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Diocesi di Pistoia PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO (biennio 2008 – 2010)

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tenacia, il primato della relazione con il Signore nella nostra vita personale, soprattutto di noi Sacerdoti e Consacrati, e nella vita delle Comunità cristiane. Là dove vive un cristiano, là dove la chiesa è presente, la gente si deve incontrare con la testimonianza e l’annuncio del primato di Dio. Indico alcuni percorsi possibili, su cui non poche delle nostre comunità già si sono inoltrate:

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PROGRAMMAPASTORALEDIOCESANO(biennio 2008 – 2010)

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Chiuso in tipografia nel mese di settembre 2008dalla Tipografia GF Press di Masotti.La realizzazione grafica è stata curata

da Graficamente di Patrizia Bartolozzi

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Programma Pastorale 2008-2010

Carissimi Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Diaconi,Sorelle e Fratelli della Chiesa Pistoiese

Questo opuscolo vi offre il programma pastorale della nostra Chiesa per il prossimo biennio: si tratta del cammino che insieme percorreremo nell’ultimo scorcio di questo decennio.

Ho scelto il tema delle “relazioni” come ottica di lettura e descri-zione del nostro programma perché mi pare una categoria-chiave nella Rivelazione Biblica, che può far sintesi delle recenti indica-zioni pastorali per la Chiesa in Italia: penso agli “orientamenti” per l’ attuale decennio “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, penso all’ esperienza del Convegno di Verona nel 2006 ed alla Nota pastorale della CEI che l’ha seguito, penso infine alle recenti Encicliche pontificie: “Deus Charitas est” e “Spe salvi”.

Il tema delle “relazioni” ci permette di fare memoria del signifi-cativo percorso della Chiesa pistoiese fino ad oggi, di accoglierlo e di volgerlo al futuro, valorizzando le due prospettive che la Chiesa italiana raccoglie dal grande evento conciliare e propone come motivazione ed orizzonte del comune cammino: la comunione e la missione.

Il tema delle “relazioni” pone al centro la persona e la sua unità, come soggetto e destinataria del servizio pastorale della Chiesa, inevitabilmente articolato e, talora, frammentato: “l’attuale im-postazione pastorale, centrata prevalentemente sui tre compiti fondamentali della Chiesa (l’annuncio del Vangelo, la liturgia, e la

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testimonianza della carità), pur essendo teologicamente fondata, non di rado può apparire troppo settoriale e non sempre è in grado di cogliere in maniera efficace le domande profonde delle persone: soprattutto quella di unità, accentuata dalla frammentazione del contesto culturale” (Nota Pastorale CEI “rigenerati per una speranza viva” n. 22).

Il tema delle “relazioni” è un codice che ci permette di decifrare, con occhio esigente e misericordioso insieme, il nostro rapporto con il Signore, il rapporto con la Chiesa e delle comunità cristiane tra di loro, il rapporto con il mondo e con la vita quotidiana della gente, il rapporto con il creato ed anche il rapporto con noi stessi, la nostra coscienza, le nostre personali risorse e limiti.

In queste indicazioni pastorali per il prossimo biennio non pre-sumo di percorrere la totalità di queste relazioni, né la complessità interna a ciascuna, anche se effettivamente la nostra Chiesa e le nostre comunità cristiane si confrontano ordinariamente con esse, nel percorso pastorale che le parrocchie, Associazioni, Movimenti, compiono.

Focalizzerò alcune di queste “relazioni” che mi paiono di mag-giore urgenza e di particolare fecondità per il nostro tempo e, all’interno di esse, mi limiterò a cogliere alcuni aspetti ed a fare alcune proposte che ritengo significative e possibili per la nostra chiesa nel prossimo biennio.

Accolgo in questo le collaborazioni e le sollecitazioni che mi sono venute dal Consiglio Presbiterale, dagli Uffici Pastorali, dalle assem-blee vicariali dei Sacerdoti, dall’assemblea dei vicari Foranei.

E’ chiaro perciò che il programma pastorale non può essere la precisazione o la descrizione di tutto ciò che le Comunità cristiane pastoralmente operano o vivono, ma piuttosto la proposta di alcuni orizzonti comuni verso i quali muoverci, l’indicazione di strumenti

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operativi, di “stili” pastorali, di focalizzazioni e di attenzioni che possono aiutarci a raggiungerli o ad avvicinarci.

Le indicazioni pastorali per il prossimo biennio che questo opuscolo porta nelle vostre mani, sono come il progetto della no-stra comune fatica di Sacerdoti, Religiosi e Laici, per continuare a costruire il tessuto della comunione nella nostra Chiesa; per dare corpo e concretezza a parole come collaborazione, corresponsabilità, comunità; per aiutarci ad essere non semplicemente delle persone o delle comunità “accostate” le une alle altre, talora con percorsi e prassi pastorali assai diversificate se non contraddittorie tra loro, ma una sinfonia di voci, differenziate ma armoniche, normate da un comune “spartito”: esso non è la mortificazione o lo spegnimento, ma la possibilità del canto!

I - La relazione con il Signore

E’ la relazione sorgiva, la fontalità di tutta la vicenda cristiana: “è questo il cuore della nostra vita e il centro delle nostre comunità” (Nota Pastorale CEI, n. 5).

Se abbiamo uno scopo ed un significato nel mondo, come credenti e come Chiesa, è in forza di questo incontro ed a partire dalla profondità e dalla intensità di relazione con il Signore Risorto. Quando essa si attenua o scompare viviamo di surrogati; anzi non viviamo, diventiamo una caricatura di vangelo, ripetiamo stanca-mente gesti e formule di una pastorale che non ci convince più, che non scalda più il cuore a nessuno, segniamo obiettivi e metodi cari alla sapienza ed alla potenza del mondo.

Dobbiamo tornare ad assumere con forza, con passione, con

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tenacia, il primato della relazione con il Signore nella nostra vita personale, soprattutto di noi Sacerdoti e Consacrati, e nella vita delle Comunità cristiane. Là dove vive un cristiano, là dove la chiesa è presente, la gente si deve incontrare con la testimonianza e l’annuncio del primato di Dio.

Indico alcuni percorsi possibili, su cui non poche delle nostre comunità già si sono inoltrate:

1. Riconnettere la vita delle persone e la loro fede, spesso provata e sfrangiata, con ciò che della fede è sorgente e nutrimento: la parola di Dio. Chiedo perciò alla Parrocchie, Associazioni, Movimenti, di intraprendere un percorso organico e continuativo di ascolto e riflessione sulla Parola di Dio, attraverso la costituzione di “gruppi di ascolto”. Essi possono riunirsi in quei tempi e con la periodicità che il Parroco ed il Consiglio Pastorale vorranno indicare e potran-no essere guidati dal Sacerdote stesso, dai Diaconi, da Religiosi o laici che ne abbiamo capacità e preparazione. E’ opportuno che tali gruppi di ascolto siano contenuti nel numero (non oltre 10-12 persone), curino la risonanza della Parola nella vita dei partecipanti e si riuniscano preferibilmente in alcune case o famiglie disponibili a questa accoglienza.

