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“L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE CONSUETUDINARIO, AI TRATTATI E ALLE FONTI DERIVANTI DAI TRATTATIPROF. GIUSEPPE CATALDI

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Università Telematica Pegaso L’adattamento al diritto internazionale consuetudinario,

ai trattati e alle fonti derivanti dai trattati

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE CONSUETUDINARIO -------------------------------- 3

2 RANGO DEL DIRITTO CONSUETUDINARIO NEL DIRITTO INTERNO ------------------------------------ 5

2.1 RAPPORTI CON LA LEGISLAZIONE ORDINARIA -------------------------------------------------------------------------------- 5

3 L’ADATTAMENTO AI TRATTATI -------------------------------------------------------------------------------------- 8

3.1. ORDINE DI ESECUZIONE DEL TRATTATO ----------------------------------------------------------------------------------- 9 3.2. RANGO DELLE NORME CONVENZIONALI INTRODOTTE MEDIANTE L’ORDINE DI ESECUZIONE DATO CON LEGGE

ORDINARIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 3.3. TRATTATI E NORME COSTITUZIONALI ------------------------------------------------------------------------------------ 11

4 ADATTAMENTO AGLI ATTI DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI -------------------------- 12

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO: ------------------------------------------------------------------------------------------ 13

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Adattamento al diritto internazionale consuetudinario

Il meccanismo di adattamento del diritto italiano al diritto internazionale generale è previsto

dall’art. 10 della Cost. italiana, che dispone: “L’ordinamento italiano si conforma alle norme del

diritto internazionale generalmente riconosciute”.

Questo significa che l'art. 10 Cost. attua un rinvio speciale all’ordinamento internazionale, che

venne autorevolmente definito come “trasformatore permanente” dal Perassi, presentando i caratteri

dell’automatismo e della permanenza, e permette quindi di recepire solo quelle norme

consuetudinarie effettivamente vigenti nel momento in cui sono richiamate all’interno dello Stato.

Come è ben illustrato da una Autrice, l’articolo 10 comma 1 Cost.:

“…legittima l’operatività “automatica”, nell’ambito dell’ordinamento italiano, delle norme

internazionali non scritte (…) nel loro contenuto autentico e nel significato loro proprio

nell’ordinamento nel quale esse si formano e progressivamente evolvono…”.

L’effetto di questo automatismo conferisce, per la stessa dottrina:

il potere “… al giudice (e, più in generale a tutti gli organi preposti all’applicazione del diritto nel

nostro ordinamento) di rilevare, caso per caso, il contenuto e la portata delle norme consuetudinarie

in vigore e valutare, conseguentemente, in quale misura il diritto interno debba modificarsi, allo

scopo di adeguarsi a quanto in esse previsto…”.

L’articolo 10 della Costituzione funziona quale meccanismo di adattamento di tipo speciale

(mediante rinvio) esclusivamente rispetto alle norme del diritto internazionale generali, ossia aventi

un’efficacia erga omnes, per tutti i soggetti dell’ordinamento internazionale.

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Tali possono considerarsi soltanto le norme consuetudinarie non scritte, che, come abbiamo visto

nelle lezioni precedenti, si possono individuare nelle norme consuetudinarie “ordinarie”, nel

principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, e nelle norme appartenenti allo jus

cogens (norme imperative dotate del carattere dell’inderogabilità). Secondo alcuni autori sarebbero

adattate dall’articolo 10 Cost. anche le consuetudini particolari e locali.

La dottrina maggioritaria esclude invece che l’articolo 10 comma 1 Cost. si estenda anche

all’adattamento dei trattati per effetto dell’introduzione, mediante tale disposizione costituzionale,

del principio consuetudinario pacta sunt servanda.

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2 Rango del diritto consuetudinario nel diritto interno

Il rango delle norme internazionali generali all’interno degli ordinamenti statali varia con il variare

degli strumenti di adattamento predisposti da ciascuno Stato.

Il recepimento delle consuetudini internazionali avviene nel nostro Paese con norma costituzionale

e quindi le consuetudini in Italia hanno rango (valore) tendenzialmente costituzionale.

