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CAMPO ESTIVO -Prada di Brentonico- 6-17 Agosto 2014 LITURGIA Gruppo scout Castelrotto 1

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CAMPO ESTIVO-Prada di Brentonico-

6-17 Agosto 2014

LITURGIA

Gruppo scout Castelrotto 1

Preghiera dell’esploratoreFa’, o Signore, che io abbia le mani pure

pura la lingua, pure il cuore.

Aiutami a lottare per il bene difficile

ontro il male facile.

Impediscimi che io prenda abitudini

che rovinino la vita.

Insegnami a lavorare duramente

e a comportarmi lealmente

quando nessuno si vede

come se tutto il mondo potesse vedermi.

Perdonami quando sono cattivo

e aiutami a perdonare

coloro che non si trattano bene.

Rendimi capace di aiutare gli altri

anche quando ciò mi è faticoso.

Mandami le occasioni

di fare un po’ di bene ogni giorno

per avvicinarmi così di più a te, Gesù.

Preghiera della guida Signore

insegnami a essere generosa,

a servirti come tu meriti,

a dare senza contare,

a combattere senza pensiero delle ferite,

a lavorare senza cercare riposo,

a prodigarmi

senza aspettare altra ricompensa

che la coscienza di fare la tua volontà.

1

Mercoledì 6Esodo 20,1-14

1 Allora Iddio pronunziò tutte queste parole, dicendo:2 “Io sono

l’Eterno, l’Iddio tuo, che ti ho tratto dal paese d’Egitto, dalla casa di

servitù. 3 Non avere altri dii nel mio cospetto. 4 Non ti fare scultura

alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o

quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; 5 non ti prostrare

dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo,

sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino

alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 6 e uso

benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m’amano

e osservano i miei comandamenti. 7 Non usare il nome dell’Eterno,

ch’è l’Iddio tuo, in vano; perché l’Eterno non terra per innocente chi

avrà usato il suo nome in vano. 8 Ricordati del giorno del riposo per

santificarlo. 9 Lavora sei giorni e fa’ in essi ogni opera tua; 10 ma il

settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare

in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né

il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’è

dentro alle tue porte; 11 poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la

terra, il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò

l’Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l’ha santificato. 12

Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati

sulla terra che l’Eterno, l’Iddio tuo, ti dà. 13 Non uccidere. 14 Non

commettere adulterio.

2

LA VOLPE INGORDA

C’era una volta un pastore sempliciotto che usava nascondere il suo pranzo nella

stretta spaccatura di un albero. Il pastore era grande e grosso e, di conseguenza si

portava appresso notevoli quantità di buon cibo.

Si dette il caso che passasse davanti alla spaccatura una volpe. Magra che quasi le si

consumavano pure le ossa. La fame l’aveva quasi distrutta, ma non le aveva indebolito

l’odorato. Fu così che con qualche sforzo si introdusse nella fessura dell’albero e si

fece una scorpacciata gigantesca. Tanto abbondante che, alla fine del pasto non

ce la fece più ad uscire fuori. Mentre faticava , si spelacchiava tutta e si lamentava

inutilmente, passò lì davanti un’altra volpe. “Aiutami!”, Le urlò la prigioniera. “Eh, cara

mia” rispose quella, se ce l’hai fatta ad entrare, poi farcela anche ad uscire.” “ Eh no!

Prima ero magra e digiuna e adesso ho la pancia troppo piena! Mi blocca, mi pesa e

non mi fa uscire”.

“Allora – disse saggiamente l’altra – aspetta di aver digerito e tornerai quasi magra

come prima”. E se ne andò.

Giovedì 7Luca 10,25-37

25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo:

«Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» 26 Gesù gli disse:

«Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?»27 Egli rispose: «Ama il

Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la

forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». 28

Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai». 29 Ma

egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» 30 Gesù

rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei

briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo

mezzo morto. 31 Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada,

ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. 32 Così pure un Levita,

3

giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. 33 Ma un

Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe

pietà;34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino,

poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese

cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse:

“Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio

ritorno”. 36 Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che

s’imbatté nei ladroni?» 37 Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia».

Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa».

GLI UCCELLI, GLI ANIMALI E IL PIPPISTRELLO

Gli uccelli e gli animali terrestri erano sempre in guerra. Le battaglie erano frequenti

e cruente. A volte vincevano gli uccelli, che piombavano giù dal cielo e attaccavano

gli animali terrestri. A volte vincevano questi ultimi, che attaccavano gli uccelli

quando scendevano a terra.