Affido il compito di seguire e curare la progressiva costituzione dei gruppi di ascolto, in questo biennio, all’Ufficio Catechistico Diocesano, con la collaborazione ed il coinvolgimento degli altri uffici a ciò interessati. Sarà compito dello stesso ufficio catechistico provvedere alla specifica formazione degli animatori, come pure preparare sussidi e schemi di lettura da offrire ai gruppi di ascolto che si costituiranno o che già sono costituiti in Diocesi. Il testo biblico che indico per quest’anno sono le lettere di San Paolo, nel-

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l’occasione dell’anno giubilare paolino. L’ufficio stesso specificherà meglio. Il Vescovo, da parte sua, continuerà il servizio della lectio divina in Cattedrale nei tempi cosiddetti “forti” liturgicamente, ed anche l’ascolto della Parola di Dio con i giovani della Diocesi per l’intero arco dell’anno. Le Parrocchie e le Associazioni sono invitate a parteciparvi, secondo le loro possibilità. Curino comunque di non sovrapporsi con analoghe iniziative od altri impegni nei giorni che risulteranno interessati da queste.

2. La Comunità Cristiana popolo di Dio peregrinante nel tempo, si raccoglie attorno all’Eucarestia, di essa vive, in essa massima-mente si esprime come Mistero, Comunione, Missione. Il recente documento CEI “Senza la Domenica non possiamo vivere” ci ha reso ben avvertiti della decisività dell’evento Eucaristico per la vita della Chiesa, facendone vedere anche le implicanze per la strada del cristiano nel mondo.

- Chiedo anzitutto a noi Sacerdoti di essere “testimoni del Mistero” nel modo e nella forma del nostro celebrare: è una risorsa per evangelizzare e santificare ordinariamente l’assemblea eucaristica, è richiesto dalla decisività dell’evento di Redenzione che passa per le nostre mani. Certamente una celebrazione frettolosa, senza interiore partecipazione, sciatta anche nella forma esterna, dissuade dall’incontro e dalla relazione con il Signore Risorto. Così pure una Eucarestia in cui l’ assemblea è solo passiva, non si evidenzia la partecipazione laicale e la presenza dei ministeri, l’apertura alla carità ed ai problemi del mondo, non ha il segno della festa nella gioia del canto, finisce per opacizzare ciò che invece dovrebbe rivelare e comunicare.

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- Allo scopo di rendere sempre più esemplari le nostre celebrazio-ni liturgiche, chiedo all’Ufficio Liturgico Diocesano di avviare un percorso formativo per gli animatori liturgici parrocchiali. Ugualmente chiedo che si aiutino i lettori, istituiti o di fatto, a ben adempiere il loro servizio nella proclamazione della Parola di Dio. Infine rimanendo nell’ambito della celebrazione Liturgica, chiedo all’Ufficio Liturgico di elaborare un Direttorio per il Rito della Cresima in Diocesi allo scopo di avere criteri condivisi e comuni per questa celebrazione.

- Chiedo che venga incoraggiata e proposta nelle nostre Parrocchie l’adorazione Eucaristica, come prolungamento e fruttificazione dell’evento Sacramentale. E’ importante che vi siano tempi programmati e noti in cui la comunità è invitata a raccogliersi in preghiera dinanzi alla presenza reale e personale del Risorto in mezzo ai suoi. Penso che in questo le Parrocchie e le Aggrega-zioni debbano essere propositive, costanti nel creare una prassi, coraggiose nell’ invitare motivatamente le persone ad inoltrarsi in questa forma di preghiera. Questo aiuterà anche a valorizzare con la visita e la personale preghiera il dono della continuativa presenza dell’Eucarestia nei Tabernacoli delle nostre Chiese.

3. Quanto detto sopra mi offre la possibilità di tornare ad insistere, fraternamente e fiduciosamente, perché noi Sacerdoti e le nostre Parrocchie non dimentichiamo mai il compito di essere dei forma-tori alla preghiera, degli educatori alla preghiera. Temo che sotto questo aspetto siamo talora un po’ rinunciatari, forse a causa di delusioni e di sconfitte. Non possiamo ritirarci da questo compito che Gesù stesso adempì nei confronti dei Dodici, pena il ridurci ad essere agenzie umanitarie, salotti culturali, comitati etici, nella percezione e nel giudizio della gente, ma inadeguati ed inadempienti

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a vivere quella relazione con il Signore che è la sorgente di tutta l’esperienza cristiana.

Questa educazione alla preghiera riguarda il livello personale di ciascuno, ma ne investe anche l’ambito relazionale, affettivo: penso alla preghiera dentro la famiglia, alla sua capacità di rigenerare i rapporti, di consolidare e fondare i sentimenti, di rendere forti nella prova, aperti al perdono, di avviare una lettura di fede della propria vicenda, di essere educazione e testimonianza per i figli. Non stan-chiamoci, soprattutto noi Sacerdoti, di invitare, educare, sostenere, testimoniare l’esperienza e la difficile bellezza del pregare.

Una valida proposta è rappresentata anche dalle giornate di ritiro e di spiritualità, offerte da Parrocchie ed Associazioni, con particolare riferimento ai tempi liturgici ed a scadenze significative della vita di comunità. E’ bene che queste proposte si diffondano e si intensifichino in Diocesi, curando soprattutto le componenti dell’ascolto della Parola, la riflessione e preghiera personale, la condivisione fraterna, la gioiosa convivialità.

4. Desidero richiamare l’attenzione degli educatori, Sacerdoti e laici, e, più ampiamente, delle comunità cristiane sulla importanza e sulla fecondità di portare la proposta e la testimonianza della Preghiera in quei momenti che rappresentano le frontiere della vita, le emer-genze del nostro essere uomini: l’amore, lo stupore, il dolore. Sono come degli speroni di roccia che si staccano dalla terraferma dello scontato, dall’ordinario, e si protendono sul mare del mistero, degli interrogativi, delle domande che si impongono perché ti esplodono dentro. Bisogna che le nostre comunità cristiane non lascino senza proposta, senza risposta e senza voce queste frontiere della vita, perché non diventino geografie atee per la nostra gente.