Questo status delle norme internazionali generali nell’ordinamento italiano deve poi coordinarsi con

le norme italiane, sia di rango costituzionale che di rango ordinario, come le leggi, gli atti del

Governo aventi forza di legge e gli atti legislativi degli enti territoriali.

Il problema dei rapporti tra norme internazionali e norme interne – che si pone con riferimento a

tutte le norme internazionali, consuetudinarie, convenzionali ed alle fonti di terzo grado -, viene

affrontato in questa lezione, esclusivamente rispetto ai rapporti tra norme internazionali generali

adattate dall’articolo 10 Cost. e norme interne, sia di rango costituzionale che ordinario.

2.1 Rapporti con la legislazione ordinaria

Il problema dei rapporti delle norme del diritto internazionale generale con le norme interne

dell’ordinamento si pone su di un duplice piano. Si possono così distinguere, a seconda del rango

della norma internazionale adattata e della norma interna eventualmente in conflitto con la prima:

- rapporti tra norme di pari rango

- rapporti tra norme internazionali e interne di ranghi diversi.

Per quanto riguarda i rapporti delle norme interne ordinarie con le norme consuetudinarie

internazionali, poiché queste ultime assumono il rango dello strumento di adattamento, l’articolo 10

Cost. che è una norma costituzionale, esse assumeranno in Italia rango “tendenzialmente”

costituzionale, e quindi superiore alle leggi interne ordinarie. Questo significa che una legge italiana

ordinaria contraria ad una norma consuetudinaria immessa in Italia può essere oggetto di

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dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale per indiretta violazione

dell’articolo 10.

Il caso A.P.

La Corte Costituzionale italiana, con sentenza n. 131 del 15 maggio 20017 ha affermato

l’incostituzionalità di una normativa italiana che prevedeva l’obbligo di leva (servizio militare)

anche nei confronti di cittadini di altri Stati, in quanto in conflitto con l’articolo 10 comma 1 Cost.

che introduce nel nostro ordinamento la norma di diritto internazionale consuetudinario che vieta

agli Stati di imporre obblighi militari a cittadini stranieri.

Nel caso specifico la Corte viene adita dalla Corte militare di appello con ordinanza del 7

aprile 2000 con la quale chiede di verificare la legittimità costituzionale di una disposizione del

d.p.r. n. 237 del 14 febbraio 1964 relativa alla Leva ed al reclutamento obbligatorio in

combinazione con l’articolo 8 della legge italiana sulla cittadinanza n. 555 del 13 giugno 1912,

poiché dalla loro interpretazione si desume l’obbligo della leva per coloro che abbiano perduto la

cittadinanza italiana e acquistato la cittadinanza di un altro Stato.

Il signor A.P. aveva perduto nel caso specifico la cittadinanza italiana e acquistato quella

canadese dal 1988 ma il Tribunale militare di Padova lo aveva imputato del reato di mancanza alla

chiamata conseguente all’assenza dal servizio militare, condannandolo con due distinte pronunce,

una relativa alla mancanza alla chiamata per il periodo dal 22 gennaio 1985 al 31 maggio 1994, la

seconda invece rispetto al periodo fino all’8 luglio 1998.

Le sentenze erano oggetto di un procedimento di revisione ai sensi degli articoli 630 e 633

del codice di procedura penale e il giudice adito, la Corte militare di appello, decideva di

sospendere il procedimento e di sollevare la questione della costituzionalità delle predette

disposizioni italiane con il diritto internazionale consuetudinario immesso in Italia mediante

l’articolo 10 comma 1 Cost.

La Corte Costituzionale considera fondata la questione relativa all’articolo 10 e

richiamandosi ad una sua precedente pronuncia ed estendendone gli effetti al caso posto alla sua

attenzione, dichiara l’incostituzionalità delle disposizioni italiane per contrasto con la norma

consuetudinaria che vieta d’imporre obblighi militari a cittadini stranieri, applicabile come norma di

rango superiore per effetto del rinvio operato dall’articolo 10 Cost.

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2.2 Rapporti con le norme costituzionali

Le norme consuetudinarie internazionali immesse nel nostro ordinamento mediante

l’articolo 10 in che rapporti si pongono come altre norme costituzionali, in particolare con quelle

che affermano i diritti e le libertà fondamentali?

