qualora da un ritardo della trasfusione possa derivare pericolo di vita per il paziente, deve essere seguita, ai fini della distribuzione e assegnazione del sangue, la procedura predisposta dal responsabile della struttura trasfusionale per i casi di urgenza e di emergenza.

Art. 15.

Identificazione del ricevente 1. Presso ogni struttura trasfusionale deve essere adottato, per ciascuna unità di sangue e/o di emocomponenti distribuita, un sistema di sicuro riconoscimento del ricevente cui la stessa unità è stata assegnata con l'indicazione se siano state eseguite le prove di compatibilità. 2. Ogni unità di sangue e/o di emocomponenti, all'atto della distribuzione, deve essere accompagnata dal modulo di trasfusione recante i dati del ricevente, la cui identità deve essere verificata immediatamente prima della trasfusione. 3. La struttura trasfusionale deve essere formalmente informata in caso di manifestazione avversa correlata alla terapia trasfusionale.

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Art .16. Conservazione dei campioni

I campioni di sangue del ricevente e quelli relativi ad ogni suo donatore debbono essere opportunamente conservati in frigorifero per sette giorni dopo la trasfusione.

Art. 17.

Unità non utilizzate 1. Qualora l'unità di sangue o di emocomponente richiesta non venga utilizzata, il richiedente deve provvedere alla restituzione della stessa alla struttura trasfusionale fornitrice nel più breve tempo possibile. 2. L'unità restituita deve essere accompagnata da una documentazione attestante la sua integrità e l'osservanza dei protocolli stabiliti dal responsabile della struttura trasfusionale relativamente alla sua conservazione e trasporto.

Art. 18. Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. A partire da tale data è abrogato il decreto ministeriale 27 dicembre 1990. Roma, 25 gennaio 2001

Il Ministro: VERONESI Registrato alla Corte dei conti il 24 febbraio 2001 Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 1 Sanità, foglio n. 129

ALLEGATO 1"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

ALLEGATO 1

MODALITÀ PER LA DONAZIONE DI UNITÀ DI SANGUE INTERO E DI EMOCOMPONENTI

Donazione di sangue intero. La donazione di una unità di sangue intero, volume pari a 450 ml ± 10%, deve avvenire in un periodo di tempo di durata inferiore a dodici minuti; per durate superiori l'unità raccolta non deve essere utilizzata per la preparazione di concentrati piastrinici né di plasma per il frazionamento di fattori labili della coagulazione. All'atto della raccolta deve essere prelevato, per i controlli sierologici, un campione addizionale di sangue di quantità non superiore a 40 ml; detto campione deve essere etichettato prima del salasso e subito dopo deve essere verificata la sua corrispondenza con il contenitore. Sul campione addizionale prelevato debbono essere eseguiti gli esami per l'identificazione del gruppo sanguigno, di validazione biologica nonché gli esami previsti per il donatore periodico.

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Il numero massimo di donazioni di sangue intero nell'anno non deve essere superiore a quattro per l'uomo e due per la donna in età fertile; l'intervallo tra due donazioni non deve essere inferiore a novanta giorni. Dopo ogni prelievo, i contenitori e la sacca debbono essere accuratamente ispezionati per verificare l'assenza di qualsiasi difetto e deve essere adottata ogni misura volta ad evitare possibilità di errori nell'etichettatura della sacca e delle corrispondenti provette. Donazione di plasma. La donazione di plasma mediante emaferesi deve rispondere ai seguenti requisiti:

a) prelievo massimo per singola donazione: 650 ml, al mese 1,5 litri e all'anno 10 litri; b) perdita di eritrociti inferiore a 20 ml per donazione; c) intervallo di tempo minimo consentito tra due donazioni di plasma e tra una donazione di plasma e una di sangue intero o citoaferesi: quattordici giorni; tra una donazione di sangue intero o citoaferesi e una di plasma: un mese.

Donazione di piastrine. La donazione di piastrine mediante emaferesi deve rispondere ai seguenti requisiti:

a) prelievo minimo corrispondente agli standard indicati per il concentrato piastrinico da aferesi; b) perdita di eritrociti inferiore a 20 ml per donazione; c) numero massimo consentito di piastrinoaferesi per il donatore periodico: sei all'anno; d) intervallo minimo consentito tra due piastrinoaferesi e tra una piastrinoaferesi ed una donazione di sangue intero: quattordici giorni; tra una donazione di sangue intero ed una piastrinoaferesi: un mese.

Per particolari esigenze terapeutiche i limiti sopraindicati possono essere modificati a giudizio del medico esperto in medicina trasfusionale. Donazione di leucociti. La donazione di leucociti mediante emaferesi deve rispondere ai seguenti requisiti:

a) prelievo di almeno 1 x 1010 leucociti totali per singola donazione; b) numero massimo consentito di donazioni per donatore non premedicato non superiore a sei nell'anno; in caso di premedicazione con steroidi, il numero massimo consentito è di quattro l'anno.

Donazione multipla di emocomponenti. Mediante separatori cellulari è possibile effettuare la raccolta di uno o più emocomponenti da un

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singolo donatore. La donazione multipla di emocomponenti deve essere eseguita in ambienti idonei, sotto la diretta responsabilità della struttura trasfusionale di riferimento. Per un più rapido ripristino della volemia nel donatore è consentita l'infusione di soluzione fisiologica (NaCl 0.9%). Gli emocomponenti prelevati a circuito chiuso debbono essere raccolti in due sacche separate i cui requisiti vengono di seguito riportati unitamente alle modalità di donazione relative ai diversi emocomponenti.

1) Donazione di globuli rossi + plasma (eritroplasmaferesi):

a) sacca RBC: contenuto massimo 250 ml di globuli rossi; b) sacca PPP: contenuto massimo 400 ml di plasma.

L'intervallo minimo consentito tra due eritroplasmaferesi è di novanta giorni. Il numero massimo di donazioni non deve essere superiore a quattro all'anno per l'uomo e due all'anno per la donna in età fertile.

2) Donazione di globuli rossi + piastrine (eritropiastrinoaferesi):

a) sacca RBC contenuto massimo: 250 ml di globuli rossi; b) sacca PLT contenuto in piastrine: almeno 2 x 1011.

L'intervallo minimo consentito tra due eritropiastrinoaferesi è di novanta giorni. Il numero massimo di donazioni non deve essere superiore a quattro all'anno per l'uomo e due all'anno per la donna in età fertile.

3) Donazione di plasma + piastrine (plasmapiastrinoaferesi):

a)sacca PPP contenuto massimo 400 ml di plasma; b) sacca PLT contenuto in piastrine almeno 2 x 1011.

L'intervallo minimo consentito tra due plasmapiastrinoaferesi è di quattordici giorni e tra una donazione che comprende la raccolta di globuli rossi e una plasmapiastrinoaferesi è di trenta giorni. Il numero massimo consentito di plasmapiastrinoaferesi è di sei all'anno.

4) Donazione di piastrine in aferesi raccolte in due sacche:

a) prima sacca PLT contenuto in piastrine non inferiore a 2 x 1011; b) seconda sacca PLT contenuto in piastrine non inferiore a 2 x 1011; c) contenuto massimo di piastrine delle due sacche 6 x 1011.

L'intervallo minimo consentito tra due donazioni di piastrine in aferesi in due sacche è di trenta giorni.

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L'intervallo minimo tra donazioni che comprendono la raccolta di globuli rossi e/o piastrine è di trenta giorni. Il numero massimo consentito di donazioni non deve essere superiore a tre per anno.

ALLEGATO 2"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

ALLEGATO 2

PREPARAZIONE DEGLI EMOCOMPONENTI E LORO CONSERVAZIONE Emazie concentrate. Le emazie concentrate senza ulteriori soluzioni additive, sono ottenute da sangue intero attraverso la rimozione di parte del plasma mediante centrifugazione.

Alla fine della procedura ciascuna unità deve possedere:

contenuto minimo di emoglobina pari a 45 g; ematocrito compreso tra 65 e 75%.

Le emazie concentrate, preparate senza interruzione del circuito chiuso, possono essere conservate a 4 °C ± 2 °C per un periodo di tempo analogo a quello del sangue intero. Emazie concentrate con aggiunta di soluzioni additive. Le emazie concentrate con aggiunta di soluzioni additive sono ottenute da sangue intero, dopo centrifugazione e rimozione del plasma e successiva aggiunta al concentrato eritrocitario di appropriate soluzioni nutritive. L'ematocrito del preparato ottenuto, che dipende dalla metodica di centrifugazione impiegata, dalla quantità di plasma rimosso; dalle caratteristiche della soluzione additiva, non deve essere superiore al 70%; ogni unità deve avere un contenuto minimo di emoglobina pari a 45 g. L'unità preparata deve possedere l'intero patrimonio eritrocitario dell'unità di partenza e deve contenere, sempreché non siano stati rimossi, la maggior parte dei leucociti e piastrine, in funzione del metodo di centrifugazione impiegato. La durata del periodo di conservazione del preparato è in rapporto alla soluzione additiva impiegata. Emazie concentrate private del buffy-coat. Le emazie concentrate private del buffy-coat sono ottenute da sangue intero con la rimozione di parte del plasma e dello strato leucopiastrinico (buffy-coat). L'unità preparata deve contenere tutti gli eritrociti di partenza meno una quota non superiore al 10%. Ad un controllo di qualità a campione il contenuto di leucociti e di piastrine deve essere inferiore rispettivamente a 1,2 x 109, e a 20 x 109 per unità, quello di emoglobina non inferiore a 43 g. La durata del periodo di conservazione del preparato è analoga a quella indicata per le emazie concentrate. Emazie concentrate private del buffy-coat e risospese in soluzioni additive.

