l’inarrestabile fortuna del focus group in italia · ... da maddalena colombo, “il gruppo come...

15
Premessa In una futura “sociologia della valu- tazione”, branca della già consolidata sociologia della scienza, un capitolo a se stante come caso esemplificativo delle stranezze dello sviluppo del pen- siero scientifico sarà dedicato al focus group e alle sue fortune italiane. La bizzarria dell’improvvisa affer- mazione di questa tecnica è visibile chiaramente osservando come, a parti- re dalla pubblicazione del volume di Sabrina Corrao nel 2000, i testi su que- sta tecnica si siano moltiplicati e – parallelamente – i lavori valutativi (per restare nel settore che interessa i lettori di questa rivista) fondati principalmen- te su focus group sono aumentati in maniera vistosa. Ciò non è accaduto per altre tecni- che appartenenti alla famiglia di quelle basate su gruppi, e quindi “cugine” del focus group; per citare le più note: il brainstorming (coevo del focus) sem- bra essere sostanzialmente un interesse mio e pochi altri, e salvo cose minori in Italia è apparso un solo testo (Bezzi e Baldini, 2006); N.G.T. e Delphi (entrambi di una quindicina di anni successivi) sono trattati – sporadica- mente – rispettivamente da Bertin e colleghi (p.es. Bertin 1994) e da Ziglio (1996, unica sua pubblicazione in Italiano per quanto io sappia). Non può essere quindi un fatto di “età”, o di “tipo” di tecniche, ma non è neppure una questione di uso, visto che tutte e quattro sono tecniche utilizzate in campi professionali (non solo valu- tazione), con l’unica differenza – che non può in sé essere causa dell’anoma- lia – che il focus, effettivamente, è l’u- nico inventato da ragguardevoli socio- logi accademici, per poi essere da loro rapidamente abbandonato per entrare nel mondo della ricerca operativa, del marketing e della valutazione 1 . L’apparizione quasi contemporanea di due nuovi titoli 2 ci deve spingere LETTURE VALUTATIVE L’inarrestabile fortuna del focus group in Italia Rassegna italiana di valutazione, a. XIII, n. 43/44, 2009 1. Come documenta bene Corrao, 2000, 33-35, il focus è stato rapidamente abbandonato dal mondo accademico originario e ha resistito per diversi decenni solo nei mondi della ricerca di mercato e affini; per questo Corrao – nei suoi testi che stiamo per vedere – parla di ri-scoperta del focus nell’ambito della ricerca scientifica-sociale. 2. Ivana Acocella, Il focus group: teoria e tecnica, FrancoAngeli, Milano 2008, e Silvia Cataldi, Come si analizzano i focus group, FrancoAngeli, Milano 2009. Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

Upload: dinhcong

Post on 16-Feb-2019

216 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Premessa

In una futura “sociologia della valu-tazione”, branca della già consolidatasociologia della scienza, un capitolo ase stante come caso esemplificativodelle stranezze dello sviluppo del pen-siero scientifico sarà dedicato al focusgroup e alle sue fortune italiane.

La bizzarria dell’improvvisa affer-mazione di questa tecnica è visibilechiaramente osservando come, a parti-re dalla pubblicazione del volume diSabrina Corrao nel 2000, i testi su que-sta tecnica si siano moltiplicati e –parallelamente – i lavori valutativi (perrestare nel settore che interessa i lettoridi questa rivista) fondati principalmen-te su focus group sono aumentati inmaniera vistosa.

Ciò non è accaduto per altre tecni-che appartenenti alla famiglia di quellebasate su gruppi, e quindi “cugine” delfocus group; per citare le più note: ilbrainstorming (coevo del focus) sem-

bra essere sostanzialmente un interessemio e pochi altri, e salvo cose minori inItalia è apparso un solo testo (Bezzi eBaldini, 2006); N.G.T. e Delphi(entrambi di una quindicina di annisuccessivi) sono trattati – sporadica-mente – rispettivamente da Bertin ecolleghi (p.es. Bertin 1994) e da Ziglio(1996, unica sua pubblicazione inItaliano per quanto io sappia).

Non può essere quindi un fatto di“età”, o di “tipo” di tecniche, ma non èneppure una questione di uso, visto chetutte e quattro sono tecniche utilizzatein campi professionali (non solo valu-tazione), con l’unica differenza – chenon può in sé essere causa dell’anoma-lia – che il focus, effettivamente, è l’u-nico inventato da ragguardevoli socio-logi accademici, per poi essere da lororapidamente abbandonato per entrarenel mondo della ricerca operativa, delmarketing e della valutazione1.

L’apparizione quasi contemporaneadi due nuovi titoli2 ci deve spingere

LETTURE VALUTATIVE

L’inarrestabile fortuna del focus group in Italia

Rassegna italiana di valutazione, a. XIII, n. 43/44, 2009

1. Come documenta bene Corrao, 2000, 33-35, il focus è stato rapidamente abbandonato dalmondo accademico originario e ha resistito per diversi decenni solo nei mondi della ricerca dimercato e affini; per questo Corrao – nei suoi testi che stiamo per vedere – parla di ri-scopertadel focus nell’ambito della ricerca scientifica-sociale.

2. Ivana Acocella, Il focus group: teoria e tecnica, FrancoAngeli, Milano 2008, e SilviaCataldi, Come si analizzano i focus group, FrancoAngeli, Milano 2009.

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

verso una riflessione su questa tecnica,sul suo uso, le potenzialità (ma anche ilimiti), sia per capire questo fenomenoeditoriale sia per incominciare a trac-ciarne una mappa per il lettore.

Questa rassegna si soffermerà su treprincipali questioni: i) cosa è statoscritto; in questo paragrafo (il prossi-mo) proporrò una carrellata dei princi-pali testi disponibili in italiano presen-tandoli brevemente al lettore (concen-trandomi particolarmente sugli ultimiusciti); ii) come è stato trattato l’argo-mento; vale a dire: la lettura comparatadi questi testi consente di delineare unprofilo del focus group? Ci sono testiraccomandabili per specifici scopi, otipo di lettori? iii) cosa impariamo, allafin fine, da questa piccola e crescentebiblioteca sui focus? Cos’altro pensia-mo che ci sia bisogno di sviluppare e sucosa sarebbe meglio mettere un puntodefinitivo?

