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D 38 ANNIE LEIBOVITZ STAVOLTA PIANGO ANCH’IO INTERVISTA L’imperiosa, mitica, fotografa, la più temuta al mondo, si è mostrata vulnerabile, parlando a Parigi di Susan Sontag. E di 200 splendide immagini, che mescolano vita professionale e privata. Con commozione e dolore di Monica Capuani Foto di Eamonn McCabe Foto di CameraPress/G. Neri

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Page 1: LEIBOVITZ STAVOLTA PIANGO ANCH’IOstatic.repubblica.it/dweb/pdf/leibovitz.pdfD 38 ANNIE LEIBOVITZ STAVOLTA PIANGO ANCH’IO INTERVISTA L’imperiosa, mitica, fotografa,la più temuta

D 38

ANNIELEIBOVITZSTAVOLTA PIANGO ANCH’IOINTERVISTA L’imperiosa, mitica, fotografa,la più temuta al mondo, si è mostratavulnerabile, parlando a Parigi di SusanSontag. E di 200 splendide immagini, che mescolano vita professionale e privata.Con commozione e doloredi Monica Capuani Foto di Eamonn McCabe

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5 LUGLIO 2008

Una fotografia assu-me nuovi significatiquando qualcunomuore». Annie Lei-bovitz è in piedi da-vanti a una fotoscattata a Petra, unaprofonda fenditura

nella roccia che rivela un sontuoso pa-lazzo. Alla base si intravede una picco-la figura umana, una donna. «Ho chie-sto a Susan di fermarsi lì soltanto per-ché si potesse avere un’idea delle pro-porzioni della scena. Oggi questa suafoto, in uno stato di meraviglia di frontealla civiltà, mi sembra rifletta il richiamoche il mondo aveva su di lei. Così cu-riosa, tremendamente avida di espe-rienza e d’avventura».E a questo punto Annie Leibovitz ta-glia corto, perché la voce le si spezzadi nuovo. Come poco prima, quandoha salutato i pochi giornalisti ammessialla Mep, la Maison Européenne de laPhotographie, a Parigi, il giorno primadell’inaugurazione della mostra “A pho-tographer’s Life. 1990-2005”, organiz-zata dal Brooklyn Museum di New York(è a Parigi fino al 14/9, poi andrà aLondra, alla National Portrait Gallery).Qualche parola di circostanza. È con-tenta che la mostra, dopo gli Stati Uniti,approdi in Europa: «È come se fossestata pensata per Parigi, la città di Su-san Sontag». Mentre pronuncia questeparole, la fotografa più temuta del mon-do, l’intransigente, imperiosa, irriducibi-le Leibovitz si commuove e piange,schermando con la mano i severi oc-chiali di tartaruga. L’addetta stampa èspeechless, i cronisti attoniti. E conquesta potente dichiarazione di vulne-rabilità, inizia l’incontro. Le 200 fotografie esposte mescolanovita privata e professionale. Le cover

per Rolling Stone, Vanity Fair e Voguel’hanno lanciata nell’empireo dell’im-magine, ma sono gli scatti privati chedanno a questi 15 anni esposti concruda intimità la forza di un’ecceziona-le autobiografia, che racconta una don-na-monstre, un prodigio, figlia di una ti-pica famiglia media americana, natanel ’49 nel Connecticut e cresciuta nel-le basi militari perché il padre era nel-l’aeronautica. Fratelli, sorelle, nipoti, fe-ste di Thanks Giving. La scoperta dellafotografia a una scuola serale e i ritrattidelle star dello spettacolo, della politicasui più prestigiosi magazine americani.E la relazione con Susan Sontag, i viag-gi in giro per il mondo, gli amici intellet-tuali, il reportage da Sarajevo, l’amoreper la natura selvaggia, la prima figliaSarah a 51 anni, le gemelle Susan eSamuelle a 54, la malattia della com-pagna scrittrice, poi la morte, e subitodopo anche quella di suo padre. Tuttodocumentato nei dettagli. «Non so se rifarei questo libro, e diconseguenza la mostra», dice Leibo-vitz, maglietta grigia, maglione a V epantaloni neri di taglio maschile su unpaio di Nike verde bosco. «È stata unaimpresa, a livello emotivo. Mi ha aiutatoa vivere il lutto, ma non so se oggi ri-metterei me stessa e chi amo in questacondizione di fragilità. Ma la mostraesiste, ed è giusto che la gente la ve-da». David Rieff, il figlio della Sontag, siè indignato nel vedere la madre offertacosì agli occhi del mondo. Ma non c’ènulla di pornografico in queste foto.Perché Leibovitz ritrae con la stessaspudoratezza e libertà il candore dellefiglie, il volto di sua madre che invec-chia, il corpo dell’amante nel suo ulti-mo, più impegnativo viaggio, nella ma-lattia, nella morte, tabù che non voglia-mo “vedere”.Nessuno ha puntato il dito su Joan Di-dion quando in L’anno del pensieromagico ha raccontato la morte del ma-rito scrittore John Gregory Dunne e del-la loro figlia. Uscendo dalla mostra siha davvero l’impressione che la mac-china fotografica di Leibovitz sia quelloche la penna è stata per Sontag. L’autrice ci precede, fa da guida. Siamodavanti alla famosa cover di DemiMoore incinta per Vanity Fair. «Avevofotografato il matrimonio e Demi mi dis-se che se fosse rimasta incinta le sa-rebbe piaciuto che la ritraessi. Li rag-giunsi su un set nel Kentucky e scattaiuna Polaroid in un bosco, alla luce na-turale, del pancione di Demi, le maniintrecciate a quelle di Bruce. Quandoaspettava il secondo figlio, Vanity mi