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Le emazie concentrate private del buffy-coat e risospese in soluzioni additive sono ottenute da sangue intero centrifugato, dopo rimozione del plasma e del buffy-coat e successiva addizione al concentrato eritrocitario di opportune soluzioni nutritive. L'ematocrito del preparato è in diretto rapporto con il metodo di centrifugazione adottato, con il volume di plasma rimosso, con il volume e le caratteristiche della soluzione additiva impiegata. Ad un controllo di qualità a campione, alla fine della procedura di preparazione ogni unità deve possedere almeno 43 g di emoglobina. L'unità preparata deve contenere tutti gli eritrociti di partenza, meno una quota non superiore al 10%; il contenuto medio di leucociti e di piastrine per unità deve essere inferiore rispettivamente a 1,2 x 109, e a 20 x 109. La durata del periodo di conservazione del preparato è in rapporto alla soluzione impiegata. Emazie lavate. Le emazie lavate sono ottenute da sangue intero mediante centrifugazione, rimozione del plasma e successivo lavaggio delle emazie in soluzione isotonica. La quantità di plasma residuo è in diretto rapporto con il protocollo di lavaggio impiegato. L'ematocrito varia in funzione delle necessità cliniche. Alla fine del procedimento di lavaggio ciascuna unità deve possedere un contenuto minimo di emoglobina pari a 40 g. Ad un controllo di qualità a campione, il contenuto di proteine deve essere inferiore a 0,5 g/unità. Il preparato deve essere conservato a 4 °C ± 2 °C per un periodo di tempo il più breve possibile e comunque non superiore a ventiquattro ore. Emazie leucodeplete. Le emazie leucodeplete sono ottenute attraverso la rimozione, mediante filtrazione, della maggior parte dei leucociti da una preparazione di emazie o, al momento del prelievo, mediante filtro in linea. Ad un controllo di qualità a campione, il contenuto di leucociti deve essere inferiore a 1 x 106 per unità. Ciascuna unità deve possedere un contenuto minimo di emoglobina pari a 40 g. Se la preparazione del prodotto ha comportato l'apertura del sistema, il tempo di conservazione deve essere inferiore a ventiquattro ore a 4 °C ± 2 °C. Emazie congelate. Le emazie congelate sono ottenute per congelamento con idoneo crioprotettivo entro sette giorni dalla raccolta e conservate a -80 °C in congelatore meccanico, o a temperature inferiori in azoto liquido e in tal caso possono essere conservate fino a dieci anni e il loro impiego a scopo trasfusionale è condizionato ai criteri di idoneità previsti dalla normativa in vigore. Prima dell'uso le emazie sono scongelate, lavate, risospese in soluzione fisiologica e utilizzate nel più breve tempo possibile; possono essere conservate a 4 °C ± 2 °C per non più di ventiquattro ore. L'unità ricostituita di emazie congelate è praticamente priva di proteine, granulociti e piastrine. Ogni unità deve possedere un contenuto emoglobinico non inferiore a 36 g. Il trasporto del preparato allo stato congelato richiede misure atte a mantenere adeguate condizioni di conservazione. Concentrato piastrinico da singola unità di sangue intero. Il concentrato piastrinico da singola unità di sangue intero è ottenuto da sangue intero fresco attraverso centrifugazione e successivo recupero della maggior parte del contenuto in piastrine. Ad un controllo di qualità a campione deve contenere, nel 75% delle unità esaminate, almeno 6 x 1010 piastrine in adeguato volume del mezzo di sospensione. Il preparato deve possedere un contenuto di leucociti inferiore a 0,2 x 109 per singola unità e di eritrociti compreso fra 0,2 e 1 x 109, sempreché non siano state adottate misure volte a diminuire il contenuto dei componenti predetti. II concentrato piastrinico da singola unità di sangue intero, qualora preparato in sistema chiuso, può essere conservato a 22 °C ± 2 °C, in agitazione continua, per un periodo di tempo variabile in funzione del contenitore impiegato e comunque non oltre cinque giorni dal prelievo. Il volume di

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plasma o di liquido conservante deve essere in quantità tale da garantire, durante tutto il periodo di conservazione, un pH compreso fra 6,5 e 7,4. Concentrato piastrinico da pool di buffy-coat. Il concentrato piastrinico da pool di buffy-coat è ottenuto da un pool di 4-8 buffy-coat da singole unità di sangue intero fresco e deve contenere almeno 2,5 x 1011 piastrine. La miscela di buffy-coat deve essere quindi diluita con una adeguata quantità di plasma o con appropriata soluzione cristalloide e centrifugata in modo da ridurre il contenuto di leucociti ad una quantità inferiore a 0,05 x 109 per singola unità di partenza. Il valore di pH e la temperatura di conservazione sono quelli previsti per i concentrati piastrinici. La durata del periodo di conservazione dipende dal contenitore impiegato. Concentrato piastrinico da aferesi. Il concentrato piastrinico da aferesi è ottenuto da un singolo donatore sottoposto a piastrinoaferesi utilizzando un separatore cellulare. Ad un controllo di qualità a campione il contenuto di piastrine del concentrato non deve essere inferiore a 3 x 1011 piastrine in almeno il 75% dei campioni. Il concentrato ottenuto da plasmapiastrinoaferesi o da prelievo multicomponente deve contenere almeno 2 x 1011 piastrine. L'emocomponente, se preparato in sistema chiuso, può essere conservato a 22 °C ± 2 °C in agitazione continua per un periodo di tempo variabile in funzione del contenitore impiegato, e comunque non superiore a cinque giorni dal prelievo. Il volume di plasma o di liquido conservante deve essere in quantità tale da garantire, durante tutto il periodo di conservazione, un pH compreso fra 6,5 e 7,4. Piastrine crioconservate (da aferesi). Le piastrine crioconservate (da aferesi) sono preparate congelando a -80 °C, o a temperature inferiori, un concentrato di piastrine prelevate in aferesi da non più di ventiquattro ore. Il preparato può essere conservato in congelatore meccanico a -80 °C fino ad un anno, in vapori di azoto liquido a -150 °C, fino a dieci anni. È necessario utilizzare un crioprotettivo. Prima dell'uso le piastrine devono essere scongelate e risospese in appropriata soluzione. Una unità ricostituita di piastrine crioconservate deve avere: volume da 50 a 200 ml, conta piastrinica maggiore del 40% del contenuto piastrinico prima del congelamento, leucociti residui inferiori a 0,2 x 106 ogni 0,6 x 1011 piastrine. Per il trasporto allo stato congelato devono essere adottate misure volte a mantenere adeguate condizioni di conservazione. Concentrato granulocitario da aferesi. Il concentrato granulocitario da aferesi è ottenuto da un singolo donatore mediante l'impiego di separatori cellulari. Al controllo di qualità il preparato deve contenere almeno 1 x 1011 granulociti in un volume inferiore a 500 ml in almeno il 75% delle unità esaminate. La preparazione deve essere trasfusa quanto prima possibile e comunque entro dodici ore se mantenuta a 22 °C ± 2 °C. Cellule staminali emopoietiche periferiche. Le cellule staminali da sangue periferico vengono raccolte come cellule mononucleate mediante leucoaferesi. Le cellule staminali da cordone ombelicale vengono raccolte dalla placenta attraverso le vene del cordone ombelicale. Quando indicate, successive addizionali purificazioni e manipolazioni possono comprendere: la rimozione di granulociti ed eritrociti nonché la riduzione ed eliminazione di cellule neoplastiche nelle preparazioni di cellule progenitrici ematopoietiche autologhe o del numero dei T-linfociti

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nelle preparazioni di cellule progenitrici ematopoietiche allogeniche, al fine di minimizzare la Graft versus Host Disease (GvHD). Le cellule raccolte vengono sospese in una soluzione contenente un crioprotettivo e proteine, congelate in idonei contenitori e poi conservate a temperature inferiori a -80 °C. Le cellule progenitrici ematopoietiche congelate debbono essere scongelate in bagno termostatico a +37 °C, sotto agitazione continua, e trasfuse immediatamente. Debbono essere congelati anche i campioni di riferimento delle preparazioni di cellule progenitrici ematopoietiche per i dovuti controlli. Plasma fresco congelato. Il plasma fresco congelato (P.F.C) è ottenuto attraverso il congelamento di plasma, da singolo donatore di sangue intero o in aferesi (plasmaferesi), che deve avvenire entro limiti di tempo e a temperature tali da preservare adeguatamente i fattori labili della coagulazione. Qualora il plasma sia ottenuto da sangue intero deve essere separato entro sei ore dalla raccolta ed il suo congelamento deve avvenire in una apparecchiatura che lo determini completo entro un'ora. Ad un controllo di qualità a campione, il preparato deve contenere almeno il 70%, del contenuto originale di fattore VIII. li plasma fresco congelato, se mantenuto costantemente a temperatura inferiore a -40 °C, può essere conservato per un periodo di ventiquattro mesi, se a -30 °C, può essere conservato per dodici mesi, tra -25 °C e -30 °C per sei mesi. tra -18 °C e -25 °C per tre mesi. Trascorsi i periodi anzidetti il preparato è utilizzabile solo per la produzione di frazioni plasmatiche. Lo scongelamento del PFC deve avvenire a temperatura compresa tra 30 °C e 37 °C in bagno con agitazione o con altra strumentazione idonea, tale da consentire il controllo della temperatura; dopo lo scongelamento deve essere usato il più presto possibile e comunque non oltre ventiquattro ore se conservato a 4 ± 2 °C e non può essere ricongelato. In rapporto all'eventuale applicazione di trattamenti virucidi possono essere accettate caratteristiche finali del prodotto diverse purché in accordo con i criteri internazionalmente riconosciuti validi. Crioprecipitato e plasma privo di crioprecipitato. Il crioprecipitato è un preparato costituito dalla frazione crioglobulinica del plasma fresco, ottenuta da una singola donazione, concentrato ad un volume finale di 10-20 ml. Il prodotto contiene, oltre al fattore VIII, anche la maggior parte del fattore Von Willebrand, del fibrinogeno, del fattore XIII e della fibronectina, presenti nel plasma fresco di partenza. Ad un controllo di qualità a campione, il contenuto di fattore VIII deve essere almeno pari al 70%. Il plasma privo di crioprecipitato è costituito da plasma fresco congelato dopo rimozione del crioprecipitato. Le condizioni di conservazione sono quelle del PFC. Lo scongelamento immediatamente prima dell'uso deve seguire le modalità indicate per il plasma fresco congelato. Emocomponenti irradiati. Le unità di sangue ed emocomponenti, nel caso sia indicata l'irradiazione, devono essere sottoposte a una dose di radiazioni compresa tra 2.500 cGy e 4.000 cGy, allo scopo di ridurre il rischio di GvHD post-trasfusionale. L'irradiazione delle emazie deve avvenire entro quattordici giorni dal prelievo e le unità irradiate debbono essere trasfuse entro ventotto giorni dal prelievo. Nei casi di trasfusione intrauterina, o a neonato, o a paziente con iperpotassiemia è necessario procedere alla trasfusione entro quarantotto ore dall'irradiazione, oppure provvedere all'eliminazione, con mezzi idonei, dell'eccesso di potassio. L'irradiazione non modifica la scadenza dei concentrati piastrinici. Le unità di sangue ed emocomponenti irradiate possono essere assegnate anche a pazienti immunologicamente normali, fatte salve le dovute precauzioni per categorie a rischio di iperpotassiemia. La irradiazione degli emocomponenti deve avvenire in locali conformi alle norme di sicurezza.

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Unità di predeposito per autotrasfusione. L'unità di predeposito per autotrasfusione consiste in una unità di sangue intero e/o di emocomponenti prelevata al paziente cui è destinata per corrispondere a proprie esigenze terapeutiche. Il preparato è di esclusivo uso autologo pertanto non è soggetto ai vincoli imposti dai protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue. Il responsabile della struttura trasfusionale adotta il protocollo per la procedura operativa del predeposito in cui viene definita anche la modalità di acquisizione del consenso informato del paziente. Più unità di sangue intero e/o di emocomponenti, in funzione delle esigenze terapeutiche, possono essere prelevate dal paziente a brevi intervalli di tempo, secondo le procedure adottate nella struttura trasfusionale e con l'eventuale supporto farmacologico, e predepositate. L'unità di predeposito deve essere identificata in maniera univoca, sulla etichetta della relativa sacca deve essere apposta la firma del paziente e del medico responsabile del prelievo. Il paziente deve essere informato che le unità predepositate sono conservate fino a scadenza della componente eritrocitaria e che sono disponibili per le sue necessità trasfusionali. La scadenza dell'unità di predeposito, le relative modalità di conservazione e di trasporto sono analoghe a quelle per le unità omologhe.

