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Les Jeux d’antan giochi, giocattoli e divertimenti del tempo che fu 30 dicembre 2010 -16 gennaio 2011 Tarquinia Sala Grande della Biblioteca Comunale Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica

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Les Jeux d’antangiochi, giocattoli e divertimenti del tempo che fu

30 dicembre 2010 -16 gennaio 2011

TarquiniaSala Grande della Biblioteca Comunale

Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica

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Catalogo e mostra a cura diCesare Nissirio

Art design del catalogoGiovanni Truncellito

Foto diRita Paesani

con il contributo della SocietàECO AGRI SERVICE

di TUSCANIA

Il Museo Parigino a Roma gemellato con il Musée de Montmartre di Parigi

MUSEO PARIGINO A ROMA

COMUNE DI GRENOBLE

COMUNE DI TARQUINIAAssessorato alla Cultura

con il patrocinio di

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L’Assessorato alla Cultura del Comune di Tarquinia, incollaborazione con il Museo Parigino a Roma, con il

Patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia e delComune di Grenoble, promuove con vivo compiacimentoquesta singolare, colorata, nostalgica mostra di giochi deltempo passato. Tarquinia si lega in un ideale gemellaggioculturale con la Francia, con Parigi e con Grenoble, susci-tato dalla presenza delle collezioni francesi che il Museo hacondotto ancora una volta in città. Non si può fare a menodi apprezzare questo tuffo nel passato, nel “meraviglioso”che gli oggetti “da favola” hanno accompagnato e conti-nuano ad accompagnare la nostra memoria e la nostra fan-tasia. Il risultato è sorprendente. Ringrazio il Presidentedella Repubblica per il Premio di Rappresentanza che havoluto destinare a questa manifestazione, curata da CesareNissirio.La mostra è un omaggio del nostro Comune e del MuseoParigino a Roma al celebre psichiatra dell’infanzia, Prof.Giovanni Bollea in occasione del suo novantasettesimocompleanno.

Angelo CentiniAssessore alla Cultura

del Comune di Tarquinia

Il Comune di Grenoble si unisce idealmente ancora unavolta alle vicende culturali del Comune di Tarquinia nel

concedere il proprio patrocinio a questa bella e ricca colle-zione di giochi, giocattoli e passatempo che ha caratteriz-zato un’epoca ormai scomparsa della cultura e del patrimo-nio ludico francesi. Una presenza discreta quanto forte neicontenuti di questa cultura, oggi soppiantata dalla tecno-logia applicata al mondo dell’infanzia. Un rimpianto perun verso, una speranza per quanto tale modernizzazioneriuscirà a scolpire nella mente fervida dei nostri bambini.Una collezione, questa, acquistata peraltro in parte proprioa Grenoble.

Marie Claire NepiVice Sindaco di Grenoble

Presentazione

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COMITATO ORGANIZZATORE

Comune di TarquiniaAngelo Centini, Assessore alla Cultura

Maria Lidia Perotti, Responsabile dell’Ufficio Cultura

Museo Parigino a RomaCristiana Mancinelli Scotti

Cesare NissirioGiovanni Truncellito

Ufficio StampaInternational Presse Service

Allestimento della mostra e art director del catalogoArch. Giovanni Truncellito

Il Museo Parigino a Roma ringrazia tutte le Istituzioni Pubbliche partecipanti alla mostra e i loro collaboratori,inoltre e in modo particolare:

Giorgio NapolitanoPresidente della Repubblica Italiana

Jean-Marc Rochereau de La SablièreAmbasciatore di Francia in Italia

Marie-Claire NepiVice Sindaco del Comune di Grenoble

Mauro MazzolaSindaco di Tarquinia

Angelo CentiniAssessore alla CulturaMaria Lidia Perotti

Responsabile dell’Ufficio CulturaGiovanni Sartori

Responsabile del Settore CulturaLuca Gufi

Responsabile della Biblioteca Comunale di TarquiniaLuciana Rendimonti

Biblioteca Comunale di TarquiniaAngelo Filosomi e lo staff della Tipografia Ceccarelli

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Les Jeux d’antangiochi, giocattoli e divertimenti del tempo che fu

a Giovanni Bollea

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La perennità dei giochi di tradizione è assicurata dallavolontà di trasmetterli ai posteri, come è sempre acca-

duto, tramandando oralmente alcuni episodi dell’attivitàumana, nella speranza che un nonno ne racconti sempre ilfascino, la fantasia, l’uso ai nipotini incuriositi e soggioga-ti dall’aspetto fiabesco, dalle immagini dagli “oggetti deldesiderio”. Non saranno né i trenini elettrici né tantome-no i giochi telematici a soppiantarli. Certamente episodicome gli orsacchiotti in peluche, i modellini di autovettu-re e di treni hanno convissuto con successo e continuano afarlo sostenuti spesso più da adulti in preda a nostalgie ine-stinguibili che dai bambini più portati alla scoperta dinuovi territori del gioco, sollecitati dal mercato industrialeirrispettoso di taluni valori della tradizione. Come dimen-ticare taluni giochi come la tombola, la dama, i giochi datavolo e quelli all’aria aperta? Come dimenticare la gioiarisultante dalla costruzione con le proprie mani e la fanta-sia sbrigliata di un bambino di un oggetto ludico, un giocosuscitato da vecchie monete, lattine di birra, biglie prota-gonisti di “giri” d’Italia o di Francia simulati con passioneda tifoserie in erba? Ricordo lunghi, infiniti pomeriggi aScurcola Marsicana dove, bambino, vivevo “sfollato” dallaGrecia durante l’ultima guerra mondiale, ore da far tra-scorrere con giochi “poveri”, facilmente realizzabili conpropri mezzi recuperati dalla quotidianità come i rocchet-ti del filo trasformati in carri armati, fionde create conrami d’albero o fil di ferro intrecciato, telefoni realizzaticon coppette di gelato collegati da un filo teso o il “batti-muro” ovvero vecchie monete del regno scagliate a distan-za verso il muro della nostra abitazione antistante una piaz-zetta ai piedi del paese. E i tamburelli per noi maschietti e

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La perennità dei giochi di tradizione

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la corda o il cerchio, e le bam-bole per le femminucce. Eanche i giochi per lo piùmaschili, senza giocattoli: il“medico” il “prete”, il “farmaci-sta”, il “cocchiere”, tratti dalleprofessioni in uso atti a svelarei segreti delle femminucce.Insomma, la povertà dei mezziera contrastata dalla ricchezzadella fantasia. Ricevevo dallazia rimasta in Egitto straordi-nari giocattoli, modelli inglesidi auto e treni, che finivanosistematicamente in dono aimiei compaesani più grandiche prendevano lezione difrancese dalla mia mamma. Lemie migliori ore erano trascor-se su un vecchio, ormai logoro,tappeto persiano reduce mira-colosamente dalle nostre pere-grinazioni in fuga dagli eventi

di guerra, sul quale vivevano processioni, parate, bandemusicali tutte inventante dalla mia creatività con musichee parole anch’esse spudoratamente fantasiose. Che spasso!I modellini inglesi non mi suscitavano emozioni oltre iprimi momenti di gioco. Evviva il vecchio tappeto, agoràdel mio cuore di bimbo! Evviva la povertà del gioco, ric-chezza dell’animo! E dell’uso delle mani e della mente. Igiocattoli e i giochi preferivamo crearceli da soli lasciandol’industria ai propri destini. E il legno, dominante in paese,ci forniva attraverso la scultura, tutta nostra, il serraglio, lestatuine del presepe, i cavallucci trainanti vecchie carrettecontadine. Le stesse bambole spesso erano create con vec-chi stracci in disuso, colorate da mani incerte ma felici. Frai giochi rientravano anche alcuni appuntamenti tradizio-

nali sull’aia che ci fornivano l’estro per costruirne di nuovi.La mietitura, con la trebbia in azione, lo “scartocciare”delle pannocchie, la battitura dei coloratissimi fagioli sulprato che ci forniva i personaggi delle processioni o dellebande musicali all’insegna dell’agricoltura. Il ricordo dasolo sprigiona emozione. Da ciò l’intenzione di questamostra che da un lato accoglierà il frutto di quella fantasia“d’antan”, di un tempo ormai irreversibile, perdutamentetrascorso ma anche di quell’industria del gioco che decen-ni fa non aveva le caratteristiche odierne. Giochi francesidi un tempo, giochi della capitale europea della moderni-tà, Parigi. Per quell’Ottocento ormai all’ultimo respiroerano giochi d’avanguardia. Giochi di carta in cui le tecni-che tipografiche costituivano la novità o giochi in lattacolorata. Le grandi Esposizioni erano spesso foriere di gio-cattoli muniti di meccanismi all’avanguardia capaci di ren-derli mobili, precursori dei nostri moderni robot. Per lopiù i giochi industriali collegavano però i bimbi fra di loro,li raccoglievano intorno ad un tavolo comune fra ‘800 e‘900. Vogliamo soffermarci sulle figurine? Occasioni stra-ordinarie, per fortuna oggi ancora in uso, per creare uninnocente scambio, una sorta di commercio dei ciclisti ecalciatori allora in voga, gli stessi che collegavano anchenoi piccoli italiani di un tempo. Se ti dò un Gino Bartali,in cambio mi daresti un Fausto Coppi e un Fiorenzo Magni?,ci ripetevamo spesso. Insomma, ne paghi uno e ne porti acasa due, in ossequio alle buone regole del commercio.Oggi la telematica, come pure la televisione, isola sempredi più i nostri bambini. Abbasso i prodotti che distanzianola creatività dai nostri bimbi, abbasso i prodotti che isola-no la nostra infanzia del 2000! Ho assistito in Puglia aduna veglia natalizia con decine di doni destinati ai bimbi,tutti raccolti sotto l’albero, per lo più giochi ultra moder-ni, tutti da subire. Ho tentato di offrire un set per il decou-page, con tanto di album, con immagini da ritagliare,modelli di ispirazione, riviste invoglianti, zeppe di utiliimmagini pronte all’uso e quant’altro. Ha vinto il “ninten-

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do”, un gioco da raccapriccio, da fare solo con se stessidinanzi ad un piccolo malefico computer che inibisce per-sino all’udito dei piccoli di percepire il ripetuto, sano,sonoro invito A tavola! con il rischio per il bambino direstare a digiuno il giorno di Natale. Che danno! Evviva latelematica se accomuna e propone giochi della fantasia,

evviva il computer, seppure strumento per single, se racco-glie intorno a se una schiera di piccoli fruitori eccitandonela fantasia in un gioco comune. Evviva la modernità chenon sia pericolosa e perniciosa! Ma temo che tutto ciò siapura utopia! Hélas!

