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IMITIAMO O LA FED LOR E rubrica aggiunte da agosto 2013

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IMITIAMOOLA

FEDLOR

E rubrica aggiunte da agosto 2013

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IndiceNoèRaabEliaMariaGiuseppeGiuseppeGiuseppeGiuseppeDeboraTimoteo

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Salvato insieme alla sua famiglia"Dichiarata giusta per le sue opere"Perseverò nonstante le ingiustizieSopravvisse alla 'spada che le trafisse l'anima'"Ascoltate, vi prego, questo sogno"'Come potrei commettere questo grande male?'"Le intrerpretazioni non appartengono a Dio?""Sono io in un luogo di Dio?""Sorsi come madre in Israele""Mio figlio diletto e fedele nel Signore"

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12 � LA TORRE DI GUARDIA

DAL cielo cade una pioggia torrenziale. Noe e lasua famiglia sono stretti l’uno accanto all’altro.

Alla fievole luce di una lampada a olio i loro linea-menti si riconoscono appena; con gli occhi spalan-cati, tutti ascoltano lo scrosciare delle acque che siriversano sul tetto e battono contro i fianchi dell’ar-ca. Il rumore dev’essere assordante.

Fissando i volti dei suoi cari — la sua fedele mo-glie e i suoi tre leali figli con le rispettive mogli —Noe stara provando un profondo senso di gratitudi-ne. In questo momento critico si sentira sollevatovedendo accanto a se, sane e salve, le persone cheper lui contano di piu. Senz’altro si raccoglie in pre-ghiera insieme alla sua famiglia per ringraziare Dioad alta voce cercando di sovrastare il frastuono.

Noe e un uomo di grande fede.`E per questo che

il suo Dio, Geova, ha protetto lui e la sua famiglia(Ebrei 11:7). Ma ora che la pioggia ha cominciato acadere, non hanno piu bisogno di fede? No; anzi,nei difficili giorni che seguiranno ne avranno tantobisogno. E lo stesso vale per noi che viviamo in tem-pi turbolenti. Scopriamo cosa possiamo impararedalla fede di Noe.

“QUARANTA GIORNI E QUARANTA NOTTI”

Fuori dell’arca diluvio “per quaranta giorni e qua-ranta notti” (Genesi 7:4, 11, 12). Il livello dell’acquacontinuava a salire inesorabilmente. Nel frattempoNoe prendeva atto che il suo Dio, Geova, da unlato stava proteggendo i buoni e dall’altro punendoi malvagi.

Il Diluvio represse una ribellione che era scoppia-ta tra gli angeli. Contagiati dall’egoismo di Satana,

molti di loro avevano abbandonato “il proprio luogodi dimora” in cielo per convivere con delle donne,assieme alle quali avevano dato vita alla progenieibrida dei nefilim (Giuda 6;Genesi 6:4). Satana avraprovato un piacere perverso assistendo a quella ri-bellione che aveva contribuito a un ulteriore degra-do dell’umanita, la migliore delle creazioni di Geo-va sulla terra.

Comunque, mentre le acque continuavano a sa-lire, gli angeli ribelli furono costretti a disfarsi deiloro corpi per tornare nella dimensione spirituale,senza poter piu assumere sembianze umane. Si la-sciarono alle spalle le loro mogli e i loro figli, che an-negarono nelle acque del Diluvio assieme al restodella societa umana.

Al tempodi Enoc, quasi sette secoli prima,Geovaaveva cominciato ad avvertire gli uomini che avreb-be distrutto i malvagi (Genesi 5:24; Giuda 14, 15).Da allora le cose erano solo peggiorate: le personeavevano rovinato la terra ed erano diventate estre-mamente violente. Ora erano arrivate al capolinea.Noe e la sua famiglia erano forse contenti di vedermorire quella gente?

No, ne lo era il loro misericordioso Dio (Ezechie-le 33:11). Geova aveva fatto di tutto per salvare ilmaggior numero possibile di persone. Aveva incari-catoEnoc di dare l’avvertimento e comandato aNoedi costruire l’arca. Per tanti anni Noe e la sua fami-glia avevano lavorato duramente alla realizzazionedi quell’opera colossale sotto gli occhi di tutti. Per dipiu, Geova aveva affidato a Noe il compito di “pre-dicatore di giustizia” (2 Pietro 2:5). Come aveva fat-

IMITIAMO LA LORO FEDE � NO`E

Salvato insiemealla sua famiglia

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1° AGOSTO 2013 � 13

to Enoc prima di lui, Noe aveva avvertito le personedel giudizio cui stavano andando incontro. Qual erastata la loro reazione? In seguito Gesu, che dal cieloaveva assistito agli eventi, ne avrebbe parlato in que-sti termini: “Non si avvidero di nulla finche venne ildiluvio e li spazzo via tutti” (Matteo 24:39).

Chissa come saranno stati per Noe e la sua fami-glia i primi 40 giorni da che Geova aveva chiuso laporta dell’arca! Mentre la pioggia torrenziale conti-nuava a tamburellare sull’arca, evidentemente pren-deva forma la loro vita quotidiana, divisi tra la fami-glia, la nuova casa e gli animali rinchiusi nei recinti.D’un tratto pero l’immensa struttura aveva subıto de-gli scossoni finche non si era mossa. Le acque sullequali galleggiava avevano continuato a salire portan-dola sempre piu in alto, “molto al di sopra della ter-ra” (Genesi 7:17). Quella era stata proprio una straor-dinaria manifestazione dell’onnipotenza di Geova!

Noe sara stato riconoscente non solo perche lui ei suoi familiari erano stati salvati, ma anche percheGeova aveva manifestato misericordia mandandoli adavvisare la gente che era poi morta fuori dall’arca. Ilfatto che quelle persone non avessero ascoltato l’av-vertimento avra fatto sembrare inutili tutti quegli annidi duro lavoro. Prima del Diluvio Noe avra avuto fra-telli, sorelle, nipoti; eppure nessuno lo aveva ascoltatoa parte i suoi familiari piu stretti (Genesi 5:30). Al si-curo all’interno dell’arca, queste otto anime avrannotrovato conforto al pensiero di tutto il tempo che ave-vano dedicato a dare agli altri l’opportunita di salvarsi.

Da allora Geova non e cambiato (Malachia 3:6).Gesu Cristo spiego che i nostri tempi sono molto si-mili ai “giorni di Noe” (Matteo 24:37). Viviamo in unperiodo particolare, un’epoca estremamente criticadestinata a finire con la distruzione dell’attuale so-cieta corrotta. Anche oggi i servitori di Dio hannoun avvertimento per chi li ascolta. Siete disposti adascoltarli? Se avete gia accettato il messaggio di sal-vezza che portano, vi unirete a loro per trasmetter-lo ad altri? In questo Noe e i suoi familiari costitui-scono un modello per tutti noi.

“SALVATE ATTRAVERSO L’ACQUA”

Mentre l’arca era sospinta dalle acque impetuose,chi era all’interno avra ascoltato le imponenti travi

Persino in un momento critico, No`e sicuramente

non trascur`o di adorare Dio con la sua famiglia

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unirsi in una sinfonia di scricchiolii e cigolii. Noesi sara forse preoccupato delle onde gigantesche odell’integrita strutturale dell’arca? No. Queste sonocose di cui si preoccuperebbero solo quelle personeche oggi nutrono dei dubbi, ma Noe non ne aveva.La Bibbia dice: “Per fede Noe [...] costruı un’arca”(Ebrei 11:7). In cosa aveva fede Noe? Geova avevaconcluso un patto, un accordo formale, in base alquale avrebbe salvato Noe e i suoi familiari dal Di-luvio (Genesi 6:18, 19).

`E possibile che il Creatore

dell’universo, della terra e di tutti gli esseri viventinon fosse in grado di preservare l’integrita dell’ar-ca?

`E contro ogni logica. Per questo Noe aveva fidu-

cia che Geova avrebbe mantenuto la promessa. E fucosı che “alcune persone, cioe otto anime, furonosalvate attraverso l’acqua” (1 Pietro 3:20).

Dopo 40 giorni e 40 notti, smise finalmente di pio-vere. Secondo il nostro calendario, accadde nel di-cembre del 2370 a.E.V. (ovvero a.C.). Ma l’avventuradella famiglia di Noe a bordo dell’arca era tutt’al-tro che finita. Carica di esseri viventi, l’imbarcazionefluttuava tutta sola in mezzo a un unico sconfinatomare, molto al di sopra delle vette dei monti (Genesi7:19, 20).Noe si sara organizzato con i figli Sem, Came Iafet per svolgere i lavori piu pesanti necessari a darda mangiare agli animali e fare in modo che fosseropuliti e in salute. Ovviamente lo stesso Dio che ave-va addomesticato quegli animali selvatici quanto ba-stava perche entrassero nell’arca era in grado di te-nerli sotto controllo per tutta la durata del Diluvio.�

Sembra che Noe abbia tenuto un accurato diariodi bordo. Sappiamo cosı quando comincio a piove-re e quando smise, e sappiamo anche che le acquesommersero la terra per 150 giorni. Poi il livello del-le acque comincio a calare. Alla fine, in quella chefu una giornata memorabile, l’arca si adagio “suimonti di Ararat”, situati nell’odierna Turchia. Eraa quanto pare l’aprile del 2369 a.E.V. Fu 73 giornidopo (in giugno) che “apparvero le cime dei monti”.Tre mesi piu tardi (in settembre) Noe decise di ri-muovere parte della copertura, o tetto, dell’arca. La

� Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che Dio abbia indotto neglianimali uno stato di relativo torpore, simile al letargo, riducendoil loro bisogno di nutrirsi. Che le cose siano andate cosı o meno,senz’altro mantenne la promessa, garantendo l’incolumita e lasopravvivenza di tutti gli esseri viventi a bordo dell’arca.

fatica sara stata ripagata con luce e aria fresca. Inprecedenza pero Noe aveva cercato di capire com’e-rano le condizioni all’esterno: aveva liberato primaun corvo, che per un po’ aveva fatto avanti e indie-tro, forse posandosi sull’arca tra un volo e l’altro, epoi una colomba, che aveva continuato a tornare daNoe finche non ebbe trovato un posto su cui appol-laiarsi (Genesi 7:24–8:13).

Le attivita piu importanti della giornata di Noesaranno state comunque quelle spirituali. Senz’al-tro la famiglia si riuniva per pregare e parlare dellaprotezione ricevuta dal suo Padre celeste. In tutte ledecisioni importanti che doveva prendere, Noe fa-ceva affidamento su Geova. Anche quando pote ve-dere da se che “la terra era asciutta” — dopo oltre unanno trascorso a bordo dell’arca — Noe non aprı laporta per far uscire tutti in massa (Genesi 8:14). At-tese l’ordine di Geova.

I capifamiglia di oggi possono imparare molto daquest’uomodevoto. Era metodico, attivo e paziente,oltre a essere protettivo verso tutti quelli di cui eraresponsabile. Ma quello che per lui contava di piuera la volonta di Geova Dio. Se imitiamo la fede diNoe, la cosa si rivelera una benedizione per quelliche amiamo.

“ESCI DALL’ARCA”

A un certo punto arrivo l’ordine da parte di Geo-va: “Esci dall’arca, tu e tua moglie e i tuoi figli e lemogli dei tuoi figli con te”. Ubbidendo, la famigliauscı in testa a tutti gli animali. Lo sbarco di quellecreature non avvenne in modo disordinato. Il rac-conto riferisce che “uscirono dall’arca secondo leloro famiglie” (Genesi 8:15-19). Una volta fuori, Noee i suoi familiari si riempirono i polmoni della frescaaria di montagna e da lassu poterono ammirare glialtipiani dell’Ararat. Davanti a loro c’era una terracompletamente ripulita: erano spariti i nefilim, laviolenza, gli angeli ribelli e l’intera societa malva-gia.� L’umanita aveva la possibilita di ricominciaretutto daccapo.

� Dalla terra era sparita anche ogni traccia del giardino diEden, che probabilmente era stato cancellato dalle acque del Di-luvio. In questo caso, il compito dei cherubini che erano stati aguardia del suo ingresso per 1.600 anni era terminato, per cuierano potuti tornare in cielo (Genesi 3:22-24).

14 � LA TORRE DI GUARDIA

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Noe sapeva cosa fare in quel momento. Prima ditutto costruı un altare e, scegliendo alcuni animalitra quelli che Dio considerava puri e che erano sta-ti portati a bordo dell’arca “a sette a sette”, offrı olo-causti a Geova (Genesi 7:2; 8:20). Geova gradı il suoatto di adorazione?

La Bibbia risponde con queste parole rincuoran-ti: “Geova sentiva un odore riposante”. Di fronte auna famiglia di devoti esseri umani decisi a compie-re la sua volonta, il dolore che l’umanita gli avevacausato riempiendo la terra di violenza scomparvelasciando spazio a una sensazione piacevole, qual-cosa di riposante. Geova non pretendeva che fosse-ro perfetti. Lo stesso versetto infatti prosegue: “L’in-clinazione del cuore dell’uomo e cattiva fin dalla suagiovinezza” (Genesi 8:21). C’e un altro modo, pero,in cui Geova, pazientemente, dimostro compassio-ne nei confronti dell’umanita.

Dio revoco la maledizione che aveva lanciato con-tro il suolo al tempo della ribellione di Adamo edEva, maledizione che ostacolava oltremodo l’attivitaagricola. Lamec aveva chiamato suo figlio Noe, cheprobabilmente significa “riposo” o “consolazione”, eaveva predetto che con lui l’umanita avrebbe trovatoriposo dalle fatiche dovute a quella maledizione. Noesara stato felice di sapere che quanto era stato predet-to stava per realizzarsi sotto i suoi occhi e che da quelmomento in poi sarebbe stato piu facile coltivare laterra. Non sorprende che Noe si sia messo subito afare l’agricoltore (Genesi 3:17, 18; 5:28, 29; 9:20).

Nel contempo, per dar loro un indirizzo nellavita, Geova formulo delle leggi chiare e semplici pertutti i discendenti di Noe, incluse quelle che con-

dannavano l’omicidio e l’utilizzo improprio del san-gue. Dio inoltre concluse un patto con l’umanita,promettendo di non scatenare mai piu un diluvioper distruggere ogni forma di vita sulla terra. A ga-ranzia dell’attendibilita della sua parola, Geova ri-corse per la prima volta a uno splendido fenomenonaturale, l’arcobaleno. Tuttora, ogni arcobaleno cheappare ci rassicura facendoci tornare in mente lapromessa fatta da Geova (Genesi 9:1-17).

Se fosse pura invenzione, la storia di Noe po-trebbe concludersi con la comparsa dell’arcobale-no. Ma Noe e esistito davvero, e la sua non fu unavita facile. In un tempo in cui le persone erano lon-geve, quell’uomo devoto visse per altri 350 anni, equei secoli gli causarono molte sofferenze. In unacircostanza commise un errore madornale ubria-candosi, ma a quell’errore si aggiunse un peccatoancorapiu grave commessodal nipoteCanaan, pec-cato che causo amare conseguenze alla famiglia diquest’ultimo. Noe visse abbastanza da vedere i suoidiscendenti darsi all’idolatria e alla violenza all’epo-ca di Nimrod. Fortunatamente, comunque, fu an-che testimone dell’eccellente esempio di fede che ilfiglio Sem diede alla sua famiglia (Genesi 9:21-28;10:8-11; 11:1-11).

Alla pari di Noe, anche noi dobbiamo tener duroe rimanere fedeli.Quando gli altri intorno a noi nontengono conto del vero Dio, o addirittura smettonodi servirlo, proprio come Noe non dobbiamo de-viare dalla retta via. Geova tiene in gran conto chipersevera fedelmente.ComedisseGesuCristo, “chiavra perseverato sino alla fine sara salvato” (Matteo24:13). ˇ

Una volta fuori dall’arca, No`e e i suoi familiari misero piede su una terra ripulita

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12 � LA TORRE DI GUARDIA

RAAB guardava dalla finestra mentre le primeluci dell’alba rischiaravano la pianura attorno

a Gerico. La fuori si era radunato un esercito inva-sore, i soldati di Israele.Ora iniziavano un altro girointorno alla citta, sollevando dietro di se una nuvo-la di polvere.Nell’aria riecheggiava il suonodei lorocorni.

Raab era di Gerico, per cui ne conosceva le vie,le case, le botteghe e i mercati brulicanti di gente.Ma ne conosceva ancor meglio gli abitanti. E li ve-deva sempre piu spaventati man mano che i giornipassavano e che quello strano rituale continuava:l’esercito israelita ogni giorno marciava attorno allacitta. Mentre il suono dei corni riecheggiava nellevie e nelle piazze di Gerico, pero, Raab non prova-va il terrore e la disperazionediffusi tra la sua gente.

Quando all’alba del settimo giorno l’esercito co-mincio la sua marcia, Raab era lı a osservare. Oltreai soldati israeliti vedeva i sacerdoti che suonavanoi corni e trasportavano la sacra arca, simbolo dellapresenza del loro Dio, Geova. Forse Raab avra ap-poggiato lamano sulla corda scarlatta appesa alla fi-nestra che si affacciava sull’esterno delle imponen-ti mura di Gerico. Quella corda rappresentava lasua speranza di sopravvivere con la famiglia alladistruzione della citta. Raab era una traditrice? Dicerto non dal punto di vista di Geova; per lui erauna donna dalla fede straordinaria. Andiamo agliinizi della sua storia e vediamo cosa possiamo im-parare da lei.

RAAB LA PROSTITUTA

Raab era una prostituta. In passato questa crudaverita aveva lasciato cosı perplessi alcuni commen-tatori della Bibbia da indurli ad asserire che in real-ta fosse solo una locandiera. La Bibbia pero e chiarae non nasconde i fatti (Giosue 2:1; Ebrei 11:31; Gia-como 2:25). Probabilmente nella societa cananea ilmestiere diRaab era considerato abbastanza rispet-tabile. Tuttavia la cultura di un certo luogo non rie-sce sempre adannullare la coscienza, quel senso in-teriore di cio che e giusto o sbagliato che Geova hadato a ciascunodinoi (Romani 2:14,15). Forse Raabprovava un forte disagio per il suo modo di vivere.E magari, come molti che oggi fanno una vita simi-le, sentiva di essere in trappola, di non avere altrascelta, se voleva provvedere alla sua famiglia.

Senza dubbio Raab desiderava una vita miglio-re. Il paese di Canaan era pieno di violenza e de-pravazione, inclusi incesto e bestialita (Levitico 18:3, 6, 21-24). La diffusione di queste piaghe socialiera in buona parte imputabile alla religione. I tem-pli promuovevano la prostituzione rituale; inoltreadorare divinita demoniche come Baal e Molec si-gnificava anche bruciare in sacrificio bambini vivi.

Geova non era cieco davanti a cio che avvenivain Canaan. E, a motivo delle molte pratiche malva-ge dei cananei, disse: “Il paese e impuro, e io re-chero su di esso la punizione per il suo errore, eil paese vomitera i suoi abitanti” (Levitico 18:25).In cosa consisteva tale “punizione per il suo erro-re”? A Israele era stata fatta questa promessa divi-na: “A poco a poco Geova tuo Dio certamente cac-

IMITIAMO LA LORO FEDE � RAAB

“Dichiarata giustaper le opere”

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1° NOVEMBRE 2013 � 13

cera queste nazioni d’innanzi a te” (Deuteronomio7:22). Secoli prima Geova aveva promesso quellaterra alla famiglia di Abraamo, e “Dio [...] non puomentire” (Tito 1:2; Genesi 12:7).