Credo che le nostre Parrocchie, i Movimenti, le Associazioni

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dovrebbero chiedersi che cosa sia possibile fare, come provvedere ad una presenza non solo occasionale o istituzionale e funzionale, in questi momenti, in modo da poter varcare la porta del cuore e parlare all’interiorità della persona. E’ un richiamo di attenzione quello che faccio, la segnalazione di una emergenza e di una poten-zialità perché se qualche parrocchia o Associazione avesse provato strade efficaci e possibili, le offra e le motivi all’ intera Comunità diocesana.

5. Sull’orizzonte della relazione con il Signore chiedo alla mia Chiesa di Pistoia di entrare più decisamente e profondamente nel-l’esperienza della preghiera liturgica. Essa può essere proposta ad alcuni laici più formati perché sia preghiera personale e familiare, ma soprattutto deve essere maggiormente appropriata dalla Comunità Cristiana in quanto tale, preghiera del popolo di Dio.

In questa linea chiedo che, soprattutto nella città e nei centri maggiormente abitati della nostra Diocesi, ci sia qualche Parroc-chia che proponga, nei giorni festivi, la celebrazione delle Lodi e dei Vespri separatamente dalla S. Messa. Troppo spesso le nostre Parrocchie offrono solo SS. Messe per il giorno festivo, a volte in numero perfino eccessivo; sarebbe giusto e significativo che qualcuno tornasse a proporre la liturgia dei Vespri al termine della Domenica o delle Lodi al suo inizio, offrendo così al popolo di Dio che lo voglia la possibilità di entrare, come comunità, dentro la grande preghiera della Chiesa. Questo compito potrebbe essere particolarmente congruo per la Chiesa Cattedrale, per i Santuari, per le Comunità Monastiche o Religiose.

6. C’è infine un’ultima sottileneatura che vorrei fare, proprio per la sua rilevanza in ordine alla relazione con il Signore Risorto: l’importanza, anzi la necessità, che noi Sacerdoti torniamo a dedi-

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care tutto il tempo necessario alla Confessione ed alla Direzione o Accompagnamento Spirituale. Potranno essere mille i motivi che sono alla radice della loro crisi, ma uno non potrà né dovrà mai esserci la disaffezione e l’indisponibilità di noi Sacerdoti. Se il problema è quello del tempo, allora è meglio ridurre saggiamente altri impegni od attività, ma non facciamo mancare la disponibi-lità ampia e generosa per questo servizio. Anzi incoraggiamo le persone, soprattutto i giovani, i formatori, i collaboratori pasto-rali ad intraprendere un percorso serio di Direzione Spirituale e di Riconciliazione Sacramentale perché è pressochè impossibile crescere organicamente nella fede verso la maturità cristiana senza percorrere queste strade.

II – Le relazioni dentro la comunità cristiana

Se la relazione con il Signore Risorto è quella sorgiva e motivan-te dell’essere e dell’operare della Chiesa, le relazioni che si vivono all’interno della Comunità Cristiana evidenziano l’identità della Chiesa, rivelano la sua comunione con il Risorto, testimoniano al mondo il dilagare della vita e dell’amore trinitario nella storia che ha la capacità di trasformare l’umanità e rinnovare il mondo: la Comunione è già in se stessa, missione.

Le relazioni dentro la Chiesa sono perciò la “ferialità” di quella comunione che dal cuore della Trinità, per il dono dello Spirito, inabita in noi e ci rende primizia di una umanità nuova.

Tale comunione è immeritato “dono” che discende dall’alto e ci inabita il cuore, orizzonte che ci sta dinanzi e verso il quale dobbiamo tenacemente orientare l’intreccio dei nostri rapporti e

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delle nostre “relazioni”.Le relazioni di comunione che si vivono nella Chiesa sono in-

compatibili con la reciproca indifferenza, con le partigianerie, con le alleanze furbe per il potere o il tornaconto, con le ipocrisie, con la critica subdola, con tutto ciò che cerca la vittoria sull’altro e non il servizio della carità. Le relazioni di comunione non rimangono solo un principio astratto né una virtù privata, esse chiedono di diventare prassi di vita dentro la Chiesa, criteri ispirativi di rinno-vamento pastorale.

Anche nell’ambito delle relazioni interne alla Comunità Cristia-na vorrei cogliere qualche segmento dei nostri percorsi pastorali per porre delle accentuazioni e offrire suggerimenti nel cammino di questo biennio.

1. La persona al centro del servizio pastorale della vita ecclesiale vuol dire preoccupazione per l’incontro fraterno, per il dialogo, per l’intensità del rapporto. Le nostre Parrocchie più grandi rischiano talora di trasmettere l’immagine dominante della organizzazione, delle strutture, dei programmi, degli adempimenti, in cui la perso-na è solo frammento o momentaneo inquilino; alcune parrocchie più piccole, soprattutto della montagna, percepiscono invece da parte della chiesa un’atteggiamento di assenza, di ritirata, quasi di abbandono che fa sentire le persone poco significative o marginali rispetto alla vicenda ecclesiale. Occorre che, Sacerdoti e Laici, siano tutti accomunati dalla passione e dal desiderio che le nostre Parrocchie abbiano un volto intenso, vicino, rispetto alle persone in mezzo alle quali viviamo. Quando una persona, soprattutto se “lontana”, bussa alla porta della Parrocchia deve poter incontrare un ambiente caldo, umanamente attento alla situazione personale,

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deve poter accorgersi che quella è “casa e famiglia” e non struttura o burocrazia religiosa.

2. La nostra Diocesi è ricca di Associazioni e Movimenti che vivono la propria esperienza di fede nelle parrocchie, ma hanno necessari elementi di trasversalità e di “superamento” rispetto alle parrocchie stesse perché fanno riferimento a progetti, persone, strutture di livello nazionale. Questo non raramente provoca tensioni, reci-proche diffidenze, difficoltà di rapporto e di collaborazione nella parrocchia.

Occorre, da un lato, che la Parrocchia non pensi a se stessa come a qualcosa di completo e perciò di chiuso, percependo altri percorsi di vita cristiana come estranei, concorrenziali, ostacolanti. D’altro lato Aggregazioni e Movimenti non possono atteggiarsi a comu-nità elitarie, privilegiate, che vivono le parrocchie come semplice contesto o come campo di affermazione e visibilizzazione della loro specifica proposta. Creare una giusta integrazione tra parrocchie e movimento è sempre difficile e faticosa impresa, che richiede tenacia, disponibilità al dialogo, chiarezza di ecclesiologia.