Cesare Nissirio

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Era salito a Montmartre da Saint-Denis, il quartierepoco distante, attratto dalla vita quasi agreste della

Butte, sedotto dalla sdrucita quotidianità periferica, dallafervida immaginazione della povera gente animatrice deifortifs e del Maquis montmartrois, chiuso fra le ruesCaulaincourt, Lepic e Girardon, in un triangolo fatto di

modestissime abitazioni, sinonimo di povertà, spesso con-taminato da baracche in cui l’infanzia, oggetto del deside-rio che la sua matita di artista ricercava avidamente.L’infanzia povera, diseredata, sostenuta appena da poverimezzi e tristi abitazioni eppure così ricca di suggestioni aisuoi occhi indagatori. Francisque Poulbot, il pittore del-l’infanzia di Montmartre, una generazione di piccoli, spes-so aspri, sarcastici fanciulli in cerca di una vita da vivere.Montmartre l’aveva sedotto, aveva catturato i suoi senti-menti e li aveva indirizzati alle sue stradine intorno ad unaPlace du Tertre non ancora oltraggiata da finti artisti, ven-ditori di illusioni. Una Montmartre non ancora del tuttoinvasa dai cabarets che non fossero Le Lapin agile, allora ilsolo frequentato da Poulbot come pure il vecchio ristoran-te Bouscarat all’angolo della piazza. Siamo all’inizio delNovecento e “le Paris de Poulbot” è Montmartre, la colli-na dei lillas, degli orti e dei vigneti che discendono dallarue Cortot sino alle pendici della Butte. Poulbot ne avevasubito il fascino, era stato catturato dall’atmosfera non deltutto cittadina del quartiere preso di mira da molti altriartisti, Aristide Bruano, Eric Satie, Francis Garco,Guillaume Apollinaire, Max Jacob e non ultima la “pier-reuse”, la cantante di strada Eugénie Buffet, oggi sepoltanel piccolo, romantico cimitero del quartiere.Cosa trovava Poulbot in quella infanzia? in quei bambiniche finirono per essere chiamati “poulbots” dal nome del-l’artista che li aveva fatti assurgere a fenomeno d’arte,oggetto delle illustrazioni che l’artista aveva inserito neisuoi libri, da La Maternelle di Léon Frapié a Poile de Carotedi Jules Renard, e persino, a Messieurs le Ronds-de-Cuir diCourteline ma soprattutto a Dans la rue, la raccolta di can-

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Les poulbots di Francisque Poulbot

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zoni e monologhi di Aristide Bruant ampiamente illustra-to? Cosa cercava in quell’infanzia di strada? Era lì la suaParigi e vi ricercava la forza straordinaria che quei sogget-ti, non sempre infantili, sapevano trasmettere alla suamatita, uno strumento di illustrazione della vita quotidia-na come pochi, come lui e Gill, in quell’altura ci hannolasciato. Il gioco di quei bambini era povero quanto la loromodesta vita trascorsa per lo più per strada. Era il gioco deimiseri che però si alimentava con una ricchezza di trovatefantastiche di non poco conto. Era soprattutto il giocodella tradizione fatto di poche cose raccogliticce quali unvecchio tappo tramutato in battello da un fiammifero issa-

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to su di esso che talvolta lo stesso Poulobot lanciava lorodalla sua finestra di rue Caulaincourt, prima e dopo il suotrasferimento in rue Cortot, lasciata però qualche tempodopo alle spalle per tornare in quella sua prima stradinatanto amata ma in una casa molto più grande, avendointanto fatto fortuna. Ed è proprio quel gioco, quell’infan-zia curiosa e avida di una vita da mordere, quel gioco fattoné di poco né di molto che egli ci ha lasciato in ereditàquale fenomeno di assoluta autenticità, quale episodio irri-petibile di quella Montmartre che di lì a non molto avreb-be purtroppo cambiato pelle.

C. N.

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Il secolo delle grandi esposizioni e della trionfale diffu -sione del manifesto d’autore, sarà anche il ‘secolo d’o ro’

del giocattolo. Ma, più della Rivoluzione francese chesegnerà la fine di una concezione politica e sociale e più diJean-Jacques Russeau che porterà alla ribalta l’infanzia e isuoi problemi, saranno i progressi tecnici e l’avvento dellameccanizzazione a suscitare, nella seconda parte del XIXsecolo, un rinnovamento e un prodigioso sviluppo dell’in-dustria dei giocattoli. Accanto alle sempre più sofisticatecreazioni in legno, porcellana e metallo, anche l’universopovero, ma non meno suggestivo, dei giuochi di carta daritagliare e comporre, comincerà ad invadere il mercato. Ivariopinti découpages di costruzioni, soldatini, ombre cine-si, bam bole da vestire, marionette da animare, trafori efigure mobili di prodigiosa ingegnosità nel creare l’illusio-ne delle tre dimensioni, verranno diffusi su semplici foglidi carta, sul più antico e potente veicolo di tutte le ideeumane. Intorno al giocattolo fiorisce un’importante mer-cato edi toriale di libri, cataloghi di vendita, manuali d’in-trattenimento, periodici intitolati a “St. Nicolas” o a “LaPoupée Modèle”, spartiti musicali, cartoline illustrate,manifesti, calendari, figurine e stampe, a comporre un ab -bagliante paese dei balocchi’, che si offre con l’irresistibilemalìa di immagini stregate che rimbalzano dalle pagine deilibri a quelle dei giornalini per l’infanzia, dalla pubblicitàall’“Imagerie d’Epinal”, a raccontare, illustrazione dopo il -lustrazione, la grande epopea della nascita dell’infanziacome nuovo soggetto sociale.Così che di tutti i possibili approcci alla nozione di giuo -co, quello fornito dall’immagine che nel corso dei secoli -e segnatamente nell’Ottocento - il gioco darà di se stesso,

sembra significativamente rilevante e in grado di include-re e prefigurare tutti gli altri. Il giuoco dipinto manifeste-rà, infatti, una carica di sugge stione dirompente nel deli-neare l’altrove sognato e irraggiungibile degli happyfew di

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Il giuoco dipinto

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quei felici pochi per i quali l’Inghilterra vittoriana avrebbeinventato l’universo della nursery sistema perfetto e hortusconclusus scandito dalla rigorosa prescrizione di ritmi, rimee ruoli.Dall’umile cavalluccio di legno alla più sontuosa casa dibambola, un ricorrente codice iconografico accomuna in -fatti tutte le raffigurazioni del giuoco, con una forza se -duttiva che travalica la realtà per farsi manifesto trionfantedi quel nuovo soggetto sociale costituito dall’infanzia. Ed èanche alla seduzione delle figure, che la società dell’ul timoOttocento e del primo Novecento affiderà il compito diveicolare i propri valori, ponendosi come il migliore deimondi possibili.Realizzate attraverso le dosate alchimie tonali degli intagliin bianco e nero o scaturite dall’esplosiva opulenza cro -matica delle pietre litografiche, le immagini del giuoco sifanno perdutamente desideranti’, diventano preziosi do -cumenti che delineano e dettagliano la mappa del territo -rio segreto e perduto del paese dell’infanzia.Affidate alla fragile bidimensionalità della carta, questeimmagini rivelano insospettate profondità, affidando laloro forza alla pervasiva e saturante moltiplicazione degliesemplari.Sfogliare quest’inedita, possibile storia del giuoco, le cuifigure sparpagliate e variopinte occhieggiano da infinitirepertori, ricomporre un ideale album che ne raccolga econservi ogni singola immagine, per dimostrare, come aldi là dell’evoluzione delle mode e degli stili, i mille modidi illustrare una bambola o il volo di un aquilone, ricorra -no alla suggestione del medesimo codice e alle stesse prati-che magiche sottese al ritratto, è una delle possibili chiavidi lettura.Dai giuochi di destrezza a quelli di pazienza, dai giuochisportivi a quelli scientifici, dai giuochi solitari a quelli digruppo, dai giuochi proibiti a quelli di apprendimento, le

immagini deiIudi puerilesattraversano dia -cronicamente isecoli, per ap -prodare ad unOttocento me -raviglioso, chediversifica le suelusinghe schiu-dendo inesauri-bili boites à jou-joux. Alle lucidelle vetrine,sotto l’albero diNatale, negli an -goli della nurse-ry, i giocattoliconsumano laloro vita paralle -

la, si allineano, si accatastano, si ammonticchiano e si spar-pagliano, esibendosi, in un disordine solo apparente, conla seduzione scenografica e golosamente precaria dei trion-fi gastronomici alla Dubois.Dal giocattolo ricco al balocco povero, dal truciolo allaseta, l’illustrazione risponde all’insaziabile domanda, mol -tiplicando l’offerta di un repertorio tanto più appagantequanto più rigorosamente e rassicurante connotato.La simulazione del giuoco, offerta dall’illustrazione consen -te, infine, di fissare l’irripetibile momento situato tra il pri -ma e il dopo: progetto e reliquia di una felicità attesa e in -sieme già trascorsa; che delinea accanto agli officianti, an -che la magica schiera dei costruttori e venditori di felicità.

Paola Pallottino

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Le “piccole cose idiote” che amava Rimbaud possonocerto diventare insignificanti bibelots o fastidiose mani-

festazioni del gusto del bric-à-brac, ma anche, se lette nellaloro proiezione entro il comportamento del l’uomo, rive-larci lo stile di un’epoca, e aprirsi verso inat tese, riposteverità. Molte volte l’oggetto frivolo o mini mo, o persino ilpiù semplice gesto quotidiano, possono suscitare i segnidella cultura d’una società in modo più vivo e diretto dellepagine pensose dei filosofi, delle ana lisi dei sociologi e per-sino delle illuminazioni degli arti sti. Lo spirito del tempo,lo sappiamo, s’esprime anche in un ninnolo riscattato daldecadentismo gozzaniano o nel movimento che una signo-ra compie nell’accendersi una sigaretta.Così, affondarsi nei vecchi fogli di allineati soldatini, inge -gneresche costruzioni, semplici colorati giochi dell’oca puòesser certo vizio collezionistico, o magari calcolo mercanti-le, ma anche può essere, l’avvio di un inatteso e per nullanostalgico itinerario per capire chi eravamo e chi siamo,per capire noi e gli altri.Riordinando quasi dimendicate cartelle, mi è capitato diritrovare una serie di vecchie costruzioni dell’illustre“Imagerie d’Épinal” (e di altre ditte francesi).Sono piccole tavole che propongono di costruire, con unpaio di forbici e un po’ di colla, meravigliosi edifici orien -tali e africani, moschee cambojane e bazar tunisini, tuculcongolesi e templi indiani, case cinesi e tende tartare.Un fantastico paesaggio esotico destinato ad entrare nellecase dei francesi sotto forma apparente di gioco o di pas -satempo. Ho pensato, allora, al nostro Paese, in quegli stes-si anni (gli ultimi trent’anni dell’Ottocento) e all’oriz zonteche agli italiani si schiudeva, mentre in Francia il paesag-

gio già si popolava di queste immagini di mondi lontani,di popoli diversi. Ho così immaginato il ragazzino dellaprofonda provincia francese che edifica il suo indocinese

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Alla scoperta del mondo con forbici e colla