Ma c’era un animale che stava sempre dalla parte dei vincitori. Non perdeva mai,

perché continuava a cambiare fazione. Combatteva con gli uccelli, e quando

sembrava che questi stessero per perdere, si metteva dalla parte degli animali

terrestri; se gli uccelli avevano il sopravvento, cambiava di nuovo e si univa a loro.

Era il pipistrello, che credeva di essere un tipo molto furbo perché stava sempre

dalla parte dei vincitori.

Quando la guerra ebbe termine, gli uccelli e le bestie decisero di vivere in pace per

sempre. «Adesso avrò la mia ricompensa», disse tra sé il pipistrello. «Tutti penseranno

che io sono veramente in gamba. Non sono mai stato con i perdenti e ho aiutato

entrambe le parti. Sono convinto che gli uccelli e gli animali terrestri mi eleggeranno

re». Ma le cose andarono diversamente.

«Sei un traditore», dissero allo sbalordito pipistrello. «Non sai che cos’è la lealtà. Hai

abbandonato entrambe le fazioni durante la guerra. Non vogliamo più saperne di

te».

Da quel giorno il pipistrello visse da solo, ignorato da tutti.

4

Venerdì 8Luca 6,39 -42

39 Gesù disse loro anche questa parabola:’Un cieco può forse pretendere

di fare da guida a un altro cieco? Se lo facesse, cadrebbero tutti e due in

una buca! 40 Nessun discepolo è più grande del suo maestro; tutt’al più,

se si lascia istruire bene, sarà come il suo maestro.

41’E tu perché stai a guardare la pagliuzza che è nell’occhio di un tuo

fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42 Come osi dirgli:

‘Fratello, lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio’, mentre tu non vedi

la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio, allora

vedrai chiaramente e potrai togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello.

Signore, troppo spessosono preoccupato a giudicare gli altri,

dimenticando di ringraziartiper i doni che mi hai fatto.

Perdonami di voler somigliare agli altri,dimenticando di essere me stesso,

di invidiare le loro qualità,dimenticando di sviluppare le mie.

Perdonami di essere troppo preoccupatodall’ impressione che faccio,

dall’ effetto che produco,di quello che si pensa e si dice di me.

Donami la capacità di riconoscere e apprezzare le mie qualità

e di accettare, allo stesso tempo, i miei limiti.Donami il coraggio di offrirmi agli altri e a Te

per quello che sonoe non per quello che gli altri

vogliono che io sia.Donami, infine, la capacità di accettare gli altri

senza soffrire per le loro qualità,ma al contrario,

donando a loro tutto me stesso,arricchendoli col mio amore

5

GIOVE E LA SCIMMIA

C’era un gran fermento tra gli animali perchè Giove aveva deciso di premiare chi

poteva esibire il più bel cucciolo.

Si radunarono provenendo dalle colline, dalle valli, dalle pianure e dai fiumi, tutti con

i loro piccoli.

Con gran suono di trombe il dio scese dal cielo e passò in rassegna ogni ultimo nato

osservandolo attentamente prima di formulare l’atteso giudizio. Tra gli animali c’era

una scimmia che teneva stretta a se la sua creatura. Come Giove la vide senza capelli

e con il naso schiacciato si mise a ridere di gusto. “Ma perchè mai sei venuta? - disse

- Non hai nessuna possibilità di vincere il premio; non ho mai visto niente di così

brutto in vita mia”... e passò oltre.

Ma la scimmia, stringendo il suo piccolo con forza, sussurrò: “Non mi interessa ciò

che Giove o gli altri possono pensare. Per me tu sei il più bello del mondo”.

Sabato 9Giovanni 15, 9-17

Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio

amore. 10S e osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo

amore. 11 Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra

gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri

come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare

la sua vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi

comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa

il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal

Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io

ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro

frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome,

ve lo conceda. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

6

Il pensatoreUn giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: “Perchè le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perchè perdono la calma” rispose uno di loro. “Ma perchè gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore. “Bene, gridiamo perchè desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?” Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore. Allora egli esclamò: “ Voi sapete perchè si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto.Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perchè ? Perchè i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. È questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.”In fine il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perchè arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.”

LA LEZIONE DELLO STECCATO

C’era una volta un ragazzo con un pessimo carattere. Suo padre gli diede un sacchetto

pieno di chiodi e gli disse di piantarne uno nella palizzata del giardino ogni volta che

avesse mancato di rispetto o perso la pazienza verso qualcuno. l primo giorno piantò

37 chiodi nella palizzata del giardino. Le settimane seguenti, imparò a controllarsi e

il numero dei chiodi piantati nella palizzata diminuì di giorno in giorno: scoprì che è

più facile imparare a controllarsi che piantare i chiodi. Finalmente, arrivò il giorno in

cui il ragazzo non piantò nessun chiodo nella palizzata.

