lotta al doping: tanto fumo per finire in niente · web viewperciò lo sport si faceva corruzione e...

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A cura di Mario Gori IL DOPING

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A cura di Mario Gori

IL DOPING

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SOPMMARIO

INTRODUZIONE

L'APPOSITA COMMISSIONE DEL MINISTERO PRESENTA I PRIMI DATICORRUZIONE, AFFARI, DROGA, FRODE E CRIMINALITÀ NELLO SPORT DALL’ANTICHITÀ AI NOSTRI GIORNIAGLI INIZISumeriEgiziCinesiGRECIA ANTICAFrode e corruzioneViolenzaAffari e politicaDrogaROMA ANTICA: PANEM ET CIRCENSESAffari e politicaViolenzaEra CristianaLO SPORT MODERNOIl ventesimo secoloIniziative internazionali anti-dopingAffari e politicaTruffeDrogaLE OLIMPIADI MODERNEAffari e politicaDroga e truffeIL CALCIOAffari e politicaCorruzioneDrogaGli eventi principali delle droghe nello sport in epoca moderna

ARTICOLI SUL DOPING2000-20022003

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ALCUNI CASI RECENTI

I DANNI ALLA SALUTE CHE PROVOCA L’EPOIL NANDROLONE, UN DOPING ANTICOIL DOPING DA GH

I CORTICOSTEROIDILE NUOVE FRONTIERE DEL DOPINGSOSTITUTI DEL SANGUE: UN PERICOLO FACILMENTE NEUTRALIZZABILEECCO LA SUPER-EPONESP, O ARANESP, O DARBEPOETINADOPING - NUOVI SVILUPPI E PROBLEMATICHEIL DOPING GENETICOIL DOPING NELLO SPORTIL DOPING DA ALLENAMENTOIL DOPING CHIMICOIL DOPING POVEROL'ITALIA DEL DOPING AMATORIALEGLI INTEGRATRORI NON SONO DOPING

LA LOTTA AL DOPINGSOSTANZE PROIBITE DAL C.I.O.LE SOSTANZE DOPANTI

LE LEGGI

SITI WEB

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INTRODUZIONE

Si parla spesso di doping, ma le proporzioni del fenomeno sono ancora maggiori rispetto all’interesse e all’attenzione poste ad un autentico e preoccupante dramma sociale.Le cifre sono impressionanti: in Italia sono circa 400 mila le persone che fanno uso di sostanze dopanti, di queste 300 frequentano palestre mentre gli altri 100 mila sono collegati agli sport amatoriali. Il 15% delle palestre rappresenta il luogo di detenzione e spaccio dei farmaci proibiti.Il fenomeno del doping ha raggiunto un giro d’affari da 650 milioni di euro all’anno, per gli integratori si arriva a spendere addirittura fino a 1,5 miliardi e nel 2000 la sola vendita di eritropoiteina ha fruttato 300 miliardi di vecchie lire.L’eritropoiteina, meglio conosciuta come EPO, è una sostanza che ha la capacità di aumentare quantità di emoglobina e migliorare sensibilmente le performances sportive. Essa ha avuto una grande diffusione perché la sua presenza non viene rilevata nelle urine e quindi risulta trasparente ai controlli antidoping, per questo il motivo nel 1997 si è arrivati ad effettuare test mediante l’esame del sangue.All’EPO s’aggiungono il GH (l’ormone della crescita), gli anabolizzanti e l’insulina, che negli ultimi tempi ha registrato un larghissimo consumo.Ormai il fenomeno del doping è degenerato in un vero e proprio business mondiale, basti sapere che le grandi aziende farmaceutiche mettono in commercio un numero di prodotti nettamente superiore alle reali esigenze.Attualmente sono in vigore pene per chi spaccia e per che fa uso di sostanze dopanti.A partire dal 14 dicembre 2000 è entrata in vigore in Italia una legge anti-doping che prevede pene anche per l’atleta che fa uso di queste sostante.L'articolo 9 prevede la punibilità per chiunque procura, somministra, assume o favorisce l'utilizzo di sostanze dopanti, con la reclusione da tre mesi a tre anni o con una multa da 2.500 euro a 50.000 euro. Chiunque commercia questi prodotti attraverso farmacie, dispensari, strutture è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 5.000 a 75.000 euro.È stato riscontato che chi fa uso di questi prodotti illegali è soggetto a sviluppare tumori, gravi squilibri ormonali, danni irreversibili al sistema nervoso e a quello epatico.Diversi studiosi e farmacologi sono convinti che sarà il doping, purtroppo, a sconfiggere lo sport!Noi sosteniamo che il doping è coessenziale allo sport.L'origine del termine "doping" è controversa. Secondo alcuni, proviene dal fiammingo "doop", che significa mistura, miscela, poltiglia. Secondo altri, "doping" viene dall'inglese "dope", che viene usato per indicare una sostanza densa, liquida, lubrificante. In slang, dope significa per lo più sostanza stupefacente. Doping equivarrebbe quindi grosso modo a "uso di stupefacenti". Nel gergo sportivo, il termine doping è entrato alla fine degli anni Quaranta. Secondo la International Amateur Athletic Federation (IAAF), "il doping è l'uso da parte di un atleta, o la distribuzione ad esso, di determinate sostanze che possono avere l'effetto di migliorare artificialmente la condizione fisica e/o mentale dell'atleta stesso, aumentando così la sua prestazione atletica".

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L'etica sportiva richiede infatti che tutti gli atleti debbano gareggiare a parità di condizioni, rispettando un regolamento liberamente accettato. Ogni Federazione Sportiva stabilisce il proprio regolamento e quali sono le sostanze vietate ai propri affiliati. Esistono pertanto elenchi e regolamenti che possono differire da Federazione a Federazione. In genere, vengono vietate quelle sostanze il cui uso da parte dell'atleta viene finalizzato a ridurre la fatica, migliorare i riflessi, migliorare la forza e/o resistenza, ridurre il dolore, controllare la frequenza cardiaca e/o respiratoria, ridurre il peso corporeo, ridurre l'ansia, mascherare la presenza nelle urine delle sostanze vietate.Gli elenchi prescindono dall'effetto delle sostanze sulla salute dell'atleta. Pertanto è possibile che una sostanza vietata da una Federazione sia ritenuta "utile" dal medico per curare l'atleta ammalato. Così come è possibile che sostanze e/o pratiche non considerate doping e quindi ammesse dai Comitati di Controllo delle varie Federazioni, vengano giudicate inutili o parzialmente dannose dal medico curante. (Antonio Groppetti)

IL DOPING MAI SMETTERA’ DI ESISTERE finche ci sarà un vincitore e un premio in denaro o un misero “salamino e bottiglia di vino”, ci sara ‘ il doping, e chi per vincere usera’ la sua magia nera per sentirsi almeno per un giorno il “re di casa”.

L'APPOSITA COMMISSIONE DEL MINISTERO PRESENTA I PRIMI DATI

L'uso di sostanze vietate diffuso soprattutto negli sport minoriDoping, un anno di controlli: positivi tre sportivi su centoIl generale Borghini (Nas): "Si teme interesse della criminalità"E il 65-70% degli atleti prende troppe medicine e integratoriROMA - Doping, fenomeno allarmante e in continua espansione. Lo confermano i dati raccolti dall'apposita commissione ministeriale nel suo primo anno di attività: è risultato positivo il tre per cento degli sportivi italiani sottoposti a test. Nel corso del 2003 sono stati effettuati 735 controlli su 34 federazioni sportive. Ed è emerso un preoccupante aumento dell'uso di sostanze vietate, soprattutto tra chi pratica gli sport cosiddetti minori. Non più quindi soltanto ciclisti, calciatori e corridori ma anche culturisti e appassionati del tiro a volo. I controlli antidoping del Coni e delle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 avevano dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commissione di vigilanza sul doping, "è stata riscontrata una percentuale di positività cinque volte maggiore". Allarmanti sono anche i dati relativi all'assunzione di medicine e integratori: il 65-70% degli atleti sottoposti a controllo antidoping ha dichiarato di prendere farmaci, soprattutto antinfiammatori non steroidei, assunti nel 35% dei casi, nel 37% integratori e nel 2% prodotti erboristici o omeopatici. "Gli sportivi di casa nostra - ha commentato Luciano Caprino, ordinario di Farmacologia all'Università La Sapienza di Roma e vice presidente della commissione - prendono troppi integratori e farmaci per uso diverso da quello indicato e autorizzato, con altissimi rischi di effetti collaterali". Tornando al doping, la scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il fenomeno fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio. Tutti gli altri sono stati fatti su federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione italiana triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (due casi su quattro); la Federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (quattro su 16); la Federazione italiana tiro a volo, con il 12,5%; la Federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività. I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping. Molte le riflessioni suscitate dal fatto che ad utilizzare le sostanze siano proprio gli atleti che praticano sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. "È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere". Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. "Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati è risultato più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti". Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella Finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione.

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E dietro il doping ci sono sicuramente vastissimi interessi economici. E, come ha sottolineato il comandante dei Nas, generale Emilio Borghini, durante il convengo "c'è un'ipotesi di coinvolgimento della criminalità organizzata dietro il traffico di sostanze dopanti". "Fortunatamente è intervenuta la legge 376 - ha aggiunto l'ufficiale - che prevede anche sanzioni penali. Attualmente ci sono controlli in tutta Italia". (19 gennaio 2004)

La guerra al doping non si ferma, anche se il nemico, però, sembra avere una marcia in più. Ci sono troppi "non negativi" ai controlli, troppe morti sospette, ed ancora polemiche sulle contromisure fin qui adottate e pochissime risposte certe all'appelloIl timore più diffuso è che le dimensioni del fenomeno-doping siano ben più allarmanti di quanto dicano i numeri e di quanto i fatti di cronaca, che ad intervalli regolari destano le coscienze, portino alla ribalta. Pertanto, per un nome più o meno noto che rimbalza su giornali e tv, ce ne sono tanti altri che gonfiano, anonimamente e senza clamori, le statistiche sportive alla voce "non pulito". Clamore e silenzio, comunque, dramma. Così si può riassumere anche la morte di Marco Pantani.E poi ancora un altro caso di morte sospetta, quella di Lauro Minghelli, 31 anni, ex giocatore di Torino e Arezzo, l'ultima vittima del morbo di Lou Gehrig. Perché oggi fa notizia e clamore un calciatore trovato positivo al nandrolone, magari una medaglia olimpica conquistata a forza di anabolizzanti, un campione di ciclismo sorpreso con una farmacia "fai da te" in macchina, o una nuotatrice troppo massiccia per sembrare solo molto allenata, mentre il resto rimane nell'ombra, soprattutto se a doparsi sono atleti di discipline poco note al grande pubblico o praticate a livello amatoriale. È proprio qui, infatti, lontano dalla ribalta mediatica, che il doping sembra essere davvero fuori controllo: secondo recenti dati sarebbero oltre 400mila gli sportivi italiani che fanno uso di sostanze dopanti. E mentre la lista delle sostanze illecite si allunga, chi a vario titolo è in prima linea nella crociata antidoping, oltre a tenere alta la soglia di allarme, continua a controllare, indagare, assolvere e punire. La versione aggiornata, approvata dalla Giunta Nazionale del Coni il 23 gennaio 2003, comprende: stimolanti, come cocaina, efedrina e stricnina, narcotici, come metadone, morfina ed ossicodone, cannabinoidi, come hashish e marijuana, agenti anabolizzanti, tra i più noti il nandrolone, il testosterone, e lo zeranolo, ormoni peptidici, come eritropoietina e l’insulina ormone della crescita, glucocorticosteroidi, alcool, beta-bloccanti e diuretici. "Tutte queste sostanze - spiega il professor Francesco Furlanello, consulente del Policlinico San Donato di Milano - possono provocare gravi conseguenze epatiche, cerebrali, muscolo-tendinee, ematiche, metaboliche, endocrine e persino tumorali. Nel mondo dei professionisti si fanno controlli sempre più raffinati, resta però aperto il vastissimo campo degli amatori, degli sportivi della domenica, delle decine di migliaia di ragazzi che nessuno controlla. Con la complicità di genitori, parenti e sedicenti guru di palestre, stanno crescendo generazioni di giovani che rischiano la salute e la vita!". È considerato DOPING l'uso di sostanze o di procedimenti destinati ad aumentare artificialmente il rendimento.Il doping contravviene all’etica sia dello sport che della scienza medica.Il doping consiste:- nella somministrazione di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e/o - nell’utilizzo di vari metodi proibiti. Le autorità sportive e governative sia italiane che internazionali, hanno sempre dimostrato di sottovalutare il problema. La ricerca del risultato a tutti i costi ed i crescenti interessi economici, hanno portato a modificare il tipo di preparazione introducendo metodiche illecite e dannosissime.Il giro di affari ha raggiunto livelli vertiginosi (quasi mille miliardi di lire l'anno solo nel nostro paese) ed il numero di "praticanti" è in evidente ascesa!I paesi dell'Europa dell'est hanno sicuramente recitato il ruolo di precursori in questo campo a scapito spesso della salute o addirittura della vita stessa degli atleti. Pochissimo si sapeva degli effetti collaterali delle sostanze ingerite, mentre evidenti erano i miglioramenti. Ai medici ed allenatori era sufficiente realizzarsi grazie al risultato; gli atleti ora ne pagano le conseguenze.Ci rendiamo perfettamente conto che risolvere il problema sarà estremamente difficile, complicato e dispendioso. Sarebbero necessarie strutture adeguate e serie,  pene molto più severe per chi lo pratica e soprattutto per chi lo prescrive.

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Si dovrebbe fare leva sull'etica sportiva attraverso una campagna seria di cultura sportiva nei giovani. Si potrebbe fare sicuramente molto di più!! Con ogni probabilità purtroppo, il problema doping nello sport attuale e nella società attuale, riteniamo non abbia una soluzione reale.

CORRUZIONE, AFFARI, DROGA, FRODE E CRIMINALITÀ NELLO SPORT DALL’ANTICHITÀ AI NOSTRI GIORNI

AGLI INIZI

La ricerca della pozione miracolosa in grado di aumentare il vigore fisico risale fin dall'antichità, quando era finalizzata all'esaltazione delle doti dei guerrieri per sconfiggere il nemico.Con il passare del tempo questa ricerca si è trasferita al mondo dello sport con l'intento di ottenere performances sempre migliori, ed una grossa spinta proviene dai grandi interessi economici che girano attorno al mondo dello sport professionistico. Da questo atteggiamento deriva, in ultima analisi, il fenomeno del doping, cioè il ricorso a sostanze farmacologiche o pratiche e metodi illeciti per modificare la prestazione sportiva. Si pensa che la parola doping abbia avuto origine dal linguaggio Sud Africano. Dope si riferisce a una bevanda alcolica primitiva usata come stimolante nelle danze cerimoniali. Nei contesti sportivi di oggi il termine si riferisce all’uso da parte degli atleti di sostanze  o di metodi vietati che possono migliorare le loro prestazioni. Mentre la parola "doping" apparve in un dizionario inglese nel 1879, l’uso di droghe è presente in tutta la storia dello sport.

SumeriLe attività motorie, intese come gioco e rito, sono presenti in tutte le civiltà umane da migliaia di anni, ma è in Occidente che, come la filosofia nasce in Grecia nel momento in cui i bisogni primari sono soddisfatti, le prime manifestazioni sportive organizzate hanno origine.I sumeri, il popolo che ha inventato la scrittura e che per primo ha costruito le città, si instaurarono nel 3500 a.C. nel territorio di pianura tra i fiumi Tigri ed Eufrate, che molti autori (tra cui ISAAC ASIMOV, In principio, Saggi Mondadori - Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997, pag. 104) hanno considerato come l’antico giardino dell’Eden, “pianura” in lingua sumera, un enorme e straordinariamente prosperoso terreno agricolo ambìto dalle molte popolazioni nomadi che gravitavano nella zona. Lo sport inizialmente, oltre ai significati religiosi e magici che lo accompagneranno sempre, anche se via via più o meno consapevolmente mascherati, ebbe lo scopo di preparare i soldati alle eventuali battaglie e dimostrare la forza del proprio popolo per intimidire i potenziali nemici tanto che “le discipline praticate furono improntate unicamente a scopi militari o paramilitari: la lotta, il nuoto e le gare equestri erano attività che, se svolte con maestria, potevano tornare assai utili in guerra.” (C. SANGALLI, sito web.)

EgiziL’Egitto al contrario, circondato da barriere naturali (mare e deserto), visse per quasi 1500 anni nella pace. Le discipline sportive, appannaggio, come presso i sumeri delle classi socialmente superiori, erano improntate più sul valore estetico che sull’agonismo: un affresco del 2000 a.C. circa raffigura due lottatori che effettuano 122 prese e posizioni diverse, senza alcuna traccia di sangue o trofei. Vista l’importanza del Nilo nell’economia egizia, anche il nuoto era una disciplina che rivestiva un grande rilievo, come il canottaggio, rappresentato in

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pitture tombali risalenti al 2600 a.C.. Fino a questo momento, visto il significato che lo sport assume tra i sumeri e gli egizi, è difficile pensare alla presenza di corruzione o truffe.Qualcosa però inizia a cambiare nel 1690 a. C. con la cosiddetta “invasione degli Hyskos”, che porta gli egizi dapprima a considerare lo sport alla stregua dei sumeri, e, poi, con una reazione a catena, a comportamenti molto familiari alle popolazioni che li seguiranno: “I Re del Nuovo Regno furono continuamente impegnati a crearsi una fama di atleti supremi e grandi cacciatori e ogni nuovo Faraone doveva superare i risultati del suo predecessore (…) Tutmosi III scoccò una freccia conficcandola profondamente in una lastra di metallo dello spessore di 5 cm e tale lastra fu successivamente esposta nel tempio a imperitura testimonianza della forza inarrivabile del sovrano; ma suo figlio Amenofi II, per superarlo in destrezza, centrò da un carro in movimento quattro bersagli di rame, ognuno spesso 7 cm, e fece celebrare tale impresa in un bassorilievo” (C. SANGALLI, sito web cit.). Non sappiamo se questa gesta furono realmente compiute, ma sicuramente erano molto enfatizzate.

CinesiIn Cina, da almeno 2500 anni a.C., l’esercizio fisico codificato era usato per scopo terapeutico ma anche per aumentare la forza fisica (ginnastica del Kong-Fou) ed anche Confucio aveva praticato l’attività fisica. Comunque, a differenza delle civiltà occidentali, “Per i Cinesi, la pratica ginnastica così razionale e così estesa, era quindi concepita con fini formativi e profilattici, anziché con lo scopo di preparare giovani alla guerra.” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 27). “E certo non v’è maggior gloria per l’uomo, finché vive, di quella che si procura coi piedi e con le mani”. (Omero, Odissea, 8, 147 sg.)

GRECIA ANTICA

Dall’800 a.C. lo sport diventò un elemento importante nello stile di vita dei Greci fino a far parte del campo religioso e culturale del tempo. L’enfasi fu posta sulla natura artistica degli atleti, come pure il ruolo preparatorio che gli atleti interpretavano come guerrieri. Ai partecipanti, infatti, era richiesto di scrivere testi poetici, o forse mostrare anche altre abilità artistiche, come pure eseguire imprese che evidenziavano abilità fisiche.Dal 400 a.C. lo sport nella vita sociale dei Greci raggiunse uno "status" simile, se non più grande, al suo posto nella società odierna.Lo sport era largamente diffuso, ma i ricchi premi per i vincitori portarono all’emergere di una classe di sportivi cospicuamente pagata, che determinò la decadenza dei competitori amatoriali. Scritti del tempo di Platone rivelano che nelle antiche olimpiadi il valore di una vittoria era l’equivalente di quasi mezzo milione di dollari. Questo era completato da altre ricompense che includevano cibo, case, esenzione dalle tasse e anche il rinvio dal servizio militare. Il professionismo portò alla corruzione: i concorrenti di questo periodo erano disposti a ingerire qualsiasi preparato che potesse aumentare il loro rendimento fisico, inclusi estratti di funghi e semi di piante. L'uso delle droghe e le interferenze politiche furono i principali motivi della scomparsa degli antichi giochi olimpici.

Frode e corruzioneSe non si hanno notizie di sport “corrotto” e violento tra i sumeri e gli egizi (e questo del resto non dimostra che non lo fosse) e soprattutto tra i cinesi, le cronache dall’età greca ci riportano molte testimonianze a favore della tesi secondo la quale “la curva degli ippodromi antichi era il luogo dove normalmente si consumavano le frodi, si attuavano le tattiche più subdole e si riusciva ad eliminare - spesso anche fisicamente - i più agguerriti rivali.” (A. ALEDDA, De Coubertin Addio, Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17).In realtà i trucchi non erano appannaggio della corsa dei carri, ma erano presenti perlomeno nel pugilato, nel pentathlon e nella lotta: “…salvo nelle gare di lanci, dove si riesce ad intravedere un po’ di sportività in senso moderno, in quasi tutte le altre domina l’intervento degli dei – i dirigenti internazionali dell’epoca – che spingono apertamente i loro beniamini a sopravanzare i rivali…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18).Per esempio, nell’Iliade (libro XXIII), “Achille organizza alcuni giochi atletici come tributo per la morte di Patroclo (…) Nella gara di corsa Odisseo instaura un avvincente testa a testa con il giovane nobile Aiace, che sembra destinato ad avere la meglio; ma Ulisse, rendendosi conto di non essere in grado di vincere con le sue sole forze, invoca aiuto della dea Atena, la quale fa scivolare Aiace in vista del traguardo e permette al suo protetto di arrivare primo. È utile precisare che quello che a noi sembra un colpo di fortuna o un intervento

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scorretto, agli occhi dei Greci era un motivo di pregio ancora maggiore per Ulisse che aveva saputo meritarsi il favore degli dei; infatti lo stesso Omero ci narra di come la folla reagì divertita e con gesta di scherno alla protesta del giovane sconfitto”. (C. SANGALLI, sito web cit.).Durante le stesse cerimonie, Menelao, fratello di Agamennone, “…ritenuto il migliore tra i greci nel condurre i carri.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17) fu superato scorrettamente in curva nella corsa dei carri da Antiloco, incitato nel “pre-gara” dal padre Nestore, re di Pilo, al fine di guadagnare denaro e lustro per la famiglia. Questi metodi erano comunque accettati come leciti, tanto che Achille premiò anche il perdente e Nestore, “…quasi a consacrazione della liceità di siffatti comportamenti…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 17).La differenza tra furbizia e truffa è spesso molto labile e questi comportamenti erano comuni in uno sport che prevedeva ventitré curve e che per le sue caratteristiche, soprattutto in partenza, proponeva dei vantaggi a chi era in grado di usufruirne: “Il luogo di ciascuno dove correre, se a destra o a manca, si determinava a sorte poiché alcuni luoghi erano molto più vantaggiosi di altri: quelli ad esempio posti a manca restavano più vicini alla meta intorno alla quale dovevano girare, mentre quelli a destra avevano più largo il circuito da percorrere; i posti occupati da ciascuno avanti la partenza venivano necessariamente alterati nel tratto del corso, poiché i più rapidi cavalli e gli aurighi più esperti s'impossessavano subito alla partenza del lato più vantaggioso.” (Olimpiadi antiche, http://www.cronologia.it/mondo11.htm)Nella lotta, Ulisse, famoso per la sua astuzia, riuscì ad imporre il pareggio al ben più forte Aiace Telamonio grazie ad un calcio nei polpacci.Il pugilato non era immune da casi di frode: nel 388 a.C. “con un’operazione di corruzione senza precedenti” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18) il giovane pugile Eupolo di Tessaglia vinse il torneo dopo aver corrotto tre pugili; il “Comitato Olimpico” dell’epoca si limitò a multare Eupolo, ma non gli tolse l’alloro del vincitore. Aledda, citando altri storici, afferma che il fatto che i giochi siano durati dal 776 a.C. al 393 d.C. e che non vi fossero documenti precedenti circa truffe alle Olimpiadi dovrebbe dimostrare che questo episodio fosse isolato (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 18).A mio parere questa tesi non è condivisibile per i seguenti motivi:- il fatto che non vi siano documenti precedenti potrebbe semplicemente dimostrare che non fosse “conveniente” descrivere episodi che avrebbero potuto rovinare la reputazione di un atleta e quindi della città che rappresentava, visto che “…la vittoria in una disciplina iniziò a diventare un fatto nazionale, quindi politico, che coinvolgeva il prestigio del Paese con il tifo nazionalistico dell'intera popolazione” (Olimpiadi antiche, sito web cit.); contribuivano, inoltre, al prestigio del vincitore e della città i vari “… poeti (…) letterati (…) musicanti che componevano inni dedicati…” (Olimpiadi antiche, sito web cit.), inviati dalla stessa città e quindi difficilmente imparziali, al contrario di Pausania, lo storico che ci ha riportato il fatto di Eupolo, che viene definito dallo stesso Aledda “freelance” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 19);- potrebbe essere stato, inoltre, lo stesso “Comitato Olimpico” del tempo, da una parte, a nascondere episodi di corruzione, e, dall’altra, ad alimentarli, vista la semplice multa, seppur salata, comminata ad Eupolo. Le multe erano inoltre usate per costruire statue in onore di Zeus;- come vedremo nei capitoli successivi, le frodi non bastano certo a far cessare le manifestazioni sportive organizzate, soprattutto quando queste portano un importante ritorno economico e politico, come alle Olimpiadi greche.Forse la mia tesi viene successivamente confermata dal fatto che, dopo cinquant’anni, vi fu un altro episodio che fece scalpore, quando Callipo, un pentatlheta ateniese, corruppe i suoi avversari e vinse la gara. In questo caso, però, i giudici squalificarono Atene per i giochi successivi (forse perché si era raggiunto il limite) tanto che Atene inviò come di routine “il grande oratore Iperide a sostenere le ragioni della città” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 19), che riuscì a cambiare la situazione solo con l’intervento dell’oracolo di Delfi, che diede ragione ai giudici ma riammise Atene.Altri furono i casi di corruzione alle Olimpiadi riportati: Eudemo (lotta, 68 a.C.), una gara di lotta pesante nel 12 a.C., una di pugilato nel 125 d.C.Se “Gli episodi di corruzione (…) erano accettati come fisiologici alla pratica dello sport, nel senso che, una volta accertati, non implicavano la perdita del titolo e della corona ma solo sanzioni pecuniarie o altre di lieve entità.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 21), agli schiavi era destinata un’altra forma di punizione, la fustigazione, come accadde nel 420 a.C. a Lica, un alto ufficiale e diplomatico spartano, che si era presentato alle olimpiadi sotto false spoglie (Sparta era stata esclusa perché non aveva rispettato la tregua olimpica) vincendo due gare di carri.

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In Grecia, poteva anche succedere che un arbitro partecipasse ad una gara, fino al 372 a.C., quando un giudice chiamato Troilo vinse in maniera “… alquanto chiacchierata…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 22) due gare equestri; da quel momento, questa pratica fu sospesa.Il caso, però, più eclatante di corruzione è quello attuato da Nerone, che “ … ossessionato dall’idea di essere un ineguagliabile cantore, un nobile poeta e un grande atleta…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 31), decise di partecipare alle Olimpiadi, facendole anticipare di due anni con immense somme di denaro e con la promessa di proclamare cittadini romani tutti i greci; vinse tutte le gare alle quali partecipò, anche quella della corsa al cocchio trascinato da dieci cavalli, sebbene fosse stato catapultato fuori sbandando in curva.

Violenza“La caratteristica principale dei giochi antichi era (…) la violenza. Perciò lo sport si faceva corruzione e poteva divenire ancora più duro” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 29).Del resto i giochi olimpici nascono da un mito violento: Enomao, re della regione Pisa, dove sorgeva Olimpia, era solito sfidare nella corsa del carro chi volesse sposa sua figlia Ippodamia. C’era una regola sola: chi perdeva accettava di morire trafitto dalla lancia di Enomao; furono in 13 a morire (da qui, mitologicamente, il numero dei giri che i carri facevano ad Olimpia) finchè Pelope, spinto dagli dei a conquistare Ippodamia, vinse corrompendo l’auriga del re, Mirtilo.Leontisco di Messana, considerato il più violento tra gli atleti greci, praticava il pancrazio ed era detto lo “spaccadita”, in quanto spezzava le dita degli avversari, costringendoli a ritirarsi; vinse in questo modo due olimpiadi.Non mancano casi di morte, come quella di Arricchione, avvenuta per strangolamento dopo aver, comunque, imposto il ritiro all’avversario per una frattura al piede; la cosa assurda è che nonostante fosse morto fu incoronato come vincitore, come avvenne a Icco di Epidauro, premiato perché sconfitto, e ucciso, con mezzi illeciti.Il pugilato era una disciplina violenta, in cui “i disputanti combattevano con pugno armati di cesti, una sorta di guanto di strisce di cuoio foderato di lastra di ferro, per rendere i colpi più violenti (…) e talvolta cadevano morti sul campo con un solo pugno alla parte del mento o a destra e a manca del viso” (Olimpiadi antiche, sito web cit.) anche se, secondo un’altra fonte, durante la settantaduesima olimpiade, nel 492 a.C., Kleomedes di Astipalea uccise nel pugilato Ikkos di Epidauro e gli fu tolta la corona perché “…non era ammesso l’eccesso omicida nemmeno nel più duro scontro pugilistico. Doveva prevalere l’intelletto sul bruto colpo.” (SISTO FAVRE, Homo olimpicus, Società Stampa Sportiva, Roma, 1987, pag. 58) e lo stesso accadde a Dionietos di Creta, che uccise Eracles.

Affari e politicaIn Grecia, oltre alla corruzione ed alla violenza, nacque lo sport come fonte di guadagno non soltanto per gli atleti, ma anche e soprattutto per i faccendieri, molto spesso i padri degli atleti, che intorno a questo mondo giravano: “… la storia dello sport è sempre un ricominciare e un terminare, un riprendere da capo e finire allo stesso punto di sempre. Si parte così da una concezione disinteressata e fine a se stessa della pratica sportiva e si approda ad una funzione strumentale (al denaro, al potere, al prestigio).” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 26).Gli atleti erano ormai dei professionisti e “già nel V secolo la figura dello sportivo-dilettante-aristocratico di omerica memoria era scomparsa…” (C. SANGALLI, sito web cit.).Non mancò chi approfittò di vittorie olimpiche proprie o di un assistito per propaganda politica: “Uno dei casi clamorosi fu un "barbaro" Armeno [Varazdat]: dopo aver vinto al pugilato, divenne addirittura Re della sua gente” (Olimpiadi antiche, sito web cit.).Era, inoltre, uso comune comprare atleti di altre città, visto che, come dimostra il caso di Lica, era facile farsi passare per cittadino di una città diversa dalla propria, visto che non esistevano documenti di identità, ed il riconoscimento “…era affidato in pratica al giuramento ed alla buona fede…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 24). Atleti stranieri comprati furono Astilo di Crotone, Sotade che corse per Efeso, Cimone di Atene.Le olimpiadi, come le attuali grandi manifestazioni sportive, muovevano un giro d’affari molto importante per quanto riguarda il pubblico: “Si organizzavano imponenti pellegrinaggi al seguito degli atleti e sappiamo che il

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gran numero di avventori rendeva caotica la vallata, ma costituiva una fonte di ricchezza di enorme importanza per tutte l’Elide.” (C. SANGALLI, sito web cit.).

DrogaScritti del tempo di Platone rivelano che, nelle antiche olimpiadi, il valore di una vittoria era l’equivalente di quasi mezzo milione di dollari ed i concorrenti di questo periodo erano disposti a ingerire qualsiasi preparato che potesse aumentare il loro rendimento fisico, inclusi estratti di funghi e semi di piante.D’altra parte gli Dei, simbolo da imitare, si nutrivano di nettare e ambrosia che avevano “capacità miracolose” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 9).

ROMA ANTICA: PANEM ET CIRCENSES

In questo periodo lo sport e la posizione degli atleti continuano ad essere ritenuti molto importanti, tuttavia i romani svolgevano attività sportive differenti rispetto ai Greci.Gli spettatori accorrevano numerosi agli incontri dei gladiatori e alle corse dei carri e questi sport erano considerati come intrattenimento per il pubblico. Nel 100 d.C. il Colosseo fu ristrutturato per accogliere oltre 60.000 spettatori.Anche in questo periodo si registra l’uso di droghe: i concorrenti nelle corse dei carri davano ai cavalli potenti miscele di sostanze per farli correre di più, mentre i gladiatori venivano dopati per aumentarne il vigore e per rendere più sanguinoso lo spettacolo.

Affari e politicaCaratteristiche principali dei ludi romani (probabilmente discendenti di manifestazioni sportive etrusche con influssi greci) furono la violenza e la partecipazione di massa del popolo romano, probabilmente primo esempio di sport inteso come controllo delle masse: “Questa grande attività derivava da un preciso calcolo politico fatto da un Imperatore [Augusto] conscio della necessità di mantenere il più possibile l’ordine pubblico in una città in cui vivevano 150.000 disoccupati a carico dello Stato; Augusto era convinto, e forse aveva ragione, che un popolo ozioso ed annoiato può minacciare intrighi e rivolte più di uno a cui i suoi governanti offrono talmente tante possibilità di svago da non lasciargli il tempo di pensare. Inoltre lo stesso Augusto presenziava ai ludi il più spesso possibile stabilendo così un contatto diretto con i suoi sudditi che rendeva più popolare la sua autorità e accresceva la sua popolarità.” (C. SANGALLI, sito web cit.).Roma era al centro del mondo, il popolo romano era orgoglioso di esserne padrone del mondo e non si preoccupava troppo di chi lo comandasse: “…come dice il grande storico francese Paul Veyne, [ il popolo romano] aveva ceduto la scheda elettorale in cambio del biglietto del circo e non voleva assolutamente transigere su questo suo ultimo privilegio.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 39); chi tentò di far cessare i combattimenti tra i gladiatori dovette presto cambiare idea.In questo modo, almeno un terzo dell’anno era vissuto dai romani assistendo ai ludi.Per poter fare questo, a Roma e nelle province, venivano spese somme di denaro ingenti: il 25-30 % delle entrate dello stato (circa 30 milioni di sesterzi all’epoca di Marco Aurelio) erano usate per organizzare giochi nell’arco di tutto l’anno.Anche i gladiatori avevano un loro “… tariffario che partiva dal compenso di 1000/2000 sesterzi per le categorie ordinarie fino alle 10000 per quelle più elevate con punte di 150000 per i gladiatori eccezionali”. (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pagg. 43-44) e fu per questo che molti liberi cittadini rinunciarono al loro stato giuridico per diventare “… i Maradona di quei tempi. Ricchi, corteggiati dalle dame, qualcuno amato dalle imperatrici, carnefici di uomini (…) osannati dalle folle, circondati dai fan…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 40); Diocle per esempio guadagnò in carriera 34 milioni di sesterzi.

ViolenzaCaratteristica principale, e uno dei motivo della fine dei ludi, fu una violenza senza precedenti: in epoca imperiale “si accentua la componente atletica delle gare rispetto a quella religiosa” (M. GORI, Storia dello sport, 2001, pag. 38) che, in concomitanza con l’educazione fisica soprattutto a scopo militare e con l’uso, come vittime predestinate, dei cristiani, porta le lotte gladiatorie ad essere così violente che “… non sono paragonabili

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neanche alla moderna corrida, che è il migliore esempio di "sport" odierno in cui il rischio della vita è parte integrante della competizione.”L’unica salvezza per i Cristiani è “… legata alla capricciosa generosità del imperatore o chi per lui.” (C. SANGALLI, sito web cit.).“L'evoluzione dello sport in Europa rischia di condurre a un indebolimento della sua funzione educativa”(Relazione “di Helsinki” 1999/644 della Commissione Prodi al Consiglio Europeo, 10 dicembre 1999)

Era CristianaL’inizio dell’Era Cristiana segnò la caduta degli altri sport, perché la natura violenta di molti degli sport romani era inaccettabile per il nuovo ordine sociale: nel 396 d.C. L’imperatore Teodorico dichiarò la fine degli antichi giochi e furono bandite tutte le forme di sport pagani. Gli unici sport ammessi furono il wrestling e la boxe, ma la era ampiamente incoraggiata la concezione che lo sviluppo fisico ostacolasse lo sviluppo intellettuale. Soltanto alla fine del diciannovesimo secolo lo sport riemerse. L’impeto di questa ripresa si manifestò nell’Inghilterra rurale e velocemente si diffuse in tutto il resto del mondo.

LO SPORT MODERNO

Lo sport nella società inglese dell’inizio del diciannovesimo secolo comprendeva in gran parte attività ricreative non strutturate. L’Inghilterra era una società agricola e rurale e mostrava forme di attività fisica che erano casuali. Il tipo di attività ricreativa rifletteva l’andamento della società: i riti in rispetto del raccolto o delle ricorrenze religiose, come il Natale, volevano unire il villaggio in una forma centrale d’intrattenimento. Celebrazioni tipiche consistevano in sbornie e danze, giochi come la corsa coi sacchi, saltamontone e caccia al maiale, attività come il combattimento di galli e incontri di box, giochi di calcio con oltre 1000 giocatori su un campo lungo diverse miglia. L’industrializzazione e l’urbanizzazione trasformarono gli stili di vita e anche il modello dei giochi campestri, e sorsero forme di attività sportive più organizzate e sofisticate. Il fattore che contribuì maggiormente a determinare i cambiamenti nello sport, come conseguenza dello sviluppo della tecnologia, dei trasporti e delle comunicazioni, fu una nuova concezione del tempo e dello spazio: il nuovo insediamento urbano della popolazione del tardo diciannovesimo secolo stabilì rigidi controlli di giochi e attività che riflettevano la nuova società regolamentata (il gioco del calcio, praticato da un migliaio di giocatori su un campo senza confini, non era adatto alle città), nacque inoltre in questo periodo la netta distinzione tra lavoro e tempo libero.Si manifestarono notevoli sviluppi che cambiarono la forma delle tradizionali attività. Queste includevano:restrizioni di tempo e spazio; Formazione di club e competizioni avanzate; restrizione nel numero dei giocatori; sviluppo di regole; standardizzazione e modificazione delle attrezzature. Emersero nuovi sport (come il rugby, il pattinaggio a rotelle e il bowling), mentre attività come il combattimento di animali e la lotta fra polli persero popolarità e alla fine furono bandite.La Rivoluzione industriale ebbe un impatto significativo su tutti gli aspetti dello sport e del divertimento. La tecnologia era usata per sviluppare nuove attrezzature in sport come il golf, il tennis e il cricket. Anche altre invenzioni ebbero un'influenza, per esempio, la luce elettrica che permise di giocare di notte.Il miglioramento delle comunicazioni rese possibile l’invio via cavo di notizie sportive e lo sviluppo dei trasporti permisero competizioni tra città diverse. Questi fattori portarono all’incremento della partecipazione alle attività sportive e di divertimento e contribuirono significativamente alla diffusione dell'interesse per queste attività in tutto il mondo. Due significative conseguenze dell’aumento del coinvolgimento nello sport furono mercantilismo e professionismo. Le folle di spettatori alle principali partite di calcio aumentarono da poche migliaia durante la metà del diciannovesimo secolo a più di centomila nei primi anni del 1900. Furono costruiti grandi stadi, e gli eventi sportivi ricevettero ampio spazio di trattazione in quotidiani e riviste specializzate. Di lì a poco i professionisti sportivi occuparono un posto nella società. Lo sport non era più solo una frivola attività da svolgere nel tempo libero, per alcuni lo sport diventava una professione.

Il ventesimo secolo

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Al cambio del secolo, lo sport ha assunto un posto simile a quello che aveva occupato nelle società Greca e Romana. Durante il ventesimo secolo l’attività sportiva si è trasformata gradualmente in una forma d'intrattenimento di massa che è diventata un grande affare, perché garantisce un'ampia fonte di guadagno. Le pressioni economiche hanno contribuito ad una escalation nell’incidenza dell’assunzione di sostanze dopanti e nel numero delle morti ad esso collegate all'interno della comunità sportiva.Il mondo dello sport viene spesso coinvolto da fenomeni analoghi a quello del mondo sociale dove la droga è una triste realtà. Il "doping" è in campo sportivo il fenomeno che esprime un concetto analogo al consumo o utilizzo di droga. L'origine del termine "Doping" è controversa. Secondo alcuni proviene dal fiammingo "doop", che significa mistura, miscela, poltiglia; secondo altri autori la sua origine viene fatta risalire al linguaggio sudafricano nel quale il termine "dope" viene associato ad una bevanda alcolica usata come stimolante nelle danze e nei riti primordiali. In inglese il termine "dope" identifica una sostanza densa, liquida, lubrificante, più propriamente uno stupefacente. Il termine "Doping" si diffuse ai primi del'900 nei cinodromi e negli ippodromi per indicare la stimolazione illecita degli animali durante le gare.Il termine venne poi esteso anche in campo umano e precisamente il Doping in campo sportivo equivarrebbe a "uso di sostanze illecite". Esso, infatti, consiste nel ricorso a mezzi illegali o all'assunzione di sostanze chimiche proibite dalle autorità sportive, sia a livello nazionale sia internazionale, in quanto accrescono artificiosamente la prestazione e l'efficienza agonistica, combattendo la fatica e aumentando le capacità basali dello sportivo contravvengono alla lealtà sportiva. Il doping, quindi, è il principale responsabile della perdita dello spirito agonistico, il quale dovrebbe rispettare quei valori che spingono un atleta a confrontarsi con se stesso e con gli altri. La vittoria diventa uno strumento che sfida il tempo, produce gloria e celebrità. È nello spirito della vittoria che già al tempo dei Greci lo sport da dilettantistico delle prime manifestazioni religioso-culturali assume con il passare del tempo un ruolo sempre più professionistico, diventa una realtà sociale del tempo.

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I vincitori erano considerati veri eroi, ricompense sia in denaro che i beni materiali, facevano si che gli atleti assumessero una sostanza simile all'ambrosia che si narra permettesse di migliorare l'agressività e la prestazione fisica. In epoca romana il problema si ripresenta sotto due diversi aspetti. Animali e schiavi erano considerati sullo stesso piano negli spettacoli. Il divertimento era messo al primo posto; nelle corse dei carri infatti, i cavalli venivano drogati per rendere più avvincente la competizione; ed analogamente i lottatori nell' arena venivano dopati per aumentare l'aggressività. Con l'avvento dell'era cristiana e la riscoperta del misticismo si ha una perdita della sportività in generale, per tutto il rinascimento giochi di corte e tornei sono gli unici spazi sportivi ed anche per i secoli successivi le attività erano per lo più da collocarsi in sagre , danze e riti propiziatori del raccolto; lo sport per parecchi secoli non ebbe più il valore e la stessa importanza che aveva assunto presso gli antichi greci. Solo con l'avvento della società industriale , il delinearsi della distinzione fra tempo dedicato al lavoro e tempo libero fece scoprire all'uomo nuovi spazio per se ed il delinearsi delle associazioni amatoriali, la nascita di competizioni regolamentate, l'evolversi delle tecnologie, portò alla fine dell'800 alla costituzione di veri club, soprattutto legati allo sport del calcio; il passo verso l'attuale sport professionistico, era compiuto. Nella società del XX° secolo lo sport ha assunto la stessa importanza del periodo dell'antica Grecia, gli sportivi soprattutto nei paesi oltre cortina venivano utilizzati per vincere medaglie e dimostrare al mondo la validità di un sistema politico rappresentavano uno "status symbol" con enormi privilegi rispetto al tenore di vita medio della popolazione. Germania dell'est e Romania sono stati i Paesi in cui la scienza del doping e dei primati costruiti in laboratorio ha avuto la massima espressione. I Paesi Occidentali a loro volta per fronteggiare le continue vittorie degli atleti dell'Est Europa investirono notevoli risorse per migliorare le prestazioni e agli atleti venivano assegnati notevoli premi in denaro al fronte di vittorie o primati a livello internazionale. Si pensa che l'uso di sostanze stimolanti esistesse già nelle Olimpiadi del 1952, un incremento lo si ebbe nel 1954 con la diffusione degli anabolizzanti, il cui uso era molto diffuso fra gli atleti dell'Olimpiade del 1964 a Tokio, tanto che dal 1968 furono introdotti i primi controlli anti-doping. L'italia è stata fra le prime nazioni a preoccuparsi del problema già dal 1954; nel 1961 viene aperto il primo laboratorio di analisi a Firenze e nel 1971 fu emanata una legge che punisce l'uso di sostanze illecite agli atleti, e condanna anche chi le fornisce.Nel 1971 il C.I.O (Comitato Olimpico Internazionale) ha reso noto un elenco di sostanze considerate proibite e viene annualmente aggiornato. La guerra vera e propria al doping inizia però solo dopo le Olimpiadi di Seoul del 1988 con il trattato USA-URSS. Le due super-potenze decisero di disarmare i loro arsenali chimici. Alle soglie del XXI° secolo, tuttavia il problema permane, non è più di tipo politico ma commerciale, agli atleti di alto livello sono riservati ingaggi miliardari, la relativa pubblicizzazione grazie ai media di un prodotto o di una linea sportiva mediante l'immagine di un atleta popolare possono essere valide motivazioni per iniziare ad assumere sostanze dopanti che potrebbero garantire una permanenza ai vertici dello sport commercio-spettacolo il più a lungo possibile. Il mondo del doping, quindi non è però solo degli sportivi, che sono quelli che rischiano maggiormente,ma anche di coloro che contribuiscono al raggiungimento del risultato e traggono benefici economici dalla pubblicità e dalla propaganda: allenatori, società sportive, laboratori medici e di analisi, che falsificano i risultati degli esami. Il problema è difficile da risolvere tuttavia i responsabili della sanità all'ONU per combattere la diffusione del doping hanno stilato un codice medico con una classificazione che viene annualmente aggiornata. La “Dichiarazione di Losanna” scaturita dalla Conferenza mondiale sul Doping nello sport nel febbraio del 1999 è un passo importante per garantire una collaborazione fra diverse Istituzioni come Comunità Europea, CONI nazionali, Federazioni sportive e gli stessi Governi; essa prevede inoltre, dei controlli sugli atleti e delle sanzioni a tutti coloro che dovrebbero contribuire al ripristino di “uno sport leale” a rinnovamento di quei valori che hanno ispirato il barone Pierre De Coubertain, padre dei Giochi Olimpici moderni. Doping è un lemma inglese ormai ufficialmente entrato nei vocabolari di tutto il mondo, compreso quello della lingua italiana. Le sue origini, però, sono olandesi: i termini to dope, che letteralmente significa "drogare", e dope, "liquido denso", derivano infatti dall'olandese doop, "salsa".Doop, a sua volta, viene da dopen, "mescolare", parola che originariamente veniva usata nel significato di "battezzare per immersione". Al di là dell'etimologia è necessario capire che cosa è veramente il doping. Tornando al dizionario, sullo Zingarelli, "doping", sostantivo maschile invariabile, è definito come "uso e somministrazione illegale di droghe ad atleti o

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animali per accrescere le energie psicofisiche e quindi il rendimento agonistico in competizione".(È citato anche un sinonimo non bello: "drogaggio").Fin qui il vocabolario. Ma, per descrivere con compiutezza i confini, caratteristiche, portata, effetti e significati del doping occorre ben altro e l'impresa non deve essere semplice, se è vero che ancora oggi si avverte la necessità di giungere a una più adeguata definizione del fenomeno.In proposito i tentativi non sono mancati.Solo per ricordare qualcuno tra i più significativi, basterà richiamare quello del Consiglio d'Europa, che nel 1985, evidentemente preoccupato per la sua progressiva diffusione, emanò una Carta europea contro il doping nello sport: "Il doping nello sport consiste nell'impiego di sostanze o di categorie di sostanze che sono state bandite dalle organizzazioni sportive interessate". Gli stessi estensori riconobbero che si trattava di una definizione semplicistica, ammettendo al contempo la difficoltà di arrivare a una più chiara e completa. Non furono molto diversi gli esiti del lavoro della Commissione medica del Comitato olimpico internazionale (Cio), che nel 1986 adottò una definizione che servì per l'edizione dei giochi olimpici di Seul, nel 1988: "Il doping consiste nell'impiegare sostanze comprese nel gruppo dei farmaci che non si devono usare, ma anche attuare altri interventi illeciti come l'emotrasfusione" . Alla definizione seguiva la lista delle sostanze farmacologiche e l'elenco degli interventi proibiti. Anche in questo caso si preoccuparono di chiarire che il loro scopo era quello di dare una definizione di doping che, prima ancora che adeguata sotto il profilo dei contenuti,fosse innanzitutto facile da applicare.Ma in cosa difettano tutte queste definizioni? E a chi possono interessare? A tale proposito è necessario ricordare due importanti fenomeni:Il primo: l'esplosione dei mass media ha portato sempre più alla marcata internazionalizzazione dello sport e del suo consumo spettacolare, con il conseguente sviluppo di interessi (economici, nazionali, politici e anche sociali) totalmente estranei, se non opposti, ai motivi "classici" che stanno alla base delle competizioni sportive.Il secondo: la pratica di attività sportive è ormai diventata in tutto il mondo un comportamento di massa, che si riferisce, come modello imitativo, alle pubblicizzatissime e quindi conosciutissime gesta dei grandi atleti internazionali. Se si ammette (ed è realtà purtroppo indubitabile) che esiste il doping nello sport e si "incrocia" il fenomeno con quelli appena ricordati, bisogna necessariamente concludere che: il doping è ormai un problema internazionale, presente in tutti o quasi i paesi del mondo; il doping, sempre a livello mondiale, da fenomeno tipico e specifico delle élites sportive, tende a diventare un fenomeno di massa.I tentativi che ancora oggi vengono condotti per definire correttamente il doping, dunque, possono essere letto come una forma di raggiunta consapevolezza, da parte delle autorità sportive internazionali, di avere peccato di immobilismo almeno fino agli anni Sessanta e , successivamente, di inerzia, non andando oltre a un impegno tiepido di facciata per conoscere e quindi combattere il fenomeno del doping.Al punto che non sono pochi gli esperti convinti che i grandi scandali fin qui succedutisi siano poco più la punta di un immenso iceberg, sul quale rischiano di andare a sbattere la credibilità dello sport e, cosa più grave, la salute di chi lo pratica, anche a livello amatoriale.È vero che l'assunzione di sostanze allo scopo di aumentare le prestazioni fisiche è un problema vecchio come il mondo: nella Cina imperiale si utilizzavano estratti di edera (contenente efedrina, un alcaloide con proprietà stimolanti); i guerrieri della mitologia nordica europea, per accrescere le loro forze, ricorrevano a preparati a base di amanita muscaria, un fungo velenoso che contiene tra le altre sostanze un altro alcaloide stimolante, la bufoteina; è noto e documentato da secoli l'uso delle foglie di Coca, nell'America del Sud, per affrontare massacranti competizioni di corsa che si sviluppavano per 650 chilometri da percorrere in tre giorni e tre notti, così come è ben conosciuto l'uso che alcune popolazioni del Nord e del Centro America facevano del peyotl, un fungo velenoso contenente messalina, sempre per ricavarne un aiuto nella corsa. Ed è anche vero che il primo caso mortale da doping documentato e riportato in letteratura risale a più di due secoli fa: riguardò proprio un ciclista, morto in una gara in Francia nel 1886, per avere assunto una delle sostanze che andavano in voga all'epoca (nitroglicerina, cocaina, eroina, stricnina, ma anche trimetilene o zollette di zucchero imbevute d'etere). Perché venisse istituita una forma ufficiale di controllo antidoping, però, si dovette attendere il 1955.Fu in quell'anno, infatti, che, sempre in Francia, cominciarono le analisi obbligatorie sui ciclisti, scoprendo immediatamente percentuali di positivi pari anche al 20 per cento. Da allora, i controlli hanno avuto luogo, progressivamente, in tutte le discipline sportive e in tutte le manifestazioni internazionali più importanti: nei Mondiali di calcio i controlli vennero introdotti nell'edizione inglese del 1966, alle Olimpiadi della neve nell'edizione del 1968, mentre per i Giochi olimpici fu necessario aspettare fino al 1976.

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Iniziative internazionali anti-dopingL'uso di eccitanti da parte degli atleti era un fatto comunemente accettato nella comunità sportiva internazionale, ma la sua diffusione si allargò a tal punto che dopo le Olimpiadi di Melbourne del 1956 si incominciò a parlare del danno che il doping provocava agli atleti e allo sport.La prima significativa presa di posizione internazionale ebbe luogo nel 1960 quando il Consiglio europeo, un gruppo di 21 nazioni dell’Europa occidentale, propose una risoluzione contro le sostanze dopanti nello sport e a favore dell'introduzione dei test anti-dopingLa Francia emanò la legislazione anti-doping nel 1963 e anche il Belgio prese questa via nel 1965, ma l’impatto dei programmi fu poco rilevante sino alla morte di Tommy Simpson nel Tour de France. Immediatamente dopo, nel 1967, fu insediata la Commissione medica del CIO, e venne stilato l'elenco delle sostanze e delle pratiche proibite.I governi e le organizzazioni sportive nazionali ed internazionali continuarono ad impegnarsi in iniziative sul doping per tutto il tardo 1960 e 1970 e i test diventarono un elemento diffuso nelle competizioni sportive ad alto livello, ma il semplice fatto che i programmi di controllo fossero in attuazione non garantiva la loro efficacia: i test positivi erano limitati a causa di una tecnologia inadeguata, e, soprattutto, perché gli atleti impararono velocemente a battere il sistema, sostituendo i campioni di urine e cessando di usare droghe in tempo sufficiente per cancellarene le tracce prima che il test fosse effettuato.Nel 1983 i test fecero un importante passo avanti quando le prove analitiche vennero significativamente perfezionate, con l'introduzione della gas-cromatografia e della spettrometria di massa. Fu proprio in quest'anno che scoppiò lo scandalo dei giochi Panamericani a Caracas, dove numerosi atleti risultarono positivi a droghe proibite e molti altri lasciarono le gare per non essere testati.

Affari e politicaCome si è visto, fin dall’antica Grecia, e soprattutto a Roma, la politica è entrata potentemente nello sport, finanziandolo e favorendolo, allo scopo di controllare le tensioni interne agli stati e per dare evidenza a personaggi in cerca di potere e denaro.Come avviene nella peggior politica, “il CIO è composto di poco meno d’un centinaio di persone spesso ultrasettantenni che si riciclano, si riproducono e si perpetuano al di fuori di ogni logica e controllo democratico…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 80) e che promuovono manifestazioni mondane “… in nome dello sport, degne delle migliori feste delle corti europee di un secolo fa…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 61).Al contrario, lo sport non può interessarsi di politica: “Nel nostro secolo il principio della separatezza dello sport dalla sfera politica è stato infatti enunciato e riaffermato ossessivamente da tutti i responsabili dello sport.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 60), fino ad arrivare a casi che hanno del ridicolo, come il minuto di silenzio nei campi di calcio negato dalla F.I.G.C., nel 1983, in occasione della morte a Capaci del giudice Falcone, o il permesso negato al Foggia Calcio di indossare magliette con la scritta “Pace in Bosnia”. Tutti sono stati, però, pronti a rimandare un turno di Champions’ League e a ordinare un minuto di silenzio domenicale, in occasione dell’atto terroristico che ha colpito gli Stati Uniti nel 2001 forse perché l’opinione pubblica lo richiedeva a gran voce. È questo, però, un caso eccezionale, se si pensa che, in occasione dei Mondiali di Calcio del 2002 la F.I.F.A, forse per evitare casi imbarazzanti, ha impedito ai giocatori di sfoggiare magliette con scritte di qualsiasi tipo e agli Stati Uniti di presentarsi alla gara inaugurale con un vigile del fuoco di New York come portabandiera.Che il divieto dello sport di entrare in politica sia univoco lo dimostra il fatto che le Olimpiadi del 1980, a Mosca, e del 1984, a Los Angeles, furono boicottate per motivi strettamente politici, sebbene la maggior parte degli atleti non fosse d’accordo con questa decisione; nel 1980, i russi, che poi boicotteranno le olimpiadi successive, per evitare l’assenza degli U.S.A., si appellarono alla non intrusione della politica nello sport, dopo averlo usato per decenni “… a fini politici soprattutto per il controllo delle tensioni interne e di prestigio internazionale.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 60).Se quindi gli sportivi non devono addentrarsi in questioni politiche, lo stesso non vale per i dirigenti, protagonisti di vere e proprie lotte di potere, come quella che ha visto protagoniste il CONI e la F.I.P.A.V. durante le prime fasi di Tangentopoli, quando molte federazioni furono commissariate per gli avvisi di garanzia giunti ai vari presidenti; l’elezione del nuovo presidente CONI fu rinviata. Quando anche la F.I.P.A.V. venne commissariata per una denuncia di compravendita di voti poi sancita dalla CAF come falsa, si poté votare come presidente della stessa Federazione quello sponsorizzato dal CONI; “a

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dimostrazione del collegamento esistente tra le due vicende…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 72) furono indette subito le elezioni per la presidenza del Comitato Olimpiaco Italiano, vinte da Pescante.Quello che, però, caratterizza fortemente lo sport moderno è l’ingresso di fortissimi interessi economici: è difficile pensare che la politica e l’alta finanza non possano entrare in gioco in un settore in cui sono impegnati 615 mila addetti “… per la maggior parte nel comparto produttivo non sportivo (impiegati di federazioni e di enti sportivi, custodi di impianti, tecnici, guardie, ecc…“ (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 63) con un giro di affari 14000 miliardi di lire (6000 solo dal calcio) senza contare le persone che vi lavorano sporadicamente in occasione di grandi manifestazioni: per le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 almeno 37 mila persone troveranno un impiego. Inoltre, per assistere a manifestazioni sportive in Italia, nel 1989, gli italiani hanno speso 642 miliardi di lire di cui l’80% solo per il calcio.Si sono, quindi affacciati a questo mondo nuovi personaggi, come gli owners, i “presidenti” delle squadre professionistiche di baseball, football e hockey americane, che sono spesso proprietari di mass-media (Ted Turner è proprietario della CNN e degli Atlanta braves) o di grandi industrie (la Levy’s controlla la squadra di baseball di Oakland), costituendo delle fortissime sinergie.La differenza con i presidenti degli altri paesi è che “le fortune degli owners americani risalgono al periodo intercorrente tra le due guerre mondiali, e, soprattutto, all’immediato dopoguerra, epoca in cui le scommesse consentirono ad alcuni allibratori, e, talvolta, a grossi scommettitori di acquistare squadre di prim’ordine con poche migliaia di dollari” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 112). Tra questi vi era, per esempio, Tim Mara, primo padrone dei New York Giants.Molti sono, inoltre, gli intrecci tra politica, mafia e sport negli USA, come le vicende di Charlie Bidwill (Chicago Cardinals), Mickey McBride (Cleveland Browns), Clint Murchison, Lamar Hunt, Arthur Modell.Nello sport moderno hanno assunto un’importanza fondamentale le cosiddette agenzie “… di razionalizzazione delle sponsorizzazioni sportive” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119)Tra queste, la ISL, esclusivista del CIO nella gestione di “tutto il pacchetto degli interventi pubblicitari” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119), ha un giro di affari di cento milioni di dollari l’anno.L’agenzia IGM (International Management Group), al contrario, “… sponsorizza gli atleti [oltre 500 di varie discipline sportive] e promuove direttamente gli eventi sportivi.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120). Il giro di affari è di 800 milioni di dollari l’anno e, producendo alcune delle manifestazioni in cui gareggiano gli atleti che rappresenta, la IGM “… finisce per utilizzare gli atleti e relativo contorno come attori delle loro stesse manifestazioni negli sport commerciali.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120) Il grande colpo della IGM è la giovane tennista Anna Kournikova, che, pur non avendo vinto un torneo importante in carriera, guadagna più soldi di qualsiasi altra collega.Altre agenzie, che non hanno potere ed introiti come la ISL e soprattutto la IGM, sono la Pro Serv (che si occupa di tennis ed è rimasta coinvolta in una causa legale con Ivan Lendl nel 1987), la Amauty (ciclismo), la APA (compravendita di media come la IGM), la First Artist (calcio). A sé stante è il caso della Steiner Sport Marketing, che cura gli interessi di società che cercano testimonial, spesso atleti locali, “…che riescono a sintonizzarsi meglio con l’esigenza che si va a tutelare” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 123) per campagne pubblicitarie. Queste agenzie vengono viste “… con molta diffidenza a tutti i livelli, soprattutto perché sono ritenuti i primi responsabili dei fenomeni di corruzione e di sfruttamento degli atleti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 120) anche se “…hanno l’onestà di definirsi uomini d’affari, non come certi dirigenti dello sport che (…) in nome di elevati ideali realizzano ben più lucrosi guadagni.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 119).Con le sponsorizzazioni, non esiste più lo sport dilettantistico di olimpica memoria, in quanto in tutti gli sport più seguiti nel mondo, dal golf all’automobilismo, dal basket al calcio, dal tennis al baseball e al pugilato, sono proprio gli sponsor la maggiore fonte di guadagno: la tennista Seles, per esempio, ha guadagnato, nel 1992, due milioni di dollari in premi e sette tramite sponsorizzazioni.Michael Jordan, il più grande giocatore di basket della storia, nel 1992 (quindi non ancora al massimo della popolarità), era sponsorizzato da Coca Cola, Gatorade, McDonald, Hanes, Wilson, Whaeties, ecc… Successivamente, sponsorizzato dalla Nike, è diventato lo sportivo più pagato della storia. Questo suo vivere con e per gli sponsor gli ha fatto vivere, però, una situazione grottesca: durante le Olimpiadi di Barcellona, “… fu costretto ad avvolgersi con la bandiera americana nel corso della cerimonia di premiazione ripresa dalle

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televisioni di tutto il mondo. Infatti indossava una tuta della Reebok, sponsor ufficiale del Dream Team americano, ma nel contempo aveva l’esclusiva delle apparizioni televisive con la Nike.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 151). Lo stesso accadde a Magic Johnson che “… sponsorizzato dalla Pepsi, non poté affacciarsi in tivù, perché la squadra americana di basket aveva un’esclusiva con la Coca Cola.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 151).Gli atleti americani, dagli anni ’70, sono diventati “… per dirla col professor Staudohar dell’Università della California, che da anni studia il fenomeno, degli uomini d’affari con carriere burocratizzate e giornate pianificate… “ (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 146) e capita spesso, per esempio nel pugilato, che vengano organizzati incontri in cui chi perde guadagna milioni di dollari e non è raro che durino un round, con i pugili contenti di guadagnare tanto senza aver preso troppi pugni. Il primo esempio clamoroso di sponsorizzazione in Italia fu nel 1962, a Milano, quando Antonio Maspes “… detentore del titolo, scandalizzò tutto il mondo sportivo allora conosciuto piazzandosi, cheto e sornione, per ben 25 minuti sotto un tabellone pubblicitario dell’Ignis… “(A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 149).Poche sono, quindi, le storie di puri dilettanti che sono riusciti a vincere qualcosa di importante senza essere pagati, oltre che gestiti, dalle grandi case di sponsorizzazioni: i fratelli Abbagnale, quattro canoisti che vinsero la medaglia d’oro alle olimpiadi di Los Angeles (Tiff Wodd, John Biglow, Joe Buscaren, Brad Lewis), Giuliano Giongo (un atleta che oggi può essere definito di sport “estremi”), Tony Valeruz (l’inventore dello sci estremo). Oggi però, anche chi fa sport estremi, portando avanti una filosofia di libertà, è sponsorizzato dalla testa ai piedi. Nello sport moderno, oltre che agli sponsor, lo sport è legato con un doppio filo alla televisione anche perché “… la partecipazione popolare da millenni ha privilegiato l’attività sportiva tra quelle spettacolari.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 162) e soprattutto perché dall’altra parte “… gli investimenti televisivi hanno i loro ritorni in termini di pubblicità, di sponsorizzazioni e di abbonamenti alle pay-tv.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 164).

TruffeDel vasto mondo delle truffe sportive fanno parte le scommesse, fenomeno sorto con “… lo sport in Inghilterra. Qui divenne immediatamente abitudine raccogliere le puntate sui due pugili che se la davano di santa ragione in un parto…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 174), anche se già nel 1707 “… una denuncia inoltrata (…) alle autorità papaline da parte di alcuni cittadini evidenzia la collusione tra un’organizzazione del gioco della palla ed un vecchio allibratore che teneva le scommesse in un vicolo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 175).Secondo Bernie Parrish (ex giocatore professionista di football americano), “… vi sarebbero almeno tre modi per alterare l’andamento di una gara: a) pagare un giocatore decisivo; b) mettersi d’accordo con lo staff di allenatori; c) riuscire a drogare almeno una parte di giocatori.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 177). In Italia, probabilmente, si penserebbe anche alla quarta eventualità di comprare l’arbitro, ma non tutti hanno la fantasia latina…Molti sono gli esempi di truffe nel mondo professionistico americano, per esempio nel pugilato, come quella smascherata dalla procura federale del New Jersey, che “…ha formalmente incriminato il presidente e tre dirigenti della Federazione internazionale di pugilato, per aver regolarmente manipolato su pagamento le valutazioni dei pugili impegnati in incontri di rilievo mondiale negli ultimi 14 anni.” (Pugilato: mega-inchiesta su corruzione dirigenti federazione internazionale,

DrogaProbabilmente, il peggiore male che sta colpendo lo sport è il doping, o meglio la “… politossicomania, ultima emergenza in fatto di rappresentazione scientifica (e collettiva) di questo problema, che significa in parole povere abitudine all’assunzione di più sostanze vietate (…) anabolizzanti (…), stimolanti (…), betabloccati (…) e ormoni peptidici (…).” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 185), come concettualizzato, nell’autunno del 1993 da un gruppo di studio riunitosi in convengo a Pavia.Per sconfiggere il problema, fondamentale è capire le motivazioni che spingono un atleta a ricorrere a sostanze voluttuarie che ormai si sa fanno del male fino ad uccidere, come è accaduto spesso: “Al fondo probabilmente sono due modi antitetici e problematici di vivere: consumare una vita breve ma intensa oppure logorarsi nel tempo in un’esistenza incolore. (…) Alessandro Manzoni reputava che la strada che porta al successo fosse noiosa e logorante. Dostoevskij ad un’amica che gli chiese consiglio su cosa potesse fare per ottenere la popolarità immediata consigliò ironicamente : “Uccidi lo zar”.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva,

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Roma, 1995, pag. 186). Non solo “afferrare l’attimo fuggente per molti è la sola cosa che conta.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 186), ma “… l’atleta non è più solo. Sulla sua vita e sulla sua attività ormai vigilano molte persone e intorno gli girano interessi non trascurabili.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 187).Veri e propri “doping di stato” sono stati definiti quelli che riguardano la Cina (con nuotatrici che sembravano uomini) e ancor prima la Germania Est, una delle scuole che hanno utilizzato per prime gli anabolizzanti e “… la punta dell’iceberg del sistema…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 194).“Lo sfruttamento dell’uomo nei paesi dell’Est Europa raggiungeva comunque livelli ineguagliabili.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 195). Come per ogni altra attività umana, se si ha abbastanza denaro si può uscire puliti anche da un’accusa di doping: è il caso di Reynolds, l’americano primatista del mondo dei 400 metri piani, che, squalificato dopo un controllo, nel 1990, a Montecarlo, fece ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti per poter correre a San Francisco, dove si tenevano gare in vista dei Trials olimpici; chiaramente gli fu data ragione perché “… gli americani non debbono sottostare ad altro ordinamento che non sia quello del loro paese.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 200).Negli Stati Uniti, il fenomeno doping “… è aggravato dall’uso di sostanze ordinarie.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 202): molti sono gli atleti arrestati per uso o spaccio di sostanze stupefacenti.“Purtroppo oggi lo sport è una macchina. Una macchina non finalizzata all'uomo ma al suo prodotto, al risultato che l'uomo può produrre. A questo pensava de Coubertin proponendo le Olimpiadi moderne. Ha tentato di fare dello sport e del fatto olimpico una nuova religione, con i suoi sacerdoti, i suoi riti, i suoi templi... e le sue vittime.” (Aldo Notario, Basta con uno sport selettivo!, Note di Pastorale Giovanile, 1973)

LE OLIMPIADI MODERNE

Affari e politicaLe Olimpiadi moderne sono nate “per dare sfogo a questa aggressività latente [percui] era (…) necessario promuovere la competizione sportiva di una parte di questa società, e il tifo degli spettatori dall'altra. Quando sono assenti i campi di battaglia, e prima che l'aggressività trasformi ogni luogo delle nostre città in un campo di battaglia, bisogna intervenire; creare delle arene d'altro tipo.” (Olimpiadi antiche, sito web cit.) diventando ben presto uno show business, in cui l’unico vero imperativo è arricchirsi con l’aiuto di “una popolarità che inevitabilmente finisce per essere strumentalizzata dagli scalatori o dai gestori del potere. I quali hanno perfetta coscienza del ritorno politico e di fama dato dalla conquista della presidenza o dalla sponsorizzazione di una squadra sportiva.” (C. SANGALLI, sito web cit.).Sono lontani i tempi in cui a Jim Thorpe fu tolta la medaglia d’oro, vinta nel penthatlon, perché “… gli venne scoperta una prestazione sportiva professionale casuale.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 131) di un mese con la squadra di baseball della Carolina del Sud, che gli era valsa un ingaggio di 60 dollari. Lo stesso accadde a Carlo Airoldi, che fu squalificato alle Olimpiadi del 1936, in Grecia, perché in una gara amatoriale aveva vinto 5 lire.Anche alle Olimpiadi si sono avvicinati gli sponsor e le televisioni, tanto che i proventi derivanti dai diritti televisivi e dalle sponsorizzazione hanno raggiunto nelle ultime edizioni cifre astronomiche "il CIO (…) tra il 1989 ed il 1992 fa rastrellato circa 930 milioni di dollari in diritti televisivi per i due giochi che si sono tenuti in questo periodo e più di 710 milioni di dollari in sponsorizzazioni. A questo vanno aggiunti altri 175 milioni di dollari che provengono dal TOP (The Olympic Program)" (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 81), mentre solo per le immagini attraverso Internet, il CIO ha preso 1.3 miliardi di dollari solo per i Giochi di Sydney e la NBC ha sborsato 705 milioni di dollari per le trasmissioni negli Stati Uniti.Anche gli interessi che gravano attorno alla scelta della sede dove si svolgeranno le Olimpiadi, sono impensabili e molti componenti del CIO devono avere la coscienza sporca, soprattutto vedendo le scelte degli ultimi anni: “Nella stampa britannica e tedesca circolano pettegolezzi sui compensi che sarebbero girati ai membri del CIO in occasione delle votazioni del 1990.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 77).Del resto, “da sempre i grandi business olimpici venivano realizzati con le grandi corporation americane: i network televisivi, le case di abbigliamento e di calzature, la Coca Cola…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 86-87) e, proprio a proposito della bevanda americana, sembra che, grazie alle Olimpiadi, le vendite in Giappone e in Australia, sedi dei giochi invernali ed estivi, siano aumentate negli

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ultimi due anni del 30%. La Coca Cola è “il numero uno degli sponsor sportivi nel mondo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 156) tanto da riuscire a far disputare le Olimpiadi del centenario proprio ad Atlanta, “… città dove ha sede la meravigliosa bottiglietta.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 156).Helmick, membro del CIO e presidente della federazione internazionale di nuoto, fu costretto, nel 1991, a dimettersi dal CIO “… travolto da una campagna stampa che gli rimproverava di aver intascato circa 275 mila dollari nel 1990 da clienti che volevano entrare del giro del business olimpico.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 87).Anche le Olimpiadi di Nagano sarebbero state “comprate”, come rivelato dal quotidiano statunitense Washington Post: “… i dirigenti della città giapponese avrebbero bruciato dieci scatoloni contenenti decine e decine di fogli e ricevute che dimostrerebbero l'avvenuta corruzione di membri del CIO per l'assegnazione delle Olimpiadi a Nagano (…) Nagano avrebbe stanziato per convincere gli alti dirigenti del CIO e per i loro parenti e amici 14 milioni di dollari” (Bufera Olimpiadi, nel mirino Nagano,http://www.repubblica.it/online/sport/lake/scatole/scatole.html).A causa della bufera corruzione, che ha toccato anche i Giochi Invernali di Salt Lake City 2002, il CIO ha dovuto espellere sei membri corrotti e Juan Antonio Samaranch si è dovuto scusa pubblicamente: “Chiedo scusa agli atleti, alle gente di Salt Lake City e dell'Utah, alla famiglia olimpica, a tutti quelli che sognano le Olimpiadi. Mi scuso per il comportamento di alcuni membri del CIO, che hanno violato e tradito i principi della nostra organizzazione. Vogliamo estirpare ogni irregolarità e fare in modo che non avvengano più, ci tengo a fare notare che siamo stati i primi a fare un'inchiesta e i primi a chiuderla. E questo é solo l'inizio. Vogliamo ripulire la nostra casa…” (http://www.repubblica.it/online/sport/lake/purga/purga.html).Naturalmente, quando ci sono di mezzo interessi economici importanti, come quelli che stanno dietro ai Giochi, sono i poveri a rimetterci: centinaia di persone sono state sloggiate dai quartieri di Jiaodaokou e Donghuashi della città di Pechino, per fare spazio alle infrastrutture olimpiche che ospiteranno i Giochi del 2008.