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“Temple de l’Éléphant blanc”, o il suo algerino “Grandmarabout”, evocando nel concreto di un oggetto effimeroma palpa bile certo i crudeli destini delle guerre e delleoccupazio ni coloniali, ma anche la coscienza cosmopolitadella sua patria. E ho immaginato il coetaneo ragazzinoitaliano al quale ben poche suggestioni potevano giungerea matu rare in lui la consapevolezza di quanto fosse grandee di verso il mondo e di quanto angusto lo spazio del suo

paese, della sua regione della sua stessa patria. È evidentecome la tipografia Pellerin segua, con molta puntualità,l’espansione coloniale francese, offrendo al suo pubblico(non formato, si ricordi, soltanto da bambini e ragazzi, maanche da adulti) soggetti legati all’attualità. Scorrendo ledate dello sviluppo coloniale della Francia, soprattutto nelMaghreb e in Indocina, è facile cogliere le coincidenze coni temi che emergono nei fogli delle co struzioni.Nel 1830 la Francia si insedia nei centri costieri dell’Alge -ria e ventisette anni dopo occupa la Grande Kabilia (maeffettivamente la sottomette nel 1871): nel 1881 stabilisceil suo protettorato sulla Tunisia e se anche soltanto nel1912 pone il suo protettorato sul Marocco, questo Paeseha frizioni anche pesanti con Parigi fin dal primo insedia -mento francese in Algeria. In Indocina l’avventura france-se incomincia con l’occupa zione della zona del delta delMekong (1859-1862) che por ta, nel 1867, alla costituzio-ne della colonia della Cocincina dalla quale si svilupperàpoi l’Union Indochinoise (Viet Nam, Laos e Cambogia)formalmènte costuita nel 1887. Se l’espansione coloniale èprobabilmente l’occasione principale all’estendersi dellaproduzione “esotica” della tipografia Pellerin, altri stimolioperano in questa stessa direzione. Infatti, i soggetti chePellerin propone non ri guardano soltanto le grandi areenelle quali la Francia è impegnata, ma anche la Cina, laTartaria, l’India, la Siria, la Turchia. Qui gioca evidente-mente l’influenza più gene rale della cultura francese e dellesue aperture verso i Paesi lontani.Del resto già erano stati proprio i gesuiti francesi a “sco -prire” la Cina e a porre quel “problema cinese” che non fusecondario nella crisi dell’uomo “teologico” e nella for -mazione del pensiero laico illuminista. Ed erano stati poiBernardin de Saint Pierre e Chateau briand ad aprire la viadelle nostalgie e della miticizza zione per i paradisi esotici,spazio dell’abbandono e del la libertà perdute per l’uomoeuropeo. E ancora Flaubert con i suoi viaggi in Egitto enell’Oriente mediterraneo e poi con Salambo, e Théophile

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Gautier che apre la stagio ne dell’esotismo estetico, e PierreLoti, ma non loro sol tanto e non soltanto scrittori, ma pit-tori e cronisti e viag giatori e ancora mercanti capaci diimportare a Parigi quelle stampe giapponesi di Hokusaiche seguiranno l’arte dei Nabis e poi d’offrire ai cubisti lasorpresa del l’arte africana. Ma quest’interesse e quest’ansiadell’esotico e del lonta no non restano chiusi nelle coscien-ze degli artisti e dei fi losofi o legati alle cronache delleimprese coloniali: il mondo dei “diversi” diviene per i fran-cesi un’immagine popolare e di massa sulle pagine delleriviste e dei gior nali esoprattutto conl’aprirsi della grandestagione delleEsposizioni univer-sali entro le qualitroveranno ampiospazio materiali (per-sino viventi) di altricontinenti, civili oselvaggi. Parigi ospi-ta la prima (1867) eancor più contribui-ranno a radicarenella coscienza fran-cese l’immaginarioesoti co le successiveedizioni, sempre piùgrandi, del 1889 edel 1900, in attesadelle Esposizionicoloniali. È su que -sto sfondo che sipongono le costru-zioni di Epinal, al -cune delle quali pro-prio si propongono

come riprodu zioni di edifici presentati al Trocadero nel-l’esposizione del 1900. Riflesso della celebrazione colonia-le e dell’orgoglio dei conquistatori? Certo, ma anche mani-festazione povera, minima, marginale fin quanto si vuoledi una diffusa cul tura “moderna” aperta al mondo, agli“altri”, ai Paesi Lon tani e soprattutto “diversi”. E, queltempo stesso strumen to forse non così secondario comepotremmo pensare di formazione di questa coscienza.

Roberto Leydi

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Qualcuno di fronte ai reperti dell’infanzia, il nostalgi coarmamentario di giocattoli, figurine, libri illustra ti, ha

subito i lucciconi e un senso di indomabile ango scia. Altrinell’infanzia e le sue vestigia vorrebbero restarci per sem-pre, e da adulti, sostituiscono come possono, ov vero colle-zionando, il perduto possesso emotivo con i giocattolid’uso che diventano opere d’arte offerte soltan to allosguardo, recluse in asettiche bacheche. C’è poi un terzotipo: quello che si dimentica sostanzial mente di crescere econtinua ad avere con gli oggetti in fantili un rapporto

ludico e certamente, scavando nella sua vita, si scoprirà unrapporto ludico col mondo in ge nerale, un continuare agiocare con le cose dei grandi. Fra i tanti aspetti belli einsensati dell’esistenza come ce la prefiguriamo c’è questaassurdità del confine netto fra piccoli e grandi. Non che sisia già stabilito precisamente dove sia situato, ma sappiamoche esiste ed è grazie a esso che possiamo provare quel sensodi irrecuperabile malinconia per il tempo che passa, perl’età infantile che ci piace trasfigura re e fantasticare come‘beata”. Ma beata non fu, lo sappiamo bene, nessun’altra

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All’aria aperta

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età della vita è più zeppa di ostacoli, umiliazioni, senso diinade guatezza. Tanto che la scrittrice americana FlanneryO’ Connor eb be a dire che qualunque scrittore sopravvis-suto alla sua infanzia, ha temi abbastanza per riempir libritutta la vita. Se poi non fossimo costretti ad avere sultempo un con cetto di evoluzione lineare, ma lo sentissimo- come è - circolare, in modo che non fosse possibile unprima e un dopo o rintracciare un punto di origine e unpunto finale, ecco che potremo senza vergogna riconoscer-ci bambini per tutta la durata della nostra esistenza visibi-le, o bambi ni adulti, o vecchi infanti. E potremo giocare,senza inventare i giochi pericolosi dei grandi, con queglioggetti al limite del risveglio e del respiro che chiamiamogiocattoli. Perché, se no, smarrirsi al cospetto di un vecchioorsac chiotto spelacchiato che mostra le sue ferite di paglia?Perché quel senso di perdita guardando una casa di bam-bola con la sua lillipuziana riproduzione della vita adulta?E la tremenda nostalgia che viene a chi scorre quelle an -tiche figurine, che portano le tracce di tante mini bambi -ne? Quel tondeggiar di linee, quelle guance ripiene dove ilsostegno sottolinea la bellezza infantile creando due meli-ne rosse rosse? Se in quegli oggetti ricono-scessimo non il passato e il tempo perduto,ma le forme fondanti del presente, avremmocon la nostra vita e le nostre età un rappor-to più pacificato e consapevole. E potremoentrare in un museo o visitare una mostra digiocattoli senza sentirci improvvisamenteinvecchiati. Come ha raccontato IngmarBergman, nella sua autobio grafia, la formafondante del suo destino era stata nell’in -fanzia la magia delle figure in movimentoproiettate sul muro dalla “lanterna magica”,lontano preannuncio della sua futura artecinematografica. Ognuno di noi ha la sualanterna magica, il suo giocatto lo preferitoche lo rincorre negli anni proiettando su

altri oggetti, adulti, la sua forma e il suo fascino. Nelmestiere che uno fa “da grande”, nelle donne e negli uomi-ni di cui s’innamora, nelle forme geometriche che preferi-sce, nei pittori che gli stanno a cuore, nella musica che sce-glierà, si può rintracciare, a saperlo cercare, l’anti co giocat-tolo, il prevalere delle sue linee, la sua morbi dezza o solidi-tà. Dopo quello della madre è l’abbraccio del giocattolopre ferito a plasmare il mondo emozionale del bambino. Equel mondo emozionale, per quanto lontani si andrà dal-l’infanzia, continuerà a vivere nel mare profondo del -l’inconscio, nel segreto degli impulsi diurni, e nelle imma -gini notturne del sogno. È nel giocare instancabile dei loroprimi anni che i futuri adulti accumulano quel surplus dienergie da smaltire nel corso degli anni non sempre trion-fanti. Saltare sulla corda non si potrà più a un certo punto,ma si potrà sempre evocarne l’immagine e spendersi quel -l’antica energia come un buon giocatore un asso tenuto daparte per la mossa vincente.

Sandra Petrignani

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Si potrebbe ricostruire la storia del mondo seguendo ibambini, una storia di felicità tutta inventata, com -

posta, eseguita come preludio poetico ad una sinfonia cheman mano fa crescere ed arricchire la nostra vita di adulti.Quando incontro un vecchio libro illustrato, se mi imbat -to in una fiaba o in una lastra colorata ammiccante da unabancarella antiquaria, provo una sensazione di felicità pun-gente, quasi dolorosa. Subito e con l’avidità di un bimbome ne impossesso ed inizia così un nuovo viaggio nella fan-tasia, un insegui mento avventuroso fra i ricordi. Un autremonde, a voler citare Grandville, si schiude ed appaiono isogni, invisibili all’occhio; si fanno avanti i mille personag-gi che hanno accompagnato la mia infan zia, fortunata-mente mai abbandonata del tutto. “Giocare con le coseserve a conoscerle meglio”, scriveva qualche tempo faGianni Rodari, pensando all’arte di inventare storie. Nonnascondo un certo orgoglio nel confessare che, pur avendo

superato ab bondantemente il mezzo secolo, continuo osti -natamente a giocare, affidandomi alle impennate di unaquilone fantastico che mi guida lontano. Ed in questogioco ho voluto coinvolgervi, portandovi per mano fra levie di un universo, quello della lettera tura e dell’invenzio-ne artistica, forse il solo destinato a non scomparire ma acambiar aria in ogni generazio ne. Non potevo non privile-giare Parigi, il mio “universo” da sempre. Ho scelto comeguida Monsieur Bébé, si proprio lui, l’eroe di un passatoannidato in noi tutti. Con lui vor rei farvi avventurare inun intrico di emozioni che solo Parigi può elargire congenerosità. Monsieur Bébé è un viaggiatore instancabile,venendo da terre lontane, è approdato a Parigi dove haconosciuto un po’ tutti, letterati, artisti, illustratori, poeti,musicisti, da Rabelais a Perrault, da La Fontaine a Verne, daDoré a Grandville, Daumier, Steinlen, Chéret, Debussy,Satie... Come Aladino, con la sua lanterna magica vuole raf-figu rare un viaggio nel mondo dell’immaginazione, di unain fanzia tutta illustrata, raccontata per immagini.Questa è una mostra “da camera” come avrebbe forse potu-to definirla proprio Erik Satie, musicista funambolico edemblematico poeta di una infanzia dello spirito. Si tratta diuna raccolta del Museo Parigino a Roma, de stinata a tuttii giovani attraverso gli incantesimi di un manifesto d’epo-ca, di una patinata lastra per lanterna magica, di una stin-ta figurina da collezione o di un vec chio spartito, fra unafilastrocca ed un giochino, fra dadi ingialliti e intrigantitarocchi, scacchi e domino, ci con durrà in una città affida-ta ai colori onirici della suggestio ne poetica. Una simpati-ca e divertente sfilata di personaggi della “fic tion”, di eroiin erba, un tuffo nel “meraviglioso”: questo l’intento dellamostra che, attraverso materiale d’epoca, in compagnia