Comunque Geova aveva ordinato anche che al-cuni popoli del paese fossero completamente an-nientati (Deuteronomio 7:1, 2). Essendo il giusto“Giudice di tutta la terra”, aveva letto il cuore diquelle persone e sapeva quanto fossero radicate inloromalvagita e depravazione (Genesi 18:25; 1Cro-nache 28:9).Cosa significavaperRaabvivere inunacitta condannata alla distruzione? Possiamo soloimmaginare cosa avra provato quando erano giunteai suoi orecchi notizie riguardanti Israele. Ad esem-pio aveva appreso che il Dio di Israele aveva dato alsuo popolo — una nazione di schiavi — una schiac-ciante vittoria contro l’esercito dell’Egitto, l’esercitoche a quel tempo era il piu potente al mondo. E oraIsraele stava per attaccare Gerico! Gli abitanti dellacitta, pero, continuavano ad agire malvagiamente.Non e difficile capire perche la Bibbiaparli dei cana-nei del tempo di Raab come di “quelli che agironodisubbidientemente” (Ebrei 11:31).

Raab era diversa. Nel corso degli anni forse ave-va meditato sulle notizie che le erano giunte riguar-do a Israele e al suo Dio. Che differenza fra Geo-va e le divinita cananee! Lui combatteva per il suopopolo invece di opprimerlo, elevava la morale deisuoi servitori invece di corromperla. Per quel Dio ledonne erano preziose, non semplici oggetti sessualida comprare, vendere e svilire in un culto abietto.Quando venne a sapere che Israele era accampato

dall’altro lato delGiordano e si preparava ad attacca-re, Raab dovette provare un certo smarrimento pen-sando a cosa sarebbe potuto accadere alla sua gen-te. Geova noto Raab e il buono che c’era in lei?

Oggi ci sono tante persone come Raab: personeche si sentono in trappola— prigioniere di unmododi vivere che le priva della dignita e della gioia — opersone che pensano di essere invisibili e inutili. Lastoria di Raab ci ricorda un fatto confortante: nes-suno di noi e invisibile per Dio. Per quanto possia-mo sentirci giu, lui “non [e] lontano da ciascuno dinoi” (Atti 17:27). Ci e vicino, ed e pronto a offrireuna speranza a tutti coloro che ripongono fede inlui. Raab lo fece?

RICEVETTE LE SPIE

Un giorno, qualche tempo prima che gli israelitimarciassero intorno a Gerico, si presentarono allaporta di Raab due sconosciuti. Speravano di passa-re inosservati ma, nel clima di tensione che avvol-geva la citta, molti erano sul chi vive, pronti a in-dividuare eventuali spie israelite. Da donna acutaqual era, Raab forse intuı subito chi erano quegliuomini.Non era la primavolta che degli sconosciu-ti si presentavano alla sua porta, ma questi cercava-no solo un posto dove dormire, non i servizi di unaprostituta.

I due uomini infatti erano spie provenienti dal-l’accampamento di Israele. Il loro capo, Giosue, liaveva mandati per scoprire quali erano i punti diforza e quali i punti deboli della citta. Gerico erala prima citta cananea che Israele avrebbe dovuto

Raab riposefede nel Diodegli israeliti

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invadere, e forse anche la piu forte. Giosue volevasapere esattamente quello che attendeva lui e i suoiuomini. Di certo le spie scelsero apposta la casa diRaab. Fra tutti i luoghi in cui cercare alloggio, lacasa di una prostituta era il posto migliore per nondare nell’occhio. Magari le spie speravano anche diraccogliere informazioni utili ascoltando le conver-sazioni che vi si facevano.

La Bibbia dice che Raab “[ricevette] i messagge-ri con ospitalita” (Giacomo 2:25). Li accolse in casae, anche se forse intuı chi erano e perche si trova-vano lı, permise loro di rimanere. Magari speravadi sapere qualcosa di piu sul loro Dio, Geova.

All’improvviso pero si presentarono a casa sua al-cuni messaggeri del re di Gerico. Si era sparsa lavoce che delle spie israelite erano andate da lei. Cosaavrebbe fatto Raab? Se avesse protetto quei due sco-nosciuti, probabilmente si sarebbe ritrovata in peri-colo di vita. Il popolo di Gerico avrebbe sicuramen-te ucciso sia lei che tutta la sua famiglia.D’altra parteora Raab non poteva piu avere dubbi sull’identita diquegli uomini. Se aveva gia capito che Geova era unDio di gran lunga migliore dei suoi dei, forse quellaera l’occasione per schierarsi dalla Sua parte.

Raab non ebbe molto tempo per pensare, ma agıin fretta e con ingegno. Nascose le spie fra gli stelidi lino che erano messi ad asciugare sul tetto a ter-

razza della sua casa. Poi ai messaggeri del re disse:“Sı, certo, gli uomini sono venuti da me, e io nonsapevo di dove fossero. Ed e avvenuto alla chiusu-ra della porta, all’imbrunire, che gli uomini sonousciti. Non so proprio dove gli uomini siano anda-ti. Inseguiteli velocemente, poiche li raggiungerete”(Giosue 2:4, 5). Immaginate Raabche guarda in fac-cia gli emissari del re mentre il suo cuore batte al-l’impazzata. Forse si sara chiesta se le sue espres-sioni tradissero in qualche modo l’agitazione cheprovava dentro.

Il piano funziono! Gli uomini del re si precipita-rono verso i guadi del Giordano (Giosue 2:7). Raabdeve aver tirato un profondo sospiro di sollievo!Con quella semplice strategia aveva fatto prendereuna direzione sbagliata a degli assassini che nonavevano nessun diritto di sapere la verita, e avevasalvato dei servitori di Geova del tutto innocenti.

Raab torno in fretta sul tetto e disse alle spiequello che aveva fatto. Rivelo loro anche una cosaimportantissima: il suo popolo era demoralizzatoe aveva terrore degli invasori. Questa notizia deveaver fatto molto piacere alle spie. Quei malvagi ca-nanei erano atterriti davanti alla potenza del Dio diIsraele, Geova. Poi Raab disse qualcosa che ci inte-ressa particolarmente: “Geova vostro Dio e Dio neicieli di sopra e sulla terra di sotto” (Giosue 2:11).

Raab rischio la vita nascondendo due servitori di Geova sotto steli di lino

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1° NOVEMBRE 2013 � 15

Le notizie che aveva udito suGeova erano state suf-ficienti a farle capire almeno una cosa: poteva fi-darsi del Dio di Israele. Raab aveva riposto fede inGeova.

Raab non aveva dubbi che Geova avrebbe datola vittoria al suo popolo. Cosı supplico le spie dirisparmiare lei e la sua famiglia. Loro acconsen-tirono, a condizione che mantenesse il segreto eappendesse una corda scarlatta alla finestra affac-ciata sull’esterno delle mura. In tal modo i soldatiavrebbero potuto proteggere sia Raab che i suoi fa-miliari (Giosue 2:12-14, 18).

La fede diRaab ci insegnauna cosamolto impor-tante. Come dice la Bibbia, “la fede segue cio che siode” (Romani 10:17). Raab aveva udito resoconti at-tendibili sulla potenza e la giustizia di Geova Dio, ecosı aveva riposto fede e fiducia in lui. Oggi sap-piamo molto di piu su Geova. Cercheremo di co-noscerlo e di riporre fede in lui studiando la suaParola, la Bibbia?

UNA CITT`

A FORTIFICATA CADE

Seguendo il consiglio di Raab, le due spie si ca-larono dalle mura per mezzo di una corda appesaalla finestra e poi si dileguarono tra le montagne.Sulle ripide pendici a nord di Gerico c’erano moltecaverne in cui potevano nascondersi fino a che ilpericolo non fosse passato, per poi tornare all’ac-campamento israelita con la bella notizia ricevutada Raab.

In seguito gli abitanti diGerico provarono sicura-mente molto timore quando vennero a sapere cheGeova aveva fermatomiracolosamente le acque delGiordano, permettendo cosı a Israele di attraversar-lo sull’asciutto (Giosue 3:14-17). Per Raab comun-que quella notizia fu un’ulteriore conferma che lasua fede in Geova era ben riposta.

Poi arrivarono gli interminabili giorni in cui gliisraeliti marciarono attorno a Gerico. Fecero seigiri, uno al giorno. Ora era il settimo giorno, ungiornodiverso dagli altri. Come accennato all’iniziodell’articolo, la marcia inizio all’alba e, dopo avercompletato il primo giro, quegli uomini continuaro-no a marciare, ancora e ancora (Giosue 6:15). Cosaavevano in mente?

Al termine dell’ultimo giro di quel settimo gior-no, l’esercito si fermo. I corni tacquero e si feceun gran silenzio. Nella citta la tensione sara sta-ta palpabile. Poi Giosue diede il segnale e per laprima volta l’esercito di Israele fece sentire la pro-pria voce, emettendo unpotente grido. Chissa se leguardie sulle mura di Gerico pensarono che quellofosse uno strano modo di attaccare. Se lo pensaro-no, presto dovettero ricredersi. Le possenti muracominciarono a tremare e a oscillare sotto i loro pie-di; poi si spaccarono e crollarono fragorosamente alsuolo.Mentre lanuvola di polvere si diradava, pero,una parte delle mura si stagliava intatta sullo sfon-do. La casa di Raab era rimasta inpiedi, monumen-to solitario alla fede di unadonna. Immaginate cosadovette provare lei quando vide come Geova l’ave-vaprotetta!� La sua famiglia era salva! (Giosue 6:10,16, 20, 21).

Anche il popolo di Geova mostro rispetto perRaab a motivo della sua fede. Quando videro quel-l’unica casa ergersi tra le mura in rovina, gli israeli-ti capirono che Geova era con quella donna. Lei e isuoi familiari furono risparmiati dalla distruzioneche si abbatte su quella citta malvagia. Dopo la bat-taglia, Raab ebbe il permesso di dimorare vicino al-l’accampamento di Israele. A suo tempo entro a farparte del popolo ebraico e sposo un uomo di nomeSalmon. Il loro figlio, Boaz, divento un uomo dallafede straordinaria che sposo Rut la moabita (Rut 4:13, 22).� Il re Davide e in seguito il Messia stesso,Gesu Cristo, discesero da quella famiglia eccezio-nale (Giosue 6:22-25; Matteo 1:5, 6, 16).

La storia di Raab mostra che nessuno di noi e in-significante agli occhi di Geova. Lui ci vede tutti,legge il nostro cuore ed e felice quando nota anchesolo una scintilla di fede, come quella che “accese”il cuore di Raab. La fede spinse questa donna adagire. Infatti la Bibbia dice che Raab “fu [...] dichia-rata giusta per le opere” (Giacomo 2:25). Quindi di-mostriamoci saggi e imitiamo la sua fede! ˇ

�Fatto interessante, Geova rispetto l’accordo che le due spieavevano fatto con Raab.� Per saperne di piu su Rut e Boaz, vedi gli articoli “Imitiamo

la loro fede”, pubblicati nella Torre di Guardia del 1° luglio e del1° ottobre 2012.

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12 � LA TORRE DI GUARDIA

ELIA sta percorrendo la valle del Giordano. Par-tito dal lontano monte Horeb e diretto a nord,

ha viaggiato per settimane. Finalmente e tornato inIsraele, il suo paese. Qualcosa e cambiato: gli effet-ti della lunga siccita si stanno attenuando. La piog-gerella autunnale inizia a scendere, e gli agricoltorisono fuori ad arare i campi. Assistere alla rinascitadella terra deve avere un effetto rasserenante sull’a-nimo del profeta, ma cio che gli sta particolarmen-te a cuore sono le persone. La loro condizione spi-rituale e tutt’altro che buona. L’adorazione di Baale ancora una piaga molto diffusa ed Elia ha moltolavoro da fare.�

Vicino alla citta di Abel-Meola, Elia vede un am-bizioso progetto agricolo in corso. Ventiquattrobuoi, aggiogati a due a due, arano il suolo umidotracciando dei solchi paralleli. Ecco l’uomo che gui-da l’ultimo paio: Elia sta cercando proprio lui. Sichiama Eliseo, ed e stato Geova a sceglierlo comesuccessore dello stesso Elia. In precedenza que-st’ultimo pensava di essere rimasto l’unico a servi-re Dio lealmente. Senza dubbio, quindi, sara statoansioso di incontrare Eliseo (1 Re 18:22; 19:14-19).

Avrebbe esitato a delegargli parte delle sue re-sponsabilita, ad affidargli parte dei suoi privilegiper essere poi rimpiazzato? Non possiamo dirlocon certezza, ma non possiamo neanche esclude-

� Con una siccita di tre anni e mezzo Geova ha dimostrato l’i-nutilita del culto di Baal, colui che avrebbe dovuto donare piog-gia e fertilita alla terra (1 Re, capitolo 18). Vedi gli articoli dellaserie “Imitiamo la loro fede” pubblicati nella Torre di Guardia del1° gennaio e del 1° aprile 2008.

re la possibilita che tali pensieri gli abbiano attra-versato la mente. Dopotutto, era “un uomo consentimenti simili ai nostri” (Giacomo 5:17). Co-munque sia, la Bibbia dice: “Elia passo dunqueverso di lui e gli getto sopra la sua veste ufficiale”(1 Re 19:19). Questa veste ufficiale, probabilmen-te di pelle di pecora o di capra e indossata comeun mantello, rappresentava l’incarico speciale cheElia aveva ricevuto da Geova. Era quindi un gestopieno di significato metterla sulle spalle di Eliseo.Elia si sottomise di buon grado alla decisione diGeova di nominare Eliseo quale suo successore.Confidava in Dio e percio gli ubbidı.

L’uomo piu giovane, da parte sua, era desiderosodi aiutare l’anziano profeta. Eliseo non prese il po-sto di Elia da un giorno all’altro. Anzi lo accompa-gno e lo assiste umilmente per circa sei anni, tantoche in seguito divenne noto come colui “che versa-va acqua sulle mani di Elia” (2 Re 3:11). Come de-v’essere stato confortante per Elia avere accanto ase un servitore cosı capace e premuroso! I due pro-babilmente divennero buoni amici. Incoraggiando-si a vicenda furono senz’altro aiutati a perseverarenonostante fossero testimoni delle terribili ingiusti-zie perpetrate nel paese. Per non parlare poi del reAcab, che diventava sempre piu malvagio.

Avete mai subıto un’ingiustizia?Non e certo raroin questo mondo corrotto. Avere accanto un ami-co che ama Dio puo aiutarvi a perseverare. E dallafede di Elia potete imparare molto su come far fron-te alle ingiustizie.

IMITIAMO LA LORO FEDE � ELIA

Persevero nonostantele ingiustizie

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1° FEBBRAIO 2014 � 13

“LEVATI, SCENDI INCONTRO AD ACAB”Elia ed Eliseo lavorarono molto per elevare la

condizione spirituale delle persone. A quanto paresi impegnarono nel preparare altri profeti che forseerano organizzati in scuole. In seguito pero Elia ri-cevette un nuovo incarico da Geova: “Levati, scen-di incontro ad Acab re d’Israele” (1 Re 21:18). Cosaera successo?

Acab era diventato apostata, dimostrandosi il repeggiore che Israele avesse mai avuto fino a quelmomento. Sposando Izebel, un’adoratrice di Baal,aveva promosso in tutto il paese il culto di que-sta divinita e lui stesso vi prendeva parte (1 Re16:31-33). Il baalismo includeva riti della fertilita,prostituzione rituale e perfino sacrifici di bambi-ni. Come se non bastasse, Acab aveva da poco di-subbidito al comando di Geova di mettere a morteil malvagio Ben-Adad, re di Siria. Quella decisio-ne a quanto pare era stata dettata dalla prospetti-va di ottenere un ritorno economico (1 Re, capi-

tolo 20). Ma adesso l’avidita, il materialismo e laviolenza di Acab e Izebel avevano superato ogni li-mite.

Acab aveva un palazzo in Samaria, un edificiocolossale. Ne aveva anche un altro a Izreel, a circa37 chilometri di distanza. Accanto a questa secon-da residenza c’era una vigna. Acab voleva a tutti icosti questo fazzoletto di terra che pero apparte-neva a un uomo di nome Nabot. Il re lo convocoe gli propose l’acquisto o, in alternativa, lo scam-bio con un’altra vigna. Nabot pero disse: “

`E impen-

sabile da parte mia, dal punto di vista di Geova,darti il possedimento ereditario dei miei antenati”(1 Re 21:3). Nabot era testardo? O forse impruden-te? Molti penserebbero di sı. In realta stava ubbi-dendo alla Legge di Geova. Agli israeliti non erapermesso vendere in maniera definitiva il possedi-mento ereditario della famiglia (Levitico 25:23-28).Per lui era impensabile disubbidire alla Legge diDio. Era un uomo fedele e coraggioso, ma di certosapeva quanto fosse pericoloso tener testa adAcab.

Acab per contro non dava la minima importanzaalla Legge di Geova. Ritorno a casa “accigliato e ab-battuto” perche non aveva ottenuto quello che vo-leva. Leggiamo: “Giacque quindi sul suo letto e ten-ne la faccia voltata e non mangio pane” (1 Re 21:4).Quando Izebel vide suo marito imbronciato comeun bambino capriccioso, in men che non si dicaordı un piano per fargli avere quello che tanto vole-va. Questo avrebbe pero significato annientare unafamiglia di giusti.`

E difficile leggere di tanta malvagita senza ri-manere esterrefatti. La regina Izebel sapeva che inbase alla Legge di Dio era necessaria la testimo-nianza di due persone per provare una grave accu-sa (Deuteronomio 19:15). Scrisse percio delle let-tere a nome di Acab e le spedı agli anziani e ainotabili di Izreel: lo scopo era trovare due uominidisposti ad accusare di bestemmia Nabot, accusache prevedeva la pena di morte. Il piano ebbe suc-cesso. Due uomini “buoni a nulla” testimoniaronoil falso contro Nabot, che venne quindi lapidato. E

Elia fu umile e nomino Eliseo come suo successore

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non solo, anche i suoi figli vennero uccisi (1 Re 21:5-14; Levitico 24:16; 2 Re 9:26).� Acab aveva in pra-tica rinunciato al suo ruolo di capofamiglia, per-mettendo alla moglie di prendere il sopravvento efar uccidere persone innocenti.

Immaginate cosa avra provato Elia quando Geo-va gli rivelo cio che avevano fatto il re e la regina.Puo essere davvero scoraggiante quando i malvagisembrano trionfare sugli innocenti (Salmo 73:3-5,12, 13). Anche oggi vengono perpetrate terribili in-giustizie, qualche volta perfino da uomini potentiche dichiarano di agire quali rappresentanti di Dio.Tuttavia questo racconto biblico puo confortarci: ciricorda che niente e nascosto agli occhi di Geova.Egli vede tutto (Ebrei 4:13). Ma allora cosa fa quan-do vede azioni malvage?

