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Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d’impresa e comunicazione pubblica Tesi di Laurea in Diritto della comunicazione pubblicitaria L’EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA PUBBLICITÀ ALLE PRATICHE COMMERCIALI Relatore: Candidata: Chiar.mo Prof. Adriana Avagliano Virgilio D’ANTONIO matr. 0322700073 Correlatrice: Dott.ssa Chiara DI MARTINO Anno Accademico 2008 – 2009

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Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d’impresa e comunicazione

pubblica

Tesi di Laurea in

Diritto della comunicazione pubblicitaria

L’EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA PUBBLICITÀ ALLE

PRATICHE COMMERCIALI

Relatore: Candidata:

Chiar.mo Prof. Adriana Avagliano Virgilio D’ANTONIO matr. 0322700073

Correlatrice: Dott.ssa Chiara DI MARTINO

Anno Accademico 2008 – 2009

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Indice

1

Premessa ............................................................................................................................... 4

CAPITOLO I

Origine e attuazione della disciplina sulle Pratiche commerciali scorrette

1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450. ...................................................... 7

1.1. La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e n. 146. ................................ 9

1.2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla direttiva 2005/29/CE. ... 13

1.3. Il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 in Italia. ................................................ 17

1.3.1.Le particolarità del recepimento della direttiva 2005/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. ............................................. 21

2. Il decreto legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo. ............................ 26

2.1. Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e la nozione di diligenza professionale. ...... 26

2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a falsare il comportamento economico del consumatore stesso. ................................................................... 32

2.2.1. Il consumatore medio come parametro di riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo. ........................................................................................................................... 37

CAPITOLO II

Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive

1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. ................................................................. 43

1.1. Le attività commerciali decettive: il primo comma dell’art.21 sulle “azioni ingannevoli” ... 43

1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice del consumo. ............................ 47

1.1.2. Il comma 2 dell’art. 21. .................................................................................................. 50

1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del consumatore. ............. 52

1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza dei bambini e degli adolescenti. .................... 54

1.2. Articolo 22 del Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il primo comma. .............. 56

1.2.1 Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e occultamento. ............................................ 59

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Indice

2

1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di valutazione della condotta omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie. ............................................... 61

1.3. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la black list dell’articolo 23 del Codice del consumo. ................................................................................................................................ 65

1.3.1 L’inganno relativo a marchi e codici di condotta. ........................................................... 68

1.3.2. L’inganno sulla natura del prodotto. .............................................................................. 69

1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita. .............................................................. 70

1.3.4. L’inganno relativo alla figura del venditore. .................................................................. 71

1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica. ........................................................... 71

2. Le pratiche commerciali aggressive. ......................................................................................... 73

2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione dell’aggressività di una pratica commerciale. .................................................................................................................... 77

2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste. ......................................... 80

2.1.2. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: la coercizione. ................................................. 81

2.1.3.Le fattispecie concrete dell’articolo 25: l’indebito condizionamento. ............................ 83

2.2. L’allegato I della direttiva 2005/29/CE e la seconda black list del Codice del consumo. .... 84

2.3 Analisi delle pratiche sempre aggressive ............................................................................... 85

2.3.1. Le pratiche minatorie. .................................................................................................... 86

2.3.2. Le pratiche petulanti. ...................................................................................................... 87

2.3.3. Le pratiche defatiganti. .................................................................................................. 89

CAPITOLO III

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato:

analisi dei provvedimenti sulla tutela del consumatore dal 2007 ad oggi.

1. Introduzione .............................................................................................................. 92

1.1. I poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato .......................... 92

2. Criteri di segmentazione e prime valutazioni ........................................................ 97

2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi di procedimenti attivati ............. 102

2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nei settori merceologici ........ 106

2.3. Tutti gli illeciti dal 2007 ad oggi ........................................................................ 109

Conclusioni ................................................................................................................. 167

Appendice .................................................................................................................... 169

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Indice

3

Bibliografia .................................................................................................................. 214

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Premessa

4

Premessa

Il presente lavoro di tesi esamina l’evoluzione della normativa europea e

italiana in materia di tutela del consumatore e i rapporti che questi intrattiene con i

professionisti.

Si è ritenuto opportuno, prima di analizzare la situazione attuale, di studiare

l’ordinamento comunitario e nazionale che ha contraddistinto gli anni Novanta e il

primo lustro di questo nuovo millennio. Si è fornita a tale scopo una rapida, ma chiara

esegesi su definizioni fondamentali come quelle di pubblicità, pubblicità ingannevole e

pubblicità comparativa al fine di chiarire al meglio i concetti che sono stati e, ancora

oggi, sono alla base di questa importante disciplina. Non si è lasciato spazio, come

ovvio, solo alle definizioni, ma soprattutto alle modalità con cui tali concetti sono stati

disciplinati e regolamentati da parte del legislatore europeo ed italiano.

Il cambiamento vero è proprio della disciplina si è avuto con la redazione della

direttiva europea 2005/29, la quale ha introdotto una nuova nozione: quella delle

“pratiche commerciali scorrette”. “Pratica commerciale” è definita “qualsiasi azione,

omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la

pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista,

in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori” (art.

18, lettera d del Codice del consumo). Una pratica commerciale è scorretta, invece, “se

è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura

apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore

medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo

qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”

(art. 20, comma 2, del Codice del consumo). All’interno del presente lavoro, dunque, è

stata condotta una disamina critica e alquanto approfondita dell’intero testo di questo

provvedimento con l’obiettivo di sciogliere i molti nodi problematici legati alle delicate

questioni interpretative che esso ha suscitato e soprattutto di individuare le numerose e

difficili scelte operate dal nostro legislatore per inserire in modo organico la nuova

disciplina. È interessante, infatti, capire in che modo i decreti legislativi redatti per

recepire le leggi della Comunità europea si siano integrati con le leggi e i princìpi già

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Premessa

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vigenti nei diversi ambiti con i quali la direttiva 2005/29 era destinata ad interferire,

come ad esempio la concorrenza sleale, la pubblicità commerciale, la teoria del

contratto e la responsabilità civile.

Seppure, in più punti, si è evidenziato come la parte “sostanziale” della

disciplina comunitaria sia stata oggetto di una pura e semplice trasposizione all’interno

del nostro ordinamento, senza, quindi, compiere il minimo sforzo di migliorare sul

piano tecnico e linguistico la formulazione delle singole disposizioni o di adeguarne i

contenuti al contesto di recepimento (il codice del consumo) si è proceduto, nel corso

del primo capitolo, ad esaminare i decreti legislativi 145/2007 e 146/2007 che, a partire

dal 21 settembre 2007, hanno dato attuazione alla legge comunitaria. La volontà di

focalizzarsi sul consumatore e non sul professionista giustifica la scelta di concentrare

lo studio sul secondo dei due decreti, il 146/2007 e sulle modifiche sostanziali che

questi ha provocato nella struttura del Codice del consumo. Il secondo capitolo, a tal

fine, presenta un’accurata disamina degli articoli 21-26 del decreto legislativo 206/2005

inerenti alle pratiche commerciali ingannevoli e alle pratiche commerciali sleali, con

una rilettura delle black list presenti nel Codice del consumo stesso.

Il terzo capitolo è dedicato all’Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato, alla quale è affidato il compito di far applicare la normativa, con particolare

riferimento alla descrizione dei provvedimenti finali e alle sanzioni amministrative

inflitte dall’Autorità stessa. Nel terzo capitolo si è operata una meticolosa

classificazione dell’operato dell’Antitrust negli ultimi 3 anni (2007-2009) al fine di

capire come siano cambiate le decisioni contestualmente alla modifica degli articoli del

Codice del Consumo. In tabelle di immediata comprensione è possibile leggere la

situazione italiana relativa alle pratiche commerciali scorrette con una focalizzazione sui

settori merceologici colpiti dai provvedimenti, sulla quantificazione delle sanzioni

applicate, ma soprattutto sulla tipologia di illeciti compiuti con maggiore frequenza, un

dato questo ottenuto in base al numero di volte in cui si è fatto ricorso a determinate

norme del decreto legislativo 206/2005 per punire talune attività scorrette.

In ultimo, in appendice, si è ritenuto opportuno riportare il testo della direttiva

comunitaria 2005/29 e il testo degli articoli del Codice del Consumo ampiamente

analizzati nel corso del lavoro. È bene offrire la possibilità di un confronto diretto tra

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Premessa

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l’analisi testé fornita e la formalizzazione originaria della normativa per garantire una

comprensione esaustiva di quanto descritto.

Dopo aver delineato in linee generali il contenuto della tesi, voglio esprimere il

mio più sincero grazie alla mia famiglia: a Mamma, a Super Papuzzo e ad Alessandra,

senza il cui supporto, la pazienza e la preziosa collaborazione, tale risultato non sarebbe

mai stato raggiunto.

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Capitolo I

7

Origine e attuazione della disciplina sulle

Pratiche commerciali scorrette

Sommario: 1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450. – 1.1. La pubblicità ingannevole:

il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi. 2 agosto 2007, n.

145 e n. 146. .2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla direttiva comunitaria 2005/29. – 1.3. Il recepimento della direttiva 2005/29/Ce in Italia. - 1.3.1. Le particolarità del recepimento della direttiva

2005/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. – 2. Il decreto

legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo. – 2.1. Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e

la nozione di diligenza professionale. 2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a

falsare il comportamento economico del consumatore stesso. - 2.2.1. Il consumatore medio come parametro di

riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo.

*******

1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450

Nel corso del presente lavoro di tesi, ed in particolare in questo primo capitolo,

si prenderà in esame la trasformazione e l’evoluzione delle norme europee ed italiane in

materia di tutela del consumatore, degli scambi che questi intrattiene con i

professionisti, e del rapporto fra gli stessi imprenditori, in una pura ottica

concorrenziale. Un’attenzione speciale, inoltre, sarà rivolta alla modalità con cui è stato

formalizzato giuridicamente un nuovo concetto: quello di “pratica commerciale sleale”

il quale, essendo stato introdotto di recente nella giurisprudenza nazionale ed europea,

ha prodotto modifiche importanti nell’ordinamento di questo settore.

Il mercato in continua espansione e una concorrenza molto aspra tra le imprese

ha amplificato il bisogno di quest’ultime di individuare strategie di marketing sempre

più puntuali e mirate, poste in essere attraverso l’utilizzo di comunicazioni commerciali

e forme pubblicitarie volte ad influenzare in maniera significativa il proprio target di

riferimento. Il legislatore europeo, in considerazione dell’importanza che hanno assunto

le comunicazioni aziendali nell’orientare la scelta dell’acquisto di un bene da parte del

consumatore, ha ritenuto necessario, nel 1984, attraverso l’emanazione della direttiva

450, di determinare i criteri con i quali poter classificare una pubblicità come

ingannevole. La direttiva comunitaria 84/450 Cee è stata recepita in Italia con il decreto

legislativo 74/1992 con lo scopo, in base a quanto esplicitato nell’articolo 1, di “tutelare

dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano

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Capitolo I

8

un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in

genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di

stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”. L’articolo 1, appena

citato, nel 1992 non conteneva nessun riferimento alla pubblicità comparativa, dal

momento che in Italia non era considerata lecita, ma il decreto legislativo è stato

modificato nel 2000 con un altro decreto, il numero 67, sempre in accordo con le nuove

disposizioni europee. La direttiva 97/55 Ce, infatti, ha modificato e ampliato i contenuti

della 84/450 prevedendo e includendo nella normativa anche la pubblicità comparativa,

definendone i parametri di liceità. La finalità del decreto legislativo del 1992 quindi è

molto esplicita: con un unico corpus di articoli si intende garantire tutela in tre ambiti

ben distinti e che sono, nello specifico, il singolo acquirente, i rapporti fra imprenditori

e l’interesse generale che si estrinseca nella collettività e nel mercato.

È doveroso sottolineare questa impostazione che il legislatore italiano ed

europeo avevano impartito all’inizio per questo settore, perché, come si analizzerà in

seguito, una delle trasformazioni più rilevanti del 2007 consisterà proprio nel

disintegrare questa unicità e operare una netta distinzione in base alla tipologia di

soggetto che viene coinvolto in una pratica commerciale scorretta. Negli articoli

successivi del decreto legislativo 74/1992 si rinvengono le definizioni di pubblicità e

pubblicità ingannevole che è, senza dubbio, importante riportare per offrire una visione

di quello che la norma mira a disciplinare. Per pubblicità si intende: “qualsiasi forma di

messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale,

industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni

mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi

oppure la prestazione di opere o di servizi”, mentre la decettività si manifesta per

“qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in

errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che

essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro

comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un

concorrente.” Con la redazione del decreto legislativo 206/2005 in cui è contenuto il

Codice del consumo, il titolo III del Codice stesso ha ospitato la normativa in materia di

pubblicità ingannevole e comparativa ed, in piena risonanza con l’allora vigente

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Capitolo I

9

normativa, si è posto sotto tutela qualsiasi soggetto, consumatore o impresa, ente

pubblico o privato che potesse subire dei danni da una comunicazione non corretta1.

1.1. La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione

vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e

n. 146

Prima dell’analisi della trasformazione della disciplina negli ultimi due anni, è

bene passare brevemente in rassegna la composizione del Codice del Consumo al fine di

capire meglio la vera portata dei cambiamenti introdotti dall’Unione Europea. La

sezione del decreto legislativo 206/2005 che si analizzerà in questo paragrafo è il Titolo

III denominato “Pubblicità e altre comunicazioni commerciali”, voluto fortemente dal

legislatore italiano, il quale ha provveduto a distinguere e differenziare tali attività dalle

restanti tipologie di tutela. All’interno di questa sezione del Codice del Consumo erano

riportati quasi pedissequamente i contenuti della direttiva comunitaria 84/450/Cee e del

decreto legislativo 74/1992, ridotti, almeno da un punto di vista sistematico, nell’orbita

del diritto dei consumatori.

L’articolo 192 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche che sono

state apportate per il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29, conteneva la ratio

legis dell’intera sezione del Codice dedicata alla pubblicità ingannevole e comparativa3.

La normativa sulla pubblicità ingannevole disciplinata in questa sede, tende ad offrire

una protezione onnicomprensiva: tutela, infatti, non solo l’acquirente che può compiere

scelte che altrimenti non avrebbe mai preso, ma anche quanti agendo nello svolgimento

della propria attività commerciale non sono definibili come consumatori e sono

suscettibili, in egual modo, di essere vittime di attività decettive. Si garantisce, in questo

modo, protezione ai soggetti impegnati nell’ultima fase del contatto con l’utente finale,

1 Cfr. L.C. Ubertazzi, Concorrenza sleale e pubblicità, Cedam, Milano, 2008 p. 324. 2 L’articolo 19 del Codice del Consumo, nella versione non modificata, recita che: “Le disposizioni della presente sezione hanno lo scopo di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”. 3 Cfr. S. Sica, V. D’Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in Commentario del Codice del

consumo – inquadramento sistematico e prassi applicativa, a cura di P. Stanzione, G. Sciancalepore, 2006, Ipsoa, p. 104.

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Capitolo I

10

ai fornitori e a tutti gli intermediari che lavorano all’interno della filiera produttiva. Tali

considerazioni determinano che, almeno da un punto di vista soggettivo, questa

disciplina non coincide esclusivamente con il diritto dei consumatori poiché è

applicabile a più tipologie di contratti, da quelli di consumo a quelli d’impresa.

All’interno dell’articolo 20 del decreto si rinvengono tutte le definizioni4 di

pubblicità, da ingannevole a comparativa, che, di riflesso, sono state citate già nel

paragrafo precedente, dal momento che sono le medesime presenti nel decreto

legislativo 74/1992. Le nozioni hanno dei margini interpretativi davvero ampi, tanto

che qualsiasi tipologia di comunicazione può essere inclusa all’interno di questa

classificazione: perfino la comunicazione istituzionale, in cui l’invito alla fruizione di

un oggetto o di un servizio è solo indiretta, ad esempio, è stata inclusa tra i messaggi

soggetti a giudizio dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato così come

sono incluse anche le sponsorizzazioni, le televendite e le telepromozioni. Sono escluse,

invece, da questo elenco i messaggi diffusi senza scopo di lucro o la pubblicità sociale

appartenente alla categoria di advocacy. La diffusione del messaggio, trattandosi, come

appare ovvio, di forme di battage pubblicitario è conditio sine qua non per la

formazione dell’illecito. In linea con quanto modificato a partire dal 21 settembre 2007,

inoltre, compaiono come elementi necessari alla definizione di un’attività scorretta

l’idoneità della pubblicità a indurre in errore i destinatari di essa e, proprio a causa del

carattere decettivo della comunicazione, il fatto che sia idonea a pregiudicare il

comportamento economico del consumatore che riceve il messaggio. Volendo

continuare ad individuare gli elementi che segnano una continuità nonostante i

cambiamenti degli ultimi anni, si rileva come in primis, le fattispecie di illecito previste

dalla norma hanno un carattere puramente oggettivo, dal momento che prescindono

completamente dalle categorie colpevolistiche della colpa o del dolo5, rendendo

irrilevante l’intenzionalità del professionista a diffondere informazioni mendaci al fine

di qualificare una pubblicità come ingannevole e poi come sia necessaria la mera

possibilità che un acquirente possa cadere in errore a rendere il messaggio idoneo ad

essere inserito nel novero di quelli sanzionabili. Come parametro di riferimento per

4 L’Articolo 20 del Decreto Legislativo 206/2005 assume le stesse funzioni che assurge l’articolo 18 nel Codice del consumo come modificato dai decreti 145/2007 e 146/2007. 5 Cfr. S. Sica, V. D’Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in op.cit, p. 112.

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Capitolo I

11

comprendere quanto una pubblicità possa generare comportamenti che senza di essa non

avrebbero avuto luogo si è scelto in una prima istanza il target a cui è rivolta la

comunicazione e poi si è introdotta la nozione di consumatore medio, una nozione

questa che sarà ampiamente esaminata nel corso del presente capitolo in base alle più

recenti concezioni.

Nei restanti articoli che compongono questa sezione del Codice del consumo si

rinvengono gli elementi utili per valutare la decettività di una pubblicità (art.21), le

condizioni di liceità della pubblicità comparativa (art.22), le condizioni per la

trasparenza della pubblicità (art.23), la normativa sulla pubblicità di prodotti pericolosi

per la salute e la sicurezza dei consumatori (art.24) e quella sui bambini e adolescenti

(art.25). Gli articoli principali su cui si è basata la tutela del consumatore in questi anni

sono essenzialmente l’art. 21 e l’art. 22 perché determinano le linee guida per la

creazione della maggior parte dei messaggi pubblicitari e soprattutto indicano i criteri a

cui deve rifarsi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’emettere i

propri giudizi. L’articolo 216, infatti recita che: “per determinare se la pubblicità sia

ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai

suoi riferimenti: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità,

la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della

prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica

o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le

caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al

prezzo o al modo in cui questo viene calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i

servizi vengono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore

pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale

e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi o

riconoscimenti.” L’articolo 22, invece, appare ancora più interessante dal momento che

afferma: “Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è lecita se sono

soddisfatte le seguenti condizioni:a) non è ingannevole ai sensi della presente sezione;

b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi

6 Articolo 21 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/2007 e 146/2007.

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Capitolo I

12

obiettivi; c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti,

verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d)

non ingenera confusione sul mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o

tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi

dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente; e) non causa discredito o

denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi,

attività o circostanze di un concorrente;f) per i prodotti recanti denominazione di

origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; g) non trae

indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione

commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di

origine di prodotti concorrenti; h) non presenta un bene o un servizio come imitazione o

contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione

commerciale depositati. 2. Il requisito della verificabilità di cui al comma 1, lettera c), si

intende soddisfatto quando i dati addotti ad illustrazione della caratteristica del bene o

servizio pubblicizzato sono suscettibili di dimostrazione. 3. Qualunque raffronto che fa

riferimento a un’offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine

finale dell’offerta oppure, nel caso in cui l’offerta speciale non sia ancora cominciata, la

data di inizio del periodo nel corso del quale si applicano il prezzo speciale o altre

condizioni particolari o, se del caso, che l’offerta speciale dipende dalla disponibilità dei

beni e servizi.7”.

Tutti questi articoli appena citati (dall’articolo 21 all’articolo 25), da quando

hanno abbandonato questa collocazione nel Codice del Consumo a seguito delle

modifiche provenienti dalla direttiva comunitaria, sono stati integralmente trascritti nel

decreto legislativo 145/2007 che regola esclusivamente i rapporti tra i professionisti e al

quale i consumatori non possono appellarsi. Un’analisi più approfondita di tali

argomenti nella nuova collocazione prescinde dall’obiettivo di questa tesi poiché il

presente studio non si interessa dei professionisti, bensì solo dei consumatori e le basi

sulle quali questi possono far valere i propri diritti.

7Articolo 22 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/2007 e 146/2007.

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Capitolo I

13

1.2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla

direttiva 2005/29/CE

La trasformazione di questa disciplina è cominciata nell’ultimo decennio dal

momento che si può iniziare ad intravedere un sostanziale cambiamento dello status quo

con l’emanazione del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell’Unione europea,

COM (2001) 531 def., del 2.10.200). Le modifiche, stabilite dall’Unione Europea,

seguono tutte il medesimo principio: la protezione massima nei confronti del

consumatore verso tutte le pratiche sleali, ivi compresa l’informazione mendace, e

l’armonizzazione della disciplina in materia di tutela del consumatore. Il legislatore

europeo ha costatato, infatti, che le divergenze fra le leggi degli stati membri, in questo

settore, rappresentavano il maggior deterrente per uno sviluppo consono del commercio

sia per gli imprenditori che per gli acquirenti. Gli imprenditori erano costretti ad

adottare prassi commerciali e campagne pubblicitarie difformi in relazione al paese di

riferimento adeguandone, di volta in volta, contenuti e promozioni, con un dispendio di

risorse davvero troppo oneroso. Si è osservato, invece, che a frenare i consumatori ad

effettuare compere al di fuori della propria nazione d’origine era l’inesperienza e

l’ignoranza delle leggi vigenti in altre realtà. La soluzione più idonea, quindi, per porre

fine a tali problematiche si è rivelata quella di uniformare le leggi degli stati ed ottenere

una disciplina quanto mai omogenea.

È utile capire a questo proposito le prime considerazioni in merito effettuate

dalla Commissione Europea presenti nel già citato Libro verde sulla tutela dei

consumatori nell’Unione europea poiché dai libri verdi spesso poi traggono origine i

successivi sviluppi legislativi comunitari8. I dibattiti con le parti interessate, che siano

stati enti o individui, hanno portato all’espressione di una serie di considerazioni

importanti in termini sia politici che di carattere economico-giuridico. Il Libro verde

sulla tutela dei consumatori nell’Unione europea introduce, infatti, la locuzione di

“comunicazione commerciale9” che riguarda “tutte le forme di pubblicità, marketing

diretto, sponsorizzazione, promozione delle vendite e relazioni pubbliche”. Queste

8 Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), Le pratiche commerciali sleali, Giuffrè, Milano, 2007, pag. 30. 9 Ivi, p.2

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Capitolo I

14

attività, seppure non trovino una formalizzazione e una distinzione da un punto di vista

tecnico, almeno a livello giuridico, sono tutte accomunate dalla volontà di incentivare la

circolazione dei beni e dei servizi nel mercato e quindi di fare, in un certo qual senso,

pressione sul comportamento del consumatore.

Il Parlamento Europeo, avendo rilevato anche le numerose reazioni positive da

parte delle imprese e delle organizzazioni dei consumatori nel “Seguito dato al libro

sulla tutela dei consumatori nell’Unione Europea” dell’11 giugno del 2002, nell’aprile

2004 approva la proposta di emendare una nuova direttiva relativa alle pratiche

commerciali sleali tra le imprese e il mercato interno. Il Parlamento, infatti, esaminando

le indicazioni così come pervenute dalla Commissione, ne condivide i principi di base:

occorre quindi individuare un divieto generale per tutte quelle pratiche commerciali che

rientrino nella definizione di slealtà, progettando la redazione di una lista, una black list,

che riporti esempi fulgidi di pratiche da considerarsi in ogni caso scorrette.

Tutti questi lavori “preparatori” hanno portato alla definitiva realizzazione della

direttiva 2005/29/Ce che solo nel 2007 è stata recepita nell’ordinamento italiano. La

direttiva può, per semplicità d’analisi, dividersi in due parti: la prima parte che interessa

gli articoli 2-13 e che contiene la nuova regolamentazione delle pratiche commerciali

sleali mentre la seconda parte prevede la modifica di alcuni provvedimenti comunitari

già vigenti, come, ad esempio, la precedente e menzionata direttiva sulla pubblicità

ingannevole del 1984 e quella sulla pubblicità comparativa. La direttiva oggetto di

studio riguarda le pratiche commerciali il cui “intento diretto è quello di influenzare le

decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti. Non riguarda le

pratiche commerciali realizzate principalmente per altri scopi, comprese ad esempio le

comunicazioni commerciali rivolte agli investitori, come le relazioni annuali e le

pubblicazioni promozionali delle aziende10”. La direttiva, infatti, tutela direttamente gli

interessi dei consumatori e solo indirettamente le attività che possono danneggiare i

concorrenti. Il legislatore europeo, seppur contempli l’ipotesi che esistano nel settore

pratiche commerciali che, per quanto non influenzino in maniera negativa il

consumatore, possano ledere esclusivamente gli imprenditori, rimanda alla

10 Art.7 della CEE 29/2005

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Capitolo I

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Commissione il compito di promuovere un’altra azione comunitaria al di fuori della

direttiva 2005/29 Ce che regoli queste altre fattispecie11.

A questo punto occorre capire come è formalizzata la nozione di pratica

commerciale scorretta ai sensi dell’art.2 lett D proprio perché è da questa definizione

che sarà possibile individuare le differenze, le modifiche e le eventuali integrazioni con

il concetto di pubblicità e di comunicazione commerciale. La pratica commerciale è

definita come “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione

commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in

essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita, fornitura di

un prodotto ai consumatori.12”. In una prima analisi appare evidente come il diritto si

trovi spesso in difficoltà nel ricondurre i concetti che sono legati al mondo aziendale nei

canoni del linguaggio formale e giuridico, e come spesso il legislatore finisca per

fornire delle classificazioni troppo ampie e di una modesta utilità tecnica. Come si

evince dalla formalizzazione della definizione di pratiche commerciali, infatti, aver

accomunato nello stesso articolo termini quali marketing, comunicazione commerciale e

pubblicità non aiuta chi legge ad individuare in modo semplice processi e funzioni

distinte dell’intera attività d’impresa. Si nota, comunque, a partire dal 1984, in ambito

europeo, fino al recepimento nel 2007 in Italia dell’ultima normativa, una graduale

operazione di generalizzazione dei principi definitori e si è passati dalla protezione,

alquanto contestualizzata, di messaggio pubblicitario ingannevole ad un più totalizzante

tentativo di copertura dell’intero processo negoziale fra il consumatore e l’imprenditore.

A conferma di ciò, i termini pratica commerciale e pubblicità sono in stretta relazione,

11 Art.8 della CEE 29/2005 12 Nell’articolo 18 del decreto legislativo 206/2005 viene definita pratica commerciale scorretta “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita, fornitura di un prodotto ai consumatori”. A differenza di quanto stabilito dall’articolo 2 let.d del 2005/29CE in cui la pratica commerciale è tale se direttamente connessa alla promozione e alla vendita, il legislatore italiano ha preferito utilizzare la dicitura “in relazione a” per includere in questo articolo qualsiasi atto del professionista idoneo a incidere nella sfera del consumatore, seppur di riflesso. Lasciare quanto previsto della direttiva europea, infatti, avrebbe potuto comportare l’esclusione dal novero delle pratiche commerciali determinati atti di concorrenza sleale come ad esempio il boicottaggio o l’abuso di posizione dominante. Cfr. Ubertazzi, op.cit., p.323.

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Capitolo I

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ed anzi, il primo contiene il secondo13. Una differenza importante tra le pratiche

commerciali e le comunicazioni commerciali è rappresentata, inoltre, dal fatto che sono

diversi i soggetti che vengono considerati destinatari di queste stesse e di riflesso anche

quelli che vengono tutelati: da un lato, infatti, la direttiva 2005/29 Ce disciplina le

pratiche commerciali dirette ai consumatori finali lasciando fuori gli intermediari,

mentre le comunicazioni commerciali si sa che tendono a influenzare rivenditori,

opinion leader, e non solo i diretti interessati dei messaggi aziendali. Se prima del 2005,

quindi, non sussisteva questa differenziazione, attualmente, invece, le pratiche

commerciali attengono alla protezione del solo consumatore, mentre la direttiva del

1984 è stata modificata restringendo la disciplina della pubblicità ingannevole al

controllo del rapporto dei soli professionisti. L’art.14 della 2005/29 Ce, infatti, ha

radicalmente cambiato l’art.1 della 84/450 CEE che ora recita: “la presente direttiva ha

lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze

sleali e di stabilire condizioni di liceità della pubblicità comparativa.”. La direttiva

84/450/CEE, del 10 settembre 1984, concernente la pubblicità ingannevole e

comparativa, come è facile notare, è stata più volte modificata in modo sostanziale e

dunque, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, il legislatore europeo ha ritenuto

opportuno emanare, in data 12 dicembre 2006, una nuova direttiva, la numero 114, in

cui è stata codificata l’intera disciplina sulla pubblicità ingannevole e su quella

comparativa contenente tutte le modifiche apportate nel corso degli anni, potendo far

ritenere abrogata la precedente direttiva del 1984.

Volendo porre nuovamente l’attenzione sulla direttiva più importante per

l’interesse del presente studio, quella del 2005, è doveroso sottolineare che gli organi

comunitari hanno previsto un “doppio termine”14 per il recepimento della direttiva

29/2005 Ce da parte degli stati membri dell’Unione Europea. L’art.19 della succitata

direttiva stabilisce, infatti, che gli stati membri debbano adottare e pubblicare entro il 12

giugno 2007 le disposizioni legislative indispensabili all’adeguamento dell’apparato

13 Cfr. M. Pratesi, Il punto di vista dell’aziendalista, Pubblicità e altre comunicazioni commerciali:

chiarimenti sui termini e tendenze evolutive in atto, in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, p.91. 14 Cfr. G. De Cristofaro (a cura di), Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, Il recepimento

della direttiva 2005/29 Ce nel diritto italiano (decreti legislativi nn.145 e 146 del 2 agosto 2007),

Giappichelli editore, Torino, 2008, p. 49 e ss.

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Capitolo I

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normativo salvo poi applicarle e farle, dunque, entrare in vigore entro il termine ultimo

del 12 dicembre 200715. A partire, appunto, da quest’ultima data era prevista l’entrata in

vigore del nuovo sistema comunitario delle “pratiche commerciali” sebbene le

disposizioni dell’art.19 non siano state rispettate in modo omogeneo da tutti i Paesi

considerando che nel mese di settembre del 2008 non si erano uniformati ai dettami

comunitari né la Germania, né il Lussemburgo e né la Spagna. I legislatori di ogni stato

membro dell’Unione Europea, comunque, si sono trovati di fronte a delle questioni

importanti da risolvere per poter adeguatamente conformare il proprio ordinamento con

quanto previsto dalla 2005/29 Ce e, soprattutto, con poche opportunità di scelta, dal

momento che la tensione ad armonizzare la dottrina in ogni paese aderente al patto,

offriva loro ridottissimi margini di manovra e di autonomia. Il problema principale si è

palesato all’atto di optare tra la creazione di un corpus normativo unitario,

organicamente inserito all’interno di preesistenti leggi nel quale introdurre quindi le

modifiche della direttiva, oppure di dare vita a due discipline separate (una per la tutela

del consumatore dalle pratiche commerciali sleali e un’altra che proteggesse i

concorrenti dalla pubblicità ingannevole o dalla scorretta pubblicità comparativa).

Un’altra questione16 di primaria importanza, inoltre, è rappresentata dalla

necessità di concordare qualsiasi trasformazione dell’ordinamento con le leggi vigenti

in materia di concorrenza sleale e di tutela dei consumatori e che in Italia, ad esempio,

riguardano, per la prima ipotesi, gli articoli 2598-2601 del codice civile mentre, per la

seconda, il decreto legislativo 206/2005 in cui è contenuto il Codice del Consumo.

1.3. Il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 in Italia.

A questo punto è bene introdurre come la direttiva comunitaria del 2005 sia stata

recepita in Italia e con quali metodologie. Il legislatore italiano ha riformato

l’ordinamento nazionale attraverso l’emanazione di due decreti legislativi, entrati in

15 Art.19 della direttiva 2005/29 recita: “Gli stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio a quest’ultima ogni eventuale successiva modifica. Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 2007. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 16 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 51

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Capitolo I

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vigore nello stesso giorno, il 02/08/2007, rispettivamente il n.145 e il n.146, che hanno

tradotto in maniera quasi pedissequa la direttiva 2005/29 Ce e il d.lgs. del 23 ottobre

2008, n.221. Il primo di questi decreti17 contiene la disciplina generale della pubblicità

ingannevole e comparativa, in modo particolare le norme di recepimento della direttiva

84/450 Ce, come modificata dalla 97/55/Ce e dall’art.14 della stessa direttiva

2005/29/Ce. L’intitolazione di questo decreto, “Attuazione dell’articolo 14 della

direttiva 2005/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole”,

porta erroneamente a credere che al suo interno possano essere stati inseriti

esclusivamente gli articoli necessari all’adeguamento dell’ordinamento italiano alla

normativa, mentre, in realtà, in esso è stato trasposto l’intero corpus che, in origine, era

contenuto nel decreto legislativo 74 del 28 gennaio 1992 e già trasferito, in un primo

tempo, negli articoli 18-27 del d.lgs. 206/2005, una trasposizione questa che ha stabilito

la definitiva abrogazione del d.lgs. n.74/1992.

Nel decreto legislativo 146/200718 si rinvengono, invece, le disposizioni di

recepimento degli articoli 1-13 e 15-17 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali,

che, a breve, saranno analizzate nel dettaglio specificando anche la loro collocazione

nell’ambito dell’ordinamento italiano. In questo decreto, inoltre, è presente un articolo,

il numero 5 delle Disposizioni finali19, che tende a ridurre la portata operativa di un

provvedimento precedente, la legge 173/2005, che disciplina le vendite piramidali, il

quale, invece, avrebbe meritato di essere accorpato in maniera più omogenea all’interno

del novero delle pratiche commerciali sleali. La succitata legge del 2005, infatti, è

rimasta praticamente invariata, ma ha una valenza ormai solo su un piano formale e,

17 D.lgs. n.145 del 2 agosto 2007, recante “Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole”. 18 D.lgs. n.146 del 2 agosto 2007, recante “Attuazione della direttiva 2005/29/Ce relativa alla pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/Cee, 97/7/Ce, 98/27/Ce, 2002/65/Ce, e il Regolamento (Ce) n. 2006/2004”. 19 L’art. 5 del d.lgs. 146/2007, infatti, riporta che: ”Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli articoli 5, comma 1, e 7, della legge 17 agosto 2005, n. 173, recante disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, sono abrogati nella parte in cui riguardano forme di vendita piramidali tra consumatori e professionisti come definite all'articolo 23, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo in cui e' previsto o ipotizzabile un contributo da parte di un consumatore come definito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del predetto codice. I suddetti articoli 5, comma 1, e 7, restano applicabili pertanto alle forme di promozione piramidale che coinvolgano qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.”

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Capitolo I

19

come scritto poc’anzi, si sarebbe potuto optare per un’integrazione migliore all’interno

del decreto legislativo 206/20005.

Nel corso del presente capitolo, si osserverà in maniera più approfondita come il

recepimento della direttiva europea da parte del legislatore italiano non sia esente da

critiche poiché, in alcune occasioni, si è limitato a riportare nel nostro ordinamento

termini che possono ritenersi appropriati se utilizzati in ambito comunitario, senza

provvedere ad adattarli alle peculiarità dell’ordinamento nazionale e con scarsa armonia

con le previgenti leggi afferenti con tale disciplina. L’attuazione della direttiva 2005/29

Ce si è per così dire conclusa con l’emanazione del d.lgs. del 23 ottobre del 2007, n.211,

che contiene le “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 6

settembre 2005, n.206, recante Codice del Consumo”20 poiché il Governo, sfruttando la

delega conferita dall’art.20 bis della legge 229/2003 che conferiva il potere di

modificare uno o più decreti legislativi per apportare correzioni e integrazioni, ha

inserito gli articoli provenienti dal d.lgs. 146/2007 nel d.lgs. 206/2005. Il legislatore

italiano ha deciso, infatti, di modificare i contenuti del Codice del consumo,

estromettendo la disciplina sulla pubblicità ingannevole che prima era contenuta negli

articoli 18-27 del d.lgs. 206/2005 e sostituire questi articoli con quanto disposto dalla

normativa sulle pratiche commerciali sleali. Suscita perplessità, però, la collocazione

delle disposizioni attuative degli articoli 1-13 della direttiva 2005/29/Ce nell’ambito del

Titolo III della Seconda Parte del Codice del consumo intitolata “Educazione,

Informazione e Pubblicità” poiché, dal momento che la definizione di “pratica

commerciale”, come già più volte sottolineato, include qualsiasi condotta rivolta a

promuovere l’acquisto di beni e servizi ai consumatori ed è indubitabilmente legata alla

stipulazione di contratti, sarebbe stato più consono e più coerente, per una questione

sistematica e contenutistica, inserire tali articoli nella Parte III del d.lgs. 206/2005

intitolata “Il rapporto di consumo”. La soluzione più idonea sarebbe stata probabilmente

quella di introdurre le nuove disposizioni nell’attuale Titolo II della Parte III, risolvendo

contemporaneamente la questioni inerenti al precetto normativo proposto dall’art.3921 e

20 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.278 del 29 novembre 2007. 21 L’articolo 39 del d.lgs. 206/2005 recita: “ le attività commerciali sono improntate al rispetto dei principi di buona fede, di correttezza e di lealtà, valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori”. I principi di buona fede, correttezza e di lealtà rappresentano dei

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Capitolo I

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che sarebbe stato, in questo caso, inglobato nelle modifiche in oggetto. L’articolo 39 del

codice del consumo, infatti, all’atto della redazione del d.lgs. 206 nel 2005, faceva già

riferimento non ad atti o contratti, ma all’intera attività commerciale, non considerando

l’esistenza di un rapporto contrattuale, e volendo tutelare il consumatore in ogni fase del

processo di consumo. Si crea, invece, con questa scelta, una sorta di commistione con

la direttiva europea più volte citata tanto da poter ravvisare nell’articolo 39 una norma

pensata dal legislatore nazionale per accogliere in modo più armonioso possibile la

disciplina europea22. È possibile, comunque, che il nostro legislatore abbia optato per

questa collocazione poiché ha recepito la direttiva europea 2005/29 dando maggior

enfasi all’aspetto meramente “pubblicistico”23 della normativa piuttosto che

concentrarsi sui rapporti contrattuali tra consumatore e imprenditore. In effetti, la Parte

II del Codice del Consumo detta una serie di norme di comportamento per la cui

violazione vengono espressamente contemplate soltanto sanzioni amministrative

pecuniarie, laddove per contro la Parte III reca un’insieme di regole di natura

privatistica.

In conclusione di questo paragrafo, al di là di tutte le recriminazioni su possibili

collocazioni migliori degli articoli succitati, il decreto 206/2005, come modificato dal

d.lgs. 146/2007, fa sì che i contenuti del Titolo III della Parte II del Codice del

Consumo siano i seguenti: il primo capo contiene le Disposizioni generali con gli artt.

18 e 19 in cui sono inserite una serie di definizioni e regole che determinano il rapporto

con le altre discipline, il secondo capo, intitolato “Pratiche commerciali scorrette”

(artt.20-26) al cui interno si rinvengono le norme di attuazione degli articoli 5-9 della

direttiva, nell’’ultimo, il terzo capo (artt. 27-27 quarter) ospita le norme di recepimento

degli articoli 10-13 della 2005/29/Ce.

sinonimi, ma il problema si pone allorquando si vuole interpretare questa norma in relazione alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali e alla singolare contaminazione che la 2005/29/Ce opera tra buona fede oggettiva, ragionevolezza e diligenza nell’art.5, comma 2, lettera a. Per il diritto italiano, infatti, diligenza e buona fede oggettiva non sono certamente dei sinonimi ed è addirittura sconosciuta la definizione di ragionevolezza se non per alcune eccezioni (art.117 del codice del Codice del Consumo). Il punto debole dell’art.39, come si evince facilmente, è la totale assenza di sanzioni. Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), op. cit, p. 80. 22 Cfr F. Vigoriti, Verso l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in Europa e diritto

privato, 2007, pag.525 23 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.70

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Capitolo I

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1.3.1. Le particolarità del recepimento della direttiva 2005/29/Ce: le scelte

del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti.

Nell’ordinamento italiano si è rispettata, dunque, la diversificazione di tutela

imposta dalla comunità europea, dal momento che si è realizzato un sistema bipolare di

protezione, uno riservato esclusivamente al consumatore, con il decreto legislativo

146/2007, e un altro che regola i rapporti con la concorrenza, sebbene la soluzione

italiana presenti “un’indubbia originalità24”. Se da un lato, infatti, la parte “sostanziale”

delle pratiche sleali e della pubblicità ingannevole e comparativa risulti completamente

uniforme ai precetti contenuti nelle due discipline e sono ben evidenti le differenze, non

può si può analogamente individuare un’autonomia da un punto di vista

“procedimentale”25, dal momento che la competenza ad accertare le violazioni è stata

attribuita, di fatto, alla stessa Autorità, l’Autorità garante delle concorrenza e del

mercato. Natura, entità, tipologia delle sanzioni sono le medesime sia in un caso che

nell’altro. A causa di ciò, dunque, si riduce drasticamente la portata pratica di queste

normative poiché, sebbene la divisione teorica resti senza dubbio importante, si porta a

confondere su un piano squisitamente operativo le applicazioni e le delimitazioni delle

singole discipline. Un’ulteriore sovrapposizione si verifica anche perché nel d.lgs.

146/2007, come di seguito riportato nell’art.27 co. 2 del Codice del consumo, si prevede

che sia concessa l’opportunità di chiedere l’intervento dell’Autorità garante della

concorrenza e del mercato a chiunque ne abbia un interesse, che sia un singolo

individuo o un’organizzazione. Questa condizione comporta che il professionista, i cui

affari o la propria reputazione non siano lesi da un comportamento concorrenziale

scorretto riconducibile alla pubblicità ingannevole e a quanto tutelato dall’apposito

decreto legislativo 145/2007, possa difendere i propri interessi appellandosi alla

protezione offerta dal decreto legislativo 206/2005. Un’eventualità del genere non può

considerarsi remota dal momento che è lecito che un imprenditore, piuttosto che

ricorrere al giudice ordinario per far valere i propri diritti in base al codice di proprietà

industriale, d.lgs. 30/2005, o agli articoli 2598 -2601 del codice civile, preferisca, in

24 Ibidem, p. 76 25 Si vedano nello specifico, artt.27 del Codice del Consumo e 8 del decreto legislativo 2 agosto 2007 n.145.

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Capitolo I

22

termini di spesa e di rapidità, grazie all’ “apertura” lasciata dal succitato articolo 27 co.

2, l’iter previsto dall’Antitrust.

Questa suddivisione e questo tentativo di concedere piena autonomia alla

disciplina in esame, inoltre, per quanto non si voglia criticare in pieno l’impostazione

del legislatore, appare poco funzionale poiché sono difficilmente immaginabili tanti casi

in cui una lesione del comportamento economico del consumatore non danneggi, a sua

volta, un possibile concorrente. È complesso individuare, infatti, ipotesi in cui si possa

trovare applicazione solo una delle due normative e quindi l’effetto più immediato di

quella che può considerarsi come una sorta di idealizzazione legislativa, è il

concretizzarsi di un surplus di procedure e di possibili rimedi che scaturiscono dallo

stesso comportamento sleale.

Oltre alla succitata problematica relativa alla possibile dislocazione della

disciplina delle pratiche commerciali e dei rapporti concorrenziali in più ambiti

normativi, è utile capire anche come le scelte del legislatore, nell’applicare la direttiva

2005/29/Ce, abbiano influito in settori normativi affini e preesistenti alle modifiche che

si sono stabilite nel corso di questi ultimi due anni. Sono palesi, infatti, le interferenze

con la teoria del contratto e quelle con la responsabilità civile dal momento che, come si

analizzerà meglio nel paragrafo successivo, le pratiche commerciali mirano a tutelare

tutti i rapporti posti in essere “prima, durante e dopo26

” un’operazione commerciale

assimilando, di conseguenza, sotto la propria tutela qualsiasi trattativa fino

all’adempimento di tutte le clausole contrattuali. L’articolo 19 del d.lgs. 206/2005

permette di affermare, dunque, che non è necessario che un’operazione commerciale

giunga a compimento per poterla definire come una pratica commerciale scorretta, bensì

è sufficiente che questa stessa sia atta ad alterare o modificare, facendo leva su

escamotage ingannevoli, le capacità decisionali del consumatore medio,

pregiudicandone negativamente il comportamento economico. Quando il consumatore

stipula il contratto può solo ricorrere a rimedi di carattere invalidatorio che gli

consentano di svincolarsi da quanto sottoscritto e richiedere, ove ce ne sia la possibilità,

eventuali risarcimenti danni. Nell’ambito del codice civile e quindi non facendo

26 Art.19 del decreto legislativo 206/2005

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Capitolo I

23

riferimento per il momento alle pratiche commerciali sleali e al decreto legislativo

206/2005, si può ricorrere all’articolo 141827 che rende nullo un contratto qualora la

violazione del contratto stesso rifletta la trasgressione di una norma imperativa e

concretamente nel non rispetto di quanto previsto dall’articolo 1325 del codice civile

(l’accordo delle parti, causa, oggetto e la forma se prescritta dalla legge sotto pena di

nullità) o per l’assenza nell’oggetto delle indicazioni richieste dall’art. 1346 del codice

civile. Questa condizione porta a riflettere che un contratto, però, potrebbe essere

redatto senza alcun vizio di forma, ma rappresentare comunque una pratica commerciale

scorretta nei confronti del consumatore in base a quanto disposto dagli artt. 20 co.1, e

18, let d) ed e) del Codice del Consumo. L’introduzione nel corpus normativo italiano

della nozione di pratica commerciale scorretta fa sì che un presupposto di illiceità

contrattuale non è da rintracciarsi esclusivamente nelle parti sostanziali che

caratterizzano la formazione di un contratto bensì anche ad un fattore esterno alla

pattuizione stessa e cioè la volontà dell’acquirente il quale deve essere libero e

consapevole prima di accettare qualsiasi proposta.

Dopo aver esplicitato questo punto è molto chiaro individuare un’unione fra gli

articoli di recepimento della direttiva 2005/29/Ce e l’articolo 1427 del codice civile che,

sempre in tema di annullabilità di un contratto, recita: “il contraente, il cui consenso fu

dato per errore (1428 e seguenti), estorto con violenza (1434 e seguenti) o carpito con

dolo, può chiedere l'annullamento del contratto (1439 e seguenti) secondo le

disposizioni seguenti (122, 624).” La disciplina regolata dal decreto legislativo

206/2005, quindi, se analizzata sotto questi determinati aspetti, presenta molti punti di

analogia con la teoria del contratto e ciò porta a stabilire che, qualora il Codice del

consumo non dovesse coprire tutte le pratiche commerciali scorrette e non presentasse

soluzioni per dei casi specifici, il consumatore sarebbe ugualmente tutelato dalle norme

precedentemente previste nel codice civile e potrebbe appellarsi ad un vizio di volontà

per ottenere l’annullamento del contratto o parte di esso.

