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29 aprile 1877 «Chiamiamolo Il Telegrafo!» 7 17 marzo 1883 La prima volta della Lepanto 9 1° luglio 1894 E un coltello uccise Bandi 11 24 ottobre 1896 Tiburzi, l’ultimo brigante 13 15 febbraio 1907 Muore Carducci, il Vate 13 24 maggio 1915 L’ora della Grande Guerra 15 21 gennaio 1921 A Livorno nasce il Pci 17 16 agosto 1924 «Uccidete Matteotti» 17 24 aprile 1930 Edda e Galeazzo oggi sposi 19 14 agosto 1933 Balbo vola e supera l’Atlantico 21 19 giugno 1938 Gli azzurri bissano, Bartali trionfa 21 27 giugno 1939 Addio a Ciano, per tutti Ganascia 23 10 giugno 1940 «Vincere, e vinceremo» 25 25 luglio 1943 Cade Mussolini, potere a Badoglio 27 8 settembre 1943 Tutti a casa, è armistizio 27 11 gennaio 1944 Per Ciano due colpi alla tempia 29 15 aprile 1944 «È lei il senatore Gentile?» 29 28 gennaio 1945 Con la libertà arriva il “Tirreno” 31 28 aprile 1945 Il giorno di Piazzale Loreto 33 2 agosto 1945 Muore Mascagni e l’Italia si divide 35 31 marzo 1946 Ecco la Vespa, due ruote di libertà 37 2 giugno 1946 Le urne dissero: Repubblica 39 18 aprile 1948 La DC acchiappatutto 41 14 luglio 1948 Hanno sparato a Togliatti! 43 4 maggio 1949 Il Torino scompare a Superga 45 10 ottobre 1951 Con il boom esplodono le tasse 46 11 aprile 1953 Scandalo Piccioni, droga e politica 47 5 maggio 1954 I 43 morti di Ribolla 50 26 maggio 1954 Per Guareschi è la galera 51 29 aprile 1955 Gronchi sale al Quirinale 51 30 aprile 1955 Ribot, bruttino ma imbattuto 53 26 novembre 1955 Lascia o raddoppia? 53 26 ottobre 1956 Sangue nelle strade di Budapest 55 28 ottobre 1958 Suona l’ora del Papa buono 57 14 luglio 1960 Cassola e Bube superstar 59 15 luglio 1960 L’oro di Livio Berruti 61 11 novembre 1961 Strage a Kindu 63 27 ottobre 1962 Mattei, incidente o sabotaggio? 63 9 ottobre 1963 Il disastro del Vajont 65 22 novembre 1963 Tre colpi, e Kennedy è morto 67 5 ottobre 1964 L’autostrada accorcia l’Italia 69 12 dicembre 1969 La bomba di piazza Fontana 71 3 settembre 1972 Olimpiadi di sangue a Monaco 73 12 maggio 1974 Vince il divorzio, perde Fanfani 75 16 giugno 1977 Rinasce il “Tirreno” 77 16 marzo 1978 «Abbiamo rapito Aldo Moro» 79 6 novembre 1981 I primi 100 anni dell’Accademia 81 11 aprile 1991 Moby Prince in fi amme 82 17 febbraio 1992 La chiamarono Tangentopoli 83 23 maggio 1992 Falcone ammazzato dalla mafi a 83 13 maggio 1999 Il nostro Ciampi al Quirinale 85 1 gennaio 2000 Un millennio di speranze 86 1 gennaio 2001 In tutta Europa una sola moneta 86 11 settembre 2001 New York colpita al cuore 87 20 marzo 2003 Per la seconda volta guerra all’Irak 89 2 aprile 2005 Da Wojtyla a Ratzinger 91 8 luglio 2006 A sorpresa, campioni a Berlino 93 27 settembre 2006 E Bettini vince il mondiale 93 2 febbraio 2007 Il calcio fi nisce ko 95 19 marzo 2007 Daniele libero 95 Indice dell’opera

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29 aprile 1877 «Chiamiamolo Il Telegrafo!» 717 marzo 1883 La prima volta della Lepanto 91° luglio 1894 E un coltello uccise Bandi 1124 ottobre 1896 Tiburzi, l’ultimo brigante 1315 febbraio 1907 Muore Carducci, il Vate 1324 maggio 1915 L’ora della Grande Guerra 1521 gennaio 1921 A Livorno nasce il Pci 1716 agosto 1924 «Uccidete Matteotti» 1724 aprile 1930 Edda e Galeazzo oggi sposi 1914 agosto 1933 Balbo vola e supera l’Atlantico 2119 giugno 1938 Gli azzurri bissano, Bartali trionfa 2127 giugno 1939 Addio a Ciano, per tutti Ganascia 2310 giugno 1940 «Vincere, e vinceremo» 2525 luglio 1943 Cade Mussolini, potere a Badoglio 278 settembre 1943 Tutti a casa, è armistizio 2711 gennaio 1944 Per Ciano due colpi alla tempia 2915 aprile 1944 «È lei il senatore Gentile?» 2928 gennaio 1945 Con la libertà arriva il “Tirreno” 3128 aprile 1945 Il giorno di Piazzale Loreto 332 agosto 1945 Muore Mascagni e l’Italia si divide 3531 marzo 1946 Ecco la Vespa, due ruote di libertà 372 giugno 1946 Le urne dissero: Repubblica 3918 aprile 1948 La DC acchiappatutto 4114 luglio 1948 Hanno sparato a Togliatti! 434 maggio 1949 Il Torino scompare a Superga 4510 ottobre 1951 Con il boom esplodono le tasse 4611 aprile 1953 Scandalo Piccioni, droga e politica 475 maggio 1954 I 43 morti di Ribolla 5026 maggio 1954 Per Guareschi è la galera 5129 aprile 1955 Gronchi sale al Quirinale 51

30 aprile 1955 Ribot, bruttino ma imbattuto 5326 novembre 1955 Lascia o raddoppia? 5326 ottobre 1956 Sangue nelle strade di Budapest 5528 ottobre 1958 Suona l’ora del Papa buono 5714 luglio 1960 Cassola e Bube superstar 5915 luglio 1960 L’oro di Livio Berruti 6111 novembre 1961 Strage a Kindu 6327 ottobre 1962 Mattei, incidente o sabotaggio? 639 ottobre 1963 Il disastro del Vajont 6522 novembre 1963 Tre colpi, e Kennedy è morto 675 ottobre 1964 L’autostrada accorcia l’Italia 6912 dicembre 1969 La bomba di piazza Fontana 713 settembre 1972 Olimpiadi di sangue a Monaco 7312 maggio 1974 Vince il divorzio, perde Fanfani 7516 giugno 1977 Rinasce il “Tirreno” 7716 marzo 1978 «Abbiamo rapito Aldo Moro» 796 novembre 1981 I primi 100 anni dell’Accademia 8111 aprile 1991 Moby Prince in fi amme 8217 febbraio 1992 La chiamarono Tangentopoli 8323 maggio 1992 Falcone ammazzato dalla mafi a 8313 maggio 1999 Il nostro Ciampi al Quirinale 851 gennaio 2000 Un millennio di speranze 861 gennaio 2001 In tutta Europa una sola moneta 8611 settembre 2001 New York colpita al cuore 87 20 marzo 2003 Per la seconda volta guerra all’Irak 892 aprile 2005 Da Wojtyla a Ratzinger 918 luglio 2006 A sorpresa, campioni a Berlino 9327 settembre 2006 E Bettini vince il mondiale 932 febbraio 2007 Il calcio fi nisce ko 9519 marzo 2007 Daniele libero 95