Allora andò dal padre e gli disse che quel giorno non ebbe bisogno di piantare

nessun chiodo. Suo padre allora gli disse di levare un chiodo dalla palizzata per ogni

giorno in cui fosse riuscito a non perdere la pazienza. I giorni passarono e finalmente

il ragazzo poté dire al padre che aveva levato tutti i chiodi dalla palizzata.

Il padre condusse il figlio davanti alla palizzata e gli disse: «Figliolo, ti sei comportato

bene, ma guarda quanti buchi hai lasciato nella palizzata, non sarà mai come prima.

Quando litighi con qualcuno e gli manchi di rispetto, lasci delle ferite come queste»

Puoi infilzare un uomo con un coltello, e poi toglierlo, ma lascerai sempre una

ferita. Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà. Una ferita verbale fa’

altrettanto male di una fisica.

7

Domenica 10Matteo 20,20-28

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi

figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli

rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua

sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete.

Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli

soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi

sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato

preparato dal Padre mio”.

Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù,

chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di

esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi;

ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che

vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio

dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la

sua vita in riscatto per molti”.

8

LO STAGNO E LE OCHE

C’era una volta, in un angolo di campagna verde ed incontaminato, un laghetto di

acqua verde e limpidissima. Era un laghetto minuscolo, quasi uno stagno, ma il cielo

si specchiava dentro la sua acqua pura e lo trasformava in un gioiello incastonato

nel morbido tappeto dei prati. Il sole di giorno, la luna e le stelle di notte si davano

appuntamento nel limpido specchio d’acqua. I salici della riva, le margherite e

l’erba delle colline tremavano di gioia per quel riflesso di cielo caduto a terra, che

trasformava quel remoto angolo di mondo in un piccolo paradiso.

Ma un giorno, schiamazzando e starnazzando, arrivò sulle sponde dello stagno uno

stormo di grasse e prepotenti oche. I loro imperiosi “qua, qua” e i loro robusti becchi

sconvolsero il silenzio e la pace dello specchio del cielo.

Le oche erano creature pratiche, non badavano certo al sussurro del vento e

ai riflessi dell’acqua limpida. Si tuffarono a decine nello stagno e cominciarono

ad andare in fondo alla caccia di cibo. “Mangiare e ingrassare” era il loro motto.

Sguazzavano, sporcavano, strepitavano. Piume e spruzzi volavano da tutte le parti.

Granchi, pesciolini e tutti gli animaletti che vivevano nel laghetto in un battibaleno

sparirono nel vorace gozzo delle insaziabili oche. La polvere finissima depositata sul

fondo, sconvolta e smossa, invase l’acqua.

La sera, quando il silenzio ritornò tra le colline, la prima stella cercò invano la sua

casa sulla terra, e la luna non poté specchiare il suo volto d’argento sulla terra. Lo

stagno era solo una distesa di fanghiglia maleodorante e senza vita. Lo stagno era

morto. Il vento portò notizia alle nubi e le nubi alle stelle, alla luna e al sole. Tra le

foglie dei salici piangevano i pettirossi e le allodole. In quell’angolo di campagna il

cielo non si sarebbe specchiato mai più.