27 L’articolo 1418 del codice civile recita: “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'Art. 1325, l'illiceità della causa (1343), l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'Art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'Art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (190, 226, 458, 778 e seguente, 780 e seguente, 788, 794, 1261, 1344 e seguente, 1350, 1471, 1472, 1895, 1904, 1972)”.

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Capitolo I

24

Continuando la disamina che induce a porre l’attenzione sulle relazioni

intercorrenti fra la disciplina delle pratiche commerciali scorrette e le altre norme con

essa afferenti, è il caso di rilevare quali sono i meccanismi di tutela presenti nel codice

civile che si attivano allorquando un consumatore non abbia stipulato ancora un

contratto, ma si renda conto prima della sottoscrizione della presenza di un’attività

commerciale non lecita. La questione fondamentale risiede nel fatto che un consumatore

è in diritto di chiedere eventualmente un risarcimento per ogni pratica chiaramente

contraria alla buona fede pre-contrattuale, ma ovviamente, dal momento che non è stato

sottoscritto nulla, non può richiedere misure di carattere invalidatorio. Nel caso in cui la

slealtà di un’operazione commerciale si attui in una condizione non definibile come

“pre-contrattuale”, l’acquirente può far ricorso solo all’articolo generale della

responsabilità civile, extracontrattuale, l’art.2043, seppur in questo caso diventa

complesso stabilire con assoluta certezza un nesso di casualità forte tra un

comportamento economico errato di un individuo e un’eventuale trattativa non giunta

neanche ad un livello che può intendersi come attività precontrattuale.

In ultimo, è importante rilevare la scelta dal legislatore italiano di non avvalersi

di alcune opzioni e deleghe concesse nella direttiva sulle pratiche commerciali scorrette.

È rilevante, infatti, analizzare il rapporto che la nuova disciplina contenuta nel Codice

del Consumo avrebbe potuto intrattenere con i codici deontologici e con l’adozione da

parte delle associazioni di consumatori di codici di buona condotta, anche se il nostro

legislatore ha deciso di non usufruirne. La direttiva 2005/29/Ce autorizza gli Stati

membri a mantenere e/o a introdurre norme interne ed autonome28 accordando, di

riflesso, la creazione di un sistema normativo a “ragnatela29” e non piramidale che

avrebbe origine grazie alla commistione fra fonti pubbliche di produzione del diritto e

fonti private volte alla regolamentazione della stessa fattispecie. L’adozione di atti di

28 Art.3, § 8 della direttiva comunitaria 2005/29 afferma che: “la presente direttiva non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla normativa comunitaria, imporre a questi ultimi.”. 29 Cfr. F.Pinto, I codici deontologici e la direttiva 2005/29/Ce in Minervini – Rossi Carleo (a cura di), Le

pratiche commerciali sleali, cit, p. 220 ss.

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Capitolo I

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autoregolamentazione è stata auspicata in più occasioni dalla Comunità Europea30 e, al

considerando n.20 della succitata direttiva, la previsione dell’elaborazioni di norme di

buona condotta da parte delle associazioni dei consumatori è tesa a confutare qualsiasi

dubbio circa la potenziale parzialità dei codici deontologici proposti dalle imprese.

Secondo quando previsto a livello comunitario31, i presupposti per l’applicazione della

disciplina sulle pratiche commerciali scorrette inerenti ai codici deontologici sono tre:

l’emanazione di un codice deontologico stesso da parte di un’azienda, l’indicazione in

una attività commerciale da parte del professionista di essere vincolato al rispetto delle

norme autoimposte e che l’impegno assunto sia fermo e verificabile (si interpreta il

termine fermo come impegno irrevocabile, assunto verosimilmente in forma scritta).

Quanto previsto dalla direttiva comunitaria non è in alcun modo menzionato nel decreto

legislativo 146/200732 dal momento che si rileva solamente nell’art. 18 lett. f33 del

Codice del Consumo una definizione di codice di condotta, ma che ha una valenza del

tutto marginale rispetto all’intero corpus normativo che si sta attualmente analizzando.

La direttiva europea 2005/29/Ce, infine, lascia l’opportunità agli Stati membri di

introdurre o mantenere “limitazioni e divieti motivati e giustificati per tutelare la salute

e la sicurezza dei consumatori nel territorio in cui risiedono, quale che sia il luogo di

stabilimento dei professionisti”34, di inserire regole più severe nel settore che ha come

oggetto i servizi finanziari o i beni immobili e di vietare pratiche commerciali che

contrastano le regole di buon gusto o il decoro comunemente osservate dalla

popolazione residente in uno degli Stati membri. Il legislatore italiano, ancora una volta

e come già accaduto per i codici deontologici, non ha apportato modifiche alla direttiva

comunitaria e ha accettato tutto senza usufruire delle facoltà accordategli dalla

Comunità Europea.

30 Cfr. come esempio, nel art.27 della direttiva 95/46/Ce la Commissione incoraggia l’elaborazione di codici che possano contribuire alla corretta applicazione delle leggi nazionali in materia di trattamento dei dati personali. 31 L’articolo 2, comma 6, della direttiva 2005/29/Ce individua le condizioni per le quali una pratica commerciale può definirsi ingannevole in caso di violazione delle norme deontologiche. 32 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 84 e ss. 33 Art.18 let.f del d.lgs. 206/2005 introduce la definizione di codice di condotta stabilendo che può definirsi come codice di condotta “ un accordo o una normativa che non e' imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o piu' settori imprenditoriali specifici;”. 34 ibidem

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Capitolo I

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2. Il decreto legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo.

Nei paragrafi precedenti si sono illustrati ampiamente i principi guida che hanno

segnato la redazione della direttiva comunitaria 2005/29 e quali sono stati i criteri con i

quali il legislatore ha deciso di recepire la direttiva stessa nell’ordinamento italiano

mentre in questa sezione si analizzeranno in modo dettagliato gli articoli del decreto

legislativo 206/2005 inerenti alle pratiche commerciali sleali. Prima di iniziare tale

disamina, occorre aggiungere una piccola precisazione: il legislatore italiano ha optato

di utilizzare il termine “scorrette” in luogo di sleali per evitare qualsiasi confusione con

la materia della concorrenza sleale, regolamentata dagli artt. 2598 – 2601 del codice

civile. Nelle pagine seguenti si utilizzeranno entrambi i lemmi, considerati come

sinonimi.

2.1 Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e la nozione di diligenza

professionale.

Il capo del Codice del consumo, come modificato dal decreto legislativo

146/2007, propone nell’articolo 18 la definizione dei termini chiave e più ricorrenti

nell’ambito della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette in cui è inserita,

appunto, come già scritto in precedenza, la nozione di pratica commerciale stessa e

quali ambiti tutela e regola. La definizione di pratica commerciale scorretta presente

all’art.18 lett. d) ricalca quella contenuta nell’articolo 2 lett. d) della direttiva

comunitaria 29/2005, scelta senza dubbio coerente con la volontà del legislatore

comunitario di armonizzare la disciplina. L’ampiezza della normativa si evince

soprattutto sotto il profilo della natura giuridica della condotta vietata, “che può

consistere tanto in dichiarazioni quanto in comportamenti materiali, tanto in omissioni;

si apprezza poi sotto il profilo sostanziale, in quanto si richiede una semplice

“relazione” fra la condotta e la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai

consumatori35”. La portata della norma è estesa anche perché, come si rinviene

nell’articolo 18 lett.c, si intende per prodotto “qualsiasi bene, servizio, diritto e

obbligazione36”, offrendo, quindi, una definizione onnicomprensiva. L’operatività

35 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.97 e ss. 36 Art. 18, lett. c) del d.lgs. 206/2005.

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Capitolo I

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dell’art.18 lett. d) include tutte le forme di promozione, di commercializzazione dei

prodotti, sia vecchie che nuove, e ogni tipo di condotta che va dalla prima presa di

contatto fra i soggetti coinvolti in un’operazione commerciale fino alla conclusione

della stessa. Ricadono nella nozione di pratica commerciale, nello specifico, pertanto,

sia i veri e propri messaggi pubblicitari sia quelle attività che, pur appartenendo al genus

delle comunicazioni d’impresa, si tendono solitamente ad essere esclusi o distinti dal

battage vero e proprio come, ad esempio, le sponsorizzazioni o quelle comunicazioni

che hanno quale obiettivo primario quello di promuovere l’immagine e la reputazione

dell’inserzionista e incitare all’acquisto in maniera indiretta.

I rapporti precontrattuali o contrattuali instaurati tra imprenditori che agiscono,

durante la stipulazione, nel quadro della propria attività commerciale, industriale o

artigianale, invece, non possono essere tutelati da questa norma e come esempio si

possono riportare tutti quei contratti che hanno come oggetto quei beni strettamente

destinati all’esercizio di un’attività professionale realizzati da un fornitore per un altro

professionista.

Se è alquanto intuitivo escludere questo gruppo di attività dall’ambito di tutela

del d.lgs. 146/2007, dal momento che la definizione di pratica commerciale scorretta

non lascia adito a dubbi, merita una riflessione più accurata un secondo tipo di pratiche

in cui non si riscontra quel requisito di “diretta connessione” o “relazione”37 previsto sia

dalla direttiva 2005/29/Ce sia dall’articolo 18 del Codice del consumo. Il secondo tipo

di condotta sulla quale si può dibattere è quella in cui il collegamento fra la pratica

commerciale, la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori sia

realizzato attraverso un’intesa stipulata tra i professionisti stessi, come avviene nel caso

in cui gli imprenditori si accordino sui prezzi mediante l’utilizzo dei cartelli, in cui oltre

ad un danno concorrenziale sono evidenti gli effetti negativi sulle condizioni finali di

trattamento per il singolo acquirente. Si è deciso di ritenere anche queste pratiche

commerciali “mediate” al di fuori dall’applicazione del d.lgs. 206/2005 sia perché la

Comunità Europea non ammette l’ampliamento del raggio d’azione della direttiva (si

ricorda sempre come il legislatore europeo abbia assicurato un’imposizione più rigida

37 Si rimanda alla nota 15, ibidem

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Capitolo I

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con l’utilizzo dell’espressione “in diretta connessione”), sia perché la nozione di pratica

commerciale si interessa delle condotte attive o omissive che potrebbero condizionare la

scelta e il comportamento economico di un individuo, ma non si fa carico di quelle

azioni, estranee al proprio ambito di afferenza, che incidono sul contenuto del contratto.

Tra i concetti più rilevanti presenti nell’articolo 18 del d.lgs. 206/2005 è da

citare quello di “diligenza professionale” il quale, proprio a causa della vaghezza

definitoria con il quale è stato descritto dal legislatore, merita un ulteriore

approfondimento. L’articolo 18, lett. h, del d.lgs. 206/2005 propone la diligenza

professionale come “il normale grado della specifica competenza ed attenzione che

ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto

ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del

professionista;” Si palesa, anche in questo caso, una difficoltà interpretativa simile a

quella che si è già affrontata per l’art.39 del Codice del Consumo e l’art. 5 lett. a della

direttiva comunitaria 2005/29, dal momento che se buona fede e correttezza possono

essere considerati sinonimi e afferiscono ad un preciso obbligo di trasparenza e lealtà in

qualsiasi relazione fra persone al di là di ogni vincolo normativo, la diligenza, invece, si

muove nell’ottica di misurare l’impegno profuso da uno dei due contraenti per

soddisfare le esigenze di un altro soggetto sempre in relazione alle promesse effettuate e

alle aspettative minime che è lecito attendersi. Per quel che concerne, dunque, la buona

fede oggettiva e la correttezza è legittimo riferirsi a quanto previsto dall’art. 2 della

Costituzione in cui si “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà

politica, economica e sociale” poiché in tal modo si vincolano tutti gli attori di un

contratto ad agire onestamente non in virtù di clausole o penali, ma per un generale

dovere extracontrattuale di non danneggiare l’altrui interesse.

Nell’ambito del d.lgs. 146/2007, però, si offre una visione più estesa del

concetto di diligenza professionale in cui non solo si afferma la costatazione

dell’accuratezza con cui si adempiono gli obblighi assunti, bensì si inserisce in tale

definizione anche l’aspetto essenzialmente solidaristico che mira ad una protezione

giuridica totalizzante della controparte. Si è notato, inoltre, che la nozione di diligenza

professionale recepita nel Codice del consumo sia difficilmente inquadrabile in

relazione alla clausole relative alla concorrenza sleale, soprattutto quelle inerenti

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all’art.10 bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprietà industriale e dei

principi della correttezza professionale ex art. 2598 n.3 codice civile38. Si nega, inoltre,

che l’art.18, lett. h) del decreto legislativo 206/2005 possa fare riferimento a un concetto

di diligenza, prudenza e perizia la cui mancata adozione consente di qualificare come

colposa, in base all’art. 2043 del codice civile, la condotta del soggetto che danneggi un

altro individuo con le proprie azioni. La contrarietà alla diligenza professionale non va

mai ricollegata alla colpa come elemento soggettivo dell’illecito civile39, bensì è una

nozione che vanta la propria autonomia rispetto a quanto previsto dal codice civile e che

trova una sua particolare applicazione in merito alla disciplina delle pratiche

commerciali scorrette.

Il criterio della aspettativa di un comportamento ragionevole dell’imprenditore

da parte del consumatore introduce in questa definizione di diligenza professionale

un’ulteriore alea di incertezza che in sede di applicazione della normativa può dar luogo

ad interpretazioni ampiamente discrezionali.

La definizione di diligenza professionale così come introdotta nell’ordinamento

italiano dal nostro legislatore presenta alcune differenze con quanto proposto in sede

comunitaria dalla direttiva 2005/29 dal momento che l’art.2 lett. h) osserva la diligenza

professionale “rispetto a pratiche di mercato oneste e/o al principio generale della buona

fede nel settore di attività del professionista, il normale grado della speciale competenza

e attenzione che ragionevolmente si possono presumere essere esercitate da un

professionista nei confronti dei consumatori”. Si evince facilmente, mettendo a

confronto l’art.2 lett. h) e il succitato art. 18 lett. h) del Codice del Consumo, come le

differenze siano ingenti e palesi40. In primis, la competenza e l’impegno, che devono

essere posti in essere per dar origine ad una pratica commerciale lecita, non sono

misurati in base a ciò che è onesto attendersi da parte di un professionista secondo

l’ottica di un consumatore, così come espresso nell’ordinamento italiano, bensì si stima

quale sia il comportamento giusto di un professionista attenendosi al giudizio di un

38 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.327 39 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.150, nota 13. 40 Ibidem, p. 147

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“osservatore” terzo, neutro ed esterno non considerando il parere dell’acquirente al

quale è rivolta l’operazione commerciale stessa.

Oltre questo passaggio per nulla marginale, si nota come nel recepimento della

direttiva europea “il principio generale di buona fede” è stato sostituito dai “principi di

correttezza e buona fede” mentre non è più presente il riferimento ad un poco chiaro e

vago parametro relativo alle “pratiche di mercato oneste” citato, invece, dal legislatore

europeo. Non è chiaro se queste difformità siano il frutto di una scelta consapevole e

ben meditata, anche se è usuale che si attuino delle piccole modifiche negli ordinamenti

degli Stati membri dal momento che spesso la terminologia e le espressioni impiegate

dalla Comunità europea hanno una portata troppo ampia e presentano, per lo più, dei

vocaboli non rigidamente definiti e soggetti a discordi interpretazioni in relazione alle

diverse tradizioni giuridiche nazionali operanti nell’Unione. Nel caso dell’art.18 e delle

discrepanze con la direttiva europea è lecito chiedersi se, in un’ottica di armonizzazione

completa, le modifiche apportate dal nostro legislatore possano essere considerate in

netto contrasto con la norma comunitaria e se, in futuro, potrebbe essere intrapresa una

procedura di infrazione nei confronti dello Stato Italiano.

Se da un lato è pur vero che l’art. 18 del decreto legislativo 206/2005 contiene

solo una definizione generica rispetto alla quale non è improbabile che si accordino

margini di discrezionalità in vista di un’applicazione concreta in altri articoli più

rispondenti alla 2005/29, dall’altro il concetto di diligenza professionale rappresenta un

elemento costitutivo fondamentale della nozione di base delle pratiche commerciali

sleali e, dunque, la Corte di Giustizia europea potrebbe essere spinta ad analizzare tale

situazione e valutare la conformità della scelta italiana rispetto alla direttiva.

La nozione di diligenza professionale si rinviene anche nell’art.20 del decreto

legislativo 206/2005 e rappresenta uno dei due elementi fondamentali che inducono a

definire una pratica commerciale come scorretta. Questo articolo, seppur ha

un’applicazione residuale perché, come si vedrà in seguito, esistono delle “liste nere” di

pratiche commerciali comunque considerate ingannevoli o aggressive (artt 23 e 26 cod.

cons.) o fattispecie di azioni o omissioni riportate negli artt. 21 e 22 o aggressive in base

agli articoli 24 e 25, fa porre l’attenzione sulla questione della consapevolezza

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decisionale che deve caratterizzare l’approccio ad un’attività commerciale da parte di un

consumatore. Il campo di applicazione della pratica commerciale scorretta, in base

all’art.19 del Codice del Consumo, è definito su un preciso piano temporale: il prima, il

durante e il dopo la realizzazione di un’attività commerciale e ciò consente una

protezione che obbliga il mantenimento di una diligenza professionale e un’attenzione

al comportamento economico del consumatore costante e precisa.

Continuando l’analisi delle definizioni che si rinvengono nell’art.18 del decreto

legislativo 206/2005, infine, alla lett. e) del medesimo articolo del Codice si legge la

definizione di una particolare attività e che si estrinseca nel “falsare in misura rilevante

il comportamento economico dei consumatori41”. Questa stessa definizione, tuttavia,

non viene impiegata in alcuna norma dispositiva del Codice del consumo perché l’art.20

comma 2 e 3, nello stabilire un divieto alle pratiche commerciali scorrette, afferma

come elemento costitutivo della fattispecie l’idoneità a falsare in maniera apprezzabile

il comportamento economico dei consumatori.

Quanto riportato dall’art.20 del codice del consumo si pone in lieve disaccordo con la

direttiva comunitaria, mentre la formula espressa dall’art.18 è proprio quella voluta dal

legislatore europeo. Cercare di individuare i confini precisi imposti da queste due

espressioni, però, appare poco rilevante perché la rilevanza stessa dell’incidenza di un

comportamento economico deve essere posta in relazione con l’idoneità della pratica

commerciale ad alterare sensibilmente la consapevolezza dell’acquirente nel prendere

decisioni42. Come già avvenuto per altre definizioni dell’articolo 18, anche nel caso

della lettera e), alcune espressioni appaiono oscure e necessitano di ulteriori

approfondimenti, come, per esempio, la locuzione “decisione di natura commerciale43”,

espressione non molto felice e che è stata riportata nell’ordinamento italiano senza

un’interpretazione più consona, ma che saranno chiarite nell’approfondimento che

41 L’Art. 18 lett. e) del decreto legislativo 206/2005 nel proporre la definizione che spiega cosa si intenda con l’espressione falsare il comportamento economico dei consumatori afferma in modo quasi lapalissiano che si verifica tale situazione quando si impiega una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;” 42 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 325 43 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.155

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Capitolo I

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seguirà nel prossimo paragrafo che tratterà la figura del consumatore e le norme che

ruotano intorno ad essa.

2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a

falsare il comportamento economico del consumatore stesso.

Nell’ambito della direttiva comunitaria 2005/29 emergono due tipologie di

individui che devono essere tutelati dalle attività commerciali poste in essere dagli

imprenditori o dai professionisti: il consumatore, che costituisce una vera e propria

categoria e il consumatore medio, che diviene una sorta di parametro di riferimento per

individuare la scorrettezza di una pratica commerciale44. Per quel concerne la nozione

di consumatore non si rinvengono particolari difficoltà di definizione ed, infatti, sia

nell’ordinamento europeo che nei relativi ordinamenti degli Stati membri vige una

perfetta unanimità e si è concordi con il proporre la figura del consumatore come

“qualsiasi persona fisica che agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua

attività commerciale, industriale, artigianale, o professionale45”.

Il d.lgs. 146/2007 ha inserito nel Codice del consumo (art. 18, lett. a)) una

nuova definizione di consumatore e che è del tutto coerente con quanto riportato

nell’art.2 della direttiva comunitaria 2005/29 e che va ad affiancarsi a quelle già

presenti dal 2005 nell’articolo 3 del decreto legislativo 206/200546 in cui si

contestualizza tale nozione con le pratiche commerciali che sono oggetto della direttiva

stessa. Secondo quanto prescritto dall’art. 20 del Codice del consumo, si comprende che

sono essenzialmente due gli elementi su cui si basa l’individuazione di una pratica

commerciale scorretta e, nello specifico, la contrarietà alla diligenza professionale (di

cui si è ampiamente discusso nel paragrafo precedente) e l’idoneità a falsare il

comportamento economico degli acquirenti47. Questo secondo requisito deve essere

44 Cfr. A. Saccomani, Le nozioni di consumatore e di consumatore medio nella direttiva 2005/29/Ce in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, pag. 141. 45 Cfr. art.2, comma 1, lettera a) della direttiva 2005/29/Ce. 46 L’art. 3 let a) del decreto legislativo 206/2005 riporta nelle definizioni delle disposizioni generali la nozione di consumatore: “consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta;” 47 Si riporta l’art.20 del decreto legislativo 206/2005 poiché in questo stesso articolo si ratifica per la prima volta il divieto alle pratiche commerciali scorrette e si elencano i requisiti fondamentali, che si stanno or ora analizzando, per giudicare sleale una pratica: 1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate. 2. Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed e' falsa o

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Capitolo I

33

contestualizzato in base all’ordinamento italiano ed è importante comprendere secondo

quali criteri il nostro legislatore riesca a determinare un modus operandi uniforme e a

garantire un metro di giudizio quanto mai omogeneo per tutte le pratiche commerciali,

sebbene non esista uno standard oggettivo a cui poter far riferimento.

Affinché un’attività commerciale (già contraria alla diligenza professionale)

possa considerarsi scorretta è necessario che sia in grado di adulterare “sensibilmente”,

in base all’art.18, o “in maniera apprezzabile”, secondo quanto previsto dall’art.20, la

capacità di un consumatore a prendere una “decisione di natura commerciale”

consapevole e ad indurlo ad assumere decisioni che altrimenti non avrebbe mai preso. Il

divieto di pratiche commerciali scorrette è esteso ad ogni condotta che possa

comportare un travisamento nel processo decisionale del singolo acquirente. La

definizione di decisione di natura commerciale, infatti, in conformità con il dettato del

comma m) dell’art.18, riguarda ogni scelta presa da un consumatore legata a se

acquistare o meno un prodotto, quali condizioni accettare per l’acquisto stesso, quali

metodi di pagamento utilizzare (ad esempio, versamenti rateali o mediante la

corresponsione del debito in un’unica soluzione) e se rimanere in possesso del bene

oppure esercitare il diritto di recesso. Deriva da ciò, anche in linea con quanto stabilito

dall’art.19, che la formazione della volontà del consumatore deve essere vagliata dalla

fase antecedente la conclusione di un contratto alla sua effettiva attuazione,

comprendendo, ovviamente, le fasi di negoziazione e quelle di risoluzione di eventuali

patologie del rapporto48 ed anche il primo contatto fra il professionista e il proprio target

di riferimento, come avviene attraverso la pubblicità e le altre forme del marketing.

idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori. 3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo. E' fatta salva la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera. 4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b) aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26. 5. Gli articoli 23 e 26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette.” 48 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.325.

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Capitolo I

34

Una pratica commerciale che possa essere inserita nel novero delle attività

scorrette non deve cancellare completamente la capacità del consumatore a prendere

decisioni, bensì la norma pone un limite di liceità oltre il quale un imprenditore non può

spingersi oltre. È ovvio, infatti, che per commercializzare un bene o un servizio,

un’azienda ricorra ad opere di persuasione e di convincimento che stimolino l’interesse

verso i propri prodotti e che differenzino se stessa dai competitors, quindi sarebbe stato

poco coerente voler limitare qualsiasi tentativo di approccio che poteva mettere in

pratica un’impresa nei confronti del proprio target di riferimento. Il limite tollerato dal

legislatore italiano, dunque, è quello che comporta il permanere di una consistente

autonomia volitiva la quale si estrinseca attraverso il concetto di dolus bonus, parametro

che caratterizza la valutazione dei messaggi pubblicitari. Il dolus bonus consiste

nell’esaltazione “positiva” realizzata dall’operatore commerciale e che è autorizzato

anche dal comma 3, ultimo capoverso, dell’articolo 20 del decreto legislativo 206/2005

in cui si dichiarano legali quelle “dichiarazioni esagerate” o “non destinate ad essere

prese alla lettera”.

Per chiarire meglio questo concetto si può far riferimento anche all’articolo 2 del

Codice di autodisciplina pubblicitaria49, in cui si regolano i criteri che determinano la

decettività di una pubblicità. Tra le esimenti previste nell’articolo appena citato

l’iperbole pubblicitaria50 ricopre un ruolo fondamentale dal momento che l’evidente

inverosimiglianza, la rappresentazione di un risultato impossibile a raggiungersi, una

generica superiorità del prodotto, espressa al grado superlativo e riferita ad una base

totalizzante, sono sufficienti ad impedire che una comunicazione possa considerarsi

49 Art. 2 del Codice di autodisciplina pubblicitaria, ivi, p.117. 50 L’articolo 2 del codice di autodisciplina pubblicitaria, come si è analizzato, fa riferimento all’iperbole contrariamente a quanto previsto dell’art. 145/2007 in quanto questa norma non prende espressamente posizione sul problema dell’iperbole. Nonostante nell’art.2 del decreto legislativo 145/2007 non si menzioni questa particolare fattispecie, nell’ambito pratico si giunge alle medesime conclusioni del codice di autodisciplina pubblicitaria, ma ovviamente la censurabilità o meno dell’iperbole dipenderà dalla sua attitudine in concreto ad indurre in errore i destinatari del messaggio e, quindi andrà valutata con riferimento al target dello stesso. A testimonianza dell’applicazione pratica di questa particolare esimente anche in base al decreto legislativo succitato, è possibile riportare alcuni esempi di provvedimenti che hanno considerato non decettivi messaggi con queste specifiche caratteristiche: “utilizzabile anche da un bambino”, riferita ad un apparecchio per smontare i pneumatici (AG n. 13675, ivi 42/02), “sani con gusto”, riferita a biscotti a base di ingredienti naturali (AG n. 3014, ivi 18/95), “miracolosa, anzi miracolosissima” riferita all’acqua minerale San Benedetto (AG n. 4149, ivi 32-33) proprio perché è stato sottolineato il palese legame ironico fra quale tale qualifica e la denominazione dell’acqua. Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 239.

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Capitolo I

35

ingannevole per un consumatore e, di riflesso, contestualizzando questo dato

nell’ambito delle pratiche commerciali scorrette, indurre l’acquirente ad una valutazione

economica non corretta e l’assunzione di una decisione di natura commerciale errata.

Tornando di nuovo in modo più puntuale sulla nozione dell’articolo 20 del

Codice del consumo e alla definizione da esso proposta, appare incerto se la

predisposizione di una pratica ad indurre il consumatore ad assumere una decisione che

altrimenti non avrebbe mai preso possa considerarsi una condizione addizionale ed

integrativa rispetto all’idoneità di alterare sensibilmente la capacità di un acquirente a

compiere una scelta oppure se essa rappresenti un attributo rilevante per misurare

quanto sia stata adulterata la consapevolezza del soggetto a cui è rivolta l’attività

commerciale. Bisogna, infatti, stabilire se “la capacità del consumatore di prendere una

decisione consapevole potrebbe considerarsi alterata sensibilmente in quanto la pratica

risulti idonea ad assumere un ruolo (da un punto di vista causale) decisivo ad assumere

una certa determinazione negoziale51

”. Ha dato origine a questo dubbio interpretativo il

contenuto dell’art.18 lett. e), presente nel Codice del Consumo, in cui si sottolinea in

maniera molto risoluta come l’incapacità di compiere una scelta con la giusta

cognizione di causa induca pertanto52 all’assunzione di una determinata decisione di

natura commerciale. In questo modo, però, si spinge a svilire e a diminuire la portata

dell’avverbio “sensibilmente” che è stato voluto dal legislatore europeo proprio per

restringere l’ampiezza della norma 2005/29 solo a quelle pratiche commerciali sleali in

cui la condotta professionale di un imprenditore abbia una potenzialità pregiudizievole

rilevante, con il fine di evitare che rientrassero sotto la tutela di questa direttiva anche

delle fattispecie ininfluenti. Se ne deduce, dunque, che i due aspetti, sebbene siano

indubitabilmente legati, mantengano una certa autonomia e indipendenza.

Un’altra importante questione da affrontare riguarda un ennesimo dubbio

interpretativo suscitato dal diverso modo in cui la definizione presente alla lett. e)

dell’art. 2 della direttiva comunitaria 2005/29, relativa al “falsare in misura rilevante il

51 Cfr. De Cristofaro, op. cit, 52 Si rimanda alla nota 35 in cui è riportata integralmente la lettera e) dell’art.18 del decreto legislativo 206/2005.

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Capitolo I

36

comportamento economico dei consumatori”, sia stata recepita dai diversi Stati membri

dell’Unione e come si colloca la scelta italiana in tale contesto.

Le perplessità emergono nell’ambito di una dicotomia metodologica fondata

sull’impostazione di un criterio soggettivo/oggettivo indissolubilmente legato alla

difforme esegesi della condotta di un professionista nei confronti del consumatore. Il

dibattito si fonda, infatti, se sia sufficiente che una pratica sia oggettivamente lesiva

delle capacità discrezionali di un soggetto o se, per essere annoverata tra le attività

commerciali sleali, debba sussistere un elemento soggettivo, un’intenzionalità specifica

dell’imprenditore che persegua, dunque, l’obiettivo di cagionare una particolare

alterazione dell’altrui volontà. Hanno abbracciato la prima ipotesi e, dunque, quella

legata ad un approccio oggettivo, l’ordinamento italiano, quello francese e quello

portoghese, mentre sembra che siano stati propensi ad accettare un orientamento

soggettivo la Spagna, la Germania e la Gran Bretagna.

Assumere quest’ultimo punto di vista comporta una consistente riduzione delle

concrete possibilità di vedere applicata la nozione generale di pratica commerciale così

come previsto dall’art.5 della direttiva comunitaria 2005/29 e, di riflesso, dall’art.20,

comma 2 del Codice del consumo dal momento che richiedere il requisito soggettivo del

dolo assicura che verrebbero escluse dalla tutela tutte quelle pratiche che dovessero

risultare solamente “colpose”. Ciò determina una difficoltà anche a stabilire a chi

attribuire e come distribuire gli oneri probatori poiché, da un lato, potrebbero

intervenire i consumatori e le relative associazioni al fine di verificare l’intento doloso

del professionista, dall’altro potrebbe essere chiesto all’imprenditore di fornire prove a

suo favore con le quali dimostrare che non abbia mantenuto una determinata condotta

illecita consapevolmente e con lo scopo di indurre in errore il proprio consumatore. In

base a quanto analizzato fin’ora, risulta evidente che l’interpretazione italiana verso

un’oggettiva attitudine delle pratiche commerciali ad alterare l’autonomia decisionale

del consumatore sia la più consona e quella che garantisce una più efficace armonia

della disciplina.

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Capitolo I

37

2.2.1. Il consumatore medio come parametro di riferimento per nuove le norme del

Codice del Consumo.

La nozione di consumatore medio, così come la si ritrova nell’ambito del

decreto legislativo 206/2005, ha le sue origini, ovviamente, nella direttiva comunitaria

2005/29 e, con questa suddetta nozione, si mira a descrivere un determinato soggetto

che presenta la caratteristica di essere normalmente informato e ragionevolmente attento

e avveduto nel compiere acquisti. Fin dalla relazione illustrativa della proposta di

direttiva si è reso evidente un nuovo approccio dell’Unione europea in merito alla

questione relativa ai soggetti che devono essere tutelati da ogni forma illecita di attività

commerciale. La Commissione europea, infatti, contemplando due definizioni, una

generica per il “consumatore” ed un’altra per il “consumatore medio” ha subito imposto

come parametro di riferimento per tutte le pratiche commerciali scorrette, non il

modello del consumatore “debole e vulnerabile”53, bensì ha stabilito che si è assumesse

come modello di riferimento un individuo critico e consapevole, in linea con quanto

precedentemente descritto dalla Corte di Giustizia. Si è affermato, infatti, nella sentenza

della Corte di Giustizia europea del 16 luglio 1998 relativa alle normative comunitarie

concernenti i marchi d’impresa, la pubblicità ingannevole e comparativa e la

commercializzazione di peculiari e specifiche categorie di prodotti che “per stabilire se

una dicitura destinata a promuovere le vendite sia idonea a indurre in errore

l’acquirente, il giudice nazionale deve riferirsi all’aspettativa presunta connessa a tale

dicitura di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e

avveduto54”. Nell’ambito della stessa sentenza, inoltre, il giudice ha statuito che le corti

nazionali possono avvalersi di sondaggi, ricerche o statistiche al fine di valutare quanto

possa influire una condotta posta in essere dal professionista in base alla società dei

consumatori alla quale fa riferimento55.

53 Si intende per acquirente debole e vulnerabile quel soggetto sprovvisto delle conoscenze, delle competenze e delle informazioni indispensabili che possano garantirgli piena consapevolezza nel prendere le proprie decisioni e che è, inoltre, manchevole di razionalità e senso critico necessarie per assumere scelte ponderate e idonee. 54 Cfr. CGE, sentenza del 16 luglio 1998, C-210/96. 55 Cfr. A. Saccomani, op.cit, p. 148

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Capitolo I

38

Il Comitato economico europeo, però, esprime un parere negativo56 a riguardo

sia della sentenza che della proposta di direttiva presentata dalla Commissione57 poiché

è forte il timore che adoperare come criterio quello di consumatore medio potrebbe

lasciare non tutelati proprio i soggetti che, concretamente, ne hanno più bisogno: i meno

acculturati, i meno istruiti e i meno avvezzi alle pratiche commerciali. Il Parlamento

europeo, però, ha confermato lo stesso modello di consumatore medio proposto dalla

Corte di Giustizia, invitando solo a formulare meglio la definizione di questo parametro

suggerendo di completarla con la seguente perifrasi: “tenuto conto delle circostanze

sociali, culturali e linguistiche” al fine di rendere la stessa più flessibile e adattabile alle

peculiarità di diverse fattispecie.

Il canone del consumatore medio si è progressivamente perfezionato acquisendo

connotazioni difformi in base ai beni o ai prodotti e ai soggetti che, di volta in volta,

possono essere coinvolti in una transazione commerciale. Sebbene, appunto, solo con il

tempo si sia riuscito a migliorare tale concetto, nella redazione della direttiva

2005/29/Ce, il Consiglio ha preferito relegare la definizione di consumatore medio in un

apposito “considerando58” della normativa piuttosto che inserire tale definizione

56 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p, 162, nota 43 57 Nella relazione illustrativa della proposta di direttiva, infatti, la Commissione europea afferma che: “la direttiva prevede, come consumatore di riferimento, il consumatore medio nella nozione elaborata dalla Corte di Giustizia e non il consumatore vulnerabile e atipico. Questo criterio, che è un’espressione del principio di proporzionalità, si applica quando una pratica commerciale si rivolge a o raggiunge la maggior parte dei consumatori. Esso subisce un adattamento qualora una pratica commerciale si rivolga specificatamente a un determinato gruppo (ad. es. minori): in tal caso come consumatore di riferimento viene considerato un esponente medio di quel gruppo.”. Cfr. Commissione delle comunità europee, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio Relativa alle Pratiche Commerciali Sleali tra Imprese e Consumatori nel Mercato Interno, COM (2003) 356 def. 58 Il considerando 18, così come proposto nella versione definitiva della direttiva 2005/29/Ce, è il seguente: “È opportuno proteggere tutti i consumatori dalle pratiche commerciali sleali. Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto necessario, nel deliberare in cause relative alla pubblicità dopo l’entrata in vigore della direttiva 84/450/CEE, esaminare l’effetto su un virtuale consumatore tipico. Conformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia, ma contiene altresì disposizioni volte ad evitare lo sfruttamento dei consumatori che per le loro caratteristiche risultano particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. Ove una pratica commerciale sia specificatamente diretta ad un determinato gruppo di consumatori, come ad esempio i bambini, è auspicabile che l’impatto della pratica commerciale venga valutato nell’ottica del membro medio di quel gruppo. È quindi opportuno includere nell’elenco di pratiche considerate in ogni caso sleali una disposizione che, senza imporre uno specifico divieto alla pubblicità destinata ai bambini, tuteli questi ultimi da esortazioni dirette all’acquisto. La nozione di consumatore medio non è statistica. Gli organi

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Capitolo I

39

nell’art. 2, insieme a tutte le altre definizioni nell’ambito delle disposizioni generali. Il

legislatore italiano, in linea con la maggior parte dei legislatori nazionali dei Paesi Ue

che hanno già recepito la direttiva nei loro ordinamenti, ha evitato di proporre nel

decreto legislativo 145/2007 un articolo recante la spiegazione di consumatore medio né

ha inglobato, in nessun altro modo, il considerando n.18. Si deduce da ciò che i

lineamenti del consumatore medio e l’interpretazione che si deve attribuire a questa

figura emergono principalmente dall’esame delle sentenze pregiudiziali della Corte di

Giustizia, sebbene, è da precisare, che queste vengano contestualizzate nelle società in

cui devono essere calate. Come riportato nel “considerando” 18, infatti, “la nozione di

consumatore non è statica” e di conseguenza le autorità nazionali devono esercitare la

propria facoltà di giudizio per determinare la reazione tipica del consumatore in ogni

specifica fattispecie. Ogni acquirente, infatti, forma un proprio giudizio e si crea

opinioni difformi in base alla presentazione, alla natura, alla diffusione del prodotto e un

ruolo fondamentale è svolto anche dal luogo di vendita e/o di fornitura. I fattori culturali

pertinenti di ogni individuo non possono essere tralasciati e quindi è d’obbligo che la

nozione di consumatore non sia la stessa in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.

Volendo riportare un semplice esempio, infatti, l’utilizzo di parole straniere da parte di

un operatore professionale, in occasione di iniziative commerciali rivolte ai

consumatori, potrebbe dare luogo a risultati disuguali in relazione al paese della

Comunità Europea considerato: in alcuni luoghi l’utilizzo di una particolare

terminologia potrebbe essere considerata decettiva e far ricadere il messaggio

pubblicitario o la presentazione stessa del prodotto nel novero delle pratiche

commerciali sleali, mentre in altri non sarebbe possibile rilevare alcun aspetto o profilo

di illegittimità. Il legislatore comunitario, in ogni caso, prescrive preganti obblighi di

informazione a carico degli operatori professionali per promuovere la libera

concorrenza nel mercato interno e tutelando ogni individuo che in esso opera.

Fino a quando non si consolidi la nozione di consumatore medio nei vari

ordinamenti è sempre incerto stabilire quali margini di discrezionalità abbiano i

Tribunali nazionali nel prendere decisioni in merito ai soggetti destinatari di una pratica

giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella fattispecie”.

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Capitolo I

40

commerciale sleale e quanto possa considerarsi “elastica” tale definizione in sede

applicativa e nel discernimento delle singole attività59. Quand’anche si volesse

riconoscere alle affermazioni contenute nel “considerando” 18 un valore vincolante,

simile a quello che avrebbe rivestito un articolo inserito appositamente nel Codice del

Consumo, non si potrebbe ritenere del tutto risolta la questione relativa ad un chiara

determinazione del contenuto di tale nozione, a causa del lessico vago e della portata

ampia di alcuni lemmi contenuti nella direttiva stessa. Volendo, infatti, analizzare più

dettagliatamente i termini inseriti nel “considerando” 18, si rinvengono avverbi quali

“normalmente” e “ragionevolmente”, la cui concretizzazione richiede ineluttabilmente il

ricorso a valutazioni di natura discrezionale ed, inoltre, si è già avuto modo di costare

come la nozione di consumatore medio sia diversamente declinabile a seconda della

pratica commerciale scorretta alla quale è riferita. L’art. 20, comma 260, del decreto

legislativo 206/2005 indica, per l’appunto, due modelli ideali di consumatore medio per

una pratica commerciale61: quello individuabile come consumatore medio in un target

ampio ed anche disomogeneo, raggiungibile attraverso l’utilizzo di una comunicazione

che tende, per la sua penetrazione e diffusione, a rivolgersi ad un numero indistinto di

soggetti e quello identificabile in un “determinato gruppo di consumatori”, in una

cerchia più ristretta e con precipue caratteristiche e peculiarità. La distinzione non è da

considerarsi per nulla trascurabile dal momento che è lecito aspettarsi e richiedere un

grado di maggior competenza e consapevolezza a quei gruppi di acquirenti che hanno

già intrattenuto un rapporto con un determinato professionista e che, proprio a seguito

del rapporto instaurato con l’imprenditore (si pensi, ad esempio, agli utenti dei servizi di

telefonia, internet o abbonati ad utenze televisive), siano in possesso di maggiori

informazioni rispetto a persone che non si sono mai avvicinate ad una pratica

commerciale similare. Solo in virtù di tali analisi si potrà stabilire quale livello

qualitativo e quantitativo di informazioni possa reputarsi consono a soddisfare quei

requisiti di “normalità” e “ragionevolezza” previsti dal “considerando” n. 18 della

direttiva comunitaria 2005/29.

59 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 166 60 Si rimanda alla nota 42 per una lettura completa dell’articolo 20 del Codice del Consumo. 61 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.328.

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Capitolo I

41

Al fine di garantire una protezione completa, onde evitare che si concretizzino i

timori palesati dal Comitato economico circa un “vuoto” di tutela nei confronti delle

persone meno esperte e più necessitanti di un particolare riguardo, il comma 3 dell’art.

20 del Codice del consumo prevede una piccola deroga al parametro di consumatore

medio, introducendo un criterio di maggior rigore nel giudizio di correttezza di pratica

commerciale. In tale comma, infatti, si sono volute regolare tutte quelle pratiche

commerciali che, rivolte comunque ad un gruppo indistinto di consumatori, siano atte a

falsare il comportamento economico e le decisioni di natura commerciale di persone

particolarmente vulnerabili “a motivo della loro infermità mentale, o fisica, della loro

età o ingenuità62”. Il parametro di riferimento per valutare la correttezza, quando si

prendono in considerazione delle attività ascrivibili a questa tipologia, diventa il

membro medio di questo gruppo di consumatori vulnerabili. Questo gruppo, però, deve

essere individuabile e raggiungibile dalla pratica, sebbene non è necessario che questa

stessa sia ad esso espressamente diretta dal momento che il comma 2 dell’art. 20

disciplina già questa eventualità. Il comma 2 appena citato, infatti, impone di

considerare sempre il membro medio del gruppo cui la pratica commerciale viene

indirizzata e, di conseguenza, qualora i destinatari dell’attività commerciale dovessero

far parte di una sorta di “categoria protetta”, verrebbe applicato il giusto metro di

giudizio senza ricorrere a quanto predisposto dal comma 3. La vera portata del comma

3 trova la sua valenza, dunque, proprio nel fatto che nonostante la pratica sia rivolta alla

generalità del mercato, si può applicare la nozione di consumatore vulnerabile quando il

professionista può “ragionevolmente prevedere” che la sua condotta influenzi soggetti

più deboli e posti al di sotto della soglia normalmente intesa prevista per quella

determinata fattispecie. L’onere di dimostrare che il professionista, applicando la giusta

forma di diligenza professionale, avrebbe potuto prevedere di intercettare anche

segmenti più vulnerabili del mercato, attraverso la propria attività commerciale, è a

carico di coloro i quali intendono denunciare una pratica come scorretta, in base ai

criteri stabiliti dal Codice del consumo. Si presenta anche in questo caso una difficoltà

definitoria non irrilevante e in cui la discrezionalità nel prendere decisioni è senza

dubbio predominante.

62 Art. 20, comma 3, del decreto legislativo 206/2005.

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Capitolo I

42

La nozione di consumatore medio e la sua collocazione nel Codice del consumo,

per concludere, non trova molti consensi, infatti, si considera “nella sua assolutezza

inadeguata sia rispetto alla multiforme realtà delle pratiche commerciali, sia rispetto alla

possibile varietà dei contesti nell’ambito dei quali potrebbe rendersi necessario valutare

la correttezza di una pratica commerciale63”.

63 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.170.

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Capitolo II

43

Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali

aggressive

Sommario: 1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. – 1.1. Le attività commerciali decettive: il

primo comma dell’art.21 sulle “azioni ingannevoli”. – 1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice

del consumo. – 1.1.2. Il comma 2 dell’art. 21. - 1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del

consumatore. – 1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza dei bambini e degli adolescenti. - 1.2. Articolo 22 del

Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il primo comma. - 1.2.1 Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e

occultamento. - 1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di valutazione della condotta

omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie. - 1.3. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la black

list dell’articolo 23 del Codice del consumo. – 1.3.1 L’inganno relativo a marchi e codici di condotta. – 1.3.2.

L’inganno sulla natura del prodotto. -1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita. - 1.3.4. L’inganno relativo

alla figura del venditore. – 1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica. - 2. Le pratiche commerciali

aggressive. - 2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione dell’aggressività di una pratica

commerciale. – 2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste. – 2.1.2. Le fattispecie dell’articolo

25: la coercizione. – 2.1.3. Le fattispecie dell’articolo 25: l’indebito condizionamento. – 2.2. L’allegato I della

direttiva comunitaria 2005/29 e la seconda black list del Codice del consumo. – 2.3. Analisi delle pratiche sempre

aggressive. – 2.3.1. Le pratiche minatorie – 2.3.2. Le pratiche petulanti – 2.3.3. – Le pratiche defatiganti.

*******

1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive

Dopo aver analizzato nel capitolo precedente le linee guida che hanno mosso la

redazione della direttiva 2005/29/Ce e il relativo recepimento di tali norme

nell’ordinamento italiano, in questa sezione si prenderanno in esame gli articoli 21-26

del Codice del Consumo nei quali si disciplinano in modo puntuale le pratiche

commerciali che possono essere considerate scorrette perché ingannevoli o aggressive.

1.1 Le attività commerciali decettive: il primo comma dell’art. 21 sulle “azioni

ingannevoli”

L’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 introduce la definizione di “azioni

ingannevoli” che rappresentano una delle due sottocategorie (l’altra sono le omissioni

ingannevoli) in cui si suddividono le pratiche commerciali decettive. In questo primo

articolo preso in esame sono citate tutte quelle attività commerciali scorrette che per

sostanziarsi richiedono un comportamento proattivo da parte del professionista o

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Capitolo II

44

dell’imprenditore coinvolto nella pratica stessa. La distinzione fra azioni e omissioni1

ingannevoli, comunque, non presenta particolari conseguenze in termini di applicazione

concreta delle norme poiché si statuiscono gli stessi provvedimenti e le stesse sanzioni

sia in un caso che nell’altro.