Droga e truffeUno dei casi più eclatanti di doping è quello del canadese Ben Johnson, vincitore dei 100 metri piani alle Olimpiadi di Seul del 1988 con lo straordinario tempo di 9’’79. Trovato positivo agli anabolizzanti, gli fu tolta la medaglia d’oro e fu squalificato per due anni. Tornato alla vittoria ai mondiali di Stoccarda del 1993, non si è mai tolto di dosso il sospetto che “… non abbia smesso di far uso di sostanze stupefacenti (…) il problema è sempre stato quello di incastrarlo al momento giusto.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 191).Altri sono stati gli episodi di doping alle Olimpiadi, ma “ad avviso degli autori di Lords of Rings [un libro contro la azioni politiche del CIO] neanche il CIO tutto sommato sembra interessato a fare di più [nella lotta contro il doping]. Addirittura si mostrerebbe tollerante, poiché è contrario ad interventi al di fuori dei momenti e delle strutture ufficiali. A riprova di ciò si cita il fatto che esso ha respinto qualche anno fa un piano di controlli a tappeto del costo di un milione di dollari perché eccessivi…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 198).Le ultime Olimpiadi Invernali sono state colpite da moltissimi casi di doping, che hanno portato alla squalifica di molti atleti medagliati anche con l’oro.

IL CALCIO

Mentre scriviamo sono stati rinviati a giudizio decine di giocatori e dirigenti e molte squadre di serie A, B e C per il nuovo scandalo del calcio scommesse.

Affari e politicaIl calcio è cambiato in maniera sensibile negli ultimi dieci anni a causa dell’entrata in gioco di forti poteri ed interessi economici: “È in quel periodo, infatti, che il rapporto tra il mondo dei media e lo sport subisce una brusca accelerazione. Se fino ad allora lo sport, pur non potendo fare a meno dei media, era in qualche modo riuscito a governarne, se non arginarne, l'invadenza e la pervasività, nella prima metà degli anni Novanta questa relazione si modifica. I media hanno la meglio, individuano i filoni vincenti ai fini della loro espansione e della produzione di ricchezza, prendono il potere e dettano tempi e modelli organizzativi. (…)Ai vertici degli

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organismi di governo dello sport si insediano così uomini legati a doppio filo all'industria dei media (l'esempio più fulgido è certamente quello di Joseph Blatter, il presidente della FIFA, la federazione calcistica mondiale), fedeli esecutori delle direttive altrui.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone, Se nel 1989 la RAI spese 120 miliardi di lire per le varie manifestazioni sportive (di cui 103 erano solo per il calcio), ha pagato ben 75 milioni di Euro per i mondiali di calcio del 2002, riuscendo anche ad abbassare il prezzo iniziale dopo una lunga trattativa e con l’intervento del Governo italiano.Inoltre “… la FININVEST ha acquistato dall’UEFA, per l’Italia, alla modica cifra di 20 miliardi di lire a stagione, tutti i diritti di trasmissione delle partite dei gironi finali della Coppa dei Campioni per le stagioni 93-94.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 168).Siccome lo sport, e, quindi, anche il calcio, è praticato da atleti e da arbitri che possono sbagliare, può succedere che qualcosa non vada come previsto e si cerchi di riprendere i tanti soldi spesi: come la RAI è intenzionata a chiedere i danni alla FIFA per l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali, la Nike, “… a causa degli scandali che hanno turbato il calcio brasiliano negli ultimi tempi…” (http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,101578,00.html), ha deciso di diminuire del 25% i versamenti alla nazionale brasiliana.Negli ultimi dieci anni, per molti motivi, la voce “diritti televisivi” è diventata quella più importante nei bilanci delle società: “… l'incremento di questa voce è infatti del 12% rispetto al '98 e addirittura del 98% sul 1996. Questo significa che in un solo quadriennio la quantità di soldi incassati dalla cessione dei diritti di sfruttamento televisivo della serie A è raddoppiata. A questo va aggiunta, per quanto riguarda l'anno 2000, la voce relativa ai diritti televisivi per il calcio criptato (pay per view) che ne dovrebbe accrescere oltremodo il valore.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone, sito web cit.).I soldi derivanti dai diritti televisivi delle partite della Serie A TIM (anche il campionato è sponsorizzato…) servono alle società per portare avanti campagne acquisti sempre più lussuose con sempre più stranieri, non tanto per aumentare gli abbonamenti (che insieme alla vendita dei biglietti rappresenta il 31% del fatturato di una squadra di Serie A), ma la visibilità di presidenti per lo più incompetenti che si ritrovano, negli ultimi anni, con lo spauracchio di televisioni che non vendono (e quindi comprano) come previsto uno spettacolo molto al di sotto delle aspettative e che il pubblico non gradisce più. Il giocattolo rischia, così, di rompersi.A tal proposito, la crisi della Fiorentina (che al momento rischia il fallimento) non è che la prova lampante della crisi che, prima o poi, il calcio intero si troverà a dover affrontare, a causa delle molte scelte discutibili, che hanno totalmente cambiato il modo di vivere il calcio a livello italiano ed europeo e che stanno allontanando una vasta fetta di pubblico.Sempre per motivi di ordine televisivo, è stata cancellata la Coppa dei Campioni per far posto alla moderna Champions’ League, una sorta di campionato europeo per club, nel quale le nazionali più potenti (e con un maggiore seguito televisivo) sono rappresentate anche da quattro squadre, mentre quelle meno “dignitose” da una sola, che perlopiù, deve spesso passare anche due turni preliminari; non esiste più la Coppa delle Coppe, e la Coppa UEFA è diventata la sorella povera della Champions’ League, cioè una manifestazione per club scontenti che nessuno segue più. Sempre più partite di calcio sono presenti nei palinsesti televisivi, e sempre meno visibili in chiaro. In Italia, sono iniziate, da quasi dieci anni, aste miliardarie per accaparrarsi i migliori giocatori, che, poi, usufruiscono di contratti miliardari, che, spesso, vengono addirittura rinnovati di stagione in stagione con la minaccia da parte dei calciatori di cambiare squadra. Spesso questi sedicenti campioni stranieri vengono comprati per investire su aree di mercato ancora “vergini”: “il caso Nakata è esemplare: il giocatore giapponese, costato più di 50 miliardi, forse non vale tanto sotto il profilo tecnico, ma acquistandolo la Roma sa di penetrare sul mercato nipponico in termini di cessione di diritti sportivi e di merchandising (il marchio Roma Calcio è ora conosciutissimo in Giappone). Nakata, insomma, vale a prescindere da quanto è capace di fare con un pallone tra i piedi. Oggi, per un club che voglia competere in un mercato globalizzato, riuscire a conquistare pubblico al di fuori dei confini nazionali è divenuto indispensabile.” (P. FREEMAN, Il calcio nel pallone, sito web cit.) “La patina democratica e repubblicana passata da qui a un secolo e mezzo a tutte le istituzioni europee ha fatto sì che anche nello sport i padroni amino definirsi nel Vecchio Continente eufemisticamente presidenti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 89), mentre abbiamo visto che negli Stati Uniti si chiamano owners.Purtroppo, “ormai la squadra, sopratutto quella di calcio, è divenuta un’azienda che una gestione abile e spregiudicata può far rendere in modo particolarmente conveniente.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 89) soprattutto perché “…sono miriadi le attività commerciali che si possono gestire parallelamente a quella calcistica.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 90).

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“Oggi le tradizioni di scarsa trasparenza nella gestione finanziaria delle società sportive a fronte di pochi casi in cui qualcuno ci ha rimesso, in generale consentono ingenti profitti.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 109-110) anche se, per il calcio, da quando nel 1981 le società di calcio sono diventate Società per Azioni, iniziano i guai. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dell’era Tangentopoli, molti presidenti di squadre di Serie A sono stati indagati: Giuseppe Farina (ex-presidente del Milan inquisito, nel 1988, per bagarinaggio), Ernesto Pellegrini (ex-presidente del Inter inquisito, nel 1994, per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio), le società Genoa, Taranto, Padova, Siena, Cagliari (inquisite per falso in bilancio e omessi versamenti IRPEF), Borsano e Goveani (ex-presidente e nuovo presidente del Torino, nel 1993, inquisiti dalla magistratura per falso in bilancio e fatturazioni inesistenti per le cessioni di Romano, Lentini Dino Baggio). Nel 1993 Cagnotti, Ciarrapico, Ferlaino e Longarini (presidenti di Serie A) sono finiti in carcere durante le inchieste di Tangentopoli; nel 1994, la stessa sorte è toccata a Pellegrini, Casillo e Cellino.Anche nel calcio gli sponsor la fanno da padroni: agli inizi degli anni ’90 “… gli sponsor spendono in Italia solo per le squadre di Serie A 1700 miliardi.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 129). Questo ha portato ad una maggiore valorizzazione del calciatore, che così chiedono ingaggi sempre più alti: se, nel 1993, il calciatore che guadagnava di più era Marco Van Basten con 3.3 miliardi di lire all’anno, oggi sono diversi quelli che guadagnano più di 10 miliardi di lire (Recoba, Totti, Batistuta, Vieri, Zidane, ecc…) quasi tutti militanti nel campionato italiano, il più ricco, ma non più bello, del mondo.La differenza tra gli sport di squadra americani ed il calcio italiano è che se in America esiste il salary cap (che impedisce contratti troppo lussuosi) e gli atleti guadagnano soprattutto con gli sponsor, in Italia non esiste una legislazione sportiva specifica, anche se chiaramente le società, che si stanno lentamente rendendo conto che non possono più sopportare spese del genere, vorrebbero mettere dei limiti alle richieste di calciatori e procuratori.

CorruzioneNon si conoscono, nel calcio, molti casi di corruzione, anche perché i pochi venuti a galla sono stati messi subito in silenzio.Un esempio è il caso di Moggi e Borsano, del Torino, indagati perché “…proponevano graziose accompagnatrici ad arbitri e delegati UEFA alla vigilia delle partite di Coppa.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 92).Un altro caso, riguardante il calcio francese, è quello di Tapie, “giovane e ambizioso si è imposto dapprima come coraggioso imprenditore e in qualche modo rappresentava un po’ il sogno di riscossa gallicana nel mondo.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 99), presidente dell’Olympique Marsiglia fino all’8 settembre 1993 quando fu costretto al ritiro dalla scena calcistica, “… che poi non avvenne…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 99), per il sospetto di aver comprato una gara contro il Valenciennes (finita 0-0): a tre giocatori del Valenciennes erano stati offerti quasi 70 milioni di lire prima della gara e 300 gli sarebbero stati dati dopo da Jean-Jacques Eydelie, centrocampista dell’Olympique Marsiglia, che in cambio avrebbe avuto “… un posto sicuro nella finale di Coppa ed un nuovo contratto per l’anno successivo” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 100). A causa di questo scandalo, l’Olympique Marsiglia retrocesse in seconda divisione e “… alla fine il povero Tapie di ritrova addosso 5 magistrati per complessivi 18 capi di imputazione, ha subito 27 controlli fiscali, 19 perquisizioni a casa e in ufficio, ha tutti i telefoni sotto controllo…” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 102).Anche il Perugia è cascato, e più volte, in casi di corruzione: nel 1979-80 furono squalificati per alcuni anni tre giocatori, e la squadra di 5 punti; nei campionari 1984-85 e 1985-86 fu retrocessa in C2 per gravi irregolarità in undici partite; l’anno in cui fu promossa dalla serie C1 alla B, perse in aula la vittoria sul campo, a causa di alcuni cavalli regalati agli arbitri e di partite falsate. Un fenomeno molto grave del calcio sono le scommesse clandestine, nelle quali sono, spesso, coinvolti i giocatori.Il caso più eclatante è quello del Totonero, che colpì il calcio italiano nel 1980: "lo scandalo cominciò il 1° marzo 1980, quando un commerciante romano di frutta all'ingrosso, Massimo Cruciani, con un esposto alla Procura della Repubblica di Roma si dice vittima di una clamorosa truffa: alcuni giocatori, tra i quali i laziali Wilson, Manfredonia, Giordano e Cacciatori, con cui era venuto in contatto in quanto fornitore del ristorante Le Lampare di Alvaro Trinca, lo avevano indotto a scommettere clandestinamente su alcune partite di Serie A. Avrebbero provveduto loro a truccarle, così da rendere sicura la vincita; ma non tutti i risultati si erano verificati e lui era finito sul lastrico." (Lo scandalo del Totonero del 1980; le squalifiche furono pesantissime: Albertosi,

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Cacciatori e il presidente Colombo furono radiati, Pellegrini ebbe 6 anni di squalifica, Della Martira 5, Petrini e Savoldi tre e sei mesi, Wilson e Zecchini 3, Paolo Rossi 2 (poi ridotto a uno, anche in concomitanza del Mondiale di Spagna '82, del quale sarà capocannoniere), uno e due mesi a Cordova, sei mesi a Chiodi, a Giordano e a Manfredonia tre anni e sei mesi, cinque a Negrisolo, quattro a Montesi, tre a Colomba e Damiani; Milan e Lazio retrocessi d'ufficio in serie B, Avellino, Bologna e Perugia penalizzati di cinque punti per il torneo successivo; in B, Palermo e Taranto penalizzate di cinque punti e altri giocatori condannati a pesanti squalifiche.Un altro caso è quello di Andres Escobar, terzino della nazionale colombiana ai Mondiali di Calcio USA 94, che sembra sia stato ucciso proprio per una storia di calcioscommesse: “A parte la coincidenza che l’uccisore lavorava alle dipendenze di un commerciante di Medellin che aveva scommesso una cifra enorme sulla vittoria della Columbia ai Mondiali, vi furono riscontri e dichiarazioni autorevoli che puntavano il dito sull’intreccio calcio, scommesse e droga. Per esempio il presidente della vicina Federcalcio venezuelana si dichiarò sicuro che l’assassinio di Escobar fosse stato perpetrato dalla mafia degli scommettitori clandestini.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 179).

DrogaNel calcio, soprattutto negli ultimi tempi, molti sono stati i casi di giocatori accusati di doping e di uso di sostanze stupefacenti.Per quanto riguarda le droghe, il caso più famoso è quello di Maradona “… soggetto interessato più ai festini, alle avventure galanti e alla vita mondana che agli allenamenti e alla vita mondana.” (A. ALEDDA, op. cit., Società Stampa Sportiva, Roma, 1995, pag. 183) e squalificato dai Mondiali USA del 1994, fatto che molto probabilmente influì sulla sconfitta dell’Argentina contro la Romania.Il caso di doping più clamoroso nella storia del calcio italiano è quello che riguarda il campionato 1963-64: a poche giornate dalla fine, Bologna e Inter sono distaccate da soli due punti, fino a quando “Alla sera arriva la notizia-bomba, poi confermata dai quotidiani tre giorni dopo: Fogli, Pascutti, Pavinato, Perani e Tumburus, al termine di Bologna-Torino del 2 febbraio, erano risultati positivi all'antidoping!!!” (Bologna-Inter, spareggio scudetto 1963-64: finale thrilling per un campionato thrilling, con un punto di penalizzazione in classifica. A tre giornate dalla fine, però, “… la CAF capovolge la sentenza della disciplinare, restituendo al Bologna punti e dignità sportiva, per cui adesso le due squadre si trovano a pari punti… “ (Bologna-Inter, spareggio scudetto 1963-64: finale thrilling per un campionato thrilling, sito web cit.), con lo spareggio del 7 giugno a Roma vinto dai bolognesi.Negli ultimi dieci anni molte sono state le squalifiche per doping: nel 1990 Peruzzi e Carnevale (Roma), nel 1992 Bortolotti (Brescia), nel 1993 Caniggia (Roma).Da quattro anni, dopo che Zeman, allenatore della Roma, “… in quel famoso luglio del ’98 parlò di un calcio che doveva uscire dalle farmacie…” (Doping, http://www.calcioweb.com/articolo.php?aid=34176), sono stati molti i casi di doping che hanno colpito il calcio italiano: Couto, Davids, Guardiola, Gillet, Shalimov, Pavan, Da Rold, Bucchi, Monaco, Stam. È intanto iniziato il primo processo: a Torino si cerca di capire le responsabilità di Antonio Giraudo e Riccardo Agricola della Juventus.

Gli eventi principali delle droghe nello sport in epoca moderna1886 - La prima morte registrata è quella del ciclista Liton  per overdose di trimetil.1904 - La morte più vicina alle olimpiadi moderne fu di un maratoneta, Thomas Hicks, che aveva usato una mistura di brandy e stricnina.Molte droghe contenevano stricnina e alcool. L’eroina, la caffeina e la cocaina erano molto usate finché l’eroina e la cocaina divennero disponibili solo su prescrizione.Dagli anni Trenta incominciò la produzione di amfetamine e rapidamente diventarono l’alternativa alla stricnina.Dagli anni Cinquanta la squadra sovietica adottò l'uso di ormoni maschili per aumentare potenza muscolare e gli americani, come risposta, iniziarono la produzione e l'uso nello sport degli steroidi di sintesi.1960 - Alle olimpiadi di Roma il ciclista danese, Durt Jensen, ebbe un collasso e morì a causa di un’eccessiva dose di amfetamina.1963 - Il Consiglio d’Europa costituì il Comitato sulle droghe nello sport.1964 - Visibili aumenti delle masse muscolari degli atleti che parteciparono alle olimpiadi di Tokyo.1967 - Il CIO decise su una definizione di doping e produsse un elenco di sostanze proibite. Nei giochi olimpici entrò la pratica dei test anti-doping.

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1988 - Alle olimpiadi di Seul vi fu l'annullamento della medaglia d'oro e del record mondiale di Ben Johnson sui 100 metri piani per uso di anabolizzanti e l'atleta fu sospeso per due anni dalle competizioni sportive.

ARTICOLI SUL DOPING

2000-2002

Doping, è Sconochini il positivoIl giocatore della Kinder avrebbe assunto anabolizzanti. La difesa sarà imperniata su un integratore inquinato. Molti i precedenti, spesso scagionati i colpevoli.Il giocatore della Kinder avrebbe assunto anabolizzanti. La difesa sarà imperniata su un integratore inquinato. Molti i precedenti, spesso scagionati i colpevoli.MILANO, 13 dicembre 2000 - Adesso è ufficiale: Hugo Sconochini è il giocatore della Virtus risultato positivo per anabolizzanti (nandrolone) a un controllo antidoping effettuato in occasione della prima giornata di

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campionato. In effetti era un segreto di pulcinella, ma ora l'oriundo argentino rischia due anni di squalifica. Il giocatore ha commentato la situazione con un breve comunicato, : "Sono assolutamente estraneo a questa vicenda, in vita mia non ho mai assunto sostanze dopanti. Non ho dubbi sulla mia innocenza e buona fede. Sono un atleta vero, sano, pulito". La linea difensiva sarà imperniata sull'ipotesi dell'involontarietà, cioè dell'assunzione di un integratore inquinato. La teoria dell'assunzione di sostanze esterne che hanno causato una positività involontaria è una costante del recente rapporto tra doping e sport. L'ultimo caso in tempi recenti è quello dei giocatori del Perugia Bucchi e Monaco, attualmente sotto sospensione cautelativa, che hanno dichiarato di aver ingerito inconsapevolmente del nandrolone mangiando carne proveniente da animali che avevano assunto anabolizzanti; per lo stesso motivo qualche anno fa Paola Pezzo venne assolta dalla stessa imputazione.Esiti diversi per la positività da efedrina di Linford Christie e Antonella Bevilacqua, da entrambi spiegata con l'assunzione di ginseng: il velocista inglese, beccato dopo la finale dei 100 ai Giochi di Seul, venne assolto per 11 voti a 10 dalla commissione medica del Cio; andò peggio alla saltatrice in alto italiana che venne squalificata con effetto retroattivo e privata del quarto posto all'Olimpiade di Atlanta. Andò male a Dieter Baumann (nandrolone), olimpionico dei 5000 a Barcellona, che disse di essersi lavato i denti con un dentifricio a cui qualche sconosciuto aveva iniettato la sostanza proibita: per lui due anni di stop comminatigli dalla commissione arbitrale della Iaaf. Esito simile anche per Dennis Mitchell che venne sospeso due anni dalla Iaaf, dopo l'assoluzione della federatletica statunitense, nonostante avesse giustificato un eccesso di testosterone con cinque birre e quattro rapporti sessuali avuti la notte precedente del test antidoping.Nel basket il precedente più clamoroso riguarda Mario Boni, squalificato per nandrolone nel 1994, che venne ritrovato positivo per anabolizzanti (clostebol) quattro anni più tardi: per lui assoluzione dopo aver dimostrato l'assunzione in buona fede di una pomata cicatrizzante. Andò peggio nel 1994 a due giocatori di serie B (Boccafurni e Desiati), positivi per caffeina: due anni di squalifica a testa; nello stesso anno il medesimo capo d'accusa costò invece solo tre mesi a Gianni Bugno che si vide ridurre dalla federciclo i due anni comminatigli dal Cio.

Doping: tremano Cacciatori e PhippsUn diuretico per la palleggiatrice e la cannabis per la schiacciatrice sono le sostanze che hanno causato la non negatività delle due atlete di Bergamo.MILANO, 13 dicembre 2001 -Doppia tegola su Bergamo e sulla pallavolo femminile in generale che vede due delle sue atlete più famose alle prese con altrettanti casi di non negatività a un controllo antidoping, sostenuto dopo la finale di Supercoppa persa contro Vicenza lo scorso ottobre. Manca ancora l'esito delle controanalisi, ma ormai i nomi delle due protagoniste sono già trapelati. Si tratta di Maurizia Cacciatori e di Keba Phipps, finite nei "guai" rispettivamente a causa di un diuretico e della cannabis. La palleggiatrice della nazionale italiana si limita a poche parole per spiegare come lei sia solita prendere un medicinale che nel caso incriminato si era dimenticato di denunciare: "Sono più preoccupata per le voci che potrebbero girare che per le conseguenze del caso, aspetto serenamente l'esito delle controanalisi". Nessun commento da parte di Keba Phipps la cui vicenda lascia sbalordito anche il general manager della formazione orobica Andrea Veneziani: "Mai mi sarei aspettato una cosa del genere da una giocatrice di questo livello. Comunque vogliamo aspettare le controanalisi per valutare eventuali azioni". Difficile capire a cosa vadano incontro le protagoniste: per Maurizia Cacciatori probabilmente si entrerà nel merito della vicenda invece per Keba Phipps si può far riferimento ai casi di Cipollari e della Caponi che per un'infrazione simile (cannabis) vennero squalificati per tre mesi. Ora la parola passa ai laboratori del Coni per le controanalisi.

"Il doping, fallimento della Federazione""Altro che sospensione dell attività ciclistica, Ceruti e i suoi dovevano dimettersi", accusa Silvio Martinello. "I controlli vanno fatti sui giovani, e invece nelle categorie minori succede di tutto"."Altro che sospensione dell'attività ciclistica, Ceruti e i suoi dovevano dimettersi", accusa Silvio Martinello. "I controlli vanno fatti sui giovani, e invece nelle categorie minori succede di tutto". MILANO, 14 giugno 2001 -. La sospensione dell'attività decisa da Coni e Federciclismo? "Inutile, nociva, controproducente". Il Codice etico che dirigenti, tecnici e corridori sono chiamati a redigere? "Il problema non è metterlo giù, ma farlo rispettare". Un segnale forte contro il doping? "Le dimissioni di questa Federazione". Parla Silvio Martinello, 38 anni, oro olimpico e campione del mondo nella corsa a punti tra il '95 e il '97, campione del mondo dell'Americana in coppia con Marco Villa nel '95 e nel '96, 25 Sei Giorni vinte in carriera,

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15 successi su strada e 4 giorni in maglia rosa nel '96. Parla uno dei corridori più avveduti, sensibili e colti del ciclismo italiano, una sorta di coscienza critica della categoria, di cui non a caso è ora vicepresidente dopo esserne stato a capo. Parla, Martinello, dopo aver partecipato, insieme con una qualificata rappresentanza di colleghi, direttori sportivi, medici e organizzatori, alla riunione indetta martedì dal presidente del Coni Gianni Petrucci per cercare di tirar fuori il mondo del pedale dalle sabbie mobili dello scandalo doping in cui è rimasto prigioniero al Giro. La decisione presa - una settimana di sospensione dell'attività in Italia, dal 18 al 23 giugno, durante la quale stilare un Codice etico a cui legare tutte le componenti del settore, atleti in primis - ha lasciato perplesso Martinello. "E come me, anche gli altri presenti alla riunione. Solo il presidente federale Ceruti si è subito allineato alle posizioni del Coni. Ma questa sospensione non è il segnale giusto che il nostro mondo era chiamato a dare. Molto più rumore avrebbe fatto, e molto più onesto sarebbe stato, se Ceruti e tutto il consiglio federale si fossero dimessi. Le perquisizioni al Giro, le inchieste della magistratura, il licenziamento di Frigo e i corridori indagati sono la conseguenza del fallimento della politica antidoping adottata in questi anni dalla Fci". Un fallimento che ha radici profonde: "Non si è capito, o si è' fatto finta di non capire, che la prevenzione e la repressione comincia dal basso, dalle categorie giovanili. Inutile sbandierare, come fa Ceruti, i diecimila controlli all'anno effettuati a tutti i livelli: è la qualità, dei controlli, che è importante. Si sa che a certi test si sfugge senza problemi. Così, tra i dilettanti e, più giù, fra gli juniores, continua a succedere di tutto: società che costano centinaia di milioni e che dunque devono ottenere a ogni costo risultati, giovani che passano al professionismo senza conoscere il significato di un allenamento fuori soglia ma preparatissimi in campo farmaceutico, 60-70 neoprofessionisti che non fanno altro che ingolfare un settore già saturo e in cui si può essere costretti a ogni compromesso per restare a galla". Ancora: "La Federazione si è sciacquata la bocca con i suoi controlli antidoping, senza far nulla per tutelare l'immagine del ciclismo. Attenzione: io non nego che il problema ci sia, ma nemmeno si può instillare nella gente, che resta la vera forza di questo sport, che qualsiasi risultato sia il frutto della chimica. ll calcio fa quadrato intorno a se stesso, da noi anche le chiacchiere diventano notizie". Posizione chiara anche sul prossimo Codice etico: "Ho detto a Ceruti: se vuoi, noi corridori te lo firmiamo subito. Il problema è farlo rispettare una volta stilato. Il caso di Frigo è emblematico in questo senso: i regolamenti di comportamento e sanitari esistono già all'interno di quasi tutte le squadre, superfluo aggiungerne un altro se non ci si adopera a onorare quelli già in vigore. Il Codice, comunque, dovrà impegnare tutte le componenti del ciclismo, non solo i corridori. Ci sarà bisogno di una commissione super partes che controlli il rispetto delle regole che andremo a definire nei prossimi giorni".

"No al doping, per vincere fate vita sana""Le medicine servono meno rispetto ai miei tempi - dice l’ex c.t. Martini -. Ci si allena e si mangia meglio, le bici sono gioielli e le strade tappeti. Ma bisogna comportarsi da professionisti"."Le medicine servono meno rispetto ai miei tempi - dice l'ex c.t. Martini -. Ci si allena e si mangia meglio, le bici sono gioielli e le strade tappeti. Ma bisogna comportarsi da professionisti". MILANO, 15 giugno 2001 - "Il doping? Cosa vuoi, ai miei tempi alle otto di sera eravamo a letto. Anche a stare in casa sentivi freddo, la televisione non c'era e le tentazioni erano poche. Una, forse: ma per soddisfarla, dovevi proprio metterti sotto le lenzuola". Impareggiabile Martini: il ciclismo annaspa nei gorghi del doping e lui non perde il gusto della battuta. Chiariamo: l'ex commissario tecnico della Nazionale non sottovaluta il problema, né si permette di ironizzare su quanto è successo al Giro, dalle perquisizioni dei carabinieri al licenziamento di Frigo. Quello che dice, lo pronuncia col sorriso sulle labbra, ma il significato delle sue parole è terribilmente serio. "È vero - riprende -. Una volta c'erano meno tentazioni e distrazioni. Oggi 'sti ragazzi nascono con la macchina fuori dalla porta e con tanti soldi in tasca. È più difficile fare vita da atleta, vita da ciclista. Che è una delle più dure da affrontare. Così qualcuno cerca, sbagliando, la strada più corta e meno impervia per andar forte". Ma il grande vecchio del ciclismo italiano sa che il problema non si può liquidare così, soltanto facendo il raffronto tra una generazione con pochi grilli per la testa e una che, invece, ha il cervello che scoppia per quanti friniti sente. Per questo, dice Martini, "il Codice etico deciso da Coni e Federazione ci vuole. Ci vuole perché non rappresenterà una pura sovrapposizione di norme, ma cercherà di migliorare quelle che già esistono, anche nei regolamenti interni alle società". Martini è stato incaricato dalla Federciclismo di presiedere alla stesura del Codice, a cui collaboreranno dirigenti, tecnici e corridori. "Partiremo dalle norme già esistenti per aggiornarle sulla base di quanto è successo nelle ultime settimane, anche sotto il profilo delle sanzioni che dovranno essere

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applicate in caso di inosservanza delle disposizioni in materia di doping. Io dico che basta dare una bella sterzata al movimento perché il ciclismo torni a essere amato dalla gente come sempre è stato". "Dobbiamo recuperare credibilità - insiste l'attuale supervisore delle rappresentative azzurre -. Per riuscirci, i corridori devono convincersi che, per assurdo, oggi la loro fatica è diminuita rispetto ai miei tempi, anche se il ciclismo resta uno sport amato perché solo pochi sanno affrontare il Gavia sotto la neve o scendere in picchiata a cento all'ora su ruote con uno spessore di 4 millimetri. Ma le strade sono migliori, le biciclette veri gioielli di tecnica, l'allenamento e la scienza dell'alimentazione hanno compiuto passi da gigante. Tranne due o tre tappe, in un grande Giro si sta in bici in media per quattro ore. Ecco perché io sostengo che le medicine, e non solo quelle dopanti, servono molto meno di prima. Basta sapersi gestire, mangiando bene e riposando meglio". Impareggiabile Martini, in controtendenza rispetto al comune sentire. Difficile pensare che i corridori ne seguano i consigli, ma sarebbe divertente scoprire cosa succederebbe se lo facessero.

Frigo, "Così ho assunto il doping""Panorama", da venerdì in edicola, pubblica i verbali d interrogatorio dell atleta. Che ammette di aver usato al Giro un ormone, ma non l emoglobina sintetica. "Panorama", da venerdì in edicola, pubblica i verbali d'interrogatorio dell'atleta. Che ammette di aver usato al Giro un ormone, ma non l'emoglobina sintetica. MILANO, 28 giugno 2001 - "Al Giro avevo con me l'Hemassist, emoglobina sintetica. I cerotti di Androderm, un ormone vietato. Il Dhea, la cosiddetta pillola della giovinezza. Ho assunto solo l'Androderm, che ho comprato in Svizzera, in due farmacie di Lugano e Chiasso, e da un cicloamatore, Vincenzo, che ho conosciuto a Seregno ad aprile". Forse è vero, come sostiene lui stesso, che definirlo "pentito" è troppo, che ai magistrati non ha fatto alcuna rivelazione sul doping nel ciclismo, "perché non avrei nulla da dire". Ma certo Dario Frigo sta vuotando il sacco, almeno per quanto lo riguarda. Ne darebbero conferma i verbali sottoscritti dal corridore il 12 giugno, dopo l'interrogatorio a cui era stato sottoposto a Milano dal capo della Procura antidping del Coni, Aiello, e dai carabinieri dei Nas. Verbali di cui "Panorama" pubblica ampi stralci nel numero da venerdì in edicola. Secondo il settimanale, il corridore, licenziato dalla Fassa Bortolo dopo che i militari del Nucleo anti sofisticazione avevano scoperto nella sua valigia sostanze vietate durante la perquisizione effettuata a carico delle 20 squadre iscritte al Giro d'Italia, avrebbe ammesso di aver fatto uso di prodotti proibiti da quando è passato al professionismo, nel '96. "Talvolta mi sono iniettato l'Epo, con punture sottocutanee, in dosi abbastanza piccole - avrebbe detto -. Mai invece ho fatto ricorso all'Hemassist, che pure ero riuscito a procurarmi attraverso Internet, e che mi è stata consegnata a metà maggio all'aeroporto della Malpensa da un uomo mai visto prima. Da lui ho comprato due fiale, che ho pagato un milione e 700 mila lire, ma che non ho mai usato. Le tenevo con me solo per un maggior senso di sicurezza". Frigo è stato di nuovo interrogato giovedì mattina dal pubblico ministero Luigi Bocciolini, titolare dell'inchiesta condotta dalla Procura di Firenze che ha portato al sequestro dei farmaci nel blitz al Giro. In questa inchiesta, Frigo è indagato insieme con altri 63 corridori per frode sportiva e violazione della legge antidoping. A Firenze, Frigo era accompagnato dal suo legale, l'avvocato Federico Cecconi. L'interrogatorio è cominciato verso le 10 e si è concluso alle 11.40. Al termine, nessuna dichiarazione da parte dell'atleta, mentre il suo legale ha spiegato che il suo assistito ha fornito al magistrato dei chiarimenti e delle precisazioni su alcune questioni che erano già state affrontate nell' interrogatorio precedente a cui era stato sottoposto dagli uomini dei Nas.

Doping donne, ecco i farmaci trovatiNandrolone, anabolizzanti, ormone della crescita: questi i prodotti scoperti durante le perquisizioni. Ma l Edilsavino, una delle società sotto inchiesta, smentisce tutto.Nandrolone, anabolizzanti, ormone della crescita: questi i prodotti scoperti durante le perquisizioni. Ma l'Edilsavino, una delle società sotto inchiesta, smentisce tutto. MILANO, 12 luglio 2001 - Prime indiscrezioni dopo il blitz dei Nas mercoledì sera negli alberghi delle diciassette squadre iscritte al Giro femminile. Nel frigo della sede di Castel San Pietro (Bologna) della Edilsavino, dove hanno fatto base per gli allenamenti le atlete della squadra, i carabinieri del Nas di Bologna hanno trovato una fiala di un composto ritenuto a base di nandrolone, una fiala con la scritta "Dinabolon", la marca di un anabolizzante, e altre due fiale di vetro con l'etichetta grattata. I militari bolognesi, che hanno operato su mandato della Pm Donatella Castore della Procura del capoluogo emiliano, hanno sequestrato - sempre a Castel San Pietro - anche parecchie confezioni di farmaci vuote e semivuote che erano state gettate, tra cui cinque di Androderm, una marca di cerotti a base di testosterone. Quattro erano completamente vuote, in una

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c'erano ancora un paio di cerotti. Trovate anche pastiglie anonime che verranno analizzate, al pari degli altri prodotti sequestrati. L'operazione dei Nas bolognesi, oltre alle perquisizioni delle camere di albergo, ha portato alle perquisizioni di abitazioni private di componenti dello staff. Nell'abitazione in Toscana di un infermiere che segue la squadra, i carabinieri hanno trovato farmaci considerati di provenienza ospedaliera e ricette in bianco. Confermato anche il sequestro, avvenuto però al Giro, di un biglietto scritto al computer con una lista di prodotti farmaceutici, alcuni dei quali dopanti, tra cui il "Saizen", cioè l'ormone della crescita. Il biglietto, che aveva accanto ai prodotti degli appunti a biro e che era intestato con la scritta "prodotti di giornata", era contenuto in un marsupio ritrovato dai militari sotto il sedile di un'ammiraglia della squadra. Confermate dagli investigatori anche le tante prescrizioni mediche, di farmaci non dopanti, a carico di diverse atlete della Edilsavino. La società ha precisato che la sede in cui sono stati rinvenuti i prodotti è inutilizzata da un paio di mesi, dopo l'allontanamento dell'ex tecnico Dazzali per motivi personali. Inoltre, patron Savino smentisce che a bordo della sua auto e nelle abitazioni del personale sia stato ritrovato materiale compromettente. Ricordiamo che la perquisizione e il sequestro di sostanze della scorsa notte nasce da un'inchiesta scaturita dal ritrovamento, da parte dei militari di Potenza, di una notevole quantità di siringhe e flebo lasciate dalle atlete in un albergo di Scansano Jonico. Così è stato deciso con la procura di Matera di perquisire le stanze delle cicliste per verificare quali sostanze vengono usate. Questo il primo commento della Stahurskaia: "Noi donne non abbiamo milioni da spendere nei farmaci. Io sono madre di una bimba, e come me tantissime compagne. Ci teniamo alla nostra salute, sono sicura che tutto quello che troveranno sarà perfettamente lecito". Circolano voci di una conferenza stampa in nottata da parte degli inquirenti.

Doping, quattro mesi di stop per tuttiLa Caf ha deciso: squalifica uguale per i sei casi di doping, così Couto e gli altri possono tornare in campo già da domenica, Davids il 17 settembre, Torrisi il 14 ottobre.La Caf ha deciso: squalifica uguale per i sei casi di doping, così Couto e gli altri possono tornare in campo già da domenica, Davids il 17 settembre, Torrisi il 14 ottobre. ROMA, 6 settembre 2001 - Quattro mesi a Davids. Quattro mesi a tutti. La Caf ha deciso. Dopo sei ore di udienza e una di camera di consiglio, riapre le porte degli spogliatoi ai sei condannati per doping. Si torna in campo, già da domenica prossima, allenatori permettendo. Almeno possono tornare Couto (già sabato, nell'anticipo a Perugia), Gillet, Sacchetti, Caccia. Il centrocampista della Juve potrà farlo il 17 settembre, e quindi giocare già il 18, in Champions League contro il Celtic. Oppure, rientrare a Lecce, per l'anticipo della quarta giornata del 22. Ancora un mese per Torrisi, libero dal 14 ottobre. Sei ore di udienza, per ribadire la propria innocenza. Sei ore per convincere la Caf che i cinque mesi di squalifica sono troppi, che un'altra ritoccata ci può stare tutta. È il giorno di Davids e Torrisi, quello dell'ultimo appello alla Commissione federale della Figc. Che ha esaminato ben sei ricorsi, dei sei calciatori squalificati per doping, ma che ha aperto i lavori con i casi freschi (perché ultimi in ordine di tempo), ma caldissimi per il chiacchierato sconto di pena. E per i quali è sceso in campo anche il Coni con un appello firmato procura antidoping. L'udienza si è chiusa alle 17.40, poi la Caf, presieduta da Cesare Martellino, si è riunita in camera di consiglio per la decisione più importante. La più attesa. Il capo della procura, Giacomo Aiello, è tornato ancora una volta sui suoi passi, chiedendo una squalifica di otto mesi (come aveva fatto in principio, poi optando davanti alla Disciplinare per tre mesi e mezzo) per il calciatore della Juventus. Ma la Caf ha deciso per quattro mesi, uniformando la pena per tutte le vittime del nandrolone, che ora - tortura finita - sperando di dimenticare presto e tornare a correre prestissimo.

Sotomayor ancora doping, una stella si spegneIl saltatore in alto cubano è risultato positivo per nandrolone a un meeting del 14 luglio. Per lui, che ha già annunciato il ritiro, si profila la radiazione.Il saltatore in alto cubano è risultato positivo per nandrolone a un meeting del 14 luglio. Per lui, che ha già annunciato il ritiro, si profila la radiazione. MILANO, 25 novembre 2001 - La notizia arriva direttamente da un'emittente radiofonica spagnola ed è di quelle che fanno meditare: il cubano Javier Sotomayor sarebbe risultato positivo per nandrolone in occasione del meeting di Tenerife dello scorso 14 luglio. Non un terremoto visto che l'atleta caraibico aveva già annunciato il

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ritiro, ma un pugno nello stomaco se si pensa alla storia recente di colui che è stato uno dei più grandi saltatori in alto di tutti i tempi. Teoricamente Sotomayor, essendo recidivo, va incontro alla radiazione. Sotomayor, positivo per cocaina ai Panamericani del 1999, era stato graziato con mille polemiche dalla Iaaf un anno dopo. Una vicenda con somiglianze sconcertanti rispetto a quella di Ludmilla Engqvist, l'ostacolista svedese che dopo un caso di doping e un tumore da cui è guarita ha candidamente ammesso di avere assunto anabolizzanti per favorire la sua nuova carriera nel bob. Pare, che un campione d'urina di Sotomayor, primatista del mondo con 2.45 e vincitore a Tenerife con 2.29, abbia presentato un tasso di 8 nanogrammi per millilitro di nandrolone, tasso quattro volte superiore ai regolamenti. Informata, la federazione cubana ha presenziato alle controanalisi senza aver alcunché da eccepire. La Iaaf, che in un primo momento si era detta all'oscuro dell'accaduto, ha parlato per bocca del suo segretario Isvan Gyulai: "Entrambi i campioni analizzati hanno riscontrato valori positivi, anche se stranamente in un caso i valori erano doppi dell'altro".

No al doping e il Giro resta nel cuoreChiari i risultati dell indagine commissionata a Eurisko da Rcs Sport: per i tifosi la lotta alla farmacia proibita è essenziale, però l amore per le corse non è in discussione.Chiari i risultati dell'indagine commissionata a Eurisko da Rcs Sport: per i tifosi la lotta alla farmacia proibita è essenziale, però l'amore per le corse non è in discussione. MILANO, 22 gennaio 2002 - Lotta al doping, ma senza uccidere il ciclismo e il Giro, che restano molto amati. Prevenzione più che repressione, soprattutto tra i giovani, mantenendo intatte le peculiarità di una disciplina che resta essenzialmente uno sport di fatica. Questi i risultati più interessanti emersi dalla ricerca Eurisko effettuata presso gli appassionati, i cui risultati sono stati resi noti martedì nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il direttore della Gazzetta, Candido Cannavò, e Ennio Mazzei, amministratore delegato di Rcs Sport, che ha commissionato l'indagine. Un'indagine che nasce nell'ambito delle iniziative intraprese dalla stessa Rcs e dalla Gazzetta, organizzatori del Giro d'Italia, contro la farmacia proibita nel ciclismo e che vanno sotto il nome di "Un traguardo in più per il Giro". Eurisko ha effettuato la ricerca su un campione di 900 tifosi, rappresentativo di 35 milioni di italiani dai 14 anni in su. Quattro i grandi temi affrontati: il doping come fenomeno in sé, la sua diffusione nel ciclismo, l'individuazione dei mezzi con i quali opporvisi, i valori che ancora oggi il Giro incarna e rappresenta. I risultati parlano chiaro: il 98% degli intervistati riconosce l'esistenza del fenomeno, anche se una discreta percentuale (40%) ritiene che sia meno grave di quello che si pensa. Il 56% ritiene che l'uso di sostanze illecite sia diffuso in tutti gli sport più o meno alla stessa maniera, il 44% restante ritiene che calcio e ciclismo siano i più interessati sotto questo profilo. I colpevoli della situazione? I medici sportivi per il 33%, seguiti dagli sponsor delle squadre (20%), i corridori (13%), le federazioni (12%), le squadre (10%), mentre organizzatori e sponsor del Giro raccolgono una percentuale irrisoria. Nonostante tutto, il Giro resta un appuntamento imperdibile e di grande fascino per la stragrande maggioranza (94%), che lo considera parte della storia del nostro Paese, mentre l'87% pensa che la corsa rosa sia un elemento d'unione tra le varie regioni italiane. L'81% ritiene che rappresenti i valori della sportività, del sacrificio e della fatica, oltre agli italiani di ogni ceto e estrazione sociale, e che in ogni caso resti un mito intramontabile che ha appassionato e continua a farlo. Dati confortanti avvalorati anche dall'interesse verso il Giro rimasto inalterato nel tempo per il 66% degli intervistati; del restante 34% che invece segue le sue vicende meno di prima, solo il 17% imputa questa decisione alla diffusione del doping. Vietato arrendersi, dunque: è l'invito che arriva dal 90% degli appassionati, per il 66% dei quali finora è stato fatto poco o nulla per combattere le sostanze illecite. Quel poco che si è fatto, si deve, secondo il 29%, all'organizzazione del Giro; più basse - 27% e 17% - le percentuali di coloro che riconoscono l'adozione di misure concrete alle istituzioni dello sport e al governo. Chiesti maggior interventi soprattutto a Coni e Federazione (60%) e, a decrescere, a organizzatori (24%), alle squadre (23%), al governo (22%). I tifosi vorrebbero che si facesse di più nella prevenzione, educando i giovani a uno sport pulito e informandoli sui rischi legati al doping e puntando sui controlli del sangue lungo tutta la stagione (96-92%); solo il 38% è convinto della necessità di condanne più severe per i corridori, il 19 e il 18% accorcerebbero lunghezza e durata del Giro ed escluderebbero dalla competizione tutta la squadra anche se uno solo dei suoi corridori risultasse positivo. Perché, in conclusione, il doping è la sconfitta di tutti (22%), ma chi ci perde sono soprattutto i corridori (69%).

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L ombra lunga del doping sull EmpoliLa Procura Coni accelera i tempi dell inchiesta, appena aperta: si indaga su presunte irregolarità nei controlli di alcuni giocatori della capolista di B.La Procura Coni accelera i tempi dell'inchiesta, appena aperta: si indaga su presunte irregolarità nei controlli di alcuni giocatori della capolista di B. MILANO, 21 marzo 2002 - Voci, supposizioni, tensione, ma anche molta rabbia. A Empoli si respira un'atmosfera irreale, che fa a pugni con l'entusiasmo dopo la conquista del primo posto in serie B. A minare i sogni di gloria della società toscana è l'ombra lunga del doping. Tutto era nato mercoledì, allorché un'emittente televisiva romana aveva diffuso la notizia di un presunto caso di doping collettivo in cui sarebbe coinvolta una delle prime quattro squadre del campionato cadetto. Dito indice poi puntato proprio sulla squadra toscana. Ora la Procura del Coni accelera i tempi dell'inchiesta, appena aperta: si indaga su presunte irregolarità nei controlli antidoping di alcuni giocatori del club toscano. L'ufficio che si occupa delle istruttorie ascolterà venerdì alle 12 a Roma il medico sociale del club toscano, Francesco Ammannati. Sempre in giornata la procura antidoping potrebbe sentire altri rappresentanti dell'Empoli, mentre per sabato è in cantiere probabilmente l'audizione del medico sociale della Pistoiese. Il fascicolo della procura è stato aperto dopo la segnalazione del capo ispettore antidoping della Federcalcio, a seguito di sospetti sui controlli effettuati su Empoli-Reggina, domenica scorsa. Sotto osservazione è finita anche Pistoiese-Empoli, del 3 marzo. Per ora, l'inchiesta del Coni si incentra esclusivamente sull'Empoli. Ma non è escluso che a breve si estenda. Il vertice societario è intanto riunito per decidere la strategia societaria. Le voci circolanti nelle ultime ore sulle indagini sono state accolte con scetticismo e anche ironia dall'amministratore delegato della società azzurra. "Ma scherziamo - ha dichiarato Francesco Ghelfi - sono tranquillissimo e con la coscienza a posto come lo è tutta la squadra". "Ogni trenta-trentacinque giorni i nostri giocatori si sottopongono agli esami del sangue. L'ultimo controllo è stato effettuato tra lunedi e martedi. La nostra è una casa di cristallo. E le porte sono sempre aperte", hanno tuonato dalla sede biancoceleste di piazza Matteotti, da dove è partito un messaggio forte e chiaro: "Attenti a parlare dell'Empoli perché siamo pronti a tutto pur di difendere il nostro buon nome e il nostro prestigio. Abbiamo già allertato alcuni avvocati. Tra l'altro, abbiamo bisogno di soldi per il nuovo centro sportivo che stiamo per costruire".

Frigo: "Senza doping si può vincere""Non ho dimenticato com'è finito il mio Giro l'anno scorso, ma ho la coscienza pulita. E si può correre ad alto livello restando puliti". MONTEGROTTO TERME (Pd), 27 maggio 2002 - Si può fare ciclismo senza doping? "Sì". Anche ad alto livello? "Sì". In queste due affermazioni c'è tutto quanto di forte Dario Frigo è disposto a dire sul veleno delle due ruote e dello sport in genere, che l'anno scorso gli è costato l'addio al Giro da secondo in classifica dopo il blitz dei Nas a Sanremo e una quarantena di nove mesi. Altro, il varesino che dodici mesi dopo lotta di nuovo per la maglia rosa, non vuole o non può aggiungere. Perché, fatta salva la sua buona fede, forse gli sembrerebbe di cattivo gusto ergersi a simbolo del pedale pulito dopo una squalifica per possesso di sostanze illecite; o perché non gli va di condannare i colleghi che sbagliano: "Può succedere a tutti, in molti casi c'è soprattutto ingenuità".Così, aggira la domanda quando gli si chiede se la sente di lanciare un messaggio del tipo: "Sono tornato, ho pagato il mio debito, e sono qui a cercare di vincere il Giro in maniera onesta". Risponde con quei due "Sì", e la sincerità con cui parla della vicenda che lo ha travolto mentre lottava con Simoni per la vittoria al Giro 2001, fa venir voglia di interpretarli nella maniera a lui più favorevole. "I mesi passati senza correre li sto pagando adesso in gara, ma dal punto di vista psicologico sono tranquillo e ho la coscienza a posto: dopo la squalifica sono stato zitto perché ho creduto che fosse la cosa più onesta da fare. Già la sera di Sanremo ho avvertito la sensazione che quello non fosse più il mio posto, e non ho aperto bocca quando la Fassa Bortolo mi ha comunicato il licenziamento. Io provo rimorso per quanto è successo, e ho il rimpianto di non aver potuto difendere il mio secondo posto, ma non ho fatto commenti nemmeno quando si è saputo che nelle due fiale, invece dell'Hemassist (emoglobina sintetica, n.d.r.), hanno trovato acqua e sale. Non ne faccio nemmeno a proposito dei casi scoppiati in questo Giro. La maglia rosa? Non mi libererebbe dal peso che mi porto dietro".Il resto è corsa, finalmente. Una corsa nella quale resta in gioco nonostante il quinto posto in classifica e il ritardo di 23" da Evans, i 5 da Hamilton e i 4 da Casagrande, senza considerare Heppner da cui lo dividono 1' e 11". Nonostante, soprattutto, la deludente crono di domenica a Numana, causa una botta al ginocchio rimediata in allenamento e che il giorno di riposo contribuisce a riassorbire più in fretta. "Il vero problema è che è saltato il mio piano di partire forte nella prima settimana: credevo che il Romandia mi sarebbe servito proprio in questo

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senso, invece ho pagato il caldo dopo tanti giorni corsi al freddo, la miglior condizione degli avversari e la ruggine accumulata durante la squalifica. Sono arrivato al Giro con 15 corse nelle gambe, l'anno prima ne avevo collezionate 25. Vivo alla giornata, mi accorgo che faccio fatica e non mi tira su nemmeno il pensiero della crono del penultimo giorno. In teoria mi favorisce, ma prima ci sono le Dolomiti e non so che cosa posso dare. Non sono deluso dal mio Giro, ma forse ero abituato troppo bene. Ma a Milano voglio arrivare con la coscienza pulita di aver dato tutto".

DOPING, ARRIVI PRIMA MA A QUALE PREZZO?"Il problema dell'informazione e il ruolo dei media"di Eugenio CapodacquaRoma, 12 giugno 2002IL PROBLEMA - Il doping nello sport è un problema di carattere mondiale. Diffuso e radicato in moltissimi paesi, per anni è stato sottovalutato o considerato di secondo piano dalle autorità sportive e governative non solo nostrane. Limitato, cioè, alle fasce alte dei praticanti, agli atleti di élite. Nella realtà, il modello proposto al vertice: cioè la caccia alla prestazione massima e/o al risultato ad ogni costo, rimbalza in tutti i suoi aspetti (metodologici e - soprattutto - farmacologici) fino ai livelli più bassi (giovanissimi, allievi, amatori), contaminando dalle basi la corretta impostazione dei valori legata allo sport. E costituendo uno dei pericoli maggiori per la salute.Negli anni, il modello tradizionale del doping, proposto fino alla fine degli anni '70 singolarmente da medici, tecnici e/o allenatori, si è evoluto e diffuso ad ampie categorie di sportivi. È stata la cosiddetta "specializzazione" dei metodi di "preparazione chimica" che ha proceduto di pari passo con l'evoluzione e le scoperte nel campo della metodologia dell'allenamento, mescolandosi e integrandosi con essa. Presto è risultato evidente che i farmaci usati, le manipolazioni fisiologiche (trasfusione autogena, arricchimento del sangue attraverso ormoni e/o molecole sintetiche nuove,ecc.) erano così complicate e di difficile realizzazione da richiedere apposite strutture mediche, laboratori di analisi specializzati, nonché notevoli investimenti di denaro. Obbiettivi raggiungibili non più dal singolo atleta, ma solo da strutture più allargate e con buona disponibilità di denaro. Ecco allora assumere importanza e un ruolo determinante la particolare organizzazione sportiva italiana: il Coni e le federazioni; che trova la sua giustificazione (un bilancio di oltre 1.000 miliardi l'anno) solo nel raggiungimento del risultato, nel caso specifico le medaglie.Perché il doping si è diffuso?  Il doping si è diffuso perché tanti, troppi fattori hanno spinto nella stessa direzione: l’organizzazione sportiva italiana e il suo particolare "modello"; la complicità delle stesse strutture di controllo (non dimentichiamo il caso del laboratorio di Roma, dove venivano scartate il 50% delle provette con l’alibi che "tanto gli anabolizzanti nel calcio non servono…" ); la monetizzazione sempre più marcata dello sport, toccato da interessi economici che soprattutto negli ultimi anni lo hanno trasformato e trasfigurato, rispetto al passato anche recente. Sport come portatore esclusivo di istanze economiche, dunque sport che abbandona tutta una serie di valori che ne avevano in passato costituito la trama essenziale per non dire la stessa essenza.Le colpe dei media. Ma mi sento di poter dire anche che se il fenomeno doping è arrivato alle dimensioni e alla attuale diffusione capillare fin nelle categorie più insospettabili di sportivi – giovani, giovanissimi e perfino gli "amatori" - una grossa fetta di responsabilità spetta proprio ai "media", a come cioè hanno nel tempo affrontato il problema, come lo hanno proposto (o non proposto) all’opinione pubblica, come hanno tentato di risolverlo, se hanno tentato in qualche modo di risolverlo. Mi capita spesso, da dilettante cicloamatore di frequentare gruppi di coetanei: cinquantenni come me, che dovrebbero fare dello sport un momento di relax, di evasione, di piacere, dunque dovrebbero prendere l’impegno in modo distaccato e sereno. Ebbene, in questi gruppi, spesso non si parla che di ematocrito alto o basso, di integratori, di prodotti di questo o quell’altro tipo, per non dire di altro. Insomma, mi capita anche di toccare con mano la diffusione a macchia d’olio di una mentalità vera e propria, radicata e difficile da estirpare. L’idea di sport legata indissolubilmente a quella del farmaco. Un’idea difficile da estirpare anche oggi che il fenomeno – quanto meno - è stato portato alla luce e pare di intravedere una certa volontà concreta di farvi fronte.Il fenomeno doping è arrivato pesantemente anche ai giovani 16-17enni al punto che mi scrivono e telefonano in continuazione chiedendo disperatamente cosa fare, perché l’allenamento e la dedizione in certi sport non basta più. Però di questo problema si stenta a trovare traccia sui giornali.Eppure i segnali non mancano. Come il caso di quel presidente che obbligava i suoi atleti a doparsi, sottraendo loro addirittura una fetta dello "stipendio" mensile per pagare le medicine; e chi si sottraeva da questo

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meccanismo veniva multato. La notizia non è nuovissima, ma è emblematica. È emersa durante le indagini dei Nas di Firenze e Bologna, sulla farmacia Guandalini dei Giardini Margherita.Appena approdato in quella squadra, nel luglio del '98, il presidente della società - ha raccontato un giovane corridore - gli fornì subito 10 fiale di Epo. Successivamente gli venne trattenuto un milione. Quindi, poco tempo dopo, gli vennero date tre fiale di Gh, l'ormone della crescita per una ulteriore trattenuta di 300.000 lire. Le prestazioni dell’atleta migliorarono e riuscì a vincere diverse gare, anche importanti. La distribuzione delle sostanze dopanti veniva fatta, secondo lo stesso corridore, nell'albergo dove la squadra era in ritiro, dallo stesso presidente della società.Ma per il nostro dilettante non era una novità. Già prima di approdare in questa formazione aveva provato l'Epo. Il medico che lo seguiva, ben conosciuto negli ambienti degli inquirenti, gli fece una ricetta. Il corridore ha raccontato anche di aver ricevuto Epo da un suo precedente direttore sportivo: 4-5 fiale assunte ogni 3-4 giorni con iniezioni sottocutanee. Gli costarono 400.000 lire. Insomma, siamo all’assurdo: o ti dopi (a tue spese) oppure ti multo.È o non è un caso clamoroso? Ebbene, andate a vedere quanti giornali se ne sono occupati e come lo hanno fatto; controllate lo spazio che hanno dato nelle loro pagine. Se la tv, onnipresente in tutte le case, ha dedicato al problema la minima attenzione. Spazi minimi e un rilievo relativo. L’argomento trattato con la fretta delle cose che si fanno con fastidio.Eppure si parlava di un giovane che all’epoca dei fatti era juniores (17 anni), si parlava di prodotti "pesanti" come l’Epo e il gH, gli effetti della cui somministrazione massiccia a lungo termine – sicuramente dannosa - non sono conosciuti neppure dalla scienza più avanzata. Si parlava, cioè del futuro di questo sport; di uno sport che entra in tante famiglie, che riguarda milioni di italiani. E che futuro può avere uno sport in cui un ragazzino di 17 anni è costretto a doparsi altrimenti non emerge? Quale genitore darebbe il suo consenso alla pratica sportiva sapendo che il proprio figliolo corre il rischio di sentirsi avvicinare dal primo direttore sportivo praticone e proporre l’uso di farmaci pericolosissimi per la salute?Le responsabilità degli operatori Ebbene, se tutto questo è ancora realtà oggi - e lo è - allora noi operatori dei media dobbiamo domandarci perché. Come sia stato possibile arrivare a questo. Cosa abbiamo fatto e come abbiamo affrontato il problema in questi anni. Ma il caso del ciclismo è solo uno dei tanti esempi possibili, perché, dai casi nandrolone nel calcio alle positività ai test antidoping registrate perfino negli scacchi non è sbagliato ipotizzare che situazioni analoghe si verifichino in molti altri sport. La scienza farmacologica ha fatto enormi passi in avanti negli ultimi anni; l’uso distorto di prodotti anche importanti per la salute pubblica (l’Epo è uno di questi: serve per curare i dializzati) consente in tante discipline, da quelle di squadra a quelle individuali, da quelle di resistenza a quelle di forza, di compiere significativi passi in avanti dal punto di vista della prestazione e del risultato. E, a differenza del passato, consente anche all’atleta mediocre di fare importanti progressi, costringendo spesso il campione – quello con le doti naturali – a fare altrettanto per non essere superato. Inoltre, l’uso di certi prodotti ha richiesto e richiede l’intervento di medici esperti, di staff attrezzati, di un’organizzazione anche economica,cioè, che nel tempo ha portato alla formazione di una vera e propria ragnatela di "addetti", medici soprattutto più o meno "bravi" nel calibrare alchimie e prodotti pericolosissimi per la salute; più o meno e conosciuti; più o meno seguiti. Una ragnatela impressionante. Ebbene, di tutto questo se ne è parlato pochissimo e se ne parla pochissimo. Dobbiamo chiederci perché. Perché i "media" conservano ancora una sorta di fastidio nell’affrontare un argomento ed un fenomeno che ormai per la sua diffusione capillare diventa problema di salute pubblica? A sostegno di questa affermazione posso dire con certezza che molti atleti di primissimo piano hanno avuto o hanno attualmente notevoli problemi di salute. Ma, quel che è peggio, potrei citare alcuni esempi di cicloamatori costretti a fermarsi per l’uso smodato e improprio di farmaci e medicinali. Padri di famiglia con il cuore fortemente danneggiato, il fegato a pezzi, disfunzioni pericolosissime. Per cosa, poi? Una modesta coppetta o una spalletta di prosciutto vinta nella gara rionale. Sarebbe opportuno chiedersi il perché di queste follie.Eppure non se ne parla. O se ne parla pochissimo. E come non riconoscere, in tutto questo, che un ruolo molto pesante ed importante lo hanno avuto e lo hanno proprio i media? Abbiamo sbagliato e forse continuiamo a sbagliare. Da una parte non abbiamo sottolineato abbastanza i rischi e il dilagare del fenomeno; dall’altra quando il problema è esploso nella sua virulenza, non ne abbiamo parlato a sufficienza, non lo abbiamo affrontato come si dovrebbe. Il clamore sull’atleta di nome e poi il vuoto. Il nulla o quasi.Parlo in generale, perché – come ho già accennato – qualche eccezione c’è. Ma resta, appunto, un’eccezione. Cos’è che ha spinto e spinge ancora i "media" a occuparsi così superficialmente di un fenomeno pure così

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importante e così vasto? Perché solo adesso, alla luce dei casi clamorosi, come le perquisizioni al Giro 2001, gli arresti al Giro 2002, i processi penali, le squalifiche sportive (sempre piuttosto dolci...), ecc. ci si avvicina all’argomento con maggiore interesse?Cosa succede? Siamo tutti compromessi noi giornalisti e gli operatori del settore ? Tutti in malafede, complici, comprati, venduti? Malafede e complicità ci sono state, certamente. Malinteso senso degli interessi comuni anche. Ma credo piuttosto alla superficialità, all’ignoranza, all’impreparazione legate all’idea o meglio al pregiudizio diffuso di cosa sia e debba essere lo sport nella nostra società. Della sua funzione sociale, come parte importantissima della vita di tutti i giorni. Del messaggio che - sui fatti di sport - per anni è passato dai "media" al grosso pubblico.Nell’opinione comune, nell’inconscio collettivo, nella mentalità della gente al termine sport è generalmente abbinato un qualcosa di leggero, un concetto di evasione, relax, riposo; un mondo a parte con le su regole; un mondo che funziona perché produce vittorie e risultati, che investe concetti importanti e positivi per l’individuo come la salute, lo stare bene, il benessere fisico. Ebbene questi concetti, questa idea dello sport, è stata alimentata dalla scuola, dalla famiglia, dalla dirigenza sportiva e dai "media" anche quando con il tempo e con l’avvento del denaro (gli sponsor) lo sport - almeno quello di vertice, il più appariscente - si è trasformato radicalmente, divenendo un’altra cosa rispetto a prima. Divenendo cioè né più né meno che un fenomeno dalle forti basi economiche, regolato dalla legge degli interessi. Con tutto quello che concerne e ne deriva. Però – almeno dal punto di vista dell’informazione - lo si è continuato a trattare come se fosse lo sport di prima: ingenuo, limpido, non condizionato da interessi. Solo a forza di scandali e casi clamorosi questa visione sta lentamente cambiando.E qui sta, secondo me la prima grande responsabilità dei "media": aver accettato questo compromesso mai scritto; aver fatto finta che tutto fosse come prima; aver continuato a trattare lo sport, come un fenomeno becero da baraccone: il record, il risultato, i gol, gli aspetti più superficiali. Magari alimentando un tifo per il quale certe tendenze campanilistiche assai diffuse nel nostro paese costituivano il terreno, l’humus ideale. Si è guardato solo alla superficie. Si è rinunciato, si rinuncia ad approfondire. Perché? È troppo noioso? Troppo rischioso? Troppo difficile?Abbiamo contribuito ad alimentare una illusione di massa. Che faceva comodo a tanti. E questo – per chi fa il mio mestiere - vuol dire che c’è stata una rinuncia ad esercitare una parte importante per non dire basilare della professione: quella di analizzare, approfondire, indagare ogni fenomeno in tutti i suoi aspetti, informare cioè il pubblico di una realtà completa, intera, nella sua globalità.Così anche oggi nei "media" c’è un generale appiattimento. I giornali sono tutti uguali; le trasmissioni televisive sportive sono tutte uguali. Se una trasmissione come il "Processo del lunedì", dove si litiga e ci si insulta dietro l’alibi dello sport, dura con successo da tanti anni vuol dire che la cultura sportiva in questo paese non ha fatto grossi passi avanti. Per carità: può piacere anche distrarsi di tanto in tanto. Ma quello non può essere un "modello". E invece lo è: seguito e imitato da tutti. E questo non lo ritengo un buon segnale.Il caso Zeman Vado avanti. Nel valutare come stampa, tv e media in generale hanno affrontato e affrontano il problema doping mi pare di poter distinguere grossolanamente almeno due periodi temporali. Un ante-Zeman e un post-Zeman. Il confine è segnato dalle ormai famose dichiarazioni dell’ex tecnico giallorosso nell’estate del 1998; la Juventus, Del Piero ecc. ecc. Sono cose che tutti conoscono.Nell’ante-Zeman il problema doping – ogni volta che emergeva un caso - era considerato come una fastidiosa emergenza da sbrigare il più rapidamente possibile, cercando di non scuotere più di tanto l’ambiente. Chi se ne occupava – lo dico sulla mia pelle - era visto e giudicato come un povero fissato o, peggio, uno che getta fango sullo sport. Ogni volta che qualcuno illustrava in termini reali il problema c’era sempre qualcun altro pronto a dargli addosso. In gergo si chiamano "trombettieri". E allora giù a sostenere indignati che per parlare del problema ci volevano nomi e prove, accuse precise e circostanziate, che il doping nello sport non esisteva, che erano solo episodi, ecc. ecc. Ma poi – purtroppo - sono venuti anche i nomi e le prove. I fatti - con la loro crudezza - si sono incaricati di sottolineare una realtà che oggi ha del drammatico.Le difficoltà di chi denunciaRicordo in anni non recentissimi, che quando su "Repubblica", assieme al collega Zambardino ci occupammo del caso doping nell’atletica (si era nel lontano ’84) fummo pesantemente attaccati da alcuni colleghi, che non perdevano l’occasione dalle colonne dei loro giornali o dalla tv di ripetere che eravamo degli assurdi "Torquemada dell’antidoping", che non capivamo nulla, che danneggiavamo l’intero movimento atletico da cui tutti avevano da guadagnare, per chissà quale libidine da scoop. Quanto a quest’ultimo aspetto preciso, per

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dovere di cronaca, che il tema doping – almeno a quanto mi risulta – non fa vendere ai giornali una copia in più, dunque è assurdo andare a caccia di scoop.Ma poi, con il tempo abbiamo capito l’atteggiamento dei colleghi: si è visto che il tale era diventato responsabile dell’ufficio stampa della federazione il cui capo era al centro delle accuse e dello scandalo; il tal’altro ne era divenuto consigliere e segretario particolare. Naturalmente a colpi di centinaia di milioni. Per carità: scelte legittime. Ma che a posteriori hanno spiegato meglio tanta acredine. Passi per i rapporti personali, ma la vera vittima, in quei casi è stato il lettore.Cosa sia poi diventata l’atletica internazionale negli anni – un vero fenomeno da baraccone – lo si è visto dopo. Dal caso Ben Johnson a i nostri giorni (Christie, Mitchell, ecc.) una teoria infinita di casi-doping che hanno gettato e gettano un’ombra grigia su tutto questo sport. Un’ombra difficilmente cancellabile. Eppure sarebbe facile: dove sono interessi e miliardi lì è sempre possibile l’imbroglio. Basterebbe vigilare.Ma il "Torquemada dell’antidoping" ha le sue brave difficoltà anche con gli interlocutori sportivi. Con gli atleti, ad esempio, ai quali direttori sportivi e allenatori imponevano di non rilasciare interviste a chi non si dimostrava accondiscendente o pretendeva di trattare argomenti così scabrosi.Poi venne Zeman. All’ex allenatore giallorosso non sarò mai abbastanza grato. Zeman, adoperando con intelligenza il palcoscenico del calcio, ha avuto il grande merito di rendere il tema-farmaci nello sport ed il problema doping, popolare; di imporlo, cioè, all’attenzione dell’opinione pubblica come problema reale. E con lui o, comunque sottolineate dal clamore del suo caso, sono dilagate le inchieste della magistratura: Guariniello, i giudici di Ferrara e Bologna i procedimenti penali di Torino (Pantani) e Brescia. Fino ai clamorosi blitz di Nas e Finanza negli ambienti del ciclismo. Una serie di iniziative che hanno stracciato il velo sul doping nello sport in Italia, mettendo il risalto la giustezza di una legge che ha consentito con i blitz clamorosi delle forze dell’ordine di conoscere le drammatiche dimensioni di un fenomeno che è ormai contiguo a quello della droga e che trae alimento da ambienti criminali come camorra e mafia.In tanti, in quei lontani giorni d’estate all’insegna del caso Zeman hanno capito che sotto e dietro la creatina c’era qualcosa di oscuro, di mai approfondito, di abbastanza logico anche per uno sport che deve mettere in campo gli atleti praticamente ogni giorno. È stato un periodo, in cui il problema doping, ha acquistato, per così dire, diritto di cittadinanza su giornali e tv. Ma sempre in modo relativo. Si è trattato di una sorta di "libertà vigilata". Ben lungi dall’affondare nelle radici del problema, i "media", tuttavia se ne sono occupati. Almeno non hanno rimosso. E questo è stato già un buon risultato. L’inizio di una svolta che ancora deve essere completata.Ma questo va ascritto principalmente a merito della magistratura ordinaria che si è sostituita all’inerzia e alla complicità delle strutture di controllo sportive. E alla relativa sensibilità dei media sul tema.Eppure non è stato e non è facile. I freni sono ancora tanti. Ci sono gli interessi di alcuni giornali e dei media che spesso giocano ruoli equivoci. Ci si ferma volentieri alla prima stazione. Alla semplice cronaca. Un esempio? Quante inchieste giornalistiche sulla diffusione o meno del fenomeno doping nel calcio sono state fatte dopo il cosiddetto scandalo Zeman? Tavole rotonde, convegni, congressi, tanti, quanti se ne vuole. Inchieste poche. Pochissime.I "media" tacciono. O glissano. O si occupano del tema solo nel momento critico delle notizie di cronaca; negli ultimi tempi incalzanti. Ma l’atteggiamento di fondo non cambia: l’azione di Vieri o il tiro di Totti vengono illustrati e sviscerati come se si trattasse della nuova teoria della relatività (disegnino, schemi, fotografie, fiumi di inchiostro, chilometri di pellicola, ecc.), ma guai a graffiare appena la superficie. Come dire: popolo bue, beccati questo e non disturbare il manovratore che maneggia miliardi.Si dice: ma al pubblico non importa nulla del doping, quello che vuole è questo. Il pubblico vuole sognare e illudersi. Tesi suggestiva e con un certo contenuto di verità. Sognare è importante come vivere. Ma siamo sicuri che davvero il pubblico voglia solo questo? Mi permetto di dissentire, almeno per un motivo: come si fa a dire che la gente vuole solo quello quando non è mai stato offerto qualcosa di diverso? Per i segnali che ho personalmente mi risulta che se la gente viene informata correttamente reagisce in modo molto positivo. Il pubblico è molto più intelligente di quanto non lo si possa stimare a priori dicendo "questo interessa, questo non interessa". Ho nel cassetto decine e decine di lettere, ricevo quotidianamente decine e decine di e-mail che provano quanto sostengo. Non è vero che alla gente piace essere ingannata. Già, perché quello del doping nello sport è forse il più grande inganno perpetrato dai "media", specie negli ultimi anni. Un inganno che continua quando si raccontano mezze verità, si assumono atteggiamenti fintamente comprensivi, si fugge la realtà del problema. E qui un ruolo decisivo lo ha la televisione. Uno strumento dalla potenza enorme perché entra in tutte le case. Potrei fare numerosi esempi. Ne cito solo qualcuno.