“MI HAI TROVATO, O MIO NEMICO?”Geova mando Elia da Acab dicendogli esplicita-

mente: “Ecco, e nella vigna di Nabot” (1 Re 21:18).Non appena Acab venne a sapere da Izebel che la

� Puo darsi che Izebel si sia sentita costretta a uccidere i figlidi Nabot perche temeva che la proprieta della vigna passasse aloro in quanto eredi. Per una trattazione sul perche Dio permet-te gli atti di oppressione, vedi l’articolo “I lettori chiedono” checompare in questo numero.

vigna era finalmente sua, si alzo immediatamenteper andare ad ammirare la nuova proprieta. Non losfioro mai il pensiero che Geova lo stesse osservan-do. Immaginate l’espressione disegnata sul suo vol-to: indugia alla vista della vigna e sogna di farne unmeraviglioso giardino. Ma ecco Elia! L’espressionedi Acab cambia, la soddisfazione lascia il posto allarabbia e all’odio. E sputando veleno dice: “Mi haitrovato, o mio nemico?” (1 Re 21:20).

Le parole di Acab rivelano due tipi di insensatez-za. Prima di tutto, dicendo a Elia “Mi hai trovato”,Acab dimostro di essere spiritualmente cieco. Geo-va lo aveva gia “trovato” da tempo. Lo aveva vistodecidere deliberatamente di fare il male e goderedei risultati del malvagio piano di Izebel. Dio guar-dava nel cuore di Acab: lı l’amore per i possedi-mentimateriali aveva eclissato ogni traccia dimise-ricordia, giustizia o compassione. In secondo luogodicendo a Elia “O mio nemico”, Acab rivelo tuttol’odio che provava per un uomo che non solo eraamico di Geova Dio, ma che lo avrebbe potuto aiu-tare ad abbandonare la sua condotta scellerata.

Possiamo imparare molto dall’insensatezza diAcab. Dobbiamo sempre ricordare che Geova Diovede tutto.

`E un Padre amorevole, sa quando smar-

“Mi hai trovato, o mio nemico?”

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1° FEBBRAIO 2014 � 15

riamo la retta via ed e felice quando ci ravvediamo.Per aiutarci, spesso si serve dei Suoi amici, uominie donne fedeli che, come Elia, ci ricordano le Sueparole. Sarebbe un grande errore considerare gliamici di Dio nostri nemici (Salmo 141:5).

Pensate a quando Elia rispose ad Acab: “Ti hotrovato”. Lo aveva “trovato”, cioe lo aveva ricono-sciuto per quello che era: un ladro, un omicida e unribelle nei confronti di Geova Dio. Quanto corag-gio gli sara servito per tener testa a un uomo cosımalvagio! Elia proseguı pronunciando la condannadivina contro Acab. Geova aveva il quadro comple-to della situazione: la malvagita, come una malat-tia, si era propagata dalla famiglia di Acab fino a in-fettare il popolo. Percio Elia comunico ad Acab cheGeova avrebbe ‘spazzato’ via, o sterminato, l’interadinastia. E anche Izebel sarebbe stata chiamata arendere conto (1 Re 21:20-26).

Elia non pensava che si possano compiere azio-ni ingiuste e malvage e passarla liscia.Oggi unpen-siero del genere e piuttosto diffuso. Questo raccon-to della Bibbia ci ricorda non solo che Geova Diovede cosa sta succedendo, ma anche che fara trion-fare la giustizia al tempo da lui stabilito. La sua Pa-rola ci assicura che arrivera il giorno in cui por-ra fine per sempre a tutte le ingiustizie (Salmo 37:10, 11). Potreste tuttavia chiedervi: “I giudizi di Diocomportano solo punizioni o rispecchiano anche lasua misericordia?”

“HAI VISTO COME ACAB SI`E UMILIATO?”

Forse Elia si sara sorpreso della reazione di Acabal giudizio di Dio. Il racconto prosegue: “AppenaAcab ebbe udito queste parole, si strappava le vestie sopra la carne si metteva un sacco; e faceva di-giuno e giaceva vestito di sacco e camminava scon-solatamente” (1 Re 21:27). Si stava forse pentendodelle sue azioni?

Se non altro possiamo dire che si stava muoven-do nella direzione giusta. Si stava umiliando, cosanon certo facile per unuomo cosı orgoglioso e arro-gante. Si trattava pero di vero pentimento? Consi-deriamo l’esempio di Manasse, un re che in seguitoavrebbe compiuto ancora piu nefandezze di Acab.Quando Geova lo punı, Manasse si umilio e im-

ploro Geova di aiutarlo. Ma fece dell’altro. Cambiocompletamente la sua condotta: si sbarazzo di tut-te le immagini idolatriche che aveva fatto, si sforzodi servire Geova e incoraggio il popolo a fare al-trettanto (2 Cronache 33:1-17). Acab fece lo stesso?Purtroppo no.

Geova noto quell’evidente manifestazione di tri-stezza da parte di Acab? Disse a Elia: “Hai vistocome Acab si e umiliato a motivo di me? Per la ra-gione che si e umiliato a causa di me, non recherola calamita nei suoi propri giorni. Rechero la ca-lamita sulla sua casa ai giorni di suo figlio” (1 Re21:29). Geova lo stava perdonando? No, soltanto ilvero pentimento puo suscitare la misericordia divi-na (Ezechiele 33:14-16). Ma visto che Acab mostroun certo rammarico, Geova gli concesse un certogrado di misericordia. Ad Acab fu risparmiata laterrificante esperienza di vedere tutta la sua fami-glia annientata.

In ogni caso, il giudizio di Geova non cambio. Inseguito Geova si consulto con i suoi angeli circail modo migliore per spingere Acab a combatterela battaglia nella quale avrebbe perso la vita. Pocotempo dopo, il giudizio di Geova fu eseguito. Feritoin battaglia, Acab morı dissanguato sul suo carro.Il racconto aggiunge un dettaglio macabro: quandoil carro venne lavato, alcuni cani leccarono il san-gue del re. In questo modo si adempirono le paroledi Geova che Elia aveva pronunciato ad Acab: “Nelluogo dove i cani hanno leccato il sangue di Nabot,i cani leccheranno il tuo sangue” (1 Re 21:19; 22:19-22, 34-38).

Per Elia, Eliseo e tutti i fedeli servitori di Dio, lafine di Acab fu la garanzia che Geova non ave-va dimenticato il coraggio e la fede di Nabot. Inquanto Dio di giustizia, non manca mai di punirei malvagi, ne dimentica di includere la misericor-dia nei suoi giudizi se c’e una base per farlo (Nu-meri 14:18). Che potente lezione fu per Elia chepersevero per decenni sotto il dominio di un recosı malvagio! Siete vittima di ingiustizie? Deside-rate che Geova sistemi le cose? Imitate la fede diElia che, insieme a Eliseo, continuo a proclamarei messaggi di Dio perseverando nonostante le in-giustizie. ˇ

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12 � LA TORRE DI GUARDIA

MARIA cadde sulle ginocchia, schiacciata da undolore troppo intenso da descrivere. Aveva an-

cora nelle orecchie l’ultimo grido del figlio, spentosidopo ore di agonia. A mezzogiorno il cielo si era giaoscurato. Improvvisamente, la terra tremo con vio-lenza (Matteo 27:45, 51). Forse Maria penso che Geo-va stesse facendo sapere al mondo che era Lui, piud’ogni altro, a essere profondamente addolorato perla morte di Gesu Cristo.

Maria piangeva suo figlio, mentre la luce del po-meriggio dissipava le tenebre che avvolgevano il Gol-gota, o “Luogo del Teschio” (Giovanni 19:17, 25).Quanti ricordi avranno affollato la sua mente! Uno inparticolare si sara affacciato alla memoria, riportan-dola indietro di circa 33 anni. Maria e Giuseppe ave-vano appena presentato il loro bel bambino nel tem-pio di Gerusalemme, e un uomo anziano di nomeSimeone era stato ispirato a pronunciare una profe-zia. Aveva predetto grandi cose riguardo a Gesu, ag-giungendo pero che un giorno la madre si sarebbesentita trafiggere come da una lunga spada (Luca 2:25-35). Solo ora, in questo tragico momento, Mariariusciva a comprendere pienamente il significato diquelle parole.`

E stato affermato che la morte di un figlio rappre-senta la perdita peggiore che un essere umano possasubire. La morte e un nemico terribile che ci feriscetutti, in un modo o nell’altro (Romani 5:12; 1 Corinti15:26). Ma e possibile superare un tale dolore? Esa-miniamo gli avvenimenti della vita di Maria, dall’ini-zio del ministero alla morte di Gesu e anche un pocooltre. Impareremo molto circa la fede che aiuto Mariaa sopravvivere al dolore della spada che la trafisse.

“QUALUNQUE COSA VI DICA, FATELA”Torniamo indietro di tre anni e mezzo.Maria intui-

va che qualcosa stava per cambiare. Persino nella pic-cola citta di Nazaret si parlava di Giovanni il Battistae della sua avvincente predicazione intorno al penti-mento dai peccati. Maria si rendeva conto che talenotizia era il segnale tanto atteso dal figlio maggio-re, Gesu, perche iniziasse il suo ministero (Matteo 3:1, 13). In un certo senso, la lontananza di Gesu avreb-be portato uno sconvolgimento nella vita di Maria edella sua famiglia. Perche?`

E probabile che a quel tempo Giuseppe, il maritodi Maria, fosse gia morto. In tal caso, Maria dovevagia aver sperimentato il dolore di una perdita.� OraGesu era chiamato non solo “il figlio del falegname”,ma anche “il falegname”. Evidentemente aveva rile-vato l’attivita del padre e si era assunto il compito diprovvedere alla famiglia. Questa comprendeva alme-no sei figli, nati dopo di lui (Matteo 13:55, 56; Marco6:3). Forse Gesu aveva insegnato il mestiere a Giaco-mo, probabilmente il secondo dei maschi. Anche secosı fosse, per la famiglia non sarebbe stato semplicefar fronte alla partenza del figlio maggiore. Dato cheportava gia un pesante fardello, Maria ebbe timore amotivo di tale cambiamento? Possiamo solo immagi-narlo. Ma la domanda piu importante e: come avreb-be reagito nel momento in cui Gesu di Nazaret sa-rebbe divenuto Gesu Cristo, il Messia promesso da

� L’ultima menzione di Giuseppe nei Vangeli risale a quandoGesu aveva 12 anni, dopodiche egli scompare dal racconto. Inseguito si fa menzione solo della madre di Gesu e degli altri figli.In un’occasione Gesu e chiamato “il figlio di Maria”, ma non vie-ne fatto alcun riferimento a Giuseppe (Marco 6:3).

IMITIAMO LA LORO FEDE � MARIA

Sopravvisse alla ‘spadache le trafisse l’anima’

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1° MAGGIO 2014 � 13

tempo? Un episodio narrato nella Bibbia ci dice qual-cosa al riguardo (Giovanni 2:1-12).

Gesu ando da Giovanni per essere battezzato, e di-venne cosı l’Unto, o Messia, di Dio (Luca 3:21, 22).Quindi inizio a scegliere i propri discepoli.Nonostan-te l’urgenza che contraddistingueva la sua opera, siprendeva comunque il tempo per godere della buonacompagnia di familiari e amici. Insieme alla madre,ai discepoli e ai fratelli carnali, ad esempio, si reco auna festa nuziale a Cana, cittadina apparentementesituata su una collina a circa 13 chilometri da Naza-ret. Nel corso del ricevimento, Maria si rese conto diun problema. Forse aveva colto qualche occhiata pie-na di panico tra i familiari degli sposi, o li avra sentitibisbigliare tra loro con aria concitata. Avevano termi-nato il vino! Nella loro cultura questa sarebbe appar-sa una grave mancanza di ospitalita e avrebbe recatobiasimo sulla famiglia, trasformando il felice eventoin un vero disastro. Mettendosi nei loro panni, Mariasi rivolse a Gesu.

“Non hanno vino”, disse al figlio. Cosa si aspetta-va che facesse? Non possiamo dirlo con certezza, madi certo sapeva che era un grande uomo e che avreb-be fatto grandi cose. Forse sperava che avrebbe ini-ziato proprio in quell’occasione.

`E come se gli stesse

dicendo: “Figlio, ti prego, pensaci tu!” La risposta diGesu deve averla sorpresa: “Che ho a che fare con te,

donna?” Gesu non le stava mancando di rispetto, an-che se qualcuno potrebbe erroneamente pensarlo.

`E

pur vero che le sue parole avevano il tono di un gar-bato rimprovero. In effetti Gesu stava ricordando allamadre che lei non aveva voce in capitolo nel modo incui lui compiva il suo ministero. Quella era una pre-rogativa di suo Padre, Geova.

Essendo una donna umile e sensibile, Maria ac-cetto la correzione impartita dal figlio. Si volse a co-loro che servivano alla festa e disse semplicemente:“Qualunque cosa vi dica, fatela”. Comprese che nonspettava piu a lei dire al figlio cosa fare. Da quel mo-mento, sia lei sia gli altri avrebbero dovuto lasciarsiguidare da lui. Da parte sua, Gesu mostro di condivi-dere l’empatia della madre per gli sposi: compı il pri-mo dei suoi miracoli trasformando dell’acqua in otti-mo vino. Di conseguenza, “i suoi discepoli riposerofede in lui”. Anche Maria ripose fede in Gesu. Ora loguardava con occhi nuovi: non era piu solo suo figlio,ma anche il suo Signore e Salvatore.

Oggi i genitori possono imparare molto dalla fededi Maria. Certo, nessun altro si e mai trovato ad alle-vare un figlio anche lontanamente simile a Gesu. Mail passaggio dall’infanzia all’eta adulta di qualunquebambino, ancorche imperfetto, puo comportare del-le sfide. Il genitore potrebbe avere la tendenza a con-tinuare a trattarlo come un bambino, anche quandonon sarebbe piu il caso (1 Corinti 13:11). In che modosi puo essere d’aiuto a un figlio adulto? Ad esempio, ilgenitore potrebbe esprimere la sua fiducia che il figlio,o la figlia, continuera ad applicare gli insegnamenti bi-blici e, di conseguenza, a essere benedetto da Geova.Le rispettose espressioni di fede e fiducia da parte delgenitore possono essere di grande beneficio per i figliadulti. Senza dubbio Gesu considero prezioso il soste-gno di Maria nei memorabili anni che seguirono.

“I SUOI FRATELLI NON ESERCITAVANO FEDE IN LUI”I Vangeli ci dicono relativamente poco della vita di

Maria nei tre anni emezzodelministero diGesu. Tut-tavia, dobbiamo tenere presente che probabilmenteera vedova — in pratica una madre sola — forse condei figli che vivevano ancora con lei. Sarebbe com-prensibile se non fosse stata in grado di seguire Gesunei suoi giri di predicazione in tutto il paese (1 Ti-moteo 5:8). Cio nonostante continuo a meditare sulle

Il dolore trafisse Maria come una spada

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cose spirituali che aveva appreso circa il Messia e afrequentare la sinagoga locale, com’era sempre statal’abitudine della famiglia (Luca 2:19, 51; 4:16).

Pertanto e possibile che Maria si trovasse fra i pre-senti quando Gesu parlo nella sinagoga di Nazaret.Deve aver provato una grande emozione udendoloannunciare che una profezia messianica antica di se-coli si era ora adempiuta in lui. E che dolore avra pro-vato invece vedendo che i suoi concittadini non lo ac-cettavano! Tentarono addirittura di ucciderlo! (Luca4:17-30).

Per Maria era anche doloroso vedere come gli altrisuoi figli maschi reagivano nei confronti di Gesu. DaGiovanni 7:5 apprendiamo che i quattro non condivi-devano la fede della madre. “I suoi fratelli”, leggiamo,“non esercitavano fede in lui”. Riguardo alle sue so-relle — che erano almeno due — la Bibbia non dicenulla.� In ogni caso, Maria capı quanto sia penosovivere in una casa dove i componenti della famigliahanno idee religiose diverse. Dovette lottare per atte-nersi alla verita di Dio adoperandosi, allo stesso tem-po, per guadagnare i cuori dei familiari senza dimo-strarsi arrogante o aggressiva.

In un’occasione un gruppo di parenti di Gesu, chesenza dubbio includeva i suoi fratelli, decise di an-dare a “prenderlo”, ritenendo che fosse “fuori di se”(Marco 3:21, 31). Di certo unpensiero del genere nonsfioro neppure lontanamente Maria; comunque ac-compagno i figli, forse nella speranza che vedesseroqualcosa che li avrebbe aiutati ad avere fede. Andaro-no cosı le cose? Benche Gesu continuasse a compie-re opere sbalorditive e a insegnare verita meraviglio-se, gli altri figli di Maria continuavano a non credere.Chissa se Maria si sara chiesta, rasentando l’esaspe-razione, cos’altro ci volesse per toccare il loro cuore.

Vivete in una famiglia divisa dal punto di vista re-ligioso? La fede di Maria puo insegnarvi moltissimo.Maria non considero irrecuperabili i suoi familiari in-creduli. Piuttosto, preferı lasciare che vedessero dasoli come la sua fede le desse gioia e pace mentale.D’altra parte, continuo a sostenere il suo fedele figlio.Soffriva per la lontananza di Gesu? C’erano momen-ti in cui desiderava che fosse ancora a casa con lei e

� Dato che Giuseppe non era il padre biologico di Gesu, que-sti fratelli e sorelle erano, a rigor di termini, fratellastri e sorella-stre (Matteo 1:20).

la famiglia? In caso affermativo, riuscı a tenere sot-to controllo tali sentimenti. Considerava un privile-gio sostenere e incoraggiare Gesu. E voi, come pote-te aiutare in maniera simile i vostri figli a mettere Dioal primo posto nella loro vita?

“A TE STESSA UNA LUNGA SPADATRAFIGGER

`A L’ANIMA”

La fede di Maria in Gesu fu ricompensata? Geovanon manca mai di ricompensare chi ha fede, e certa-mente Maria non fa eccezione (Ebrei 11:6). Provate aimmaginare come dev’essere stato emozionante perlei sentir parlare il figlio, o anche solo sentire i raccon-ti di altri che lo avevano ascoltato.

Forse nelle parabole del figlio Maria intravedevaqualche eco dell’infanzia di lui a Nazaret. QuandoGesu menziono una donna che spazzava casa per tro-vare una moneta perduta, che macinava la farina peril pane o che accendeva una lampada per poi metter-la su un candelabro, Maria avra ripensato a quel bam-bino che le stava accantomentre lei sbrigava le faccen-de di casa (Luca 11:33; 15:8, 9; 17:35). E quando Gesudisse che il suo giogo era piacevole e il suo carico leg-gero? Forse le sara venuto inmente unodi quei bei po-meriggi di tanto tempo prima in cui le era capitatodi vedere Giuseppe che insegnava a Gesu come co-struire un giogo con cura affinche l’animale potesseportarlo senza soffrire (Matteo 11:30). Maria provava

Molte parabole di Gesu rivelano che l’educazioneimpartita da Giuseppe e Maria aveva lasciato il segno

14 � LA TORRE DI GUARDIA

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senz’altro un’immensa soddisfazione nel riflettere sulprivilegio che Geova le aveva dato: avere una parte nelcrescere e nell’educare il figlio che sarebbe divenuto ilMessia. Deve aver provato una gioia senza pari nell’a-scoltare Gesu, il piu grande degli insegnanti umani, ilquale da oggetti e scene comuni riusciva a trarre lezio-ni di ineguagliabile profondita.