1. Una rassegna della letteraturain italiano sui focus group

1.1. I titoli precedenti

Sono piuttosto contento di ricordareche uno dei primi testi italiani sul focusgroup (a mia conoscenza) è stato pub-blicato nella Rassegna Italiana diValutazione, numero 1, del 1996, daLivia Bovina3. Anche se all’epoca laRIV era semi sconosciuta l’articolo èabbastanza noto e citato dagli autorisuccessivi.

Bovina, nel suo testo, delinea cor-rettamente la storia del focus, il venta-glio dei possibili usi (e delle situazioniove il focus non è adatto) e le procedu-re per la sua realizzazione; il tutto inmodo sintetico e sommario quale siaddice a quella che voleva essere unaprima introduzione a questa tecnica,con i giusti riferimenti bibliograficiminimi. Oggi in effetti l’articolo diBovina ha solo un valore storiografico– alla luce della quantità di testi uscitisuccessivamente – ma certamente sitrattava di un’introduzione corretta.

Dopo alcuni anni di assoluto silen-zio esplose il volume di SabrinaCorrao. “Esplose”, perché le fortune diquesto libro sono state molteplici edurano tuttora, e non posso che ulte-riormente rammaricarmi per la prema-tura scomparsa di questa giovane e pro-mettente ricercatrice che avviò il suc-cesso dei focus in Italia.

Il libro (Il focus group,FrancoAngeli, Milano 2000) fu prece-duto da un articolo della stessa autricel’anno prima (“Il focus group: una tec-nica di rilevazione da ri-scoprire”,Sociologia e Ricerca Sociale, a. XX, n.60, 1999); non mi occuperò dell’artico-lo, chiaramente un’anticipazione delpiù importante libro dell’anno succes-sivo, sul quale occorre invece dilungar-si un po’.

Corrao scrive bene e il suo libro silegge con facilità. Sorvolo sui capitoliiniziali, dove Corrao traccia una storiadella tecnica e approfondisce questioni

202 LETTURE VALUTATIVE

3. Livia Bovina, “I focus group. Storia, applicabilità, tecnica”, in Rassegna Italiana diValutazione, a. I, n. 1, 1996, www.valutazioneitaliana.it; il testo è stato pubblicato anche inClaudio Bezzi (a cura di), Valutazione 1998, Giada ed., Perugia, pp. 37-45. Il testo di Bovina erastato preceduto, l’anno prima, da Maddalena Colombo, “Il gruppo come strumento di ricercasociale, dalla comunità al focus group”, Studi di Sociologia, a. XXXV, n. 2, aprile-giugno 1997,pp. 205-218.

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

– diciamo così – definitorie, per collo-care compiutamente il focus nella giu-sta casella che le pertiene nel super-market delle tecniche (non dimenti-chiamo che questo – a parte Colombo eBovina – è il primo ampio e completotesto italiano sul focus, e l’Autrice devespiegare bene di cosa si tratti, specie inpresenza, come lei stessa ricorda, dellapreesistenza del termine ‘focus group’utilizzato in maniera equivoca o addi-rittura scorretta). Annotiamoci la defi-nizione di Corrao, perché la troveremoutile più avanti; dice l’Autrice:

propongo di definire il focus group comeuna tecnica di rilevazione per la ricercasociale, basata sulla discussione tra un pic-colo gruppo di persone, alla presenza diuno o più moderatori, focalizzato su unargomento che si vuole indagare in profon-dità (Corrao, 2000, 25, corsivo nel testo).

A partire dal terzo capitolo Corraoentra nel vivo proponendo subito ildubbio se il focus sia una tecnica ancil-lare, capace solo di supportare determi-nati momenti della ricerca sociale inappoggio ad altre tecniche e a ulteriorisuccessivi approfondimenti, o se siacapace di contribuire autonomamenteallo sviluppo di una ricerca con risulta-ti in sé compiuti e sufficienti. La que-stione – cruciale, che riproporrò ancorain questa rassegna – non viene risolta inmaniera chiarissima da Corrao, chesembra favorevole all’idea di una pos-sibile autonomia del focus (p. 43) in uncontesto in cui parrebbe invece sottoli-neare la sua utilità in particolari fasidella ricerca, preliminari o conclusive(pp. 41-42) o in contesti di metodi misti(pp. 44-45).

Ma come si fa un focus group?Corrao spende molte pagine (pp. 45-74) per trattare punto per punto la que-

stione: come devono essere composti igruppi, se la conduzione debba esserepiù o meno strutturata, quale ruolodebba avere il moderatore e se sianecessario un campionamento. Comenoto a chi utilizza questa tecnica, nonci sono naturalmente regole rigidamen-te predefinite e Corrao, pur accennandoa un modello “standard”, avverteimmediatamente il lettore della quan-tità di differenze riscontrabili, riassunteanche in un’illuminante tabella a pag.46 dalla quale si evince che il focus puòessere composto da individui estraneil’un l’altro ovvero reciprocamente noti;socialmente e culturalmente omogeneioppure no; numerosi o pochi; autoge-stiti, semistrutturati o strutturati; conmoderatore marginale o fortementepresente; e così via. Questa amplissima(troppo ampia?) eterogeneità chiariscela definizione precedentemente riporta-ta: il focus si riduce, a quanto sembra,a un gruppo di persone di qualunquegenere che discute in qualunque formaper soddisfare un generico quesitocognitivo del ricercatore. Anche se riaf-fermo la stima verso l’Autrice e l’ap-prezzamento verso il suo testo (a mioavviso comunque il migliore di questaprima carrellata), questa parte è indub-biamente la più debole. Non basta dire“il tale Autore afferma che sono meglioi gruppi fatti così mentre il tal altroAutore dice che sono meglio fatti cosà”e via per decine di pagine, perché il let-tore si disorienta; inoltre a Corraomanca un sufficiente riferimento allaletteratura non sociologica, non specifi-ca dei Maestri americani sul focus (isoliti Morgan, Krueger, Steward eShamdasani e compagnia), e non siinoltra per i sentieri della psicologiasociale e cognitivista che sui gruppi,loro dinamiche, fattori di successo e

LETTURE VALUTATIVE 203

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

insuccesso, hanno invero scritto moltis-simo. Abbastanza chiaro e diligente ilparagrafo sull’analisi delle informazio-ni emerse, anche se non molto operati-vo (un punto cruciale sul quale è dedi-cato uno dei due testi della prossimasezione di questa rassegna).