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L’esempio della tv. Una telecronaca al Tour del France di qualche tempo fa, ma potrebbe essere anche quello dello scorso anno o quello dell’anno a venire; il cronista e l’opinionista commentano una tappa. Parlano di un francese in fuga, ne sciorinano vita e miracoli sportivi. Ha vinto la Parigi-Roubaix del '97, si è piazzato là, corre così, pedala colà. Tutto. Tranne un piccolo particolare: il povero francesino è una vecchia conoscenza dell'antidoping essendo stato beccato ai test di controllo; dunque non è il limpido eroe che si vorrebbe far trasparire. Questo a mio modo di vedere è fare informazione parziale. E non contribuisce alla crescita di una vera coscienza civile. Ma questo è successo e succede in continuazione, al punto che sembra quasi un "metodo" di lavoro: "Io parlo solo in positivo", mi diceva un noto collega della Rai. E si arriva all’assurdo di affermare che la positività al doping del tal altro corridore è qualcosa che "non riguarda il ciclismo". E cosa se no?Il fastidio nell'affrontare l'argomento è palese: non se ne deve parlare; l'immagine del ciclismo "si rovina" non a praticare la farmacia proibita (e così si è giunti al doping di massa bene illustrato dal caso-Festina), bensì a parlarne. Insomma, si imbrogli pure, ma non si dica. Guai a "rompere il giocattolo" attorno cui ruotano miliardi. Così il tale atleta toscano, beccato ai controlli antidoping con valori di testosterone superiori ad un toro Miura, diventa quasi una vittima. "Non voglio neppure sapere cosa è successo a Tizio, so solo che ha scontato la pena ed è ingiusto che non sia stato ammesso al Tour con la sua squadra", dice l’opinionista. Dimenticava, naturalmente, che nella stessa squadra, proprio pochi giorni prima di quel Tour uno dei leader, era stato fermato per ematocrito troppo alto. Un pietoso ed ipocrita giro di parole per nascondere che si era dopato con l’epo. Insomma c’è sempre chi è pronto a correre in soccorso di chi imbroglia o ha imbrogliato. In nome di cosa? Per non parlare del potentissimo calcio, che, una volta squarciato il velo del doping si è esibito in uno slalom inverecondo fra regole cambiate in corsa, processi rapidi e assai poco credibili, assoluzioni e pene all’acqua e sapone. Ma almeno adesso l’opinione pubblica probabilmente ha capito: quando ci sono di mezzo gli interessi, le regole dello sport non contano nulla. E questo è un dramma per lo sport.Lo sport come evasione? Tutto questo appartiene ad una visione assai poco culturale dello sport. Uno sport inteso come puro divertimento ed evasione, loisir, panacea inconscia delle preoccupazioni della gente anche quando, come nel caso del calcio, è ormai essenzialmente un affare dai profondi connotati economici (non è la tredicesima industria italiana?). Lo sport "deve" fare eccezione. Nei giornali politici spesso le pagine sportive sono considerate un’area di evasione e di "scarico". Le polemiche e le critiche? Ci possono essere, ma debbono limitarsi alla lamentela del tale giocatore perché non è schierato in campo dall’allenatore o alla critica sul tale modulo di gioco o sul tal’altro. Altro non è concesso. Anche perché con questa mentalità dilagante se poco poco ti azzardi a scavare un po’ più a fondo ti sbattono subito in faccia il "silenzio stampa". Non hai più interviste, non lavori più.Il caso Davids. Poi c’è l’ignoranza. Intesa in senso buono. Quella di chi non sa, non conosce e pretende di giudicare. Anzi non perde l’occasione per giudicare, solo perché sta da questa parte della macchina da scrivere. Esemplare il caso Davids, quando denunciò la malattia agli occhi: il glaucoma. Su uno dei maggiori quotidiani nazionali ci fu una grande indignazione di fronte al fatto che un "povero calciatore non si poteva curare come un normale cittadino solo perché il prodotto (prima un collirio, poi le pasticche) conteneva una sostanza che rende positivi ai test antidoping". Informazione che definirei tifosa, di parte per usare un eufemismo.Un’informazione inesatta, parziale. Ma chi l’ha detto che un atleta non si possa curare usando prodotti proibiti all’antidoping? Nessuno. Le regole dicono che se un atleta è malato può e deve assumere tutto ciò che gli consenta di guarire. Il diritto alla salute è garantito dalla costituzione. Solo che, se qualcuna di queste medicine contiene sostanze doping, l’atleta non deve giocare o partecipare a competizioni. È normale: se uno è malato generalmente se ne sta a casa finché è guarito. Non lavora. È uno dei punti cardine dello statuto dei lavoratori. Le esigenze economiche della società per la quale il calciatore che non gioca si svaluta, non dovrebbero prevalere sulla salute. Insomma le regole ci sono, basta rispettarle.Invece cosa succede? I dirigenti juventini prima hanno chiesto (ed ottenuto) una deroga per il collirio, poi hanno chiesto ed ottenuto l’estensione della deroga alle pasticche (più energiche). Infine, si sono piegati all’evidenza: ci voleva l’intervento chirurgico. Ma guai anche semplicemente a segnalare il problema.Le cose sono state ben evidenti molto tempo dopo, quando Davids è risultato positivo al nandrolone, un anabolizzante. Ma anche in questo caso l’atteggiamento dei media era improntato essenzialmente alla comprensione, per non dire alla complicità.Bruciare lo scandalo. Un altro atteggiamento assai diffuso nei "media" è quello di "bruciare" lo scandalo tutto insieme; in una volta sola. Si fa un grande sforzo; si produce un’inchiesta voluminosa; se ne parla per qualche tempo e poi,

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immancabilmente arriva il silenzio. Arriva il momento di "occuparsi di altro"; di "parlare di sport e basta". Come se parlare di doping non fosse parlare di sport, visto il legame ormai evidentissimo fra i due fenomeni: prestazione e risultati da ottenere da una parte – farmacia proibita e non dall’altra. Tutto questo è accaduto ed è comprovabile con il fatti. Basta andarsi a consultare con un po’ di pazienza gli archivi di alcuni dei maggiori quotidiani sportivi o dei mensili di stampa specializzata.Una atteggiamento mentale conservativo direi, non necessariamente complice, ma reale e diffuso. È un atteggiamento che non riguarda solo il problema doping, ma che si evidenzia in particolar modo quando i temi giornalistici da affrontare si fanno molto scabrosi. E allora c’è da chiedersi – al di là degli episodi – cosa sia diventata questa professione. Che cosa trasmettiamo ai nostri lettori-spettatori. Quali valori. Quale rispetto delle regole. C’è da chiedersi se sia giusto continuare a raccontare solo una parte della verità. Ad ingannare ed ingannarci. Qualcosa, sia pur timidamente, si muove. Ma è sempre poco di fronte all’entità del problema. La cronaca nera ha fatto sì che ci sia più attenzione anche da parte dei media. Ma manca una linea, una strategia di fondo, una tensione continua verso l’obbiettivo, specie alla tv, che è il "principe" dei mezzi di comunicazione.Un mezzo troppo importante perché il tema della farmacia nello sport venga affrontato solo se c’è la cronaca a imporlo o il caso o il nome di grido. Senza la tv, con il suo potere di entrare in tutte le case, tutti i discorsi sulla "mentalità da cambiare", sulla cultura dello sport da rifondare diventano esercitazioni accademiche.

La nuova frontiera della lotta al dopingIn vista un Albo di abilitazione per il passaggio al professionismo e indennizzi economici per favorire il ricambio generazionale.In vista un Albo di abilitazione per il passaggio al professionismo e indennizzi economici per favorire il ricambio generazionale. MILANO, 13 giugno 2002 - Il 27 maggio scorso, le 5 proposte avanzate da Carmine Castellano, direttore del Giro, per alzare un muro contro il doping dopo gli ultimi casi che avevano interessato la corsa rosa. Lo stesso giorno, la riunione dell'Associazione corridori italiana che decide, fra l'altro, "l'autosospensione immediata dei tesserati trovati non negativi all'antidoping". Il 6 giugno, a Roma, la convocazione degli Stati Generali del ciclismo, con l'approvazione di quindici punti da cui ripartire per dare nuova credibilità al mondo del pedale. Prima e dopo i tre eventi, incontri e contatti ad alto livello fra i rappresentanti delle diverse istituzioni coinvolte. Perché la lotta alla farmacia proibita, assicurano tutti, va avanti, e fatti concreti in questo senso sono all'orizzonte. All'inizio della prossima settimana Castellano si incontrerà con Hein Verbruggen, presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale, e con i rappresentanti dei gruppi sportivi, per rilanciare e chiedere l'appoggio ufficiale al programma della Rcs Sport, che organizza il Giro, e che si concentra in questi punti: esclusione immediata, senza aspettare l'esito delle controanalisi, del corridore trovato non negativo; la stipula di un contratto, con definizione precisa di diritti e doveri, tra società e organizzatori; ridefinizione dei criteri di ammissione delle squadre alle grandi corse a tappe; il non gradimento, nelle corse organizzate dalla Gazzetta dello Sport, dei team che avessero ingaggiato ex dilettanti trovati positivi tra gli Under 23; infine, la richiesta di massima tempestività nella comunicazione dei risultati dei controlli antidoping. "Manolo Sainz, presidente internazionale dei gruppi sportivi, è già a conoscenza delle nostre proposte - fa sapere Castellano -. Ne sono informati anche gli organizzatori di Tour e Vuelta, da cui mi attendo un sostegno decisivo". Il presidente della Federazione italiana, Giancarlo Ceruti, ha intenzione invece di approfondire soprattutto tre punti tra quelli fissati a Roma col Coni: i criteri per stabilire il passaggio del corridore al professionismo, quelli per fissare il periodo di sospensione in caso di accertata positività al doping, e per garantire la sicurezza economica, attraverso un altro anno di contratto o la corresponsione di un indennizzo sostitutivo, ai professionisti che non abbiano ottenuto risultati, e quindi punti Uci, nella stagione precedente e rischino dunque di essere licenziati dalla squadra. "Il 29 giugno ci sarà il consiglio federale che dovrà esprimersi su questi temi - spiega Ceruti -. Vorremmo creare un vero e proprio Albo di abilitazione al passaggio tra i pro: i requisiti di merito sarebbero individuali, legati alla negatività dell'atleta a tutti i controlli a cui è stato sottoposto nelle categorie minori e ai risultati ottenuti in corse di riconosciuta importanza; e collettivi, nel senso della sua appartenenza a società che si siano distinte nella tutela della salute dei loro tesserati. Ci sarà da decidere la durata del periodo di stop a carico del dilettante trovato positivo: il divieto di passaggio al professionismo potrebbe non essere una misura sufficiente. Infine, vorremmo favorire un cambio generazionale tra i pro, favorendo l'uscita indolore di quei corridori a rischio-contratto per mancanza di risultati o anzianità: vanno trovate le risorse finanziare per garantire un equo indennizzo agli atleti che abbiano intenzione di lasciare il

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ciclismo per trovarsi un'altra occupazione, il tutto senza ledere i principi costituzionali e legislativi del diritto al lavoro".

Doping, una guerra persa dalla ItfAl Roland Garros due giocatori sono stati trovati positivi da un agenzia governativa, prendendo in contropiede i controlli della Federtennis internazionale.Al Roland Garros due giocatori sono stati trovati positivi da un'agenzia governativa, prendendo in contropiede i controlli della Federtennis internazionale. MILANO, 9 luglio 2002 - Per il secondo anno consecutivo il sistema antidoping francese ha preso in contropiede quello istituzionale, che fa capo alla Federtennis internazionale (Itf). E il Cpld, Consiglio per la prevenzione della lotta contro il doping, l’agenzia cui il governo francese affida i controlli durante il Roland Garros, per conto della Itf, ha ufficializzato la positività al primo test di due atleti, un giocatore e una giocatrice: a uno stimolante (il bupropione) e a un anestetico (lidocaina).Dodici mesi fa la gaffe fu talmente clamorosa che il ministro della Sanità locale chiese scusa perché aveva denunciato il reato ignorando che chi salta nel doping ha sempre troppe reti a sorreggerlo prima dell’impatto a terra: la contranalisi, i certificati medici/alibi, i limiti della privacy, la lunga e complicata prassi. E stavolta, ancora in buonissima fede, il presidente della Cpld, Michel Boyon, ha pubblicizzato le due positività ricordando che, in caso di conferma dalla contranalisi, a settembre, secondo le regole francesi, gli atleti rischiano sospensioni dall’attività da un mese a vita.La reazione dell’Itf? Un comunicato ufficiale in difesa della prassi ("nessuno è colpevole finché non è dimostrato tale") e della privacy degli atleti, invitando i dirigenti francesi a non anticipare i fatti, cioè l’eventuale annuncio di colpevolezza e quindi di sospensione dei reprobi, che spetta comunque all’Itf. Niente da dire sotto il profilo formale, ma è la medesima procedura delle altre grandi federazioni che sono state attanagliate dal problema-doping, salvo poi cedere dopo anni di schermaglie all’evidenza dei fatti. E resta il fatto che i tanto sbandierati test antidoping a sorpresa urine-sangue, che sarebbero dovuti partire per gli Open d’Australia del prossimo gennaio, sembrano già accantonati. Visto che la Itf, pur annunciando una modifica ai propri regolamenti in materia, dopo un sondaggio sugli atleti, ha rigettato il problema alla Wada, l’agenzia del Cio delegata dal ’99 a questi controlli: "si faranno solo se il 15 settembre l’agenzia li riterrà assolutamente necessari come ultima verifica per l’Epo".L’anno scorso, secondo l’Itf, circa 700 fra giocatori e giocatrici sono stati sottoposti a test delle urine, i primi 10 della classifica almeno 7 volte. E in 7 anni su 8000 atleti controllati, appena 7 sono stati trovati positivi. Troppo pochi. E, soprattutto, troppo insistito è stato, ed è, il tentativo dell’Itf di riabilitare i colpevoli: tutti in buona fede, tutti con una buona giustificazione. Dopo quella della racchetta, questa del doping è la guerra più brutta persa dal tennis.

L'ANTIDOPING DELLA MATRIOSKA  DICEMBRE 2002 - A che punto siamo con la lotta al doping? Tralasciando per un attimo il contraddittorio mondo dello sport, assai poco credibile nella su azione (sono sempre più le federazioni che rinunciano ai controlli per mancanza di fondi e siamo sempre nel perverso meccanismo controllato-controllore), cerchiamo di capire cosa ha combinato in due stagioni intere e con un finanziamento di circa 6 miliardi di vecchie lire, la commissione che gestisce la legge antidoping (376/2000). Non c'è molto da capire, perché tra una polemica e un rimando, la cosiddetta CVD, ha combinato ben poco. Nulla? Non proprio. All'interno della commissione c'è più di qualcuno che lavora con entusiasmo e buona fede. Ma si va vanti a singhiozzo. Ad esempio: viene approvata una lista di sostanze vietate incompleta e subito occorre procedere ad una integrazione che renda il tutto qualificante sopratutto a livello internazionale. Si individua questa nuova aggiunta, ma si incappa inesorabilmente nella  burocrazia: quanto ci vorrà perché passi il nuovo decreto? Nessuno lo sa e nessuno lo può dire. Tempi da era geologica, presumibilmente. Così, intanto, quelle sostanze pericolose e vietate potranno essere consumate a piacere. Non si progredisce, dunque. Non si riesce ad incidere che in superficie su di un fenomeno, sempre più sfrenato e dilagante, come conferma con cadenza quasi quotidiana l'attività di sequestro degli organi di giustizia. Il doping galoppa, si paventa già il terribile intervento genetico, di fronte al quale si è al momento totalmente scoperti (quando qualcuno comincerà a pensare seriamente e concretamente a cosa fare in merito?) ma l'ineffabile commissione, guidata dall'altrettanto ineffabile Zotta esita, tergiversa, rimanda, si incarta in mille rivoli burocratici. Fredda, gelida, insensibile. Uniche emozioni: quando all'ordine del giorno compare il tema di come distribuire i soldi. Soldi per la convenzione con la FMSI - innanzitutto - cui saranno affidati i test.

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Si parla ovviamente del prossimo anno e nessuno al momento sa dire in termini concreti quando si comincerà. Perchè? Perché il farraginoso meccanismo dei burocrati funziona come  la ben nota matrioska sovietica: apri una bambola  e ne trovi una più piccola; apri quella e ce n'è un'altra ancora e via dicendo. Con una differenza: per quanto riguarda la commissione il processo è senza fine. La bambolina più piccola non si trova mai. La convenzione, infatti è firmata, ma i test (ne avevano sbandierato ben 750 da fare entro l'anno 2002, ovviamente mai fatti) non può partire. Perché nelle norme attuative della legge, sta scritto -   encomiabile lungimiranza - che prima di far partire i test si deve mettere in piedi la commissione di vigilanza sui medici e laboratori che effettuano i controlli. Ci vogliono, cioè, i controllori dei controllori. Ultimo episodio del calcio a parte (le provette mal sigillate), nessuno nel mondo dello sport ha mai dubitato in passato della efficienza dei medici prelevatori e, tutto sommato, non si tratta di un lavoro particolarmente difficile, basta rispettare una procedura stabilita e codificata e poi ...osservare l'atleta mentre espleta il suo "bisogno". Cioè mentre fa pipì. Ma tanto zelo, se non ha una spiegazione ragionevole, un obbiettivo, tuttavia, lo centra. L'ISS (Istituto Superiore di Sanità) mette in moto i suoi ispettori e la CVD paga. Risultato: si sottraggono al già magro bilancio dell'antidoping ulteriori risorse. Non si tratta di cifre strabilianti, certo: 110 mila euro per un centinaio di controlli, 220 milioni circa di vecchie lire; ma per le magre finanze a disposizione della legge non sono pochi. Per fare cosa, poi? Mandare dei controllori a controllare che i medici prelevatori facciano bene i controlli. Insomma, una sorta di matrioska all'italiana. Ogni spedizione, infatti, fra spese e "consulenze" dovrebbe venire a costare circa 1000 euro (2 milioni circa di vecchie lire) e con 110 mila circa se ne dovrebbero fare un centinaio. Davvero troppo a fronte di 400 interventi preventivabili (se ciascun medico dovesse fare almeno 4 prelievi). Ma tant'è. Il dispositivo è passato. Per il rotto della cuffia (un solo voto), ma è passato.  Comanda la burocrazia. A fronte degli immensi problemi del doping a cosa si pensa in questo momento? Niente popò di meno che allo "spoil sistem" una  formula fredda e anodina per nascondere i rimpasti di matrice politica. Mentre si è atteso per lunghissimi mesi di reintegrare importanti ruoli scoperti (vedi la nomina solo recentissima del dott. Calabrese), ora si vorrebbe fare una selezione le cui motivazioni sono tutte da chiarire e spiegare (prima vittima illustre nientemeno che l'olimpionica del judo Emanuela Pierantozzi); una cosa che ha poco a che vedere con le necessità e la funzionalità della commissione stessa. Piuttosto che cedere una spilla si preferisce che i controlli antidoping non vengano effettuati. Una prova? Proprio in questo periodo gli organizzatori della Maratona dles Dolomites, una delle più grosse manifestazioni cicloamatoriali italiane (8.500 iscritti), scottati dal blitz della Finanza nell'ultima edizione, hanno deciso di dare un importante segnale e di mettere nelle clausole d'iscrizione l'accettazione dei controlli antidoping, che, ovviamente pagheranno in proprio. Si sono rivolti ad un laboratorio di Padova, un laboratorio di livello internazionale con tutti i crismi quanto a strutture, metodi, macchinari, professionalità, capacità e affidabilità di analisi. Però sorge un dubbio. Può un laboratorio pubblico effettuare test antidoping pagato da un privato? Il tema è interessante. Nel marasma attuale verrebbe da dire che non solo può, ma trattandosi di un organizzatore di una grande manifestazione "a rischio", deve. E invece non si può. Cioè, non si può vietarlo, ma non si può autorizzarlo neppure. Lo si evince da uno scambio epistolare dell'ultimo settembre fra il presidente Zotta e il presidente dell'Udace, uno degli enti di promozione sportiva. Uno scambio in cui Zotta risponde a nome della commissione, senza che i membri della commissione siano mai stati interpellati in merito. L'attività antidoping, infatti, è disciplinata dalla legge che determina anche la divisione delle competenze alle regioni, che dovrebbero appoggiarsi a laboratori locali. Ma qui sta il punto: la commissione (CVD) a due anni dal varo della legge deve ancora stabilire quali siano i requisiti base perché un laboratorio regionale possa fare antidoping; cioè quali siano i laboratori regionali; dunque, non essendoci questo riconoscimento anche i laboratori tecnicamente più all'avanguardia non possono operare in merito. Questo è addirittura in contrasto con quanto prevedono gli ordini professionali (dei chimici, dei medici, dei biologi, ecc.) che abilitano all'esercizio dell'attività attraverso l'esame di stato. Non è, questa, un'altra bella matrioska? Morale: quei test antidoping probabilmente non si faranno.   Con buona pace di chi vuole continuare a doparsi.  Sorvoliamo per carità di patria sul resto. Come il famigerato bollino sui farmaci. Ricordate? Il tanto indispensabile bollino che avrebbe dovuto segnalare sulla confezione e nel cosiddetto "bugiardino" il contenuto dopante dei farmaci a rischio? Sembrava che non se ne potesse fare a meno: è stato fra i primi punti all'ordine del giorno della CVD; prima della lista dei farmaci (approvata ed ancora incompleta...); prima dei criteri per individuare i laboratori regionali di controllo, strumento indispensabile per far funzionare la legge anche in quei settori (sport amatoriale, palestre, ecc.) per i quali era stata pensata; prima delle procedure dei test; prima della formazione e informazione: compiti pure assegnati dalla legge. E adesso? Adesso non se ne sente più neppure

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parlare. Pressioni delle case farmaceutiche che temono cali nelle vendite? Per carità! Honni soit qui mal y pense. 

1 dicembre - AL GIRO D'ITALIA 2003; BELLO, VARIO, DURO IL GIUSTO, IL CICLISMO CHIEDE DI RIFARSI L'IMMAGINEMILANO — Il Giro c'è ancora. È bello, vario, aperto, duro il giusto. C'è di nuovo il sud. Era "doveroso", ha spiegato l'avvocato Carmine Castellano, "patron" della corsa rosa, dopo l'edizione "europea" dello scorso anno varata addirittura in Olanda (Groningen). Si parte da Lecce per una kermesse di 192 chilometri attorno al Salento, che sembra studiata apposta per le aspirazioni di record di Mario Cipollini, l'uomo a cui palesemente è affidata l'operazione di cosmesi di un ciclismo trafitto e trapassato dalla fuga degli sponsor causata dall'eterno problema del doping. Il che vuol dire anche fuga di soldi e di potenzialità economiche. Si respira aria di crisi e cominciare alla grande è fondamentale per risalire la china. L'obbiettivo per il campione del mondo di Zolder è eguagliare subito il record di Binda, 41 vittorie di tappa, appunto e partire alla grande. Per questo, probabilmente, si è rinunciato al tradizionale cronoprologo. Segno che questo ciclismo ha un disperato bisogno di rilanciarsi e di ricostruire un'immagine. Ed è poco convincente, dunque, Castellano quando dice: «Non sarà il Giro della rinascita, perché non dobbiamo rinascere affatto; ci siamo sempre e siamo popolari. Gli sponsor sono con noi. Abbiamo dovuto lasciare fuori almeno 40 città che chiedevano di partecipare alla corsa». In realtà proprio dalla confezione di questo Giro si evince il contrario. E cioè un Giro che ha un bisogno disperato di imporsi in positivo all'attenzione del pubblico. E che per centrare questo obbiettivo cerca di esaltare agonismo e spettacolo fino in fondo. In questa chiave, dopo un "assaggio" a metà percorso (il Terminillo alla settima frazione), si spiega il finale con le due tappe - 18a e 19a - zeppe di salite, preludio alla crono finale. Il terreno per duelli epici c'è tutto. Il colle Esischie a quota 2366, cima Coppi del Giro, il Sampeyre e l'arrivo in salita a Chianale nella prima; l'inedito approdo in salita alle cascate del Toce il nella frazione successiva. Dunque, tappe brevi e nervose (una decina circa quelle per gli sprinter); due-tre per i guastatori-finisseur alla Di Luca; cinque arrivi in salita per Simoni, Gotti e - se ci sarà - Pantani, due giorni di riposo; due crono, di cui, quella finale con arrivo sotto il Duomo di Milano, fatta apposta per rendere incerta la battaglia fra scalatori e cronoman fino alla fine e concludere sull'onda dello spettacolo e dell'entusiasmo generale. Il Giro c'è, forse uno dei tracciati più vari e completi degli ultimi anni. "Un Giro per uomini forti, aperto a pochi, proprio perché duro e difficile", spiega l'eterno Moser. Ma nessuno, neppure il più ottimista, può nascondersi la realtà dei fatti. Le due ruote non sfuggono alla crisi generale. Il problema è sempre il solito e si risolve nell'equazione doping selvaggio, sponsor che fuggono. Dalla vicenda Pantani '99, al blitz dei Nas a Sanremo nel 2001, agli arresti in diretta l'anno scorso. Le cifre sono impietose. Ad oggi almeno 23 formazioni hanno abbandonato. E, se il ciclismo maggiore si salva per 11 momento (in prima divisione si è passati da 30 a 29 formazioni, ma hanno abbandonato sponsor "pesanti", come Mapei), appena sotto il disastro è totale: restano 24 squadre su 32 in seconda divisione, 29 su 43 in terza. Di più: delle squadre maggiori, almeno una decina non hanno confermato l'impegno oltre la fine del 2003. 11 futuro è nerissimo. Fusioni; contrazioni di budget; tagli a raffica; corridori messi brutalmente alla porta ("o hai lo sponsor personale o non firmi", fa sapere un ex compagno di Paolo Savoldelli, il vincitore del Giro 2002 felicemente — lui beato — passato alla tedesca Telekom). La lista dei disoccupati è lunghissima: almeno un centinaio. Perfino il campione del mondo in carica, Mario Cipollini è ancora a caccia del primo sponsor per la maglia 2003. La mano tesa a Pantani, con cui sarebbe felice di comporre una super formazione, attende la conferma degli uomini della trattativa: Vincenzo Santoni, il manager dell'Acqua e Sapone (che lascia) da una parte e Romano Cenni, per la MercatoneUno dall'altra. E, se è pur vero che si sarebbe fatta sotto una grande azienda americana, ancora nulla di concreto è stato concluso, al momento. Segnale di una grande, grandissima difficoltà a trovare sponsor "pesanti". Ci sarebbe da fare bun serio esame di coscienza per tanti "addetti ai lavori"; ci sarebbe da dare il via al ricambio, indispensabile per ricostruire un'immagine deteriorata. Eppure gli artefici di questo disastro sono ancora tutti lì: corridori, direttori sportivi, manager, organizzatori. Ha voglia Pietro Calabrese, il direttore della "Gazzetta dello sport", il giornale organizzatore, a prendersela con i magistrati cui chiede garbatamente di "evitare certe spettacolarizzazioni"; quando poi ad ogni blitz fioccano i sequestri. I magistrati hanno imparato a muoversi con tatto e discrezione. Tant'è che pochi si sono accorti, proprio alla "vernice" milanese del Giro 2003 che ufficiali della finanza hanno notificato a Garzelli una citazione per la vicenda della positività al Probenecid, proprio nell'ultimo Giro. Sarà sentito perché all'epoca la sua squadra, la Mapei, presentò una denuncia contro ignoti, che ha fatto pensare, nei giorni della corsa, all'ipotesi del complotto. Avranno imparato anche i corridori e

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tutto quel sottobosco che fino ad oggi ha alimentato il ciclismo del doping e dell'imbroglio? "La posta in gioco è altissima", dice Calabrese. E, in questo caso, ha perfettamente ragione.Per questo al Giro 2003 si chiede molto. Che riporti l'entusiasmo, che riavvicini le folle. I protagonisti sono i soliti, volonterosi, ma un po' stagionati: Alla rosa si candidano in pochi: Garzelli, 30 anni, vincitore nel 2000, che deve riscattare una brutta storia di doping, come Simoni (33). Poi ci sono il toscano Casagrande, il friulano Pellizzotti. Questo passa il convento. Savoldelli (30), non sa neppure se ci sarà. "Vorrei esserci, ma la mia squadra ancora non ha deciso". Due crono —.82 i chilometri totali contro il tempo — rilanciano le ambizioni dello spagnolo Aitor Gonzales, vincitore della Vuelta, passato a squadra italiana. Manca - ma si sapeva - "Robocop" Armstrong, il vincitore di 4 Tour, che è per un ciclismo monocolore: vede solo giallo; si vocifera di un Pantani, non si sa con quanta fantasia, mentre lui sarebbe tornato a pedalare (non si sa con quanto impegno) in Grecia. Mancano le grandi sfide: «Ma quelle — dice un ex di vaglia, Saronni — non sono più proponibili di questi tempi».

2 dicembre - IL CALCIO CONTRO IL DOPING: ARRIVANO I CONTROLLI SANGUE E URINA  PONTEDERA - Parola d'ordine: "armonizzare". È stato questo il verbo più ripetuto nella prima giornata del convegno "Con il calcio, contro il doping", organizzato a Pontedera, nelle austere aule del museo Piaggio, dalla Federcalcio. Fra "Vespe", "Api", scooter vari d'epoca (perfino un eli-scooter), che hanno fatto la storia della motorizzazione nostrana non è esagerato dire che  si è compiuto un discreto passo in avanti nella lotta al doping. Anche se, ovviamente, la strada da percorrere è ancora lunga e l'obbiettivo lontano. Il calcio mostra l'intenzione di fare sul serio. E l'intenzione in tempi di assoluta recessione (vedi disinteresse del Coni e delle federazioni sportive sul tema e l'affannoso e inconcludente procedere dell'applicazione della legge antidoping) l'intenzione è già tanto. L'insidia del doping, evidentemente, è temuta. Forse più per le sue potenzialità distruttive a livello di immagine (il caso-ciclismo insegna) che per altro, ma l'importante è che lo sport più importante e ricco della penisola abbia assunto una serie di iniziative che rendono quanto meno la lotta al doping meno difficile. Tornano i test sangue e urina. La Figc ha già pronto un progetto che attende solo il vaglio delle altre componenti (giocatori, tecnici, dirigenti). Test a sorpresa, anche fuori delle competizioni, come reclama da tempo la Lamia, l'associazione dei medici del calcio. “Organizzazione troppo complicata? Costi eccessivi? Rischi di violazione della privacy? Tutti ostacoli abbordabili - ha specificato il presidente dell'associazione, Enrico Castellacci - se non inesistenti. Il pianeta calcio non può arretrare in questa battaglia, nè arrestarsi di fronte a problemi organizzativi superabilissimi. L’obiettivo è troppo serio. Si tratta di sconfiggere il doping per difendere salute e carriera dei calciatori; per mettere fine alle polemiche e ai sospetti che periodicamente travolgono il settore; per assicurare la piena regolarità dei campionati. Adesso speriamo che tutte le componenti del calcio, Associazione calciatori compresi, accettino". Parole pesanti che chiedono una determinazione adeguata. E tracciano una strada. "La Commissione federale sta lavorando per elaborare un sistema certo, di grande garanzia e all'avanguardia di controlli antidoping incrociati sangue-urine - ha detto Giuseppe Capua, presidente della commissione antidoping della Figc - è una novità assoluta, ma ci dovrà essere un accordo totale". Il progetto, che ha anche una parte dedicata alla prevenzione, dovrà essere sottoposto al presidente federale Franco Carraro e all'approvazione del consiglio della Figc. Da parte dell'assocalciatori esisterebbe già un assenso di massima. I nuovi test sangue-urina costituiscono  un passo importante perché ad affrontare il tema spinoso non è l'ultima federazione sportiva, ma la potente Federcalcio. Segno - come hanno detto molti relatori - che il problema c'è e che sarebbe suicida non volerlo vedere e tentare quanto meno di affrontare. Armonizzare, dunque, partendo dai regolamenti sportivi, armonizzare le leggi dei vari paesi, armonizzare - hanno sottolineato concludendo una lunga giornata ricca di spunti e di novità il vicepresidente federale Innocenzo Mazzini e lo stesso Capua - l'esigenza di fare giusti ricavi (il calcio con le sue società a fine di lucro, deve rispondere alle leggi del mercato, ovviamente) con costi umani accettabili. Insomma puntare su un calcio più a dimensione d'uomo. Lo vogliono anche gli stessi calciatori. "Non bisogna pensare solo in termini di prestazione fisica; se si pensa solo alla forza, alla velocità e alle prestazioni da ripetere la strada verso il doping è in discesa. Bisogna tornare  a dar più peso alla componente tecnica, al valore del gesto, alla tattica, al gioco", ha detto il dottor Volpi, in rappresentanza dell'Aic. Sarà possibile? Intanto registriamo queste interessanti novità. Innovazioni che rendono la campionatura dei test più "oggettiva", dunque più credibile. Niente più casi Empoli e "sorteggi pilotati". Si procederà abbinando una sequenza numerica (ne sono state preparate circa 6000, ma se ne possono fare infinite), scelta dal computer con metodo “random” (casuale) alla posizione nella distinta di gara dei giocatori. Tale abbinamento  verrà fatto in

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precedenza, probabilmente una volta per stagione, verrà posto in buste sigillate e notificato solo a metà partita, al riposo. Il primo numero della sequenza dirà in quale posizione nella lista è il giocatore da testare e così via. In modo – garantiscono – impossibile da manipolare. Lo stesso metodo potrebbe essere applicato anche per i test (sangue e urina) a sorpresa (fuori gara). Il varo dell'intera operazione potrebbe essere già a marzo prossimo, ma più realisticamente si può pensare al prossimo campionato. Ed è singolare constatare come ciò che era stato frettolosamente archiviato dal Coni, con l'alibi della vicenda azzurri-gh prima delle Olimpiadi di Sydney, oggi divenga strumento importante per la prima federazione italiana. Infatti, è stata proprio la vecchia commissione scientifica del Coni (a proposito, notizie della nuova?) ad ideare il complesso dei test sangue e urina con il programma "Io non rischio la salute", fatto abortire colpevolmente dai massimi dirigenti sportivi nostrani. Il bello è che il presidente del Coni Petrucci, atteso a Pontedera per la chiusura del convegno, dovrà adesso far buon viso. Quanto alla lotta al doping, siamo ancora nel pantano. Dal convegno sono emersi ancora tutti i limiti di test (urina) cui sfuggono centinaia di sostanze con effetto dopante, come ha confermato il direttore del laboratorio romano Francesco Botrè; l' inadeguatezza dei mezzi economici di lotta, che lasciano scoperta la fascia più numerosa e debole, non quella degli atleti di elite, ma dei giovani e dei semplici praticanti-amatori di varie discipline: il vero, floridissimo "mercato" del doping in barba ad ogni dichiarata "tutela della salute", quella stessa tutela sbandierata come necessità dal professor Verna, rappresentante, per l'occasione, della commissione di vigilanza sulla legge antidoping. Un solo laboratorio accreditato, quello del Coni, la mancanza di iniziative in chiave regionale - le uniche a poter legiferare efficacemente in questo ambito - l'assoluta insufficienza di formazione (atleti, ma anche dirigenti, tecnici, ecc.) e informazione. La strada da percorrere è ancora lunga, e incombono già pericoli reali che rischiano di rendere le pur apprezzabili iniziative della Figc una battaglia di assoluta retroguardia. I pericoli di un futuro ormai alle porte sono chiari a tutti già da oggi: incombe il doping genetico. Per dirla con l'ex presidente del Coni, ora sottosegretario allo sport, Mario Pescante, se in passato lo sport nostrano (al cui timone, peraltro, è stato lui stesso per lunghi anni...) ha peccato colposamente per "aver scambiato per scienza dello sport la scienza del doping" (l'allusione è alla lunga "liaison" del Coni con il famigerato centro di Ferrara finito nel mirino della giustizia ordinaria), adesso sarebbe colpa piena non muoversi in tempo. "È solo un problema di volontà politica", dice Castellacci. Probabilmente ha ragione. È stata una giornata intensa.  Pescante ha inforcato i suoi soliti cavalli di battaglia. "La normativa italiana sul doping, per il Cio, è fuorilegge", ha detto, ribadendo per l'ennesima volta di non essere d'accordo con la la legge nostrana. In particolare con la parte che rende l'atleta penalmente perseguibile. L'ex presidente del Coni ha spiegato che è stato lo stesso Cio, con il suo presidente Jacques Rogge, a sostenere che la legge italiana non va bene, scrivendo al presidente del Consiglio "che a Torino 2006 ci si dovrà attenere alla normativa Cio e non all'attuale legge italiana". Penosa bugia, perché il presidente del Cio ad uno stato sovrano può chiedere al massimo il rispetto della carta olimpica e in nessuna parte della carta olimpica  sta scritto che uno stato sovrano non possa decidere di sanzionare come crede ciò che reputa un reato. Oltretutto, non si vede di cosa debbano temere atleti che non si dopano a venire in Italia, solo perché c'è una legge che li responsabilizza penalmente. Basta non doparsi e, se a non venire saranno i dopati, meglio così ; per la credibilità di tutto lo sport. Su questa traccia, molto garbatamente, l'attuale presidente della Procura antidoping del Coni, l'ex magistrato di Cassazione Verde, ha fatto rilevare come una cosa sia l'ordinamento sportivo, un'altra l'ordinamento giuridico di uno stato e non è detto che la legge di uno stato sovrano debba per forza adeguarsi alle presunte esigenze di un'associazione sportiva: Cio o Wada che sia. L'impressione è che si voglia, attraverso la depenalizzazione dell'atleta, togliere incisività alla già poco efficiente legge 376/2000. Infatti, dal momento che la responsabilità penale è personale, senza questa sanzione penale per l'atleta non si avrebbero gli strumenti per compiere indagini approfondite e usare quei mezzi (perquisizioni, intercettazioni, ecc.) che proprio negli ultimi due anni hanno messo a nudo la drammatica entità e diffusione del fenomeno doping. Inoltre la bistrattata 376 di tutto ha bisogno meno che di essere indebolita, dal momento che la pletorica e poco incisiva commissione che ne guida l'attuazione (CVD) in ben due anni è riuscita solo a produrre una lunga lista di sostanze vietate e poco più. Una lista, peraltro, non consonante con quella della Wada, l'organizzazione antidoping mondiale, cui in realtà dovrebbe adeguarsi entro il 2003. Della necessità di questa "armonizzazione" ha parlato ancora Pescante.  "È quello lo strumento - ha detto - la Wada, che ha prodotto un codice mondiale unificato e lo ha inviato al Cio. Dal 3 al 5 marzo prossimi a Copenaghen verrà organizzato un forum internazionale in cui si chiederà l'adozione di questo codice unificato. Solo così si darà un impulso vero alla lotta al doping". Pescante ha spiegato che questo codice prevede l' esclusione dal programma olimpico delle discipline le cui federazioni non accetteranno il codice stesso e il divieto per i paesi altrettanto inadempienti di organizzare le olimpiadi. E a proposito di mancanza di armonizzazione delle leggi, Pescante ha sottolineato come esistano federazioni, "come il tennis o

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l'automobilismo", che non applicano l'antidoping e paesi, "come gli Usa o il Canada, in cui l'antidoping non esiste proprio". Ma tutto questo si sapeva già. 

6 dicembre - ERA UN SOSPETTO, DIVENTA UNA CERTEZZA: IN URSS IL DOPING ERA DI STATO, COME NELLA DDRBERLINO - Alle fonti del doping mondiale. Che nell’ex repubblica democratica tedesca negli anni ’70 si facesse ampio ricorso a prodotti dopanti, forniti addirittura dalle strutture sanitarie statali (il famigerato doping di Stato) è ormai accertato. Che fosse così anche per altri paesi del cosiddetto "blocco comunista", come l’Urss lo si era sospettato a lungo. Adesso il sospetto è divenuto certezza. In quegli anni l'Unione Sovietica compì in gran segreto uno studio completo sugli effetti dell'uso degli anabolizzanti sugli atleti, allo scopo di somministrare i farmaci e ottenere prestazioni migliori. Lo studio è apparso in questi giorni su un giornale tedesco di medicina sportiva.Vi si racconta come nel luglio 1972 lo studio segreto condotto dall'Istituto di Cultura Fisica di Mosca, composto da 39 pagine, fosse inviato a 150 responsabili scientifici e sportivi obbligati, contestualmente, alla segretezza. «L'importanza di questo documento mai visto in occidente - scrive il professore Michael Kalinski, americano di origine georgiana docente di medicina sportiva all'Università Ken State dell'Ohio - è nel fatto che per la prima volta viene provato come lo Stato abbia organizzato e diretto l'uso di steroidi nello sport». Kalinski fu uno dei 150 destinatari dello studio. All'epoca era titolare di una cattedra di biochimica sportiva a Kiev. Si è deciso a renderlo noto una volta felicemente approdato negli Usa e divenuto cittadino americano a tutti gli effetti. Lo studio, "Steroidi anabolizzanti e prestazioni sportive", era stato fatto somministrando anabolizzanti a diversi gruppi di atleti (pesisti, giavellottisti, canottieri e biatleti, completamente ignari dei rischi per la loro salute) tra il 1971 ed il 1972. Per trovarne il dosaggio più efficace, principalmente. Quindi, cosa ancora più grave, si invitavano tecnici e allenatori a farne uso. Kalinski ha fornito cifre e tabelle. In alcune venivano registrati l'aumento del peso e della circonferenza della coscia (segno di una crescita della massa muscolare) e dei bicipiti o la diminuzione della massa grassa. Fra le osservazioni che compaiono nella "ricerca", la constatazione che "gli steroidi aumentano la sensazione di forza, incrementano l'appetito, inducono uno stato positivo e provocano il desiderio di allenarsi più duramente". Tanto che un giavellottista arrivò a 150 lanci al giorno per 15 giorni consecutivi. Ma non mancavano neanche i segnali dei rischi connessi all’assunzione. Gli atleti, secondo lo studio, presentavano dopo l’assunzione "seri problemi di dipendenza". Qualcuno con i sintomi precisi della dipendenza da droga, al punto da essere dipinto come "schiavo degli anabolizzanti". Tra gli effetti negativi documentati: impotenza, ritardo dello sviluppo, edemi, debolezza dei legamenti (e relativi infortuni) a fronte dell'aumento non proporzionale delle masse muscolari. Sapevano che quei prodotti facevano male, ma - delitto nel delitto - sulla base dei dati dello studio, "raccomandavano" l'uso degli anabolizzanti , perché " migliorano i risultati sportivi". «Le considerazioni etiche apparivano d'importanza minore - dice il prof. Kalinski - e a quanto ci risulta, non si è mai chiesto il consenso degli atleti. Il governo sovietico ha sostenuto sforzi scientifici che visibilmente non corrispondevano alle norme generali della sperimentazione sull'uomo». Il tutto per imporre all’attenzione del mondo un modello politico. Da questa certezza deriva un altro devastante dubbio, che può spiegare, però, come mai le pratiche doping si siano diffuse a macchia d’olio nel mondo. Come era possibile competere (e vincere) con atleti "preparati" attraverso il doping di stato, senza far ricorso alle stesse pratiche? Perché se l’Urss teneva alla propria immagine politica (e il successo, le medaglie olimpiche e mondiali nello sport costituivano il "valore aggiunto") certamente gli Usa non erano da meno. Dal momento che gli steroidi anabolizzanti facevano una grande differenza, come mette a nudo la ricerca divulgata da Kalinski, come era possibile contrastare il doping di Stato, ormai conclamato per larga parte dei paesi dell’est, solo con il talento e l’allenamento?

6 dicembre - IL PROCESSO A CONCONI (FRODE SPORTIVA) SI FARA', ANCHE SE SLITTA ANCORA UNA VOLTAFERRARA  - Si farà il processo per frode sportiva al prof. Francesco Conconi, ma a questo punto non si sa quando comincerà; è comunque una questione di qualche mese. Il giudice monocratico del Tribunale di Ferrara, Valentina Tecilla, da un lato ha respinto la richiesta dei difensori di Conconi di proscioglimento anticipato del loro assistito, dall'altro ha invece accolto l'istanza difensiva di nullità del decreto che dispone il giudizio, con il conseguente arretramento dal dibattimento al Gup. Il giudice l'ha dichiarato nullo "poichè l'imputazione in esso formulata è costituita da elementi diversi ed ulteriori che si sostanziano in una diversa contestazione del fatto come originariamente formulato dal Pm". In pratica, il Gup Piero Messini D'Agostini avrebbe modificato l'imputazione formulata dal Pm, cosa che non poteva fare. Per questo ora il capo di imputazione va riformulato e

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allora il giudice Tecilla ha restituito gli atti al Gup, il quale probabilmente li trasmetterà a sua volta al Pm Nicola Proto. A lui spetterebbe il compito - ma anche tra gli addetti ai lavori non c'è la certezza - della riformulazione, perché il reato di frode sportiva prevede la citazione diretta da parte del Pm, vale a dire che il rinvio a giudizio viene fatto direttamente dal Pubblico ministero senza passare dalla valutazione del Gup al quale il fascicolo era inizialmente arrivato perché c'era anche l'accusa di associazione per delinquere, poi caduta.Ma l'ordinanza del giudice Tecilla sgombra anche il campo dal dubbio dell'applicazione della frode sportiva al caso di Conconi, accusato di aver agevolato pratiche di doping. "Al soggetto terzo che contribuisca con varie modalità di agevolazione - ha scritto Tecilla - a realizzare le condizioni (doping dell'atleta partecipante alla gara) idonee a produrre l' alterazione del risultato agonistico, dovranno essere applicate le norme che regolano l'istituto del concorso di persone nel reato, così che la condotta agevolatrice in sé lecita assume rilievo penalistico".  Il processo ora dovrà dire se quelle pratiche agevolatorie del doping c'erano o meno. Intanto, però, non si sa quando il processo, che era finalmente approdato in un'aula di Tribunale, potrà ripartire. Si parla di alcuni mesi, dai tre ai sei. Non si sa nemmeno se sarà di nuovo il giudice Tecilla a condurre il processo, quando tornerà in aula, o un altro suo collega. E, comunque, la scadenza della prescrizione (dovrebbe esserci nel 2005) si avvicina ancora un po'. "Sono fermamente convinto che le tesi che ho sostenuto avessero un fondamento - ha detto l'avv. Luigi Stortoni, il difensore di Conconi che aveva chiesto il proscioglimento anticipato -. Rimango convinto al 1000 per 1000 che non sia ipotizzabile nel diritto penale l'illiceità di una condotta agevolatoria rispetto ad una condotta altrui lecita. Se si dice che l'atleta che si dopa commette un reato, allora chi lo ha agevolato commette ugualmente un reato. Ma se si dice, come si dice, che l'atleta non commetteva reato, tanto che viene citato come teste, allora è impossibile concorrere ad un'azione altrui lecita. Comunque questa decisione del giudice non afferma responsabilità. Il fatto, poi, che si sia riconosciuta la nullità dell'imputazione riformulata è un po' la dimostrazione che caduto tutto si è voluto mantenere, per non far cadere il castello, questa piccola imputazione che però era talmente fragile che il Gup per renderla più solida aveva provato a metterci dentro qualcosa di più. Il tribunale ha però ritenuto che non poteva farlo". In aula era presente anche il prof. Conconi, così come c' erano gli altri due imputati, suoi collaboratori all'Istituto di studi biomedici applicati allo sport, il medico sportivo Giovanni Grazzi e il biologo Ilario Casoni. 

10 dicembre - BUGNO CONDANNATO DA UN TRIBUNALE BELGABRUXELLES - Gianni Bugno è stato condannato a sei mesi con la condizionale dal tribunale di Kortrijk, in Belgio, per aver acquistato anfetamine. Con l’ex campione del mondo, che dovrà anche pagare una multa di quasi 5mila euro di ammenda, condannati anche suo padre Giacomo e il massaggiatore Tiziano Morassut, insieme con l’ex corridore belga Vanhulst. La vicenda nacque nel ’99 durante la Tre giorni di Lapanne, Bugno era il destinatario di un pacco contenente anfetamine spedito dal Belgio. Gli spedizionieri si insospettirono e avvisarono la Polizia che all’interno trovò confezioni di anfetamine. La Polizia perquisì l’albergo dove era ospitata la Mapei e fermò la corsa per procedere agli interrogatori. Tiziano Morassut, che aveva materialmente effettuato la spedizione del pacco ricevuto da Vanhulst, fu arrestato, mentre i corridori furono tutti scagionati.

10 DICEMBRE - SQUINZI A "LE MONDE", LASCIO PERCHÈ VINTO DAL DOPINGPARIGI - "Mi sento vinto, battuto dal flagello del doping": comincia con queste parole una lunga intervista di Giorgio Squinzi, ex proprietario della squadra ciclistica Mapei, che ha abbandonato il suo posto dopo 600 vittorie dei suoi corridori. "Ho cercato di combattere questo male con tutti i mezzi, ho cercato di recuperare il ciclismo per renderlo credibile e pulito - afferma Squinzi - ma ho perso. La mia squadra, la Mapei, ha vinto più di 600 volte su strada; ma moralmente ho subito una disfatta personale. Questo sport è irreversibilmente impregnato della cultura del doping, la mentalità che regna è quella dell'imbroglio, dai professionisti fino ai dilettanti. Mapei si era fatta promotrice di una nuova etica, ma il grande pubblico non ha capito. Avevo commissionato un sondaggio d'opinione con la seguente domanda: 'quale è la squadra che, secondo voi, lotta di più contro il doping?'. Il risultato mi ha depresso: 'la Mercatone Uno di Marco Pantani è arrivata davanti a noi e Festina! Uno smacco assoluto". Squinzi afferma che "le grandi corse a tappe sono l'apoteosi del doping ematico" e - a difesa della sua squadra - ricorda che "dopo il Giro d'Italia vinto da Tony Rominger nel 1995, la Mapei non ha più vinto una sola grande corsa di tre settimane".

10 dicembre -  INCHIESTA DOPING DI PADOVA, ECCO I NOMI ECCELLENTI ROMA – Sarà pure lenta, ma alla fine la giustizia ordinaria  arriva al traguardo. Implacabilmente. Va in porto, infatti, la prima parte dell'inchiesta della Guardia di Finanza di Padova  relativa a fatti e reati nati al Giro d’Italia

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2001. L’indagine è quella condotta dalla pm Paola Cameran, un magistrato che ha lavorato sodo in questi mesi e che ha strappato il velo sulla diffusione del fenomeno doping nel mondo dei ciclisti professionisti, ma ha anche messo in rilievo - ciò che più conta - l'enorme diffusione della farmacia proibita fra i giovani e i dilettanti. Un allarme di cui tutti - dirigenti sportivi in primo luogo - dovrebbero tener conto. L'inchiesta è parallela a quella dei Nas di Firenze, che compirono il famoso “blitz” a Sanremo e, in quella occasione, addirittura vi si sovrappose, non senza qualche rischio. Comprende sequestri, interrogatori, centinaia di ore di intercettazioni ambientali, registrazioni, filmati realizzati nelle camere d’albergo dei corridori al termine di alcune tappe del Giro 2001. Ne è venuta fuori una lista eccellente di corridori e "suiveurs", cui è stata comunicata la chiusura   delle indagini e contestata una sfilza di reati: 27 i nomi di un certo rilievo. Per loro accuse pesantissime che vanno dalla ricettazione, alla violazione della legge sul doping (376/2000), alla frode sportiva, alla somministrazione di farmaci pericolosi, all’abuso di professione farmaceutica. Sono 20 i corridori coinvolti e 7 fra massaggiatori, medici, amici, parenti, conoscenti. Per lo più appartenenti alla Liquigas-Pata, la formazione allora diretta dall’ex corridore Bordonali e dal ds Amadio. Lo sponsor, probabilmente proprio per questi fatti, al termine del 2001 abbandonò il ciclismo. Ma all'epoca risultava copinvolta anche l’Alessio allora gestita da Cenghialta, la Mobilvetta di Stefano Giuliani e la Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti. Fra i ciclisti, spicca il nome di Ivan Gotti, due volte vincitore del Giro d’Italia. Militava nell'Alessio quando, nelle perquisizioni effettuate sul camper dei genitori che seguiva il corridore sulle Dolomiti, fu trovato di tutto: ormoni (il Metrodin, che contiene gH, l’ormone della crescita introvabile ai test); caffeina, cortisonici. Con il corridore, sotto accusa anche il suocero. L’elenco è nutrito: ci sono l’ucraino Gontchar, ex campione del mondo a cronometro a Plouay (2000); l’ex azzurro Gianni Faresin; Davide Rebellin, plurivincitore di classiche in Coppa del mondo, nonché 6 giorni in rosa al Giro d’Italia; lo sprinter Endrio Leoni; corridori di primissimo piano come Dario Acquaroli, stella della "mountain bike", Davide Casarotto, Andrea Ferrigato vincitore di grandi classiche, lo sloveno Hvastia, il pistard Marco Villa, Ellis Rastelli, Marco Fincato, Alberto Ongarato, Marco Zanotti, Denis Zanette, vincitore proprio in quel Giro 2001 di ben 2 tappe. Per questo gli inquirenti hanno notificato gli esiti dell’inchiesta sia agli organizzatori della Rcs, che al ministero delle finanze, che alla Snai (scommesse), perché – come danneggiati da quei comportamenti fraudolenti - si possano costituire parte civile. Sorprende anche il numero di giovani dilettanti (Parolin) coinvolti. A testimonianza della diffusione del fenomeno doping. Si tratta soprattutto della “nidiata” che gravitava attorno ad uno dei medici più chiacchierati del ciclismo, quell' Enrico Lazzaro di cui si sono interessate varie Procure d'Italia per questioni legate al doping. A lui si rivolgeva Rebellin per chiedere l’epo, l’eritropoietina. Organizzatissimo, il veneto si appoggiava alla moglie che, indefessa, faceva la spola. Evidentemente, Edita la consorte del lituano Rumsas, terzo al Tour 2002, in arresto in Francia per 75 giorni dopo essere stata trovata alla frontiera con la macchina colma di prodotti dopanti, non era la sola. A Lazzaro fa capo una lista di pesantissime accuse: cessione di Epo, Gh, cortisonici, anabolizzanti, caffeina; istigazione a usare farmaci doping come l’IGF1; ricettazione;importazione di farmaci non autorizzati; violazione della legge antidoping (376/2000); somministrazione di farmaci pericolosi per la salute. A lui sarebbero state sequestrate anche 100 capsule che all’analisi hanno rivelato contenere cortisone, testosterone (l’ormone della forza) ed epo insieme. Una sorta di “super-bomba” artigianale. L'indagine continua e negli ambienti e probabilmente entro la fine dell'anno verrà completata. Secondo indiscrezioni, ci sarebbero altrettanti indagati. Intanto si avvia a conclusione anche l'inchiesta del pm Bocciolini a Firenze. Entor breve tempo dovrebbero partire le notifiche di chiusura di indagine per una cinquantina di indagati. Il nome più illustre è quello di Marco Pantani, finito nella rete della giustizia ordinaria per la siringa all'insulina trovata nella sua camera d'albergo a Montecatini, al giro 2001. Il cesenate è attualmente sotto squalifica (sei mesi), dopo che la federciclismo lo aveva condannato in primo grado e poi assolto in appello. Lo scalatore è stato poi di nuovo condannato dal tribunale dell'Uci, la federazione internazionale.

12 dicembre - COPPI, ARCHIVIATA INCHIESTA PER OMICIDIOALESSANDRIA - Coppi morì di malaria e non fu assassinato. Questo il verdetto definitivo emerso dall’inchiesta avviata lo scorso anno contro ignoti e sollevata da una clamorosa serie di articoli sul Corriere dello Sport, il primo dei quali comparve il 5 gennaio scorso. L'accusa di omicidio nei confronti del "campionissimo", morto il 2 gennaio 1960, è stata archiviata. Nessun avvelenamento, dunque, come aveva riferito un dirigente del Coni, Mino Caudullo, che aveva raccolto le confidenze di un missionario, il quale a sua volta avrebbe avuto l’informazione in confessione. La denuncia provocò giusto un anno fa l'apertura di un fascicolo. Oggi la decisione del gip, che ha accolto la richiesta dei pm i quali hanno svolto indagini senza però trovare alcun riscontro all'ipotesi di omicidio per avvelenamento. Questa decisione, mette dunque fine alle speculazioni che

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fecero discutere molto all’inizio dell’anno. Caudullo aveva sostenuto che un monaco del Burkina Faso gli riferì che Coppi sarebbe stato avvelenato.

12 dicembre - SIGLATO ACCORDO ANTIDOPING TRA FIFA E WADAGINEVRA - La Fifa, ha siglato, ieri a Zurigo, un accordo con l'agenzia mondiale Anti-doping (Wada), per cercare di affinare la lotta al doping. Il presidente della Fifa, Sepp Blatter e Richard Pound presidente della Wada, si sono incontrati nel quartier generale dell'organismo calcistico mondiale a Zurigo, ed hanno firmato un "memorandum d'intesa". Da entrambe le parti c'è la ferma volontà di armonizzare i controlli antidoping seguendo un’unica linea entro il 2004. Secondo Blatter: "È desiderio della Fifa unire gli sforzi con il Wada ed altre organizzazioni sportive nella lotta contro il doping. Lo sport deve prendere coscienza del problema ed occuparsi al più presto al suo interno di questa situazione".

SCI DI FONDO E DOPING:Purtroppo anche nello sci di fondo il problema doping ha caratterizzato questo ultimo decennio anche se nessun atleta italiano è mai stato trovato positivo nei controllo antidoping.Da una perquisizione effettuata a Ferrara presso il centro dell’università diretto dal professor Conconi è stato sequestrato un file chiamato "epo" nel quale figurano anche nomi di atleti dello sci di fondo. Da un attenta analisi però, emergono numerose discordanze tecniche e di metodo, che tolgono validità scientifica al lavoro, mettono a nudo ipotesi di un clamoroso falso. Maurilio De Zolt atleta simbolo dello sci di fondo dichiara di essere stato seguito da Conconi ma con tecniche lecite sottolineando invece la bontà dell’allenamento svolto in tale periodo. Manuela Di Centa afferma invece di non aver mai assunto alcuna sostanza vietata e che il professor Conconi si è limitato a predisporre un programma di preparazione e di controlli analitici durante le varie fasi dell’allenamento, per verificare che le condizioni di salute consentissero di sopportare il carico di lavoro programmato.Nello sci di fondo, come in tutti gli sport di resistenza, il ricorso al doping riguarda per lo più il sangue.Il Doping ematico consiste nella somministrazione ad un atleta di sangue, di globuli rossi e di relativi prodotti emoderivati.L'unico caso eclatante di doping nello sci di fondo è il caso della campionessa russa L. Egorova, squalificata per 2 anni ma regolarmente rientrata alle competizioni....  Molti invece i sospetti e le voci....

18 dicembre - E ADESSO PER PANTANI SPUNTA L'IPOTESI SVIZZERA ROMA — «Certo che mi dispiace che l’accordo con Pantani sia fallito, ma non ci posso fare nulla: io in questa vicenda sono stato spettatore». Dal Sudafrica, dove sta completando la prima fase di preparazione in vista della prossima stagione, Mario Cipollini manifesta tutta la sua delusione, per come si è conclusa la vicenda, ma guarda con grinta e fiducia avanti. «Peccato, la nostra squadra aveva uomini e strutture giuste per contribuire al ritorno di Pantani. Da un lato mi spiace per lui, dall’altro sono contento che la mia squadra ha concluso un importante accordo di sponsorizzazione con la Domina Vacanze. È un grosso sponsor che entra nel ciclismo e di questi tempi non è poco. Ce n’era proprio bisogno. Adesso bisogna pensare al futuro e dare il massimo per fare una buona stagione».La Domina Vacanze, è tra i leader del settore turistico alberghiero, opera nel mercato dal 1989 e può contare, attualmente, su una rete di 42 alberghi, di cui la maggior parte di proprietà (gli altri in gestione o franchising). Inoltre fanno capo al Gruppo - che conta circa 2000 dipendenti nelle sedi italiane e estere - circa 50 agenzie di viaggio (in franchising) e 6 tour operator, di cui 5 con sedi all’estero. Per il 2003, è previsto un fatturato di circa 125.000.000,00 di euro per le attività relative al turismo, con un incremento del 25% rispetto al 2002. Insomma, "Cipolla" e soci non dovrebbero avere problemi.Per un Cipollini determinatissimo, un Pantani il cui futuro appare al momento incerto. Che fine farà il Pirata, ora che non farà più coppia con Cipollini? Una timida ipotesi sembra affacciarsi all’orizzonte del cesenate. Si tratta del gruppo gestito dallo svizzero Renzo Bordogna (First Bike) e da Enrico Maggioni, che ha come team manager l’ex corridore Mauro Gianetti. Raccoglie i reduci della Tacconi Sport ed ha come leader il vincitore del Giro 2000 Stefano Garzelli e Gianluca Bortolami, già vincitore della Coppa del mondo. Già a novembre c’erano stati contatti fra Pantani e Gianetti e ora che questa formazione ha anche un nuovo sponsor, l’iberica Saunier Duval, azienda leader nelle caldaie e nell’aria condizionata (sarebbe il primo nome in Spagna), l’ipotesi dell’arrivo del Pirata, che porterebbe in "dote" la Mercatone Uno di Romano Cenni ("main sponsor" in Italia), sembra diventare più concreta. Unico problema: la convivenza fra il Pirata e Garzelli. Dovessero partecipare alle

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stesse corse, in salita i due si pesterebbero i piedi. Ma in questo modo Pantani potrebbe gestire liberamente la propria immagine, nodo sul quale era naufragato l’accordo con Cipollini.

ALLA MECAIR STRANI GIRI DI PROVETTÈ ROMA - "È inutile nascondersi dietro a vuote ipocrisie: è impensabile che un corridore venga trovato positivo per gonadotropina corionica, un prodotto che si trova solo nell' organismo femminile, e che abbia fatto ricorso a questo tipo di doping da solo". Questa, nella sostanza, la denuncia di Walter Polini, ex medico della Mecair Ballan, la squadra dove correva Alberto Volpi positivo all' antidping prima degli ultimi mondiali, ma anche di Moreno Argentin e di Ugrumov (secondo all' ultimo Giro d' Italia), in una intervista che verrà messa in onda domani a "Dribbling", il rotocalco sportivo del TG2. Polini è stato medico sociale della Mecair fino a giugno di quest' anno quando gli è stato preferito Michele Ferrari, medico personale di Argentin, ex braccio destro di Conconi a Ferrara e fra i principali collaboratori del biochimico ferrarese ai tempi del primo record dell' ora di Moser a Mexico City. "Nella rete antidoping - ha detto Polini - è caduto solo Volpi, ma in tutta la squadra vedevo dei movimenti che mi piacevano poco. Strani frigoriferi con strane sostanze dentro e il direttore sportivo che diceva platealmente di non voler vedere e non voler sapere cosa ci fosse all' interno". I test dopo Leeds, prova di Coppa del mondo, ad agosto, rivelarono la positività di Volpi proprio per gonadotropina corionica. Il corridore era stato escluso per questo dalla nazionale azzurra diretta ad Oslo, ai mondiali. Ma ha ottenuto subito una sospensiva della pena, poi l' annullamento per un cavillo di forma nelle analisi. Polini promette nuove rivelazioni. Materiale interessante per la commissione del Coni che proprio ieri ha ripreso a lavorare. Sarà sentito nei prossimi giorni Schiavo, l' allenatore accusato dalla Delon di averle proposto il doping. il 28 novembre: è stato squalificato per un mese.

CICLISMO IN ANSIA ' DOPING DIFFUSO' ROMA - Accuse di fuoco che, se venissero confermate e provate, rischiano di mettere nei guai corridori e tecnici di una delle formazioni ciclistiche professionistiche più in vista nella stagione appena conclusa, la Mecair di Argentin e Ugrumov. Walter Polini, ex medico della formazione pavese, ha confermato a "Dribbling", il rotocalco televisivo del TG2, ogni anticipazione della vigilia. Anzi, ha rincarato la dose: nella sua ex squadra si verificavano pratiche sospette dal punto di vista del doping, motivo per cui lo stesso medico è stato costretto ad allontanarsi.Non voleva piegarsi a coprire terapie proibite. E adesso sarà sentito quanto prima da Carraro, presidente della commissione d'indagine doping del Coni. Il caso Volpi, positivo ai test antidoping per gonadotropina corionica dopo la Leeds Classic di agosto, secondo Polini, non sarebbe isolato, ma si ricollegherebbe anche ad altri atleti. Dal video sono rimbalzati nomi importanti: Argentin, Bottaro, il lettone Ugrumov, secondo al Giro d' Italia, gli svizzeri Imboden e Puttini, il tedesco Kappes, cioè gli atleti sotto la supervisione medica del dottor Ferrari, ex allievo di Conconi a Ferrara. Poi il medico ha aggiunto un episodio sconcertante, se davvero dovesse rispondere a verità. Alla vigilia del Giro delle Fiandre ' 93 mentre Polini era nella camera di Dario Bottaro, il ds Bombini avrebbe consigliato al corridore l' assunzione di un prodotto dopante, l' ACTH (una sostanza di difficile individuazione al controllo). "Io mi opposi, ma poi lasciai libero l' atleta di agire come volesse". Bottaro, ovviamente nega tutto, fa sapere che il colloquio c' è stato, ma con Bombini non avrebbe parlato di doping. Eppoi in quella corsa lui è arrivato terzo ed è stato controllato all' antidoping con esito negativo. Ma ai test, si sa, sfuggono molte sostanze. Le accuse hanno sollevato l' indignazione dei diretti interessati. "È tutto falso, Polini mente, adirò le vie legali per difendere la mia onorabilità e quella dei miei corridori - ribatte Bombini - quel giorno le cure mediche su Bottaro sono state fatte proprio dal Polini. E io non c' ero, arrivai solo dopo. Lui è stato allontanato per incapacità a ricoprire il suo ruolo nella squadra". Per Polini sarebbe in arrivo una raffica di querele da parte dei corridori chiamati in causa della Mecair. Intanto sarà sentito presto da Carraro. Assieme ad altri medici e personaggi che sono stati chiamati in causa dalla denuncia fatta tempo addietro dal vicepresidente della federciclismo, Osvaldo Ferrini. Quello di Polini potrebbe non essere un episodio isolato, infatti. E i casi su cui indagare si moltiplicano. Come quello denunciato da un medico toscano che ha visitato tre allievi (16 anni) trovandoli in pessima salute quanto a fegato e reni. Il loro direttore sportivo nel settembre scorso gli avrebbe praticato una cura di iniezioni sospetta. Inoltre ombre inquietanti si allungherebbero, dopo una circostanziata denuncia, su di un' altra formazione fra le più in vista del plotone professionistico. "Sono d' accordo con Pescante: basta con il doping-spettacolo. Ora occorre fare la lotta vera". Ferrini dice che di doping dovrà occuparsi anche il prossimo consiglio federale della Fci. "Ho l' impressione che il presidente Omini abbia preso la mia iniziativa come un attacco alla federazione. Invece la Fci deve portare avanti in prima persona questa lotta al doping: il problema è troppo grave. I controlli, così come

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sono ora, sono inutili. Troppe le sostanze che sfuggono. La federazione è indietro. Quest' anno non siamo neppure riusciti a fare tutti i test previsti regione per regione. Il Coni deve intervenire: sopratutto con i test a sorpresa". A Carraro, adesso, non mancherà il lavoro.