9

VEGLIA ALLE STELLEC’è una notte molto speciale ad ogni Campo Estivo, una notte fatta per stare svegli, per pensare e pregare, o guardare le stelle e per prendere coscienza, ancora una volta, della propria piccolezza davanti all’immensità del cielo. La natura è con te quella notte, ovunque il tuo sguardo si perda, ovunque la tua mente possa immaginare, ovunque le tue gambe ti possano portare; allora, guardati intorno almeno quella notte, quando le stelle torneranno a sorvegliare la Terra e le voci e rumori si affievoliranno, per poi scomparire. Respira l’aria fresca, osserva il cielo e la terra e ascolta ogni impercettibile voce della notte. Sarai solo tu quella sera, tu e nessun altro ad assistere a questo prodigio, e finalmente troverai il tempo di parlare a te stesso, di capire cosa cerchi nel mondo e negli altri, e il Signore ascolterà le tue preghiere e guiderà i tuoi pensieri. Ogni veglia è un’occasione speciale per conoscere se stessi e per riflettere.Soli, si ha finalmente il tempo di apprezzare il silenzio e la solitudine e quella strana sensazione di gioia e libertà. Libertà di perdersi nei propri pensieri e di parlare con il Signore senza alcuna fretta. Non c’è silenzio più profondo di una notte stellata in montagna, quando il Campo tace e del fuoco non rimane più che la brace che va già coprendosi di cenere. Eppure, se ti metti ad ascoltare, quante cose ti dice il silenzio! La veglia alle stelle è proprio questo ascolto silenzioso. Anche a Te è piaciuto il silenzio, Signore, lo hai scelto per la tua nascita tra noi, e, in certo modo, lo hai continuato per trent’anni nella tua casa di Nazareth. Lo hai diffuso dappertutto, come un tuo grande dono. Pervade l’universo; fascia come un velluto la tua creazione. Fa da sottofondo ad ogni suono, ad ogni parola. Accompagna il pensiero,permette ogni ascolto. C’è il silenzio delle stelle, il silenzio del mare, il silenzio delle montagne, delle foreste, dei deserti. C’è il silenzio del cuore in cui risuona la tua voce o Dio. A volte ci prende la paura del silenzio, forse è troppo grande per noi, vorremmo fuggirlo. Dacci una mano, Signore, per capirne il valore ed amarlo. Ci avvicina a Te, cirende più riflessivi, più maturi più attenti alla vita. Ci mette alla tua presenza. E’ il profondo linguaggio con cui ami parlare con noi.

10

Preghiera

Rallenta il ritmo della mia vita, Signore. Calma il battito dei mio cuore, acquetando la mia mente.

Rallenta il mio passo frettoloso con una visione delle eterne distese del tempo. Dammi in mezzo alla confusione di ogni giorno, la calma stabilità delle

montagne millenarie. Spezza la tensione dei mei nervi e dei miei muscoli con la serena musica del canto dei ruscelli, viventi nella mia memoria.

Aiutami a conoscere il magico potere ristoratore del sonno. Insegnami l’arte di prendermi brevi momenti di sosta, di rallegrare un amico,

accarezzare un cane, leggere qualche riga di un buon libro. Ricordami ogni giorno la favola della lepre e della tartaruga, sì che io possa

imparare che nella corsa non sempre vince chi va più veloce, e che nella vita si può far qualcosa di meglio che aumentare la sua velocità.

Fa che io levi io sguardo alla quercia torreggiante. E sappia che essa è divenuta grande e forte perché è cresciuta lentamente e bene.

Rallenta il ritmo della mia vita, Signore, ed ispirami ad affondare le mie radici nel suolo dei valori durevoli affinché io possa innalzarmi fino alle stelle del mio

più grande destino.

Io ho un sogno

Io sogno che un giorno gli uominiSi solleveranno e capirannoChe sono fatti per vivere da fratelli.Io sogno che un giorno il nero di questo paesee ogni uomo di colore del mondo interosaranno giudicati in base al loro valore personaleanziché per il colore della pelle e che tutti gli uominirispetteranno la dignità dell’essere umano.Sogno che un giorno la giustiziascorrerà come l’acquae la rettitudine come un fiume irruente.Sogno che un giorno la guerra cesseràe gli uomini trasformeranno le loro spade in aratri,le lance in falci; le nazioni non si scaglieranno più

11

le une contro le altre e non progetterannopiù la guerra.Sarà un giorno meraviglioso quello!Le stelle del mattino canteranno insiemee i figli di Dio grideranno di gioia!

Martin Luther King

Il racconto delle oche e lo stagno e la poesia tratta dal famoso discorso che il 28 agosto 1963 Martin Luther King tenne a conclusione di una marcia sui diritti civili a Washington esprimono due diversi atteggiamenti di comportamento verso gli altri. Ci sono occasioni in cui siamo parte dello stormo, in cui la prepotenza e la mancanza di rispetto hanno il sopravvento… da cosa sono condizionati questi comportamenti?Altre volte, però, senti un forte bisogno di giustizia, di rispetto verso il prossimo e soprattutto verso te stesso, tanto da arrabbiarti verso chi si comporta diversamente. Sono sentimenti contrastanti, eppure ti appartengono entrambi. Come reagisci di fronte a questo?

Ora aspetta qualche istante. Siediti. Stenditi. Rilassati e guardati intorno. Ma soprattutto guardati sopra. Sopra le nuvole di una giornata triste e soffocante ci sta sempre l’azzurro del cielo col sole che splende a mille. Ma sopra l’azzurro del cielo col sole che splende a mille si spalanca uno spazio nero, di proporzioni inimmaginabili.Semplicemente uno spazio nero, un posto per contenere qualcosa. Ti chiediamo di consegnare a questo spazio nero le tue riflessioni. Accogli questo momento di pausa dalla vita frenetica del campo per riflettere, prendere del tempo per te stesso e scrivere una considerazione, una riflessione o una preghiera… ciò che vuoi affidare a questo cielo, in attesa di una risposta.