Un tuffo nel “meraviglioso” con Babbo Natale

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dell’eterno bambino che è in noi e sempre a caccia di vec-chi ricordi di una comune infanzia, si rivolge a tutti colo-ro che abbiano il cuore giovane. Per iniziare ho scelto ilNatale, con i suoi protagonisti, l’Enfant Jesus, le Père Noèle i loro amici, i bambini. Doni, auguri, riti e miti s’intrec-ciano sulle riviste, nei gio chi, nelle tradizioni, sulla carta diletterine e cartoline dav vero singolari. Dalla lanterna magi-ca, dalle prime lastre decorate, ecco affiorare le immaginidel Natale, del Circo con i suoi ani matori, della festa edella fiera. Dalle figurine illustrate del Bon Marché si spar-gono le note delle canzoncine, le piu me dei cappelli deglieroi da fiaba: La belle au bois dor mant, Il détait une bergè-re, Le roi Dagobert e tante altre pagine musicali affidate apersonaggi coloratissimi di raccontini morali, di storielleavventurose o comiche, alle gorie e vecchi proverbi per farmeditare. Ed ecco così le meraviglie illustrate dall’ImageriePelle rin o dall’Imagerie d’Epinal ecco i giochini di società,le tombole natalizie, i giochi dell’oca e dei Re di Francia, igiochi en plein air, gli aquiloni d’un tempo, le case di bam-bole e mille altri svaghi dall’infanzia in poi. Dalle riviste edai libri, miei compagni di sempre, ci rag giungono Lisettee Becassine, Suzette, Tin Tin e Babar ma anche gli eroi diVerne e di Dumas. Non possono mancare all’appello nem-meno Le Père Fouettard, Le petit chaperon rouge, il rocam-bolesco e vagabando Pierrot bicycliste in omaggio al qualeuna canzoncina su misura placa una giornata giunta al suoculmine: Au clair de la lune / Notre ami Pierrot / S’en vachanter / Une ballade à velo. Né si possono trascurare glianimali parlanti, i saggi topo lini, le oche giulive o il lupocattivo in agguato nei boschi incantati, neppure si puòabbandonare all’oblio l’allegra brigata dei Six petits chatsalle prese con un vecchio pianino o con sublimi bolle disapone volteggianti nel cielo azzurro di una Parigi tuttainventata. Il bambino diviene adulto ma il gioco rimanegiovane e ci accompagna in salotto. Ecco così i tarocchi ele carte da gioco, compagni di serate in amicizia o in soli-tudine, ecco le colorate roulettes e i domino, rebus, scac-chi e dadi, Re, Fanti e Dame di cuori. Il gioco riserva sem-

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pre emozioni poiché lascia spazio al l’imprevisto, crea ten-sioni emotive che non si placano mai, si perda o si vinca,da bambini o da adulti. Madame di Tebe lo sa, ne appro-fitta e accende la batta glia: La torre, il carro, il matto el’imperatore gareggiano col fante, il re, il cavallo o la regi-na e il destino si compie. In forma di drago, sole, bilanciao scorpione, i destini si delineano sul legno o sul rameseguendo un solco che lo splendido colore degli inchiostritrasporterà sulla carta, nel caso nostro, grazie ad Epinal. Ilgioco degli astri fa sperare l’adulto come quello dell’ocafaceva trepidare il bambino. In fondo è il gioco di sem pre,con il fanciullo di sempre. Il gioco, dunque, dall’infanziaal salotto non cambia le re gole della vita, e la festa conti-nua.Insomma questa fuga nell’immaginario non è altro che unomaggio per un giorno di festa, un cadeau d’amour auxenfants de toujours, un vecchio album di ricordi, di figureche, spero, arrivi almeno un po’ ad incuriosire e divertireles amis de tout âge. Dice la canzoncina: J’ai trois amoursdans mon coeur / Trois amours, tout mon bonheur ... e cosivia, con la fan tasia.

C. N.

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Il gioco è l’immagine della società, può disporre di unaricchezza enorme di strumenti come può essere inve ce

assai povero di mezzi non per questo però meno di -vertente. L’enorme ricchezza del gioco è soprattutto la fan-tasia. Il bambino si può accontentare di poco per ottenererisul tati eccezionali ma non il collezionista, che come ènoto, senza alcun pudore, ha saputo aggiungere alla notalista dei vizi capitali quello dell’avidità maniacale.Nell’accumulare oggetti suoggetti non è mai superficiale, sifornisce un programma, unascelta, mai una scadenza. Unacollezione si sa quando inizianon si arriverà mai a vederne lafine, se non quella del collezio-nista. D’altronde il suo ruolonella nostra società è determi-nante poiché, senza la sua sensi-bilità, l’amorevole ricerca, la tu -tela, la conservazione delle colle-zioni, oggi non si sareb he salva-to il nostro patrimonio. Unaricerca seria può du rare moltianni e talvolta l’interesse del col-lezionista può anticipare quellodello studioso, dello storico odel diret tore di un museo. Eaccaduto che un museo nascapro prio da un serie di collezionidovute alla meticolosa atten -zione di un collezionista. Il

gioco non è esente da queste consuetudini. Prenderò inprestito da Michel Manson, Direttore del Museo Na -zionale dell’Educazione francese, una serie di osserva zionie annotazioni prodotte in occasione della bella mostra‘Jeux et divertissements des salons” che Jean ClaudeBaudot, uno dei massimi collezionisti francesi ha curatorecentemente per il Louvre des Antiquaires a Parigi. Nelgioco ogni oggetto ha la sua storia, i suoi materiali e i pro-

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Gli oggetti del desiderio

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pri percorsi, la diffusione, l’uso, l’immagine, il pro prio les-sico. La ricerca storica pertanto cerca di caricare gli ogget-ti non soltanto di un proprio sapore o di un pro fumod’epoca ma anche di una densità umana capace di combi-nare l’amore, la passione con il metodo della ricer ca stori-ca. Tante cose non sì possono spiegare poiché avvolte da unvelo misterioso che dà loro un fascino irrinunciabile e chetalvolta obbliga lo storico a diventare collezionista. È lagiusta vendetta del gioco che non consente di essere vio -lato. Quando da bimbi si smontano i giocattoli per capirecome siano congegnati, la sola cosa che si comprende al lafine è che essi si sono purtroppo rotti, come si rompe unincantesimo Gli oggetti hanno una duplice storia, tecnica,rispetto alle regole del gioco e, sociale, rispetto al sistemadei valori sociali. Non basta sapere come si gioca con glioggetti ma bisogna avere la consapevolezza che forme digiochi identici possono avere differenti significati pressodiverse società o in varie epoche della stessa società. Spesso,pur troppo, ci si lascia prendere la mano e si procede aforme di comparazione formale dei giochi. In parte questo

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errore potrebbe verificarsi fra la cultura del gioco inFrancia e in Italia, poiché le due culture hanno molte radi-ci in comune e pertanto molti dei gio chi francesi si posso-no ritrovare anche nel nostro paese, con le stesse regole eidentici strumenti. Mi viene in mente il cerchio, gli anelli,i pattini oppure giochi come la dama, gli scacchi, i dadi,taluni giochi delle carte, poi ché di uso comune alle dueciviltà o perché importati da altre culture. Altri giochicome, per esempio, i” Bilboquets” o il “Nain Jaune” sononati in Francia e restano legati alla tradizione d’oltralpe. Igiochi hanno le proprie regole e passioni, i propri segreti, isignificati reconditi che sfuggono talvolta al collezionistanon sempre attento a decifrare ma parti colarmente prontoa godere della propria trouvaille. È questa una delle regoledel gioco alle quali non potrà esentarsi nessuno che abbiascelto nella propria vita di giocare sino in fondo. Per que-sto il collezionista è un gio catore incallito e pronto, comenel gioco delle carte o dei cavalli, a dilapidare le propriefortune per quelle della sua collezione.

C. N.

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Chi da bambino non ha visto proiettate sul soffitto dellapropria camera le ombre dei passanti per strada a testa

in giù cercando invano di spiegare il “mi racolo”. Ognunodi noi potrebbe aver inventato il cinema senza saperlo. Levecchie lanterne di strada, la cui luce fioca a mala pena riu-sciva a sfiorare la notte era lo strumento del ‘‘meraviglioso-’’. Nel 1671 il padre gesuita Athanasius Kircher riteneva diessere il padre della lanterna magica. Da allora tante cosesono accadute nel mondo dell’immagine proiettata, so -prattutto in Francia. La vecchia lanterna magica utilizzatadapprima per motivi scientifici o documentari solo moltopiù tardi nel tempo si mette al servizio dello spettacolo equindi del gioco. Un tempo poteva accadere spesso che unorganetto ac compagnasse il “lanternista” per le strade diParigi o dei vecchi borghi della provincia regalando al pub-blico uno straordinario momento di candida magia. Allafine del Settecento, protagonista la lanterna magica,Etienne-Gaspard Robert, detto Robertson, creava i primispettacoli fantasmagorici dinanzi ad un pubblico stupito eimpressionato. Ed ecco che in Francia, sulla scena lumi -

nosa appaiono glieroi e le vittimedella Rivo luzio -ne, i fantasmi dipersonaggi ce -lebri come Vol -taire. La fantasiasi sbriglia, con-quista la pennadi scrittori comeChateau briand,

Stendhal oFlaubert. Daiprimi spettacolidel Robertsonnel Padiglionedell’E chiquier aParigi, la lanter-na si perfezionòe gli spettacolidivennero sem-pre più esaltanti,più complessi, con varie lanterne all’opera e con repertoritalvolta inquietanti. Nel 1832 Plateau ideava il fenachisti-copio, un disco di car tone con una progressione di imma-gini leggermente va riate e una serie di fessure ad intervalliregolari. Il movi mento del disco creava un’unica immaginein movimento. Nel 1877 Emile Reynaud brevettava il pra-xinoscopio, uno strumento ancora più emancipato, capacedi proiettare immagini in movimento anche sulla scena diun teatro in miniatura. Intanto la lanterna magica finivanelle mani curiose dei bambini, diveniva giocattolo con leproprie lastrine evocanti magici mondi e personaggi diavventure. La lanterna aveva inventato una favola o vice-versa? Storie di maghi, diavoletti e folletti, feste sull’aia,suonato ri e commedianti, funamboli e pagliacci entravanonelle case dei bimbi parigini mentre in città, in spazi che sidila tavano nell’oscurità e in un silenzio religioso interrottodalle esclamazioni di stupore o dai sussulti emotivi, un fa -scio di luce proiettava storie avvincenti. Quel fascio di lu -ce era firmato per sempre Fratelli Lumière ed era nato ilCinema.

C. N.

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La lanterna magica

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C’era una volta... Il était une bergère, è il titolo di unacanzoncina che ha accompagnato generazioni di fran-

cesini. C’era una volta e c’è ancora in Francia, for -tunatamente, il desiderio di cantare per gioco, per amore,per piacere, insomma, un po’ per celia…Cominciano presto i bambini francesi ma con personaggidi rango come Le Roi Dagobert o Le Marquis de Cara basoppure di prestigio come Monsieur Malborough, ma ancheprendendo a piene mani dal popolo variopinto dello spet-tacolo con Bobeche e Galimafre, Jocrisse, Pierrot, Paillasse eFrisepoulet. È la grande tradizio ne orale che entra nel pen-tagramma e diviene canzonci na, ma non solo, poiché dipezzi per pianoforte, operette e brani lirici spesso hannovisto protagonista un eroe in erba o sono stati destinati adun pubblico in triciclo. Ogni scusa è buona. Dalla figuri-na pubblicitaria allo spar tito, dalla rivista per bambini, ai

libri di lettura,canti e gio chis’intrecciano. Lafable et la chan-son fu un nume-ro speciale delCou rier Françaisdella fine delsecolo, così comela Baïon nette nel1917 dedicavaun proprio nu -mero alle Can -zoni di Franciaconfortando lacopertina conimmagini da fia -ba. Negli anni‘20 i bambinispesso si vedevano dedicare copertine di spartiti in cui ilfanciullo era protagonista di storie ironiche e divertenti.Vieilles chansons pour les coeurs sensibles, Chansons deFrance, Le Chant d’En fance, Les chants et le jeux non eranoche alcuni dei ti toli di raccolte illustrate. Poi i GrandiMagazzini con la pubblicità riprodotta ovun que, sulle sca-tole di caramelle, le note di Girofle Giro fla, sulle scatole dibiscotti, le crome di La petite Poucet te, per reclamizzare uncioccolatino, gli accordi di Sa vez-vous planter le choux.Insomma, nel trionfo del can to e della golosità, il bambi-no francese, come dire, veniva preso per la gola e, comerecita l’antico motto, hony soit qui mal y pense!