CARRARO AL LAVORO, SENTIRÀ ARGENTIN ROMA - "Non riteniamo la questione archiviata". Poche e scarne le parole di Franco Carraro dopo l' audizione di Walter Polini da parte della commissione d'indagine del Coni sul doping. Parole che annunciano subito l' atmosfera ben diversa rispetto a quella che s' era creata attorno alla stessa commissione presieduta dal magistrato Armati. Un' atmosfera smorzata, soft, in cui - dice Carraro - solo a indagini concluse si potrà sapere qualcosa. "La cosa peggiore è dire che il doping nello sport sia un caso nazionale, perchè più si generalizza e meno se ne viene a capo". Sul caso Polini, l' ex medico della Mecair, che aveva segnalato strane pratiche di un gruppo di ciclisti della sua formazione, corridoriche si erano affidati ad un altro medico fuori dell' organico della squadra, Carraro non fornisce particolari nè valutazioni ("non vogliamo esprimere pareri di tipo politico, non è il nostro compito"). Dice solo che le indagini continueranno - dunque lascia capire che gli elementi per continuare ci sono tutti - e che "la commissione potrà muoversi e agire anche non collegialmente". Le indagini e gli interrogatori potranno essere effettuati anche dai singoli membri. Probabilmente si muoveranno per sentire i personaggi chiamati in causa da Polini: Argentin, Ugrumov, Volpi, Bottaro, Imboden, Puttini, Kappes. Per ora ci sono solo le parole di Polini, ma "attorno alle parole si può girare per andare a cercare le persone". Insomma, la Commissione non sarà passiva, si muoverà. Ma l' opinione pubblica potrà essere informata solo a cose fatte: "Quando l' indagine verrà trasmessa al presidente del Coni e agli organi federali cui spetta decidere le sanzioni, oppure quando verrà archiviata". Nessuno, neppure i membri stessi della commissione, se lo nascondono: una cosa era l' inchiesta, l' interrogatorio incalzante di un magistrato, esperto, smaliziato, professionalmente preparato; una cosa è la volontà encomiabile, ma pur sempre limitata tecnicamente, di Carraro. Per Polini si è trattato di una semplice audizione. Non di un interrogatorio. "Non ho aggiunto nulla. Ho ripetuto per filo e per segno quello che ho detto in tv", ha dichiarato l' ex medico della Mecair. "È stato un colloquio cordiale, interessante più tecnico-filosofico che basato su elementi concreti". Insomma, chi si aspettava che arrivassero prove inoppugnabili a supporto delle dichiarazioni del medico, per il momento dovrà attendere. Polini adesso sembra accennare ad una piccola marcia indietro. "Non ho mai detto che Volpi si drogava, ho solo detto che lui ed altri corridori della squadra si rivolgevano allo stesso medico". Sarà difficile, però confutare il senso complessivo di tutta la tramissione e, dal momento che si annunciano azioni legali da parte delle persone chiamate in causa, o Polini sarà in grado di esibire argomenti più convincenti, oppure saranno guai per lui. Finirà tutto in un buco nell' acqua? "No, non finirà così - dice l' avvocato Longo, membro della commissione - anche se il caso Delon sembrava più chiaro e suffragato da elementi più concreti".

COSÌ È NATA LA SCUOLA DELL’EPO Atleti che hanno fede assoluta nei farmaci e preparatori che si stanno lentamente spostando verso altri sport come calcio, canoa e sci di fondo: Dalle ricerche sull' autoemotrasfusione ai prodotti di sintesi attuali come l'eritropoietina. Il ruolo di alcuni laboratori del Centro-Nord "Chi non prescrive le sostanze illecite è evitato" ROMA - Una rete, una ragnatela che, a partire da tre-quattrocentri di diffusione nella penisola, si è rapidamente estesa sututto il territorio, toccando i gangli dello sport di vertice e di base. Non si possono comprendere a pieno i perché del doping in Italia e il suo toccare ormai pericolosissimi livelli giovanili se non si valuta a pieno il ruolo che in questo fenomeno hanno avuto alcuni medici. Ferrara, Pisa, Pistoia, Chieti, la Lombardia, il Veneto, l' Abruzzo, un' autentica scuola, in molti casi collegata a un' unica matrice, si è diffusa a macchia d' olio facendo immediatamente proseliti ad ogni livello. "E ora - dice Flavio Alessandri, dirigente dell' Istituto di medicina dello sport di Firenze, uno dei primi a denunciare il fenomeno doping nel ciclismo - siamo al punto che i medici che non danno medicine proibite vengono accuratamente evitati da atleti e genitori". Dalle ricerche sulla manipolazione del sangue (autoemotrasfusione), cominciate dal gruppo di Ferrara facente capo al professor Conconi alle fine degli anni ' 80 e pubblicizzate dal successo di tanti atleti di nome, alla scoperta, sperimentazione e uso di nuove sostanze di sintesi, come l' eritropoietina (che stimola la produzione dei globuli rossi, favorendo le prestazioni aerobiche), nonché l' ormone della crescita. Diffusissime perché introvabili ai test. La filosofia del più che disinvolto Michele Ferrari, ex allievo di Conconi, inquisito da tre Procure d' Italia: "È doping solo quello che si individua ai controlli", diventa religione. E negli anni "la situazione è peggiorata - aggiunge Alessandri - siamo a un ciclismo che fa discorsi da tossicodipendenti; macchinette per controllare il sangue, ematocrito, espansori del plasma. Roba da brividi". La "rete" la stanno mettendo in evidenza i magistrati

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che negli ultimi anni hanno raccolto materiale importante in ben sette inchieste, alcune delle quali convergono sugli stessi personaggi e rivelano meccanismi identici. Coinvolti principalmente i medici. Ma non mancano i tecnici, i direttori sportivi, gli atleti, con sviluppi che si annunciano ad effetto. Possibile che per tanti anni i medici del plotone si siano adattati alla filosofia del "non vedo-non sento- non parlo"? Massimo Besnati, presidente dell' Associazione medici del ciclismo, se ne rende conto: "I preparatori agiscono nell' ombra. Sono furbi, non si sporcano le mani. E il doping non è reato. Abbiamo lanciato l' allarme e se si è arrivati a fissare un limite all' ematocrito lo si deve anche a noi". Ma il mondo del ciclismo stenta ad isolare le cosiddette "mele marce". C' è ancora connivenza se un medico chiacchierato come Ferrari può far visita impunemente ai suoi "protetti" davanti agli stessi dirigenti delle squadre. Qualcuno a suo tempo si è ribellato, come il vecchio medico della Mecair, Walter Polini. Si era nel ' 93, e già si parlava di "strani frigoriferini che viaggiavano assieme al bagaglio della squadra". Per conservare l' epo, naturalmente, il farmaco "monstre" degli sport aerobici, che trasforma in purosangue anche i ronzini. Ma la denuncia di quel medico, prima affiancato in quella squadra e poi sostituito dallo stesso Ferrari, è finita nel nulla. Anzi, Polini ha avuto il suo bel da fare con le querele. Alessandri è stato recentemente minacciato e insultato per aver fermato senza remore otto dilettanti con valori ematici sballati, prima del Giro d' Italia. Luigi Pressi, medico dei dilettanti azzurri fu messo in un angolo per aver denunciato i valori elevati di ematocrito degli Under 23 prima dei mondiali di Lugano. Doping inarrestabile? "Nella mia squadra, la Riso Scotti - spiega Besnati - ho vietato l' uso delle macchinette per verificare l' ematocrito, ma se qualcuno, nonostante questo, continua per conto suo, come faccio a scoprirlo?". Ed è la tesi anche di Roberto Rempi, il medico della MercatoneUno, coinvolto nel caso-Pantani: "Noi abbiamo fatto il possibile, ma come facciamo a sapere se qualcuno si fa una puntura da sé?". Sembra proprio che alcune pratiche siano ormai patrimonio di tutti. Per Epo e Gh dosi e antidoti sono conosciuti: "I corridori ne sanno di più dei medici", dice Santoni, manager della Cantina Tollo, una delle formazioni professionistiche dell' ultimo Giro d' Italia. Un ruolo importante lo hanno avuto gli sponsor. Pagano e vogliono apparire; di qui la caccia al risultato ad ogni costo. Poi il campionismo ha prodotto un fenomeno imitativo a macchia. "Quando si vede un atleta modesto andare improvvisamente fortissimo - dice Sandro Donati, dirigente Coni da sempre in prima linea nella lotta al doping - la fede nei farmaci diventa assoluta". E ora è cominciato un lento ma sostanziale passaggio verso altri sport. Dal ciclismo al calcio, alla canoa, allo sci di fondo. Gianni Mazzoni, inquisito a Ferrara, è attualmente medico ufficiale della Federcanoa. Falai oltre che alla Saeco di Cipollini (il quale, però, si appoggia a Ferrari) offre i suoi servigi anche all' Empoli: Pierluigi Fanton, protagonista di un discusso caso doping nel ciclismo, è il medico del Vicenza. 

23 maggio 2002Trovato positivo un centrocampista del PortogalloIl centrocampista: "La svolta è cambiare mentalità"Tommasi: "Prime ombre doping? Non bisogna arrendersi"SENDAI Non è il giro d'Italia, non ci sono le farmacie a due ruote del ciclismo ma l'uomo nero, il babau ammazzasogni ha lo stesso nome: doping. Nelle ultime ore un giocatore del Portogallo Daniel Kenedy è stato trovato positivo a un controllo. Il comunicato ufficiale parla di un coprente, che agli specialisti fa subito drizzare le antenne e a tutti gli altri fa tanta paura. A partire dai calciatori azzurri, che sono usciti traumatizzati dal ciclone nandrolone dell'anno scorso. Da allora nelle squadre molto è cambiato: gli integratori, finiti sotto accusa, sono stati messi al bando e negli spogliatoi prima di bere una goccia di qualsiasi cosa si fanno mille verifiche.Paura, ma anche voglia di pulizia. O almeno così dice Damiano Tommasi che dello sport pulito è il simbolo più vero al di sopra della consueta retorica di facciata: "Mi dispiace che accadano queste cose. Purtroppo abbiamo imparato a convivere con la faccia brutta dello sport, con il lato buio. Ci conviviamo ma non dobbiamo arrenderci".Per Tommasi non bastano nemmeno i controlli più severi che la Fifa ha promesso da questa edizione: "Verranno effettuati sul serio? E poi, visto che metà delle squadre se ne andranno dopo la prima fase saranno davvero un sinonimo di giustizia e equità? Certo la qualità dei controlli è importante ed è importante che il governo del calcio a tutti i livelli si impegni a combattere questa battaglia. Ma per vincere la guerra non è sufficiente".Una guerra che va vinta con una rivoluzione, non con la repressione: "Bisogna cambiare prima di tutto la cultura del calcio e dello sport in generale. Ognuno di noi deve fare la propria parte. La vera svolta è cambiare mentalità: capire che la vittoria a tutti i costi non ha senso. Ci sono valori che non vanno calpestati, altrimenti niente ha più senso".

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Tommasi scaccia i cattivi pensieri che pure avevano animato questa primavera Fabio Capello. "In Champions League ho visto squadre andare a tremila all'ora e poi scoppiare improvvisamente", aveva detto il tecnico della Roma alimentando più di un sospetto. "Non voglio crederci, non posso pensare che i risultati siano falsati", dice ora il centrocampista giallorosso, che poi aggiunge: "Se venisse fuori una cosa del genere sarebbe la fine del calcio. Invece io continuo ad essere ottimista".

22 giugno 2002La replica del campione olimpico dopo la notiziadel suo coinvolgimento nei verbali di tre ProcureDoping, Rosolino si difende: "Potrei lasciare l'Italia""Non escludo che ci siano dopati nel nuoto, ma io sono pulito, sono un atleta vero"NAPOLI - "Sono ferito e amareggiato", "non sono cattivo, non ho mai fatto del male a nessuno, non conosco questo signore, lo vorrei affrontare in vasca da sportivo quale sono e non come lui che non lo è stato". Così Massimiliano Rosolino, oro olimpico a Sidney, campione mondiale ed europeo di nuoto, risponde alle presunte accuse di doping che gli sarebbero state fatte da un pentito.Nel corso di una conferenza stampa nello studio del suo legale, Rosolino ha anche ventilato la possibilità di lasciare l'Italia e di chiedere l'affiliazione ad una federazione estera, magari quella australiana, di cui ha la cittadinanza da parte di madre."La mia nazione, i miei amici non sono in grado di tutelare - ha detto - un campione, un'atleta che dovrebbe rappresentare un patrimonio pubblico. Se sarà necessario me ne andrò all'estero".Il nuotatore ha ribadito di non essersi mai dopato, di non aver mai utilizzato sostanze illecite, "di non aver mai conosciuto intermediari che mi avrebbero potuto portare su questa strada". Il legale di Rosolino ha annunciato la presentazione di una denuncia alla procura della Repubblica di Napoli: "È grave quanto è stato pubblicato - ha detto - non sappiamo nulla, né io né Massimiliano di questa vicenda, e la denuncia serve anche ad ottenere informazioni". Il legale avanzerà anche querele nei confronti di chi ha fornito notizie "che sono lesive della dignità di Rosolino"."Non escludo che nel mondo del nuoto ci siano dopati. Ma questo è uno sport individuale, io penso solo a me stesso. Ed io non ci ho mai pensato perchè mi considero uno sportivo vero". Ha detto ancora Rosolino. "Ho visto persone volare in vasca ed ho anche visto persone andare piano all'improvviso. Ho visto poi personaggipresentarsi da un giorno all'altro con molti più muscoli. Però quando mi sono buttato in acqua - ha sottolineato - ho sempre affrontato i miei avversari come esseri umani e quindi come tali battibili tutti".

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Doping: lotta su tutti i fronti 13 gennaio 2003Il doping non è sconosciuto al mondo dello sport praticato dagli atleti disabili. L’Ipc ha incrementato l’attività della Commissione antidoping che vigila su tutte le manifestazioni internazionali. L'Italia è già in prima linea per combatterlo.a cura dell'ufficio stampa FisdI controlli antidoping sono effettuati con maggiore frequenza ed attenzione anche nel mondo dello sport disabili. L’istituzione della Wada (World anti dopind agency) ha portato la creazione del “World antidoping code” il primo strumento a carattere mondiale che cura l’armonizzazione di tutte le procedure per i controlli e coordina la lotta al doping dello sport nazionale ed internazionale.L’International paralympic committee, l’organismo internazionale che gestisce il paralimpismo mondiale, ha aderito al programma il 5 marzo 2003 a Copenaghen. Ecco perché è stata completamente rivista la Sub Commissione, guidata dallo spagnolo Antonio Pascal, che si occuperà di introdurre il Codice anche in seno alle manifestazioni internazionali dello sport disabili secondo le nuove procedure.Questo comporterà controlli sempre più frequenti ed avanzati per combattere un fenomeno che non è assolutamente estraneo allo sport paralimpico come hanno dimostrato le positività riscontrate a Sydney 2000 tra alcuni atleti stranieri del sollevamento pesi e dell’atletica leggera. L’ultimo caso rilevato è quello di un’atleta, vincitrice di medaglia d’oro, trovata positiva al controllo ai Mondiali dello sci di fondo dello scorso anno, una disciplina che già aveva riscontrato positività anche ai Giochi Paralimpici di Salt Lake City 2002. In entrambi i casi le squalifiche sono state pesanti con immediato ritiro delle medaglie d’oro.

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La positività al doping è stata riscontrata in passato anche in Italia tra gli atleti delle nazionali. Vi sono infatti 6 precedenti, 2 nell’atletica leggera, uno nel basket in carrozzina, uno nel nuoto, uno nel goalball e uno nel ciclismo. Fortunatamente 5 di queste positività furono il frutto dell’inesperienza degli atleti che sono riusciti a provare la loro buona fede ed innocenza (solo in un caso, che risale a più di dieci anni addietro, è stata comminata la squalifica di due anni all’atleta) considerato che  capita spesso che un atleta disabile faccia uso di farmaci in virtù della specifica patologia che comporta la sua disabilità, ad esempio le infezioni renali per i para e tetraplegici oppure, come nel caso degli atleti non vedenti che frequentemente svolgono la professione di massofisioterapisti e che possono venire a contatto con creme e pomate (obbligo per questi atleti di controllare gli unguenti e/o indossare i guanti).Le sostanze vietate sono le stesse comprese nella lista del Comitato olimpico internazionale e dunque, qualora un atleta disabile assuma farmaci con tali componenti, egli potrà farlo solo per la specifica patologia da cui è affetto, ma dovrà parimenti certificarne anticipatamente l’assunzione altrimenti sarà ritenuto, da oggi, comunque responsabile e quindi non scusabile. Non sono più ammesse ingenuità.Bisognerà pertanto prestare la massima attenzione per quegli integratori alimentari di cui non si conosca l’esatta provenienza, per tutti quegli unguenti che vengono utilizzati per facilitare il cateterismo, per quei farmaci erroneamente ritenuti “da banco” e che invece necessitano di prescrizione medica come gli spray nasali ed orali, gli anestetici locali, etc.D’ora in avanti i controlli non saranno effettuati soltanto in occasione dei Giochi Paralimpici ma sono previsti in tutti i Campionati del Mondo e tutte le manifestazioni internazionali che si svolgono sotto l’egida dell’Ipc, con vari livelli d’intensità a seconda della valenza della manifestazione.Anche le Nazioni saranno obbligate ad effettuare controlli nei Campionati nazionali ma l’Italia è già avanti rispetto ad altri Comitati paralimpici perché la lotta al doping viene sostenuta già da tempo dalla Federazione italiana sport disabili che, nonostante i costi elevati, ha ritenuto primaria la salvaguardia della salute dei propri atleti. Infatti un’apposita Commissione, ovviamente senza preavviso, effettua i controlli nei Campionati Italiani delle varie discipline sportive già da molti anni con notevole incremento nel dopo Sydney.

LEWIS, "IO NON HO BARATO"Il pluriolimpionico si difende dalle accuse di doping (stimolanti) riferite ai Trials statunitensi del 1988.MILANO, 23 aprile 2003 - Prima le accuse, ora le risposte. Carl Lewis non mette la testa sotto la sabbia come uno struzzo e risponde agli attacchi di Wade Exum, ex direttore dei servizi antidoping del Comitato Olimpico Statunitense (Usoc), che aveva rivelato a "Sports Illustrated" come l'ex primatista mondiale dei 100 fosse rimasto imbrigliato nella maglie del doping in occasione dei Trials statunitensi nel 1988 senza però venire squalificato.Lewis, nove ori olimpici in carriera, ha ammesso la sua positività per stimolanti (efedrina, pseudoefedrina e fenilpropanolamina, quest'ultima sostanza peraltro ora fuori mercato negli Stati Uniti perché pericolosa), ma anche spiegato che lui non ha goduto di particolari favoritismi: "Sono centinaia quelli che l'hanno scampata" ha detto Lewis "e tutti siamo stati trattati nello stesso modo.L'asso statunitense ha rivelato che la sua positività fu dovuta a un prodotto erboristico di cui non conosceva l'esatta composizione, assunto per uso medicinale e non per migliorare le prestazioni "Il clima allora era differente - spiega lui - e al primo errore ce la si cavava spesso con un'ammonizione. Non capisco perché la gente stia cercando di ricamare su una notizia che non c'è visto che non ho avuto nessun vantaggio da quei prodotti e trovo disdicevole il comportamento del signor Exum".Parzialmente contrario Roger Kingdom, olimpionico dei 110 ostacoli a Seul e poi consulente antidoping della federatletica statunitense: "Non è vero che gli stimolanti non diano vantaggi, specie negli sprint, ma la colpa di quanto accaduto non è di Lewis bensì del sistema che non ha provveduto a squalificarlo". Di avviso contrario Baaron Pittenger, nel 1988 direttorer esecutivo dell'Usoc: "I livelli di sostanza proibita, soprattutto efedrina, riscontrati erano troppo bassi per determinare un miglioramento delle prestazioni, sintomo di un'assunzione accidentale".

DA FIRENZE 51 RINVII A GIUDIZIOIl pm Bocciolini chiude l'inchiesta sui fatti del Giro 2001 e rinvia a giudizio corridori, tra cui Pantani, Frigo e Figueras, e tecnici.FIRENZE, 20 febbraio 2003 - Il pm Luigi Bocciolini ha chiuso l'inchiesta fiorentina nata dopo il blitz dei Nas al Giro 2001, rinviando a giudizio 51 tra corridori, tecnici, medici e massaggiatori a cui vengono contestati i reati

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di aver assunto o essersi procurati sostanze, che la legislazione sportiva considera dopanti, e quello di frode sportiva. A direttori sportivi, tecnici e preparatori atletici, in tutto una decina, oltre al concorso in questi due reati Bocciolini contesta anche l'esercizio abusivo della professione di farmacista e il reato di "somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica". In pratica, secondo la Procura, la somministrazione sarebbe avvenuta in assenza di reali patologie e di qualsiasi controllo medico e quindi in modo pericoloso per la salute dei ciclisti. Coinvolti, tra gli altri, Pantani, Frigo, Figueras, Missaglia, Lombardi, Sciandri, Elli e Zanini. Le sostanze sequestrate dai Nas a Montecatini e al centro dell'inchiesta coprono l'intero arco del doping sportivo: caffeina, insulina, Gh, testosterone, corticosteroidi, anabolizzanti, anestetici. Tutto nasce nella notte tra il 6 e il 7 giugno 2001, quando il Giro d'Italia è sconvolto a Sanremo da un blitz antidoping di circa 200 tra carabinieri del Nas e finanzieri inviati dalle Procure di Firenze e Padova. Un'azione anticipata il 27 maggio dai controlli dei Nas negli alberghi delle squadre nella zona di Montecatini. A Sanremo vennero controllate tutte le 20 squadre e trovati prodotti dopanti.La giustizia sportiva ha già comminato pene alla maggior parte dei corridori coinvolti nell'inchiesta. Pantani deve scontare 8 mesi di squalifica per possesso di una siringa di insulina, e proprio in questi giorni è attesa la decisione del Tas (Tribunale arbitrale sportivo di Losanna) che dovrà decidere se ridurre la sospensione, in vigore fino al 17 maggio e che, se confermata, costringerebbe il Pirata a saltare il Giro, in programma dal 10 di quel mese. Figueras ha appena finito di scontare 6 mesi per caffeina, Frigo è rientrato l'anno scorso dopo 9 mesi di stop. I reati in oggetto sono "a citazione diretta", dunque il pm Bocciolini ha rinviato direttamente a giudizio gli indagati, che hanno adesso 20 giorni di tempo per presentare memorie e produrre documenti in loro difesa per alleggerire la propria posizione o addirittura essere prosciolti da ogni accusa. Così è stato per Jan Ullrich, che ha dimostrato di aver assunto i farmaci, trovati in suo possesso e considerati dopanti, perché affetto dall'asma.

31 gennaio - INCHIESTA DI PADOVA, CONCLUSE LE PERIZIE: GOTTI &C SOTTO ACCUSAPADOVA - Anche a Padova il cerchio comincia a stringersi. Con la consegna della perizia tossicologica sui farmaci sequestrati fa un passo avanti anche l’indagine della Finanza nata da uno stralcio dell’inchiesta di Ferrara del pm Soprani e affidata al pm Paola Cameran che aveva portato nella scorsa stagione - fra le altre attività di indagine - al sequestro di farmaci sospetti sul camper del suocero di Ivan Gotti, durante il Giro d’Italia e ad un blitz mirato sulla Liquigas in contemporanea con quello dei Nas a Sanremo. La perizia - come già per i farmaci e le sostanze sequestrate dal pm di Firenze Bocciolini - confermerebbe la presenza di farmaci dopanti in parte del materiale acquisito. Un’inchiesta di grande spessore, condotta nel più grande riserbo, ma che promette sorprese clamorose. I primi rinvii a giudizio potrebbero partire già nella prossima settimana. Sarebbero più di quaranta e le ipotesi di reato vanno dalla ricettazione all'importazione illecita di farmaci dall'estero, all'esercizio abusivo della professione medica, dall’assunzione e spaccio di sostanze stupefacenti, alla violazione della legge antidoping. Nel registro degli indagati erano finiti fin da principio nomi eccellenti. Il più noto è quello di Ivan Gotti, due volte vincitore del Giro d’Italia. Ad inguaiare lo scalatore di San Pellegrino il blitz della Finanza al termine della tappa del Pordoi sul camper del suocero del corridore. Furono sequestrate siringhe monouso, soluzioni fisiologiche, dosatori, provette, preparati a base di caffeina e di cortisone, farmaci vari. Insomma, una sorta di farmacia. Nel successivo blitz a Sanremo fu perqwuisita la stanza del medico della Liquigas, Enrico Lazzaro e di cinque corridori: l'ucraino Sergej Gonchar, Denis Zanette, passati quest’anno nelle file della Fassa Bortolo, che aveva invece licenziato Dario Frigo per essere stato trovato durante la perquisizione del Nas a Sanremo in possesso di sostanze dopanti. E poi Gianni Faresin ex campione italiano Marco Zanotti e Ellis Rastelli. Una storia complessa di farmaci, prescritti dal medico e invece giustificati come medicamenti diversi sulle cartelle sanitarie. Gli indagati sarebbero nove per il momento: i suoceri di Ivan Gotti, Arcangelo Gamba e Ornella Maria Orsola Milesi, e il medico Aponense, ma nell’indagine figurano anche altri ciclisti professionisti, specialisti della mountain bike, dilettanti. Ad inchiodarli prove schiaccianti: intercettazioni ambientali, filmati.

3 febbraio - UNA RICERCA: ANABOLIZZANTI E STIMOLANTI PROVOCANO ARITMIE CARDIACHE ANCHE MORTALIMILANO - Doping e aritmie. Una correlazione che getta una nuova luce sui reali rischi che corre chi prende farmaci per migliorare le prestazioni sportive. Rischi di problemi cardiaci, come le aritmie anche gravi (tre volte più frequenti nell'atleta) che possono anche essere causa di morte improvvisa. Nasce dalla denuncia fatta questa mattina a Milano dal cardiologo trentino Francesco Furlanello (Centro di aritmologia clinica ed Elettrofisiologia, Istituto Policlinico San Donato) al convegno sul tema 'Aritmie Nell'Atletà, cui hanno preso parte farmacologi e

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specialisti in medicina dello sport. Le ultime scoperte in tema di genetica hanno messo in luce - ha detto il cardiologo Luigi De Ambroggi (Università di Milano) che esistono difetti genetici che all'apparenza non alterano il cuore (che appare quindi sano alle normali indagini) ma portano modificazioni a livello molecolare conferendo alle cellule caratteristiche che, sotto sforzo, possono indurre aritmia. A queste considerazioni, che giustificano i casi di 'morte improvvisa nell'atleta (negli Stati Uniti ne sono state calcolate una ogni 200 mila sportivi), si aggiungono quelle di Furlanello che negli ultimi 28 anni ha avuto modo "di studiare - ha detto - circa 2500 atleti con aritmie". "La mia non è una nuova scoperta - ha detto - ma la denuncia di effetti che la medicina conosce, che ho maturato confrontando la mia esperienza con altri, studiando gli effetti delle varie sostanze utilizzate dagli atleti per migliorare le performance". Furlanello è arrivato alla conclusione che "quasi tutte le sostanze illecite, cioè vietate dal Cio (non solo quelle dopanti, ma anche mascheranti) possono provocare a breve, medio e lungo termine aritmie di ogni tipo, anche severe e mortali". E sono tanti, troppi, oggi gli atleti che assumono sostanze, e non solo quelli che fanno sport agonistico: il cardiologo ha citato un dato francese secondo cui si dopa il 20% dei ciclisti fra i 15 e i 21 anni, mentre in Italia il 30% di 1056 atleti fra i 16 e i 35 anni ammette che possano essere usati farmaci per aiutare la prestazione e il 13% ne fa uso. Ancora: negli Usa un milione di atleti usa anabolizzanti, per un giro di affari calcolato in 300-500 milioni di dollari, mentre sempre negli Usa nel 2000 si sono verificati 114 casi di infarto cardiaco acuto dovuto a cocaina. Proprio la cocaina, anche se poco utilizzata nello sport, "provoca - secondo Furlanello - ben sei meccanismi aritmogeni. Per gli steroidi anabolizzanti ne sono stati scientificamente identificati quattro, diretti e indiretti: danno ipertensione e alterano il metabolismo lipidico (fanno aumentare il colesterolo cattivo e diminuire quello buono), possono favorire eventi tromboembolici, cardiomiopatia ipertrofica, soprattutto negli atleti di resistenza, ipernutriti". Anche i farmaci stimolanti (le anfetamine) presi per accrescere aggressività, sono "capaci di provocare - secondo il cardiologo - ogni tipo di aritmia (compreso il 'cuore matto') anche mortale, soprattutto durante l'attività sportiva. A lungo termine possono provocare cardiomiopatia dilatativa trasformando l'atleta in un vero cardiopatico cronico". L'eritropoietina (epo), assunta per aumentare l'apporto di ossigeno attraverso il sangue, "può provocare aumento della viscosità ematica, trombosi venosa e arteriosa, ictus, ipertensione arteriosa". Quindi il capitolo degli antiasmatici (salbutamolo, salmeterolo e altri), che vengono assunti per aumentare la massa muscolare e la forza fisica, ma che danno vari tipi di aritmia, soprattutto in soggetti predisposti. E Furlanello ha citato il caso di "una campionessa di volley che soffriva di aritmia e non sapeva perchè, fino a quando non mi ha confessato che prendeva il salbutamolo. Appena ha smesso è finita l'aritmia: miracolata!". Quella dell'asma, secondo il professore, "sembra una epidemia che colpisce soprattutto gli atleti partecipanti alle Olimpiadi". Ma l'elenco-denuncia di Furlanello non è finito: anche i betabloccanti sono sostanze illecite per l'atleta, assunte per ridurre tremore, ansia, ma anch'essi producono bradicardia e aritmie. Così come i diuretici che sono assunti per mascherare e diluire altre sostanze. Anche qui compaiono aritmie secondarie a disidratazione, soprattutto in presenza di cosomministrazione di anfetaminici, anabolizzanti e beta-agonisti. Infine il capitolo degli ormoni, da quello della crescita (Gh) all'insulina, che provocano aritmie sopraventricolari soprattutto in persone predisposte. Esiste perfino una "cardiomiopatia da Gh".

10 febbraio - SCANDALO GH: PER IL PROFESSOR MULLER "SOLO STRUMENTALIZZAZIONI"MILANO - A tre anni quasi dallo scoppio del famigerato scandalo del gh, l’ormone della crescita, che coinvolse azzurri e medagliati di nome subito dopo le Olimpiadi di Sydney, le risultanze dell’indagine commissionata all’epoca dall'ex ministro della sanità Umberto Veronesi hanno riacceso le polemiche. Lo studio coordinato dal prof. Eugenio Muller, direttore del dipartimento di farmacologia medica della Statale di Milano, illustrato  recentemente in una conferenza stampa a Segrate, ha rialzato il polverone sull’operato della vecchia commissione scientifica del Coni, azzerata, come noto, proprio in virtù dello scandalo scoppiato sul caso gh. Questa ricerca sarebbe approdata alla determinazione che dosare il livello di gh in un unico campione non avrebbe molto significato biologico e diagnostico per dimostrare che il soggetto ha assunto in modo improprio l'ormone della crescita o sostanze che ne determinano la liberazione. Avrebbe poco senso, insomma, se non si fanno ulteriori prove per verificare l'effetto a lungo termine del gh. Parole attribuite a Muller stesso. Ma il condizionale è d’obbligo, perché le conclusioni dello studio al quale hanno partecipato anche il prof. Marco Cappa, del Bambin Gesù di Roma e il prof. Alessandro Sartorio, primario endocrinologo dell'Istituto Auxologico di Milano, e ancora in itinere (è cominciato nel 2001 ed è stato prorogato fino al 2004) sarebbero state una volta di più strumentalizzate allo scopo evidente di sostenere le tesi dell’inattendibilità e dell’operato della vecchia commissione del Coni. Una tesi che aleggiava già nei corridoi dell'ente qualche settimana fa - ben prima della

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conferenza di Segrate - quando eminenti dirigenti promettevano “Clamorose rivelazioni” proprio dall’inchiesta di Muller. E che ovviamente adesso fa la gioia dell'Assist, l'associazione nazionale delle atlete. L'associzione attribuisce a Muller un "clamoroso errore di valutazione" a proposito di un suo precedente intervento sull'argomento gh. E una "doverosa marcia indietro".  "Solo strumentalizzazioni", ribatte lo studioso, seccatissimo dell’ennesimo fraintendimento. “Il fatto che in questa ricerca abbiamo constatato che in un numero limitato di casi i livelli basali dell’ormone gh possono essere elevati non vuol dire buttare nella spazzatura tutto quello che è stato fatto e detto nella vecchia commissione e   nelle indagini successive”, dice subito. “Nessun errore di valutazione, sia chiaro, nessuna marcia indietro. Anzi. I dati rilevati allora erano assolutamente preliminari, avrebbero dovuto essere approfonditi; ma la commissione fu sciolta troppo rapidamente. Inoltre, in quella relazione non si parlava di doping, ma che ci fosse la possibilità che livelli elevati di gh per gli atleti costituissero un grave rischio per la loro salute. Poi tutto è stato strumentalizzato, dal Coni, dai giornali, dai media. “In realtà – spiega ancora Muller – già negli studi fatti dalla vecchia commissione si era riscontrato come il livello elevato di gh potesse avere un significato pulsatorio. La ricerca era molto ampia: 538 soggetti, di cui 60 avevano valori elevati e la cosa interessante era che ad avere un valore maggiormente elevato erano le donne e in una percentuale sensibile: 36 casi su 124, il 30%. Il fatto che più allarmava era che questi valori elevati erano tutti raggruppati in 3-4 discipline, come il canottaggio, il nuoto, e il nuoto sincronizzato, la pallavolo. Discipline differenti per tipologia di allenamento e necessità di prestazione”. Già, se sono l’allenamento e l’intensa attvità fisico-agonistica a provocare la pulsatilità, cioè l’innalzamento dei valori del gh, questo si dovrebbe verificare per tutti gli atleti che si allenano intensamente. “Per noi era già una cosa preoccupante - dice Muller - soprattutto in chiave della salute degli atleti. C’erano dei punti oscuri da indagare: perché, ad esempio, su 10 pallavoliste 3-4 di esse avevano livelli assolutamente normali, pur essendosi sottoposte agli stessi allenamenti e allo stesso carico di lavoro?”. Per di più questi “segnali” erano stati confermati anche nella successiva indagine peritale richiesta dal pm di Torino Raffaele Guariniello. “Proprio così – conferma Muller – con l’aggiunta che oltre al gh c’erano anche altri parametri, come l’IGF BP1; IGFB P2, IGF BP3, ALS che segnalavano alterazioni potenzialmente pericolose per la salute. Era una evidente anormalità su cui si sarebbe dovuto indagare. Insomma, i dati di questa inchiesta erano in larga parte sovrapponibili a quelli della vecchia commissione”.E allora che significato ha l’inchiesta commissionata dall’ex ministro Veronesi? “Non mi sento di rigettare le osservazioni precedenti, soprattutto quelle della seconda fase, cioè della perizia approfondita fatta per il pm Guariniello. Tutto quello che si dice sui dati di questa indagine sfruttando e strumentalizzando alcuni valori basali elevati è solo determinato dalla voglia di suscitare diatribe che non condivido. Penso anche al Coni che si è affrettato a sciogliere la commissione per non farla lavorare, forse perché stava arrivando a conclusioni importanti. Ho la sensazione che si voglia coprire qualcosa. O, in ogni caso, indebolire la lotta al doping. Ma io non rinnego nulla”.

10 febbraio - LA DENUNCIA DI EMANUELA PIERANTOZZI: "MI HANNO EMARGINATA  E INTANTO IL DOPING STA CRESCENDO"ROMA - «Attenzione che le pratiche doping stanno riprendendo alla grande. Mi arrivano segnali precisi dagli sportivi». Ancora un allarme sulla farmacia proibita. Un allarme tanto più significativo in quanto viene da una medaglia olimpica, Emanuela Pierantozzi, bronzo a Sydney nella judo (categoria 78 chili), plurimedagliata nella sua lunghissima carriera sportiva al punto da meritare il titolo di cavaliere dal presidente Ciampi e la stella d’oro Coni, oltreché laureata in scienze motorie. La lotta è in stallo. Il Coni ha appena varato un mini-programma di test (circa 200), e ora si aggrappa - in parte a ragione - all’alibi della mancanza di fondi e della crisi economica; la Commissione di vigilanza (CVD) che dovrebbe far funzionare la legge antidoping (376/2000) al di fuori di una lista di sostanze vietate neppure esaustiva, non è riuscita ancora a concretizzare una sola iniziativa. Per non parlare dei controlli: ne erano stati annunciati 750 entro dicembre 2002. Non ne è stato fatto nemmeno uno. La ricerca è ferma perché con la legge Tremonti sono stati tagliati i fondi ai progetti già varati. Il Coni, è in perenne ritardo nel finanziamento che per legge deve corrispondere (circa 1 milione di euro l’anno). Insomma per chi vuole imbrogliare si aprono spazi inusitati. 

11 febbraio - IL FARMACOLOGO MULLER REPLICA: "ATTACCHI IMMOTIVATI, SE SI RIPETERANNO ADIRO' LE VIE LEGALI"MILANO - "Lo spirito con cui io e i miei colleghi abbiamo operato non è stato quello di mettere sotto accusa atleti e atlete italiani di alto livello, nè di fomentare sospetti o di gettare discredito su di loro, ma semplicemente

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quello di segnalare, coerentemente con il nostro ruolo di medici, la pericolosità di livelli ematici aumentati dell'ormone della crescita Gh. Una sostanza dotata di notevoli effetti biologici ma anche di azioni fortemente lesive". Così il farmacologo milanese Eugenio Muller risponde in una nota agli attacchi ricevuti dopo che, in un convegno svoltosi sabato al Centro polisportivo dell'Idroscalo di Segrate (Milano), ha illustrato i primi responsi della commissione di esperti nominata dall'ex ministro della Sanità, Umberto Veronesi, sul caso doping scoppiato alle Olimpiadi di Sidney del 2000. Lo specialista dice di essere stato "sottoposto a una serie di dichiarazioni di inusitata violenza da parte dell'Assist, Associazione nazionale atlete, e a segnalazioni tendenti a fuorviare e/o strumentalizzare i risultati riportati". Cosa che "ha generato confusione sui risultati precedentemente acquisiti, dapprima dalla commissione anti-doping del Coni e successivamente da una sottocommissione incaricata di indagini supplementari dall'autorità giudiziaria". Pertanto, chiariti gli intenti scientifici, "restituisco al mittente l'accusa che mi viene rivolta, di 'imperdonabile superficialità' e/o spaventosa e arrogante ignoranza, e non intendo affatto scusarmi con gli atleti né con chicchessia per il mio operato di ricercatore onesto", scrive Muller. Concludendo che se altri "attacchi personali, non sostenuti da alcuna motivazione razionale ma solo da feroce animosità, dovessero ripetersi, non esiterò a denunciare per calunnia i responsabili". 

11 febbraio - PROCESSO FERRARI: CHIAPPUCCI TESTIMONIA E CAMBIA ANCORA VERSIONEBOLOGNA - Nell'interrogatorio condotto dai carabinieri del Nas nel '98 Claudio Chiappucci disse che i puntini che lui stesso aveva segnato sulle tabelle di allenamento predisposte dal dott. Michele Ferrari avevano il significato di pastiglie sublinguali da prendere per respirare meglio sotto sforzo. Oggi - sentito come teste al processo per doping che vede come principale imputato davanti al giudice monocratico di Bologna Maurizio Passarini il dott.Ferrari - Chiappucci ha pero' detto che quei puntini significavano l'assunzione di aminoacidi. Contraddizione - fatta notare dal Pm Giovanni Spinosa - anche sugli asterischi segnati da Ferrari sulle tabelle di allenamento: cinque anni fa ai Nas il "Diablo" disse di non ricordare il significato, oggi ha detto che si trattava di aminoacidi ramificati. Anche molti altri ciclisti seguiti dal dott.Ferrari sentiti nelle precedenti udienze avevano spiegato che quegli asterischi significavano aminoacidi o assunzione di altre sostanze lecite. Tutti lo hanno detto tranne uno, Filippo Simeoni che un anno fa spiegò al giudice Passarini che il significato reale era quello di una assunzione di Andriol, un ormone proibito per i regolamenti sportivi. Chiappucci, che è stato seguito da Ferrari nel '97 quando correva nell' Asics proprio con Simeoni, si è giustificato sulle contraddizioni dicendo che quando venne sentito dai Nas nel marzo '98 non gli era stato dato il tempo di ricordare. Spinosa ha controbattuto sottolineando che l' interrogatorio ebbe una durata di 2 ore e 45 minuti.  Chiappucci ha comunque detto di non ricordare in che farmacia acquistava gli aminoacidi. Simeoni - ha ricordato a Chiappucci il giudice Passarini - disse che dopo essere stato dal dott.Ferrari che gli consigliò l'assunzione di sostanze vietate ne parlò con lei e Zaina, altro corridore dell'Asics seguito dal medico ferrarese. È difficile non avere ricordi, ha osservato il giudice: "Con Simeoni non siamo mai andati insieme a fare i test", ha risposto il Diablo. Passarini ha anche ricordato a Chiappucci che nel '97 fu sospeso due volte a tutela della salute perché' aveva superato il livello di 50% di ematocrito: "Mi hanno spiegato che raggiunsi quei livelli di ematocrito - ha spiegato l'ex corridore varesino - per le infiltrazione a cui venivo sottoposto per problemi articolari". Prima di allontanarsi dal Tribunale ai giornalisti che hanno cercato di intervistarlo, Chiappucci - che non si era presentato fino ad oggi a testimoniare malgrado le numerose convocazioni - ha detto: "Scrivete quello che volete, lo avete sempre fatto. Verranno tempi migliori per il ciclismo". C'è stata anche la scontata unificazione della tranche ferrarese dell'inchiesta sul medico sportivo, che è anche preparatore di Lance Armstrong, con il processo in corso a Bologna. Tra l'altro nel corpo principale dell'inchiesta di Ferrara, quella che vede il prof. Francesco Conconi imputato di frode sportiva, ci sono i valori di ematocrito di Chiappucci che variano da un minimo di 35,7 per arrivare ad un massimo di 60,7, con una variazione del 70%. E proprio l'audizione di cinque testi del filone ferrarese che dovevano essere sentiti oggi è saltata per difetti di notifica. Di conseguenza è saltata anche l'udienza in programma domani. Il processo riprenderà allora il 15 e il 16 aprile, quando verranno sentiti i cinque testi e dovrebbe cominciare anche l'esame degli imputati oltre ad esserci la discussione su alcune richieste di integrazione probatoria.

14 febbraio - MORBO DI LOU GEHRIG, IL CALCIO UCCIDE? GUARINIELLO APPROFONDISCE L'INDAGINETORINO - Sono saliti a 46 (di cui tredici mortali) i casi di morbo di Lou Gehrig al vaglio della Procura di Torino nell'ambito dell'indagine epidemiologica sulle malattie professionali dei calciatori. L'ultimo è stato

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raccolto nei giorni scorsi e riguarda un calciatore, Adriano Lombardi, 57 anni, centrocampista, che ha giocato in Serie A con il Como (stagione '81-'82) e l' Avellino ('78-'79), la cui vicenda è stata rivelata da "Repubblica". Il morbo di Lou Gehrig (ovvero Sla, sclerosi laterale amiotrofica dei neuroni motori) distrugge progressivamente l'apparato muscolare. Il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, attraverso perizie e testimonianze, sta cercando di capire se la sua insorgenza sia legata all'assunzione di farmaci o a particolari modalità di allenamento o preparazione atletica. Lombardi sarà sentito quanto prima. Intanto ai periti del pm è stato posto un altro quesito: «Accertare se i casi di Sla sin qui riscontrati siano stati causati dall'attività sportiva». Già ascoltato l'attuale allenatore della Juventus, Marcello Lippi, e gli ha posto delle domande su due giocatori stranieri, un austriaco e un argentino, che negli anni Settanta hanno giocato con lui nella Sampdoria e che pare abbiano avuto, una volta tornati in patria, problemi di salute. Sui venticinquemila calciatori esaminati dagli anni '60 a oggi, i casi di Sla "attesi" in base alle medie nazionali della popolazione erano meno di uno: precisamente 0,61. Invece se ne sono scoperti 33, di cui 13 mortali (8 precedenti al 1996, ben 25 negli ultimi sette anni). Altri dati abnormi (ma molto meno) sono quelli dei tumori all'apparato digerente (colon, fegato, pancreas): tra gli ex calciatori la loro incidenza è doppia rispetto al resto della popolazione. Molti testimoni, fra cui Lippi e Morini, hanno parlato di flebo, Voltaren, infiltrazioni al ginocchio in caso di infortuni. E proprio queste pratiche mediche, altamente sospette, sono - secondo i consulenti del pm - in cima alla lista delle possibili cause del fenomeno. Insieme ai micro-traumi causati da certi sistemi di allenamento e da alcuni tipi di infortunio caratteristici di chi gioca al calcio. «Sembra proprio che questa sindrome si presenti come una malattia professionale del calciatore», aggiunge Guariniello, «ma l'ultima parola spetta ai nostri esperti. Per ora l'unico dato certo è che per chi gioca a calcio il rischio di contrarre la Sla è altissimo. Dobbiamo compiere il passo successivo: scoprire come prevenirlo». L'aspetto giudiziario diventa quasi marginale. Ma c'è anche quello: tredici fascicoli aperti per omicidio colposo. Contro ignoti, per ora.

18 febbraio - MONDIALI SCI DI FONDO, ANCORA IL FANTASMA DEL DOPING: DUE ATLETE FERMATE PER VALORI EMATICI SBALLATICAVALESE - L' ombra del doping torna a gravare sullo sci di fondo dopo i disastrosi precedenti dei mondiali di Lahti 2001 e dei Giochi di Salt Lake City 2002. Ancora prima del via ufficiale dei mondiali in val di Fiemme lo spettro si è riaffacciato su questo sport, rischiando di danneggiarne ulteriormente un'immagine, già compromessa. Un'ora prima del via della 15 km donne a tecnica classica che ha aperto la rassegna iridata, sono state fermate due fondiste di primo piano con valori di emoglobina fuori norma: la finnica Kaisa Varis, 27 anni, una delle poche miracolate nella squadra nazionale falcidiata dal doping ai mondiali di due anni fa e che in Trentino difendeva il bronzo di Lahti, e la bielorussa Svetlana Nagejkina, 37 anni, campionessa olimpica in staffetta a Calgary '88 con la Russia. «Pensavamo che questi in val di Fiemme potessero essere i primi mondiali puliti - commenta l' ex ct azzurro Alessandro Vanoi - purtroppo questo episodio creerà ulteriori problemi di immagine a tutto lo sci di fondo. Ancora una volta al centro di queste situazioni troviamo un atleta finlandese: si vede che la lezione di due anni fa non è bastata e quindi bisognerà inasprire le pene, come gli stessi atleti hanno chiesto alla federazione internazionale in una riunione svolta lo scorso anno ad 0slo». Non a caso Cristian Zorzi, il fondista di punta della nazionale italiana, alla vigilia della competizione iridata della val di Fiemme aveva auspicato la "morte sportiva" di un atleta dopato. "Sono sempre le solite nazioni a venire scoperte - dice - forse è arrivato il momento di metterci definitivamente rimedio". Non si conosce il valore di emoglobina della bielorussa mentre quello riscontrato a Kaisa Varis è di 16.4 (il limite Fis è di 16). È chiaro che ciò non significa automaticamente uso di doping (eritropoietina o sostanze simili), anche se variazioni superiori al 10% (compreso l’errore della macchina di analisi) non sono spiegabili fisiologicamente se non con vere e proprie patologie. Trattandosi di una "marker" indiretto, dunque, la Fis, la federsci internazionale, esclude gli atleti che non superano i test dalle gare per tutelarne la salute, con uno stop agonistico di cinque giorni. In questi cinque giorni le atlete saranno sottoposte a nuovi controlli. «Mi dispiace per queste due ragazze - ha commentato la norvegese Skari Martinsen, vincitrice oggi della prima medaglia d'oro dei mondiali - ma le regole della Fis sono ben precise. Per me non è un caso di doping ma di emoglobina alto e tra qualche giorno potremo rivedere queste ragazze tornare a gareggiare in questi mondiali». Ma la spiegazione offerta dal clan finlandese della Varis, presentatasi ad una imbarazzata conferenza stampa, e cioè che l’emoglobina sia salita per via della tanda ipobarica nella quale avrebbe dormito negli ultimi tempi. La tenda, simulando con la bassa pressione l’altura, stimola la produzione endogena di globuli rossi (ematocrito), dunque anche di emoglobina. Tale tecnica figura fra le pratiche da vietare secondo la legge italiana, che ha recentemente messo a punto la lista ufficiale di ciò che è vietato in tema di doping. Gli scandinavi, ancora una volta al centro delle polemiche, hanno tentato una difesa

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disperata. Il precedente scandalo è infatti costato alla federazione 3,2 milioni di euro per la perdita di sponsor. A Cavalese il presidente della federazione sci della Finlandia Seppo Rehunen ha rilanciato e contestato il sistema di controllo dell'emoglobina per gara. «Su venti campioni al via in una competizione - ha detto - almeno quattro sono fuori regola. Per questo occorre cancellare l'attuale sistema Fis, perché poco attendibile, ed introdurre uno screening completo e il doppio esame sangue-urine». In realtà è quanto avvenuto nel caso Varis, come ha poi confermato lo stesso presidente, a denti stretti, rispondendo ad una domanda. Il valore di 16.4 è infatti emerso ieri in un controllo del sangue cui è stata sottoposta tutta la squadra finlandese. Un esame certosino, con prelievi anche di campioni di urina. «Quindici ore prima - ha detto Rehunen - i valori di Kaisa erano di 15.5. Non sappiamo capire questa differenza». Ma già la cura con cui vengono fatti e ripetuti questi controlli la dice lunga. Infatti, con l’avanzare della stagione e degli sforzi atletici emoglobina ed ematocrito tendono a scendere, dunque non ci sarebbe bisogno di verifiche continue. Ameno che non ci siano stimolazioni esterne. Atteggiamento da fotomodella con un caschetto che le copriva metà viso, sguardo che si muoveva nella sala e a tratti un leggero sorriso, la fondista finnica - uscita indenne dal ciclone doping che colpì la sua squadra due anni fa - è stata bersagliata dai flash per una decina di minuti. Poi ha chiarito di aver chiesto al suo allenatore cosa potrebbe aver fatto salire il valore della sua emoglobina. «MI ha risposto che probabilmente è’ stato il soggiorno nello chalet alpino a Jyvaskyla. Alla vigilia della partenza ci siamo accorti che la macchina era stata tarata per simulare un soggiorno tra i 2.000 e i 3.000 metri quota. Troppo, ma ormai era tardi. Purtroppo non siamo ancora esperti in quest'ultima pratica».Per l' allenatore Ismo Hamalainen la Varis potrà ritornare a gareggiare sabato (nella doppia combinata) al termine dei cinque giorni di blocco agonistico. Proprio alla vigilia di Fiemme 2003 organizzatori e Fis avevano annunciato 250 controlli sugli atleti del fondo e della combinata nordica, oltre a quelli tradizionali sui primi quattro classificati di ogni gara e due a sorteggio. Tutti i prelievi sono inviati per le analisi al laboratorio di Losanna della Wada. È inoltre presente un team di sei esperti dell'agenzia antidoping mondiale incaricato di controlli a sorpresa alle varie nazionali. Ciò che è già avvenuto nelle scorse settimane con Italia, Germania e Norvegia.

19 febbraio - MUORE PER L’EFEDRINA UN GIOCATORE DI BASEBALL USAFORT LAUDERDALE - L’efedrina, uno stimolante vietato dal Cio e dalla Lega professionistica nordamercana di football Usa, ma consentito nella Lega nordamericana di baseball, ha contribuito certamente alla morte di Steve Bechler, 23enne lanciatore del Baltimora Orioles, deceduto lunedì mattina durante un allenamento in Florida. Lo ha dichiarato il medico legale, Joshua Perper che ha effettuato l’autopsia del giocatore, colpito da insolazione domenica e poi deceduto lunedì. Il medico ha specificato che un integratore assunto per dimagrire e contenente efedrina è stato il fattore determinante nell’episodio di insolazione di cui è stato vittima domenica durante l’allenamento. L’autopsia ha rivelato con evidenza un mal funzionamento del fegato e uno stato di ipertensione, assieme ad una modesta quantità di cibo nello stomaco, che provava il fatto che Bechler fosse a dieta. Steve Bechler, dopo l’insolazione era stato ricoverato nella notte di domenica presso l’unità di cura intensiva della clinica North Ridge in Florida. Il quotidiano Baltimora Sun, citando fonti anonime aveva rivelato nella sua edizione di lunedì che un flacone di capsule di un integratore al base di efedrina era stato rinvenuto fra i vestiti del giocatore. Il medico legale ha specificato che nel corso di tre differenti interrogatori aveva saputo che la vittima aveva assunto tre capsule poco prima dell’allenamento. Bechler, una speranza della formazione, era crollato dopo un allenamento molto duro sotto il sole. «Delirava», aveva dichiarato il suo compagno Matt Riley, fra i primi a soccorrerlo.  20 febbraio - BLITZ AL GIRO 2001: 51 RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO; ANCORA GUAI PER PANTANI E FRIGO  FIRENZE - Cinquantuno rinvii a giudizio. Un documento di 34 pagine fitto di nomi e accuse. Ecco le richieste di accusa del pm di Firenze Luigi Bocciolini al termine delle indagini cominciate con le perquisizioni negli alberghi di Montecatini, sedi di tappa del Giro d'Italia 2001 e culminate con il blitz di Sanremo i 6 giugno 2001. In quella occasione, in una notte di tregenda i Nas di Firenze sequestrarono una vera e propria santabarbara di sostanze dopanti. Dalla rosa di oltre cento indagati è uscito un elenco ristretto di 51 fra atleti, suiveurs, preparatori, tecnici per i quali Bocciolini ha chiesto il rinvio a giudizio per una serie di pesanti reati che vanno dalla violazione della legge sul doping (376/2000) a quella sull'illecito sportivo, alla somministrazione di farmaci dannosi per la salute all'abuso di professione medica e/o farmacistica, alla ricettazione. Tra gli indagati i nomi di maggior spicco finiti nella rete sono quelli di Marco Pantani e Dario Frigo, maglia rosa in quel Giro sciagurato.  Ai corridori indagati, dopo il sequestro di alcune sostanze a Montecatini e il blitz a Sanremo, la procura contesta i reati di aver assunto o essersi procurato sostanze che la legislazione sportiva considera dopanti

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e quello di frode sportiva, aggravata dal fatto che al Giro erano associate regolari scommesse tramite enti riconosciuti dallo stato. A direttori sportivi, tecnici e preparatori atletici, in tutto una decina, oltre al concorso in questi due reati Bocciolini contesta anche l' esercizio abusivo della professione di farmacista e il reato di "somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica" (articolo 445 del codice penale). In pratica, secondo la procura, la somministrazione sarebbe avvenuta in assenza di reali patologie e di qualsiasi controllo medico e quindi in modo pericoloso per la salute dei ciclisti.Le sostanze sequestrate dai Nas a Montecatini e al centro dell' inchiesta coprono l' intero arco del doping sportivo: caffeina, insulina, Gh, testosterone, corticosteroidi, anabolizzanti, anestetici. Nell' elenco degli indagati sono rimasti, fra gli altri, alcuni dei principali atleti impegnati nel Giro, fra cui Dario Frigo e Marco Pantani, che nel luglio scorso comunque era stato assolto dalla giustizia sportiva in appello per una vicenda analoga collegata al blitz dei Nas. L'assoluzione, però non era stata riconosciuta dalla federazione internazionale che ammette come tribunale d'appello solo il Tas, che si dovrà esprimere sull'intera vicenda riguardante il Pirata entro il 27 prossimo. Sono ventotto complessivamente le parti lese, che all' eventuale processo potrebbero costituirsi in giudizio. Oltre al ministero dell' economia e delle finanze, ci sono il Coni, la Federazione ciclistica italiana, quella internazionale e i responsabili delle varie squadre che partecipavano al giro e a cui appartenevano i ciclisti indagati. E, ancora, la Snai (scommesse sportive), la Rcs, la Rai e, per i consumatori, il Codacons. Adesso bisognerà vedere quanti nel mondo sportivo avranno il coraggio di reclamare i propri diritti, dando così un segnale inequivocabile di taglio con un triste passato. Il processo si annuncia comunque lungo e complesso. Tra i 51 nomi raggiunti dall' avviso di conclusione delle indagini preliminari, ci sarebbero - oltre a Pantani, il suo ex massaggiatore Pregnolato e Frigo - molti spagnoli (tra i quali Arrieta, De Galdeano, Fernandez, Latasa Lasa, Osa Eizaguirre e Odriozola), l'olandese Blijlevens, il ceco Pavel Padrnos, il messicano Perez Cuapio, un ds del peso di Gianluigi Stanga e corridori come Giuseppe Di Grande, Alberto Elli, Ermanno Brignoli, Giuliano Figueras, Giovanni Lombardi, Renzo Mazzoleni, Giampaolo Mondini, Andrea Peron, Mariano Piccoli, Maximilian Sciandri, Stefano Zanini e Antonio Varriale (quest'ultimo nella primavera scorsa fu arrestato nell'ambito dell'inchiesta di Brescia). Cinquantuno indagati nella rete non rappresentano certo una esatta fotografia della diffusione del doping nel plotone. Sono tanti, infatti i corridori e i suiveurs che sono riusciti a   evitare il peggio. Ricordiamo, infatti, che al diffondersi della notizia delle perquisizioni, in molti alberghi siringhe e prodotti vietati sono volati dalle finestre. E non ha giocato a favore della sorpresa il fatto che, almeno in un albergo pochi minuti prima dei Nas  avessero compiuto una analoga perquisizione (mirata però solo ad una squadra, la ex Liquigas) i militari della Guardia di Finanza di Padova. Per Pantani, se sarà riconosciuto colpevole il rischio è una condanna da tre mesi a tre anni. Il che vorrebbe dire matematicamente la fine di una carriera ormai da tempo sul viale del tramonto. Al Pirata viene contestato anche il contenuto di un sacchetto contenente, fra l'altro, siringhe all'insulina che il suo massaggiatore tentava di far scomparire all'arrivo del Nas. Per Frigo ci sono i cerotti al testosterone e il gh ad inchiodarlo alle sue responsabilità. Proprio ora che, dopo la buriana di circostanza, era da poco rientrato nelle fila della stessa Fassa Bortolo che, ad opera del suo manager, Giancarlo Ferretti, lo aveva ignominiosamente cacciato nelle giornate calde del Giro 2001. Un esempio di coerenza e di limpidezza da additare ai posteri.

UN PASSO STORICO: I GOVERNI UNITI NELLA LOTTA CONTRO IL DOPING, MA LA STRADA È ANCORA LUNGA... Marzo 2003 - "Quello che abbiamo dietro è il medioevo della lotta al doping; quello che viviamo è un nuovo rinascimento, ed ora ci accingiamo ad entrare finalmente nell’era moderna". Trasuda orgoglio e soddisfazione il bilancio finale della conferenza mondiale sul doping nello sport, di Jacques Rogge, il presidente del Cio, il comitato olimpico internazionale. E, in effetti, la tre giorni mondiale di Copenhagen ha portato ad un grosso risultato. Politico, prima che sportivo. I governi si sono resi finalmente conto dell’importanza del problema doping nello sport e nella società ed hanno deciso di cooperare per lottare insieme. Approvano, dunque, il codice unico che prevede regole e sanzioni uguali per tutti. Cercheranno di uniformare le proprie leggi nella direzione da questo indicata. Coopereranno per una convenzione internazionale comune. Per ora in coda alla risoluzione finale che prevede un forte impegno c’è la firma di 50 paesi; quelli "sportivamente" più importanti ci sono tutti, Italia fra i primi. Altri 23 firmeranno a breve. Ma la porta è aperta fino a Torino 2006: si conta – un po’ ottimisticamente - di arrivare a 150 nazioni. In ogni caso, il dado è tratto. Indietro non si torna. E questo è un buon passo in avanti. Piccolo, ma storico e importantissimo. Ora spetterà alle organizzazioni sportive, alle federazioni internazionali dare il proprio assenso. Promettono di sottoscrivere tutti, compresa la Fifa, la potente federazione del calcio internazionale, dopo che la commissione speciale, concordata in questi giorni con l’Ama,

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avrà messo a punto il meccanismo del minimo della pena, fissato a 2 anni per tutti gli sport, ma che in casi eccezionali (che saranno specificati proprio da questa commissione) potrà essere anche inferiore. Il codice, infatti, non è un "assoluto", ma, come lo ha definito Dick Pound, il dinamico presidente dell’Ama che lo ha fortemente voluto, "una creatura che può e deve evolversi e crescere". Atleti e organizzazioni sportive che non lo accetteranno, comunque, saranno fuori dal movimento olimpico: niente Giochi. L’accordo per le componenti sportive dovrà avvenire prima di Atene 2004. L’applicazione effettiva del codice nel 2006. Passo storico, dunque, anche se qualche motivo per riflettere resta ancora. Uno su tutti: la tanto sbandierata ricerca di una uguaglianza  e di un'armonizzazione delle regole e delle pene nel consesso olimpico - tutti gli atleti uguali di fronte alla "legge" - resta al momento un obbiettivo da raggiungere nella sua totalità. Le eccezioni - poche ma clamorose - prodotte dal semplice "invito" e non dall'obbligo di aderire al nuovo codice per le grande organizzazioni professionistiche di Usa e Canada (baseball, football, hochey ghiaccio, principalmente) rischiano di creare più di qualche problema. In buona sostanza un giocatore di baseball può anche rifiutarsi di sottoporsi alla "routine" dei controlli della Wada per tutto il quadriennio olimpico, magari mettendosi a disposizione solo in vicinanza dell'impegno agonistico. "Chi glielo va a dire ad Armstrong che lui è diverso dai suoi connazionali di football e baseball?", fanno sapere - non senza un pizzico ci ragione dall'Uci, la federazione ciclistica internazionale. La scappatoia c'è già ed è rappresentata dai quei "casi eccezionali" di doping non intenzionale di cui una speciale commissione cui prenderà parte anche la Fifa, definirà a breve la casistica dettagliata. Insomma quello che avrebbe dovuto essere un punto di arrivo, sarà invece un punto di partenza. Ma il passo compiuto è comunque importantissimo. Se sarà davvero l'inizio di una nuova era lo dovranno dimostrare adesso tutti i dirigenti sportivi. I governi la loro piena adesione l'hanno data e questo cambierà certamente gli equilibri in campo, dando alla Wada, la cui caratura sopranazionale dovrebbe passare attraverso il riconoscimento ufficiale dell'Unesco (il che semplificherebbe molto i rapporti con gli Stati) un grande potere. Il meccanismo di controllo del doping si sposta sempre più al di fuori del mondo dello sport, come era auspicabile. Al Cio resteranno - se vorrà - solo le Olimpiadi. Alle federazioni internazionali e nazionali i test che vorranno. Ma su tutto vigilerà la Wada, che avrà il massimo potere. Forse a qualcuno dei vecchi dirigenti sportivi la cosa non piacerà del tutto. E forse per questo già circolano voci di un tentativo di formare una sorta di "dependance" europea della Wada;  la tesi è: il vero antidoping si fa in Europa . Ma certe manovre del passato risultano più difficili adesso che si sta diffondendo a livello governativo una coscienza più dettagliata e precisa di cosa significhi il doping nello sport, nella società e fra i giovani. E comunque chi non ci sta dovrà venire allo scoperto; dire no. E allora si capirà chi è davvero contro il doping e invece chi fa solo finta di imbastire una lotta cui in realtà tiene pochissimo. In ogni caso, adesso Rogge promette severità: niente sconti a chi non aderisce, saranno fuori dai Giochi. Ma l'ipotesi, ad esempio che possa essere lasciato a casa - ad esempio - il "Dream team" di basket, quando all'epoca l'ex presidente Samaranch avrebbe fatto carte false pur di averlo ai Giochi, visto che trascinava un'ingente fetta di diritti tv, appare davvero esile. Si troverà un compromesso, molto probabilmente. Le cose da fare sono ancora tantissime perché gli atleti non siano più "laboratori chimici ambulanti", come ha detto Pound. A cominciare dalla messa a punto degli standard dei laboratori (cancellata ieri una sostanza vietata: la sinefrina; ciò che rende già obsoleta la lista varata dopo due anni di faticose discussioni dalla CVD, la commissione di vigilanza sul doping della legge 376/2000…). Per finire all’accelerazione della ricerca: il doping genetico batte alle porte e siamo ancora alla dichiarazione di intenti. Pound ha perfino accennato alla possibilità non del tutto irreale di creare una rete di "infiltrati" per conoscere e scardinare dall’interno un meccanismo che è lo stesso o quasi della mafia o della delinquenza comune. E, in effetti, a questo tema sta pensando anche il sottosegretario Pescante con una proposta di modifica della legge antidoping che preveda la possibilità dell’acquisto simulato e limiti inferiori di possesso di sostanze vietate per fare scattare lo spaccio. Più forza a chi indaga, insomma. Iniziativa non disprezzabile. Peccato, però, che l’Italia in questo quadro felice, figuri penosamente in debito. Il nostro beneamato governo non ha versato la sua quota (circa 505 mila euro) per il funzionamento dell’Ama. Come alcune nazioni del terzo mondo. Hanno pagato gli Usa, che questo nuovo codice hanno digerito a fatica per il peso della loro componente professionistica: football e baseball sono semplicemente "invitati" ad aderire (ma – ripete fermo Rogge - chi non accetterà il Codice non farà i Giochi); ha dato il suo contributo (volontario) il Vaticano che non ha atleti se non nello spirito. L’Italia resta in "sur place". Una brutta figura che Tremonti &C potevano risparmiarci.

3 marzo - IL CONGRESSO MONDIALE ANTIDOPING: LA DIFFICILE VIA DELL'ARMONIZZAZIONE

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COPENHAGEN - Da oggi a Copenaghen il mondo dello sport e della politica si interroga sulle strategie da intraprendere sul problema che è ormai ritenuto universalmente il vero flagello dello sport moderno: il doping. Il congresso mondiale della Wada, l´organizzazione antidoping di cui fanno parte rappresentanti del Cio e dei vari governi mondiali, dopo un vasto lavoro di revisione da parte di tutte le componenti sportive e governative delle vecchie norme, è riuscita a costruire un Codice unico che punta a un obbiettivo: armonizzare le regole e le pene, creare un quadro di riferimento per la lotta al doping valido per tutti i paesi aderenti al movimento olimpico, spingere i governi ad atti concreti per sostenere e incrementare prevenzione e sanzioni. La proposta, la prima nella storia dello sport mondiale, è interessante e ricca di possibili sviluppi positivi, ancorché di difficile realizzazione, specie in paesi - come gli Usa - dove la dimensione professionale dello sport ha da sempre costituito un freno per non dire un vero e proprio blocco alla lotta contro la farmacia proibita (negli Usa l´antidoping è praticamente inesistente). Imbarazzi ed esitazioni sono emersi anche nei lunghi mesi attraverso i quali è stato elaborato il nuovo codice. Principalmente dalle federazioni professionistiche: la Fifa, per il calcio, e l´Uci per il ciclismo su tutti. Nel tennis i giocatori non vogliono sentir parlare di antidoping. Però, se passerà il documento-dichiarazione finale, che i rappresentanti dei governi e dello sport mondiale sono chiamati a firmare alla conclusione della tre giorni danese, dovranno adeguarsi anch´essi. Pena: l´esclusione dai Giochi olimpici. Il nuovo codice, infatti, dovrebbe entrare in vigore per Atene 2004. Sul piano delle regole ci sono alcune interessanti novità. Viene inasprito il concetto di doping: costituito dalla presenza nei prelievi corporali (urina, sangue, capello) di sostanze vietate, dei loro metaboliti e - questa la novità - dei loro "marker". Basteranno i "segnali", a posteriori, inequivocabili, dell´uso di una sostanza vietata per essere condannati. Le regole del codice saranno obbligatorie anche per gli organizzatori di grandi manifestazioni sportive. L´atleta sarà responsabile di qualsiasi sostanza vietata verrà trovata nei suoi test e, se dichiarato positivo, sarà soggetto a una serie di "controlli di riabilitazione". Novità anche negli sport di squadra. Qualora più di un membro abbia infranto le regole, l´intero team sarà sottoposto a controlli mirati. La presenza, l´uso e il possesso di sostanze vietate vengono puniti con due anni alla prima infrazione e squalifica a vita alla seconda. Ma sulle pene, per le quali sono previste anche riduzioni (specie per chi collabora), si annuncia battaglia. Fu proprio lì che fallì la conferenza mondiale di Losanna nel '99. Ora si spera di fare il grande passo dell´armonizzazione attraverso l´approvazione di un codice unico che fa riferimento a una serie di standard internazionali: laboratori, elenco delle sostanze, modalità di controllo. Ma l´antidoping agonistico rappresenta solo parte del problema perché riguarda una piccolissima percentuale di praticanti, mentre il vero dramma dei farmaci proibiti è l´attuale diffusione nella grande massa, come mettono in rilievo i centinaia di sequestri di prodotti vietati da parte dell´autorità giudiziaria, le decine di processi e drammatiche testimonianze. Che ruolo avrà la Wada? Riuscirà a sollecitare i governi per ottenere un impegno tale da indagare e contrastare la rete malavitosa dei traffici internazionali? Il presidente Dick Pound è convinto di sì: «E´ il miglior codice che abbiamo mai costruito insieme».