Certamente questo è un aspetto che oggi va crescendo progres-sivamente di importanza nel tema delle relazioni ecclesiali e chiede di non essere appiattito né su soluzioni di omologazione ed unifor-mità né su quelle della contrapposizione e della dispersione. Credo che possano essere di grande aiuto in merito, le indicazioni della Santa Sede e della CEI, alcuni luoghi di relazione ecclesiale come la Consulta Diocesana per le Aggregazioni Laicali ed il Consiglio Pastorale Parrocchiale, l’attenzione e la convergenza, pur con speci-ficità di percorsi, sul programma pastorale che il Vescovo consegna alla propria Chiesa.

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3. Il tema delle relazioni nella Chiesa non può prescindere da un riferimento agli organismi di comunione Ecclesiale, particolarmente al Consiglio Pastorale ed al Consiglio Parrocchiale per gli Affari economici. Qualche volta snobbati come inutile complicazione, qualche volta lasciati languire perché non rinnovati, non convo-cati, o ridotti a semplici organismi di comunicazione e nastri di trasmissione di decisioni già prese altrove, qualche volta finalmente luoghi veri di partecipazione, di comunione, capaci di vivere se-condo quella Ecclesiologia che il Concilio ci ha consegnato nella Costituzione “Lumen Gentium”.

In questi due anni che ci stanno davanti occorre che le par-rocchie (a meno che la piccolezza non renda questo impossibile) costituiscano il Consiglio per gli Affari Economici ed il Consiglio Pastorale, in modo che quest’ultimo possa essere realizzato anche a livello Vicariale e Diocesano. Affido al Vicario Episcopale per la Pastorale il conseguimento di questo obiettivo, in collaborazione con la Consulta delle Aggregazioni Laicali, l’Economo Diocesano (per la parte riguardante il C.P.A.E.) ed i Vicari Foranei. Occorrerà che da questa collaborazione nasca anche la proposta di uno statuto-tipo, cui possano ispirarsi le parrocchie ed i vicariati: tali organismi avranno almeno una convocazione diocesana annuale, presieduta dal Vescovo, per la loro motivazione e formazione ecclesiale, ma anche per la conoscenza degli obiettivi e dei percorsi pastorali nei quali la Chiesa di Pistoia cammina.

A livello diocesano costituirò, per il momento, una Commissione Pastorale nell’attesa che si verifichino le condizioni per realizzare il Consiglio Diocesano.

Parlando degli Organismi di partecipazione ecclesiale non posso tacere l’importanza del Consiglio Presbiterale e dell’assemblea dei vicari Foranei, come luoghi ordinari e validissimi per seguire la

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situazione diocesana e per approdare a scelte pastorali condivise.

4. Il tema delle relazioni nella Chiesa su cui sosteremo in questi due anni ci spinge inevitabilmente a considerare la fisionomia, la mentalità, la vita delle nostre comunità parrocchiali. Guardando alla configurazione della nostra Diocesi rileviamo tre fondamentali tipologie di parrocchie: quelle prevalentemente piccole e dissemina-te della collina o della montagna, quelle della pianura più popolate e più prossime le une alle altre, trattandosi di uno dei territori a più alta intensità abitativa in Italia, quelle delle città capoluogo o di altre città presenti sul territorio che sorgono, cioè, all’interno di un ampio ed unitario insediamento di popolazione.

Ciascuna di queste tre tipologie per motivi diversi e su percorsi diversi è chiamata però a convergere verso un comune obiettivo: quello della più stretta collaborazione con le parrocchie vicine. In questo senso ci attende un faticoso percorso di formazione mentale e di prassi pastorale che tocca per primi noi Sacerdoti e, con noi, le nostre comunità a partire dai laici più responsabili e collaborativi.

Chiedo alle nostre Parrocchie di intensificare, in questi due anni, il cammino dell’avvicinamento reciproco nella mentalità, nell’orga-nizzazione, nelle iniziative pastorali. Chiedo alle nostre parrocchie di stringere reciprocamente un’alleanza che ci aiuti a pensare, a pro-grammare ad operare in relazione reciproca integrazione, “in rete” diremmo oggi. Non possiamo pensare che le parrocchie possano continuare a vivere le une accanto alle altre, ripetendo, ciascuna per sé, iniziative e servizi, e vivendo la collaborazione o l’integrazione come occasionalità ed emergenza. Entrare in una vicendevole al-leanza, secondo criteri di prossimità e di omogeneità di territorio e di popolazione, significa certo mantenere i servizi-base per cui una

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parrocchia è e rimane tale (Eucarestia, Celebrazione Sacramenti, Catechesi per l’iniziazione cristiana: se ed in quanto possibile con un sufficiente livello di qualità, ecc.), ma significa anche creare forti e stabili collaborazioni sulla pastorale giovanile, familiare, la formazione dei catechisti e degli operatori pastorali, la presenza ed il servizio della Carità, l’orario ed il numero delle Messe festive da ripensarsi su base vicariale, l’aiuto reciproco per il sacramento della Riconciliazione ed altri aspetti ancora.

5. E’ chiaro che questa alleanza tra parrocchie, presenti su un territorio omogeneo, trova il suo ambito vitale e la sua condizio-ne dirimente nel vicariato o Forania: quello è il luogo, l’ ambito, dove essa è pensata, organizzata, verificata, corretta, ricostruita se occorre.

Occorre perciò che il vicariato sia un luogo non formale, sop-portato o magari evitato: esso è chiamato a vivere in maniera forte come luogo di comunione personale, tra laici e sacerdoti; di umana e sacerdotale amicizia tra i Presbiteri offerta anche ai Diaconi, di esperienza spirituale intensa, di relazioni cordiali, di perdono fra-terno se necessario.

L’alleanza tra parrocchie, una pastorale stabilmente cooperante ed integrata, diventa solo un “meccanismo” e non vive se non ha un’anima di relazione, di comunione vera, prima di tutto nel Presbiterio. Ecco perché il vicariato ha un ruolo decisivo nelle relazioni presbiterali e diventa il centro propulsore della nuova organizzazione pastorale.

Questo nuovo e più importante compito del Vicariato richiede che, in alcuni casi, siano ripensati la composizione ed il numero dei Vicariati: è un aspetto che affronterò d’intesa con i Vicari Foranei nel biennio che ci sta dinanzi.

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Ugualmente risulta importante la figura del vicario foraneo, non solo come organizzatore o regista di una complessa vicenda, ma per il suo servizio di Comunione, alla relazione tra presbiteri e col Vescovo, all’intessersi dell’alleanza tra diverse comunità parrocchiali che generano percorsi pastorali specifici ed integrati.