ALLEGATO 3"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

ALLEGATO 3

ETICHETTATURA

1. Sangue intero; Emazie concentrate; Emazie concentrate con aggiunta di soluzioni additive; Emazie concentrate private del buffy-coat; Emazie concentrate private del buffy-coat e risospese in soluzioni additive. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato; peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D);

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elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; composizione e volume della soluzione anticoagulante-conservante; composizione e volume delle eventuali soluzioni aggiunte; data di donazione e di scadenza; condizioni di conservazione; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

2. Emazie lavate. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato; peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; data di donazione; data ed ora di inizio della procedura di lavaggio; data ed ora di scadenza; condizioni di conservazione; la dicitura: «Trasfondere preferibilmente entro sei ore dall'inizio delle procedure di lavaggio e comunque entro ventiquattro ore»; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

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3. Emazie leucodeplete. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato; peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; data di donazione; data di lavorazione; data ed eventuale ora di scadenza; condizioni di conservazione; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

4. Emazie congelate. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato; peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori all'epoca della donazione; data di donazione; data di congelamento e di scadenza come congelato; data di scongelamento ed eventuale ora di scadenza;

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condizioni di conservazione; la dicitura: «Dopo scongelamento, lavaggio e risospensione, trasfondere quanto prima e comunque entro ventiquattro ore se conservate a 4 °C ± 2 °C»; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

5. Concentrato piastrinico da singola unità di sangue intero; Concentrato piastrinico da pool di buffy-coat; Concentrato piastrinico da aferesi; Concentrato piastrinico da plasmapiastrino-aferesi; Concentrato piastrinico da aferesi multicomponente. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato (una delle dizioni su citate); peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; composizione e volume delle eventuali soluzioni aggiunte; data di donazione e di scadenza; condizioni di conservazione; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro». In caso di concentrato piastrinico ottenuto con procedure di aferesi l'etichetta deve inoltre indicare: tipo del circuito utilizzato, se chiuso o aperto;

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ora di scadenza; contenuto in piastrine. In caso di concentrato piastrinico ottenuto da pool di buffy-coat l'etichetta deve inoltre indicare: il numero di identificazione del pool.

6. Piastrine crioconservate da aferesi. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; in caso di uso autologo, identità del donatore/ricevente; tipo del preparato; crioprotettivo utilizzato; mezzo di risospensione; contenuto in piastrine dopo risospensione; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori all'epoca della donazione; data di donazione; data di scadenza come crioconservato; data e ora di scadenza dopo scongelamento; condizioni di conservazione; la dicitura: «Dopo scongelamento, lavaggio e risospensione, trasfondere immediatamente e comunque entro breve tempo se conservate a 22 °C ± 2 °C in costante agitazione»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

7. Concentrato granulocitario da aferesi. L'etichetta apposta sul contenitore di questo preparato trasfusionale deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione;

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tipo del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; contenuto in leucociti; data di donazione; data ed eventuale ora di scadenza; la dicitura: «Trasfondere immediatamente e comunque entro dodici ore se conservato a 22 °C t 2 °C»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

8. Cellule staminali emopoietiche midollari; Cellule staminali emopoietiche da sangue periferico; Cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; in caso di uso autologo, identità del donatore /ricevente; tipo del preparato; crioprotettivo utilizzato; contenuto in CD34 dopo risospensione; gruppo AB0 (non obbligatorio per uso autologo); tipo Rh (D), specificando «Rh positivo» se D positivo o « Rh negativo» se D negativo. Se D negativo, riportare sull'etichetta il risultato degli esami per gli antigeni C ed E (non obbligatorio per uso autologo); elencazione ed esito dei controlli sierologici all'epoca della donazione; data di donazione; data di crioconservazione e di scadenza come crioconservato;

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la dicitura: «Dopo scongelamento, lavaggio e risospensione, trasfondere immediatamente»; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro»; la dicitura: «Esclusivamente per uso autologo» in caso di autotrapianto.

9. Plasma fresco congelato da singola unità di sangue intero; Plasma fresco congelato da aferesi; Plasma fresco congelato da plasma piastrino-aferesi; Plasma fresco congelato da aferesi multicomponente; Crioprecipitato e plasma privo di crioprecipitato. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali deve indicare: nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della donazione; tipo del preparato (una delle dizioni su citate); peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); elencazione ed esito negativo dei controlli sierologici obbligatori; eventuale inattivazione virale; composizione e volume delle eventuali soluzioni aggiunte; data di donazione; condizioni di conservazione; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro».

10. Emocomponenti irradiati. L'etichetta apposta sul contenitore degli emocomponenti irradiati deve indicare, in aggiunta:

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nome ed indirizzo della struttura di irradiazione; data ed ora di irradiazione; nuova data di scadenza dopo irradiazione; dose somministrata; condizioni di conservazione.

11. Sangue intero e/o emocomponenti da predeposito per autotrasfusione. L'etichetta apposta sul contenitore di questi preparati trasfusionali, possibilmente di colore diverso dalle omologhe, deve indicare:

nome ed indirizzo della struttura di prelievo; numero identificativo della unità; la dicitura: «AUTODONAZIONE - STRETTAMENTE RISERVATA a: cognome, nome e data di nascita del paziente»; firma del paziente; firma del medico responsabile del salasso; tipo del preparato (una delle dizioni su citate); peso netto del preparato; gruppo AB0 e tipo Rh (D); composizione e volume della soluzione anticoagulante conservante; composizione e volume delle eventuali soluzioni aggiunte; data di prelievo e di scadenza; condizioni di conservazione; la dicitura: «Non utilizzabile a scopo trasfusionale se presenta emolisi o altre anomalie evidenti»; la dicitura: «Per la trasfusione utilizzare un adatto dispositivo munito di un appropriato filtro»; la dicitura: «Esclusivamente per uso autologo - Prove di compatibilità ed esami pretrasfusionali NON eseguiti».

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Decreto Ministeriale del 26 gennaio 2001 "Protocolli per l'accertamento dell'idoneità del donatore di sangue ed emocomponenti"

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107 «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati», con particolare riguardo agli articoli 1 e 3, comma 4; Visto il decreto ministeriale 15 gennaio 1991, recante «Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emoderivati»; Visto il decreto ministeriale 27 dicembre 1990, recante «Caratteristiche e modalità per la donazione del sangue ed emoderivati» e sue successive integrazioni e modificazioni; Vista la raccomandazione R(95)15 del Consiglio di Europa, adottata dal Comitato dei Ministri il 12 ottobre 1995, e le allegate linee guida sulla «Preparazione, uso e garanzia di qualità degli emocomponenti» e loro successivi aggiornamenti; Vista la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 29 giugno 1998, sulla «Idoneità dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea» (98/463/CE); Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, recante «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali», e successive modificazioni e integrazioni; Visto il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre 1997, recante «Autorizzazione n. 2 / 1997, al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale»; Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, recante «Disposizioni integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici»; Vista la circolare n. 61 del 19 dicembre 1986, della direzione generale degli ospedali avente per oggetto «Periodo di conservazione della documentazione sanitaria presso le istituzioni sanitarie pubbliche e private di ricovero e cura»; Ravvisata la necessità di modificare, aggiornandolo, detto decreto ministeriale 15 gennaio 1991; Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale reso nella seduta del 21 luglio 1999; Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome in data 21 dicembre 2000,

Decreta: Art. 1.

1. È approvato l'articolato concernente i protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti, composto da 18 articoli e da 8 allegati, uniti al presente decreto del quale costituiscono parte integrante. 2. Il presente decreto è soggetto a revisione con cadenza almeno biennale da parte della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, sentito l'Istituto superiore di sanità in

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collaborazione con le società scientifiche di settore, accogliendo le indicazioni formulate dagli Organismi comunitari e internazionali finalizzate alla più elevata qualità possibile del sangue e dei suoi prodotti, in rapporto alla sicurezza del donatore e del ricevente. 3. L'allegato n. 1 riporta la terminologia comune relativa al donatore di sangue e al sangue e ai suoi prodotti.

TITOLO I

INFORMAZIONE E TUTELA DELLA RISERVATEZZA Art. 2.

Sensibilizzazione e informazione del candidato donatore 1. Le associazioni e federazioni di donatori volontari e le strutture trasfusionali collaborano per porre a disposizione di tutti i candidati donatori di sangue e/o di emocomponenti, ai fini della loro sensibilizzazione e informazione, materiale educativo accurato e comprensibile sulle caratteristiche essenziali del sangue, degli emocomponenti e dei prodotti emoderivati e sui notevoli benefici che i pazienti possono ricavare dalla donazione. Dal predetto materiale si devono evincere: a) i motivi per i quali vengono effettuati: la compilazione del questionario, l'anamnesi, l'esame obiettivo, l'accertamento dei requisiti fsici e le indagini per la validazione biologica delle donazioni; b) le informazioni sul rischio che malattie infettive possono essere trasmesse attraverso il sangue e i suoi prodotti; c) i segni e sintomi di infezione da HIV/AIDS e di epatite; d) il significato delle espressioni: consenso informato, auto-esclusione, esclusione temporanea e permanente; e) i motivi per cui non devono donare sangue coloro ai quali la donazione potrebbe provocare effetti negativi sulla propria salute; f) i motivi per cui non devono donare sangue coloro che così facendo metterebbero a rischio la salute dei riceventi la donazione, come il caso di coloro che hanno comportamenti sessuali ad alto rischio di trasmissione di malattie infettive o sono affetti da infezione da virus HIV/AIDS e/o da epatite o sono tossicodipendenti o fanno comunque uso di sostanze stupefacenti; g) le informazioni specifiche sulla natura delle procedure di donazione e sui rischi collegati per coloro che intendono partecipare ai programmi di donazione di sangue intero o di emocomponenti mediante aferesi; h) la possibilità di porre domande in qualsiasi momento della procedura; i) la possibilità di ritirarsi o di rinviare la donazione per propria decisione in qualunque momento della procedura; j) l'assicurazione che, qualora i test ponessero in evidenza eventuali patologie, il donatore sarà informato a cura della struttura trasfusionale e la sua donazione non utilizzata; k) i motivi per cui è necessario che il donatore comunichi tempestivamente al personale della struttura trasfusionale, ai fini della tutela della salute dei pazienti trasfusi, eventuali malattie insorte subito dopo la donazione, con particolare riferimento all'epatite virale, in ogni sua forma.

