l'industria meridionale pre-unitaria
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Il tessuto industriale meridionale distrutto dopo l'unità d'italiaTRANSCRIPT
Piemonte, anche la florida realtà industriale napoletana subì le strategie di strozzamento a favore dell’economia
settentrionale portate avanti da quel Carlo Bombrini, fondantore della Ansaldo, che presentando a Torino il suo piano
economico-finanziario teso ad alienare tutti i beni dalle Due Sicilie, riferendosi ai meridionali, si lasciò sfuggire la frase
“Non dovranno mai essere più in grado di intraprendere”.
Dal 1989, quella che era stata la più grande fabbrica metalmeccanica italiana, simbolo di produttività fino al 1860, è
diventata un museo ferroviario che è straordinario luogo di riflessione sull’Unità d’Italia e sulla cosiddetta “questione
meridionale”
Napoli - , prima
dell’invasione piemontese, era il più grande
polo siderurgico della penisola italiana, il più
prestigioso coi suoi circa 1500 operai. Voluto
da Ferdinando II di Borbone per affrancare il
Regno di Napoli dalle dipendenze industriali
straniere. Contava circa 700 operai già
mezzo secolo prima della nascita della Fiat e
della Breda. Un gioiello ricalcato in Russia
nelle officine di Kronštadt nei pressi di San
Pietroburgo, senza dubbio un vanto tra i
tanti primati dello stato napoletano. Qui fu
costruita la prima locomotiva italiana. Gli
operai vi lavoravano otto ore al giorno
guadagnando abbastanza per sostentare le
loro famiglie e, primi in Italia, godevano di
una pensione statale con una minima
ritenuta sugli stipendi.
Real Opificio di Pietrarsa
Con l’annessione al
copyright Rosanna Gadaleta
I primati della cantieristica navale.
Castellammare di Stabbia,
La flotta borbonica era la terza al mondo
(dopo inghilterra e Francia), ne facevano
parte oltre 9800 bastimenti ed un centinaio
di questi (incluse le militari) erano a vapore.
Fu la prima flotta italiana a collegare l'Italia
con l'America ed il Pacifico. Il cantiere di
con 1.800
operai, era il più grande del mediterraneo.
Nel 1781, Michele De Jorio scrive il
primo codice marittimo italiano (che fu
copiato da Domenico Azuni il quale se
ne assunse la paternità)
nel 1818 viene costruito il ,
il primo piroscafo a vapore d’Italia,
considerato il più grande e potente del
mediterraneo.
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� Ferdinando I
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nel 1833 il effettua la prima crociera turistica del mondo, arrivando dopo tre mesi di navigazione a
Costantinopoli.
nel 1836 nasce la prima compagnia di navigazione a vapore del Mediterraneo
nel 1847 viene introdotta per la prima volta nel mediterraneo la propulsione ad elica
nel 1854, il Sicilia è la prima nave italiana ad arrivare a New York dopo 26 giorni di navigazione.
Il volume degli scambi era il quintuplo del Regno di Sardegna, ma dopo il 1860, il governo di Torino favorisce le società di
navigazione genovesi, riducendo le commesse al sud fino al 33% del totale per il settore pubblico
Francesco I
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L’industria siderurgica
Il polo siderurgico era costituito dalla
ferriera di ATINA, subito soppressa dopo la
conquista piemontese, la Real Fonderia di
Castelnuovo, la Real Fabbrica d’Armi di
Torre Annunziata e, sopratutto, il primo
complesso siderurgico italiano, il complesso
calabrese di Mongiana e Ferdinandea, che
fino al 1860 fu il maggiore produttore
italiano di ghisa e semi-lavorati per
l’industria metalmeccanica. Nel marzo del
1861, quando fu proclamato il Regno
d'Italia, gli addetti allo stabilimento di
Mongiana erano 762
A Mongiana furono costruite le rotaie per la
prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici e il
primo ponte sospeso in ferro d’Italia: il
“Real Ferdinando” sul fiume Garigliano.
I prodotti erano di eccellente qualità, superiori a quelli francesi ed inglesi tanto che nel 1853 durante lo svolgimento
dell’ tenutasi a Napoli venne assegnata al complesso siderurgico di Mongiana la medaglia
d’oro dal Corpo Accademico del Real Istituto d’Incoraggiamento alle scienze per “
”. Il 25 giugno del 1874, con la legge del 23 giugno 1873, Mongiana venne chiusa e i macchinari
trasferiti in Lombardia.