Eppure Maria rimase umile. Suo figlio non la resemai oggetto di adulazione, e tantomenodi venerazio-ne. In un’occasione, una donna grido dalla folla chela madre di Gesu doveva essere davvero felice peraverlo dato alla luce. Egli replico: “No, piuttosto: Feli-ci quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono inpratica!” (Luca 11:27, 28). E quando, in un’altra occa-sione, qualcuno gli fece notare che lı vicino c’eranosua madre e i suoi fratelli, Gesu disse che in realtasua madre e i suoi fratelli erano coloro che credeva-no in lui. Lungi dal sentirsi offesa, Maria senz’altrocapı il punto: i legami spirituali sono molto piu im-portanti dei legami di sangue (Marco 3:32-35).

Cio nonostante, e impossibile descrivere il doloreche Maria provo vedendo il figlio subire una morteterribile su un palo di tortura. L’apostolo Giovanni,testimone oculare dell’esecuzione, in seguito inclusenel suo raccontoundettaglio rivelatore: durante quel-la dura prova, Maria stava “presso il palo di tortura diGesu”. Nulla poteva impedire a questa madre leale eamorevole di rimanere accanto al figlio sino all’ulti-mo. Gesu la vide, e anche se ogni suo respiro era unatroce spasimo e ogni sua parola una sofferenza, egliparlo, affidando la madre alle cure del diletto aposto-lo Giovanni. Dato che i suoi fratelli carnali non cre-

devano ancora, non la affido ad alcuno di loro, ma auno dei suoi sinceri seguaci. Gesu mostro cosı quan-to sia importante che un uomo di fede si prenda curadei suoi, specialmente quando si tratta dei loro biso-gni spirituali (Giovanni 19:25-27).

Quando alla fine sopraggiunse la morte di Gesu,per Maria il dolore fu davvero, come predetto tantotempo prima, una lunga spada che le trafisse l’ani-ma. Se ci e difficile afferrare l’intensita del suo dolo-re, quanto piu lo e immaginare la gioia che provotre giorni dopo! Maria venne a sapere del piu grandedei miracoli: Gesu era stato risuscitato! E la sua gioiacrebbe ancora quando Gesu apparve, senza dubbioin privato, al fratellastro Giacomo (1 Corinti 15:7).Quell’incontro tocco il cuore di Giacomo e degli altrifratellastri. Ci viene detto in seguito che essi iniziaro-no a credere in Gesu in qualita di Cristo. Presto li ri-troviamo alle adunanze cristiane insieme alla madrementre “perseveravano nella preghiera” (Atti 1:14).Tempo dopo, due di loro, Giacomo e Giuda, scrisse-ro dei libri biblici.

Quanto a Maria, se ne fa un’ultima menzionementre si trova alle adunanze insieme ai figli, in pre-ghiera. Che conclusione appropriata per la narrazio-ne relativa a Maria, e che bellissimo esempio ci halasciato! Grazie alla sua fede, sopravvisse al doloredella spada che la trafisse e ricevette infine una ri-compensa gloriosa. Se imitiamo la sua fede, anchenoi sopravvivremo a qualsiasi ferita questo mondocrudele possa infliggerci e godremo di ricompenseancor piu grandi di quanto potremmo mai immagi-nare. ˇ

Che gioia per Maria vedere altri suoi figli divenire cristiani leali!

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10 � LA TORRE DI GUARDIA

GIUSEPPE guarda con nostalgia verso est, spe-randodi poter fuggire dalla carovana e tornare

a casa.Nonmolto lontano, da qualche parte oltre lecolline, c’e la sua famiglia a Ebron. Suo padre, Gia-cobbe, sta sbrigando alcune faccende prima che sifaccia sera, del tutto ignaro di cosa sia accaduto alsuo figlio preferito. Ma adesso Giuseppe non puotornare da lui; per quanto ne sa, forse non rivedrapiu l’anziano e amato padre. I mercanti lo tengonod’occhio mentre fanno avanzare i cammelli lungola trafficata strada verso sud. Adesso Giuseppe ap-partiene a loro. Quegli uomini non lo perdono maidi vista perche per loro e merce preziosa che, comeil carico di resine e oli aromatici che trasportano,nel lontano Egitto assicurera loro un buon guada-gno.

Giuseppe non ha piu di 17 anni. Immaginatelomentre rivolge lo sguardo al cielo a ovest, dove ilsole ha quasi raggiunto l’orizzonte del Mar Gran-de: cerca di capire come il suo mondo sia po-tuto andare in frantumi.

`E difficile credere che i

suoi stessi fratelli per poco non lo abbiano ucci-so e poi lo abbiano venduto come schiavo. Nondev’essere facile per Giuseppe trattenere le lacri-me. Non puo neppure immaginare cosa gli riser-va il futuro.

Come ha fatto Giuseppe a ritrovarsi in una situa-zione cosı terribile? E cosa possiamo imparare dallafede di un ragazzo che subı prepotenze e fu riget-tato dai membri della sua stessa famiglia?

UN AMBIENTE FAMILIARE COMPLESSOGiuseppe proveniva da una famiglia molto

grande, che pero non era ne felice ne unita. Il ri-tratto che fa la Bibbia della famiglia di Giacobbecostituisce una prova lampante delle conseguen-ze negative della poligamia, una pratica che Diotollero fra il suo popolo fino a quando suo Figlioristabilı la norma originale dellamonogamia (Mat-teo 19:4-6). Giacobbe aveva avuto almeno 14 figlida quattro donne diverse: le sue due mogli, Lea eRachele, e le loro serve, Zilpa e Bila. Sin dal primomomento, Giacobbe si era innamorato della bellaRachele. Non provo mai un sentimento cosı forteper Lea, la sorella maggiore di Rachele, che gli fudata in moglie con l’inganno. Per molto tempo cifu un’aspra rivalita tra le due donne e questa ge-

IMITIAMO LA LORO FEDE � GIUSEPPE

“Ascoltate, vi prego, questo sogno”

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losia contagio tutti i figli (Genesi 29:16-35; 30:1, 8,19, 20; 37:35).

Rachele era rimasta sterile per molto tempo equando alla fine aveva dato alla luce Giuseppe,Giacobbe aveva sempre avuto un occhio di riguar-do per il figlio della sua vecchiaia. Per esempio,quando la sua famiglia stava andando incontroa Esau, fratello di Giacobbe assetato di vendetta,Giacobbe si assicuro che Rachele e il piccolo Giu-seppe si trovassero nel posto piu sicuro, dietro al-l’intera famiglia. Quella giornata carica di tensionedi sicuro influı profondamente su Giuseppe. Im-maginate cos’avra pensato quella mattina nel ve-dere che d’un tratto suo padre, vigoroso anche seanziano, stava zoppicando. Sara rimasto a boccaaperta nell’apprenderne la ragione: la notte primasuo padre aveva lottato con un potente angelo! Ilmotivo? Giacobbe voleva una benedizione da Geo-va Dio. Come ricompensa il nome di Giacobbe fucambiato in Israele. Un’intera nazione avrebbe por-tato il suo nome! (Genesi 32:22-31) Col tempo Giu-seppe comprese che i figli di Israele avrebbero datovita alle tribu di quella nazione.

In seguito Giuseppe, ancora molto giovane, fucolpito in prima persona da una tragedia: sua ma-dre, la persona a lui piu cara, morı mentre davaalla luce suo fratello minore, Beniamino. In seguitoa questa grave perdita suo padre soffrı tantissimo.Immaginate Giacobbe mentre asciuga con dolcezza

le lacrime di Giuseppe e lo conforta con la stessasperanza che un tempo aveva confortato Abraamo,nonno di Giacobbe. Come deve aver incoraggiatoGiuseppe sapere che Geova un giorno avrebbe ri-portato in vita sua madre! Forse Giuseppe avra pro-vato un amore ancora piu profondo per “l’Iddio [...]dei viventi”, un Dio veramente buono (Luca 20:38;Ebrei 11:17-19). Dopo la morte della moglie, Giacob-be mostro sempre un grande affetto per i due figliavuti con Rachele (Genesi 35:18-20; 37:3; 44:27-29).

Ricevendo simili attenzioni molti figli sarebberodiventati viziati; ma Giuseppe imparo dai genitoria mostrare molte buone qualita e sviluppo una for-te fede insieme a uno spiccato senso del bene e delmale. All’eta di 17 anni, mentre svolgeva l’attivitadi pastore insieme ai suoi fratelli maggiori noto uncomportamento sbagliato. Fu forse tentato di tene-re la cosa per se cosı da entrare nelle loro grazie? Inogni caso, fece cio che era giusto: parlo della cosa asuo padre (Genesi 37:2). Per Giacobbe quell’azionecoraggiosa sara stata un’ulteriore conferma dell’ot-tima opinione che gia nutriva per il suo caro figlio.Che eccellente esempio su cui possono riflettere igiovani cristiani! Davanti alla tentazione di coprireil grave peccatodi qualcuno, forse di un fratello car-nale o di un amico, e saggio imitare Giuseppe eassicurarsi che coloro che sono nella posizione diaiutare chi ha sbagliato siano a conoscenza della si-tuazione (Levitico 5:1).

Giuseppe perse la liberta ma non la fede

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Possiamo imparare qualcosa anche dalla fami-glia di Giuseppe.

`E vero che oggi tra i cristiani non

si pratica la poligamia, ma ci sono molte famigliecomposte da genitori acquisiti e figli nati da prece-denti matrimoni. La famiglia di Giacobbe dimostrache favoritismo e parzialita sono una minaccia perl’unita familiare. I genitori saggi fanno il possibileper far capire ai propri figli e ai figli del coniuge cheognuno e amato e ha le proprie doti e che ciascu-no puo contribuire alla felicita della famiglia (Ro-mani 2:11).

LA GELOSIA METTE RADICEForse proprio perche Giuseppe difendeva sem-

pre cio che era giusto, Giacobbe lo onoro in unmodo particolare: fece fare per lui una speciale ve-ste (Genesi 37:3).

`E possibile che si trattasse di una

veste lunga ed elegante, che forse copriva intera-mente braccia e gambe. Probabilmente il genere diabito che indossavano nobili o principi.

Giacobbe era mosso di sicuro dalle migliori in-tenzioni e questa dimostrazione di stima e affet-to da parte del padre deve aver toccato Giuseppe.Ma quella veste gli avrebbe causato non pochi pro-blemi. Per prima cosa non dimentichiamo che ilragazzo era un pastore, un mestiere piuttosto fa-ticoso. Immaginate il giovane con indosso questaveste pregiata mentre cammina faticosamente nel-l’erba alta, si arrampica sulle rocce o cerca di libe-rare un agnello imprigionato tra i rovi. Peggio anco-ra, come avrebbe influito questo segno di specialefavore del padre sul rapporto tra Giuseppe e i suoifratelli?

La Bibbia risponde: “Quando i suoi fratelli vide-ro che il loro padre lo amava piu di tutti i suoi fratel-li, lo odiavano e non gli potevano parlare in manie-ra pacifica”� (Genesi 37:4). Non c’e da stupirsi che

� Alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che i fratelli di Giuseppeinterpretarono il regalo che il padre gli fece come una prova del-la sua intenzione di dare al ragazzo il diritto di primogenitura.Sapevano che Giuseppe era il primo figlio della moglie preferi-ta di Giacobbe, quella che avrebbe voluto sposare inizialmente.Inoltre Ruben, il primogenito di Giacobbe, era stato con la con-cubina di suo padre, disonorandolo e di fatto perdendo la primo-genitura (Genesi 35:22; 49:3, 4).

i fratelli di Giuseppe abbiano cominciato a provaregelosia, ma furono davvero poco saggi nel lasciarsidominare da questo sentimento velenoso (Proverbi14:30; 27:4). Vi capita mai di provare invidia neiconfronti di qualcuno che ha ricevuto onori o atten-zioni che volevate voi? Allora ricordate i fratelli diGiuseppe. La gelosia li porto a commettere azio-ni di cui si pentirono amaramente. Il loro esempiorammenta ai cristiani che e molto piu saggio ‘ralle-grarsi con quelli che si rallegrano’ (Romani 12:15).

Dato che Giuseppe di sicuro percepiva l’animo-sita dei suoi fratelli, in loro presenza si sarebbe tol-to la bella veste? Forse fu tentato di farlo. Ma ri-cordate che Giacobbe voleva che la veste fosse unsegno di favore e affetto. Giuseppe non voleva ve-nir meno alla fiducia che suo padre riponeva in lui,cosı lealmente la indossava sempre. Il suo esempio

Giuseppe fu privilegiato da Giacobbe percheera fedele e giusto

12 � LA TORRE DI GUARDIA

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1° AGOSTO 2014 � 13

ci e utile.Anche se il nostro Padre celeste non e maiparziale, a volte presta speciale attenzione ai suoileali servitori. Inoltre chiede loro di distinguersi daquesto mondo corrotto e immorale. Come la vestespeciale di Giuseppe, la condotta dei veri cristianili rende diversi da chi li circonda. Questa condot-ta puo suscitare gelosie e animosita (1 Pietro 4:4).Proprio come Giuseppe non nascose la sua veste,un cristiano non dovrebbe nascondere la sua veraidentita di servitore di Dio (Luca 11:33).

I SOGNI DI GIUSEPPEPoco tempo dopo Giuseppe fece due sogni

straordinari. Nel primo, vide se stesso e i suoi fra-telli legare covoni di grano.Ma i covoni dei suoi fra-telli circondavano il suo e si inchinavano davanti aesso. Nel secondo sogno il sole, la luna e 11 stelle siinchinavano davanti a Giuseppe (Genesi 37:6, 7, 9).Come avrebbe dovuto agire Giuseppe dopo averfatto questi sogni cosı strani e reali?

Questi sogni venivano da Geova Dio. Erano pro-fetici, e Dio voleva che Giuseppe trasmettesse ilmessaggio che contenevano. In un certo senso ilcompito di Giuseppe era simile a quello che in se-guito avrebbero svolto certi profeti riferendo i mes-saggi e i giudizi di Dio al Suo popolo ostinato.

Con tatto Giuseppe disse ai suoi fratelli: “Ascol-tate, vi prego, questo sogno che ho sognato”. I suoifratelli capirono il significato del sogno e a loro nonando giu. Risposero: “Regnerai per certo su di noi,o dominerai per certo su di noi?” Il brano prosegue:“Trovarono dunque nuova ragione di odiarlo per isuoi sogni e per le sue parole”. Quando Giusep-pe racconto il secondo sogno a suo padre e ai suoifratelli, la reazione non fu certo migliore. Si legge:“Suo padre lo rimproverava, dicendogli: ‘Che cosasignifica questo sogno che hai sognato?Dovremo ioe anche tua madre e i tuoi fratelli venire per certoa inchinarci a terra davanti a te?’” Comunque Gia-cobbe continuo a riflettere sulla questione. Geovastava davvero comunicando con il ragazzo? (Gene-si 37:6, 8, 10, 11)

Giuseppe non fu ne il primo ne l’ultimo servito-re di Geova a cui fu chiesto di riferire un messag-

gio profetico che sarebbe stato impopolare e avreb-be perfino scatenato la persecuzione.Gesu fu il piugrande di questi messaggeri e disse ai suoi segua-ci: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno an-che voi” (Giovanni 15:20). Cristiani di tutte le etapossono imparare molto dalla fede e dal coraggiodel giovane Giuseppe.

L’ODIO RAGGIUNGE IL CULMINENon molto tempo dopo, Giacobbe chiese al gio-

vane Giuseppe di fare un viaggio. I figli maggioribadavano alle pecore a nord vicino a Sichem, dovedi recente si erano fatti degli acerrimi nemici. Na-turalmente Giacobbe era preoccupato per i suoi fi-gli, cosı mando Giuseppe a vedere come stavano.Come si sara sentito Giuseppe? Sapeva che i suoifratelli lo odiavano piu che mai. Come avrebberoreagito vedendolo arrivare quale portavoce del pa-dre? Nonostante tutto Giuseppe ubbidı e partı (Ge-nesi 34:25-30; 37:12-14).

Si tratto di un viaggio abbastanza impegnativo,forse quattro o cinque giorni di cammino. Sichemsi trovava a circa 80 chilometri a nord di Ebron.Una volta arrivato a Sichem, Giuseppe scoprı chei suoi fratelli si erano spostati a Dotan, cioe 22 chi-lometri ancora piu a nord. Giuseppe si stava avvi-cinando a Dotan, quando i suoi fratelli lo videroda lontano. Di colpo il loro odio venne prepoten-temente a galla. Nel brano si legge: “Si disserodunque l’un l’altro: ‘Ecco, viene quel sognatore. Eora venite e uccidiamolo e gettiamolo in una del-le cisterne; e dobbiamo dire che una feroce bestiaselvaggia l’ha divorato. Quindi vediamo che nesara dei suoi sogni’ ”. Ruben pero convinse i suoifratelli a gettare Giuseppe dentro la cisterna sen-za ucciderlo, sperando di poterlo salvare in segui-to (Genesi 37:19-22).

Ignarodel pericolo,Giuseppe si avvicino convin-to che sarebbe stato un incontro pacifico. Invece isuoi fratelli lo assalirono. Gli strapparono di dossola sua veste speciale, lo trascinarono fino a una ci-sterna vuota e lo gettarono giu. Cercando di ripren-dersi dallo shock, Giuseppe si rialzo a fatica, manon sarebbe mai uscito da laggiu con le sue sole

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forze. Riusciva a vedere solo uno spiraglio di cielomentre le voci dei suoi fratelli si affievolivano. Pro-vo a chiamarli, a supplicarli, ma invano. Senza al-cuna pieta, i suoi fratelli mangiarono qualcosa pro-prio la vicino. In assenza di Ruben, meditarono dinuovo di uccidere Giuseppe, ma Giuda li convinsea venderlo ad alcuni mercanti di passaggio. Dotanera vicino alla via carovaniera che portava in Egit-to e infatti poco dopo passo una carovana di ismae-liti e madianiti. Tutto fu sistemato prima del ritor-no di Ruben: per 20 sicli avevano venduto comeschiavo il proprio fratello� (Genesi 37:23-28; 42:21).

Ed eccoci di nuovo alla scena iniziale. Giusep-pe viene portato verso sud sulla strada per l’Egit-to e sembra aver perso tutto.