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Art. 3. Tutela della riservatezza

1. Il personale sanitario delle strutture trasfusionali e di raccolta è tenuto: a) a garantire che il colloquio con il candidato donatore sia effettuato nel rispetto della riservatezza; b) ad adottare tutte le misure volte a garantire la riservatezza delle informazioni riguardanti la salute fornite dal candidato donatore e dei risultati dei test eseguiti sulle donazioni, nonché nelle procedure relative ad indagini retrospettive, qualora si rendessero necessarie; c) a garantire al donatore la possibilità di richiedere al personale medico della struttura trasfusionale o di raccolta di non utilizzare la propria donazione, tramite una procedura riservata di autoesclusione; d) a comunicare formalmente al donatore qualsiasi significativa alterazione clinica riscontrata durante la valutazione predonazione e/o negli esami di controllo.

TITOLO II IDONEITÀ ALLA DONAZIONE

Art. 4. Criteri generali per la selezione del donatore di sangue ed emocomponenti

1. Presso ogni struttura trasfusionale e di raccolta, verificata la volontà del candidato donatore di effettuare la donazione di sangue o di emocomponenti, deve essere attuata una procedura di selezione che ne garantisca l'idoneità. 2. La procedura di cui al comma precedente si articola come di seguito: a) identificazione del candidato donatore e compilazione del questionario; b)esame obiettivo; c) accertamento dei requisiti fisici per l'accettazione; d) definizione del giudizio di idoneità alla donazione; e) acquisizione del consenso informato alla donazione e al trattamento dei dati personali. 3. L'allegato n. 2 al presente decreto riporta il modello base di riferimento per lo schema di cartella sanitaria del donatore da compilare ad ogni donazione.

Art. 5. Visita medica per l'accertamento dell'idoneità alla donazione

1. Ad ogni donazione il medico responsabile della selezione, identificato il candidato donatore, effettua la visita medica per l'accertamento dell'idoneità alla donazione che comprende: la compilazione del questionario, l'esecuzione dell'esame obiettivo, la verifica del possesso dei requisiti fisici previsti per l'accettazione, la formalizzazione del giudizio di idoneità alla donazione.

Art. 6. Compilazione del questionario

1. Il medico responsabile della selezione, o personale sanitario appositamente formato operante sotto la responsabilità del predetto, effettua la compilazione del questionario di cui all'allegato n. 2, parte A, predisposto tenendo conto dei criteri di esclusione, permanente e temporanea, del candidato donatore ai fini della protezione della sua salute e di quella del ricevente, così come individuati rispettivamente negli allegati n. 3 e 4 al presente decreto.

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2. Le domande che compongono il questionario, espressamente predeterminate in modo da risultare semplici e di facile comprensione al fine di ottenere risposte precise, sono volte a verificare che il candidato donatore abbia effettivamente compreso le informazioni contenute nel materiale informativo di cui all'art. 2 del presente decreto, garantendo allo stesso la possibilità di richiedere, in qualsiasi momento, al personale medico della struttura trasfusionale o di raccolta una procedura riservata di autoesclusione. 3. Il questionario, compilato in ogni sua parte, va sottoscritto dal candidato donatore e dal sanitario che ha effettuato l'intervista. 4. Il predetto questionario va completato con l'annotazione dei dati anamnestici rilevanti e, ad ogni donazione successiva, aggiornato attraverso raccordi anamnestici.

Art. 7. Esame obiettivo

1. L'esame obiettivo consiste in una valutazione clinica mirata ad evidenziare le condizioni generali di salute del candidato donatore con particolare attenzione a stati quali debilitazione, iponutrizione, edemi, anemia, ittero, cianosi, dispnea, instabilità mentale, intossicazione alcolica, uso di stupefacenti ed abuso di farmaci. 2. I risultati dell'esame obiettivo vengono riportati nella cartella sanitaria del donatore di cui all'allegato n. 2, parte B.

Art. 8. Accertamento dei requisiti fisici per l'accettazione del candidato donatore

1. Preliminarmente ad ogni donazione, il medico responsabile della selezione verifica che il candidato donatore di sangue intero o di emocomponenti mediante aferesi possegga i requisiti fisici indicati rispettivamente negli allegati n. 5 e n. 6 al presente decreto. 2. Il medico sopraindicato, secondo il proprio giudizio, può prescrivere l'esecuzione di ulteriori indagini cliniche, di laboratorio e strumentali volte ad accertare l'idoneità del candidato donatore alla donazione, in particolare in caso di soggetto di età superiore ai 45 anni. 3. I dati rilevati e i risultati delle indagini eseguite, con riferimento ai commi precedenti, vanno annotati nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte C.

Art. 9. Definizione del giudizio di idoneità alla donazione

1. Il medico responsabile della selezione, verificata l'identità del candidato donatore, acquisiti e valutati i dati anamnestici nel rispetto dei criteri di esclusione permanente e temporanea di cui ai precitati allegati n. 3 e n. 4, valutati i risultati dell'esame obiettivo, accertato il possesso dei requisiti fisici per l'accettazione del candidato donatore e tenendo anche conto, ove disponibili, di dati clinici e di laboratorio relativi a precedenti donazioni, esprime formalmente il giudizio di idoneità alla donazione. 2. Il giudizio di idoneità, comprensivo della indicazione al tipo di donazione, deve essere espresso ad ogni donazione e riportato nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte D.

Art. 10. Consenso informato alla donazione e al trattamento dei dati personali

1. Espletate le procedure finalizzate alla definizione del giudizio di idoneità, il medico responsabile della selezione richiede al candidato donatore, preventivamente e debitamente informato, di esprimere il proprio consenso alla donazione e al trattamento dei dati personali secondo le modalità previste dalla normativa vigente, sottoscrivendo l'apposito modulo riportato nello schema di cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte E. 2. Dal modulo di consenso informato deve risultare chiaramente la dichiarazione, da parte del candidato donatore, di aver visionato il materiale informativo di cui all'art. 2 del presente decreto e di averne compreso compiutamente il significato; di aver risposto in maniera veritiera ai quesiti

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posti nel questionario, essendo stato correttamente informato sul significato delle domande in esso contenute; di essere consapevole che le informazioni fornite sul proprio stato di salute e sui propri stili di vita costituiscono un elemento fondamentale per la propria sicurezza e per la sicurezza del ricevente il sangue donato; di aver ottenuto una spiegazione dettagliata e comprensibile sulla procedura di prelievo proposta e di essere stato posto in condizione di fare domande ed eventualmente di rifiutare il consenso; di non aver donato sangue o emocomponenti nell'intervallo minimo di tempo previsto per la procedura di donazione proposta; di sottoporsi volontariamente alla donazione e che nelle 24 ore successive alla donazione non svolgerà attività o hobby rischiosi. 3. II consenso informato è prescritto per ogni tipo di donazione: sangue intero, emocomponenti mediante aferesi, cellule staminali periferiche nonché cellule cordonali. 4. Per la donazione di cellule cordonali è prescritto altresì il consenso della madre mirato alla rinuncia alla conservazione del sangue cordonale ad esclusivo bene ficio del neonato in qualsiasi momento della sua vita.

TITOLO III ESAMI OBBLIGATORI AD OGNI DONAZIONE E CONTROLLI PERIODICI

Art. 11. Validazione biologica delle unità di sangue e/o di emocomponenti

1. Ad ogni donazione il donatore viene obbligatoriamente sottoposto agli esami di laboratorio di cui all'allegato n. 7, parte A, volti ad escluderne la positività agli indicatori delle malattie trasmissibili e ad individuarne le principali caratteristiche immunoematologiche. 2. L'eventuale positività di campioni di sangue alla prova di verifica iniziale, relativa alle indagini per le malattie trasmissibili, rende obbligatoria la ripetizione delle analisi tenendo conto dell'algoritmo di cui all'allegato n. 8. 3. I risultati delle indagini di cui ai commi precedenti vengono riportati nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte F.

Art. 12. Esami per il donatore periodico

1. Ogni anno il donatore periodico viene sottoposto, oltre che agli esami di cui al precedente art. 11, agli esami indicati nell'allegato n. 7, parte B, finalizzati alla valutazione del suo stato generale di salute: i relativi risultati vanno annotati nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte F.

TITOLO IV DONAZIONE DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE PERIFERICHE

Art. 13. Donazione di cellule staminali emopoietiche periferiche

1. Il candidato donatore di cellule staminali emopoietiche periferiche deve possedere gli stessi requisiti previsti per l'idoneità alla donazione di sangue intero e deve inoltre essere valutato per i rischi connessi alle procedure di prelievo da un medico esperto in medicina trasfusionale oltre che dal medico curante del ricevente (per il donatore allogenico). 2. In particolari situazioni di necessità e per specifiche esigenze cliniche possono essere adottati criteri di idoneità diversi, a giudizio del medico esperto in medicina trasfusionale, nel rispetto comunque del criterio della massima tutela a protezione della salute del donatore. 3. II candidato donatore autologo o allogenico di cellule staminali periferiche deve essere indagato per i marcatori di malattie infettive trasmissibili non oltre 30 giorni prima della donazione.

Art. 14. Donazione di cellule staminali da cordone ombelicale

1. La candidata donatrice di sangue da cordone ombelicale deve essere persona sana; la procedura per l'accertamento della idoneità deve comprendere l'anamnesi familiare di entrambi i genitori del neonato, con particolare riguardo alla esistenza di malattie ereditarie.

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2. La madre candidata donatrice deve essere sottoposta ai test per le malattie infettive trasmissibii non oltre trenta giorni prima della donazione; detti test debbono essere ripetuti tra i sei e dodici mesi dall'avvenuta donazione. La gravidanza deve essere stata normale; il neonato deve essere scrupolosamente controllato alla nascita, prima della raccolta del sangue, e obbligatoriamente sottoposto a controllo medico tra i sei e i dodici mesi di età per evidenziare la presenza di eventuali malattie genetiche prima che il sangue cordona le sia utilizzato.

TITOLO V REGISTRAZIONE ED ARCHIVIAZIONE DEI DATI

Art. 15. Tracciabilità della donazione

1. Presso ogni struttura trasfusionale deve essere predisposto un sistema di registrazione e di archiviazione dati che consenta di ricostruire il percorso di ogni unità di sangue o emocomponenti, dal momento del prelievo fino alla sua destinazione finale. 2. I dati anagrafici, clinici e di laboratorio devono essere registrati e aggiornati in uno schedario donatori gestito in modo automatizzato o manuale. Detto schedario deve essere tenuto in modo da: a) contenere cognome e nome, sesso, luogo e data di nascita, residenza e domicilio, se diverso dalla residenza, recapito telefonico, associazione o federazione di volontariato di appartenenza del donatore (ed eventualmente anche recapito telefonico del posto di lavoro, codice fiscale e sanitario); b) garantire l'identificazione univoca, proteggere l'identità del donatore, con particolare riferimento alla disciplina sulla tutela dei dati, quanto a riservatezza e sicurezza, facilitando al tempo stesso la tracciabilità della donazione; c) consentire l'introduzione di informazioni riguardanti eventuali reazioni avverse del donatore alla donazione, i motivi che ne sconsigliano l'effettuazione, temporaneamente o permanentemente, sempre nel rispetto della riservatezza. 3. Le operazioni di registrazione vanno effettuate immediatamente dopo che sia stata ultimata ogni singola fase di lavoro, devono essere leggibili e consentire l'identificazione dell'operatore che deve siglare ogni singola fase eseguita, compresa quella relativa alla conservazione delle registrazioni. 4. Nel caso di reazioni avverse correlate alla trasfusione nel ricevente, deve essere possibile attraverso il precitato schedario risalire al donatore e verificare i risultati di tutte le indagini compiute ed il relativo giudizio finale.