Indice dell’opera

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Finegil Editoriale S.p.A.“IL TIRRENO”

Livorno, Viale Alfi eri, 9Tel. 0586/220111

Direttore ResponsabileBRUNO MANFELLOTTO

CondirettoreNINO SOFIA

VicedirettoreROBERTO BERNABO’

Progetto Grafi coROBERTO COLONNACCHI

ImpaginazioneGRAFICA & IDEE Livorno

TestiALDO SANTINI

FotoARCHIVIO DEL “TIRRENO”

StampaPACINI EDITORE - PISA

L’orgoglio del “Tirreno”

S ono pochi o tanti 130 anni? Certo, nella storia di una città — pur giovane come Livorno — sono relativamente pochi. Ma se questo secolo e (quasi) mezzo di vita abbraccia la nascita del-l’Italia moderna e accompagna tutto intero il “secolo breve”

con le sue scoperte, le sue rivoluzioni, le sue guerre, l’esplodere delle sue mille contraddizioni, allora centrotrent’anni diventano improvvisamente tanti, e talmente ricchi e complessi da meritare una rilettura, un raccon-to, una rifl essione. Anche diversi dal solito.

Ecco perché questa volta abbiamo pensato di festeggiare il nostro com-pleanno in modo un po’ diverso, cioè non ripercorrendo solo la straordina-ria avventura di questo giornale e dei suoi collaboratori, le sue mille batta-glie; ma rileggendo la storia d’Italia, della Toscana e delle sue città attra-verso le prime pagine del “Telegrafo” e del suo fi glio diretto, il “Tirreno”.

Non potevamo che affi dare questo lavoro ad Aldo Santini, garbato me-morialista, attento testimone del tempo da sempre legato alla famiglia del “Tirreno”, giornale nel quale ha lavorato a lungo e con il quale ha conser-vato un fi lo tenacissimo anche quando è emigrato verso altre testate.

Certo, lo spazio ristretto (nemico numero uno di tutti i giornali) ci ha costretto a scelte drastiche, e sintetizzare centrotrent’anni in meno di ses-santa capitoli è costato molti sacrifi ci.

Ma siamo convinti che, nonostante tutto, rivivere attraverso le prime pagine la morte di Carducci o i kamikaze di Al Qaeda che si schianta-no sulle Twin Towers, le nozze di Edda e Galeazzo Ciano o la nascita del-l’euro, lo scandalo Piccioni e l’attentato a Falcone, i morti di Ribolla e la scomparsa di papa Wojtyla, comunichi tuttora interesse, fascino, com-mozione. E orgoglio.

Sì, dovremmo essere tutti orgogliosi della storia, della forza e della li-bertà di questo giornale. E augurargli altri centotrent’anni almeno di vi-ta e di successi.

www.biliardietrusco.com [email protected] TEL. 0587 489354

IL BILIARDO CHE SI TRASFORMA IN TAVOLO

PRESTIGIO E DIVERTIMENTO IN CASAPING PONG CALCETTI POOL SNOOKER

di Bruno Manfellotto

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I 130 anni del giornale che ha fatto la storia di Livorno, nato il 29 aprile 1877, con la nuovissima testata “Il Telegrafo” a opera di Giuseppe Bandi, il maremmano aiutante di Ga-ribaldi nella spedizione dei Mille, hanno una svolta il 28 gennaio 1945, quando tra le ro-vine della città distrutta dalla guerra, esce “Il Tirreno”, il quotidiano dove da allora molti di noi lavorano con grande orgoglio.

«Il Tirreno» viene fondato da Athos Gastone Banti, il livornese che aveva debuttato nel «Telegrafo» e meritò la medaglia d’argento nella Grande Guerra in concorrenza agli invia-ti del «Corriere della Sera» Lugi Barzini, Guelfo Civinini e Arnaldo Fraccaroli.

A.G.B. è una fi rma storica. I livornesi, caustici, fi n dal primo ’900 l’hanno trasforma-to in «Athos, bastone e guanti». E lui racconta: «A Livorno, nel gennaio ’45 non c’era ac-qua, né luce. I livornesi che tornavano dallo sfollamento, ricominciavano da zero. L’usci-ta del “Tirreno” fece epoca. Era una sola pagina, formato tabloid, e costava una lira. Lo mettemmo insieme in una serata, con le notizie raccolte da una radio scassata. I nostri ardenti concittadini bevettero come fossero tanti bicchierini di rosolio le 7mila copie che avevamo stampato».

La carta era del giornalino «Stars and Stripes» della 5ª Armata che si faceva nel pa-lazzo del «Telegrafo» rimasto miracolosamente intatto, e aveva un formato più piccolo dei nostri tabloid. Tra i suoi redattori c’era un oriundo russo-polacco, Micheal Kamene-stsky, che si fi rmava Ugo Stille e che nel ’46 divenne corrispondente dagli Usa del «Cor-riere della Sera». C’era Tommaso Giglio che avrei avuto direttore all’«Europeo». E c’era il giovanissimo Ottorino Rastelli allevato alla scuola del «Telegrafo» di Ansaldo, destina-to al «Giorno» di Mattei.

Gli americani occupavano tutte le stanze e per settimane noi del «Tirreno» lavorammo nei corridoi. Partiti gli americani, «Il Tirreno», si normalizzò. Uscì a 2 e a 4 pagine. Toccò le 30mila copie. Si diffuse dalla Spezia a Orbetello. La formula del giornale indipendente piaceva. Salì a 80mila copie.

Noi cronisti, la notte, seguivano i traccianti delle mitragliere americane, in bicicletta o a piedi, per accorrere nei paraggi dei depositi assaliti dai fuorilegge. Fui io a denuncia-re che le battaglie erano delle sceneggiate per coprire gli svaligiamenti compiuti in pie-no giorno dagli stessi americani in combutta con le bande locali. Successe un quarantot-to. La polizia Usa sollevò di peso il direttore, che era Dino Provenzal, un «dantista» illu-stre amico di A.G.B., e lo condusse al comando in via Roma, chiedendogli la testa dell’au-tore dell’articolo. Provenzal ebbe la dignità di mettere sotto accusa il personale dei depo-siti. L’interrogatorio fi nì con una stretta di mano e tante scuse degli Alleati.