Nella parte finale del volumeCorrao si sofferma sugli elementi diforza e debolezza del focus group, col-legandosi a tutti quegli autori – la mag-gioranza – secondo i quali il grupposarebbe di per sé motore di pareri piùinteressanti e coinvolgenti, e quindi piùprofondi e utili per la ricerca, a frontesemmai di problemi residuali ed emi-nentemente organizzativi; la questionedelle possibili dinamiche negativeentro il gruppo è accennatadall’Autrice come problema che appar-tiene sostanzialmente al moderatore,che deve essere capace di contrastaretali dinamiche.

Nel complesso il volume di Corraoresta ancora un ottimo testo, tratta suf-ficientemente tutti i principali elementiteorici e pratici della tecnica, è indub-biamente ancora molto utile per chivoglia avvicinarvisi ma trascura alcunielementi importanti legati alla naturadel gruppo in quanto tale, limiti edistorsioni causati dall’interazione ingruppo (che non è, sempre e necessa-riamente, una cosa buona) e quindilimiti nell’applicazione a diversi conte-sti di ricerca.

Diciamo che a partire daquell’Autrice ogni anno c’è stata una

proposta editoriale, piccola o grande, ditesti sul focus; volumi, articoli su rivi-ste, oltre a vari riferimenti in ulteriorimanuali metodologici di cui non è ilcaso di dare menzione, e alcune espe-rienze specifiche anche interessanti,che tralascerò per ragioni di spazio.Qui ci occuperemo solo dei volumi e dialcuni articoli sulla RIV:

• Luisa Stagi, “Il focus group cometecnica di valutazione. Pregi, difettie potenzialità”, Rassegna Italianadi Valutazione, a. V, n. 20, ottobre-dicembre 2000, pp. 61-82 (noninganni l’anno di edizione dellarivista, uscita in realtà nel 2001dopo il testo di Corrao, ben cono-sciuto da Stagi)4;

• Luisa Stagi, “Strutturazione edemocraticità”, Rassegna Italianadi Valutazione, a. VI, n. 24, ottobre-dicembre 2001, pp. 67-88;

• Michael Bloor, Jane Frankland,Michelle Thomas e Kate Robson, Ifocus group nella ricerca sociale,Erikson, Trento 2002 (edizione ori-ginale 2001);

• Vanda Lucia Zammuner, I focusgroup, Il Mulino, Bologna 2003;

• Cinzia Albanesi, I focus group,Carocci, Roma 2004;

• Enzo Campelli e Chiara Brunelli (acura di), “Una tecnica da ritrovare: ifocus group”, Sociologia e RicercaSociale, a. XXIII, nn. 76/77, 2005.

Il libro di Bloor e socie resta per meuno dei migliori, se non altro per la

204 LETTURE VALUTATIVE

4. Vorrei menzionare anche Luisa Stagi, “La relazione collettiva: i focus group e le tecnichedi gruppo”, in Mauro Palumbo ed Elisabetta Garbarino, Strumenti e strategie della ricercasociale. Dall’interrogazione alla relazione, FrancoAngeli, Milano 2005 (seguito l’anno succes-sivo da un’edizione ridotta del volume con una parziale riscrittura dei testi: Luisa Stagi, Idem,in Mauro Palumbo ed Elisabetta Garbarino, Ricerca sociale: metodo e tecniche, FrancoAngeli,Milano 2006, pp. 121-192). In questi volumi la Stagi ripropone sostanzialmente quanto già scrit-to sulla RIV.

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

chiara esplicitazione dei limiti delfocus group e il suo utilizzo limitato adalcuni contesti e in sinergia con altretecniche, una questione fondamentaleche riprenderò ancora, e per il rifiuto adampliare la portata del focus – per ilsolo fatto che concerne un gruppo ininterazione – verso la validazione deisuoi risultati “in nome del ‘pubblico’”(p. 29). Per il resto il volume proponele varie tappe della procedura, dalreclutamento alla conduzione all’anali-si dei risultati: quest’ultima parte è par-ticolarmente interessante e migliore diquella di altri testi perché gli Autori sisoffermano fra l’altro sulle modalità ditrascrizione di carattere etnografico,l’indicizzazione, e altri “trucchi” rara-mente menzionati altrove. Com’è tipi-co della saggistica anglosassone gliautori evitano di appesantire il testocon eccessivi riferimenti bibliografici edigressioni e propongono una scritturamolto fluida.

Anche il libro di Zammuner riper-corre tutte le fasi del focus, ma con unaprolissità che mi pare eccessiva: scrive-re quasi 300 pagine per raccontare ilfocus group deve essere stato davveroimpegnativo, e da lettore devo dire chela lettura non è facilitata, anche perchélo stile è marcatamente cattedratico,molto ricco di citazioni quanto pocoorientato all’operatività. Ogni tantonelle pieghe del testo si finiscono perritrovare alcune ingenuità, quando nonveri e propri errori concettuali, e la let-teratura di marca sociologica (cheall’epoca di uscita del volume iniziavaa essere comunque significativa) ècompletamente ignorata: posso capireche Zammuner non conosca il testo diBovina e quelli di Stagi, apparsi su unarivista (la RIV) indubbiamente lontanadai suoi interessi, ma non segnalare

Bloor e – specialmente – Corrao, mipare lacuna grave.

Il libretto di Albanesi compare nellacollana “Le Bussole” di Carocci che,com’è noto, presenta brevi introduzionidestinate a un largo pubblico. Comeintroduzione è indubbiamente diligentee nelle sue poco più di cento pagine dàun’idea corretta di cosa sia un focus;anche se in alcune parti è eccessiva-mente veloce (per esempio quella del-l’analisi delle informazioni), pureAlbanesi riesce a dare abbastanza indi-cazioni anche pratiche, e inserisce per-fino un breve paragrafo sul softwaredisponibile. Insomma: come introdu-zione funziona egregiamente e per certiaspetti appare quasi più utile di certivolumi apparentemente più quotati.Peccato alcune imprecisioni lessicali(metodologia per metodo, dati perinformazioni, etc.).

Qualche parola anche sul numero diSociologia e Ricerca Sociale curato nel2005 da Campelli e Brunelli su “Unatecnica da ritrovare: i focus group” (untitolo che riecheggia quello di Corraodel 1999 su quella stessa rivista). Ilvolumone (330 pagine di fitta scrittura)rappresenta a mio avviso una occasionemancata, malgrado l’indubbia qualitàdi diversi singoli contributi, perché nonha alcuna sistematicità né organicitàcritica, presentandosi come assemblag-gio piuttosto casuale.