Art. 16. Conservazione delle registrazioni

1. La documentazione che consente di ricostruire il percorso di ogni unità di sangue o emocomponenti, dal momento del prelievo fino alla sua destinazione finale, il modulo di consenso informato relativo a ciascuna donazione (autologa ed omologa) nonché i risultati delle indagini di validazione prescritte dalla normativa vigente su ogni unità di sangue o emocomponenti, debbono essere conservati a tempo illimitato; 2. Le registrazioni dei risultati riguardanti la determinazione del gruppo sanguigno AB0 ed Rh, delle eventuali difficoltà riscontrate nella tipizzazione, della presenza di anticorpi irregolari, delle reazioni trasfusionali, nonché delle prove di compatibilità pretrasfusionali, ove eseguite, debbono essere conservate per venti anni. 3. Le registrazioni relative alla temperatura di conservazione del sangue e degli emocomponenti, ai controlli di sterilità, e ai controlli di qualità su emocomponenti, reagenti, strumentazione ed esami di laboratorio, debbono essere conservate per dodici mesi.

TITOLO VI

ALTRE MISURE Art. 17.

Programmi di prevenzione ed educazione sanitaria

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1. Le iniziative di educazione sanitaria e le indagini eseguite ai fini della tutela della salute dei donatori e della sicurezza dei riceventi, rappresentano un significativo riferimento epidemiologico per la realizzazione di alcuni tra i principali obiettivi della programmazione sanitaria nazionale quali promuovere comportamenti e stili di vita per la salute e contrastare le principali patologie. A tale fine le regioni con il supporto delle strutture trasfusionali esistenti sul proprio territorio, promuovono iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria sulla base dell'analisi e della valutazione epidemiologica dei dati rilevati sui donatori e sulle donazioni. 2. Le strutture trasfusionali assicurano adeguata consulenza al candidato donatore o al donatore la cui donazione è stata rinviata. 3. La struttura trasfusionale che accerti su un donatore la sieroconversione per malattie virali trasmissibili con la trasfusione di sangue o di emocomponenti deve informare il donatore e darne tempestiva notifica, secondo le modalità previs te dalla normativa vigente, all'autorità sanitaria competente per gli adempimenti conseguenti.

Art. 18. Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. A partire da tale data è abrogato il decreto ministeriale 15 gennaio 1991, di cui alle premesse. Roma, 26 gennaio 2001

Il Ministro: VERONESI Registrato alla Corte dei conti il 24 febraio 2001 Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro 1 Sanità, foglio n. 130

- ALLEGATI -

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 78 del 6 aprile 2001)

ALLEGATO N. 1 TERMINOLOGIA COMUNE

Donatore: persona sana con buoni antecedenti sanitari che dona volontariamente sangue o emocomponenti a fini terapeutici. Candidato donatore: persona che si presenta presso una unità di raccolta o una struttura trasfusionale e dichiara di voler donare sangue o emocomponenti. Donatore per la prima volta: persona che non ha mai donato sangue o emocomponenti. Donatore frequente: persona che ha donato in precedenza ma non negli ultimi due anni. Donatore periodico: persona che dona abitualmente (ossia negli ultimi due anni) sangue o emocomponenti agli intervalli minimi di tempo consentiti. Donatore sostitutivo: donatore reperito dal paziente per consentirgli di sottoporsi a terapia che richiede una trasfusione di sangue. Sangue e suoi prodotti: sangue: unità di sangue intero omologo ed autologo. emocomponenti: prodotti ricavati dal frazionamento del sangue con mezzi fisici semplici o con aferesi. farmaci plasmaderivati: farmaci estratti dal plasma mediante processo di lavorazione industriale.

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ALLEGATO N. 2

SCHEMA DI CARTELLA SANITARIA DEL DONATORE DI SANGUE E/O

EMOCOMPONENTI Parte A

QUESTIONARIO

Sig . .............................................................. c.f. ....................................... luogo e data di nascita............................................................. sesso M F residente a ...................................... via .......................................................... tel. abitazione...................................... tel. posto di lavoro ................................

1) Ha sofferto delle comuni malattie dell'infanzia? NO SI quali? ............................................................................................. 2) Ha sofferto o soffre di malattie allergiche, autoimmuni, dell'apparato respiratorio, gastrointestinale, osteoarticolare, tumori maligni, tubercolosi, diabete, convulsioni e/o svenimenti, attacchi epilettici, episodi febbrili o sindromi influenzali, malattie cardiovascolari, ipertensione, malattie infettive, ittero e/o epatite, malattie renali, ematologiche, reumatiche, tropicali? ........................................................................................................................ 3) È attualmente in buona salute? ...................................................................... 4) Sta facendo terapie fa rmacologiche o è in cura dal suo medico? ........................................................................................................................ 5) Ha ingerito di recente (meno di 5 giorni) aspirina o altri analgesici? .......................................................................................................

6) È stato sottoposto recentemente a medicazioni? .............................................

7) Ha notato perdita di peso negli ultimi tempi? ....................................................

8) Ha sofferto di febbri di natura ignota? ...............................................................

9) Ha notato ingrossamento delle ghiandole linfatiche? .........................................

10) È dedito all'alcool? ......................................................................................

11) È stato recentemente sottoposto a vaccinazioni? ...........................................

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Quale? ................................................ Quando? ..............................................

12) Ha letto e compreso le informazioni sull'AIDS, l'epatite virale e le altre malattie trasmissibili? ....................................................................................................

13) Ha mai assunto sostanze stupefacenti? ........................................................

14) Ha mai avuto comportamenti sessuali a rischio di trasmissione di malattie infettive e/o in cambio di denaro o di droga? ....................................................................

15) È mai risultato positivo ai test per l'epatite B e/o C e per l'AIDS? .............................................................................................................

16) Ha mai avuto rapporti sessuali con un partner risultato positivo ai test per l'epatite B e/o C e/o per l'AIDS? .........................................................................................

17) In famiglia vi sono stati casi di malattia di Creutzfeldt Jakob, di insonnia familiare mortale, di demenza, di encefalopatie spongiformi? .........................................................................................................................

18) È stato sottoposto a trapianto di cornea o di dura madre? ........................................................................................................................

19) Ha ricevuto somministrazioni di ormoni della crescita o di estratti ipofisari? ........................................................................................................................

20) Dove ha vissuto (negli ultimi tre anni)? ........................................................................................................................

21) Ha fatto viaggi ed ha soggiomato all'estero? ................................................... Dove? ............................... Quando? ........... Per quanto tempo? ........................

22) Le è mai stato detto in precedenza di non donare sangue? .......

23) È mai stato sottoposto a trapianto di tessuti o di cellule? ........

Dall'ultima donazione e comunque negli ultimi dodici mesi:

24) È stato sottoposto ad interventi chirurgici? ......................... Quale? .................................................. Quando? .........................

25) Ha effettuato indagini endoscopiche? ..................................

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26) Ha effettuato terapie che comportino l'uso di catetere? .......

27) Ha effettuato cure odontoiatriche? ......................................

28) Si è sottoposto a tatuaggi? ..................................................

29) Si è sottoposto a foratura delle orecchie o di altra parte del corpo? .............................................................................................

30) Si è sottoposto ad agopuntura? ...........................................

31) È stato sottoposto a trasfusione di sangue o di emocomponenti o a somministrazione di emoderivati? ......................................

32) Si è ferito accidentalmente con una siringa o altri strumenti contaminati dal sangue? ..................................................................

33) È stato accidentalmente esposto ad una contaminazione delle mucose con il sangue? ......................................................................

34) Ha avuto gravidanza o interruzione di gravidanza? .............

35) È in gravidanza? .................................................................

36) Ha attività o hobby rischiosi? ..............................................

37) Da quante ore è digiuno? ....................................................

38) Ha avuto rapporti sessuali a rischio di trasmissione di malattie infettive? .....................................................................................

Firma del candidato donatore ..............................

Firma del sanitario che ha effettuato l'intervista ........................

Note anamnestiche rilevanti/ raccordo anamnestico ............................................................................................. ............................................................................................. .............................................................................................

Parte B ESAME OBIETTIVO

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

.............................................................................................

Parte C

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REQUISITI FISICI PER L'ACCETTAZIONE DEL CANDIDATO DONATORE

Sangue intero

Età ........... Peso (Kg) ........... Pressione arteriosa (mmHg) max ............. min ................ Frequenza (batt/min) ................ Emoglobina (g/dl) .............. Ematocrito (%) .....................

Emocomponenti

Età ........... Peso (Kg) ........... Pressione arteriosa (mmHg) max ............. min ................ Frequenza (batt/min) ................ Emoglobina (g/dl) .............. Ematocrito (%) ..................... Protidemia (g%) ..................... Quadro elettroforetico ..................... Piastrine (/mmc) ..................... PT(%) ..................... PTT(sec) ..................... Leucociti (/mmc) ..................... Volume complessivo emocomponenti raccolti (ml) ..................... Hb post-donazione (g/dl) ........................ Piastrine post-donazione (/mmc) ...............................

Altri esami a giudizio del medico

ECG .........................................................................................

RX torace ..................................................................................

Altro ......................................................................................... .................................................................................................

Parte D GIUDIZIO DI IDONEITÀ

Idoneo alla donazione di ..........................................................

Volume proposto per la donazione (ml) .....................................

Sospeso temporaneamente per i seguenti motivi ....................... ..............................................................................................

Periodo di sospensione ..........................

Prossimo controllo ................................

Sospeso definitivamente per i seguenti motivi ........................... .............................................................................................

Firma del medico responsabile della selezione

..........................................

Parte E CONSENSO ALLA DONAZIONE E AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

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Il sottoscritto dichiara di aver visionato il materiale informativo sull'AIDS ed altre malattie infettive trasmissibili e di averne compreso compiutamente il significato, di aver risposto in maniera veritiera ai quesiti posti nel questionario, essendo stato correttamente informato sul significato delle domande in esso contenute, di essere consapevole che le informazioni fornite sul proprio stato di salute e sui propri stili di vita costituiscono un elemento fondamentale per la propria sicurezza e per la sicurezza del ricevente il sangue donato, di aver ottenuto una spiegazione dettagliata e comprensibile sulla procedura di prelievo proposta, di essere stato posto in condizione di fare domande °d eventualmente di rifiutare il consenso, di non aver donato nell'intervallo minimo di tempo previsto per la procedura di donazione proposta, di sottoporsi volontariamente alla donazione e che nelle 24 ore successive alla donazione non svolgerà attività o hobby rischiosi.