È vero, siamo stati, e lo siamo, la storia del nostro tempo. Questa raccolta dimostra che un giornale non informa soltanto i cittadini di ciò che avviene intorno a loro, si tra-sforma nella memoria della vita che abbiamo vissuto. Lo diceva Mino Caudana, il diretto-re che era stato redattore capo dell’ «Avanti» di Nenni e convinse Edda Ciano, la vedova di Galeazzo fucilato a Verona, a dettare nel ’47 la sua prima lunga intervista. La convinse addirittura a lasciare, un pomeriggio, la villa di Ponte a Moriano, dove era morto Costan-zo Ciano, per visitare lo stabilimento che ancora le apparteneva. Io ero presente. Quando Edda entrò nel grande locale delle linotypes e dei banconi d’impaginazione, tutte le mae-stranze si alzarono in piedi per accoglierla in rispettoso silenzio. Edda impallidì, sussurrò un grazie a mezza voce, e sul suo volto scarno scesero due lacrime. Anche questa è storia, mai scritta prima. Che merita, penso, di entrare nella memoria del «Tirreno».

Che emozione rileggere 130 annidi Aldo Santini

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29 aprile 1877

Guerrazzi diceva che una città, per essere importante, deve avere un giornale suo con un direttore che si fa sentire e si fa leggere.

Livorno era importante fi n dal ’600 ma ha un quotidiano con vero direttore solo dopo che chiama il maremmano Giuseppe Bandi, aiutante di Garibaldi nella spedizione dei Mil-le, a dirigere la nuova «Gazzetta Livornese», nel 1872, con uno stipendio mensile di 500 lire. E ap-pena scop-pia la guer-ra tra Russia e Turchia, il Bandi pensa a un secondo giornale.

Ai redattori e tipografi dice: «Ragazzi biso-gnerebbe uscire il pomeriggio col bollettino della guerra. Venderemo un sacco di copie. Ma ci vuole una bella testata. Chi di voi ha un titolo breve, che riassuma i tempi di og-gi, facile a gridare?».

Un proto urla: «Il Telegrafo!». «Bello» esclama il Bandi, che ripete ad alta voce: «Legghino signori.

Il Telegrafo! Il Telegrafo!». Così «Il Tele-

«Chiamiamolo Il Telegrafo!»

Giuseppe Bandi

Fu un tipografo a inventare quel nome. Il giornale uscivaal pomeriggio e fu subito boom

grafo» debutta il 29 aprile 1877 come gior-nale del pomeriggio all’insegna della rapi-dità e del progresso. Costa 5 centesimi e va subito a gonfi e vele.

Con questa macchina si stampavano le prime copie del nuovo giornale

Giuseppe Garibaldi

ss.SA

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17 marzo 1883

Costruita tutta in ferro su progetto di Benedetto Brin, la «Lepanto» viene annun-ciata come la corazzata più veloce e più po-tente del mondo.

Il sabato 17 marzo, per il varo, è una gran-de festa, a Livorno. Arrivano re Umberto e la regina Margherita. Ma il varo si presenta dif-fi cile. Gli esperti italiani ed europei sosten-gono che lo specchio d’acqua prospicente il Ponte Nuovo è troppo breve in rapporto ai 122 metri e al peso del colosso.

Per frenare la sua corsa l’ing. Salvatore Or-lando, fi glio di Luigi, il fondatore del Cantie-re Orlando, ha teso una ventina di gomene a metà percorso. Tutta la responsabilità è sua e corre voce che abbia una pistola in tasca con il colpo in canna, pronto a spararsi se il varo fi nisce in un disastro.

Non è stato facile avere l’appalto.È la prima volta, in Italia, che una grande

nave viene costruita in un cantiere privato. Ma il varo riesce perfetto.

Le gomene frenano la corsa della «Lepan-to» che si blocca a pochi metri dal molo del bacino sollevando un’onda gigantesca che travolge gli spettatori accalcati là sopra.

La prima volta della Lepanto

La corazzata Lepanto costruita nel cantiere livornese

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1 luglio 1894

E un coltello uccise BandiLivorno è divenuta una capitale dell’anar-

chia. E il Bandi non risparmia critiche agli attentati che insanguinano l’Europa.

Il 1º gennaio 1889 una bomba esplode nel-l’edifi cio di via degli Elisi che ospita «La Gaz-zetta Livornese» e «Il Telegrafo».

Seconda bomba il 22 mar-zo 1893 poco distante alla pa-lazzina del Bandi, in via del-la Ville.

Nel giugno del ’94 quando Paolo Lega attenta a Crispi, il Bandi scrive un articolo di fuoco. E si ripete pochi giorni dopo allor-ché Sante Caserio uccide il presidente fran-cese Carnot.

Il direttore del “Telegrafo” pugnalato in carrozza dopo un duro articolo contro gli anarchici

E il 1º luglio, una domenica, il Bandi vie-ne pugnalato come Carnot mentre nella sua carrozza si reca al giornale. La ferita è pro-fonda

Il fegato è squarciato, i reni perforati. «Be-ne spese le mie ferite a Calatafi mi» mormora

il Bandi prima di morire.«Il Telegrafo» esce in edi-

zione straordinaria. Funera-li imponenti.

L’attentatore, che è salito scalzo sul predellino della carrozza, viene arrestato in

Corsica e condannato a trent’anni. Si chiama Oreste Lucchesi. Ergastolo a Rosolino Romi-ti, l’istigatore del delitto.

na.it

nce

ss

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Domenico Tiburzi fotografato da morto

24 ottobre 1896

Domenico Tiburzi è il bri-gante leggenda-rio della Marem-ma che lo stori-co di Manciano Alfi o Cavoli de-fi nisce inesora-bile con i tra-ditori, clemen-te con i carabi-nieri («poveri fi -gli di mamma»), disponibile con i grandi proprie-

tari disposti a pagarlo puntualmente, soc-correvole con i disgraziati ai quali non di

Giosuè Carducci

Muore Carducci, il Vate15 febbraio 1907

rado tendeva una mano. Insomma: un bri-gante «buono». Che il questore di Firen-ze segnalò a una recita di gala alla Pergola, vestito di nero, in una delle prime fi le della platea. «Ma quando andammo per catturar-lo era già sparito».