La migliore dottrina afferma che in linea di principio la norma di origine internazionale

dovrebbe prevalere sulle altre norme costituzionali per effetto dell’applicazione del principio

interpretativo di specialità, riferito al procedimento di formazione delle norme internazionali e di

conseguenza alla volontà, espressa dall’articolo 10, dello Stato italiano di voler garantire il rispetto

del diritto internazionale generale all’interno del nostro ordinamento.

Può tuttavia darsi il caso che una norma consuetudinaria si ponga in conflitto con una norma

costituzionale che tutela un valore fondamentale: varrà sempre il principio di specialità o è da

ritenersi che di fronte a certi valori il diritto interno di pari rango debba prevalere?

Vediamo come rispondono a questa domanda la dottrina e la prassi giudiziaria italiana.

L’opinione della dottrina

Gli studiosi più autorevoli sostengono la tesi secondo la quale, nell’ipotesi in cui una norma

consuetudinaria immessa nel nostro ordinamento per effetto dell’articolo 10 comma 1 Cost. si riveli

in conflitto con un’altra disposizione interna di pari rango che tuteli dei valori fondamentali,

quest’ultima debba prevalere.

Si parla così di “clausola di salvaguardia dei valori essenziali che ispirano la Costituzione”;

oppure di “cardini essenziali del nostro ordinamento, ossia quei principi che il Costituente ha voluto

considerare coessenziali all’attuale assetto costituzionale, assolutamente imprescindibili e quindi

immodificabili”.

La posizione della giurisprudenza italiana

Nella prassi giudiziale, quasi tutti i casi in cui si è posto un problema di compatibilità tra le

norme consuetudinarie immesse con l’articolo 10 comma 1 Cost. ed altre norme costituzionali,

riguardano i rapporti tra l’articolo 10 comma 1 e l’articolo 24 Cost. In particolare il conflitto spesso

riguarda l’articolo 10 nella misura in cui adatta la norma consuetudinaria che riconosce l’immunità

degli Stati stranieri e degli agenti diplomatici dalla giurisdizione civile, in quanto ritenuta

incompatibile con il principio fondamentale del diritto alla tutela giurisdizionale dei propri diritti e

interessi legittimi, sancito dall’articolo 24 della Costituzione. Su questi rapporti si sono pronunciate

sia la Corte Costituzionale che la Corte di Cassazione.

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3 L’adattamento ai trattati

L’ordinamento italiano non contiene una disposizione simile all’articolo 10 (1) Cost. per

l’adattamento agli accordi.

Ciononostante in passato si propose autorevolmente di utilizzare l’articolo 10 comma 1

Cost. anche ai fini dell’adattamento ai trattati, con immissione automatica a livello costituzionale,

argomentando dal fatto che quest’ultimo inserisce nell’ordinamento italiano la norma

consuetudinaria pacta sunt servanda (gli accordi devono essere rispettati).

Contro questa opinione si sono pronunciate sia la dottrina che la giurisprudenza.

Per quanto riguarda la prima, si ricorda l’opinione di Conforti, il quale fa notare che questa

interpretrazione dell’articolo 10 (1) Cost. non collima né con la lettera del testo, che fa riferimento

solo alle norme di diritto internazionale “generalmente riconosciute”; né con i lavori preparatori

dell’articolo 10, che depongono invece per la limitazione alle norme generali materiali. Inoltre, si

argomenta, se si introducessero gli accordi con l’articolo 10 essi assumerebbero rango

costituzionale, e il Governo potrebbe aggirare le garanzie costituzionali semplicemente

concludendo accordi.

Per quanto riguarda la giurisprudenza, la Corte Costituzionale ha di recente riaffermato

questa interpretazione restrittiva dell’articolo 10 (1) Cost. con le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007.

La dottrina più attenta fa poi notare come esistano nella Costituzione italiana diverse norme

che, pur occupandosi di certe categorie di trattati, tuttavia non costituiscono norme

sull’adattamento. Queste sono:

- l’articolo 10 comma 2 Cost., che riguarda la condizione giuridica dello straniero e

dispone che questa è regolata “in conformità con le norme e i trattati internazionali”;

- l’articolo 7 Cost., che attiene ai rapporti tra Stato e Chiesa, disponendone la

regolazione mediante i Patti Lateranensi, che sono un accordo internazionale;

- l’articolo 11 Cost., che consente limitazioni alla sovranità a favore di Organizzazioni

internazionali;

- l’articolo 117 comma 1 Cost., che riguarda i rapporti tra ordinamento interno e diritto

internazionale e comunitario, ed attiene pertanto alla fase successiva al momento

dell’adattamento vero e proprio.