In effetti Enzo Campelli, nellabreve Premessa, sembra particolarmen-te sensibile ai limiti del focus, ma giàChiara Brunelli, nell’Introduzione,appare più cauta. Comunque, a parte iltesto di Bezzi, tutti gli altri di questocorposo fascicolo presentano aspettispecifici del focus senza particolariaccenti critici o comparazioni con altretecniche. Il fascicolo non è un manuale

LETTURE VALUTATIVE 205

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

e il lettore deve avere già una compe-tenza minima di base, ma indubbia-mente completa e approfondisce ancheelementi non sempre trattati nella lette-ratura già noti. Nello specifico:

Luisa Stagi parla del ruolo delmoderatore (termine che preferisce a‘conduttore’ o altri simili).

Michela Cortini discute il numeroideale di partecipanti a un focus.

Mardie Townsend e Mary Mahoneyillustrano il focus group ‘sequenziale’,vale a dire una serie di almeno tre focussullo stesso tema, con lo stesso gruppoe moderatore, al fine di consentire unamaggiore familiarità fra i partecipanti,un pensiero più approfondito e via viapiù significativo e quindi un focus piùefficace.

Alberto Trobia segnala la proficuaconiugazione dell’analisi delle retiapplicata ai focus, anche se il risultatoriguarda solo il numero delle interazio-ni occorse, e non la qualità dei conte-nuti veicolati.

Di queste ultime si occupaGiampietro Gobo; dopo avere ricordatoi principali metodi per l’analisi delleopinioni espresse (analisi del contenuto– essenzialmente quantitativa; analisitematica – qualitativa; analisi dellaconversazione – di impronta goffma-niana), l’Autore segnala un’analisisemiotica; il testo riassume brevementei principali principi dell’analisi semio-tica, ne segnala opportunamente i limi-ti (l’approccio è sofisticato sul versantedella ‘scoperta’, poco su quella della‘giustificazione’) e illustra poi un casoconcreto.

Francesca della Ratta-Rinaldi pro-pone invece una più tradizionale anali-si dei contenuti dei risultati del focus.

Seguono alcuni testi di una sezionedel fascicolo in cui si presentano casi di

integrazione del focus con altre tecni-che (generalmente questionari): LillaVicsek, Alessandra Decataldo, CinziaAlbanesi e altri, Linda Jones, propon-gono quattro differenti casi in cui ifocus group hanno aiutato a chiarireipotesi e approfondire temi in contestimulti-tecniche; questi ultimi sonocomunque meglio discussi da SilviaCataldi, che si sofferma brevemente ariflettere sulla cosiddetta triangolazio-ne. Conclude questa sezione il già men-zionato saggio critico di Bezzi.

Seguono varie illustrazioni di casiapplicativi particolari: Sabina Rapari(uso dei focus con bambini); ChiaraBrunelli (con anziani); NoemiEhrenfeld Lenkiewicz (adolescentiincinta); Marco Tavanti (il diverso con-testo culturale del Chiapas); ElizabethB. Silva e David Wright (in una ricercasull’esclusione sociale); RichardHolliman (comprensione di informa-zioni scientifiche); Maria LuciaGiovannini e altri (valutazione di pro-getti formativi); Giuseppe Moro e altri(valutazione dell’affido familiare);Giovanna Leone e Graziana Curigliano(il senso della storia personale). Questicasi hanno un interesse e una soliditàmetodologica assai variabile.

In generale il fascicolo costituisceun utile complemento alla manualisticacorrente, con molti spunti, riflessionied esempi, anche se non centra l’obiet-tivo presentato nei saggi introduttividei curatori di presentare bilanci critici.In alcuni casi, anzi, una certa acriticapovertà metodologica di esempi ripor-tati, l’evidente ruolo ancillare del focusrispetto ad altre tecniche e una certavaghezza dei risultati, se letti conocchio critico, maldispongono verso ilfocus group oltre le intenzioni degliAutori dei diversi saggi inclusi.

206 LETTURE VALUTATIVE

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

A essere sinceri insomma, dopo illibro di Corrao, ed escludendo Bloor(che – non scordiamolo – è una tradu-zione), sono state pubblicate molte cose,indubbiamente anche di un certo inte-resse, ma non fondamentali, non ingrado di sostituire il precedente volume.

Ma oggi sono comparse due novitàinteressanti.

1.2. Le novità editoriali (in ordinecronologico)

Il libro di Ivana Acocella, I focusgroup: teoria e tecnica, FrancoAngeli,Milano 2008, esce nella prestigiosacollana “Metodologia delle scienzeumane” diretta da Alberto Marradi, cheprevede di affiancare agli autori alcuniautorevoli metodologi in qualità dimallevadori e tutor (in questo caso lostesso Marradi, Rita Bichi e PaoloMontesperelli). I volumi di questa col-lana dovrebbero proporsi come pilastridurevoli di un’ipotetica enciclopediametodologica di alto livello, e appro-darvi è indubbiamente un punto di arri-vo ragguardevole.

Il testo di Acocella non tradisce leaspettative della collana e si pone auto-revolmente come nuovo testo di riferi-mento su questo tema.

È superfluo ripercorrere l’interovolume che – come i precedenti – toccatutti i punti fondamentali per capire erealizzare un focus group: natura ecomposizione del gruppo, reclutamen-to dei membri, tipo di conduzione, ana-lisi dei risultati e così via. Basti direche ciascuno di questi è trattato ediscusso ampiamente e con completez-za, con le caratteristiche salienti e posi-tive (e poche leggermente più critiche)che sintetizzo per punti:

• rispetto ad alcuni dei testi già vistiprecedentemente l’Autrice è avver-tita delle potenzialità e dei limiti delfocus group; l’interazione fra indivi-dui è positiva, utile e auspicabile –sottolinea l’Autrice – in determinaticasi ma meno in altri, e alcune noteproblematiche negative dei gruppisono trattate con sufficiente spazio,anche se non con la profonditàriscontrabile in testi specialisticiredatti da psicologi sociali (ma laloro chiara indicazione, e i numero-si riferimenti bibliografici, sono daritenere completi e sufficienti);l’Autrice evita sia l’enfasi acritica su“gruppo è bello”, sia le derive impli-canti la partecipazione sociale, lademocraticità fino all’empowermentche Acocella, mantenendo la barrasulla stella polare metodologica,ritiene implicitamente – a mio avvi-so giustamente – non pertinenti;