Per 24 anni fu imprendibile. Caduto uffi -cialmente a 60 anni sotto il piombo dei cara-binieri della Marsiliana e di Capalbio, la sua morte è avvolta nel mistero. Sarebbe stato il suo vice Fioravanti a ucciderlo, pagato da un famoso nobile della bassa Maremma, ti-moroso che della sua cattura e delle sue di-chiarazioni emergessero le prove di un lun-go favoreggiamento e della continuata sov-venzione di denaro. La scomparsa di Tiburzi scatena un’ondata di brigantaggio impunito e non più «frenato».

L’Italia è molto cambiata.Il Novecento si apre con l’assassinio di Re

Umberto I, il 20 luglio 1900, a Monza.L’autore è l’anarchico pratese Gaetano Bre-

sci rientrato appositamen-te da Paterson (USA) covo degli anarchici italiani.

Attende che il re gli passi davanti in carrozza, avan-zando lentamente tra la folla, e in piedi su una se-dia, gli ha sparato tre colpi di pistola, tutti a segno.

Marconi è già avanti con i suoi esperimenti radio. Ha fatto epoca il processo a Lucca del brigante Muso-lino. E a 72 anni si spegne

a Bologna Giosuè Carducci.Ha insegnato letteratura italiana all’uni-

versità fi no al 1904.Nel 1905 è stato abbracciato dalla regina

Margherita.Nel 1906 ha ricevuto il Pre-

mio Nobel. «Ora sono davvero soddisfatto», ha detto. Soddi-sfatto nei confronti di Gabriele D’Annunzio, è certo, il «nuovo vate» che comincia a metterlo in ombra.

Carducci eletto «vate» nazio-nale quando era ancora giova-netto. D’Annunzio ne ha 44 e si è già imposto nei salotti e in letteratura con i suoi romanzi, i suoi drammi e le sue poesie.

Tiburzi, l’ultimo brigante

TIO 184296-20

GGIONICA

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24 maggio 1915

L’ora della Grande GuerraL’attentato di Sarajevo del 28 giu-

gno 1914, dove rimangono uccisi l’arcidu-ca Francesco Ferdinando e sua moglie So-fi a, è la scintilla che fa esplodere la guerra mondiale.

L’ultimatum austriaco alla Serbia è del 23 luglio. Inaccettabile. Il 28 la parola è ai can-noni.

L’Europa s’in-fi ammma.

E l’Italia? Le fe-rite del tremendo terremoto di Mes-sina del dicem-bre 1908 sono anco-ra aperte.

E la guerra in Libia nell’autunno del 1911 è costata molto.

Il 2 agosto 1914 si proclama neutrale. Spaccandosi in due: neutralisti contro in-terventisti. Più batta-glieri, gli interventi-sti hanno il soprav-vento, ma a loro vol-ta sono divisi tra na-zionalisti fedeli all’al-leanza con l’Austria e la Germania, e gli ir-ridentisti che voglio-no marciare contro gli imperi centrali.

Nella primavera del 1915 il re Vittorio Emanuele III decide di passara nel campo dell’Inghilterra e della Francia.

E il 24 maggio 1915, un lunedì, l’Italia di-chiara guerra all’Austria.

Il sanguinoso confl itto non risolverà nien-te, creando le premesse del secondo confl it-to mondiale.

Un anno dopo l’attentato di Sarajevo, l’Italia entra in un confl itto che non risolverà niente

Soldati italiani

al fronte

Vittorio Emanuele III

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21 gennaio 1921

A Livorno nasce il Pcidella Sera» commenta che si tratta di una singolare vigi-lia rivoluzionaria se, per te-nere il loro congresso, i ri-voluzionari si fanno proteg-gere dalla polizia dello Stato che vogliono abbattere. Ma dal congresso di Livorno, invece della rivoluzione co-munista, nasce la controri-voluzione della destra agra-ria e industriale.

I fascisti introducono un elemento nuovo, quello del sovversivismo di destra, che ha come bersaglio le orga-nizzazioni operaie.

“Uccidete Matteotti!”16 agosto 1924

Livorno ha il suo quarto d’ora di fama naziona-le con il congres-so straordinario

del Psi. Il campo socialista si spacca. L’ala si-nistra abbandona il Teatro Goldoni, sede del congresso, e sfi la per le vie della città sotto la pioggia cantando l’Internazionale.

Nel Teatro San Marco, dove piove dal tet-to, nasce il Partito Comunista Italiano. Il Psi intendeva fare il congresso a Firenze, ma Fi-renze non dava garanzie per l’incolumità dei delegati. Anche a Livorno, però, i fascisti so-no minacciosi. Il governo ha ordinato che Li-vorno venga presidiata da 1.500 soldati, 1.000 guardie regie e 1.000 carabinieri. Il «Corriere

Con la marcia «ferro-viaria» su Roma del 28 ot-tobre 1922 Mussolini ha conquistato il potere.

Nel primo governo fa-scista troviamo anche Co-stanzo Ciano, eroe della Marina nella Grande Guer-ra, che è entrato in politi-ca nel ’21.

Mussolini lo ha nomina-to sottosegretario alla Marina. Gronchi è sot-tosegretario all’Industria e Commercio.

Nel ’23 Ciano realizza il suo progetto per-sonale più importante: fare del «Telegrafo» il suo giornale.

Il 1924 è l’anno della svolta del fascismo.Il 30 maggio, Giacomo Matteotti, segreta-

rio dei socialdemocratici, marito della sorella

del grande baritono pisano Tit-ta Ruffo, pronuncia a Monteci-torio una durissima requisito-ria contro i fascisti.

Mussolini reagisce violento: «Quest’uomo non dovrebbe più circolare».

Il 10 giugno Matteotti vie-ne aggredito e rapito sul Lun-gotevere.

Il suo cadavere viene trovato il 16 agosto, a 25 chilometri da Roma. Inva-no Mussolini si dissocia.

Le minoranze d’opposizione si ritirano dal-la Camera sperando nell’intervento del re. Ma il re li delude.

E Mussolini trionfa.Vara lo Stato fascista defi nendolo «demo-

crazia autoritaria».

Lo storico Teatro Goldoni di Livorno,recentementerestaurato, dove si consumò la scissione del Psi

Giacomo Matteotti alla Camera dei Deputati

Titta Ruffo

Benito Mussolini

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Galeazzo, il fi glio di Costanzo Ciano, ha incontrato Edda, la primogenita di Mussoli-ni, si sono piaciuti, si sono sposati.

Un matrimonio politico, certo, perché Mussolini stima molto Ciano, lo ha nominato segretamente suo erede, ma è anche un ma-trimonio d’amore. Nel frattempo c’è stata la trasvolata atlantica di Lindbergh, nel ’27, la tragedia di Nobile al Polo Nord con il dirigi-bile «Italia» nel ’28, e la fi rma del Concor-dato tra Mussolini e il Vaticano nel ’29. Dun-que è un Mussolini felice quello che il gio-vedì 24 aprile spalanca le porte di Villa Tor-lonia, la sua residenza, al bel mon-do del fascismo, per le nozze della fi glia che gli somiglia parecchio.

