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L'IDEA MOLISANA umanità/macchina/artificio Anno 1 Numero 0 Aprile 2015 LA NEVICATA DEL 2015

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umanità / macchina / artificio

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Page 1: L'idea molisana numero 0

L'IDEA MOLISANAumanità/macchina/artificioAnno 1 Numero 0

Aprile 2015

LA NEVICATA DEL 2015

Page 2: L'idea molisana numero 0

Alba sul lagoFoto: Nicola Paolantonio

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EDITORIALE

Perché sì●

Adelchi Battista—

In principio ci hanno preso in giro urlando aiquattro venti che il Molise non esiste: che è unaspecie di appendice fastidiosa dell'Abruzzo, unbuco di terra sconosciuta che balza allecronache quando la natura impazzisce erovescia tonnellate di neve, o si scrolla i paesidi dosso con qualche colpo sismico di tosse.

Poi ci si sono messi gli amministratori locali.Perché dimostrare al mondo intero che pur cosìpiccoli eravamo anche capaci di amministrarci?Si fece di tutto per indebitare la collettività, perdevastare l'ambiente, per compiacere gli amici,per scambiare il lavoro con i voti, col risultatoche per tutta la sua cinquantennale esistenza lanostra amata regione ha perso, un pezzo dopol'altro, credibilità, capacità produttiva, talenti,intelligenze, conoscenza del proprio territorio edelle proprie tradizioni, comprensione deifenomeni, discernimento. In una parola la suastessa esistenza. Una corposa maggioranza dimolisani oggi ritiene quindi che sia più saggiofarsi inglobare in qualche macroregione, a nordo a sud poco importa, piuttosto che continuarea sopravvivere in questo procedimentofallimentare, in questa agonia mostruosa nellaquale oggi anneghiamo lentamente.

Ebbene, gli uomini e le donne che hannopreso parte a questa avventura nonappartengono - in generale - alle maggioranze.Rappresentano (secondo il mio umile modo divedere) capacità non comuni e libertà di idee edi pensiero, e dimostrano ancora una volta cheessere molisani non è una questione di linee diconfine, e meno che mai di governo regionale.

Questa rivista si chiama l'Idea Molisanaproprio per questo: ricalcando quei due gloriosianni di pubblicazione (1914-1916) siamo qui perdire che nessuno ci potrà mai fare da balia,perché non siamo la pecora nera, non siamoFranti, sebbene rivalutare Franti faccia parte diun nostro antico sogno di gioventù.

Incominciare questa avventura insieme aqueste persone è per me un onore e unaresponsabilità, e non posso quindi cheaugurarmi e augurare a tutti: buon viaggio.

© 2015 Adelchi Battista

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Foto: Paolo Cardone

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Foto: Massimo Di Nonno

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L'Idea Molisana nasce in un momento nel quale di idee ingiro se ne vedono davvero poche.

Poche e di pessima qualità.Nasce, in particolare, proprio quando vede la luce la

delirante proposta di riorganizzazione delle Regioni sfornatadal duo PD Ranucci - Morassut che prevede la cancellazionedella nostra Regione dalle cartine geografiche.

L'iniziativa è motivata con isoliti profondissimi argomenti:1) i consiglieri regionali sono ladri e dunque accorpando

le Regioni ridurremo ilnumero dei ladri;2) le Regioni non funzionano e costano troppo;3) l'idea originale di Macro-Regione è della Fondazione

Agnelli. Ergo, anche se non si capisce bene perché, deveessere un'idea intelligente. Ora in un Paese normale cominciando così non siarriverebbe nemmeno a modificare un regolamentocondominiale, figuriamoci la Costituzione della Repubblica;eppure il Governo in carica (del quale non nominerò il PrimoMinistro) ha già dimostrato si saper spacciare egregiamenteper "riforma" il tentativo di conformare le regole del gioco alproprio tornaconto politico, cavalcando con particolaretalento gli scandali e le necessità di risparmio.

Nel caso della Riforma del Senato, ad esempio, abbiamoassistito a un'insensata opera di castrazione della cameraalta, trasformata da ramo nobile del Parlamento (con pariprerogative e pari funzioni) in assurdo moncherino per lamessa a riposo dei politici della periferia.

Il tutto conseguendo risparmi (futuribili) di appena 50milioni di Euro l'anno, giacché la totalità dei dipendenti edelle strutture amministrative del Senato, nonostante lariforma, rimarranno quel che erano prima.

©Luca Forcini

L'IDEA MOLISANA

I CONTI SENZA L'OSTE

MACROREGIONI, UNA FOLLIA!

Foto: Massimo Di Nonno.

Lucio Di Gaetano

Oggi lo spettacolo si ripete: secondo la insensata bozza, le Regioni passerebbero da 20 a 12, cancellando dalla cartinarealtà plurisecolari che manco le invasioni spagnole, francesi e saracene avevano potuto scalfire. Particolare odioso dellariforma, a sparire sarebbero soprattutto le realtà più piccole (Molise, Valle D'Aosta, Basilicata, Umbria) assorbite o spezzettateper consentire l'allargamento delle Regioni confinanti.

E anche questa volta la manovra non frutterebbe risparmi rilevanti: le macchine amministrative di ciascuna Regioneverrebbero infatti accorpate l'un l'altra senza interventi strutturali.Per fare un esempio, se Veneto, Friuli e Trentino avesserociascuna 1000 dipendenti (nella realtà, ovviamente, sono molti di più), venendo riunite ne scaturirebbe una "RegioneTriveneto" dotata di 3000 dipendenti: per le esauste tasche dei contribuenti, insomma, nessun beneficio.

A pensarci bene, poi, nemmeno il numero dei "potenzialiladri" sarebbe destinato a ridursi così sensibilmente: non èancora chiaro, infatti, in che misura verrebbe ridotto ilnumero complessivo di consiglieri regionali ed è ragionevoleimmaginare che non si perderebbe per strada un numero dipoltrone proporzionale al numero di Regioni eliminate, poichéla cancellazione dei confini non necessariamente comportauna proporzionale cancellazione delle circoscrizioni elettorali(anzi qualcosa mi dice che in questo caso il legislatoreavrebbe mano assai più leggera, sensibile com'è ai potentatipolitici locali...).

Niente risparmi, dunque, e ancora tanti potenziali maniacidel rimborso in circolazione.

Gli argomenti 1) e 2) vengono meno.Che dire allora dell'argomento n.3)?Se lo dice la Fondazione Agnellisarà vero?Non lo so: però so che la FIAT ora si chiama FCA e,

soprattutto, non sta più a Torino avendo ormai sede legale inOlanda e residenza fiscale a Londra.

Sarebbe così male, dunque, se la Fondazione si occupassed'ora in poi dei territori del Commonwealth o delle splendideAntille?

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LO SPETTRO DELLA PRESCRIZIONE

Uno spettro si aggira per le aule giudiziarie: la prescrizione del reato. È ammantata di un elegantetabarro di seta, sotto il quale nasconde l'arma bianca con la quale, ogni anno, miete molte vittime.

Antonello Lombardi

Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando (PD)©Angela Quattrone

Non vittime semplici, ma due volte vittime. Vittime,una prima volta, del reato commesso a loro danno, unatruffa, una violenza sessuale, una concussione. Vittime,una seconda volta, della prescrizione del reato, nelprocesso nel quale assumono le vesti di persone offese.Impunito il colpevole, non resta loro che agire in sedecivile per ottenere un risarcimento del danno. Si stimache negli ultimi dieci anni i processi terminati con ladichiarazione di prescrizione del reato ammontino ad unmilione e mezzo, una cifra impressionante se si pensa allecentinaia di migliaia di persone offese vittime didenegata giustizia ed agli effetti secondari criminogeniche il fenomeno produce. La diffusa percezione di poterlafare franca diminuisce, infatti, considerevolmente laportata deterrente (o "generalpreventiva") della sanzionepenale.

Le origini della prescrizione sono antichissime e siperdono nella notte dei tempi. Le prime tracce sirinvengono nell'Atene classica, dove vigeva un termine diprescrizione di cinque anni, al di là del quale il reatoandava estinto. Questo termine aveva, secondoDemostene, la funzione di controllare l'attività deisicofanti, progenitori dei pubblici ministeri. Secondo ipadri della dottrina penalistica italiana la prescrizionerisponde ad un basilare principio di civiltà: nessuncittadino può sottostare sine die alla spada di Damocle diun'indagine o di un processo penale, a meno chel'interesse statuale all'accertamento e repressione deireati non prevalga rispetto all'esigenza di ragionevolezzae congruità della durata di tale accertamento.

È questo il motivo per cui i reati bagatellari o di minor

allarme sociale hanno termini di prescrizione brevi, i reatipiù gravi hanno termini più lunghi, sino ad arrivare aireati imprescrittibili, come l'omicidio, il cui accertamentonon è soggetto ad alcuna scadenza.