4 marzo - ANTIDOPING MONDIALE, VERSO UN ACCORDO, MA SLITTA L'APPLICAZIONE DEL CODICECOPENHAGEN – Il nuovo codice antidoping internazionale (clicca qui per un breve riassunto delle novità più importanti), in discussione nella conferenza mondiale di Copenhagen, passerà. Ma, quanto alla sua effettiva applicazione bisognerà attendere. Non si farà certamente in tempo per Atene 2004, e forse neppure per Torino 2006. Più probabile Pechino 2008. Ma la strada è tracciata e, come ha sottolineato il presidente del Cio Jacques Rogge, ribadendo che i paesi che non lo accetteranno non potranno più organizzare i Giochi: “È una vera pietra angolare nella lotta al flagello sportivo del secolo”. Lo dice anche la grande partecipazione: 200 paesi in rappresentanza di 5 continenti e almeno altrettanti i comitati olimpici nazionali. Ma ci vorrà tempo. Lo chiedono, pur aderendo in linea di massima al disegno, le grandi federazioni professionistiche internazionali: calcio, ciclismo e tennis, in disaccordo soprattutto con l’entità della prima squalifica (due anni al minimo). “È un codice in divenire; in futuro aggiustamenti saranno possibili”, dice il presidente della Wada, Pound. Mentre malumori evidenti  - dello stesso Rogge e della Francia, soprattutto - sono emersi nei confronti delle grandi leghe professionistiche americane (baseball, football e hockey ghiaccio) che la Wada sollecita con un semplice “invito” ad aderire, senza alcun potere più concreto, trattandosi di organizzazioni di assoluto stampo privatistico. La Wada assicura che farà pressione sui rispettivi governi per armonizzare, ma non sarà  facile. L’Italia - anticipa il sottosegretario con delega allo sport Mario Pescante – è sul fronte del si. 

5 marzo - UN PASSO STORICO: I GOVERNI APPROVANO IL CODICE ANTIDOPING

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COPENHAGEN – "Quello che abbiamo dietro è il medioevo della lotta al doping; quello che viviamo è un nuovo rinascimento, ed ora ci accingiamo ad entrare finalmente nell’era moderna". Trasuda orgoglio e soddisfazione il bilancio finale della conferenza mondiale sul doping nello sport, di Jacques Rogge, il presidente del Cio, il comitato olimpico internazionale. E, in effetti, la tre giorni mondiale di Copenhagen ha portato ad un grosso risultato. Politico, prima che sportivo. I governi mondiali si rendono finalmente conto dell’importanza del problema doping nello sport e nella società ed hanno deciso di cooperare per lottare insieme. Approvano, dunque, il codice unico che prevede regole e sanzioni uguali per tutti. Cercheranno di uniformare le proprie leggi nella direzione da questo indicata. Coopereranno per una convenzione internazionale comune. Per ora in coda alla risoluzione finale che prevede un forte impegno c’è la firma di 50 paesi; quelli "sportivamente" più importanti ci sono tutti, Italia fra i primi. Altri 23 firmeranno a breve. Ma la porta è aperta fino a Torino 2006: si conta – un po’ ottimisticamente - di arrivare a 150 nazioni. In ogni caso, il dado è tratto. Indietro non si torna. E questo è un buon passo in avanti. Piccolo, ma storico e importantissimo. Ora spetterà alle organizzazioni sportive, alle federazioni internazionali dare il proprio assenso. Promettono di sottoscrivere tutti, compresa la Fifa, la potente federazione del calcio internazionale, dopo che la commissione speciale, concordata in questi giorni con l’Ama, avrà messo a punto il meccanismo del minimo della pena, fissato a 2 anni per tutti gli sport, ma che in casi eccezionali (che saranno specificati proprio da questa commissione) potrà essere anche inferiore. Il codice, infatti, non è un "assoluto", ma, come lo ha definito Dick Pound, il dinamico presidente dell’Ama che lo ha fortemente voluto, "una creatura che può e deve evolversi e crescere". Atleti e organizzazioni sportive che non lo accetteranno, comunque, saranno fuori dal movimento olimpico: niente Giochi. L’accordo per le componenti sportive dovrà avvenire prima di Atene 2004. L’applicazione effettiva del codice nel 2006. Passo storico, dunque, anche se qualche motivi per riflettere resta ancora. Uno su tutti: la tanto sbandierata ricerca di una uguaglianza  e di un'armonizzazione delle regole e delle pene nel consesso olimpico - tutti gli atleti uguali di fronte alle regole - resta al momento un obbiettivo da raggiungere nella sua totalità. Le eccezioni - per poche ma clamorose - prodotte dal semplice "invito" e non dall'obbligo di aderire al nuovo codice per le grande organizzazioni professionistiche di Usa e Canada (baseball, football, hochey ghiaccio, principalmente) rischiano di creare più di qualche problema. In buona sostanza un giocatore di baseball può anche rifiutarsi di sottoporsi alla "routine" dei controlli della Wada per tutto il quadriennio olimpico, magari mettendosi a disposizione solo in vicinanza dell'impegno agonistico. "Chi glielo va a dire ad Armstrong che lui è diverso dai suoi connazionali di football e baseball?", fanno sapere - non senza ragione dall'Uci, la federazione ciclistica internazionale. La scappatoia c'è già ed è rappresentata dai quei "casi eccezionali" di doping non intenzionale di cui una speciale commissione cui prenderà parte anche la Fifa, la potente organizzazione calcistica mondiale, definirà a breve la casistica dettagliata. Insomma quello che avrebbe dovuto essere un punto di arrivo, sarà invece un punto di partenza. Ma il passo compiuto è comunque importantissimo. Se sarà davvero l'inizio di una nuova era lo dovranno dimostrare adesso tutti i dirigenti sportivi. I governi la loro piena adesione l'hanno data e questo cambierà certamente gli equilibri in campo, dando alla Wada, la cui caratura sopranazionale dovrebbe passare attraverso il riconoscimento ufficiale dell'Unesco (il che semplificherebbe molto i rapporti con gli Stati) un grande potere. Il meccanismo di controllo del doping si sposta sempre più al di fuori del mondo dello sport, come era auspicabile. Al Cio resteranno - se vorrà - solo le Olimpiadi. Alle federazioni internazionali e nazionali i test che vorranno. Ma su tutto vigilerà la Wada, che avrà il massimo potere. Forse a qualcuno dei vecchi dirigenti sportivi la cosa non piacerà del tutto. E forse per questo già circolano voci di un tentativo di formare una sorta di "dependance" europea della Wada;  la tesi è: il vero antidoping si fa in Europa . Ma certe manovre del passato risultano più difficili adesso che si sta diffondendo a livello governativo una coscienza più dettagliata e precisa di cosa significhi il doping nello sport, nella società e fra i giovani. In ogni caso, adesso Rogge promette severità: niente sconti a chi non aderisce, saranno fuori dai Giochi. Ma l'ipotesi, ad esempio che possa essere lasciato a casa - ad esempio - il "Dream team" di basket, quando all'epoca l'ex presidente Samaranch avrebbe fatto carte false pur di averlo ai Giochi, visto che trascinava un'ingente fetta di diritti tv, appare davvero esile. Si troverà un compromesso, molto probabilmente. Le cose da fare sono ancora tantissime perché gli atleti non siano più "laboratori chimici ambulanti", come ha detto Pound. A cominciare dalla messa a punto degli standard dei laboratori (cancellata ieri una sostanza vietata: la sinefrina; ciò che rende già obsoleta la lista varata dopo due anni di faticose discussioni dalla CVD, la commissione di vigilanza sul doping della legge 376/2000…). Per finire all’accelerazione della ricerca: il doping genetico batte alle porte. Pound ha perfino accennato alla possibilità non del tutto irreale di creare una rete di "infiltrati" per conoscere e scardinare dall’interno un meccanismo che è lo stesso o quasi della mafia o della delinquenza comune. E, in effetti, a questo tema sta pensando anche il sottosegretario Pescante con una proposta

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di modifica della legge antidoping che preveda la possibilità dell’acquisto simulato e limiti inferiori di possesso di sostanze vietate per fare scattare lo spaccio. Più forza a chi indaga, insomma. Iniziativa non disprezzabile. Peccato, però, che l’Italia in questo quadro felice, figuri penosamente in debito. Il nostro beneamato governo non ha versato la sua quota (circa 505 mila euro) per il funzionamento dell’Ama. Come alcune nazioni del terzo mondo. Hanno pagato gli Usa, che questo nuovo codice hanno digerito a fatica per il peso della loro componente professionistica: football e baseball sono semplicemente "invitati" ad aderire (ma – ripete fermo Rogge - chi non accetterà il Codice non farà i Giochi); ha dato il suo contributo (volontario) il Vaticano che non ha atleti se non nello spirito. L’Italia resta in "sur place". Una brutta figura che Tremonti &C potevano risparmiarci.

6 marzo 2002 - L'INCHIESTA DOPING DELLA FINANZA DI PADOVA: 400 ORE DI REGISTRAZIONI CHOCROMA — Scena uno; un albergo all’arrivo di tappa a metà del Giro d’Italia 2001. Alla porta del medico al seguito della squadra è una processione continua nelle ore che precedono la cena. «Che dice, dottore, mi sparo un’insulina?», chiede il corridore. «No, è meglio di no, domani c’è la crono e rischi di andare in crisi di fame». Scena due; la porta della camera del medico si apre si botto: «Dottore, ma cosa ti è saltato in testa di andare a dire al direttore sportivo i farmaci che sto prendendo? Ma come ti permetti!». Segue battibecco. Scena tre; camera d’albergo di due corridori. Primo ciclista: «Domani c’è la montagna ci vorrebbe un po’ di "Kena" (Kenakort, un corticosteroide, vietato, ovviamente) per tirarsi su». Secondo ciclista: «Bravo; e la ricetta chi te la da?». «La ricetta? Non è un problema, non ti preoccupare». Scena quattro: sempre il medico rivolto al ciclista: «Cosa ti serve?». Ciclista: «Mah, dottore, facciamo un po’ di Freamine (amminoacidi, n.d.r.) e un po’ di epo (eritropoietina n.d.r.)».Non sono che alcuni stralci delle oltre 400 ore di registrazione audio e video che fanno parte dell’inchiesta condotta durante un anno intero dal pm Paola Cameran e dagli uomini della Finanza di Padova sul doping in alcuni sport di vertice. Ciclismo e Giro d’Italia, prima di tutto. Ma anche mountain bike e atletica. L’indagine ruota attorno ad un medico del ciclismo Enrico Lazzaro che figura come punto di riferimento di numerosi corridori appartenenti a squadre importanti come la Liquigas, la formazione perquisita a Sanremo dalla Finanza in contemporanea con il blitz dei Nas di Firenze e ora abbandonata perfino dal suo sponsor, probabilmente proprio per i fatti relativi al doping. Ma nell’indagine c’è anche Ivan Gotti (Alessio), il camper dei cui genitori come si ricorderà fu perquisito al Giro d’Italia, portando al sequestro di numerose sostanze sospette. Fra queste l’onnipresente caffeina, ma anche ormoni, cioè doping "pesante". Il due volte vincitore del Giro ora rischia pesanti sanzioni anche dalla giustizia sportiva, che è stata puntualmente informata. E la corsa rosa potrebbe perdere un altro protagonista, insieme con Pantani e Frigo in forse per i fatti di Sanremo. Un lavoro certosino quello dei finanzieri: pedinamenti, intercettazioni telefoniche, registrazioni video che hanno portato a numerosi sequestri di farmaci dopanti e perfino di sostanze stupefacenti. E che ha prodotto una sessantina di avvisi di garanzia. Pesantissimi i capi di imputazione: dalla violazione alla legge antidoping, alla ricettazione, alla frode sportiva, all’importazione illecita di farmaci non autorizzati per il commercio in Italia. "Pesanti" anche i nomi dei ciclisti coinvolti, ma su di essi per il momento grava il più ferreo riserbo. Nomi ancora più in vista per gli atleti della mountain bike: coinvolti, addirittura, elementi della nazionale azzurra. E un’atleta (donna) non di primissimo piano dell’atletica leggera. I finanzieri si sono messi pazientemente sulle tracce di due camper che seguivano le corse. Le sostanze "pericolose" viaggiavano lì, nei frigoriferi di amici o famigliari. Il medico, poi, dalla sua stanza, non faceva mancare consigli, suggerimenti, indicazioni. L’operazione è stata minuziosa e ad ampio respiro. Hanno seguito passo passo una quindicina di tappe dell’ultimo Giro. Hanno messo una telecamera in ogni stanza prenotata dalle squadre sotto indagine. Hanno registrato tutto. Ne viene fuori un documento inquietante, che squarcia il velo sulla realtà e le dimensioni del doping nelle due ruote. E alla fine emerge, chiarissimo un dato: gli atleti che qualcuno vorrebbe "costretti" ad assumere sostanze vietate per fornire prestazioni eclatanti sono attori di primissimo piano, protagonisti. Sono loro che chiedono e vogliono il doping. Al punto di litigare col medico perché rivela al team manager i prodotti (proibiti, ovviamente) assunti. Altro che "vittime".

8 marzo - BLITZ DI GUARINIELLO NELLA SEDE DELLA FEDERCANOTTAGGIO A PIEDILUCO ROMA - Ancora un blitz delle forze dell'ordine nello sport. Tocca, questa volta alla federazione canottaggio la cui sede di Piediluco è stata visitata dagli uomini agli ordini del pm di Torino Raffaele Guariniello. Sequestrate una decina di cartelle mediche, floppy disk, nastri magnetici, cd rom. Al centro delle attenzioni del pm un gruppo di atleti del giro azzurro. Alcuni anche in grande evidenza nel passato recente. Guariniello parla solo di indagine doping e non aggiunge altro. Le indagini ed i sequestri, però, riguardano soprattutto analisi

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ematochimiche (ematocrito, emoglobina, profili ormonali, ecc.). Un filone nuovo per Guariniello? Al momento nulla si sa. Ma il pm torinese non è nuovo ad indagini specifiche, che hanno riguardato atleti azzurri più o meno famosi. Ne è un esempio l’indagine aperta dallo stesso pm sulla vecchia vicenda dei valori sballati di gH (l’ormone della crescita) di un grosso numero di atleti azzurri (alcuni dei quali poi andarono a medaglia) prima dei Giochi di Sydney. Una situazione denunciata dalla vecchia commissione scientifica del Coni, frettolosamente sciolta dallo stesso Ente del Foro Italico, dopo la rovente polemica sulle "medaglie" olimpiche i cui valori di gH prima dei Giochi erano risultati fuori norma. E sui quali si preferì non indagare ulteriormente. La federazione canottaggio minimizza, ovviamente: "Gli ufficiali di P.G. hanno richiesto copia delle analisi cliniche di alcuni atleti in attività e non, relativamente agli anni 1998 - 2000. Tutto il materiale richiesto è stato fotocopiato e consegnato, e gli originali sono stati ri-archiviati presso il Centro Nazionale. Gli ufficiali di P.G., terminata la raccolta del materiale, hanno concluso l’operazione in piena armonia e collaborazione con i responsabili del Centro Nazionale".Ma quell’inchiesta, dopo aver trovato conforto nei dati - perfettamente sovrapponibili - di due perizie tecniche ordinate successivamente da Guariniello e dall’ex ministro della salute Veronesi (l’allarme sui valori fuori norma risultò per entrambe perfettamente legittimo e la relazione della commissione in nessun punto attribuì a doping la "stranezza" dei valori elevati di gH), potrebbe trovare ora ulteriori conferme nei dati dei canottieri, all’epoca fra i gruppi più numerosi di atleti con il gH alle stelle. Fra questi c’era anche Agostino Abbagnale, il cui nome compare in una delle cartelle sequestrate da Guariniello. All’epoca dello scandalo gH l’azzurro, oro nel 4 di coppia anche a Sydney, spiegò che sarebbe stato un pazzo a stimolare il proprio gH, visti i problemi avuti in passato (un difetto di coagulazione del sangue lo aveva portato per lungo tempo in cura da uno specialista di Pavia, esperto di trombosi venosa). Per gli azzurri del remo, il ct azzurro La Mura spiegò i valori alterati con la somministrazione di due prodotti consentiti: la leucotrofina e il bronchomunal, due farmaci che esaltano le difese immunitarie, ma il cui effetto stimolante sulla produzione endogena di gH non è dimostrato. Come Abbagnale, anche altri canottieri del giro azzurro avrebbero avuto in tempi più o meno recenti seri problemi di salute e il pm - anche in base ad alcune denunce ricevute - ha sequestrato tutti gli incartamenti relativi.

11 marzo - INCHIESTA SULLE PALESTRE A BOLOGNA : 40 CONDANNEBOLOGNA, 11 MAR - Dieci condanne con giudizio abbreviato, trenta patteggiamenti, cinque sentenze di non luogo a procedere e una trentina di rinvii a giudizio: è il risultato dell' udienza preliminare chiusa dal Gup di Bologna Grazia Nart in seguito all' inchiesta del Pm Giovanni Spinosa e dei carabinieri del Nas sul doping nelle palestre. La maggior parte degli imputati, fra i quali ci sono diversi proprietari di palestre, sono accusati di aver smerciato clandestinamente ormoni della crescita, come Gh, Epo, anabolizzanti, efedrina e amfetamine. Prodotti che finivano a gonfiare muscoli di culturisti, atleti amatoriali e forse anche di qualche professionista. Le dieci persone giudicate in abbreviato sono state condannate a pene dai 3 anni e 8.000 euro di multa ai 6 mesi e 200 euro di multa, per accuse che vanno dall' abuso dell' esercizio della professione di farmacista alla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, fino alla ricettazione. Per le stesse accuse, 30 imputati hanno patteggiato pene che vanno da un anno e 10 mesi di reclusione ai 974 euro di multa. Alcuni degli imputati rinviati a giudizio - la prima udienza è stata fissata il 14 ottobre di quest' anno - risponderanno anche di associazione a delinquere finalizzata alla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute. Fra questi c' è anche il bolognese Marco Verzelli, gestore di palestre, difeso dall' avv. Gianni Correggiari. Secondo l' indagine dei Nas il doping nelle palestre - nell' indagine ne sono state coinvolte un centinaio - costituisce un giro di affari miliardario: nell' inchiesta condotta dal Pm Spinosa è risultato - secondo una proiezione degli inquirenti - che nei 13 mesi in cui è stata compiuta l' indagine tra il '99 e il 2000, il traffico complessivo sviluppato dalla persone coinvolte si è aggirato attorno ai 10 miliardi di lire (5 milioni di euro). Il solo Verzelli - e solo per quanto risulta da vaglia e bonifici bancari - ha pagato, secondo l' accusa, ai fornitori 424 milioni di vecchie lire per anabolizzanti, stimolanti, Epo e Gh. Altri 200 milioni di prodotti proibiti risultano pagati in altro modo da Verzelli. I dati erano stati illustrati da Spinosa in una relazione di quasi quattro ore nella fase iniziale dell' udienza preliminare. A tirare le fila del traffico, che in alcuni casi avrebbe alimentato anche frequentatori di discoteche, ci sarebbe stato un vero cartello, in base al quale quattro uomini, i vertici dell' organizzazione, si erano suddivisi il territorio: due di loro si sarebbero ripartiti il meridione, un altro era il 'boss' del centro e del nord est, il quarto della restante parte del nord. L' operazione scattò all' alba del 12 dicembre 2000, quando un migliaio di carabinieri fecero circa 200 perquisizioni, sequestrando migliaia di confezioni di farmaci e arrestando 40 persone in seguito a altrettante ordinanze di custodia cautelare (gli indagati erano invece

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130). Le regioni più interessate dall' attività investigativa furono l' Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto, le Marche, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Sicilia e le Puglie, in particolare nella zona di Taranto e Lecce. Tutto era partito indagando su Mauro Santi, condannato in abbreviato - già coinvolto nell' inchiesta della Procura di Trani che nel '97 porto' a un blitz su una squadra del Giro d' Italia - e titolare di una palestra di Modena destinataria di prodotti dopanti. Prodotti che - secondo la ricostruzione dell' accusa - sarebbero arrivati anche da Bologna, spediti da Verzelli, gestore di un paio di palestre e amante delle auto di lusso, che sarebbe uno dei quattro 'boss' del traffico. Le intercettazioni dei telefoni di Santi e di Verzelli avevano poi fatto ampliare a dismisura le dimensioni dell' inchiesta bolognese. Del cartello ipotizzato dall' accusa farebbe parte il salernitano Giuseppe Pellegrino, anche lui titolare di una palestra, che avrebbe controllato parte del mercato del meridione: avrebbe trattato anche ormoni e anabolizzanti di provenienza veterinaria o straniera, russa e argentina. L' altra parte del mercato del sud sarebbe spettata all' anconetano Sergio De Costanzo, pluripregiudicato, indicato da Spinosa come uno dei principali snodi in Italia del traffico di anabolizzanti. Avrebbe avuto anche il ruolo di procacciatore internazionale di sostanze proibite: sulla sua agenda i militari del Nas hanno trovato annotazioni relative a fornitori polacchi, albanesi, portoghesi e di altri Paesi esteri. 

12 marzo - MUORE KIVILEV, DOPO UNA DRAMMATICA CADUTA ALLA PARIGI-NIZZALE PUY-EN-VELAY - Si può morire ancora così nel ciclismo del terzo millennio, battendo banalmente la testa per terra anche in una fase non concitata della corsa. Un rallentamento improvviso del gruppo, due corridori che si "toccano" e uno finisce malamente sull'asfalto. È morto così Andrei Kivilev, il corridore kazako della Cofidis, malamente caduto nella seconda tappa della Parigi-Nizza. E deceduto nella notte fra martedì e mercoledì. Gli è stato fatale, quando ancora mancavano una quarantina di chilometri al traguardo della frazione fra La Clavette e Saint-Etienne, l 'improvviso arresto proprio davanti a lui di un altro corridore, il tedesco Volker Ordowski, bloccato da un problema meccanico. Con Kivilev, cinquantesimo nel ranking mondiale e quarto al Tour de France 2001, era caduto a terra pure il polacco Mrek Rutkiewicz, ma se l'è cavata con ferite non gravissime al volto. Immediatamente ricoverato presso l'ospedale di Saint-.Chamond, la situazione dello sfortunato corridore che lascia la moglie e un figioletto - Leonardo - di soli sei mesi, è apparsa subito grave. Era stato trasportato d'urgenza all'ospedale neurochirurgico di Saint Etienne, dove i medici hanno tentato invano di strapparlo alla morte. La situazione è precipitata nella notte; neppure un intervento chirurgico di urgenza ha potuto frenare l'emorragia sopravvenuta per la frattura del cranio.  Una vittima, l'ennesima, di questo ciclismo che non ha pace. Dove in termini di tutela della salute e prevenzione regna la più completa non chalance. Non si capisce, infatti, perchè non si renda obbligatorio anche ai professionisti l'uso del casco integrale. Per la verità, l'Uci, la federazione ciclistica internazionale aveva fatto un timido tentativo nel 1991 di rendere obbligatorio l'uso del casco integrale (in Belgio lo è per legge dello stato, ma si possono usare anche i caschetti leggeri, non integrali). Ma era  subito abortito per la protesta dei corridori: e fu l'unica occasione che si ricorda nella quale misero piede a terra. Accadde durante la Tirreno-Adriatico. Da allora nessuno si è più preoccupato della testa dei corridori professionisti, Neppure adesso che materiali leggerissimi, resistenti (poliuretano, polistirolo, fibre sintetiche, ecc.) e ottimamente ventilati hanno reso i modelli più recenti assolutamente tollerabili anche durante gli sforzi più intensi. Un accessorio che probabilmente avrebbe drasticamente ridotto le lesioni riportate nella caduta da Kivilev. È lo stesso dottor Jean-Jacques Menuet, medico della Cofidis, a sostenerlo. "La localizzazione della frattura cranica corrisponde ad una zona protetta dal casco", ha detto, sottolineando la necessità che i dirigenti del ciclismo mondiale intervengano per rendere obbligatorio l'uso del casco. Unico strumento utile per evitare altre morti. Un minuto di silenzio è stato osservato alla partenza della terza tappa da Puy-en-Velay; una tappa neutralizzata dai corridori ad andatura turistica, e conclusa con l'arrivo dei compagni di Kivilev tutti insime sul traguardo, come già successe al Tour per la morte del povero Casartelli. La tragica caduta di Kivilev è avvenuta - ironia della sorte .- proprio su strade che bene conosceva. Abitava con la moglie, infatti, a Sorbiers, vicino Sain Etienne e probabilmente quel tratto l'ha percorso decine di volte in allenamento. Ma quando si viaggi in gruppo, ruota contro ruota, il pericolo è sempre in agguato. Basta un rallentamento, uno sbandamento anche minimo, una deviazione per creare sconquassi nel plotone. La caduta è avvenuta nella prima parte del gruppo, ad una quarantina di chilometri dall'arrivo. Le testimonianze sull'accaduto non sono chiarissime. Secondo alcune voci sembra che il corridore stesse armeggiando con l'auricolare della radio con cui i corridori sono in contatto con l'ammiraglia e il direttore sportivo e avesse dunque alzato le mani dal manubrio. Ma le testimonianze non sono chiarissime.  Kivilev è caduto assieme al compagno di squadra, il polacco Marek Rutkiewicz e il tedesco Volker Ordowski. Kivilev aveva debuttato fra i pro nel 1998 e era riuscito a terminare ad un passo dal podio al Tour 2001. Era dunque un ottimo atleta, anche se in carriera aveva centrato solo due vittorie, una tappa del Criterium

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del Delginato e la Route del sud, Giunto in Francia assieme al connazionale Vinokourov (vincitore dell'ultima Parigi-Nizza), aveva corso per la Festina, la Csino e infine la Cofidis. Ottimo scalatore, aveva una particolare predisposizione per le corse a tappe, nelle quali ha ottenuto ottimi piazzamenti. Oltre al quarto posto al Tour, dopo una fuga leggendaria a Pontarlier, nel 2001, aveva concluso al quinto posto la Pairgi.Nizza dello scorso anno e al quinto il Giro del Delfinato (2001 e 2002). L'ultimo incidente mortale nel ciclismo maggiore era stato nel 1999, quando lo spagnolo Manuel Sanroma morì a seguito di una caduta al Giro di Catalogna. Quattro anni prima era stata la tragedia di Fabio Casartelli sul Portet d'Aspet, al Tour del '95.  Destò clamore anche la morte del 2001 di Riocardo Ochoa. Fu investito da una  macchina in allenamento a Malaga.  La lunga lista degli incidenti mortali nel ciclismo comincia nel 1935, quando lo spagnolo Armando Capeda fini' in un burrone durante la Grand Boucle. Nel '37 e nel '50 morirono i francesi Andrè Raynaud e Camille Danguillame, nel '51 Serse Coppi, fratello del grande Fausto, cadde all'ultimo chilometro del Giro del Piemonte sbattendo la testa sulle rotaie, un trauma che il giorno dopo gli spezzò la vita. Ancora: il belga Stan Ockers ad Anversa nel '56, il francese Josè Samyn a Zingem nel '69, il belga Jean-Pierre Monsere nel '70, lo spagnolo Manuel Galera al Giro di Andalusia nel '72, l'iberico Juan Manuel Santisebastan al Giro d'Italia nel '76, il portoghese Joaquim Agostinho al Giro dell'Algarve nell'84, l'italiano Emilio Ravasio al Giro dell'86, lo spagnolo Vicente Mata al Trofeo Luis-Puig dell'87, il belga Michel Goffin al Giro dell'Alto Var dell"87, l'olandese Connie Meijer durante un criterium nell'88. 

13 marzo - PANTANI, SCONTO DI PENA PER LA SIRINGA ALL’INSULINA: DA LUNEDI’ PROSSIMO PUO’ TORNARE ALLE GAREROMA - Marco Pantani potrà tornare a correre a partire da lunedì prossimo. Il TAS, Tribunale di Arbitrato Sportivo di Losanna, ha accolto il ricorso presentato dal corridore e stamani ha inviato all'avvocato Roberto Manzo, difensore dello scalatore romagnolo, un fax con il dispositivo e le motivazioni della sentenza che riduce la squalifica da otto a sei mesi. Il Pirata, dunque, potrà prendere il via al prossimo Giro d’Italia. Lo scalatore cesenate aveva presentato ricorso al Tas per la squalifica che gli era stata inflitta dalla disciplinare della federazione ciclistica italiana il 17 giugno scorso, sanzione che era stata annullata dalla Caf (Corte d'Appello federale). Ora il Tas, nel concedergli uno sconto della pena, ne ribadisce in buona sostanza la colpevolezza nella vicenda della siringa all’insulina trovata nella sua camera d’albergo a Montecatini al Giro 2001. Il ricorso al Tas del corridore, dopo che l’Uci, la federazione ciclistica internazionale, il 26 luglio 2002 gli aveva reso noto di non riconoscere la competenza come tribunale d’appello della federciclismo (Caf). Per questo l’assoluzione in secondo grado era stata rigettata e Pantani restava sospeso dall' attività per otto mesi come deciso dalla disciplinare in prima istanza. Al Tas arrivarono quindi due appelli: uno di Pantani contro la sentenza della disciplinare, uno della stessa Uci contro la decisione della Caf. Il Tribunale di arbitrato, presieduto dall'avvocato canadese Yves Fortier e composto dall'italiano Massimo Coccia e dallo svizzero Hans Nater, si è riunito il 25 gennaio ed oggi ha comunicato la sentenza secondo la quale "Marco Pantani si è reso colpevole di possesso di una siringa contenente tracce di insulina". "In sua difesa il corridore - secondo quanto scritto dal Tas in una nota informativa - faceva valere il fatto di non aver soggiornato nella camera in cui la siringa era stata trovata dalla polizia il 27 maggio 2001 nel corso di una ispezione in un albergo di Montecatini Terme. Alla luce dei diversi elementi di prova portati dalle parti, è stato considerato che la siringa incriminata era stata effettivamente trovata nella camera del corridore. Gli arbitri hanno ugualmente stimato che, dal momento che la polizia aveva perquisito la camera in assenza del corridore, era perfettamente ammissibile considerare che gli oggetti che vi si trovavano fossero sotto il suo controllo esclusivo. Infine, il corridore ha avanzato la tesi di un complotto, facendo notare che la siringa avrebbe potuto essere stata depositata nella sua camera in suo assenza da un malintenzionato. In assenza di qualsiasi elemento di prova, gli arbitri hanno scartato questa ipotesi". Pertanto il Tas ha deciso di applicare l'art. 93 del Regolamento anti-doping della Uci che prevede, in caso di prima sanzione, una squalifica di sei mesi ed una ammenda di 3.000 franchi svizzeri. Essendo Pantani sotto squalifica (quella inflitta dalla disciplinare) già dal 18 giugno 2002, i sei mesi del Tas scadranno lunedì prossimo, 17 marzo. Pantani potrebbe rientrare già alla prossima Milano-Sanremo, dipende dall’invito degli organizzatori della Rcs. Più probabile, forse, che Pantani torni in corsa alla 'Coppi e Bartali' in programma dal 26 al 30 marzo in Emilia-Romagna. La decisione del Tas oltre a tagliare di due mesi la squalifica di Marco Pantani, costituisce una novità dal punto di vista giuridico. Il Tribunale di Arbitraggio Sportivo ha infatti riconosciuto la legittimità del ricorso alla Caf, questione sulla quale negli ultimi anni la federazione italiana si era spesso scontrata con quella internazionale. Lo ha fatto notare la stessa Fci con un comunicato stampa in cui si afferma che la decisione del Tas "pur parzialmente riformando la decisione della Caf, ha comunque affermato che l'appello di

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Marco Pantani alla Commissione d'Appello della Fci era legittimo e ricevibile. Così affermando ha riconosciuto la legittimità del ricorso della Caf e dunque ha affermato l'obbligatorietà del secondo grado di giudizio interno". "D'ora in poi - prosegue la nota della Fci - l'Unione Ciclistica Internazionale non potrà più disapplicare le sentenze della Caf". Questo non implica l'esclusione del Tas come organo di giustizia ma riconosce la competenza dello stesso solo previo esaurimento dei gradi di giudizio interno".

17 marzo - TIRRENO-ADRIATICO: IL PASTICCIO DELLA BORRACCIA ALL'URINARAPAGNANO – La pipì nella borraccia francamente ci mancava. Cateteri, siringhe, cavetti e pompette varie, perfino il preservativo da nascondere nelle natiche, come racconta un maestro del genere, l'ex massaggiatore della Festina Willy Voet. Ma borracce - con il rischio di sbagliarsi ed...equivocare - finora no. Però nel mondo del ciclismo non difettano certo né fantasia né iniziativa quando si tratta di trucchi e di gabole per eludere i controlli antidoping. Tantomeno prontezza di riflessi e sfacciataggine. E a colmare questa lacuna che rischiava di precipitare la carovana della Tirreno-Adriatico nella noia, ci ha pensato la grottesca vicenda del controllo a sorpresa del 29enne Massimiliano Mori, che milita nella Formaggi Pinzolo-Fiave-Ciarrocchi, la squadra diretta dal sanguigno Stefano Giuliani. I fatti – chiarissimi per i giudici, meno evidenti per la squadra che ha tenuto una lunga conferenza stampa - risalgono alla giornata di domenica, quando la corsa è stata sospesa per via del maltempo e della neve sulle strade. Gli ispettori antidoping dell ‘Uci agli ordini dell’italiano Giovanni Meraviglia sono piombati all’hotel Pierrot di S. Benedetto del Tronto dove era ospitata la squadra dello sponsor trentino. Nei test ematici della mattina, prima della sospensione della corsa, tre corridori avevano rivelato valori sospetti e, come vuole il regolamento, gli ispettori dovevano procedere al controllo incrociato dell’urina. Uno di questi era Massimiliano Mori, toscano di S. Miniato, ex compagno di Pantani nella MercatoneUno la scorsa stagione, 283° nella classifica mondiale; tra l’altro, fratello di Emanuele, il giovane Under 23 estromesso dalla nazionale la scorsa stagione per valori ematici fuori norma. La successione dei fatti ha dell’assurdo se si pensa alla fatica che sta facendo il ciclismo per rattoppare un’immagine disastrata dalle continue vicende doping. Gli ispettori contattano dalla reception dell’albergo il manager Magrini e lo informano dell’intenzione di effettuare un controllo a sorpresa. Salgono subito al primo piano dell’albergo (pochi secondi) e convocano Mori nella stanza che Magrini dirà poi di dividere con il direttore sportivo Gabriele Di Francesco, anche lui presente. Mori tarda ad arrivare e gli ispettori si insospettiscono. Di Francesco ad un certo punto chiede di andare al bagno. Gli viene concesso. Successivamente Meraviglia, il capo degli ispettori evidentemente insospettito, compie una breve ispezione nella stanza e nel bagno e trova seminascosta da un tappetino di spugna della doccia una strana borraccia che ad un rapido controllo rivela contenere urina. Arriva Mori e chiede al medico ispettore di poter fare pipì lontano da sguardi indiscreti: “Io sono disposto a spogliarmi nudo, ma davanti a qualcuno non ci riesco proprio a fare pipì. È un blocco psicologico che ho da quando sono allievo”. Difficile non fare due più due. Di Francesco, imbarazzatissimo, spiega ai controllori: “Raccoglievo la mia urina per un intervento chirurgico cui devo sottopormi fra poche ore”. E per corroborare la sua tesi sventola un certificato medico. Raccogliere urina da esaminare per un intervento in una borraccia e non in un contenitore sterile? “Non ho avuto tempo di passare in farmacia”, spiegherà poi, sempre più imbarazzato. E ancora: conservarla avvolta in un asciugamanetto di spugna, così ben nascosta? E rivelare che si tratta della propria urina solo quando la borraccia viene scoperta? Gli ispettori non gli credono. Siamo alla farsa.  Nel pomeriggio il comunicato ufficiale dell’Uci: Di Francesco e Mori sono espulsi dalla corsa “per aver violato in circostanze fraudolente le regole dell’Uci per quanto concerne la lotta al doping”. Un’accusa di frode che per il corridore equivale alla positività al test. “E invece ho rispettato le regole - dirà poi il toscano – tant’è che poi ho fatto il prelievo”. Ma è il solito gioco delle parti. Giuliani annuncia di aver sospeso corridore e ds e chiede tempo: “Aspettiamo a vedere l’esito delle analisi. Non facciamo ipotesi di doping affrettate”.   Ma le due cose sono diverse e distinte. Un conto è il tentativo di frode: accertato dagli ispettori (erano in tre e tutti hanno visto le stesse cose), un conto è l’esito del test antidoping. Nei giorni scorsi i corridori hanno fatto il silenzio stampa per protestare contro la disattenzione della Rai nei confronti del ciclismo. Ma merita attenzione un ciclismo così? Un  ciclismo dove il 283° della classifica mondiale deve ricorrere a questi mezzucci per sopravvivere? Nella serata il buon Amedeo Colombo, neo presidente  dell'associazione corridori ha tenuto a Porto S. Giorgio una riunione con i suoi affiliati. "Mi sono preso una bella gatta da pelare" confessava alla fine. Già: se i primi a voler fuggire da armadi e armadietti colmi di farmaci non sono i corridori c'è ben poco da fare. Ma si possono cancellare abitudini inveterate da anni? Il ciclismo, in questo drammatico angolo, rischia di perdere anche le

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ultime briciole di credibilità. Certamente non aiutato da personaggi al timone di squadre anche di nome che non vedrebbero certo di cattivo occhio un'apertura totale al doping, almeno nella massima categoria. Insomma se chi gestisce il ciclismo punta al "rollerball" ai "robokop" superpompati pur di èpropinare alla gente un improbabile spettacolo e i dirigenti internazionali non nascondo l'idea di una superlega svincolata sulla traccia di quelle professionistiche Usa, dove il doping sia libero o quasi, si può pensare che qualcosa cambi? Nel 1998 ci fu il caso Festina al Tour; nel 199 l'ematocrito di Pantani al Giro e la sua espulsione traumatica; nel 2001 le perquisizioni di Sanremo in cui fu rinvenuta nelle camere dei corridori ogni sorta di prodotto dopante; nel 2002 addirittura gli arresti durante la corsa rosa. Ha voglia il povero Cipollini (che pure ha avuto frequentazioni non limpidissime: vedi il famigerato dottor Ferrari...) ad affannarsi per la "professionalità" del mestiere e del settore. Qui siamo ai ruba galline maldestri che poi impapocchiano difese improbabili e abborracciate. Confondendo ancora di più le acque. Ora si vedrà anche se l'Uci ha intenzione davvero di difendere con coerenza l'immagine del ciclismo. A domanda precisa su cosa succederà i giudici allargano le braccia: "Noi facciamo il nostro verbale e diciamo come sono accadute le cose; poi saranno gli organismi competenti a decidere". In conferenza stampa Giuliani allungava vaghe minacce: "Se voi fate ipotesi di doping anch'io posso fare altre ipotesi. Ad esempio che tutto questo caos sia stato messo in piedi per estrometterci dalla Milano-Sanremo. Perchè tutti parlano e dicono la loro, ma posso parlare anch'io e se parlo io sono dolori". Un paradosso, certo; ma anche un ammonimento a chi sa intendere. Si vedrà. Ma Giuliani non è nè meglio nè peggio di tanti altri nel plotone: è il sistema che fa acqua da tutte le parti. "Se ci sono stati errori pagheremo", dice. Ma pagare senza tentare almeno di risolvere il problema che sta all'origine di tutto servirebbe a poco. Pure eliminato Giuliani, domani ce ne sarebbe un altro. 

25 marzo - PROCESSO CONCONI, ANCORA UN PASSO INDIETROFERRARA - Viene in mente il gioco dell'oca o, se preferite, il vecchio Monopoli quando il segnalino finiva in certe caselle: fai due passi indietro. Ed è quanto sta succedendo al processo per frode sportiva al prof. Francesco Conconi, rettore dell' Ateneo di Ferrara e preparatore tra gli anni 70 e 90 di molti atleti di vertice, che va avanti da cinque anni e che si allontana sempre più dalla fine. Intanto incombe il rischio prescrizione.Faticosamente nell' ottobre scorso la vicenda era approdata in una aula di Tribunale per cominciare il dibattimento. Ma dopo una eccezione procedurale dei difensori (oltre a Conconi sono, o meglio erano, imputati i suoi collaboratori al centro di studio biomedici applicati allo sport Giovanni Grazzi e Ilario Casoni) il giudice monocratico Valentina Tecilla il 5 dicembre ha dovuto rimettere gli atti al Gup. Oggi il Gup Silvia Migliori ha rimandato gli atti al Pm Nicola Proto, perché la frode sportiva non è un reato che deve passare per il vaglio di un Giudice delle udienze preliminari. Essendo un reato considerato 'minorè lo stesso Pm formula il decreto di citazione a giudizio, cioè il rinvio a giudizio. In sostanza tutto torna alla fase delle indagini preliminari, che si era chiusa nell' ottobre 2000.Ora il Pm Proto ha due possibilità: approfondire le indagini oppure riformulare il capo di imputazione, mandare agli imputati un avviso di fine indagine, metter gli atti dell' inchiesta in deposito per la consultazione da parte delle difese che avranno a loro volta la possibilità di chiedere approfondimenti istruttori. Poi, chiusa questa fase, ci sarà la citazione a giudizio e la fissazione del processo, che - nella migliore delle ipotesi - potrebbe cominciare attorno a novembre prossimo.Ma su tutto pende la spada di Damocle della prescrizione: il tempo è sette anni e mezzo dalla data in cui è stato commesso l' ultimo reato. La difesa ha già preannunciato al Pm una memoria in cui sostiene che bisogna partire nel conteggio dall' agosto '95, ultima data del file 'dblab' trovato in un computer del centro diretto da Conconi e in cui c' erano i valori del sangue di molti atleti (tra gli altri Marco Pantani, Manuela Di Centa, Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Gianfranco Polvara, Giorgio Vanzetta, Eugeni Berzin, Ivan Gotti, Claudio Chiappucci, Stephen Roche, Gianni Bugno, Maurizio Da Milano e Maurizio Fondriest) registrati bassi durante le fasi non agonistiche, alti in corrispondenza dei principali appuntamenti agonistici. È la prova principale dell' accusa, che dimostrerebbe l' uso di epo da parte degli atleti. L' accusa a Conconi è quella, in pratica, di aver agevolato le pratiche di doping. Se venisse considerata buona la data dell' agosto '95 la prescrizione starebbe per arrivare a giorni se non è già arrivata.Ma nel rinvio a giudizio formulato un anno fa dal Gup Piero Messini D' Agostini, che aveva mandato a processo Conconi per la frode sportiva ma aveva fatto cadere le accuse di associazione a delinquere e gli altri reati di cui era imputato il professore, la data dell' ultimo reato è quella del '97, con prescrizione che scatta nel 2005. Il calcolo di Messini si basava sulle deposizioni di Maurizio Fondriest, che disse di essere stato seguito dal centro di Ferrara fino al '98, e su quelle di Chiappucci. Quest' ultimo - come ha riportato il Gup Messini nei motivi della sua decisione - il 14 maggio '97 disse al Pm di Arezzo, Scolastico, il primo magistrato ad occuparsi dell'

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inchiesta doping che poi venne passata per competenza a Ferrara, di non avere problemi di salute pur avendo saltuariamente fatto uso di epo negli ultimi 4 anni. Chiappucci poi davanti al Pm Pierguido Soprani e ai Nas che hanno condotto l' inchiesta su Conconi prima che arrivasse a Proto, negò nel marzo 2000 di aver mai fatto uso di Epo. E Chiappucci è uno dei casi più eclatanti contenuti nel file dblab: il suo ematocrito in quegli anni passò da 35,7 a 60,7, una differenza di ben 25 punti, cioè del 70%. Con i valori alti che corrispondevano con gli appuntamenti più importanti della stagione ciclistica.Tra l' altro uno degli accertamenti ulteriori che potrebbe fare il Pm Proto è proprio quello di sentire Chiappucci per capire bene se l' epo la prese e fino a quando. Se l' uso si fosse protratto per tutto il '97 allora la prescrizione, appunto, arriverebbe alle soglie del 2005 e non prima.Ma anche le difese probabilmente chiederanno ulteriori approfondimenti; ad esempio l' avv.Riccardo Venturi, difensore di Grazzi, vorrebbe che venissero sentito alcuni ex ciclisti, come Rolf Sorensen e Stephen Roche seguiti dal suo assistito che vengono citati nel capo di imputazione formulato dal Gup Messini D' Agostini. E comunque i tempi rischiano di dilatarsi ancora.

25 marzo - PROCESSO CONCONI, ECCO LE CARTE CHE ACCUSANOFERRARA -  Il processo a carico di Francesco Conconi, trascinatosi attraverso una lunghissima serie di rinvii, riprende a Ferrara. Il giudice Silvia Migliori darà di nuovo l´incarico al pm Nicola Proto perché riformuli l´accusa. Del castello di imputazioni originato dall´inchiesta del pm Soprani è rimasta solo quella di frode sportiva per aver favorito pratiche doping. Proto potrà fissare immediatamente una data in cui il processo si celebrerà. Conconi sarà dunque sotto accusa. Con lui sono coimputati, gli ex collaboratori Grazzi e Casoni.Una nuova puntata e l´ombra della prescrizione: il processo al professor Francesco Conconi, rettore dell´Università di Ferrara, nonché nume tutelare del centro estense di studi biomedici applicati allo sport, procede con snervante lentezza. Ma dalle carte e dai documenti raccolti in quasi cinque anni di indagini, dai "files" e dalle e-mail sequestrate al professore e ai suoi collaboratori emerge il quadro drammatico di uno sport profondamente compromesso. Dall´agonismo maggiore al mondo delle bocce, dal ciclismo, allo sci di fondo, alla canoa, come anticipato da "Repubblica" in varie occasioni. Ecco quanto emerge dalle carte processuali.Le attività - E´ lo stesso Centro a magnificarle, quantificandole: 65% del lavoro viene fatto per il ciclismo, si legge in un file; 12% sci di fondo; 10% biathlon; 7% atletica leggera; 4% mountain bike; 2% calcio. Ma nella enorme mole dei documenti raccolti non ci sono dati che confermino quel 2% di calciatori, mentre compaiono i canoisti e gli sciatori alpini, non citati. La convenzione con il Coni - Le attività sono finanziate per anni dal Coni fino ad approdare ad una vera e propria convenzione, attraverso l´Università di Ferrara. 170 milioni l´anno per il periodo 95-98 che non impediscono, poi, di accedere a ulteriori fondi (federsci). Danaro e medaglie. Conconi chiede e, siccome vince, ottiene. Un rapporto, come spiega lo stesso professore in un fax inviato all´ex dirigente Barra, che non avrebbe dovuto avere intoppi. Per «poter attivare una collaborazione non disturbata con gli atleti del Club Olimpico». E chi mai poteva "disturbare" negli anni dell´epo selvaggia (il farmaco che modifica il sangue e aumenta le prestazioni) se non il "solito" Sandro Donati, autore di un dossier premonitore per anni dimenticato in un cassetto dai dirigenti del Coni? Un dirigente che, dopo aver contribuito assieme ad altri a creare lo strumento più efficace di lotta al doping (il programma "Io non rischio la salute") è stato emarginato e messo in un angolo approfittando del clamore attorno alla vicenda del gH elevato degli azzurri prima di Sydney. Non è un caso se da allora la lotta al doping del Coni è in stallo completo. «Credo che sia necessario riverificare con Donati questo punto», chiede Conconi nein suoi contatti confidenziali con i dirigenti del Foro Italico. Riverificare, cioè, la collaborazione "indisturbata". Per fare cosa? L´inchiesta di Soprani - La risposta viene dall´inchiesta condotta dal pm di Ferrara Pierguido Soprani. Secondo l´accusa del gup Messini d´Agostini, Conconi avrebbe agevolato la pratica doping. Nel suo atto i nomi di 33 atleti, tra cui Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Gianfranco Polvara, Giorgio Vanzetta, Manuela Di Centa, Eugeni Berzin, Ivan Gotti, Claudio Chiappucci, Marco Pantani, Stephen Roche, Gianni Bugno, Maurizio Damilano e Maurizio Fondriest. Valori ematici abnormi - I valori ematici di questi atleti erano normali o bassi durante le stagioni non agonistiche, alti in occasione delle gare. Ad esempio, per Pantani, in circa otto settimane, dal 16 marzo al 23 maggio ´94, si passa da un ematocrito pari al 40,7 (emoglobina 13,7) a 54,5 (17,2). Alla fine del Giro nel quale vinse le tappe di Merano e dell´Aprica, i valori del Pirata balzarono a 58% per l´ematocrito e 18,6 per l´emoglobina, più del 40% rispetto a marzo e con in mezzo la fatica della corsa rosa. Manuela Di Centa, il 27 ottobre ´93 aveva l´ematocrito a 43,5%, l´11 dicembre il valore era salito a 55,5. Claudio Chiappucci passò da 35,7% a 60,7%. Fondisti azzurri, marciatori, nazionali del ciclismo: tutto ciò fece

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ipotizzare al pm Soprani un vero e proprio "doping di stato", anche se il Coni sostiene di essere stato all´oscuro di tutto. Ma in una lettera all´allora presidente del Coni Pescante ('93), Conconi spiega come Ferrara possa considerarsi addirittura «una succursale del Coni». Le ricerche sull´epo - Per anni Conconi porta avanti un fantomatico progetto per identificare l´epo esogena nelle urine. La Commissione scientifica del Coni glielo boccia, ma il professore riesce a farlo finanziare dal Cio: durerà anni e non approderà a nulla. In realtà la ricerca vera e propria la farà l´istituto Regina Elena di Roma (prof. Bargellesi) e poi l´Università di Genova. Intanto Ferrara chiede continuamene epo gratis alle due massime aziende produttrici: Janssen e Boheringer. 100-120 mila unità più varie altre tranche da 5000 e 2000 in date diverse; 500.000 u.i. nel febbraio del ´97. Quanto basterebbe a trattare decine di corridori per mesi.  Anche gli spagnoli - In pellegrinaggio a Ferrara arrivano anche dalla Spagna. Gli assi della Banesto, Miguel Indurain e il fratello Prudencio si sottoponevano ai test del centro ferrarese, anche se non figurano fra gli atleti "trattati". In Italia Carrera (Chiappucci), Gewiss (Riis), Roslotto, Batik, Asics erano clienti assidui.  Il caso Fondriest - E´ il nome che compare più volte nei file sequestrati. Di lui Conconi si interessa anche per la vicenda di un test antidoping alla Leeds Classic del ´93. Invia un fax al laboratorio di Londra per spiegare a posteriori che forse "quella sostanza" riscontrata può essere attribuita ad alcuni farmaci assunti. Una storia finita nel nulla.Il testosterone della Telekom - In tutto questo Conconi, trova anche l´occasione per protestare con il presidente dell´Uci Verbruggen per il valore elevato di testosterone (l´ormone della forza) di alcuni stranieri. «Pare che nella Telekom ci siano diversi corridori in possesso del certificato...». Il certificato che attesta un valore elevato "naturale", ovviamente. Fermezza e arroganza - Del resto il suo "impero" si allargava anche alla politica: amico intimo di Prodi, come testimoniato da alcune lettere agli atti del processo, per lui aveva coordinato i comitati della provincia ferrarese.

26 marzo - IL GIRO CHIEDE AIUTO ALLA WADA: TEST A SORPRESA PRIMA DELLA CORSAROMA - «Il Giro d’Italia è un patrimonio dello sport italiano e va difeso». Tutti attorno al capezzale del ciclismo nostrano, tormentato e percosso dalle tante, troppe vicende doping. Il movimento si rende finalmente conto che il ciclismo difficilmente sopravvivrebbe ad uno scandalo ulteriore, dopo il blitz di Sanremo nel 2001 e gli arresti per doping nell’ultima edizione. Ne va della credibilità della corsa più importante del Bel Paese. Così, al Coni si sono riuniti tutti i responsabili del mondo delle due ruote: federazione italiana; massimi dirigenti della Rcs, la società organizzatrice del Giro, e i maggiorenti del Coni; i rappresentanti di tutte le associazioni di categoria: gruppi sportivi, corridori, medici del ciclismo. Ne è venuta fuori una riunione che ha definito alcune linee strategiche. Che, nel concreto, dovranno essere tutte definite a breve. Nessuno lo dice chiaramente, ma la parola d’ordine è: "Niente sorprese al Giro", là dove per sorprese si intendono episodi di positività e/o scandali derivanti da possibili blitz di Nas o Finanza. Così, si cercherà di contattare la Wada, l’agenzia mondiale antidoping perché faccia i suoi test a sorpresa in tempo utile perché le eventuali positività siano rese note prima della partenza della corsa rosa, in modo che possano essere esclusi i corridori implicati. Secondo quanto già stabilito dagli stessi organizzatori. Poi si cercherà di certificare (la prassi è ancora allo studio) i medicinali che i medici di squadra portano con sé, in modo da evitare le conseguenze negative di spiacevoli perquisizioni. Come e chi certificherà non è ancora chiaro. Per il resto avrà campo libero l’Uci con i soliti controlli ematici a tappeto il giorno della partenza e a sorpresa durante la gara e, novità di questa edizione, anche la struttura di controllo messa a punto in questi mesi faticosi dalla CVD, la commissione di vigilanza sulla legge antidoping (376/2000). Si tratta, com’è facile osservare, di misure di contorno, tese soprattutto a salvaguardare l’immagine. Perché per il resto le cifre dei test nel ciclismo della scorsa stagione non dicono certo di una strenua battaglia contro il doping. Anzi. 580 controlli ordinari in gare nazionali; 566 in gare del calendario Uci; solo 100 controlli a sorpresa (sangue e urine), in barba a quelli che sono ormai gli indirizzi dell’antidoping mondiale che prevede la prevalenza dei test a sorpresa su quelli ordinari. E ciò che colpisce di più è che su 98 controlli messi in calendario ne sono stati effettuati realmente solo 71. Come dire che quasi in un buon 30% di casi non è stato possibile effettuarli. Perché? I motivi possono essere tanti, dall’irreperibilità dell’atleta, agli indirizzi non aggiornati (come sarebbe obbligatorio secondo il nuovo codice della Wada). Ma la percentuale è elevata e preoccupante. Quanto agli altri test si fa menzione di 7 prelievi effettuati alla seconda tappa del Giro Under 26 con una positività per epo. Il che non è certo un buon segnale, trattandosi, oltretutto di una categoria giovanile. Così come elevata appare la percentuale del 4,1% con 3 positività su 72 atleti testati grazie ad una convenzione con la Provincia di Prato la scorsa stagione. Quattro volte la media dei positivi riscontrati dal laboratorio di Roma. Cifre che dovrebbero far riflettere, soprattutto le ultime, perché riguardanti categorie giovanili: esordienti,

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allievi, junior ed élite under 23. Insomma: ha voglia a dire il presidente del Coni Petrucci che la Federciclismo ha fatto passi da gigante nella lotta al doping. Le cifre, per ora, limitate ai pochi controlli effettuati e con test spesso incapaci di individuare le sostanze proibite, non consentono certo entusiasmi.

29 marzo - PANTANI: "SPERO CHE ARMSTRONG PERDA; È UN EROE FINTO, DA FUMETTI"Di solito fra "colleghi" non si attaccano: ma fra Pantani e Lance Armstrong, il quattro volte vincitore del Tour de France, l´atmosfera non è mai stata idilliaca e adesso che il Pirata è tornato, con la giusta umiltà - sembra - in mezzo al plotone, l´inimicizia esplode a livelli inaspettati. «C´è un corridore, al Tour, che mi piacerebbe proprio veder perdere...», racconta lo scalatore di Cesenatico intervistato dal quotidiano francese L´Equipe. Non battere, come sarebbe legittimo fra due corridori che, nel bene e nel male, hanno disegnato la storia recente del ciclismo, bensì: veder perdere. A tal punto giunge l´astio del romagnolo? «Lo misi in difficoltà nel Tour del 2000 - spiega Pantani - attaccandolo da lontano, di sorpresa, sulle Alpi. E´ così che bisogna fare con lui, perché è davvero il suo punto debole». Probabilmente a scatenare la rabbia c´è anche l´episodio del Mont Ventoux proprio al Tour del 2000 (12a tappa), quando l´americano sembrò lasciare palesemente la vittoria di tappa al Pirata, salvo poi rinfacciargli poco elegantemente il gesto. Ma, forse, c´è anche dell´altro: una rabbia sorda e antica. Per Pantani il texano è solo «un eroe finto, da cartoni animati». E ancora: «Come si può considerare in altro modo un corridore che vince il Tour dopo aver vinto il cancro? È questo che non mi piace in Armstrong, la sua capacità di dimenticare. Ero stato uno dei pochissimi a tendergli la mano dopo il suo cancro. All´epoca aveva fatto sapere attraverso Cassani di voler correre con me. Dissi OK, va bene... lo sostenni anche nelle mie dichiarazioni. Era stato appena licenziato dalla Cofidis e l´US Postal non si era fatta viva, lui era Armstrong, il corridore malato. Nessuno avrebbe previsto quello che poi sarebbe diventato, ma lui ha dimenticato tutto. E non parlo di tanto tempo fa, parlo di cose che risalgono a quattro, cinque anni fa, non di più». Amarezza per la mancata riconoscenza o qualcosa di più? Probabilmente al Pirata brucia essere finito nello squallido gorgo del doping (il 4 aprile l´ennesima puntata davanti al tribunale di Tione per la vicenda dell´ematocrito sballato a Madonna di Campiglio, Giro 1999), mentre all´americano tutto è perdonato e concesso. E non ha tutti i torti, se davvero le cose stanno così. E tutto questo brucia forse di più del no degli organizzatori francesi per il prossimo Tour. Sul tema ora Pantani sembra più sereno: «Leblanc due anni fa mi negò la partecipazione, credo ingiustamente, perché al Tour ero sempre stato protagonista. Meritavo fiducia. Ora è diverso: riparto da basi sane, correrò dove la nostra squadra ha diritto di correre e basta». Intanto la Spagna celebra il ritorno di Dario Frigo, che si aggiudica la classifica finale della Settimana Catalana (ultima tappa a Zabel in volata). Per il milanese, reduce da una brutta influenza che gli ha impedito di terminare la Parigi-Nizza, è il quinto successo stagionale.

CURZI E LA PROMESSA DEL GOVERNO: ORA L'ANTIDOPING LO FACCIAMO NOIAprile 2003 - «Petrucci stia tranquillo. I controlli antidoping da parte dello Stato, come vuole la legge, partiranno fra pochissimo». Il senatore di An Cesare Curzi, sottosegretario al ministero della salute, risponde alle critiche del presidente del Coni Petrucci in una recente intervista a "Repubblica". Petrucci si era lamentato del fatto che lo Stato avrebbe fermato con una lettera i test che il Coni voleva mettere in cantiere, ma fino a questo momento lo Stato non ha fatto un solo test. In effetti, dei 750 programmati entro il 2002, neppure uno è andato in porto. Ma ora le cose dovrebbero cambiare. Petrucci si lamenta dello Stato, ma è il solot gioco delLe parti; infatti, nella commissione di vigilanza della legge (Cvd) ci sono tanti rappresentanti del Coni, almeno 5, e molti amici dell’ente del Foro italico: cosa hanno fatto in tutto questo tempo? «Appunto - ribadisce il senatore - ora siamo pronti però; abbiamo messo a punto una lista di farmaci vietati che è all’avanguardia nel mondo, più precisa e definita di quella della Wada; abbiamo una convenzione con il laboratorio di Roma che è una struttura che funziona e che dobbiamo sfruttare; in una settimana possiamo partire con i test a sorpresa». Obbiettivo ambizioso e forse non troppo realistico nei tempi indicati, almeno, ma non impossibile, se davvero all’interno della commissione affiora la volontà di far funzionare la legge. Non ci sono segnali molto promettenti in merito. L’orientamento, in sintonia con quanto emerso anche nel recente congresso mondiale della Wada a Copenhagen, è quello di procedere per la massima parte a test a sorpresa. Non dovrebbe essere tanto difficile metterne in cantiere un po’. Ma occorrerà partire dalle informazioni indispensabili perché siano veri controlli a sorpresa e dalla necessaria segretezza. Cioè i dati riferiti ai calendari delle varie discipline, agli atleti tesserati, ai loro indirizzi e numeri telefonici, all sedei di allenamento e/o di ritiro. Si tratta di dati che le federazioni sportive dovrebbero già avere, dal momento che li debbono fornire (e continuamente aggiornati) alla Wada, secondo gli accordi e il nuovo regolamento sottoscritto nel recente congresso mondiale. Solo successivamente si potranno stilare controlli mirati in base al coefficiente di rischio di ciascuno sport. Ci si riuscirà? Oppure sarà il solito

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gioco delle parti? Che lo sport non abbia serie intenzioni di controllare se stesso ormai è abbastanza chiaro. Basti pensare che il Coni non fa controlli ematici (quelli del vecchio programma "Io non rischio la salute", per capirci) praticamente da più di due anni. Il senatore Curzi ribadisce come allo stato interessi veramente la salute dei giovani: «Depenalizzare l’atleta? Sono contrario. Fra qualche medaglia in più e la tutela della salute dei giovani, scelgo la seconda strada», ha detto. Se davvero le cose stanno così, allora occorre dare segnali forti. Cioè far funzionare bene i test a sorpresa, unico, riconosciuto deterrente nella lotta al doping. Ci riusciranno i nostri "eroi"? In seno alla commissione ci sono persone valide, che hanno lavorato bene fin qui, sia pure fra molte difficoltà e molti ritardi. Ma è ancora pesante il condizionamento della "componente" sportiva. Avvisare giorni prima del test a sorpresa - ad esempio - in un ambiente in cui in una sola mezz’ora si possono cambiare le carte in tavola (vedi borracce all’urina, cateteri e simili, come riporta anche la cronaca recente), significherebbe vanificare ogni sforzo. Cioè far finta di fare la lotta e lasciare invece le cose come stanno.

5 aprile - PROCESSO A PANTANI PER IL GIRO '99; IN SQUADRA NESSUNO SAPEVA NULLA DI PRATICHE, ALLENAMENTO, ALIMENTAZIONE  E FARMACIA DEL PIRATATIONE (Trento) - Nessuno tra i compagni della Mercatone Uno conosceva le metodologie di allenamento, l' uso di integratori e l' alimentazione di Marco Pantani, e nemmeno se disponesse di un proprio preparatore atletico. Gianmario Ortenzi, suo gregario per quattro stagioni, al Pirata non rivolgeva nemmeno la parola perché "ne aveva soggezione". Immaginarsi parlare di doping; nessuno ne sapeva nulla. È il quadro uscito a Tione nella prima udienza del processo a Pantani, accusato dal Pm Bruno Giardina di "atti fraudolenti finalizzati al raggiungimento di un risultato diverso da quello connesso allo svolgimento corretto delle competizioni sportive" in relazione ai valori ematici sballati riscontrati a Madonna di Campiglio nella penultima tappa del Giro '99. È il secondo processo che vede Pantani imputato di "frode sportiva": nel primo venne condannato a tre mesi di reclusione dal Tribunale di Forlì e poi assolto dalla corte d' appello di Bologna. Il capo di imputazione redatto da Giardina accusa Pantani di aver assunto "reiteratamente sostanze idonee alla stimolazione esogena dell' eritropoietina, con conseguente aumento della massa eritrocita, dell' ossigenazione corporea e pertanto delle prestazioni atletiche".Con Ortenzi, che oggi fa il commesso a Recanati, sono stati sentiti Marcello Siboni, di Cesena e Marco Fincato, residente a Monfalcone, entrambi disoccupati. Dalle loro deposizioni è emerso che nessun ciclista alla Mercatone Uno sapeva se i compagni si sottoponevano o meno ai controlli sul sangue del protocollo "Io non rischio la salute". Fincato ha però aggiunto che nell' arco della stagione gli atleti venivano sottoposti dallo staff medico a prelievi di sangue, anche in occasione di tappe impegnative del Giro o del Tour. Nel suo caso si arrivava a 7/8 controlli all' anno. "Ci dicevano che dovevano servire a controllare il nostro grado di stanchezza o stress psicofisico nel dopo gara - ha detto il corridore rispondendo alle domande del Pm Giardina - tuttavia ritengo che servissero a controllare i valori di ematocrito, che dopo la vicenda di Pantani '99 era divenuta una preoccupazione costante in seno alla squadra".In alcune occasioni Siboni e Fincato sono caduti in contraddizione rispetto a quanto dichiarato ai carabinieri di Riva del Garda nel novembre 2000. Lo ha fatto notare il Pm Giardina, che ha chiesto al giudice monocratico Giuseppe Serao l' acquisizione dei relativi verbali.In precedenza erano stati ascoltati in aula i medici del laboratorio dell' ospedale S.Anna di Como (l' unica struttura sanitaria italiana che allora aveva una convezione con l'Uci per i prelievi a sorpresa) Eugenio Sala e Michelarcangelo Partenope che hanno eseguito il prelievo di sangue a Pantani e la successiva analisi del campione ematico, il funzionario medico Antonio Corcioni e il maresciallo capo dei Nas di Brescia Corrado Barchiesi. Si è invece rinunciato all' audizione di Renato Vallanzasca, che il 16 novembre '99 dichiaro' "non so se ci sia stato un complotto, posso solo ribadire quello che ho saputo in carcere: c'era chi era sicuro che Marco Pantani non avrebbe vinto il Giro d'Italia".Tra i testi da ascoltare nella prossima udienza, il 23 maggio vi sono invece i corridori Savoldelli, Zaina, Velo, Forconi e Podenzana, l' ex Ds Marcatone Uno Martinelli, i periti dell' accusa e i consulenti della difesa. Proprio l' avv. Roberto Manzo, difensore del Pirata,  in apertura di udienza aveva presentato al giudice Serao una memoria difensiva, imperniata su tre eccezioni procedurali, per chiedere la non apertura del dibattimento in relazione e ipotetiche incongruenze tra la legge 401/1989 (che punisce i comportamenti antisportivi) e 376 del 2000 (contro il doping) . Manzo ha sostenuto l' insussistenza del capo di imputazione in quanto il Giro è organizzato dalla Rcs Spa e non dalla federazione riconosciuta dal Coni, o da altro ente anch'esso riconosciuto. Per Manzo, il fatto non sarebbe stato reato  "in quanto al momento del fatto il fenomeno del "doping sportivo" era materia estranea alla fattispecie contestata; il fatto non costituirebbe reato perchè la legge 401 dovrebbe comunque intendersi

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tacitamente abrogata nel merito dalla successiva legge 376 sulla "Tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping".Tesi confutate dal Pm che ha ribadito come il doping ematico consenta "l' alterazione artificiale dei valori per migliorare le prestazioni agonistiche soprattutto negli sport di resistenza" e che l' Uci sia il punto di riferimento nel ciclismo tanto da poter assoggettare gli atleti agli esami e ai controlli sul sangue ed a espellerli in caso di positività. E l'Uci fa parte della stessa grande famiglia, il Cio, il comitato olimpico internazionale, di cui fa parte anche il Coni, dunque le federazioni ad esso aderenti.Unico momento di scontro - finalizzato a sfruttare al massimo i risultati delle perizie mediche - è stato il contraddittorio sull' uso o meno del laccio emostatico al momento del prelievo del sangue a Pantani. Sulle domande dell' avv. Manzo il funzionario medico Antonio Corcioni è caduto in apparente contraddizione ma i due medici Sala e Partenope hanno chiarito di non averlo usato proprio su richiesta di Pantani. Cade così una valutazione medica di parte che ipotizza un possibile sfalsamento dei risultati delle analisi emetiche proprio per l' uso del laccio. Dell' aspetto si dibatterà il 23 maggio.

15 aprile - COBALCHINI ACCUSA FERRARI: "MI DISSE: SE NON SEI MERCKX SENZA DOPING NESSUN RISULTATO"BOLOGNA - "Ricordati che oggi se non sei Merckx non vai da nessuna parte". È la frase che il dott. Michele Ferrari - uno dei più noti medici sportivi italiani, preparatore del vincitore degli ultimi quattro Tour de France, l' americano Lance Armstrong - avrebbe detto ad un ciclista dilettante, Carlo Cobalchini, che seguiva nei primi anni '90. Lsciandogli intendere, ovviamente che senza doping non si possono ottenere risultati.A riferire la circostanza è stato lo stesso Cobalchini, oggi trentatreenne ex corridore, interrogato come teste al processo per doping davanti al giudice monocratico di Bologna Maurizio Passarini, che vede come principale imputato proprio Ferrari. Cobalchini, di Nove (Vicenza), nei primi anni 90 promettente dilettante, rispondendo alle domande del Pm Giovanni Spinosa, ha raccontato di aver conosciuto Ferrari nell' autunno del '92, quando con tutta la squadra per cui correva andò da lui a Ferrara a fare i test di valutazione in vista della stagione sportiva. Successivamente tornò dal medico individualmente 2-3 volte e in in una di queste occasioni Ferrari gli avrebbe fatto il discorso sul doping "che non ho approfondito". "Non ricordo se si parlò di Epo - ha raccontato - ma di prodotti dopanti sì". Prodotti dopanti che nell' ambiente venivano definiti 'fiale senza etichettè, ha aggiunto.  L' ex ciclista ha riferito anche che Ferrari gli prescrisse una dieta dimagrante: "da 80 kg in due-tre mesi passai a 67 kg. Un dimagrimento che mi creò grossi problemi fisici, non riuscivo più nemmeno ad allenarmi. Fu una dieta sconsiderata, anche perché mi venne prescritta ma poi non venni più seguito". "Tra i dilettanti ero competitivo, avevo vinto 23-24 corse, tutte senza doparmi - ha detto ancora Cobalchini - Questo è successo fino a che nell' ambiente il doping è diventato scientifico, facendo alzare artificialmente i livelli di emoglobina, ematocrito e testosterone". L' ex dilettante veneto ha affermato di non aver mai fatto uso di doping, ma l' avv. Dario Bolognesi, difensore di Ferrari, gli ha ricordato che in un interrogatorio riferì che un altro medico che lo seguiva nel '96 gli consegnò una decina di confezioni di Eprex, cioè Epo, dicendogli di iniettarsele sotto la pancia. Cobalchini a questo punto ha ammesso di averne usate due, "per provare, per vedere di cosa si trattava. L' unica volta in vita mia che mi sono dopato".Il corridore ha anche raccontato di essere stato seguito dopo il periodo con Ferrari da un altro medico sportivo, il dott. Gianni Mazzoni, anche lui della scuola di Ferrara. E anche Mazzoni gli avrebbe fatto proposte di farmaci proibiti. Ma lo stesso dott. Mazzoni, sentito dal giudice dopo Cobalchini ha smentito: "Escludo di aver proposto farmaci". "Non ho memoria di Cobalchini - ha detto il medico, che era finito indagato nell' inchiesta di Ferrara sul doping ma che è stato prosciolto - ma da noi a Ferrara venivano centinaia di atleti a fare la valutazione funzionale". Ad accusare Ferrari di doping c' era stata all' inizio del processo, nel Febbraio 2002, la testimonianza di Filippo Simeoni, ciclista professionista ancora in attività, che nella sua deposizione aveva spiegato che gli asterischi sulle tabelle che gli aveva predisposto Ferrari significavano l' assunzione di un prodotto dopante, l' Andriol. E, ancora, un altro ex ciclista, Fabrizio Convalle, seguito dal dott. Ferrari nel '92, aveva portato in aula, sempre un anno fa,le tabelle di preparazione che gli aveva stilato il medico sportivo. Nelle tabelle sono segnati degli asterischi, e per ogni asterisco - aveva raccontato l' ex atleta - "dovevo farmi una fiala anonima, che andava conservata in frigo". Domani il processo andrà avanti con la testimonianza dell' ex Ds di Cobalchini, quindi comincerà l' esame di Ferrari, che verrà interrogato dal Pm e dal suo difensore. L' udienza successiva è stata fissata per il 14 maggio (ore 14) e in quella occasione dovranno essere sentiti come testi portati dal Pm, l' ex sciatore di fondo Silvano Barco e la moglie.