La moglie Rachele

24 aprile 1930

Edda e Galeazzo oggi sposinon lo è affatto. Galeazzo non le piace nem-meno un po’ e lo ha detto. Galeazzo, dopo un tentativo di farsi largo tra gli intellettua-li, è stato messo in riga dal padre e sta facen-do carriera in diplomazia.

Ha 27 anni, Edda 20. Vanno in luna di mie-le a Capri. Poi andranno in Cina, sede del-l’incarico di Galeazzo, console generale a Shanghai.

Rachele Mussolini

La prima pagina del “Telegrafo” dedicata alle nozze

Mussolini a Villa Torlonia

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I famosi “Savoia-Marchetti S.55”, a bordo dei quali Italo Balbo e i suoi compagni compirono la trasvolata atlantica

14 agosto 1933

Balbo vola e supera l’AtlanticoQuel giorno Italo Bal-

bo, reduce dalla trionfale impresa che con 24 idro-volanti e 116 uomini lo ha portato da Orbetello a Chi-

cago-New York-Roma, 13 tappe e 20mila chilometri per

97 ore di volo, accoglie re Vit-torio Emanuele III a Orbetello. E il

re, complimentandosi gli dice che ha segnato l’inizio di una nuova era per l’aviazione.

Già aveva fatto epoca il volo nel dicembre 1930-gennaio 1931 da Orbetello a Rio de Ja-neiro con 12 aerei e 48 uomini. L’Italia ha ap-plaudito Balbo il 12 agosto quando con i suoi idrovolanti è ammarato alla foce del Tevere, radiocronista Marinetti. Il 13 gli «atlantici»

sfi lano come gli antichi guerrieri romani sot-to l’Arco di Costantino. Balbo riceve da Mus-solini il berretto di maresciallo dell’aria. Ma la sua carriera di aviatore è conclusa. Mus-solini, geloso della sua popolarità, lo allonta-na dall’Italia nominandolo governatore del-la Libia. A Chicago c’è ancora una General Balbo Avenue. A chi gli chiedeva di rimuo-verla, il sindaco ha risposto: «Perché, Balbo non ha trasvolato l’Atlantico?».

Gli azzurri bissano, Bartali trionfa19 giugno 1938

Accusata di aver vinto i «mondiali» del 1934 a Roma per meriti politici, la «naziona-le» di Vittorio Pozzo vince alla grande quelli successivi del ’38 in Francia.

Battuta la Norvegia nei tempi supplemen-tari (rischiando l’eliminazione) a Marsiglia tra i fi schi dei fuorusciti italiani, gli azzur-

ri superano la Francia a Parigi e puniscono, di nuovo a Mar-siglia, gli esibizionisti brasi-liani.

Finale a Parigi con l’Unghe-ria: 4 a 2. Formazione: Olivieri, Foni, Rava, Serantoni, Andreo-lo, Locatelli, Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi. Vitto-riosi anche alle Olimpiadi di Berlino nel ’36, i calciatori «azzurri» di Poz-zo hanno confermato la loro supremazia. È un ’38 magico per l’Italia.

Nearco rimanendo imbattuto (sarà venduto subito agli inglesi) vince a Parigi il Grand Prix di galoppo e Gino Bartali si aggiudica il Tour de France. Il presidente francese Lebrun, por-gendo a Meazza la Coppa Rimet, esclama: «Ils gagnent tout, ces italiens!».

Gino Bartali

A sinistra Italo Balbo

La formazione italiana vittoriosa

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“Il Telegrafo” annunciala morte

Il popolare «Ganascia», così chiamano Costanzo Ciano i livornesi che nel 1936 lo hanno visto a tavola nella memorabile cac-ciuccata di piazza Maz-zini, muore nella notte tra il 26 e il 27 giugno.

Aveva 63 anni ma ne dimostrava di più.

Ha esalalato l’ultimo respiro nella sua vil-la di campagna, a Pon-te a Moriano, dopo aver banchettato ad Anti-gnano, nella casa dei migliori amici livorne-si, i fratelli Baiocchi. Ri-ceve onori solenni.

È il primo grande ge-rarca ad essere saluta-to in pom-pa magna. Il primo e l’ul-timo. Il re in lacrime davanti alla sua salma.

Mussolini che accorre dalla Romagna pi-lotando un trimotore.

La Livorno fascista lo amava perchè era sanguigno e generoso, ed era rimasto un li-vornese verace. I funerali richiamano a rac-colta l’Italia del consen-so. Da Tripoli giunge in volo Balbo. Quattro co-rone si impongono sulle altre: quelle di Hitler, di Göering, di Ribbentrop e di Hess.

Unico assente l’ex se-gretario del partito Giu-rati, che aveva accusato Ciano di affarismo.

Due mesi dopo scoppia la guerra mondiale.

27 giugno 1939

Addio a Ciano, per tutti Ganascia

È il primo grande gerarca ad essere salutato in pompa magna. Sanguigno e generoso, la Livorno fascista lo amava

Costanzo Ciano

I solenni funerali del gerarca fascista nell’attuale piazza Grandea Livorno

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10 giugno 1940

Mussolini raggiunge il culmine del con-senso il 9 maggio ’36 quando annuncia la fondazione dell’Impero con la vittoria della guerra in Etio-pia che frutta all’aviatore Ga-leazzo Ciano, decorato della medaglia d’argento, la nomi-na a ministro degli Esteri.

Finita la guerra in Etio-pia, comincia quella civile in Spagna e il di-sastro di Guadalajara, una battaglia che op-pone italiani contro italiani, non mette sul-l’avviso Mussolini.

È la prima sconfi tta militare del fascismo. Intanto il 15 giugno 1936 la Fiat lancia l’uti-litaria 500 Topolino. Costa 8.900 lire, quan-

«Vincere, e vinceremo»do gli italiani sognano di guadagnare mille lire al mese.

Il dramma incombe. Il 9 giu-gno ’37 i fratelli Rosselli ven-gono uccisi in Francia da un gruppo fascista antisemita. Nel ’38 Hitler occupa l’Austria e nel ’39 la Polonia.

Scoppia la seconda guerra mondiale.

L’Italia occupa l’Albania, firma il patto d’acciaio con Berlino e dichiara la non bel-ligeranza.

Ma il 10 giugno 1940, dopo che Hitler ha invaso la Francia, entra in guerra e in otto-bre attacca la Grecia.

Carlo Rosselli al fronte con un commilitone

Dopo che Hitler ha invaso la Francia, anche l’Italia entra in guerra e attacca la Grecia

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Il maresciallo Badoglio

Drammatica seduta del Gran Consiglio del fascismo.