Tutto il complesso diventò la “casa di campagna” di Achille Ferrari, ex garibaldino, che l’acquistò per poco più di
cinquecento mila lire. Oggi Mongiana è un borgo di pochi abitanti e Ferdinandea è spopolata
Esposizione Internazionale
saggi di ferri di prima fabbricazione e
per lavori di ferro fuso
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L’industria tessile
Il tessile fiorì in tutto il regno con impia-
nti a Salerno, Sarno, Pellezzano,
Piedimonte, Messina, Arpino, Sora,
Napoli, Otranto, Taranto e Gallipoli.
Il salernitano divenne il comprensorio in
cui si concentrò per eccellenza, il polo del
t e s s i l e , t a n t o c h e S a l e r n o f u
soprannominata la Manchester delle
Due Sicilie. San Leucio era il più
prestigioso e godeva di un suo statuto
redatto da Ferdinando IV nel 1789
(liberamente scaricabile da google
books) ed in cui è visibile la politica
riformatrice dei borbone, non orientata
all’assolutismo. L’unità d’Italia, segna il
fallimento dell’industria tessile meridionale e del complesso di San Leucio, i cui telai furono portati qualche anno
dopo a Valdagno, dove fu creata la prima fabbrica tessile del Veneto.
Dopo varie fasi alterne, San Leucio passa in gestione ad un piemontese, poi al comune fino alla definitiva chiusura
nel 1910.
Oggi è un complesso monumentale riconosciuto, insieme alla Reggia di Caserta, patrimonio dell’umanità
dall’UNESCO
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Le catriere
Già nel 1848 nel Regno si contavano circa 200 cartiere.
Amalfi poteva considerarsi il centro dell'attività delle cartiere
meridionali:
Ad Atina la cartiera Visocchi occupava 110 operai; altre cartiere si
trovavano presso il Liri e Isola di Sora (1326 operai complessivi nella
Valle del Liri) e presso L'Aquila, Torre Annunziata, Sarno, Scafati,
Vietri, Nusco, Atripalda e in Calabria.
La cartiera di Fibreno (nella valle del liri) era la più grande d'Italia e
una delle più note d'Europa con 500 operai, produceva carta velina e
carta da disegno di ottima qualità. La cartiera assunse un ruolo
fondamentale nel quadro economico protoindustriale meridionale,
grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia che portarono alla
razionalizzazione della produzione. Numerose anche le "cartiere a
Oltre alla cartiera del Lucibello, sulla costiera amalfitana si
contavano comunque più di 30 cartiere per circa 650 operai.
mano", che lavoravano a livello artigianale stracci di cotone neri o colorati per produrre carte da imballaggio e
cartoni. Strettamente collegate a quelle della carta erano le "industrie" dei libri, le tipografie: oltre 400 i titoli
pubblicati annualmente (un vero primato nell’Italia del tempo), 2500 circa gli addetti (Napoli era la prima città
d’Italia per numero di tipografie, 113 le stamperie attive intorno alla metà dell’ottocento); la qualità dei prodotti
era buona per l'impaginazione, per le incisioni, la legatura e la carta utilizzata. E' più che nota l'attuale crisi
dell'editoria meridionale nonostante, evidentemente, le antiche tradizioni.
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L’industria Conciaria
Era un settore notevolmente sviluppato
e d i gran preg io, a Napol i , a
Castellammare, a Tropea, a Teramo, in
Puglia; anche cuoi esteri giungevano nel
regno per l’ultima finitura, erano
prodotti finimenti di cavalli e carrozze,
selleria, stivali, suole per scarpe, cuoi di
lusso, esportati in Inghilterra, Francia,
America; le concerie censite, nel 1857,
erano in tutto 51. Nell’ambito della
lavorazione delle pelli ci si specializzò
nella produzione di guanti (se ne
producevano il di Milano,
Torino e Genova messe assieme, nel
1855 si arrivò a 700mila paia annui,
quintuplo
seconda produzione europea dopo la Gran Bretagna, nel 1860 si arrivò a 850mila paia). Questa lavorazione,
prevalentemente svolta da personale femminile, attribuirà il nome ad uno dei più popolari quartieri di Napoli, i
guanti napoletani erano reputati i migliori d’Europa, costavano meno di quelli prodotti in Francia, per questo si
esportavano ovunque, anche in Inghilterra dove l’Arsay, redigendo le leggi del perfetto gentiluomo, asseriva la
necessità dell’uso di sei diverse paia di guanti al giorno.