C. N.

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La musica e l’infanzia

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Giocare con le parole, scrivere, leg-gere e rileggere, giocare con la

scrittura, con le immagini, disegnare,colorare con la fantasia, fantasticarecon il colore è il di vertimento che ciha accompagnato un po’ tutti dall’in-fan zia a questo istante. La lettura è unabile gioco, un viaggio d’avventurainsostituibile, una fonte inesauribiledi eva sioni dal reale mediante l’intrec-cio dei pensieri con le pa role. Gioca loscrittore, gioca il lettore, gioca unruolo fondamentale la riflessione, ilsoffermarsi su qualcosa che non sfug-ga con la velocità della distrazionetelevisiva ma che resti sulla carta ariproporsi ogni volta che lo si deside-ri. La lettura dovrebbe essere il giocopreferito da ognuno ma non sempre ècosì. Il bambinod’un tempo sirifugiava fra lepaginette di libria c c a t t i v a n t i ,zeppe di imma-gini edificanti,educative, offer-te sotto forma digioco. Le paginesi potevanoc o m p l e t a r e ,

colorare, ritagliare, incollare; si pote-vano più semplicemente leggere oascoltare e ogni volta era un piacereineguagliabile. I protagonisti, spessoper incanto, uscivano dalla pagina e sitrasferivano nei giochi sull’aia o sultappeto del salotto. Cappuccetto rossoo Le père fouettard, Babar, o il Gattodagli stivali, rinascevano talvolta instorie reinventate dai bambini. Cosìcome i Tre Moschettieri o l’avventuro-sa Nilia, gli eroi di Jules Verne o ilmitico Tartarico di Tarascona costitui-vano motivo di confronto fra la pro-pria forza fisica e quella dell’amico digiochi.Athos, Aramis e D’Artagnan fatti incasa con finte sciabole, piume eimprovvisati costumi evocavano gli

eroi di Du mas.Eroi accolti inpunta di pensieroe usciti per sem-pre e in punta dipiedi per entraree perdersi defini-tivamente nellavita telematica dibambini alle so -glie del Duemila.

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Giocare con le parole

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Il gioco nasce nella natura e si espande come un onda.Tocca il bambino, l’adulto, la creatività artistica, lambi -

sce i sogni, scatena le passioni, apparentemente sfugge alla

logica, pur dettando però le proprie regole. La parola evocaimmediatamente una ricchezza di imma gini e di situazioniche investono diverse sfere e vari pro tagonisti, dall’infanziaall’adolescenza, alla maturità, dalla culla alla scuola; allastrada, all’aia, al salotto, allo stadio. Sicuramente, al di là delpiacere, crea molteplici potenzia lità di socializzazione,soprattutto quando ha carattere in terattivo come nellosport. In Francia tutti i ragazzi gioca no e, due sue tre, pra-ticano lo sport in modo regolare e or ganizzato.L’atteggiamento del giocatore rispetto alle regole, l’attitudi -ne nella pratica del gioco e la spettacolarizzazione di ciascu -na performance dipende dalla psicologia di ogni giocatorerispetto alla fiction, caratteristica fisiognomica del ludus.I giochi, spesso di origine religiosa o rituale hanno trova toil proprio ambiente nelle feste popolari e proprio nella lorodiversità consentono di esercitare diverse attitudini psichi-che e mentali. La mostra evocherà i giochi all’aria apertadove la competizione investe la fisicità del giocato re, il suoprotagonismo, la necessità di rivincita sull’altro. Ma si sof-fermerà anche su quei giochi che investono l’am bientechiuso di una casa, di una sala da gioco, di un an golo dilettura, di un momento di intimità con se stessi e con ipropri amici.Da “le hochet”, il giochino suonante che si dona al neo -nato, agli eroi in peluche, ai primi esempi di giochi a ro -telle come il carrettino, il monopattino, il triciclo o i patti -ni il bambino riceve subito lo stimolo a giocare. Poi arri -vano il girotondo, le filastrocche, le trottole e successiva -mente le “saute-mouton” ovvero il salto alla cavallina, lamarelle, il gioco della campana, l’altalena, i trampoli, gliaquiloni, i giochi alla guerra, mosca cieca, i quattro canto -ni, il gioco della palla e così via. È scomparso il gioco del

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A che gioco giochiamo?

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cerchio e degli anelli, è scomparso il picchio che si facevagirare con lo spago, si è spenta la lanterna magica, rara -mente si gioca a campana, allo schiaffo del soldato o anascondino. La televisione ha rimpiazzato alcuni giochicon i quiz, i festivals di canzoncine, i cartoni animati.C’è chi invece ama il gioco per il proprio piacere, per ilgusto della competizione o per risolvere i propri proble micon il mondo esterno.

Ecco che i giochi delle carte, gli scacchi o la dama, il “fi -letto” o i tarocchi si fanno interpreti di una diversa psico -logia, di un gusto per l’intimità del focolare domestico, delpiacere di stare con gli amici intorno ad un tappeto verdeo dinanzi ad un caminetto. Ecco soprattutto il giococon leparole, con la sana fantasiosa colorata lettura.

C. N.

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Prima ci furono l’improvvisatore giocoso o il danzato rerituale che si esibirono nella tribù: gli spettatori si rac-

colsero intorno, in cerchio, e nacque il circo. Le forme diesibizione si moltiplicarono: si fecero corse e salti, si doma-rono animali, si abbozzarono pantomine e fantasie. E lecorse furono a piedi o a cavallo, all’aperto e poi in arenecircoscritte o ippodromi. Nacquero i circhi in muratura eRoma ebbe il suo Cir cus Maximus che ospitò pompe, bat-taglie vere e finte, giochi atletici, cacce, gare di cavalieri edi aurighi, pa rodie di sileni e di satiri, balli armati e accom-pagnati da musiche.Le forme di spettacolo accrebbero e si basarono sugli eser-cizi del corpo e della voce, sul ballo e sul canto, sul magi-co e sul meraviglioso, reclamando il concorso di poeti e dimusici, di creatori di complessi apparecchi sce nici e dicomici dell’arte. Cercarono nuovi luoghi di esibi zione,anfiteatri, corti di castello, sale di palazzo. Si ebbero torneie feste rinascimentali, balli equestri e ma scherate, comme-die e tragedie, opere e balletti, nuove at trazioni di piazza -fino ai padiglioni delle meraviglie, ai tunnels della morte,agli uomini proiettili - e cinematogra fi da fiera, ospiti sottoi tendoni (gli chapiteaux), nei caffè concerto.Ed ogni forma di spettacolo ebbe le proprie origini nelcirco e nei trattenimenti popolari. Scrivendo la storia delcirco si raccolgono le fonti per la storia di tutto lo spetta -colo.

Mario Verdone

La magia del circo

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Il Circo e l’Ippodromo hanno avuto un posto considere -vole fra i divertimenti dell’uomo. Panem et circenses

pane e giochi circensi un tempo era stato il motto in voga.La forma circolare ben si prestava alle corse, ai giochi aicombattimenti di animali e gladiatori. Dall’antichità inpoi, saltimbanchi, funamboli, prestidigitatori hanno inva -so piste improvvisate nelle fiere di paese o nelle piazze dellecittà, facendo dimenticare ben presto le vestigia di quegliantichi combattimenti in cui la sopraffazione e la violenzavenivano fatte all’uomo ma anche al gioco.La Chiesa in Francia aveva condannato gli spettacolicruenti sostituendoli con forme di divertimento quali i ba -ladins sorta di saltimbanchi buffoni che però non aveva nolo stesso impatto sulla folla.Dall’813 in poi i vari Concili francesi avevano vietato an chei baladins. Bisognerà attendere molto perché il Circo diven-ga forma organizzata di spettacolo in un luogo de putato.Dal Settecento è difficile parlare di circo a Parigi senza ri -cordare Franconi e Astely, importatori del Circo dall’Italiae dall’Inghilterra.Il 12 febbraio 1886 si apriva a Parigi il “Nouveau Cirque” inme Saint-Honoré, il primo esempio di circo acquatico.Mentre il 27 marzo del 1924 il “Diner Cirque” dei Fratellinifu offerto al pubblico del Moulin de la Galette trasformatoper l’occasione in salone per banchetti e in circo.Artisti, pittori, scrittori da sempre sono stati attratti dallagiocosità di questo spettacolo. Alla fine dell’Ottocento na -scevano i Clown di Cheret e di Ibels, nasceva poi “Para de”di Picasso, Satie e Cocteau. Era nata soprattutto quellavoglia di divertimento che farà di Parigi la capitale di una“Belle Epoque” mai conclusa, perenne.

Clowns, incantevoli suscitatori di sogni

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Quel lontano Circo Olimpico dei Franconi aveva lasciatoun segno indelebile nella cultura e nello spettacolo a Pari -gi e da allora sino a quei celebri primi anni del Novecen to,epoca d’oro del Circo, era stato un crescendo di spet tacolie di vita mondana e culturale intorno agli acrobati, trape-zisti, funamboli, domatori ed animali “artisti” di ogniluogo del mondo.I bambini non potevano che essere catturati da questamesse di fantasia e di svago. I clowns era divenuti miti dariprodurre sui giocattoli; essi stessi ispiratori di giochi,erano eroi delle figurine e delle storie “d’Epinal”, dei gio -chi di carta, dei libri di lettura ... Erano innanzitutto gli in -cantevoli suscitatori di sogni, erano coloro che in quelledue ore di spettacolo sotto una tenda ondeggiante di suo -ni barnti nitriti e note musicali oppure sotto il cielo az -zurro di una Parigi a colori elargivano una straripante feli -cita a buon mercato.

Cesare Nissirio

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Il cavallo a dondolo

Il cavallo a dondolo è stato il mio primo giocattolo. Ricordoancora il suo arrivo, avevo circa 4 anni. Fu una grande

occasione per me poiché una volta si ricevevano pochissimiregali. Credo di ricordare tutti i doni ricevuti nella miainfanzia sulle dita di due mani. Il dono era dunque moltoatteso e gradito. Ho una fotografia intorno a quegli anni incui ero vestito con una corazza, un elmo in testa, fiero su uncavallo a dondolo. Pochi i doni ricevuti poiché allora i ragaz-zi giocavano di più con scatole di cartone, con tappi e rocchet-ti del filo, il cerchio che si faceva correre nei giardini colbastoncino e la “patinette”, il monopattino che alcuni aveva-no col pedale, un lusso che non potevo concedermi.Il mio era di legno chiaro col manubrio rosso con il qualefacevo chilometri nel giardino. Ricordo anche una nave diferro, una corazzata, era l’epoca dei giocattoli in latta. Si cari-cava dalla ciminiera con una molla e, grazie al timone, face-va il giro della vasca del giardino. Ho un tenero ricordo delgioco della “Settimana” che si faceva disegnando grossi qua-drati sul selciato con il gesso e vi si saltava dentro con un piedesolo senza perdere l’equilibrio. E poi “Regina, mia regina,quanti passi mi concedi? Un gioco che facevo sempre a casa diuna mia cugina. Giocavo anche a fare il medico, un gioco perme del tutto ingenuo. Le bambine più grandi che giocavanocon me erano più smaliziate. Era un gioco che si faceva versoi sette o otto anni che serviva a far scoprire il corpo in genera-le, con un po’ di malizia ma non ancora con la capacità dicapire le tentazioni. Ma mi piaceva molto giocare anche a“guardie e ladri”. È molto difficile oggi fare un dono ad unbimbo. Non un regalo meccanico, azionato dalle batterie incui il bimbo è semplicemente, passivamente osservatore.