Quando, nel corso delle indagini penali, o in uno deigradi del processo, si supera il termine di prescrizione,l'imputato deve essere immediatamente prosciolto. Il che,però, non significa vanificare le attività di indagine oprocessuali compiute sino a quel punto, dovendo ilgiudice scandagliare i profili di innocenza e dichiararli nelcaso in cui riscontri gli estremi per la pronuncia diun'assoluzione nel merito. È questo il motivo per cui,nell'immaginario popolare, la prescrizione vieneassociata ad una forma di colpevolezza, sia pureattenuata.

Emblematico è il participio sostantivato con cui i tifosijuventini replicano agli strali degli interisti a propositodelle note vicende di Calciopoli: noi saremo purecondannati, ma voi siete "prescritti". Il concetto che gliinnocenti ed i prescritti non occupino il medesimo gironedantesco tende, a volte, a sfumare nella distortadivulgazione mediatica. Come nel caso di quel leaderpolitico italiano che, a dimostrazione della pervicacepersecuzione politico-giudiziaria da parte dei pubbliciministeri, della quale si ergeva a vittima, era solito citarele numerose assoluzioni intervenute negli annidimenticando, naturalmente per mera distrazione, didistinguere, all'interno di queste ultime, i setteproscioglimenti per intervenuta prescrizione, alcuni deiquali in forza di leggi abbreviative dei terminiprescrizionali intervenute in corso d'opera ed applicate aquei processi.

L'IDEA MOLISANA

SUMMUM IUS SUMMA INIURIA

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LO SPETTRO DELLA PRESCRIZIONE

La prescrizione, tuttavia, svolge un'effettiva funzione di civiltà e garanzia nei soliordinamenti in cui la durata delle indagini e dei processi sia fisiologica. Insituazioni patologiche e di elefantiasi della macchina giudiziaria gli effetti dellaprescrizione sono devastanti.

Il fenomeno della falcidia di processi, per effetto dellalentezza degli stessi ha, difatti, un perverso meccanismodi autoalimentazione. Più alto è il numero di processi, piùlenta è la macchina della giustizia, più è probabile che iprocessi vadano in prescrizione. Per far andare il reato inprescrizione, però, si propongono tantissimi appelli oricorsi per cassazione, spesso infondati, ma funzionali adevitare che la condanna diventi definitiva e garantire loscorrimento della clessidra della prescrizione. E cosìaumentano i processi, si dilatano ulteriormente i tempi edun sempre maggior numero di reati si estingue. Gli effettidistorsivi si riflettono anche sulla pratica giudiziaria. Ifascicoli "agonizzanti", quelli che, per la brevità deltermine prescrizionale, non hanno nessuna chance diessere definiti prima della prescrizione, vengono lasciatimorire di inedia nei polverosi scaffali delle procure.

Nel caso dei fascicoli "traballanti", invece,all'avvicinarsi della scadenza del termine i ritmi delprocesso penale di primo grado diventanotambureggianti, a volte forsennati, con udienze celebratesino a tarda sera, rinvii brevissimi con pregiudizio per ledifese, ed un alto rischio di decidere in fretta, e cioèdecidere male.

Sotto altra prospettiva, si assiste a tendenzeantagonistiche tra il potere politico e quello giudiziario.

Il potere politico, in nome di istanze apparentementegarantistiche e liberali, ha nel tempo provveduto allaprogressiva riduzione dei termini di prescrizione deireati, in particolare di quelli commessi dai "collettibianchi" e dei reati contro la pubblica amministrazione,come la corruzione e la concussione.

Paradigmatica è la legge ex Cirielli, approvata nel2005, poi sconfessata dallo stesso relatore EdmondoCirielli, colonnello dell'Arma dei Carabinieri in aspettativae parlamentare di destra, dopo alcuni emendamenti chene avevano stravolto l'impianto originario e, si presume,un tardivo accesso di lucidità e buon senso. Il poteregiudiziario, dal canto suo, facendo leva sulla

Antonello Lombardi

discrezionalità interpretativa delle norme, haprogressivamente sviluppato la tendenza a procrastinareil momento di consumazione del reato, dal quale fardecorrere il termine di prescrizione.

Emblematico è, ancora una volta, il caso del leaderpolitico italiano accusato di aver prezzolato un testimoneinglese per rendere falsa testimonianza. La Procura, perevitare la prescrizione, sosteneva che la consumazionedel reato di corruzione in atti giudiziari si appuntava alladata della materiale disponibilità sul conto corrente dellasomma pagata quale prezzo della corruzione, laCassazione sconfessava la tesi, dichiarando l'estinzionedel reato per prescrizione ed anticipando laconsumazione del reato di alcuni mesi, al primo deipassaggi del denaro destinato al presunto corrotto.

Il testo di legge approvato alla Camera in questigiorni, salutato con favore dall'Associazione NazionaleMagistrati, sembra prendere atto degli effettiprofondamente distorsivi della prescrizione sul sistemaitaliano, intervenendo sotto il duplice profilo dell'aumentogeneralizzato dei tempi di prescrizione e dellasospensione del decorso del termine nel caso di sentenzadi condanna in primo grado, in modo da arrestarel'emorragia di impugnazioni strumentali. Ti aspetti che ilvalore universale e condiviso dell'efficienza e dignità delsistema processuale penale porti le forze politiche ad unaconvergenza plebiscitaria e invece le cronacheparlamentari parlano di astensioni, emendamenti pertenere considerevolmente basso il termine diprescrizione della corruzione, e voti contrari. E rimane ilsospetto che il mandante, complice o palo dello spettro,ammantato di un elegante tabarro di seta, sotto il qualenasconde l'arma bianca, che si aggira per le aulegiudiziarie per fare strame di processi, nelle more dellelunghe lungaggini processuali si nasconda al centro diRoma, precisamente tra Palazzo Madama e PalazzoMontecitorio.

© Valigia Blu

L'IDEA MOLISANA

SUMMUM IUS SUMMA INIURIA

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La Nevicatadel 2015

ImmaginiPaolo Cardone

NarrazioneAdelchi Battista

ImmaginiMassimiliano Ferrante

ImmaginiLello Muzio

ImmaginiPaolo Ricciuti

ImmaginiGiovanni Rosa

L'IDEA MOLISANA

PHOTO STORY

Foto: Paolo Cardone

Page 11: L'idea molisana numero 0

Cronaca di un disastroannunciato

Avevano detto che sarebbe

stata dura. Che la neve sarebbe

stata tanta, e pesante. Eravamo

pronti, quindi, o quasi pronti.

Il cielo si è aggravato, si è

riempito di fumo come in quel

grande affresco sul soffitto del

Savoia, e poi è venuta giù, di

colpo, come pioggia, come

grandine, una nevicata

violenta, una neve di gomma,

un gigantesco copertone

bianco, come la balena, come

Moby Dick. Le cose, sotto, non

hanno resistito, in particolare

gli alberi. In montagna succede

spesso: gli alberi si piegano, si

spezzano, ma non te ne accorgi

perché sono tanti, perché ne

crescono altri, e la natura si

rigenera rapidamente. In città

invece un albero che cade è

caduto per sempre, e se

qualcuno lo pianta di nuovo è

patrimonio dei figli, forse dei

nipoti, ma non più nostro.

Foto: Paolo Ricciuti

Page 12: L'idea molisana numero 0

Foto: Lello Muzio

Page 13: L'idea molisana numero 0

Foto: Lello Muzio

Page 14: L'idea molisana numero 0

Caterpillar

C

Il vecchio sindaco, chepareva uscito dal teatro deiburattini dei Fratelli Ferrajolo, lichiamava Bobcard, una figuramitologica creata dalla penna diMax Bunker, ovvero unadisciplina paraolimpica di Pokerglaciale.

Adesso ci sono i Caterpillar,trattori potenti, macchine dasgombro che formano muri dineve che resisteranno fino amaggio.

Come sembrano forti, sicuri,spediti in mezzo alla tormenta, tifanno sentire meglio, piùprotetto, più caldo. Ma è unasensazione effimera e senzagioia, perché sono pochi, a volteinefficaci, o troppo al centro epoco in periferia, o, o, o...

Foto: Paolo Cardone

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Foto: Giovanni Rosa

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La metaforaQuando la neve si scioglie rimane il fango e il freddo, le spaccature e le buche dell'asfalto. Una bella metafora del PartitoGovernativo Regionale, in preda ad ogni sorta di schizofrenia. In mezzo ai guai sanitari di chi vive in montagna, tra le strade rovinatedal ghiaccio e dalle intemperie, assistiamo alla commedia di ogni governante, di ogni nuovo promettente amministratore, assordatidal rumore carsico degli scarponi, con la faccia tagliata dal vento, immemori, millenari, ricoperti da una buccia dura di arenaria.E negli occhi acqua e nuvole.