Mussolini cade a opera di una fronda interna di gerarchi gui-dati da Grandi e Bottai. Vi par-tecipa anche Galeazzo Ciano, il genero del «duce». E, sciolta la seduta, Antonino Tringali Ca-sanuova, primo sindaco di Ca-stagneto nel «ventennio», pre-sidente del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, avvici-na Galeazzo e gli dice: «Giova-notto pagherete il vostro tradi-mento col sangue». La battuta sarà riferita da Edda Ciano al di-rettore del «Tirreno» Mino Cau-

Il 3 settembre il gover-no italiano fi rma l’armisti-zio con gli Alleati a Cassi-bile, in Sicilia. Hanno com-pletato la conquista dell’iso-la dove sono sbarcati il 10 lu-glio. Prevedibile la reazione dei tedeschi che occupano i principali punti strategici d’Italia. Il governo Badoglio e la famiglia reale al comple-to, senza nulla predisporre per la resistenza militare al-l’esercito nazista, si rifugia-no a Brindisi. Di conseguen-za le truppe italiane, prive di ordini, malgrado sporadi-che resistenze, e atti di va-lore, vengono in gran parte

8 settembre 1943

25 luglio 1943

Cade Mussolini, potere a Badogliodana durante una lunga inter-vista pubblicata sul rotocalco «Oggi». La fronda mira a una soluzione monarchico-con-servatrice che salvi il regime lasciando cadere Mussolini. Ma il regime, privo com’è di coesione interna e di appog-gi, cade travolto dagli avve-nimenti militari. L’indomani il re convoca il «duce» e lo fa arrestare.

Poi incarica il maresciallo Badoglio di formare un nuo-vo governo. Badoglio scioglie il partito fascista e instaura una dittatura militare.

Tutti a casa, è armistiziodisarmate, fatte prigioniere e deportate in Germania.

Il 9 settembre gli Alleati sbarcano a Salerno. Il 27 set-tembre Napoli insorge contro i tedeschi.

«Tutti a casa», il fi lm di Co-mencini con Alberto Sordi, rievoca bene quei giorni tra-gici. I soldati cantano: «Non c’è più firma nè firmamen-to questo è il momento, a ca-sa si va».

Mussolini è liberato dal-la sua prigionia al Gran Sas-so con un colpo di mano del-le SS tedesche. Trasportato in Germania crea la Repubblica sociale italiana di Salò.

Alberto Sordi in una scena del fi lm “Tutti a casa”

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A sinistra Galeazzo Ciano. Sotto, i suoi funerali

11 gennaio 1944

Processo di Vero-na contro i gerarchi fascisti che hanno vo-tato contro Mussolini nella seduta del Gran Consiglio del 25 lu-glio, e che sono rima-sti in Italia. Così solo sei vengono arrestati, Ciano, De Bono, Got-tardi, Marinelli, Pare-schi e Cianetti. I primi cinque sono condanna-ti a morte dal tribuna-le speciale. A Cianetti trent’anni di reclusio-ne. Si conclude dun-que in una cupa tra-

Per Ciano due colpi alla tempia

15 aprile 1944

«È lei il senatore Gentile?»

gedia l’avventura del «delfi no del fascismo» che di Mussolini dice: «È un uomo vile, non avrebbe mai osato prendere una qualsiasi ini-ziativa presso Hitler». Edda rimane vicina a Galeazzo, affronta il padre, s’illude di poter liberare il marito grazie a un complotto or-dito da Himmler per ricuperare il «Diario» di Ciano, e si fa aiutare dal marchese Pucci, suo amico. Ma Ribbentrop scopre il complot-to e Hitler blocca Himmler. Galeazzo viene fucilato, insie-me ai suoi compagni di sven-tura, alle 9,21 nel poligono di tiro di Ponte Catena. E muo-re con grande dignità. Per fi -nirlo il comandante del ploto-ne d’esecuzione gli spara due colpi alla tempia.

Il fi losofo Giovanni Gen-tile è condannato a morte dal comitato fi orentino. L’ordine parte dal segretario Giuseppe Rossi e alla discussione pren-dono parte il futuro sindaco di Firenze Mario Fabiani, lo scrittore Romano Bilenchi e l’archeologo Ranuccio Bian-chi Bandinelli.

Per i comunisti, Gentile è colpevole di aver fornito l’ideologia al regime fascista e di aver aderito alla Repub-blica di Salò.

Ma ignorano che Gentile ha un fi glio prigioniero dei tedeschi e dando ai familia-ri la sua spiegazione su Salò

ha detto: «Mi può essere uti-le per riportare a casa un fi -glio, anche se so di essermi condannato a morte».

L’esecuzione viene affi data a un gruppo di partigiani e a sparare è Bruno Fanciullacci che uccide il fi losofo con set-te colpi di pistola. L’attenta-to avviene alle 13,30. Gentile è a bordo di un’auto guidata dall’autista. Entrambi sono disarmati.

Fanciullacci blocca la mac-china, si avvicina al fi nestri-no e chiede: «È lei il senatore Gentile?».

Sono le ultime parole sentite dal 69enne fi losofo siciliano.

I funerali di Giovanni Gentilenella Basilica di Santa Croce a Firenze

Romano Bilenchi

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Livorno torna libe-ra il 19 luglio 1944 con l’ingresso, da nord del-la Quinta Armata ame-ricana del gen Clark, e da sud dei partigiani del comandante Mon-telatici.

La città è semidistrut-ta, dai bombardamen-ti alleati e dai tedeschi che ritirandosi, hanno raso al suolo le struttu-re portuali.

Nel Comune i comunisti sosti-tuiscono i fascisti. E, a sorpre-sa, nominano sindaco un giova-ne intellettuale della buona bor-ghesia, Furio Diaz, appena 26en-ne, fi glio del penalista numero uno di Livorno.

Una nomina che tranquillizza gli antico-

Con la libertà arriva il “Tirreno”

28 gennaio 1945

munisti. Diaz sarà un ottimo sindaco.

Sei mesi dopo Livorno sa-luta l’uscita dalle rotative del palazzo del “Telegrafo”, rima-sto intatto, del nostro gior-nale, formato tabloid, una li-ra a copia.

Livorno ha ripreso a respi-rare. Direttore è il più esper-to dei giornalisti livornesi, e il più antifascista, Athos Ga-stone Banti.

Gli alleati han-no requisito lo stabilimento per stamparvi “Stars and Stripes”.

Il primo giorno “Il Tirreno” stampa 7 mila copie, che van-no a ruba.

E nel ’61 riprenderà la vecchia testata de “Il Telegrafo”.