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17 aprile - FERRARI: FERRO E DEHA SEQUESTRATI, MEDICINALI PER IL SUOCEROBOLOGNA - "Non ho mai prescritto o somministrato doping, perché io credo che il doping, vale a dire l' utilizzo di farmaci anche non proibiti per migliorare la prestazione, è un boomerang che si ritorce contro gli atleti che lo utilizzano". Il dott. Michele Ferrari, conosciuto come "Il Mito" tra i ciclisti che seguiva, ha parlato nel processo per doping che lo vede imputato davanti al giudice monocratico di Bologna Maurizio Passarini. Ferrari, uno dei più noti medici sportivi italiani, preparatore di Lance Armstrong, vincitore degli ultimi 4 Tour, si è organizzato per l' esame a cui si è sottoposto facendosi mettere davanti alla sedia dell' imputato un banchetto su cui ha poggiato una serie di fascicoli relativi ai vari punti che ha trattato e una bottiglia d' acqua che gli è servita per schiarirsi la voce, visto che ha parlato per quasi cinque ore."Il doping - ha spiegato il medico - al di là dei danni che produce sul fisico degli atleti, mette nella loro testa il dubbio che altri vanno meglio perché prendono prodotti proibiti. Io ho sempre cercato di proporre strategie alternative a base di allenamento e alimentazione. Ho fatto la lotta al doping dall' interno. La filosofia dell' aiuto farmacologico c' è sempre stata e non è così diffusa come si vuole far credere. E non è così efficace, spesso peggiora la prestazione". Però, durante il processo almeno tre corridori hanno messo Ferrari in relazione al doping. Ad accusarlo c' era stata all' inizio del processo, nel febbraio 2002, la testimonianza di Filippo Simeoni, ciclista professionista ancora in attività, che nella sua deposizione aveva spiegato che gli asterischi sulle tabelle che gli aveva predisposto Ferrari significavano l' assunzione di un prodotto dopante, l' Andriol. E, ancora, un altro ex ciclista, Fabrizio Convalle, seguito dal dott. Ferrari nel '92, aveva portato in aula, sempre un anno fa, le tabelle di preparazione che gli aveva stilato il medico sportivo. Nelle tabelle sono segnati degli asterischi, e per ogni asterisco - aveva raccontato l' ex atleta - "dovevo farmi una fiala anonima, che andava conservata in frigo". Infine un altro ex corridore, Carlo Cobalchini, ha raccontato che Ferrari gli disse: "Ricordati che oggi se non sei Merckx senza il doping non vai da nessuna parte". Ecco la difesa di Ferrari. SIMEONI - "Non ho mai parlato di sostanze dopanti con lui, né lui mi ha parlato di precedenti assunzioni di doping. L' asterisco non significava Andriol, è assolutamente falso, ma aveva il significato di una assunzione di aminoacidi. E poi l' Andriol è un anabolizzante facilmente riscontrabile ai controlli. Simeoni è un bugiardo".CONVALLE - "Non è vero che l' asterisco significasse fiala anonima. Voleva dire maltodestrine. Effettivamente gli consegnai 8-10 fiale di un prodotto omeopatico per rinforzare le difese immunitarie a cui tolsi le etichette, perché non tutti credono nella validità dell' omeopatia. Convalle è uno scontento".COBALCHINI - "A lui detti solo suggerimenti per una dieta, perché era soprappeso". FERRO E DEHA - Al dott. Ferrari durante le perquisizioni vennero sequestrate 60 confezioni di ferro e 300 capsule di Deha, un prodotto proibito per lo sport. "Il ferro lo tenevo perché lo utilizzava mio suocero, che è un donatore di sangue e aveva necessità di integrare. Era un uso familiare. Il Deha serviva a mio padre per compensare il cortisone che prendeva per una artrite e che faceva calare il livello di Deha che produce naturalmente il corpo con il surrene. Mio padre ne prendeva tre pasticche al giorno".ANIMINE - Tra i prodotti sequestrati anche le animine, sostanze a base di caffeina. "Mai prescritte a ciclisti. Il contenuto di un confetto di animine, che in Belgio è un prodotto da banco, è di 70 milligrammi di caffeina. Una lattina di Coca-cola ne ha di più". Gli altri farmaci sequestrati nel suo studio - ha spiegato - sono quelli che normalmente si tengono in un ambulatorio."Ferrari è un bersaglio facile - ha concluso spiegando il perché è stato accusato da più parti - Non ho la spalle coperte, sono stato vittima anche della stampa italiana. E anche tutti e tre i ciclisti che mi hanno accusato prima di essere interrogati dal Nas avevano parlato con il prof. Sandro Donati (il dirigenti Coni che da sempre si batte contro il doping, ndr)".Hanno parlato anche altri due imputati: l'altro medico sportivo Daniele Tarsi e il team manager Luciano Rossignoli, le cui posizioni sono più sfumate. Ad accusare Tarsi c' è soprattutto uno scontrino non fiscale con sopra scritto il nome di due prodotti proibiti, Eprex (cioè epo) e Saizen. "Disconosco la paternità di quel biglietto - ha detto - In questa vicenda ho pagato molto, a partire da quello che i giornali hanno scritto. Ad esempio mia figlia non ha potuto più frequentare alcune amiche perché i loro genitori non volevano che si vedessero perché avevano letto di me sui giornali". Rossignoli ha spiegato che si occupava solo della gestione della squadra e quindi non si occupava di farmaci.Il processo riprenderà il 14 maggio. "Mi auguro che il dott. Ferrari abbia argomenti più validi e rispondenti alla verità. Non ho mai incontrato in vita mia, nè conosciuto Filippo Simeoni e Convalle. Mentre ho incontrato una volta Cobalchini anni fa, quando non c' era nemmeno un procedimento nei confronti di Michele Ferrari". Così ha replicato il prof. Sandro Donati dopo

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che il dott. Michele Ferrari nella sua deposizione al processo di Bologna lo aveva tirato in ballo, facendo capire che i tre ciclisti che lo accusano prima di testimoniare al Nas avevano parlato con lo stesso Donati. 

17 aprile - MEGABLITZ DI NAS E FINANZA, 50 PERQUISIZIONI IN TUTTA ITALIA: INDAGATI L'IRIDATO CHICCHI E DUE RUGBISTI DEL GIRO AZZURROMILANO — Il doping viaggiava nelle videocassette. Un sistema collaudato e sicuro finché non ci hanno messo il naso Nas e Finanza. Il centro di diffusione e di spaccio in un paesino del padovano, una videoteca di Carmignano Brenta. Il meccanismo semplice e intuitivo. Si entrava, si chiedeva una videocassetta di un film particolare, si riceveva una confezione fasulla. Dentro, al posto del nastro magnetico, la roba: anabolizzanti; efedrina, ormoni, epo; il solito triste rosario del dopato. È partito di lì il megablitz - impegnati 230 militari e perfino unità cinofile - messo a segno ieri in ben 13 città italiane  dal comando del gruppo As di Milano dal Nas del comando gruppo di Roma e dei comandi provinciali dei Carabinieri di Padova, Vicenza, Treviso, Forli', Ravenna, Bologna, Milano, Parma, Udine, Firenze e Livorno, le città interessate da una serie di perquisizioni (una cinquantina in tutto) che hanno portato ad una sessantina avvisi di garanzia. Ad insospettire gli inquirenti padovani, che da tempo operavano nel doping sportivo (l’indagine della pm Cameran con le registrazioni ed i video choc al Giro 2001) è stato il fitto via vai di atleti di svariate discipline presso la videoteca. Gente delle vicinanze, ma anche proveniente da altre città. Principalmente ciclisti e per di più giovani o giovanissimi. Ma nel gruppo degli indagati non mancano atleti di nome. Fra questi anche Francesco Chicchi, il toscano vincitore dell’oro nella categoria Under 23 ai recenti mondiali di Zolder, da tempo al centro delle attenzioni degli investigatori. Perquisita anche la sua abitazione. Ma nel numero degli inquisiti figurano anche due atleti del giro della nazionale di rugby, appartenenti alla Benetton Treviso: Ongaro e Faliva. Non si conoscono ancora i prodotti sequestrati. Le indagini, partite nell’estate scorsa, hanno fatto un grosso progresso, dopo che un giovane ciclista vicentino è stato ricoverato in ospedale per i problemi accusati, probabilmente,  dall’uso di sostanze doping. La sua confessione ha avviato una fitta rete di intercettazioni ambientali e videoregistrazioni che fa parte oggi del vasto dossier delle indagini. I due responsabili della videoteca, i fratelli Alberto e Nicola Trolese,  sono finiti ovviamente in manette con l'accusa di furto, ricettazione, violazione della legge antidoping (376/2000), esercizio abusivo della professione farmaceutica, somministrazione di farmaci dannosi per la salute. In varie regioni italiane è poi scattata l’operazione perquisizione. Ad allargare l’inchiesta anche le segnalazioni di numerosi direttori sportivi di formazioni ciclistiche giovanili, insospettiti o forse sarebbe meglio dire stanchi, di vedere certi “miracoli” agonistici che poche spiegazioni avevano sul piano fisiologico. Qualcosa finalmente nell’ambiente del ciclismo si sta muovendo positivamente, se dal suo interno parte il rifiuto e la denuncia. Ci sarebbero anche gli esposti circostanziati di alcuni genitori, preoccupati di talune profferte fatte ai propri figli da dirigenti sportivi e personaggi equivoci dell’ambiente. “Repubblica” di recente aveva raccolto una di queste denunce: il genitore di un giovane della provincia romana che aveva segnalato come nell’ambiente di junior e giovani, già a 14-15 anni si insegnasse ai ragazzi a farsi le iniezioni endovenose da soli. Insomma, nell’assoluta latitanza del mondo sportivo, la giustizia ordinaria si è mossa finalmente per cercare di fermare la vera piaga del doping moderno, la sua diffusione, cioè, fra le categorie giovanili, il vero grande mercato dei prodotti proibiti. Grande e rischiosissimo, se è vero che fra i prodotti sequestrati - le stesse potentissime droghe dei professionisti maggiori - sono state rinvenute anche confezioni di origine russa , il cui contenuto sarà analizzato nei prossimi giorni.

18 aprile - SCANDALO NEGLI USA. COPERTI 16 ANNI DI DOPING; ANCHE LEWIS FRA I SOSPETTATIMONTREAL - Un dossier di 30 mila pagine e accuse di doping brucianti ed infamanti per tutte o quasi le star del firmamento sportivo statunitense. Secondo l'accusa, lanciata da Wade Exum, ex direttore del controllo antidoping del comitato olimpico statunitense, sarebbe stato lo stesso comitato a "coprire" e ignorare la positività di tanti atleti di nome. Tra questi anche Carl Lewis. Il popolare "figlio del vento", vincitore di nove medaglie olimpiche sarebbe risultato positivo per stimolanti (efedrina) in tre occasioni nel 1988, ma sarebbe stato lo stesso ammesso a Seul in quanto l'assunzione delle sostanze proibite sarebbe avvenuta a sua insaputa. Il comitato olimpico Usa, lo avrebbe squalificato, per poi accogliere, prima dei Giochi, la sua tesi di un'assunzione inconsapevole attraverso un integratore alle erbe. In quelle Olimpiadi (Seul) Lewis vinse anche l'oro dei 100 grazie anche alla squalifica per doping del canadese Ben Johnson. Ora si viene a sapere che neanche lui avrebbe dovuto partecipare a quella finalissima.

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Fra i nomi importanti anche la "meteora" De Loach (oro nei 200m a Seul, poi scomparso dalla scena sportiva); André Philips, Mary Joe Fernandez, il calciatore Lalas. Un centinaio i casi di "positività" occulatata o ignorata, secondo Exum, che ha consegnato una vasta documentazione alla rivista americana Sports Illustrated. Fra questi diciannove atleti vincitori di medaglie olimpiche, negli anni fra il 1988 e il 2000.  "Facevamo dai 3.000 ai 5.000 controlli l'anno, ma non c'era mai una positività fra gli atleti di nome" ,  ha detto Exum, confermando quella che oggi appare una evidenza: l'assoluta inaffidabilità dei test, specie se condotti dalle stesse strutture sportive che ad anni di distanza sono finite al centro dello scandalo. Altri interessi, altri obbiettivi hanno per anni impedito al sistema dei controlli di funzionare a dovere. E la complicità delle strutture deputate alla vigilanza oggi appare evidente, se le accuse di Exum saranno provate. Secondo il presidente dell'agenzia mondiale antidoping (Wada), il canadese Dick Pound, intervistato da Cnn e Sport Illustrated.com, "Lo scandalo è ciò che molta gente sospettava da tempo a proposito del comitato olimpico statunitense, che ha fatto opera di copertura. Ci sono sempre stati moltissimi sospetti".In particolare, Pound non accetta l'eventualità di una difesa per "doping accidentale" se venissero confermate le accuse a Carl Lewis. "Al tempo dei Trials di Indianapolis in cui sarebbe risultato positivo - spiega Pound - aveva già vinto, quattro anni prima ai Giochi di Los Angeles, quattro medaglie d'oro, e quindi sapeva perfettamente che bisogna stare molto attenti a ciò che si prende. Il discorso dell'incidente di percorso non esiste, la presenza di stimolanti nel suo organismo sarebbe comunque una colpa".Per il presidente della Wada è comunque importante che si parli di questo caso e di quanto sta venendo fuori dal maxidossier di Wade Exum, direttore del servizio antidoping del comitato olimpico Usa dal 1991 al 2000. "Più se ne parla nel mondo e negli Usa - dice Pound - e meglio è. Se l'opinione pubblica, soprattutto quella americana, ne parla, l'Usoc deve per forza prendere coscienza del problema e quindi regolarsi di conseguenza". Il comitato olimpico statunitense ha respinto le affermazioni di Exum definendole prive di fondamento.

19 aprile -  CASO ZANETTE, MERCOLEDì LA PERIZIA SULLA MORTE; MA NON CI SONO CERTEZZEMancherebbero i necessari collegamenti causa-effetto per stabilire una diretta relazione fra l'eventuale assunzione di sostanze dopanti e la morte del trentaduenne corridore di Sacile, Denis Zanette, deceduto il 10 gennaio scorso dopo essersi recato ad una visita dentistica. Così come non ci sarebbero elementi certi per escludere definitivamente il nesso fra doping e la tragica fine. Secondo indiscrezioni raccolte da ambienti giudiziari, sarebbe una perizia che non approda a sentenze definitive quella che i tecnici nominati dal pm Antonella Dragotto consegneranno martedì prossimo alla Procura di Pordenone che sul caso ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando il reato di omicidio. E le anticipazioni fin qui emerse non trovano conferme. I test tossicologici ed istopatologici, per i quali  i periti avevano chiesto anche un supplemento di indagine, non avrebbero evidenziato legami certi su cui fondare tesi in un senso o nell'altro. Ed era prevedibile viste le difficoltà tecniche di operare su materiali biologici così particolari. Lo stato delle attuali conoscenze scientifiche, non consentirebbe di individuare nei reperti dell'autopsia le tracce di molte sostanze. Dunque una perizia, di cui mercoledì prossimo si conosceranno i particolari tecnici, che non stabilisce alcunché di certo. E lascia nella nebbia, almeno dal punto di vista scientifico, le cause dirette di questa morte improvvisa. Restano dunque i dubbi e le domande. Legate sopratutto al passato del povero corridore, che figurava fra gli indagati della Procura di Padova nell'inchiesta della finanza effettuata durante il Giro 2001, (vinse la tappa di Lubjana). Si era parlato - nei tristi giorni della vicenda - di una possibile causa congenita, visti i precedenti famigliari dell'atleta di Sacile. Il cuore ingrossato che avrebbe reagito male all'infiammazione polmonare sfociata poi nella miocardite fatale. Com' è possibile che di questo cuore ingrossato nessuno si sia accorto prima? Il dato deve far riflettere, dal momento che i corridori si sottopongono ad una serie di test ed esami (il "suivi medical" dell'Uci, che comprende anche l'elettrocardiogramma da sforzo da farsi alternativamente all'ecocardiogramma, un anno si e uno no) che dovrebbero consentire loro una pratica agonistica lontana da rischi. Zanette vi si era regolarmente sottoposto nel dicembre scorso, senza che sia emerso alcunché. 

19 aprile     - TORINO; SI APRE IL FRONTE SALBUTAMOLO, NEL MIRINO CALCIATORI E NUOTATORI  TORINO - Sono finite nel mirino della Procura di Torino le decine e decine di prescrizioni di prodotti a base di salbutamolo, una sostanza vietata dal Cio, ma consentita e in forma aereosol solo per uso terapeutico (cura fra l'altro l'asma) che fanno parte della documentazione medica che le varie federazioni debbono avere a corredo delle convocazioni azzurre. il pm Raffaele Guariniello ha condotto una serie di accertamenti, appurando, ad

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esempio che tale prodotto era stato usato anche da nuotatori azzurri. Ed ha chiesto a varie federazioni sportive nazionali di inviare la documentazione relativa. Hanno risposto tutte le federazioni, tranne (al momento) quella ciclistica. Al centro dell'attenzione nuoto, canottaggio e calcio. 

19 aprile - SCANDALO DOPING NEGLI USA: ORA . BEN JOHNSON RIVUOLE LA MEDAGLIA DI SEUL '88 NEW YORK  - "A me l'hanno tolta a Lewis l'hanno lasciata, eppure era incappato anche lui nei controlli antidoping; ora la rivoglio". Così, pressappoco l'ex campione dello sprint, il canadese Ben Johnson, che intenderebbe intraprendere un'azione legale contro il Comitato Olimpico Statunitense (Usoc) se sarà provato che il "figlio del vento" fu autorizzato a partecipare ai giochi nonostante una positività all'efedrina poco prima che partisse per i Giochi Di Seoul. Lo ha dichiarato  al 'Sydney Morning Herald' Morris Chrobotek, avvocato e rappresentante di Johnson, che ha chiesto che tutti i funzionari dell'USOC implicati "nella occultazione delle prove sulla positività di Lewis siano processati e messi in carcere" dato che si tratta di una "caso di corruzione". Johnson vinse quella finale dei 100 metri davanti a Lewis, realizzando anche il nuovo record mondiale. Successivamente la medaglia d'oro gli venne tolta e consegnata a Lewis, perché fu provata la sua positività al doping (stanozololo, un anabolizzante). "Ben - ha detto ancora il suo avvocato - è sempre stato convinto che Lewis si dopasse. Ora tutto il mondo lo sa e Carl dovrà restituire quella medaglia così come Linford Christie. Tutti si dopavano".

19 aprile - BLITZ DEI NAS, PRIME AMMISSIONI: "CI DOPAVAMO, MA NESSUN TRAFFICO"PADOVA - Li inchiodano oltre cento pagine di verbali, resoconti e materiale derivante da intercettazioni telefoniche, nonchè numerose dichiarazioni di testi. Restano dunque in carcere per ora i fratelli Alberto e Nicola Trolese, i due ciclisti amatoriali, 36 e 31 anni, arrestati nell'inchiesta sul doping condotta dai Nas di Padova. Il gip Giuliana Galasso, li ha interrogati in Tribunale, non ha convalidato in realtà l'arresto, per questioni formali: un verbale era stato depositato in ritardo e in più non è stata ravvisata la flagranza del reato. Ma ha ugualmente accolto la richiesta di custodia cautelare presentata dalla Pm Paola Cameran, portando a supporto proprio gli atti delle intercettazioni e delle testimonianze.Alberto, 36 anni, operaio nell'azienda di famiglia, e Nicola (31), titolare di une videoteca di Carmignano di Brenta, ritenuta una centrale di smercio del doping, sono stati gli unici dei circa cinquanta indagati nell'inchiesta a finire in manette. Perché i carabinieri del Nas hanno sequestrato loro corpose scorte di caffeina, anabolizzanti e soprattutto efredina (una sessantina di pasticche) tali da far sospettare il commercio di queste sostanze vietate. I due - ha riferito il loro difensore, avv. Giuliano Scudellari, di Ravenna - non hanno negato davanti al giudice l'uso del doping, ma hanno respinto l'accusa di farne commercio. Entrambi con un passato da dilettanti, oggi corridori a livello amatoriale, i due fratelli disputano diverse decine di gare l'anno. E anabolizzanti, efredina e caffeina li assumevano per andare più forte, "come fanno in molti", hanno ammesso. Ma non si sarebbero trasformati in venditori, limitandosi - questa è per adesso la linea difensiva - a cedere qualche pasticca gratuitamente ai compagni di corsa che gliele chiedevano. Ma gli avvocati dei due fratelli non hanno potuto ancora leggere nel dettaglio gli atti depositati oggi dal Pm, e una volta valutate le nuove accuse specifiche - ha spiegato Scudellari - si riservano di chiedere alla Pm Cameran (già martedì prossimo) un nuovo interrogatorio per chiarire la posizione dei loro assistiti. Alberto e Nicola Trolese sono accusati, oltre che di commercio di sostanze dopanti, anche di ricettazione, per il sospetto che alcuni farmaci siano stati rubati da ospedali, e di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti. Quest'ultimo reato in relazione al fatto che l'efedrina è uno stimolante che agisce a livello del sistema nervoso e per questo è inserita nella tabella delle droghe, al pari della cocaina. 

25 aprile -  COLTO DA MALORE IN CORSA, GRAVE DILETTANTE 16 ANNIVERONA - Un corridore dilettante di 16 anni, Luca Ceriani, è ricoverato in rianimazione all'ospedale di Peschiera dopo essere stato colto da un malore oggi durante una gara in circuito a Bonaldo di Zimella, nel veronese. Il giovane, della società Pedale Scaligero Lippa, al secondo anno della categoria allievi, stava correndo quando all'improvviso ha rallentato fino a fermarsi. In quel momento è stato colto da arresto cardiocircolatorio. Ceriani è stato immediatamente soccorso dal medico di gara e condotto con l'ambulanza al seguito della corsa all'ospedale di San Bonifacio. Qui è giunto subito dopo un elicottero di 'Verona Emergenza' che ha trasferito il ciclista all'ospedale di Peschiera. La gara è stata sospesa anche perchè, da regolamento, una competizione non può proseguire quando viene a mancare una copertura medica.

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26 aprile - ZANETTE, UNA MORTE SENZA COLPENon ci sono certezze capaci di fare pendere la bilancia della giustizia ed attribuire colpe, ma ci sono tanti, tantissimi elementi di riflessione nel voluminoso documento consegnato dai periti incaricati dal pm Dragotto di indagare sulle cause della morte di Denis Zanette, il corridore deceduto il 10 gennaio scorso dopo una visita dentistica. Le conclusioni lasciano spazio a varie interpretazioni, ma il quadro anatomo-isto-patologico rilevato dai periti, secondo fonti attendibili, non è certo quello di uno sportivo sano, quale l'immagine del povero corridore - alto e robusto - poteva far pensare. L'autopsia, confermata da analisi su tessuti di vari organi, avrebbe rilevato una "tracheo-bronco-pneumo-epatopatia di tipo necrotico emorragico". In un quadro complessivo di "polinfarti emorragici disseminati e profondi" che solo in parte potrebbero essere messi in relazione con il trattamento di rianimazione cui il corridore è stato sottoposto dopo il malore accusato dal dentista. Si tratterebbe di una serie di micro-infarti, ovvero di occlusioni di vasi sanguigni che rompendosi avrebbero provocato una serie di piccole emorragie.  Il quadro di tutte le alte vie respiratorie, dei polmoni e del fegato presentava  i segni di una miriade di infarti da necrosi emorragica. Infarti dovuti a cosa? Una spiegazione probabile, ma non certa e tuttavia possibile è - secondo quanto emerso dalla perizia - che il corridore si trovasse in uno stato di "ispissatio sanguinis", ovvero avesse una massa eritrocitaria superiore al normale; ovvero avesse una forte poliglobulia (elevato numero di globuli rossi) e una elevata viscosità ematica. A favore di questa ipotesi, possibile, ma non dimostrabile, ci sarebbe anche la struttura complessiva dell'atleta, portatore di una cardiomiopatia dilatativa rilevante. Zanette, cioè aveva un cuore molto grande e molto pesante, e tale dimensione sarebbe rara anche negli atleti più allenati, che, peraltro presentano dimensioni cardiache superiori alla media. A cosa questo eccesso di globuli rossi, ovvero l' "ispissatio sanguinis", fosse attribuibile, la perizia non lo precisa con sicurezza. Ma indica le sostanze che producono iperglobulia raggruppandole in tre categorie: eritropoietina ricombinante e in genere stimolatori della produzione di globuli rossi; ormone della crescita (gH);  e per situazioni analoghe, anche steroidi anabolizzanti. Insomma da questo quadro emerge come l'ipotesi di una esposizione a sostanze dopanti sia possibile, anche se i tecnici non sono riusciti a dimostrarla scientificamente per i limiti oggettivi dei metodi di ricerca oggi a disposizione e per le condizioni organolettiche dei reperti. Insomma, i tecnici avrebbero trovato gli effetti, ma non i dati diretti o indiretti (neppure fra i test ematici) che dessero la certezza di assunzione di quei farmaci. La causa ultima della morte sarebbe stata una crisi cardiaca: una tachiaritmia maligna di natura ventricolare. Mentre i tecnici avrebbero escluso con assoluta certezza l'infezione, al contrario di quanto era trapelato nei giorni successivi al tragico evento.  Quali le cause di questa aritmia? Probabilmente, sempre secondo le risultanze della perizia,  il fatto che Zanette fosse portatore di una  cardiomiopatia dilatativa. In quella situazione, infatti, gli equilibri del cuore sono molto labili e improvvisamente, anche senza cause scatenanti, l'equilibrio può precipitare. Si verifica una scarica di battiti cardiaci di natura ventricolare che porta alla morte. Non c'è nulla da fare in questi casi. Ora, questo quadro complessivo non offre elementi di prova oggettiva, come richiesto dal punto di vista giuridico per attribuire eventuali responsabilità penali, perché per la Cassazione occorre acquisire la certezza o quanto meno la quasi-certezza delle cause di un evento. La certezza ci sarebbe per l'ultimo gradino: la causa ultima della morte, ma non per  la ipotesi che sta a monte. Dunque - secondo le risultanze di questa perizia - nessun illecito penale (omissivo o delittuoso, come l'uso di prodotti doping o l'induzione all'uso di prodotti doping) può essere attribuito. La scienza attuale non ha consentito di svelare di più; dunque si resta nel novero delle possibilità, ciò che dal punto di vista legale equivale ad escludere. Nessun responsabile delle morte di Zanette, insomma. Resta solo il suo desolante passato che non aiuta a fugare i dubbi: certe sue frequentazioni erano note; vedi l'indagine della pm Cameran durante il Giro 2001 e i valori altalenanti di ematocrito quando, nei primi anni '90 frequentava il centro di Ferrara. Tutto ciò non deve certo avergli giovato sul piano della salute, anche se adesso non è possibile "al di là di ogni ragionevole dubbio" stabilire il nesso causa-effetto.   Cosa succede adesso del procedimento penale? Il pm Dragotto può chiedere ulteriori chiarimenti e, ove sia convinta che non ci siano le prove dell'illecito può archiviare. Ma non è escluso che l'indagine vada avanti alla ricerca di altri riscontri di tipo testimoniale.Ci sono responsabilità dei medici? No. Nessuna. L'indagine ha rivelato come tutti gli accertamenti previsti siano stati eseguiti nella tempistica corretta. Anche gli accertamenti elettro-radiografici non evidenziavano valori anormali. Insomma, ci si è messa anche la sfortuna: nonostante i test ripetuti i medici non potevano accorgersene che il corridore stava male ed era a rischio.

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29 aprile - ANCORA CORRIDORI FERMATI PER EMATOCRITO E DOPING Da una parte i programmi, i proclami e le dichiarate volontà di ridare un'immagine al ciclismo tormentato dagli scandali doping, regolamentando al Giro perfino il trasporto e la lista dei farmaci a disposizioni dei medici di squadra . Dall'altra lo stillicidio quotidiano di casi di positività e/o di ematocrito sballato. Una vera e propria emorragia a fronte delle tante chiacchiere sulla severità o meno dei controlli e sulla volontà dio affrontare seriamente il problema pensando alla tutela della salute pubblica. L'ultimo in ordine di tempo, quello del romano Claudio Astolfi (Domina Vacanze-Elitron), che non è stato ammesso al via del giro di Romandia in quanto ad un controllo ematico preventivo il suo tasso d'ematocrito è risultato troppo alto: 53% contro il 50% massimo ammesso. Mentre per Carlo Calcagni, tesserato della società GS Calcagni Sport un controllo a sorpresa del Coni il 19 marzo 2003 a Salice Terme in occasione del raduno collegiale della crono under 23, ha rilevato la presenza di norandrosterone, un anabolizzante. La federazione ciclistica italiana precisa subito che il corridore non fa parte della nazionale under 23 convocata dal direttore tecnico di settore Antonio Fusi, ma "è un tesserato militare in preparazione al campionato del mondo crono militari che si era aggregato al raduno degli azzurri". Un sottile distinguo che non toglie nulla alla continua emorragia che sta dissanguando la credibilità dello sport e del ciclismo in particolare. 

30 aprile - GALDEANO POSITIVO AL TOUR PER IL CPLD FRANCESE: 6 MESI DI STOP IN FRANCIA ROMA - Il corridore spagnolo Igor Gonzales de Galdeano non potrà correre al Tour de France dopo che il Consiglio di prevenzione e lotta contro il doping lo (cpld) francese lo ha squalificato per i prossimi sei mesi. L'interdizione è ristretta alle gare autorizzate o organizzate dalla Federciclismo transalpina. La sanzione arriva dopo che Gonzales de Galdeano fu trovato positivo a seguito di un controllo effettuato lo scorso 12 luglio durante il Tour de France. Nel test dell'iberico tracce elevatissime (1.360 nanogrammi) di salbutamolo, una sostanza usata per curare l’asma e che in grosse dosi ha effetti anabolizzanti. Il corridore ha ora facoltà di ricorrere davanti al Consiglio di Stato, ma il ricorso comunque non sospenderà la pena, dunque addio Tour per il ciclista della Once. L'Uci non ha commentato la decisione, annunciando che esaminerà attentamente il caso: "La Uci si pronuncerà nei prossimi giorni" ha dichiarato un portavoce dell'Unione Ciclistica internazionale citando il presidente Verbruggen. La decisione del CPLD appare in linea con quanto all’epoca affermato da Dick Pound, il presidente della Ama-Wada, l’agenzia mondiale antidoping: "Ci hanno chiesto - ha detto Pound - se l'Ama aveva una posizione differente rispetto all'Uci e noi abbiamo risposto di si. Ama e Cio sono dell'avviso che un risultato di analisi superiore ai 1000 nanogrammi/ml diventa automaticamente un caso di positività per anabolizzanti, anche nell’ipotesi di un atleta autorizzato a inalare il salbutamolo per scopo terapeutico". "Un caso come quello del Tour - ha aggiunto Pound - cioè un risultato superiore ai 1000 nanohrammi /ml per il Cio sarebbe stato un caso di positività a tutti gli effetti" Passibile di squalifica, dunque.

30 aprile - VARATO IL PROTOCOLLO D'INTESA SUI FARMACI AL GIRO ROMA - Ci provano, almeno sulla carta, a mettere per iscritto l’ennesima regolamentazione. Tentano - non senza difficoltà e polemiche - di ridare una parvenza di credibilità al ciclismo sommerso dagli scandali doping e, di conseguenza anche al Giro, la più importante corsa italiana. Dunque i farmaci in questa edizione della corsa rosa rimarranno sotto chiave, controllati a vista dai medici. La "proposta per una procedura standardizzata di acquisto, detenzione e trasporto farmaci durante il giro d'italia 2003" è stata presentata al Coni dal presidente della federciclismo, Gian Carlo Ceruti, presenti il presidente della commissione medica della federazione, Marcello Faina, il patron del Giro, Carmine Castellano, il capo della procura antidoping del coni, Giovanni Verde, e il presidente dell'associazione dei medici del ciclismo, Massimo Besnati. I farmaci "non contenenti principi attivi vietati o a restrizione d'uso" saranno sotto la custodia dei medici e i corridori potranno detenerne la quantità prescritta dai medici stessi, con relativa ricetta. I farmaci "vietati o a restrizione d'uso" dovranno essere tenuti "in luogo separato dagli altri farmaci" sotto la custodia personale del medico, con la ricetta che ne specifici l'uso e lo scontrino della farmacia dove sono stati acquistati. Di questi farmaci potenzialmente dopanti il medico dovrà preparare una lista in tre copie, da consegnare in busta chiusa all'Uci, alla Procura del Coni e alla Commissione della Federciclismo. Le tre autorità che riceveranno la lista la metteranno a disposizione "nel caso, alle autorità competenti, al fine di verificare la corrispondenza tra la dotazione farmaceutica del medico sportivo e la dichiarazione preventiva". Insomma un atto di grande fiducia nei confronti dei medici del ciclismo. Ma si resta pur sempre nell’ambito di una gestione autoreferente. Se la fiducia sarà ben riposta lo dirà il tempo. Ma fra le righe non mancano - come al solito - le eccezioni. I medici potranno avere farmaci proibiti, ha spiegato

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Faina, perchè "devono poter intervenire per esigenze di pronto soccorso: per esempio per contrastare uno shock anafilattico da puntura d'insetto ci vogliono i cortisonici". Resta il fatto che i corridori non potranno detenere alcun farmaco senza ricetta (ma con ricetta sì...): i tesserati delle squadre che non siano atleti potranno avere altri farmaci per uso personale (ad esempio i diabetici). "La federciclismo vuole offrire la massima collaborazione a chi abbia competenza sulla questione del doping al giro d'Italia - ha detto Ceruti -   tutti i componenti delle squadre dovranno essere tesserati e tutte le squadre dovranno avere un medico responsabile della custodia dei farmaci". Il rispetto dei ruoli è tornato anche nelle parole di Besnati: "Il medico vuole fare il medico, non il dopologo né il preparatore". Meglio così se è davvero questa la intenzione. Nel passato anche recente non sono mancati e non mancano i casi di medici coinvolti in casi di doping. L’auspicio è che ci sia una inversione di tendenza. Il 9 maggio, il giorno prima della partenza del giro, la documentazione sanitaria di tutti i corridori dovrà essere verificata a Roma dalla Commissione della Federciclismo; poi ci saranno test su tutti i partecipanti. Durante il Giro i controlli saranno eseguiti dall'Uci e, eventualmente, per la prima volta, dal ministero della salute. Alla Wada, l'agenzia mondiale antidoping, è stato chiesto di fornire rapidamente i risultati dei controlli a sorpresa che eventualmente siano stati eseguiti su corridori, per evitare che l'eventuale esito positivo possa venire fuori durante o dopo il Giro. Ceruti ha poi ricordato che la Federciclismo si prepara a fare 300 controlli a sorpresa in categorie minori. "È ora di ridare etica e valore morale al ciclismo - ha detto Ceruti - Vogliamo provare a prevenire il doping e soprattutto a responsabilizzare maggiormente tutte le componenti istituzionali, chiarendo e ridefinendo i ruoli”. Diceva Manfredi: Fusse che fusse la volta bbona? 

ANTIDOPING, IL CONI VUOL TAGLIARE I CONTRIBUTI E "STROZZA" LA LEGGE MAGGIO 2003 - Da una parte i programmi, i proclami e le dichiarate volontà di ridare un'immagine allo sport   tormentato dagli scandali doping. Dall'altra lo stillicidio quotidiano di casi di positività e/o di ematocrito sballato. Una vera e propria emorragia a fronte delle tante chiacchiere sulla severità o meno dei controlli e sulla volontà di affrontare seriamente il problema pensando alla tutela della salute pubblica. Fra gli ultimi casi in ordine di tempo, quello del romano Claudio Astolfi (Domina Vacanze-Elitron), che non è stato ammesso al via del giro di Romandia in quanto ad un controllo ematico preventivo il suo tasso d'ematocrito è risultato troppo alto: 53% contro il 50% massimo ammesso. Mentre per Carlo Calcagni, tesserato della società GS Calcagni Sport un controllo a sorpresa del Coni il 19 marzo 2003 a Salice Terme in occasione del raduno collegiale della crono under 23, ha rilevato la presenza di norandrosterone, un anabolizzante. La federazione ciclistica italiana precisa subito che il corridore non fa parte della nazionale under 23 convocata dal direttore tecnico di settore Antonio Fusi, ma "è un tesserato militare in preparazione al campionato del mondo crono militari che si era aggregato al raduno degli azzurri". Un sottile distinguo che non toglie nulla alla continua emorragia che sta dissanguando la credibilità dello sport e del ciclismo in particolare.  Cosa succede? Dopo gli scandali siamo ancora in mezzo al guano? Sembrerebbe proprio di sì. Come se nulla fosse successo. Tutto (o quasi) come prima. Al ministero della salute, dopo due anni di travagli annunciano che finalmente partiranno i controlli dello stato.  Sbandierano un programma - udite, udite - di ben 750 test 750 (fra quelli "canonici" dopo le gare e quelli a sorpresa) con il quale intenderebbero frenare il doping dilagante. E per corroborare l'intenzione annunciano di aver già fatto ben due-controlli-due: le partite di pallacanestro, campionato maschile A1, Virtus Roma-Oregon Cantù e Pompea Napoli-Snaidero Udine. C'è da far tremare i polsi ai dopati di tutto lo sport nazionale, amatori compresi. Ma poi viene da sorridere, pensando a quando il Coni ne faceva più di 10.000 l'anno e poi alla fine le positività erano dell'ordine dello 0,00qualcosa per cento. Minime, risibili, insignificanti. Tanto da far pensare a qualcuno addirittura che il doping non esistesse. Questa, ad esempio, fu la sentenza della Procura del Coni al termine del clamoroso caso Zeman nel calcio. Salvo poi incappare ad un paio d'anni di distanza  nella tempesta del nandrolone. Non è, dunque, un caso se il doping è cresciuto fino a divenire il mostro che ormai è sotto gli occhi di tutti. Gli scandali a ripetizione non sono serviti. Non servono. E, mentre il Coni e il ministero della salute litigano su chi dei due debba fare i controlli, dopati e dopandi di tutta Italia si fregano le mani. Si gioca tutto sui tempi, dilatati a dismisura. Come se ad un anno dai Giochi di Atene e a tre da quelli invernali di Sestriere circolasse una parola d'ordine segretamente accetta da tutti gli "operatori" del settore: allentare la guardia, frenare e/o inceppare la macchina. Ci sono le medaglie dei Giochi da inseguire. Come se il prestigio di una intera nazione potesse essere appeso ad una coppa o ad un pezzetto di metallo nobile, conquistato magari con l'imbroglio. Il bello è che sono proprio i nostri governanti a sottolineare in un modo o nell'altro questa imprescindibile "necessità". Perché, ad esempio il sottosegretario Pescante insiste tanto sulla (inutile)

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depenalizzazione dell'atleta quando di interventi costruttivi per rimpolpare e rafforzare la legge 376 ce ne sarebbe bisogno a bizeffe (finanziamento più sostanzioso e certo; introduzione di elementi che rafforzino i poteri di chi indaga, ecc.) ? Perché adesso che la legge possiede una lista di farmaci vietati dignitosa viene frenata e addirittura si vorrebbe non far riunire più la commissione di vigilanza, come ha annunciato l'esimio Zotta, cavalcando, in un perfetto gioco delle parti, le bizze assurde di un Coni che addirittura minaccia di non pagare ciò che invece deve comunque versare per legge? Perché nella commissione di vigilanza si fa un rimpasto in nome del cosiddetto "spoil sistem" e poi nessuno si preoccupa se qualcuno dei nuovi cooptati neppure si presenta alle riunioni? Perché a controllare un meccanismo delicato, come quello delle "missioni" antidoping viene fatta una sottocommissione composta da un medico sportivo, un biomeccanico e un funzionario del ministero della salute? Il secondo, è riuscito nella non facile impresa di non accorgersi in anni di test e di "valutazione funzionale" che un certo Maradona era in realtà tossicodipendente; la terza è una neofita: tanta buona volontà, certo, ma la competenza? E la ridicola vicenda del bollino da apporre sui farmaci che contengono sostanze dopanti che fine ha fatto? Sembrava dovesse cascare il mondo se non si fosse affrontata prima di ogni altra cosa questa impellente "necessità". Ora, dopo i mugugni di qualche casa farmaceutica, tutto tace. Per fare un convenzione sui test si sono dovuti rivolgere alla federazione medici sportivi (Coni); per stilare le norme hanno dovuto razziare a man bassa regolamenti e disposizioni delle varie federazioni sportive del Coni o scopiazzare su internet; per inviare una relazione sullo "stato dell'arte" della lotta al doping in Italia al consiglio d'Europa hanno ripetuto in bel francese quanto si può leggere in un analogo documento del Coni, un documento Conicentrico, ovviamente, con tanto di esaltazione del ruolo dell'ente, ovviamente. Si voleva tutelare la salute dei praticanti e invece si fanno pochi, inutili controlli solo fra gli agonisti maggiori. Si voleva creare uno strumento di controllo "terzo" rispetto al mondo dello sport e invece, direttamente o indirettamente è ancora lo sport che comanda la danza. Con un unico risultato certo finora: un più basso numero di controlli.  Insomma, un fiasco totale.  Lo spirito della legge stravolto e tradito.  Altro che montagna che partorisce il topolino. Le roboanti dichiarazioni del senatore Cursi sanno tanto di presa in giro. Fiore all'occhiello la storia dei finanziamenti del Coni alla legge, come vuole il dispositivo della 376. E proprio quando la farraginosa macchina dello stato cominciava a muoversi, ecco l'intoppo decisivo: il Coni vuole chiudere i rubinetti. In barba alla legge che lo obbliga, criticabile quanto si vuole, ma pur sempre legge dello stato in vigore, gli ineffabili dirigenti del Foro Italico non vorrebbero pagare più. Cosa è successo? La legge prevede che le tranche annuali da parte del Coni debbano essere versate entro marzo. La quota del 2001, versata nel dicembre 2001, è stata "riportata", come da prassi burocratica sul 2002; ma la quota 2002 - a quanto si apprende da fonti del ministero della sanità - è stata versata su un capitolo sbagliato. Per recuperare quei soldi si sarebbe accesa una lunga prassi amministrativa e si sarebbe arrivati a dicembre 2002 quando il serafico ministro Tremonti ha deciso di far suoi quei soldi. Intercettati, per usare un eufemismo, svaniti, scomparsi, evaporati. Vanificando in un attimo tutti gli sforzi della Cvd, che, fra mille alti e bassi, pure qualcosa aveva prodotto. Cancellato il programma di ricerca (su nuovi metodi antidoping, principalmente: per il gh, ad esempio, non esiste ancora un metodo validato) per il quale erano stati stanziati 920.000 euro, restano si e no i fondi per 750 controlli e i 730,000 euro per la cosiddetta campagna di informazione. Informare chi? Ma prima di tutti i medici, suvvia, per insegnar loro come "osservare" correttamente l'atleta mentre riempie il contenitore di urina...; e poi i pediatri perché imparino ad illustrare il problema ai genitori... Se ce ne avanzerà, l'informazione arriverà agli scolari e alle scuole, ai giovani. Un esempio limpidissimo di chiarezza e valutazione equilibrata dell'importanza dei target da raggiungere. Del resto, la prima preoccupazione nel marasma iniziale non era stata per il fantomatico  bollino? Ora, se la lotta al doping riguarda prima di tutto la tutela della salute degli individui, non si capisce perché debba essere finanziata dallo sport. Ma questo è un altro discorso. E se facesse comodo così? Tanti passaggi, tanta burocrazia, tante possibilità di intoppo: è l'uovo di Colombo.L'impasse attuale ha già raggiunto il suo obbiettivo: anche se domani stesso il Coni tirasse fuori i soldi che deve versare (alla fine non potrà disattendere la legge), non si riuscirebbe a spenderli prima dell'anno prossimo per le solite lentezze della burocrazia. Come dire che per un anno difficilmente si avranno controlli a regime. Ne servirebbero almeno 6-7.000, ben calibrati, a sorpresa. Se tutto va bene se ne faranno un decimo. E qual'è l'appuntamento più importante della prossima stagione? Ma le Olimpiadi di Atene, ovviamente. Una situazione, dunque che sa tanto di dejà vu. Quando il Coni governava l'antidoping, alla vigilia delle Olimpiadi di Sydney riuscì nella bella impresa di mandare in ferie a luglio (con i Giochi a settembre) la commissione per i controlli a sorpresa. L'allarme relativo agli sbalzi di gh (ormone della crescita) per molti azzurri poi andati a medaglia, segnalato dalla vecchia commissione di "Io non rischio la salute" fu bellamente ignorato e/o sottovalutato. Ora

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che, dopo le solite vuote polemiche, lo Stato dovrebbe gestire i controlli cosa succede? Vengono bloccati i finanziamenti. Dal Coni. Cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia. 

PANTANI E IL PREZZO DELLA GLORIAGIUGNO 2003 - "Non voglio mentire, sono qui per curarmi e non so quanto ci resterò". In queste poche battute, pubblicate dal "Gazzettino", c'è tutta l'amarezza di Marco Pantani alle prese con il Mortirolo più difficile della sua vita: una crisi psicologica ed esistenziale che lo ha portato in una clinica di Teolo sui Colli Euganei per curarsi. Lo scalatore della Mercatone Uno è malato; adesso lo ammette anche il patron della sua formazione, Romano Cenni: "Ci vuole pazienza e Marco merita tutta la pazienza del mondo... - è stata l'ammissione del dirigente intervistato dal Giornale - Cosa vuole che le dica? Marco ha un forte esaurimento, non sta assolutamente bene, ma sono convinto che si tirerà fuori: vedrà, riusciremo a recuperarlo benissimo".Perchè allora non dirlo, perchè non ammettere che Pantani non sta bene?, gli ha chiesto il giornalista: "Guardi, io sono il Presidente della Mercatone Uno: io francamente lascio che certe cose le facciano l' addetto stampa della società e Boifava che è il team manager. Io, se fosse per me, l' avrei detto: Marco non sta bene, ha un forte esaurimento e ha bisogno di un pò di tempo per ritrovarsi".Cenni, peraltro, si è detto convinto che il Pirata tornerà a correre: "Ma avete visto cosa ha saputo fare all' ultimo giro d' Italia? Marco veniva da mesi difficilissimi, l' abbiamo tenuto lontano da Cesenatico per diverso tempo e, nonostante non fosse al top, ha corso un grandissimo giro d' Italia: questo alla faccia di chi pensa che sia soltanto un prodotto di laboratorio. Marco è un fuoriclasse, un campione vero, che adesso è costretto a correre la corsa più difficile della sua vita: è tutta in salita, ma ce la farà". Dopo la fuga di n otizie, le smentite del suo manager Davide Boifava (fino a negare l'evidenza), è quindi lo stesso Pantani a voler fare chiarezza sul suo attuale stato di salute. La struttura padovana dove si trova ricoverato è specializzata nella cura di malattie nervose e fenomeni depressivi. È presto per dire quale sarà il futuro dello scalatore che infiammò l'Italia con la doppietta Giro-Tour nel 1998. Certo è alle prese con problemi delicati su cui è inutile negare e imprudente insistere su tesi ottimistiche. Uscire dalla depressione e da quello che ha comportato e comporta ancora dipende ora solo da lui. Pantani è solo. Come quando lanciava i suoi stupefacenti attacchi in salita; allora almeno c'era il supporto di un pubblico fanatico ed entusiasta; ora non c'è nessuno che lo possa aiutare se non se stesso. Allora esibiva una forza e una sicurezza straripante incarnando il mito del super atleta che travolgeva le folle (e il ricordo travolge ancora oggi la mente di molti tifosi); ora quell'amore, quell'affetto che lo aveva lanciato nell'empireo della notorietà e della fama rischia con la sua pressione di essere per lui una trappola. Una trappola che può evitare solo facendo ricorso a tutta la dignità di cui è capace.Ne ha avuta di dignità al Giro. Lo ha dimostrato soffrendo e lottando. E chi ha pratica di bici sa cosa vuol dire soffrire e lottare dalla sella. Meritando al di là del semplice aspetto del risultato sportivo, che in questi frangenti non conta proprio nulla e fa sorridere chi continua a insistere sul campione che si deve ritrovare per tornare a tal livello a tal'altro. Mettendogli un giogo sul collo che forse è proprio quello da cui lui inconsciamente lui vorrebbe fuggire. Pantani deve ritrovare Pantani uomo, non il Pirata. Deve appoggiarsi ad amici veri, non d'occasione. Disinteressati. Autentici. Non a quelli che lo usano vedendo in lui solo il Pirata che "pompa" un movimento in crisi di credibilità da anni, ormai. Il Pirata è morto e sepolto quella mattina di giugno di quattro anni fa a Madonna di Campiglio, quando bussarono a sorpresa alla sua porta gli ufficiali medici dell'Uci, per trovargli il sangue denso oltre ogni regola. La favola bella è finita lì. Era una favola - sciocco nasconderselo - costruita, come tutte le favole, su una non-realtà. Sull'illusione. Sull'inganno. Che era inganno di tutti, di tutto l'ambiente aduso alla truffa attraverso le mille alchimie della farmacia del diavolo. E questo, se da una parte va riconosciuto a Pantani (non può essere lui il capro espiatorio di un sistema fradicio fino alle radici del ciclismo giovanile); dall'altra non può essere un alibi che lava la coscienza. Ora il piccolo scalatore di Cesenatico deve ritrovare giorno dopo giorno la forza e la voglia di vivere come ai tempi di quella favola bella. Sapendo a priori che non ci saranno più favole.   Ce ne vuole di forza e di coraggio. Pantani lo può fare perchè ha dimostrato già in passato di avere carattere. Lo può fare se riesce a darsi un obbiettivo preciso. Perchè ritrovare se stesso vuol dire tutto e nulla. Ritrovare se stesso può essere anche indicare agli altri, ai giovani, agli atleti i rischi e i pericoli di una strada che lui ha percorso fino nei meandri più disorientanti, fino a perdersi. Aveva avuto l'opportunità per voltare pagina, subito dopo l'esplosione dello scandalo. Furono proprio le massime autorità sportive  a offrirgli la via d'uscita e diventare lui il paladino di un ciclismo che vuole cambiare. Forse più per utilitarismo -  il campione-produci-danaro caro ai media fa comodo a tutti - che per magnanimità. Oggi, scandali, perquisizioni, sequestri, arresti e qualche morte

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di troppo dopo è forse tardi per il ciclismo. Ma Pantani potrebbe ancora essere un paradigma. In questo senso la sua onesta ammissione ("Non voglio mentire, sono qui per curarmi") è un atto da apprezzare. La sua vita e le sue vicessitudini di vita sono già un insegnamento per tutti. Il prezzo pagato alla gloria è stato ed è elevatissimo; fino a metterlo a rischio di perdersi definitivamente. E, al tirar delle somme, c'è da chiedersi amaramente: per un Pantani, ricco, noto, conosciuto, seguito e coccolato, con una via d'uscita comunque sempre davanti, quanti altri giovani, poveri, anonimi atleti si sono perduti e si perdono definitivamente, nelle sue stesse condizioni? Rifletta chi pensa ancora che il doping sia solo questione di peccato veniale; del piccolo imbroglio durante una gara. Ammesso che ci riesca. 

3 giugno - CICLISMO, MUORE  SALANSON IL GIORNO PRIMA DELLA GARAROMA — Lo ha trovato un compagno di squadra, Sebastien Chevanel, ai piedi del letto nella camera d’albergo di Dresda dove ieri è partito il Giro di Germania. Fabrice Salanson, 23enne promessa del ciclismo francese, giaceva esanime a terra, caduto forse nel disperato tentativo di chiedere aiuto. Inutili l’intervento del medico, che non ha potuto far altro che constatarne il decesso. Secondo una prima ricostruzione, Salanson sarebbe morto nella notte fra lunedì e martedì. «Stava benissimo. Ha partecipato a una gara domenica scorsa  ha riferito Christian Guiberteau, il responsabile della squadra, “La Boulangère”  l’altra sera si sentiva bene ed era andato a letto presto». «Una tragedia terribile», ha commentato Jean Rene Bernadeau fedele gregario di Hinault e ora ds della formazione transalpina. La polizia tedesca ha aperto un’inchiesta, mentre la squadra ha rinunciato alla corsa in segno di lutto. Nato a Montereau il 17 novembre 1979, Salanson aveva debuttato fra i pro nel 2000 con la squadra della Bonjour. «Era un giovane sanissimo, nel pieno delle sue forze», sottolinea Philippe Rambaud, manager della squadra. Nel 2000 aveva vinto una tappa del Tour de l'Avenir e nel 2002 una frazione al Midi Libre. Secondo gli esperti potrebbe trattarsi di un aneurisma, ma, al momento, non sono escluse altre cause. Sarà l’autopsia a dire qualcosa di più. È la terza morte improvvisa e inspiegabile nel ciclismo nel giro di sei mesi. A gennaio c’era stato il caso del friulano Denis Zanette, professionista con la Fassa Bortolo, ai primi di maggio quello del giovane dilettante di 16 anni, Marco Ceriani, per un malore accusato in gara. Tre atleti giovani, sani, nel pieno delle forze, che per accedere alla pratica sportiva hanno dovuto superare test e analisi numerose e complesse. C’è ansia e preoccupazione nel mondo delle due ruote. E anche i medici sono in allarme.  Ovviamente è presto per tirare conclusioni su questa ultima, drammatica morte nel ciclismo, ma, dopo gli scandali recenti dubbi e sospetti si affollano comunque. «Spero ardentemente che si tratti di aneurisma cerebrale; il che escluderebbe il doping», dice il professor Mauro Salizzoni, 55 anni, primario del centro trapianti delle Molinette a Torino e da poche settimane alla guida della commissione antidoping della federciclismo. «Se si trattasse, invece di una morte cardiaca le riflessioni sarebbero ben diverse. Ma, parlando in generale, io non credo alle morti improvvise per ragioni cardiache». Sarebbe a dire? «Le analisi e i test che sto conducendo con la federazione (oltre 100 quelli più recenti condotti sui dilettanti, n.d.r.)mi fanno pensare che siamo ben lontani da un ciclismo pulito, come si è voluto celebrare all’ultimo Giro. Balle. Intanto l’epo non è scomparsa, specie nelle categorie inferiori. Poi è tornata in auge la vecchia autoemotrasfusione: un procedimento più complesso e costoso, dunque non alla portata di tutti, ma ugualmente rischioso». Del resto, anche il presidente della Fci Ceruti ha detto che non è il caso di entusiasmarsi se non sono arrivati i Nas al Giro. Ma come può entrarci il doping con le morti improvvise? «I rischi maggiori vengono dal doping ormonale. L’uso del gh, l’ormone della crescita, è praticamente libero, perché non è neppure cercato nei test. Eppure è un doping rischiosissimo, che provoca facilmente i tumori: basta avere una cellula malata e “dormiente” e l’ormone la risveglia e la stimola a riprodursi». Però gli atleti se ne fregano. «Non pensano che all’effetto sulla prestazione. Ma l’ormone che anabolizza i muscoli, fa sviluppare anche gli altri organi, il fegato e il cuore. Così finisci per avere un cuore enorme ma con le coronarie piccole. Il sangue scorre male e il rischio è elevatissimo. Se poi è sangue denso perché arricchito artificialmente di globuli rossi i danni sono pressoché certi». Ma la federazione internazionale ha messo un freno con il limite a 50% per l’ematocrito. «Quella è istigazione al suicidio. È un valore enormemente alto. In una ricerca riguardante gli ultimi 5 anni, presso due grosse banche dati del sangue su giovani fra i 18 e i 25 anni, è emerso che il valore medio era attorno al 43%. Per i ciclisti in allenamento questo valore scende fino a 38%39%: lo dice la fisiologia. Per me un ematocrito al 45% è sicuramente segnale di doping, specie durante una corsa lunga come il Giro d’Italia. Vede, i ciclisti danno per scontato che ad un certo punto ci si debba dopare per migliorare. Questa è la mentalità da cambiare».Jean Pierre de Mondenard, è stato per anni medico del Tour e poi medico antidoping. Conosce molto bene,

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dunque, il ciclismo transalpino. Anche lui ipotizza che la morte del Salanson possa essere stata causata da aneurisma: «Anche se non è normale morire così a 23 anni». De Mondenard ha scritto un libro: “Doping, l’impostura delle performances”, che è una denuncia coraggiosa. «Mi sono accorto che sono molti corridori muoiono giovani. In una statistica sul Tour dal ’47 al ’98 ho visto che le morti per problemi cardiaci fra i ciclisti dai 25 ai 35 anni sono 5 volte superiori rispetto alla media europea. La causa? Le anfetamine, che anche oggi sono di uso comune specie in allenamento. È impossibile credere che il ciclismo francese, come quello italiano, sia libero dal doping. I controlli non funzionano e poi sono gestiti dallo sport: è come se un criminale si facesse giudicare dai suoi famigliari». 

5 giugno - BRESCIA, ARRESTATI PER DOPING LOCATELLI E DAZZANIBRESCIA - Neppure il tempo di dirlo timidamente fra tanto scetticismo: "il ciclismo ha voltato pagina" che arriva subito la smentita. Anzi, la legnata. Due arresti, ventidue avvisi di garanzia e 35 perquisizioni. Questi i numeri dell' "operazione bike" conclusa dalla Finanza di Brescia. L'indagine, coordinata dal sostituto procuratore della repubblica di Brescia Mario Conte, ha portato agli arresti domiciliari Olivano Locatelli, quarantasettenne manager della Landbouwkrediet - Colnago (squadra dell’ucraino Popovich terzo all'ultimo Giro d’Italia); e William Dazzani manager bolognese del Team2002 (ciclismo femminile), a suo tempo direttore sportivo della formazione di Fabiana Luperini. E sono i soliti, tristi, squallidi fatti di perquisizioni, di Finanza, di arresti, di centinaia e centinaia di sostanze vietate sequestrate a confutare tesi troppo disinvoltamente sposate solo perché all’ultimo Giro non ci sono stati blitz o fatti di doping. Per Locatelli, un passato discusso che lo ha già trascinato in ambigue vicende doping e per Dazzani l'accusa è ricettazione e violazione della legge 376/2000. L’indagine era partita nel maggio del 2002, grazie alla scoperta in un'abitazione di una donna di Manerba del Garda di una grossa quantità di sostanze dopanti, illegalmente importate in Italia. L’arresto di Antonio Varriale, in flagranza di reato, mentre ritirava presso la stessa cameriera gardesana le sostanze vietate aveva dato ulteriori indizi. Attraverso il corridore napoletano gli inquirenti sono risaliti ad altri professionisti. Il 17 e 18 maggio dello scorso anno, provvedimenti di restrizione della libertà personale ed alcune perquisizioni furono eseguite nei confronti dei ciclisti Nicola Chesini e Domenico Romano, e dell'agente di Polizia Armando Marzano. Due furono le denunce a piede libero: quella di Giuliano Figueras e di Filippo Perfetto. Il primo - tanto per segnalare come ben poco sia cambiato nell’ambiente a fronte di un Giro che si è voluto sbandierare come il massimo della limpidezza - ha partecipato all’ultima corsa rosa senza che gli organizzatori, perfettamente al corrente di questo suo coinvolgimento, avessero nulla a che ridire.Il 29 maggio del 2002, al Giro, i finanzieri e i Nas di Brescia, poi avevo effettuato delle perquisizioni a Corvara, sede di tappa. A seguito del loro intervento, partirono le denunce a piede libero per Gilberto Simoni, Roberto Sgambelluri, Stefano Garzelli, Faat Zakirov e Mario Vezzani, medico sportivo della "Mercatone Uno". Altre perquisizioni, nell'abitazione del dottor Mario Vezzani (a Rio Saliceto di Reggio Emilia) e nei laboratori di analisi del Fleming di Brescia - ove erano state effettuate analisi su corridori precedentemente indagati - portarono al sequestro di altro materiale dopante. Poi c’è stato un anno di silenzio; durante il quale, però gli inquirenti hanno ascoltato. Un anno di intercettazioni telefoniche, quasi 10 mila, che ha portato in mattinata ad altre 35 perquisizioni e all’iscrizione nel libro degli indagati di altre 22 persone. Tra queste 5 medici, 1 professionista, 6 dilettanti, 1 infermiere, 3 cicliste donne e 7 persone di minore rilievo, ma ugualmente collegate al mondo delle due ruote. Fra le sostanze sequestrate nell'"Operazione bike": Nesp, Gh, IGF, Taurina, fialette per l'esame dell'ematocrito, confezioni di sostanze dopanti di vario tipo, oltre a test per rilevazione di tracce di cocaina e anfetamina già utilizzati e recanti le indicazioni anagrafiche di ciclisti professionisti. "Siamo passati al secondo livello - hanno specificato gli inquirenti - dai distributori-utenti ai procacciatori". Nella maggior parte dei casi le intercettazioni sono state operate nel secondo semestre del 2000. Secondo chi indaga quei dialoghi fra persone che parlano solo di doping sono serviti ad "illuminare le zone oscure nelle quali il ciclismo pare avvolto". Dalle indagini, secondo quanto riportato nell'ordinanza firmata dal Gip Roberto Spanò, è emerso che, Olivano Locatelli, "grazie all'opera di alcuni collaboratori, come Ezio Tironi, appare dedito al reperimento e alla somministrazione di sostanze dopanti destinate ai ciclisti, nonché a dispensare consigli diretti a eludere i controlli". E lo stesso vale per William Dazzani, bolognese, ds della squadra femminile, pure agli arresti, era "in grado di procurarsi farmaci illeciti attraverso collegamenti con terze persone tra cui l'infermiere Maurizio Cai, che li sottraevano fraudolentemente dagli ospedali (quelli di Budrio e Medicina) o di reperirli attraverso canali non ufficiali". Rispetto alla prima fase dell'inchiesta, la novità non è rappresentata solo dal livello superiore, quello di manager

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o direttore sportivo, occupato dalle persone nei cui confronti sono stati adottati i provvedimenti restrittivi. Anche l'obiettivo, infatti, è un altro: eludere i controlli. "Nelle conversazioni sia Dazzani che Locatelli - scrive il magistrato nell'ordinanza - appaiono sempre attenti a far sì che le sostanze destinate ad alterare le prestazioni sportive siano dosate meticolosamente, in modo da non renderle rintracciabili, o in caso di imprevisti, di coprirle con false certificazioni". Contatti sono inoltre emersi tra Dazzani e il medico Zeno Zani. Un ricettario in bianco del medico era stato rinvenuto nel corso della perquisizione compiuta presso l'abitazione in cui viveva Domenico Romano, uno dei ciclisti arrestati un anno fa nell'ambito della prima fase dell'inchiesta sul doping. La misura cautelare degli arresti domiciliari è stata disposta dal Gip al fine di contrastare "la prosecuzione e ricaduta nell'attività delittuosa". In questo senso è emersa quella che viene definita "una ostinazione, che appare perfino irragionevole da parte degli indagati nei propositi criminosi, coltivati con tenacia nonostante l'ampia e incisiva azione repressiva posta in essere nel frattempo dagli organi della giustizia ordinaria e sportiva".Da diverse intercettazioni agli atti degli inquirenti emerge quindi che anziché percorrere la strada della "cessazione delle assunzioni delle sostanze dopanti", si puntava all'individuazione di "sempre nuovi stratagemmi per evitare i controlli".Nel corso delle indagini - come si è appreso nella conferenza stampa a cui hanno partecipato il procuratore Tarquini, il sostituto Mario Conte e il col.Mario Ortello, comandante provinciale della Gdf - sono state sentite testimonianze di mamme di giovani ciclisti che hanno riferito di vicende inquietanti. Una, in particolare, alle Fiamme Gialle della brigata di Salò che ha condotto le indagini, ha raccontato del figlio che da dilettante militava in una squadra di Locatelli e che "pur correndo per 150 chilometri al giorno, mangiava una mela e niente altro".Il bilancio complessivo è di una quarantina di iscritti nel registro degli indagati. Fra gli ultimi iscritti e perquisiti anche il professionista Santo Anzà. Una parte vi è stata iscritta nella prima fase delle indagini. Si tratta dei ciclisti Antonio Varriale, Nicola Chesini, Domenico Romano, Giuliano Figueras, Filippo Perfetto. Oltre a loro, vi sono, sempre tra i primi indagati, Loredana B., la donna di Manerba nella cui abitazione erano state trovate le sostanze dopanti e Armando Marzano, ex poliziotto considerato dagli inquirenti un intermediario. Successivamente vennero indagati anche Stefano Garzelli, Roberto Sgambelluri, Faat Zakirov. I magistrati si occuparono anche di Gilberto Simoni. Gli atti relativi alla sua posizione vennero poi trasferiti a Trento dove successivamente si procedette alla archiviazione del suo caso. Sempre in questa fase delle indagini, nel mirino della procura di Brescia finì anche il medico sportivo Mario Vezzani.Gli sviluppi più recenti delle indagini hanno portato le Fiamme Gialle a indagare più di venti persone residenti in varie regioni d'Italia. Si tratta di un infermiere di Argenta (Ferrara), una ciclista di Lunata (Lucca), una ciclista di Cesenatico (Forlì), un'altra di Trento, Luisa Tamanini, giovane di spicco del ciclismo femminile italiano e legata sentimentalmente a William Dazzani, uno dei due manager agli arresti domiciliari. Vi sono un notissimo medico di Cepagatti (Pescara), un altro di Bologna, un altro ancora di Rovello Carpugnino (Verbania), un ciclista dilettante di San Pellegrino Terme (Bergamo), dei privati cittadini di Palazzago (Bergamo), Mapello (Bergamo), Brembate Sopra (Bergamo), Chiari (Brescia), Bottegone (Pistoia), Boretto (Reggio Emilia), un ciclista dilettante di Pozzo d'Adda (Milano), un ciclista dilettante di Saonara (Padova), un privato cittadino e un dilettante di Quarrata (Pistoia), un dilettante di San Nicolò di Rottofreno (Piacenza), un dilettante di Borgonovo Val Tidone e infine un medico di Torino.

6 giugno 2003 - È LO SPAGNOLO LLORENTE IL "POSITIVO" ALL’EPO DEL TOUR MADRID - È lo spagnolo Pascual Llorente, della Kelme, il corridore positivo all’epo all’ultimo Tour de France. La conferma non è venuta - come trasparenza e chiarezza vorrebbero - da parte della dirigenza sportiva internazionale (Uci), o dagli organizzatori, bensì dalle solite indiscrezioni, confermate poi dallo stesso corridore, intervistato dal quotidiano spagnolo "Marca". «Lunedì scorso mi ha telefonato Vicente Belda (il ds dellaKelme) e mi ha detto di aver ricevuto la notifica della positività». Una positività riferita alla dodicesima tappa, la crono di 47 chilometri da Gaillac a Cap Decouverte, vinta dal tedesco Ullrich. Analisi e controanalisi, effettuate presso il laboratorio francese di Chatenay Malabry, non lasciano adito a dubbi, però lo spagnolo si dichiara assolutamente innocente e, come spesso accade, mette in dubbio il risultato delle analisi. «Non sono affidabili; il mio è lo stesso caso di Fran Perez e di Aitor Karanka, sanzionati ingiustamente. Io sono tranquillo, ma non mi fido dei francesi: la loro è una vera persecuzione nei confronti del ciclismo spagnolo; abbiamo avuto quattordici controlli come squadra al Tour; io personalmente ben tre». Lo spagnolo aveva avuto una stagione molto brillante

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fino al Tour vincendo la classifica finale alla Vuelta Andalusa e al Giro della Murcia, dove aveva dominato segnatamente l’ultima frazione a cronometro battendo l’americano Lance Armstrong.

11 giugno - RUMSAS POSITIVO ALL’EPO AL GIRO D’ITALIARaimondas Rumsas, il lituano sfuggito l’anno scorso alla giustizia transalpina, dopo che la moglie Edita era stata trovata alla frontiera italofrancese con il portabagagli dell’automobile pieno di prodotti dopanti, è incappato nella rete dei controlli dell’Uci. La sostanza incriminata dovrebbe essere l’epo, dal momento che il test è stato eseguito al Losanna, uno dei pochi laboratori accreditati per il test sull’eritropoietina. Il prelievo è stato fatto a sorpresa dopo la sedicesima tappa del Giro, ad Avezzano. Ancora un caso di doping, dunque. Clamoroso, questa volta, perché l’atleta coinvolto non solo è un atleta di peso, avendo terminato la corsa rosa al sesto posto della classifica generale, ma era appena uscito la scorsa stagione da una analoga, tristissima vicenda. Un’ombra che si allunga sulla corsa rosa. Perché se si dopa il sesto della classifica generale è ben difficile pensare ad un ambiente pulito. E, alla luce di questi fatti, suona ancora più beffardo il fatto che fino alla fine della corsa non si siano avute - per un motivo o per l’altro - informazioni sui prelievi antidoping effettuati. Ma che certe abitudini non siano cambiate lo dicono molti indizi. Quanti sono i corridori che ricorrono ai prodotti a restrizione d’uso, cioè che usano prodotti proibiti con giustificazioni terapeutiche? Durante il Giro si è saputo di una indagine approfondita, da parte dei laboratori cui sono stati affidati i test della corsa, sui corticosteroidi. Sostanze, soggette a restrizione d’uso, appunto. Ma sugli esiti di questa analisi nessuna notizia finora.La positività di Rumsas è stata confermata dalla stessa squadra del corridore, la Lampre, che in un comunicato prende le distanze dall’atleta sospendendolo immediatamente da ogni attività. Rumsas rischia il licenziamento se le contronalisi confermeranno il primo esame. «La notizia si legge amareggia profondamente i vertici della squadra, riguardando come è noto, un atleta già al centro di sospetti per la nota vicenda relativa al Tour de France 2002, cui si era deciso di accordare fiducia nella speranza che potesse mettersi in luce per la propria correttezza e professionalità». Un’amarezza comprensibile, anche se tardiva. «Ci sentiamo presi in giro e truffati nella fiducia», commenta Saronni, il manager della formazione. Nella vettura della moglie Edita, in carcere in Francia per quasi tre mesi, l’estate scorsa, senza ammettere mai la minima colpa, furono trovati ben 37 medicinali, molti dei quali proibiti. Dall’ormone della crescita al Geref, una sostanza che ne stimola la produzione endogena; alle compresse di caffeina; ai corticoidi; ai cerotti al testosterone; ad alcune siringhe con l’epo. Edita Rumsas fu fermata dai doganieri di Chamonix mentre rientrava in Toscana (la famiglia lituana vive a Lunata, vicino Lucca) al termine del Tour del 2002. Secondo la sua versione, il trasporto di quelle sostanze era dovuto ad una attività collaterale, ma non coinvolgeva affatto l'attività del marito. Quest'ultimo, dal canto suo, dopo aver superato indenne una serie di test, riacquistò la fiducia della sua casa, la Lampre, che gli rinnovò l'ingaggio anche per la stagione 2003.