Chiedo ai Sacerdoti ed ai Vicari Foranei di curare molto la dimensione vicariale: i ritiri mensili con spazi sufficienti sia per la preghiera e l’ascolto della Parola, sia per l’organizzazione e la verifica delle vicende pastorali. Chiedo di poter essere presente, almeno una volta l’anno, a questi incontri vicariali, in modo che il Vescovo possa annualmente percorrere ed incontrare tutti i vicariati della Diocesi. Raccomando che, salvo insuperabili difficoltà, sia previsto il pranzo in comunione, per dare il giusto spazio anche alla componente della relazione umana e dell’amicizia personale. Gli incontri nei Vicariati saranno completati con due o tre convo-cazioni annuali dell’intero presbiterio e dei diaconi, in modo che rimanga evidenziata la dimensione diocesana del Presbiterio sia negli itinerari formativi che nelle opzioni pastorali.

6. Questo modo, nuovo e diverso, di percorrere la vicenda pastorale da parte delle Parrocchie si riflette necessariamente sui criteri di presenza e di servizio dei Sacerdoti nell’ambito della Diocesi. Ho già iniziato una riflessione su questo tema, con i vicari Foranei, allo scopo di precisare prospettive verso le quali andiamo e indi-care criteri di scelta. Il Consiglio Presbiterale sarà poi coinvolto in questa riflessione.

Certo è che tali percorsi pastorali chiedono che il ruolo del prete trovi una sua maggiore specificità di presenza e di servizio all’interno delle Comunità, puntando decisamente da un lato sulla collaborazione con gli altri preti e diaconi presenti nel vicariato, dall’altro facendo la scelta forte di promozione del laicato in modo

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che esso non sia più soltanto collaboratore del presbiterio ma corre-sponsabile col presbiterio del cammino di ogni comunità. Questo naturalmente in una giusta visione di Chiesa come Comunione, secondo le indicazioni della “Lumen Gentium” e del più recente Magistero.

Riguardo ai criteri di presenza e di servizio dei Sacerdoti nella vicenda pastorale delle parrocchie e della Diocesi, vorrei indicarne anche altri cui cercherò di attenermi, con tutta quella elasticità che la prudenza e il rispetto per le situazioni soggettive richiede. Uno è quello della temporaneità degli incarichi, soprattutto diocesani, allo scopo di favorire un autentico spirito di servizio, nella libertà e nel personale distacco, che ne evidenzia lo spirito evangelico senza nulla togliere alla dedizione ed alla “passione” con cui esso viene prestato. Inoltre una equilibrata rotazione negli incarichi può fa-vorire un servizio oggettivamente migliore ed un maggiore spirito di collaborazione e partecipazione.

A questo va aggiunta una particolare attenzione per gli incarichi attributi ai Sacerdoti di recente ordinazione ed a quelli provenien-ti da altre nazioni, vera ricchezza per la nostra chiesa, ma che si trovano per la prima volta a prestare il loro servizio pastorale in Italia: cercherò di non seguire solo il criterio dell’urgenza pastorale, ma di stare attento anche ai ritmi della maturazione personale, di collocarli per qualche tempo accanto ad un Sacerdote più anziano ed in situazioni pastorali che siano costruttive e feconde per il loro futuro.

Aggiungo infine un ultimo criterio che ha particolare valore per un presbiterio articolato e composito come quello della nostra Diocesi: l’importanza di creare occasioni, anche informali, per un reciproco contatto, conoscenza, amicizia. E’ il tessuto connettivo delle nostre relazioni. Esso chiede particolarmente attenzione nei

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confronti dei preti giovani, sia per le relazioni interpersonali tra pre-sbiteri, sia per il rapporto confidente e fraterno con il Vescovo.

7. Una parola forte, nel quadro delle relazioni intra-ecclesiali, va detta a proposito della presenza e del ruolo dei laici nella nostra chiesa. Vorrei che questo biennio pastorale segnasse una forte ripre-sa della loro identità e del loro servizio. C’è una vena sottilmente clericale che sta crescendo da qualche anno nelle nostre chiese e che si esprime sia come marginalizzazione della presenza laicale sia come clericalizzazione della figura del laico e del suo ruolo. La strada su cui procedere è quella di puntare ad una seria formazione dei laici, perché siano in grado di assumere il loro ruolo ed esprimere un’incisiva presenza nella comunità cristiana. A questo scopo guardo con attenzione, gratitudine e speranza alla Scuola di Formazione Teologica, presente nella nostra Diocesi, per l’apporto valido che da’ ad una formazione “alta” del laicato, sottolineando però l’impegno a creare ed offrire a queste persone anche uno sbocco di servizio e di corresponsabilità nel cammino pastorale delle parrocchie e della Diocesi.

Oltre la formazione di base che ogni battezzato riceve nella propria comunità cristiana, chiedo al Vicario per la Pastorale, in collaborazione con gli uffici interessati, di predisporre percorsi di formazione per “guide di comunità” per piccole parrocchie senza presenza stabile del Parroco, come pure per responsabili di vari ambiti di servizio alle Comunità Cristiane con particolare atten-zione alla pastorale giovanile ed alla pastorale familiare. Chiedo che l’ufficio catechistico curi, al centro Diocesi e nei Vicariati, la formazione di base e di aggiornamento dei Catechisti, approfon-dendo, con lo stile del “laboratorio”, le motivazioni, il significato, i metodi, i contenuti della Catechesi.

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Questi alcuni punti, tra i molti già in atto o “in itinere” nella vita delle nostre parrocchie e della nostra Diocesi, su cui vorrei fosse focalizzata l’attenzione e l’impegno pastorale del prossimo biennio per dare ulteriore qualità e significato alle relazioni che s’intessono nella vita delle nostre comunità e della Chiesa pistoiese.

III - Le relazioni di Missione

L’orizzonte del nostro cammino è la Missione. La Chiesa non esiste in funzione di se stessa ma per portare Cristo al mondo, per annunciare il Vangelo alle genti.

Quando parliamo della missione non ci interessiamo ad una nota esterna od aggiuntiva della vita ecclesiale, parliamo invece del nostro “destino”, del motivo per cui il Signore ha voluto la Chiesa come presenza nel tempo, di quello che è il perché del nostro esserci ed agire. Noi siamo “per la vita del mondo”. Il contesto più immediato nel quale la vicenda della nostra chiesa si colloca è quello pistoiese o, più ampiamente, toscano. Sotto il profilo religioso viviamo una delle situazioni più impegnative del Cattolicesimo in Italia, almeno per quanto gli indicatori sociali, oggettivi ed esterni, ci possono comunicare. Credo che questo sia un dono del Signore alla nostra Chiesa perché ci spinge alla coerenza, alla limpida testimonianza, all’assunzione di una forte identità e ci determina ad essere significa-tivi ed evangelicamente incisivi nella realtà in cui viviamo. Il rischio cui dobbiamo sottrarci è il complesso di inferiorità, la sindrome dell’assediato, la voglia di costruirci vite parallele alla società ed al mondo, ed ancora l’insignificanza, l’assenza della sfera pubblica, il camaleontismo, la riduzione del Vangelo alla dimensione filan-tropica e solidaristica. Essere qui a Pistoia, essere qui in Toscana è,

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per così dire, una grazia attuale, un dono personalizzato con cui il Signore ci visita e ci accompagna.