L’articolo 21, al principio del comma 1, nello specifico, afferma che: “ è

considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non

rispondenti al vero o, seppur di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua

presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore

medio… e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di

natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso2”. Questo incipit del primo

comma della norma appena citata costituisce la trasposizione letterale3 del primo

comma dell’articolo 64 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce. In buona sostanza,

dunque, si deduce che la trasmissione di notizie menzognere rappresenta una pratica

illecita a prescindere “dal suo inquadramento nell’area del dolo causam dans o del dolo

incidente e dall’estremo dell’animus nocendi5” dal momento che è chiaro l’obiettivo del

legislatore transfrontaliero e, di riflesso, di quello italiano, di proteggere il consumatore

da ogni tipo di pratica commerciale disonesta in quanto tale, indipendentemente dalla

sua afferenza a qualsiasi categoria di dolo elaborata dalla giurisprudenza.

La direttiva 2005/29/Ce, come si evince dall’articolo 6, contempla anche

l’ipotesi di eventuali comportamenti scorretti scaturiti da un “abuso di veridicità”

(l’informazione, infatti, può essere di per sé corretta, ma comunque fuorviante), o da un

cosiddetto sovradosaggio informativo. Un’opulenza informativa diviene, in pratica,

1 Si accenna in questa sede la definizione di “omissione ingannevole” sebbene si riserva la possibilità di approfondire, nel corso di tale capitolo, suddetta nozione. Per omissione ingannevole si intende qualsiasi inadempimento o inosservanza delle ragionevoli norme di comportamento (es. non si forniscono idonee e rilevanti informazioni durante le campagne promozionali), poste in essere da un professionista nello svolgimento di un’attività commerciale, tali che possono essere lesi gli interessi del consumatore, impedendogli di prendere una decisione consapevole. 2 Art. 21, comma 1, del decreto legislativo 206/2005. 3 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.330 4 L’articolo 6 della direttiva comunitaria 2005/29, infatti, recita: “È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.” 5 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 211.

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Capitolo II

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ingestibile e corre il rischio di indebolire, in un flusso indistinto di comunicazioni,

l’attività critica di ogni individuo. Per chiarire ulteriormente tale concetto, infatti, in

linea con quanto afferma anche Tomàs Maldonado nella Critica della ragione

informatica6, la ridondanza, oltre una determinata soglia critica, porta alla noia

percettiva. Quando i messaggi sono troppi o scarsamente differenziati, per usare la

terminologia del “gestaltismo”, non vengono percepiti come figure contrapposte a un

fondo, bensì tutto diventa fondo, rumore di fondo, generando confusione e portando il

consumatore a non possedere i giusti mezzi per prendere decisioni commerciali oculate.

Sintetizzando il tutto, si individua l’esistenza di due determinate fattispecie

legate al profilo informativo di una comunicazione pubblicitaria o di una pratica

commerciale scorretta in generale, che nello specifico sono, la presentazione e

diffusione di dati inequivocabilmente falsi e una seconda in cui le informazioni stesse,

pur veritiere, sono proposte in maniera distorta7. Entrambe le fattispecie pongono come

metro di riferimento per misurare la propria decettività, l’alterazione della capacità del

consumatore, in relazione alla determinata attività che in quel momento è in atto, di

prendere decisioni e proprio in base a ciò risulta immediatamente molto evidente come

sia più difficile determinare e identificare come illecite pratiche appartenenti alla

seconda fattispecie piuttosto che alla prima. Quando, a titolo esemplificativo, il prodotto

non corrisponde alle descrizioni fornite o il prezzo e la modalità di determinazione dello

stesso risultano scorrette è facile interpretare un nesso di causalità decisamente forte fra

una scelta commerciale operata da un’acquirente, la propria insoddisfazione e i motivi

che hanno indotto l’individuo a prendere una decisione errata. La norma, inoltre, non si

focalizza su una determinata condotta vietata, ma secondo il modello dell’illecito a

forma libera, solo sul suo effetto8, ossia quello decettivo che, dunque, può estrinsecarsi

in qualsiasi maniera: attraverso il contenuto del messaggio, la modalità espositiva, gli

effetti sonori e visivi o le eventuali omissioni. L’unico elemento che si puntualizza

nell’incipit del comma 1 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 è, invece, la

6 Cfr. L. Bifulco, G. Vitiello, Sociologi della comunicazione, un’antologia di studi sui media, Ipermedium libri, Napoli, 2004 p.186 7 Come esempio, infatti, si è appena rilevato il caso, di come una sovrabbondanza divulgativa porti al risultato di una cattiva informazione. 8 Cfr. I. Principe, Pratiche ingannevoli e pubblicità ingannevole, in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, p. 184.

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Capitolo II

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presentazione complessiva del messaggio che va dunque analizzato nella sua interezza,

senza estrapolarne singole parti, e nell’ambito del contesto in cui si inserisce.

L’impostazione che è stata determinata per l’articolo 21 del Codice del Consumo

rispecchia in pieno il dettato di armonizzazione della disciplina sulle pratiche

commerciali sleali voluto dal legislatore europeo, dal momento che, grazie

all’elencazione e l’enumerazione proposta in tale articolo di ogni condotta idonea a

distorcere la corretta formazione del consenso maturato dal consumatore, si è stati in

grado di ridurre la discrezionalità dei parlamenti e giudici nazionali9. I legislatori

nazionali, infatti, non sono legittimati a discostarsi arbitrariamente dal livello di tutela

introdotto da questa norma, né in peius, né in melius. La struttura dell’articolo 21 può

considerarsi l’attuazione pratica di quanto stabilito nei “considerando” n.12 e n.1310

della direttiva comunitaria 2005/29 in cui si propone di sostituire le “clausole generali”

con “nozioni giuridiche chiaramente definite” al fine di perseguire un “notevole

rafforzamento della certezza del diritto”. Si è dato vita in questo modo, però, ad un

sistema articolato che è riuscito a tutelare e favorire non solo i consumatori, ma anche

gli imprenditori e i professionisti che operano nel settore. Il consumatore può godere di

una protezione molto ampia grazie alla richiesta di oneri probatori davvero irrisori,

mentre gli operatori commerciali possono avere una visione davvero più chiara circa le

pratiche commerciali che possono attuare dal momento che, in base alle disposizioni

predisposte nel comma che si sta esaminando, sono indubbie le prassi commerciali da

considerarsi lecite e quelle invece che verrebbero sanzionate. Le ipotesi individuate da i

punti a) ad g), infatti, sembra siano da ritenersi tassative11 e che quindi l’inganno

relativo ad altri possibili elementi non oggetto di previsione specifica, da parte di questa

o di altre norme in materia di pratiche commerciali scorrette, sia destinato a rimanere

irrilevante12.

9 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.218. 10 Considerando n. 12 e n.13 della direttiva comunitaria 2005/29. 11 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.330. 12 Considerata l’ampia elencazione presente nell’art. 21 del decreto legislativo 206/2005 appare difficile ipotizzare casi di ingannevolezza che esulino dall’ambito di applicazione della norma e che non rientrino, per altro verso, nell’ambito di applicazione delle altre disposizioni in materia di pratica commerciali ingannevoli.

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Capitolo II

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Prima di procedere all’analisi del primo e corposo elenco contenuto nel comma

1 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 e alla relativa minuziosa descrizione

delle attività commerciali da considerarsi ingannevoli, è bene sottolineare un ultimo

elemento definitorio presente in tale nozione e che ha validità per ogni singolo punto

presente nell’articolo preso in esame. L’intera norma si basa su un criterio di mera

potenzialità a ledere la capacità decisionale dell’acquirente e quindi si deduce che,

affinché una pratica venga compresa nel novero di quelle decettive, non è necessario

che il consumatore cada in errore ed effettui una compera sbagliata, ma è sufficiente che

si dimostri la semplice eventualità che questo possa avvenire. Il metro di riferimento

che si utilizza per individuare se un’attività commerciale realmente contiene delle

informazioni (false o anche veritiere, ma distorte, come si è analizzato

precedentemente) che siano in grado di alterare in modo pregiudizievole l’idoneità ad

assumere decisioni corrette è sempre il consumatore medio, figura che si è ampiamente

esaminata nel capitolo precedente.

1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice del consumo

Volendo cominciare ad osservare l’elenco presente nel comma 1 dell’art. 2113

del Codice del consumo si rinviene come, ai sensi della lett. a) di tale comma, si

afferma che è ingannevole l’informazione falsa o fallace quando questa riguarda

l’esistenza o la natura del bene o del servizio offerto e rappresenta l’ipotesi di condotta

13 Si riporta l’elenco presente nel primo comma dell’art. 21 del decreto legislativo 206/2005 per offrire una visione d’insieme che può favorire la comprensione dell’impostazione voluta dal legislatore europeo. L’elenco è il seguente: a) l'esistenza o la natura del prodotto; b)le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità' allo scopo, gli usi, la quantità', la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto; c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il patrimonio, le capacità lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti; g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'articolo 130 del presente Codice.

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Capitolo II

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sleale più importante tra quelle presenti nel corpus dell’articolo poiché mentire o non

fornire corrette comunicazioni su quello che rappresenta l’elemento centrale per la

buona riuscita di una pratica commerciale è indice di una preordinata volontà di

compromettere la capacità decisionale del consumatore che vanta normale avvedutezza.

La lett. b) si orienta nella medesima direzione della lettera precedente perché in

questo caso sottolinea l’importanza di una correttezza informativa circa le caratteristiche

principali del prodotto: “la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la

composizione, gli accessori, l’assistenza post- vendita al consumatore e il trattamento

dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna,

l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o

commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le

caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati”.

La lettera c), al contrario, non presenta un’omogeneità al suo interno, anzi sono

rinvenibili elementi tra loro alquanto eterogenei14: il contenuto e l’estensione degli

obblighi assunti dal professionista, i processi di vendita e qualsiasi dichiarazione volta

alla captatio benevolentiae operata dall’imprenditore nei confronti del proprio target di

riferimento. Un esempio di condotta decettiva ascrivibile a quanto disciplinato da tale

comma può essere rappresentato dal propagandare un servizio affermando che i

proventi, in tutto o in parte, andranno in beneficenza (espediente che indubbiamente

influisce sulla sensibilità del consumatore comune al punto da catturarne l’attenzione e

spingerlo ad esprimere il proprio consenso verso l’acquisto) quando questo, poi, non si

rivela vero.

La lettera d) riporta, invece, le norme che disciplinano il prezzo o il modo in cui

questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico beneficio relativo al corrispettivo

versato dall’acquirente. Questo comma regola tutte le pratiche che suggestionano i

consumatori, soprattutto quelli più vulnerabili, invitando a moltiplicare l’acquisto

basando tale richiesta sulla falsa aspettativa di poter usufruire di vantaggi futuri

mediante l’utilizzo di buoni sconto decettivi, premi fedeltà e altre promozioni similari

allo stesso tempo fallaci. Occorre tutelare l’acquirente da queste forme di raggiro che

14 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.220.

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Capitolo II

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mirano a mimetizzare una pratica svantaggiosa attraverso la proposizione di false

condizioni di offerta.

La e), invece, opera in piena coerenza con quanto stabilito dall’art. 19 del

Codice del consumo circa il lasso temporale cui deve ritenersi valida la tutela e precisa

che le informazioni corrette devono riguardare anche tutto il settore della post vendita,

dalla necessità di una manutenzione del prodotto, delle successive ed eventuali

riparazioni o sostituzioni della merce. Volendo riportare anche per questo caso un

esempio che possa esplicitare quanto la norma mira a tutelare, si può riportare l’ipotesi

dei contratti di garanzia che possono essere proposti in modo da sedurre e attirare il

pubblico quando, invece, non prevedono nient’altro di più di ciò che è già previsto per

legge. I contratti di garanzia, a dire il vero, sono disciplinati anche in base all’art. 133

del Codice stesso15.

La lettera f) disciplina tutte le notizie che possono essere diffuse in merito alla

natura, alla qualificazione e i diritti del professionista o del suo ausiliario, quali

l’identità, il patrimonio, i titoli di abilitazione professionale, il suo stato giuridico, gli

indici di gradimento, i vincoli d’affiliazione e simili, i diritti di proprietà industriale,

commerciale o intellettuale nonché i premi e le onorificenze.

L’ultima lettera, la g), rimanda all’articolo 130 del medesimo decreto legislativo

206/2005 in cui sono comprese le norme sui diritti del consumatore come quelli di

sostituzione o di rimborso dei beni acquistati al fine di tutelare gli individui, come

sempre, durante l’intero processo dell’attività commerciale.

15 L’articolo 133 del decreto legislativo 206/2005 recita che: “1. La garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità. 2. La garanzia deve, a cura di chi la offre, almeno indicare: a) la specificazione che il consumatore e' titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti; b) in modo chiaro e comprensibile l'oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l'estensione territoriale della garanzia, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre. 3. A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile. 4. La garanzia deve essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue. 5. Una garanzia non rispondente ai requisiti di cui ai commi 2, 3 e 4, rimane comunque valida e il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l'applicazione.”

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1.1.2. Il comma 2 dell’articolo 21

Il comma 216 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005, come già si è

avuto modo di analizzare per il comma 1, è la trasposizione se non proprio letterale, ma

quanto mai fedele di quanto previsto dall’art. 6 della direttiva comunitaria 2005/29. Il

legislatore italiano, proprio all’interno di questo comma, ha voluto inserire delle regole

inerenti alle ipotesi di concorrenza confusoria e di violazione dei codici di condotta che,

pur interessando in maniera più netta i professionisti, coinvolgono di riflesso anche i

consumatori stessi. L’obiettivo che si è prefisso il legislatore, infatti, è quello di

consentire una protezione nei confronti del consumatore ancora più consistente,

tutelando i soggetti da quegli illeciti tipici della concorrenza sleale e da quelle

fattispecie che si rinvengono anche nell’articolo 2598 n.1 del codice civile. A differenza

di quanto riportato nel codice civile in cui cade nell’illecito di concorrenza sleale

chiunque “usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i

segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un

concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i

prodotti e con l’attività di un concorrente17”, affinché un consumatore possa appellarsi

al contenuto dell’articolo 21 del Codice del consumo è necessario che si dimostri che

tale pratica confusoria è idonea ad indurlo ad assumere decisioni che altrimenti non

avrebbe mai preso. Nella lettera a) dell’elenco proposto da questo secondo comma, si

riporta la dicitura “qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto” e che

rappresenta un tentativo di italianizzazione della formula “attività di marketing del

prodotto” contenuta nell’articolo 6 co. 2 lett. a) della direttiva comunitaria 2005/29 da

cui trae, appunto, attuazione il decreto legislativo 146/2007. Questa perifrasi scelta dal 16 Si riporta, anche in questo caso, interamente il contenuto del coma 2 dell’art.21 del decreto legislativo 206/2005 dal momento che si ritiene opportuno, per una completa comprensione di quanto si sta analizzando, prendere visione della norma oggetto di studio così come è riportata all’interno del Codice del Consumo. Il comma 2, dunque, recita che: “è' altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o e' idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti: a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti,

i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita;

b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si e' impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che e' vincolato dal codice.

17 Articolo 2598 n.1 del codice civile.

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legislatore italiano, però, non la si considera esaustiva, anzi eccessivamente riduttiva

poiché è atta a riferirsi alla sola vendita del prodotto e non contempla, in questo modo,

quel complesso di attività che precedono, accompagnano e seguono la vendita18. Si

cerca, comunque, di supplire all’infelice traduzione proposta nel nostro ordinamento,

grazie al ricorso ad altri articoli presenti nel Codice del consumo, ma soprattutto, perché

è d’uopo tenere sempre come punto di riferimento il testo originario della direttiva

comunitaria.

La seconda parte della lettera a) prende, invece, in considerazione, come attività

relativa alla commercializzazione del prodotto suscettibile di ingenerare confusione coi

prodotti e i segni distintivi di un concorrente, la pubblicità comparativa illecita che,

almeno, in questa sede non viene chiarita né si menziona ulteriormente. Seppure non sia

citato, appare chiaro, in tema proprio di pubblicità comparativa il riferimento alla lettera

d) dell’art. 4 del decreto legislativo 145/2007 dal momento che questa è l’unica

fattispecie in cui si prevedono atti confusori coerenti con la portata della disciplina

dell’articolo 21 del Codice del consumo. La lettera d) dell’appena citato articolo 4 del

d.lgs. 145/2007, infatti afferma che, affinché si possa ritenere lecita una pubblicità

comparativa, questa stessa “non debba ingenerare confusione sul mercato fra l’operatore

pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni

distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente19.

La lettera b), invece, del comma 2 dell’articolo 21 disciplina la scorrettezza della

pratica commerciale allorquando questa si sostanzia con una violazione da parte

dell’imprenditore coinvolto nell’attività del codice di condotta che questi stesso si era

impegnato a seguire e a rispettare. Questo punto dell’articolo 21, dunque, va ricollegato

alla volontà del legislatore europeo di valorizzare i codici volontari di condotta in base a

quanto già stabilito dalla direttiva comunitaria 2005/29 prima nel “considerando” n. 20

e poi concretizzato nell’articolo 10 della norma stessa20 in cui, in un certo qual modo, si

18 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.331. 19 Art. 4 lett. d) del decreto legislativo 145/2007 20 L’articolo 10 della direttiva comunitaria 2005/29 recita che: “La presente direttiva non esclude il controllo, che gli Stati membri possono incoraggiare, delle pratiche commerciali sleali esercitato dai responsabili dei codici né esclude che le persone o le organizzazioni di cui all’articolo 11 possano ricorrere a tali organismi qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi, oltre a quelli giudiziari o

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Capitolo II

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invitano gli Stati membri a incoraggiare l’operatività di questi sistemi di

autodisciplina21. Esistono, però, dei criteri specifici (già citati, tra l’altro, nel capitolo

precedente quando si è analizzato in modo generico, il recepimento della direttiva

comunitaria in Italia) che determinano l’assunzione di una specifica attività

commerciale nell’elenco di quelle sleali e dunque illecite. Una pratica, dunque, può dirsi

ingannevole quando, oltre alla violazione di un codice di condotta, si può stabilire che

l’impegno promesso dal professionista prima di intraprendere la suddetta pratica poteva

considerarsi giuridicamente rilevante (non basta, ad esempio, una semplice

dichiarazione d’intenti), che ciò sia, inoltre, verificabile e che l’imprenditore abbia

dichiarato in quella medesima attività commerciale di essere vincolato al codice di

condotta in questione. A questo proposito si pone il quesito su quale organo sia deputato

in primis ad agire in caso di mancato rispetto delle norme di un codice di condotta: se

esclusivamente dagli organi a ciò preposti del relativo ordinamento autodisciplinare e

se, dunque, il verificarsi della fattispecie fin qui considerata presupponga

necessariamente un preventivo procedimento in quell’ambito. La risposta è negativa dal

momento che l’Autorità può sempre procedere ad un accertamento in via incidentale del

contrasto fra una determinata pratica commerciale con il codice di condotta ad esso

connessa senza obbligatoriamente attenersi a quanto vincolato dagli organi

autodisciplinari.

1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del

consumatore

Il comma 322 dell’articolo 21 riporta al suo interno alcune delle ipotesi di

pubblicità ingannevole che erano già contenute nel primo decreto legislativo sulle

comunicazioni decettive, il n. 74/1992 ed anche nel Codice del consumo prima delle

modifiche del 2007, a seguito del recepimento della già citata direttiva comunitaria

amministrativi di cui al medesimo articolo. Il ricorso a tali organismi di controllo non è mai considerato equivalente alla rinuncia agli strumenti di ricorso giudiziario o amministrativo di cui all’articolo 11.” 21 Cfr. E. Bargelli, I codici di condotta, in AA. VV. , “Le pratiche commerciali sleali” tra imprese e

consumatori, 2007 p.261. 22 Come si è operato fino ad adesso, si riporta per completezza d’analisi anche il comma 3 dell’articolo 21 del Codice del Consumo. Il comma 3 afferma che : ” E' considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza.”

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Capitolo II

53

2005/29. A differenza di quanto prescritto fino al 2007, però, gli stessi concetti e le

stesse ipotesi inerenti alla pubblicità ingannevole, grazie ai cambiamenti avuti negli

ultimi due anni, sono estesi ad ogni condotta riconducibile nel novero delle pratiche

commerciali e possono ritenersi inglobate in tale disciplina tutte quelle iniziative

commerciali che accompagnano la vendita di un prodotto, sia prima, che durante, che

dopo l’acquisto del bene stesso operato da un consumatore. Attualmente il terzo comma

dell’articolo 21 rimanda in maniera molto evidente anche quanto previsto dall’art.6 del

decreto legislativo 145/2007 (sebbene qui siano presenti asserzioni relative

esclusivamente alla comunicazione commerciale decettiva) in cui si disciplina, infatti,

che “è considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando prodotti suscettibili di

porre in pericolo la salute e la sicurezza dei soggetti che essa raggiunge, omette di darne

notizia in modo da indurre tali soggetti a trascurare le normali regole di prudenza e

vigilanza.23”. Sia la definizione dell’articolo 6 del decreto legislativo 145/2007, sia

quella del comma 3 dell’articolo 21, come riportato in nota, inducono a una

considerazione: l’induzione in errore di un consumatore viene connessa all’omissione di

notizie importanti che possano portare gli individui a sottovalutare i pericoli,

abbassando, di conseguenza, il grado di vigilanza e non, invece, com’era più lecito

aspettarsi nella sezione sulle azioni ingannevoli, ad attività concrete poste in essere da

un professionista o dall’imprenditore di turno. La collocazione ideale di tale norma,

dunque, nel caso in cui si decida di mantenere tale formazione, sembra essere l’articolo

22 del Codice del consumo, nella sezione, appunto, dedicata alle pratiche commerciali

che sono caratterizzate dall’assenza di informazioni rilevanti per una corretta

stipulazione del contratto.

In tale comma, comunque, si rilevano due elementi fondamentali su cui si basa il

giudizio di una pratica commerciale scorretta e sono, nello specifico, l’omissione circa

la pericolosità del prodotto e l’idoneità di questa assenza di notizie ad indurre

comportamenti che portino l’utilizzatore del prodotto a discostarsi dalle normali regole

di prudenza e vigilanza che, invece, sarebbero consone. L’Autorità garante della

concorrenza e del mercato, in base anche alle norme precedenti, ha evidenziato come

assuma rilievo il nesso causale fra un possibile atteggiamento non cauto del

23 Art. 6 del decreto legislativo 145/2007

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Capitolo II

54

consumatore e la capacità reale del messaggio a spingere verso tale condotta24. Si

vaglia, a questo proposito, soprattutto la presenza nel corpus della comunicazione

promozionale di affermazioni rassicuranti o attributive di particolari qualità al prodotto

tali che, in mancanza dell’intervento pubblicitario e quindi in assenza della loro

diffusione, avrebbero stimolato il soggetto fruitore del bene a mantenere un

comportamento imperniato ad una maggiore prudenza. C’è, dunque, un obbligo positivo

di informazione che spetta all’operatore commerciale che, in questo senso, è vincolato

alla comunicazione di tutte quelle notizie indispensabili atte a far identificare il bene tra

gli oggetti potenzialmente pericolosi. Il soggetto che promuove un prodotto non sarà

completamente libero di rivolgersi al proprio target di riferimento, ma dovrà sempre

fare riferimento a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 21 del Codice del consumo e

dalle altre disposizioni normative sulla pubblicità ingannevole.

Nel secondo caso previsto dal terzo comma, quello relativo alle omissioni

informative atte a determinare comportamenti non votati alla prudenza e all’accortezza

da parte del consumatore, una pratica commerciale non può dirsi ingannevole, in base a

questa fattispecie, se la pericolosità del prodotto è evidente e la mancata adozione di un

atteggiamento prudente dal fruitore non è ascrivibile alle comunicazioni veicolate dal

messaggio pubblicitario. Al contrario, le comunicazioni commerciali di prodotti

“neutri” e che detengono una pericolosità solo in potenza determinano un cattivo

utilizzo dei prodotti stessi tale da rendere concreta questa pericolosità potenziale,

ricadono senza dubbio, tra le pratiche commerciali scorrette disciplinate dal terzo

comma dell’articolo 21 del d.lgs. 206/2005.

1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza di bambini e degli

adolescenti

Come già si è analizzato nel paragrafo precedente, anche questo quarto

comma25 dell’articolo 21 del Codice del consumo ripropone delle fattispecie presenti

nel decreto legislativo 74/1992 e nello stesso Codice del consumo prima delle

24 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 331. 25 Si riporta anche in questo caso il quarto comma dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005: “4. E' considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza.”.

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Capitolo II

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modifiche apportate con il decreto legislativo 146/2007. La norma relativa alle pratiche

commerciali legate alla sicurezza di bambini e degli adolescenti può essere letta insieme

all’art. 7 del decreto legislativo 145/2007 che ugualmente si riferisce ad uno specifico

target di rifermento, composto da soggetti più vulnerabili e necessitanti di ulteriore

protezione. L’art. 7 appena citato recita, infatti, che “è considerata ingannevole la

pubblicità che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, abusa della

loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed

adolescenti in messaggi pubblicitari, fermo quanto disposto dall'articolo 10 della legge 3

maggio 2004, n. 112, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani. E'

considerata ingannevole la pubblicità, che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini

ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza26.” Si evince

come l’ambito di applicazione di questa norma, coerentemente con la sua formulazione,

comprende non solo la pubblicità rivolta ai minori, ma anche quella da questi fruibile,

sebbene destinata ad un pubblico adulto. L’estensione della norma dalla pubblicità

ingannevole a tutte le pratiche commerciali, così come previsto dall’art. 21 del Codice

del consumo, pone non poche perplessità. L’impostazione, infatti, resta la medesima

anche nel comma quarto di questo articolo e, di conseguenza, rendendo passibili di

giudizio non solo le attività commerciali direttamente rivolte ai minori, ma anche quelle

che potenzialmente possono coinvolgerli, diventa più arduo chiarire che portata può

essere intesa per l’espressione “suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti”. La

nozione di pratica commerciale, infatti, come si è già avuto modo di analizzare in

precedenza, è molto ampia quindi ne consegue che è necessario mantenere la massima

attenzione nel diffondere informazioni o apporre dettagliate istruzioni per un uso

corretto del prodotto nella commercializzazione di tutti quei beni che potrebbero, anche

occasionalmente, venire alla disponibilità dei minori.

Le differenze evidenti fra l’art.7 del decreto legislativo 145/2007 e quanto

riportato nel Codice del consumo in tema di sicurezza e tutela di determinate categorie

più deboli, come possono esserlo i bambini e gli adolescenti, risiedono, innanzitutto

nell’assenza nel decreto legislativo 206/2005 di due determinate fattispecie: tra le cause

che potrebbero portare un’attività ad essere inserita tra quelle non lecite, non sono

26 Art. 6 del decreto legislativo 145/2007.

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Capitolo II

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menzionati, infatti, gli eventuali abusi della naturale credulità o mancanza di esperienza

dei più giovani né il condizionamento degli adulti conseguito attraverso l’utilizzo di

messaggi pubblicitari che fanno leva sui naturali sentimenti che le persone mature

provano nei confronti dei più piccoli. Non sembra che l’omissione di queste due

particolari fattispecie possa, però, inficiare sulla portata della norma, determinando un

vuoto di tutela perché, qualora una pratica non possa essere inclusa in questo comma,

rimane sempre la possibilità di appellarsi al generico divieto di attività commerciali

scorrette in virtù dell’articolo 20 del decreto legislativo 206/2005.

Occorre fare un’ultima osservazione in merito al comma 4 dell’articolo 21, dal

momento che tutte le pratiche commerciali scorrette che possono compromettere i

minori mirano a disciplinare attività idonee a ledere l’incolumità fisica di questi

“consumatori vulnerabili” mentre non c’è nessun riferimento alla sicurezza psichica di

questi stessi, ritenendo, dunque, che debbano essere escluse dall’ambito di applicazione

della norma in esame tutte quelle fattispecie che possano influenzare eventualmente e

negativamente lo sviluppo morale ed etico dei più piccoli. Si è preferito evitare di

inserire in questa sede un riferimento, quindi, alla sfera psicologica dei soggetti

destinatari delle pratiche commerciali poiché determinarne l’effettiva concretizzazione

sarebbe stato alquanto problematico e difficoltoso.

1.2. Articolo 22 del Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il

primo comma

In questo paragrafo si prenderà in esame la seconda sottocategoria inerente alle

pratiche commerciali ingannevoli presente nel Codice del consumo e precisamente

quella contenuta nell’articolo 2227 relativa alle omissioni ingannevoli, le quali per

27 Articolo 22 del decreto legislativo 206/2005 recita che : “1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 2. Una pratica commerciale e' altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o e' idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

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Capitolo II

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sostanziarsi non necessitano di una condotta attiva da parte del professionista o

dell’imprenditore di turno, ma di una semplice assenza di diligenza professionale. È

difficile porre al confronto la norma appena citata con la definizione di dolo omissivo

che è disciplinata dalla giurisprudenza con gli articoli 1427 e 1439 del codice civile.

Nell’ambito dei rapporti tesi alla risoluzione di uno scambio commerciale, infatti, la non

presentazione di tutte le informazioni o il tacere determinati aspetti propri della pratica

in corso di svolgimento non comporta un’assegnazione immediata di tali comportamenti

nell’elenco delle condotte sleali e decettive, ma questi atteggiamenti reticenti acquistano

valenza giuridica solo in commistione con altri elementi significativi. Occorre

sottolineare, difatti, che l’articolo 22 del Codice del consumo fa riferimento a quelle

“informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno … per prendere una

decisione consapevole di natura commerciale” e si deduce, quindi, che è sleale solo

quella pratica commerciale che trascuri di rendere note tutte quelle notizie la cui

esaustiva diffusione sia indispensabile per un’assunzione di una decisione di natura

commerciale consapevole.

Scopo principale della norma è far ottenere al consumatore ciò che desidera28 o,

almeno, far sì che questi debba essere posto in condizioni di percepire esattamente le

commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi. 4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto: a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso; b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per conto del quale egli agisce; c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l'impossibilita' di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore; d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale; e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto. 5. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o la commercializzazione del prodotto. 28 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 223.

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Capitolo II

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caratteristiche del bene offerto al fine di capire se collimino e soddisfino i bisogni che

hanno indotto alla ricerca di quel prodotto. Il bene potrà essere anche di poco valore, ma

l’importante è che non si verifichino discrepanze tra le attese riposte dall’acquirente e

gli effettivi attributi dell’articolo. L’intero articolo 22 del Codice del Consumo

costituisce la trasposizione fedele dell’articolo 7 della direttiva europea 2005/29 che,

proprio al comma 1, riporta i due elementi essenziali affinché una pratica commerciale

possa definirsi un’omissione ingannevole dal momento che recita che “è considerata

ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte

le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione

impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale

contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia

idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso29”. Ne consegue, dunque che, oltre

all’omissione di informazioni realmente importanti per la formazione di un giudizio in

merito alla merce presente sul mercato, è necessario che si dimostri che la pratica

commerciale sia idonea, anche in via meramente potenziale, ad indurre il consumatore a

compiere un acquisto che altrimenti non avrebbe mai compiuto. Questi due requisiti

devono sempre comparire entrambi per poter ricorrere a quanto disciplinato

dall’articolo 22 del Codice del consumo. In conformità alla regola generale posta dai

comma 2 e 3 dell’articolo 20 del medesimo decreto legislativo 206/2005, il parametro

di riferimento è il consumatore medio.

Un’altra precisazione che può essere considerata valida per tutta la norma

dell’articolo oggetto del presente paragrafo è relativa alla funzione dell’elemento

soggettivo o oggettivo nell’ambito della disciplina stessa e in cui l’elemento soggettivo

assume un ruolo marginale se non del tutto irrilevante. L’elemento soggettivo, che è

rappresentato dalla consapevolezza propria di un individuo di poter generare, attraverso

una condotta reticente, gli eventi tipici dell’illecito oppure l’accettazione del rischio che

i medesimi eventi possano concretizzarsi, non è considerato, in nessuna maniera,

conditio sine qua non per la rilevazione della pratica come illecita. L’omissione colposa

non sfugge alla forza della norma in esame perché si è inteso difendere il consumatore

29 Art. 7 della direttiva comunitaria 2005/29.

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medio dalle conseguenze delle omissioni, non tenendo conto se esse siano state

provocate da chi sa e tace di proposito o da chi non sa, ma per il ruolo che riveste,

dovrebbe sapere. In buona sostanza, dunque, una pratica commerciale è definibile come

scorretta indipendentemente dal proposito dell’imprenditore di voler mantenere una

condotta decettiva.

Sempre nel corpus del comma 1 si rileva come il giudizio in merito alla forza

decettiva esercitata dall’omissione deve essere maturato prendendo in considerazione le

limitazioni di spazio o tempo del mezzo di comunicazione usato ai fini propagandistici,

nonché ogni ulteriore accorgimento adottato dal professionista per mettere altrimenti a

disposizione dei consumatori le informazioni utili a raggiungere la piena conoscenza dei

dati di fatto influenzanti le determinazioni negoziali. Il legislatore italo/comunitario

ritiene davvero fondamentale questa precisazione tanto da sentire la necessità di una

riproposizione della stessa fattispecie anche nel comma 3 del medesimo articolo, in cui

si sottolinea nuovamente che le variabili relative al mezzo sono elementi basilari da

considerare per la valutazione della decettività di un’attività commerciale.

1.2.1. Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e occultamento

Il comma 2 dell’articolo 22 apporta delle ulteriori specifiche al concetto di

omissioni ingannevoli dal momento che il legislatore contempla in questa medesima

fattispecie anche il caso dell’occultamento informativo, il quale concorre con uguale

efficacia a compromettere l’autonomia decisionale di ogni acquirente. In questa sede

potrebbe essere riproposto il discorso sull’ “opulenza informativa” e sulla diffusione di

notizie in maniera distorta che si è affrontato, a suo tempo, per l’articolo 21 e per le

azioni ingannevoli, in cui proprio la sovrabbondanza comunicativa è in grado di ledere

gli interessi dei consumatori. Nel comma preso in esame, infatti, sono sanzionate tutte

quelle pratiche commerciali in cui è possibile verificare l’attuazione da parte del

professionista di una serie di escamotage utili a celare le informazioni. Questi

escamotage possono concretizzarsi, ad esempio, attraverso sotterfugi impiegati nella

manifestazione dell’informazione stessa o mediante la sua diretta sottrazione alla vista

dell’ingannato grazie al ricorso a particolari astuzie30. Concretamente ciò si realizza

30 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 225.

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Capitolo II

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quando le fonti di informazione sono difficilmente accessibili o scarsamente leggibili (si

usano spesso in pratiche commerciali scorrette dei caratteri tipografici di corpo minore

rispetto al body copy soprattutto per le clausole più ambigue per far sì che l’aderente sia

fatalmente indotto a sottoscrivere il documento senza prestare la dovuta attenzione). Il

soggetto che intraprende un’attività commerciale può, inoltre, indurre in errore il

proprio consumatore facendo appello a lemmi tecnico-specialistici che non sono

strettamente necessari all’espletamento della pratica e che possono essere facilmente

compresi solo dagli esperti e non dal pubblico a cui, invece, ci si rivolge. Si può

ricadere in quanto disciplinato con questa determinata fattispecie anche quando le

clausole di un contratto sono riportate in maniera sconnessa o disorganica, allo scopo di

creare confusione a danno della controparte. Tale confusione genera nell’acquirente

quello che suole dirsi “effetto sorpresa” che è osservabile quando il contraente, resosi

tardivamente conto dell’esatto contenuto di quanto stipulato, intende che è vincolato a

rispettare delle condizioni diverse da quelle che aveva precedentemente immaginato. Un

ulteriore elemento importante di tutela per il consumatore è rappresentato dalla

trasparenza della comunicazione pubblicitaria che è imposta a carico del professionista.

La promozione di un prodotto deve essere immediatamente percepibile come tale per

tutto il target di riferimento dal momento che è necessario che il pubblico ponga la

giusta attenzione al messaggio, con la classica soglia critica che si attiva in questi

circostanze. Si considera un caso di pratica commerciale scorretta anche l’azione di

simulazione dei servizi giornalistici (cosiddetti redazionali) il cui vero fine, al contrario,

è diretto a rafforzare in maniera subdola la penetrazione della merce che si

sponsorizza31.

Nella definizione del secondo comma dell’articolo 22 del Codice del consumo si

considera ingannevole anche quella pratica in cui le informazioni sono presentate al

consumatore in modo intempestivo, sebbene non sia facile individuare precisamente i

confini netti per la determinazione di un’intempestività nella diffusione di notizie

rilevanti. Sicuramente è intempestiva l’informazione fornita dopo che il consumatore ha

assunto la decisione di natura commerciale che la pratica è volta a provocare. È più

difficile valutare, invece, se possa essere già considerata fuori tempo massimo una

31 Tale fattispecie è regolata anche dagli articoli 23, 25 e 30 del Codice del consumo.

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comunicazione che raggiunge il pubblico dopo che si sia verificato il primo contatto fra

professionista e consumatore dal momento che l’Autorità in materia di messaggi

pubblicitari ha rilevato che è d’uopo salvaguardare i soggetti destinatari delle pratiche

commerciali da ogni interferenza ingiusta e per l’appunto sin dal primo contatto,

imponendo ad ogni singolo operatore un onere di completezza e chiarezza.

Nel comma che si sta prendendo in esame sono considerate ancora una volta

rilevanti ai fini del giudizio della legittimità di un’azione commerciale sono le

caratteristiche del mezzo utilizzato per veicolare informazioni e le circostanze del caso.

In questo modo, il legislatore italiano riprende quanto espresso nel comma 1

dell’articolo 7 della direttiva europea 2005/29 codificando nel nostro ordinamento il

cosiddetto principio di variabilità32, presente da tempo nel codice di autodisciplina

pubblicitaria.

In buona sostanza si può concludere che la norma garantisce una protezione in

toto da ogni condotta poco trasparente (attuata sia consapevolmente che

inconsapevolmente) ed è improntata alla logica del clare loqui grazie al quale non può

essere fornita al consumatore una versione mistificata della realtà.

1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di

valutazione della condotta omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie

Nei comma 3 e 4 dell’articolo 22 del decreto legislativo 206/2005 si ripropone

da un lato quello che nelle ultime righe del paragrafo precedente si è definito “principio

di variabilità” e dall’altro si propongono, sotto forma di elenco, tutte quelle

informazioni che devono essere presentate, qualora non siano evidenti dal contesto, per

fare in modo che un consumatore riesca a prendere una decisione commerciale

consapevole e corretta.

32 Il principio di variabilità “autorizza una certa elasticità nel giudizio di correttezza di una pratica commerciale consentendo di adeguare la valutazione alla differenti caratteristiche dei mezzi di diffusione utilizzati e dei prodotti reclamizzati, in applicazione dei criteri improntati a concretezza e rifuggendo da ogni astratto assolutismo della norma”. Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 174. Tale principio è fondamentale perché consente una certa discrezione in chi giudica, evitando una mera e forse poco produttiva applicazione delle norme.

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Il terzo comma recita che “qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la

pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se

vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di

qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai

consumatori con altri mezzi33”. Questa norma, come si è avuto modo di analizzare più

volte, appare di particolare importanza, soprattutto se collegata alla dimensione

pubblicitaria in cui determinati mezzi, come la radio, la tv o le affissioni, impongono

inevitabili vincoli temporali che mal si coniugano con le esigenze del singolo

inserzionista di esplicitare esaustivamente la complessità della propria offerta. Settori

merceologici in cui si riscontrano palesi difficoltà di sintesi dell’intero corpus

informativo possono essere, ad esempio, le telecomunicazioni mentre è altrettanto

evidente che scaturiscono problematicità analoghe quando è necessario fornire

spiegazioni sui metodi di finanziamento come modalità di acquisto di un bene. In questi

casi viene legittimata la prassi del rinvio a fonti di informazione ulteriori, quali il sito

internet del professionista o il materiale illustrativo disponibile sul punto vendita, una

prassi questa che sembra essere privilegiata rispetto alla scelta di apporre tutte le

notizie nel contesto dello stesso messaggio facendo ricorso all’uso di frasi in

sovraimpressione, cioè a quelli che in gergo sono considerati i cosiddetti super.

Altrettanto ovvio appare il divieto di un uso malizioso del rinvio ad altre fonti

informative in cui, ad esempio, nel messaggio pubblicitario si riportano solo e ed

esclusivamente le condizioni più allettanti dell’offerta, senza menzionare i veri obblighi

e vincoli che pregiudicano, solo al secondo contatto tra professionista e consumatore, la

validità e la convenienza di quanto proposto. È necessario, inoltre, precisare che seppure

sia concessa all’imprenditore la possibilità di “rendere le informazioni ai consumatori

con altri mezzi” è da considerarsi scorretta la pratica di distribuire le notizie rilevanti su

più supporti facendo ricorso ad una pluralità di fonti, addossando, in questo modo,

l’onere al potenziale acquirente del bene di ricostruire tutto il quadro informativo al fine

di poter giungere ad una piena conoscenza dell’offerta. Nel valutare, infine, l’idoneità

delle misure adottate dal professionista occorre tener conto dell’effettiva accessibilità

delle fonti di informazione alternative da parte del consumatore come può essere, ad

33 Cfr. Art.22 comma 2 del decreto legislativo 206/2005.

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esempio, la capillarità o meno della distribuzione dei depliant nei punti vendita o se il

ricorso al sito internet può considerarsi giustificato dal fatto che il target di riferimento

della campagna pubblicitaria sia avvezzo al mezzo e ne conosca potenzialità e limiti34.

Il quarto comma dell’articolo 22 del Codice del consumo disciplina, invece, le

omissioni rilevanti che possono presentarsi nel caso di una pratica commerciale che si

sostanzi come un invito all’acquisto. Il vero significato dell’espressione “invito

all’acquisto” è specificato nelle definizioni generali che costituiscono l’articolo 18 del

decreto legislativo 206/2005 in cui alla lettera i) si propone la seguente dicitura:

“"invito all'acquisto" è “una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il

prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la

comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare

un acquisto35”. Questa invitatio ad offerendum ha la particolarità di apparire agli occhi

del consumatore come una proposta contrattuale a tutti gli effetti ai sensi dell’articolo

1326 del codice civile o del articolo 1336 c.c. che regola le offerte al pubblico. La

casistica più rilevante in merito proprio all’invito all’acquisto è quella legata alle

televendite e alle radiovendite, le cosiddette vendite a distanza disciplinate oltre che in

altri articoli del Codice del consumo, anche dall’articolo 18 del Codice di autodisciplina

pubblicitaria36. In questa determinata fattispecie, infatti, si contemplano tutte quelle

ipotesi in cui un prodotto o un servizio venga commercializzato a distanza e cioè senza

che l’acquirente abbia modo di verificare di persona la consistenza di ciò che compra e

dove, per l’appunto, si sente più forte la necessità di tutelare i soggetti destinatari della

pratica in maniera più netta.

Con le modifiche apportate dal decreto legislativo 145/2007, in piena sintonia

con la direttiva europea 2005/29, si è estesa una protezione globale sui consumatori dal

momento che regole particolarmente severe si sono imposte non più solo in un ambito

pubblicitario bensì abbiano abbracciato l’intera portata della norma sulle pratiche

commerciali scorrette, con un giusto riferimento a quelle in cui è possibile instaurare un

vincolo negoziale immediato, bypassando l’utilizzo dei canali distributivi tradizionali. Il

34 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.334 35 Articolo 18 lettera i) del decreto legislativo 206/2005 36 Cfr. Ivi, p.178.

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penultimo comma dell’articolo 22 del decreto legislativo si considera proprio per questo

motivo importante perché qualora nell’espletamento di un’attività commerciale si

riscontrino anche solo una delle caratteristiche presenti nell’elenco predisposto per tale

scopo nell’articolo stesso e che si analizzerà tra breve, non occorrerà prestare indagini

ulteriori ma la pratica sarà senza alcun dubbio giudicata illecita.

Si è scelto, come era già d’altronde avvenuto per l’articolo 21 del Codice del

consumo, la modalità dell’elenco al fine di ridurre, se non addirittura comprimere la

discrezionalità dei giudici nazionali a riguardo di tale disciplina. I punti contenuti

all’interno del suddetto elenco servono a contrastare il già menzionato “effetto sorpresa”

che scaturisce quando il consumatore si trovi a fare i conti con un regolamento

composto da clausole diverse da quelle presupposte. Tutti gli elementi presi in

considerazione, inoltre, vanno considerati solo nel caso in cui le informazioni omesse

siano facilmente deducibili dal contesto anche per i soggetti più sprovveduti. I singoli

elementi del comma che si sta esaminando sono i seguenti: “ le caratteristiche principali

del bene o del servizio, che debbono essere descritte in maniera adeguata al mezzo di

comunicazione utilizzato e alla natura dell’oggetto; l’indirizzo geografico e l’identità

del professionista, così come la sua ditta, ragione o denominazione sociale e, se del

caso, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista per conto del quale egli

agisce; il prezzo, comprensivo degli oneri fiscali oppure, se la natura del prodotto rende

ragionevolmente impossibile determinare in anticipo l’ammontare, le modalità con le

quali il prezzo deve essere calcolato, nonché, ove le circostanze lo richiedano, la totalità

delle spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora non possano

ragionevolmente essere prefissate, la circostanza che potranno essere addebitate al

consumatore; le modalità di pagamento del prezzo, di consegna del bene, di esecuzione

del contratto, nonché il sistema di gestione dei reclami, qualora si allontanino dalle

regole di diligenza professionale: l’esistenza del diritto legale di recesso37.” Di alcuni di

questi elementi appena citati viene richiesta l’indicazione solo quando questi siano

pertinenti all’espletamento della pratica commerciale come, ad esempio, l’esistenza di

un diritto di recesso o l’identificazione geografica del professionista che presta il

proprio servizio. La norma è applicabile nel caso in cui “l’invito all’acquisto” che si va

37 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.227.

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Capitolo II

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a giudicare non afferisca ad una disciplina specifica che vanta delle regole proprie

poiché, in caso contrario, vanno applicate le leggi più specifiche del settore di

riferimento e non quanto previsto dal Codice del consumo. Formano oggetto di una

disciplina diversa, che impongono al professionista obblighi di informazione molto più

dettagliati, gli inviti all’acquisto finalizzati alla stipulazione di contratti a distanza e in

particolare alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori38.

Il quinto comma, infine, considera informazioni fondamentali tutte quelle notizie

contemplate dal diritto comunitario individuando in un’assenza di queste stesse un

presupposto per la decettività di una pratica commerciale. In piena sintonia con il

principio di armonizzazione di tutta la disciplina delle pratiche commerciali sleali a

livello europeo, questo comma fa in modo che una minima trasgressione ai dettati

comunitari si rifletta in una condizione di illiceità nell’ordinamento italiano.