Sei mesi dopo la liberazioneLivorno saluta l’uscita delsuo rinato giornale

Furio Diaz.A sinistra, il generale Clark

Una grande felicità impazza nelle strade dopo la liberazione

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L’impiccagionein piazzale Loreto a Milano

Mussolini viene catturato mentre fuggi-va verso la Svizzera con una colonna tedesca, e passato per le armi, insieme a Claretta Pe-tacci, e poi appeso in piaz-zale Loreto, a Milano.

Banti pubblica su «Il Tirreno»: L’ingloriosa fi -ne di Mussolini e di talu-ni suoi complici è sottoli-neata in tutto il mondo.

Giornali e radio di ogni Paese osserva-no come quella morte sbrigativa e vergo-gnosa, sotto le pallottole di pochi partigia-ni, che hanno inteso di rappresentare tutto il popolo esasperato, sia stata proprio la pu-nizione che ci voleva, per chi non soltanto quel popolo aveva tradito, ma la causa stes-sa dell’umanità.

I commenti sono concordi.Se delle voci si sono levate, a ordinare che

ora queste esecuzioni sommarie di crimina-li fascisti siano interrotte, e la giustizia se-gua il suo corso nelle forme legali, queste

28 aprile 1945

voci sono italiane: sono quelle del Comitato di Liberazione Nazionale del Nord e del pre-fetto di Milano...».

Il 5 dicembre Banti, per mo-tivi di salute, lascia la direzio-ne del «Tirreno» a Dino Pro-venzal, illustre «dantista».

Il giorno di Piazzale Loreto

Mussolini, catturato mentre fuggiva in Svizzera, viene ucciso e appeso con Claretta Petracci a Milano

Claretta Petacci

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Il musicista di «Cavalleria rusticana» muore a Roma, 82enne, nell’appartamen-to dell’Hotel Plaza dove abitava. È il primo grosso personaggio dell’arte che muore nel-l’immediato dopoguerra.

E diviene un banco di prova per misura-re la credibilità antifascista della nuova clas-se politica.

Pietro Mascagni è stato una fi gura rap-presentativa dell’Accademia d’Italia anche se ha aperto il Novecento, con la «Cavalle-ria», nel 1890.

Il governo Parri ignora la sua scomparsa mentre Russia e Francia lo onorano trasmet-tendo a lungo le sue musiche.

Il Comune di Livorno decide di partecipa-re ai funerali con un assessore.

Il prof. Umberto Comi scrive un violen-to articolo contro Mascagni sul giornale del Cln.

E nel ’51, quando la salma viene traslata a Livorno con solenni onoranze, con il sinda-

2 agosto 1945

Una bella immagine del musicista da giovane e, sotto, i funerali a Livorno nel 1951

co Diaz che esprime il suo rammarico per il silenzio del ’45, il maestro Emilio Gragna-ni, critico musicale del «Tirreno», tira fuori dal cassetto l’articolo di Comi biasimandolo pubblicamente.

Siamo al duello. Sciabola. Si battono sul lago di Puccini. Ferite lievi.

Muore Mascagni e l’Italia si divide

Mascagni sul lungomare a Livorno

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31 marzo 1946

«Due ruo-te per la rinasci-ta», «Simbolo del primo mira-colo economi-co», «Un moto-re, due ruote e due cuori»: ec-co alcuni dei ti-toli che la Vespa ha meritato dal ’46 a oggi.

Poco prima della fine della guerra, Enrico Piaggio ha chiamato l’ingegnere Corradi-no D’Ascanio a Biella e dove ha trasferito il suo stabilimento di Pontedera distrutta dai bombardamenti e razziato dai tedeschi. Ora fabbrica pentole d’alluminio.

A D’Ascanio, che gli aveva progettato un elicottero geniale, nel 1939, dice: «Voglio un

Ecco la Vespa, due ruote di libertàmezzo che met-ta l’Italia su due ruote, però non voglio la solita motocicletta».

E D ’Ascanio progetta in un ba-leno una motoret-ta da inforcare co-me una biciclet-ta da donna, con il motore coper-to, un complesso unico con il cam-bio in linea.

Provata nel settembre ’45, adotta al posto delle ruote quelle dei carrelli per aerei. Nel-la primavera ’46 le Vespe cominciano a usci-re dalla fabbrica di Pontedera rimessa in se-sto. E il 31 marzo l’annuncio che in aprile cominceranno le consegne. È risolto il pro-blema dei trasporti individuali. Enrico

Piaggio

Il primo modello di Vespa. Oggi la Piaggio ne ripropone una replica

Una delle pubblicità più famose: divenne presto un modo di dire

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2 giugno 1946

Il referendum Monarchia-Repubblica del 2 giugno segna la fi ne della storia italia-na dei Savoia. Primo ministro è De Gasperi e ministro degli Interni il socialista Giusep-pe Romita, piemontese.

Il 9 maggio Vittorio Emanuele III ha abdi-cato in favore di Umberto che da luogotenente diviene re.

I «reali di maggio» riem-piono la scheda per l’Assem-blea costituente ma lasciano in bianco quella per il refe-rendum. «Non ci pareva di buon gusto vo-tare per noi stessi» dirà Maria José: «Politi-camente io ho votato per Saragat».

L’Italia si apacca letteralmente in due.

Le urne dissero: RepubblicaE la monarchia, appoggiata da papa Pio

XII, rimane in vantaggio a lungo.Solo il 10 giugno il

presidente della Cas-sazione, un monar-chico, legge i risultati:

12.672.767 voti per la Repubbli-ca, 10.668.905 per la Monar-chia.

Mancano pe-rò i dati di 100 sezio-ni e ci sono dei recla-mi monarchici.

Umberto accetta di partire per l’esilio di Cascais il 13 e lan-cia un proclama: «Il governo ha compiu-to un gesto rivoluzio-nario».

Finalmente il 28 giugno ecco i risultati defi nitivi: 12.717.923 voti per la Repubbli-ca e 10.719.284 per la Monarchia.

Battuta la monarchia. Umberto lascia l’Italia per l’esilio di Cascais

Vittorio Emanuele III accanto al Prefetto Gaetani a Lucca

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Il “Tirreno” del18 aprile 1948

18 aprile 1948

Il titolo a pagina piena de «Il Tirre-no», domeni-ca 18 aprile è quello di un vero giorna-le d’informa-zione: «La grande gior-nata è venu-

ta per tutti i democratici d’Italia».Il voto segna il trionfo della Dc.Il partito di De Gasperi ottiene il 48,5 per

cento dei suffragi contro il 35 ricevuto nel ’46 alle elezioni per la Costituente.

I socialdemocratici scendono dal 40 al 31 per cento. Nella circoscrizione Livorno-Pisa-

La Dc acchiappatuttoAlcide De Gasperi

Lucca-Massa vanno in Parlamento, per la Dc: Togni (77.077 voti), Gronchi (69.596), Bia-gioni, Angelini, Carignani, Fascetti, Negra-ri. Del Fronte: Scappini, Laura Diaz, sorella di Furio (39.937), Basso, Baldassarri, Bottai, Vasco Jacoponi, Bernieri.