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Forse guardare questi spazi smisurati, se non ci mostra ancora il volto di qualcuno capace di ascoltarci, se non ci rivela il Tu in grado di cogliere la nostra voce, di non lasciarla cadere nel vuoto. Se non ci indica ancora il nome «dell’amico lontano che riempie il nostro cuore della sua assenza», può comunque smuovere qualcosa in noi, può mostrarci qualcosa di vero di noi, qualcosa di molto profondo e che dimentichiamo, ma di cui che lo vogliamo o no, in un modo o nell’altro, non possiamo fare a meno.

13

Lunedì 11Genesi 1, 1-25

1 In principio Dio creò il cielo e la terra. 2 Ora la terra era informe e deserta

e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. 3

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e

separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E

fu sera e fu mattina: primo giorno. 6 Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo

alle acque per separare le acque dalle acque». 7 Dio fece il firmamento e

separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra

il firmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e

fu mattina: secondo giorno. 9 Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo,

si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. 10 Dio

chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa

buona. 11 E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono

seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno

secondo la sua specie». E così avvenne: 12 la terra produsse germogli, erbe

che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno

ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era

cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno. 14 Dio disse: «Ci siano

luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano

da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e servano da luci nel

firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: 16 Dio fece

le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore

per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel firmamento del cielo

per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per separare la

luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina:

quarto giorno. 20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli

volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21 Dio creò i grandi

mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque,

14

secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio

vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi

e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E

fu sera e fu mattina: quinto giorno. 24 Dio disse: «La terra produca esseri

viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo

la loro specie». E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la

loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo

secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.

I VIAGGIATORI ED IL PLATANO

Era un pomeriggio caldo o polveroso. All’orizzonte apparvero due viaggiatori; erano

molto stanchi perché erano in viaggio dalle prime ore del mattino. Il sole splendeva

alto nel cielo e non c’era alcuna traccia d’ombra.

Inprovvisamente, in lontananza, i due scorsero un platano solitario ed i loro cuori

sobbalzarono di gioia.

«Un riparo, finalmente!», esclamò uno dl loro.

Entrambi affettarono il passo verso l’albero ancora lontano. Lo raggiunsero e si

ripararono sotto i suoi rami frondosi. Poi si sdraiarono soddisfatti sul terreno,

rilassandosi all’ombra, felici finalmente di sfuggire ai roventi raggi del sole.

Passato un po di tempo, mentre entrambi erano sdraiati ed osservavano i rami, uno

dei 2 esclamò: “é strano”. “Che cosa?”, chiese l’amico?”. “Questo platano, all’ombra

del quale ci stiamo riposando - spiegò il viaggiatore - hai mai riflettuto quanto sia

inutile? Non produce frutti, quindi non è di nessun giovamento all’uomo”. Sebbene

non parlasse con loro, il platano colse la conversazione che si svolgeva tra i due. “

Che gente ingrata - pensò amaramente - si stanno riparando dal sole sotto i miei

rami e ne traggono refrigerio. Ma mi ringraziano? Per niente! In questo momento,

mentre giacciono supini assaporando la frescura e l’ombra che io provvedo loro si

lamentano scioccamente della mia inutilità”.

15

Martedì 12Genesi 2, 4-15

4 Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio

campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il

Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo

6 e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; 7

allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue

narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. 8 Poi il Signore

Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva

plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi

graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo

al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. 10 Un fiume

usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro

corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese

di Avìla, dove c’è l’oro 12

e l’oro di quella terra è fine;

qui c’è anche la resina odorosa

e la pietra d’ònice. 13 Il secondo

fiume si chiama Ghicon: esso

scorre intorno a tutto il paese

d’Etiopia. 14 Il terzo fiume

si chiama Tigri: esso scorre

ad oriente di Assur. Il

quarto fiume è l’Eufrate.

15 Il Signore Dio prese

l’uomo e lo pose nel giardino

di Eden, perché lo coltivasse e

lo custodisse.