Osservo spesso che durante le feste di compleanno i bambini ele bimbe ricevono almeno una dozzina di nuovi giochi.Trascorsi i primi momenti di curiosità li mettono da parte.Dopo qualche minuto non ne sono più interessati. Io nonregalerei loro un gioco che da solo fa alcune cose. Sono un fau-tore del gioco degli scacchi poiché induce alla riflessione primadell’azione. L’interazione è fondamentale. Nel gioco degliscacchi ogni mossa può modificare lo scacchiere e l’abilità stanell’immaginare la contromossa. Parimenti importante èl’impostazione del gioco prima ancora di giocare. “Centomisure, un taglio!” mi si diceva da piccolo. Quindi centoragionamenti prima di una mossa avida e subitanea che nonporti ad un risultato finale di successo. Ciò sta a significare chebisogna passare da un’attività ludica quando si è fanciulli aduna impostazione ludiforme della vita quando si diventaadulti. Il gioco degli scacchi ne rappresenta un po’ il procedi-mento da seguire. Oggi, guardando indietro nel tempo, osser-vo che il gioco mi ha accompagnato sino a oggi. Il successo diuna vita sta nel poter giocare sino all’ultimo, sino in fondo. Il

Testimonianze

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gioco è creatività, è invenzione, uscendo dal proprio personag-gio per calarsi in altri ruoli, interpretandone sempre di nuovicome in teatro. Per gioco però io intendo una cosa un po’ piùvasta non limitata al proprio giocattolo di turno. In questomomento sto giocando con l’allestimento di due ville imperia-li romane, creando due costruzioni virtuali. Ciò significa chele mie esigenze ludiche devono essere affidate all’immagina-zione, facendo una differenza fra questa e la fantasia. La fan-tasia va a ruota libera, è più onirica mentre l’immaginazioneè più creativa. Prediligo quest’ultima poiché mi permette diapplicare un pensiero ad un oggetto da immaginare e realiz-zarlo. Ho scritto un libro sul gioco da zero a tre anni e horiservato lunghi capitoli all’importanza del gioco. Per i bam-bini il gioco è un modo per esercitare la mente, uscire dallepiccole funzioni quotidiane, crearsi un mondo inventandodelle favole spesso senza capo né coda. Era un modo per coor-dinare i pensieri, erano tentativi di mettere insieme le parole,le figure. La cosa più importante è la partecipazione ad ungioco collettivo con un proprio ruolo iniziando così ad accet-tare delle regole da rispettare. Il gioco ha moltissime frontiere,ambiti nei quali agire e inventare. Possibilmente senzadimenticare di applicare la propria creatività mantenendo illato teatrale, ludico nell’intera vita. I bambini hanno qualitàstraordinarie di apprendimento e di inventiva ma sono anco-ra vergini, non hanno ancora la capacità di dare regole a tutto

ciò. Non hanno confini, contrariamente a noi adulti. Non homai rimpianto la mia infanzia, né quando ero più giovane nétanto meno oggi avendola vissuta come molti in modo banalenel suo dipanarsi quotidianamente. Leggevo molto i giornali-ni, i fumetti e qualche libro che prendevo dalla biblioteca sco-lastica. Non credo che mi piacerebbe tornare indietro per rifa-re ciò che ho fatto in quel periodo. Avevo un padre moltoanziano che non ha mai giocato con me. Quando sono natoaveva cinquantaquattro anni e quindi dal punto di vista delsalto culturale poteva in effetti essere già mio nonno. Miamadre era una donna molto allegra, simpatica e vivace e miha trasmesso il piacere di giocare nella vita che in me si coniu-ga con la mia professione, si riflette nel lavoro. Nel mio mododi scrivere, impostare i programmi c’è sempre il piacere dellacreatività, legata la gioco. La televisione purtroppo non èinterpretata come uno strumento di apprendimento per ibambini ma spesso presso i genitori assume il ruolo di baby sit-ter, diviene un momento di tregua grazie ad un cartone ani-mato che consente loro di fare altre cose. E’ uno strumentoinformativo assai stimolante con grandi capacità di arricchi-mento culturale sin dall’infanzia se non viene usato passiva-mente, se non si diventa vittime del calcio, di questa drogaimperante. Una inchiesta di qualche hanno fa sulle aspettati-ve dei giovani del sud Italia portò ad un unico risultato perquasi tutti i partecipanti all’indagine: sfondare nel mondo delcalcio come per le fanciulle guadagnarsi il ruolo di ”veline”televisive. Un modo unico per fare danaro ed apparire perso-ne di successo. Insomma un depauperamento più che un’arric-chimento. Mancava in loro quella sana curiosità di andareoltre, di “aprire il giocattolo” per vedere cosa c’è dentro. Miviene in mente un gioco che avevo avuto in dono da bambi-no, un teatrino con le marionette che io facevo muovere affi-dando ruoli ogni volta diversi. Ero autore del mio gioco. Queigiovani intervistati sul proprio futuro, dunque, mi appariva-no essi stessi marionette tutte uguali, passivamente azionatedal sistema sociale. Che abbiano sbagliato gioco da bambini oche abbiano visto troppa televisione?

Piero Angela

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L’invenzione del gioco

Quando l’uomo smette di giocare realizza la sua fine. È ilmomento della tristezza, dei ricordi, della coscienza del-

l’età. Ma è anche il momento della gioia quando si osservanoi bambini giocare e allora seguendoli nel gioco si diventaun’altra persona. Si ridiventa giovani insieme a loro, al loromondo. La bellezza dell’infanzia ti tiene in vita, ti fornisce lapossibilità di dare. Io non riesco ancora a sentirmi vecchio.

Ogni tanto imparo un gioco dai bambini e capisco che qual-cosa è cambiata e allora nel capirli si ringiovanisce automati-camente. Dunque i bambini hanno la capacità di far restaregiovani. Di qui il mio desiderio osservarli nel gioco poichéimparo sempre qualcosa di cambiato che alimenta la miacuriosità e rinnova la mia linfa vitale e godo. Ma il senso delgioco non è cambiato nonostante la telematica imperante nellecase odierne. Ma bisogna andare in spiaggia o per strada pervedere i loro giochi fatti di poche cose, la sabbia per esempio,

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sempre mutevole sotto le loro mani, oggetto della loro fantasia.E non è mai lo stesso gioco che siano da soli o con uno o piùamici ai quali si richiede la partecipazione, spesso competiti-va. Non sempre sono soddisfatti della propria creatività edallora ricominciano da capo sino al culmine della felicità chemi trasmettono. Quella sperimentazione, tutta loro, noi adul-ti la viviamo ormai passivamente. Ci rimane la gioia dei varitentativi e dei loro risultati. Per i bambini, soprattutto i piùpiccini, il gioco è soprattutto movimento, un movimento spes-so “perpetuo”, irrefrenabile. Non hanno un disegno, ma crea-

no una figura sempre mutevole. È la materia che si tramutain movimenti successivi, soprattutto della mente. Si fermano,ne creano altri e poi ti osservano per vedere la tua approvazio-ne, la tua complicità. C’è una sorta di armonia nella loromente che tentano di condividere con me e il gioco è fatto! Secerchi di entrare in quella loro “follia” in quel loro mondoartefatto, tutto inventato, se hai la libertà di poterti separareda te per entrare in loro magari senza essere visto. Di penetra-re la loro intelligenza e identificarti in essa. Ad un bimbo nonsi può intimare il gioco. Esso è inventato liberamente, magari

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con due pietruzze o dei fagioli. Se poi si accorge che lo osserviallora mette più attenzione e intensità, cerca l’approvazione.Il gioco è variabile, inventato da bambino a bambino. Spessocopiano ciò che vedono nel mondo degli adulti. Emulano,ricreano ispirandosi alla quotidianità che li circonda. Lamanualità costituisce sempre il loro modo di rinnovarsi gene-razionalmente adeguandosi alla nuova quotidianità,all’odierno movimento della società adulta. I mestieri di oggisono diversi da quelli di ieri e nell’imitazione ecco che il giocosi adatta alla modernità, al di là dei giocattoli che la rappre-sentano in miniatura. La novità è insita nella giovane menteper questo il gioco è inesauribile. Il gioco spontaneo contribui-sce alla serenità dell’animo infantile, anche se talvolta in dif-ficoltà, poiché è frutto della libertà. Il gioco è un atto libera-torio e come tale è utile a tutte le circostanze in cui si possa

trovare un individuo giovane. È frutto di una relazione fralui e ciò che non è lui, ciò che inventano di volta in volta lasua mente, le sue mani. Anche di fronte ad un nuovo giocat-tolo è la mente che agisce, che lo muove, lo anima, inventan-do un mondo intorno a quel giocattolo che diventa un prete-sto, spesso solo un pretesto per inventare altro. E tu, stai ten-tando di far ridiventare fanciulli gli adulti, con le tue ricer-che, il tuo modo di giocare con le tue collezioni, regalando lorola tua passione, il tuo entusiasmo e la fantasia nell’inventaresempre muove mostre. Tu sei come quel bambino che si soffer-ma ad osservare l’adulto che gioca con le tue immagini, ricor-da e gioisce. La bellezza della vita spesso è anche nel ricordo,nel ricordo dei propri giochi, di quelle gioie che si credevanoperdute e che tu porti ad una nuova vitalità con queste nuove,“vecchie” immagini dell’eterno fanciullo che è in te.

Giovanni Bollea

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Douce enfance ...

Tutta la mia infanzia è stata la stessa che ho avuto la com-mozione di rivedere attraverso le colorate e straordinarie

immagini di questa mostra. Quando ero bambina amavotanto il disegno in bianco e nero riprodotto nei li bricini dacolorare. La mia grande felicità era estrarre con accortezza icolori dall’astuccio e, con i rossi, i verdi, i blu o i gialli, esal-tare quelle immagini che attendevano avidamente al varco lamia fantasia. Esse mi davano la possibilità di realizzarmiattraverso il gioco dei colori. Poi ricordo quei disegni da com-pletare dove i puntini traccia vano il percorso da seguire e dalquale magicamen te veniva fuori un viso, un fiore, un albero,un ruscello e, finalmento, un paesaggio. Questo invito allafantasia e alla creatività, consentita al bambino dotato omeno, di cercare, scegliere, creare, gioire per la straordinarietàdel risultato e la felicità che accompagnava la progressiva sco-perta. Tutto ciò purtroppo oggi non esiste più in questi termi-ni in quanto la società odierna non offre certe possibilitàall’infanzia succube ormai delle scelte degli adulti. Oggi ilbambino riceve giocattoli sofisticati, tecnologici che hanno

tolto ogni sapore di fiaba,d’invenzione al gioco ed allecose, spegnendo grada -tamente quello straor dina riodono che è la fantasia. Il nonvedere, non parlare, nonsognare, non aver più paura,questo è offerto oggi al bam-bino il quale non ha pii7ttimore delle armi, degli spet-tacoli violenti che vede alcinema, in televisione e persino nei cartoni animati. Tuttoviene proposto senza il loro intervento, la propria scelta, ormaiprivati di quel patrimonio culturale che li aiuterebbe a espri-mersi nella creatività. La mia non è nostalgia ma piuttostodesiderio di restituire all’infanzia la poesia, la fantasia e ilgusto della sco perta. Resta comunque in me un lato infantileal quale non intendo rinunciare; lo colgo nel mio modo disenti re, di amare, di interessarmi alla gente ed alle cose, dicommuovermi. Federico Fellini mi rassicura dicendomi che èun privilegio aver riposto in un angolo segreto della mia per-sonalità quel bagliore di luce infantile che illumina la partepiù spontanea di me stessa. Questo accade anche con lui, conil mio lavoro, con il cinema; ogni volta che inizio un filmprovo lo stesso entusiasmo di quando per la prima volta, anove anni dalle suore, feci il mio primo debutto dinanzi adun pubblico di bambini e genitori. È ricominciare di nuovoogni giorno, con la stessa gioia, con identico timor panico e,anche dopo tanto tempo, ancora oggi affronto la realizzazio-ne di un personaggio con la medesima emozione. Questo misuccede sempre nei rapporti che vivo con il mondo, con le per-sone che amo, con la letteratura, la musica lirica, la danza,un viaggio, o un incontro importante con qualcuno che stimo.Cerco insomma di non far spegnere quella luce che la creati-vità umana porta dentro di sé, quella “joie de vivre” che rap-presenta in me la gratitudine di appartenere alla vita. Unavita che amo profondamente, con tutta l’ani ma!