V

Foto: Massimiliano Ferrante

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Foto: Massimo Di Nonno

Page 19: L'idea molisana numero 0

Foto: Massimo Di Nonno

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Sì, ci vuole un po' di coraggio. Non è di moda di questitempi parlare, soprattutto ai giovani, di Umanesimo e diformazione umanistica. Ci vuole una certa sfacciataggine,poi, se si intende proporre un ritorno allo studio di certediscipline "antiche" nell'ambito scolastico. Certamente ècontrocorrente, ma mi va di parlarne. Mi capita di farlosempre più spesso, ultimamente, soprattutto con studentidelle scuole superiori ed eccomi quì a buttar giù poche righesulla indispensabilità di un passo indietro – anzi, in avanti -nel campo della formazione culturale delle nuovegenerazioni, in Molise, Abruzzo come in Italia. Solo un cenno,per approfondire il tema magari nel prossimo futuro; conl'ambizione, neanche un po' celata, di provocare unariflessione seria su un aspetto tutt'altro che secondario dellacostruzione di sorti migliori per lo stivale italico e per le miedue regioni (che poi sono una sola) di riferimento.

Le scienza umanistiche, semplicemente, formano lapersona, la rendono migliore. Ecco servita una banalità,diranno in molti. E' vero, ma il guaio è che questa banalità hatanto il sapore di una convinzione di cui tutti conoscono lagiustezza ma che nessuno adotta come comportamento.

Di fatto la triste realtà ci dice che nel campo dellaformazione culturale delle giovani generazioni, da molti,troppi, anni l'Italia sta abdicando. Sta rinunciando, cioè, alruolo di regina della scienze umanistiche (e dell'Arte) che l'hafatta grande e l'ha resa, per l'appunto, Italia con la Imaiuscola.

Storia, filosofia, latino, greco, letteratura, musica, storiadell'arte. Per molti, anche per i riformatori scolastici degliultimi non allegri decenni, sembrano esser roba che sa dimuffa, da sopportare ancora qualche anno, giusto il tempoper far loro compiere una morte certa, dopo lenta agonia. Unerrore di portata storica, già in parte compiuto. Perchè amorire sarà solo la qualità degli uomini del futuro. E lacompetitività dell' Italia che smette di fare l'Italia. Maandiamo per gradi.

L'IDEA MOLISANA

L'IDEA SANNITA

diNICOLA MASTRONARDI

IL CORAGGIO DELL'UMANESIMO

"E' da stolti rinunciare al vantaggio che ci dà il conoscere le cose passatee il pensiero dei Grandi"

(Anonimo, XVIII sec.)

Ci siamo messi al seguito di un modello globalizzante diformazione culturale che impera in ambito europeo einternazionale il quale è concentrato soprattutto a formarepersone e professionalità propedeutiche allo sviluppotecnologico, economico e finanziario. Rinunciando ad unadelle nostre ricchezze di sempre: l'umanesimo, appunto. E'come se nel campo agroalimentare ci mettessimo ascimmiottare, che so, la cucina anglosassone (Dio ce nescampi e liberi.. l'ho detta grossa!) o quella cinese,rinunciando a tutto il patrimonio culturale (ecco, ci siamo)ricevuto dal passato. Oppure è come se nel campo dellamoda rinunciassimo al nostro saper fare artigianale che èfrutto di cultura millenaria di una commistione della culturadel bello con l'abilità manuale. Ne vale davvero la pena?Voglio, dire: ma è proprio necessario rinunciare a un cosìgrande, secolare, riconosciuto vantaggio? Non è forseCONVENIENTE effettuare un deciso ripensamento, un passoindietro, anzi in avanti, ripensando la maniera più "moderna"lo studiar classici, storia, filosofia, arte e latino? Sì, latino. A talproposito dirò qualcosa più innanzi.

Io dico che non dobbiamo e non possiamo permetterci diabbandonare la stratificazione culturale che in Italia è fruttodi un secolare concentrato di apporti etrusco-italici-latino-greco-arabi, e non ho detto tutto. Semplicemente neperderemmo (e, difatti, perdiamo) in termini di competitivitàglobale. Economica, soprattutto. Ed è proprio qui che cascal'asino... inteso, in questo caso, come chi non vuol capire, oalmeno tentare di sforzarsi, che studiar Dante, il suo sensodell'estetica e il suo gigantesco apparato teologico non èsecondario nella vita, anzi!

Infatti c'è dell'altro, eccome! Non a caso ho parlato diCONVENIENZA. Per farla sintetica, dirò solo che rinunciarealla cultura umanistica di base - che è educazione al bello,all'etico e al senso artistico ma anche affinamento dellasensibilità personale, allenamento alla logica, abitudineall'approfondimento dei concetti e all'interrelazione tra gli

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Come si pensa sia nata la stagione del Rinascimentoitaliano? Voi pensate che uomini d'affari, politici, ingegneri earchitetti del Tre-Quattro e Cinquecento non conoscesseroSocrate, Platone e Pitagora (non solo quello dl teorema, percarità)? Per non parlare dei pittori o degli scultori e deglistudiosi che furono gli artefici primi di quella vera e prorpiarivoluzione culturale alla base del nuovo primato economicofiorentino-italiano nel mondo di allora? O non è forse proprioper la scoperta dei classici che essi furono ciò che sono stati?Si sedettero sulle spalle di giganti del pensiero. E noivogliamo rinunciarci! Poveretti che siamo. Perché fu grandeLorenzo il Magnifico se non per aver riconosciuto e allevatogenerazioni di geni - umanisti? Come si crede sia nato il"Bello" che ancora permette a Firenze e all'Italia di godereeconomicamente di quella fortunata e non irripetibilestagione? Ho detto e ripeto, non irripetibile.

Dunque: cultura umanistica alla base della formazione diTUTTI (futuri manager per primi) per il miglior "allevamento"dei talenti che non mancano e non mancheranno mai inquesta terra benedetta da Dio e non più riconosciuta daglistessi uomini che l'abitano. Ecco i principi alla base di unavera riforma scolastica all'italiana. Nel senso più alto deltermine.

Troviamo un nuovo modo Italiano (sic!) di entrare conarmi concrete e peculiari nella sfida del mondo tecnologico icui contenuti saremo in grado di dettare noi, solo noi, comenessuna altra cultura al mondo può saper fare.

L'IDEA MOLISANA

L'IDEA SANNITA

NICOLA MASTRONARDI

stessi - per noi italiani vuol dire ottenere nel giro di due tregenerazioni l'impoverimento di tutti quanti i compartieconomici che hanno a che fare con la creatività, il bello o lasensibilità individuale. Proprio ciò che rappresenta, quasiinutile ricordarlo, la stragrande maggioranza delle produzioninazionali di pregio, l'essenza della nostra capacità diesportazione e di penetrazione dei mercati. In poche parolela base stessa, la FORZA della immagine "Italia" nel mondo. Lanostra storia economica, il nostro "genio nazionale" e granparte della nostra fortuna economica è talento sviluppatodall'umanesimo.

Se qualcuno osa affermare ancora che con la cultura nonsi mangia, giuro, me lo divoro io un solo boccone.

foto: Paolo Cardone

Ma davvero siamo così stolti da voler perdere il vantaggioche ci dà il conosce la Storia e il pensiero dei grandi uomini?

E allora? Allora si abbia il coraggio di ricominciare dacapo.

Sì, lo voglio dire e voglio essere lapidato per questo: sideve tornare a studiare la Storia in maniera approfonditadalle elementari. E, solo per dirne una seconda, affermo chelo studio del latino – che meglio e più della matematicaabitua alla logica, ristabilendo un legame, oltretutto, allanostra storia classica – va reintrodotto dalle scuole medie(primarie di secondo grado, per i tecnici) esattamente comeera prima degli anni ottanta. E così via nella rivalutazionevera e convinta di tutte tutte le altre materie umanistiche.

Dobbiamo avere il coraggio di dire alle generazioniallevate dalle ultime riforme e riformine scolastiche, cheabbiamo sbagliato tutto e che dobbiamo tornare indietro,anzi no, guardare avanti: ripensare l'educazione classica conuna consapevolezza e finalità rinnovate. Va detto loro (legenerazioni ultime) che la stora dell'arte - lungi da comel'abbiamo studiata noi quando francamente valeva menodell'ora di religione - deve essere il punto d'arrivo diun'educazione al bello che va coltivata dalla scuoladell'Infanzia e che dunque deve partire da lontano. In sintesipotrebbero essere consolati, i nostri amici "di mezzo", perchéciò che essi hanno perso in conoscenza di Socrate, Aristotelee Pitagora (non quello del teorema) lo guadagneranno i lorofigli.