• il testo è rigorosissimo sul pianolessicale e concettuale, senza usiapprossimativi di termini tecnicisempre accuratamente spiegati; perun testo in questa collana, natural-mente, non ci si poteva aspettare dimeno, ma se anche altri autori sidedicassero con maggiore impegnoa tale rigore ne guadagneremmotutti;

• il rilevamento dell’informazione ètrattato molto bene; ho trovatomolto utile il suo cap. 3 dedicatoalla figura dell’osservatore, capitoloche finisce col discutere il tema del-l’adeguata registrazione delle infor-mazioni, anche non verbali, ai finidella successiva analisi; mancainvece un’adeguata discussione sucome si organizza il materiale (ver-bale e non verbale) ai fini di unasintesi, salvo rinviare correttamente

LETTURE VALUTATIVE 207

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

alle diverse finalità cognitive che divolta in volta il focus assume;

• manca una discussione sull’usodelle tecnologie a supporto delfocus group; anche se a me nonentusiasmano particolarmente comesoluzioni, l’uso del telefono e diInternet (già citati nel volume diCorrao) sono sostanzialmente igno-rati da Acocella; parimenti non siaccenna a software che abbondanoe che potevano essere trattati, sem-mai criticamente;

• ottima l’esposizione a due livelli: incorpo più piccolo sono frequente-mente riportati casi di studio chepermettono dei riferimenti imme-diati alle varie fasi del focus trattateda Acocella; ciò consente una lettu-ra in linea, ovvero una prima letturadel corpo principale dell’esposizio-ne con successivi approfondimentisu casi empirici.

Il volume di Silvia Cataldi invece(Come si analizzano i focus group,FrancoAngeli, Milano 2009) comparein una nuova collana intitolata“Strumenti per le scienze umane” cheintende proporre manuali operativi;diretta da Giovanni Di Franco la colla-na si avvale di un comitato editorialedove ritroviamo, fra gli altri, AlbertoMarradi.

Come appare evidente dal titolo, ilvolume intende colmare un vuoto suuno degli elementi più critici del focusgroup:

ci si può legittimamente domandare perchéla letteratura specialistica abbia troppospesso sottovalutato la questione relativaall’analisi delle informazioni raccolte e deltipo di asserzioni che possono derivarne.[…] solo una minima parte del dibattitometodologico sviluppato sulla tecnica dei

focus group è stata riservata ad una rifles-sione sistematica sull’analisi dei dati.Piuttosto, l’attenzione degli scienziatisociali si è soffermata sulle modalità di rac-colta delle informazioni e sullo studio dellediverse opzioni di composizione, conduzio-ne e moderazione del gruppo (Cataldi,2009, 9-10).

Devo dire subito che il testo rag-giunge i suoi obiettivi, pur senza sot-trarsi a una spiegazione generale suifocus, in modo da rendere questo volu-me autonomo e non un’appendice spe-cifica di altri testi.

Certo Cataldi non approfondisce,come Acocella, le complesse questionidefinitorie, storiche ed epistemologichedi questa tecnica ma, in considerazionedella collana operativa in cui esce,consente comunque di farsi un’ideagenerale delle principali problematicheper poi sviluppare in maniera conside-revole l’elemento principale, l’analisi.

In analogia a quanto fatto per il pre-cedente testo sintetizzo per punti:

• ben scritto e rigoroso, presenta unascrittura meno cattedratica, conminor ricorso ai continui riferimentiad altri autori che – se sono apprez-zabili e richiesti in ambiente accade-mico – possono finire col disturbareil lettore più operativo; ancheCataldi usa l’espediente dei duecorpi di scrittura come Acocella;

• paragrafi a conclusione di ognicapitolo con apprezzabili mini-bibliografie commentate;

• riferimenti ai risvolti psico-socialidei gruppi, spesso trascurati altrove,con adeguati suggerimenti permeglio affrontarli; alcuni riferimen-ti puntuali – anche questi raramenteletti altrove – sui comportamentinon verbali che dovrebbe assumere

208 LETTURE VALUTATIVE

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

il conduttore; riferimenti ai princi-pali software per l’analisi, per laverità non trattati al punto da con-sentire al lettore di fare delle sceltein merito;

• ampia, articolata, puntuale e com-pleta rassegna delle procedure dianalisi dei risultati del focus groupsotto svariati profili e relativi adiversi utilizzi, sempre corredati daesempi e schemi (e forse qualcunodi più non avrebbe disturbato);

• mancano riferimenti al focus telefo-nico o via Internet (ribadisco che iopersonalmente non ne sento partico-larmente la mancanza, ma perragioni di completezza qualcosa sipoteva dire, proprio in ragione delleimplicazioni per la registrazione eanalisi).

Per concludere la mia impressione èche questi due volumi, assieme, com-pletano e aggiornano la pubblicisticaattuale in maniera molto buona: sonocompleti, sono maggiormente critici,tengono conto di uno spettro maggioredi discipline implicate nella compren-sione del focus (non solo sociologia, nésolo psicologia, ma entrambe questecon aperture anche all’antropologia ealla linguistica). Mi verrebbe da ribadi-re “assieme”. Indubbiamente i due testisono stati pensati in collane diverse eper pubblici differenti, ma il risultato èche onestamente non saprei consigliareverso l’uno o l’altro; leggete primaAcocella perché così comprenderemeglio cosa sono i focus group, ma poiaffrettatevi a leggere Cataldi per capiremeglio cosa farne (dal punto di vistadel trattamento).

Il mio entusiasmo, comunque, non èprivo di riflessioni leggermente criti-che, che riservo ai prossimi paragrafi.