1.3. L’allegato I della direttiva 2005/29 comunitaria e la black list

dell’articolo 23 del Codice del consumo

Nell’articolo 2339 del Codice del consumo sono elencate ventitré pratiche

commerciali considerate sempre ingannevoli, a prescindere dalle circostanze in cui si

38 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 334. 39 Si riporta in nota, come si è già fatto in precedenza, l’intero contenuto dell’art.23 del decreto legislativo 206/2005 perché una visione completa ne agevola la comprensione: “Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli 1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali: a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura;d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti;f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto. g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sara' disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole;h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e' stabilito e poi offrire concretamente tale

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Capitolo II

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sono svolte. Si è analizzato, nel corso del capitolo, come il legislatore europeo abbia

provveduto a soffermarsi in altra sede sugli aspetti essenziali e necessari per individuare

la decettività e l’aggressività di una pratica commerciale mentre in questa paragrafo è

d’uopo occuparsi di altre prescrizioni presenti nella direttiva comunitaria e che sono

state inserite per non vanificare l’operatività delle disposizioni in essa contenute40. Il

considerando n. 17 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce, infatti, recita che “ è

auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano individuate

per garantire una maggiore certezza del diritto41” mentre nel comma 5 dell’articolo 5

della medesima disposizione comunitaria si prevede che nell’allegato I “sia riportato

l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali”. Tale

elenco, inoltre, non potrà essere modificato dai parlamenti nazionali, bensì ogni

servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione;i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto e' lecita;l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista;m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto; o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto e' fabbricato dallo stesso produttore;p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di cessare l'attività o traslocare;r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte;s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole; v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto; aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore; bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto. 40 Cfr. M. Dona, L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della direttiva

2005, in Le pratiche commerciali sleali, a cura di Minervini e Rossi Carleo, op.cit. p.192. 41 Nel caso della direttiva comunitaria 2005/29 si è assistito, dunque, ad un cambio di direzione rispetto al valore da attribuire agli allegati e agli elenchi presenti nelle direttive. In passato, infatti, nella direttiva sulle clausole abusive, è presente una cosiddetta “lista grigia” che svolge una mera funzione di specificazione in modo da non escludere la discrezionalità dei parlamenti nazionali.

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Capitolo II

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correzione che dovrà essere apportata dovrà essere decisa dagli organi competenti

dell’Unione Europea42. È bene ribadire, dunque, che le condotte considerate in questo

allegato non hanno una semplice finalità esemplificativa o di specificazione della

clausola generale, ma costituiscono ipotesi tassative di comportamenti sempre vietati43.

Questa impostazione è ascrivibile, ancora una volta, al solito tentativo del legislatore

europeo di armonizzare la disciplina in tutti gli Stati membri, alleggerendo l’autorità

degli organi nazionali con una riduzione ingente in termini di discrezionalità al fine di

rispondere ad una logica di uniformazione completa del diritto. Di riflesso, appare

evidente che l’allegato I produce l’effetto di relegare la clausola generale presente

nell’articolo 20 del codice del consumo in una posizione marginale, giacché ad esso

sarà necessario fare ricorso quando, nel caso concreto, la pratica commerciale sospettata

di decettività non sia inquadrabile nella lista nera44. Come si analizzerà tra breve, la

black list contempla la quasi totalità dei casi possibili grazie alla meticolosità e

completezza con la quale è stata redatta.

Le pratiche ingannevoli possono essere suddivise in due macro categorie e che

riguardano, nello specifico, le pratiche commerciali fondate sull’inganno dell’apparenza

e le pratiche commerciali fondate sull’inganno della propaganda45. Le prime sono

inerenti a condotte commerciali caratterizzate tutte dall’essere lesive dell’affidamento

riposto dal consumatore sulla sussistenza di iniziative di autoregolamentazione o di

codici di condotta, sulla natura del prodotto e sulla garanzia e sulla figura del venditore

stesso. Le seconde, invece, sono quelle condotte mirate ad indurre il consumatore ad

acquistare facendo leva su ingannevoli dichiarazioni relative al prezzo, alle condizioni

di mercato, alla pubblicità o quelle che mettono fretta al consumatore.

È possibile raggruppare ulteriormente le ventitré pratiche commerciali

ingannevoli in sette tipologie di inganni: le prime tre ancora una volta fondate

sull’apparenza e le ultime quattro sulla propaganda. Piuttosto che seguire l’ordine

pedissequo, così come è presente nell’articolo 23 del codice del consumo, si è preferita

42 Cfr. Considerando n.17 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce in cui si riporta che “ l’elenco può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva”. 43 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 328 44 Cfr. Ubertazzi, p.336. 45 Cfr. M. Dona, op.cit, p. 197.

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una suddivisione per argomento dei punti in esso contenuti: l’inganno sull’esistenza di

marchi e codici di condotta, l’inganno sulla natura del prodotto, l’inganno sulla figura

del venditore, l’inganno sul prezzo, l’inganno delle vendite piramidali, l’inganno sulle

condizioni di mercato, l’inganno della pubblicità redazionale, l’inganno relativo alla

tempistica del rapporto commerciale46.

1.3.1. L’inganno relativo a marchi e codici di condotta

Sia il primo punto dell’elenco dell’Allegato I della direttiva comunitaria che la

lett. a) dell’art.23 fanno riferimento all’ingannevole “affermazione da parte del

professionista di essere firmatario di un codice di condotta ove invece egli non lo sia”. I

codici di iniziativa privata, come più volte sottolineato nel corso del presente lavoro,

esprimono generalmente l’intento di una categoria di elevare lo standard di un

comportamento degli operatori ispirandosi a modelli etici particolarmente qualificanti

quindi è indubbio che un’attestazione non veritiera abusi della naturale fiducia che il

consumatore ripone in essi. Sebbene si lasci la piena discrezionalità agli Stati membri

sul grado di giuridicità delle sanzioni relative al non rispetto delle regole contenute nei

codici, l’Ue impone ugualmente forti vincoli per l’adozione di questi stessi dal

momento che il mancato rispetto delle norme autoimposte fa ascrivere la pratica nel

novero di quelle illecite.

Per ciò che concerne la lett. b) relativa all’esibizione di “un marchio di fiducia,

un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria

autorizzazione” compie una pratica commerciale scorretta chiunque utilizzi un marchio

ispiratore di fiducia senza in realtà avere i requisiti richiesti per essere autorizzato a

fornire quel prodotto o quel servizio. Il medesimo risultato si ottiene quando si tenta di

valorizzare i prodotti agricoli e alimentari dotati di caratteristiche particolari legate ad

uno specifico territorio quando in realtà, la merce non ha gli attributi idonei47. Questa

mendace attribuzione, infatti, genera una falsa aspettativa in merito alla provenienza, al

pregio, ai modi di lavorazione e a ogni altro elemento la cui simulazione finisce con

46Per tale suddivisione cfr. M. Dona, op.cit. p.191 oppure cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le

pratiche commerciali in “La tutela del consumatore” a cura di P. Stanzione, A. Musio, Giappichelli editore, Torino, 2009, p.190 e ss. 47 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.232.

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l’alterare la volizione dei consumatori dei media diligenza. Segue la logica contenuta

nella lett. b) anche il terzo e il quarto punto dell’elenco del Codice del consumo dal

momento che indica come decettiva l’attività di “asserire, contrariamente al vero, che un

codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura48” o

“asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o

un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati da un organismo pubblico o

privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accentuazione

o dell’approvazione ricevuta49”. Ancora una volta, queste pratiche fanno in modo che la

fiducia del consumatore sia erroneamente riposta.

1.3.2. L’inganno sulla natura del prodotto

Nell’articolo 23 del decreto legislativo 206/2005, com’è d’altronde prevedibile,

sono individuabili numerosi riferimenti circa la qualità e la natura del prodotto in

vendita. Innanzitutto, infatti, in base alla lett. i) del Codice del consumo e al punto n.9

dell’allegato I della direttiva comunitaria è illecito “ affermare o generare comunque

l’impressione che la vendita del prodotto sia lecita, ove non lo sia50”. La formulazione

della norma appare molto lineare, ma comunque permane una certa difficoltà

interpretativa del termine “liceità”. Ulteriori ambiguità interpretative si riscontrano

anche nella lett. n) del medesimo articolo in cui “ formulare affermazioni di fatto

inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale

del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto” dà adito a

qualche perplessità51. Probabilmente tale fattispecie si verifica quando si associa

l’acquisto di un prodotto ad una riduzione concreta di rischio per la salute personale del

consumatore o dei suoi congiunti. In tal caso, dunque, è illecita la pratica di far leva

sulla preoccupazione di non tutelare con le dovute precauzioni i propri cari se si

rinuncia all’acquisto di quel particolare bene. Questa interpretazione ben si coniuga con

la volontà del legislatore europeo di tutelare il consumatore più debole o più vulnerabile

e che può ricevere ulteriore protezione non solo nell’ambito di prodotti legati alla

propria salute, ma anche di fronte a pratiche commerciali che tendono a far leva

48 Art. 23, lett.c) del decreto legislativo 206/2005 49 Art. 23, lett.d) del decreto legislativo 206/2005 50 Cfr. Punto n.9 dell’Allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 51 Cfr. M. Dona, op. cit, p. 200.

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sull’ingenuità o sulla scarsa preparazione in precisi ambiti. Operano nella stessa ottica,

infatti, le lett. r) ed s) che rispettivamente contrastano l’attività di “ affermare che alcuni

prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte” e “affermare,

contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni, o

malformazioni”. In quest’ ultimo caso il legislatore europeo e, di riflesso quello italiano,

sono concordi nell’impedire che gli operatori commerciali possano approfittarsi della

debolezza e della fragilità che ogni soggetto dimostra di fronte la malattia52.

1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita

Una nuova serie di ipotesi di condotte illecite sono inerenti, invece,

all’assistenza post vendita, in cui le attività sono caratterizzate da una discrepanza fra

quanto annunciato dal professionista prima dell’operazione commerciale e le modalità

con cui tale assistenza viene fornita. In taluni casi è possibile che il professionista operi

in modo da renderne praticamente difficile la fruizione53: ad esempio, l’assistenza può

essere fornita in una lingua diversa da quella con cui il professionista ha comunicato col

consumatore prima della conclusione dell’affare54 o nel caso in cui i servizi post vendita

siano disponibili solo nello stato in cui è venduto il prodotto, pur avendo lasciato

intendere prima della conclusione dell’affare che sono disponibili anche altrove55. È

sempre costante un riferimento agli scambi transfrontalieri ed ai servizi post vendita che

seguono tali scambi dal momento che queste norme sono volte ad incrementare l’attività

mercatistica tra i paesi membri dell’Unione Europea.56

52 Nella lett. s) dell’articolo 23 del decreto legislativo non si fa menzione a specifiche patologie, ma la generalità della norma non ne inficia la portata. Resta indubbia la volontà di innalzare la tutela e la protezione del consumatore. 53 Cfr. Ubertazzi,, op.cit, p. 336. 54 Cfr. Art. 23 lett.h) del Codice del consumo recita che è illecito: “ impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e' stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione”. 55 Cfr. Art. 23 lett. bb) del Codice del Consumo recita che è illegale: “lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto.” 56 Occorre sempre tener presente l’obiettivo del legislatore comunitario che emerge in modo preponderante dal considerando n.2: “ a norma dell’art.14, paragrafo 2, del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, dei servizi, nonché la libertà di stabilimento. Lo sviluppo di pratiche commerciali leali, all’interno dello spazio senza frontiere interne è essenziale per promuovere le attività transfrontaliere.”

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1.3.4. L’inganno relativo alla figura del venditore

Altre ipotesi di illeciti riguardano la figura del venditore e che sono disciplinati

ai sensi delle lett. o) e della lett. aa) dell’articolo 23 del Codice del consumo. In tali

punti della black list si afferma rispettivamente, infatti, che è scorretto “promuovere un

prodotto simile a quello fabbricato da un particolare produttore in modo tale da

fuorviare deliberatamente il consumatore facendogli credere che il prodotto è fabbricato

dallo stesso produttore mentre invece non lo è” e “falsamente dichiarare o dare

l’impressione che il professionista non agisca nel quadro della sua attività commerciale,

industriale, artigianale o professionale o presentarsi falsamente come consumatore”.

Quanto regolato dalle norme appena citate mira ad evitare che informazioni errate circa

la provenienza del prodotto, la somiglianza57 di determinati beni con merce più

affermata sul mercato possano incidere negativamente sull’acquisto e sulle motivazioni

che sottendono ad esso. In buona sostanza, si vuole tutelare anche il made in il quale

può considerarsi una rendita di posizione58 di cui possono godere i beni di un’azienda.

1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica

Dopo un rapido excursus sulle pratiche ingannevoli basate sull’abuso della

fiducia del consumatore, si prenderanno in esame, invece, quelle attività commerciali in

cui la slealtà si sostanzia con condotte decettive di natura propagandistica. Uno dei

metodi che risulta più efficace per alterare le motivazioni che sottendono un acquisto da

parte del consumatore è sicuramente quello di fornire delle informazioni errate o poco

chiare sul prezzo e sulla determinazione di questo stesso. La pratica commerciale

oggetto della lett. e)59 tende ad evitare che “il battage pubblicitario catturi l’interesse

dei consumatori, interesse però destinato a rivelarsi effimero a causa della sproporzione,

prevedibile ex ante, tra ristrettezze dell’offerta ed entità della domanda. Di lì il dovere

57 Nella direttiva comunitaria 2005/29, al n. 13 dell’Allegato I, viene utilizzata la locuzione “prodotto simile”, un’espressione che può dar adito a numerose interpretazioni. Nell’ordinamento italiano, invece, è presente un’accurata tutela dei marchi grazie al codice di proprietà industriale. 58 Cfr. G. Fabris, La pubblicità, teorie e prassi, Franco Angeli Editore, Milano, 2001, p. 328. 59Art. 23 lett. e) del Codice del consumo recita che è illecito: “invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerto.”

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del professionista di dichiarare, ove sia presagibile la prospettata sproporzione, l’esatta

quantità di beni messi in circolazione60.” In stretta relazione con la lett. e) appena citata,

è considerata ingannevole la pratica commerciale che, attraverso la diffusione di notizie

errate sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere la disponibilità del

prodotto, induce l’acquirente di un bene ad effettuare l’acquisto con condizioni meno

favorevoli di quelle normali61. Di conseguenza, è al pari ingannevole, in base alla lett.

q), che il professionista affermi che sta per traslocare o per cessare la propria attività

quando questa informazione non corrisponde al vero62. Questo espediente viene

utilizzato nella prassi commerciale dal professionista per accelerare il processo di scelta

del consumatore che è portato ad affrettare l’acquisto, convinto di poter concludere un

vero affare. Tali pratiche sono contraddistinte, dunque, da quello che può denominarsi

“inganno della fretta”. Accanto a queste ipotesi, inoltre, possono considerarsi davvero

importanti le modalità di svolgimento delle operazioni promozionali che accompagnano

la vendita del prodotto: è, infatti, ingannevole “affermare in una pratica commerciale

che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un

equivalente ragionevole63” o “ descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere

, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo

necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il

prodotto64. ” Nell’ordinamento italiano si è cercato di modificare la terminologia

decisamente non tecnica che il legislativo ha adoperato nella redazione del punto n. 20

dell’Allegato I (“se il consumatore deve pagare un sovrappiù…”), con la parola

supplemento, ma tale cambiamento appare ambiguo in egual misura. Non è specificato,

infatti, quale deve essere il comportamento del legislatore se tale “sovrappiù” si cela

nelle spese di spedizione, non coperte dalla portata della norma.

Sempre in considerazione delle operazioni promozionali che possono essere

attivate per comunicare al proprio target di riferimento, ad esempio, l’esistenza di un

60 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.234. 61 Art. 23 lett. t) recita che è ingannevole: “comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato” 62 Si ricorda, inoltre, che i casi in cui possono essere legittimamente effettuate vendite di liquidazione sono tassativamente enunciati dall’art. 15 co. 2 del decreto legislativo 114/1998 sulla disciplina del commercio. 63Art. 23 lett. u) del decreto legislativo 206/2005. 64 Art. 23 lett. v) del decreto legislativo 206/2005.

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nuovo prodotto, è sanzionata la cosiddetta pubblicità redazionale, ossia quella che non

consente di rendere riconoscibile un messaggio pubblicitario nel contesto in cui è

inserito e diffonderlo al pubblico sotto forma di servizio autonomamente predisposto da

un’emittente televisiva o da un giornale. Per ciò che concerne gli inganni di natura

propagandistica, infine, è da sottolineare quanto riportato nel punto 6 dell’Allegato I

della direttiva 2005/29/Ce e dalla lett. f)65 del Codice del Consumo in cui si elencano tre

ipotesi il professionista tende a promuovere un prodotto diverso da quello pubblicizzato,

presumibilmente ad un prezzo differente o maggiore. È questo il caso dei cosiddetti

“prodotti civetta” che riescono ad attrarre il consumatore nel punto vendita, grazie alla

presenza di offerte particolarmente allettanti che poi non sono disponibili o sono

disponibili solo in quantità limitata. È ritenuta ingannevole, in considerazione della lett.

f) e dei prodotti civetta, la pratica di mettere il consumatore in condizione di non

comprare il prodotto per cui si è recato nel punto vendita, rifiutando la visione della

merce o la vendita di questa stessa mentre, al contempo, si promuove l’acquisto di un

altro prodotto.

2. Le pratiche commerciali aggressive

In questo secondo paragrafo si prenderà in esame la seconda tipologia di pratiche

commerciali scorrette che è stata individuata dal legislatore europeo: le pratiche

commerciali aggressive. L’art. 8 della direttiva 2005/29/Ce definisce aggressiva

qualsiasi attività che “nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le circostanze del

caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito

condizionamento, limiti o sia idonea a limitare, considerevolmente la libertà di scelta o

di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e pertanto lo induca o

sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe

altrimenti preso66”.

65 L’articolo f) del decreto legislativo 206/2005 recita che è ingannevole “invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto. 66 Art. 8 della direttiva comunitaria 2005/29.

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Prima di questa norma, introdotta solo nel 2005, era assente a livello

comunitario e in molti degli ordinamenti degli Stati membri (tra cui l’Italia) una

disciplina giuridica autonoma delle pratiche commerciali aggressive67 come d’altronde è

anche riportato dal Considerando n.11 della direttiva stessa in cui si afferma che

“attualmente non sono disciplinate a livello comunitario68” . La tutela del consumatore,

infatti, non teneva conto degli effetti di atti coercitivi o delle violenze perpetrate e subite

dal consumatore. Tali pratiche, in base alla direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità

ingannevole, potevano essere vietate e punite esclusivamente quando presentavano al

contempo anche elementi decettivi, relegando, in questo modo, il ricorso al vizio di

volontà solo ai quei casi in cui è possibile rilevare un’induzione all’errore escludendo

qualsiasi riferimento al profilo della violenza. Sebbene la disciplina dei vizi di volontà

sembra essere adatta a regolamentare unicamente le ipotesi di tipo negoziale, grazie alle

modifiche apportate dalla Comunità Europea con l’introduzione di una normativa più

generica sulle pratiche aggressive, si tutelano anche quei casi più marginali che la scarsa

elasticità dei vecchi sistemi di protezione non era in grado di coprire. È evidente, date

queste premesse, che l’articolo 24 del Codice del consumo costituisca una delle novità

più importanti introdotte dal decreto legislativo 146/2007.

Tale tipologia di condotte scorrette è caratterizzata in primis dal chiaro

richiamo alla libertà di scelta del consumatore e dal momento che proprio la libertà di

scelta del consumatore è il bene giuridico protetto dall’intera direttiva, che deve

ritenersi alla base anche del divieto delle pratiche ingannevoli, è interessante capire le

motivazioni che sottendono la decisione di un’esplicita menzione all’interno

dell’articolo. Nelle pratiche commerciali aggressive è insita una valenza estorsiva

determinante e maggiore rispetto a quella presente nelle pratiche commerciali

ingannevoli poiché, se nel caso di attività decettive si può subdolamente alterare e

influenzare il processo di formazione della volontà del consumatore che, in realtà,

potrebbe già essere propenso all’acquisto, in quelle aggressive, invece, l’adozione di

condotte anche puramente coercitive è volta all’estorsione di un consenso che potrebbe

67 Cfr. A. Pallotta, Le pratiche commerciali aggressive, in Le pratiche commerciali sleali, a cura di Minervini e Rossi Carleo, op.cit. p. 170. 68 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 178.

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essere del tutto assente e ad un’estromissione totale della volontà di un acquirente da

parte di un professionista il quale mira all’asservimento dell’altro per raggiungere propri

scopi69. La fattispecie delle pratiche aggressive si esplica su un piano più ampio e

anche con strumenti diversi rispetto a quelli comunicativi o contrattuali. La possibilità

di esercitare pressioni psicologiche o fisiche, di sfruttare le debolezze culturali, emotive

e caratteriali del consumatore o la sua posizione subalterna, di limitare la libertà

personale del consumatore (ad esempio, precludendo l’uscita dal negozio), infatti,

implica che è necessario introdurre il riferimento alla libertà di scelta del consumatore

all’interno dell’articolo per salvaguardare l’incolumità fisica e mentale dei soggetti che

sono coinvolti in ogni attività commerciale aggressiva e di conseguenza, di per sé

illecita.

In tutte le pratiche aggressive, dunque, in base a quanto riportato nell’art. 24

del Codice del Consumo, il connotato funzionale è dato dalla loro idoneità a limitare

considerevolmente la libertà di scelta del consumatore medio e in maniera congiunta a

tale elemento è richiesta, inoltre, la capacità di indurre attualmente o potenzialmente il

consumatore medio ad assumere decisioni favorevoli al professionista. Ne consegue che

la condotta illecita si declini secondo più profili: un primo aspetto di natura

essenzialmente teleologica, che riguarda in maniera particolare il fine con cui sono

rivolte le pratiche aggressive, desumibile dalle modalità delle stesse, un secondo aspetto

qualitativo che si estrinseca in un’idoneità limitativa considerevole e, infine, di un

aspetto oggettivo in cui la slealtà è parametrata sulle capacità del consumatore medio e,

di riflesso, sul grado di diligenza necessaria. In sostanza, nonostante questa precisa

distinzione, almeno in sede applicativa tutti questi elementi debbono operare

all’unisono. “Il profilo teleologico/qualitativo del fatto confluisce nel parametro del

consumatore medio, contribuendo a qualificare la pratica non soltanto strutturalmente,

quanto piuttosto anche nella sua capacità estorsiva di una decisione70”. Questa esegesi è

avvalorata dall’utilizzo della congiunzione “pertanto” sia nel testo dell’articolo 8 della

direttiva comunitaria 2005/29 che nell’articolo 24 del Codice del consumo, la quale

69 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 307. 70 Ivi, p. 309.

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Capitolo II

76

volutamente lega con forza l’aspetto strutturale con quello funzionale della fattispecie

contribuendo a concretizzarli reciprocamente.

Occorre precisare, inoltre, un elemento fondamentale a sostegno della

normativa sulle pratiche commerciali aggressive: la natura neutra del pregiudizio subito

dal soggetto. In più occasioni la giurisprudenza ha analizzato l’ipotesi di inapplicabilità

di tali articoli qualora il contratto concluso mediante l’utilizzo di tecniche coercitive sia

comunque vantaggioso per il soggetto contraente, giungendo, però, alla conclusione che

il “pregiudizio alla libera determinazione volitiva del soggetto va inteso in senso

assoluto, senza alcun riferimento al vantaggio ovvero al danno patito dal consumatore

con la conclusione del contratto71”. Tale risoluzione si evince sia nelle prime pronunce

dell’Agenzia della Concorrenza e del Mercato, che propende in maniera netta per

un’interpretazione del requisito del pregiudizio in senso neutro, e nella stessa

definizione presente nell’articolo 24 del Codice del consumo, la quale, facendo

riferimento alla mera possibilità di induzione in errore, tende ad escludere tra le

esimenti i benefici che il consumatore ha potuto ricavare dalla stipulazione del contratto

stesso.

La disciplina che si sta analizzando indica anche gli elementi per individuare

l’aggressività della pratica sin dal primo articolo e, infatti, sia l’articolo 8 della direttiva

2005/29 che il 24 del Codice del Consumo fanno espressamente riferimento alla

“fattispecie concreta” in cui si esplica la pratica e autorizza a tener conto “di tutte le

caratteristiche del caso” al fine di una corretta qualificazione. Come si evince

dall’articolo 24 del decreto legislativo 206/2005 sono rinvenibili tre tipologie di pratiche

commerciali aggressive: molestia, coercizione e indebito condizionamento. Nell’ambito

della direttiva comunitaria queste tre tipologie sono esplicitate nell’art. 9 e, sebbene

sarebbe stato auspicabile recepire l’articolo 9 della già citata direttiva all’interno

dell’articolo 24 del Codice del consumo per garantire un’omogeneità con la clausola di

specie, il legislatore italiano ha preferito suddividere la disposizione comunitaria in più

articoli, riservando all’articolo 25 la disamina nello specifico delle singole fattispecie.

71 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 180.

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Capitolo II

77

2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione

dell’aggressività di una pratica commerciale

Come scritto al termine del precedente paragrafo, il legislatore europeo ha

ritenuto necessario operare una valutazione di aggressività il più possibile rapportata

alla fattispecie concreta mediante la redazione dell’articolo 9 della direttiva e che trova

sede nell’ordinamento italiano nell’articolo 25 del decreto legislativo 206/2005. Nello

specifico l’articolo riporta che “nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai

fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o

indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi: a) i tempi,

il luogo, la natura o la persistenza; b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale; c) lo

sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza

specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di

influenzarne la decisione relativa al prodotto d) qualsiasi ostacolo non contrattuale,

oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda

esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di

cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;

e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione sia manifestamente

temeraria o infondata72”.

È possibile individuare alcune divergenze linguistiche nel recepimento

dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 2005/29 da parte dei Paesi dell’Unione

Europea ed è bene proporre alcuni esempi di queste differenze tra gli Stati Membri al

fine di comprendere se queste diverse scelte lessicali possono compromettere il

tentativo di armonizzazione della disciplina oggetto del presente lavoro. La disposizione

c) non è stata recepita in egual modo nei vari ordinamenti degli Stati Membri e, infatti,

ad esempio, nella versione tedesca è presente il riferimento a concrete situazioni di

disgrazia o a circostanze di gravità di cui il professionista è consapevole e che sono tali

da alterare il giudizio del consumatore. Nella versione inglese e in quella francese è

sempre presente il richiamo ad ogni specifica sventura e al suo sfruttamento

consapevole. La “traduzione” italiana, dunque, va intesa come sfruttamento

72 Articolo 25 del codice del consumo.

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Capitolo II

78

consapevole di eventi tragici in grado di alterare la formazione del processo volitivo.

Possono superare il confine che determina il passaggio dalla pubblicità ingannevole alle

pratiche commerciali aggressive, le condotte di cartomanti e improvvisati guaritori che

stimolano l’acquisto di talismani o servizi di previsione del futuro proprio perché fanno

leva sugli stati di disagio che attraversano i propri clienti73. Anche nel caso della lett. d)

è possibile rilevare una discrepanza fra il testo italiano e quello di altri paesi

dell’Unione Europea: non si è concordi, infatti, sull’utilizzo dell’aggettivo “oneroso”

(presente sia nell’ordinamento italiano che nell’ordinamento inglese) dal momento che

in Germania e in Francia si è preferito adoperare lemmi quali “aggravante” e

“importante” che riflettono un margine di tutela maggiore per il consumatore. Si pensa

ad una tutela maggiore perché un ostacolo può non essere oneroso da un punto di vista

economico, ma allo stesso tempo può risultare gravoso per l’acquirente. È da precisare

che affinché sia applicabile quanto disposto dalla lett. d), è necessario che gli

impedimenti non afferiscano a prerogative contrattuali perché, in quel caso, andrebbero

applicate altre norme e per l’esattezza gli articoli 33 e seguenti del decreto legislativo

206/2005. Ipotesi di fattispecie in cui è possibile far ricorso al disposto preso in esame

sono quelle di tipo ostruzionistico in cui il professionista richiede al consumatore

documentazione non pertinente o di difficile reperibilità o non esaudisce la volontà del

soggetto quando questi manifesti l’intenzione di voler smettere di usufruire di un

servizio. In realtà, come risulta alquanto evidente, queste ipotesi appena citate non sono

pedissequamente ascrivibili a comportamenti aggressivi (intendendo in questa sede il

termine “aggressivo” nell’accezione italiana più classica) né si configurano come vere e

proprie molestie o coercizioni, pertanto si deduce che il legislatore abbia creato un

quarto profilo, distinto e parzialmente slegato dal resto della disciplina. La lettera e)

dell’articolo 25 Codice del Consumo, infine, è quella che si presta a maggiori differenze

linguistiche e contenutistiche in cui l’interpretazione di azione legale è stata intesa fino

al senso più ampio, comprensivo anche di ogni singolo atto processuale74. Ovviamente

tanto più è estesa l’interpretazione tanto più meticolosa sarà la protezione offerta.

Nonostante le differenze sopracitate, l’art.9 della direttiva comunitaria 2005/29

73 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 187. 74 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 311.

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Capitolo II

79

rappresenta un elemento comunque fondamentale per chiarire come determinare una

pratica commerciale aggressiva.

Focalizzando l’attenzione sull’articolo 25 del Codice del consumo, si evince

come il disposto della lett. a) possa considerarsi normalmente applicabile a qualsiasi

attività posta in essere dal professionista e, di conseguenza, costituisca un parametro di

valutazione generale per i criteri che sono esplicitati nelle lettere seguenti. La lett. a),

facendo riferimento, anche se di riflesso, all’intero arco temporale dello svolgimento

della pratica, ribadisce quanto più volte stabilito nell’ambito del Codice del consumo

stesso e cioè che la protezione del consumatore è da intendersi valida prima, durante e

dopo un’attività commerciale. Se non c’è dubbio che tempo, luogo, natura e persistenza

del comportamento siano rilevanti ai fini della valutazione della scorrettezza e della sua

attitudine a coartare i consumatori, come lo è pure la precisazione circa le possibili

forme che la minaccia può assumere (la lett.b) affronta la problematica della minaccia

fisica o verbale), lasciano adito a qualche dubbio le altre lettere presenti nell’articolo,

all’interno delle quali più che essere riportati dei criteri interpretativi oggettivi si

rinvengono alcuni esempi concreti di condotte aggressive75. Tali esemplificazioni, per

quanto possano risultare utili all’interprete, potevano lasciare spazio a precisazioni più

pregnanti ai fini dell’individuazione dell’illecito e specialmente sulla coercizione e sulla

molestia, di cui, almeno in questa sede, manca una vera e propria definizione. A

supporto della tesi di una scelta non troppo corretta da parte del legislatore italiano, si

può aggiungere che molti comportamenti in questione e presi in considerazione nel

corpus dell’articolo 25 risultano analizzati in altre fonti del diritto, seppure sotto diversi

profili. Questa costatazione porta alla conclusione che in determinate fattispecie si

prediligano le altre norme preesistenti nel nostro ordinamento76. È possibile concludere

che “ gli elementi rilevatori di aggressività richiamano categorie valutative aperte che,

75 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.330 76 In particolare, per quanto riguarda, le condotte coercitive è presente nell’ordinamento italiano il ricorso all’articolo 610 del codice penale che configura determinati atteggiamenti nell’ambito del delitto di violenza privata. In aggiunta è punibile anche il mero tentativo di utilizzo di violenza ai sensi dell’articolo 56 c.p. Cfr. Ubertazzi, op.cit.

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Capitolo II

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al pari della costruzione della clausola generale di slealtà, dovrebbero consentire

all’interprete di sussumere molte situazioni nella normativa in questione77”.

2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste

Dopo aver analizzato gli elementi che possono considerarsi utili per

l’individuazione delle pratiche commerciali aggressive, in questo paragrafo e nei

prossimi si prenderanno in esame nello specifico le tre tipologie di attività commerciali

illecite in cui è stata divisa la presente disciplina: molestie, coercizione e indebito

condizionamento.

Le pratiche moleste consistono in quelle condotte che, per modalità, tempo,

luogo e durata devono essere potenzialmente o attualmente idonee a limitare

considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in

relazione al prodotto ed avere la capacità di indurlo in potenza o in atto ad assumere

decisioni non volute78. È importante sottolineare il termine “considerevolmente”

quando si discute di pratiche moleste, perché il legislatore mira ad evitare che possano

ricadere in questa fattispecie anche quelle naturali insistenze che un professionista

esprime per ottenere il consenso da parte del consumatore. Si deduce che solo quei

comportamenti che oltrepassano la soglia di tale ordinaria insistenza possono essere

ascritte tra le attività sleali poiché sono punite quelle pratiche che sono tali da riuscire a

stremare il volere dell’acquirente proprio a seguito di una petulante ostinazione proposta

dal venditore.

La definizione di molestia fornita dal legislatore nazionale ha una valenza del

tutto non tecnica, ma volutamente, perché si è preferito mantenere una certa autonomia

della normativa del consumo rispetto agli ordinamenti giuridici nazionali al fine di

conservare la prerogativa della direttiva europea 2005/29 e armonizzare la disciplina in

tutti gli Stati Membri. Una classificazione diversa delle pratiche commerciali moleste

avrebbe potuto comportare un’ingerenza troppo ingente per i vari sistemi nazionali. In

attesa di una formulazione di tale concetto da parte dell’AGCM, per avere un quadro

77 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 189. 78 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 319.

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Capitolo II

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più chiaro di cosa si intende per pratiche moleste è possibile avvalersi degli esempi

riportati nella seconda parte dell’allegato I della direttiva comunitaria e nell’articolo 26

del Codice del Consumo, in cui sono elencate quelle pratiche che devono essere sempre

considerate aggressive. In base alle ipotesi presenti nelle lettere b), c) e g) si deduce

facilmente che “le pratiche commerciali moleste si traducono in veri e propri atti

fastidiosi, invasivi della sfera privata del consumatore – vittima e tali da ingenerare in

quest’ultimo una effettiva suggestione o interferenza79”. L’effettuazione di ripetute e

sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o

mediante qualsiasi altro mezzo di comunicazione a distanza, tranne che per le

circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini

dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale, sono esempi espliciti di pratiche

moleste.

2.1.2. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: la coercizione

Come nel caso delle pratiche commerciali moleste, anche la definizione precisa

di condotta coercitiva non è presente in modo chiaro nell’ordinamento italiano e ciò ha

dato adito a diverse interpretazioni e a diversi modi di impostare l’inquadramento della

disciplina. Si è concordi comunque nell’accettare che le pratiche coercitive consistono

in minacce verbali o costrizioni fisiche che impongono al consumatore la stipulazione

del contratto, sebbene ancora si dibatte sulla tipologia e la quantità di pressione che

deve subire l’acquirente per poter ricorrere alla tutela da parte dell’ordinamento italiano.

Le costrizioni fisiche possono sostanziarsi in comportamenti materiali rivolti contro il

soggetto contraente e, di nuovo, si possono analizzare gli esempi riportati dall’articolo

26 del Codice del Consumo per avere una visione più nitida. Afferiscono ad attività

coercitive, dunque, le pratiche aggressive consistenti nel creare l’impressione che il

consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto80

e nell’effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti

79 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 182. 80 Cfr. n.24, allegato I, direttiva 2005/29/Ce, articolo 26 lett. a) del Codice del Consumo.

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Capitolo II

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dell’acquirente a lasciarla, imponendo, di riflesso la propria presenza81. Si pone il

consumatore di fronte alla scelta del male minore: può decidere di cedere e stipulare il

contratto o fare in modo che la minaccia si realizzi.

Le pratiche coercitive fanno riferimento indubitabilmente al classico vizio del

consenso. Nel diritto europeo la violenza è infatti normalmente considerata quale vizio

della volontà. “Di regola è concessa la possibilità di impugnare il contratto a colui che

lo ha concluso sotto l’effetto di una situazione di costrizione provocata da una minaccia,

dall’intimidazione o dalla coazione morale, situazione nella quale l’incolumità fisica,

l’onore, o il patrimonio di lui stesso o di persone a lui vicine siano in pericolo82”.

Un consumatore può chiedere di invalidare un contratto, in base alla

legislazione europea, quando il comportamento che subisce da parte del professionista è

antigiuridico, indipendentemente dallo scopo che si persegue. Ovviamente è semplice

ascrivere nel novero delle condotte antigiuridiche esempi quali percosse, sottrazione o

distruzione di un bene di proprietà mentre è più difficile ricorrere all’annullamento del

contratto quando il torto denunciato non compare nella lista degli atteggiamenti

antigiuridici, bensì si basa sull’esercizio di un’azione civile o penale ingiusta. A questo

proposito, il ricorso alla minaccia di adire alle vie legali, quando tale minaccia è

perpetrata solo con l’obiettivo di conseguire vantaggi scorretti, è ugualmente sanzionata

dagli ordinamenti europei. In buona sostanza, tale pratica commerciale scorretta si

realizza, quando forme di pressione creano una consapevole situazione di costrizione ed

il suo sfruttamento da parte del professionista incide sulla libera scelta del consumatore.

“Le ipotesi di pratiche coercitive, lungi dall’essere riferite a fattispecie già codificate,

esplicano la loro efficacia su un piano più ampio rispetto agli istituti tradizionali, ben

potendo, qualora ve ne siano i requisiti, concorrere con questi nella repressione di

comportamenti vizianti83”.

81 Cfr. n. 25, allegato I, direttiva 2005/29/Ce, articolo 26 lett. b) del Codice del Consumo. 82 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 319. 83 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 183.

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Capitolo II

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2.1.3. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: l’indebito condizionamento

L’indebito condizionamento del consumatore rappresenta la fattispecie di

maggior interesse perché sotto certi aspetti richiama problematiche che oggi non

vengono più trattate, ma che fino al dopoguerra erano davvero dibattute inerenti

all’utilizzo nelle pratiche commerciali di talune tecniche persuasive quali la subliminal

projection, l’advertising ossessivo o quello basato sulla motivational reserarch,

verosimilmente capaci di manipolare la volontà dei destinatari84.

Nella direttiva comunitaria 2005/29/Cee all’art. 2 lett. l) è presente la

definizione di indebito condizionamento il quale va inteso come “lo sfruttamento di una

posizione di potere per esercitare una pressione, senza il ricorso alla forza fisica, in

modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione

informata.” La definizione di indebito condizionamento ha dato adito a diverse

riflessioni: innanzitutto “la posizione di potere” è da intendersi valida, in questo caso,

solo nei rapporti commerciali tra professionista e consumatore e non va confusa con

l’espressione tipica di “abuso di posizione dominante” riferibile propriamente al

rapporto tra imprese. Il concetto di indebito condizionamento, inteso, dunque, come

sfruttamento di una posizione di potere, non deve neanche essere assimilato alle

asimmetrie informative che caratterizzano la fase strettamente contrattuale dal momento

che, come scritto in più punti di questo lavoro, la tutela del consumatore tende ad essere

estesa all’intero rapporto tra l’imprenditore e l’acquirente, sin dal primo contatto. Sia la

direttiva comunitaria 2005/29, sia la legge italiana di recepimento non forniscono,

dunque, elementi per individuare con certezza il significato di “posizione di potere” la

cui nozione potrebbe essere riferita alla soggezione psicologica in cui l’insistenza,

l’autorevolezza e la supposta attendibilità dei mass media pongono il consumatore

nell’impossibilità di discutere criticamente gli inviti all’acquisto a lui rivolti. Ancora

una volta, come più volte si è sottolineato nel corso dell’analisi dell’articolo 25, fra gli

elementi di valutazione che più direttamente attengono alla figura di “indebito

condizionamento”, un rilievo centrale assume quello di cui alla lett. c) della

disposizione in oggetto, che si riferisce allo sfruttamento di eventi tragici o di

84 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 340.

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Capitolo II

84

circostanze specifiche gravi tali da compromettere le facoltà decisionali del

consumatore.

2.2. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la seconda black list

del Codice del consumo.

Nell’articolo 26 del decreto legislativo 206/2005 è possibile rinvenire la

seconda black list del Codice del Consumo in cui sono elencate le pratiche commerciali

in ogni caso aggressive. L’articolo che sarà oggetto di studio del presente paragrafo

recita quanto segue: “sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche

commerciali: a) creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali

commerciali fino alla conclusione del contratto; b) effettuare visite presso l’abilitazione

del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non

ritornarvi, furché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge

nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale;c) effettuare ripetute e

non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o

mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, furchè nelle circostanze e nella

misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini di un’obbligazione

contrattuale, fatti salvi l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno

2003, n.196; d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di

risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che

non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza

della richiesta, o omettere sinteticamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al

fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali; e) salvo

quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005 n.177, e successive modificazioni,

includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché

acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti

reclamizzati; f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia

di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo

quanto previsto dall’articolo 54 co.2, secondo periodo; g) informare esplicitamente il

consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o

la sussistenza del professionista; h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il

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Capitolo II

85

consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione

un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita

equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita

equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del

consumatore.85”.

Questo articolo fornisce, anche se non è rinvenibile un ordine preciso, una

casistica delle pratiche considerate sempre aggressive e, se si considerano in aggiunta le

pratiche commerciali citate già nell’articolo 25, il quadro che ne risulta, benché si tratta

di un’enumerazione solo esemplificativa, è di sicura utilità86.

L’impressione generale, tuttavia, è che alcuni dei comportamenti in questione

non trovino riscontro nella nostra realtà commerciale odierna, ma sono stati inglobati lo

stesso all’interno della direttiva europea 2005/29 per reprimere tali attività commerciali

negli Stati Membri in cui è plausibile che vengano effettuati. Come già analizzato per la

black list precedente, il legislatore deve solo accertare se alcune pratiche rientrino in tale

lista, senza dover verificare la loro idoneità ad influenzare le decisioni dei consumatori.

Le figure d’illecito contemplate nell’articolo 26 del Codice del consumo attengono a

diversi momenti del rapporto impresa-consumatore, riflettendo in alcuni casi situazioni

che trovano un riscontro in norme preesistenti ed in altri fattispecie del tutto nuove.

2.3. Analisi delle pratiche sempre aggressive

Dopo aver chiarito il contenuto dell’articolo 26 del Codice del Consumo e la

ratio con la quale è stato redatto è interessante passare in rassegna le singole pratiche

che costituiscono la seconda black list. Come precedentemente realizzato per la prima

lita nera del codice del consumo, anche in questo caso si procederà ad un’ulteriore

classificazione che nello specifico riconosce: pratiche minatorie (lettere a) e g)), quelle

petulanti ( lettere b), c), e) ed f)), e, infine quelle defatiganti (lettera g))87.

85 Cfr. Articolo 26 del Codice del consumo. 86 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 341. 87 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 196.

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Capitolo II

86

2.3.1. Le pratiche minatorie

La lettera a) (“creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i

locali commerciali fino alla conclusione del contratto”) costituisce, di fatto, una

tipologia di pratica coercitiva per la cui realizzazione è sufficiente che l’acquirente

abbia l’impressione di non poter uscire da un negozio, senza prima aver stipulato un

contratto o comprato della merce, in ragione della condotta del professionista o dei suoi

collaboratori o della disposizione dell’ambiente stesso in cui sono presenti ostacoli che

rendono impraticabile l’abbandono dell’esercizio commerciale88. È necessario

sottolineare che non è obbligatorio che l’impressione sia fondata o meno per essere

ascrivibile come condotta antigiuridica né che l’imprenditore abbia creato tale

situazione volontariamente, ma basta che il consumatore abbia avvertito una pressione

psicologica che operasse nel senso prescritto dalla norma.

In attesa che la giurisprudenza fornisca maggiori dettagli per aiutare a capire

quando possano sostanziarsi delle pratiche che generano circostanze psicologiche

afferenti alla presente fattispecie, è possibile individuare, ad esempio, le dimostrazioni

obbligate durante lo svolgimento di escursioni turistiche. Queste pratiche trovano scarsa

o quasi nulla applicazione nel mercato italiano e, avendo sempre come riferimento le

capacità del consumatore medio, e di riflesso la sua esperienza, è raro, ad esempio, che

trovi angusti spazi come quelli dei supermercati e i percorsi obbligati in essi presenti.

Una precisazione, invece, da riportare è inerente alla definizione di “locale

commerciale” che comprende ovviamente gli spazi di proprietà dell’imprenditore, ma

anche quelli su cui questi abbia la disponibilità provvisoria (a qualsiasi titolo e per

qualsiasi durata). Ciò comporta che nell’ambito della locuzione inserita è possibile

comprendere gli spazi aperti come le strade o i parcheggi purché questi luoghi siano in

grado di creare quella pressione psicologica più volte citata.

Nella medesima classificazione di pratica commerciale minatoria si inserisce il

contenuto della lettera g) ( “informare esplicitamente il consumatore che se non acquista

il prodotto o il servizio sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista”).

Questa pratica si pone come un’attività commerciale che indubitabilmente condiziona il

88 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 336.

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Capitolo II

87

consumatore il quale è sottoposto ad una pressione di tipo morale che potrebbe portarlo

ad essere più disponibile e prestare il proprio aiuto a chi è in difficoltà. Il termine

professionista è da intendersi in accezione davvero ampia dal momento che include

qualsiasi dipendente o semplice incaricato che compie tale atto illecito. Contrariamente

a quanto esplicitato prima per la lettera a) in cui anche un’impressione può considerarsi

un elemento idoneo per ricorrere alla protezione della norma, in questo caso, invece, il

professionista deve riportare in maniera esplicita la possibilità che un mancato acquisto

possa alterare negativamente la propria condizione. Se condizioni poco idilliache

dell’imprenditore siano esclusivamente inferite dall’acquirente, ma senza una

dichiarazione diretta dell’imprenditore non sussiste una pratica commerciale

aggressiva89.

2.3.2. Le pratiche petulanti

Appartengono alla tipologia delle pratiche petulanti ben quattro lettere

dell’articolo 26 del Codice del Consumo e, di conseguenza, quattro punti della seconda

parte dell’Allegato I della direttiva comunitaria 2005/29.

La pratica proposta nella lettera b) (“effettuare visite presso l’abilitazione del

consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non

ritornarvi, furché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge

nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale”) rappresenta, come già

avviene per la lettera a), una concretizzazione di un’attività commerciale coercitiva.

Non è necessario che il luogo in cui tale pratica commerciale si realizzi sia

obbligatoriamente il domicilio o la residenza del consumatore (è sufficiente che la

pratica si svolga nelle immediate vicinanze dell’abitazione) né tantomeno che questa

visita indesiderata sia stata concordata anticipatamente o costituisca una situazione

accidentale. L’unico elemento degno di nota, affinché si commetta un illecito, è che il

consumatore inviti il professionista a lasciare il proprio appartamento e questi non lo

faccia90.

89 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 344. 90 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 337.

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Capitolo II

88

La pratica commerciale lettera c) (“effettuare ripetute e non richieste

sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro

mezzo di comunicazione a distanza, furchè nelle circostanze e nella misura in cui siano

giustificate dalla legge nazionale ai fini di un’obbligazione contrattuale, fatti salvi

l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196”) trova

giustificazione per il fatto che l’aggressività è insita nelle attività commerciali e nelle

proposte promozionali, proprio perché non richieste in alcun modo dall’acquirente. La

particolarità di questo disposto è il riferimento alla normativa sulla privacy che

corrobora il divieto di comunicazioni non autorizzate, le quali, però, non sono le uniche

ad essere sanzionate. Possono essere configurate nella medesima fattispecie anche

quelle comunicazioni che, ricevuto il consenso da parte del soggetto, sono presentate

con modalità e frequenza tali da divenire moleste.

La pratica commerciale che riguarda la lett.e) dell’articolo 26 del Codice del

Consumo ( “salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005 n.177, e

successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione

diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare

loro i prodotti reclamizzati”)mira a tutelare non solo i bambini, ma anche i genitori e gli

adulti che possono essere facilmente influenzati dai più piccoli. Tale protezione non

rappresenta una novità nel panorama italiano dal momento che anche nel Codice di

autodisciplina pubblicitaria l’articolo 11 prevede che occorre una maggiore attenzione

nel formulare i messaggi destinati ai più giovani evitando di far ritenere che il mancato

possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento

dei loro compiti da parte dei genitori e, proprio come nel Codice del Consumo, si

sottolinea che non vanno esercitate pressioni per indurre nei bambini la volontà di

sollecitare altri all’acquisto del bene91. Punto di riferimento soggettivo della pratica in

esame sono appunto i “bambini”, il cui concetto non è definito nella direttiva

comunitaria 2005/29, ma è possibile rinvenire in una direttiva precedente, la direttiva

89/552/cee92, che siano considerati minori i ragazzi che abbiano compiuto il

quattordicesimo anno d’età. Resta comunque da chiarire se debbano essere esclusi dalla

protezione di questa fattispecie i minori compresi tra i quattordici e i diciotto anni anche

91 Cfr. Codice di autodisciplina pubblicitaria, art. 11. 92 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 340.

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Capitolo II

89

se, in base al diritto interno, sembra valga la soluzione opposta e che, dunque, ci sia

protezione fino ai diciotto anni.