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L’industria del corallo
Particolarmente pregiati i coralli del mare in prossimità di Trapani,
della penisola sorrentina, di Capri; erano dei più vari colori, dal
bianco marmoreo, al rosso, al nero d’ebano ed erano destinati
all’oreficeria e all’ornamento di arredi e oggetti sacri.
La pesca era faticosa e pericolosa, era effettuata calando delle reti
speciali lanciate in mare con le barche in movimento, quando si
impigliavano, si effettuavano varie manovre dei battelli, tramite
una specie di argano, riuscendo alla fine ad issare il corallo a bordo;
i più arditi erano i corallari di Trapani che riuscivano a sfidare
persino i corsari barbareschi, seguiti da quelli di Torre del Greco che
vantavano dalle tre alle quattrocento feluche con sette uomini
ognuna.
da Procida, insigne autore del primo “Michele di Iorio Codice di
navigazione“ italiano, sotto Ferdinando IV, redasse anche un “codice corallino“; fu istituita la “Compagnia del
corallo” per eliminare lo strozzinaggio e facilitare il credito, furono fondate fabbriche per la lavorazione a Torre del
Greco ed a Napoli.
L’industria del corallo era così fiorente che si arrivò in breve a quaranta fabbriche con tremiladuecento operai; fu
istituita anche un’apposita fiera, dal primo all’otto maggio di ogni anno, molto frequentata da compratori stranieri.
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Le Saline
Situate in Puglia ed in Sicilia erano le più
importanti d'Europa.
Le prime erano considerate dai Borbone
"la perla della loro corona", soprattutto
da Ferdinando II che le visitò più volte e
migliorò le condizioni di vita dei salinari.
Nel 1847, in località San Cassiano, fondò la
colonia agricola di San Ferdinando di
Puglia (nel 1879), popolandola con i
lavoratori delle Saline e distribuendo
gratuitamente i terreni ed i capitali per le
case popolari.
Così, in vent'anni, la popolazione locale
raddoppiò di numero.
Il sale della Puglia era molto apprezzato, tanto da essere preferito a quello spagnolo ed era sfruttato sia per scopi
alimentari sia per usi industriali.
Di straordinaria importanza erano anche le saline siciliane "nella sola area di Stagnone (bacino marino antistante
Trapani) si trovavano trentuno saline con centinaia di mulini a vento (quelli a sei pale in legno di tipo olandese) che
davano una produzione annua di ben 110mila tonnellate di sale".
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Vetri e cristalli
A Napoli sorgevano due grandi fabbriche di vetri e cristalli, per le quali si
erano fatti venire operai e macchine dall’estero; in breve la produzione del
Regno poté competere con quella di Francia e Germania e i quattro quinti
della richiesta nazionale erano soddisfatti dall’industria napoletana, parte
dei vetri prodotti era esportata a Tunisi, ad Algeri e persino in America.
La fabbrica di (produceva zuccheriere, ciotole,
caffettiere, boccali, tabacchiere, cucchiaini, scatole lavorate, statuine)
voluta da Carlo III La porcellana che si produce in questa zona ha delle
caratteristiche peculiari che la distinguono dalla porcellana nord europea.
Al sud Italia, infatti, non c'è il caolino pertanto l'impasto si compone di una
fusione di varie argille provenienti dalle cave del sud. Ne deriva un impasto
tenero dal colore latteo, che renderà questa manifattura, unica nella storia
della porcellana.
porcellane di Capodimonte
Le terre più adatte all'impasto in porcellana provenivano dalla Calabria, da Fuscaldo e Porghelia, e diedero ottimi
risultati al punto che le porcellane di Capodimonte furono considerate superiori a quelle francesi.
La massima espressione dell'abilità plastica e pittorica degli artisti di Capodimonte è il Salottino di porcellana
creato dallo scultore per la regina Amelia e famosa in tutto il mondo. Era la punta di diamante di
500 industrie di ceramica e materiali edili (comprese le famose piastrelle smaltate di Vietri) che davano lavoro a
36mila operai.
Giuseppe Gricci
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