2. Quale profilo di focus groupemerge dalla letteratura

Cosa emerge da questi testi? Conuna sintesi che il lettore mi dovrà per-donare segnalo:

• un fondamentale ottimismo rispettoai gruppi in quanto tali (un po’ tuttigli autori, sia pure con sfumaturediverse);

• le informazioni tratte da gruppi ininterazione (come il focus group)sono attendibili (Stagi 2000 e2005);

• l’idea che i gruppi riproducano inmaniera più o meno “naturale” lesituazioni e le interazioni fra indivi-dui, consentendo di avvicinarsi piùa informazioni valide, specie incontesti decisionali/valutativi(Stagi, 2000, 64; Stagi, 2001, 69;Stagi in Campelli e Brunelli, 2005,18-19; Zammuner, 2003, 63;Albanesi, 2004, 8; più dubbioseAcocella, 2008, 152; 185 e passim eCataldi, 2009, 9);

• i focus group sono particolarmenteutili in casi di soggetti deboli, suargomenti intrusivi, in contesti diffi-cili (Albanesi, 2004, 19; Brunelli inCampelli e Brunelli, 2005, 11-12;Zammuner, 2003, 65;);

• producono più dati di ottima qualitàrispetto ad altri metodi (Zammuner,2003, 64)

• una equivalenza – operata in parti-colare da certi autori – fra co-pro-duzione dell’informazione in senoal gruppo e democraticità dei pro-cessi messi in campo (Stagi, 2001,70 e sgg.; Albanesi, 2004, 46-47;contro Bloor e altri, 2002, 136 esgg.);

• sono utili di per sé e non solo informa ancillare assieme ad altre tec-

LETTURE VALUTATIVE 209

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

niche o in fasi esplorative (Stagi,2001; Acocella, 2008, 41-42;Cataldi, 2009, 62; in senso contra-rio, con sfumature diverse,Albanesi, 2004, 28 e sgg.5; Bezzi inCampelli e Brunelli, 2005, 191;Bloor e altri, 2002, 19-20 e passim;Zammuner, 2003, 9 e 46-49).

Potremmo non essere d’accordocon alcune di queste affermazioni, manon è materia per questa rassegna.

Cosa capiamo fin qui? Che ci sonomolti ottimisti e qualche pessimista cheguasta la festa. Per i più il focus è vali-do, è attendibile, utilissimo nei casi diricerca più spinosi e sviluppa la demo-crazia. Pochi, e a volte solo in notemarginali, ammettono che il focus èancillare di altre tecniche e limitatonell’uso. Il profilo “standard” del focusaccennato da Corrao esiste come con-senso ampio sull’utilità che trae originesostanzialmente dalla natura del grup-po in sé, ma entro una nuvola divaghezza senza soluzione; ricordate laprecedente definizione del focus datada Corrao? Comparatela con la seguen-te di Zammuner (p. 13):

Il focus group è un metodo di ricerca che sibasa su una discussione di gruppo, condot-ta da un moderatore o “facilitatore”, che èfocalizzata su un dato argomento allo scopodi raccogliere informazioni utili agli obiet-tivi di ricerca.

Sembra la fotocopia della preceden-te e come quella aiuta poco a trovareuna connotazione chiara a questa tecni-ca; è un po’ come dire che il questiona-rio è una tecnica per raccogliere infor-mazione utili per la ricerca tramite laripetizione di domande a molte perso-ne, e che la costi benefici è una tecnicaper raccogliere informazioni utili per laricerca tramite la comparazione deicosti coi benefici; non andiamo moltoavanti.

Per fortuna qualche rara avis esistee il testo di Bloor e altri si mette di tra-verso con una onestà molto anglosasso-ne per avvertirci, sin dalle prime pagi-ne, sui limiti del focus group, sulla biz-zarria di accostare questa tecnica a pre-sunti slanci democratici, e così via.Bloor a parte, è nei testi più recenti diAcocella e Cataldi che ho trovato ilrespiro e l’apertura necessarie per unacomprensione “laica” di questa tecnica(e il discorso vale ovviamente per qua-lunque tecnica), una chiara articolazio-ne delle procedure, un minimo di atten-zione ai risvolti psico-sociali costante-mente ignorati dai più ottimisti.

Ciò detto resto pieno di dubbi.Per scrivere questa rassegna ho letto

o riletto qualcosa come 1.400 pagine edovrei avere le idee chiarissime suifocus group ed essere pronto a sostene-re la loro causa, ma così non è. Leragioni sono presto dette:

210 LETTURE VALUTATIVE

5. Questa è una mia forzatura del testo di Albanesi; l’Autrice non dice chiaramente che ifocus sono “ancillari” ma precisa – nel cap. 2 – come siano utilizzabili nelle fasi iniziali di unaricerca come fasi esplorative e di pre test, nelle fasi intermedie per “ridefinire e precisare i datiraccolti preliminarmente con uno strumento quantitativo o per raccogliere dati aggiuntivi” (pp.29-30) e nelle fasi conclusive per “discutere i risultati della ricerca” (p. 30), dal che desumo cheritenga – a mio avviso correttamente – che il focus group non regga, autonomamente, una ricer-ca sociale o valutativa. Abbiamo visto come Corrao non sia stata chiara su questo punto anchese Stagi 2001, con riferimento probabilmente a una comunicazione fra loro, afferma essere statoun errore una sua precedente interpretazione di Corrao (Stagi, 2000) che le attribuiva dubbi inmerito all’autonomia del focus.

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

1. nessun autore ha saputo darmi defi-nizioni meno vaghe di quelle giàriportate di Corrao e Zammuner;non è ottuso amore per le definizio-ni, ma genuina ricerca di un “profi-lo metodologico” che me ne facciaindividuare il valore intrinseco e laspecifica utilità al di fuori di quelsupporto ad altre tecniche, o diesplorazione iniziale, collaterale,aggiuntiva in disegni di ricercacomplessi o incerti. È un’ottimafunzione anche questa; sono assolu-tamente convinto che per fare beneun questionario posso avvicinarmiai problemi con un focus group(questo è un esempio molto diffusofra i testi richiamati in questa rasse-gna), in modo da centrare meglio laredazione delle varie domande, equesto è un nobile ruolo per loro;sono altresì felice di avere un ulte-riore strumento per avvicinare grup-pi particolari (anziani, bambini,dropout), e sono certo – per averlopiù volte constatato di persona –che le tecniche basate su gruppicreano spesso un clima di fiducia epiacevolezza in chi vi partecipa ma,insomma, si tratta di due ore didiscussione con un piccolo gruppo(vedi definizioni sopra riportate), enon mi capacito delle 1.400 pagineche ho lette e delle migliaia che nonho lette ma sono state stampate!