chiese una cover, ma non volevano sivedesse la gravidanza. Le feci dei primipiani, alla fine la fotografai a figura inte-ra. Quando vidi la foto mi dissi: questasì è una copertina! Tina Brown era in-certa, Susan l’incoraggiò».Accanto c’è un ritratto, sempre per Va-nity, di Cindy Sherman, «una performerartist che ammiro molto. Andai a tro-varla nel suo loft, e le chiesi: “Come tipiacerebbe essere fotografata?”. Mi dis-se che le sarebbe piaciuto nasconder-si. Mi venne l’idea di fare un casting disue sosia e fotografarle vestite allo stes-so modo, con la vera Cindy. Anni dopo,incontrai Claire Danes. Mi disse chec’era anche lei all’estremità della foto.Purtroppo l’avevo tagliata». Adesso ri-de, Annie Leibovitz. Siamo davanti a unritratto di sua madre. Ha il volto forte, lacorporatura pesante, ma in tante fotosalta, balla, ride, gioca con i bambini,una donna dalla vitalità travolgente.«Temeva di apparire vecchia nella foto.Ma io volevo ritrarla com’era, e non èstato facile, perché la sua età mi facevasoffrire. La foto non piacque né a lei néa mio padre, che disse: “Non sorride”.Lei ci aveva insegnato a sorridere sem-pre, pure nei momenti peggiori. Questom’ha reso sospettosa rispetto al sorri-dere, nelle mie foto i soggetti non lofanno quasi mai, non mi fido. Soloquando ho avuto le bambine mi sonoriconciliata coll’autenticità del sorriso,anche i muscoli agli angoli della miabocca hanno ripreso a funzionare. Da-vanti ai miei ritratti, la gente dice: “Haidavvero colto la persona”. Questo ac-cade quando conosci bene chi hai da-vanti, e lui o lei conosce bene te. Lamia foto preferita di tutti i tempi è Geor-gia O’Keefe ritratta da Alfred Stieglitz. Siamavano, a lei piaceva che lui la foto-grafasse, noi tutti sappiamo cosa stava-no facendo».Ecco la famosa foto dell’amministra-zione Bush. «Se Bush ti piace, la foto tipiace, ma ti piace pure se non amiquesta gente, perché documenta lastoria. Volevo Bush in piedi perché haun modo orrendo di stare in piedi, allatexana». Lo imita come fosse unascimmia. «Un grande uomo politico (ri-sate). Quando lo incontrai la prima vol-ta era governatore del Texas. Vidi Con-doleezza Rice e pensai: “Lei sì ha pote-re su quest’uomo”. In questa foto cosìcoreografata l’ho voluta accanto a lui,in posizione più autorevole di quella diCheney».Vista la mostra con lei, tutti avevamo lastessa impressione. Il suo cuore, AnnieLeibovitz, ce l’aveva messo in mano.

TUTTO INMOSTRA: IL

CANDORE DELLE FIGLIE, IL BEL VOLTO

DI SUA MADRECHE INVECCHIA,

IL CORPODELL’AMANTE, IL “PANCIONE”

DI DEMI MOORE,LE SOSIA DI

CINDY SHERMAN