Giulietta Masina

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Quelle mie bambole sinonimodel teatro

Se guardo all’infanzia, non ho timore a dirlo, giocavo conle bambole; ma non era un indizio di effeminatezza, piut-

tosto un indizio di teatralità, di quel teatro che era costante-mente in me, che io volevo vedere e possedere di continuo.Tanto è vero che dalle bambole sono passato ai burattini.Avevo un teatro di marionette e con esse ero capace di allesti-re persino alcune opere liriche per il mio teatrino, per me solo,magari solo con la presenza di mia cugina che si divertiva unmondo. Quindi il mio primo regalo fu una bambola poichésubito avevo dato segno di una propensione per le bambole.Mi trovavo a Torino dove sono nato e dove ho vissuto la miaadolescenza e quasi tutta la mia gioventù. Ebbene a Torinoc’era il negozio Lenci con le omonime creazioni; è bastato chepassassi un giorno da quelle parti perché mi innamorassi diquelle bambole esposte in vetrina, bellissime come pure i bam-bolotti, maschietti e femminucce bambole. Quindi vi era dif-ficoltà di scelta, soprattutto per mia madre, sul regalo dafarmi e così, ad ogni Natale, mi arrivava una bambola diver-sa. Non mi divertivo mai con i giochi di società, forse qualchevolta con il gioco dell’oca. Il mio era un gioco molto solitario,molto intimo con le mie bambole, non chiassoso o collettivocome solevano fare i bambini della mia età, che so, con laguerra, il calcio, etc. Vedevo invece le bambole come compar-tecipi, protagoniste delle mie illusioni teatrali; tutto ciò miha poi stimolato parecchio nel mio procedere verso il mondodel teatro, sino al punto di allestire, essendo divenuto poi dan-zatore e coreografo, un delizioso balletto La boite à joujoux,composto da Claude Debussy per la propria figlioletta, unascatola magica, la scatola dei giochi, dei sogni. Una musicabellissima, una storiella assai graziosa, trasferita poi nel teatrodi marionette, con i burattini. Fu lo spettacolo che allestii alTeatro Olimpico a Roma. Dunque anche da adulto sono tor-

nato al gioco, ed alla mia Francia con Pierrot e Pierrette, poi-ché avevo una mamma parigina che ad ogni carnevale mi tra-vestiva da Pierrot. La nonna ci conduceva, me e mia sorella,in piazza vestiti da Pierrot e Pierrette, nei costumi che ellastessa creava per noi. Questo appuntamento annuale era lanostra più grande felicità. Il gioco continuava anche nel nostrocarnevale che all’epoca aveva tutt’un altro sapore con le suestelle filanti e i coriandoli lanciati nell’aria in segno di festama sempre con molta civiltà. Solo Venezia con il suo carneva-le riesce ancora ad evocare certe mie atmosfere d’antan. Poiamavo leggere le fiabe che traducevo in spettacoli nel mio tea-trino, con i miei burattini. Giocavo con cose fittizie, con iburattini, con le maschere del mio teatro. Teatro pieno.Quindi, giocavo con me stesso più che con i miei coetanei. Lastessa danza che ho ben presto praticato anche come giocoritrova un côté ludico, un aspetto giocoso nella propedeuticadi quest’arte presso i più piccini, pratica questa che si fa inmolte scuole ormai in Italia. Danza e musica sono gli ingre-dienti fondamentali di quel modo di giocare con il movimen-to con il gioco-danza. La danza è gioco ma è anche vita, conla mise en jeu del danzatore, diviene identificazione con lavita. Mi viene poi in mente Eric Satie, ancora una volta unmusicista francese. Lui più che favoloso era onirico, era nelsogno. Ho fatto anche una coreografia Jack in the box edanche qui c’erano i pupazzi, i miei ballerini vestiti da pupaz-zi. Satie ispirò anche una simpatica coreografia da me realiz-zata per Leda Lojodice all’Accademia Nazionale di Danzanel 1984. Una funambola con tanto di ombrellino danzavain bilico su un filo teso nel palcoscenico del Ruskaja. Si era cosìtrasportati nel circo, altro spettacolo caro ai bambini, me com-preso. Da piccolo mi ci portava mia madre. Amavo i clowns,erano la mia passione. Ricordo i celeberrimi I Fratellini, truc-cati stupendamente, grandi mimi che inscenavano storie inuna maniera così fantastica, così funambolica, così seducenteai miei occhi avidi. Erano clowns dell’umano sentire. Il miogiocare era in fondo un lusso dettato da certe scelte distanti daquelle dei miei compagni attirati da giochi più violenti con la

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loro lotta abituale. Il mio era un gioco intimo, poetico, silen-zioso, un gioco con le parole, con i pensieri, un gioco dell’illu-sione, della fantasia più sfrenata, si, ma anche frutto delle mieletture e del mio attingere al surreale. Oggi giocherei come gio-cavo quando ero piccolo con lo stesso teatro con il quale dove-vo e volevo divertire lo spettatore, entrare nel suo spirito. Forseero poco fanciullesco o bambinesco ma nel giocare vi era unaspetto legato all’impegno, cosa che non mi ha mai abbando-nato. Il gioco era la mia palestra di vita. In fondo giocavo dasolo, con me stesso, ma non ero solo poiché le mie invenzionierano destinate ad un pubblico anch’esso da me inventato, conla gente al botte-ghino del teatro,sempre mia cugi-na, gli spintoniper arrivare pri -ma e le protestequando lo spetta-colo tardava e gliapplausi finali inplatea, con tutte lesedie vuote delmio appartamen-to raccolte intornoal mio teatrino.Un destino segna-to sin da allora.Oggi per me ilteatro è una gran-de esperienza divita sviscerata sul -la scena. Un tea-tro che frequentosempre meno in -soddisfatto dellaqualità degli spet-tacoli odierni. È

finito il tempo dei nostri grandi attori, quelli che ho seguito,amato con grande, valido arricchimento del mio spirito. Vivoormai solo nella danza. Nel balletto spesso ci sono le masche-re, gli Arlecchino, i Pierrot, i Pulcinella, Le pantin, laCommedia dell’arte, ci sono le fiabe con la Cenerentola. Sullascena ritrovavo e ritrovo tutt’oggi tutta la mia essenza. Jouerune pièce, felici, emblematiche parole francesi; si recita certa-mente con la parola ma anche con il corpo capace anch’esso ditrasportarci attraverso la danza nel mondo delle fiabe.

Alberto Testa

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La lanterna magica e il cinemaLes images de ma lanterne magique (lastre diverse per lanternamagica ottocentesca)Les boites à lanterne magique (scatole in legno contenenti lastre perlanterne magiche)Mon cinema (piccolo proiettore patent per ragazzi dei primi delnovecento)Vérascope richard (visore per lastre)La lanterne magique (lanterna magica ottocentesca)La lanterne magique (lanterna magica dei primi del novecento)La lanterne magique (lanterna magica ottocentesca progenitrice delcinema)

Giochi di societàLes nains géants, Le jeu de l’auto et du cyclecar, Jeu du soldat fran-çais, Jeu de l’automobile, Le chat s’amuse, Nouveau jeu de l’oie,Voyage au pays de cocagne, Jeu de la bascule, Nouveau jeu du matde cocagne, Jeu des beaux villages, Jeu des pompiers, Jeu du skatingrink, Grand jeu de l’étoile polaire, Loto Jeanne d’Arc, Le miau-miau, Jeu de l’armee française, Jeu des rois de France, Le petit pro-fesseur d’histoire, Jeu des animaux du cirque, Loto des metiers, Lediable s’amuse, La bonne aventure, Question astronomique pourrire, Le chimiste, L’araignee mysterieuse, Jeu des poules et durenard, Jeu des brebis, Le prophete infaillible, La grande roue, Jeude la pèche, Swing cub, Jeu des petits polissons

Dominos - Tombole - Giochi da tavolaGiochi di carte - DameLe père fouettard, Le petit train s’amusant tout en rond, Jeu du lotoenfantin, Loto de l’atlas, Dominos, Jeux du jacquet, Les échecs d’antan, Les lotos d’autrefoisLa grande boite des jeux de famille

Giochi dell’oca ottocenteschi e novecentesciLe jeu de l’oie renouvelé des grec, Nouveau jeu de l’oie, Jeu de l’oied’Epinal, Jeux de l’oie

Indovinelli - Rompicapo - Giochi di pazienza - Giochidi destrezza, PuzzlesCherchez et vous trouverez, Les devinettesAu quatre coins, Le jeu des grenouilles, L’oracle de la marguerite,Le candelabre infernal, Le dé recalcitrant, La paille dans l’oeil, La

Opere in mostra

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poule aux oeufs d’or, Gendarmes et voleurs, Jeu des cubes illustres,Le moulin rouge, Jeu du nain jaune, Les chapeauxvalseurs, Jeu du cheval blanc, L’ abécédaire, Jeu de l’automobile,Question astronomique... pour rire

Le bamboleMes poupées (serie di bambole novecentesche)

Il mondo delle collezioni con forbici e collaLe collezioniLefevre-Utile, Jeu de la laitiere, Mes figurines, Album des figurines,Mon album des figurines, Deux albums des cartes postales, Mestimbres de collection, Le Zeppelin, Paillasse, Un DirigéableFrançais et son hangar, Les menuisiers, Constructions, Tableauxmecaniques, Palais d’audiance du Roi de Siam, Le Chat Botté,Album d’images Pellerin-Epinal,

La musica diverteLa petite flute, Le piano, L’orgue de Barbarie, La fable et la chanson,La chanson du parisien, Les plus belles chansons pour les enfants,Les chants et les jeux, La petite poucette, Les animaux chantent,Chansons de France, Les chats d’enfance, La baïonnette, Vieilleschansons pour les coeurs sensibles, Chansons enfantines du bonvieux temps, Les virtuoses de l’avenir, Les petites chansons au bonmarché, Chansons de France pour les petits enfants, Jocrisse et C.ie

Un tuffo nel meraviglioso delle favole

Mes fables, Le chat botté, Fables choisies, Contes de Perrault, Lesaventures de Pinocchio, Le tresor des fées, les contes de fée offerts àbébé, Les étrennes de bébé, Choix de fables de la Fontaine

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Giocare con la modaLa mode chez nous, La mode du petit journal, Le Petit Echo de laMode, Les enfants du jardin des modes, Mode pratique