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3.1. Ordine di esecuzione del trattato

L’ordinamento italiano a tale scopo utilizza l’ordine di esecuzione, che costituisce un

procedimento speciale di adattamento mediante rinvio. L’ordine di esecuzione materialmente

riveste forma, in genere, di legge ordinaria, ma può anche essere dato con altro atto legislativo, ad

esempio di rango costituzionale, o addirittura sub-legislativo.

L’ordine di esecuzione costituisce un atto ad hoc: questo significa che, a differenza di altri

ordinamenti, non si prevede una norma che una volta per tutte regoli l’adattamento agli accordi,

approvandosi ogni accordo internazionale di volta in volta.

Per quanto riguarda il suo contenuto, l’ordine di esecuzione contiene soltanto l’ordine di

eseguire un certo accordo, e opera il rinvio al testo dell’accordo così come vige nell’ordinamento

internazionale.

Quanto al regime di pubblicità, al pari delle altre leggi italiane, l’ordine di esecuzione viene

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in base alla legge n. 839 dell’11 dicembre 1984, che prevede che

vadano pubblicati tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Italia, compresi quelli in forma

semplificata.

Effetti giuridici dell’ordine di esecuzione.

L’ordine di esecuzione permette a tutti i soggetti dell’ordinamento italiano di chiedere

l’applicazione dell’accordo internazionale, ove quest’ultimo attribuisca loro diritti azionabili

davanti al giudice nazionale o internazionale, ovvero contenga norme self-executing.

Di conseguenza, la mancanza dell’ordine di esecuzione comporta l’impossibilità per i

singoli di chiedere l’applicazione dell’accordo all’interno dello Stato italiano davanti al giudice

nazionale o a qualsiasi altro organo statale.

Questo, nonostante il fatto che l’accordo sia stato debitamente ratificato dall’Italia e sia

entrato in vigore sul piano internazionale.

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Va infatti tenuto ben distinto l’istituto della ratifica, che attiene al procedimento di

stipulazione e perciò al piano internazionale dei rapporti dell’Italia con gli altri Stati contraenti e

che serve lo scopo di obbligare lo Stato al rispetto dell’accordo nei confronti degli altri Stati

contraenti, dall’ordine di esecuzione, che invece serve il diverso scopo di permettere all’accordo

internazionalmente valido e in vigore di spiegare i suoi effetti all’interno dello Stato contraente,

rispetto ai soggetti del suo ordinamento.

In altre parole l’accordo ratificato ed in vigore sul piano internazionale ma non adattato in

Italia con l’ordine di esecuzione non può essere applicato all’interno dell’ordinamento, il giudice

italiano dovendosi rifiutare di applicarlo nel caso concreto.

Una tal situazione potrà eventualmente comportare la responsabilità dell’Italia sul piano

internazionale per violazione dell’accordo nei confronti degli altri contraenti.

L’obbligo di esecuzione riguarda, naturalmente, anche i trattati conclusi in forma

semplificata, i quali potranno spiegare i loro effetti solo una volta adattati all’interno del nostro

ordinamento.

Nella prassi normalmente il Parlamento provvede ad autorizzare la ratifica e ad eseguire i

trattati con uno stesso, unico atto [legge di ratifica ed esecuzione] che però, per i motivi appena

esposti, va considerato come divisibile in due atti distinti per funzione.

In tal senso si è più volte espressa la giurisprudenza. Nella sentenza n. 867 del 1972 la Corte

di Cassazione ha precisato che, pur utilizzandosi un unico strumento legislativo per autorizzare la

ratifica degli accordi previsti dall’articolo 80 Cost. e per ordinarne l’esecuzione all’interno dello

Stato, tuttavia si tratta: “… di due istituti ben diversi che operano in momenti successivi…”.