`E stato strappato via

dal suo mondo. Per anni non sapra nulla della suafamiglia: l’angoscia di Ruben nel tornare e scopri-

� Anche in questo piccolo dettaglio la Bibbia si dimostra accu-rata. Documenti dello stesso periodo rivelano che 20 sicli eranoil prezzo ordinario per uno schiavo in Egitto.

re che suo fratello e sparito, il dolore di Giacobbedopo la falsa notizia della sua morte.Non sapra piuniente neppure del suo anziano nonno Isacco e delsuo amato fratello minore Beniamino, di cui senteterribilmente la mancanza. Ma Giuseppe ha persodavvero tutto? (Genesi 37:29-35)

Giuseppe ha ancora qualcosa che i suoi fratellinon gli avrebbero mai potuto togliere: la fede. Co-nosce molto bene il suo Dio, Geova, e niente puoprivarlo di questo: ne la perdita della famiglia, nele difficolta della prigionia nel lungo viaggio fino inEgitto e neppure l’umiliazione di essere vendutocome schiavo a un facoltoso egiziano di nome Po-tifar (Genesi 37:36). In mezzo a queste avversita, lafede di Giuseppe e la sua determinazione a rima-nere vicino al suo Dio si rafforzano. In articoli futu-ri vedremo in che modo grazie a questa fede Giu-seppe fu ancora piu utile al suo Dio, Geova, e allasua famiglia in difficolta. Se imiteremo la fede diGiuseppe ci dimostreremo veramente saggi. ˇ

Giuseppe difese cio che era giusto, ma i suoi fratelli lo odiarono

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12 � LA TORRE DI GUARDIA

NELL’ARIA calda e afosa si spande il profumo deifiori di loto e di altre piante acquatiche. Giusep-

pe e, suomalgrado, al seguito dimercanti che stannoattraversando i bassopiani dell’ampio delta del Nilo:una carovana di uomini e cammelli che avanza lun-go un corso d’acqua, alla volta della prossima cittaegiziana. Al loro passaggio, di tanto in tanto, aironi eibis spiccano il volo. Giuseppe ripensa alla sua casasulle ventose alture di Ebron, a centinaia di chilome-tri da lı, e si sente perso, come in un altro mondo.

La lingua parlata dalla gente locale non gli suo-na molto piu comprensibile delle urla concitate dellescimmie sulle palme da dattero e sugli alberi di fico.Forse Giuseppe prova anche a cogliere il senso diqualche parola o di una frase. Tanto vale imparare.. .per come stanno le cose, forse non fara piu ritorno acasa.

Giuseppe e un ragazzo — avra 17 o 18 anni — eppu-re si trova ad affrontare situazioni chemetterebbero incrisi anche un uomomaturo. I suoi stessi fratelli, divo-rati dalla gelosia a motivo della predilezione del loropadre nei suoi confronti, sono arrivati quasi a uccider-lo. Poi pero lo hanno venduto a questi mercanti (Ge-nesi 37:2, 5, 18-28). Adesso, dopo un viaggio che durada settimane, i mercanti non vedono l’ora di raggiun-gere la grande citta per fare unbel po’di soldi venden-do il ragazzo e le altre preziose merci. Come riusciraGiuseppe a impedire che la disperazione metta radi-ce nel suo cuore e abbatta il suo spirito? E noi oggicome possiamo impedire che le difficolta e le delusio-ni della vita ci facciano perdere la fede? L’esempio diGiuseppe puo insegnarci molto al riguardo.

“GEOVA MOSTR`O D’ESSERE CON GIUSEPPE”

“In quanto a Giuseppe, fu portato in Egitto, e Poti-far, funzionariodella cortedi Faraone, capodella guar-dia del corpo, un egiziano, lo acquisto dalla mano de-gli ismaeliti che lo avevano portato laggiu” (Genesi39:1). Con queste poche parole, la Bibbia ci da un’ideadell’ulteriore umiliazione subita da Giuseppe quandofu venduto ancora una volta. Non era che una merce,un semplice oggetto. Eccolo ora seguire il suo nuovopadrone, un funzionario di corte egiziano, attraversole affollate strade pienedi venditori, banchi e botteghein direzione della sua nuova casa.

Casa... quel posto era ben diverso dall’idea di casache aveva Giuseppe, cresciuto in una famiglia noma-de che risiedeva in tende e si spostava frequente-mente per badare ai greggi. Qui, invece, gli egizianibenestanti come Potifar vivevano in belle abitazioniconpareti dai colori vivaci.Come rivela l’archeologia,gli antichi egizi non si facevano mancare lussureg-gianti giardini circondati da mura, con alberi ombro-si e placidi specchi d’acqua in cui crescevano pianteacquatiche come il loto e il papiro. Alcune case era-no circondate da simili giardini, con porticati piace-volmente ventilati, alte finestre emolte stanze, tra cuiuna spaziosa sala da pranzo e alloggi per la servitu.`

E improbabile pero che Giuseppe si sia lasciatoimpressionare da tanta opulenza. Si sara piuttostosentito profondamente solo. Tutto gli risultava estra-neo: la lingua, gli abiti, il modo di acconciarsi, pernonparlare della religione.Gli egiziani adoravano in-fatti un’infinita di dei e praticavano l’occultismo ele arti magiche. Inoltre, erano morbosamente affa-

IMITIAMO LA LORO FEDE � GIUSEPPE

‘Come potreicommettere questogrande male?’

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scinati dalla morte e dall’oltretomba. C’era una cosapero che permise a Giuseppe di non essere schiac-ciato dalla solitudine. Stando alla narrazione, “Geovamostro d’essere con Giuseppe” (Genesi 39:2). SenzadubbioGiuseppe gli avra aperto il suo cuore, e “Geo-va e vicino a tutti quelli che lo invocano”, come si leg-ge nella Bibbia (Salmo 145:18). In quale altro modoGiuseppe si avvicino al suo Dio?

Il giovane non cedette alla disperazione.Al contra-rio, si mise d’impegno per svolgere il suo lavoro condiligenza. Giuseppe diede cosı a Geova qualcosa dabenedire e in breve tempo si conquisto il favore delsuo nuovo padrone. Potifar si rese conto che Geova,ilDio diGiuseppe e della sua gente, stava benedicen-do il giovane schiavo, e di conseguenza anche le ric-chezze della sua casa aumentavano.Col tempo, la sti-ma che provava nei confronti di Giuseppe crebbefino al punto che gli affido tutti i suoi beni (Genesi39:3-6).

Giuseppe e un modello a cui tutti i giovani cheoggi servono Dio possono ispirarsi. A scuola, adesempio, potrebbero sentirsi un po’ come pesci fuord’acqua in un mondo affascinato dall’occultismo ecaratterizzato da una visione del futuro cupa e pessi-mista. Se ti trovi in questa situazione, ricorda cheGeova non e cambiato (Giacomo 1:17). Egli dimostrasempre di essere accanto a coloro che gli sono leali e

che sono diligenti in quello che fanno. Geova e con-tentodi loro e li benedice riccamente, e fara altrettan-to con te.

Tornando al racconto, la Bibbia dice che Giuseppecrescendo divenne un uomo “bello di forme e bellod’aspetto”. Queste parole suonano come un campa-nello d’allarme: la bellezza fisica, infatti, attira spes-so attenzioni indesiderate e inappropriate.

“EGLI NON L’ASCOLT`O MAI”

Per Giuseppe la lealta era importante, ma non perla moglie di Potifar. Il brano prosegue dicendo: “Lamoglie del suo padrone alzava gli occhi su Giuseppee diceva: ‘Giaci con me’” (Genesi 39:7). Giuseppe fuforse tentato di cedere alle avance sfrontate di que-sta donna pagana? Niente nella Bibbia lascia inten-dere che Giuseppe fosse immune dai desideri e dal-le pulsioni tipiche della sua eta, e non dice neancheche la moglie viziata del ricco e influente ufficiale dicorte fosse poco attraente. Giuseppe penso forse cheil suo padrone non lo sarebbe mai venuto a sapere?Si sarebbe lasciato tentare dai vantaggi materiali chequella relazione gli avrebbe potuto offrire?

In realta non sappiamo quali pensieri attraver-sarono la mente di Giuseppe; non abbiamo dubbipero su quello che provava nel suo cuore. Lo si com-prende chiaramente dalla risposta che diede: “Ecco,

Il giovane Giuseppe non passo inosservato alla moglie di Potifar

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14 � LA TORRE DI GUARDIA

il mio signore non sa che cos’e presso di me nel-la casa, e mi ha dato in mano tutto cio che ha. Inquesta casa non c’e nessuno maggiore di me, e nonmi ha vietato nulla eccetto te, perche sei sua mo-glie. Come potrei dunque commettere questo gran-de male e peccare realmente contro Dio?” (Genesi39:8, 9). Possiamo immaginare con quanta fermezzae intensita Giuseppe abbia pronunciato queste paro-le: il solo pensiero di cio che quella donna voleva lofaceva star male. Perche?

Come aveva detto, Giuseppe godeva di assolu-ta fiducia da parte del suo padrone: Potifar gli ave-va infatti affidato tutta la sua casa, con la sola ecce-zione della moglie. Come avrebbe potuto tradirne lafiducia? Aveva in orrore il solo pensiero. Ma c’eraun pensiero ancora piu ripugnante: peccare controil suo Dio, Geova. I genitori di Giuseppe gli aveva-no insegnato il punto di vista divino sul matrimo-nio e sulla fedelta coniugale.Geova aveva celebrato ilprimo matrimonio, rendendo chiaro come la pensa-va al riguardo: un uomo e sua moglie sarebbero do-vuti rimanere insieme diventando “una sola carne”(Genesi 2:24). Chiunque avesse cercato di infrangerequesto vincolo avrebbe rischiato di incorrere nell’iradi Dio. Ad esempio gli uomini che stavano per viola-re la moglie di Abraamo e la moglie di Isacco, rispet-tivamente bisnonna e nonna di Giuseppe, corseroseri pericoli (Genesi 20:1-3; 26:7-11). Da tutto questoGiuseppe aveva tratto delle lezioni preziose che luistesso era determinato a seguire.

La moglie di Potifar non fu per niente contentadella risposta che si sentı dare: un misero schiavoaveva appena osato respingere le sue avance, defi-nendole per di piu un “grande male”! Comunquenon si diede per vinta; forse ferita nel vivo della suavanita e del suo orgoglio, voleva a tutti i costi un sıda Giuseppe. Ricorse alla stessa tattica che avreb-be poi usato Satana nel tentare Gesu; dopo il pri-mo insuccesso il Diavolo non si arrese, ma aspettosemplicemente “un altro momento propizio” (Luca4:13,Parola del Signore [PS]). Le persone fedeli devonoquindi mostrarsi ferme e determinate, proprio comeGiuseppe. Nonostante la sua prova continuasse “digiorno in giorno”, lui rimase irremovibile. Il raccontodice: “Egli non l’ascolto mai” (Genesi 39:10). La mo-

glie di Potifar, pero, era una seduttrice decisamenteostinata.

La donna scelse un momento in cui nessuno deiservitori era in casa; sapeva pero che Giuseppe sa-rebbe dovuto entrare per svolgere il suo lavoro. Fuproprio allora che mise in atto il suo piano. Afferran-dolo per la veste, lo supplico per l’ennesima volta:“Giaci con me!” Lui reagı prontamente; cerco di di-vincolarsi ma lei strinse ancor piu la presa. Alla fineGiuseppe riuscı a liberarsi e fuggı, lasciando la vestenelle mani di lei (Genesi 39:11, 12).

Forse questo episodio ci fa venire in mente l’e-sortazione ispirata scritta dall’apostolo Paolo: “Fuggi-te la fornicazione” (1 Corinti 6:18). Che bell’esempiofornisce Giuseppe a tutti i veri cristiani! Le circostan-ze della vita potrebbero farci venire, nostro malgra-do, in contatto conpersone che non rispettano le leg-gi morali di Dio, ma questo non significa che siamodestinati a soccombere alla loro influenza negativa.Dobbiamo per cosı dire “fuggire”, costi quel che co-sti!

Nel caso di Giuseppe, ad esempio, il prezzo fualto. La moglie di Potifar, assetata di vendetta, co-mincio subito a urlare per richiamare l’attenzione de-gli altri servitori della casa. Accuso Giuseppe di avertentato di violentarla e di essersi dato alla fuga quan-do lei si era messa a gridare. Trattenne poi la vestecome prova del suo racconto e attese il ritorno delmarito. Quando Potifar rientro, gli propino la stessamenzogna. Insinuo che fosse tutta colpa di suo ma-rito, dato che era stato lui a portare in casa quellostraniero. Descrivendo la reazione di Potifar, la Bib-bia dice: “La sua ira divampo”. Dopodiche fece im-prigionare Giuseppe (Genesi 39:13-20).

“AFFLISSERO CON I CEPPI I SUOI PIEDI”Non si samolto di come fossero all’epoca le prigio-

ni in Egitto, ma gli archeologi hanno trovato dei restidi grandi strutture simili a fortezze con celle e segre-te. Giuseppe descrisse in seguito questi luoghi usan-do la parola “buca”, che da l’idea di un luogo buio etetro (Genesi 40:15; nota in calce). Dal libro dei Sal-mi veniamo a sapere di un ulteriore maltrattamentoa cui fu sottoposto Giuseppe: “Afflissero con i ceppii suoi piedi, la sua anima entro nei ferri”, o come diceun’altra versione “gli misero addosso un collare di

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1° NOVEMBRE 2014 � 15

ferro” (Salmo 105:17, 18; PS). In alcuni casi gli egizia-ni usavano dei ceppi che bloccavano le braccia deiprigionieri serrandone i gomiti dietro la schiena; al-tre volte impiegavano collari di ferro che stringevanoil collo dei prigionieri. Giuseppe deve aver soffertotantissimo a causa di questo trattamento; soprattut-to perche non aveva fatto niente per meritarlo.

Questa situazione, inoltre, si protrasse a lungo; laBibbia dice cheGiuseppe “restava la nella casa di pri-gionia”, e ci rimase per anni.� Giuseppe non sapevase sarebbe mai stato liberato. Presto quei primi gior-ni sconvolgenti divennero settimane, e le settimanemesi.. . Cosa gli permise di non cedere allo sconfor-to e alla disperazione?

Troviamo questa rassicurante risposta nel raccon-to: “Geova continuo ad essere con Giuseppe e glimostrava amorevole benignita” (Genesi 39:21). Nonesistono prigioni, ceppi o buie segrete che possanoimpedire aGeovadimostrare amore leale ai suoi ser-vitori (Romani 8:38, 39). Possiamo immaginare Giu-seppe mentre confida le sue angosce in preghiera ericeve in risposta la calma e la pace che solo “l’Iddiodi ogni conforto” puo dare (2 Corinti 1:3, 4; Filippesi4:6, 7). Cos’altro fece Geova per Giuseppe? Si legge

� La Bibbia indica che Giuseppe aveva 17 o 18 anni quando co-mincio a lavorare nella casa di Potifar e che vi rimase abbastan-za a lungo da diventare un uomo, quindi almeno alcuni anni.Quando fu liberato dalla prigione aveva 30 anni (Genesi 37:2;39:6; 41:46).

che continuo a concedergli “di trovare favore agli oc-chi dell’ufficiale capo della casa di prigionia”.

Ai prigionieri veniva evidentemente assegnato dellavoro da fare, e ancora una volta Giuseppe diede aGeova qualcosa da benedire. Si impegno per svol-gere al meglio qualsiasi compito gli venisse affidatoe lascio che Geova facesse il resto. Grazie alla be-nedizione di Geova, Giuseppe si guadagno fiduciae rispetto, proprio come era avvenuto nella casa diPotifar. La Bibbia narra: “L’ufficiale capo della casadi prigionia diede dunque in mano a Giuseppe tuttii prigionieri che erano nella casa di prigionia; ed egliera colui che faceva fare tutto cio che vi facevano.L’ufficiale capo della casa di prigionia non badava as-solutamente a nulla di cio che era nella sua mano,perche Geova era con Giuseppe e a cio che egli face-va Geova concedeva successo” (Genesi 39:22, 23).Che sollievo dev’essere stato per Giuseppe sapereche Geova si stava prendendo cura di lui!

Nella vita potremmo trovarci davanti a imprevistie sconvolgimenti, o anche a terribili ingiustizie, manoi tutti possiamo imparare dalla fede di Giuseppe.Tenendoci stretti a Geova tramite la preghiera, rima-nendo leali ai suoi comandi e impegnandoci strenua-mente per fare cio che e giusto ai suoi occhi, anchenoi gli daremo qualcosa da benedire. Quanto a Giu-seppe, Geova aveva in serbo delle benedizioni anco-ra piu grandi per lui, come vedremo in altri articoli diquesta rubrica. ˇ

In prigione Giuseppe lavoro in modo diligente e Geova lo benedisse

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12 LA TORRE DI GUARDIA

GIUSEPPE cammina lungo l’angusto e oscuropassaggio, grondante di sudore per le fatiche

e il caldo soffocante. Fuori il sole d’Egitto arroven-ta la prigione, che sembra una fornace. A volte hal’impressione di conoscere ogni mattone, ogni cre-pa sui muri. Ormai questo e tutto il suo mondo.Certo, lı dentro e molto stimato, ma e pur sempreun prigioniero.

Quante volte deve avere ripensato al tempo in cuibadava alle greggi di suo padre sulle rocciose altu-re di Ebron! Era un ragazzo di circa 17 anni quan-do suo padre Giacobbe gli aveva affidato un compitoche lo aveva portato a decine di chilometri da casa.Una liberta come quella ora e solo un lontano ricor-do. I fratelli di Giuseppe, invidiosi, gli si erano rivol-tati contro e, animati da un profondo odio, lo aveva-no venduto come schiavo. Era stato portato in Egitto,dove inizialmente aveva servito nella casa di Potifar,un funzionario egiziano. Lı aveva goduto della sua fi-ducia finche una falsa accusa di stupro da parte del-la moglie di Potifar lo aveva fatto finire in prigione(Genesi, capitoli 37 e 39).�

Ora Giuseppe ha 28 anni, una decina dei qualivissuti tra schiavitu e prigionia. La sua vita non estata proprio quello che sperava. Sarebbe mai tor-nato libero? Avrebbe mai rivisto il suo caro e anzia-no padre, o Beniamino, il tanto amato fratello mi-nore? Per quanto tempo sarebbe rimasto confinatoin quella tetra prigione?

Vi siete mai sentiti come Giuseppe? La vita a vol-

� Vedi gli articoli della serie “Imitiamo la loro fede” pubblicatinella Torre di Guardia del 1° agosto e del 1° novembre 2014.

te si rivela ben diversa da quanto avevamo speratoin gioventu. Puo sembrare che certe situazioni pe-nose si trascinino all’infinito e puo essere diffici-le capire come venirne fuori o come perseverarenonostante tutto. Vediamo cosa puo insegnarci lafede di Giuseppe.

“GEOVA CONTINU`O AD ESSERE CON GIUSEPPE”

Giuseppe sapeva che il suo Dio, Geova, non sisarebbe mai dimenticato di lui, e questa consape-volezza lo aiuto senz’altro a perseverare. Anche orache Giuseppe era in prigione in un paese stranie-ro, Geova trovo il modo di benedirlo. Infatti leg-giamo: “Geova continuo ad essere con Giuseppe egli mostrava amorevole benignita, concedendoglidi trovare favore agli occhi dell’ufficiale capo del-la casa di prigionia” (Genesi 39:21-23). Giuseppecontinuo a lavorare con impegno, dando cosı a Diomotivi per benedirlo. Come dev’essere stato con-fortante sapere che Geova era sempre con lui!

Geova intendeva forse lasciarlo in quella prigio-ne per sempre? Giuseppe poteva solo tirare a indo-vinare, e non c’e dubbio che continuo a parlarnecon il suo Dio in preghiera. Come succede moltospesso, la risposta giunse in modo del tutto ina-spettato. Un giorno ci fu un po’ di trambusto quan-do vennero rinchiusi nella prigione due uomini chelavoravano alla corte di Faraone. Uno era il capo deipanettieri e l’altro il capo dei coppieri del re (Ge-nesi 40:1-3).