Non è facile, nel ’48, pubblicare a Livorno un giornale anticomunista e insieme antifa-scista come il nostro. Il Banti, che ha ripre-so la direzione del «Tirreno», nel suo fondo scrive di aver ricevuto questa cartolina: «Fa-scisti! Ci sarà una piazza anche per voi».

E commenta: «Se si tratta di farci dei mo-numenti, il mio lo vorrei a cavallo».

Un comizio di De Gasperi durante la campagna elettorale nel 1948

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In basso, il segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti

Le tensioni accese dai risultati del 18 aprile non si spengono.

E tre mesi dopo abbiamo l’attentato a To-gliatti con il moto insurrezionale esploso nello stesso giorno.

All’uscita dalla Camera, un gio-vane fanatico anticomunista, An-tonio Pallante, 25 anni, iscritto al Msi spara quattro colpi di pistola sul segretario del Pci. Sono le 11,40.

La radio annuncia che Palmiro Togliat-ti è moribondo. Il paese scende subito in piazza.

A Torino gli operai occupano tutte le fab-briche e sequestrano Valletta con sedici di-rigenti.

Milano è paralizzata. Gli operai di Sesto S. Giovanni si armano. Scontri con la poli-zia. Barricate e posti di blocco a Genova, con morti e ferti.

Gravi episodi a Livorno: un agente ucci-so a coltellate.

Hanno sparato a Togliatti!

14 luglio 1948

Il fatto più sanguinoso ad Abbadia S. Sal-vatore.

La battaglia intorno al centralino che ga-rantisce i collegamenti tra Roma e il nord provoca due morti: un agente e un maresciallo. Gli in-sorti deporranno le armi dopo mol-ti giorni.

Per fortuna Togliatti sta meglio. E Bartali, vincendo al tour la tappa alpina, fa sbollire la rabbia popolare.

Quattro colpi di pistola all’uscita della Camera.E si rischia l’insurrezione

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Quota duemila. Tagliamo su Super-ga. Sono le ultime parole del coman-dante Meroni a bor-do di un trimotore che riporta in patria 18 giocatori grana-

ta, cinque dirigenti del Torino, l’organizza-tore della trasferta, tre giornalisti e quattro membri dell’equipaggio, provenienti da Li-sbona. Sono le 16.58.

Su Torino è calata una nebbia vischiosa che acceca. L’altimetro segnava quota due-mila. In realtà l’altitudine era quella del col-le di Superga.

La collisio-ne, il boato, i rottami spar-si in un rag-gio di cento metri.

Nessun superstite. Così si conclude l’avven-tura della più bella squadra di calcio italiana del dopoguerra, una squadra che aveva por-tato a livelli eccezionali non solo il club to-rinese ma la stessa na-zionale azzurra: Baci-galupo, Ballarin, Ma-roso, Grezar, Rigamon-ti, Castigliano, Menti, Loi, Gabetto, Mazzola, Ossola.

E poi: Sergio Ballarin, Fadini, Operto, l’unghe-rese Schubert, i francesi Bongiorno e Grava.

Tra i giornalisti Rena-to Casalbore. Funerali imponenti.

E molte polemiche sul rifi uto di atterrare a Milano.

Il Torino scompare a Superga

4 maggio 1949

Il giornale annuncia la tragedia.In alto a sinistra, il luogo del disastro aereo

Il grande Torino in una partita allo Stadio di Ardenza contro il Livorno

Con uno schianto se ne vala più bella squadra di calcio del dopoguerra

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10 ottobre 1951

Il «miracolo economico» è cominciato. Il reddito nazionale torna a livello di prima della guerra.

Gli italiani guadagnano di più, mangiano di più, presto si avvicineranno agli europei più ricchi.

E ingrasseranno. Intanto so-no chiamati a pagare più tasse.

Il ministro delle Finanze Ezio Vanoni è deciso a portare in Italia metodi fi scali mo-derni e introduce la dichiarazione obbliga-toria dei redditi.

Nasce il «modulo Vanoni», un fascico-lo di 16 pagine distribuito in dieci milio-ni di copie.

Con il boom esplodono le tasseVanoni ha 48 anni e si considera proletario.

Il nonno era falegname, il padre geometra. Un proletario più svizzero che italiano: è

nato in un paese a pochi chi-lometri dalla Confederazione Elvetica.

E loda per iscritto un impie-gato che gli notifi ca l’evasione

delle imposte sul reddito di una casetta di proprietà dei fratelli Vanoni.

«Come ministro delle Finanze» scrive Zat-terin «è così bravo che riesce perfi no a tas-sare se stesso».

I risultati gli danno ragione: se nel ’49 so-no stati dichiarati redditi per 139 miliardi, nel 1951 sono 309.

Una copia del“Tirreno” che con

un articolo a fondo pagina ricorda la

scadenza della dichiarazione dei

redditi

Il Quartetto Cetra su una Lambretta, simbolo del miracolo economico

L’economia cresce, gli italiani guadagnano di più, e nasce il “modulo Vanoni”

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11 aprile 1953

11 Aprile 1953. Una bella ragazza del-la piccola borghesia, Wilma Montesi, vie-ne trovata morta e discinta sulla spiaggia di Torvajanica.

E il 4 maggio la rivelazione: non è dece-duta per un incauto pediluvio, come stabi-lito della polizia archiviando il caso, ma du-rante un convegno nella tenuta di Capocot-ta, presso Ca-stel Porziano. Eccessivo con-sumo di stupe-facenti.

Festino con uomini politici, nobili, gente bene. Il cada-vere viene trasportato sulla spiaggia e ab-bandonato.

È il primo scandalo per droga, in Italia. Ne rimane coinvolto Piero Piccio-ni, compositore di musica jazz, fi glio di Attilio, il vicepresiden-te del Consiglio.

Si arriva al 1954. Il 24 agosto muore De Gasperi. E Attilio Pic-cioni, il suo erede designato, si dimette il 19 settembre sapendo che il fi glio sarà arrestato tra breve.

Al processo di Venezia, nel 1957, dominato dalle deposizioni di Anna Maria Moneta Ca-glio, tutti gli accusati sono assolti.

Ma la vecchia Dc è stata spazzata via.L’opinione pub-

blica rimane con-vinta che si sia trattato di uno scandalo di bas-sa macelleria po-litica.

Scandalo Piccioni, droga e politica

Per la prima volta si mescolano donne e potere. Contro la vecchia Dc

Piero Piccioni e Gina Lollobrigida durante un ricevimento

La spiaggia di Torvajanica

Wilma Montesi con la sorella