16

IL SOLDATO ED IL SUO CAVALLO

Tanto tempo fa c’era un soldato che dedicava ogni cura al suo cavallo. Sapeva infatti

che in battaglia la sua vita sarebbe dipesa dal suo destriero. Si assicurava sempre

che fosse nutrito con la migliore avena, abbeverato con l’acqua più limpida, che fosse

accudito diligentemente dagli stallieri e che avesse sempre un riparo per la notte. In

cambio l’animale servì il suo padrone: lo portò in battaglia senza mai ibizzarrirsi o

scappare per quanto il combattimento fosse feroce.

Quando la guerra finì il soldato tornò a casa; depose la spada e l’armatura e diventò

un contadino. Passava i suoi giorni lavorando nei campi. Anche in cavallo fu messo

a lavorare nella fattoria; sgobbava dall’alba al tramonto; tirava l’aratro ed eseguiva

tutti i lavori pesanti che la terra richiedeva. Poichè non c’erano più battaglie da

combattere; il soldato divenuto contadino non si preoccupava più del suo destriero

che veniva nutrito con foraggio scadente, trascurato nelle pulizie ed abbandonato

durante la notte.

Per questa incuria il cavallo dimagrì e si indebolì. Non era più un animale da guerra

ma da soma. La guerra riprese; al contadino fu chiesto di arruolarsi. Egli rispose

alla chiamata: indossò l’armatura, prese la spada ed ordinò di strigliare e sellare il

suo destriero. Tutto questo fu fatto; il cavaliere montò in sella, ma non andò molto

lontano. Gli anni di incuria avevano indebolito l’animale che non poteva più reggere

il peso del suo padrone; in breve gli si piegarono le zampe e cadde a terra. “Devi

proseguire a piedi - disse al cavaliere - anni di duro lavoro e di cibo scadente mi hanno

trasformato in un asino. Tu non puoi, in un attimo, farmi ridiventare un destriero”.

17

Mercoledì 13Matteo 25,14-30

14 Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi

servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro

due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16 Colui che

aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri

cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri

due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una

buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto

tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20

Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo:

Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri

cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato

fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo

padrone. 22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse:

Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.

23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel

poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24

Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so

che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non

hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco

qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che

mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti

dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato

il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i

dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza;

ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone

gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà

pianto e stridore di denti.

18

IL PESCIOLINO D’ORO

C’era una volta un pescatore, un uomo semplice che viveva delle sole ricchezze

donate dal mare. Una casetta umile e poco cibo a tavola bastavano a renderlo un

uomo felice. Un bel giorno, chissà come, il vecchio gettò la sua rete in mare, cominciò

a tirare e si accorse che era molto pesante, come mai gli era capitato. Quando, con

grande fatica riuscì a tirare fuori la rete dall’acqua, vi guardò dentro e vide che era

vuota: c’era in tutto un pesciolino, un pesciolino d’oro. Il pescatore si stupì, ancor

più quando il pesciolino d’oro gli parlò dicendo:”Lasciami vivere, ti prego liberami in

mare e ti prometto che esaudirò ogni tuo desiderio”. Il pescatore dall’animo buono e

semplice, lo lasciò vivere e gli chiese tanto pane, per sfamare a lungo sé e sua moglie.

Tornato a casa, il pescatore vide decine di pagnotte fragranti, e tutto felice per il pane

ricevuto in dono si rivolse a sua moglie raccontandogli del pesciolino d’oro. La moglie,

però, era una donna arcigna e ingrata, e rimproverò duramente suo marito:”Che ce

ne faremo di tutto questo pane? Tra qualche giorno sarà immangiabile! Che stupido

sei stato, avresti potuto chiedere una casa più grande! Ora va, torna al mare e chiedi

in dono al pesciolino d’oro una casa nuova.” Deluso dalle parole di sua moglie,il

pescatore tornò al mare, e chiese al pesciolino di donargli una grande casa. Al suo

ritorno, il pescatore vide che la sua umile casetta era diventata una reggia enorme e

bellissima! Eppure sua moglie, non contenta, continuò a rimproverarlo:”Ma cos’ha

fatto il pesciolino d’oro? Che me ne faccio di tanto spazio, chi la pulirà, chi se ne

prenderà cura? Ora va, torna dal pesciolino e chiedigli che io diventi la regina del

regno.” Sempre più incredulo, il pescatore fece come gli aveva detto sua moglie, e

per tutta risposta, diventata regina del regno, la donna fece rinchiudere suo marito

nelle segrete del castello e lo tenne lì per anni. Il pescatore fu liberato solo quando

sua moglie, stanca di essere regina, gli ordinò di tornare dal pesciolino d’oro e

chiedergli di farla diventare imperatrice delle terre e dei mari. Il pescatore si intristì