Il capo della guardia incarico Giuseppe di occupar-si di quei due uomini che avevano ricoperto un ruo-

IMITIAMO LA LORO FEDE � GIUSEPPE

“Le interpretazioni nonappartengono a Dio?”

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lo cosı importante.� Una notte ognuno di loro feceun sogno enigmatico e vivido. Il mattino seguente,quando li vide, Giuseppe capı che qualcosa non an-dava e chiese: “Per quale ragione oggi le vostre faccesono tristi?” (Genesi 40:3-7). Forse i suoi modi genti-li fecero pensare a quegli uomini che potevano ri-velargli senza pericolo quello che li affliggeva. Giu-seppe non sapeva che quella conversazione avrebbesegnato una svolta nella sua vita. Comunque, se nonavesse mostrato un po’ di considerazione per i dueuomini forse non ci sarebbe stata nessuna conversa-zione. Quello che fece potrebbe indurre ognuno dinoi a chiedersi: “Esprimo la mia fede in Dio mostran-do interesse per i miei simili?”

I due uomini spiegarono che erano turbati percheavevano fatto un sogno enigmatico e vivido, ma an-che perche non c’era nessuno che lo interpretasse.Gli egizi attribuivano molta importanza ai sogni e fa-cevano molto assegnamento su coloro che asseriva-no di poterli interpretare. I due uomini non sapeva-no che il loro sogno proveniva dal Dio di Giuseppe,Geova. Giuseppe pero lo sapeva e assicuro loro: “Leinterpretazioni non appartengono a Dio? Narrateme-

� Gli antichi egizi avevano oltre 90 tipi di pane e dolci. Per que-sto il capo dei panettieri era un uomo importante. E il capo deicoppieri dirigeva un gruppo di servitori il cui compito era accertar-si che il vino e forse anche la birra di Faraone fossero di ottimaqualita, e che nessuno tentasse di avvelenare il monarca, rischiodel tutto reale dato che alla corte intrighi e assassini erano all’or-dine del giorno. Non di rado il coppiere diventava un fidato consi-gliere del re.

lo, vi prego” (Genesi 40:8). Le parole di Giuseppe rie-cheggiano nella mente di tutti coloro che studianosinceramente la Bibbia. Se solo tutte le persone reli-giose mostrassero la stessa umilta! Dobbiamo esse-re pronti a mettere da parte l’orgoglio che caratte-rizza il modo di pensare dell’uomo e affidarci a Dioper trovare la corretta interpretazione della sua paro-la (1 Tessalonicesi 2:13; Giacomo 4:6).

Il primo a parlare fu il coppiere. Disse a Giu-seppe di aver sognato una vite con tre tralci su cuic’erano dei grappoli d’uva. L’uva era maturata eil coppiere ne aveva spremuto il succo nel calicedi Faraone. Grazie a Geova, Giuseppe seppe im-mediatamente cosa significasse quel sogno. Disseal coppiere che i tre tralci significavano tre giornidopo i quali Faraone avrebbe restituito al coppierela posizione di prima. Mentre il viso del coppieresi rasserenava, Giuseppe aggiunse una richiesta:“Ti prego, devi usare verso di me amorevole beni-gnita e menzionarmi a Faraone”. Giuseppe spiegoche era stato rapito dal suo paese e che si trovavain prigione senza motivo (Genesi 40:9-15).

Rinfrancato dalla buona notizia ricevuta dal cop-piere, il panettiere chiese a Giuseppe cosa significas-se il proprio sogno: aveva visto sulla sua testa tre ce-sti di pane e degli uccelli mangiavano da uno di essi.Giuseppe ricevette anche la soluzione di questo enig-ma. Ma non fu una buona notizia per il panettiere.Giuseppe disse: “Questa ne e l’interpretazione: I trecesti sono tre giorni. Fra tre giorni Faraone ti alzera

Giuseppe trattoi suoi compagnidi prigionia con

gentilezza e rispetto

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14 LA TORRE DI GUARDIA

la testa di dosso e certamente ti appendera a un palo;e i volatili ti mangeranno certamente la carne di dos-so” (Genesi 40:16-19). Come tutti i fedeli servitori diDio, Giuseppe rivelo coraggiosamente i messaggi di-vini, sia la buona notizia che la notizia di un giudizioimminente (Isaia 61:2).

Tre giorni dopo, le parole di Giuseppe si avvera-rono. Faraone diede una festa per il suo complean-no — usanza non seguita dal popolo di Dio nei tem-pi biblici — e pronuncio la sentenza relativa ai suoidue servitori. Proprio come aveva predetto Giusep-pe, il panettiere fu giustiziato, mentre il coppierevenne reintegrato nella posizione di un tempo. Pur-troppo, pero, quell’uomo non mostro considerazio-ne per Giuseppe e si dimentico completamente dilui (Genesi 40:20-23).

“NON OCCORRE CHE IO SIA CONSIDERATO!”Passarono due anni interi (Genesi 41:1). Come de-

v’essersi sentito frustrato Giuseppe! Dopo che Geovagli aveva dato la spiegazione degli sconcertanti sognidel coppiere e del panettiere, forse aveva ricomincia-to a sperare. Puo darsi che da quel momento in poiGiuseppe si svegliasse ogni giorno con la speranza diessere liberato, solo per scoprire ancora una volta cheil monotono tran tran della vita in prigione si trasci-nava immutato.

`E possibile che per Giuseppe quei

due anni siano stati i piu difficili. Eppure non smisemai di confidare in Geova, il suo Dio. Anziche dispe-rarsi, era deciso a perseverare, e uscı da quel periododi prova piu forte che mai (Giacomo 1:4).

Nei tempi critici in cui viviamo, chi puo dire di nonaver bisogno di piu perseveranza? Per affrontare lecontinue prove della vita abbiamo bisogno di queltipo di determinazione, pazienza e pace interiore chesolo Dio puo darci. Come nel caso di Giuseppe, Geo-va puo aiutarci a combattere la disperazione e a te-ner viva la speranza (Romani 12:12; 15:13).

Anche se il coppiere si era dimenticato di Giusep-pe, Geova non se ne dimentico mai. Una notte feceavere a Faraone due sogni indimenticabili. Nel primoil re vide salire dal Nilo sette vacche di bell’aspettoe grasse, seguite da altre sette vacche brutte e ma-gre che divoravano le grasse. Piu tardi Faraone sognouno stelo di granoda cui spuntavano sette spighe pie-

ne. Ma poi crescevano altre sette spighe, sottili e bru-ciate dal vento, che inghiottivano quelle piene.Quan-do la mattina si sveglio, Faraone era molto agitato perquei sogni e mando a chiamare tutti i saggi e i sacer-doti che praticavano la magia perche li interpretas-sero. Ma nessuno ci riuscı (Genesi 41:1-8). Signifi-ca questo che non sapevano cosa dire o che se neuscirono con le idee piu disparate? Non lo sappiamo.Comunque sia, Faraone era deluso e cercava dispera-tamente la soluzione dell’enigma.

Alla fine il coppiere si ricordo di Giuseppe. Gli ri-mordeva la coscienza e parlo a Faraone dello straor-dinario giovane che si trovava in prigione e che dueanni prima aveva interpretato correttamente il suosogno e quello del panettiere. Faraone mando subitoa chiamare Giuseppe (Genesi 41:9-13).

Immaginiamo come dev’essersi sentito Giusep-pe quando arrivarono i messaggeri di Faraone perportarlo a corte. Il giovane si cambio in fretta d’a-bito e si sbarbo, rasandosi probabilmente anche latesta, perche quella era l’usanza degli egizi. Sen-z’altro prego Geova con fervore, chiedendogli disostenerlo in questo incontro. Si trovo ben prestodavanti a Faraone nel lussuoso palazzo reale. Leg-giamo: “Quindi Faraone disse a Giuseppe: ‘Ho so-gnato un sogno, ma non c’e chi lo interpreti. Ora iostesso ho udito dire di te che puoi udire un sogno einterpretarlo’ ”. La risposta di Giuseppe indico an-cora una volta la sua umilta e la sua fede in Dio:“Non occorre che io sia considerato! Dio annunce-ra benessere a Faraone” (Genesi 41:14-16).

Geova ama chi e umile e fedele, quindi non c’eda meravigliarsi se diede a Giuseppe la rispostache i saggi e i sacerdoti non erano riusciti a trova-re. Giuseppe spiego che i due sogni di Faraone ave-vano lo stesso significato. Ripetendo il messaggio,Geova voleva dire che la cosa era “fermamente sta-bilita”, cioe che si sarebbe adempiuta immancabil-mente. Le vacche grasse e le spighe di grano pienerappresentavano sette anni di abbondanza in Egit-to, mentre le vacche magre e le spighe di grano sot-tili raffiguravano sette anni di carestia che avreb-bero seguito gli anni di abbondanza. Con questacarestia, l’abbondanza si sarebbe esaurita (Genesi41:25-32).

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1° FEBBRAIO 2015 15

Faraone aveva capito che l’interpretazione data daGiuseppe era corretta. Ma cosa si poteva fare? Giu-seppe suggerı un piano d’azione. Faraone doveva tro-vare un uomo “discreto e saggio” che durante i setteanni di abbondanza soprintendesse alla raccolta del-le eccedenze di grano nei depositi del paese; quelleeccedenze sarebbero state poi distribuite per suppli-re al bisogno che si sarebbe creato durante la carestia(Genesi 41:33-36). L’esperienza e le capacita di Giu-seppe lo rendevano piu che qualificato per quell’in-carico; lui pero non fece pubblicita a se stesso. Perun uomo umile come lui, era impensabile tenere uncomportamento cosı presuntuoso; e la sua fede nonlo rese necessario. Se abbiamo vera fede in Geova,non abbiamo nessun bisogno di essere ambiziosi o difare pubblicita a noi stessi. Possiamo lasciare serena-mente le cose nelle sue capaci mani.

“SI PU`O TROVARE UN ALTRO UOMO

COME QUESTO?”Faraone e tutti i suoi servitori compresero la sag-

gezza del piano di Giuseppe. Il re riconobbe ancheche era stato il Dio di Giuseppe a fargli pronuncia-re quelle sagge parole. Infatti disse ai servitori cheerano lı nella corte del palazzo reale: “Si puo trova-re un altro uomo come questo in cui e lo spirito diDio?” E a Giuseppe disse: “Giacche Dio ti ha fattosapere tutto questo, non c’e nessuno discreto e sag-

gio come te. Tu sarai personalmente sopra la miacasa, e tutto il mio popolo ti ubbidira senza riser-ve. Solo in quanto al trono io saro piu grande di te”(Genesi 41:38-41).

Faraone mantenne la parola. Fece subito indos-sare a Giuseppe vesti di lino fine. Gli diede unacollana d’oro, un anello con sigillo, un carro realee lo autorizzo a percorrere in lungo e in largo ilpaese per mettere in atto il suo piano (Genesi 41:42-44). Nell’arco di una giornata, quindi, Giusep-pe era passato da una prigione a una reggia. Quan-do si era svegliato era un modesto prigioniero, maquando si era addormentato era un governante se-condo solo a Faraone. Non c’e alcun dubbio, la fededi Giuseppe in Geova Dio era stata ben riposta.Geova aveva visto tutte le ingiustizie che il suo ser-vitore aveva subıto nel corso degli anni e interven-ne per porvi rimedio proprio al momento giusto enel modo giusto. Intendeva non solo correggere itorti fatti a Giuseppe, ma anche preservare la futu-ra nazione di Israele. Vedremo come questo avven-ne in un prossimo articolo di questa serie.

Se vi trovate in una situazione difficile, maga-ri per un’ingiustizia che pare trascinarsi da anni,non disperate. Ricordate Giuseppe. Egli manifestosempre benignita, umilta, perseveranza e fede: fuper questo che alla fine Geova lo ricompenso. ˇ

Giuseppe disse umilmente a Faraone: “Non occorre che io sia considerato!”

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12 LA TORRE DI GUARDIA

STA calando la notte. Giuseppe e nel suo giardi-no. Forse il suo sguardo si posa sulle palme da

datteri e gli altri alberi da frutto intorno a lui, o sullepiscine con le piante acquatiche. Proprio oltre ilmurodel giardino, forse vede uno scorcio del palazzo di Fa-raone. Agli orecchi di Giuseppe giungono vaghi suo-ni lontani che provengono da casa sua: sente le risa-tine di Efraim, il figlio piu piccolo, divertito mentrescherza con suo fratello Manasse.Giuseppe si imma-gina la scena dentro casa: sua moglie ride dolcemen-te guardando i bambini giocare.Anche lui sorride. Sadi essere stato benedetto.

Giuseppe aveva dato al suo primogenito il nome diManasse perche, grazie a lui, era riuscito a dimenti-care il passato (Genesi 41:51). Le benedizioni che ave-va ricevuto da Dio negli ultimi anni avevano sicura-mente lenito la sofferenza provocata dal ricordo dellasua casa, dei suoi fratelli e di suo padre. I suoi fratel-li maggiori, con il loro odio, gli avevano cambiato lavita. Lo avevano aggredito, avevano pensato di ucci-derlo e poi lo avevano venduto come schiavo a unacarovana di mercanti. Da allora la sua vita era stataun susseguirsi di eventi drammatici. Per circa dodi-ci anni aveva sopportato schiavitu e prigionia, e perun periodo era stato addirittura incatenato ai ceppi.Ma ora era lı, nella potente nazione d’Egitto, secon-do solo a Faraone.�

Per molti anni Giuseppe aveva visto adempier-si proprio cio che Geova aveva profetizzato. L’Egit-

� Vedi gli articoli della serie “Imitiamo la loro fede” pubblicatinella Torre di Guardia del 1° agosto 2014, del 1° novembre 2014 edel 1° febbraio 2015.

to stava affrontando ormai da tempo i predetti setteanni di raccolto abbondante, e Giuseppe aveva mes-so da parte l’eccedenza di grano della nazione. Du-rante quel periodo, sua moglie Asenat gli aveva datodue figli. Eppure la mente di Giuseppe spesso torna-va alla sua famiglia, che si trovava a centinaia di chi-lometri di distanza: pensava in modo particolare aBeniamino, il fratello minore, e a Giacobbe, l’amatopadre. Forse si chiedeva se stavano bene e se eranoal sicuro. E chissa se i suoi fratelli maggiori avevanocambiato il loro modo di agire violento e se lui sareb-be mai riuscito a sanare la frattura che aveva divisola famiglia!

Se la pace della vostra famiglia e stata a volte tur-bata da gelosia, odio o tradimento, forse avete qual-cosa in comune con Giuseppe. Cosa possiamo impa-rare dalla fede che quest’uomo mostro nel modo incui si prese cura della sua famiglia?

“ANDATE DA GIUSEPPE”Le giornate erano piene di impegni per Giuseppe,

e gli anni volarono. Proprio come Geova aveva pre-detto nel sogno trasmesso a Faraone, il settimo annodi abbondanza fu seguito da un drastico cambiamen-to: il raccolto fu praticamente inesistente. Ben prestoin tutti i paesi vicini sorse una grave carestia. Comefa notare la Bibbia, pero, “in tutto il paese d’Egitto sitrovava pane” (Genesi 41:54). Quello che Giuseppeaveva predetto sotto la guida di Dio e il modo saggioin cui aveva preso in mano la situazione si stavano ri-velando estremamente utili per il popolo egiziano.

Gli egiziani erano sicuramente grati a Giuseppe ene lodavano le doti di organizzatore. Giuseppe, pero,

IMITIAMO LA LORO FEDE � GIUSEPPE

“Sono io in luogo di Dio?”

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1° MAGGIO 2015 13

voleva che tutta la lode andasse al suo Dio, Geova.Qualsiasi talento abbiamo, se lo mettiamo umilmen-te al servizio di Dio, lui sara in grado di utilizzarlo inmodi che superanodi gran lunga le nostre aspettative.

Col tempo, pero, anche gli egiziani iniziarono asentire lamorsa della carestia.Quando “il popolo gri-dava a Faraone” chiedendo aiuto, quel sovrano dis-se semplicemente: “Andate daGiuseppe.Qualunquecosa vi dica, dovete farla”. Quindi Giuseppe inizioad aprire i depositi di grano in cui era stata sistema-ta l’eccedenza del raccolto, cosı che il popolo poteacquistare quello di cui aveva bisogno (Genesi 41:55, 56).

Nei paesi circostanti, pero, i popoli erano menofortunati. A centinaia di chilometri di distanza, in Ca-naan, la famiglia di Giuseppe stava soffrendo. All’an-zianoGiacobbe fu riferito che in Egitto c’erano cerea-li, ed egli disse ai suoi figli di recarsi la a comprareviveri (Genesi 42:1, 2).

Giacobbemando in Egitto dieci figli, manon il piupiccolo, Beniamino. Ricordava fin troppo bene iltempo in cui aveva chiesto al suo amato Giuseppe diandare da solo dai fratelli maggiori. Era stata l’ulti-ma volta che lo aveva visto. I figli piu grandi avevanoriportato a casa l’elegante veste di Giuseppe, segnodell’amore e dell’affetto del padre, tutta strappata einsanguinata. Avevano lasciato quell’uomo anzianocon il cuore infranto, facendogli credere che Giusep-pe era stato sbranato dalle bestie selvagge (Genesi37:31-35).

“IMMEDIATAMENTE GIUSEPPE SI RICORD`O”

Dopo un lungo viaggio, i figli di Giacobbe giunse-ro in Egitto. Quando chiesero di poter acquistare del-le derrate, vennero mandati da un alto funzionario dinome Zafenat-Panea (Genesi 41:45).Quando lo vide-ro, si resero forse conto che si trattava proprio di Giu-seppe? No. Per loro era solo un governatore egizianodi alto grado dal quale speravano di ottenere l’aiutodi cui avevano bisogno. In segno di deferenza, fece-ro quello che era piu naturale che facessero: “Si in-chinarono davanti a lui con le facce a terra” (Genesi42:5, 6).

E Giuseppe? Riconobbe subito i suoi fratelli. Equando vide che si inchinavano davanti a lui, la suamente torno a quando era adolescente. Il raccontodice che “immediatamente Giuseppe si ricordo deisogni” che Geova gli aveva fatto avere quando nonera che un ragazzo, sogni che predicevano il tempoin cui i suoi fratelli si sarebbero inchinati davanti alui, proprio come stavano facendo ora! (Genesi 37:2,5-9; 42:7, 9). Cosa avrebbe fatto Giuseppe? Li avreb-be abbracciati? Si sarebbe vendicato?

Qualunque cosa fosse tentato di fare,Giuseppe sa-peva che non doveva agire d’impulso. Geova stavachiaramente guidando questo significativo capovol-gimento di situazione. Vi era implicato il Suo pro-posito, dato che aveva promesso che la discendenzadi Giacobbe sarebbe diventata una nazione potente(Genesi 35:11, 12). Se i fratelli di Giuseppe fosserostati ancora uomini violenti, egoisti e senza scrupoli,gli effetti a lungo termine sarebbero stati disastro-si. Inoltre, se Giuseppe avesse agito impulsivamenteavrebbe potuto alterare alcuni delicati equilibri della

Rimanendo umile, Giuseppe permisea Geova di impiegarlo

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14 LA TORRE DI GUARDIA

sua famiglia, mettendo forse in pericolo anche suopadre e Beniamino. Chissa se erano ancora vivi! Giu-seppe decise di non rivelare la propria identita permettere alla prova i suoi fratelli e vedere che tipo dipersone erano diventati. A quel punto avrebbe capi-to quello che Geova voleva che facesse.