La forza dell'Italia è genio e umanesimo applicato? Allora:se alle parole e alle buone intenzioni (anche renziane)devono seguire i fatti, giù, da subito, con fondi, immensi, allaRicerca, alla Formazione umanistica nelle scuole e allacoltivazione dei Talenti. L'Agricoltura delle menti e dellesenibilità creative è la nostra industria del futuro. Abeneficiarne saranno tutti i campi economici anche quelli cheappaiono i più aridi. E' così che potremo tornare a direqualcosa di nuovo al mondo.

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CASTELLO MONFORTE

PAOLO CARDONE

L'IDEA MOLISANA

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CASTELLO MONFORTE

ALBUM

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IL CARDELLINODonna Tartt, Rizzoli 2014

Isuggerimenti diPier Paolo Giannubilo

premi Pulitzer americani non sbagliano (quasi) mai.Donna Tartt conquista il più ambito riconoscimento letterario (escludendo i pateracchi diStoccolma) con un romanzo fluviale che compie il miracolo dei miracoli, in fatto di libri:alimentarti stupore e batticuore per tutte e 892 le pagine. Un mattone di magnificenza, chevale l'oro che pesa.

La copertina del romanzo di Donna Tartt

Pier Paolo Giannubilo

La letteratura di Tartt è arte sopraffina. Equesto è quanto. Un tempo si diceva: il piaceredella lettura. Ecco, precisamente. Lingua sempreesatta al millesimo e che alla bisogna diventapirotecnica, certosina tornitura delle frasi,padronanza assoluta di decine di lessici specifici(quello dei restauratori, quello degli antiquari, dellacritica d'arte, della musica, delle droghecontemporanee), trama da thriller con colpi discena calibrati con quel tipo di maestria che, a finelettura, ti prostra l'autostima e ti fa venire voglia dismettere di scrivere romanzi.

Non c'è un cedimento neanche a pagarlo, néstilistico né nel plot. Se Proust descrive la venaturadi un mobile antico in 30 pagine è Proust,d'accordo, ma può capitare che al lettore odiernoprenda un colpo di sonno. Se lo fa Tartt, quellavenatura diventa, non so per quale misteriosaragione, adrenalinica.

Un bambino di nome Theo Decker perde lamadre amata in un attacco terroristico in unmuseo di New York e fra le macerie si ritrova inmano Il cardellino, capolavoro dello sfortunatopittore secentesco olandese Fabritius.

Lo porta via, di fatto lo ruba. Il dipinto loaccompagnerà per anni e anni, lungo lesorprendenti gimkane (affidamento a un padrefuori di testa in quel di Las Vegas, famigliesostitutive con la tragedia inscritta nel dna,contrabbandieri d'arte tossici, un amoreimpossibile, amicizie malavitose, alcol, traumi,sparatorie, truffe) della sua vita – diventa la suacoperta di Linus, il suo

totem, il suo feticcio: "Ma anche se potevoguardarlo solo di rado mi piaceva pensare chefosse lì, per via della profondità e concretezza cheinfondeva alle cose. Era come se rinforzasse lefondamenta della mia vita, e mi rassicurava, comemi rassicurava sapere che, lontano da lì, le balenenuotavano indisturbate nelle acqua del Mar balticoe che, in remoti angoli dellaTerra, schiere dimonaci cantavano senza sosta per la salvezza delmondo."

Io dico che è imperdibile.

L'IDEA MOLISANA

FAMO A FIDASSE

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Foto: Nicola Paolantonio

L'IDEA MOLISANA

ALBUM

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PROVINCIA MECCANICA O del perché uno che nasce dalle nostre parti rischia di rimanerci. Secco.

diGIUSEPPE COLELLA

TUBO CATARTICOL'IDEA MOLISANA

Città/Provincia, Centro/Periferia,

Network/Isolamento.

Per secoli queste tre opposizioni hanno

definito il nostro modo di stare al mondo:

andando di grana grossa, si può dire che

nascere a destra o a sinistra dello Slash (/)

ha definito l'intera esistenza di qualche

centinaio di milioni di persone nella storia

dell'umanità.

Senza stare a menarla con cose che

conosco appena di sfuggita, tipo il processo

di industrializzazione, la nascita del

concetto di mobilità sociale etc., direi che

queste tre opposizioni sono rimaste

pressoché inalterate fino alla metà degli

anni '60, anche perché è difficile pensare

che un gruppo di immigrati di Larino che

vivevano a pizza e minestra nel New Jersey

di inizio '900 fossero tanto diversi dai loro

cugini rimasti nelle campagne frentane.

Era una Provincia diversa, una Periferia

diversa e uno stesso, identico, Isolamento.

Gentrification. Questo è il termine che

cambia le cose: interi quartieri popolari

delle grandi città vengono presi d'assalto da

una nuova gens (gentry, in Inglese) capace

di adattarsi meglio alla ristrutturazione, chenon è solo di natura edile, ma anche, e soprattutto,

relativa alle relazioni sociospaziali, culturali ed

economiche.

Dice: quando è successo? Non mi sono accorto di

nulla. Ero in campagna a zappare?No, è successo

quando tuo figlio è andato a studiare in città e,

siccome non aveva soldi, si è messo a dormire con

altri 4 o 5 perdigiorno in uno stanzone di una fabbrica

abbandonata vicino alla stazione; che poi, dopo tre

anni, quello stanzone hanno iniziato a chiamarlo "loft"

e tutti quei quadri da disadattati degli amici di tuo

figlio hanno iniziato ad essere scambiati con mazzi di

banconote che tu, con quella zappa in mano, non

riuscivi a vederli manco dopo tre anni di raccolti

abbondanti. Eppure, nonostante questo passo avanti,

chi nasceva a destra dello Slash (/) faceva sempre

una fatica bestia per passare dall'altra parte. Con

l'aggravante che la neonata tv gli faceva vedere cosa

significasse vivere a sinistra dello Slash (/). Quindi,

oltre al danno della mano nella terra, anche la beffa

degli occhi sul mondo.

Anche perché poi sta gentrification, tutto

sommato, si sarebbe rivelata una moda effimera

perché, marxisti o meno, il rapporto capitale/lavoro

(ecco un'altra opposizione che non passa mai di

moda) se ne fotte del tuo stanzone che diventa loft e

ti rispedisce immediatamente in un altro stanzone ché

nel loft non c'è spazio per uno come te.

A sto punto della lettura io mi chiederei: ok ma che

cosa c'entra tutta sta manfrina con il tubo cartartico

che dà il titolo alla rubrica?

C'entra. Perché se c'è una cosa capace di far saltare

chiunque da una parte all'altra dello Slash (/), questa

è la comunicazione. In tutte le sue forme: pittura,

musica, scrittura, cinema e persino politica.

Gli anni '70 e i primi '80 sono il trionfo della provincia

che si libera dal giogo dello Slash (/): Vasco, i Litfiba,

Battiato, Dalla e Guccini nella musica, Burri, Pomodoro,

Pistoletto, Guttuso, Manzù il nostro Marotta nelle arti

figurative, e poi Toscani, Eco, Fellini, Monicelli, Risi,

Parise, Bufalino fino a Moro, Rumor, Spadolini, Fanfani

e Colombo in politica.

E tutto ciò accade anche grazie alla destrutturazione

e al superamento dei tradizionali centri culturali che

avevano sede a Roma e Milano: la Rai, i salotti,

Cinecittà, la radio, la Moda, le agenzie pubblicitarie si

diffondono ovunque nel Paese e permettono la

liberazione di energie rimaste fino ad allora

compresse o, peggio, inespresse.

Una parentesi destinata a chiudersi presto perché le

esperienze nate in Provincia vengono metabolizzate e

fatte proprie dal Centro che, nel decennio successivo,

riporta tutto, compreso lo slash (/), al suo posto.

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Foto M A S S I M I L I A N O F E R R A N T E

L'IDEA MOLISANA

TUBO CATARTICO

Con un'aggravante unica nel mondo

occidentale: l'intero mondo della comunicazione

italiana viene occupato dalla politica.

La storica spartizione partitica dei vertici Rai

viene codificata e diventa formula matematica

(c'era una storiella che diceva: se al TG2 assumono

tre giornalisti, uno è democristiano, uno è socialista

e uno è bravo), la discesa in campo del capo delle

principali tv private crea un precedente unico che

non è mai stato risolto davvero, le redazioni

giornalistiche vengono militarizzare e, come se non

bastasse, ogni ente culturale o artistico del Paese

diventa luogo di lottizzazione e terra di conquista

per trombati e riciclati di ogni sorta e provenienza.

Politica.

E questo stesso schema, in scala 1:10, viene

riportato anche a livello regionale, provinciale,

comunale e persino condominiale. Non c'è scampo.