Giocare con le paroleLetture e Immagini per ragazzi, Riviste per l’infanziaEtrennes 1884Voyages extraordinaires, Voyages extraordinaires, Michel Strogoff,Le buffon des petits enfants, Les aventures d’une poupée, Bécassineen aéroplane, Sans le sou, Histoire d’un bonnet à poil, Les nouvellesaventures des Pieds Nickeles, La maternelle, Robinson Crusoe, LaLilia, Le pays des trente-six mille volontés, Album des bêtes, Centproverbes, Les bons enfants, Histoire de Roitelet, Voyage du mate-lot Jean-Paulen Australie, Contes extraordinaires, Histoire deTurenne, Jean qui grogne et Jean qui rit, Grands coeurs, Voyageautour de la maison, Droles de gens, L’ile mysterieuse, Contes etlegendes, Jouons à l’histoire, La cantiniere, Capitaine Fracasse, Paulet Virginie, Le grand Napoleon des petits enfants, Port Tarascon, Letrésor de Nanette, Le miroir du monde, Les trois mousquetaires,Les vacances de Nanette, Les contines du Bon Marché, Musee desenfants, Ces pauvres petits, Train de plaisir, Recits enfantins,Histoire et scènes humoristiques, L’ami des enfants, Pierrot cycliste,Choix de lectures, La pupille de Polichenelle, Pierrot, Qui tropembrasse, Le petit chaperon rouge, Le petit farceur, Le pèreFouettard, Histoire des six petits chats, Minette et Jeannotin, Pitcheet Debrouille, Une chasse à course, Chez Lord Pington, Les oiseauxchantent, L’album des lundi, La ferme, Le deuxieme livre despetites filles, Bonnes fetes!, L’enfance d’Alain Redon, Le nouveaucoloriste, La comedie des jouets, Je sais lire, L’abc de Babar, Lecturesfrançaises, La Semaine de Suzette, Lisette, Tout

Giochiamo alla scuola e a i mestieriL’imprimerie, La teinturerie, La science amusante, Cahier Graf,L’ecole, La vendange

Cataloghi e manifesti di giochi presso i grandimagazzini pariginiAu Printemps, Mes Jolis Jeux, Au Bon Marché, Grand Théâtre deL’exposition, Aux Trois Quartiers, Au Louvre, A la Menagère, Au

Louvre des Jouet, Grand Bazar des Halles et des Postes, Aux ButtesChaumont-Jouets

Giochi all’aria apertaFlech’avion, La toulipe, Les quilles, Le diabolo, Le postillon, Lecombat, De quoi qu’tu t’mêles? Nany et lona - La danse des fortifs,Juons ensemble, Jeux d’enfance, Le jeudi, Saute mouton, Foot ball,Entre deux feux, L’astronome surpris, L’aimable, Les jeux d’enfancedans le figurines, Les jeux d’enfance dans la carte postale, Sur laglace

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ALLEAU R. e AA.VV., Dictionnaire des jeux, Ed. Tchou, 1964;ANZIEU A, Le jeu en psychothérapie de l’enfant, Dunod 2000;BANDET J., SARAZANAS R., Il bambino e i giocattoli, Ed. Armando, 1974;BARBE P. e AA.VV., Histoire des jouets d’enfant, Ed. C.E.L.Périscope, 1985;BAUDOT J. - CL., Le Père Noël par le Père Noël, Ed. Clenat;BAUDOT e AAVV, Jeux et divertissements de salon, Ed. Le Louvre desAn tiquaires, 1994, catalogo della mostra;BATTISTELLI S., Giochi dimenticati, Ed La Spiga, 1991;BELL R. C., Le grand livre des ieux, Ed. MC ;BRASEY E., La République des jeux, Ed. Robert Laffont, 1992;BROUGERE G., Jouets et compagnie, Paris, Stock, 2003;BROUGERE G., Jeu et éducation, Paris, L’Harmattan, 1995;BROUGERE G., Jouer / Apprendre, Paris, Economica Anthropos, 2005;CAILLOIS R., Les jeux et les hommes, Gallimard, 1958;CAILLOIS R., Les jeux et les hommes : le masque et le vertige (éd. revueet augm.), Paris, Gallimard, coll. Folio Essais, 1991;CHATEAU J., Le réel et l’imaginaire dans le jeu de l’enfant, Scarabée, 1955;CHAUVEL D. et MICHEL V., A la maternelle: des jeux avec des règles,Ed. Retz, 1984;CLARETE L., Les jouets, Ed. May et Motteroz Lib. Impr. Réunies, Paris;CORBENOIS, Jeux de société et apprentissages numériques, Bordas,octobre 2003;COTTA A., La société ludique, Ed. Grasset et Fasquelle, 1980;CROS J.J., Les Pixi, figurines en métal peint, Ed. Syros, 1992;DEPAULIS TH., Jeux de hazard sur papier, Bulletin de la Société his-tori que “Le Vieux Papier”, 1987;DIETSCH P., Variations sur le thème du jeu de l’oie, Société historique“Le Vieux Papier”, 1983;DESCOTILS G. et GUILIEBERT J.C., Le grand livre des loteries, Ed. LaFrançaise des jeux, 1993;FERRI E., RICCI G., Come si fa a giocare, Editori Riuniti, 1982;FORD C., L’univers des images animées, Ed. Albin Michel, 1973;FOURNIER E., Histoire des jouets et des jeux d’enfants, 1889;

GUTTON P., Le jeu chez l’enfant, Ed. Larousse, 1972;JACQUES, Le jeu, Paris, PUF, 1976;JUILLEMIER G., Jouer c’est très sérieux, Hachette éducation 1989;HENRIOT PICARD M., La lecture comme jeu: essai sur la littérature,Paris, Editions de Minuit, coll. Critique, 1986;HUISINGA J., Homo ludens, 1938;LECUCQ E., Théatre et papier d’hier et d’aujourd’hui, Ed. Fleurus, 1988;LEPAGNOL C., Biographies du Père NotI, Ed. Hachette, 1979;LEROY G., Jeux de plein air et d’interieur, Ed. Lafitte, 1914;LHOTHE J.M., Dictionnaire des jeux de société, Flammarion, 1996;LHOTHE J.M., Histoire des jeux de société, Flammarion, 1994;LHOTHE J.M., Jeux de société, déométries du désir, Ed.Trois Cailloux, 1990;LHOTHE J.M., Le symbolisme des jeux, Ed Berg, 1976;MANSON M., Jouets de toujours, Paris, Fayard, 2001;MANSON M., Histoire(s) des jouets de Noël, Paris, Téraèdre, 2005;MANSOUR e AA.VV., L’enfant et le jeu, Syros, 1994;MINICI ZOTTI L.A., Le lanterne magiche, Ed. Marsillo, 1988;MOUVIER J.P., Fabbrichiamo gli aquiloni, Ed. Fabbri, 1974;PERROT J., Du jeu, des enfants et des livres, éd. Du Cercle de la librai-rie 1987;REMISE J., Magie Lumineuse du théâtre d’ombres à la lanternemagique, Ed. Balland, 1979;REMISE J., L’âge d’or des Jouets, Edita, Lausanne, 1967;RODARI G., Grammatica della fantasia, Einaudi, 1973;VITA E., Il Teatro delle Meraviglie, Ed. Essegi, Ravenna, 1990;Ministère de l’Education National, Les jeux du patrimoine, Ed.Revue 1989;AA.VV., Automates et musique mécanique, Ville de Paris, 1980, catalogo;AA.VV., Les clefs de la Fortune, Ministère des Arts Ct TraditionsPopolai res, 1987, catalogo;AA.VV., Jouets français 1880-1980, Musée des Arts DécoratifsParis,1982, catalogo;AA.VV., Les Jeux sont faits!, Joice & Co, 1994;

Bibliografia essenziale

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ALJX QUATRE COINS, i quattro cantoni

BAGATELLE EI BILLARDS, biliardi e biliardini

BALAN~OIRE, altalena

BALLE A LA CROSSE, dar alla palla

BALLES EI BALLONS, gioco con la palla

BATON, bastone

BILBOQUET, bilbochetto

BILLES, biglie

CABANES ETJEUX DE CONSTRUCTION, meccano ecostruzioni (anche di carta)

CACHE-CACHE, nascondino o tana libera tutti

CASSE-TETE, solitari

CERCEAU, il cerchio

CERFS VOLANTS, aquiloni

CHAT COUPE, guardia e ladri

CHEVAJ. FONDU, salto alla quaglia

COLIN MAILLARD, mosca cieca

CORDE A SAUTER, il gioco della corda

DAMIER, la dama

DAMIER TRIC TRAC, filetto

DES, i dadi

DIABOLO, stornello

DOMINO, domino

ECHASSES, trampoli

ECHECS, scacchi

HOCHET, sonaglietto

JEU DE LA BASCULE, gioco della bascola

JEU DE LA MAIN CHAUDE, schiaffo del soldato

JEU DE L’ARME, gioco dei soldato

JEU DE L’OlE, gioco dell’oca

JEU DES CARTE, gioco delle carte

JEU DES PUCES, gioco delle pulci

JEU DES ROI DE FRANCE, gioco dei re di Francia

JEIJX GUERRIERS, gioco alla guerra

LANTERNE MAGIQUE, la lanterna magica

LONGUE PAUME, pallacorda

LOTO, tombola

MAIRE GARUCHE, mamma Garuche o pié zoppo

MARELLE, gioco a campana, a piastrella

MAT DE COCAGNE, albero della cuccagna

MOULINS ET BATEAI]X, barchette

NAINJAUNE, il NainJaune

POUPEE EI SA MAISON, giochi e case di bambola

PUZLE, puzle

QUILLES, birilli

RODINS ETJETJX DANSES, girotondo

SAUTE MOUTON, galto alla cavallina

TAROTS, tarocchi

THEATRE DES MARIONNE1TES, teatro delle marionette

TIR A LA CARABINE, tiro a segno

TOTON, picchio

TRAINEAU, la slitta

TOUPIE, trottola

VELO, la bicicletta

VIDE, palla a muro

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Glossario

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La perennità dei giochi di tradizioneCesare Nissirio ............................................................... p. 3

Les poubolts di Francisque PoulbotCesare Nissirio ............................................................... p. 7

Il giuoco dipintoPaola Pallottino* ............................................................. p. 9

Alla scoperta del mondo con forbici e collaRoberto Leydi* ................................................................ p. 11

All’aria apertaSandra Petrignani* ......................................................... p. 15

Un tuffo nel “meraviglioso” con Babbo Natale*Cesare Nissirio ................................................................ p. 25

Gli oggetti del desiderio*Cesare Nissirio ................................................................ p. 27

La lanterna magica*Cesare Nissirio ................................................................ p. 29

La musica e l’infanzia*Cesare Nissirio ................................................................ p. 30

Giocare con le parole*Cesare Nissirio ................................................................ p. 31

A che gioco giochiamo?*Cesare Nissirio ................................................................ p. 32

La magia del circoMario Verdone ................................................................ p. 34

Clowns, incantevoli suscitatori di sogniCesare Nissirio ................................................................ p. 35

TestimonianzeIl cavallo a dondoloPiero Angela .............................................................. p. 45

L’invenzione del giocoGiovanni Bollea ........................................................ p. 47

Douce enfanceGiulietta Masina* ..................................................... p. 50

Quelle mie bambole sinonimo del teatroAlberto Testa.............................................................. p. 51

Opere in mostra ............................................................ p. 53

Bibliografia essenziale .................................................... p. 57

Glossario........................................................................ p. 58

Indice

* Estratto dal catalogo della precedente mostra Les jeux sont faits!, Joyce & co, Roma 1994

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Museo Parigino a RomaAthena Parthenos

Associazione Culturale scambi InternazionaliRoma - Via Cremona, 40 - Tel. 06 44237261

www.museoparigino.org - e-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di dicembre 2010presso la Tipografia Ceccarelli

Grotte di Castro (VT)