La lettera f) (“esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la

custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha

richiesto, salvo quanto previsto dall’articolo 54 co.2, secondo periodo”) è un classico

esempio di pratica molesta e può essere facilmente ricondotto alla fattispecie della

fornitura non richiesta disciplinata dall’articolo 57 del Codice del Consumo. L’illecito si

sostanzia perché il consumatore spesso non è consapevole che non è tenuto al

pagamento o alla restituzione o alla conservazione di beni o servizi che non ha richiesto

e se l’imprenditore porta l’acquirente a credere che sia obbligato all’esborso di denaro si

aggiunge a tale pratica aggressiva anche la fattispecie dell’ingannevolezza, causata da

un’informazione decettiva. Il prodotto è “non richiesto” quando non è stato ordinato dal

consumatore o la merce che questi riceve è difforme da quanto, invece, è prescritto nel

contratto mentre la richiesta di pagamento può assumere qualsiasi forma: dall’invio di

un bollettino alla semplice preghiera di saldare il conto in sospeso. È sanzionata in egual

misura anche la richiesta di restituzione dei beni, nonostante il fatto che il professionista

si faccia carico delle spese di spedizione perché tale atteggiamento arreca comunque un

fastidio al consumatore che è costretto a conservare quanto ricevuto e a rispedirlo.

Talvolta, la molestia della rispedizione può interferire nella scelta di acquistare il

prodotto, soprattutto se il costo totale non è esorbitante. Esempi concreti di applicazione

di tale disposto si sono riscontrati nell’ambito della telefonia, in cui una compagnia

obbligava i propri utenti al pagamento di telefonate verso numeri speciali non effettuate

volontariamente dal cliente, ma attivate dai cosiddetti dialers, dietro la minaccia del

distacco della linea di base93.

2.3.3. Le pratiche defatiganti

Le ultime due pratiche commerciali aggressive che saranno analizzate nel

presente paragrafo sono mosse entrambe dallo scopo di “stancare il consumatore,

93 Cfr. Ubertazzi, op.cit. p.342.

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Capitolo II

90

fiaccarne la resistenza, demotivarlo per ottenere una legittima richiesta o un’aspettativa

da altri indotta94”.

La lettera d) dell’articolo 26 del Codice del Consumo (“imporre al

consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di

una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente

essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta, o omettere

sinteticamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un

consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali”) non richiede che vi sia una

specifica intenzione del professionista di frapporre ostacoli che hanno l’effetto di

dissuadere il cliente dal far valere le proprie pretese. La pertinenza a richiedere taluni

documenti deve essere valutata oggettivamente anche ricorrendo al principio di

proporzionalità e alla comune ragionevolezza. In ogni contratto possono essere stabiliti

anteriormente i limiti di quantità, qualità tipologia e scopo dei documenti esigibili. Il

disposto previsto nella lettera d) si lega indubitabilmente alla fattispecie prevista

dall’articolo 25 lett.d) in materia di ostacolo non contrattuale, mirando tale

collegamento a non relegare quanto previsto dall’articolo 25 come semplice criterio di

valutazione, ma rapportandolo ad un’attività commerciale concreta.

La lettera h) (“lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore

abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o

una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita equivalente

oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è

subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del

consumatore”), infine, è di difficile comprensione perché ad una prima analisi potrebbe

apparire come una pratica commerciale ingannevole piuttosto che aggressiva, ma la

collocazione nell’articolo 26 del decreto legislativo 206/2005 obbliga ad una riflessione

sulla natura della disposizione. A differenza di quanto previsto dalla lettera u)

dell’articolo 23 del Codice del consumo, in cui si paventa al consumatore la possibilità

di vincere un premio, nella fattispecie aggressiva si promette una vincita o l’esistenza di

un premio reale. Ciò comporta che l’illecito assuma i tratti dell’aggressività a causa

della pressione psicologica che si suscita nel cliente, il quale convinto di poter usufruire

94 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 198.

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Capitolo II

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di un vantaggio si trova di fronte alla realtà che questo vantaggio non esiste se non

dietro compenso ed esborso di denaro. Si segnala, dunque, che le formule del tipo “lei

ha già vinto” o quelle che enfatizzano le probabilità di vincere un premio secondo il

meccanismo noto come “everybody wins” sono state più volte censurate dall’Autorità

Garante della Concorrenza e del Mercato in un primo momento in base al decreto

72/1992 sulla pubblicità ingannevole e poi in base agli articoli aggiornati del Codice del

Consumo95. Quando si verificano delle ipotesi simili a queste appena analizzate, di

volta in volta, in base alle caratteristiche peculiari della pratica, si potrà propendere per

l’applicazione dell’articolo 23 o dell’articolo 26 del Codice del consumo96. Si annida in

tale rapporto un chiaro esempio di indebito condizionamento97 proprio per i ruoli che

rivestono le parti in causa: l’acquirente è, in questo caso, un contraente debole che si

trova in una posizione subordinata e d’inferiorità mentre il professionista è forte e

controlla una stabile situazione strutturale di potere grazie all’essere colui che dispensa

regali. Se dopo la prima telefonata in cui si comunica al soggetto di essere in diritto di

poter riscuotere un premio, si forniscono ad esso tutte le informazioni sui i costi e le

modalità di spesa per poter godere effettivamente di quanto comunicato, allora la pratica

diventa lecita. Una corretta e preventiva informazione sugli oneri da sostenere è l’unico

modo per non incorrere in illeciti sanzionabili in base alle norme riportate nel Codice

del Consumo.

95 Cfr.Ubertazzi, op.cit, p.342. 96Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 199. 97 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 336.

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Capitolo III

92

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato:

analisi dei provvedimenti sulla tutela del consumatore dal 2007 ad

oggi.

Sommario: - 1. Introduzione - 1.1. I poteri dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato. - 2. Criteri di

segmentazione e prime valutazioni. - 2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi dei provvedimenti attivati. -

2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nell’ambito dei settori merceologici - 2.3. Tutti gli illeciti dal

2007 ad oggi.

*******

1. Introduzione

In questo capitolo si riporta un’analisi approfondita dell’operato dell’Autorità

Garante della Concorrenza e del Mercato con statistiche volte a rilevare, ad esempio, le

tipologie di illecito più frequenti, i provvedimenti presi, i settori merceologici per cui è

stato maggiormente richiesto l’intervento dell’Autorità stessa. Importante sarà

comprendere, inoltre, come sono modificate le decisioni rispetto al passato e quindi

rispetto alla precedente normativa. A tal fine, infatti, si è optato di prendere in esame un

periodo di tempo che si riferisse agli ultimi tre anni, dal 2007 ad oggi, dal momento che

le leggi a cui si fa riferimento attualmente sono entrate in vigore a partire dal 21

settembre 2007. Scegliere, dunque, il 2007 come anno di inizio di questa analisi

comporta la possibilità di constare qual era la situazione antecedente alle modifiche e

soprattutto com’è stato vissuto il passaggio a seguito del recepimento della direttiva.

Prima di riportare le tabelle e i relativi schemi, è d’obbligo premettere una brevissima

spiegazione su com’è composta l’Agcm, quali procedure adotta per determinare se

un’attività commerciale è illecita e quali sanzioni può infliggere, perché solo alla luce di

ciò, sarà possibile interpretare i dati che saranno forniti in seguito.

1.1. I poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

L’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato è un organo istituito dalla

legge 287 del 10/10/1990 ed opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e

valutazione (art. 10 comma 2, l. 287/90), la cui imparzialità, inoltre è garantita dalle

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Capitolo III

93

modalità di nomina dei suoi membri: persone di notoria indipendenza, dotate di grande

professionalità in materia economica e giuridica scelte in comune accordo dal

Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica. Tale

impostazione comporta che si può ritenere rispettato quanto disposto dall’articolo 11

della direttiva comunitaria 2005/29 in relazione alla richiesta di imparzialità dell’organo

competente a regolare le pratiche commerciali scorrette. L’articolo 11 della direttiva

appena citata si limita ad imporre agli Stati Membri di assicurare mezzi adeguati ed

efficaci per contrastare il diffondersi di attività commerciali illecite, dunque,

contrariamente alle nome sostanziali che definiscono nel dettaglio le fattispecie precise,

sono esplicitati pochi principi generali sui quali implementare i sistemi rimediali e

sanzionatori1. Si precisa solamente che l’autorità competente deve essere dotata del

potere di far cessare o vietare le pratiche scorrette, anche di poter agire con

provvedimenti d’urgenza e che essa deve motivare sempre e comunque le proprie

decisioni.

L’articolo 27 del Codice del Consumo designa l’AGCM quale autorità preposta

all’applicazione della presente disciplina. I poteri di indagine dell’Autorità in materie di

pratiche scorrette, che saranno brevemente analizzati, si rinvengono non solo

nell’articolo 27 stesso, ma anche nel regolamento interno dell’autorità sulle procedure

istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette con il provvedimento n. 17589

del 15 novembre 20072. La norma in esame ribadisce il sistema di applicazione binario3,

già delineato dall’articolo 26 del Codice del Consumo, non modificato dai decreti

legislativi 145/2007 e 146/2007, in tema di pubblicità ingannevole e comparativa: da un

lato, infatti, l’AGCM è delegata a prendere decisioni in merito alle attività commerciali

illecite, dall’altro il comma 15 dell’articolo 27, non esclude la giurisdizione del giudice

ordinario in materia di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598 del codice civile o

in violazione della disciplina sul diritto d’autore, dei marchi d’impresa e delle

denominazioni di origine protette. Si deduce che l’Autorità garante della concorrenza e

del mercato è preposta alla cura dell’interesse generale e al corretto funzionamento del 1 Cfr. G. Taddei Elmi, Art. 27 – 27 quarter , in G. Vettori (a cura di) “Codice del consumo –

Aggiornamento: pratiche commerciali scorrette e azione collettiva”, Cedam, Lavis 2009, p.115. 2 Cfr. A. F. Gagliardi, Pratiche commerciali scorrette, Utet, Torino 2009, p. 33 3 Cfr. A. Ciatti, La tutela amministrativa e giurisdizionale, in G. De Cristofaro (a cura di), Le pratiche

commerciali sleali tra imprese e consumatori, Giappichelli, Torino, 2007, p. 269.

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Capitolo III

94

mercato, mediante l’applicazione di sanzioni amministrative, ai giudici ordinari rimane

affidata la tutela civilistica dei singoli soggetti danneggiati da pratiche sleali.

A seguito della direttiva comunitaria 2005/29/Ce, la disciplina che regola

l’Antitrust non si è modificata molto rispetto al passato. Una grande novità che è

possibile rilevare è il potere conferito all’Autorità di poter agire non solo su iniziativa di

parte, ma anche ex officio (art. 27 co. 2 Codice del consumo) con la conseguente

possibilità di allargare l’ambito soggettivo e oggettivo dell’istruttoria4. Legittimato a

promuovere un’azione è chiunque manifesti un interesse nella pratica commerciale5,

sono incluse quindi anche le associazioni nazionali dei consumatori o i concorrenti.

Altra importante novità è rappresentata dalla norma che consente al

professionista responsabile di assumere l’impegno di porre fine alla pratica, così da

evitare che l’AGCM proceda ad accertare l’infrazione commessa. Si tratta di uno

strumento di tipo negoziale emerso dapprima informalmente nella prassi e poi è stato

recentemente inserito, con apposita novella, nella legge Antitrust italiana. La ratio della

strumento è duplice: da un lato assicurare all’AGCM un risparmio in termini di risorse

amministrative impegnate nell’attività di enforcement della disciplina (posto che la

presentazione degli impegni da parte del professionista deve necessariamente avvenire a

ridosso dell’apertura del procedimento, entro trenta giorni dopo la ricezione della

comunicazione di avvio); dall’altro ottenere un immediato ed efficace ri-allineamento

della condotta del professionista alle disposizioni del decreto, attraverso la volontaria

assunzione di un impegno vincolante a rimuovere l’illecito contestato6. La

presentazione di un impegno da parte dell’imprenditore presenta alcuni vantaggi.

Questi, infatti, a fronte di una supposta infrazione, si trova nella posizione migliore per

modificare la condotta oggetto di contestazione, eliminandone i profili di illiceità nella

misura meno invasiva per la propria attività d’impresa.

4 Cfr. Gagliardi, op.cit, p.34. 5 Cfr. Art. 27 co. 2 del decreto legislativo 206/2005 recita che “ l’Autorità, d’ufficio o su istanza do ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. 6 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.344.

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Capitolo III

95

È bene analizzare nello specifico come opera l’Autorità garante della

concorrenza e del mercato al fine di comprendere anche l’entità delle sanzioni e gli

effettivi poteri.

Una volta pervenuta la segnalazione, analogamente a quanto avviene per la

disciplina di intese e abusi restrittivi della concorrenza in base alla legge 287/90, il

procedimento prevede due fasi, una definita pre-istruttoria e l’altra istruttoria. Durante

la prima fase si raccolgono tutti gli elementi della fattispecie e in tale fase non è

consentito alle imprese l’accesso agli atti in possesso dell’Autorità per esercitare il

diritto di difesa. L’AGCM, eccezion fatta per i casi di particolare gravità, può invitare il

professionista a rimuovere ciò che determina la decettività della pratica e archiviare il

tutto7. La fondatezza dell’istanza viene valutata immediatamente dal collegio

dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in base alla documentazione

prodotta o quanto acquisito dal responsabile del provvedimento: se non sussistono i

presupposti per un approfondimento l’Autorità archivia la richiesta altrimenti dà l’avvio

all’istruttoria vera e propria con contestuale comunicazione al professionista e ai

soggetti che abbiano presentato l’istanza di intervento. Con la medesima comunicazione

viene indicato alle parti anche il termine per presentare eventuali memorie scritte o

documenti in modo da agevolare il contraddittorio e la trasparenza. Si rimanda allo

schema presente nella pagina seguente per avere una visione completa e d’insieme

dell’intero procedimento.

7 Cfr. Gagliardi, op.cit, p. 35.

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Capitolo III

97

Come si evince dallo schema, rispetto alla precedente normativa è aumentato e

anche in maniera ingente l’importo delle sanzioni che l’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato può infliggere. Prima delle modifiche del 2007, infatti,

l'Autorità poteva disporre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da

1.000 euro a 100.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione,

mentre a tutt’oggi i valori oscillano tra 5.000€ e 500.000€. Nei casi più gravi

l’ammenda non poteva essere inferiore a 25.000€, invece, in base alla nuova normativa

tale quota è raddoppiata. Questi esempi sono fondamentali per capire se i cambiamenti

apportati a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 possono

considerarsi validi deterrenti alla messa in pratica o alla reiterazione di atti illeciti da

parte dei professionisti e se, appunto, sanzioni pecuniarie più gravose possono limitare

il diffondersi di attività scorrette. Nell’analisi che seguirà nei prossimi paragrafi si terrà

conto proprio di questi fattori per descrivere il fenomeno che ha interessato

l’ordinamento italiano e il passaggio da pubblicità ingannevole a pratica commerciale

sleale.

2. Criteri di segmentazione e prime valutazioni

Per iniziare l’analisi dell’operato dell’Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato si è ritenuto opportuno individuare dei macrosettori di riferimento, ampliando

notevolmente la suddivisione riportata sul sito dell’AGCM. Sul sito ufficiale, infatti, le

statistiche sono effettuate su cinque settori merceologici (energia, comunicazioni,

credito e assicurazioni, alimentari – farmaceutico – trasporti, industria – servizi) e una

classe residuale che contiene le restanti pratiche commerciali. Tale suddivisione è

sembrata non adeguata e poco idonea a fornire un quadro esaustivo della situazione

italiana e dunque, si è optato per classificare le attività commerciali illecite in maniera

più puntuale, focalizzando l’attenzione su rami specifici dei macrosettori appena citati.

Nell’ambito del settore energetico, infatti, si sono messe in evidenza le

sentenze relative all’erogazione di gas e dei carburanti, quelle inerenti all’ecologia (in

particolar modo alla distribuzione dell’acqua e alla depurazione di questa stessa) ed

infine a quelle concernenti l’energia vera e propria, come la si suole intendere, dal

momento che la liberalizzazione in questo campo ha determinato il sorgere e lo

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Capitolo III

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svilupparsi di un’accanita concorrenza. Analogo lavoro si è effettuato per le

Comunicazioni che sono state divise in base ai provvedimenti che hanno interessato

l’editoria, la musica, la telefonia e la televisione. Per ciò che concerne il settore “credito

e assicurazioni”, così come precedentemente individuato dall’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato, si sono definite altre categorie e sono trattate in modo

separato le attività inerenti al settore bancario, a quello delle assicurazioni, a quello dei

crediti e dei finanziamenti. Benché nel terzo gruppo siano inglobati elementi alquanto

divergenti fra essi dal momento che sono accomunati settori quale il farmaceutico e

quello dei trasporti, si è preferito mantenere tale divisione per rendere più semplice ed

immediato il confronto con i dati reperibili sul sito www.agcm.it. Nell’ambito

dell’industria e dei servizi si è dato spazio alle modifiche più consistenti e proprio a tal

proposito si sono individuate le seguenti sottocategorie: abbigliamento, agenzie

immobiliari, arredamento, automobili, elettrodomestici, elettronica, estetica e cosmesi,

giochi – giocattoli e concorsi, istituti – scuole e corsi di formazione, inserzioni di

lavoro, turismo, industria pesante, onoranze funebri e, in ultimo, orologi e gioielli. Si è

prevista, infine, una categoria residuale denominata “varie” onde evitare che non

venisse rispettato il principio di esaustività della ricerca e che talune pratiche non

trovassero una collocazione.

Dopo aver chiarito il criterio di base con il quale è stata effettuata la

classificazione delle pratiche commerciali scorrette, è d’uopo sottolineare che rivestono

una certa importanza anche le ragioni con cui l’Autorità garante della concorrenza e del

mercato motiva le proprie sentenze dal momento che, sia per giudicare se un’attività è

illecita o meno, sia per infliggere una sanzione, l’AGCM si serve di un’analisi globale

del contesto di riferimento e delle condizioni di bilancio della società parte del

procedimento. Si è evidenziato più volte, infatti, che l’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato sia un organo preposto alla cura dell’interesse generale e al

corretto funzionamento del mercato stesso, lungi, quindi sanzionare un’azienda in modo

da comprometterne in maniera determinante e irreparabile la sopravvivenza. Per

riportare un esempio concreto e soprattutto recente di quanto appena affermato, è

possibile citare il caso che ha interessato la casa editrice “Fabbri Editori8” sanzionata

8 Cfr. Provvedimento 20090 del bollettino n. 28/2009 del 15 luglio 2009.

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Capitolo III

99

per il comportamento posto in essere dalla società RCS Libri, la quale ha diffuso

un’iniziativa editoriale di collezionabile denominata “Juke Box Collection”, omettendo

di indicare la durata ed il numero complessivo delle pubblicazioni. In particolare, tale

collezione, diffusa presso tutte le edicole a livello nazionale, riguardava la riproduzione

dei modelli più famosi di Juke Box realizzati dagli anni ’40 agli anni ’70. Si contesta in

tale procedimento che né sull’opuscolo allegato alla prima uscita, né sul sito internet

www.fabbrieditori.it, ora www.edicolafabbri.it, fosse precisato il numero complessivo

di uscite di cui si componeva l’intera collezione. Per determinare la quantificazione

della sanzione, dunque, si fa sempre riferimento alla gravità della violazione, all’opera

svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, alla personalità dell’agente,

nonché alle condizioni economiche dell’impresa stessa. Nel caso in esame si sono

effettuate precise valutazioni: in relazione alla gravità della fattispecie si è tenuto conto

della modalità di diffusione ovvero sul sito internet e nelle edicole a livello nazionale e

proprio per tal motivo si è determinato che l’attività praticata è grave perché suscettibile

di raggiungere e aver condizionato nelle scelte economiche un numero congruo di

consumatori. Sempre in relazione al parametro della gravità, si è considerato, inoltre,

che la pratica commerciale si è concretizzata in omissioni rilevanti riguardanti

caratteristiche essenziali del prodotto non riportate sulla confezione dell’iniziativa

editoriale. Per ciò che concerne la struttura dell’impresa si è constatato che RCS Libri è

un’impresa di grandi dimensioni, che vanta una posizione di rilievo nel panorama

dell’editoria italiana (si rileva che la società nel 2008 ha realizzato ricavi corrispondenti

a circa 307 milioni di euro, con un risultato di esercizio di circa 15 milioni di euro) e,

pertanto, è configurabile un maggior impatto pregiudizievole delle iniziative

pubblicitarie oggetto di valutazione.

Relativamente all’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare le

conseguenze dell’infrazione, nel caso di specie sono state considerate le modifiche della

comunicazione pubblicitaria presentate dal professionista successivamente all’avvio del

procedimento istruttorio. Alcune di tali modifiche, infatti, sono state ritenute

parzialmente idonee a rendere le comunicazioni commerciali più chiare al consumatore

e quindi da un importo base di 100.000€ che si era inizialmente previsto, si è stabilita

una riduzione della sanzione e di irrogare un’ammenda di 80.000€. Il caso appena

presentato costituisce un modello di come opera l’AGCM e di come sono regolate le

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Capitolo III

100

attività commerciali nell’ambito italiano. Questo modo di operare conduce ad alcune

riflessioni: se le sanzioni sono proporzionate per difetto quando le imprese non hanno

grandi fatturati, in alcuni casi anche il massimo dell’imponibile risulta irrisorio per

grandi società. Si può facilmente evidenziare come un’azienda come la Wind che nel

2008 ha realizzato un ricavato di 5.519 milioni di euro9 non possa essere incentivata dal

non ripetere atti illeciti se questi comportano introiti notevoli in luogo di ammende che

non incidono sul bilancio.

Per trarre delle prime valutazioni sulle attività illecite che sono state

individuate nel corso di questi tre anni di analisi e in base ai suddetti criteri si evince

che, come era d’altronde facilmente prevedibile, il settore più colpito è quello delle

comunicazioni al quale sono state inflitte sanzioni per un totale di 21.934.400 milioni di

euro, seguito dalle pratiche commerciali effettuate nell’ambito del settore bancario e

creditizio in cui si rinvengono sanzioni pecuniarie per un valore complessivo di

15.603.700 milioni di euro. Al terzo posto di questa particolare classificazione si colloca

l’intero campo di industria e servizi, ma tale posizione va interpretata con la dovuta

cautela: sebbene le ammende ammontino a ben 8.629.400 milioni di euro, queste sono il

frutto di attività implementate in vari settori merceologici che, come si è scritto

poc’anzi, spaziano dall’abbigliamento alle onoranze funebri, dai giochi a premio agli

istituti e corsi di formazione. Volendo capire l’entità delle sanzioni degli altri settori, si

ritrovano di seguito gli alimentari i prodotti farmaceutici e i trasporti a quota 7.508.400

milioni di euro, l’energia a quota 2.893.600 e, infine, la categoria “varie” che si attesta

intorno ai 2.394.800 milioni di euro. L’aumento delle sanzioni, a partire dall’entrata in

vigore della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette, è una fattore che

indubitabilmente ha influito nettamente sugli importi appena citati, anche perché è da

sottolineare che non è cresciuto in maniera cospicua il numero delle istruttorie attivate.

Non hanno determinato un proliferare di procedimenti, né una disciplina meglio

strutturata e comprensiva di un maggior numero di fattispecie rispetto al passato, né la

possibilità concessa all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato di poter

attivarsi ex officio.

9 Cfr. Bilancio consolidato al 31 dicembre 2008 presente sul sito: http://www.windgroup.it/download/investitori/bilanci/WIND_Biancio_Consolidato_31_12_08.pdf

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Capitolo III

101

Confrontando i dati tra il 2007 e il 2008, in modo da poter effettuare il

paragone sulle stesse 12 mensilità, piuttosto che fermarsi ad agosto 2009, si rileva come

il computo delle pratiche commerciali ascritte tra quelle illecite è più o meno simile,

257 nel 2007 e 249 nell’anno successivo10 mentre le sanzioni irrogate sono cresciute di

oltre sette volte.

Per avere comunque una prima e approssimativa visione della situazione italiana si è

creata la seguente tabella:

Figura 1, Suddivisione per articoli e per sanzioni - triennio 2007-2009. Ns. elaborazione.

Come si deduce dalla tabella, nel corso di questi tre anni risultano

maggiormente applicati gli articoli 20 – 21 – 22 e 23 del decreto legislativo 206/2005

rispetto al 24 – 25 e 26 dimostrando la veridicità di quanto supposto nel secondo

capitolo: alcuni dei comportamenti presenti, ad esempio, nella seconda black list non

trovano riscontro nella nostra realtà commerciale odierna, ma sono stati inseriti

ugualmente perché dette pratiche vengono forse poste in essere in altri paesi.

10 Fonte: www.agcm.it

MACROSETTORE 2007-2009

Articoli

Sanzion. €

nuovo

Sanzion. €

vecchi

Totale Sanzioni

Settori

20

n.

20

v.

21

n.

21

v.

22

n.

22

v.

23

n.

23

v.

24

n.

24

v.

25

n.

25

v.

26

n.

26

v.

Energia - Gruppo -

A-2.866.400 27.200 2.893.600 24 2 17 16 6 2 11 7 1

Comunicazioni -

Gruppo -B-20.224.500 1.709.900 21.934.400 162 51 139 50 118 7 17 4 44 49 2 22

Credito e

Assicurazioni -

Gruppo - C - 15.169.300 434.400 15.603.700 76 30 61 30 53 30 1 8 8 3

Alimentari,Farmac

eutico e Trasporti -

Gruppo - D - 7.274.600 233.800 7.508.400 74 18 73 18 17 19 1 5 1 1

Industria e Servizi -

Gruppo - E -7.697.800 931.600 8.629.400 154 63 133 52 62 11 52 8 7 5 3

VARIE - Gruppo -

F -2.094.600 300.200 2.394.800 28 18 25 17 9 3 10 3 1

55.327.200 3.637.100 58.964.300 518 182 448 167 275 21 134 19 75 2 70 2 29 0

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Capitolo III

102

2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi di procedimenti attivati

L’analisi condotta sulle pratiche commerciali scorrette ha permesso di

individuare le principali problematiche di intervento con cui si è confrontato l’Antitrust,

spesso tra l’altro presenti in uno stesso caso. In questo paragrafo si riportano le tipologie

di attività scorrette più frequenti, analizzando, ove possibile i casi più emblematici

processati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’illecito più diffuso

è quello relativo alla mancata indicazione dei costi complessivi delle offerte, omissioni

queste che si verificano soprattutto nei settori della telefonia11 (la società Fastweb, ad

esempio, è stata sanzionata tre volte per lo stessa condotta scorretta nel giro di quattro

mesi) e dei finanziamenti. Ogni volta, nella valutazione della decettività di un

messaggio promozionale si considera la comprensibilità e la completezza delle

informazioni fornite. Un’informazione completa, infatti, rappresenta l’onere minimo

che un professionista deve assolvere per garantire la corretta stima e convenienza del

prodotto. Non può costituire un’esimente il fatto che la costruzione dell’offerta mal si

presti ad essere illustrata chiaramente su supporti vincolati a rispettare determinati tempi

e spazi.

Nell’ambito delle pubblicità dei finanziamenti, un settore che si caratterizza per

la forte asimmetria informativa esistente tra gli operatori economici ed i consumatori in

ragione della complessità della materia in questione e della sporadicità del ricorso alla

fruizione dei servizi complessivamente offerti da una società finanziaria, si rilevano

statisticamente per lo più le omissioni di informazioni quali TAEG e TAN12 o l’assenza

del costo totale dell’intera operazione.

11 Cfr. Provvedimento n. 20093 - NOI WIND-MANCATA INDICAZIONE COSTI nel bollettino 28/2009, oppure Provvedimento n. 20053 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE in bollettino 27/2009, oppure Provvedimento n. 19662 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE nel bollettino n. 11/2009, oppure Provvedimento n. 190608 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE nel bollettino 9/2009. 12 Cfr. Provvedimento n.19778 - ASFINA-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 17/2009, oppure Provvedimento n. 19789 - EURO FIDITALIA-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 17/2009, oppure Provvedimento n. 19780 - SOLO MUTUI-OMISSIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 16/2009, oppure Provvedimento n. 19783 - EURO CONTRIBUTI-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 16/2009, oppure Provvedimento n. 19786 - GLOBAL FIN-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino 16/2009, oppure Provvedimento n. 19680 - SAN MATTEO FINANZA ETICA-AMBIGUA INDICAZIONE TAEG nel bollettino n. 12/2009, oppure Provvedimento n. 19681 - SERVIZI FINANZIAMENTI-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel

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Capitolo III

103

In tutti questi casi relativi al settore finanziario, l’AGCM ha sempre ravvisato

gravi scorrettezze stabilendo la contrarietà agli articoli 20 e 21 del Codice del Consumo

ed imponendo sanzioni comprese tra i 33.000€ e i 425.000€, a seconda della diffusione

della pratica commerciale analizzata.

Un altro illecito, molto diffuso nel corso del 2009, riguarda, invece, offerte di lavoro a

domicilio che in realtà non solo tali, ma costituiscono solo un escamotage per vendere

del materiale o richiedere soldi al consumatore che inconsapevolmente risponde ad un

annuncio su riviste a tiratura locale o nazionale13. Un esempio per chiarire tale attività

scorretta è quello posta in essere dalla società Pronto Moda, la quale su tre testate a

livello locale (Napoli, Palermo e Firenze) ha pubblicato le seguenti inserzioni: “Lavoro

a domicilio. Confeziona facile bigiotteria, una seria proposta con guadagni sicuri.

Pronto Moda 800.21.78.22 cell..[…]”; “Lavoro a domicilio. Confeziona facile

bigiotteria. Contattaci gratuitamente troverai la nostra offerta sicuramente

interessante. Pronto Moda 800.21.78.22 cell. […]”. Tutte le richieste di intervento

lamentano la presunta scorrettezza della pratica segnalata in quanto, in realtà, le

suddette inserzioni occulterebbero un’offerta di fornitura di materiale a carattere

oneroso, dissimulata dalla proposta di lavoro. In particolare, i segnalanti lamentano

l’omissione informativa nei suddetti annunci, circa il costo da sostenere al momento

della consegna della merce, e precisamente, il versamento di 45 euro “a parziale

garanzia” e l’ulteriore versamento di 25 euro “per spese di spedizione, imballo e

segreteria”, per un totale complessivo di 70 euro. Infine, gli stessi segnalanti lamentano

che, nonostante abbiano effettuato il lavoro di confezionamento dei suddetti bracciali e

spedito il prodotto finito, così come proposto dal professionista, non abbiano mai

ricevuto né il compenso promesso, né tanto meno il dovuto rimborso. Le pratiche

commerciali sleali ascrivibili a questa tipologia sono tutte sanzionate in base all’articolo

20 del Codice del Consumo ed anche dell’art.21 del medesimo decreto con particolare

riferimento al primo comma lett. a) relativo alla natura del prodotto. Le sanzioni, la cui

quantificazione è connessa alla gravità della situazione di debolezza contrattuale in cui

bollettino n. 12/2009, oppure Provvedimento n. 19683 - ITALMONEY NETWORK DI MANEA DAVIDE-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG in bollettino n. 12/2009. 13 Cfr. Provvedimento n. 20024 – ZALES nel bollettino 27/2009, oppure Provvedimento 20027 - CREAZIONI ANNABELLA-OPPORTUNITÀ DI LAVORO nel bollettino 27/2009, oppure Provvedimento 20030 - SOCIETÀ PRONTO MODA nel bollettino 27/2009.

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Capitolo III

104

si trovano i soggetti destinatari dell’inserzione pubblicitaria che normalmente si

identificano in quelle persone che cercano un lavoro e, come tali, sono facilmente

suggestionabili dalle offerte di lavoro all’apparenza allettanti, oscillano in un range

compreso fra i 10.600€ e i 75.000€.

Sono alquanto importanti anche i provvedimenti dell’Autorità Garante della

Concorrenza e del Mercato inerenti alle affermazioni scorrette con le quali si accredita

un prodotto sia nel campo dell’estetica e della cosmesi14 che degli alimentari15 ( merce

comune spacciata come prodotto di origine controllata). Degni di nota per chiarire al

meglio queste fattispecie sono i procedimenti conclusi ai danni della società Danone e

della società Unilever per la diffusione di messaggi pubblicitari relativi rispettivamente

ai prodotti “Danacol16” e “Pro-activ17” , promozionati come alimenti idonei per la

riduzione del colesterolo. Nelle comunicazioni proposte dalle due imprese si utilizzano

immagini e claim di grande impatto che correlano direttamente il consumo del prodotto

alla riduzione del colesterolo e al benessere cardiaco e ostentano la scientificità provata

degli assunti di efficacia. Nelle comunicazioni commerciali sono infatti contenute

informazioni che appaiono non veritiere e, comunque, nella loro presentazione

complessiva, aventi un contenuto ambiguo relativamente alle situazioni nelle quali può

risultare efficace l’assunzione del prodotto ed alla sua funzione di mero coadiuvante nel

trattamento dell’ipercolesterolemia. La condotta deve considerarsi grave in ragione del

fatto che essa appare scorretta sotto una pluralità di profili, relativi sia ad affermazioni

che ad omissioni ingannevoli, in un settore dove è richiesto un particolare livello di

cautela, quale quello della pubblicità di prodotti alimentari attraverso indicazioni

salutistiche.

La gravità della pratica va poi apprezzata in ragione della reiterata e vasta diffusione dei

messaggi pubblicitari censurati (la messa in onda degli spot oggetto d’analisi si è

protratta per oltre un anno), che sono stati veicolati con una pluralità di mezzi di

comunicazione e che hanno raggiunto una grande numero di consumatori. L’impresa

Danacol, dunque, anche alla luce dell’importanza e della dimensione e della reputazione

14 Cfr. Provvedimento 18415 – PERDIPESO CEROTTO RIMODELLANTE nel bollettino 20/2007. 15 Cfr. Provvedimento 20048 - CONDIMENTO TRADIZIONI REGGIANE nel bollettino 27/2009. 16 Cfr. Provvedimento 19816 – DANACOL nel bollettino 19/2009. 17Cfr. Provvedimento 19820 – PRO-ACTIV AIUTA A RIDURRE IL COLESTEROLO nel bollettino 19/2009.

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Capitolo III

105

di cui gode presso un target molto ampio, è stata sanzionata con un’ammenda pari a

300.000€.

Alcuni dei provvedimenti più importanti tra quelli adottati fino ad oggi in

materia di pratiche commerciali scorrette e che riguardano nello specifico la tipologia di

azioni aggressive, così poco presenti nell’ambito del mercato italiano, sono quelle

inerenti all’attivazione di forniture non richieste. Quest’ultime sono presenti ancora una

volta nel settore della telefonia, con un particolare riferimento ai servizi di suonerie e

contenuti in abbonamento18, ma soprattutto nel settore dell’energia elettrica e del gas.

Come già detto in precedenza, la diffusione di tali pratiche ha avuto origine nel periodo

successivo alla completa liberalizzazione del mercato delle forniture domestiche

avvenuta in Italia nel luglio 2007 e hanno interessato soprattutto la società Enel e i

tentativi di quest’ultima di sollecitare l’adesione dei consumatori alle offerte sottoposte

a prezzo libero. La differenza di tariffa costituisce uno dei cambiamenti fondamentali

alla base della liberalizzazione: ora è possibile proporre un prezzo che segua gli

andamenti del mercato anziché uno regolamentato e stabilito dall’Autorità dell’Energia

elettrica e del Gas. Alla luce di ciò, è considerato illecito utilizzare in mercati

liberalizzati di recente una comunicazione commerciale che non permetta

immediatamente al consumatore di distinguere la società del gruppo che opera con

tariffe imposte e quella, invece, che opera in un libero mercato19. Le pratiche

aggressive, invece, si sostanziano nel presentare ostacoli all’esercizio del diritto di

recesso manifestato dal consumatore. In particolare, nel procedimento n.18829 del

bollettino del 33/2008, che ha per oggetto proprio le attività commerciali poste in essere

dalla società Enel, è stato rilevato come sia scorretto procedere alla registrazione di

contratti conclusi per telefono, se questa stessa registrazione viene effettuata entro i 10

giorni stabiliti dal Codice del Consumo per permettere all’acquirente di recedere dal

consenso prestato. È ascrivibile nelle categoria delle attività ingannevoli anche

impiegare tempi lunghi per processare la richiesta di scioglimento di un contratto, nei

cui confronti si è esercitato il diritto di recesso soprattutto se, ignorando tale richiesta si

18 Cfr. Provvedimento n. 17856 – MODI.DADA.NET – BRANI MUSICALI GRATIS SUL CELLULARE in bollettino n. 1/2007, oppure Provvedimento 16728 – WWW.MESSAGGISMS.NET in bollettino n. 15/2007. 19 Cfr. Provvedimento n.18829 – ENEL ENERGIA, RICHIESTA CAMBIO FORNITORE nel bollettino n.33 /2008

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Capitolo III

106

espleta la pratica come una disdetta ordinaria, addossando sul consumatore oneri e spese

che, per legge, non dovrebbero essere a suo carico.

Volendo, in ultimo, citare brevemente altri tipi di illeciti frequenti è possibile

ritrovare la mancata predisposizione di prodotti posti in offerta, l’assenza di

informazioni rilevanti per usufruire di buoni o promozioni similari, l’equiparazione non

vera di titoli conseguiti presso istituti e corsi on line con quelli conseguiti, invece, nelle

università italiane o l’utilizzo improprio di termini, strettamente regolamentati, quali

“garanzia” e “assicurato”.

2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nei settori

merceologici

L’analisi condotta relativa alla tipologia di pratiche commerciali scorrette ha

permesso di evidenziare anche come sono cambiati e se sono cambiate le decisioni e gli

illeciti commessi nei vari settori merceologici dal 2007 ad oggi.

Nel settore energia ed in particolare in quello relativo alla distribuzione c’è

stato un sostanziale equilibrio dal momento che si sono individuati lo stesso numero di

illeciti, i quali, però, sono stati sanzionati con delle ammende più congrue proprio in

relazione al cambiamento del massimo imponibile che si è avuto a seguito del

recepimento della direttiva comunitaria 2005/29. Non si può fare un discorso analogo

per quel che concerne l’energia perché, come più volte sottolineato, la liberalizzazione

ha determinato un surplus di provvedimenti. Nei primi mesi del 2009, infatti, si sono

riscontrati ben 7 casi a differenza dei 2 presenti nei bollettini emanati dall’Antitrust

nell’intero anno 2007.

Le trasformazioni che hanno interessato il settore delle telecomunicazioni sono

quelle più evidenti sia per l’incremento del numero di procedimenti attivati e conclusi

dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia per le sanzioni inflitte. Nel

corso di questi tre anni, ad esempio, si constata l’applicazione nei confronti delle

compagnie telefoniche dell’articolo 20 del Codice del consumo, aggiornato in base alle

modifiche del decreto legislativo 146/2007, per un numero pari a 138 volte, ma solo 6

di queste sono relative al 2007. Si giunge alle medesime conclusioni anche analizzando

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Capitolo III

107

l’applicazione dell’articolo 21 che è stato attuato in 63 casi nel 2008 e già 52 nei primi

otto mesi del 2009, lasciando intendere che tale dato sia destinato a superare

ampiamente quello dell’anno precedente. Editoria, musica e programmi televisivi

presentano un essenziale staticità con variazioni non rilevanti da segnalare durante il

periodo oggetto del presente lavoro.

Interessante ai fini del lavoro è la situazione del settore bancario in cui si palesa

un fenomeno particolare: una concentrazione di procedimenti nel 2008 che ha

determinato sanzioni pari a 10.121.100 milioni di euro e pochissimi interventi

dell’AGCM nel restante periodo di analisi.

Per quel concerne, invece, il settore degli alimentari poche istruttorie

definiscono un monte sanzionatorio elevato dal momento che l’Antitrust pone

particolare attenzione nei confronti di questa determinata tipologia di prodotti. Al fine di

comprendere meglio la situazione italiana si è preferito riportare tutti i dati in tabelle di

immediata comprensione.

MACROSETTOREArticoli

PeriodiSanzion. €

nuovo

Sanzion. €

vecchi.

20

n.

20

v.

21

n.

21

v.

22

n.

22

v.

23

n.

23

v.

24

n.

24

v.

25

n.

25

v.

26

n.

26

v.

Energia - Gruppo -A-

Distribuzione gas /carburanti ( 01 ) Anno 2009 220.000 0 3 3 3

Anno 2008 205.000 0 3 2 1 3 1

Anno 2007 7.100 0 2 2 2

Totali 432.100 0 8 0 7 0 3 0 3 0 3 0 1 0 0 0

Ecologia ( 02 ) Anno 2009 130.000 0 4 3 3 1 2

Anno 2008 0 0

Anno 2007 3.600 0 1 1

Totali 133.600 0 5 0 3 0 4 0 1 0 2 0 0 0 0 0

Energia ( 03 ) Anno 2009 655.000 0 7 4 7 1 3 3

Anno 2008 1.625.000 0 2 1 1 1 3 3 1

Anno 2007 20.700 27.200 2 2 2 1 2

Totali 2.300.700 27.200 11 2 7 0 9 0 2 2 6 0 6 0 1 0

Totale gen. 2.866.400 27.200 24 2 17 0 16 0 6 2 11 0 7 0 1 0

Comunicazioni - Gruppo -B-

Editoria ( 10 ) Anno 2009 151.000 0 3 2 2 1

Anno 2008 450.100 0 4 2 3

Anno 2007 9.100 110.100 1 6 1 6 0 2

Totali 610.200 110.100 8 6 5 6 5 0 3 0 0 0 0 0 0 0

Musica ( 11 ) Anno 2009 0 0

Anno 2008 0 1.000 1 1

Anno 2007 77.200 25.000 2 1 2 2 1

Totali 77.200 26.000 2 2 2 1 0 0 2 0 0 0 0 1 0 0

Telefonia ( 12 ) Anno 2009 7.950.000 0 53 52 53 4 6 6 5

Anno 2008 10.119.500 134.300 79 4 63 4 53 3 36 41 15

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Capitolo III

108

Anno 2007 198.600 1.012.800 6 26 6 26 2 1

Totali 18.268.100 1.147.100 138 30 121 30 106 0 7 2 42 0 47 1 20 0

Televisione ( 13 ) Anno 2009 240.000 0 3 1 3 2

Anno 2008 999.400 332.700 10 7 9 7 4 7 5 2 2 2

Anno 2007 29.600 94.000 1 6 1 6

Totali 1.269.000 426.700 14 13 11 13 7 7 7 0 2 0 2 0 2 0

Totale gen. 20.224.500 1.709.900 162 51 139 50 118 7 19 2 44 0 49 2 22 0

Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -

Assicurazioni ( 20 ) Anno 2009 70.000 0 2 1 2 1 1

Anno 2008 130.000 0 1 1 1

Anno 2007 0 10.100 1 1

Totali 200.000 10.100 3 1 2 1 1 0 0 0 2 0 1 0 1 0

Bancario ( 21 ) Anno 2009 1.180.000 0 3 3 2 2 1 1 1

Anno 2008 10.121.100 0 26 26 25 25

Anno 2007 47.200 53.700 2 2 2 2

Totali 11.348.300 53.700 31 2 31 2 27 0 27 0 1 0 1 0 1 0

Credito ( 22 ) Anno 2009 0 0

Anno 2008 0 0

Anno 2007 0 14.100 1 1

Totali 0 14.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Finanziamenti ( 23 ) Anno 2009 2.273.000 0 19 7 18 3 4 4

Anno 2008 1.255.600 0 19 17 7 1 2 1

Anno 2007 92.400 356.500 4 26 4 26 1

Totali 3.621.000 356.500 42 26 28 26 25 0 3 1 5 0 6 0 1 0

Totale gen. 15.169.300 434.400 76 30 61 30 53 0 30 1 8 0 8 0 3 0

Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -

Gruppo - D -

Alimentari ( 30 ) Anno 2009 1.530.000 0 11 11 6 2

Anno 2008 517.900 0 8 8 1 1

Anno 2007 270.700 0 19 19 1

Totali 2.318.600 0 38 0 38 0 7 0 3 0 1 0 0 0 0 0

Farmaceutici ( 31 ) Anno 2009 115.000 0 3 2 3

Anno 2008 109.900 37.500 4 2 4 2 1 1

Anno 2007 395.800 29.100 11 1 11 1 1 7 3

Totali 620.700 66.600 18 3 17 3 1 0 10 1 3 1 0 0 0 0

Trasporti ( 32 ) Anno 2009 1.056.000 0 5 5 4 3 1 1

Anno 2008 3.231.500 34.200 10 5 10 5 5 3

Anno 2007 47.800 133.000 3 10 3 10

Totali 4.335.300 167.200 18 15 18 15 9 0 6 0 1 0 1 0 0 0

Totale gen. 7.274.600 233.800 74 18 73 18 17 0 19 1 5 1 1 0 0 0

Industria e Servizi - Gruppo - E -

Abbigliamento ( 40 ) Anno 2009 65.000 0 1 1

Anno 2008 195.100 0 3 3 2

Anno 2007 0 0

Totali 260.100 0 4 0 4 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Agenzie ( 41 ) Anno 2009 35.000 0 1 1

Anno 2008 65.200 0 4 4 2 4

Anno 2007 0 20.300 5 5

Totali 100.200 20.300 5 5 5 0 2 0 4 5 0 0 0 0 0 0

Arredamento ( 42 ) Anno 2009 145.000 0 3 3 3

Anno 2008 176.000 0 4 3 3

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Capitolo III

109

2.3. Tutti gli illeciti dal 2007 ad oggi

Si è deciso di riportare tutti dati ancora una volta sotto forma di tabella per

facilitare una visione d’insieme delle pratiche commerciali scorrette poste in essere dal

2007 ad oggi.