In mezzo a questo freezer delle idee cresce una

generazione, che oggi ha tra 35 e 50 anni, con due

sole possibilità: piegarsi o ripiegarsi; accettare di

mettersi in fila alla porta del politico di turno o

coltivare i propri interessi con la consapevolezza

che sarà un onanismo perfetto.

La forza dello Slash (/) è intatta, in barba a

quello che accade ovunque nel mondo occidentale,

posti lontani, esotici quasi, in cui quella stessa

generazione crea Napster, Blog, e poi Web 2.0,

Social Media e strumenti di condivisione sempre

più interattivi.Ora, se fossi un vecchio cinico, disilluso e pessimista (come la maggior parte dei miei soci di questa

iniziativa editoriale), potrei fermarmi qui e iniziare a maledire il sistema, l'italianità, i politici e la religione

cattolica.

Ma, essendo inspiegabilmente ottimista e sufficientemente "integrato", voglio dedicare l'ultimo paragrafo

alle dinamiche che si profilano all'orizzonte e che mi fanno pensare che la prossima generazione, che

oggi ha tra i 15 e i 25 anni) possa abbattere sto Slash (/) e ambire alla vita eterna. Se non altro in termini

di produzione e circolazione delle idee.

Youtube, i Social Network, le piattaforme immersive, il crowdfounding e, in sostanza, tutto ciò che è

progettato per essere orizzontale, aggirano l'ostacolo politico e spaziale. Anzi, per essere precisi

nell'immagine, ci passano sotto.

Le idee circolano, le idee migliori si affermano, la possibilità di riscatto non è più legata al tempo, all'età e

al luogo di provenienza di chi le produce. Almeno fino a quando non si voglia veicolarle secondo logiche e

strumenti mainstream.

Ma a chi importa più del mainstream?

Tutto ciò che serve è la competenza tecnica: imparare ad usare questi strumenti è l'unica strada per

poterli rendere efficaci, cioè capaci di esaltare la creatività e trasferirla oltre la nostra cameretta.

Farei a cambio con un 15enne di oggi solo per questo.

Perché sto Slash (/), a sto giro, rischia di saltare davvero.

GIUSEPPE COLELLA

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Foto: Nicola Paolantonio

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NON TORNERAIMolise Identity

parole e immaginiMassimiliano Ferrante

L'IDEA MOLISANA

STORIE

Uòcchie ca nun tramutene e' cculure luce ch'intride d'acqua terramore sale su da le crètte de l'anima reclama il sole da innevati cieli grani e di mani lìmina i fantasmi E' n'anno e l'aria ('a siénte? 'a respire?) perfidia verso ombre d'angoli acuta Apparente riflesso fu la fuga un sogno affucato ma caldo ancora a la pelle d'increspate tracce più intime nulla striando questo itinerante agguato quest'albagia del tuo patire incontro - Agguato, A. Ferrante -

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L'IDEA MOLISANA

STORIE

Spesso partendo non tornerai mi dico, la testaincastonata tra i due faraglioni che sporgono dallo schienale,intorpidito dall'acre puzzo di treno. Fumo di sigaretta e piscioe fritto di Mc Donald. Non tornerai mi dico, lasciandoscivolare lo sguardo tra i rovi le pietre i rigagnoli a trattiinanellando, la fronte premuta sul vetro appannato, Baranelloe Vinchiaturo e Bosco Redole e Bojano e Macchiagodena eCarpinone e Isernia e, infine, Venafro, nomi lontani e desuetiimpressi su anonime tabelle dalla grafica incompiuta. Uncielo plumbeo e pesante, ricco di ineluttabili prospettive.

E non tornerai mi dico assonnato eclissandomi, a tratti,nei cunicoli bui che rubano man mano luci e paesaggifamiliari e distanti. I pensieri indolenziti dalle ore troppogiovani del mattino o da quelle troppo poco al di là del primopomeriggio. Ché, per viaggiare, mi piace il treno, l'ideach'esso mi dà di attraversare zone impervie altrimentiimpercorribili e solcate da rotaie e nient'altro. M'abbacina estanca il luccichio delle lamiere policrome filanti sulleautostrade e il rumore del traffico e gli scazzi tra gliautomobilisti. Il treno, quello molisano, è un serpente monco esolitario tra gli spigoli appuntiti delle montagne e i boschisoffocanti di verde acceso e le poche vie brecciate e ipassaggi a livello dimenticati anche dalla ruggine. Un vermedal ventre di balena, brulicante di studenti fuorisede intentinello scarabocchiare appunti di Diritto Privato o StoriaMedioevale o Analisi I e nonnine in viaggio per andare adaccudire nipotini metropolitani di troppo impegno pergenitori in carriera e altri insignificanti figuri, insospettabiliprotagonisti di storie romanzesche che solo su un treno puoitrovare, in una sinfonia di fonemi duri e scomposti. Mi piace iltreno, per viaggiare. E sì che decidere di fare un viaggio intreno Campobasso – resto del mondo non è certo una cosada prendere a cuor leggero, ché una certa ansia inizia apercuotere i tuoi nervi da almeno un paio di giorni prima.Almeno. La freccia del Molise vero reperto degno di piùapprofonditi studi, stoltamente ascoso dai ferrovieri dellostato al binario venticinque della stazione Termini per noncorrompere, agli occhi dell'utenza, la visione di scintillantieurostar e intercity full optional, lindi e pinti da copertina dirivista di design. Non tornerai mi dico, gli occhi fissi, giàstracco, sulla decorazione optical stampata alle pareti delvagone, stravolto e perso nei rombi grigioverdi che, a tratti,m'ingoiano. Poi, incredibilmente, riemergo dal coma vigile (?)e vedo il verme dal ventre di balena incunearsi a velocitàridotta tra i resti delle antiche mura, sgusciare tra i palazzizeppi d'insegne al neon e le concessionarie extralusso, sfilaresotto un cielo azzurro come nei cartoni animati. E, finalmente,scendo, trasportato dal flusso degli studenti fuorisede e dellenonnine e degli altri insignificanti figuri all'affannosa ricercadi un carrello portabagagli, in un'atmosfera del tuttoinappropriata all'armamentario di giacconi in finta piumad'oca e cappucci copriorecchie e sciarponi della nonna eguanti felpati con cui sono partito solo un paio d'ore fa opoco più. Sono in Italia, ora. In Italia, cavolo. Sono libero ditrovare la mia via. E allora continuo a girovagare, stavolta, suserpentoni di classe, con morbidi sedili deodorati

Molise Identity. Non mi è difficile, a dire il vero, definirecon buona approssimazione il Molisano nei suoi aspetti piùevidenti. Non ci vogliono certo particolari nozioni diantropologia e sociologia per farlo. Non mi è difficile anche invirtù del fatto che io, da Molisano, ho avuto la possibilità e ilprivilegio di studiare i Molisani dal di fuori, come affacciatosulla parete vetrata di un grande acquario o, chessò,incastrato con le tempie tra le sbarre di una gabbia di quelleallo zoo. Ho potuto, stando a contatto con altre popolazioniitaliche, indagare nell'ombra la percezione che esse hannodei Molisani. Ho potuto, ancora, interessarmi alle differenzetra Molise e resto del mondo, tra identità molisana e, chessò,identità umbra o abruzzese o laziale o. Una cosa mi è parsasin da subito evidente e la dirò come simpatica premessa: nelcaso di noi Molisani, la percezione che gli altri hanno di comesaremmo fatti coincide esattamente con la realtà. In altreparole, si ha una visione di noi Molisani che è lo specchioesatto di come siamo davvero. Nel definire le identitàregionali, sempre, immancabile come un rito pagano, saltafuori un'infinita serie di categorie ormai fossilizzate datempo, i Genovesi tirchi o i Napoletani furbi o i Romanicaciaroni o i Romagnoli cordiali o i Toscani altezzosi o iMarchigiani cui persino si preferisce avere un morto in casapiuttosto che, categorie oggettivamente divertenti quantofasulle e per nulla rispettose del reale stato delle cose perchiunque conosca un Genovese o un Napoletano o unRomano o un Romagnolo o un Toscano o un Marchigiano.Quando si parla del Molisano, tutto ciò non accade. Quando siparla del Molisano, nell'altrui sistema audiovideo simaterializza un'immagine precisa e del tutto rispondente al

all'arbremagique, hostess pronte a soddisfare ogni miodesiderio, compagni di ventura dotati di portatile evideotelefono, aria condizionata, musica in filodiffusione.Addirittura un tavolino su cui poggiare le riviste. Accenticonditi di r mosce e sc sibilanti e ch appena accennate. Sonoin Italia, ormai. Evaso, alla fine. Non tornerai mi dico mentregli occhi, rinvigoriti dalla coperta azzurra del cielo, siposano docilmente su spianate, a tratti, rotte da lievi colline,invase di strade a quattro corsie dal tappeto incontaminato eindustrie di detersivi dalle allettanti insegne e costruzioni dalsicuro impatto ambientale e cinte murarie di vetro eaeroporti. Sono In Italia, l'Italia che si dà da fare. E arrivo, poi,in stazioni vere di quelle con ipermercato e fastfood, infiumane di formichine operaie di quelle che smuovonol'economia e fan crescere il Pil, e in città vere piene di stradeluminose e colorate e negozi giuggiolosi e profumati, perso inlocali da beoni a tracannar birra in dolci compagniedalla parlata esotica. E, sprofondo, infine, immerso nellatrapunta a tinte forti ammassata sul mio lettoda eterno eimmaginario studente fuorisede e non tornerai mi dico sei inItalia ora mi dico libero e beato come un evaso. E chiudo liocchi aspettando che il torpore mi rubi alla vita, su unosfondo sonnambulo di montagne dagli spigoli appuntiti eboschi soffocanti di verde acceso e le poche vie brecciate e ipassaggi a livello dimenticati anche dalla ruggine e sinfoniedi fonemi duri e scomposti e.