sentendo tale richiesta, “Perché vuoi sempre di più? Non ti basta tutta la ricchezza

che hai?” e la donna “Se non fai come ti ho detto, ti farò decapitare!”. Così, mogio

mogio, il pescatore andò dal pesciolino d’oro. Quel giorno il mare era burrascoso, e

lo stesso pesciolino era arrabbiato con il pescatore. Il brav’ uomo chiese al pesciolino

di rendere sua moglie imperatrice della terra e dei mari, lo pregò di farlo, altrimenti

avrebbe perso la vita. Questa volta il pesciolino non gli diede retta, si rituffò tra le

onde e sparì. Tornando al castello, il pescatore trovò una gradita sorpresa: la reggia

aveva lasciato il posto alla sua vecchia e umile casetta, e sua moglie sembrava aver

dimenticato ogni grandezza e pretesa. La semplicità era tornata a regnare in casa e

con essa la felicità del pescatore.

19

Giovedì 14Giovanni 13,36-38

36 Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io

vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 37 Pietro disse:

«Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». 38

Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non

canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

GLI SCACCHI E IL FARAONE

Il gioco degli scacchi è uno dei più antichi del mondo, per quanto non si sappia con

precisione chi l’abbia inventato: si presume i cinesi, alcune migliaia di anni fa, o forse

gli indiani. Lentamente, con il progredire delle relazioni commerciali, si diffuse in

altre regioni e specialmente in Persia, dove divenne ben presto popolare e dove

i pezzi acquistarono forme ben definite. Essi erano indicati come Re, Consigliere,

Elefante, Cavaliere, Carro di guerra, Soldati.

Il gioco arrivò in seguito in Egitto, portato da un ambasciatore persiano che volle

insegnarlo anche al Faraone. Questi, entusiasta del gioco, al termine della partita,

per testimoniare la propria gratitudine, invitò l’ambasciatore ad esprimere un

desiderio qualsiasi che sarebbe stato senz’altro esaudito. L’interpellato rispose

che voleva del grano: un chicco sulla prima casella della scacchiera, due chicchi

sulla seconda, quattro sulla terza e così continuando e raddoppiando, fino alla

sessantaquattresima casella.

“Una cosa da nulla” proclamò il Faraone, stupito che la richiesta fosse così misera,

e diede ordine al Gran Tesoriere di provvedere. Dopo oltre una settimana il

funzionario, che ne frattempo aveva tentato di fare i conti, si presentò dicendo:

“Maestà, per pagare l’ambasciatore non solo non è sufficiente il raccolto annuale

dell’Egitto, non lo è neppure quello del mondo intero, e neppure i raccolti di dieci

anni di tutto il mondo sono sufficienti”.

La storia non dice come rimase il Faraone a tale notizia, ma si suppone piuttosto

male; se anche qualche lettore fosse incredulo, lo invitiamo a fare le operazioni. Con

le moderne macchine calcolatrici potrà constatare, in breve tempo, che il funzionario

aveva detto la pura verità.

20

Venerdì 15Matteo 1,18-25

18 La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo.

Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero

venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19

Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia,

si propose di lasciarla segretamente. 20 Ma mentre aveva queste cose

nell’animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe,

figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché

ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. 21 Ella partorirà un

figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai

loro peccati». 22 Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era

stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 «La vergine sarà incinta

e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», he tradotto

vuol dire: «Dio con noi». 24 Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come

l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; 25 e

non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio;

e gli pose nome Gesù.

21

IL RAGAZZO ED IL LUPO

Un lupo si aggirava furtivamente tra i campi in cerca di cibo.

Un ragazzo lo scorse e fece per scappare. Si rese conto però che la belva lo avrebbe

raggiunto in pochi secondi, così provò a nascondersi tra l’erba alta, ma inutilmente.

Il lupo trovò il nascondiglio del ragazzo quasi subito e balzò su di lui mostrando i

denti. “Per favore non mangiarmi”, implorò il ragazzo tremando dalla paura.

Il lupo esitò. Era intenzionato ad uccidere e a divorare il giovane, ma per la verità

quel giorno aveva già catturato molti animaletti. Quindi decise di divertirsi con la sua

preda. “Molto bene - disse leccandosi le fauci. - Risparmierò la tua vita se mi dirai tre

cose che io non possa contraddire”. Il ragazzo pensò rapidamente.