Autorizza altresì il personale della struttura trasfusionale al trattamento dei propri dati personali e sanitari, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

Data ...........................

Firma del donatore ..........................................

Parte F ESAMI OBBLIGATORI AD OGNI DONAZIONE E CONTROLLI PERIODICI

Esami obbligatori ad ogni donazione ................................................... ........................................................................................................ ........................................................................................................

Esami immunoematologici ................................................................. ........................................................................................................ ........................................................................................................

Esami per il donatore periodico .......................................................... ........................................................................................................ ........................................................................................................

ALLEGATO 3 CRITERI DI ESCLUSIONE PERMANENTE E TEMPORANEA DEL CANDIDATO

DONATORE AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA SUA SALUTE

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Il candidato donatore affetto o precedentemente affetto da una delle sottoelencate patologie deve essere giudicato permanentemente non idoneo alla donazione di sangue o di emocomponenti per la tutela della propria salute:

malattie autoimmuni; malattie cardiovascolari; malattie del sistema nervoso centrale; neoplasie o malattie maligne; tendenza anomala all'emorragia; crisi di svenimenti, convulsioni.

Nel caso di candidato donatore affetto o precedentemente affetto in modo grave o cronico da malattia gastrointestinale, ematologica, respiratoria o renale, non compresa nelle categorie di cui sopra, il medico responsabile della selezione può avvalersi di consulenza specialistica prima della definizione del giudizio di idoneità o di non idoneità temporanea o permanente alla donazione. Possono sussistere motivi per i quali è necessario, ai fini della protezione della salute del candidato donatore, rinviare la donazione; la decisione relativa alla durata del periodo di rinvio spetta al medico responsabile della selezione. La gravidanza in atto costituisce motivo di inidoneità temporanea.

ALLEGATO 4 CRITERI DI ESCLUSIONE PERMANENTE E TEMPORANEA DEL CANDIDATO DONATORE AI FINI DELLA PROTEZIONE DELLA SALUTE DEL RICEVENTE

Inidoneità permanente Il candidato donatore affetto o precedentemente affetto da una delle sottoelencate patologie o condizioni deve essere dichiarato permanentemente non idoneo alla donazione di sangue o di emocomponenti ai fini della protezione della salute del ricevente:

malattie autoimmuni; neoplasie o malattie maligne; diabete se insulino-dipendente; epilessia; malattie cardiovascolari; glomerulonefrite cronica e pielonefrite; policitemia rubra vera; malattie infettive: persone affette o precedentemente affette da: epatite B (HBsAg confermato positivo); epatite C; epatite infettiva (ad eziologia indeterminata); HIV/AIDS; HTLV I/II; lebbra; babesiosi; leishmaniosi; febbre Q; sifilide; tripanosomiasi. Soggetti senza dimostrabili marcatori di epatite virale ma implicati in più di un caso di sospetta epatite posttrasfusionale; il donatore che risulti essere stato l'unico ad aver donato sangue ad un paziente successivamente risultato affetto da epatite post trasfusionale deve essere escluso; non comporta esclusione la presenza di HBsAb; malattia di Creutzfeldt Jakob (o presenza di casi nella famiglia di insonnia familiare mortale,

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demenza); somministrazione di ormoni ipofisari di origine umana (es.: ormone della crescita e/o gonadotropine); trapianto di cornea/dura madre; alcolismo cronico; assunzione di droghe; comportamenti sessuali ad alto rischio di trasmissione di malattie infettive, comprese le persone che hanno avuto rapporti sessuali in cambio di denaro o di droga.

Esclusione temporanea

In presenza di una delle sottoelencate patologie o condizioni il candidato donatore deve essere dichiarato temporaneamente non idoneo alla donazione di sangue o di emocomponenti per un periodo di tempo di durata variabile in funzione della patologia o condizione rilevata. Rinvio di 5 anni Glomerulonefrite acuta (dopo la guarigione defnitiva). Rinvio di 2 anni

Tubercolosi (dopo la guarigione definitiva). Osteomielite (dopo la guarigione definitiva). Toxoplasmosi (dopo la guarigione ed in assenza di anticorpi IgM). Reumatismo articolare acuto (dopo la guarigione definitiva). Brucellosi (dopo la guarigione definitiva). Rinvio di un anno

Esposizione accidentale al sangue o a strumenti contaminati da sangue. Trasfusione di sangue o di emocomponenti o trattamento con farmaci emoderivati. Endoscopia o uso di catetere. Trapianto di tessuti e/o di cellule. Intervento chirurgico di rilievo. Allergia ai farmaci con particolare riguardo alla penicillina (dopo l'ultima esposizione). Contatto diretto con epatitici. Rapporti sessuali con persone infette o a rischio maggiore di infezione da HBV, HCV, HIV. Vaccinazione antirabbica (se dopo l'esposizione). Parto o interruzione di gravidanza. Agopuntura (se non praticata da un medico autorizzato e con l'utilizzo di aghi a perdere). «Piercing» (se non praticato con strumenti a perdere). Tatuaggi. Rapporti sessuali occasionali a rischio di trasmissione di malattie infettive. Rinvio di 6 mesi

Malattia di Lyme (dopo la guarigione). Mononucleosi (dopo la guarigione). Soggiorno in zone tropicali (dopo il ritorno e in assenza di febbri c/o malesseri di natura indeterminata). Rinvio di tre mesi

Somministrazione di sieri di origine animale. Rinvio di quattro settimane

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Somministrazione di vaccini costituiti da virus o batteri viventi attenuati, quali BCG, antivaiolo antipolio (orale), antimorbillo, antiparotite, antirosolia, antifebbre gialla. Rinvio per 48 ore La somministrazione di vaccini costituiti da virus, batteri, rickettsie uccisi o inattivati o da tossoidi, quali contro epatite B, rabbia (somministrazione profilattica), tetano, difterite, pertosse, febbre tifoide e paratifoide, colera, febbre delle Montagne Rocciose, influenza, poliomielite (iniezione), peste, comporta il rinvio della donazione per 48 ore, sempreché i soggetti vaccinati risultino asintomatici e afebbrili. Rinvio per periodi di tempo di durata variabile Malaria: presso ogni struttura trasfusionale e centro di raccolta deve essere disponibile una mappa delle zone ad endemia malarica con relativo elenco alfabetico dei Paesi interessati. A) i soggetti che hanno vissuto in aree malariche per i primi cinque anni della loro vita hanno acquisito, presumibilmente, uno stato di immunità che può renderli portatori asintomatici del parassita. Essi possono essere accettati come donatori se sono passati sei mesi dalla loro ultima visita nell'area di endemia malarica, purché siano negativi i test immunologici riconosciuti in grado di evidenziare anticorpi anti-malarici. Se i risultati dei test sono positivi, il soggetto è permanentemente escluso dalla donazione di cellule ematiche. Se non sono disponibili i test di cui sopra, il soggetto può essere accettato come donatore di sangue, se è trascorso un periodo, privo di sintomi, di almeno tre anni dall'ultima visita nell'area di endemia; B) Tutti i soggetti che hanno visitato una zona ad endemia malarica possono essere accettati quali donatori, dopo un periodo di sei mesi dal ritorno, se non hanno sofferto di episodi febbrili durante la visita o dopo il ritorno. Chi ha, invece, sofferto di episodi febbrili può essere accettato in-presenza di negatività dei test immunologici sei mesi dopo essere divenuti asintomatici e dopo la cessazione della terapia. Se i test immunologici non sono disponibili, il soggetto può essere accettato quale donatore soltanto dopo un periodo minimo di tre anni dal ritorno dalla zona endemica; C) Soggetti che abbiano sofferto di malaria diagnosticamente accertata, devono essere sospesi dalla donazione sino alla scomparsa dei sintomi e sino al termine del trattamento terapeutico. Per i primi tre anni, essi possono donare esclusivamente plasma; in seguito, possono donare sangue intero, purché i test immunologici riconosciuti siano negativi; D) Il periodo di quarantena e l'uso di test immunologici possono essere omessi, per quei donatori di sangue, la cui parte cellulare viene scartata e il plasma utilizzato esclusivamente per la plasmaderivazione, così da renderlo sicuro dalla possibile trasmissione di malaria. In considerazione che il plasma liquido, quello fresco congelato e i crioprecipitati congelati non possono essere ritenuti totalmente privi di elementi cellulari e perciò, di parassiti malarici vitali. Malattie tropicali (altre non precedentemente nominate). Epatite A. Assunzione di farmaci. In caso di terapie dentarie, e altri contatti sanitari, anche ambulatoriali il rischio trasmissivo deve essere rapportato al dato epidemiologico del bacino di afferenza dei donatori e al livello di cooperazione tra il medico esperto in medicina trasfusionale l'odontoiatra e gli altri sanitari interessati. Possono sussistere ulteriori ragioni per il rinvio temporaneo di un donatore ai fini della protezione dei riceventi la donazione: la decisione relativa alla durata del periodo di rinvio spetta al medico responsabile della selezione.

ALLEGATO 5

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REQUISITI FISICI PER L'ACCETTAZIONE DEL CANDIDATO DONATORE DI SANGUE INTERO

Il candidato donatore di sangue deve avere età compresa tra 18 e 65 anni. La donazione di sangue da parte di soggetti di età superiore deve essere autorizzata dal medico responsabile della selezione, così come il reclutamento di un nuovo donatore di età superiore a 60 anni. Possono donare sangue e plasma soggetti di peso non inferiore a 50 kg. La pressione arteriosa sistolica deve essere compresa tra 110 e 180 mm di mercurio e la pressione arteriosa diastolica tra 60 e 100 mm di mercurio. Il polso deve essere ritmico, regolare, e le pulsazioni comprese tra 50 e 100 al minuto. I candidati donatori che praticano allenamenti sportivi intensi possono essere accettati anche con frequenza cardiaca inferiore. Può essere ammesso al prelievo il candidato donatore addetto a lavori pesanti o di particolare impegno qualora possa fruire della giornata di riposo dopo il prelievo. Prima di ogni donazione il candidato donatore deve essere sottoposto all'esame per la determinazione dell'emoglobina o dell'ematocrito. L'emoglobina non deve essere inferiore nelle donne a 12,5 g/dL e negli uomini a 13,5 g/dL, oppure l'ematocrito non deve essere inferiore rispettivamente a 38% e 40%; in casi particolari, ad esempio in regioni con elevata incidenza di alfa o beta talassemia, a discrezione del medico responsabile della selezione, possono essere accettati valori inferiori ai limiti sopraindicati.