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L'IDEA MOLISANA

STORIEvero. Il Molisano, come prima di me è stato detto dal sagaceGiuseppe Jovine, porta i suoi tesori dentro di sé, sigillati comeun buon vino interrato per le grandi occasioni, anche a costodi vederlo adulterato. Un leopardiano gallo silvestre con ipiedi piantati in terra e la testa tra le stelle o chissà dove. Pernessuno come per il Molisano la vita è una fuga verso ilproprio paese d'origine. Ogni Molisano porta la propria casasul dorso come una testuggine. Il Molisano è cordiale ma nonsfacciato. Per nulla ipocrita e, in quanto, tale, facilmentecalpestabile. Il Molisano non ha mai avuto nulla dalla vita e,per questo stesso motivo, non si aspetta nulla. Il Molisano ègeneroso.

Sbrigàti tutti i miei bravi affarini un po' in giro per ilmondo sento l'ansia crescere dentro me che attraverso vie piazze parchi tra palazzi nuovi e giardini ignoti guizzando losguardo su vetrine dai nomi improbabili e monumenti eantichi palazzi e chiese l'ansia crescendo come un ombrelloche nello stomaco ti s'apre esplodendo da dentro il sudoresciogliendo i pensieri la folla di facce sconosciute di accenticonditi di r mosce e sc sibilanti e ch appena accennate chediavolo ci faccio qui obiettando alla mia immagine riflessa nelvetro dell'autobus appannato di condensa i respiri esaurireun'aria non mia. E vado a dormire presto immerso nella trapunta a tinteforti ammassata sul mio letto da eterno studente fuorisedeché domani – finalmente, chi l'avrebbe mai detto? – si tornagiù in Molisania già immaginando nuove scorribande correrea perdifiato per le scale scoscese discese dal borgo vecchioin giù superando affannato San Leonardo e gli aperitivi festivida Polpetta o al Blow Up e i pomeriggi a suonare con gli altrie poi tornare al mio paese e lasciarmi sopraffare dalla miaaria pulsando come un ex moribondo tornato in vita dopoprovvidenziali elettroshock e nascondermi tra i vicoli spersidalla piazza in giù e in montagna poi salire e fissarmi negliocchi le valli distese le pietre ammonticchiate i fiori nonancora rubati. Ed è già mattina già l'ora di partire i bagagli mai cosìleggeri nel tragitto breve fino al serpentone di classe conmorbidi sedili deodorati all'arbremagique le hostess pronte asoddisfare ogni mio desiderio i compagni di ventura dotati diportatile e videotelefono aria condizionata musica infilodiffusione. Addirittura un tavolino su cui poggiare leriviste. Accenti conditi di r mosce e sc sibilanti e ch appenaaccennate. E sono già a Roma già nella città eterna quella cuitutte le strade arrivano e da cui tutte le strade partono etrangugio un penoso caffé dall'aroma aspro persino e miaggiro vagando tra i serpentoni l'occhio buttando distrattoalle tabelle delle partenze scusi saprebbe mica indicarmi ilbinario venticinque che qui in stazione s'arriva a 22 e noncapisco...? chiedendo infine a gentili nocchieri Binario 25? Ahva a Campobasso dunque... La freccia del Molise... Ecco vedelì in fondo... nemmeno aspettare che il gentile nocchierofinisca la frase in smorfia bonaria inoltrato nel lungo corridoiotrainando bagagli mai così leggeri nel lungo tragitto fino altreno molisano solitario e monco serpente incontrando sullavia anime in pena come la mia ansiose di occuparne il ventretrascinandosi a fatica eppur convinte di tornare a casa in unasinfonia già accennata di fonemi duri e scomposti. E vederlo in lontananza il verme solitario la freccia delMolise vero tratto distintivo dell'identità quella molisana chein tutta Termini non ce n'è di altri uguali e basta chiedereinformazioni sul binario venticinque perché tutti da tutto ilmondo capiscano la tua storia le tue origini la tua terra egiungervi – infine – accanto salendo in amorevole lotta conaltri studenti fuorisede e nonnine in viaggio per tornare acasa dopo aver accudito nipotini metropolitani di troppoimpegno per genitori in carriera e altri insignificanti figuriinsospettabili protagonisti di storie romanzesche che solo suun treno puoi trovare eppoi sedermi stremato e felice la testaincastonando tra i due faraglioni che sporgono dalloschienale, intorpidito dall'acre puzzo di treno. Fumo disigaretta e piscio e fritto di McDonald's.

Eppoi assopirmi fino a Cassino aspettando che gli ultimiresidui altri abbandonino il ventre del verme solitario e –finalmente – sentirmi miracolosamente già a casa in unasinfonia di fonemi duri e scomposti ormai in liberadeflagrazione e senza più controllo e dalle sacche di teladelle nonnine e degli altri insignificanti figuri spuntar fuorisenza preavviso alcuno tranci di frittata e peperoni verdifritti e fiaschi di vino o ancora salame e provolone stagionatoin una strasagra ferroviaria che solo chi è Molisano può.

E scomposto negli odori e nei sapori e nei suoni stotornando finalmente mi dico lasciando scivolare lo sguardotra i rovi le pietre i rigagnoli a tratti inanellando, la frontepremuta sul vetro appannato, Venafro e Isernia e Carpinonee Macchiagodena e Bojano e Bosco Redole e Vinchiaturo e,infine, Baranello, nomi lontani e desueti impressi su anonimetabelle dalla grafica incompiuta, eppoi finalmente sbucatofuori dai bui cunicoli a tratti scorgere i bivi le rampe ilcarcere i nuovi alberghi. Le sagome del Castello da una partedi Ferrazzano dall'altra salutarmi malvolentieri indifferenti –quasi - al mio ritorno. Un cielo plumbeo e pesante, ricco diineluttabili prospettive. Riappropriandomi di me stesso. Ditutto quello che credevo di aver perso e che invece è ancoraqui ad aspettarmi: gli spigoli appuntiti delle montagne e iboschi soffocanti di verde acceso e le poche vie brecciate e ipassaggi a livello dimenticati anche dalla ruggine.

E fisso gli sguardi incantati dei miei compagni di venturasporchi e unti ancora di frittata e peperoni verdi fritti e vinoe cacio stagionato e. Tutti pensano quel che io penso. Nesono sicuro. Proprio tutti. E la paurosa vertiginem'abbandona. Torno a respirare.

Massimiliano Ferrante

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Foto: Paolo Cardone

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MOLISE 2.0L'IDEA MOLISANA

TECNO/LOGOS

di Marco Oriunno

Parole come Scienza, Tecnologia e Progresso sonopervasive nell'uso e apparentemente intercambiabili nelsignificato, sinonimi di un processo continuo diaccumulazione lineare del sapere. Un'idea nata con leprime Rivoluzioni Scientifiche del XVI secolo (Copernico eNewton) e che apriorono le porte alla modernità.

Lo storico e filosofo della scienza Thomas Kuhn, nelsuo famoso libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche,conia a questo proposito l'espressione Scienza Normale,riferendosi al lavoro di routine degli scienziati cheseguono un determinato paradigma o modello,accumulando dati a sostegno della teoria dominante,invece di mettere alla prova le assunzioni di base delquadro teorico di riferimento. In realtà, secondo Kuhn,l'evoluzione del pensiero scientifico avviene piuttostoattraverso rotture o Cambi di Paradigma (PaaradigmShifts), resi necessari dalle anomalie inspiegabili dallaScienza Normale. Esempi ne sono il passaggio dalcreazionismo all'evoluzione o la teoria macroeconomicadi Keynes.