Probabilmente non vi troverete mai in una situa-zione insolita come questa. Tuttavia, liti e divisio-ni in famiglia sono molto comuni nel mondo d’oggi.Quando ci troviamo ad affrontare queste sfide, po-tremmo semplicemente avere la tendenza a seguireil nostro cuore e ad agire in base ai nostri impulsi im-perfetti.

`E molto piu saggio imitare Giuseppe e cer-

care di discernere come Dio vuole che affrontiamola situazione (Proverbi 14:12). Ricordate inoltre che,proprio come e importante fare pace con i membridella famiglia, e ancora piu importante essere in pacecon Geova e con suo Figlio (Matteo 10:37).

“SARETE MESSI ALLA PROVA”Giuseppe diede il via a una serie di prove che ave-

vano l’obiettivo di mettere in luce quello che i suoifratelli avevanonel cuore. Inizio parlando loro con se-verita, attraverso un interprete, accusandoli di esse-re spie straniere. Per difendersi, essi gli raccontaro-no della propria famiglia, non tacendo un dettagliofondamentale: avevano un fratello piu piccolo anco-ra a casa. Giuseppe provo a nascondere il suo turba-mento. Davvero il suo fratello piu giovane era ancoravivo? Ora Giuseppe sapeva come procedere. Disse:“Da questo sarete messi alla prova”, e ordino loro difargli vedere il fratello minore. Permise loro di torna-re a casa per prenderlo, a condizione che almeno unodei fratelli rimanesse in Egitto come ostaggio (Gene-si 42:9-20).

Mentre i fratelli discutevano la questione tra diloro, ignari che Giuseppe era in grado di capirli, sirimproverarono il terribile peccato che avevano com-messo vent’anni prima. “Senza dubbio siamo colpe-voli riguardo a nostro fratello”, si dissero, “perchevedemmo l’angustia della sua anima quando implo-ro compassione da parte nostra, ma noi non ascol-tammo. Percio questa angustia e venuta su di noi”.Giuseppe capı quello che stavano dicendo e dovetteallontanarsi perche nonvedessero le sue lacrime (Ge-

nesi 42:21-24). Sapeva, pero, che il vero pentimentoimplica piu che il semplice rammarico per le conse-guenze di un’azione cattiva. Quindi, continuo a met-terli alla prova.

Li mando a casa e trattenne Simeone come prigio-niero. Fece anche nascondere del denaro nei sacchidi cibo che portarono a casa. I fratelli giunsero daGiacobbe e, con difficolta, riuscirono a persuaderlo alasciar andare con loro Beniamino. Di ritorno in Egit-to, rivelarono apertamente al servitore di Giuseppeche avevano trovato del denaro nei loro sacchi, e si of-frirono di restituire l’intero ammontare. Quell’offertaera davvero notevole, ma Giuseppe aveva bisogno dicapire i motivi che spingevano i fratelli a comportar-si cosı. Organizzo per loro un banchetto, nasconden-do a fatica la commozione provata alla vista di Benia-mino. Poi li lascio riprendere la via di casa, dando dinuovo grandi quantita di cibo, ma questa volta fecenascondere un calice d’argento nel sacco di Beniami-no (Genesi 42:26–44:2).

A quel punto, Giuseppe fece scattare la trappola:fece inseguire i suoi fratelli, li fece arrestare e li accu-so di aver rubato il calice. Quando questo venne ri-trovato nel sacco di Beniamino, tutti loro furono dinuovo condotti da Giuseppe, che ora aveva davverola possibilita di capire che tipodi persone erano i suoifratelli. Giuda agı da portavoce e imploro misericor-dia, offrendosi di divenire schiavo in Egitto insiemeagli altri dieci fratelli. Giuseppe controbatte che soloBeniamino sarebbe rimasto in Egitto come schiavo,mentre tutti gli altri se ne dovevano andare (Genesi44:2-17).

Giuda fu spinto a replicare conparole piene di sen-timento. Disse: “Egli e rimasto il solo di sua madre,e suo padre in effetti lo ama”. Quelle parole dovette-ro essere molto toccanti per Giuseppe: lui era il figliopiu grande di Rachele, l’amata moglie di Giacobbe,che era spirata dando alla luce Beniamino. Propriocome suo padre, probabilmente Giuseppe aveva cariricordi di Rachele. Ripensare a lei forse gli rese Be-niamino ancora piu caro (Genesi 35:18-20; 44:20).

Giuda continuo a implorare Giuseppe di non trat-tenere Beniamino. Si offrı addirittura di diventareschiavo al posto suo. Quindi concluse con queste ac-corate parole: “Come posso salire damiopadre senza

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1° MAGGIO 2015 15

avere con me il ragazzo, affinche allora io non veda lacalamita che colpira mio padre?” (Genesi 44:18-34).Ecco finalmente la prova che quell’uomo era cam-biato! Non era solo pentito; aveva anche dimostratoempatia, altruismo e compassione in misura davveroammirevole.

Giuseppe non pote trattenersi oltre. Doveva darelibero sfogo al turbinio di emozioni che lo pervadeva-no. Congedo tutti i suoi servitori e si mise a piangerecosı forte che il suonodella suavoce giunse fino al pa-lazzo di Faraone. Quindi, alla fine, si rivelo: “Io sonoGiuseppe vostro fratello”. Abbraccio i fratelli, che loguardavano attoniti, e li perdono con benignita pertutto quello che gli avevano fatto (Genesi 45:1-15). Inquesto modo imito una caratteristica di Geova, cheperdona generosamente (Salmo 86:5). Lo facciamoanche noi?

“SEI ANCORA VIVO”Quando Faraone seppe il motivo di tutto il subbu-

glio che c’era stato in casa di Giuseppe, lo invito aportare in Egitto l’anziano padre e tutta la famiglia.Non passo quindi molto tempo prima che Giuseppesi riunisse finalmente al suo amato padre. Giacobbepianse e disse: “Questa volta sono disposto a morire,ora che ho visto la tua faccia, poiche sei ancora vivo”(Genesi 45:16-28; 46:29, 30).

In realta Giacobbe visse ancora per 17 anni inEgitto, abbastanza a lungo da pronunciare benedi-

zioni profetiche sui suoi 12 figli. La porzione dop-pia di eredita, che di solito spettava al primogenito,fu data a Giuseppe, l’undicesimo figlio. Due delletribu di Israele sarebbero venute da lui. Anche Giu-da, il quarto figlio, che piu di tutti i suoi fratelli ave-va dato prova di pentimento, avrebbe ricevuto unagrandissima benedizione: dalla sua linea di discen-denza sarebbe venuto il Messia! (Genesi, capitoli 48e 49).

QuandoGiacobbemorı a 147 anni, i fratelli di Giu-seppe avevano paura che quest’ultimo, con il pote-re che aveva, potesse cercare vendetta. Ma Giusep-pe rispose loro rassicurandoli amorevolmente. Avevamantenuto la convinzione che, essendo stato Geovaa guidare lo spostamento della famiglia in Egitto, do-vevano smettere di sentirsi in colpa per quello cheera accaduto. Ora ribadı il concetto con un’importan-te domanda: “Sono io in luogodiDio?” (Genesi 15:13;45:7, 8; 50:15-21). Per Giuseppe, Geova era il perfet-to Giudice. Quindi chi era lui per punire coloro cheGeova aveva perdonato? (Ebrei 10:30).

Vi capita di non riuscire a perdonare? Potrebbe es-sere particolarmente difficile quando qualcuno ci hafatto del male intenzionalmente. Perdonare di cuo-re chi e sinceramente pentito, pero, sanera le feriteemotive, sia nostre che sue. Soprattutto, imiteremo lafede di Giuseppe e l’esempio di Geova, il suo mise-ricordioso Padre. ˇ

Giuseppe vide che i suoi fratelli erano pentiti per quello che gli avevano fatto

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12 LA TORRE DI GUARDIA

DEBORA si guarda intorno e osserva i soldati che sisono radunati in cima al monteTabor.Vederli las-

su e commovente.Tra le luci dell’alba, riflette sul lorocoraggio e sulla fede di Barac, il loro condottiero. Seb-bene siano 10.000 uomini valorosi, quel giorno la lorofede e il loro coraggio verranno messi a dura prova.Stanno per combattere contro un nemico brutale, ri-spetto al quale sono numericamente inferiori e malequipaggiati. Ma nonostante questo sono qui, soprat-tutto grazie all’incoraggiamento di questa donna.

Si ode il lieve fruscio della brezza che agita le suevesti, mentre Debora, al fianco di Barac, contempla ilpanorama in lontananza. Il monteTabor somiglia a ungrande cono con la punta smussata. Dalla sua vettapiatta si domina una vista della pianura di Esdrelon,circa 400 metri piu in basso, che si estende a sud-ovest. Il fiume Chison si snoda nella pianura erbosa,fiancheggiando il monte Carmelo, fino a gettarsi nelMar Grande. Il letto del fiume probabilmente e asciut-to quella mattina, ma qualcos’altro brilla nell’ampiadistesa. Mentre l’esercito di Sisera si avvicina semprepiu, si vede un luccichio minaccioso: sono le falci diferro che sporgono daimozzi delle ruote dei circa 900carri da guerra, il fiore all’occhiello dell’esercito di Si-sera. Quel comandante e deciso a falciare lo sparutogruppo di israeliti come se stesse per mietere l’orzo!

Debora sa che Barac e i suoi uomini aspettano dalei una parola, un segnale. E l’unica donna presentelassu? Come influisce su di lei il peso di cosı tanta re-sponsabilita in quella situazione? Si sta chiedendocosa ci fa lı? Evidentemente no! E stato il suo Dio,Geova, a dirle di iniziare questa guerra; le ha anche ri-

velato che usera una donna per portarla a termine(Giudici 4:9). Cosa possono insegnarci Debora e que-sti valorosi combattenti riguardo alla fede?

“VA E TI DEVI SPARGERE SUL MONTE TABOR”Quando la Bibbia presenta Debora per la prima

volta, la definisce “una profetessa”. Tale titolo rendeDebora una figura inusuale nella narrazione biblica,anche se non e l’unica ad averlo ricevuto.� Deboraaveva un’altra responsabilita: evidentemente dirime-va anche le controversie indicando la risposta di Geo-va ai problemi che si presentavano (Giudici 4:4, 5).

Debora dimorava nella regione montuosa diEfraim, fra le citta di Betel e Rama. Lı sedeva sottouna palma e giudicava il popolo seguendo le istruzio-ni di Geova. Sicuramente il suo incarico presentavadelle sfide, maDebora nonpermise che questo la sco-raggiasse.C’era un estremo bisogno del suo aiuto. In-fatti, nel cantico ispirato che compose almeno in par-te, disse a proposito dell’infedelta del suo popolo:“Essi sceglievano nuovi dei. Allora ci fu guerra alleporte” (Giudici 5:8). Dal momento che gli israelitiavevano abbandonato Geova per servire altri dei,Geova a sua volta li abbandono ai loro nemici. Cad-dero quindi nelle mani del re cananeo Iabin e del suopotente generale Sisera.

Sisera! Il solo nome suscitava terrore e panico inIsraele. La religione e la cultura cananee erano crude-li, e includevano sacrifici di bambini e prostituzionesacra. Come si viveva in un paese dominato da un ge-

� Altre profetesse furono Miriam, Ulda e la moglie di Isaia (Esodo 15:20;2 Re 22:14; Isaia 8:3).

IMITIAMO LA LORO FEDE � DEBORA

“Sorsi come madrein Israele”

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1° AGOSTO 2015 13

nerale cananeo e dal suo esercito? Il cantico di Debo-ra indica che viaggiare era quasi impossibile nel terri-torio e praticamente nessuno abitava piu nei villaggi(Giudici 5:6, 7). Possiamo immaginare le persone chesi nascondevano nei boschi e sulle colline per paura dicoltivare la terra e vivere in villaggi senza mura; mol-ti erano terrorizzati all’idea di viaggiare lungo stradeaperte dove loro avrebbero potuto subire attacchi, iloro figli essere rapiti e le loro donne violentate.�

Il terrore regno per 20 anni finche Geova vide laprova che il suo popolo ostinato era disposto a cam-biare o, come dice il cantico ispirato di Debora e Ba-rac, “finche io, Debora, sorsi, finche io sorsi comemadre in Israele”. Non sappiamo se Debora, mogliedi un uomo chiamato Lappidot, fosse madre in sensoletterale, ma sicuramente questa espressione e da in-tendersi in senso figurato. Infatti Geova assegno aDebora il compito di proteggere la nazione con lecure di unamadre. La incarico di convocare un uomodi grande fede, il giudice Barac, e di incoraggiarlo ainsorgere contro Sisera (Giudici 4:3, 6, 7; 5:7).

“Va e ti devi spargere sul monte Tabor”, coman-do Geova tramite Debora. Barac doveva reclutare10.000 uomini da due tribu di Israele. Debora trasmi-se la promessa di Dio secondo cui avrebbero sconfittoil potente Sisera e i suoi 900 carri! Senza dubbio talepromessa lascio Barac stupefatto. Israele non avevaun esercito ed era praticamente disarmato. Nondime-no Barac accetto di andare in battaglia, ma solo a unacondizione: anche Debora doveva andare con lui sulmonte Tabor (Giudici 4:6-8; 5:6-8).

Alcuni hanno asserito che la richiesta di Barac ab-bia rivelato mancanza di fede, ma si tratta di un’accu-sa infondata. Dopotutto non prego Dio per riceverepiu armi. Al contrario, dimostrando la sua forte fede,Barac riconobbe quanto sarebbe stata importante lapresenza della rappresentante di Geova per rafforza-re lui e i suoi uomini (Ebrei 11:32, 33). Geova accon-sentı. Permise a Debora di andare, come richiesto da

� Il cantico di Debora indica che Sisera spesso tornava dalle sue campagnemilitari con un bottino che includeva “fanciulle”, talvolta piu di una perciascun soldato (Giudici 5:30, CEI). La parola qui usata per “fanciulla” si-gnifica letteralmente “grembo”. L’uso di un linguaggio di questo tipo ci ri-corda che quelle donne erano considerate principalmente per i loro orga-ni riproduttivi. Lo stupro era con ogni probabilita all’ordine del giorno.

Barac, ma la ispiro anche a profetizzare che la gloriafinale per la battaglia non sarebbe andata a un uomo(Giudici 4:9). Dio aveva decretato che fosse una don-na a giustiziare il malvagio Sisera!

Nel mondo di oggi, le donne sono vittime di note-voli ingiustizie, violenza e soprusi. Di rado viene con-ferita loro la dignita cheGeova desidera che ricevano.Tuttavia Dio considera uomini e donne nello stessomodo e tutti possono ottenere la sua approvazione(Romani 2:11; Galati 3:28). L’esempio di Debora ci ri-corda che lui benedice anche le donne concedendo

Debora incoraggio Barac ad agire come liberatoredel popolo di Dio

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14 LA TORRE DI GUARDIA

loro privilegi e prove della sua fiducia e del suo favo-re. E essenziale non adottare mai l’atteggiamento di-scriminatorio cosı comune in questo mondo.

“LA TERRA SOBBALZ`O, ANCHE I CIELI

STILLARONO”Barac ando a reclutare il suo esercito. Raduno

10.000 uomini abbastanza coraggiosi da attaccare ilminaccioso esercito di Sisera. Mentre Barac conduce-va i suoi uomini sul monteTabor, fu felice di avere unmodo per accrescere il loro coraggio. Leggiamo: “De-bora salı con lui” (Giudici 4:10). Chissa quanto furo-no rafforzati quei soldati nel vedere che quella donnacoraggiosa li accompagnava nella loro marcia verso ilmonte Tabor, disposta a rischiare la vita al loro fian-co a motivo della sua fede in Geova Dio!

Quando Sisera venne a sapere che Israele avevaosato radunare un esercito contro di lui, agı senza in-dugio. Alcuni re cananei si unirono all’esercito del reIabin, che probabilmente era il piu potente tra loro.Quindi i grandi squadroni di carri di Sisera fecero tre-mare la terra mentre avanzavano rumorosamente informazione attraverso la pianura. I cananei eranoconvinti che avrebbero sconfitto il patetico esercitodi Israele in un baleno (Giudici 4:12, 13; 5:19).

Cosa avrebbero fatto Barac e Debora all’avvicinar-si del nemico? Se fossero rimasti sulle pendici delmonte Tabor avrebbero avuto un vantaggio sull’e-sercito cananeo che avanzava, dato che quei carriavevano bisogno di luoghi pianeggianti per combat-tere efficacemente. MaBarac avrebbe combattuto se-guendo le indicazioni di Geova, per cui attendeva unsegnale da Debora. Finalmente giunse il momento.Lei disse: “Levati, perche questo e il giorno in cuiGeova certamente ti dara in mano Sisera. Non e Geo-va uscito dinanzi a te?” Subito dopo leggiamo: “Ba-rac scendeva dal monte Tabor con diecimila uominidietro di lui” (Giudici 4:14).�

L’esercito di Israele si precipito giu per lamontagnae fuori, nell’aperta pianura, proprio in direzione diquelle terrificantimacchine da guerra.Geova sarebbe

� La battaglia che seguı e descritta due volte nella Bibbia: nella narrazionestorica di Giudici al capitolo 4 e nel cantico di Debora e Barac al capito-lo 5. I due resoconti sono complementari e ognuno fornisce dettagli nonmenzionati nell’altro.

intervenuto come Debora aveva promesso? La rispo-sta non avrebbe tardato. “La terra sobbalzo, anche icieli stillarono”, leggiamo. L’orgoglioso esercito di Si-sera fu gettato in confusione. E venne la pioggia! Siabbatte una tale pioggia torrenziale che il terreno inpoco tempo si trasformo in un pantano. Ben presto icarri appesantiti dal ferro si rivelarono piu un ostaco-lo che un punto di forza. Iniziarono ad affondare nelfango, restando irrimediabilmente impantanati (Giu-dici 4:14, 15; 5:4).

Barac e i suoi uomini non si fecero prendere dal pa-nico per il temporale. Sapevano chi lo aveva causato.Corseroverso l’esercito cananeo. Investe di giustizie-ri divini, gli israeliti non risparmiarono la vita a nes-sun soldato dell’esercito di Sisera. Il fiume Chison siingrosso e straripo, e i cadaveri dei nemici vennerospazzati via dalla corrente verso il Mar Grande (Giu-dici 4:16; 5:21).

Oggi Geova non manda piu i suoi servitori a com-battere guerre letterali. Chiede invece al suo popolodi impegnarsi in una guerra spirituale (Matteo 26:52;2 Corinti 10:4). Se ci sforziamo di ubbidire aDio, stia-mo prendendo posizione in questa guerra. Abbiamobisogno di coraggio, poiche chi si schiera dalla partedi Dio potrebbe essere oggetto di accanita persecu-zione. Ma Geova non e cambiato. Continua a venirein soccorso di tutti coloro che, come Debora, Barac ei coraggiosi soldati dell’antico Israele, ripongono fedee fiducia in Lui.