Anno 2007 1.000 26.800 1 4 1 4

Totali 322.000 26.800 8 4 7 4 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Automobili ( 43 ) Anno 2009 1.150.000 0 9 7 9

Anno 2008 461.700 124.000 10 5 4 3 1 6 2

Anno 2007 62.200 115.400 7 9 1 5 6 4

Totali 1.673.900 239.400 26 14 12 8 10 0 12 6 0 0 0 0 0 0

Elettrodomestici ( 44 ) Anno 2009 535.000 0 7 7 1 4

Anno 2008 240.700 4.600 6 1 6 1 4 7

Anno 2007 90.800 97.900 3 4 3 4

Totali 866.500 102.500 16 5 16 5 5 0 11 0 0 0 0 0 0 0

Elettronica ( 45 ) Anno 2009 220.000 0 2 2 1 1

Anno 2008 152.200 0 3 3

Anno 2007 97.400 77.300 4 4 4 4

Totali 469.600 77.300 9 4 9 4 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Estetica e cosmesi ( 46 ) Anno 2009 35.000 0 2 2

Anno 2008 415.200 0 7 7 1 2

Anno 2007 76.500 62.900 5 4 5 4 1 1 1

Totali 526.700 62.900 14 4 14 4 1 0 1 1 3 0 0 0 0 0

Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 ) Anno 2009 90.000 0 1 1 1

Anno 2008 493.500 82.200 12 2 11 2 1 9 2 1 1

Anno 2007 106.200 0 6 5 2

Totali 689.700 82.200 19 2 17 2 2 0 11 2 0 0 1 0 1 0

Istituti, scuole e concorsi di formazione (48 ) Anno 2009 425.000 0 6 6 6 1 1 1

Anno 2008 345.300 15.100 8 1 8 1 5

Anno 2007 30.700 73.600 3 6 3 6

Totali 801.000 88.700 17 7 17 7 11 0 1 0 1 0 1 0 0 0

Lavoro ( 49 ) Anno 2009 295.000 0 5 5 5

Anno 2008 90.000 0 2 2 2

Anno 2007 10.600 31.600 1 2 1 2 1 1

Totali 395.600 31.600 8 2 8 2 7 0 1 1 0 0 0 0 0 0

Turismo ( 50 ) Anno 2009 300.000 0 1 1 1 1 1

Anno 2008 233.800 1.000 11 1 11 1 3 1

Anno 2007 58.200 130.500 3 10 3 10 1

Totali 592.000 131.500 15 11 15 11 4 1 1 0 1 0 1 0 0 0

Industria ( 51 ) Anno 2009 398.500 0 3 1 2 2 2

Anno 2008 15.000 0 1 1 1

Anno 2007 0 32.700 2 2

Totali 413.500 32.700 4 2 1 2 2 0 0 0 2 0 2 0 2 0

Onoranze funebri ( 52 ) Anno 2009 50.000 0 1 1 1 1

Anno 2008 12.000 0 1 1

Anno 2007 0 35.700 3 3

Totali 62.000 35.700 2 3 2 3 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Orologi e gioielli ( 53 ) Anno 2009 525.000 0 7 1 7 6

Anno 2008 0 0

Anno 2007 0 0

Totali 525.000 0 7 0 1 0 7 0 6 0 0 0 0 0 0 0

Totale gen. 7.697.800 931.600 154 63 128 52 61 1 50 15 7 0 5 0 3 0

VARIE - Gruppo - F -

Varie Anno 2009 115.000 0 2 1 1 1

Anno 2008 1.897.100 81.300 20 2 19 2 7 7

Anno 2007 82.500 218.900 6 16 5 15 1 3 2 3 1

Totale gen. 2.094.600 300.200 28 18 25 17 9 3 10 3 0 1 0 0 0 0

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

n°- bol./prat. -

dataPRATICA COMMERCIALE

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Sanzion.

€ vecchi.

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26

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Energia - Gruppo -A-

Distribuzione gas /carburanti ( 01 )

26-20007 -

25/06/2009

DIRECT LINE INSURANCE-

OMAGGIO BUONI BENZINA 75.0001 - 1 - 1 -

18-19819 -

29/04/2009IMQ - PRODOTTI A GAS

70.0001 - 1 1- d 1 -

18-19855 -

07/05/2009

ACEA-OFFERTA RIDUZIONE

PREZZO ELETTRICITÀ 75.0001 - 1

1-

a,b,f1 1,2

Totali 220.000 0 3 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Ecologia ( 02 )

27-20032 -

01/07/2009

GRUPPO GLOBAL-NUMERO

VERDE 15.000 1 - 11-

a,b,25-19977 -

18/06/2009

UNIACQUE-CONTESTAZIONE

FATTURE 50.000 1 - 1 2

18-19823 -

29/04/2009

ACQUE POTABILI SICILIANE-

FATTURAZIONE FORFETTARIA 5.0001 - 1 - 1 - 1 d 1 -

10-19543 -

19/02/2009

IDRABLU-ADDEBITO SPESE

SPEDIZIONE 60.0001 - 1 - 1 - 1 -

Totali 130.000 0 4 0 3 0 3 0 1 0 2 0 0 0 0 0

Energia ( 03 )

29-20135 -

22/07/2009

GRUPPO Santarelli

Costruzioni S.p.A. 5.000 1 - 1 1- f 1 -

29-20135 -

22/07/2009Inergia S.p.A. 5.000 1 - 1 1- f 1 -

29-20131 -

22/07/2009SO.VE.DO.-SISTEMA DI SICUREZZA ANTIGAS120.000 1 - 1 - 1 - 1 n 1 - 1 -

27-20028 -

01/07/2009

ENI-10% DI SCONTO PER

SEMPRE 150.000 1 - 1 1

110

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

n°- bol./prat. -

dataPRATICA COMMERCIALE

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€ nuovo

Sanzion.

€ vecchi.

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26

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27-20029 -

01/07/2009

SIDIGAS-MOROSITÀ

PREGRESSE 30.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 -

20-19890 -

20/05/2009EDISON-RISPARMI IL 20 % 195.000 1 - 1 1

11-19618 -

12/03/2009

ACEA-DISTACCO FORNITURA

ACQUA 150.0001 - 1 - 1 - 1 -

Totali 655.000 0 7 0 4 0 7 0 1 0 3 0 3 0 0 0

Comunicazioni - Gruppo -B-

Editoria ( 10 )

21-19902 -

20/05/2009EISE/IBL E IBL CONSULT 1.000 1 - 1 - 1 1,2

28-20090 -

15/07/2009

FABBRI EDITORE-JUKEBOX

COLLECTION 80.000 1 - 1 - 1 -

18-19824 -

29/04/2009DRAGONBALL

70.0001 - 1 -

Totali 151.000 0 3 0 2 0 2 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Telefonia ( 12 )

28-20093 -

15/07/2009

NOI WIND-MANCATA

INDICAZIONE COSTI 110.000 1 - 1 1- a 1 2 1 v

27-20053 -

09/07/2009

FASTWEB-MANCATA

INDICAZIONE CANONE 120.000 1 - 1 1- b 14-

a,c21-19888 -

20/05/2009

NETSIZE ITALY-INVIO SMS

NON RICHIESTI 65.0001 - 1 - 1 -

21-19888 -

20/05/2009

Fox Mobile Distribution

GmbH 125.0001 - 1 - 1 -

21-19888 -

20/05/2009Telecom Italia S.p.A.

165.0001 - 1 - 1 -

111

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

n°- bol./prat. -

dataPRATICA COMMERCIALE

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Sanzion.

€ vecchi.

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20/05/2009Vodafone Omnitel N.V.

145.0001 - 1 - 1 -

21-19888 -

20/05/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -

21-19888 -

20/05/2009H3G S.p.A 80.000 1 - 1 - 1 -

21-19909 -

28/05/2009

MR. TONES-TUTTOGRATIS-

LOGHI E SUONERIE 125.0001 - 1 - 1 -

21-19909 -

28/05/2009

Fox Mobile Distribution

GmbH 95.0001 - 1 - 1 -

21-19913 -

28/05/2009

TIM-CARTAUGURI NATALE

2008 240.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

18- 19826 -

29/04/2009

TELECOM ITALIA-ALICE CASA

SENZA CANONE 200.0001 - 1 -

18-19854 -

07/05/2009

VODAFONE STATION CASA

INTERNET E TELEFONO 260.0001 - 1 - 1 -

17-19825 -

29/04/2009

TELE2-TELEFONO+INTERNET

GRATIS 180.0001 - 1 - 1 - 1 v

14-19735 -

09/04/2009

MOTOROLA RAZR2-VOLO

INCLUSO 70.0001 - 1 - 1 -

12-19651-

19/03/2009ALICE 7 MEGA

285.0001 - 1 - 1 -

12-19654 -

19/03/2009TIM SOGNO

235.0001 - 1 - 1 - 1 g

12-19679 -

26/03/2009

INFOSTRADA-MANCATO

RIMBORSO CANONE 165.0001 2 1 - 1 -

12-19684 -

26/03/2009CHIARA DI TIM

215.0001 - 1 - 1 -

11-19624 -

12/03/2009

TIM-CONCORSO "VINCI 4

FIAT 500" 300.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 c

112

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

n°- bol./prat. -

dataPRATICA COMMERCIALE

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11-19653 -

19/03/2009

VODAFONE-00 CHRISTMAS

CARD 185.0001 - 1 - 1 -

11-19659 -

19/03/2009H3G-ONE CLUB

120.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

11-19659 -

19/03/2009One Italia S.p.A

50.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

10-19603 -

05/03/2009 WIND ABSOLUTE TARIFFA215.000

1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

9-19567 -

25/02/2009

TIM-OFFERTA "PRO SENZA

CONFINI EUROPA" 215.0001 - 1 - 1 -

9-19572 -

25/02/2009ZENG-LOGHI E SUONERIE

55.0001 - 1 - 1 -

9-19572 -

25/02/2009Telecom Italia S.p.A.

155.0001 - 1 - 1 -

9-19572 -

25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.

135.0001 - 1 - 1 -

9-19572 -

25/02/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 115.0001 - 1 - 1 -

9-19572 -

25/02/2009H3G S.p.A

75.0001 - 1 - 1 -

9-19573 -

25/02/2009ZED-SMS NON RICHIESTI

95.0001 - 1 - 1 -

9-19573 -

25/02/2009Telecom Italia S.p.A.

165.0001 - 1 - 1 -

9-19573 -

25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.

145.0001 - 1 - 1 -

9-19573 -

25/02/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -

9-19574 -

25/02/2009

SUONERIE.IT-SUONERIE PER

CELLULARI 115.0001 - 1 - 1 -

113

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

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9-19574 -

25/02/2009Telecom Italia S.p.A.

155.0001 - 1 - 1 -

9-19574 -

25/02/2009Vodafone Omnitel N.V

135.0001 - 1 - 1 -

9-19574 -

25/02/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 115.0001 - 1 - 1 -

9-19576 -

25/02/2009DADA-LOGHI E SUONERIE

125.0001 - 1 - 1 -

9-19576 -

25/02/2009Telecom Italia S.p.A.

165.0001 - 1 - 1 -

9-19576 -

25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.

145.0001 - 1 - 1 -

9-19576 -

25/02/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -

9-19576 -

25/02/2009H3G S.p.A

80.0001 - 1 - 1 -

9-19602 -

05/03/2009

VODAFONE-VINCI 100 SLK IN

100 GIORNI 200.0001 - 1 - 1 -

5-19497 -

05/02/2009

WIND-MANCATA

ATTIVAZIONE 135.0001 - 1 - 1 -

4-19448 -

22/01/2009

IT.LEO.NET-SUONERIE E

LOGHI 95.0001 - 1 - 1 -

4-19448 -

22/01/2009Telecom Italia S.p.A

135.0001 - 1 - 1 -

4-19448 -

22/01/2009Vodafone Omnitel N.V.

115.0001 - 1 - 1 -

4-19448 -

22/01/2009

Wind Telecomunicazioni

S.p.A. 95.0001 - 1 - 1 -

4-19448 -

22/01/2009H3G S.p.A.

55.0001 - 1 - 1 -

114

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

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4-19448 -

22/01/2009Pure Bros S.r.l.

5.0001 - 1 - 1 -

4-19449 -

22/01/2009

VODAFONE-CAMBIO PIANO

TARIFFARIO 500.0001 - 1

1-

a,b,1 -

4-19464 -

29/01/2009

TIM-MAXXI ALICE E ALICE

MOBILE 300.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -

Totali 7.950.000 0 53 0 52 0 53 0 4 0 6 0 6 0 5 0

Televisione ( 13 )

27-20054 -

09/07/2009SKY-SWITCH OFF ANALOGICO 150.000 1 - 1

1-

b,c,1 4- c

24-19955 -

11/06/2009

PUBBLIC. OCCULTA-

MONELLA VAGABONDA- 60.000 1 - 1 2 1 m

24-19955 -

11/06/2009società Gielle S.r.l. 30.000 1 - 1 2 1 m

Totali 240.000 0 3 0 1 0 3 0 2 0 0 0 0 0 0 0

Credito e Assicurazioni -

Gruppo - C -

Assicurazioni ( 20 )

12-19655 -

19/03/2009

RAS DISDETTA POLIZZE

ASSICURATIVE 60.0001 - 1

1-

a,c1

25-

d1 f

5-19501 -

05/02/2009

AGENZIA DI ASSICURAZIONI

GENERALI-RECESSO POLIZZA 10.0001 - 1 - 1 d

Totali 70.000 0 2 0 1 0 0 0 0 0 2 0 1 0 1 0

Bancario ( 21 )

26-20025 -

01/07/2009

BANCA DI SASSARI-

OPERAZIONI GRATUITE 95.000 1 - 12-

b,d1 v

10-19622 -

12/03/2009

BARCLAYS BANK-ESTINZIONE

MUTUO 1.015.0001 - 1 - 1 - 1 1- t 1 - 1 1- d 1 1- d

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8-19579 -

25/02/2009

BANCA POPOLARE DI BARI-

CARTASÌ CHOICE 70.0001 - 1 1- d 1 -

Totali 1.180.000 0 3 0 3 0 2 0 2 0 1 0 1 0 1 0

Finanziamenti ( 23 )

22-19928 -

04/06/2009

RINASCENTECARD-

PAGAMENTI RATEIZZATI 130.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 a

22-19928 -

04/06/2009Findomestic Banca S.p.A. 180.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 a

28-20094 -

15/07/2009

IMMOBILIARE PRIOLO-

PUBBLICITÀ FINANZIAMENTI 43.000 1 - 1 - 1 - 1 1- e

26-20005 -

25/06/2009

AMBROSIANA

FINANZIAMENTI-RITENUTE 71.000 1 - 1 - 1 - 1 1- e

17-19788 -

23/04/2009

ASFINA-OMESSA

INDICAZIONE TAN E TAEG 63.5001 - 1 -

17-19789 -

23/04/2009

EURO FIDITALIA-OMESSA

INDICAZIONE TAN E TAEG 54.0001 - 1 -

16-19780 -

23/04/2009

SOLO MUTUI-OMISSIONE

TAN E TAEG 72.0001 - 1 -

16-19782 -

23/04/2009

EUROFIN-AMBIGUA

INDICAZIONE TAEG 64.0001 - 1 -

16-19783 -

23/04/2009

EURO CONTRIBUTI-OMESSA

INDICAZIONE TAN E TAEG 62.5001 - 1 -

16-19784 -

23/04/2009

DOM.IN.VE.ST.-AMBIGUITÀ

TAN 63.0001 - 1 -

16-19786 -

23/04/2009

GLOBAL FIN-OMESSA

INDICAZIONE TAN E TAEG 80.5001 - 1 -

15-19761 -

16/04/2009AGOS-ACQUISTO TELEVISORE

520.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 a

15-19763 -

16/04/2009

BARCLAYS BANK-SCEGLI IL 5%

NETTO 250.0001 - 1 -

116

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12-19680 -

26/03/2009

SAN MATTEO FINANZA ETICA-

AMBIGUA INDICAZIONE 33.0001 - 1 -

12-19681 -

26/03/2009

SERVIZI FINANZIAMENTI-

OMESSA INDICAZIONE TAN E 33.0001 - 1 -

12-19682 -

26/03/2009

ITALCREDI-OMESSA

INDICAZIONE TAN E TAEG 50.5001 - 1 -

12-19683 -

26/03/2009

ITALMONEY NETWORK DI

MANEA DAVIDE-OMESSA 48.0001 - 1 -

11-19621 -

12/03/2009

FINDOMESTIC - ACQUISTO

PORTATILE ACER 425.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 a

8- 19568 -

25/02/2009

CAPITAL MONEY

RENDIMENTO MINIMO DEL 30.0001 - 1 - 1 1- e

Totali 2.273.000 0 19 0 7 0 18 0 3 0 4 0 4 0 0 0

Alimentari,Farmaceutico e

Trasporti - Gruppo - D -

Alimentari ( 30 )

26-20008-

25/06/2009

CARREFOUR-BUONI

RIMBORSO SPESA 110.000 1 - 11-

c,d,19-19816 -

29/04/2009DANACOL 300.000 1 - 1

1-

b,c,1

1,2,

319-19820 -

29/04/2009

PRO-ACTIV AIUTA A RIDURRE

IL COLESTEROLO 100.000 1 - 11-

b,c,1

1,2,

325-19983 -

18/06/2009

ACCORD ITALIA-CARTA

AUCHAN ACCORD 385.000 1 - 1 - 1 -

25-19983 -

18/06/2009Auchan S.p.A. 185.000 1 - 1 - 1 -

25-19983 -

18/06/2009Sma S.p.A 160.000 1 - 1 - 1 -

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7-19541 -

19/02/2009 VOLANTINO RED BULL80.000

1 - 11,3,

4- b6-19516 -

11/02/2009

SUPERBASKO DI GENOVA-

MANCANZA DI 0,350 LITRI DI 20.0001 - 1 1- b

6-19517 -

11/02/2009

IPERCOOP DI MILAZZO-

OFFERTA BUONI SPESA 100.0001 - 1 b,d 1 1,2

4-19447 -

22/01/2009

COOP SUPERSTORE DI

TRENTO-OFFERTA ASUS 30.0001 - 1

1-

b,d1 e

4-19447 -

22/01/2009Trento Sviluppo S.r.l.

60.0001 - 1

1-

b,d1 e

Totali 1.530.000 0 11 0 11 0 6 0 2 0 0 0 0 0 0 0

Farmaceutici ( 31 )

21-19912 -

28/05/2009STUFETTA MIRACOLOSA 50.000 1 - 1 s

18-19785 -

23/04/2009MAICO-CONVENZIONE ASL1

55.0001 - 1 1- d 1

1-

d14-19733 -

09/04/2009 NUOVA SANIPHARMA10.000

1 - 1 - 1 d

Totali 115.000 0 3 0 2 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0

Trasporti ( 32 )

25-20000 -

18/06/2009

SCOOTER PIAGGIO CRUISER-

BAULETTO 38 LITRI 1.000 1 - 1 a

23-19953 -

11/06/2009

BLUEXPRESS-COMMISSIONI

NON CHIARE 150.000 1 - 11-

b,d,1

1,2,

51 1- e

16-19752 -

16/04/2009MYAIR

232.0001 - 1

1-

b,d,1

1,2,

51 a- e 1 - 1 1- a

4-19391 -

08/01/2009

WINDJET - TASSA ECCEDENZA

BAGAGLI 408.0001 2 1

1-

b,d1

1,2,

54-19393 -

08/01/2009

SARDINIA FERRIES-AUTO AD

1 265.0001 2 1

1-

b,d1 1,2 1 e

118

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Totali 1.056.000 0 5 0 5 0 4 0 3 0 1 0 1 0 0 0

Industria e Servizi - Gruppo -

E -

Abbigliamento ( 40 )

4-19390 -

08/01/2009

LIFE-ANTIRUGHE FREEZE

24/7 65.0001 2 1

1,2-

a,b,

Totali 65.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Agenzie ( 41 )

15-19757 -

16/04/2009

RAFFAELLO E

MICHELANGELO-VENDITA 35.0001 - 1 -

Totali 35.000 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Arredamento ( 42 )

19-19872 -

14/05/2009

PER SEMPRE ARREDAMENTI-

CUCINE SCONTATE AL 50% 80.000 1 - 1 - 1 -

6-19515 -

11/02/2009

MARION - SOLUZIONI PER

DORMIRE 60.0001 - 1 - 1 -

4-19418 -

15/01/2009BML-BUONO DI 100 EURO

5.0001 - 1 - 1 -

Totali 145.000 0 3 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Automobili ( 43 )

25-19981 -

18/06/2009

DADDARIO-VENDITA AUTO

USATE SU INTERNET 70.000 1 - 1 - 1 -

15-19732 -

09/04/2009

VOLKSWAGEN-PUBBLICITÀ

NON TRASPARENTE 200.0001 - 1 - 1 -

15-19758 -

16/04/2009

PEUGEOT 307-PUBBLICITÀ

NON TRASPARENTE 180.0001 - 1 - 1 -

15-19764 -

16/04/2009

OPEL-PUBBLICITÀ NON

TRASPARENTE 180.0001 - 1 - 1 -

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14-19731 -

09/04/2009

FIAT-PUBBLICITA' NON

TRASPARENTE 190.0001 - 1 - 1 -

13-19712 -

02/04/2009

FIAT - FINANZIAMENTO

TASSO ZERO 150.0001 - 1 - 1 -

7-19538 -

19/02/2009SUV A PREZZO BASSO

60.0001 - 1 1,2

7-19538 -

19/02/2009Iper Montebello S.p.A

60.0001 - 1 1,2

5-19498 -

05/02/2009CHEVROLET MATIZ

60.0001 1

1-

b,d1 -

Totali 1.150.000 0 9 0 7 0 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Elettrodomestici ( 44 )

27-20050 -

09/07/2009

NOVA ANAGNINA-VENDITA

SOTTOCOSTO 5.000 1 - 1 1- d

13-19716 -

02/04/2009

A.B.I.-ASSISTENZA

ELETTRODOMESTICI 60.0001 - 1 2 1

1-

b12-19661 -

19/03/2009

MEDIAWORLD-SCONTO

LAVATRICE 5.0001 - 1 -

7-19540 -

19/02/2009

MEDIAMARKET-CONSEGNA

PRODOTTI 180.0001 1 1

1-

b,c,g1

1,2,

44-19419 -

15/01/2009TRONY-VARIAZIONI DI PREZZI

80.0001 - 1

1-

b,d1 g

4-19463 -

29/01/2009

UNIEURO-"SOTTOCOSTO

FELICE" 80.0001 - 1

1-

b,d1 g

4-19469 -

29/01/2009

MEDIA MARKET-VENDITA

SOTTOCOSTO 125.0001 - 1 1- 1 g

Totali 535.000 0 7 0 7 0 1 0 4 0 0 0 0 0 0 0

Elettronica ( 45 )

22-19929 -

04/06/2009

MEDIAWORLD-GLI EUROPEI

CHE VORREI 100.000 1 - 11-

b,c1 1,2

120

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

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4-19394 -

08/01/2009

CARREFOUR-TELEVISORE IN

OFFERTA 120.0001 - 1

1-

b,d1 e

Totali 220.000 0 2 0 2 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Estetica e cosmesi ( 46 )

19-19870 -

14/05/2009

ACQUA & SAPONE - SCONTO

50% (Gruppo Synergo S.r.l.) 15.000 1 - 1 1- d

19-19870 -

14/05/2009Nuova Synergo S.r.l. 20.000 1 - 1 1- d

Totali 35.000 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Giochi, giocattoli e concorsi (

47 )4-19395 -

08/01/2009UTS-CONCORSI A PREMIO

90.0001 2 1 2- a 1 1,2

Totali 90.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Istituti, scuole e concorsi di

formazione (48 )25-19969 -

18/06/2009

CORSO WALL STREET

INSTITUTE-FINANZIAMENTO 180.000 1 - 1 - 1 - 1 1- g 1 - 1 1- d

22-19930 -

04/06/2009

LIBERA UNIVERSITÀ MICHEL

HARDY 20.000 1 - 1 1- b 1 1

15-19729 -

09/04/2009

DIPLOMA CENTER - TITOLI

UNIVERSITARI 35.0001 - 1 1- b 1 1

11-19625 -

12/03/2009LAUREE ESE

100.0001 - 1 1- b 1 1

9-19604 -

05/03/2009

CENTRO ITALIANO STUDI -

DIPLOMA DI LAUREA 35.0001 - 1 1- b 1 1

7-19542 -

19/02/2009

ISOI-CORSO DI LAUREA IN

OSTEOPATIA 55.0001 - 1 - 1 -

Totali 425.000 0 6 0 6 0 6 0 1 0 1 0 1 0 0 0

Lavoro ( 49 )

121

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli

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27-20024 -

01/07/2009ZALES 60.000 1 - 1 1- a 1 2

27-20027 -

01/07/2009

CREAZIONI ANNABELLA-

OPPORTUNITÀ DI LAVORO 50.000 1 - 1 1- a 1 2

27-20030 -

01/07/2009SOCIETÀ PRONTO MODA 75.000 1 - 1 1- a 1 2

15-19754 -

16/04/2009

ANACOTH - OFFERTA

LAVORO A DOMICILIO 75.0001 - 1

1-

a,e1 2

11-19619 -

12/03/2009

EDIZIONI CDA OFFERTE DI

LAVORO 35.0001 - 1 1- a 1 2

Totali 295.000 0 5 0 5 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Turismo ( 50 )

26-20011 -

25/06/2009

ALPITOUR-ADEGUAMENTO

COSTO CARBURANTE AEREO 300.000 1 - 1 1- d 1 - 1 - 1 -

Totali 300.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0

Industria ( 51 )

20-19889 -

20/05/2009

OTIS SERVIZI-

MANUTENZIONE ASCENSORI 200.000 1 - 1 - 1 - 1 a- f

20-19889 -

20/05/2009OTIS S.p.A 150.000 1 - 1 - 1 - 1 a- f

17-19787 -

23/04/2009

ARGO PROMOZIONI

IMMOBILIARI-OMESSA 48.5001 - 1 -

Totali 398.500 0 3 0 0 0 1 0 0 0 2 0 2 0 2 0

Onoranze funebri ( 52 )

16-19781 -

23/04/2009

FUNERALI COMPLETI CON

CONVENZIONI COMUNALI 50.0001 - 1 - 1 - 1

1-

d

Totali 50.000 0 1 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Orologi e gioielli ( 53 )

122

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27-20031 -

01/07/2009ARTE DELLA BIGIOTTERIA 65.000 1 - 1 1- a 1 2

26-20010 -

25/06/2009

PUBBLICITÀ OCCULTA-

NARDELLI GIOIELLI 40.000 1 - 1 - 1 m

26-20010 -

25/06/2009

Rai Radiotelevisione Italiana

S.p.A. 60.000 1 - 1 - 1 m

24-19956 -

11/06/2009

PUBBLICTA’ OCCULTA-

GIOIELLI MY MARA-EUROPE 140.0001 - 1 - 1 m

24-19956 -

11/06/2009 RAI RadioTelevisione Italiana S.p.A120.0001 - 1 - 1 m

24-19956 -

11/06/2009 Asteria S.r.l 40.0001 - 1 - 1 m

24-19956 -

11/06/2009Europ Assistance S.p.A.

50.0001 - 1 - 1 m

Totali 515.000 0 7 0 1 0 7 0 6 0 0 0 0 0 0 0

VARIE - Gruppo - F -

Varie

25-19984 -

18/06/2009

CENTRO "GLI ORSI"-120

NEGOZI 65.000 1 - 11-

a,b,1 -

16-19791 -

23/04/2009SENSITIVA ADELIA FELICE

50.0001 - 1 s

Totali 115.000 0 2 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

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Energia - Gruppo -A-

Distribuzione gas /carburanti ( 01 )

41-19057 -

30/10/2008ENERGAS-DEPOSITO CAUZIONE

95.0001 - 1 - 1 -

38-18971 -

09/10/2008

BLUENERGY GROUP-RICHIESTA

MOROSITÀ PREGRESSE 85.0001 - 1 - 1 t 1 -

9-18111 -

06/03/2008

MICROCOMPRESSORI DOMESTICI PER

METANO AUTOTRAZIONE PHILL 25.0001 - 1 - 1 -

Totali 205.000 0 3 0 2 0 0 0 1 0 3 0 1 0 0 0

Energia ( 03 )

46-19232 -

03/12/2008ENEL ENERGIA-BOLLETTA GAS

90.0001 - 1 -

39-19000 -

16/10/2008

ENEL-MORA PER RITARDO CONSEGNA

BOLLETTA 435.0001 - 1 - 1 -

33-18829 -

04/09/2008

ENEL ENERGIA-RICHIESTA CAMBIO

FORNITORE 1.100.0001 - 1 - 1 - 1 g 1 a,d 1 a,d 1 f

Totali 1.625.000 0 2 0 1 0 1 0 1 0 3 0 3 0 1 0

Comunicazioni - Gruppo -B-

Editoria ( 10 )

46-19226 -

03/12/2008DE AGOSTINI-OMESSO NUMERO USCITE

280.0001 2 1 1- b 1

1,4-

c20-18400 -

21/05/2008

GERONIMO STILTON - ENGLISH (RCS

Quotidiani S.p.A) 80.0001 - 1 -

20-18400 -

21/05/2008Arnoldo Mondadori Editore S.p.A

80.0001 - 1 -

9-18115 -

06/03/2008

IBISKOS EDITRICE RISOLO - SELEZIONE

D'AUTORE 10.1001 - 1 a,b

Totali 450.100 0 4 0 2 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0

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Musica ( 11 )

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07/02/2008CD FRANK SINATRA

1.0001 - 1 a

Totali 0 1.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Telefonia ( 12 )

49-19349 -

23/12/2008PASSA A FASTWEB DA 9,90 AL MESE

80.0001 - 1 - 1 -

48-19298 -

18/12/2008TELE2-FILTRI DI UTILIZZO

90.0001 - 1 - 1 -

46-19224 -

03/12/2008

TISCALI-ATTIVAZIONE SERVIZI NON

RICHIESTI 150.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 d 1 f

45-19197 -

26/11/2008M-PLATFORM - SMS CON H3G

95.0001 - 1 - 1 -

45-19197 -

26/11/2008H3G S.p.A.

105.0001 - 1 - 1 -

45-19202 -

26/11/2008

DAVID2 - PROMOZIONE SERVIZI A

DECADE "4" 160.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

45-19202 -

26/11/2008Telecom Italia S.p.A.

190.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

45-19202 -

26/11/2008Vodafone Omnitel N.V.

180.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

45-19202 -

26/11/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.

150.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

45-19202 -

26/11/2008H3G S.p.A.

100.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

44-19163 -

20/11/2008TELEFONIA TELME CON VSIM-NGR

100.0001 2 1 p

44-19165 -

20/11/2008

TV LCD DAEWOO - MANCATA VISIONE

IN HD 33.0001 - 1 a

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20/11/2008

TISCALI ITALIA - VOCE + ADSL 8

MEGABYTE SENZA LIMITI 90.0001 - 1 - 1 -

42-19091 -

05/11/2008H3G - ADSM CARD MODEM USB

200.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008

TELECOM-FATTURAZIONE PER

CHIAMATE SATELLITARI E/O A

NUMERAZIONI SPECIALI 325.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008lsacom S.p.A.

270.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008CSINFO S.p.A.

255.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Eutelia S.p.A

215.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Karupa S.p.A.

255.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Voiceplus S.r.l

255.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Teleunit S.p.A.

180.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Drin TV S.r.l.

115.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008AbcTrade S.r.l.

115.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Telegest Italia S.r.l.

115.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008OT&T S.r.l.

115.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Aurora Uno Sro

115.0001 - 1 - 1 -

41-19051 -

30/10/2008Ivory Network Limited

100.0001 - 1 - 1 -

126

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30/10/2008

VODAFONE PIANI TARIFFARI INTERNET

E VOCE 200.0001 - 1 - 1 -

41-19087 -

09/10/2008

SMS MESSAGGI IN SEGRETERIA-899 DA

CONTATTARE (High Tech Network S.r.l.) 30.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Regal Service S.r.l

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008City Carrier S.r.l.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Carmine Garofalo

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

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09/10/2008Massimo Cerbone

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

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09/10/2008Farang S.r.l.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Rent A Telefonica Ltd.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

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09/10/2008Nowire S.p.A.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008SCS Italia Net S.r.l.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

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09/10/2008Yum S.r.l.

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Gestel S.r.l

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Abdel Karim Hajabi

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Giuseppe Gnazzo

15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f

41-19087 -

09/10/2008Telecom Italia S.p.A.

100.0001 - 1 - 1 -

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41-19087 -

09/10/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.

80.0001 - 1 - 1 -

41-19087 -

09/10/2008BT Italia S.p.A

60.0001 - 1 - 1 -

41-19087 -

09/10/2008Karupa S.p.A.

60.0001 - 1 - 1 -

41-19087 -

09/10/2008VoicePlus S.r.l

60.0001 - 1 - 1 -

39-18995 -

16/10/2008TELE2-CONTRATTI A DISTANZA

165.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d 1 f

37-18950 -

02/10/2008

H3G-RICARICHE E LIMITI UTILIZZO DI

CREDITO 130.0001 - 1 - 1 -

37-18951 -

02/10/2008NEOMOBILE SUONERIE GRATIS

115.0001 - 1 - 1 -

37-18951 -

02/10/2008Telecom Italia S.p.A.

315.0001 - 1 - 1 -

37-18951 -

02/10/2008Vodafone Omnitel N.V.

285.0001 - 1 - 1 -

37-18951 -

02/10/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.

265.0001 - 1 - 1 -

37-18951 -

02/10/2008H3G S.p.A.

180.0001 - 1 - 1 -

32-18779 -

21/08/200810 SMS GRATIS (Zero9 S.p.A)

155.0001 - 1 - 1 -

32-18779 -

21/08/2008Telecom Italia S.p.A.

315.0001 - 1 - 1 -

32-18779 -

21/08/2008Vodafone Omnitel N.V.

285.0001 - 1 - 1 -

32-18779 -

21/08/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.

265.0001 - 1 - 1 -

128

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32-18779 -

21/08/2008H3G S.p.A.

185.0001 - 1 - 1 -

31-18724 -

07/08/2008

1288 SERVIZIO DI CONSULTAZIONE

TELEFONICA 70.0001 - 1 - 1 -

31-18775 -

07/08/2008VODAFONE/892000

62.1001 - 1 -

30-18698 -

31/07/2008DISATTIVAZIONE OPERATORE LOCK

80.0001 - 1 - 1 -

29-18675 -

24/07/2008WIND-NOI 2 BIG PACK

300.0001 - 1 - 1 -

28-18626 -

17/07/2008TIM FLAT DAY

300.0001 - 1 -

28-18627 -

17/07/2008VODAFONE - INTERNET KEY

360.0001 - 1 - 1 -

26-18575 -

03/07/2008

FASTWEB - APPARATI IN CASA

D'UTENTE 145.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -

24-18518 -

19/06/2008

TELECOM ITALIA-ACCESSO INTERNET

DIAL-UP 195.0001 - 1 - 1 - 1 -

24-18519 -

19/06/2008

INFOSTRADA-MENO DI 10 EURO AL

MESE 210.0001 - 1 - 1 -

24-18540 -

19/06/2008H3G-SCENDI IN CAMPO CON "3"

93.0001 - 1 - 1 -

23-18487 -

12/06/2008VODAFONE CASA

250.0001 - 1 - 1 -

23-18490 -

12/06/2008TISCALI INTERNET GRATIS DIAL-UP

100.0001 - 1 - 1 - 1 -

13-18232 -

02/04/2008ITALIA 1 SUONERIA "LA PARANZA"

43.1001 - 1 -

8-18087 -

27/02/2008

899.BAZAR.IT-FACILI GUADAGNI (Ulis

S.r.l.) 36.1001 - 1 -

129

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8-18087 -

27/02/2008A-Tono S.r.l

36.1001 - 1 -

7-18061 -

21/02/2008CLUB DELLE MERAVIGLIE KUWAIT

8.1001 - 1 -

4-17955 -

31/01/2008BT ITALIA-TARIFFA NATIONAL

24.1001 - 1 a

4-17956 -

31/01/2008NOI WIND ROAMING

42.5001 - 1 a,b

3-17921 -

24/01/2008

NAVIGHI SU INTERNET 24 ORE E PARLA

GRATIS CON NETTARE 6.6001 - 1 1- a,b

2-17881 -

17/01/2008SMS E MMS DI ZED ITALIA

24.1001 - 1

1 -

a,b,c1-17856 -

10/01/2008

MOBY.DADA.NET-BRANI MUSICALI

GRATIS SUL CELLULARE 40.0001 - 1 a,b 1 -

1-17856 -

10/01/2008Telecom Italia S.p.A.

75.0001 - 1 a,b 1 -

1-17856 -

10/01/2008Vodafone Omnitel N.V.

70.0001 - 1 a,b 1 -

1-17856 -

10/01/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.

65.0001 - 1 a,b 1 -

1-17856 -

10/01/2008H3G S.p.A.

55.0001 - 1 a,b 1 -

Totali 10.119.500 154.300 79 4 63 4 53 0 3 0 36 0 41 0 15 0

Televisione ( 13 )

49-19342 -

23/12/2008SKY-PACCHETTO CALCIO

200.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 a 1 f

49-19344 -

23/12/2008

PUBBLICITÀ GIOCO DEL LOTTO SU

CANALI SKY 140.0001 - 1 - 1 - 1 1 - r

49-19351 -

23/12/2008

H3G SERVIZIO CONFERENZA-MANCATO

FUNZIONAMENTO 60.0001 - 1 -

130

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47-19254 -

11/12/2008

TELECOM CONNESSIONE ALICE NON

RICHIESTA 285.0001 - 1 - 1 - 1 f

36-18892 -

24/09/2008

SPEEDYQUIZ-LOGHI E SUONERIE BEST

CAPITAL (Edil Servizi S.r.l.) 41.1001 - 1 - 1 1

36-18892 -

24/09/2008 Sardegna 1 S.r.l. 21.1001 - 1 - 1 1

36-18892 -

24/09/2008 anale Otto S.p.A 41.1001 - 1 - 1 1

36-18892 -

24/09/2008 Tele A di Abbaneo Alfredo S.p.A. 41.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008

"CHI CANTA" DI CANALE ITALIA (C.S.C.-

Credits’ Security Consultants S.r.l.,) 56.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Video 1 S.r.l

41.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Canale Italia S.r.l.,

56.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Telesettelaghi S.r.l

41.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Telecupole S.p.A.

56.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Il Gelsomino S.r.l

41.1001 - 1 - 1 1

35-18897 -

17/09/2008Telemedia InteracTV S.r.l.

41.1001 - 1 - 1 1

32-18778 -

21/08/2008

TELEQUIZ CHRISTMAS GAME (Media

Business Maker S.r.l.) 80.0001 - 1 - 1 -

32-18778 -

21/08/2008Canale Italia S.r.l

90.0001 - 1 - 1 -

Totali 999.400 332.700 10 7 9 7 4 7 5 0 2 0 2 0 2 0

131

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Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -

Assicurazioni ( 20 )

45-19201 -

26/11/2008

SARA FREE KILOMETRI - COSTI DEL

CONTRATTO 130.0001 - 1 - 1 -

Totali 130.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Bancario ( 21 )

31-18379 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-BANCA

POPOLARE DI MILANO 420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18726 -

07/08/2008ADOC-SURROGAZIONE MUTUI

100.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18727 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-INTESA SAN

PAOLO 480.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18728 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-MONTE DEI

PASCHI DI SIENA 350.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18729 -

07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BNL

450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18730 -

07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-DEUTSCHE BANK

500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18731 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO

UNICREDIT (Unicredit Banca S.p.A.) 500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18731 -

07/08/2008Unicredit Banca di Roma S.p.A.

500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18731 -

07/08/2008Banco di Sicilia S.p.A

450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18731 -

07/08/2008Bipop Carire S.p.A.

420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

132

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31- 18732 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-BANCA

ANTONVENETA 460.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18733 -

07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BANCA CARIGE

420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18734 -

07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BANCA SELLA

300.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18735 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO UBI

BANCA (Banca Popolare di Bergamo

S.p.A.,) 450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18735 -

07/08/2008Banco di Brescia S.p.A.,

450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18735 -

07/08/2008Banca Regionale Europea S.p.A.

450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18735 -

07/08/2008

Banca Popolare Commercio e Industria

S.p.A 450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18736 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO BANCA

POPOLARE DI VICENZA 440.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18736 -

07/08/2008Banca Nuova S.p.A.

440.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18737 -

07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-CREDEM

420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18738 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-CREDITO

ARTIGIANO 250.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18740 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO-BANCA

POPOLARE DI SONDRIO 410.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18741 -

07/08/2008

PORTABILITÀ MUTUO - BANCO

POPOLARE (Banca Popolare di Verona S.

) 320.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

31-18741 -

07/08/2008S. Prospero S.p.a.

320.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

133

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31-18741 -

07/08/2008Banca Popolare di Lodi S.p.A

350.0001 - 1 - 1 - 1 1- t

9-18113 -

06/03/2008BANCA ITALEASE - CONTRATTI IRS

21.1001 - 1 a

Totali 10.121.100 0 26 0 26 0 25 0 25 0 0 0 0 0 0 0

Finanziamenti ( 23 )

49-19299 -

18/12/2008

FINDOMESTIC - SOLLECITAZIONE ALLA

RICHIESTA DI FINANZIAMENTO 75.0001 - 1 - 1 -

47-19256 -

11/12/2008ODALISCA CARD-ACQUISTI OBBLIGATI

170.0001 - 1 - 1 -

45-19204 -

26/11/2008FIN-FLORENCE - FINANZIAMENTO

30.0001 2 1

1 -

a,c,d1 -

43-19141 -

13/11/2008

DUEERRE-FINANZIAMENTO LOTTI

PENTOLE 290.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d

31-18722 -

07/08/2008

FINDOMESTIC-AURA INDENNITARIA

PLUS 250.0001 - 1 - 1 1- d 1 1- f

31-18723 -

07/08/2008

GRUPPO CERRUTI MULTISERVICES-

COSTI FINANZIAMENTO 80.5001 - 1 -

31-18725 -

07/08/2008

QUI IL QUINTO - FINANZIAMENTI CON

CESSIONE DEL QUINTO DI STIPENDIO 50.5001 2 1 -

24-18517 -

19/06/2008OR.FIN.

55.5001 - 1 - 1 -

16-18323 -

24/04/2008RENDIMENTO PIU' WIENER

7.1001 - 1 a

13-18230 -

02/04/2008

SARO-IBL-GAMMAFIN-PRESTITI

FINANZIARI 31.1001 - 1 a,b,c

11-18165 -

20/03/2008FORUS-PIANO DI FINANZIAMENTO

41.1001 - 1 a

134

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli

n°- bol./prat.

- dataPRATICA COMMERCIALE

Nuove

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7-18059 -

21/02/2008CAP.ITAL.FIN.-CESSIONE DEL QUINTO

13.6001 - 1 a,b

7-18059 -

21/02/2008C.S.C. Servizi finanziari S.r.l

11.6001 - 1 a,b

6-18014 -

13/02/2008FAMILYFIN

28.6001 - 1 a

6-18016 -

13/02/2008

PRESTITO SPEEDY GONZALES DI

MATRIXFIN 13.6001 - 1 a,b

4-17957 -

31/01/2008ASSICURAZIONE FORD CREDIT

27.1001 - 1 1- a

4-17960 -

31/01/2008FINANZIARIA AUSONIA

26.1001 - 1

1-

a,b,c3-17926 -

24/01/2008KIRON

27.1001 - 1 1-a,b

3-17928 -

24/01/2008

SOCIETÀ OVB CONSULENZA

PATRIMONIALE 27.1001 - 1 a,b

Totali 1.255.600 0 19 0 17 0 7 0 0 0 1 0 2 0 1 0

Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -

Gruppo - D -

Alimentari ( 30 )

41-19055 -

30/10/2008EUROSPIN-OMBRETTO OCCHI

50.0001 - 1 1- b 1 1- e

36-18899 -

24/09/2008

NESPRESSO-SCONTO DI 50 EURO

PRESSO NESPRESSO CLUB 120.0001 - 1 1- b,d 1 -

32-18783 -

21/08/2008STELLA 2006/LATTE MAGRO MILA

100.0001 2 1 1- a,b

31-18721 -

07/08/2008ALIXIR-VIVI AL MEGLIO

200.0001 - 1 -

11-18168 -

20/03/2008CONDIMENTO TRADIZIONI REGGIANE

4.6001 - 1 a

135

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6-18015 -

13/02/2008

OMOGENEIZZATI AL PROSCIUTTO DELLA

MELLIN 11.1001 - 1 a

6-18021 -

13/02/2008

OMOGENEIZZATI AL PROSCIUTTO DELLA

NESTLÉ 11.1001 - 1 a

1-17855 -

10/01/2008EXQUISA ITALIA "FISIQUE"

21.1001 - 1 a

Totali 517.900 0 8 0 8 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Farmaceutici ( 31 )

20-18416 -

21/05/2008 OKAPPA SLIM DU RIVISTA DEI SOCI ACI 37.5001 - 1 - 1

2,

245-17985 -

07/02/2008

EPH 200 CAPSULE (Arcadia Consumer

Ltd ) 30.6001 - 1 a

5-17985 -

07/02/2008International Best Seller S.r.l

35.6001 - 1 a

4-17954 -

31/01/2008WWW.ZEROSMOKE.COM

23.1001 - 1 a

3-17923 -

24/01/2008WWW.ZERODIET.ORG

20.6001 - 1 1- a

2-17882 -

17/01/2008DR. FOOT-FRANCHISING NETWORK

37.5001 - 1 - 1 -

Totali 109.900 75.000 4 2 4 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0

Trasporti ( 32 )

49-19356 -

23/12/2008TARIFFE GRANDI NAVI VELOCI

192.0001 2 1 1- b,d

44-19168 -

20/11/2008

TIRRENIA NAVIGAZIONE-TARIFFE

SPECIALI 215.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1 1- e

44-19169 -

20/11/2008SNAV-PRENOTAZIONE AUTO

224.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1 1- e

42-19092 -

05/11/2008MOBY-TORNI GRATIS

490.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1

1-

e,v

136

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40-19028 -

23/10/2008GOOD BUY DUTY FREE SHOP

210.0001 - 1 1- d

39-18997 -

16/10/2008

TRENITALIA - CONDIZIONI DI

TRASPORTO E CAMBIO TITOLO DI

VIAGGIO 845.0001 - 1

1-

b,c,d,

g

1 -

33-18830 -

04/09/2008MERIDIANA - OFFERTE SPECIALI

970.0001 2 1 1- b,d 1

1,2,

519-18396 -

15/05/2008TARIFFE RYANAIR

54.1001 - 1 a,c

12-18193 -

27/03/2008OFFERTA DI PASQUA EASYJET

7.1001 - 1 -

8-18084 -

27/02/2008

JET2.COM-MANCHESTER E LEEDS VOLI

GRATIS 3.1001 - 1 b

7-18050 -

21/02/2008

BRITISH AIRWAYS-VIAGGI CHE FANNO

SOGNARE, TARIFFE PURE 16.1001 - 1 b

7-18051 -

21/02/2008

CZECH AIRLINES "VOLI GIORNALIERI DA

MILANO A PRAGA A PARTIRE DA 99

EURO" 6.0001 - 1 b

7-18053 -

21/02/2008

AERLINGUS "MILANO-DUBLINO DA 19

EURO 3.1001 - 1 b

6-18008 -

13/02/2008

BRITISH AIRWAYS-DA € 29 LONDRA

SOLO ANDATA, TASSE INCLUSE 12.1001 - 1 -

6-18017 -

13/02/2008 TARIFFE MOBY LINES18.100

1 - 1 a,b

Totali 3.231.500 34.200 10 5 10 5 5 0 3 0 0 0 0 0 0 0

Industria e Servizi - Gruppo - E -

Abbigliamento ( 40 )

32-18782 -

21/08/2008

COTTONJOY ACCAPPATOI IN

MICROFIBRA 75.0001 - 1 - 1 -

137

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19-18380 -

15/05/2008UNOMOBILE-SCONTRINI RICARICA GS

100.0001 - 1 - 1 -

10-18134 -

13/03/2008SHALIASPOSA

20.1001 - 1 a,b

Totali 195.100 0 3 0 3 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Agenzie ( 41 )

45-19200 -

26/11/2008TIMOTET-BUONO SCONTO VACANZA

30.0001 - 1 - 1 - 1 -

45-19200 -

26/11/2008Alliance Italia S.r.l.