ALLEGATO 6

REQUISITI FISICI PER L'ACCETTAZIONE DEL CANDIDATO DONATORE DI EMOCOMPONENTI MEDIANTE AFERESI

A) Requisiti del candidato donatore di plasma Il candidato donatore di plasma mediante aferesi deve possedere gli stessi requisiti previsti per l'idoneità alla donazione di sangue intero. In caso di plasmaferesi occasionali, attuate con intervalli di tempo superiori a 90 giorni, l'idoneità del candidato donatore può essere valutata considerando valori minimi di Hb non inferiori a 11,5 g/dL nella donna e a 12,5 g/dL nell'uomo. Il candidato donatore inserito in un programma di plasmaferesi continuativo deve possedere, oltre quelli previsti per l'idoneità alla donazione di sangue intero, i seguenti requisiti:

a) età compresa fra 18 e 60 anni; b) protidemia non inferiore ai 6 g% e quadro elettroforetico non alterato con eventuale valutazione delle singole proteine, particolarmente dell'albumina e delle IgG,

deve essere sottoposto a controlli periodici con cadenza almeno semestrale ed essere attentamente valutato dal medico esperto in medicina trasfusionale in ordine a possibili significativi decrementi dei valori di cui al precedente punto b, anche se contenuti entro limiti ritenuti ancora normali. B) Requisiti del candidato donatore di piastrine Il candidato donatore di piastrine mediante aferesi deve possedere, oltre agli stessi requisiti previsti per l'idoneità alla donazione di sangue intero, un normale conteggio piastrinico non inferiore a 150 x 109/L. Alla prima donazione deve essere verificata la normalità di PT (%) e PTT (sec.). C) Requisiti del candidato donatore di leucociti Il candidato donatore di leucociti mediante aferesi deve possedere gli stessi requisiti previsti per la donazione di piastrine mediante aferesi, ed inoltre il conteggio dei leucociti non deve essere inferiore a 6.000/mmc. D) Requisiti del candidato donatore di emocomponenti mediante donazione multipla Per l'idoneità alla donazione multipla di emocomponenti il candidato donatore deve possedere i requisiti già previsti per la donazione di sangue intero e/o dei singoli emocomponenti in aferesi, ad eccezione del peso corporeo che non deve essere inferiore a kg 60 e del conteggio piastrinico che,

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nel caso della donazione di piastrine in aferesi raccolte in doppia sacca, non deve essere inferiore a 250.000/ml. In particolari situazioni di necessità e per specifiche esigenze cliniche è consentita l'attivazione di altre procedure di raccolta multipla, debbono comunque essere rispettati, oltre ai criteri già sopra individuati, i seguenti ulteriori criteri di protezione del candidato donatore:

a) volume complessivo degli emocomponenti raccolti non superiore a 650 ml; b) Hb postdonazione non inferiore a 11,5 g/dL nella donna e 12,5 g/dL nell'uomo; c) piastrine postdonazione non inferiori a 120.000/mmc.

L'attivazione delle predette altre procedure di raccolta multipla deve essere preventivamente autorizzata dalla regione attraverso i propri organismi territorialmente competenti.

ALLEGATO 7 ESAMI OBBLIGATORI AD OGNI DONAZIONE E CONTROLLI PERIODICI

A) Validazione biologica Ad ogni donazione il donatore deve essere sottoposto ai seguenti esami: esame emocromocitometrico completo; ALT con metodo ottimizzato; sierodiagnosi per la lue; HIV Ab 1-2; HBs Ag; HCV Ab; ricerca di costituenti virali dell'HCV, secondo i tempi e le modalità previsti dalle specifiche direttive ministeriali. Nel caso in cui i campioni di sangue risultino positivi alla prova di verifica iniziale, si deve procedere alla ripetizione dell'esame tenendo conto dell'algoritmo di cui all'allegato n. 8. Alla prima donazione il donatore deve essere sottoposto ai seguenti controlli immunoematologici: a) determinazione AB0, test diretto e indiretto; b) determinazione del fenotipo Rh completo; c) determinazione delle caratteristiche Kell; d) ricerca degli anticorpi irregolari anti-eritrocitari. Su ogni unità raccolta successivamente debbono essere confermati il gruppo AB0 e Rh nonché la ricerca degli anticorpi irregolari nel caso di stimolazione immunologica del donatore. Le indagini debbono essere effettuate con tecnica idonea e nel rispetto delle correnti leges artis (GLP), e per ogni procedura immunoematologica deve essere assicurato un accurato programma di controllo di qualità. B) Esami per il donatore periodico Il donatore periodico, oltre agli esami indicati al precedente punto A, ogni anno deve essere sottoposto ai seguenti esami: creatininemia; glicemia; proteinemia; sideremia; colesterolemia; trigliceridemia; ferritinemia.

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Decreto Ministeriale de l 19 aprile 2001 "Approvazione dello schema-tipo di convenzione tra regioni e province autonome e Ministero della difesa ai sensi dell'art. 20, legge 4 maggio 1990, n.º 107" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.º 100 del 2 maggio 2001) IL MINISTRO DELLA SANITÀ di concerto con IL MINISTERO DELLA DIFESA Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, recante la disciplina delle attività trasfus ionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati, con particolare riguardo rispettivamente: al relativo art. 20, comma 3, ove è previsto che il Servizio trasfusionale militare cooperi con le strutture del Servizio sanitario nazionale (S.S.N.), della Croce rossa italiana (C.R.I.), del Ministero dell'interno, del Ministro per il coordinamento della protezione civile al fine di costituire, in relazione alle previsioni delle necessità trasfusionali per le situazioni di emergenza, il mantenimento di adeguate scorte di plasma e plasmaderivati; al relativo art. 20, comma 5, che prevede la stipula di apposita convenzione tra il Ministero della sanità e il Ministero della difesa, in cui vengono definite: a) le modalità della donazione di sangue da parte dei militari di leva presso le caserme e le strutture del Servizio sanitario nazionale; b) le modalità di scambio del plasma e dei plasmaderivati tra Servizio sanitario nazionale e servizio trasfusionale militare; Visto il decreto ministeriale 25 gennaio 2001, concernente «Caratteristiche e modalità per la donazione del sangue e di emoderivati», e sue successive modificazioni; Visto il decreto ministeriale 26 gennaio 2001, concernente «Protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emoderivati», e sue successive modificazioni; Visto il decreto ministeriale 18 giugno 1992, recante «Norme sul servizio trasfusionale militare» ed in particolare l'art. 3, comma 2, ove è previsto che l'ufficio di direzione e coordinamento del Servizio trasfusionale militare stipuli convenzioni con le regioni che ne facciano richiesta, per disciplinare le modalità delle donazioni di sangue da parte dei militari a favore delle strutture trasfusionali del Servizio sanitario nazionale;

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Ritenuto di dover definire uno schema-tipo di convenzione, al quale si conformino, al tal fine, le regioni, e le province autonome di Trento e Bolzano; Sentito il parere espresso dalla Commissione naziona le per il Servizio trasfusionale nella seduta del 2 marzo 1999; Acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 12 ottobre 2000; Decreta: Art. 1. 1. È approvato l'unito schema-tipo di convenzione tra le regioni e province autonome ed il Ministero della difesa sulle modalità delle donazioni di sangue da parte dei militari a favore delle strutture trasfusionali del Servizio sanitario nazionale, che costituisce parte integrante del presente decreto. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 19 aprile 2001 Il Ministro della sanità VERONESI Il Ministro della difesa MATTARELLA SCHEMA - TIPO DI CONVENZIONE MINISTERO DELLA DIFESA DIREZIONE GENERALE DELLA SANITÀ MILITARE Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare REGIONE .................................. ASSESSORATO ALLA SANITÀ

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Convenzione ex articolo 20; comma 5 della legge n.107 del 1990, tra l'Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare ..................................................... e l'Assessorato alla Sanità della Regione ................................................................. L'anno .............. addì ................. (in lettere) del mese di ................................., in (città) ........................... nella sede del Centro Trasfusionale Militare di ................., visto il decreto interministeriale del ...............................................con il quale si è approvato lo schema tipo di convenzione in titolo PREMESSO 1. che la legge 4 maggio 1990, n° 107: a) all'articolo 5, comma 2, lettera u) attribuisce ai Servizi di Immunoematologia e Trasfusione, inclusi quelli individuati come Centri Trasfusionali di Coordinamento e Compensazione, il compito di collaborare con i presidi locali delle Forze Armate; b) all'articolo 8, comma 1 prevede che i Centri Regionali di Coordinamento e Compensazione assicurino il raggiungimento dell'autosufficienza di sangue, plasma e di emoderivati all'interno di ogni Regione, c) all'articolo 20, comma 3 prevede che la Croce Rosa Italiana - C.R.I. cooperi con il Servizio Trasfusionale Militare per il raggiungimento dei fini indicati; 2. che il decreto 18 giugno 1992 del Ministro della Difesa: a) all'articolo 2 stabilisce che compito del Servizio Trasfusionale Militare è il conseguimento di una completa autonomia delle Forze Armate in campo trasfusionale e, soddisfatta tale esigenza primaria, anche l'apporto di un significativo contributo nei settore trasfusionale civile, b) all'articolo 3, comma 2 stabilisce che fra i compiti dell'Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare, sono compresi l'assicurazione della rotazione delle scorte trasfusionali prima della loro scadenza, la loro eventuale utilizzazione presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale nonché l'istruttoria per la stipulazione delle convenzioni con le Regioni che ne facciano richiesta, al fine di disciplinare le modalità delle donazioni di sangue da parte dei militari a favore di strutture trasfusionali del Servizio Sanitario Nazionale, e che la stipula di tali convenzioni viene delegata dalla Direzione Generale della Sanità Militare - Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare - ai Direttori dei Centri Trasfusionali Militari, previa motivata e

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circostanziata richiesta; CONSIDERATO che il Ministero della Difesa, e per esso la Direzione Generale della Sanità Militare, è venuto nella determinazione di provvedere ad una regolamentazione delle procedure di prelevamento dei sangue presso i propri Comandi ed Enti, nonché degli scambi di sangue intero e di emocomponenti tra i Centri Trasfusionali Militari e le strutture trasfusionali dei Servizio Sanitario Nazionale e quelle con esso convenzionate; TRA Il Ministero della Difesa rappresentato dal ........................................, nella sua qualità di Direttore del Centro Trasfusionale Militare di ....................................................... l'Assessorato alla Sanità della Regione ................................................................. SI CONVIENE E SI STABILISCE QUANTO SEGUE: Art. 1 Le premesse di cui sopra fanno parte integrante della presente convenzione. Art. 2 1. Il Centro Trasfusionale Militare di ................................................provvede alla raccolta del sangue e degli emocomponenti dai donatori volontari appartenenti ai Comandi ed Enti compresi .............................e può provvedere alla raccolta anche da altri donatori volontari nell'ambito, delle indicazioni definite in sede di programmazione regionale. 2. Quando le Aziende sanitarie od ospedaliere territorialmente interessate abbiano comunicato la propria disponibilità, l'attività di prelievo presso i Comandi ed Enti dipendenti dal Ministero della Difesa può anche essere effettuata da personale del Servizio Sanitario Nazionale dei Servizi di Immunoematologia e Trasfusione o dei Centri Trasfusionali competenti territorialmente che possono avvalersi delle unità di raccolta di cui all'articolo 7 della legge n.107 del 1990, e convenzionate ai sensi del decreto ministeriale 18 settembre 1991. 3. Ai fini di cui al precedente comma tale attività di prelievo viene concordata nei tempi e nei luoghi in cui non sia possibile l'intervento, del personale del Servizio Trasfusionale Militare e pertanto deve essere preventivamente definita tra la Regione - Assessorato alla Sanità e il Centro Trasfusionale Militare di ......................................previa autorizzazione del Comando o Ente Militare. Art. 3