“LA PI`U BENEDETTA FRA LE DONNE”

Uno dei cananei riuscı a scappare: Sisera, l’acerri-mo nemico, il grande oppressore del popolo di Dio.Fuggı a piedi dal campo di battaglia. Mentre i suoi uo-mini morivano nel pantano, passo tra i soldati israeli-ti e ando in cerca di un luogo piu sicuro, dagli alleatipiu vicini a cui potesse pensare. In preda al terroreche i soldati israeliti potessero raggiungerlo, attraver-so velocemente chilometri di aperta campagna e si di-resse verso le tende di Heber, un chenita che si era se-parato dal resto del suo popolo nomade a sud e avevastabilito buoni rapporti con il re Iabin (Giudici 4:11, 17).

Esausto, Sisera arrivo all’accampamento di Heber.Heber non era in casa. Sua moglie Iael, invece, era lı.

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1° AGOSTO 2015 15

Evidentemente Sisera penso che Iael avrebbe onora-to l’accordo di suo marito con il re Iabin. Forse perlui era inconcepibile che una donna potesse agire, oanche solo pensare, in modo diverso da suomarito. Eovvio che Sisera non conosceva affatto Iael! Senzadubbio lei era consapevole della malvagita dell’op-pressione cananea nel territorio; probabilmente sirendeva anche conto che si trovava di fronte a unascelta: aiutare quest’uomo malvagio o schierarsi dal-la parte di Geova e colpire il nemico del Suo popolo.Ma come avrebbe fatto? Come avrebbe potuto unadonna sconfiggere un cosı potente ed esperto uomodi guerra?

Iael doveva pensare in fretta. Offrı a Sisera un po-sto dove riposare. Lui le ordino di negare che era na-scosto lı a chiunque fosse venuto a cercarlo. Iael locoprı quando lui si sdraio e, quando le chiese dell’ac-qua, gli offrı del latte cremoso. Ben presto Sisera cad-de in un sonno profondo.Quindi Iael prese un paio diutensili domestici che le donne che dimoravano intende usavano spesso e abilmente: un piolo da tendae un martello. Chinata vicino alla testa di Sisera, sitrovava ora di fronte al compito terrificante di agirecome giustiziera di Geova. Perfino un attimo di incer-tezza o di esitazione avrebbe potuto significare il di-sastro. Penso forse al popolo di Dio e al modo in cuiquest’uomo lo aveva ferocemente maltrattato per de-

cenni? O penso al privilegio di schierarsi dalla partedi Geova? Il racconto non lo dice. Sappiamo solo chel’azione fu presto compiuta. Sisera era morto! (Giu-dici 4:18-21; 5:24-27).

Piu tardi giunse Barac in cerca della sua preda.Quando Iael gli mostro il cadavere con il piolo da ten-da che gli trapassava le tempie, capı che la profezia diDebora si era adempiuta. Il potente guerriero Siseraera stato ucciso da una donna! Alcuni critici e scetti-ci dei nostri giorni hanno etichettato Iael con ognisorta di epiteti spregevoli, ma Barac e Debora eranodi diverso avviso. Nel loro cantico furono ispirati a lo-dare Iael definendola “la piu benedetta fra le donne”a motivo della sua azione coraggiosa (Giudici 4:22;5:24). E degno di nota che Debora fu prodiga di lodi.Non invidio la gloria di Iael; cio che davvero le stavaa cuore era il fatto che la parola di Geova si fosse rea-lizzata.

Dopo la morte di Sisera, il re Iabin non rappresen-tava piu una minaccia per gli israeliti. Finalmentel’oppressione cananea era finita! Seguirono 40 annidi pace (Giudici 4:24; 5:31). Quanto furono benedet-ti Debora, Barac e Iael per aver riposto fede in Geo-va! Se imitiamo la fede di Debora, schierandoci co-raggiosamente dalla parte di Geova e incoraggiandoaltri a fare lo stesso, Geova ci benedira: ci rendera vit-toriosi e ci concedera pace duratura. ˇ

Come predetto da Debora, Geova combatte per il Suo popolo sconfiggendo l’esercito di Sisera

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12 LA TORRE DI GUARDIA

TIMOTEO cammina con passo sicuro lungo lastrada che lo sta portando lontano da casa, im-

paziente di scoprire cosa lo aspetta. I suoi compagnigli fanno strada mentre attraversano i campi che Ti-moteo conosce molto bene. Dietro di loro la citta diListra, posta su una collinetta a dominare la vallata,e sempre piu lontana. Timoteo sorride immaginan-do sua madre e sua nonna che, raggianti di orgoglio,cercano di nascondere le lacrime mentre lo guarda-no andar via. Dovrebbe girarsi per salutarle un’ulti-ma volta?

Di tanto in tanto l’apostolo Paolo si volta a guar-dare Timoteo e sorride per infondergli coraggio. Sache il ragazzo deve ancora superare un po’ di timi-dezza, ma e felice di vederne l’entusiasmo. Timoteoe ancora piuttosto giovane, forse negli ultimi annidell’adolescenza o poco piu che ventenne, e nutreper Paolo un rispetto e un affetto straordinari. OraTimoteo sta seguendo quell’uomo dinamico e fede-le in un viaggio che lo portera centinaia di chilome-tri lontano da casa. Viaggeranno per terra e permare, incontrando molti pericoli lungo la strada. Ti-moteo non sa nemmeno se fara mai ritorno a casa.

Cosa ha portato questo giovane a impostare cosıla sua vita? In chemodo sarebbero stati ricompensa-ti i suoi sacrifici? Che effetto puo avere l’esempio diTimoteo sulla nostra fede?

“DALL’INFANZIA”Torniamo indietro di due o tre anni. Ci troviamo

in quella che verosimilmente era la citta natale di Ti-moteo, Listra, un piccolo centro rurale situato in

una valle isolata e ben irrigata. I suoi abitanti parla-vano ancora la lingua licaonica, anche se probabil-mente capivano il greco. Un giorno in quella tran-quilla citta era scoppiato un tumulto. Duemissionaricristiani, l’apostolo Paolo e il suo compagno di viag-gio Barnaba, erano arrivati da Iconio, una citta piugrande non lontana da lı. Mentre i due stavano pre-dicando alla gente del posto, Paolo aveva notato unuomo zoppo che mostrava di avere vera fede e, conun miracolo, lo aveva guarito (Atti 14:5-10).

Molti abitanti di Listra evidentemente credevanoai miti locali secondo cui nei tempi antichi gli deiscendevano in quella regione con sembianze umane.La folla pertanto aveva concluso che Paolo fosseun’incarnazione di Hermes e Barnaba di Zeus. Queidue umili cristiani erano riusciti a stento a trattene-re le folle dall’offrire loro sacrifici (Atti 14:11-18).

Per alcuni, pero, quella non era stata affatto la visitadi due divinita mitologiche pagane, ma di due personereali che portavano un messaggio meraviglioso. Peresempio Eunice, una donna ebrea sposata con un gre-co,� e Loide, sua madre, avevano ascoltato Paolo eBarnaba con grande entusiasmo e gioia. Era finalmen-te arrivata la notizia che ogni ebreo fedele aspettava datanto tempo: il Messia era venuto e aveva adempiutomolte profezie delle Scritture che lo riguardavano.

Pensiamo all’effetto che ebbe la visita di Paolo suTimoteo. Quel giovane era stato istruito “dall’infan-zia” ad amare gli scritti sacri delle Scritture Ebraiche(2 Timoteo 3:15).Come suamadre e sua nonna, ave-

� Vedi l’articolo “Lo sapevate?” in questo stesso numero.

IMITIAMO LA LORO FEDE � TIMOTEO

“Mio figlio diletto e fedelenel Signore”

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va capito che Paolo e Barnaba dicevano la verita sulMessia. Pensiamo anche all’uomo zoppo che Paoloaveva guarito. Probabilmente Timoteo lo aveva in-contrato tantissime volte per le strade di Listra, maora, per la prima volta, lo aveva visto camminare.Non sorprende che Eunice e Loide avessero abbrac-ciato il cristianesimo e che lo avesse fatto anche Ti-moteo. Ancora oggi genitori e nonni possono im-parare molto da Eunice e Loide. Potete esercitareun’influenza positiva sui giovani?

“ATTRAVERSO MOLTE TRIBOLAZIONI”Coloro che diventarono cristiani a Listra si saranno

emozionati apprendendo quale speranza veniva offer-ta ai discepoli di Cristo. Ma dovettero anche imparareche essere discepoli di Gesu aveva un prezzo. Fanaticioppositori ebrei piombarono in citta da Iconio e An-tiochia e istigarono i volubili abitanti della citta a met-tersi contro Paolo e Barnaba. Ben presto una violentafolla aveva inseguito Paolo, lanciandogli delle pietre.Colpito ripetutamente, l’apostolo era caduto a terra.La turba lo aveva trascinato fuori dalla citta e lo ave-va lasciato lı, “immaginando che fosse morto” (Atti14:19).

Comunque i discepoli di Listra si raccolsero tutti in-torno a Paolo. Quanto si saranno rallegrati nel vedere

l’apostolo muoversi, alzarsi e fare coraggiosamente ri-torno a Listra! Il giorno successivo lui e Barnaba era-no partiti alla volta di Derbe per continuare il loroviaggio missionario. Dopo aver fatto nuovi discepolianche lı, i due avevano affrontato il rischio ed eranotornati a Listra. Con quale risultato? Il racconto diceche ‘rafforzarono le anime dei discepoli, incoraggian-doli a rimanere nella fede’. Pensiamo al giovaneTimo-teo che, con occhi spalancati, ascolta Paolo e Barnabamentre insegnano che la speranza riservata ai cristianicompensa di gran lunga qualsiasi sacrificio presente.Essi dissero: “Dobbiamo entrare nel regno diDio attra-verso molte tribolazioni” (Atti 14:20-22).

Timoteo aveva visto che, nel caso di Paolo, era ac-caduto proprio questo: per parlare della buona notiziaad altri l’apostolo aveva infatti affrontato coraggiosa-mente diverse “tribolazioni”. Timoteo sapeva quindiche, se avesse seguito l’esempio di Paolo, avrebbe su-bıto l’opposizione degli abitanti di Listra e forse anchequella di suopadre.Ma il giovanenonavrebbepermes-so che quelle pressioni influenzassero la sua decisionedi servireDio.ComeTimoteo, oggimolti ragazzi ricer-cano saggiamente amici dalla forte fede che li incorag-gino e li rafforzino. E non permettono che l’opposizio-ne li distolga dal servire il vero Dio.

Timoteo aprı il cuore agli insegnamenti dell’apostolo Paolo

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14 LA TORRE DI GUARDIA

“DI LUI RENDEVANO BUONATESTIMONIANZA I FRATELLI”

Come menzionato sopra, la visita successiva di Pao-lo probabilmente avvenne due o tre anni piu tardi. Im-maginiamoci l’euforia in casa di Timoteo quando l’a-postolo arrivo, questa volta accompagnato da Sila.Ancheper Paolo dev’essere stata un’occasione gioiosa:poteva vedere con i suoi occhi quali risultati avevanoprodotto i semi dellaverita che aveva piantato a Listra.Vide Loide e sua figlia Eunice, ora leali cristiane, pie-ne di quella ‘fede senza ipocrisia’ che ammirava cosıtanto (2 Timoteo 1:5). E il giovane Timoteo?

Paolo apprese che quel giovane era notevolmentematurato dalla sua visita precedente. Di Timoteo“rendevano buona testimonianza i fratelli” non solodi Listra, ma anche di Iconio, citta situata circa32 chilometri a nord-est (Atti 16:2). Com’era riusci-to Timoteo a farsi questa reputazione?

Tra “gli scritti sacri” che fin “dall’infanzia” la madree la nonna avevano trasmesso a Timoteo c’erano an-che saggi e pratici consigli per i giovani (2 Timoteo3:15). Eccone un esempio: “Ricorda, ora, il tuo grandeCreatore nei giorni della tua giovinezza” (Ecclesiaste12:1). Quelle parole assunsero un significato ancorapiu profondo quando Timoteo abbraccio il cristianesi-mo. Il giovane si rese conto che uno dei modi miglioriin cui poteva ricordare il suo grande Creatore era par-lare della buona notizia riguardo al Figlio di Dio, il Cri-sto. Poco a pocoTimoteo imparo a superare la sua in-nata timidezza e a mostrare coraggio nel predicare labuona notizia riguardo a Gesu Cristo.

Coloro che avevano incarichi di responsabilitanelle congregazioni avevano notato il progresso spi-rituale di Timoteo. Erano stati senza dubbio toccatida quanto quel giovane fosse edificante e incorag-giante per chi gli stava intorno. La cosa piu impor-tante, pero, e che Geova aveva notatoTimoteo; ispi-ro alcune profezie sul conto di quel ragazzo, forseriguardo al tipo di servizio che un giorno avrebbereso in molte congregazioni. Durante la sua visita,Paolo si rese conto cheTimoteo sarebbe stato unva-lido aiuto per i suoi viaggi missionari. I fratelli di Li-stra furono d’accordo. Imposero le mani su Timo-teo, gesto che indicava che quel giovane era stato

scelto per un particolare servizio a Geova Dio (1 Ti-moteo 1:18; 4:14).

Anche se probabilmente si sentı intimorito e ina-deguato di fronte alla fiducia che gli era accordata ealla responsabilita che gli veniva affidata, Timoteoera pronto a partire.�Ma come avrebbe reagito suopadre, che non era cristiano, sapendo che il figlio vo-leva partire come missionario? Con ogni probabilitaquell’uomo aveva ben altro in mente per il futuro disuo figlio. E che dire della madre e della nonna diTimoteo? Erano fiere di lui mentre cercavano di na-scondere la loro preoccupazione per la sua incolumi-ta? Sarebbe stato del tutto naturale.

Quello che sappiamo e cheTimoteo partı. La mat-tina descritta all’inizio di questo articolo comincio lasua vita missionaria al fianco dell’apostolo Paolo.Mentre si lasciava Listra alle spalle, il rumore deisandali sulle pietre e il fruscio dell’erba calpestataerano i segni di un cammino che lo portava semprepiu lontano da casa, verso l’ignoto. Dopo una lungagiornata di cammino, i tre uomini giunsero a Iconio.Timoteo inizio cosı a osservare come Paolo e Silatrasmettevano le ultime istruzioni del corpo diretti-vo che si trovava a Gerusalemme e operavano peredificare la fede dei fratelli di Iconio (Atti 16:4, 5).Ma quello era solo l’inizio.

Dopo aver visitato le congregazioni della Galazia, imissionari lasciarono le ampie e lastricate strade roma-ne e camminarono per centinaia di chilometri lungo ivasti altipiani della Frigia, dirigendosi prima a nord epoi a ovest. Seguendo sempre le indicazioni dello spi-rito santo di Dio, raggiunsero Troas e si imbarcaronoalla volta della Macedonia (Atti 16:6-12). A quel puntoPaolo si era gia reso conto di quanto Timoteo fosseprezioso e lo lascio a Berea con Sila (Atti 17:14). Poi loinvio da solo aTessalonica, dove Timoteo mise in pra-tica quanto aveva appreso dall’esempio dei suoi com-pagni di viaggio e incoraggio i fedeli cristiani che si tro-vavano in quella citta (1 Tessalonicesi 3:1-3).

Paolo in seguito scrisse di Timoteo: “Non ho nessunaltro dalla disposizione simile alla sua, che abbia genui-

� Timoteo fu anche disposto a essere circonciso quandoPaolo glielo chie-se. Sebbene non fosse un requisito per i cristiani, Paolo non voleva chegli ebrei ai quali avrebbe predicato avessero da ridire per il fatto che adaccompagnarlo c’era il figlio di un gentile (Atti 16:3).

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1° NOVEMBRE 2015 15

namente cura delle cose che vi riguardano” (Filippesi2:20). Una simile reputazione non fu frutto del caso.Timoteo se l’era guadagnata con il suo strenuo lavoro,il suo umile servizio e la sua fedele perseveranza nelledifficolta che aveva affrontato. Che bell’esempio pervoi giovani! Non dimenticate mai che la reputazioneche avete dipende soprattutto da voi. Se siete giovani,avete la meravigliosa opportunita di farvi un buonnome mettendo Geova Dio al primo posto nella vostravita e trattando gli altri con gentilezza e rispetto.

“FA TUTTO IL POSSIBILEPER VENIRE PRESTO DA ME”

Per unperiodo di circa 14 anni,Timoteo dedico unagrande quantita di tempo a collaborare con l’apostoloPaolo, suo amico. Nell’opera svolta insieme a Paolo af-fronto molti pericoli, ma con l’apostolo condivise an-che le diverse gioie (2 Corinti 11:24-27). A un certopunto, Timoteo venne perfino imprigionato per la suafede (Ebrei 13:23). Imito l’apostolo Paolo anche neiprofondi e sinceri sentimenti che provava per i fratel-li e le sorelle, dimostrando amore e interessamento.Per questo Paolo gli scrisse: “Ricordo le tue lacrime”(2 Timoteo 1:4). Sembra che Timoteo, come Paolo,avesse imparato a ‘piangere con quelli che piangono’,mostrando loro empatia ed essendo cosı piu efficacenell’incoraggiarli e confortarli (Romani 12:15). Impa-riamo tutti dal suo esempio!

Non sorprende che con il tempoTimoteo sia diven-tato un eccezionale sorvegliante cristiano. Paolo gliaffido non solo la responsabilita di visitare le congre-gazioni per rafforzarle e incoraggiarle, ma anche quel-la di nominare uomini qualificati che servissero in qua-lita di anziani e servitori diministero (1 Timoteo 5:22).

Paolo era molto legato a Timoteo e dava a quel-l’uomo piu giovane di lui molti suggerimenti utili econsigli paterni. Esorto Timoteo a coltivare i suoidoni spirituali e a continuare a crescere e a migliora-re (1 Timoteo 4:15, 16). Lo incoraggio a non permet-tere mai che la sua giovinezza, e forse una certa in-sicurezza, lo trattenessero dal prendere posizionenei confronti di cio che e giusto (1 Timoteo 1:3; 4:6,7, 11, 12). Paolo diede al giovane anche consigli sucome affrontare i “frequenti casi di malattia” che lo

tormentavano, probabilmente dei ricorrenti disturbidi stomaco (1 Timoteo 5:23).

A un certo punto Paolo si rese conto che si avvi-cinava la fine della sua vita; evidentemente era statocondannato a morte. Invio un’altra lettera ispirata aTimoteo, nella quale scrisse queste toccanti parole:“Fa tutto il possibile per venire presto da me” (2 Ti-moteo 4:9). Paolo amava profondamente Timoteo;lo chiamo “mio figlio diletto e fedele nel Signore”(1 Corinti 4:17). Non stupisce che volesse avere afianco quel caro amico mentre si avvicinava la suaora. Ognuno di noi farebbe bene a chiedersi: “Gli al-tri mi vedono come una fonte di conforto a cui ri-volgersi quando affrontano problemi?”

Timoteo riuscı a raggiungere Paolo in tempo?Non lo sappiamo. Sappiamo pero che fece sempre ilpossibile per dare a Paolo e a molti altri conforto eincoraggiamento. Nella sua vita fu sempre coerentecol significato del suo nome, “uno che onora Dio”. Elascio un eccellente esempio di fede da imitare pertutti noi, giovani e meno giovani. ˇ

Fin da giovane Timoteo dedico la sua vitaal ministero cristiano