12 giugno - TOUR, ANCHE SEVILLA DA’ FORFEITMADRID - Problemi di cicatrizzazione di una ciste nella zona del perineo. Per questo motivo lo spagnolo della Kelme Oscar Sevilla (soprannominato "el nino", per la sua faccia da bambino) non sarà ai nastri del prossimo Tour de France, al quale era annunciato come uno dei rivali più agguerriti in salita per l’americano Lance Armstrong. «Oscar - ha spiegato Joan Mas, manager della formazione iberica - è stato operato adun ciste nella zona del perineo nel marzo scorso ed ha avutoproblemi di cicatrizzazione. Ha cercato di tornare a gareggiare per preparasi in vista del Tour, ma questo non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Dunque si è allenato poco e male e affrontare un Tour in queste condizioni non è possibile». Sevilla, 26 anni, numero 33 della classifica mondiale era uno degli outsider più gettonati per la "grande boucle". Settimo e maglia bianca di miglior giovani nel 2001; 4° alla Vuelta del 2002, aveva centrato la stagione sulla corsa francese che aveva abbandonato l’anno scorso dopo la 16a tappa per dei problemi gastrici. Dopo Igor Gonzales de Galdeano, quinto l’anno scorso, la corsa francese perde, dunque un altro protagonista.

12 giugno - L’AVVOCATO DI RUMSAS CONTESTA ACCUSEPARIGI - Il corridore lituano Raimondas Rumsas "contesta formalmente l'uso di prodotti dopanti per il quale è accusato oggi dalla stampa": lo scrive, in un comunicato, il suo avvocato francese, Alexandre Varaut, che dice di aver chiesto immediatamente le controanalisi. «Rumsas ha immediatamente chiesto la controperizia per stabilire la prova della sua integrità». Ma difficilmente il responso sarà diverso. Infatti non si è mai verificato che l’esito di un’analisi doping sia stato cancellato dalle contronalisi. In realtà, prima di definire la non negatività, i medici e i laboratoristi incaricati del test effettuano prova e controporva. Le analisi di verifica servono solo a ripetere

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l’intero procedimento alla presenza di un perito dell’atleta per controllare che tutto sia stato fatto secondo le modalità corrette. Il legale aggiunge che «Rumsas ricorda di non essere stato sotto accusa per il Tour de France 2002 e di non essere mai stato convocato dal giudice istruttore di Bonneville». Ma forse i ricordi del lituano sono un po’ sfocati. Infatti, nei giorni caldi dell’arresto della moglie Edita, l’estate scorsa, di altro non si parlò che della necessità che Raimondas si recasse in Francia per essere interrogato dai giudici.

14 giugno - GENERAZIONE EPO: ALTRI 4 GIOVANI "PIZZICATI" DALLA FCIROMA - "Una generazione persa. Una generazione di dopati, altro che fenomeni". Mauro Salizzoni, 55 anni, primario del centro trapianti delle Molinette e da qualche mese responsabile della commissione antidoping della Federciclismo, non ama i giri di parole. Del resto, la realtà che sta emergendo dalla sua attività di controllo non lascia adito a dubbi. Sette giovani atleti, tutti attorno ai 20 anni, sono risultati positivi nel giro delle ultime settimane all’epo, l’ormone che stimola lo sviluppo dei globuli rossi del sangue favorendo il trasporto di ossigeno ai muscoli, dunque migliorando nettamente le prestazioni. Quattro solo nel maggio scorso, come recita il comunicato del Coni diffuso ieri: Guido Balbis, Gabriele Parenco, Andrea Rinaldini, Cristian Tosoni, quest’ultimo fino a qualche tempo fa nel novero degli "azzurrabili", che si aggiungono ad Antonio Quadranti, già fermato l’anno scorso per valori ematici sballati, a Coletta e al 21enne Morris Luna. Sette su 42 controlli fatti dei 56 programmati dalla Fci. Una percentuale da brivido: bel oltre il 16%; un valore che cancella tutte le statistiche ufficiali, ferme ad un menzognero 1,5% di casi positivi. Atleti già "pizzicati", dunque recidivi; atleti del giro azzurro che gettano una luce fosca sull’ambiente; giovani che non esitano a fare ricorso ai prodotti più pericolosi e costosi. Una pratica infernale che stenta a morire. "Non può morire finché non si ferma un attimo il sistema - dice Salizzoni - ci vorrebbe una moratoria di due anni almeno, durante i quali nessuno possa passare professionista. Perché per il passaggio occorrono i risultati e per far i risultai si ricorre al doping: è matematico". Una situazione disarmante. "E quello che stiamo accertando è solo la punta dell’iceberg. Ai "positivi", occorre aggiungere i casi fortemente dubbi e perfino i casi non-detectabili". Sarebbe a dire? "Sarebbe a dire che già a quella giovane età c’è chi si è talmente riempito di epo esogena che il suo fisico non produce più quella endogena e, se l’assunzione è sufficientemente lontana rispetto al momento del test nel sangue non trovi né l’uno né l’altro tipo di epo. Contando tutti, si arriva a percentuali attorno al 45%-50%".La metà del ciclismo giovanile dopata? "Nessuna meraviglia, guardi che lo sanno tutti: dirigenti, tecnici, direttori sportivi: fanno finta di non vedere, ma sono loro che fanno i contratti. Lo sa che sono aumentati negli ultimi tempi di quel tanto che serve per comprare le medicine proibite? E che ci sono clausole per cui se uno non viene beccato all’antidoping incassa il doppio? Io quel mondo lo conosco bene, perché l’ho frequentato per 7 anni con mio figlio che ha smesso per non assoggettarsi proprio a quella filosofia. Magari lui non era un talento, ma sa quanti talenti hanno dovuto smettere per non assoggettarsi al doping? Se io ho accettato questo incarico è perché mi sono venuti a trovare dei giovani in lacrime: costretti a lasciare il ciclismo per evitare la farmacia". Però adesso l’atteggiamento della Federciclismo sembra cambiato. "Ho avvisato tutti - dice il presidente Ceruti, che ha appena firmato un innovativo accordo con il Credito Sportivo per finanziare l’attività della commissione sanitaria federale - per noi questo è il problema numero uno: il fenomeno è ancora molto preoccupante, ma almeno adesso sanno che ci sono i controlli".

17 giugno - CASO RUMSAS: DA "LE MONDE" NUOVE ACCUSEPARIGI - Pesanti accuse a Raimondas Rumsas sul quotidiano francese "Le Monde". Il corridore lituano della Lampre sospeso dopo essere risultato non negativo all'epo ad un controllo effettuato dall'Uci lo scorso 16 maggio, giorno in cui si è corsa la sesta tappa del giro dItalia, da Maddaloni ad Avezzano. Le accuse che arrivano dalla Francia si riferiscono tuttavia al caso che nella passata estate coinvolse il 31enne atleta e sua moglie edita alla fine della grande boucle 2002. Il 28 luglio scorso, infatti, la signora Rumsas fu fermata al confine tra Francia e Italia, al valico del monte Bianco, e nella sua auto furono trovati farmaci dopanti.Secondo l'Equipe furono sequestrati 37 confezioni diverse di farmaci, fra cui: corticosteroidi , siringhe di insulina, ormone della crescita, confezioni di caffeina, immuno stimolanti, testosterone, il 'geref', un prodotto che stimola la produzione dell'ormone della crescita, antinfiammatori e vitamine. Sequestrata anche una confezione di un prodotto che migliora le funzioni nervose. La moglie di Rumsas fu arrestata due giorni dopo e rimase in carcere per circa due mesi e mezzo. Secondo un rapporto di cui "Le Monde" pubblica alcuni stralci (è lungo 565 pagine e firmato dal dottor Gilbert Pèpin, responsabile de laboratorio di Toxlab) non ci sarebbero "dubbi sulle pratiche" di Rumsas in materia di doping. "Durante gli interrogatori - si legge sempre nel rapporto - Edita Rumsas per giustificare il possesso dei farmaci ha affermato di soffrire d'anemia, di problemi ginecologici

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e di problemi di pressione. Ma nessuno dei prodotti in suo possesso rientra nella cura di queste patologie. Anzi, tutte le sostanze sequestrate rientrano nella lista dei prodotti dopanti". Il dottor Pèpin scrive anche: "I prodotti prescritti alla signora Rumsas il primo luglio 2002 sono per la gran parte delle vitamine e degli amminoacidi correntemente utilizzati come protettori epatici nel corso di somministrazione intensiva di altri medicinali o di prodotti dopanti".

19 giugno - UN POSITIVO ANCHE FRA I CICLOAMATORIROMA  - Francesco Bondi, tesserato per la società ciclistica Città di Piacenza Raschiani è risultato positivo alla pseudoefedrina in occasione del controllo ordinario del 18 maggio 2003 a Cesenatico. La manifestazione era il brevetto appenninico dei Nove colli per cicloamatori e la positività è stata rilevata, nel primo campione sottoposto ad analisi, dal laboratorio di Losanna.

19 giugno - FCI E CREDITO SPORTIVO INSIEME PER LA TUTELA DELLA SALUTE ROMA - Potrebbe essere un importante indirizzo nel futuro a patto di essere ben interpretato. Sponsorizzare non già un campione o un risultato, bensì la salute del campione e l'onestà del risultato per uno sport che in un futuro non lontano sia più credibile e a dimensione d'uomo. E i dirigenti dell'Istituto del Credito Sportivo non si sono lasciati sfuggire l'occasione ufficializzando un importante progetto con la Federcilcismo che riguarda  la tutela della salute e la lotta al doping. Alla presenza del presidente dell'Istituto per il Credito Sportivo, dr. Andrea Valentini e del presidente della F.C.I. Gian Carlo Ceruti, il C.S.I. ha annunciato di essere accanto alla Federciclismo diventando parte attiva di un progetto che prevede iniziative concordate per la tutela della salute a partire dalle categorie giovanili. L'intervento, anche economico, operato attraverso una commissione congiunta Fci-Csi, riguarda principalmente il monitoraggio degli atleti, a partire dalle categorie giovanili (dai 17 anni in su) sino agli èlite, ai professionisti, possa essere sempre più ampio, utile per la tutela della salute, finalizzato alla lotta al doping, in grado di fornire un quadro esaustivo degli atleti in attività. Sono oltre 3.000 gli atleti F.C.I., appartenenti ad oltre 700 società, monitorati nel corso dell'anno dalla Commissione Sanitaria Nazionale con una banca informatizzata che al momento risulta costituita da 50.000 dati. Non è un segreto per nessuno, infatti che il primo passo serio di una corretta tutela della salute (ma anche della lotta al doping) è la "fotografia" dell'atleta al momento in cui inizia la sua attività. Si sa che lo scostamento dai parametri fisico-metabolici individuati in quella occasione non può variare più di tanto nell'arco dell'intera vita di un atleta; dunque raccogliere dati significativi all'inizio significa avere importantissimi punti di riferimento per il futuro. Per costruire generazioni meno farmaco-dipendenti. "La Commissione Sanitaria Nazionale sta operando su un ampio raggio di azione con il coinvolgimento degli organi periferici regionali e dei medici di società  - dice il presidente Ceruti - creando così una banca dati che diventa fondamentale censimento sulla salute degli atleti delle categorie agonistiche e delle squadre nazionali, impegnate nell'attività internazionale. Inoltre, la Commissione Nazionale Sanitaria agisce anche in maniera diretta e solo nel 2003, ad oggi, sono stati effettuati circa 500 controlli ematici, secondo le normative vigenti. Su questa base siamo oggi in grado di confermare che la lotta al doping ha intrapreso una strada costruttiva. Per continuare e portare avanti questo progetto ampio - conclude Ceruti - ci vogliono partner come l'I.C.S. capaci di mettere a disposizione un contributo che è non solo economico ma anche di esperienza e serietà nel mondo dello sport, partner che hanno come obiettivo comune quello di migliorare la qualità del movimento sportivo e dei suoi protagonisti".

21 giugno - PLANCKAERT CONFESSA:  PRENDEVO L'EPO COME TUTTI  BRUXELLES - "Basta con l'ipocrisia: ho preso l'epo, come facevano tutti; per rimanere al vertice una stagione intera non è possibile con i calendari del ciclismo, dunque ci voleva un aiuto". Clamorosa confessione dell'ex campione belga Eddy Planckaert, grande dominatore di classiche negli anni a cavallo fra l'80 e il '90. Il vincitore del Giro delle Fiandre ì88, della "Roibaix" '90, nonchè magli averde di migliom arrampicatore al Tour vuota il sacco anche perchè travolto dalle vicende della vita. L'ex corridore ha raccontato di essere in bancarotta a seguito di una serie di investimenti  in Lituania e Polonia. Sostiene di aver subito pressioni mafiose e di essere schiacciato dai debiti. Nel frattempo, capelli e barba lunghi, si è ritirato in un paesino delle Ardenne e tira avanti con l'aiuto di alcuni familiari, sperando di poter in futuro recuperare almeno parte del denaro investito. Tra un mese, ha annunciato, uscirà anche un suo libro, intitolato "Il percorso all'inferno di un fiammingo" che, evidentemente parla sia delle sue imprese sportive, sia dell' esperienza fatta quale imprenditore. Sul ricorso a sostanze proibite Planckaert è stato esplicito: "Sono contento di vedere che il plotone ha capito la lezione, ma ci sono voluti i gendarmi e la paura di veri controlli. Se ce ne fossero stati ai miei tempi vi assicuro che avrei vinto

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molte più corse. È un circolo vizioso: sei professionista, sai che il collega ne fa uso e la lotta non è più ad armi pari. E fai anche tu la sciocchezza". 

21 giugno - UN POSITIVO NEL BASEBALL: PSEUDOEFEDRINAROMA - Il giocatore di baseball, Umberto Brambilla del Ceci Cus Parma, è risultato positivo all'antidoping alla prima analisi per pseudoefedrina, uno stimolante. Il controllo a sorpresa è stato eseguito il 10 maggio dopo Ceci Cus Parma-Telemarket Rimini del campionato di serie A1. Quel giorno parma si era imposta 7-0. I dirigenti della formazione, però, hanno una spiegazione. "Formalmente è risultato positivo all'analisi, ma in realtà il suo non è un caso di 'doping'. Si tratta in effetti di un errore formale", scrivono in un comunicato. "Il giocatore - scrive la società - si è infatti presentato al medico nel dopo partita esibendo un farmaco che gli era stato somministrato dal medico di famiglia per prevenire gli effetti di una allergia. La persona incaricata del controllo ha immediatamente fatto notare al giocatore e al Cus Parma che la procedura corretta da seguire era un'altra. Brambilla avrebbe dovuto comunicare al Coni per iscritto che faceva uso del farmaco". Come del resto chiaro nei regolamenti antidoping per quanto riguarda le sostanze a restrizione d'uso. Un errore di procedura, dunque, che, però, non esime dalla positività. 

21 giugno - AUTOEMOTRASFUSIONE: IL TAS DA' TORTO AGLI SCIATORI AUSTRIACI LOSANNA - Il Tas, il tribunale arbitrale per lo sport, ha respinto i ricorsi degli sciatori di fondo austriaci squalificati per essersi sottoposti a trasfusioni di sangue alle olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002. Gli atleti Achim Walcher e Marc Mayer erano stati esclusi il 26 maggio 2002 dall'esecutivo del Cio dall'ordine d'arrivo delle loro gare (il meglio piazzato era stato Walcher con un 38esimo posto nella 10 km a inseguimento). Il Cio aveva anche escluso il tecnico Walter Mayer, padre di Marc, e il chiropratico Volker Müller da tutte le Olimpiadi fino al 2010 e aveva ammonito il medico della squadra, Peter Baumgartl. Gli austriaci hanno argomentato che la definizione di doping ematico non è chiara, perchè sembra includere qualunque terapia, e che le loro autotrasfusioni, con il sangue che veniva trattato con raggi ultravioletti, servivano solo a prevenire l'influenza. Ma l'autoemtrasfusione figura inequivocabilmente fra le pratiche vietate. Il Tas però ha modificato la sentenza solo trasformando l'esclusione di Müller in un'ammonizione.

21 giugno - INCHIESTA DELLA FINANZA A BRESCIA:  600 I FARMACI SEQUESTRATIBRESCIA - Anche gli estrogeni di uso animale; un campionario di oltre 600 farmaci: c'era di tutto nelle "farmacie" sequestrate dalla Guardia di Finanza di Salò (Brescia) nelle abitazioni degli indagati e degli arrestati per doping nell'inchiesta incardinata a Brescia. Un'indagine aperta poco più di un anno fa e che ha portato ad un ampio blitz ai primi di giugno con perquisizioni a tappeto per un grosso numero di indagati da tempo nel mirino della Finanza. Poco più di una ventina le abitazioni perquisite, tra quelle degli indagati e dei due direttori sportivi agli arresti domiciliari, Olivano Locatelli della Lanbouwkreidet Colnago e William Dazzani della Sport 2000.Tra i farmaci più presenti, i diuretici che come noto possono essere utilizzati per smaltire le sostanze dopanti eventualmente presenti nell'organismo. Ma c'erano anche molti antidolorifici in grado di alzare la soglia di resistenza al dolore durante lo sforzo, una tecnica molto diffusa anche nello sport principe in Italia, il calcio. Si tratta in diversi casi di medicinali che possono essere detenuti legalmente da chiunque, ma che nel momento in cui vengono assunti dal ciclista dovrebbero essere riportati sul "libretto della salute" individuale, perchè soggetti a "restrizione d'uso" secondo i regolamenti sportivi e la legge. Sono stati sequestrati ormoni per la tiroide, in grado di aumentare il metabolismo e quindi di favorire l'assunzione delle sostanze dopanti.Quello che la catalogazione ha confermato è che i medicinali a cui si può far ricorso per coprire o favorire l'attività dopante sono sempre più numerosi grazie ad un'attività di ricerca spesso condotta empiricamente al di fuori dagli ambienti sanitari. Il passaggio successivo alla catalogazione è ora quello dell'analisi chimica di quanto sequestrato. Si tratta di vedere se il contenuto corrisponde all'indicazione riportata sulla confezione. Ma sono state sequestrate anche confezioni di pastiglie e capsule senza alcun nome, preparate in modo palesemente artigianale. Alcuni dei farmaci sequestrati non sono presenti nella farmacopea italiana. Certe confezioni vuote hanno addirittura il nome del medicinale scritto in cirillico. È inoltre certa, in altri casi, la provenienza ospedaliera, trattandosi di farmaci non in commercio. Per chi ne è stato trovato in possesso - si tratterebbe di sanitari - si configura quindi l'accusa di ricettazione.  

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Diversi farmaci sequestrati sono poi quelli che vengono utilizzati, secondo quanto emerso da altre inchieste, quando si fa ricorso all'epo, per poterne amplificare gli effetti. L' aumento di produzione dei globuli rossi risulta infatti di pochi utilità ai fini agonistici se i globuli non sono in grado di trasportare attraverso l'emoglobina più ossigeno. Per questo all'epo viene abbinato l'uso del ferro; mentre farmaci antiasmatici vengono usati per le loro valenze anabolizzanti oltre che per consentire una migliore dilatazione polmonare durante la gara. Sono stati poi sequestrati farmaci a base di creatina e compresse di caffeina, queste ultime, una cinquantina, provenienti dalla Spagna. Sono state trovate nelle abitazioni di alcuni ciclisti. Molti poi i farmaci disintossicanti e vasocostrittori, in questo caso per aumentare la pressione e quindi il rendimento. Sequestrati anche estrogeni per uso animale. Deve essere ancora verificata l'illegalità o meno della loro detenzione, ma è noto il loro uso come sostanze dopanti. Elevato anche il numero delle siringhe da insulina sequestrate. 

25 giugno - ASSOLUTI; LUPERINI, TAMANINI E ALTRE OTTO ESCLUSE PER LE CARTELLE SANITARIE NON IN REGOLA CORRIDONIA - Questa volta il segnale è forte e chiaro. Le regole vanno rispettate; chi non le rispetta si mette automaticamente fuori gioco. La federciclismo ha escluso dal via del campionato tricolore femminile una decina di atlete che non avevano, a giudizio della commissione medica federale, incaricata di controllare, le carte sanitarie a posto. Fra queste anche Luperini, plutvincitrice di Tour e Giri d'Italia  e Luisa Tamanini, due atlete di spicco. Con loro sono state fermate altre otto cicliste: Martina Corazza e Rossella Minarini, compagne nel Team 2002 di Luperini e Tamanini, Francesca Lotti del G.S. Giglio Toscano, Sabrina Emmasi della Prato Bike Marathon, Silvia Bagnone e Monia Poggi del Velo Club Vaiano Cecchi, Valeria Cucci della Carrera Deca Equipe Romagna e Barbara Cazzaniga della Road Runner Guerciotti. Il Team 2002 si trova sotto inchiesta da parte della magistratura di Brescia dallo scorso 5 giugno, giorno in cui è stato posto agli arresti domiciliari il team manager William Dazzani, tecnico della Tamanini e a lei molto vicino affettivamente. L'accusa era detenzione di sostanze dopanti. Naturalmente la decisione clamorosa ha provocato un vespaio di polemiche. Che non hanno impedito alla veterana del gruppo, Alessandra Cappellotto di vincere il suo primo titolo tricolore, dopo aver centrato a suo tempo il campionato mondiale a San Sebastian nel 1997. La veterana del Conero Team Valenti domina alla grande sul duro circuito di Corridonia (Mc) di complessivi 117 chilometri chiudendo in 3h10'40" e staccando con distacchi d'altri tempi Alessandra D'Ettore (Corpo Forestale), medaglia d'argento con un gap di 2'28", e Katia Longhin (Accadueo P. Zara), sul podio con 2'49" di ritardo. Una prova dunque da campionessa di razza, maturata grazie ai 40 chilometri di fuga solitaria che le hanno permesso di smorzare le ambizioni di una aggressiva D'Ettore, atleta che tra le juniores si impose anche nella gara iridata su strada. Senza la concorrenza del Team 2002 Aurora, falcidiata dalla Commissione Sanitaria Nazionale della Fci per presunte irregolarità delle cartelle sanitarie il compito per la Cappellotto si è reso addirittura più complicato, perchè senza la squadra che avrebbe fatto la corsa è toccato alla vincentina agire in prima persona per tappare tutti i buchi. Il primo si creava dopo 54 chilometri, allorchè andava all'attacco Francesca Castrucci, capace di accumulare sino a 1'10" di vantaggio (Km. 65). Alle sue spalle è l'Accadueo a fare l'andatura, prima che passino al contrattacco in undici, tra cui Cappellotto, Longhin, Parietti e Bronzini. Ma quando l'intesa tra le inseguitrici scema, ecco che esce fuori tutta la classe di Alessandra, che si lancia solitaria sulle ruote della Castrucci, agguantata e sorpassata al chilometro 82. Per chiudere poi in splendida solitudine.  Fortissima la contestazione di Stefano Della Santa, ex corridore e adesso ds della Team 2002 Aurora, la formazione sanmarinese che si è vista negare l'iscrizione di ben 4 atlete. "Contro di noi è stata commessa una ingiustizia - ha detto - La decisione di non far partire quattro delle nostre ragazze è stata arbitraria e non è stata motivata: valuteremo con i nostri avvocati l'opportunità di azioni legali". Ma prima di prendere una simile decisione i medici federali hanno visionato e letto a lungo i regolamenti. Le carte parlano chiaro: senza cartella sanitaria in regola con le prassi stabilite dalla federazione non si parte. "Marcello Faina (il presidente della Commissione Sanitaria Nazionale della Fci, ndr) - continua  Della Santa - non ci ha detto perchè le nostre non potevano partire: non è vero che le nostre cartelle sanitarie non fossero in regola perchè lo stesso Faina le ha visionate ed altre atlete nella nostra posizione hanno potuto gareggiare. Credo che dietro questa decisione vi sia qualcos'altro: quel che è chiaro è che la nostra federazione ha dato l'ennesimo segnale di incapacità. In questo modo perdiamo l'occasione di vincere un tricolore con tutto quel che ne consegue per lo sponsor: abbiamo subito un'ingiustizia incredibile". Inflessibile la replica del Presidente federale Ceruti. “Esiste una procedura ed una precisa tempistica da rispettare. Dispiace dover escludere delle atlete in un campionato italiano, ma ciò non giustifica l’approssimazione di certe società”.

27 giugno - CARTELLE MEDICHE PAZZE: LA FCI AI TRICOLORI FERMA 29 JUNIORES

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Ancora polemiche, genitori infuriati, dirigenti imprecanti, ma ancora una volta la Federciclismo si è mostrata inflessibile nel fermare i corridori non a posto con le cartelle medicheed imporre il rispetto delle norme. Era già accaduto nei primi due giorni di gara ed è successo di nuovo nella giornata destinata alla maglia tricolore degli juniores, disputata a Saltara. Ma le leggi sono leggi: la FCI aveva annunciato per tempo controlli rigorosi alle documentazioni mediche degli atleti in occasione dei Campionati Italiani e tanto ha fatto. Così ieri mattina alla partenza da Cartoceto si è assistito ad una specie di psicodramma collettivo, con giovani corridori in lacrime per essersi visti privati della possibilità di disputare una delle gare più importanti della stagione. Ben 29 di loro non hanno preso il via, riducendo quasi del 20% il campo dei partenti, e cancellando le squadre di Sardegna, Lucania e Calabria. Per questa ragione il via è stato dato 20’ più tardi del previsto. Inutili i commenti ainfuriati dei dirigenti societari; composto e corretto l’atteggiamento degli organizzatori (“queste decisioni ci penalizzano, ma esiste una regola ed è giusto che venga fatta rispettare”). In realtà  in gran parte dei casi  il motivo dello stop sta nell’incuria di qualche dirigente. Le cartelle mediche dei corridori sono documenti delicati ed è dunque giusto che vengano gestiti con la massima cura.

27 giugno - POSITIVO A COCAINA TOSONI, DILETTANTE DELLA GRASSI ROMA  - Ancora un caso di doping nel ciclismo. Cristian Tosoni, tesserato della G.S. Grassi, è stato trovato positivo ai 'metaboliti della cocaina' in un controllo a sorpresa del Coni, effettuato il 4 maggio a Sora in occasione della 16^ edizione della corsa 'La Ciociarissima'.

27 giugno - LA CAF, RESPINGE IL RICORSO DI BORTOLAMI MILANO  - La Commissione d'Appello Federale ha respinto il ricorso di Gianluca Bortolami contro la sospensione di sei mesi per doping. Il ciclista della Vini Caldirola, trovato positivo alla Tre giorni di Le Panne, dovrà rimanere fuori dalle corse fino ad ottobre.

30 giugno - RUMSAS, ANCHE LE CONTROANALISI CONFERMANO: POSITIVO AL GIRO PER EPOVILNIUS - Le controanalisi confermano: Raimondas Rumsas è risultato positivo all'epo ad un controllo a sorpresa effettuato dall'Uci durante il Giro d'Italia (sesta tappa, Maddaloni-Avezzano, disputata il 16 maggio). La conferma viene da uno specialista del programma antidoping lituano, del dipartimento dello sport, Rima Berloviene. Il lituano era stato sospeso immediatamente dalla sua squadra, la Lampre e i dirigenti italiani hanno fatto sapere che nel momento stesso in cui la notizia sarà ufficializzata il corridore sarà licenziato. Rumsas era stato eletto atleta lituano dell'anno nella scorsa stagio, ora il segretario generale della federazione ciclistica lituana Valentinas Rutkauskas ammette che la positività all'epo potrà costare a Rumsas una grossa squalifica, che può arrivare fino ai due anni, oltre ad una forte multa (2000 franchi svizzeri, circa 1300  euro). La decisione sarà presa nei prossimin giorni. Rumsas ha concluso al sesto posto il Giro d'Italia. Nel 2002 era finito sul podio (terzo) al Tour me era stato coinvolto nella vicenda della moglie Edita, fermata alla frontiera dai gendarmi francesi con la vettura carica di prodotti dopanti e per questo arrestata e tradotta in galera per quasi tre mesi. 

30 giugno - CHIUSA INCHIESTA PADOVA: 35 INDAGATI; C'È ANCHE SARONNIPADOVA - La Procura di Padova ha inviato ai 35 indagati dell'inchiesta-bis sul doping nel ciclismo l'avviso di chiusura delle indagini, ultimo atto prima della formulazione al gip della richiesta di rinvio a giudizio.Nell'elenco degli indagati, per la presunta violazione della legge sul doping, figurano anche Beppe Saronni, in qualità di team manager, e i corridori Stefano Casagranda, Fabio Sacchi, Davide Casarotto, Endrio Leoni, Eddy Mazzoleni. Si tratta di un troncone d'inchiesta avviato dalla Pm di Padova Paola Cameran su imput della magistratura bresciana, dopo l'arresto nel settembre 2001, nei pressi di Desenzano del Garda, di Ruggiero Torraco, sospettato di essere uno dei grossisti del doping in contatto con le società di ciclismo sia professionistiche che dilettantistiche. Tra le sostanze sequestrate dai Nas e dalla Guardia di Finanza nel corso dei blitz che hanno segnato l'indagine, vi sono l'Epo e il Gh, l'ormone della crescita. Alcuni degli indagati sono accusati anche di ricettazione, perchè tra le sostanze dopanti che vendevano vi erano farmaci di provenienza ospedaliera. L'avviso di chiusura delle indagini è un provvedimento a garanzia, perchè dà agli indagati 20 giorni di tempo per produrre eventuali memorie, documenti difensivi, chiedere al Pm di essere sottoposti ad interrogatori che, in caso di nuovi elementi, potrebbero dar luogo a nuove indagini. 

30 giugno - DOPING NELLA MOUNTAIN BIKE: POSITIVO BETTELLI 

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ROMA - Il laboratorio antidoping di Roma ha rilevato la presenza di efedrina nel campione di urina di Pierluigi bettelli, tesserato per il team Italia Sport di mountain bike. Il controllo a sorpresa del Coni era stato effettuato lo scorso 18 maggio a Odolo, in provincia di Brescia, in occasione della quinta edizione della Conca d'oro Bike.

10 luglio - SETTE TENNISTI POSITIVI AL NANDROLONE, LA L'ATP LI SCAGIONALONDRA Sette tennisti positivi al nandrolone fra l’agosto 2002 e il maggio scorso, ma nessun timore e soprattutto nessuna pena : a toglierli da ogni imbarazzo ci ha pensato la stessa Atp. L’associazione internazionale infatti ha ammesso la propria responsabilità riconoscendo che i suoi allenatori avevano distribuito un integratore contaminato, che conteneva la sostanza proibita. Prodotti usati da 20 anni e mai contestati. Fra i sette positivi per nandrolone anche il ceco Bohdan Ulirach, che era stato squalificato due anni. Ma il tennista, un passato nei primi trenta giocatori del mondo, è però stato assolto in appello, dopo che era stata ammessa l'esibizione di nuove prove. La multa (43770 dollari), la squalifica (due anni) e la decurtazione dei punti in classifica nel ranking mondiale (100) sono state quindi tutte cancellate. Audizioni degli allenatori dell'Atp avevano confermato che il tennista ceco aveva ricevuto nove barrette agli integratori nell'arco di tre giorni prima di essere sottoposto al test antidoping. Una storia che convince poco anche perché i prodotti in causa erano usati da anni da tanti tennisti senza aver mai creato alcun problema con l’antidoping. Una partita contaminata? Furiosa l’Itf, che gestisce i quattro tornei del Grande Slam, per come è trapelata la notizia, diffusa dal sito Internet della Bbc inglese. Ciò che rende improbabile che il nome degli altri sei giocatori risultati positivi venga mai alla luce. Intanto la stessa Atp ha avviato una complessa inchiesta per verificare come e quanto i famigerati "integratori sportivi" siano usati nel tennis mondiale. I primi risultati confermano che, nonostante i palesi rischi di contaminazione denunciati, i tennisti continuano a far ricorso ai più diversi supplementi.

11 luglio - FARMACI DOPANTI: TRE CORRIDORI ARRESTATI DAI NAS DI PESCARAPESCARA - Didicimila dosi di sostanze vietate fra stimolanti, anabolizzanti, cortisonici, anestetici locali; epo e gh, l’onnipresente ormone della crescita e il solito corredo di farmaci con etichetta straniera da analizzare; numerose ricette rubate presso diversi studi medici di Pescara, in parte compilate ex-novo con prescrizioni di farmaci dopanti. Oltre diecimila euro di valore complessivo che sul mercato nero sarebbero lievitati di almeno dieci volte. Questo il bilancio dell’inchiesta della procura di Pescara e dei carabinieri del Nas nel mondo del ciclismo dilettantistico e amatoriale, che ha messo a nudo una vera e propria organizzazione dedita al traffico e alla somministrazione di sostanze dopanti ad atleti dilettanti. Ed è la prova ulteriore, ove ce ne fosse bisogno, di quanto ormai il doping sia diffuso nello sport di base, specie nel cicismo. Tre corridori sono stati arrestati nelle ultime ore: Luciano Terrenzio, 45enne amatore di Città Sant'Angelo (Pescara) e i due dilettanti Ivan Terrenzio, 22 anni, di Città Sant'Angelo, figlio del primo, e Maurizio Lasorella, 23 anni, di Noicattaro (Bari).  I reati contestati nelle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Pescara Camillo Romandini, su richiesta del pm Andrea Papalia, vanno dalla truffa ai danni del servizio sanitario nazionale alla contraffazione di timbri e ricettari medici, al falso ideologico, alla ricettazione.L'inchiesta, avviata nel marzo 2002 era nata proprio dalle attività condotte dai Nas contro la lievitazione della spesa sanitaria. Nelle zone dove agivano gli indagati, i Carabinieri avevano notato un aumento notevole di prescrizioni di specialità a base di eritropoietina (Epo) e ormone della crescita (Gh), soprattutto relative ai farmaci "Eprex" e "Saizen". Per proseguire gli accertamenti all'interno delle farmacie, i carabinieri del Nas di Pescara si sono finti anche farmacisti in camice bianco, giungendo così a identificare gli utilizzatori delle ricette false. Si è accertato che il giro di ricette rubate e riciclate era gestito da un'organizzazione formata da ciclisti e da un preparatore atletico, che falsificavano i moduli del Ssn usando finti timbri di ignari medici di famiglia e intestandoli a assistiti inesistenti.Uno degli arrestati, Luciano Terrenzio, è stato campione italiano di ciclismo nella categoria Master "over 40", oltre ad essere stato portacolori della Nazionale italiana ai Mondiali di ciclismo "Austria 2002", categoria Master. Secondo le indagini, lo stesso Terrenzio avrebbe assunto i farmaci, oltre a favorirne l'uso da parte del figlio Ivan - anche lui arrestato - per "migliorare" il suo rendimento sportivo. E tutto questo nonostante i riconosciuti rischi per la salute.

Dalla Gazzetta dello Sport (dall'inviato Stefania Grimoldi ) Le inchieste sul doping investono pure le donne.Nandrolone, anabolizzanti, ormone della crescita: questi i prodotti scoperti durante le perquisizioni. Ma l'Edilsavino, una delle società sotto inchiesta, smentisce tutto.

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MILANO, 12 luglio 2001 - Prime indiscrezioni dopo il blitz dei Nas mercoledì sera negli alberghi delle diciassette squadre iscritte al Giro femminile. Nel frigo della sede di Castel San Pietro (Bologna) della Edilsavino, dove hanno fatto base per gli allenamenti le atlete della squadra, i carabinieri del Nas di Bologna hanno trovato una fiala di un composto ritenuto a base di nandrolone, una fiala con la scritta "Dinabolon", la marca di un anabolizzante, e altre due fiale di vetro con l'etichetta grattata. I militari bolognesi, che hanno operato su mandato della Pm Donatella Castore della Procura del capoluogo emiliano, hanno sequestrato - sempre a Castel San Pietro - anche parecchie confezioni di farmaci vuote e semivuote che erano state gettate, tra cui cinque di Androderm, una marca di cerotti a base di testosterone. Quattro erano completamente vuote, in una c'erano ancora un paio di cerotti. Trovate anche pastiglie anonime che verranno analizzate, al pari degli altri prodotti sequestrati.   L'operazione dei Nas bolognesi, oltre alle perquisizioni delle camere di albergo, ha portato alle perquisizioni di abitazioni private di componenti dello staff. Nell'abitazione in Toscana di un infermiere che segue la squadra, i carabinieri hanno trovato farmaci considerati di provenienza ospedaliera e ricette in bianco. Confermato anche il sequestro, avvenuto però al Giro, di un biglietto scritto al computer con una lista di prodotti farmaceutici, alcuni dei quali dopanti, tra cui il "Saizen", cioè l'ormone della crescita. Il biglietto, che aveva accanto ai prodotti degli appunti a biro e che era intestato con la scritta "prodotti di giornata", era contenuto in un marsupio ritrovato dai militari sotto il sedile di un'ammiraglia della squadra. Confermate dagli investigatori anche le tante prescrizioni mediche, di farmaci non dopanti, a carico di diverse atlete della Edilsavino. La società ha precisato che la sede in cui sono stati rinvenuti i prodotti è inutilizzata da un paio di mesi, dopo l'allontanamento dell'ex tecnico Dazzali per motivi personali. Inoltre, patron Savino smentisce che a bordo della sua auto e nelle abitazioni del personale sia stato ritrovato materiale compromettente.   Ricordiamo che la perquisizione e il sequestro di sostanze della scorsa notte nasce da un'inchiesta scaturita dal ritrovamento, da parte dei militari di Potenza, di una notevole quantità di siringhe e flebo lasciate dalle atlete in un albergo di Scansano Jonico. Così è stato deciso con la procura di Matera di perquisire le stanze delle cicliste per verificare quali sostanze vengono usate. Questo il primo commento della Stahurskaia: "Noi donne non abbiamo milioni da spendere nei farmaci. Io sono madre di una bimba, e come me tantissime compagne. Ci teniamo alla nostra salute, sono sicura che tutto quello che troveranno sarà perfettamente lecito".

14 luglio - CICLISMO, NIENTE PASSAGGIO AL PROFESSIONISMO PER CASI-DOPING E TEST-SALUTE NON IDONEIROMA - Chi risulterà positivo a un controllo antidoping o non supererà un test sulla salute non potrà passare professionista per i successivi due anni. È la nuova "normativa per l'abilitazione all'esercizio dell'attività di corridore professionista" presentata dalla Federciclismo. I dilettanti che abbiano pronto un contratto con una squadra professionistica debbono fare domanda per ottenere l'abilitazione a una apposita commissione che valuterà l'idoneità o meno dell'atleta. Niente ok per due anni per chi risulta positivo a precedenti test antidoping. Non solo, ma occorrerà dimostrare di aver gareggiato con continuità negli ultimi tre ani e avere ottenuto risultati di un certo rilievo. "Il senso dell'applicazione di questa normativa - ha spiegato il presidente Ceruti - è la qualificazione degli atleti che si accingono al salto di categoria". Come sia possibile con il doping dilagante nelle categorie minori fare risultati e nel contempo non ricorrere al doping lo sa solo lui. In ogni caso la Fci è la prima federazione nazionale a porre dei paletti precisi per l'accesso al professionismo. "Abbiamo chiesto anche il parere dell'Uci (la federazione internazionale n.d.r.), soprattutto per quanto riguardava la parte legale, quella del diritto al lavoro nell'ambito dei paesi comunitari e l'Uci ha approvato il nostro lavoro". L’avvocato Coccia, presidente della commissione per l'esame delle domande per il passaggio al professionismo spera addirittura che . "L’Uci possa seguirci su questo terreno così come altre federazioni". Oltre a porre un freno all'uso di doping nelle categorie minori l'iniziativa è tesa anche a far sì che in gruppo non vi siano corridori troppo inesperti: "Correre tra i dilettanti, dove c'è bagarre dal primo chilometro - aggiunge Coccia - oppure tra i professionisti, dove magari si va a trenta all'ora per tutta la corsa e a sessanta negli ultimi venti chilometri, è molto diverso. Per questo è richiesta anche una continuità di gare e il raggiungimento di risultati di rilievo". L'abilitazione può essere chiesta da corridori italiani o di qualsiasi altra nazione dell'unione europea stabilmente residenti in Italia. Per gli extracomunitari residenti in Italia sarà necessaria l'autorizzazione a presentare richiesta da parte del consiglio del ciclismo professionistico. La commissione sarà composta da sette membri, nominati annualmente dal consiglio federale della federciclismo. Il presidente è designato dal consiglio della fci (per il primo anno sarà l'avvocato claudio coccia), vi saranno poi un componente designato dall'associazione degli enti organizzatori (Raimondi), un componente designato dall'associazione dei direttori sportivi (Levati), un

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componente designato dall'associazione nazionale dei corridori professionisti (Lavarda), un componente designato dal settore tecnico federale (Caon), un componente designato dal presidente della commissione sanitaria nazionale (Simonetto) e un componente designato dall'associazione dei gruppi sportivi professionistici (Bordonali). Ovviamente il sistema per sfuggire all'esame della commissione c'è: basterà tesserarsi per una federazione straniera: "Non possiamo farci nulla - dice Ceruti - noi possiamo bloccare solo coloro che sono tesserati con noi".

14 luglio - LA FEDERCALCIO CI PROVA: IN ITALIA PROGETTO PILOTA CONTRO L' EPOROMA - Se ne parla ormai da più di un anno: il calcio contro il doping, il calcio contro l’epo, l’ormone principe della farmacia proibita. Se ne è parlato anche nell’incontro dei massimi dirigenti della Federcalcio con Michel D'Hooghe, responsabile medico dei controlli antidoping di Fifa ed Uefa. E finalmente dopo tanti tira e molla la tanto sbandierata riforma dei controlli antidoping della Figc sarà approvata nel prossimo consiglio federale del 31 luglio. Prevede tre livelli di analisi: tradizionale (solo urine), sangue-urine ed Epo-urine. Il terzo, però, sarà applicato non appena il laboratorio dell'Acquacetosa, che deve essere ampliato e riorganizzato sarà pronto. Fifa e Figc sembra in sintonia "Abbiamo armonizzato - ha detto D'Hooghe - le posizioni per combattere il doping. Le questioni commerciali, oggi, prevalgono su quelle etiche a discapito di giovani e meno giovani che moriranno in futuro per abuso di sostanze dopanti e neoplasie a fegato e prostata". Però la Federcalcio internazionale è una delle poche federazioni che non accetta l’unificazione delle pene voluta dalla Wada (l’agenzia antidoping mondiale) ed approvata da tutti i governi nazionali (compresi i renitenti dirigenti sportivi Usa). Carraro dice: "Sono al 100% con la Fifa per ciò che riguarda la squalifica di due anni per doping. La Wada unifica le pene non tenendo conto dell'entità di sostanza trovata nell'atleta e sul fatto che nel calcio si disputano 60-65 partite ufficiali l'anno mentre, negli altri sport, si arriva a 2-3 sole manifestazioni". Il numero uno della Federcalcio non deve aver letto bene il codice mondiale la cui versione definitiva è stata approvata nel marzo scorso a Copenhagen. Infatti, è vero che l’articolo che riguarda le pene prevede due anni di sospensione alla prima infrazione, ma la lista delle sostanze proibite può identificare sostanze specifiche che possono portare alla violazione del regolamento e che sono contenute in alcune medicine e sono meno suscettibili di effetti dopanti. In questo caso la pena sarà dall’avvertimento alla multa alla sospensione per un anno alla prima infrazione; due anni alla seconda; sospensione a vita alla terza. E questa poca cura nell’esaminare il problema non è certo un buon segnale circa le intenzioni reali della Figc.  "A Copenaghen riunione - ha detto D'Hooghe - abbiamo deciso di monitorare tutti i casi fino ad Atene, chiarendo che era impensabile avere 6-7 enti con potere di controllo". Fifa ed Uefa hanno deciso di sottoporre le analisi del sangue ad uno specifico test sull'Epo e solo in un secondo momento, se dovessero sorgere dubbi di sostanze proibite, di procedere con i test delle urine. La Figc seguirà lo stesso metodo. Attualmente ci sono controlli fissi in serie A e B più campionature in C per 31 gare settimanali. Da settembre si dovrebbero aggiungere 12 controlli incrociati, 4 sangue-urina ed 8 controlli del sangue con campionature di urina solo in un secondo momento. "È un progetto pilota - continua D'Hooghe - e se darà buoni frutti lo proporremo presto a tutte le federazioni europee". Problema non da poco sarà attrezzare entro il 31 dicembre il laboratorio dell'Acquacetosa. "Ad agosto avremo nuovi locali, nuove macchine e l'ok della Asl - dice il prof.Giorgio Santilli, presidente della FMSI - investendo nella struttura circa 200 mila euro". "Il controllo - aggiunge il direttore del laboratorio Francesco Botrè - diverso dal normale, potrà avvenire su soli 10 campioni a settimana di cui 4 su campioni sangue-urine e sarà creata una banca dati".Due soli dubbi: l'assenza alla riunione di qualsiasi rappresentante del ministero della Salute e quale sia la pena per coloro che non volessero aderire a questo programma. Infatti la legge 376 conferisce alla commissione vigilante (CVD), dunque al ministero della salute, il potere esclusivo di fare controlli antidoping. Potere cui fino a questo momento hanno surrogato sia il Coni che le federazioni. E non è affatto chiaro che il progetto-pilota della Figc possa ottenere i debiti assensi. Un modo per allungare la discussione, dunque i tempi. Lo spirito originario della legge era quello di creare una struttura esterna allo sport che controllasse il doping nello sport. A tre anni dalla sua nascita (dicembre 2000) è sempre lo sport che controlla se stesso. Anche se questa pur apprezzabile iniziativa della federcalcio andasse in porto saremmo sempre e comunque al controllato-controllore cui si voleva ovviare con il provvedimento legislativo.C’è poi il fatto che per i test ematici (essendo pratiche invasive) ci vuole il completo assenso informato degli atleti. Il che rende difficili, ad esempio, i test a sorpresa, gli unici che possono in qualche modo smascherare il vero doping, quello pesante che si fa lontano dalle gare per cambiare la "cilindrata" del "motore" dello sportivo.

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Per ora i giocatori della nazionale hanno dato già il loro assenso. Adesso toccherà a tutti i loro colleghi nella speranza che non ci siano defezioni.

21 luglio - DEL PIERO FU INDAGATO PER FRODE SPORTIVA, MA SUA POSIZIONE VENNE ARCHIVIATA NEL 200TORINO - Alex Del Piero era stato indagato per frode sportiva dalla Procura di Torino, anche se l' inchiesta, partita nel '99, venne archiviata nell'agosto del 2000. Lo si è appreso oggi in Tribunale a Torino, durante l'udienza del processo per la somministrazione di farmaci ai giocatori della Juventus. Il giudice Giuseppe Casalbore ha convocato in veste di testimoni cinque bianconeri, e quando è venuto il turno di Alex i pm hanno fatto presente che l' atleta era stato indagato. A quel punto il giocatore è stato invitato a scegliersi un avvocato (e ha nominato Luigi Chiappero, presente in aula), poi si è sottoposto alle domande anche se avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. "Ha risposto - ha detto il legale - perchè noi non abbiamo nulla da nascondere". Secondo quanto si è appreso successivamente, assieme a Del Piero furono indagati anche Didier Deschamps e Angelo Di Livio. Il procedimento si concluse con l'archiviazione. L'iscrizione nel registro degli indagati avvenne dopo il deposito della consulenza tecnica dei professori Benzi e Ceci (il rapporto sul quale adesso si basano in gran parte le tesi della pubblica accusa). Il nodo da sciogliere era l' andamento dei valori sanguigni dei tre giocatori. La Procura ipotizzò pratiche e medicinali dopanti, ma alla fine decise di non procedere. Del Piero fu formalmente indagato il 17 luglio 1999, e archiviato il 30 agosto 2000. Non ha mai ricevuto alcun avviso di garanzia, e oggi, quando gli è stata spiegata dal giudice la circostanza, è parso visibilmente sorpreso. 

21 luglio - PROCESSO JUVE, CALCIATORI DAVANTI AI GIUDICITORINO - L'uso di creatina e altri integratori, la somministrazione di farmaci via flebo, l'utilizzo di Samir, un antidepressivo dato ai giocatori come disintossicante muscolare. Si è incentrata su questi aspetti l'audizione come testimoni dei cinque calciatori bianconeri convocati in aula questa mattina a Torino, nell'ambito del processo a carico della Juventus, Birindelli, Tacchinardi, Pessotto, Del Piero e Conte. Una udienza piuttosto vivace che ha visto il giudice Giuseppe Casalbore sollecitare più volte i giocatori a rispondere con chiarezza ed esaurientemente alle domande. "Se venite tutti a dire e non dire è ancora più allarmante - ha detto il giudice al momento della quarta testimonianza - sento dire tanti non so, non ricordo e adesso sono veramente troppi". In particolare, le domande dei giudici e dei magistrati, Gianfranco Colace e Sara Panelli, hanno puntato a chiarire la quantità di creatina assunta dai giocatori, che hanno confermato di averla utilizzata in passato ma di non farne più uso sostituendola con altri integratori o aminoacidi. Mentre il medico sociale Riccardo Agricola, aveva dichiarato che ai calciatori venivano somministrati inizialmente cinque grammi di creatina, passati poi a sei, ossia due bustine durante la preparazione atletica negli allenamenti e a volte tra il primo e il secondo tempo delle partite nei periodi di maggiore impegno, i giocatori hanno spiegato di averne sempre presa soltanto una bustina, passando da due a tre grammi. I cinque atleti hanno poi dichiarato di avere a volte assunto via flebo soltanto vitamine o sali minerali, mentre Del Piero ha spiegato di aver fatto una sola flebo nella sua carriera calcistica dal momento che era risultato allergico a quella modalità di somministrazione. Sull'uso del Samir hanno invece osservato di averne sentito parlare ma di non averne fatto uso se non eccezionalmente. Casalbore ha poi interrogato i testimoni sull'assunzione di alcune pastiglie ciascuna di colore differente nel mese precedente la finale di Champions League del '98 e sul loro eventuale utilizzo anche in Nazionale ai successivi mondiali di Francia. I cinque calciatori hanno risposto di ricordare che si trattava di vitamine e Del Piero ha spiegato che i medici bianconeri gli avevano consigliato di continuarne l'uso prima dei Mondiali informandone anche i medici della Nazionale. Tutti hanno ribadito inoltre la loro fiducia nei medici della squadra. Alla prossima udienza, il 27 ottobre, saranno sentiti come testimoni Fabrizio Ravanelli, Moreno Torricelli e Gianluca Vialli.

23 luglio - UNA INTERA SQUADRA SOSPESA PER DOPINGROMA - Non era mai successo nella storia delle due ruote: una intera squadra sanzionata per doping. È accaduto al Gruppo Sportivo Cotto Ref, formazione dilettantistica, sospesa per un mese dalla Disciplinare della Federciclismo (meritoriamente attiva in questo settore negli ultimi tempi) "in relazione ad una serie di comportamenti in violazione ai regolamenti vigenti in materia di tutela della salute e di antidoping", recita il breve comunicato diffuso. "Abbiano trovato quattro atleti positivi all'epo e alla nesp (la nuovissima epo) nei test sull'urina effettuati a Losanna e uno positivo all'epo secondo il metodo australiano", fanno sapere dalla

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commissione antidoping della Fci. Un dato inquietante e preoccupante che dice della larghissima diffusione di questo ormone ancora oggi, specie nelle categorie minori. Sono sopratutto le categorie élite ad impinguare la lista dei corridori positivi ai test antidoping, segnale di una pratica incredibilmente diffusa, nonostante gli scandali recenti e passati. Chi parla di ciclismo finalmente pulito è ben servito. E, fatte le opportune proporzioni non è che più in alto le cose siano molto meglio. Al Giro i test sull'epo furono solo tre con una positività dichiarata solo parecchi giorni dopo la fine della corsa. Una circostanza che rende assolutamente poco credibile l'intera corsa e la classifica finale, nella quale Rumsas, positivo all'epo alla sesta tappa , ha continuato a correre fino alla fine. Inficiando risultati e classifiche per due terzi della corsa rosa. 

23 luglio - ALESSANDRO BARONTI POSITIVO ALLA "NOVE COLLI"ROMA - Alessandro Baronti, 36enne ex professionista, è risultato positivo ad un controllo antidoping effettuato alla "Nove colli", la manifestazione cicloturistica che raccoglie al via circa 8.000 appassionati di gran fondo. Il test è stato effettuato il 18 maggio scorso, quando il fiorentino si era imposto tagliando per primo il traguardo del percorso lungo. Baronti, tesserato per l'Uisp, dovrebbe essere squalificato quanto prima. Trattandosi di ormone proteico la squalifica non dovrebbe essere inferiore ai due anni. In questo senso la Federciclismo, infatti, con l'appoggio del segretario del Coni Pagnozzi, ha attivato i contatti con la Consulta degli enti riconosciuti dal Foro Italico. "Portano anche fra gli amatori le pessime abitudini che hanno contratto da professionisti, per questo non dovrebbe esser loro concesso di partecipare a manifestazioni amatoriali", ha commentato un direttore sportivo che ha avuto lo stesso Baronti in formazione qualche anno fa. Il fiorentino, professionista dal 95 al 2001, aveva centrato 6 vittorie, fra l equali spiccava il Giro del Lazio del 1997. Ha corso con Lampre-Panaria, Panaria-Vinavil, Cantina Tollo Alexia, e con la portoghese La Pecol. Poi ha intrapreso la "carriera" di cicloturista. Finendo meschinamente nella rete antidoping. Una reta che se fosse estesa nel settore amatoriale provocherebbe autentiche decimazioni. Alla Nove Colli del 18 maggio furono effettuati solo 5 controlli (tradizionali sull'urina) con ben due positività: Baronti, come già detto e Bondi (efedrina, già sanzionato).PETRUCCI, I GUAI DEL CALCIO, L’ETICA E I SOLDIAGOSTO 2003 - «Giocate e siate etici». Ecumenico. Universale. Trascendentale. Trascendente, perfino. Diabolico Petrucci! Ci voleva proprio il colpo d’ala spirituale del presidente del Coni e della giunta esecutiva dell’immarcescibile ente del Foro Italico per risolvere il caos del calcio nostrano e allontanare i soliti tormentoni estivi! Etica, ecco la parola magica. Anzi: "Etica, etica, etica"; Petrucci la ripete tre volte, riecheggiando antichi rituali massonici. E d’improvviso davanti a lui l’atmosfera sembra schiarirsi. «Giocate e siate etici», ripete. Il commissariamento della Federcalcio per i gravissimi fatti delle fideiussioni fasulle non ci sarà. Il Coni si premurerà di non far pesare neppure un minimo di indagine interna, di quelle facili, rapide, che si sa quando cominciano e poi si perdono nelle nebbie. Andate in pace. Il momento è troppo importante: il calcio dopo anni di governo scellerato rischia di scoppiare. In ballo c’è (ma c’è davvero mai stata?) la poltrona dell’amico, dell’uomo di sport più potente e "trasversale" degli ultimi trent’anni: Franco Carraro. E allora: siate etici! Ai traffichini in federazione alla Trinca e Cruciani, i "rubagalline" dei bei tempi del primo scandalo scommesse; ai truffatori ben noti alle strutture di controllo, pronti a rifilare fregature a ripetizione ai presidenti gonzi (e meno gonzi) di turno; ai bilanci perennemente in rosso; alle truffe, alle gabole e agli escamotage per eludere ed evitare all’italiana contributi e balzelli (leggi Enpals) il numero uno dello sport nazionale risponde con la bandiera della morale. I ladri si convertano e diventino onesti, cioè "etici". Gli imbroglioni cambino carattere e abitudini. Gli approfittatori pensino che rischiano l’Inferno e si convertano al bene.Sarà l’etica a consentire al tormentato e nebuloso mondo del calcio di uscire dall’ennesima impasse, siatene certi. Gaucci, Preziosi e gli altri presidenti aggressivi si adeguino. Basta caos e tribunali, basta Tar e ricorsi a ripetizione. Etica, please!E stiano attenti perché il Coni "vigilerà contro il caos". Ma come? Fino ad oggi non ha vigilato come avrebbe dovuto secondo il dettato di legge? Adesso con l’etica si vigilerà meglio. A patto però che si giochi. Già, ma cosa c’entra l’etica col gioco? Beh, questo Petrucci non l’ha spiegato, ma si capisce: c’è il nuovo Totocalcio al via con il campionato, ovvero la più importante fonte di sopravvivenza per il carrozzone del Foro Italico. "C'è bisogno di abbassare i toni oltre a portare certezza nelle regole", tuona per quanto può il piccolo presidente. Ma non sono le stesse regole (statuti) che il Coni dovrebbe aver supervisionato e uniformato ai propri principi? "Il calcio è la disciplina base del sistema sport nazionale, la prima fonte di finanziamento di tutte le discipline", aggiunge subito dopo. Insomma: etica o soldi? Morale o prosaici interessi? Etica e soldi: è chiaro adesso. Si può dire di tutto del buon Petrucci meno che non sia riuscito nella classica quadratura del cerchio.Tutto bello, tutto a posto. Peccato che dalle aule della giustizia giunga la doccia fredda. L’accusa per due

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collaboratori della Covisoc (fra cui un dipendente del Coni) è di corruzione, non solo di falso. Un reato grave. Sufficiente perché Petrucci & C escano dal loro estatico nirvana spirituale e intervengano?

INTERVISTA AL PROFESSOR FURLANELLO, MASSIMO ESPERTO DI PROBLEMI DI ARITMIA CARDIACAIl professor Furlanello è uno dei massimi esperti italiani ed europei di problemi cardiaci legati all’attività sportiva. Cosa può essere successo a Fioravanti?«Del caso singolo, ovviamente, non parlo. Posso solo dire che l’ho visitato l’ultima volta nell’ottobre del 2001, quando mi è stata chiesta una consulenza dalla federazione nuoto, e che tutto era a posto. Lo abbiamo "assolto", come si dive in gergo, cioè gli abbiamo dato il via libera per l’attività sportiva».Professore perché uno sportivo che dovrebbe essere l’immagine della salute può avere seri problemi di cuore?«Innanzitutto perché l’attività stessa può indurre aritmie cardiache. Le definiamo "parafisiologiche" e sono indotte dagli adattamenti dell’allenamento che provoca il rallentamento del polso (bradicardia n.d.r.) e l’indebolimento dello stimolo elettrico atrio-ventricolare. Aritmie di ogni tipo: focali, da rientro, sopraventricolari e ventricolari, tachi, bradi-aritmiche, anche con esito mortale sono una cosa comune a chi fa attività fisica intensa».Solo lo sport è responsabile, allora?«No, ci possono essere anche cause patologiche, come infezioni virali, processi infiammatori, oppure l’assunzione terapeutica e non terapeutica di farmaci»Cioè?«Spesso l’atleta soffre di asma da sforzo, per curarla si ricorre ai beta 2 stimolanti, il cui uso intenso e protratto è spesso la causa maggiore di aritmie cardiache. Però anche gli steroidi, gli anabolizzanti, come il gh, l’ormone della crescita, provocano l’ispessimento del cuore con rischi simili. Non mi riferisco a Fioravanti, che conosco e stimo un ragazzo a posto, ovviamente; parlo in generale, perché il problema dei farmaci e dei danni agli sportivi sta diventando molto pesante. Anche gli stimolanti, efedrina e caffeina in particolare, molto usati specie nello sport amatoriale, possono portare a aritmie pericolossissime».Che futuro per uno sportivo con quei problemi?«Bisogna vedere caso per caso. Alcuni problemi possono essere temporanei e può bastare un periodo di detraining per risolverli; mentre le aritmie da farmaci possono risolversi sospendendo l’uso degli stessi, a meno che l’uso prolungato non abbia già provocato danni irreversibili».

7 agosto - MORBO DI GEHRIG, GUARINIELLO: QUALCUNO COMINCIA A PARLARE ROMA  - Qualcosa si sta movendo. Faticosamente, mattone per mattone si sta sgretolando il muro di omertà che circonda le morti strane nel calcio negli ultimi anni. Lo dice il procuratore di Torino Raffaele Guariniello, autore di una vasta inchiesta epidemiologica sul morbo di Lou Gehrig la cui incidenza mortale fra i calciatori supera di gran lunga ogni media statistica riferita alla normale popolazione.  "Nel mondo del calcio il muro di omertà inizia a creparsi. Recentemente un ex medico di una squadra di serie A ha raccontato di aver somministrato ai giocatori un prodotto vietato. E non è il solo dottore che ha deciso di parlare", dice Guariniello in una intervista a Panorama. La sclerosi amitrofica laterale ha causato la morte finora di 34 ex calciatori di serie A e B. Secondo quanto riferisce il settimanale, in questi giorni il magistrato è stato contattato telefonicamente da un ex compagno di Gianluca Signorini, il difensore di Genoa, Parma e Roma ucciso dal morbo il 6 novembre 2002. Voleva raccontare la sua verità sulle sostanze proibite somministrate senza regole. Guariniello, ricorda ancora Panorama, attende per dicembre le risposte dei suoi consulenti sulle cause della malattia. E prende una netta posizione nei confronti di come si sta procedendo con la legge antidoping (la 376/2000). Il magistrato critica il decreto attuativo della legge antidoping perché "elenca in modo tassativo le specialità medicinali vietate, invece di limitarsi alle 'famigliè di sostanze affini, come ha fatto il Comitato olimpico internazionale. In questo modo consente di trovare scappatoie a chi vuole doparsi". Ma non è la sola crepa nell'applicazione di una legge che a tre anni dal suo apparire è ancora ampiamente inattiva. Specie per quanto riguarda la parte della prevenzione, della tutela della salute pubblica (obiettivo primo nell'intento del legislatore) e della ricerca. 

8 agosto - IN GRAVISSIME CONDIZIONI (INFARTO) LOTTATORE TEDESCO GIA’ POSITIVO AL NANDROLONE

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Sta lottando, ma questa volta fra la vita e la morte il lottatore tedesco Alexander Leipold, ricoverato d'urgenza in una clinica specializzata a sud di Francoforte per un infarto accusato in Uzbekistan durante un raduno con la sua nazionale. Leipold fu protagonista di una vicenda di doping alle Olimpiadi di Sydney: gli fu tolto l’oro nella categoria dei 76 Kg per la positività al nandrolone. E subì una squalifica di un anno. 

8 agosto - PUGILATO: DOPING; POSITIVO IL MASSIMO TEDESCO WILLI FISCHERFRANCOFORTE - Potrebbe perdere l'appena conquistato titolo di campione di Germania e temere per il futuro della carriera il peso massimo Willi Fischer, risultato positivo a un derivato della canapa indiana al termine del match vittorioso del 14 giugno scorso contro Andreas Sidon, detentore del titolo. Fischer, 30 anni, era già stato sospeso nel 2000 per aver assunto una sostanza diuretica proibita e prima ancora era risultato positivo ad altri derivati della cannabis, ma all' epoca (1999), i derivati quali hashish e marijuana non erano vietati dalla Federboxe tedesca. 

CVD E CONTROLLI ANTIDOPING, LA MONTAGNA HA PARTORITO IL TOPOLINOSETTEMBRE 2002  - A quasi due anni dal varo della legge antidoping (dicembre 2000), partono finalmente i primi controlli. Un lotto di 750 test, tutti a sorpresa, e poco altro costituisce il magro bilancio dell’attività tanto frenetica quanto poco concludente della CVD, la commissione di vigilanza sul doping. I test li farà la Federazione medici sportivi, con una convenzione da circa 950.000 euro (circa due miliardi di lire), così uno degli obbiettivi che erano nello spirito originario della legge, quello cioè di trasferire fuori dal mondo dello sport, sommerso dagli scandali doping, responsabilità e controlli cruciali (evitando il solito giro vizioso controllato-controllore) è stato vanificato. Inoltre, saranno semplici test sull’urina e per di più limitati agli atleti agonisti. Resta fuori la gran massa dei praticanti lo sport dagli amatori ai frequentatori delle palestre, esclusa da una limitante definizione nell’articolato della stessa legge che nessuno al momento pensa di ritoccare. E così un'altra fetta dello spirito della legge, il tentativo di tutelare la salute di tutti, se ne va a ramengo. In tempi di doping ematico dilagante e di nuove frontiere (genetico) è come uscire dalla trincea col fucile a tappi. Ma tant'è. Anche se, faticosamente e fra mille difficoltà, qualcosa sembra muoversi anche sul piano della ricerca con la presentazione di un pacchetto di studi che nei prossimi due anni dovrebbero portare a migliorare i mezzi tecnici per combattere il doping. Ovviamente se riusciranno a raggiungere gli obbiettivi promessi.  L’importante, dicono in commissione, era partire subito. Bugia. Non sarà proprio così. Il presidente della FMSI, infatti, ha spiegato all’ultima adunata che ci vorrà tempo per istruire i medici. Se va bene si partirà fra un mese. Come poi si riescano a fare 750 test in soli tre mesi lo sanno solo loro. Quando questi esami - la cui procedura è lunga e complessa - erano affidati alla vecchia commissione del Coni (altra pratica, altra esperienza...) ci voleva un anno intero per farne 1.000. Ora, all’improvviso, si marcerà a razzo? Chissà. Ma dove ha superato se stessa l’ineffabile CVD (commissione di vigilanza) è nella confezione della lista delle sostanze proibite. Pervasa dalla frenesia di mettere un inutile bollino che segnali sulla confezione farmaceutica i rischi doping dei prodotti contenuti (inutile perché, ovviamente, non vale per i farmaci acquistati all’estero); frenata da mille vuoti timori, ha finito per stilare una lista dalla quale - secondo gli esperti - non solo mancano qualcosa come 189 sostanze che hanno effetti dopanti; ma che, se possibile, è peggiorativa rispetto a quella della Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Ciò che la rende assolutamente inutile. Entro il 2003, infatti, dovrà essere buttata nel cestino. Per quella data tutti i regolamenti nazionali antidoping dovranno adeguarsi alla Codice Mondiale della Wada, pena l’esclusione dall’organizzazione dei Giochi Olimpici. E l’Italia non può rifiutare, avendo in ballo le Olimpiadi di Torino 2006. Dunque un anno di lavoro sprecato, perchè per approdare a quella lista, inferiore a quella proposta dal mondo dello sport, tanto c'è voluto. Un anno anche di risorse sprecate. Qualcuno renderà conto a qualcuno di tutto cio?Insomma, siamo di fronte ad una legge che abbisognerebbe di qualche ritocco per funzionare meglio. Ma si pensa ad altro. La legge è mal finanziata (i pochi soldi vengono da un bilancio Coni sempre più asfittico, eppure nessun politico si sogna minimamente di intervenire per migliorare la legge in questo senso), il suo ambito è ristretto ai soli agonisti (e Dio solo sa quanto il doping sia diffuso fra gli amatori e le palestre...), la sua efficienza è limitata dai soli test sull’urina al momento e a cosa si sta pensando? A depenalizzare l’atleta che si dopa, togliendo così agli inquirenti importanti strumenti d’indagine. Vanificando, insomma, l’unico lato efficiente e operativo della legge. Si equivoca sulle richieste della Wada, che in nessuna parte del suo Codice mondiale fa cenno alla depenalizzazione dell’atleta. Anzi, lo responsabilizza ancora di più specificando che "gli atleti sono responsabili di tutte le sostanze che vengono trovate nei test antidoping" che li riguardano e a nulla valgono le intenzioni buone o cattive, gli errori o l’uso inconsapevole. Inoltre la Wada sanziona anche il

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semplice possesso di sostanze vietate e perfino il "tentativo d’uso". Per chi vuole cambiare la legge, invece, l’atleta è sempre innocente dal punto di vista penale. C’è una delega già pronta per far saltare del tutto il provvedimento e l’ultimo baluardo - le giuste esitazioni di AN - sembra sia stato spazzato via dalla spregiudicata decisione dei "forzisti". Amen. Del resto, con un governo che presenta personaggi molto vicini al vertice coinvolti in questioni di droga c’era da aspettarsi di meglio?