2. C’è da dire che quelle 1.400 paginesono state scritte da accademici.Poiché metà dei miei amici lavorain Università preciso che non vogliofare loro alcun torto; come dice unodi costoro, fra i miei migliori amicie autorevole esponente dell’AIV,fare il professore è sempre meglioche lavorare! Ma ciò comporta chequesta letteratura sia scritta da e per

l’Università; non importa chi com-prerà il volume, se uno studente oun professionista, il fatto è che –specie in Italia – se scrivi un librodevi mettere una quantità di note apié di pagina, citare tutti i professo-ri amici e buona parte di quellimeno amici, far vedere che hai stu-diato e che citi tutti, ma propriotutti, gli autori pertinenti, che suogni singolo concetto sai cavillareall’inverosimile spendendo paginesu pagine di precisazioni, riferimen-ti poco interessanti, digressionidisorientanti. Così è l’accademiaitaliana. Voglio dire che se dovessisuggerire a un collega professioni-sta ma alle prime armi un testointroduttivo per capire cos’è e comefunziona un focus group gli direi,francamente, di leggersi il saggio diAlbanesi del 2004 e buona notte; aun collega più evoluto dovrei sug-gerire invece un piccolo collage ditesti di questo genere:• per capire cos’è un focus group

e quali problemi generali impli-ca: il primo capitolo di Bloor esocie;

• per un’analisi delle varie proble-matiche dal reclutamento e com-posizione del gruppo: il cap. 4 diAcocella oppure il secondo diBloor (dipende dal tipo di lettore,se più raffinato suggerirei Aco-cella, se più pragmatico Bloor);

• per l’indicazione dei diversi ele-menti della registrazione delleinformazioni, non solo verbali:il cap. 3 di Acocella;

• per la conduzione del gruppo: ilcap. 5 di Acocella;

• per l’analisi delle informazioni,poi, senza dubbio Cataldi, capp.4 e 5 (il 6 è opzionale).

LETTURE VALUTATIVE 211

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

Tutto questo per dire che non c’è unsolo testo sufficientemente chiaronella scrittura, pragmatico negliesempi, poco ridondante nelle cita-zioni (salvo Bloor, che però èincompleto) tale da soddisfare ibisogni di un lettore che vuole capi-re in maniera semplice come fun-ziona un focus, cosa deve fare perorganizzarlo, a quali elementi deveprestare attenzione per evitare iprincipali errori. In Italia, purtrop-po, libri così non li sappiamo scri-vere (il problema non è dei focus,ovviamente, ma degli scrittori dilibri scientifici che non sanno divul-gare, o ritengono la divulgazione unesercizio poco nobile).

3. Ma c’è un’altra questione rilevante,appena toccata in alcuni dei testisopra citati (in Cataldi, per esem-pio). Le cose nella realtà non fun-zionano affatto come sono scritte inquesti volumi. I dotti esempi di cuisono ricchi alcuni volumi sono pre-valentemente nati in contesti uni-versitari, dove i futuri scrittori dilibri sul focus group si sono sbiz-zarriti a provare, testare, verificarel’utilizzo dei focus con finalitàdidattiche, scientifiche generali, ecomunque su problemi complessi,difficili, come l’esplorazione delrapporto delle droghe fra i giovani,l’atteggiamento verso l’eutanasia…problemi dove ben si colloca, pro-babilmente, il contesto dialogicodel focus. È su questi molto partico-lari casi empirici che sono costruitele indicazioni di questi volumi eindiscutibilmente è giusto, nelsenso di provare la tecnica nei casipiù estremi e complessi, ma è futileperlomeno riguardo quel 90% difocus che sono concretamente fatti

ogni giorno, dove c’è spesso pocoda ragionare sui gruppi, perchésono dati (quegli operatori del ser-vizio, quei referenti di un dato pro-blema sul territorio); c’è poco daragionare sulle tracce perché si trat-ta di approfondire tematiche ogget-to di un mandato; e così via. Lastragrande maggioranza dei “focusgroup” assomiglia poco a quellipresentati in questi volumi, e occor-rerebbe cercare di fare riflessioniche guardano il nocciolo del proble-ma;

4. il nocciolo si chiama “gestione delgruppo”; nelle 1.400 pagine che holetto c’è qualcosa, ma non molto;paradossalmente ho trovato qualco-sa di pratico in Cataldi, che dovevaoccuparsi dell’analisi. “Gestione delgruppo” significa capacità empatica(difficile da spiegare a chi non cel’ha), uso del linguaggio del corpo emolto dello sguardo, capacità di lea-dership specie nei casi difficili conun gruppo ostile, e così via. Per nonrisolvere il focus group in una chiac-chierata generica e poco produttivaoccorre avere le idee chiare su dovesi vuole andare a parare e sapergestire il gruppo. Poi naturalmenteben vengano le molte articolazioni eprecisazioni sui tipi di focus, i tipi diobiettivi cognitivi, le diverseapprofondite operazioni per l’analisie così via, ma il cuore del focusgroup è l’empatia e la gestione, e diquesto si trova solo qualche tracciain alcuni di questi libri.

A questo punto provo a proporre unquadro riepilogativo dei principali temila cui comprensione è indispensabileper conoscere e condurre un focusgroup, indicando quali autori se ne

212 LETTURE VALUTATIVE

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

sono occupati; il numero di asterischiindica la completezza e profonditàespositiva specie da un punto di vistaoperativo, associata a capacità di sinte-si e al netto di fugaci accenni; dichiarosubito che ci sono ovviamente compo-nenti soggettive legate alla mia com-prensione e gradimento del testo (sualeggibilità – a mio parere – e scorrevo-

lezza, indicazioni pratiche facilmenteindividuabili e scarsa prolissità, etc.).Mi pongo in una prospettiva operativa,e quindi non troverete, nella tabella rie-pilogativa, questioni anche importantidi carattere più teorico che – come hogià ricordato, sono trattate benissimonel libro di Acocella e che erano in granparte presenti anche in Corrao.

LETTURE VALUTATIVE 213

Composizione Set e Ruolo del Principali Analisi del Uso digruppo e setting6 conduttore dinamiche materiale tecnologie

reclutamento e stile di di gruppo raccolto e softwareconduzione7 e come

risolverle8

Corrao9 ** ** * * *10

Bloor e altri ** ***11 **12 **Zammuner *13 ** ** * *14

Albanesi15 ** *** ** *16 **Acocella *** *** ** *Cataldi * * * **17 ***

6. La preparazione, la sede, la disposizione delle persone, la traccia del focus e le sue fasi…7. Tutte le problematiche relazionali, cosa dire e cosa no, come comportarsi in casi difficili,

come gestire le diverse situazioni.8. La chiara esposizione di come funzioni un gruppo, quali diversi tipi di comportamenti può

avere e perché, nonché quali conseguenze ci siano per il successo del focus.9. La presenza di pochi asterischi non è in contraddizione col giudizio positivo dato prece-

dentemente al libro di Corrao; l’Autrice si concentra su aspetti metodologici “alti”, e scorre rapi-damente le varie problematiche operative da me messe sotto osservazione in questa tabella.