Abbiamo una grossa risorsa in questa relazione di missione con l’ambiente che ci circonda e nel quale viviamo, una risorsa che, per alcuni aspetti, è caratteristica del Cattolicesimo italiano: la parrocchia, così come essa si è realizzata e per cosa ha significato e significa nella vicenda del nostro paese, nella capacità di portare l’annuncio cristiano accanto al vita della gente, nei capillari delle vicende personali e sociali.

1. Il primo compito che dobbiamo intraprendere in queste relazioni di missione non consiste in questa o quella cosa da fare, ma in un cambiamento di sguardo e di impostazione mentale: passare da un modo di vedere e vivere la parrocchia come l’espressione di un cristianesimo consolidato, socialmente riconosciuto e coestensivo al territorio, un cristianesimo sociologico, appunto, ad un modo di considerarla e viverla come una “struttura” missionaria, un evento di evangelizzazione dentro la vita della gente e del territorio.

Questo ci impegna, come primo passo, non a fare qualcosa di più, ma a ripensare in chiave missionaria e di evangelizzazione l’ordinaria attività che già ogni parrocchia svolge: la liturgia, la catechesi, la carità, le molteplici relazioni personali che si intessono nella vita di una parrocchia, le forme di presenza sul territorio. E’ certamente una conversione culturale e di mentalità che attende il Vescovo, i Sacerdoti ed i laici.

2. C’è un primo obiettivo, parlando di relazioni di missione, che si impone sia per la consistenza numerica delle persone sia per la disponibilità di fondo che ancora è possibile incontrare: sono i “cristiani della soglia”, i cristiani marginali, quelli che non hanno dichiaratamente tagliato il legame o concettualmente respinto il

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proprio riferimento alla Chiesa ed al Cristianesimo, anzi si dichia-rano cristiani e fanno valere questo titolo in alcuni momenti della loro vita, come nella richiesta dei Sacramenti per sé o per i loro figli. E’ certamente un’appartenenza esterna, residuale, ma che convive con un riconoscersi almeno generico nella Chiesa e nel Cristianesimo. E’ una marginalità che, se non viene raggiunta e soccorsa, si prepara a diventare lontananza. E’ questa marginalità che costituisce la grande maggioranza della popolazione pistoiese, di coloro cui si rivolge il servizio missionario delle nostre parrocchie. Ed è questa un’occasione unica e, forse, ultima perché la genera-zione che seguirà sarà ormai nello spazio dell’insignificanza o del rifiuto rispetto alla proposta di fede oppure, almeno in parte, sarà approdata ai sottoprodotti della fede.

3. Nella linea delle potenzialità di evangelizzazione che già sono presenti nelle nostre parrocchie, indico un modo di pensare ed attuare la catechesi della iniziazione cristiana come un vero an-nuncio di Gesù Cristo e del Suo Vangelo, con il necessario, signi-ficativo e prolungato coinvolgimento delle famiglie. Non ha senso la prassi, che talora si incontra, dei Sacramenti a buon mercato, dati su richiesta a condizioni “bonarie”, con interpretazioni della disciplina ecclesiale soggettive o eccentriche. Occorre ribadire che la disciplina dei Sacramenti non è per nulla un fatto formale e non appartiene al “genio” di qualcuno, ma alla decisione della Chiesa e del Magistero.

Soprattutto nel caso dei Sacramenti dell’iniziazione conferiti agli adulti e nel corso di preparazione al Matrimonio o ai Sacramenti dei figli, questa dimensione di evangelizzazione deve rendersi evidente per offrire alle persone la possibilità di ricontattare i contenuti della Fede e di assumerli come orientamenti di vita. L’Ufficio Catechi-

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stico non faccia mancare sussidi e suggerimenti ai Sacerdoti ed ai Catechisti che si impegnano su questi versanti.

E’ utile che in questo biennio pastorale l’Ufficio Catechistico si impegni ad offrire e diffondere nella Diocesi degli itinerari per i cosiddetti “ricomincianti”, cioè persone che l’età giovanile o adulta chiedono di riscoprire la propria fede affinché, almeno a livello vicariale, sia possibile offrire loro un percorso organico alla Fede.- Una particolare attenzione, nel quadro delle relazioni di mis-

sione, mi permetto di richiamare sulle coppie irregolari e sulle famiglie in crisi. E’ un’attenzione lungamente e saggiamente promossa da Mons. Simone Scatizzi che vorrei non deflettesse nella sensibilità e nella prassi della nostra Chiesa. Essa non può avvenire che nel quadro di una pastorale della famiglia e per la famiglia che vede la nostra Chiesa su posizioni esemplari tra le chiese italiane. Penso al Centro Famiglia S. Anna ed alla sua attività molteplice, penso a numerose altre iniziative e strutture presenti nell’ambito diocesano che in forme e percorsi diversi, convengono poi e si raccordano nell’Ufficio Diocesano per la famiglia.Occorre però che una stabile attenzione al soggetto “famiglia”, alle sue problematiche, alle sue umane stagioni, si diffonda nelle nostre comunità e venga come metabolizzato, in modo che, al-meno nel livello vicariale non manchino proposte di vicinanza, formazione, accompagnamento delle famiglie. E’ un compito di cui chiedo all’Ufficio Diocesano per la famiglia di farsi carico, sollecitando quelle collaborazioni che saranno utili.

- Un’attenzione peculiare e vitale per la nostra Chiesa, deve esse-re posta nell’impegno missionario verso i giovani. E’ il settore in cui più dolorosamente si registra la distanza tra la proposta ecclesiale ed i criteri personali o generazionali di vita. Eppure è

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anche un settore in cui troviamo talora accoglienze sorprendenti e risposte generose. Occorre che l’Ufficio Diocesano per la pa-storale giovanile, coinvolgendo le potenzialità e le risorse della “consulta”, continui l’impegno a coordinare quanto in merito esiste in Diocesi, a promuovere iniziative specifiche per questo settore, a sostenere l’impegno e lo sforzo delle parrocchie e dei vicariati, a coinvolgere l’attenzione e la collaborazione di altri uffici pastorali che hanno pertinenza a questo settore. Chiedo alle parrocchie di rinnovare ed intensificare la loro attenzione e dedizione su questo aspetto, attivando proprio in esso quella “alleanza” di cui abbiamo parlato nella parte precedente del programma. La pastorale giovanile ha bisogno di particolare competenza e preparazione: l’organizzazione interparrocchiale o vicariale può meglio rispondervi con persone, strutture, com-petenze.