15.0001 - 1 - 1 - 1 -

9-18109 -

06/03/2008

AGENZIA MATRIMONIALE "AGENZIA

SOLE" 1.0001 - 1 a

9-18116 -

06/03/2008GM IMMOBILIARE-VILLA TRI LIVELLI

3.1001 - 1 -

8-18086 -

27/02/2008

AGENZIA MATRIMONIALE HARMONY

CONNECTION 1.0001 - 1 a

Totali 50.100 0 5 0 3 0 2 0 4 0 0 0 0 0 0 0

Arredamento ( 42 )

48-19300 -

18/12/2008

ARREDAMENTI AVENTINO - SCONTI

FINO AL 55% 60.0001 - 1 - 1 -

48-19301 -

18/12/2008

MONDOCONVENIENZA-SMALTIMENTO

MOBILI USATI 40.0001 - 1 - 1 -

43-19144 -

13/11/2008

MONDO CONVENIENZA-

ARREDAMENTO CAMERE 75.0001 - 1 -

7-18066 -

21/02/2008DREAM ARREDAMENTI LIQUIDAZIONE

1.0001 - 1 -

Totali 176.000 0 4 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Automobili ( 43 )

138

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli

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49-19346 -

23/12/2008FIAT BRAVO - READY FOR EURO 5

180.0001 - 1 -

46-19227 -

03/12/2008VOLKSWAGEN TIGUAN-EURO 5

150.0001 - 1 -

44-19164 -

20/11/2008

CONCESSIONARIA RENAULT PROGETTO

3000-RIPARAZIONE IN GARANZIA 5.0001 - 1 g 1 -

7-18063 -

21/02/2008FIAT PANDA NATURAL POWER

34.1001 - 1 a,b

5-17992 -

07/02/2008ECOVANTAGGI SU PEUGEOT 207

20.1001 - 1 a,b

1-17857 -

10/01/2008 SPOT OPEL 27.1001 - 1 a,b

1-17847 -

10/01/2008SPOT CITROEN

29.6001 - 1 a,b

1-17849 -

10/01/2008

PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE

VENDO & COMPRO-PORSCHE 19.1001 - 1 1

1-17849 -

10/01/2008Porsche Italia S.p.A

14.1001 - 1 1

1-17850 -

10/01/2008

PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE

VENDO & COMPRO-AUDI 20.1001 - 1 1

1-17850 -

10/01/2008Volkswagen Group Italia S.p.A

20.1001 - 1 1

1-17851 -

10/01/2008

PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE

VENDO & COMPRO-CAR NEXT 19.1001 - 1 1

1-17851 -

10/01/2008Lease Plan Italia S.p.A.

9.1001 - 1 1

139

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1-17852 -

10/01/2008

PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE

VENDO & COMPRO-RENAULT 19.1001 - 1 1

1-17852 -

10/01/2008Renault Italia S.p.A.

19.1001 - 1 1

Totali 461.700 124.000 10 5 4 3 1 0 6 2 0 0 0 0 0 0

Elettrodomestici ( 44 )

48-19305 -

18/12/2008

ELETTROSTIMOLATORE STAR

LIFE/RECESSO CONTRATTO 5.0001 - 1 - 1 - 1 1

39-18998 -

16/10/2008AD HOME SERVICE

75.0001 - 1 - 1 - 1 -

37-18954 -

02/10/2008STENDIASCIUGA

100.0001 2 1 1- b 1

1,4-

e35-18889 -

17/09/2008NABAZTAG.COM/CONIGLIO WIFI

50.0001 - 1 - 1 -

25-18570 -

25/06/2008

FINANZIAMENTO CLIMATIZZATORE FM

CLIMA 4.6001 - 1 -

13-18231 -

02/04/2008SCONTO DEL 20% DA DIS.EL UMBRIA

4.6001 - 1 a,b

6-18018 -

13/02/2008MEDIMAX-PEREL AFRAGOLA

6.1001 - 1 a

Totali 240.700 4.600 6 1 6 1 4 0 2 0 0 0 0 0 0 0

Elettronica ( 45 )

42-19089 -

05/11/2008

NAVIGATORE SATELLITARE GARMIN

NUVI 1200W 50.0001 - 1 1- b

12-18194 -

27/03/2008

ABBONAMENTO NEW EUROPE MEDIA

(Teleunit S.p.A.) 56.1001 - 1 -

12-18194 -

27/03/2008New Europa Media sp.zo.o.

46.1001 - 1 -

Totali 152.200 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

140

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Estetica e cosmesi ( 46 )

48-19303 -

18/12/2008

LIERAC-MORPHO SLIM (Ales Groupe

Italia S.p.A.) 180.0001 - 1 1- b 1 1,2

20-18415 -

21/05/2008PERDIPESO CEROTTO RIMODELLANTE

36.1001 - 1 -

15-18281 -

17/04/2008POWER PLATE

68.4001 - 1 a 1 1

15-18282 -

17/04/2008VIBRO POWER

73.4001 - 1 a 1 1

9-18114 -

06/03/2008ULTRA SHAPE "ALLA VIOLETTA"

5.1001 - 1 -

6-18009 -

13/02/2008NIVEA DNAGE

36.1001 - 1 -

3-17920 -

24/01/2008COVERMARK BOTULINE

16.1001 - 1 -

Totali 415.200 0 7 0 7 0 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0

Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 )

29-18674 -

24/07/2008STARGAME - CHIAMA E VINCI

100.0001 - 1 - 1 - 1 u 1 h

18-18373 -

07/05/2008

SUMMERQUIZ DI RETECAPRI (società

Chimera S.r.l.) 41.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008società Calypso S.r.l.

56.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008Alias di Greco Antonina

41.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008società Esperidi S.r.l.

41.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008Television Broadcasting System S.p.A.

41.1001 - 1 - 1 1

141

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18-18373 -

07/05/2008Canale Italia S.r.l

41.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008TeleCupole S.p.A.

41.1001 - 1 - 1 1

18-18373 -

07/05/2008La 9 S.p.A

41.1001 - 1 - 1 1

17-18346 -

30/04/2008QUIZ CALIENTE (Chimera S.r.l)

41.1001 - 1 - 1 1

17-18346 -

30/04/2008La 9 S.p.A

41.1001 - 1 - 1 1

14-18257 -

10/04/2008IMP-CARTOLINA INVIO OMAGGIO

25.0001 - 1 1

11-18162 -

20/03/2008

SONIC DX ADVENTURE DI SEGA

CORPORATION (Leader S.p.A) 11.1001 - 1 -

11-18162 -

20/03/2008Sega Europe LTD

13.6001 - 1 -

Totali 493.500 82.200 12 2 11 2 1 0 9 2 0 0 1 0 1 0

Istituti, scuole e concorsi di formazione

(48 )49-19345 -

23/12/2008UNITOMMASO-CORSI DI LAUREA

80.0001 2 1 - 1 -

49-19357 -

23/12/2008

LIBERA UNIVERSITÀ LEONARDO DA

VINCI 15.0001 2 1 - 1 -

47-19257 -

11/12/2008

EDUCATION-CORSO PER ASSISTENTI DI

POLTRONA 60.0001 - 1 - 1 -

33-18862 -

04/09/2008

ISTITUTO DANTE ALIGHIERI/ESAMI IN

SEDE (Scuole Caggiari. S.r.l. ) 100.0001 - 1 - 1 -

33-18862 -

04/09/2008Istruzione S.r.l

35.0001 - 1 - 1 -

14-18259 -

10/04/2008CEPU-ESAME UNIVERSITARIO GRATIS

33.6001 - 1 a,b

142

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli

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5-17989 -

07/02/2008

UNIVERSITÀ POPOLARE SAN TOMMASO

- CAMPUS SICILIA 12.1001 - 1 a

3-17924 -

24/01/2008

BRITISH INSTITUTES/CORSI DI LINGUA

INGLESE ESTIVI 9.6001 - 1 1- a,b

7-18058 -

21/02/2008

CONCORSO "VINCI IL FRESCO CHE

SOGNAVI" DI MARCOM 15.1001 - 1 1- a,b

Totali 345.300 15.100 8 1 8 1 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Lavoro ( 49 )

32-18780 -

21/08/2008LINEA LEI - OFFERTA DI LAVORO

35.0001 - 1 - 1 -

32-18781 -

21/08/2008LARAN - OFFERTA LAVORO A DOMICILIO

55.0001 - 1 - 1 -

Totali 90.000 0 2 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Turismo ( 50 )

48-19302 -

18/12/2008ISOLE PONZIANE

5.0001 - 1 - 1 - 1 1- d

27-18589 -

10/07/2008HOTEL ANTILLE DI VENEZIA

5.0001 - 1 - 1 -

25-18545 -

25/06/2008HBC-GENESIS VACATION CLUB GOLD

150.0001 - 1 - 1 -

19-18397 -

15/05/2008SOGLIA RESORT MENFI

11.1001 - 1 -

19-18397 -

15/05/2008Jamada Travel della CORA S.r.l.

6.6001 - 1 -

19-18397 -

15/05/2008Tur Live S.r.l.

6.6001 - 1 -

19-18399 -

15/05/2008EDEN VIAGGI-HOTEL CLUB CALA AZUL

1.0001 - 1 a

11-18167 -

20/03/2008AVIOMAR-LE CORTI DI MARINELLA

11.1001 - 1 1- a

143

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4-17958 -

31/01/2008APPARTAMENTO I POETI DI LERICI

6.1001 - 1 a

1- 17848 -

10/01/2008ALBARELLA SCUOLA SCI NAUTICO

11.1001 - 1 1

1-17854 -

10/01/2008LUAN TRAVEL-HOTEL SAN TEODORO

11.1001 - 1 a

1-17854 -

10/01/2008Chlamis S.r.l..

10.1001 - 1 a

Totali 233.800 1.000 11 1 11 1 3 0 1 0 0 0 0 0 0 0

Industria ( 51 )

28-18625 -

17/07/2008AQUILUS PISCINE-NUMERO VERDE

15.0001 - 1 - 1 -

Totali 15.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Onoranze funebri ( 52 )

25-18548 -

25/06/2008

ONORANZE FUNEBRI FADAL DI

DALL'OLIO 12.0001 - 1 -

Totali 12.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

VARIE - Gruppo - F -

Varie

47-19259 -

11/12/2008TUTTO CASA

170.0001 - 1 - 1 -

47-19261 -

11/12/2008

"ITALIA DENTRO CASA" BY

EUROKONTAT 170.0001 - 1 - 1 -

47-19265 -

11/12/2008HORO-TESSERA SCONTO

170.0001 - 1 - 1 -

47-19266 -

11/12/2008CASA MODERNA-FIDELITY CARD

170.0001 - 1 - 1 -

144

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26/11/2008VIBRO POWER

75.0001 - 1 - 1 -

35-18888 -

17/09/2008

INPDAP - PRESTAZIONI CREDITIZIE E

SOCIALI 230.0001 - 1 -

30-18700 -

31/07/2008

OVITO-MAGICANNUCCIA APPROVATI

FIMP (Federazione Italiana Medici

Pediatri) 300.0001 - 1 - 1 d

30-18700 -

31/07/2008Gruppo Novelli S.r.l.

120.0001 - 1 - 1 d

30-18700 -

31/07/2008Littlebit S.r.l

65.0001 - 1 - 1 d

30-18700 -

31/07/2008Beiersdorf S.p.A.

100.0001 - 1 - 1 d

30-18700 -

31/07/2008Siport S.p.A.

110.0001 - 1 - 1 d

19-18398 -

15/05/2008THERMO STACK

50.0001 - 1 1,3- b 1 1,2

17-18344 -

30/04/2008DAD-INSERZIONE A PAGAMENTO

39.1001 - 1 - 1 1

16-18321 -

24/04/2008FAIR GUIDE-AGGIORNAMENTO DATI

41.1001 - 1 - 1 1

15-18283 -

17/04/2008TUTTO MERCATO-NUMERO VERDE

4.6001 - 1 -

9-18112 -

06/03/2008ANTEPRIMA-INCHIOSTRO PER MIMAKI

1.0001 - 1 a

6-18010 -

13/02/2008

CENTRALE x IL COMMER. PER L'INDUST.

E L'ARTIG.(F.I.P.T.R. Service Federated

Institute ) 31.1001 - 1 a,b

6-18010 -

13/02/2008

Wig-Wirtschaftszentrale fur Industrie

und Gewerbe AG 31.1001 - 1 a,b

145

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6-18012 -

13/02/2008

3M-PELLICOLA MICROPRISMATICA

SCOTCHLITE DIAMOND GRADE 39.1001 - 1 1- a

6-18013 -

13/02/2008

GROMLINE TARIFFE NUMERI A VALORE

AGGIUNTO 36.1001 - 1 -

6-18019 -

13/02/2008TRINCO GIOVANNI MEDICO GENERICO

6.1001 - 1 c

1-17844 -

10/01/2008CLUB LA FOLIE

19.1001 - 1 c

Totali 1.897.100 81.300 20 2 19 2 7 0 7 0 0 0 0 0 0 0

146

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

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Energia - Gruppo -A-

Distribuzione gas /carburanti ( 01 )

47-17747 -

13/12/2007ECONOPLUS DI AFFARISUPER SU EBAY

1.0001 - 1 a 1 2

34-17354 -

13/09/2007

PRODOTTI PER RISPARMIARE

CARBURANTE SU EBAY 6.1001 - 1 a,c 1 2

Totali 7.100 0 2 0 2 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0

Ecologia ( 02 )

48-17782 -

20/12/2007

CULLIGAN ITALIANA ADDOLCITORE

ACQUE 3.6001 - 1 c

Totali 3.600 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Energia ( 03 )

47-17750 -

13/12/2007

ITALCOGIM-FORNITURA ENERGIA

ELETTRICA 12.6001 - 1 -

46-17680 -

05/12/2007ENEL GAS-PREZZO GAS

8.1001 - 1 b 1 1-a,c

31-17208 -

03/08/2007PUBBLICITA' OCCULTA ENEL SU LINUS

18.6001 - 1 1

31-17208 -

03/08/2007Baldini Castoldi Dalai Editore S.p.A..

8.6001 - 1 1

Totali 20.700 27.200 2 2 2 0 1 0 0 2 0 0 0 0 0 0

Comunicazioni - Gruppo -B-

Editoria ( 10 )

49-17815 -

27/12/2007

CONGRESS ITALIA - PROMOZIONE

DIADORA 9.1001 - 1 a

23-16929 -

07/06/2007

SOFTWARE ANTIRICICLAGGIO CON

ITALIA OGGI (Data Print Grafik s.a) 16.1001 - 1 a

147

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

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23-16929 -

07/06/2007Italia Oggi Editori-Erinne S.r.l

16.1001 - 1 a

17-16787 -

26/04/2007

IL SOLE 24 ORE "3 GRANDI SUCCESSI!

3 SUPER SCONTI" 24.1001 - 1 a,b

11-16600 -

15/03/2007

REGISTRAZIONI DOMINI .EU CON

REGISTER.IT 14.1001 - 1 a,b 1 1

11-16600 -

15/03/2007RCS Quotidiani S.p.A..

34.1001 - 1 a,b 1 1

26-17036 -

27/06/2007

POLIZIESCO ALL'ITALIANA HOBBY &

WORK 5.6001 - 1 a

Totali 9.100 110.100 1 6 1 6 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0

Musica ( 11 )

39-17508 -

18/10/2007

AL 48411 LA MUSICA DEL FESTIVAL DI

SANREMO (Buongiorno S.p.A) 21.1001 - 1 b 1 1

39-17508 -

18/10/2007Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A.

56.1001 - 1 b 1 1

36- 17394 -

27/09/2007DISCOTECA FURA

25.0001 - 1

Totali 77.200 25.000 2 1 2 0 0 0 2 0 0 0 0 1 - 0 0

Telefonia ( 12 )

48-17781 -

20/12/2007SUPER 5 DI H3G

23.6001 - 1 a,b

45-17669 -

29/11/2007FASTWEB FISSO E MOBILE ZERO

28.1001 - 1 a,b

42-17587 -

08/11/2007

PASSA A VODAFONE-TELEFONO NO

PROBLEM 53.6001 - 1 a,b

41-17566 -

30/10/2007WIND SENZA SCATTO NEW

31.1001 - 1 1-a,b

148

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

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39-17515 -

18/10/2007FORTUNATO ELECTRONICS

5.6001 - 1 a,b

37-17420 -

04/10/2007YOU & VODAFONE

59.1001 - 1 b

35-17376 -

20/09/2007AUTUNNO CON 3 BUSINESS

21.1001 - 1 -

33-17322 -

06/09/2007

LIBERO.IT-INTERNET GRATIS AL

7027020000 36.1001 - 1 a,b

33-17325 -

06/09/2007TIM TUTTO COMPRESO

69.1001 - 1 -

33-17326 -

06/09/2007MAXXIDAY TIM

65.1001 - 1 a,b

32-17277 -

21/08/2007OFFERTA ZERO3

20.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007

COSTI SMS PER IL SERVIZIO 48469

(Zero 9 S.r.l) 13.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007M-Platform S.r.l.

13.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007Telecom Italia S.p.A

43.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007Vodafone Omnitel N.V

33.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007Wind Telecomunicazioni S.p.A

28.1001 - 1 a,b

31-17209 -

03/08/2007H3G S.p.A.

18.1001 - 1 a,b

31-17218 -

03/08/2007

SAN VALENTINO-RICARICA POWER DI

H3G 23.1001 - 1 a,b

27-17065 -

03/07/2007SUONERIE SCARICABILI DAL 48428

46.5001 - 1 - 1 -

149

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

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22-16905 -

28/05/2007TIM AZZERA I COSTI DI RICARICA

64.6001 - 1 1- a,b

20-16866 -

17/05/2007VODAFONE SERVIZIO NUMERO FISSO

54.1001 - 1 a,b

20-16867 -

17/05/2007TIM "CHIAMA & RICHIAMA"

70.1001 - 1 a,b

19-16826 -

10/05/2007ALICE TUTTO INCLUSO

62.1001 - 1 a,b

19-16829 -

10/05/2007

CRIPTO SMART PHONE DI PERUZZO

SECURITY SYSTEM 1.0001 - 1 b

15-16728 -

12/04/2007WWW.MESSAGGISMS.NET

6.1001 - 1 a,b,c 1 1

10-16592 -

08/03/2007TELECONOMY CAFFÈ-ALICE BUSINESS

61.1001 - 1 b

10-16592 -

08/03/2007Telnet S.r.l.

11.1001 - 1 b

9-16555 -

28/02/2007MAXXI TIM WEB TIME (ABBONATI)

37.1001 - 1 a,b

6-16470 -

06/02/2007

SERVIZI TELEUNIT PER MAGGIORENNI

SU RIVISTE PER RAGAZZI 40.5001 - 1 a,b

5-16448 -

01/02/2007VODAFONE BROADBAND

61.1001 - 1 a

2-16365 -

11/01/2007

TIM DVB-H/TELEFONINO PER LA TV

IN QUALITA' DIGITALE 62.6001 - 1 a

1-16340 -

04/01/2007WWW.INCONTRILOVE.COM

49.1001 - 1 - 1 -

Totali 198.600 1.012.800 6 26 6 26 0 0 0 2 0 0 0 1 0 0

Televisione ( 13 )

150

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47- 17748 -

13/12/2007TESSERA MEDIASET PREMIUM

29.6001 - 1 a,b

31-17212 -

03/08/2007SKY DA 11 EURO AL MESE

33.1001 - 1 a,b

31-17215 -

03/08/2007MARIA TV

3.6001 - 1 1- a,c

29-17125 -

19/07/2007

TRONY GRUPPO JUMBO SCONTO DEL

10% 18.6001 - 1 1- a,b

29-17125 -

19/07/2007Agos S.p.A

18.6001 - 1 1- a,b

18-16806 -

04/05/2007MILANO TELEPORT ITALIA

1.5001 - 1 c

16-16759 -

18/04/2007

FASTWEB-TUTTO GRATIS FINO A

NATALE 18.6001 - 1 1- a,b

Totali 29.600 94.000 1 6 1 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -

Assicurazioni ( 20 )

10-16590 -

08/03/2007UCA SPESE LEGALI E PERITALI

10.1001 - 1 a,b

Totali 0 10.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Bancario ( 21 )

43-17607 -

15/11/2007PRESTINTESA DI BANCAINTESA

31.1001 - 1 a

42-17586 -

08/11/2007SALVA RATE IBL DI IBL BANCA

16.1001 - 1 a,b

16-16758 -

18/04/2007

STOP ALLA CARTA DI BANCA

AGRICOLA MANTOVANA 7.6001 - 1 1- b

151

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3-16399 -

18/01/2007BANCA INTESA-SOLUZIONE CASA

46.1001 - 1 -

Totali 47.200 53.700 2 2 2 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Credito ( 22 )

10-16591 -

08/03/2007AERRE RECUPERO CREDITI

14.1001 - 1 a

Totali 0 14.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Finanziamenti ( 23 )

49-17817 -

27/12/2007CENTRO SERVIZI FINANZIARI

28.6001 - 1 a,b,c

49-17818 -

27/12/2007PRONTOPRESTITI

28.6001 - 1

1-

a,b,c49-17819 -

27/12/2007FIDITALIA

26.6001 - 1 a,b,c

37-17424 -

04/10/2007

PRESTICO CONSEL-METÀ PRESTITO

AD INTERESSE ZERO 8.6001 - 1 a,b

33-17321 -

06/09/2007OPFIN

15.6001 - 1 a,b

31-17220 -

03/08/2007BNF-VI DAREMO TRENT'ANNI

18.6001 - 1 a

29-17127 -

19/07/2007

SCONTO TRONY CON

FINANZIAMENTO FINDOMESTIC 28.6001 - 1 a,b

29-17127 -

19/07/2007Findomestic S.p.A.

28.6001 - 1 a,b

27-17066 -

03/07/2007CARISMA PRESTITI VELOCI

9.1001 - 1 a,b

25-16998 -

21/06/2007MULTIPRESTITI

16.1001 - 1 a,b,c

25-16999 -

21/06/2007

ASTE POINT DI CARPANESE

VALENTINA 16.1001 - 1 a,b,c

152

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21/06/2007SAIL SERVIZI

16.6001 - 1 a,b

25-17001 -

21/06/2007OPFIN DI MAURIZIO LIGATO

16.6001 - 1 a,b

25-17002 -

21/06/2007

FINLEADER GROUP -

SBLOCCAPRESTITO 17.6001 - 1 a,b

25-17003 -

21/06/2007COGES FINANZIARIA

13.6001 - 1 b

25-17004 -

21/06/2007PRESTOFIN DI BAGNOL ALESSANDRA

16.1001 - 1 a,b

25-17005 -

21/06/2007MUTUI 100% DIGRANDI GAETANO

11.1001 - 1 -

25-17006 -

21/06/2007IMMOBIL FINANZA

11.1001 - 1

1-

a,b,c24-16964 -

14/06/2007DIESSE DI CONIGLI SILVIA

11.1001 - 1 a,b

24-16965 -

14/06/2007SEMPLIFIN DI MAZZENGA ANDREA

5.0001 - 1 a,b,c

24-16966 -

14/06/2007

IDEAFIN DI SABRINA PIUNNO E

CLAUDIA RONDONI 6.1001 - 1 a,b

24-16967 -

14/06/2007SEFIN ITALIA DI ALBERTO LIGATO

10.6001 - 1 -

24-16968 -

14/06/2007CAPITAL PALACE

11.1001 - 1 a,b

23-16932 -

07/06/2007DUAL SERVICE DI DI ROSA MARCO

10.1001 - 1 1- a,b

23-16933 -

07/06/2007FINANCIAL PRIME

16.6001 - 1 a,b,c

21-16891 -

24/05/2007CFM DI MATTEI VERONICA

7.6001 - 1 -

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24/05/2007

EUROFIN ITALIA & PARTNERS DI

TRINGALI GIUSEPPINA 8.6001 - 1 -

16-16757 -

18/04/2007INIZIATIVE TERRITORIALI LAZIO

11.1001 - 1 - 1 -

7-16498 -

15/02/2007

INA DI LECCO "NUOVA MONETA

FORTE" 18.6001 - 1 1- b

5-16449 -

01/02/2007LA FENICE

4.6001 - 1 a,c

Totali 92.400 356.500 4 26 4 26 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0

Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -

Gruppo - D -

Alimentari ( 30 )

47-17751 -

13/12/2007

ACETAIA DODI DAL 1891-ACETO

BALSAMICO TRADIZIONALE 9.1001 - 1 a

45-17670 -

29/11/2007

APICOLTURA IBLEA DI ALECCI

GIUSEPPE 1.0001 - 1 c

42-17585 -

08/11/2007PIZZERIA LOCANDA ESTE CAFFÈ

1.0001 - 1 1- a

41-17565 -

30/10/2007TRIONFO DEL GUSTO GIORDANO

36.1001 - 1 -

39-17507 -

18/10/2007

LATTE PARMALAT-NATURA PREMIUM

OMEGA 3 25.6001 - 1 a

38-17473 -

10/10/2007

OMOGENEIZZATO PLASMON ALLA

BANANA 30.1001 - 1 a

37-17426 -

04/10/2007RISTORANTE PIZZERIA POMPOSA

1.0001 - 1 a

31-17214 -

03/08/2007IPERMERCATO BENNET DI CASELLE

1.0001 - 1 b

154

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31-17219 -

03/08/2007

OFFERTA ACQUA SAN BENEDETTO

PRESSO SUPERMERCATO DI MEGLIO 1.0001 - 1 a,b

27-17063 -

03/07/2007

PIÙLATTE E BESTBREAST DI MILTE

ITALIA 26.1001 - 1 a,b,c

26-17037 -

27/06/2007

TORRONE ZANZIBAR IN REGALO DA

PANORAMA 10.1001 - 1 b

25-17008 -

21/06/2007PACCO DONO UNIGRANA

14.1001 - 1 -

23-16934 -

07/06/2007

VENDITA SOTTOCOSTO GS IPERSTORE-

IPER OASI 1.0001 - 1 a,b

17-16785 -

26/04/2007FILÙ FERRU DI L.S.M.

4.1001 - 1 a

10-16588 -

08/03/2007

PATÈ DI FEGATO D'ANATRA JENSEN'S

(Eurofood S.p.A) 20.1001 - 1 a

10-16588 -

08/03/2007Redlefsen GmbH & Co. KG.

15.1001 - 1 a

9-16556 -

28/02/2007

ANATOR P70-MUSCLE TECH SU

WWW.VITAMINCENTER.IT 36.0001 - 1 1- a 1 -

9-16557 -

28/02/2007

PRODOTTI ALTA QUALITÀ

GRANAROLO 21.1001 - 1 a

8-16517 -

21/02/2007HILL'S PRESCRIPTION DIET I/D FELINE

17.1001 - 1 1- b

Totali 270.700 0 19 0 19 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0

Farmaceutici ( 31 )

49-17811 -

27/12/2007

AMERICAN DIET SYSTEM GIORNO E

NOTTE 80.0001 - 1 a 1 2 1 -

49-17812 -

27/12/2007KALORY EMERGENCY 1000

47.5001 - 1 a 1 -

155

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46-17709 -

05/12/2007NITROXX

38.1001 - 1 a 1 a,b 1 -

46-17710 -

05/12/2007FORLIP LIFTING

15.1001 - 1 -

44-17645 -

22/11/2007AQUAFRESH GENTLE WHITE

29.1001 - 1 a

40-17550B - 24/10/2007TRATTAMENTO MOLDEA (Arcadia

Consumer Ltd) 27.1001 - 1 a 1 2

40-17550B - 24/10/2007Istituto Bio-Light 27.100 1 - 1 a 1 2

38-17470 -

10/10/2007LIPO SLIM

35.1001 - 1 - 1 -

26-17034 -

27/06/2007BROS CORPORATION

25.0001 - 1 a 1 -

24-16963 -

14/06/2007MODUL COL DI POOL PHARMA

14.6001 - 1 -

10-16587 -

08/03/2007BIO-LIGHT (Best Seller S.r.l)

68.1001 - 1 a 1 2

10-16587 -

08/03/2007Arcadia Consumer Ltd

18.1001 - 1 a 1 2

Totali 395.800 29.100 11 1 11 1 1 0 7 0 3 0 0 0 0 0

Trasporti ( 32 )

49-17814 -

27/12/2007TIRRENIA NAVIGAZIONE

28.6001 - 1 a,b

47-17749 -

13/12/2007CO.MARK

13.1001 - 1 a,c

39-17514 -

18/10/2007

OSTIENSIS VIAGGI NETWORK-BRASILE

FORTALEZA A €479 6.1001 - 1 b

32-17267 -

21/08/2007

VOLAREWEB.COM-10.000 POSTI A € 1

EURO. ECCO PERCHÈ MI PIACE

VOLARE 5.1001 - 1 b

156

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32-17268 -

21/08/2007

FANTASTICHE TARIFFE SU

SINGAPOREAIR.IT 6.1001 - 1 b

31-17205 -

03/08/2007

MYAIR.COM-MY COSÌ ITALIANA MY

COSÌ LOW COST 7.1001 - 1 b

31-17206 -

03/08/2007AIRMALTA "APRI LE BRACCIA E VOLA"

5.6001 - 1 b

31-17210 -

03/08/2007 TRANSAVIA.COM "VOLA PIÙ FACILE"

31.1001 - 1 b

31-17210 -

03/08/2007 G&A Martinengo S.r.l

26.1001 - 1 b

16-16756 -

18/04/2007

MERIDIANA VOLI MILANO-PARIGI DA

9 EURO 20.6001 - 1 a,b

9-16553 -

28/02/2007FREQUENT FLYER DI AIR ONE

14.1001 - 1 a

6-16468 -

06/02/2007

ETL DI LEGNANO E COOPERATIVA ELI

VALLÈE DI AOSTA 8.6001 - 1 -

6-16468 -

06/02/2007E.T.L. S.a.s

8.6001 - 1 -

Totali 47.800 133.000 3 10 3 10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Industria e Servizi - Gruppo - E -

Agenzie ( 41 )

32-17271 -

21/08/2007

AGENZIA IMMOBILIARE "ALTRO

ABITARE" IMPRESA DI COSTRUZIONI

VENDE 0 6.1001 - 1 1

26-17030 -

27/06/2007

FELICE INCONTRO DI BARISON

MARTINA 0 1.0001 - 1 1

26-17031 -

27/06/2007EMATEL DI LA ROSA BIBBIANA

0 6.1001 - 1 1

157

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

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27/06/2007

PEGASO SERVICE DI PULVIRENTI

MARTINO 0 6.1001 - 1 1

26-17033 -

27/06/2007RIZZEL DI RIZZOTTO DENIS

0 1.0001 - 1 1

Totali 0 20.300 0 5 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0

Arredamento ( 42 )

37-17422 -

04/10/2007DITTA ADILE UN TAPPETO A 1 EURO

1.000 01 - 1 1- a

36-17393 -

27/09/2007

430 TOR VERGATA PORTUENSE

ARREDAMENTI 0 8.6001 - 1 -

34-17360 -

13/09/2007

SCONTO DEL 55% DA "PERSEMPRE

ARREDAMENTI" 0 11.1001 - 1 b

31-17216 -

03/08/2007DIVANI CULT DI CHATEAU D'AX

0 1.0001 - 1 a

14-16703 -

04/04/2007ARREDAMENTI TRAMONTIN

0 6.1001 - 1 a,b

Totali 1.000 26.800 1 4 1 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Automobili ( 43 )

37-17418 -

04/10/2007ARTICOLI TOYOTA YARIS SU LEGGO

21.1001 - 1 1

37-17418 -

04/10/2007Leggo S.p.A.

6.1001 - 1 1

37-17421 -

04/10/2007FIAT GRANDE PUNTO MULTIJET 75CV

3.6001 - 1 b

34-17357 -

13/09/2007

ARTICOLO DACIA LOGAN MCV SU

LEGGO 6.1001 a 1 1

34-17357 -

13/09/2007Renault Italia S.p.A.

16.1001 a 1 -

34-17359 -

13/09/2007ARTICOLO KIA CEED'S SU LEGGO

6.1001 - 1 1

158

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34-17359 -

13/09/2007Kia Motors Italia S.p.A..

3.1001 - 1 1

32-17274 -

21/08/2007HONDA CR-V 2.0I-VTEC ADVANCE

18.1001 - 1 1- a

32-17275 -

21/08/2007

ARTICOLO MITSUBISHI PAJERO SU

LEGGO 6.1001 - 1 1

32-17275 -

21/08/2007M.M.Automobili Italia S.p.A..

6.1001 - 1 1

32-17276 -

21/08/2007ARTICOLO FIAT BRAVO SU LEGGO

6.1001 - 1 1

32-17276 -

21/08/2007Fiat Group Automobiles S.p.A..

21.1001 - 1 1

32-17278 -

21/08/2007CONFIGURATORE VOLKSWAGEN

10.1001 - 1 b

17-16786 -

26/04/2007AUTOSERVICE DI MODENA

9.6001 - 1 b

6-16467 -

06/02/2007

FORD FOCUS STYLE WAGON 1.6 TDCI

90CV 2.1001 - 1 1- b

4-16407 -

25/01/2007PROMOZIONE FIAT FIVE

36.1001 - 1 1- b

Totali 62.200 115.400 7 9 1 5 0 0 6 4 0 0 0 0 0 0

Elettrodomestici ( 44 )

39-17510 -

18/10/2007UNIEURO "-15% SU TUTTO"

33.6001 - 1 1

39-17510 -

18/10/2007Findomestic Banca S.p.A.

28.6001 - 1 1

39-17510 -

18/10/2007Agos S.p.A

28.6001 - 1 1

159

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27-17064 -

03/07/2007

500 EURO IN BUONI ACQUISTO "UN

MILIONE DI VANTAGGI" GIOTTO 16.6001 - 1 -

16-16754 -

18/04/2007

ASPIRAPOLVERE SAMSUNG TWIN84 E

TWIN85 30.6001 - 1 a

16-16755 -

18/04/2007

DIVANI YUCCA & CLARKIA DI

POLTRONESOFÀ 27.6001 - 1 -

7-16497 -

15/02/2007LG ELECTRONICS ITALIA-LG CYKING

23.1001 - 1 a,c

Totali 90.800 97.900 3 4 3 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Elettronica ( 45 )

44-17642 -

22/11/2007ECHOS EXPERT DI VERONA

1.6001 - 1 b

39-17511 -

18/10/2007PLAYSTATION 3 DELLA SONY

48.6001 - 1 a

39-17511 -

18/10/2007Mediamarket S.p.A

28.6001 - 1 a

39-17511 -

18/10/2007

G.R.E. - Grossisti Riuniti

Elettrodomestici S.p.A. 18.6001 - 1 a

33-17319 -

06/09/2007

OFFERTA TELECOM NOTEBOOK

LENOVO 3000 N100 53.6001 - 1 b

31-17221 -

03/08/2007

SCONTO DAL 20% AL 30 % SU

STAMPANTI DA METRO 1.0001 - 1 b

29-17126 -

19/07/2007

TRONY DI PIEDIRIPA DI MACERATA-

SCONTO DEL 15% SU TUTTO 16.1001 - 1 a,b

9-16554 -

28/02/2007

NOTEBOOK HP NC6120 DELLA

BOLOGNA UFFICIO 6.6001 - 1 a,b

Totali 97.400 77.300 4 4 4 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Estetica e cosmesi ( 46 )

160

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37-17419 -

04/10/2007

INTRAGEN PATCH 5 REVLON

PROFESSIONAL DI COLOMER ITALY 14.1001 - 1 -

37-17419 -

04/10/2007Blue Moon di Nardini & C. S.a.s.

5.1001 - 1 -

37-17423 -

04/10/2007

INNOVATION PATCH ANTICADUTA

BIOPOINT DI COLOMERY ITALY 16.1001 - 1 -

34-17352 -

13/09/2007DISTILLATO 19 ERBE VIVALIGHT

35.1001 - 1 - 1 2 1 -

34-17358 -

13/09/2007INNOVA MEDICA

6.1001 - 1 a

32-17270 -

21/08/2007PROTESI CAPILLARE CESARE RAGAZZI

8.1001 - 1 a 1 2

31-17211 -

03/08/2007LINEA SOLARE KORFF

14.1001 - 1 a

23-16910 -

06/06/2007

VANITY LINE - LASER PER LA

DEPILAZIONE DEFINITIVA 36.1001 - 1 -

8-16516 -

21/02/2007

PARRUCCHIERE "MODA MODI" DI

ELISA 4.6001 - 1 1- b

Totali 76.500 62.900 5 4 5 4 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0

Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 )

45-17668 -

29/11/2007

QUIZ NIGHT DI CALIPSO SU

RETECAPRI 31.1001 - 1 a,b,c

45-17668 -

29/11/2007Scilla S.r.l.

31.1001 - 1 a,b,c

37-17416 -

04/10/2007QUIZ ARENA SU ODEON TV

13.6001 - 1 - 1 1

31-17213 -

03/08/2007

CONCORSO IL DOMANDONE SU

RETECAPRI 10.6001 - 1 a,b,c

161

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29-17128 -

19/07/2007LUCCHI GIOCATTOLI SU TG ARENA

3.7001 - 1 1

13-16663 -

29/03/2007SUPER QUIZ-GOLD TEL

16.1001 - 1 a,b

Totali 106.200 0 6 0 5 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0

Istituti, scuole e concorsi di

formazione (48 )49-17813 -

27/12/2007

ISFAR-POST-UNIVERSITÀ DELLE

PROFESSIONI 21.1001 - 1 -

45-17671 -

29/11/2007AUTOSCUOLE MINARELLI E FAVA

1.0001 - 1 b

39-17516 -

18/10/2007

ACCADEMIA BELLE ARTI DI

MENDICINO 8.6001 - 1 -

36-17392 -

27/09/2007

CENTRO STUDI RICERCHE

SULL'ENERGIA VITALE 8.6001 - 1 1 -

7-16493 -

15/02/2007UNIVERSITÀ AMBROSIANA

20.1001 - 1 1 1- a,c

7-16494 -

15/02/2007UNIPSA-ISSEA

13.6001 - 1 1 1- a,c

6-16469 -

06/02/2007ISTITUTO JOPPI DI UDINE

10.1001 - 1 1 a,c

2-16366 -

11/01/2007

LUSES-LIBERA UNIVERSITÀ DEGLI

STUDI ECONOMICI E SOCIALI 9.1001 - 1 1 1- a,c

2-16366 -

11/01/2007

Associazione Libera Università degli

Studi economici e Sociali-LUSES 12.1001 - 1 1 1- a,c

Totali 30.700 73.600 3 6 3 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Lavoro ( 49 )

34-17356 -

13/09/2007

ANNUNCIO OFFERTA DI LAVORO SU

SECONDAMANO 10.6001 - 1 a 1 1

162

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30-17166 -

26/07/2007STUDIO GM-RICERCA ANIMATORI

6.6001 - 1 a 1 1

22-16906 -

28/05/2007DODOTOUR EVOLUTION TRAVEL

25.0001 - 1 a,b

Totali 10.600 31.600 1 2 1 2 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0

Turismo ( 50 )

49-17816 -

27/12/2007

GRUPPO AURUM HOTELS-GRAN

HOTEL OLIMPIC 13.0001 - 1 -

49-17820 -

27/12/2007

HOTELPLAN ITALIA-VIAGGI

INCONFONDIBILI CARAIBI 24.1001 - 1 -

43-17608 -

15/11/2007

TARIFFE PARCHEGGIO PRESSO

L'AEROPORTO DI FIUMICINO 21.1001 - 1 -

33-17320 -

06/09/2007

ESCURSIONI DI GENTES

INTERNATIONAL 14.6001 - 1 b 1 a,e

32-17273 -

21/08/2007MASTER GOLF PROMOTION DI ROMA

14.1001 - 1 a

30-17164 -

26/07/2007

EF-VACANZE STUDIO A

SOUTHAMPTON 21.1001 - 1 a,b,c

24-16962 -

14/06/2007

ALPINE GUIDE-OFFERTA SHARM EL

SHEIK 5.6001 - 1 1- b

13-16665 -

29/03/2007

BAGUN TRAVEL-ENJOY CLUB SKANES

PALACE INTERNATIONAL 8.1001 - 1 a

9-16552 -

28/02/2007HOTEL EXECUTIVE DI CESENATICO

4.6001 - 1 b

7-16495 -

15/02/2007

ALPITOUR/HOTEL DELLE STELLE-

BENVENUTI DISABILI 34.6001 - 1 a

7-16495 -

15/02/2007Hotel delle Stelle Beach Resort S.r.l.

11.6001 - 1 a

7-16495 -

15/02/2007Arianna 80 S.r.l.

11.6001 - 1 a

163

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4-16426 -

25/01/2007TOUR OPERATOR PRESENT VIAGGI

4.6001 - 1 1- a

Totali 58.200 130.500 3 10 3 10 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0

Industria ( 51 )

36-17391 -

27/09/2007MECALUX MILANO

15.6001 - 1 1- a

18-16803 -

04/05/2007TUBES RADIATORI

17.1001 - 1 a

Totali 0 32.700 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Onoranze funebri ( 52 )

25-17007 -

21/06/2007

IMPRESA FUNEBRE PIDO

GIANBORTOLO 0 21.1001 - 1 a,c

14-16702 -

04/04/2007DE PEDRINI ONORANZE FUNEBRI

0 1.0001 - 1 1- a,c

3-16397 -

18/01/2007POMPE FUNEBRI DANIELE RAIMONDI

0 13.6001 - 1

1-

a,b,c

Totali 0 35.700 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

VARIE - Gruppo - F -

Varie

44-17640 -

22/11/2007EURO BUSINESS GUIDE

19.1001 - 1 - 1 1

44-17643 -

22/11/2007HTI - HI TECH INTERNATIONAL

13.6001 - 1 1- a

43-17609 -

15/11/2007AREA FILM (Videosystem S.r.l.)

21.1001 - 1 a,c 1 1

43-17609 -

15/11/2007Made In It S.r.l

21.1001 - 1 a,c 1 1

164

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

n°- bol./prat.

- dataPRATICA COMMERCIALE

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42- 17584 -

08/11/2007

GPEDONE.IT E

NEWPLASTICSURGERY.IT 12.0001 - 1 a

40-17521 -

23/10/2007L'ALBERO DELLE RUOTE

9.1001 - 1 b

38-17472 -

10/10/2007

VCR (VIVAI COOPERATIVI RAUSCEDO)-

AGRI ISOLA 5.6001 - 1 -

35-17375 -

20/09/2007WORLD WIDE WEB REGISTER

16.1001 - 1 1- a,b 1 1

33-17323 -

06/09/2007GIELLE: NAF S-III? NO GRAZIE

10.1001 - 1 - 1 1- a,e 1 1

31-17217 -

03/08/2007NEW BUSINESS INTERNATIONAL

12.1001 - 1 1- a,c

30-17165 -

26/07/2007

CENTRO MORPHÈ DELLA SOCIETÀ

OLIMPIA 3.6001 - 1 a,b 1 1- a,c

28-17092 -

12/07/2007NCC TAXICAR

1.0001 - 1 a,c

26-17035 -

27/06/2007GRUPPO TETRA

15.1001 - 1 1- a,b

26-17038 -

27/06/2007

DA FOTOSCONTATE STAMPA FOTO A

3 CENTESIMI 9.6001 - 1 -

25-16997 -

21/06/2007

ITALSOFT: SOLO I MIGLIORI NON

TEMONO PARAGONI 15.1001 - 1 e 1 a,c,e

22-16904 -

28/05/2007

ERREDUE ASSISTENZA

INFORTUNISTICA STRADALE 11.1001 - 1 a

19-16827 -

10/05/2007UBRIACARSI A LOS PANINEROS

25.0001 - 1 -

18-16805 -

04/05/2007WWW.CNSF.IT-C.A.R.TUR

13.6001 - 1 -

15-16729 -

12/04/2007DETERSIVO PER LAVASTOVIGLIE PRIL

21.1001 - 1 1- a,b

165

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Capitolo III

Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli

n°- bol./prat.

- dataPRATICA COMMERCIALE

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n°c

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12-16635 -

21/03/2007KELION-BANNER XANTA

21.1001 - 1 a,c

4-16425 -

25/01/2007COMMERCIALE SICULA

13.1001 - 1 a

3-16398 -

18/01/2007LAMPADINE ALOGENE BOTTARI

12.1001 - 1 1- a

Totali 82.500 218.900 6 16 5 15 1 3 2 3 0 1 0 0 0 0

166

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Conclusioni

167

Conclusioni

Nel corso del presente lavoro si è analizzata la genesi e la formalizzazione del

concetto di “pratica commerciale scorretta” e soprattutto il recepimento di tale nozione

nell’ordinamento italiano. Si è assistito ad un cambio radicale dei modi di protezione

del consumatore mediante la predisposizione di una tutela che abbraccia e ingloba un

numero ingente di fattispecie. Si può ritenere realizzato il desiderio del legislatore

comunitario di voler armonizzare l’intera disciplina in tutti i Paesi membri dell’Unione

Europea poiché, grazie all’adozione di tali misure, si sono rese certamente più agevoli e

più sicure le transazioni nel mercato estero.

Persiste, però, qualche perplessità circa le modalità con cui le disposizioni

comunitarie sono state inserite nell’ordinamento italiano a causa di una trasposizione

troppo letterale e non contestualizzata in base alla realtà nazionale. Si è evidenziato,

infatti, che la scelta di alcune terminologie appaia poco adeguata a definire concetti

complessi come quelli del marketing o della pubblicità, ma nonostante questa

considerazione, non si può sminuire la portata e l’importanza delle norme contenute

negli articoli del Codice del Consumo. Spesso, inoltre, il legislatore italiano non ha

tenuto conto delle interferenze che le modifiche del decreto legislativo 206/2005

avrebbero determinato con altre leggi presenti nel corpus normativo nazionale,

provocando così un diverso regime di tutela in base alla scelta di applicazione degli

articoli a cui fare riferimento. Accurati e puntuali accorgimenti, però, potrebbero

facilmente risolvere questa situazione senza inficiare minimamente sulla disciplina delle

pratiche commerciali scorrette.

L’analisi sulle sentenze dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

ha, inoltre, permesso di delineare un quadro abbastanza nitido della condizione italiana.

La suddivisione in settori merceologici, la quantificazione delle sanzioni, il computo di

articoli applicati e nei confronti dei quali si è ravvisata una contrarietà ha fatto sì che si

potessero tranne alcune conclusioni. Gli illeciti più frequenti, dunque, riguardano una

mancata precisa proposizione di informazioni relative alle condizioni di offerta. Tali

attività scorrette si estrinsecano nella diffusione di messaggi promozionali in cui il

consumatore medio non può comprendere in maniera immediata il prezzo del prodotto,

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Conclusioni

168

del servizio proposto o le clausole da rispettare per poter usufruire di un determinato

beneficio e ciò è comprensibile alla luce del fatto che il costo di un’operazione

commerciale rappresenta uno dei principali elementi di valutazione prima di effettuare

un acquisto. Si è notato che anche l’aumento delle sanzioni non costituisce un valido

deterrente alla reiterazione di alcuni comportamenti scorretti dal momento che le

ammende imponibili appaiono irrisorie per società il cui bilancio è altamente superiore.

A dimostrazione di quanto affermato, nella classificazione fornita nel terzo capitolo in

base alla suddivisione in settori merceologici, non costituisce una sorpresa, dunque, che

aziende quali la Wind, la Vodafone, la Fastweb, l’Enel e Findomestic Banca siano

autori di comportamenti decettivi. C’è da sottolineare una particolare attenzione nei

confronti dei consumatori più vulnerabili i quali sono protetti con un surplus di tutela

nell’acquisto e nella fruizione di determinate tipologie di beni e servizi. La psicologia

del consumatore, sebbene non delineata nei minimi dettagli, è fondamentale per

comprendere la gravità di un’attività commerciale. Nella valutazione degli illeciti,

sempre grazie alla lettura dei bollettini emanati dall’Autorità Garante della Concorrenza

e del Mercato, si è evidenziato come molteplici fattori influiscano sulla determinazione

delle sentenze e delle ammende da irrogare e quindi come, ad esempio, nel campo degli

alimentari e dei prodotti farmaceutici si pone maggiore attenzione e riguardo.