“Bene - disse lentamente, - è un peccato che tu mi abbia visto”. “è vero - confermò il

lupo. - E questa è una”. “E - proseguì il ragazzo prendendo coraggio, - è un peccato

che io mi sia fatto vedere”.m“Anche questo è vero - annuì l’animale. - Ne hai

indovinato due su tre. Tutto dipende dalla tua terza risposta”. Terzo - disse il giovane

precipitosamente, - la gente odia i lupi perchè essi attaccano la pecore senza motivo”.

Il lupo rimase a lungo in silenzio. Il ragazzo si domandava se non avesse osato troppo.

MA il lupo era saggio e rispose: “Suppongo che sia vero dal tuo punto di vista. Puoi

andare”.

22

Sabato 16Matteo 5,33-37

33 «Avete anche udito che fu detto agli antichi: “Non giurare il falso; da’ al

Signore quello che gli hai promesso con giuramento”. 34 Ma io vi dico: non

giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35 né per la terra,

perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città

del gran Re. 36 Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far

diventare un solo capello bianco o nero. 37 Ma il vostro parlare sia: “Sì, sì;

no, no”; poiché il di più viene dal maligno.

IL LEONE E IL TOPOLINO

Il leone, orgoglioso e forte, era il re della giungla. Un giorno, mentre stava dormendo,

un piccolo topo si arrampicò sul suo muso. La belva si svegliò ruggendo. Afferrò il

topolino con una zampa ed alzò l’altra per schiacciare l’importuno.

«Oh, per favore, grande leone - squittì il poveretto. - Per favore non uccidermi.

Lasciami andare, ti prego. Un domani potrei esserti di aiuto».

Questa uscita divertì molto la belva: l’idea che una creatura tanto piccola e

spaventata potesse aiutare il re della foresta era così esilarante che non ebbe il

coraggio di ucciderlo. «Vattene - ruggì il leone, - prima che cambi idea».

Alcuni giorni dopo nella giungla arrivarono dei cacciatori decisi a catturare un leone.

Si arrampicarono su due alberi, ai lati dl un sentiero, e tesero una rete in alto.

Sul far della sera il leone si avvicinò a lunghe falcate ed i cacciatori lasciarono cadere,

all’improvviso, la rete sulla grande fiera. Il leone ruggì e lottò, ma non poté liberarsi.

I cacciatori si allontanarono per cenare lasciandolo intrappolato ed incapace di

muoversi. Il re della foresta ruggì in cerca di aiuto, ma l’unica creatura che ebbe il

coraggio di accorrere fu il topolino.

«Oh! sei tu - ringhiò il leone. - Non c’è niente che tu possa fare per me. Sei troppo

piccolo». «Avrai anche ragione - replicò il roditore, - ma io ho denti taglienti e devo

ricambiarti un favore». Cominciò a rosicchiare la rete e in breve riuscì a ritagliare

un buco abbastanza grande da permettere al leone di fuggire e, quindi, di trovare la

salvezza nella giungla.

23

Preghiera

Fiamma rubino fiamma che scalcia tra braci arrossatefiamma che morde cenere terra respiro dei boschi

sussurrami il nomesussurrami il nome

di chi è aratro del cielo e vi semina stelleun tetto di sogni socchiusi

chi è che bussa al tuo petto danzando un tip tap un dolce ballato per te

Questa sera il mio blues lo suono per te

Stella del cielo bianca nel nero che grande ci avvolgevenere bella perla che brilla sul collo di donna

sussurrami il nomesussurrami il nome

di chi è onda del mare e gioca col sole e ci tingele mani d’azzurro

chi è che bussa al tuo petto danzando un tip tap undolce ballato per te

questa sera il mio blues lo suono per tequante volte hai graffiato la pelle nel sogno

strette le mani nel pugnoquante strade bruciate per mordere il vero

tenuto tra i denti correndoquanto basta questo poco di tempo per noi

amoree forse è solo un uomo fragile fragile fragile

questa sera il mio blues lo suono per tequesta sera il mio blues lo suono per te

Scende la sera

Scende la sera e distende il suo mantello di vele la terra calma e silente si raccoglie nel mister

O Vergine di luce stella dei nostri cuorascolta la preghiera santa Madre del Salvator

Tu delle stelle signora volgi lo sguardo quaggiùdove i tuoi figli sotto le stelle ti ameranno sempre più

Signor fra le tende

Signor tra le tende schieratiper salutar il dì che muor

le note di canti accoratileviamo a te, calde d’amor.

Ascolta tu l’umil preghierache d’aspro suol s’ode innalzar

a te cui mancava, la sera,un tetto ancor per riposar.

Chiedon sol tutti i nostri cuoria te sempre meglio servir,

genufletton qui nel piani tuoi esplorator.

Tu dal ciel benedici o Signor.