Per Tecnologia invece intendiamo abitualmenteconcetti come la scoperta del fuoco, la ruota, la stampa, iltelefono, internet, invenzioni che migliorano il nostrobenessere e ci permettonodi interagire liberamente suscala globale. Ma se la tecnologia è spesso associata altermine "scienza", evidentemente i due concetti non sonointercambiabili, basti pensare che molte tecnologie comela produzione del vetro o dell'acciaio sono nate suprincipi empirici.Comunque il vantaggio della Tecnologia è quello diampliare gli orizzonti delle cose fattibili, il suo limite èquello di includere tra le cose fattibili anche eventicatastrofici e distruttivi. Un aspetto fodamentale dellaTecnologia è che da potere alle periferie e alleminoranze, purché se ne garantisca il libero accesso e lafruizione.

L'idea di Progresso, anche se apparentemente più'distinta nel significato da Scienza e Tecnologia, haconosciuto nel corso della storia definizioni differenti aseconda del predicato: Progresso scientifico, tecnologico,sociale, economico, culturale. Minimi comuni multiplirestano l'eterno dibattito tra vecchio e nuovo (Querelledes Anciens et des Modernes), nata con la primaconsapevolezza di modernità, e l'idea di progresso, natacon la concezione cristiana della storia intesa come unsusseguirsi rettilineo di avvenimenti che accumulandosiprocedono come i punti di una retta verso l'infinito:

«Siamo come nani sulle spalle di giganti,così chepossiamo vedere più cose di loro e più lontane.» Bernardodi Chartres. XII secolo

Idea questa laicizzata dall'illuminismo ma che furibaltata dallo scetticismo influenzato profondamente daimassacri della prima e seconda guerra mondiale causatiin gran parte proprio da quest'idea dell'Inevitibilità dellaStoria Lineare e sempre in movimento. Probabilmente laglobalizzazione e l'avvento di Internet ha rimosso moltodi questo scetticismo, introducendo un rinnovatoottimismo fondato su uno dei più lunghi periodi di pacedella storia, ma ha introdotto problemi nuovi e complessicome l'eccessiva pervasività della tecnologia nella vitaumana oppure concetti come la Privacy, il Digital Labor e

Una veduta aerea dell'acceleratore SLAC in California

la Shared Economy, tutte anomalie non incluse daipre-esistenti Paradigmi Etico Religiosi, Marxisti o Liberistiche quindi devono essere ripensati. E' comunque piùfacile fare dotte descrizioni del passato piuttosto cheinterrogarsi sul futuro che in realtà nessuno puòprevedere esattamente, ma sappiamo di sicuro che saràradicato nel mondo di oggi. Nel suo significato essenziale,il futuro è semplicemente l'insieme di tutti i momenti chedevono ancora accadere e ciò che lo rende importante èil fatto che possa essere un momento in cui il mondoappaia diverso da oggi.

La sfida reale quindi è fare quei cambiamenti radicaliche lo rendano a portata di mano. Senza questicambiamenti il futuro restera' sempre lontano, alla stessadistanza uguale al tempo per cui lo avremo procastinato.Come si possono quindi coniugare al futuro per il Molisedel XXI secolo parole come Scienza TecnologiaProgresso? Tale impresa, apparentemente facile separagonata alla dimensione della regione, è resa arduadalla sua molteplice identità', perché estesa sia nel tempoche nello spazio. Il Tempo di una terra antica che deveguardarsi nello specchio della storia e delle tradizioni,che spesso costituiscono più una zavorra che una risorsa.Lo Spazio contemporaneo in cui deve ascoltare le vociche arrivano dalla diaspora lontana ma che ne rivendicaun'identità allo stesso modo di chi è rimasto.Probabilmente le soluzioni a taglia unica, fatte dicompromessi tra ieri - oggi, lontano - vicino, sono quellameno interessanti e non fanno altro che perpetrarne ilquadro statico. Lo stesso dicasi per le soluzioni normaliche accumulano linearmente le esperienze,stratificandole geologicamente, con il rischio reale diprocedere verso l'estinzione qualora ci si ostinimantenere in vita modelli culturali già morti.

Io credo invece che la soluzione sia in un cambio diparadigma che determini un Progresso intensivo,verticale in cui il futuro sia imminente e il passato menoincombente. Un nuovo paradigma che usi al meglio laTecnologia per dare più potere alle periferie, premiandochi e' capace di reinventarsi in modo sostenibile. UnMolise 2.0, come un approccio ai problemi che ne connotila dimensione sociale della condivisione di benessere,

L'età della pietra non è finita perché vennero a mancare le pietre...

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L'IDEA MOLISANA

TECNO/LOGOSdell'autorialità rispetto alla mera fruizione: che possanoaprire nuovi scenari fondati sulla compresenza nell'utentedella possibilità di fruire e di creare/modificare icontenuti. LaTecnologia che possa modernizzare lagestione del territorio e dell'ambiente creando efficienzanell'amministrazione con piu' servizi ai cittadini, inparticolar modo per coloro alla periferia della periferia.La Tecnologia che migliori l'assistenza sanitaria neimetodi e nella qualità delle prestazioni e che possainterconnettere la domanda locale con l'offerta dei grandicentri europei, aggirando così gli strati intermedi che nonaggiungono valore al processo. La tecnologia chemodernizzi qualitativamente il consumo energetico el'ambiente con energie rinnovabili compatibili con ilterritorio e l'elettrificazione dei trasporti stradali a cortoraggio.

Non la Tecnologia intesa come mera riproduzione dimodelli importati nella provincia ma una terra che abbiala forza di ripensare se stessa ininsieme di applicazioni afferenti al paradigma di unMolise dinamico, in contrapposizione ad un Molise statico,il Molise 1.0, quello della falsa modernità', dei CD-ROM edei siti web di biblioteche e musei improbabili o quelloche confonde Startup e creazione d'impresa, dandol'illusione di un ammodernamento semantico ma cheresta antico nei contenuti: (caseificio=azienda,caseifico+App= Startup). Una trappola semanticaimplicitamente trasversale a tutta la rivoluzione 2.0, chesostituisce termini come "cool", " con espressioni assurdecome Empowering, Radically Democratize, Smash Elitism.Un'ideologia che troppo spesso venera il creativodella domenica che nel tempo libero fa filmati e cantacanzoni.

Il nuovo paradigma del Molise 2.0 richiede inveceimpegno militante che premia i singoli a valle dei risultatiottenuti e non a monte delle semplici espressioniprogrammatiche dei gruppi di interesse ristretti.La limitata estensione geografica e abitativa del Molise èallo stesso tempo una sfida e un opportunità che puo'essere trasformata da svantaggio a risorsa. Tale sarebbel'idea di una regione come un laboratorio unico per losviluppo di tecnologie e modelli di businessd'avanguardia. Un ecosistema economico dove coninvestimenti limitati si testino nuovi pardigmi adattati allospettro della popolazione esistente prima di poterliscalare a realtà più complesse: sanità, trasporti, energia,teleavoro.Ma è doveroso ricordare che trasformare Scienza eTecnologia in Progresso rimane una facoltà inerente agliesseri umani, unica vera risorsa di tale processo. Unaregione quindi che si chiuda con deliberata fierezza in unidea di invariante spazio-temporale rischia di rendersiadiabatica al flusso di idee e di persone, esattamentenell'istante in cui misura l'evoluzione della suapopolazione su scala deflazionistica. Bisognerànecessariamente fare i conti con la capacità diintercettare migrazioni di nuove sensibilità e culture,anche quelle che vengono da lontano, capaci dirinvigorire le radici dell'albero di cui tutti beatamente necontemplano la morte mentre lanciano anatemi allamodernità con la nostalgia di un Molise dell'Arcadia chenon è mai esistito.Tale è lo spirito con cui ho deciso di aderire a questabellissima iniziativa de L'Idea Molisana.