10. Corrao scriveva nel 1999-2000, evidentemente lo sviluppo di Internet era agli inizi; siintrattiene però sul focus telefonico (pp. 36-39).

11. Interessanti gli esercizi di focalizzazione (pp. 66-74) e l’indicazione del debriefing fina-le (pp.83-86) non presenti negli altri testi.

12. È divertente osservare che le proposte di Bloor sono differenti da quelle contenute nel piùricco volume di Acocella: l’interessante approccio analitico-induttivo (ben spiegato), una certa“analisi logica” spiegata però velocemente e in maniera poco comprensibile, i gruppi feedback.

13. L’incipit di Zammuner è comico: “Può sembrare paradossale, ma il successo di unaricerca con il metodo del focus group dipende in grande misura dai partecipanti che vi prendo-no parte. La scelta dei partecipanti ‘giusti’ consente di ottenere i dati desiderati; viceversa, se ilricercatore recluta persone che non conoscono l’oggetto di indagine, o che non hanno molto dadirsi, la discussione di gruppo non consentirà di raccogliere le informazioni desiderate” (p. 109).

14. L’Autrice in realtà dedica ben 33 pagine al tema, ma si tratta di lunghe dissertazioni suquestioni generali, ciascuna ricondotta ad aspetti più analitici, senza riuscire a giungere a ele-menti concreti, pratici, operativi, se non disseminandone alcuni in mezzo a una quantità di paro-le disorientanti. La prolissità è il problema fondamentale di Zammuner, che rende il suo testosostanzialmente poco consigliato.

15. Albanesi ovviamente sconta il fatto di essere esplicitamente un’introduzione divulgativa.16. In realtà è presente un capitolo, chiaramente compilativo di altri testi e poco utilizzabile.17. Non moltissime informazioni, ma considerando che non era suo programma trattare tali

dinamiche, e avendo dato più indicazioni lei di molti altri testi, merita due asterischi.

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

Una tabella di questo genere si puòleggere anche in colonna, per riscontra-re come gli aspetti di composizione delgruppo e di setting, vale a dire la parteorganizzativa della raccolta dei dati, siaabbastanza trattata e non ponga proble-mi al lettore; la parte finale dell’analisisia trattata assai meno, e solo da alcuniautori; la parte centrale, quella relativale due ore di focus group, sia accenna-ta e solo parzialmente approfondita daalcuni autori.

È la chiusura della mia argomenta-zione: è in quella fase che si giocano ledifferenze fra un buon focus group euno cattivo, ma è evidente che è diffici-le, molto difficile, raccontare come ci sideve atteggiare, come far scorrere losguardo sui presenti, come coglierequella vibrazione ansiosa nella voce diun partecipante e l’atteggiamento disfida nell’aggrottare della fronte di unaltro.

3. Cosa abbiamo imparato ecosa ci aspettiamo

Ad essere onesti abbiamo imparatodiverse cose. Innanzitutto c’è stataun’evoluzione positiva nei testi italiani,via via più attenti e articolati, fino aidue bei libri di Acocella e Cataldi, checontinuo a raccomandare in coppia,perché autenticamente ben scritti.

Poi abbiamo imparato una volta dipiù che c’è uno scollamento fra mondoaccademico che produce libri e mondoprofessionale che realizza focus. In untesto di qualche anno fa, apparso nelvolume a cura di Campelli e Brunelli,ho scritto a chiare lettere quello che quiora ripeterò: in Italia si producono cen-tinaia di presunti focus che sono pocopiù che chiacchierate veloci, senza par-

ticolare preparazione e senza alcunadiligente registrazione e analisi. Questaconstatazione riafferma la separazionefra due mondi (accademico e professio-nale); non so se preoccupa qualcuno ose compete qualcuno provvedere diver-samente. Conosco poi diversi casi difocus group prodotti da accademici(rintracciabili in alcuni dei testi soprasegnalati) che sono migliori (giusto pernon insistere sulle colpe dei poveri pro-fessionisti); vedo sempre più valutazio-ni basate interamente su focus group(nessuno mi convincerà che non siaun’assurdità). Insomma: una tecnicamarginale, assolutamente sopravvalu-tata per ragioni organizzative ed econo-miche e ormai consacrata anche dal-l’Accademia, a mio avviso sta facendopiù danni che altro.

Parlando di casa nostra devo dire,francamente, che in una elevata percen-tuale di situazioni i focus group sonosemplicemente un veloce ed economicoescamotage per raccogliere informazio-ni di scarsa profondità relativa ai pro-grammi valutati; il focus ha avuto danoi lo stesso destino delle interviste: afronte di una tecnica realmente com-plessa sotto il profilo epistemologico emetodologico (si vedano gli ottimi testiscritti da Montesperelli nel 1997 e Bichinel 2002 e 2007), i valutatori chiamano“interviste” le chiacchiere di mezz’oracon i dirigenti regionali preposti a dareloro qualche informazione; ritengo l’e-sempio assolutamente calzante: analo-ghe complessità, analoga disponibilitàdi libri esaurienti e analoga banalizza-zione operativa. Ma per i focus group siè fatto un passo ulteriore: sono stati inqualche modo consacrati come tecnica“scientifica” (le virgolette esprimonoironia e perplessità sull’uso distorcentedi questo aggettivo), e il fatto che si

214 LETTURE VALUTATIVE

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.

basino su un gruppo ha favorito equivo-ci sulla loro utilità e democraticità, spe-cie fra quei professionisti e accademicidi marca sociologica che non si sonopreoccupati di approfondire le implica-zioni psico-sociali e linguistiche deigruppi e delle loro interazioni.

I valutatori nostrani (quella parte chenon sta nell’Aventino delle tecnicheeconomiche né sul Bric controfattuale)si sono gettati a capofitto sui focusgroup intesi nella maniera peggiore epiù riduttiva; ma li chiamano “focusgroup”, e quindi vanno bene.

A questo punto gli utilizzatori difocus group hanno due bei testi, aggior-nati e completi. Che siano accademici oprofessionisti, ricercatori o valutatori,li leggano e capiscano cos’è un focusgroup e come deve essere realizzato esperiamo bene. Speriamo che il focuscontinui a essere realizzato, ma inmaniera più seria e collocato in disegnidi ricerca multi metodo, senza preten-dere che fornisca soluzioni che non è ingrado di perseguire.

Comunque: per qualche anno, perfavore, basta libri sui focus group!

LETTURE VALUTATIVE 215

Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.