La formalizzazione della disciplina oggetto del presente lavoro ed anche la sua

applicazione possono essere certamente migliorati. Un elemento che andrà sicuramente

potenziato nei prossimi anni è la divulgazione di notizie inerenti alle attività

dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato perché troppo spesso, anche se

sono stati riconosciuti determinati diritti e ratificati in appositi strumenti normativi, il

consumatore ne ignora l’esistenza o immagina, contrariamente al vero, che il ricorso a

tali Autorità sia troppo oneroso. I consumatori, non essendo informati adeguatamente

sulle possibilità di far valere i propri diritti o sulle modalità per realizzare ciò, subiscono

passivamente le angherie da parte di scaltri professionisti. La prospettiva di una

diffusione di una consapevolezza generale dei comportamenti leciti può rappresentare

quel quid in più che possa effettivamente garantire un arresto o una concreta

diminuzione di attività illecite.

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Appendice

169

Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005,

relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato

interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE,

98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento

(CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche

commerciali sleali»)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

Gazzetta ufficiale n. L 149 del 11/06/2005 pag. 0022 - 0039

20050511

Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

dell' 11 maggio 2005

relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e

che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e

2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004

del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali")

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],

considerando quanto segue:

(1) L'articolo 153, paragrafi 1 e 3, lettera a), del trattato prevede che la Comunità deve

contribuire al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori

mediante misure adottate a norma dell'articolo 95 del medesimo.

(2) A norma dell'articolo 14, paragrafo 2, del trattato, il mercato interno comporta uno

spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e

dei servizi, nonché la libertà di stabilimento. Lo sviluppo di pratiche commerciali leali

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Appendice

170

all'interno dello spazio senza frontiere interne è essenziale per promuovere le attività

transfrontaliere.

(3) Le leggi degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali sono

caratterizzate da differenze notevoli che possono provocare sensibili distorsioni della

concorrenza e costituire ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. Nel settore

della pubblicità, la direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984,

concernente la pubblicità ingannevole e comparativa [3], fissa criteri minimi di

armonizzazione nella normativa in tema di pubblicità ingannevole, ma non si oppone al

mantenimento o all'adozione, da parte degli Stati membri, di disposizioni che

garantiscano una più ampia tutela dei consumatori. Di conseguenza, le disposizioni

degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole sono profondamente diverse.

(4) Queste differenze sono fonte di incertezza per quanto concerne le disposizioni

nazionali da applicare alle pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici

dei consumatori e creano molti ostacoli sia alle imprese che ai consumatori. Questi

ostacoli rendono più oneroso per le imprese l'esercizio delle libertà del mercato interno,

soprattutto ove tali imprese intendano effettuare attività di marketing, campagne

pubblicitarie e promozioni delle vendite transfrontaliere. Tali ostacoli causano inoltre

incertezze circa i diritti di cui godono i consumatori e compromettono la fiducia di

questi ultimi nel mercato interno.

(5) In assenza di norme uniformi a livello comunitario, gli ostacoli alla libera

circolazione di servizi e di merci transfrontaliera o alla libertà di stabilimento

potrebbero essere giustificati, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia delle

Comunità europee, purché volti a tutelare obiettivi riconosciuti di interesse pubblico e

purché proporzionati a tali obiettivi. Tenuto conto delle finalità della Comunità, stabilite

dalle disposizioni del trattato e dal diritto comunitario derivato in materia di libera

circolazione, e conformemente alla politica della Commissione riguardante le

comunicazioni commerciali come indicato nella comunicazione della Commissione

"Seguito dato al Libro verde sulla comunicazione commerciale nel mercato interno", tali

ostacoli dovrebbero essere eliminati. Ciò è possibile solo introducendo a livello

comunitario norme uniformi che prevedono un elevato livello di protezione dei

consumatori e chiarendo alcuni concetti giuridici, nella misura necessaria per il corretto

funzionamento del mercato interno e per soddisfare il requisito della certezza del diritto.

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Appendice

171

(6) La presente direttiva ravvicina pertanto le legislazioni degli Stati membri sulle

pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli

interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei

concorrenti legittimi. Secondo il principio di proporzionalità, la presente direttiva tutela

i consumatori dalle conseguenze di tali pratiche commerciali sleali allorché queste sono

rilevanti, ma riconosce che in alcuni casi l'impatto sui consumatori può essere

trascurabile. Essa non riguarda e lascia impregiudicate le legislazioni nazionali sulle

pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei

concorrenti o che sono connesse ad un'operazione tra professionisti. Tenuto pienamente

conto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri, ove lo desiderino, continueranno a

poter disciplinare tali pratiche, conformemente alla normativa comunitaria. Inoltre la

presente direttiva non riguarda e lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva

84/450/CEE in materia di pubblicità che risulti ingannevole per le imprese ma non per i

consumatori e in materia di pubblicità comparativa. La presente direttiva lascia altresì

impregiudicate pratiche pubblicitarie e di marketing generalmente ammesse, quali il

product placement consentito, la differenziazione del marchio o l'offerta di incentivi in

grado di incidere legittimamente sulla percezione dei prodotti da parte dei consumatori

e di influenzarne il comportamento senza però limitarne la capacità di prendere una

decisione consapevole.

(7) La presente direttiva riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello

di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti.

Non riguarda le pratiche commerciali realizzate principalmente per altri scopi, comprese

ad esempio le comunicazioni commerciali rivolte agli investitori, come le relazioni

annuali e le pubblicazioni promozionali delle aziende. Non riguarda i requisiti giuridici

inerenti al buon gusto e alla decenza che variano ampiamente tra gli Stati membri. Le

pratiche commerciali quali ad esempio le sollecitazioni commerciali per strada possono

essere indesiderabili negli Stati membri per motivi culturali. Gli Stati membri

dovrebbero di conseguenza poter continuare a vietare le pratiche commerciali nei loro

territori per ragioni di buon gusto e decenza conformemente alle normative comunitarie,

anche se tali pratiche non limitano la libertà di scelta dei consumatori. In sede di

applicazione della direttiva, in particolare delle clausole generali, è opportuno tenere

ampiamente conto delle circostanze del singolo caso in questione.

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Appendice

172

(8) La presente direttiva tutela direttamente gli interessi economici dei consumatori

dalle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. Essa, quindi, tutela

indirettamente le attività legittime da quelle dei rispettivi concorrenti che non rispettano

le regole previste dalla presente direttiva e, pertanto, garantisce nel settore da essa

coordinato una concorrenza leale. Resta inteso che esistono altre pratiche commerciali

che, per quanto non lesive per i consumatori, possono danneggiare i concorrenti e i

clienti. La Commissione dovrebbe valutare accuratamente la necessità di un'azione

comunitaria in materia di concorrenza sleale al di là delle finalità della presente direttiva

e, ove necessario, presentare una proposta legislativa che contempli questi altri aspetti

della concorrenza sleale.

(9) La presente direttiva non pregiudica i ricorsi individuali proposti da soggetti che

sono stati lesi da una pratica commerciale sleale. Non pregiudica neppure l'applicazione

delle disposizioni comunitarie e nazionali relative al diritto contrattuale, ai diritti di

proprietà intellettuale, agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti, alle condizioni di

stabilimento e ai regimi di autorizzazione, comprese le norme relative, in base al diritto

comunitario, alle attività legate all'azzardo, e alle norme comunitarie in materia di

concorrenza e relative norme nazionali di attuazione. Gli Stati membri potranno in tal

modo mantenere o introdurre limitazioni e divieti in materia di pratiche commerciali,

motivati dalla tutela della salute e della sicurezza dei consumatori nel loro territorio

ovunque sia stabilito il professionista, ad esempio riguardo ad alcol, tabacchi o prodotti

farmaceutici. Per i servizi finanziari e i beni immobili occorrono, tenuto conto della loro

complessità e dei gravi rischi inerenti, obblighi particolareggiati, inclusi gli obblighi

positivi per i professionisti. Pertanto, nel settore dei servizi finanziari e dei beni

immobili, la presente direttiva non pregiudica il diritto degli Stati membri di andare al di

là delle sue disposizioni al fine di tutelare gli interessi economici dei consumatori. Non

è opportuno disciplinare in questo ambito la certificazione e le indicazioni concernenti il

titolo degli articoli in metalli preziosi.

(10) È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto

comunitario esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in

materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. La presente direttiva

modifica pertanto la direttiva 84/450/CEE, la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo

e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in

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Appendice

173

materia di contratti a distanza [4] la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi

dei consumatori [5] e la direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi

finanziari ai consumatori [6]. Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto

qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti

specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole

sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela

ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore

e vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti. Ciò è

particolarmente importante per prodotti complessi che comportano rischi elevati per i

consumatori, come alcuni prodotti finanziari. La presente direttiva completa pertanto

l'acquis comunitario applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi

economici dei consumatori.

(11) L'elevata convergenza conseguita mediante il ravvicinamento delle disposizioni

nazionali attraverso la presente direttiva dà luogo a un elevato livello comune di tutela

dei consumatori. La presente direttiva introduce un unico divieto generale di quelle

pratiche commerciali sleali che falsano il comportamento economico dei consumatori.

Essa stabilisce inoltre norme riguardanti le pratiche commerciali aggressive, che

attualmente non sono disciplinate a livello comunitario.

(12) Dall'armonizzazione deriverà un notevole rafforzamento della certezza del diritto

sia per i consumatori sia per le imprese, che potranno contare entrambi su un unico

quadro normativo fondato su nozioni giuridiche chiaramente definite che disciplinano

tutti gli aspetti inerenti alle pratiche commerciali sleali nell'UE. In tal modo si avrà

l'eliminazione degli ostacoli derivanti dalla frammentazione delle norme sulle pratiche

commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori e la realizzazione

del mercato interno in questo settore.

(13) Per conseguire gli obiettivi comunitari mediante l'eliminazione degli ostacoli al

mercato interno, è necessario sostituire le clausole generali e i principi giuridici

divergenti attualmente in vigore negli Stati membri. Il divieto unico generale comune

istituito dalla presente direttiva si applica pertanto alle pratiche commerciali sleali che

falsano il comportamento economico dei consumatori. Per sostenere la fiducia da parte

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Appendice

174

dei consumatori il divieto generale dovrebbe applicarsi parimenti a pratiche

commerciali sleali che si verificano all'esterno di un eventuale rapporto contrattuale tra

un professionista ed un consumatore o in seguito alla conclusione di un contratto e

durante la sua esecuzione. Il divieto generale si articola attraverso norme riguardanti le

due tipologie di pratiche commerciali più diffuse, vale a dire le pratiche commerciali

ingannevoli e quelle aggressive.

(14) È auspicabile che nella definizione di pratiche commerciali ingannevoli rientrino

quelle pratiche, tra cui la pubblicità ingannevole, che inducendo in errore il

consumatore gli impediscono di scegliere in modo consapevole e, di conseguenza,

efficiente. Conformemente alle leggi e alle pratiche di alcuni Stati membri sulla

pubblicità ingannevole, la presente direttiva suddivide le pratiche ingannevoli in azioni

e omissioni ingannevoli. Per quanto concerne le omissioni, la presente direttiva elenca

un limitato novero di informazioni chiave necessarie affinché il consumatore possa

prendere una decisione consapevole di natura commerciale. Tali informazioni non

devono essere comunicate in ogni pubblicità, ma solo qualora il professionista inviti

all'acquisto, nozione questa chiaramente definita nella presente direttiva. Il fatto che la

presente direttiva sia impostata sull'armonizzazione completa non osta a che gli Stati

membri precisino nella legislazione nazionale le principali caratteristiche di particolari

prodotti quali, per esempio, gli oggetti da collezione o i prodotti elettrotecnici, qualora

l'omissione di tale precisazione avesse importanza decisiva al momento dell'invito

all'acquisto. La presente direttiva non intende ridurre la scelta del consumatore vietando

la promozione di prodotti apparentemente simili ad altri prodotti, a meno che tale

somiglianza non sia tale da confondere il consumatore riguardo all'origine commerciale

del prodotto e sia pertanto ingannevole. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare

la normativa comunitaria in vigore che attribuisce espressamente agli Stati membri la

scelta tra varie opzioni in materia di regolamentazione per la protezione dei consumatori

nel settore delle pratiche commerciali. In particolare, la presente direttiva dovrebbe

lasciare impregiudicato l'articolo 13, paragrafo 3 della direttiva 2002/58/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati

personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche [7].

(15) Qualora il diritto comunitario stabilisca obblighi di informazione riguardo a

comunicazioni commerciali, pubblicità e marketing, tali informazioni sono considerate

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Appendice

175

rilevanti ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri potranno mantenere gli

obblighi di informazione o prevedere obblighi aggiuntivi riguardanti il diritto

contrattuale e aventi conseguenze sotto il profilo del diritto contrattuale qualora ciò sia

consentito dalle clausole minime previste dai vigenti strumenti giuridici comunitari.

L'allegato II riporta un elenco non completo di tali obblighi di informazione previsti

dall'acquisto. Tenuto conto della piena armonizzazione introdotta dalla presente

direttiva, solo le informazioni previste dal diritto comunitario sono considerate rilevanti

ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5 della stessa. Qualora gli Stati membri abbiano

introdotto informazioni aggiuntive rispetto a quanto specificato nel diritto comunitario,

sulla base delle clausole minime, l'omissione di tali informazioni non costituisce

un'omissione ingannevole ai sensi della presente direttiva. Di contro, gli Stati membri,

se consentito dalle clausole minime presenti nella legislazione comunitaria, hanno

facoltà di mantenere o introdurre disposizioni maggiormente restrittive, conformemente

alla normativa comunitaria, per garantire un livello più elevato di tutela dei singoli

diritti contrattuali dei consumatori.

(16) Le disposizioni sulle pratiche commerciali aggressive dovrebbero riguardare le

pratiche che limitano considerevolmente la libertà di scelta del consumatore. Si tratta di

pratiche che comportano il ricorso a molestie, coercizione, compreso l'uso di forza

fisica, e indebito condizionamento.

(17) È auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano

individuate per garantire una maggiore certezza del diritto. L'allegato I riporta pertanto

l'elenco completo di tali pratiche. Si tratta delle uniche pratiche commerciali che si

possono considerare sleali senza una valutazione caso per caso in deroga alle

disposizioni degli articoli da 5 a 9. L'elenco può essere modificato solo mediante

revisione della presente direttiva.

(18) È opportuno proteggere tutti i consumatori dalle pratiche commerciali sleali.

Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto necessario, nel deliberare in cause relative alla

pubblicità dopo l'entrata in vigore della direttiva 84/450/CEE, esaminare l'effetto su un

virtuale consumatore tipico. Conformemente al principio di proporzionalità, e per

consentire l'efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente

direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e

ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e

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Appendice

176

linguistici, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia, ma contiene altresì

disposizioni volte ad evitare lo sfruttamento dei consumatori che per le loro

caratteristiche risultano particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. Ove

una pratica commerciale sia specificatamente diretta ad un determinato gruppo di

consumatori, come ad esempio i bambini, è auspicabile che l'impatto della pratica

commerciale venga valutato nell'ottica del membro medio di quel gruppo. È quindi

opportuno includere nell'elenco di pratiche considerate in ogni caso sleali una

disposizione che, senza imporre uno specifico divieto alla pubblicità destinata ai

bambini, tuteli questi ultimi da esortazioni dirette all'acquisto. La nozione di

consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali

dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della

Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella

fattispecie.

(19) Qualora talune caratteristiche, quali età, infermità fisica o mentale o ingenuità,

rendano un gruppo di consumatori particolarmente vulnerabile ad una pratica

commerciale o al prodotto a cui essa si riferisce, e il comportamento economico soltanto

di siffatti consumatori sia suscettibile di essere distorto da tale pratica, in un modo che il

professionista può ragionevolmente prevedere, occorre far sì che essi siano

adeguatamente tutelati valutando la pratica nell'ottica del membro medio di detto

gruppo.

(20) È opportuno prevedere un ruolo per i codici di condotta che consenta ai

professionisti di applicare in modo efficace i principi della presente direttiva in specifici

settori economici. Nei settori in cui vi siano obblighi tassativi specifici che disciplinano

il comportamento dei professionisti, è opportuno che questi forniscano altresì prove

riguardo agli obblighi di diligenza professionale in tale settore. Il controllo esercitato dai

titolari dei codici a livello nazionale o comunitario per l'eliminazione delle pratiche

commerciali sleali può evitare la necessità di esperire azioni giudiziarie o

amministrative e dovrebbe pertanto essere incoraggiato. Le organizzazioni dei

consumatori potrebbero essere informate e coinvolte nella formulazione di codici di

condotta, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dei consumatori.

(21) Le persone o le organizzazioni che in base alla legislazione nazionale siano

considerate titolari di interesse legittimo nel caso di specie devono disporre di mezzi di

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Appendice

177

impugnazione contro le pratiche commerciali sleali dinanzi ad un organo giurisdizionale

o ad un'autorità amministrativa competente a decidere dei reclami o a promuovere

un'adeguata azione giudiziaria. Pur spettando al diritto nazionale stabilire l'onere della

prova, è appropriato attribuire agli organi giurisdizionali e alle autorità amministrative il

potere di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni

fattuali che ha presentato.

(22) È necessario che gli Stati membri determinino le sanzioni da irrogare per le

violazioni delle disposizioni della presente direttiva e ne garantiscano l'applicazione. Le

sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

(23) Poiché gli scopi della presente direttiva, vale a dire l'eliminazione degli ostacoli al

funzionamento del mercato interno rappresentati dalle leggi nazionali in materia di

pratiche commerciali sleali e il conseguimento di un elevato livello comune di tutela dei

consumatori mediante il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e

amministrative degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, non possono essere

realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono essere realizzati meglio a

livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà

sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario

per eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno e conseguire un elevato

livello comune di tutela dei consumatori in ottemperanza al principio di proporzionalità

enunciato nello stesso articolo.

(24) È opportuno rivedere la presente direttiva onde assicurare che sia stato affrontato il

problema degli ostacoli al mercato interno e sia stato raggiunto un alto livello di

protezione dei consumatori. Il riesame potrebbe portare a una proposta della

Commissione intesa a modificare la presente direttiva, in cui potrebbero essere

comprese un'estensione limitata della deroga di cui all'articolo 3, paragrafo 5, e/o

modifiche ad altri atti legislativi in materia di tutela dei consumatori che rispecchino

l'impegno della Commissione nell'ambito della strategia della politica dei consumatori

di rivedere l'acquis esistente in modo da conseguire un elevato livello comune di tutela

dei consumatori.

(25) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti

in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

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Appendice

178

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO 1

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Scopo

La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e

al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante

l'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli

Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici

dei consumatori.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto della

presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività

commerciale, industriale, artigianale o professionale;

b) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali

oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale,

industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un

professionista;

c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le

obbligazioni;

d) "pratiche commerciali tra imprese e consumatori" (in seguito denominate "pratiche

commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione

commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un

professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un

prodotto ai consumatori;

e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l'impiego

di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore

di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione

di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;

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Appendice

179

f) "codice di condotta": un accordo o una normativa che non sia imposta dalle

disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che

definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice

in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali

specifici;

g) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo

di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta

e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a

rispettarlo;

h) "diligenza professionale": rispetto a pratiche di mercato oneste e/o al principio

generale della buona fede nel settore di attività del professionista, il normale grado della

speciale competenza e attenzione che ragionevolmente si possono presumere essere

esercitate da un professionista nei confronti dei consumatori;

i) "invito all'acquisto": una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il

prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la

comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare

un acquisto;

j) "indebito condizionamento": lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al

consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la

minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore

di prendere una decisione consapevole;

k) "decisione di natura commerciale": una decisione presa da un consumatore relativa a

se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare

integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un

diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a

compiere un'azione o all'astenersi dal compierla;

l) "professione regolamentata": attività professionale, o insieme di attività professionali,

l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, è subordinata

direttamente o indirettamente, in base a disposizioni legislative, regolamentari o

amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali.

Articolo 3

Ambito di applicazione

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Appendice

180

1. La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e

consumatori, come stabilite all'articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo

un'operazione commerciale relativa a un prodotto.

2. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione del diritto contrattuale, in

particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto.

3. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle disposizioni comunitarie o

nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti.

4. In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme

comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali,

prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.

5. Per un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono

continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle

previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di

direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere

essenziali al fine di assicurare un'adeguata protezione dei consumatori da pratiche

commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo. La

revisione di cui all'articolo 18 può, se ritenuto opportuno, comprendere una proposta

intesa a prorogare questa deroga per un ulteriore periodo limitato.

6. Gli Stati membri notificano alla Commissione senza indugio le disposizioni nazionali

applicate sulla base del paragrafo 5.

7. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle norme che determinano la

competenza giurisdizionale.

8. La presente direttiva non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento,

o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme

specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati

di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla

normativa comunitaria, imporre a questi ultimi.

9. In merito ai "servizi finanziari" definiti alla direttiva 2002/65/CE e ai beni immobili,

gli Stati membri possono imporre obblighi più dettagliati o vincolanti di quelli previsti

dalla presente direttiva nel settore che essa armonizza.

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Appendice

181

10. La presente direttiva non è applicabile all'attuazione delle disposizioni legislative,

regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di certificazione e di

indicazioni concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi.

Articolo 4

Mercato interno

Gli Stati membri non limitano la libertà di prestazione dei servizi né la libera

circolazione delle merci per ragioni afferenti al settore armonizzato dalla presente

direttiva.

CAPO 2

PRATICHE COMMERCIALI SLEALI

Articolo 5

Divieto delle pratiche commerciali sleali

1. Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

2. Una pratica commerciale è sleale se:

a) è contraria alle norme di diligenza professionale,

e

b) falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in

relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del

membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato

gruppo di consumatori.

3. Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento

economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente

vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità

mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può

ragionevolmente prevedere sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo.

Ciò lascia impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in

dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla

lettera.

4. In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:

a) ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7

o

b) aggressive di cui agli articoli 8 e 9.

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Appendice

182

5. L'allegato I riporta l'elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in

ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato

solo mediante revisione della presente direttiva.

Sezione 1

Pratiche commerciali ingannevoli

Articolo 6

Azioni ingannevoli

1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e

sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione

complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l'informazione è

di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia

idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe

altrimenti preso:

a) l'esistenza o la natura del prodotto;

b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi,

l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il

trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la

consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o

commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le

caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;

c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la

natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla

sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto;

d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio

quanto al prezzo;

e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;

f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il

patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i

diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;

g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi della

direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 su

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Appendice

183

taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo [8], o i rischi ai quali

può essere esposto.

2. È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie

concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induca o sia

idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:

a) una qualsivoglia attività di marketing del prodotto, compresa la pubblicità

comparativa, che ingeneri confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale

e altri segni distintivi di un concorrente;

b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di

condotta che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove:

i) non si tratti di una semplice aspirazione ma di un impegno fermo e verificabile;

e

ii) il professionista indichi in una pratica commerciale che è vincolato dal codice.

Articolo 7

Omissioni ingannevoli

1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta,

tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo

di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio

ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura

commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad

assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un

professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o

intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti

di cui a detto paragrafo, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa, qualora

non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è

idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale

imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata

un'omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura

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Appendice

184

adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori

con altri mezzi.

4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti le informazioni seguenti,

qualora non risultino già evidenti dal contesto:

a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di

comunicazione e al prodotto stesso;

b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua denominazione

sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identità del

professionista per conto del quale egli agisce;

c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta

l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo

del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali

oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo,

l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore;

d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora

esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;

e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le

operazioni commerciali che comportino tale diritto.

5. Sono considerati rilevanti gli obblighi di informazione, previsti dal diritto

comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il

marketing, di cui l'allegato II fornisce un elenco non completo.

Sezione 2

Pratiche commerciali aggressive

Articolo 8

Pratiche commerciali aggressive

È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto

conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione,

compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a

limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore

medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere

una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Articolo 9

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Appendice

185

Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento

Nel determinare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione, compreso

il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i

seguenti elementi:

a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;

b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o

circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del

consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal

professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il

diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro

professionista;

e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione non sia

giuridicamente ammessa.

CAPO 3

CODICI DI CONDOTTA

Articolo 10

Codici di condotta

La presente direttiva non esclude il controllo, che gli Stati membri possono

incoraggiare, delle pratiche commerciali sleali esercitato dai responsabili dei codici né

esclude che le persone o le organizzazioni di cui all'articolo 11 possano ricorrere a tali

organismi qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi, oltre a quelli giudiziari

o amministrativi di cui al medesimo articolo.

Il ricorso a tali organismi di controllo non è mai considerato equivalente alla rinuncia

agli strumenti di ricorso giudiziario o amministrativo di cui all'articolo 11.

CAPO 4

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 11

Applicazione

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Appendice

186

1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le

pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della

presente direttiva nell'interesse dei consumatori.

Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le

organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse a

contrastare le pratiche commerciali sleali, inclusi i concorrenti, possono:

a) promuovere un'azione giudiziaria contro tali pratiche commerciali sleali,

e/o

b) sottoporre tali pratiche commerciali sleali al giudizio di un'autorità amministrativa

competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione

giudiziaria.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se

sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra

in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di

cui all'articolo 10. Il ricorso a tali mezzi è indipendente dal fatto che i consumatori

interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista

o in un altro Stato membro.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere:

a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente

contro più professionisti dello stesso settore economico,

e

b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il

codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.

2. Nel contesto delle disposizioni giuridiche di cui al paragrafo 1, gli Stati membri

conferiscono all'organo giurisdizionale o amministrativo il potere, qualora ritengano

necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare,

dell'interesse generale:

a) di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie

appropriate per ingiungere la loro cessazione,

o

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Appendice

187

b) qualora la pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma sia

imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per

vietarla,

anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure

in merito all'intenzionalità o alla negligenza da parte del professionista.

Gli Stati membri prevedono inoltre disposizioni affinché i provvedimenti di cui al primo

comma possano essere adottati nell'ambito di un procedimento d'urgenza:

- con effetto provvisorio,

oppure

- con effetto definitivo,

fermo restando che compete ad ogni Stato membro scegliere una delle due opzioni.

Inoltre, al fine di impedire che le pratiche commerciali sleali la cui sospensione sia stata

ordinata da una decisione definitiva continuino a produrre effetti, gli Stati membri

possono conferire all'organo giurisdizionale o all'autorità amministrativa il potere:

a) di far pubblicare tale decisione per esteso, o in parte, e nella forma che ritengano

opportuna,

b) far pubblicare inoltre una dichiarazione rettificativa.

3. L'autorità amministrativa di cui al paragrafo 1 deve:

a) essere composta in modo che la sua imparzialità non possa essere messa in dubbio;

b) avere, quando decide in merito ai ricorsi, i poteri necessari per vigilare e assicurare

l'effettiva esecuzione delle sue decisioni;

c) motivare, in linea di massima, le sue decisioni.

Allorché i poteri di cui al paragrafo 2 sono esercitati esclusivamente da un'autorità

amministrativa, le sue decisioni sono sempre motivate. In questo caso, devono essere

inoltre previste procedure in base alle quali l'esercizio improprio o ingiustificato dei

poteri dell'autorità amministrativa e le omissioni improprie o ingiustificate nell'esercizio

dei poteri stessi possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale.

Articolo 12

Organi giurisdizionali e amministrativi: allegazioni fattuali

Gli Stati membri attribuiscono agli organi giurisdizionali o amministrativi il potere, in

un procedimento civile o amministrativo di cui all'articolo 11:

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Appendice

188

a) di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni fattuali

connesse alla pratica commerciale se, tenuto conto degli interessi legittimi del

professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti

giustificata, date le circostanze del caso specifico;

e

b) di considerare inesatte le allegazioni fattuali, se le prove richieste ai sensi della lettera

a) non siano state fornite o siano ritenute insufficienti dall'organo giurisdizionale o

amministrativo.

Articolo 13

Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle

disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i

provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere

effettive, proporzionate e dissuasive.

Articolo 14

Modifiche della direttiva 84/450/CEE

La direttiva 84/450/CEE è così modificata:

1) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:

"Articolo 1

La presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole

e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità

comparativa."

;

2) all'articolo 2,

- il punto 3) è sostituito dal seguente:

"3) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro della sua

attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisca in nome

o per conto di un professionista;"

;

- è aggiunto il punto seguente:

"4) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un

gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e della revisione di un codice

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Appendice

189

di condotta e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono

impegnati a rispettarlo."

;

3) l'articolo 3 bis è sostituito dal seguente:

"Articolo 3 bis

1. Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora

siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa

a) non sia ingannevole ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e degli articoli 3 e 7,

paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle pratiche

commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [];

b) confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi

obiettivi;

c) confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e

rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;

d) non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri

segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;

e) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti

aventi la stessa denominazione;

f) non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla

denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle

denominazioni di origine di prodotti concorrenti;

g) non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi

protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati;

h) non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l'operatore pubblicitario ed un

concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i

servizi dell'operatore pubblicitario e quelli di un concorrente.

4) l'articolo 4, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

"1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere

la pubblicità ingannevole e garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di

pubblicità comparativa nell'interesse sia dei professionisti sia dei concorrenti. Tali

mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali persone od organizzazioni

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Appendice

190

che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse contrastare la

pubblicità ingannevole o la regolamentazione della pubblicità comparativa possano:

a) promuovere un'azione giudiziaria contro tale pubblicità

o

b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un'autorità amministrativa competente a

giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se

sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad esigere

che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie,

compresi quelli di cui all'articolo 5.

Spetta a ciascuno Stato membro decidere:

a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente

contro più professionisti dello stesso settore economico

e

b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il

codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge."

5) l'articolo 7, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

"1. La presente direttiva non si oppone al mantenimento o all'adozione da parte degli

Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in

materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti."

Articolo 15

Modifiche delle direttive 97/7/CE e 2002/65/CE

1) L'articolo 9 della direttiva 97/7/CE è sostituito dal seguente:

"Articolo 9

Fornitura non richiesta

Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva

2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle

pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [], gli Stati

membri adottano le disposizioni necessarie per dispensare il consumatore da qualsiasi

prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza

di risposta non implica consenso.

2) l'articolo 9 della direttiva 2002/65/CE è sostituito dal seguente:

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Appendice

191

"Articolo 9

Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva

2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle

pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [], e fatte

salve le disposizioni della legislazione degli Stati membri relative al tacito rinnovo dei

contratti a distanza, quando dette norme consentono il tacito rinnovo, gli Stati membri

adottano le misure necessarie per dispensare il consumatore da qualunque obbligo in

caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza di risposta non implica

consenso.

Articolo 16

Modifiche della direttiva 98/27/CE e del regolamento (CE) n. 2006/2004

1) Nell'allegato della direttiva 98/27/CE il punto 1 è sostituito dal seguente:

"1. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005,

relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno

(GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22)."

2) All'allegato del regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili

dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori ("regolamento sulla

cooperazione per la tutela dei consumatori") [12], è aggiunto il punto seguente:

"16. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 maggio

2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato

interno (GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22)."

Articolo 17

Informazione

Gli Stati membri adottano misure appropriate per informare il consumatore della legge

nazionale che recepisce la presente direttiva e, se del caso, incoraggiano i professionisti

e i responsabili del codice ad informare i consumatori in merito ai propri codici di

condotta.

Articolo 18

Revisione

1. Entro il 12 giugno 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al

Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva e, in

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Appendice

192

particolare, dell'articolo 3, paragrafo 9, dell'articolo 4 e dell'allegato I, e sulle possibilità

di armonizzare e semplificare ulteriormente il diritto comunitario in materia di

protezione dei consumatori, nonché di adottare, tenendo conto dell'articolo 3, paragrafo

5, eventuali misure necessarie a livello comunitario per assicurare il mantenimento di

livelli adeguati di protezione dei consumatori. La relazione è corredata, se del caso, di

una proposta di revisione della presente direttiva o di altre norme pertinenti del diritto

comunitario.

2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, ai sensi del trattato, si adoperano per adottare

un'iniziativa entro due anni dalla presentazione da parte della Commissione di eventuali

proposte presentate a norma del paragrafo 1.

Articolo 19

Recepimento

Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e

amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno

2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio

a quest'ultima ogni eventuale successiva modifica.

Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 2007. Quando gli Stati membri

adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o

sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le

modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

Articolo 20

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 21

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, addì 11 maggio 2005.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

J. P. Borrell Fontelles

Per il Consiglio

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Appendice

193

Il presidente

N. Schmit

[1] GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.

[2] Parere del Parlamento europeo del 20 aprile 2004 (GU C 104 E del 30.4.2004, pag.

260), posizione comune del Consiglio del 15 novembre 2004 (GU C 38 E del

15.2.2005, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 24 febbraio 2005 (non ancora

pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 12 aprile 2005.

[3] GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata dalla direttiva 97/55/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18).

[4] GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19. Direttiva modificata dalla direttiva 2002/65/CE

(GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).

[5] GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva

2002/65/CE.

[6] GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16.

[7] GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37.

[8] GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12.

[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."

[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."

[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."

[12] GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.

--------------------------------------------------

20050511

ALLEGATO I

PRATICHE COMMERCIALI CONSIDERATE IN OGNI CASO SLEALI

Pratiche commerciali ingannevoli

1) Affermazione, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di

condotta, ove egli non lo sia.

2) Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza

aver ottenuto la necessaria autorizzazione.

3) Asserire che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di

altra natura, ove esso non la abbia.

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Appendice

194

4) Asserire che un professionista (incluse le sue pratiche commerciali) o un prodotto è

stato approvato, accettato o autorizzato da un organismo pubblico o privato quando esso

non lo sia stato o senza rispettare le condizioni dell'approvazione, dell'accettazione o

dell'autorizzazione ricevuta.

5) Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di

ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di

fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a

quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità

della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerti (bait advertising ovvero pubblicità

propagandistica).

6) Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:

a) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori,

oppure

b) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo

ragionevole,

oppure

c) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso,

con l'intenzione di promuovere un altro prodotto (bait and switch ovvero pubblicità con

prodotti civetta).

7) Dichiarare falsamente che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto

limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo

molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori

della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole.

8) Impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il

professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa

dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista è situato e poi offrire

concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza chiaramente comunicarlo al

consumatore prima che questi si sia impegnato a concludere l'operazione.

9) Affermare o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto è lecita,

ove non lo sia.

10) Presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica

propria dell'offerta fatta dal professionista.

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Appendice

195

11) Impiegare contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, qualora i

costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga

chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il

consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale). Tale disposizione è senza

pregiudizio della direttiva 89/552/CEE [1].

12) Formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata

dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non

acquistasse il prodotto.

13) Promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un particolare produttore in

modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore facendogli credere che il

prodotto è fabbricato dallo stesso produttore mentre invece non lo è.

14) Avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel

quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un

corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema

piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti.

15) Affermare che il professionista sta per cessare l'attività o traslocare, ove non stia per

farlo.

16) Affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi d'azzardo.

17) Affermare falsamente che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni

o malformazioni.

18) Comunicare informazioni di fatto inesatte sulle condizioni di mercato o sulla

possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore ad acquistare il

prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato.

19) Affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a

premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole.

20) Descrivere un prodotto come gratuito, senza oneri o simili se il consumatore deve

pagare un sovrappiù rispetto all'inevitabile costo di rispondere alla pratica commerciale

e ritirare o farsi recapitare l'articolo.

21) Includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento

che dia al consumatore l'impressione di aver già ordinato il prodotto in commercio

mentre non lo ha fatto.

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Appendice

196

22) Falsamente dichiarare o dare l’impressione che il professionista non agisca nel

quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o

presentarsi falsamente come consumatore.

23) Dare la falsa impressione che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano

disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto.

Pratiche commerciali aggressive

24) Creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino

alla conclusione del contratto.

25) Effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del

consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e

nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di

un'obbligazione contrattuale.

26) Effettuare ripetute e sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per

posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle

circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini

dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi l'articolo 10 della direttiva

97/7/CE e le direttive 95/46/CE [2] e 2002/58/CE.

27) Imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento in virtù

di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non potrebbero

ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la validità della richiesta, o

omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di

dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi diritti contrattuali.

28) Includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione diretta ai bambini affinché

acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti

reclamizzati. Questa disposizione non osta all'applicazione dell'articolo 16 della

direttiva 89/552/CEE, concernente delle attività televisive.

29) Esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti

che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo nel caso

dei beni di sostituzione di cui all'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 97/7/CE

(fornitura non richiesta).

30) Informare esplicitamente il consumatore che se non acquista il prodotto o servizio

sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista.

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Appendice

197

31) Dare la falsa impressione che il consumatore abbia già vinto, vincerà o vincerà

compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in

effetti:

- non esiste alcun premio né vincita equivalente,

oppure

- qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al

versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore.

[1] Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di

determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri

concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23).

Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

(GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60).

[2] Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995,

relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali,

nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Direttiva

modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).

--------------------------------------------------

20050511

ALLEGATO II

DISPOSIZIONI DI DIRITTO COMUNITARIO CHE STABILISCONO NORME IN

MATERIA DI PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONI COMMERCIALI

Articoli 4 e 5 della direttiva 97/7/CE

Articolo 3 della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i

viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso" [1]

Articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti

dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni

immobili [2]

Articolo 3, paragrafo 4 della direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione

dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori [3]

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Appendice

198

Articoli da 86 a 100 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso

umano [4]

Articoli 5 e 6 della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 8

giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione,

in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno ("direttiva sul commercio

elettronico") [5]

Articolo 1, lettera d) della direttiva 98/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del

16 febbraio 1998, che modifica la direttiva 87/102/CEE del Consiglio relativa al

ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati

membri in materia di credito al consumo [6]

Articoli 3 e 4 della direttiva 2002/65/CE

Articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2001/107/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 21 gennaio 2002, che modifica la direttiva 85/611/CEE del Consiglio

concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed

amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori

mobiliari (OICVM) al fine di regolamentare le società di gestione e i prospetti

semplificati [7]

Articoli 12 e 13 della direttiva 2002/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del

9 dicembre 2002, sulla intermediazione assicurativa [8]

Articolo 36 della direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5

novembre 2002, relativa all'assicurazione sulla vita [9]

Articolo 19 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21

aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari [10]

Articoli 31 e 43 della direttiva 92/49/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che

coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti

l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (terza direttiva assicurazione

non vita) [11]

Articoli 5, 7 e 8 della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del

4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o

l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari [12]

[1] GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59.

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Appendice

199

[2] GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83.

[3] GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.

[4] GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva

2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).

[5] GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1.

[6] GU L 101 dell’1.4.1998, pag. 17.

[7] GU L 41 del 13.2.2002, pag. 20.

[8] GU L 9 del 15.1.2003, pag. 3.

[9] GU L 345 del 19.12.2002, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2004/66/CE

del Consiglio (GU L 168 dell’1.5.2004, pag. 35).

[10] GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1.

[11] GU L 228 dell'11.8.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva

2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 35 dell'11.2.2003, pag. 1).

[12] GU L 345 del 31.12.2003, pag. 64.

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Appendice

200

Titolo III

Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali (1)

(1) Rubrica così modificata dal decreto legislativo 23 ottobre 2007, n. 221.

Capo I (1)

Disposizioni generali

(1) Capo così modificato dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146.

Art.18.

Definizioni

1. Ai fini del presente titolo, si intende per:

a) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali

oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua

attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;

b) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche

commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività

commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome

o per conto di un professionista;

c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le

obbligazioni;

d) "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" (di seguito

denominate: "pratiche commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o

dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la

commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in

relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori":

l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la

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Appendice

201

capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo

pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe

altrimenti preso;

f) "codice di condotta": un accordo o una normativa che non e' imposta dalle

disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e

che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare

tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori

imprenditoriali specifici;

g) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un

gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un

codice di condotta ovvero del controllo del rispetto del codice da parte di coloro

che si sono impegnati a rispettarlo;

h) "diligenza professionale": il normale grado della specifica competenza ed

attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei

loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel

settore di attività del professionista;

i) "invito all'acquisto": una comunicazione commerciale indicante le

caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo

impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al

consumatore di effettuare un acquisto;

l) "indebito condizionamento": lo sfruttamento di una posizione di potere

rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla

forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la

capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole;

m) "decisione di natura commerciale": la decisione presa da un consumatore

relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali

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Appendice

202

condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o

disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale

decisione può portare il consumatore a compiere un'azione o all'astenersi dal

compierla;

n) "professione regolamentata": attività professionale, o insieme di attività

professionali, l'accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di

esercizio, e' subordinata direttamente o indirettamente, in base a disposizioni

legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche

professionali.

Art.19.

Ambito di applicazione

1. Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra

professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione

commerciale relativa a un prodotto.

2. Il presente titolo non pregiudica:

a) l'applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in

particolare delle norme sulla formazione, validità od efficacia del contratto;

b) l'applicazione delle disposizioni normative, comunitarie o nazionali, in

materia di salute e sicurezza dei prodotti;

c) l'applicazione delle disposizioni normative che determinano la competenza

giurisdizionale;

d) l'applicazione delle disposizioni normative relative allo stabilimento, o ai

regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme specifiche che

disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli elevati di

correttezza professionale.

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3. In caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre

disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che

disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono

sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici.

4. Il presente titolo non e' applicabile in materia di certificazione e di indicazioni

concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi.

Capo II (1)

Pratiche commerciali scorrette

(1) Capo così modificato dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146.

Art.20.

Divieto delle pratiche commerciali scorrette

1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate.

2. Una pratica commerciale e' scorretta se e' contraria alla diligenza

professionale, ed e' falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il

comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che

essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la

pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori

3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di

consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento

economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile,

particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a

motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un

modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate

nell'ottica del membro medio di tale gruppo. E' fatta salva la pratica pubblicitaria

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comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che

non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:

a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b) aggressive di cui agli articoli

24, 25 e 26.

5. Gli articoli 23 e 26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali,

rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette.

Sezione I

Pratiche commerciali ingannevoli

Art.21.

Azioni ingannevoli

1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene

informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi

modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e' idonea ad indurre

in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in

ogni caso, lo induce o e' idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

a) l'esistenza o la natura del prodotto;

b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i

rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al

consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o

della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la

descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono

attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e

controlli effettuati sul prodotto;

c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale

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e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla

sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del

prodotto;

d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico

vantaggio quanto al prezzo;

e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;

f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali

l'identità, il patrimonio, le capacità', lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i

collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i

premi e i riconoscimenti;

g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai

sensi dell'articolo 130 del presente Codice.

2. E' altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella

fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso,

induce o e' idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di

natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:

a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera

confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni

distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita;

b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei

codici di condotta che il medesimo si e' impegnato a rispettare, ove si tratti di un

impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica

commerciale che e' vincolato dal codice.

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3. E' considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti

suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di

darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di

prudenza e vigilanza.

4. E' considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto

suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente,

minacciare la loro sicurezza.

Art.22.

Omissioni ingannevoli

1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie

concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché

dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti

di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una

decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in

tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole

quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile,

ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo

conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale

della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché

quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o e' idoneo a indurre il consumatore

medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe

altrimenti preso.

3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale

imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata

un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque

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misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai

consumatori con altri mezzi.

4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del

comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal

contesto:

a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di

comunicazione e al prodotto stesso;

b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua

denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo

geografico e l'identità del professionista per conto del quale egli agisce;

c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta

l'impossibilita' di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di

calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione,

consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente

essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere

addebitate al consumatore;

d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami

qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;

e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e

le operazioni commerciali che comportino tale diritto.

5. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione,

previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali,

compresa la pubblicità o la commercializzazione del prodotto.

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Art.23.

Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli

1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:

a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere

firmatario di un codice di condotta;

b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente

senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;

c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione

di un organismo pubblico o di altra natura;

d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche

commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un

organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni

dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;

e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare

l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che

non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei

prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità

ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e

al prezzo offerti;

f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:

1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2)

rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di

tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un

campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto.

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g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un

periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un

periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e

privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una

decisione consapevole;

h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il

professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua

diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e'

stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua,

senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo

impegno a concludere l'operazione;

i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la

vendita del prodotto e' lecita;

l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica

propria dell'offerta fatta dal professionista;

m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e

successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di

comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione

siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da

immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;

n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la

portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia

se egli non acquistasse il prodotto;

o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in

modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere,

contrariamente al vero, che il prodotto e' fabbricato dallo stesso produttore;

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Appendice

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p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere

piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della

possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di

altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di

prodotti;

q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di

cessare l'attività o traslocare;

r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla

sorte;

s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare

malattie, disfunzioni o malformazioni;

t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla

possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto

a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;

u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o

promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente

ragionevole;

v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore

deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per

rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;

z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di

pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver

già ordinato il prodotto;

aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista

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non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o

professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore;

bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a

un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e'

venduto il prodotto.

Sezione II

Pratiche commerciali aggressive

Art.24.

Pratiche commerciali aggressive

1. E' considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie

concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante

molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito

condizionamento, limita o e' idonea a limitare considerevolmente la libertà di

scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e,

pertanto, lo induce o e' idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Art.25

Ricorso a molestie coercizione o indebito condizionamento

1. Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente

capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito

condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:

a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;

b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o

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circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del

consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal

professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali,

compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o

rivolgersi ad un altro professionista;

e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione sia

manifestamente temeraria o infondata.

Art.26

Pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive

1. Sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche commerciali:

a) creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali

commerciali fino alla conclusione del contratto;

b) effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del

consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle

circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini

dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale;

c) effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via

fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza,

fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge

nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi

l'articolo 58 e l'articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento

del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non

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Appendice

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possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza

della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa

corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi

diritti contrattuali;

e) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e

successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione

diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad

acquistare loro i prodotti reclamizzati;

f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di

prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto,

salvo quanto previsto dall'articolo 54, comma 2, secondo periodo;

g) informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il

servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;

h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto,

vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o una

vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio ne' vincita

equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra

vincita equivalente e' subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di

costi da parte del consumatore.

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Bibliografia

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− Stanzione Pasquale, Musio Antonio (a cura di), La tutela del consumatore,

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− Vettori Giuseppe, Codice del consumo – Aggiornamento pratiche commerciali

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− Vigoriti Luigi, Verso l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali

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Bibliografia

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Sitografia

Tutte le sentenze e i bollettini a cui si è fatto riferimento sono reperibili sul sito

dell’Autorità garante della concorrenza e del Mercato: www.agcm.it alla voce “pratiche

commerciali e pubblicità”