4. Dell’impegno e del servizio di evangelizzazione verso il territo-rio è soggetto l’intera comunità cristiana. Esso tuttavia riceve oggi una particolare specificazione che mi pare un indubitabile segno dei tempi. Ritengo che i soggetti specifici e tipici dell’evangeliz-zazione oggi siano i laici. Come l’Europa pagana fu evangelizzata dai monaci così l’Europa post-cristiana sarà evangelizzata dai laici. Sono loro i ministri, non esclusivi ma tipici, della Nuova Evan-gelizzazione, in forza della loro identità e missione che li colloca nel “mondo” come nel loro contesto adeguato e proprio. E’ per questa presenza disseminata nei capillari della storia e della vita che possono fermentarla con il lievito nuovo del Vangelo e con la forza della Resurrezione. Scrive in proposito la Nota Pastorale della CEI: “per questo diventa essenziale accelerare l’ora dei laici, rilan-ciandone l’impegno ecclesiale e secolare, senza il quale il fermento

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del Vangelo non può giungere nei contesti della vita quotidiana, né penetrare quegli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione” (n. 26).

E’ un motivo per investire ancora più decisamente sulla forma-zione e promozione del laicato nelle nostre comunità, di cui già ho parlato, nel quadro di una Ecclesiologia di Comunione che chiama e promuove le corresponsabilità. Una promozione del laicato che non sia solo interna alla Chiesa, ma aperta alla vicenda della storia, soprattutto nei campi così caratteristicamente “laici” della cultura, della politica, dei valori umani.

5. Parlando delle relazioni di evangelizzazione e di Missione verso il territorio, vorrei esortare qualche comunità cristiana e movimento ad intraprendere esperienze concrete di missione popolare oppure verso particolari categorie di persone. Oggi questo tipo di missione conosce una interessante diversificazione di metodi e di forme.

Sarebbe importante che in questo biennio qualche parrocchia o Aggregazione attuasse questa forma di annuncio, in accordo previo con la Diocesi, mettendo poi a disposizione della nostra Chiesa la propria esperienza, riflettuta ed elaborata. Potrebbe essere un buon punto di partenza per una Missione Diocesana da pensarsi ed attuarsi in proseguo di tempo.

6. Tra le relazioni di evangelizzazione ritengo di dover collocare quelle di giustizia e di misericordia: esse hanno un valore luminoso e profondo in ordine alla evangelizzazione della Chiesa e del mondo. I poveri evangelizzano la Chiesa, l’ampio popolo destinatario delle Beatitudini ci chiama e ci spinge al Vangelo.

La nostra Chiesa pistoiese ha una lunga e feconda tradizione di attenzione, di impegno, di realizzazioni, su questo versante. Essa viene da lontano, dalla prima settimana sociale dei Cattolici Italiani

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ed attraverso figure luminose di Sacerdoti e laici, con la realizzazione di strutture cooperativistiche di solidarietà e di mutuo soccorso, giunge fino ai tempi nostri con le iniziative numerose e provvide promosse dal vescovo Simone Scatizzi. Vorrei qui limitarmi a dare seguito alla Sua opera, richiamando solo alcuni aspetti che mi ap-paiono importanti ed urgenti nel momento presente.

Non dobbiamo guardare a questa dimensione di vita ecclesiale come se fosse un settore od una fase di tipo applicativo e conse-quenziale rispetto ad altro. Le relazioni di giustizia e di misericordia così come le realizzazioni, hanno un intrinseco valore di evangeliz-zazione sia interno che esterno alla chiesa stessa. Quando operiamo in questo ambito noi annunciamo Gesù Cristo, testimoniamo il Vangelo dinanzi ai fratelli di Fede ed ai “lontani”.

Ci sono però delle condizioni e degli aspetti che desidero cogliere, perché questo valore evangelizzante e testimoniale non rimanga appannato.

- Chiedo con fiducia ai Parroci, ai Consigli Pastorali, alla Caritas diocesana, di adoprarsi con generosità e tenacia in questo biennio perché la Caritas venga costituita e funzioni in ogni comunità parrocchiale o, se del caso, interparrocchiale: non solo come strumento operativo ma soprattutto come occasione formativa verso l’intera comunità, per sollecitare in ogni cristiano ed in ogni coscienza l’attenzione e la dedizione alla dimensione della Carità e della Giustizia.

- Nelle molte iniziative, che caratterizzano l’impegno di parroc-chie e Diocesi in questo ambito, raccomando a tutti, con forza, l’esemplarità. Non è necessario che la Chiesa faccia tutto, ma ciò che fa deve essere esemplare e profetico anche per gli altri.

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Diversamente invece che collaborare a risolvere problemi colla-boriamo a crearli. Esemplarità vuol dire legalità in ogni aspetto; vuol dire funzionamento delle iniziative per quanto esse pro-mettono e si sono impegnate ad offrire; vuol dire promozione di un volontariato effettivo e preparato; esemplarità vuol dire soprattutto mettere la persona al centro, quella che noi vogliamo servire, sapendo che la relazione è il primo dono ed il primo servizio che possiamo e dobbiamo offrire.

- Nelle iniziative e nei servizi di carità e di giustizia, il dono non consiste solo nella materialità degli oggetti o dei gesti: c’è qual-cosa di più grande che un cristiano può e deve donare: i motivi. Curiamo sempre di offrire alle persone i motivi che ci spingono a donare ed a servire, perché questi sono più grandi e decisivi del servizio stesso. I motivi, anzi, il motivo è il Signore, per questo non dobbiamo temere, con il massimo di rispetto dell’altrui libertà, di testimoniare il Signore ed il Suo Vangelo nel gesto della giustizia e della carità. Non mi dilungo su questo aspetto, comunque urgente e grave, rimandando alla lettura dell’Enci-clica “Deus Caritas est”, in merito chiarissima e ricordando la testimonianza di Madre Teresa di Calcutta quando diceva che la povertà più tragica nella vita di una persona è la mancanza di Dio e l’ingiustizia più grave è defilarsi dal dovere di offriglierlo. Non timidamente, aggiungo io.