3.2. Rango delle norme convenzionali introdotte mediante l’ordine di esecuzione dato con legge ordinaria

Abbiamo già visto che l’ordine di esecuzione può materialmente essere una legge ordinaria

o costituzionale e addirittura un atto sub-legislativo. Ciò significa che il rango degli accordi

corrisponderà a quello del tipo di legge o atto legislativo o sub-legislativo prescelti per

l’adattamento. Così se l’ordine di esecuzione è una legge ordinaria, come solitamente avviene,

l’accordo avrà lo stesso rango all’interno dell’ordinamento italiano; se invece l’ordine di esecuzione

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è una legge costituzionale o un decreto legislativo o addirittura un atto sub-legislativo, l’accordo

avrà di volta in volta il rango dello strumento nazionale di adattamento utilizzato.

Con la modifica dell’articolo 117 comma 1 della Costituzione8, in base alla quale “la potestà

legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli

derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, gli accordi internazionali

acquistano, secondo la dottrina, un rango superiore a quello delle leggi ordinarie, a prescindere dal

fatto che lo strumento di adattamento, cioè l’ordine di esecuzione, sia una legge ordinaria.

Rapporti tra norme internazionali e norme interne: l’articolo 117 comma 1 Cost.

L’articolo 117 comma 1 della Costituzione, dispone come si è detto che “la potestà

legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli

derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Di conseguenza l’accordo

adattato con legge ordinaria come ordine di esecuzione, avrà un rango superiore alle altre leggi

ordinarie italiane, in ragione del fatto che una norma costituzionale, l’articolo 117 comma 1,

impone al legislatore italiano di esercitare le sue competenze rispettando, tra l’altro, il diritto

internazionale pattizio.

In dottrina si afferma in proposito:

“…Deve ritenersi pertanto che sia viziata da illegittimità costituzionale, per violazione

indiretta della Costituzione, e possa come tale essere annullata dalla Corte Costituzionale, la legge

ordinaria che non rispetta i vincoli derivanti da un trattato…”.

3.3. Trattati e norme costituzionali

Le norme pattizie immesse sono sottoposte al consueto controllo di costituzionalità e sono

annullate se violano le norme della nostra costituzione. La giurisprudenza della Corte costituzionale

conferma ciò, avendo la corte dichiarato di poter esercitare il proprio controllo sulle leggi di

esecuzione.

Se da un punto di vista formale le leggi di esecuzione dei trattati sono sempre subordinate

alla costituzione, la Corte costituzionale ha più volte fatto ricorso ai trattati riguardanti materia

costituzionale, ed in particolare alle convenzioni internazionali sui diritti dell‟uomo, come ausilio

interpretativo della Costituzione anche per avallare interpretazioni di carattere evolutivo.

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4 Adattamento agli atti delle Organizzazioni internazionali

Ipotesi di rilievo nel diritto internazionale è rappresentata dalla situazione giuridica prodotta

da una legge che contenga un ordine di esecuzione di un trattato istitutivo di un‟organizzazione

internazionale. In tale ipotesi è da chiedersi se l‟ordine di esecuzione comporti l’adattamento

automatico alle decisioni dell‟organizzazione stessa. A riguardo, può dirsi anzitutto, che qualora il

trattato preveda espressamente la diretta applicabilità delle decisioni degli organi all‟interno degli

Stati membri (cosa rara e che in Italia riguarda solo i regolamenti delle C ) l‟immissione è,

ovviamente, automatica.

Per quanto, invece, riguarda trattati che non contengano una norma di questo tipo (che sono

la stragrande maggioranza), la prassi italiana, al pari di quella della maggioranza degli altri Paesi, è

orientata nel senso dell‟adozione di singoli atti di esecuzione per ciascuna decisione di una

organizzazione internazionale vincolante l‟Italia. ali atti consistono talvolta in una legge, ma, più

spesso, in decreti legislativi o regolamenti amministrativi. Va infine precisato che come i trattati,

pure le norme prodotte da organizzazioni internazionali non si sottraggono al controllo

costituzionale.

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Bibliografia:

B. Conforti, Diritto internazionale, ES, Napoli, 2010.

T. Treves, Diritto internazionale - Problemi fondamentali, Milano, ult. edizione

N. Ronzitti, Introduzione al diritto internazionale, II ed., Torino, 2007.