L'Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, ancora oggi simbolo di modernità

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L'IDEA MOLISANA

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ALBUM

FOTO DI

MASSIMO DI NONNO

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diMatteo PatavinoNECESSARIO POSSIBILE

In provincia ci torni a vivere per affetto.Se poi decidi di continuare a starci, hai bisogno di un metodo"a posteriori". Il Molise lo ritrovai diverso - ero io a essercambiato; avevo bisogno di un filo, un segno che mi rivelassel'esistenza del possibile. E tra il rifiuto totale e l'abbraccioincondizionato, il mio punto di partenza fu la ricerca di unaterza ipotesi: sentire me stesso e intendermi con questomicro-cosmo.La via possibile per realizzare qui la mia forma-sostanzaassemblata altrove l'ho iniziata a decifrare osservando icontadini e il loro mondo. Nella seconda metà degli anniNovanta del '900, era un mondo da qualche tempo in via ditrasformazione. Era un mondo che aveva abbandonatol'oralità pura e aveva, di fatto, intrapreso la commistione conl'economia industriale, dimostrando una buona capacità diassimilazione.A me interessava soprattutto altro, i contadini molisani alleprese con le loro creazioni culturali. Li vedevo trasformare eriadattare le forme. Alcuni di essi, al limite dell'analfabetismo,con il canto e con la musica avevano prima sublimato esuccessivamente trovato la spinta per un riscatto sociale.Cominciai a chiedermi se davvero vi fosse una cesura cosìnetta tra necessario e possibile.Poi venne il terremoto.Sulle macerie, capisci che devi ripensare tutto sul piano dellasolidità materiale. Lì ho toccato con mano che la forma è ilsubstrato necessario della vita. Il terremoto ha distruttodisciplina della terra e spirito di adattamento, li hatrasformati in alienazione di ruoli e di responsabilità. Con ibambini, con la maestra e con gli altri, sotto quello squassorimase anche la cultura intesa come obbligatorietà socialedel sapere.Si era frantumato il cavo che alimentava il necessariorapporto tra le differenze e la collettività, tra il necessario e ilpossibile. Erano le forme con le loro proporzioni a non averretto: la forma della scuola, la forma della comunità, la formadel dolore, la forma dell'emergenza.Fu l'impossibile a essere trasformato in necessario.Archimede, Leonardo, Adriano Olivetti, Brian Eno non hannomai inventato nulla; hanno semplicemente ripensato leproporzioni del possibile.John Cage, le valvole, i transistor, i microchip, l'upgrade delsoftware, la banda larga, la forma-canzone? Qual è il nessopossibile necessario con il Molise?Non cerco l'utopia che mi faccia evadere dal presente né miconsola il passato; coltivo un principio speranza.Ogni giorno faccio fare dei giri all'ingranaggio dell'artificio.Il necessario prende corpo quando si ripensa la forma dellarealtà, ridisegnandola, reinterpretandola. La forma deveessere avvicinata alla dimensione del futuro. Non è l'artificioche temo.Mi fa paura l'eventuale assenza della tracciabilità socio-culturale, temo l'artificio quando non so da dove proviene,dove mi porta. In Molise come a New York. Al Molise donerei la capacità di modellare contingenza dellanecessità e progetto della possibilità con gli strumenti dellacontemporaneità. Guardate i riti popolari molisani da piùpunti di vista, troverete il senso della necessità rappresentatocon abile maestria della sublimazione.

L'IDEA MOLISANA

NOTE 12

Pre-testi:Cage, J., Silenzio, Milano, Feltrinelli,1971.Cirese, E., I Canti popolari del Molise con saggi delle colonie albanesi e slave. Vol. I, Nobili, Rieti, 1953.Eno, B., Byrne. D., My Life in the Bush of Ghosts, LP, Sire,1981.L'Arcano Patavino, D'Amore e di Devozione, CD, RaiTrade - PromoMusic -Edel, 2010.http://www.fondazioneadrianolivetti.it

Non c'è retorica in quei fenomeni. La retoricagliel'appiccicano con le narrazioni intorno. La mia idea per ilMolise non cerca l'autocompiacimento, non usa l'antropologiaindotta.Eppure il tentativo di Eugenio Cirese di ricreare una linguacomune poteva andare in questa direzione. Una lezione nondel tutto compresa, ci si è soffermati solo sullo stratosuperficiale dei contenuti narrativi. Invece il senso ampio eprospettico dell'operazione strategica, muovendo dallaquestione storica della frammentarietà della lingua molisana,proponeva di connotare il Molise partendo da un codice diriconoscimento unitario. Resta l'urgenza di comunicare ilMolise attraverso un'identità immediatamente riconoscibile.So che abbiamo dei limiti, chi non ne ha? Ne sonoconsapevole. Le dinamiche sul metodo vanno ponderateverso obiettivi precisi. Quale "sé" vogliamo essere? Per quale"sé" vogliamo essere riconosciuti altrove? Quale narrazionedesideriamo rappresentare nel quadro socio-culturale diquesta nuova geo-economia? Mi sembrano domandepertinenti, in linea con questo mondo del tempo reale edell'iper-comunicazione.Il Molise è una regione in transizione. Deve saper guardareavanti con gli strumenti dell'innovazione e della ricerca.Senza tentennamenti. È vitale una ri-materializzazionedell'identità molisana, accompagnando la fase di transitosenza paura di tradire il passato, senza paura di uscire dalcalco. Il nostro assillo non deve essere la ricerca a tutti costidell'universalità dei contenuti, quelli sono fuori della nostraportata a causa dei nostri numeri esigui. Mi pare una faticainutile, un affanno che neppure possiamo permetterci. Il mioMolise vorrà essere una realtà del Sud che invece direclamare offre qualcosa.

Lo studio Patavino - foto dell'Autore

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A PIEDI NUDINEL PARCO

di Catharina Sottile

Foto di Massimo Di Nonno

Ciò che credevo perso tra le cianfrusagliedell'adolescenza mi ha schiaffeggiato all'improvviso. Unoschiaffo, come dato dalla mano di un adulto irritato a unbambino ribelle. I quarantenni che oggi viaggiano verso lastoria sui mezzi di trasporto dei poveri osservano molto ilmondo. E non lo cambiano più. Salgono e scendono dagliautobus o dalle auto, immaginando aerei e treni veloci. Ementre la testa è tra le nuvole del terzo millennio deludente, ipiedi sono stretti tra sedili di velluto e pelle consumata. Ed inquella stretta l'imprevisto guizzo delle idee trova soluzioni, o,se siamo fortunati, scova nuovi dubbi su cui pianificare unmotivo per vivere. Perché non avere soluzioni è la miglioreragione per esistere. Mentre i finestrini appannati fanno daschermo gigante al mio film quotidiano al prezzo basso di 5euro e quaranta centesimi, riscopro il vento dolce di Marzoche annuncia profumo d'Aprile. Gli alberi che tagliano loschermo, come corressero armati al lato della mia pigrizia, mifanno finalmente ridere. Erano secoli che non mi accadeva diridere del sole, della sua luce che insegue la pace del grano edel mare. Mi ero persa, tra secoli di lumi e lumicini quasispenti, a sprecare il coraggio. Noi, figli dei figli borghesi deifiori abbiamo sprecato il coraggio e ci siamo ingozzati dicertezze che nessun vecchio combattente potrà piùgarantirci. Perché a quest'ora del millennio i vecchidovevamo essere noi e non abbiamo ancora infilato lacamicia pulita e le scarpe giuste. Il mio film mi passa di lato,senza farsi vedere. Ma fa vedere me, riflessa nel vetro, ferma,mentre tutto attorno si muove: l'autobus, internet, la musica,le nuvole, la luce, gli alberi, il torrente affaticato, la lineabianca che separa la strada da chi viene e chi no, chi va e chitorna.

Chi è fermo a bordo della strada e chiede di salire pernon andare da nessuna parte, ma almeno insieme agli altri.Sono io quella che procede nella direzione sbagliata,ostinata a non essere contraria. Essere fermi è la piùsbagliata delle direzioni, la più dolorosa, quella che consumascarpe e neuroni e non consente riposo. Il ragazzo in bludavanti a me guida tranquillo. Lui sa la direzione, sa cosafare, sa farlo bene; è un ragazzo di cinquant'anni e forseanche cinque figli. Ma non li ha fatti venire al mondo comela contadina di De Gregori, curva sul tramonto e che sembrauna bambina. Lui li ha allevati per farli sentire amati e forseli ha fatti studiare e viaggiare e vestire bene. Ma non saràpremiato. Perché nel terzo millennio della mediocrità ciòche sai fare è pericoloso. Devi fare poco e male, devidanneggiare ciò che è fatto bene. Le navi devono affondare,gli aerei cadere, i ponti crollare, le strade devono franare.Ecco perché siamo fermi, come animali impauriti: nonmuoversi, per sopravvivere. Il millennio crudeledell'economia del dramma e dell'emergenza producedenaro dall'errore e dal dolo. L'autobus attracca su unmarciapiede che ambisce ad essere città moderna. Devoandare, devo decidermi ad uscire dal mondo e camminare apiedi. Sento il peso delle scarpe e l'affanno della libertà. Edimparo a respirare mentre il ragazzo in blu telefona aqualcuno. Forse ad uno dei suoi cinque figli che non sa diavere, perché esistono solo nel mio film: "No, papà labicicletta te la aggiusta quando torna; ti devo montare ilfreno nuovo. Senza freni ti fai male". No, ragazzo in blu, si famale da fermo, lo lasci frenare coi piedi e senza paura

L'IDEA MOLISANA

FUMO BLU

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Foto: Massimo Di Nonno

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