- Un ulteriore aspetto nelle relazioni di evangelizzazione riguardan-ti la giustizia e la carità è l’importanza di formare gli operatori. Si tratta della formazione professionale, specifica al servizio da rendere, si tratta ancora di più della formazione alle motivazio-ni, al mondo valoriale, alla capacità ed alla volontà di costruire

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relazioni conseguenti, di avere e dare un’anima alle cose che si fanno, alle strutture che si realizzano.

- Mi pare importante curare molto il radicamento ecclesiale delle strutture e delle iniziative che concernono le relazioni di giustizia e di carità. Il loro stesso numero, la diffusione sul territorio, che sono un’indubbia risorsa, comportano il rischio, pur con asso-luta generosità e retta intenzione, della parcellizzazione, della frantumazione, della eccessiva personalizzazione. Dobbiamo preoccuparci continuamente di riportarle alla comunità eccle-siale, di radicarle nel senso di responsabilità e di partecipazione della Chiesa intera, in modo che esse ne esprimano il cuore e la sollecitudine e ne ricevano sufficiente garanzia di continuità e di futuro.E’ in vista di questo “radicamento ecclesiale”, di questa assun-zione di responsabilità della chiesa e delle singole comunità cristiane verso opere ed iniziative di carità o di giustizia sociale, che anche il Vescovo sceglie di non esercitare responsabilità di-retta verso l’una o l’altra, preferendo che sia la comunità stessa, diocesana o parrocchiale, a farlo, attraverso figure e competenze soprattutto laicali.

- Nel quadro dell’ecclesialità sopra detta raccomando la colla-borazione stabile ed organica tra persone, gruppi, associazioni, strutture, iniziative. E’ una sinergia che occorre creare, con la guida della Caritas Diocesana, sia tra realtà ecclesiali, sia con quelle civili presenti sul territorio, allo scopo di promuovere i collegamenti tra servizi e rispondere più adeguatamente alle sofferenze delle persone ed ai disagi del territorio.

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- Prima di chiudere questa dimensione delle relazioni di giustizia e di carità vorrei raccomandare ad associazioni e parrocchie l’at-tenzione verso le Chiese sorelle che portano avanti il servizio di evangelizzazione e promozione umana in contesti socialmente travagliati ed economicamente disastrati. Ricordiamo con affetto e gratitudine i Sacerdoti, Religiosi/e e laici della nostra Diocesi che lavorano in questi luoghi e portano lì, anche a nome nostro, l’annuncio e la testimonianza al Vangelo. E’ molto importante che facciamo crescere relazioni di carità verso queste Chiese sorelle, sia a livello diocesano sia vicariale e parrocchiale. Occorre che quanto viene fatto riceva maggior coordinamento dall’Ufficio Missionario Diocesano per evitare, procedendo senza reciproca coordinazione, che alcuni ricevano molto ed altri nulla. Chiedo dunque all’Ufficio di recensire e coordinare queste relazioni di carità tra Chiese sorelle senza cessare di promuovere nella comunità cristiana l’attenzione e l’impegno verso l’intera ampia geografia della missione.

- Infine pongo un richiamo di attenzione alle relazioni col Creato. Senza entrare negli ampi risvolti di questo aspetto, sottolineo solo due fatti eclatanti: noi siamo parte di quel mondo che aggredisce, consuma fino allo sperpero le risorse ed i beni della Creazione. Questo comportamento genera necessariamente esclusione e privazione in altri parti del mondo con le conseguenze di povertà, violenza, ulteriore deperimento ambientale che ben conoscia-mo. La nostra Chiesa di Pistoia fin dallo scorso anno (2007) ha impegnato per intero la Settimana Teologica su questo tema, ed in questo anno (2008) ha accolto il convegno di Green Accord. Occorre però che ci educhiamo tutti a promuovere, dentro e fuori le nostre comunità, relazioni col Creato a basso impatto

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ambientale, che privilegino l’uso di energie rinnovabili, che adottiamo di fatto stili di vita più sobri ed essenziali. In questo contesto le nostre comunità, accogliendo l’invito della Caritas Diocesana, cerchino di valorizzare opportunità come i GAS (gruppi di acquisto solidale), i bilanci di giustizia, il mercato equo e solidale. Sono percorsi piccoli ma efficaci per raggiun-gere tenacemente, anche sotto questi aspetti, la promozione di relazioni di giustizia e di misericordia.

Conclusione

Cari fratelli nel Sacerdozio e nel Diaconato, Religiosi e Religiose, sorelle e fratelli della Chiesa di Pistoia, queste sono le linee su cui le nostre comunità cristiane porranno particolare attenzione ed in-tensità d’impegno nel prossimo biennio (2008-2010). Focalizzano il tema delle relazioni.

Trattandosi di un programma pastorale esse hanno un taglio prevalentemente concreto ed operativo, evidenziano alcuni aspetti mentre tacciono di altri che pure sono e rimangono presenti ed importanti nella vita delle nostre parrocchie, delle Aggregazioni, della Diocesi. Un programma pastorale non dice tutto ciò che si fa, ma solo alcune cose che intendiamo focalizzare.

Questo programma, nato dall’ascolto e dal suggerimento di tan-te realtà diocesane, deve essere ora assunto dagli Uffici Pastorali e dagli Organismi Diocesani, deve essere portato nei Vicariati e nelle parrocchie per essere letto, riflettuto e per decidere la concretezza del lavoro da fare in ordine alla realizzazione. Non mancherà nel

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2009 un momento partecipato di verifica su come l’attuazione del programma sta procedendo, allo scopo eventuale di meglio calibrare obiettivi e percorsi per il futuro.

Ricordo, in chiusura, due occasioni che si offrono alla nostra Diocesi in questo periodo:- il 2 giugno 2009 faremo il Pellegrinaggio Diocesano alla Basilica

di S. Paolo in Roma nel contesto dell’ anno giubilare paolino. Chi vorrà potrà trattenersi anche per il giorno successivo e par-tecipare all’udienza del Santo Padre in piazza S. Pietro;

- nella prima decade di Agosto 2009 faremo un pellegrinaggio diocesano di 8 giorni in Terra Santa allo scopo di crescere nella conoscenza e nell’esperienza della persona di Gesù e del Suo Vangelo.Affido questo opuscolo, progetto di strada per i prossimi due

anni, alle preghiere dei monasteri di vita contemplativa della Dio-cesi, alla intercessione di Maria SS. ma e dei Santi della nostra terra Pistoiese, perché ci accompagnino nel cammino e ci aiutino a cre-scere, come Chiesa del Signore, nella fedeltà a Lui, nella reciproca comunione, nel servizio ai fratelli.

X Mansueto Bianchi Vescovo di Pistoia

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