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1. Nel contesto dei rapporti di cui al presente atto convenzionale, i donatori volontari dei Comandi ed Enti interessati, nel rispetto di quanto disposto nel comma 2 del precedente articolo, posso affluire presso le strutture trasfusionali individuate dall'articolo 4, comma 1 della legge 4 maggio 1990, n. 107, secondo la distribuzione territorialmente definita dal Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione. Art. 4 1. Il Ministero della Difesa, attraverso l'Ufficio di Direzione di Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare, predispone d'intesa ed in collaborazione con le istituzioni operanti nel settore gli strumenti idonei a diffondere fra i militari la cultura della solidarietà e della sicurezza della donazione del sangue e a promuovere la donazione volontaria, periodica, anonima e non remunerata. 2. Vengono predisposte dai contraenti tutte le iniziative atte a favorire l'aggiornamento tecnico e professionale degli operatori del settore, anche mediante scambi di esperienze ed istituzione di specifici corsi. 3. Sono a cura ed a carico delle strutture trasfusionali delle Aziende sanitarie od ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale, che abbiano preventivamente comunicato la propria disponibilità organizzativa, la selezione dei donatori volontari idonei e l'esecuzione degli accertamenti clinici e di laboratorio previsti, nonché tutte le spese relative alle operazioni connesse ai prelievi effettuati a norma del presente articolo e dell'articolo 3 e la tempestiva trasmissione degli esiti dei predetti accertamenti. Art. 5 1. Il Centro Regionale di Coordinamento e Compensazione della Regione ...................... mette a disposizione del Centro Trasfusionale Militare di una quota di ................................... unità emazie concentrate trasfondibili pari al 20% delle unità prelevate da donatori militari secondo le richieste che dal Centro Trasfusionale Militare corrispondente siano pervenute nel mese successivo ad ogni seduta di prelievo. Trascorso tale periodo, tale quota si riduce al 10% per un altro mese, al termine del quale l'obbligo della disponibilità si intende estinto. Art. 6 1. Una quota di unità di plasma fresco congelato pari al 50% delle unità prelevate da donatori militari da parte delle strutture trasfusionali del Servizio Sanitario

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Nazionale e di quelle con esso convenzionate sarà destinata alla trasformazione industriale per conto e nome dell'Amministrazione Difesa, secondo le convenzioni all'uopo stipulate dalla stessa Amministrazione. 2. Il Centro di Compensazione e Coordinamento della Regione ................................... comunica semestralmente al Centro Trasfusionale Militare di ..................................... il numero di unità di plasma fresco congelato destinato agli scopi di cui al comma precedente e la sede dove tali unità possono essere ritirate. 3. Per ciascuna unità di plasma fresco congelato deve essere fornito e certificato quanto previsto per l'invio delle suddette unità alla Azienda produttrice di plasmaderivati convenzionata con le Forze Armate. Art. 7 1. Fatte salve le necessità delle Forze Armate, l'Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare, tramite il corrispondente Centro Trasfusionale Militare, può mettere a disposizione del Centro di Coordinamento e Compensazione della Regione ............................... gli emocomponenti eccedenti il fabbisogno delle Forze Armate. 2. L'Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare a sua volta, per le esigenze delle Forze Armate, tramite il corrispondente Centro Trasfusionale Militare, può richiedere al Centro di Coordinamento e Compensazione della Regione .................................... pari quantità degli emocomponenti ceduti nel corso dell'anno o corrispettive quantità di plasma fresco congelato con le caratteristiche di cui all'articolo 6, comma 3. Art. 8 1. Nessun corrispettivo in denaro è dovuto da e ad alcuna delle parti contraenti per le iniziative e le attività convenzionali previste, inclusa la cessione di emocomponenti. Art. 9 1. La presente convenzione ha durata di tre anni, secondo quanto disposto dalle normative vigenti, e viene tacitamente rinnovata di annoi in anno, salvo richiesta di rescissione avanzata da una delle due parti, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento da inviarsi almeno tre mesi prima della scadenza ferme, restando le altre condizioni definite con il presente atto.

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Art. 10 1. Le attività di controllo sulla corretta applicazione della presente convenzione sono rimesse, all'Ufficio di Direzione e Coordinamento dei Servizio Trasfusionale Militare, per il Ministero della Difesa, e all'Assessorato alla Sanità per la Regione contraente e verranno esercitate sui dipendenti Centri secondo le modalità esistenti ed in forma congiunta, previa consultazione e concertazione tra di essi in ordine alle modalità attuative. per la Direzione Generale della Sanità Militare Ufficio di Direzione e Coordinamento del Servizio Trasfusionale Militare il Direttore del Centro Trasfusionale di .......................................... per la Regione ................................................... l'Assessore alla Sanità ...................................... Fatto in ............. addì...................... LEGISLAZIONE EUROPEA IN MATERIA DI TRASFUSIONE DI SANGUE E SUOI DERIVATI

Raccomandazione No. R (98) 10 del Comitato dei Ministri degli Stati Membri

"Uso di eritrociti per la preparazione di sostanze trasportatrici di O2"

(Raccomandazione adottata dal Comitato il 18 settembre 1998 alla 641ª Riunione dei Deputati dei Ministri)

Il Comitato dei Ministri, ai sensi dell'articolo 15.b dello Statuto del Consiglio d'Europa, - visto che lo scopo del Consiglio d'Europa è quello di ottenere la maggiore unità possibile fra i suoi membri e che tale scopo può essere conseguito, inter alia, dalla adozione di iniziative comuni nel campo sanitario; - considerati i principi etici relativi alla donazione volontaria e non remunerata del sangue stabiliti nelle Raccomandazioni No. R (88) 4 sulla responsabilità delle autorità sanitarie in materia di trasfusione del sangue, No. R (90) 9 sui plasmaderivati e sull'autosufficienza europea e No. R (95) 14 sulla protezione di donatori e riceventi in campo trasfusionale; - richiamate le sue Raccomandazioni No. R (93) 4 riguardante l'uso clinico degli emocomponenti e dei prodotti di frazionamento derivati dal sangue e dal plasma umano e No. R (95) 15 sulla preparazione, sull'impiego e sulla garanzia di qualità degli emocomponenti; - rammentando la stipula della Convenzione su Diritti Umani e Biomedicina,

raccomanda che i governi degli stati membri si assicurino che:

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1 - la raccolta del materiale grezzo per la preparazione di sostanze trasportatrici di O2 o di altre sostanze medicinali basate sul sangue umano sia organizzata in modo che non ostacoli un approvvigionamento regolare e sufficiente delle scorte di sangue a uso trasfusionale; 2 - che la raccolta di tale materiale grezzo sia trasparente e vengano date ai donatori sufficienti informazioni sui possibili impieghi del sangue raccolto a questo scopo; 3 - che venga rispettato e seguito il principio della donazione volontaria e non retribuita, indipendentemente all'uso finale di tali prodotti.

Memorandum esplicativo 1. Introduzione Da molti anni sono in corso ricerche per individuare sostanze trasportatrici di ossigeno che non presentino gli inconvenienti propri delle preparazioni di globuli rossi, cioè: tempo di conservazione limitato e da effettuarsi a particolari temperature, dipendenza dai gruppi sanguigni, rischio (anche se minimo) di trasmissione di malattie infettive. Le sostanze più promettenti in questo senso sono basate su molecole di emoglobina chimicamente modificate. Almeno tre ditte industriali hanno preparato queste sostanze partendo da emazie umane. Tutte tre le ditte stanno attualmente conducendo approfondite sperimentazioni cliniche (in fase III). Non esiste alcun dubbio che i trasportatori di ossigeno basati su molecole di emoglobina entreranno nel mercato in un prossimo futuro. Si debbono accogliere favorevolmente sia la scoperta che lo sviluppo di questi nuovi agenti terapeutici. Tuttavia, il fatto che venga usato sangue umano per prepararli ha innescato alcuni problemi. In vista di una rapida evoluzione dell'impiego di tali sostanze, sin dal 1996 il Comitato Europeo per la Salute (CDSP) ha preso posizione sull'uso di eritrociti umani per la preparazione delle sostanze trasportatrici di O2. Il punto principale riguarda il problema di un numero sufficiente di donazioni volontarie e non retribuite. Con ogni probabilità, le nuove sostanze non dovrebbero ridurre significativamente le necessità di concentrati eritrocitari ma, presumibilmente, dovrebbero completare l'attuale regime trasfusionale. 2. Paragrafo 1 La raccolta di emazie umane quale materiale grezzo per la preparazione di sostanze trasportatrici di O2 potrebbe interferire con le scorte di sangue a uso trasfusionale. Si può causare una interruzione nell'approvvigionamento del sangue e alcuni malati potrebbero essere privati della possibilità di ricevere una adeguata emoterapia. Di conseguenza, la raccolta dei globuli rossi deve essere organizzata in maniera che non vengano messe a rischio regolari e sufficienti scorte di sangue a uso trasfusionale. Inizialmente dovrebbero essere utilizzati, quale materiale grezzo per le sostanze trasportatrici di O2, eritrociti scaduti o sangue, non infetto, ma non utilizzabile per trasfusioni. 3. Paragrafo 2 È importante che il donatore venga a conoscenza e recepisca perfettamente a quale scopo gli è stato richiesto il "dono di vita". Se il sangue viene raccolto per un altro fine differente dalla abituale e convenzionale emoterapia, il donatore deve essere informato del fine ultimo del suo dono. La trasparenza in questi casi è di capitale importanza. L'esistenza di differenti tipi di strutture deputate alla raccolta del sangue potrebbe creare confusione nel candidato donatore. Esistono prove che negli Stati Uniti due o più centri di raccolta sangue in competizione fra loro nello stesso luogo determinino una riduzione complessiva di donazioni anche se si tratta di organizzazioni che impiegano esclusivamente donatori non retribuiti. 4. Paragrafo 3

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È necessario che venga rispettato il principio della donazione volontaria e non remunerata. L'industria potrebbe tentare di impiantare centri di raccolta sangue con donatori retribuiti, analoghi ai centri di plasmaferesi esistenti in alcune nazioni e che consentano donatori remunerati. Il reclutamento di donatori retribuiti può distogliere i donatori dai centri che impiegano volontari non pagati e può determinare confusione nel pubblico circa l'importanza del principio della non retribuzione.