BLASI E KALLON, IL RITORNO DEL NANDROLONEOttobre 2003 - Ancora il nandrolone. Ancora un caso di positività nel calcio. Ancora l’Inter nei guai più neri. Non bastasse il secco 0-3 a Mosca in Champions League con il Lokomotiv, ecco la doccia fredda: l’attaccante nerazzurro Mohamed Kallon è stato pizzicato addirittura ad un controllo ordinario antidoping del 27 settembre scorso, a Udine. Norandrosterone e noreticolanone, i due metaboliti della famigerato nandrolone, appunto. Il laboratorio di Roma ha individuato la sostanza vietata in quantità superiore ai limiti consentiti dal Cio (2 ng/ml). Solo qualche giorno fa era stato fermato, sempre per un metabolita del nandrolone Michele Blasi centrocampista del Parma. Come dire che certe pratiche e/o certe abitudini, nonostante gli scandali recenti e passati non sono affatto terminate nel dorato mondo del pallone. Naturalmente anche per Kallon si aspetta la solita sequela di giustificazioni e di "spiegazioni": dallo shampo all’olio di cocco, alla carne di cinghiale, ai ripetuti atti sessuali (ma solo di un certo tipo), alla luna piena di ottobre e chi più ne ha più ne metta. Si può scherzare, ma il problema resta. E con il problema l’allarme. Cosa succede nel calcio italiano? Proprio adesso che la federazione sembra aver imboccato la strada di una maggiore incisività sul fenomeno doping, mettendo in cantiere i controlli sull’epo (screening sul sangue e successivo test sull’urina, secondo il metodo francese di "immunoelettrofocousing"), tornano ad espolodere i casi nandrolone. Sono tredici i casi da quando, nell’ottobre del 2000, furono pizzicati Bucchi e Monaco. Può meravigliare questa improvvisa recrudescenza, dopo mesi di silenzio. Ma non sorprende più di tanto. Il ricorso sempre più frequente a laboratori privati da parte delle società maggiori, rivela preoccupazioni sospette. Perché testare così spesso gli atleti? Non sarà per tenerli "al limite" dei valori concessi per le varie sostanze proibite? E non è solo la diffusissima cocaina ad essere temuta. Prendiamo il testosterone, ad esempio. Il limite concesso dai regolamenti è 6:1 (in rapporto all’epitestosterone); i valori "normali" raramente sforano il 3:1. Essendo l’ormone preposto alla forza e alla resistenza è lecito ipotizzare che per accelerare il recupero si ricorra a somministrazioni esterne fino ad arrivare vicino al limite massimo. Solo che i laboratori privati spesso non hanno strumenti sofisticati come quelli del Cio, che vanno più a fondo e poi il fisico umano spesso ha risposte assolutamente imprevedibili. Di qui la possibilità di "smarginare" e di ritrovarsi con casi di positività. Sono i ritmi forsennati del calcio moderno, la frequenza dei match, la qualità (velocità, potenza, forza) della prestazione richiesta a spingere fatalmente verso la farmacia. Si comincia con l’integratore che accelera il recupero, con i farmaci che abbreviano la degenza dopo gli infortuni e si finisce con gli anabolizzanti che non si beccano ai controlli come il Thg (tetrahydrogestrinone), protagonista del recentissimo scandalo Usa. Se l’obbiettivo è la massima prestazione, il risultato ad ogni costo ipotizzare questo meccanismo è il minimo. Un meccanismo feroce; assurdo per degli uomini che sono poi anche comuni lavoratori. Immaginate se il vostro capufficio vi costringesse ad assumere il tal prodotto farmaceutico o il tal’altro per accelerare il ritorno in ufficio dall’influenza o dalla bronchite. Tutto questo nel calcio è considerato normale. Farmacia e doping viaggiano a braccetto da decenni. Quanto agli anabolizzanti (come il nandrolone, ma c’è anche il gh, l’ormone della crescita, che è proibito, ma di uso libero in quanto neppure ricercato nei test) basta dare un’occhiata al fisico dei calciatori moderni. Giganti se rapportati ai campioni solo di qualche lustro fa. Gli effetti della prima (la farmacia) sono bene illustrati nelle confessioni di mogli, amici, colleghi dei tanti giocatori che hanno avuto problemi di salute dagli anni sessanta in qua, riportate in un libro fresco di stampa che ha il coraggio di affrontare lo spinoso argomento ("Palla avvelenata", Bradipo Libri). Giocatori che, come illustra l’indagine epidemiologica del pm Guariniello, spesso hanno pagato con la vita: da Signorini a Beatrice, Saltutti, Rognoni, Segato, Ocwirk, Ferrini, ecc. Su 24.000 soggetti analizzati, le morti sono 400 e 70 quelle "sospette", cioè ipoteticamente provocate da farmaci assunti nel corso della carriera. I danni del secondo, il doping sempre più potente e subdolo, si vedranno fra qualche tempo. Di fronte alla prima ondata di casi-nandrolone, il calcio ha reagito a modo suo: per evitare pene severe è stato perfino sostituito il collegio giudicante della disciplinare Figc e sono state cambiate le regole in corsa. Pochi mesi di squalifica, per salvare il "capitale-giocatori", perché lo spettacolo continuasse senza intoppi, una pena risibile che non ha avuto alcun effetto deterrenza. È evidente. Non c’è da meravigliarsi, allora, se qualcuno ci prova ancora.

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2 ottobre - L'AGENZIA MONDIALE APPROVA IL NUOVO CODICE ANTIDOPING MONTREAL  - L'agenzia mondiale antidoping (Ama) ha approvato una seconda versione del progetto del codice mondiale antidoping, destinato ad armonizzare le norme, i procedimenti e le sanzioni tra i diversi Paesi e le differenti discipline, che entrerà in vigore a partire dalle Olimpiadi di Atene 2004. Questa seconda versione, approvata a Montreal dal consiglio esecutivo dell'Ama, "riunisce i commenti di più di 120 partecipanti" all'incontro, inclusi governi, comitati olimpici, federazioni sportive ed atleti. Tra le principali variazioni contenute in questa seconda versione, l'Ama registra principalmente "una descrizione ampia del doping, un chiarimento in merito alle responsabilità nell'ambito dei controlli, oltre al possibile annullamento di tutti i risultati ottenuti da un atleta in un intero evento e non soltanto nella competizione nella quale è stata riscontrata la positività". La severità delle sanzioni continua ad essere una delle principali questioni che sarà dibattuta nel corso della Conferenza mondiale antidoping, in programma dal 3 al 5 marzo a Copenaghen, dove il codice dovrà essere approvato dai Governi, dal movimento olimpico e dalle altre federazioni sportive, dirigenti sportivi e associazioni di atleti. Questo codice, che entrerà in vigore a gennaio del 2004, alcuni nmesi prima delle Olimpiadi di Atene, è destinato ad armonizzare le regole per combattere contro chi assume sostanze proibite e porre fine alle divergenze che attualmente esistono tra le differenti discipline sportive e tra i diversi Paesi. Bisognerà anche evitare che gli atleti che assumano sostanze considerate illegali per il movimento olimpico, ricevano trattamento differente in funzione della federazione alla quale appartengono od alla nazione della quale fanno parte. Come già accaduto in passato le e federazioni sportive internazionali più grandi, su tutte la Fifa nel calcio e l'Uci nel ciclismo, esitano di fronte al concetto dell'uniformità delle pene (salvo poi lamentarsi della babele di regole che governa un antidoping già di per se poco efficiente); ed hanno accettato con riserva l'idea di sospendere per due anni uno sportivo che commetta la sua prima infrazione. Secondo Dick Pound, presidente dell'Ama, queste federazioni "che contano molti professionisti e dove ci sono in ballo milioni di dollari" temono che gli atleti eventualmente squalificati possano ricorrere in appello davanti ad un tribunale civile per tentare di conseguire pene meno dure promuovendo successivamente denunce giudiziarie per danni.

3 ottobre - GIOCHI ASIATICI, ESCLUSI 3 MALESI POSITIVI PER MORFINABUSAN - Tre atleti della nazionale di sepak takraw della Malaysia sono stati esclusi dai Giochi Asiatici per essere stati trovati positivi ad un controllo antidoping effettuato prima dei Giochi. Si tratta di Mohamed Aznan Raslan, Mohamed Haniff Azaman e Mohamed Firdaus Ghani, i cui esami hanno rilevato la presenza di tracce di morfina. Lo sepak takraw, una sorta di calcio-volley, è uno sport tradizionale in Malaysia, inventato 500 anni fa dalla famiglia reale. Sepak significa 'calciarè e 'takraw' è la palla. I giocatori possono toccarla una volta sola e unicamente con i piedi, per lanciarla nel campo avversario. Si gioca tre contro tre, in partite della durata di tre set. 

3 ottobre - BASEBALL: FALIERO FIRENZE, LENZERINI SOSPESO PER 8 MESI ROMA  - Il giudice unico sportivo della Fibs, avvocato Aldo Chichi, ha sospeso fino al 28 marzo 2003 (otto mesi dalla data di sospensione cautelativa) il giocatore Denny Lenzerini, lanciatore del Faliero Sarti Firenze.L'atleta toscano era risultato positivo al tetraidrocannabinolo (cannabis) dopo un controllo antidoping a sorpesa effettuato il 21 giugno scorso al termine della partita del campionato di A1 tra Città dei Normanni Warriors Paternò ed il Faliero Sarti Firenze. Il Gus ha concesso a Lenzerini il beneficio delle attenuanti.

3 ottobre - PROCURA CONI ARCHIVIA IL CASO CARDINALE ROMA  - La Procura Antidoping del Coni ha archiviato il procedimento d'indagine nei confronti del difensore della Salernitana, Roberto Cardinale. I fatti risalgono allo scorso 2 giugno, data dell'ultima giornata dello scorso campionato cadetto fra Modena e Salernitana. Secondo l'accusa, il campione d'urine di Cardinale era stato allungato con un pò d'acqua, a luglio fu aperta un'inchiesta e lo scorso 2 settembre il difensore della Salernitana venne interrogato per chiarire la vicenda. La Procura ha disposto l'archiviazione dell'inchiesta, ma ha trasmesso gli atti all'Ufficio indagini della Figc per valutare se esistono gli estremi della violazione dei principi di lealtà sportiva.

3 ottobre - GIRO '99, PANTANI ASSOLTO A TRENTO: ALL'EPOCA IL DOPING NON ERA REATO  Assolto. Anche il secondo processo doping per Marco Pantani finisce nel nulla, così come era già successo a Forlì per i fatti relativi alla MilanoTorino del ’95: condannato in prima istanza, assolto in appello, perché all’epoca il fatto (il doping autogeno) non era reato. Ieri a Tione il giudice monocratico Giuseppe Serao, ha

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deciso che la legge 401/89 che considera il doping come una frode sportiva perché porta all’alterazione dei risultati non era applicabile alla ben nota vicenda dell’ematocrito oltre in limiti consentiti dal regolamento della federazione internazionale rilevato per il Pirata il 5 giugno del ’99 a Madonna di Campiglio, alla partenza della penultima tappa, quando, in maglia rosa di leader, si accingeva a far suo il secondo Giro d’Italia consecutivo. Una decisione che non intacca minimamente le decisioni della giustizia sportiva che, come si ricorderà, sospese immediatamente lo scalatore romagnolo a tutela della sua salute. Una sentenza liberatoria per lo scalatore romagnolo, specie dopo la dura requisitoria del pm Carmine Russo, che ha sostituito Bruno Giardina, nel frattempo trasferito a Roma. La pubblica accusa aveva chiesto addirittura sei mesi di carcere e 500 euro di multa. Invece a fine mattinata è arrivata l’assoluzione. «Ne prendo serenamente atto»: le prime parole del Pirata sono state improntate alla serenità e alla compostezza. Nessuna rabbia, nonostante Pantani stia attraversando un difficile momento, con problemi esistenziali che esulano e vanno ben oltre la semplice dimensione sportiva. Il distacco, probabilmente, di chi come confessato nelle scorse settimane ad un amico si considera ormai fuori dall’ambiente. Nonostante le dichiarazioni di Romano Cenni patron della "Mercatone Uno" (la squadra molto probabilmente chiude a fine stagione), sempre pronto a sostenere Pantani, qualora volesse ritornare alle gare, le probabilità che il Pirata torni in sella sembrano ridotte al lumicino, nonostante questa sentenza favorevole. Per limitarsi all’aspetto tecnico, nel frenetico ciclismo di oggi ci vorrebbero almeno due stagioni piene per ritornare a livelli accettabili. L’arrampicatore di Cesenatico ha già 33 anni e stando anche alle sue affermazioni pochissima fantasia di rigettarsi nella mischia.Un anno e mezzo di processo (a questo punto del tutto inutile) e poco più di un’ora di camera di consiglio; quindi la sentenza: «Il fatto non era previsto dalla legge come reato». Una formula che assolve Pantani, ma che non entra nel merito. Per questo occorrerà attendere le motivazioni per le quali il giudice ha tempo 90 giorni. A prima vista non sembra farci una bella figura la giustizia, perché, la domanda che sorge immediata ed è assolutamente legittima è: perché mai si sia voluto celebrare il processo quando già nella prima udienza lo scorso aprile l'avvocato Manzo aveva sollevato l'eccezione procedurale di merito facendo riferimento proprio al fatto non previsto come reato? Occorrerà attendere per capire meglio. Il giudice dovrà precisare, ad esempio, l’attendibilità attribuita ai prelievi dell’Uci, contestati nella loro modalità di esecuzione dagli esperti (Turà e Froldi) della difesa dell’atleta e alle modalità delle analisi. Un aspetto non secondario che potrebbe portare ad un contenzioso con la federazione internazionale, ora che l’atleta è stato assolto.Si chiude così un ulteriore capitolo della travagliata vicenda dell’atleta di Cesenatico. Ma non si chiudono ancora la sue tristi vicende giudiziarie. Resta in piedi, infatti, l’accusa di violazione della nuova legge antidoping (376/2000) dopo il sequestro di insulina al Giro 2001. Gli atti sono stati trasmessi da tempo dal pm Bocciolini alla Procura di Sanremo. Ma per il momento tutto tace.

4 ottobre - VANDENBROUCKE RINVIATO A GIUDIZIO PER USO DI STUPEFACENTIBRUXELLES - Il belga Frank Vandenbroucke sarà rinviato a giudizio per detenzione ed uso di ormoni proibiti e stupefacenti. Lo ha annunciato il procuratore di Termonde, nella regione delle Fiandre, precisando che il dossier sarà consegnato ai giudici entro alcune settimane. L'inchiesta è cominciata il 27 febbraio del 2002, quando la polizia di Termonde, durante un controllo, trovò dei prodotti sospetti nella vettura del medico francese Bernard Sainz. Questi aveva passato la notte nell'abitazione di Vandenbroucke nella cui casa, nel corso di una perquisizione, furono sequestrati prodotti doping come Epo, morfina e altri medicinali. Il ciclista si giustificò spiegando che questi prodotti gli servivano per curare il suo cane. Sainz fu fermato e successivamente rilasciato quando le analisi stabilirono che i prodotti trovati nella sua automobile non erano proibiti. Vandenbroucke ha ora due settimane di tempo per chiedere accertamenti supplementari, dopodichè il dossier passerà ai giudici.

6 ottobre - CASO RUMSAS: FERMATI ED INTERROGATI DOPO LA PARIGI TOURS 4 CORRIDORI DELLA LAMPREAncora un blitz spettacolare: corridori fermati, trascinati via dallo spogliatoio e interrogaqti a lungo dalla polizia. Succede in Francia, all'arrivo della Parigi-Tours di Coppa del mondo: due macchine della polizia fuori dalla zona docce, dove gli otto atleti della Lampre-Daikin, si stanno rivestendo dopo l'arrivo vincente del quasi sconosciuto e per nulla pronosticato danese Piil. In azione la gendarmeria francese. Punta dritta alla squadra di Saronni. La storia è sempre la stessa: vecchie questioni doping. Nel caso specifico la storia in sospeso della moglie di Raiumondas Rumsas il lituano, sorprendente terzo alla "grande boucle"; o meglio di sua moglie Edita, sorpresa dalla polizia francese il 29 luglio scorso mentre alla frontiera cercava di passare con la vettura carica di prodotti doping. Arrestata e da quel giorno in carcere. La polizia ferma  tutta la squadra, appena finisce di

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rivestirsi: otto ciclisti. Una sommaria perquisizione al pullman, il controllo di due ammiraglie e del piccolo camper al seguito, quindi la prima verifica sul posto: quattro ciclisti non hanno partecipato all´ultimo Tour de France, e sono il toscano di passaporto britannico Sciandri, gli italiani Piccoli e Missaglia, il polacco Spruck. Possono andare, liberi. Per gli altri quattro scatta il fermo di polizia e il trasferimento al commissariato di Lione, duecento chilometri lontano. Sono lo svizzero Rubens Bertogliati, maglia gialla nelle prime taooe della corsa francese, ritiratosi prima dell´arrivo a Tours. Gli italiani Marco Serpellini e Alessandro Cortinovis, il belga Ludo Dierckxsens. Saranno sottoposti a un duro interrogatorio in camere separate, come persone informate dei fatti. Con loro, andranno a Lione il meccanico, l´autista del camper e i due massaggiatori: facevano parte della squadra al Tour e sono già stati interrogati due mesi fa. Ancora, seguono la polizia il ds Maurizio Piovani, che alla Parigi-Tours sostituiva Pietro Algeri, e il medico Pietro Maria Ronchi. Quest´ultimo filone di indagine l´ha innestato l´arresto - lo scorso 28 luglio - della moglie del ciclista lituano della Lampre, Raimondas Rumsas, la bionda Edita: un controllo alla frontiera di Chamonix aveva fatto emergere 37 sostanze dopanti nel retro dell´auto. Ormoni della crescita, fiale di Epo, steroidi, corticoidi. Stava entrando in Italia dalla Francia e il marito aveva appena chiuso il Tour con un ottimo terzo posto. Non disse nulla allora, la fedele Edita, e a lungo è rimasta in silenzio nel carcere di Bonneville, vicino Grenoble. Il marito si era affrettato a spiegare che quei prodotti servivano alla suocera malata, ma non sarebbe più tornato in Francia per rendere testimonianza. La polizia di Lione l´ha dovuto interrogare in Toscana, dove risiede. La magistratura francese in questi due mesi ha resistito alle pressioni dell´ambasciata lituana, alle accuse di accanimento giudiziario e ha trattenuto la donna in cella. Nei giorni passati le prime rivelazioni: un´organizzazione con centrale in Calabria controllerebbe il traffico di doping. Del resto che mafia e camorra e simili siano interessate al lucroso traffico di prodotti proibiti non è una novità. Il team manager Saronni c'è rimasto male: «Se avessimo avuto la coscienza sporca non saremmo venuti a correre quattro corse in Francia nelle ultime settimane. Questa sceneggiata mi sconcerta: è scandaloso che quattro ragazzi vengano fermati per essere interrogati dopo 270 chilometri di corsa».

8 ottobre - SOSPESO PER TRE MESI L'AMERICANO MILLER ROMA  - Il ciclista statunitense Joseph Miller è stato sospeso dall'agenzia antidoping del suo paese per tre mesi per essersi negato ad un controllo durante i campionati nazionali, che si svolsero lo scorso 20 luglio nel Tennesse.

8 ottobre - GIOCHI ASIATICI, RITIRATO BRONZO AD ATLETA LIBANESE: SI ERA RIFIUTATO DI SOTTOPORSI AI CONTROLLIBUSAN - Yossef El Zein, culturista libanese, categoria oltre 90 chilogrammi, impegnato ai Giochi Asiatici in Corea, è stato squalificato perchè si era rifiutato di sottoporsi ai controlli antidoping al termine della gara che lo aveva visto vincitore della medaglia di bronzo. Medaglia che è stata ritirata dal Comitato olimpico asiatico.

8 ottobre - SCHERMA, SECONDO EQUIPE IL FRANCESE ATTELLY POSITIVO AL NANDROLONEPARIGI - Nuovo caso di doping nella scherma francese. Dopo Laura Flessel, il quotidiano sportivo 'L'Equipè ha rivelato che il fiorettista Loic Attelly, vice campione del mondo individuale nel 2001, è stato trovato positivo al nandrolone il 16 giugno scorso al torneo di Coppa del Mondo di Caracas. Vista la sfiducia del Comitato olimpico nei confronti del laboratorio venezuelano, le analisi del primo flacone verranno effettuate una seconda volta in Francia, a Chatenay-Malabry. "Considerato il tasso elevato della sostanza che è stato riscontrato dalle analisi - ha detto Pierre Abric, presidente della Federscherma francese - è probabile ci sia stato un errore di taratura". In agosto, alla vigilia dei Mondiali di Lisbona, la spadista Laura Flessel, portabandiera della scherma transalpina, aveva rivelato di esser stata trovata positiva ad una sostanza stimolante. La campionessa originaria della Guadalupa, due ori alle Olimpiadi di Atlanta e tre volte campione del mondo, si era però difesa dichiarando di "essere innocente e vittima di un errore di un kinesiterapeuta". 

9 ottobre - DOPING: VI FA RICORSO IL 6% DEI RAGAZZI IN ETA' SCOLARE SAN PATRIGNANO - Dati recenti a disposizione degli esperti dicono che il 6 per cento dei ragazzi in età scolare, soprattutto giovanissimi, faccia ricorso a sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni sportive. Tale percentuale è confermata da una ricerca effettuata, a San Patrignano, su un campione di 2718 studenti delle scuole medie superiori che hanno visitato nel 2002 la comunità. La ricerca, condotta dal tossicologo Aldo Polettini, evidenzia, anche, per quanto riguarda più in generale il consumo di droga fra i giovani, che la sostanza

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più usata dai ragazzi è l'hashisc/marijuana (69 per cento), seguita da ecstasy e cocaina (37 per cento in entrambi i casi) e dall'eroina (21 per cento). La maggior fonte di informazione sui danni delle droghe, dichiarano i ragazzi, è rappresentata dagli amici e dai media, mentre genitori e scuola hanno un ruolo secondario.  

9 ottobre - DEFERITO IL MEDICO DELLA CREDIT AGRICOLE ROMA  - Venticinque parsone, tra cui il medico della Credite Agricole Hervè Stoicheff, sono stati deferiti alla magistratura francese per traffico di sostanze dopanti. Gli accusati sono sospettati di essere stati implicati, dal 1997 al 2000, in una vasta rete di spaccio di prodotti illeciti. Nella lista dei ciclisti del recente passato coinvolti risultano l'ex Festina Thierry Laurent, l'ex olimpico francese Eric Magnin, tre volte campione transalpino su pista.

9 ottobre - HIGUITA SOSPESO PER 6 TURNI PER COCAINA BOGOTA'  - Sei turni di sospensione per il portiere colombiano Renè Higuita, positivo alla cocaina in un controllo antidoping disposto al termine di una gara di campionato. Per Higuita, in forza al Deportivo Pereira ed ex numero uno della nazionale colombiana, oltre alla sospensione anche un'ammenda di 400 dollari.

11 ottobre - IN LIBERTA' EDITA RUMSASPARIGI - Edita Rumsas, moglie del corridore lituano della 'Lamprè, Raimondas Rumsas, è stata rimessa in libertà sotto cauzione (20.000 euro). Lo ha annunciato il suo avvocato. La donna era in carcere a Bonneville, nell'Alta Savoia francese, dal 30 luglio, quando ad un controllo doganale furono trovate nella sua auto sostanze dopanti. Il giorno prima il marito aveva concluso al terzo posto il Tour de France. 

12 ottobre - PROVETTE NON REGOLARI NEL CALCIO, BLITZ DEI NAS DI FIRENZE ALLA FIGC E AL LABORATORIO DI ROMA ROMA - C'è anche il dorato mondo del calcio al centro dell'attenzione di chi indaga sul doping. Non solo il ciclismo, da sempre enclave dove il fenomeno assume connotazioni di particolare intensità. I carabinieri del Nas di Firenze, coordinati dal pm Luigi Bocciolini, hanno effettuato un lungo blitz al laboratorio del Coni di Roma, dove hanno sequestrato un centinaio circa di provette di test antidoping che risultavano mal sigillate, completando, poi, l'operazione alla Federcalcio, dove sono stati sequestrati i documenti di accompagnamento delle provette stesse. L'alto numero delle provette danneggiate e sulle quali, proprio per quello, secondo i regolamenti sportivi non diventa più possibile effettuare le analisi antidoping ha alimentato il sospetto che tale danneggiamento potesse essere fatto ad arte. Proprio per evitare i controlli. Troppi e troppo concentrati intorno ai giocatori di alcune squadre i test inutilizzabili. Le provette sequestrate riguardano match di campionato di A e B dell'anno scorso e parte anche di quest'anno. I Nas hanno fatto visita anche alla Procura antidoping del Coni, dove hanno sequestrao altro materiale cartaceo, sempre inerente le provette "danneggiate". I sequestri e le acquisizioni di documenti sono stati eseguiti nell' ambito di un procedimento contro ignoti aperto dal pm Bocciolini perchè la procura di Firenze avrebbe avuto per prima la notizia di reato relativo a presunte operazioni di doping anche nel campionato di calcio. Il procedimento ipotizza i reati di frode sportiva e violazione delle norme antidoping. Bocciolini ha smentito che le indagini in corso abbiano collegamenti con l'inchiesta sull'Empoli in relazione a presunte irregolarità nella scelta di giocatori da sottoporre a doping. Le provette sequestrate saranno adesso analizzate dai periti scelti da Bocciolini. Nel caso dovessero essere rintracciati prodotti dopanti, i calciatori cui fanno riferimento i reperti, saranno messi sotto accusa in base alla legge 376/2000. Bocciolini ha già dato incarico ai suoi esperti di agire in questo senso. La  tecnica moderna offre ampie possibilità per risalire con certezza sia ai prodotti dopanti (verranno ricercati quelli proibiti dalla lista del Cio), sia all'identità dell'atleta cui fanno riferimento. Dovesse allargarsi la lista degli indagati, il calcio tornerebbe in triste processione davanti ai giudici: questa volta non quelli sportivi che quattro anni fa, dopo gli scandali nati dalle denuncie gli allarmi di Zeman, assolsero con formula piena il mondo del pallone. "Il doping nel calcio non esiste", sentenziò l'avvocato Ugo Longo allora presidente della Procura antidoping del Coni. Ad anni di distanza, invece, il problema è riemerso, prima sotto la veste dei tanti casi di nandrolone (2000-2001) e adesso con questa vicende delle provette danneggiate. Dovesse emergere l'intenzionalità dell'operazione, infatti, lo scandalo finirebbe per comprendere l'intero sistema. È difficilmente ipotizzabile, infatti, che per un numero così elevato di casi - sopratutto se concentrati su alcune formazioni - non ci sia la complicità degli organismi addetti al prelievo. "Siamo la Federazione che svolge più controlli antidoping al mondo, 5 mila l'anno: mi auguro che tutto si sia svolto regolarmente". Non è voluto andare oltre un auspicio il presidente della Figc,

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Franco Carraro commentando l'episodio prima del match di Napoli con la Jugoslavia. "Sono convinto che quando la magistratura indaga non si debba parlare - ha aggiunto Carraro, al termine di un incontro con i dirigenti locali a Napoli - le indagini vanno rispettate, non commentate".

14 ottobre - PROVETTE ALTERATE NEL CALCIO: LA PROCURA CONI, CHIEDE RESTITUZIONE DI DOCUMENTI E VERBALI ROMA - Il caso 'anomalo' delle provette sigillate male era già stato scoperto dalla Procura antidoping del Coni, che per questo aveva aperto autonomamente un'indagine conoscitiva. Il procuratore capo dell'ufficio del Foro Italico prof. Giovanni Verde rivendica un ruolo importante della Procura del Coni nell'operazione che venerdì sera ha portato al sequestro da parte dei Nas di Firenze nel laboratorio dell' Acquacetosa di oltre 100 provette di controlli antidoping sigillate male e dei verbali relativi presi negli uffici della Procura. Lo stesso procuratore Verde, subentrato al dimissionario Aiello, aveva infatti aperto un'indagine conoscitiva proprio per fare luce su alcune stranezze ricorrenti per alcuni club di calcio.Ma ora senza i documenti sequestrati, denuncia Verde, il lavoro della giustizia sportiva si ferma. "In riferimento al sequestro presso la procura - spiega - dei verbali di prelievo antidoping non conformi alle modalità prescritte, preciso che in merito la Procura aveva già aperto un'indagine conoscitiva al fine di accertare se nel fatto fossero ravvisabili illeciti disciplinari. Per questo chiediamo alla Procura di Firenze la restituzione, almeno in copia, di quei documenti ove le esigenze istruttorie non siano ostative. Altrimenti così noi abbiamo le mani legate".Il caso insomma per la Procura già esisteva: "C'era stata una presa di coscienza - continua Verde - perchè avevo trovato tra il 2001 e il 2002 circa 60 controlli che non avevano sortito alcun effetto perchè essendo irregolari i prelievi nelle modalità, il laboratorio si era astenuto dal procedere". Lo screening fatto dal procuratore contiene 32 verbali "inevasi" di cui 25 della Figc, numero che cresce in modo piuttosto sensibile nel settembre scorso: "I casi diventano 49, 33 della federcalcio" dice Verde.La parola "sospetto" il procuratore non la vuole usare, ma certo è che i nomi ricorrenti di alcuni club legati alle provette incriminate quanto meno necessitavano di chiarimento."Avevo trovato che nel 2001 le irregolarità per ben 5 volte si erano verificate al Cittadella - continua Verde - e nel 2002 si erano ripetute altre due volte. Così a Como, 4 volte nel 2001 e altre 4 quest'anno". Nell'elenco anche Perugia (4 casi nel 2001, nessuno quest'anno), Siena (2 volte nel 2001 e altrettante nel 2002). Dallo screening mancano 16 casi sui quali Verde deve ancora lavorare. L'anomalia riguarda "all'80% provette sigillate male - spiega - ma ce ne sono altri in cui non sono stati applicati i sigilli cartacei o non corrisponde il numero di codice o una differenza tra il campione A e B. Nella stragrande maggioranza il problema riguarda il sigillo sulla provetta che è lento, tanto da permettere la fuoriuscita del campione". Quando Verde a settembre è venuto a conoscenza della vicenda, verificate le frequenze nei vari club, aveva chiesto alla federmedici i nomi dei medici che avevano fatto i prelievi. Sarebbero stati convocati dall procura per spiegare il motivo delle irregolarità."L'attività che stavamo svolgendo al momento - continua - era tesa a chiarire le circostanze. Se fossero emerse responsabilità, saremmo andati avanti. Il numero e le ricorrenze erano situazioni che necessitavano di chiarimenti".Poi l'operazione dei Nas, coordinati dal Pm fiorentino Luigi Bocciolini. "Un'indagine contro ignoti per il momento - conclude Verde - quella di Firenze. Le conseguenze? Bisogna chiederlo agli inquirenti, noi siamo fermi: senza quei documenti non possiamo nemmeno risalire al nome degli atleti. Certo, se l'inchiesta dovesse accertare l'ipotesi fatta ci sarebbero problemi di responsabilità grave: un tentativo di truffa, in cui sarebbero coinvolti atleti, medici e le stesse società. Ma vanno accertate e in quel caso ci sarebbero gli inevitabili riflessi nella giustizia sportiva". 

DOPING, BLASI TROVATO POSITIVONorandrosterone per il centrocampista del Parma dopo la gara con il Perugia. Il d.g. Nebiolo: "Caso strano". Prandelli: "E' in lacrime".ROMA, 15 ottobre 2003 - Il giocatore del Parma, di proprietà della Juventus, Emanuele Blasi è stato trovato positivo al norandrosterone. Il laboratorio di Roma, nel primo campione sottoposto ad analisi, ha infatti rilevato la presenza dell'anabolizzante superiore al limite Cio per Blasi, in un controllo antidoping ordinario del 14 settembre scorso a Parma, in occasione della gara del campionato di serie A Parma-Perugia. La federazione medico sportiva ha ricevuto e trasmesso al coordinamento antidoping del Coni la registrata positività del centrocampista 23enne.

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Immediata la reazione del Parma, impegnato in serata nel ritorno del primo turno di coppa Uefa contro gli ucraini del Metalurg Donetsk. "La società rende noto di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale a tale riguardo" si legge in un comunciato. "Mi sembra davvero strano, ora parleremo con il giocatore e poi vedremo" aggiunge Patrick Nebiolo, direttore generale della società ducale sulla positività all'antidoping di Blasi. "Noi effettuiamo sempre dei test sui giocatori - spiega Nebiolo - sul sangue, sulle urine e anche sui capelli. I controlli sono coordinati dal nostro medico sociale Massimo Manara, ma sono effettuati anche avvalendoci di laboratori esterni. Su Blasi non è mai risultato nulla. Ora parleremo con lui, ma mi sembra davvero strana questa situazione. Blasi non prende alcun tipo di farmaco ed è costantemente sotto controllo". Il Parma chiederà le controanalisi? "Certamente sì. Faremo anche noi delle controanalisi. Prima di tutto difenderemo i nostri interessi. Non ho ancora parlato con il giocatore, ma lo faremo subito". Blasi è convocato per la partita di stasera contro il Metalurg, giocherà? "Questo lo deciderà Prandelli". E il tecnico scioglie subito i dubbi: "Stasera non lo avrei fatto giocare a prescindere da questa situazione, era già previsto che giocasse Donadel. Blasi come volete che stia, piange. Lui non prenderebbe nulla, sappiamo tutti che ha paura delle medicine. Ora è disperato ma non è ancora detta ancora l'ultima parola. Aspettiamo le controanalisi: potrebbe essere anche una bolla di sapone".Luca Montagna, componente dello staff medico del Parma, non crede all'intenzionalità di Blasi: "Se uno si vuole dopare davvero - spiega - non prende il nandrolone che si usava dell'Urss degli anni '60. Mi sembra strano anche perché per aumentare la massa muscolare bisogna prenderlo in dosi massicce: in più è un metodo di doparsi stupido perché dalle analisi emerge subito. Se fai il test del capello anche dopo sei mesi viene fuori".

15 ottobre - TORNA IL NANDROLONE NEL CALCIO: POSITIVO BLASI (PARMA)PARMA - Riecco il "nandrolone". Dimenticato, cancellato dalla memoria del calcio nostrano riaffiora nonostante le prudenze e le accortezze dell’ambiente che arriva a fare veri e propri test antidoping ai calciatori pur di non trovarseli positivi alle analisi ufficiali. A "rilanciare" la sostanza salita agli onori delle cronache con i noti casi Davids, Couto, Stam, Guardiola, Recoba, Gillet, Said, Monaco e Bucchi è stata la positività del centrocampista del Parma, Manuele Blasi. Il giocatore, 23 anni, quest'estate era stato acquistato dalla Juventus dal Perugia e girato in prestito al Parma. Norandrosterone (della famiglia del nandrolone, un'anabolizzante, dunque) la sostanza riscontrata dal laboratorio di Roma, dopo il match Parma- Perugia dello scorso 14 settembre.Alla notizia la solita girandola di stupore e meraviglia, fra i dirigenti della formazine emiliana, attesa al match con il Metalurg Donetsk valido per il ritorno del primo turno di Coppa Uefa.Prandelli ha fatto sapere che il giocatore è distrutto, che non sa darsi pace e si è detto particolarmente stupito dal momento che Blasi ha paura di prendere qualsiasi tipo di medicinale.La società ducale ha preferito affidare ad un comunicato stampa, una prima reazione sulla non negatività del proprio tesserato. "La società Parma A.C., in seguito a quanto appreso da un'agenzia di stampa in relazione ad una presunta positività ad una sostanza proibita (norandrosterone, ndr) di un proprio tesserato (Blasi, ndr), rende noto di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale a tale riguardo. La società sottolinea inoltre la propria posizione contro l'utilizzo di sostanze illecite e di essere da sempre in prima linea contro il doping nel mondo dello sport". Il Parma, dunque, ufficialmente non è stato informato della registrata positività del giocatore. Questione di tempo e delle solite prassi burocratiche. Blasi è uno dei giovani talenti del calcio italiano. Cosmi, che fino alla scorsa stagione lo ha avuto al Perugia, stravede per lui, Prandelli lo considera un titolare inamovibile del suo Parma, ma è la Juve ad essere proprietaria del suo cartellino. "Il Parma tiene monitorata la situazione dei propri tesserati, facendo controlli incrociati su sangue, urina, capelli. Non abbiamo mai riscontrato nulla di irregolare. È tutto intonso, cristallino". Così il direttore generale del Parma, Patrick Nebiolo, a proposito della notizia della positività di Manuele Blasi, peraltro mai nominato dal dirigente gialloblù. Il direttore generale del Parma Patrick Nebiolo ha però precisato: "Se fosse riscontrato qualcosa di irregolare, interverremmo. Siamo paladini dell' antidoping, saremmo i primi a prendere dei provvedimenti". Uno dei medici del Parma, Luca Montagna, ha sottolineato la stranezza della vicenda, spiegando che il tipo di molecola ipotizzata, il nandrolone (il norandrosterone è un metabolita dell' anabolizzante) è antiquata, roba da Urss anni '60, lascia segni per almeno sei mesi, richiede un uso massiccio per aumentare la massa muscolare e dunque sarebbe un sistema stupido per fare doping". Insomma il solito contorno di meraviglia e sospetto. Ma per il Parma non è la prima volta. Nel 1998 deflagrò la notizia dell' ematocrito alto, secondo un' analisi discussa, riscontrato in molti giocatori, ma l' inchiesta, su richiesta della stessa procura antidoping, si concluse un anno dopo con l'archiviazione non essendo emersi elementi di responsabilità dei tesserati. Il Parma aveva prodotto proprie

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analisi, contemporanee a quelle al vaglio della procura di Bologna, che dimostravano la regolarità della situazione. Disse la società che era stato un difetto di taratura della macchina del laboratorio analisi ad aver prodotto quei dati che avevano allarmato gli inquirenti bolognesi. Ci fu poi il caso di Stefano Torrisi, trovato positivo al norandrosterone e al noretiocolanolone in Parma-Bologna (contro la sua ex squadra, come nel caso di Blasi a Perugia) e poi condannato dalla disciplinare a cinque mesi di squalifica, poi ridotti a quattro mesi dalla Caf.

15 ottobre - FCI, CORRIDORI ELITE SOSPESI PER TRE ANNIMILANO - Mano pesante della disciplinare della Federcilismo contro il dopin nelle categorie minori. Punzione esemplare per cinque coridori elites trovati positivi ai controlli antidoping. re anni di sospensione per Francesco Fiorenza, Federico Fioravanti, Andrea Baccani, Matteo Gigli, Volodymyr Starchyk, mentre ad Andris Reiss è andata meglio: solo due anni. Due mesi, quindi, di sospensione per negligenza a Daniela Troian e Vincenzo Lamberti; sospensione sino al 31 dicembre 2003 per la società 'Gs Cotto Ref', oltre a 5 mila euro di ammenda.

16 ottobre - SOSPESO TURCO CAMPIONE DEL MONDO DI LOTTA LOSANNA  - Harun Dogan e Ahmed Gulhan, due campioni di lotta libera turchi sono stati squalificati per doping, anche se in maniera provvisoria, e privati della medaglia d'oro e di bronzo conquistati ai mondiali. Harun Dogan è il detentore del titolo mondale nella categoria 60 kg, mentre Ahmed Gulhan ha conquistato il bronzo nella categoria +74 kg ai Mondiali di Teheran dello scorso settembre. 

16 ottobre - BOSNIACO SEFEROVIC SOSPESO PER UN ANNO NYON . - L'Uefa ha sospeso per un anno Sead Seferovic, dello Zeljeznicar Sarajevo, da tutte le competizioni europee per doping. Lo scorso agosto, prima di un incontro con il Newcaslte, nella fase preliminare della Champions League, il giocatore risultò positivo all'assunzione di efedrina.

16 ottobre -  SCI, BAXTER NON RIAVRA' BRONZO OLIMPICO SLALOMLa Gran Bretagna dovrà ancora aspettare per avere la sospirata prima medaglia olimpica nello sci alpino. Alain Baxter lo slalomista arrivato terzo a Salt Lake City oggi ha perso l'ennesimo appello per riavere il bronzo che il Cio gli ha revocato dopo che è stato trovato positivo al controllo antidoping.Baxter aveva presentato ricorso alla Corte di Losanna ed era riuscito a dimostrare di aver assunto le sostanze proibite per errore, perchè contenute in un medicinale.La Corte di Losanna non ha potuto però accontentare la richiesta dello sciatore inglese a causa del principio della 'responsabilita' assolutà, secondo cui l'atleta è comunque colpevole se una sostanza proibita viene individuata nel suo organismo, non importa quali siano state le modalità di assunzione.   La Corte di Arbitrato per lo Sport ha dunque confermato in sede di appello la decisione con cui in marzo il Cio, il Comitato Olimpico Internazionale, aveva privato Baxter del bronzo in quanto risultato positivo all'anti-doping per metamfetamina, uno stimolante proibito. La medaglia è stata assegnata all'austriaco Benjamin Raich, quarto al traguardo: e per il 'WunderTeam' si tratta di un alloro in più, l'ennesimo.A Deer Valley l'oro fu apannaggio del francese Jean-Pierre Vidal, mentre l'argento del connazionale Sebastien Amiez.

16 ottobre - PROCESSO FERRARI, GOTTI, EMATOCRITO ALTO PER PARASSITIBOLOGNA - I parassiti da una parte per giustificare i balzi stranissimi dell'ematocrito e spiegazioni le più disparate per motivare gli stessi asterischi  nelle prescrizioni giornaliere del dott. Ferrari il preparatore di molti ciclisti, tra cui Lance Armstrong, l' americano vincitore degli ultimi quattro Tour. Così si stanno difendendo i ciclisti coinvolti nel processo al medico più discusso d'Italia, in corso a Bologna. Per Gotti, l' ematocrito a 50,7 riscontrato dalle analisi del sangue a cui si era sottoposto il 30 giugno '98 era probabilmente dovuto alla parassitosi da cui era affetto e che mi costrinse al ritiro sia al Giro d' Italia che al Giro di Svizzera. L'ex vincitore del Giro ja precisato, poi: " Il dott. Michele Ferrari non mi ha mai prescritto epo o altre sostanze dopanti e gli asterischi sulle tabelle di preparazione significavano assunzione di aminoacidi dopo gare o allenamenti duri"." Ero io ad andare da lui a Ferrara - ha raccontato il ciclista - e lì facevo una serie di test per capire le mie condizioni e migliorarle. Venivano fatti anche esami ematici, a cui mi sottoponevo a orari svariati a seconda delle occasioni". Sulla tabella preparata dal medico c'è scritto "2 cuch. AA dopo *": "Significa due cucchiai di aminoacidi dopo un allenamento intenso", ha spiegato Gotti.

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In una delle udienze precedenti un altro ciclista, Filippo Simeoni, aveva invece spiegato che l' asterisco sulle tabelle predisposte da Ferrari significava l' assunzione di un prodotto dopante, l' Andriol. Lo stesso Ferrari, sempre in una delle passate udienze, aveva chiesto al giudice la parola per dire che l' asterisco serviva nelle tabelle di preparazione "solo per attirare l' attenzione su un momento particolare e quindi non significa sempre la stessa cosa".Sulle tabelle preparate per Gotti ci sono anche dei tondini con al centro una esse: "Si trattava di salassi che il dott. Ferrari mi consigliò per abbassare il livello di ferritina". In un' altra tabella c' è l' indicazione "+1 verde": "Non ricordo bene di cosa si trattasse, ma probabilmente era un' assunzione di vitamine con capsule di diversi colori. Il dott. Ferrari mi ha prescritto solo integratori vitaminici e aminoacidi".Il giudice Passarini ad un certo punto si è posto una domanda: "se l' asterisco indica aminoacidi, che bisogno c' è di mettere sulle tabelle 'AA e doppio asterisco'?". Domanda che si è riproposta con la testimonianza di Eddy Mazzoleni, professionista della Tacconi seguito da Ferrari nel biennio '98-99. Gli asterischi - ha spiegato anche lui - indicavano l' assunzione di aminoacidi ramificati o proteine o acido glutammico (altro tipo di aminoacido)". "In certe occasioni c' è l' acido glutammico prima dell' asterisco - ha osservato il giudice Passarini - Se l' asterisco sta per acido gluttammico in pratica vuol dire acido gluttammico prima dell' acido glutammico. Se indica la stessa cosa perchè si deve mettere l' asterisco?".Il dott.Ferrari le ha mai prescritto Epo o Andriol? ha chiesto il Pm Giovanni Spinosa a Mazzoleni: "Mai e io non ho mai assunto sostanze dopanti".

16 ottobre - L'OMBRA DEL DOPING SUI MONDIALI DI HAMILTONUn’ombra grigia si allunga sul mondiale di ciclismo appena concluso ad Hamilton. Ed è la solita inquietante nuvola legata alla farmacia proibita. Ad accendere voci e sospetti l’esito di alcuni test a sorpresa effettuati dai medici dell’Uci la vigilia della prova dei professionisti, sabato scorso. Per ora nulla di trapela dalle fonti ufficiali; per certo c’è che i test riguardano corridori di primissimo piano ed un eventuale riscontro di positività potrebbe ridisegnare addirittura l’alta classifica del campionato canadese. C’è di mezzo anche il vincitore, lo spagnolo Astarloa. Mentre voci e indiscrezioni avevano già da domenica coinvolto l’azzurro Di Luca. «Sono tranquillo - risponde l’abruzzese - e come me Igor Astarloa: l'ho sentito, è tutto a posto per lui come per me. So che il mio nome è stato fatto - aggiunge - ma non c'è modo di tirarlo fuori, sul doping, finchè non ci sono i risultati. Ho sentito la mia squadra e Astarloa, loro si sono informati: non c'è problema, e d'altronde non può esserci». Eppure le provette di Di Luca e Astarloa sono a Losanna. «Sì, ma non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione. E questo può voler dire che le analisi sono negative o che non sono state ancora fatte. Ma ripeto, io sono tranquillo».Si tratta - secondo Uci e Federciclismo - di test a sorpresa sull’urina, dai quali, oltre che alle altre sostanze è possibile rilevare anche l’uso della famigerata epo, l’eritropoietina, l’ormone che stimola la produzione di globuli rossi del sangue consentendo, così di migliorare le prestazioni. Anche nelle sue forme più moderne e avanzate (nesp, aranesp, ecc.). Fra i corridori controllati ci sarebbero anche un altro spagnolo e un belga. In caso di test positivo l’azzurro Bettini potrebbe andare a medaglia.Il fatto che alimenta i dubbi è che gli stessi atleti erano già stati testati il giorno prima. Dunque, è molto probabile che qualche cosa abbia insospettito i medici della commissione antidoping dell’Uci e che gli stessi abbiano provveduto ad un ulteriore controllo. Anche se ufficialmente dicono che non di test suppletivo si tratta, bensì di test "a sorpresa".Dall’Uci fanno sapere che le provette, trasferite da Hamilton, sono arrivate solo ieri mattina a Losanna e che neppure i primi test sono stati effettuati. E, francamente, non si capisce bene il perché di questo trasferimento, dal momento che il laboratorio di Montreal, pure accreditato dal Cio, risulta ben attrezzato per tutti i tipi di analisi, compresi quelli sull’epo.Dunque, ufficialmente, non si può parlare di positività o meno. Occorrerà attendere almeno 6 giorni (è abitudine del laboratorio della federazione internazionale effettuare almeno due volte i test prima di comunicare o meno la prima positività) per saperne di più. Poi, in caso di positività accertata, ci sarà il giusto tempo per la difesa e le controanalisi. Una faccenda che rischia di andare per le lunghe e/o finire nel dimenticatoio.Ma perché ricontrollare "a sorpresa" corridori già testati il giorno prima? Anche in questo caso non si può dire nulla di ufficiale. Ma si possono fare ipotesi. Secondo la prassi consuetudinaria sono i valori sospetti nel primo test ematico a spingere ad ulteriori controlli. Ma valori "sballati" porterebbero alla sospensione immediata, cosa che non è avvenuta. Dunque si può ipotizzare che siano stati rilevati valori al limite, ma non in linea con precedenti controlli. Ed esempio: un ematocrito vicino al limite massimo consentito (50%), ma notevolmente più

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elevato rispetto a quello registrato in un test precedente. «Lo sbalzo "naturale" - spiega Dario D’Ottavio, membro della CVD la commissione di vigilanza sulla legge antidoping - è di più o meno tre punti rispetto ai valori medi basali". Duqnue anche un valore inferiore al massimo consentito, ma superiore alla media "di base" può indicare "stimolazione" e "trattamento".Dunque l’Uci si muove all’insegna della prudenza, proprio perché i nomi che circolano sono davvero "pesanti". Anche se l’attuale test di rilevamento dell’epo nell’urina ha una sensibilità relativa. Secondo il metodo francese la molecola può essere rilevata solo se l’assunzione è molto recente (tre, massimo quattro giorni dal test). Dunque si possono trovare gli effetti, ma non la molecola. In quel caso non sarebbe possibile dichiarare la positività. Però di recente il metodo è stato perfezionato. Attraverso la concentrazione dell’urina, si riesce a risalire ad assunzioni anche più indietro nel tempo. Molto dipenderà dalla volontà dell’Uci di andare a fondo. Di fatto, la lotta al doping della federazione internazionale fa acqua da tutte le parti. Nonostante gli intenti (apprezzabili) ben poco è cambiato sulla scena mondiale del ciclismo, a parte una maggiore prudenza nel manipolare e far circolare sostanze e pratiche proibite. Lo dimostrano le medie stratosferiche delle competizioni, superiori a quelle degli anni in cui l’epo circolava liberamente. Dunque, l’occasione per dimostrare che di lotta vera al doping si tratta è davvero importante. Ma certamente l’Uci non può dichiarare positivo un corridore se i test non rivelano le sostanze usate. Purtroppo i protocolli delle analisi sono indietro e, mentre addirittura la Wada si accinge a depenalizzare la caffeina (costata una pesantissima esperienza al povero Bugno...), restano fuori dai test sostanze potentissime come il gH, l’ormone della crescita e altre pur essendo vietate non vengono neppure ricercate (come l’insulina). In ogni caso, il ciclismo esce con le ossa rotte da questo mondiale: gli atleti fermati per ematocrito sballato (uno svizzero e la canadese grande favorita per la prova in linea) dicono che certe pratiche continuano bellamente nel plotone e che il limite ematico al 50% se è servito a "calmierare" gli eccessi (negli anni ’90 si viaggiava pericolosamente attorno al 60%) e a limitare i rischi immediati, si è rivelato del tutto insufficiente a bloccare le sostanze usate per far crescere artificialmente i globuli rossi ed aumentare il trasporto di ossigeno ai muscoli.Né serve granchè l’azione intimidatoria: come prova il caso Rumsas, sgusciato fra i controlli antidoping al Tour del 2002, "ammonito" dall’Uci e regolarmente trovato positivo all’epo al Giro 2003. Caso che riecheggia quello di un corridore italiano conosciuto, che, anche lui "ammonito" dall’Uci per valori ematici "sospetti", si è presentato al Tour "a pane e acqua" e per questo accusava ritardi consistenti ad ogni tappa.Ed è ora di dare un segnale preciso di inversione di tendenza. In seno alla Uci ci sono componenti che spingono per la "tolleranza zero", ma le resistenze sono ancora fortissime.

21 ottobre - DOPING AL THG: LA IAAF RIFARA’ I TEST DEI MONDIALILa Iaaf, la federazione atletica internazionale chiederà al laboratorio francese di Chatenay Malabry (Alta Senna) di ripetere sui campioni B dei mondiali di Parigi i test antidoping alla ricerca della nuova molecola dopante, il THG, il tetrahydrogestrinone, un anabolizzante salito alla ribalta recentemente negli Usa, perché ritrovato nelle urine di molti sportivi e fino a pochissimo tempo fa irrintracciabile nelle normali analisi.Una decisione che, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Atene, rischia di gettare nel caos i Giochi. Potrebbero essere molti ed importanti gli atleti americani costretti a dare forfait perché squalificati. E ad essi si aggiungerebbero gli eventuali positivi ai mondiali di atletica: i test effettuati in Francia furono ben 450. «Potrebbe essere il più grosso scandalo dello sport mondiale», dice Terry Maden, responsabile dell’agenzia statunitense antidoping (Usada), che non usa mezzi termini. «Ne va della credibilità dell’atletica», ha aggiunto, dal canto suo, Arne Ljungqvist, presidente della commissione medica della Iaaf. Tutto nasce dalle rivelazioni di un tecnico americano che ha inviato al responsabile del laboratorio di Los Angeles, il dottor Catlin, una siringa con la nuova sostanza fino a quel momento non rintracciabile. Il laboratorio dell’Ucla ha messo subito a punto un test per individuarla e, successivamente, l’agenzia Usa ha deciso di rifare i 350 test dei campionati americani di Palo Alto e di rivedere altri 100 test a sorpresa alla luce della nuova sostanza. Sarebbero almeno una mezza dozzina gli atleti trovati positivi.Il caso ruota attorno alla figura di Victor Conte, ex jazzista, titolare della Balco, l’azienda da cui, secondo Maden, produrrebbe questo nuovo anabolizzante. Per la prima volta ci si troverebbe di fronte ad un prodotto vero e proprio studiato per il doping e non un farmaco ideato per far fronte a problemi di salute usato impropriamente (come epo o gh). L’azienda era stata già indagata dai funzionari della finanza Usa. Un giocatore di baseball avrebbe messo una cifra enorme nella sua dichiarazione dei redditi (in Usa le spese mediche e farmaceutiche sono detraibili dalle tasse); tanto grande da accendere i sospetti dei finanzieri.Don Catlin, responsabile del laboratorio antidoping di Los Angeles, uno dei più avanzati al mondo e accreditato

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anche dal Cio, è l’uomo che ha individuato per primo il test per il Thg. «La cosa terribile - dice - è che c’è gente capace di acquistare e assumere sostanze che non sono state ancora testate da nessun ente ufficiale al mondo. Gli atleti non sanno nulla di cosa può succedere loro una volta ingerite certe sostanze».Clienti di Conte sarebbero anche Marion Jones, cinque medaglie a Sydney e il suo attuale compagno, il recordman dei 100 Tim Montgomery, ma del giro farebbero parte anche il campione europeo dei 100 Dwain Chambers e l’ucraina Zhanna Block, campionessa mondiale dei 100 nel 2001, nonché alcuni tennisti di nome del passato recente come Lendl, Chang e Courier. Nella vicenda è coinvolto anche Barry Bonds, star del baseball dei San Franciso Giants, uno dei più poderosi fuoricampisti delle major leagues Usa, terzo nella classifica mondiale di tutti i tempi, cliente e testimonial della Balco. Sarebbe stato sentito come testimone nell’ambito dell’inchiesta federale in corso, assieme Jason Gambi, prima base dei New York Yankees. Con lui anche Bill Romanowsky, linebaker degli Oakland Raiders (football Usa). Con loro anche la vincitrice dello sprint a Parigi, Kelly White, che rischia di perdere le medaglie su 100 e 200 conquistate a Parigi per la positività al modafinil. Conte ha precisato ad un giornale americano che almeno cinque giocatori di baseball e sette di footbal Usa sono stati sentiti come testimoni in relazione alla vicenda.Ci sono altre sostanze come il Thg in giro? Don Catlin ha molti sospetti: «Il mio istinto mi dice di si. Non sappiamo quanto atleti facciano ricorso a steroidi costruiti apposta per eludere il controllo antidoping. Ma nei prossimi mesi molte cose saranno chiarite. La cosa importante è che siamo in grado di scoprire queste nuove molecole». Anche altri organismi sportivi hanno deciso di rifare i test alla caccia del Thg. Fra questi anche il Coni, che ha dato mandato al laboratorio romano di ripetere le analisi di tutti i campioni B a disposizione.

22 ottobre – MUORE EWALD, IDEATORE DEL DOPING DI STATO NELL'EX RDTBERLINO - È morto ieri, all'età di 76 anni, Manfred Ewald, il più alto dirigente sportivo dell'ex Germania Est, condannato nel luglio del 2000 per aver organizzato il doping sistematico degli atleti del suo paese. Ne ha dato notizia Jochen Gruenwald, ex segretario della Confederazione degli Sport della Rdt. Ewald si è spento nella sua casa di Dahmsdorf, nei pressi di Potsdam. Condannato nel luglio del 2000 a 22 mesi di prigione, con la condizionale, per il doping imposto contro la loro volontà a centinaia di atleti, Ewald aveva fatto tutta la sua carriera nel mondo dello sport, ma si era anche occupato di politica. Ex presidente della Confederazione degli Sport della Rdt dal 1963 al 1988, ex presidente del Comitato nazionale olimpico della Germania Est, era anche membro del comitato centrale del Sed (il partito comunista). Migliaia di atleti dell’ex Germania dell’est hanno avuto seri problemi di salute a causa degli anabolizzanti loro somministrati dalle strutture sportive di stato e dei trattamenti doping. Il governo tedesco il mese scorso ha pagato più di 2 milioni di euro a favore delle vittime. 

22 ottobre - PROCESSO JUVE, I CONSULENTI DEL PM: "TROPPI FARMACI; COME IN UN PICCOLO OSPEDALE"TORINO - "Nel magazzino della Juventus c'erano 281 tipi di specialità medicinali. La quantità è incompatibile con una struttura non sanitaria: sembra piuttosto la dotazione di un piccolo o medio ospedale". Lo ha detto stamattina in Tribunale Gian Martino Benzi, uno dei consulenti della pubblica accusa al processo per frode sportiva contro la società bianconera. La tesi della Procura è che ai calciatori venissero somministrati farmaci senza giustificazione sanitaria, ma per migliorarne le prestazioni agonistiche. "Scoprire una tale quantità di farmaci - ha affermato Benzi - ci ha sorpreso e meravigliato. O i giocatori erano sempre malati, oppure prendevano farmaci per qualcosa che andava oltre il campo terapeutico". L' esperto (è docente di farmacologia a Pavia) ha sottolineato che il 75% dei farmaci aveva l' obbligo di ricetta ripetibile, non ripetibile o ospedaliero, e che era stato reperito con semplice ordinativo: "Questo - ha aggiunto - non è compatibile con la struttura non sanitaria". Gli imputati sono l' amministratore delegato Antonio Giraudo, il responsabile dello staff medico Riccardo Agricola e un farmacista torinese, Giovanni Rossano, fornitore della clinica 'Villa Cristina' in cui lavora Agricola. Secondo i due consulenti (accanto a Benzi c' era Adriana Ceci) la detenzione di un così alto numero di prodotti medicinali è giustificata solo da una "logica di tipo clinico-terapeutico". "Vi sono farmaci - ha detto la Ceci - per tutte le patologie possibili e immaginabili, e addirittura inimmaginabili se i potenziali pazienti sono atleti giovani e sani. Ci sono 38 specialità neurologiche, 41 muscolo-scheletriche e 4 ormonali. Ma c' è una logica: i gastroenterici, ad esempio, servono a ridurre gli effetti secondari dei muscolo-scheletrici. E poi ci sono gli antidoti contro le intossicazioni da antidepressivi". Secondo l' accusa, si viene a creare una sorta di spirale. Si dà a un giocatore un farmaco lecito capace di incrementarne le prestazioni (come il Voltaren), quindi si somministra una sostanza che ne riduce i possibili effetti collaterali.Questo spiega la necessità di allargare la rosa delle specialità da conservare negli armadietti, acquistandole (è sempre l' ipotesi

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della Procura) con stratagemmi che permettono di superare gli scogli delle ricette. La lunga deposizione di Ceci e Benzi - che continuerà il 21 novembre - è poi passata ad affrontare ogni singolo prodotto: in aula così sono tornati a risuonare nomi come il Liposom Forte, il Samir, il Mepral, l' Orudis. Non è mancato un accenno alla condotta di Agricola: "Dare un farmaco ad un atleta che in base a quanto risulta dalle cartelle cliniche è sano - ha affermato la Ceci - non è fargli del bene. Il rapporto tra medico e paziente che si viene a creare è diverso da quello normale. E il farmaco non è più etico, perchè non ha più niente di terapeutico". "Un medicinale - ha ancora sottolineato Benzi - è una cosa seria. La sua preparazione coinvolge centinaia di persone, l' iter per la messa in commercio è lunghissimo. E le indicazioni e la posologia sono sacre". "Quelli presi in esame - ha replicato, dal fronte difensivo, l' avvocato Luigi Chiappero - sono farmaci di uso assai comune nella pratica quotidiana, e alcuni sono diffusi da parecchi anni. I consulenti del pm hanno solo enfatizzato le loro capacità biochimiche. Non c' è niente di nuovo e i nostri consulenti potranno dimostrare l' assoluta correttezza dell' operato dello staff medico della Juventus".

22 ottobre - CHAMBERS POSITIVO AL THG, RISCHIA LA RADIAZIONELONDRA - In Usa sono già quattro i casi di atleti risultati positivi al Thg, l’anabolizzante che ogni giorno che passa alimenta scandali sempre più grossi a livello mondiale. Dai responsabili americani emerge solo il nome di Regina jacobs, 15 volte campionessa nazionale Usa del mezzofondo, nonchè la prima donna al mondo a scendere sotto i 4' nei 1500 (a 40 anni...). Si precisa solo che "uno di questi non ha partecipato ai recenti Mondiali e nessuno dei quattro ha conquistato medaglie in questo evento". Emerge, invece, il primo nome europeo ed è quello dello sprinter britannico Dwain Chambers, campione europeo dei 100, positivo proprio all’anabolizzante salito di recente alla ribalta della cronaca.Se le controanalisi confermeranno la positività, l'atleta rischia non solo le Olimpiadi del prossimo anno ma addirittura la squalifica a vita. La notizia è stata confermata dall'avvocato dell'atleta Graham Shear, che ha spiegato come l'atleta sarebbe risultato positivo in seguito ad un controllo a sorpresa. Chambers lo scorso agosto si trovava a Saarbrucken (Germania) per prepararsi ai Mondiali di Parigi. Qui lo avevano raggiunto i medici della Iaaf per sottoporlo, assieme al suo compagno d'allenamenti, ad un test anti-doping. I campioni di urine di Chambers erano stati analizzati con un nuovo metodo messo a punto dalla Wada, l'Agenzia Mondiale Antidoping, in grado di rilevare anche il tetrahydrogestrinone (THG), il nuovo steroide sviluppato dalla scienza del doping.Dwain Chambers, 26 anni, co-detentore del record europeo dei 100 metri (9"87), ha conquistato la medaglia d'argento con la 4x100 britannica agli ultimi Mondiali d'atletica. Tramite il suo avvocato l'atleta, nato e cresciuto a Londra, ha negato fermamente ogni accusa, ribadendo la sua innocenza. "In otto anni di attività internazionale - si legge nel comunicato diffuso nel pomeriggio - non è mai stato tentato di ricorrere a metodi illegali per migliorare le sue prestazioni". Se le seconde analisi confermeranno la positività, Chambers diventerebbe, suo malgrado, il più famoso atleta britannico squalificato per doping. Prima di lui, infatti, solo Linford Christie era inciampato in un controllo anti-doping, ma era il 1999, quando ormai il campione olimpionico si stava per ritirare. La Iaaf, nel tentativo di arginare il fenomeno Thg, ha stabilito la ripetizione di tutti gli esami delle urine degli ultimi Mondiali. C'è molta attenzione anche in previsione delle imminenti Olimpiadi di Atene 2004 perchè la rapida e capillare diffusione del nuovo steroide rischia di trasformarsi nel più grande scandalo dai tempi di Ben Johnson, squalificato alle Olimpiadi 1988 perchè trovato positivo agli steroidi anabolizzanti (stanozololo). E le autorità greche hanno già preannunciato controlli particolari alla frontiera in occasione dei Giochi. Chi verrà trovato in possesso di sostanze proibite sarà rispedito a casa, non parteciperà alla manifestazione, sarà squalificato e multato pesantemente. Notizie circa la volontà di ripetere i controlli cercando di individuare anche il Thg, ora che il metodo validato dalla Wada è stato trasmesso a tutti i laboratori accreditati Cio, arrivano da Germania, Cina, Italia, Australia, perfino dalla Repubblica Ceca. Una situazione esplosiva, che rischia di compromettere gli atleti di mezzo mondo. Nessuno sa da quanto questa sostanza circola nello sport mondiale. Se l'individuazione dal parte dei controllori antidoping è freschissima, non deve essere recente la sua presenza nel mercato del farmaco proibito. Lo lasciano intendere i nomi di alcuni tennisti del passato recente coinvolti nella vicenda. Ad andare fino in fondo si rischia di dover riscrivere la storia dello sport degli ultimi lustri. Per questo, per rifarsi una verginità pesantemente compromessa ora gli Usa annunciano "Tolleranza zero". Fino a poco tempo fa erano molto tolleranti in fatto di anabolizzanti e farmaci dopanti di vario genere, oggi sono diventati la sentinella dell'antidoping mondiale. I tempi cambiano...   

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23 ottobre – INCHIESTA DI BOLOGNA, NELLE PALESTRE UN GIRO MILIARDARIO  BOLOGNA - Il doping nelle palestre costituisce un giro di affari miliardario: nell' inchiesta condotta dal Pm di Bologna Giovanni Spinosa è risultato, secondo una proiezione degli inquirenti, che nei 13 mesi in cui è stata compiuta l' indagine tra il '99 e il 2000, il traffico complessivo sviluppato dalla persone coinvolte si è aggirato attorno ai 10 miliardi di lire (5 milioni di Euro). Solo uno degli imputati, il bolognese Marco Verzelli, gestore di palestre - solo secondo quanto risulta da vaglia e bonifici bancari - ha pagato ai fornitori 424 milioni di vecchie lire per anabolizzanti, stimolanti, Epo e Gh. Altri 200 milioni di prodotti proibiti risultano pagati in altro modo da Verzelli. Sono alcuni dei dati di cui ha parlato Spinosa in una relazione di quasi quattro ore, nell' udienza preliminare che vede imputate 75 persone, fra cui diversi proprietari di palestre e un infermiere, accusate dall' inchiesta condotta dal Pm con i carabinieri del Nas di aver smerciato clandestinamente ormoni della crescita, come il Gh, Epo, anabolizzanti, efedrina e amfetamine. Prodotti che finivano a gonfiare muscoli di culturisti, atleti amatoriali e forse anche di qualche professionista. L' inchiesta ha coinvolto un centinaio di palestre. E dall' indagine è emerso che i trafficanti e i consumatori dei prodotti proibiti sono dell stessa fascia di età. Un profilo, questo, simile a quello degli spacciatori e dei consumatori di droga. Spinosa oggi ha illustrato l' indagine con la collaborazione di tecnici del centro studi del Coni, diretto dal prof. Sandro Donati, che hanno informatizzato i dati dell' inchiesta. Il Gup Grazia Nart dovrà decidere chi rinviare a giudizio. Intanto una trentina di imputati ha deciso di patteggiare la pena: le accuse vanno dall' esercizio abusivo della professione di farmacista all' adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, dalla ricettazione alla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica. Fra gli imputati c' è anche un infermiere del reparto di Endocrinologia (Divisione pediatrica) dell' ospedale Sant' Orsola di Bologna, che deve rispondere dei reati di peculato e furto: secondo le indagini, l' uomo avrebbe sottratto farmaci a base di ormone della crescita e di altre tipologie, oltre ad altri a base di eritropoietina in uso in altri reparti. A tirare le fila del traffico, che in alcuni casi avrebbe alimentato anche frequentatori di discoteche, ci sarebbe stato un vero cartello, in base al quale quattro uomini, i vertici dell' organizzazione, si erano suddivisi il territorio: due di loro si sarebbero ripartiti il meridione, un altro era il 'boss' del centro e del nord est, il quarto della restante parte del nord. L' operazione scattò all' alba del 12 dicembre 2000, quando un migliaio di carabinieri facero circa 200 perquisizioni, sequestrando migliaia di confezioni di farmaci e arrestando 40 persone in seguito a altrettante ordinanze di custodia cautelare (gli indagati erano invece 130). Le regioni più interessate dall' attività investigativa furuno l' Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto, le Marche, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Sicilia e le Puglie, in particolare nella zona di Taranto e Lecce. Tutto era partito indagando su Mauro Santi - già coinvolto nell' inchiesta della Procura di Trani che, nel '97, porto' ad un blitz su una squadra del Giro d' Italia - titolare di una palestra di Modena destinataria di prodotti dopanti. Prodotti che sarebbero arrivati anche da Bologna, spediti da Verzelli, gestore di un paio di palestre e amante delle auto di lusso, che sarebbe uno dei quattro boss del traffico. Le intercettazioni dei telefoni di Santi e di Verzelli avevano poi fatto ampliare a dismisura le dimensioni dell' inchiesta bolognese. Del cartello ipotizzato dalle indagini poi farebbe parte il salernitano Giuseppe Pellegrino, anche lui titolare di una palestra, che avrebbe controllato parte del mercato del meridione: avrebbe trattato anche ormoni e anabolizzanti di provenienza veterinaria o straniera, russa e argentina. L' altra parte del mercato del sud sarebbe spettata all' anconetano Sergio De Costanzo, pluripregiudicato, indicato da Spinosa come uno dei principali snodi in Italia del traffico di anabolizzanti. Lui avrebbe avuto anche il ruolo di procacciatore internazionale di sostanze proibite: sulla sua agenda gli investigatori del Nas hanno trovato annotazioni relative a fornitori polacchi, albanesi, portoghesi e di altri Paesi esteri. Il quarto lato del cartello sarebbe stato, a Milano, Mirco Muzzolon pure lui titolare di una palestra e istruttore di culturismo. Coinvolti anche personaggi storici del mondo del culturismo come Nobili, che ha vinto premi internazionali. 

23 ottobre – FORUM DEGLI ATLETI A LOSANNA: DOBBIAMO PRENDERCI LE NOSTRE RESPONSABILITA’   GINEVRA – responsabilità diretta e fuga dalle giustificazioni pseudo-terapeutiche. Questo l’orientamento degli sportivi di alto livello provenienti da tutto il mondo, riuniti su iniziativa del Cio a Losanna. Hanno riconosciuto la necessità per gli atleti di assumere una totale responsabilità in caso di consumo di qualsiasi sostanza che potrebbe risultare positiva ad un controllo antidoping. Questa una delle principali conclusioni del primo forum internazionali degli atleti, svoltosi a Losanna, e di cui il Cio ha reso noti oggi i risultati dei dibattiti. Cinquantasei sportivi in rappresentanza dei cinque continenti e di 30 federazioni sportive hanno partecipato al forum, presieduto dall'ex-campione di salto con l'asta Serguei Bubka. Sul tema del doping, gli atleti chiedono inoltre alle autorità sportive di fornire documenti in caso di asma (uno degli alibi più diffusi per l’uso di prodotti

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altrimenti vietati) e di praticare controlli prima delle competizioni. Gli sportivi hanno inoltre espresso il proprio accordo sul divieto di utilizzare tende ad ossigeno. Gli atleti hanno infine affermato che, al termine della loro carriera, saranno in grado di svolgere un ruolo importante presso i giovani per promuovere la loro disciplina sportiva.

23 ottobre - INCHIESTA DOPING AL GIRO 2001: GOTTI CHIEDE IL PATTEGGIAMENTO DELLA PENAI primi hanno già cominciato a confessare e ad ammettere le loro responsabilità. Altri preferiscono andare a processo. Ma la giustizia ordinaria ha quasi sgretolato il muro di ostilità e di ostinato diniego che il mondo del ciclismo maggiore ha opposto alle indagini sul doping degli ultimi anni. Nomi importanti ora ammettono la loro responsabilità. Meglio patteggiare che incorrere in pieno nei rigori della legge. Come Ivan Gotti, due volte vincitore del Giro d’Italia, che, imputato di violazione della legge antidoping, ricettazione e violazione delle norme che regolano le scommesse delle gare sportive con altri 34 fra atleti, medici e farmacisti nel processo di Padova istruito dalla pm Paola Cameran, ha chiesto il patteggiamento della pena, ammettendo, così, indirettamente la sua colpa. Davanti al gup Claudio Marassi, il corridore, che ha chiuso la sua carriera lo scorso anno, ha chiesto il patteggiamento a cinque mesi. Il patteggiamento è stato chiesto anche dal suocero di Gotti, Arcangelo Gamba, alla guida di un camper che gli investigatori avevano definito "una sorta di farmacia". Il gup deciderà il 4 febbraio. Gli altri imputati, invece, andranno davanti al gup il prossimo 27 novembre, tranne uno che ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato. Ammesse dal gup anche le parti civili. La Rcs-Gazzetta dello Sport, il ministero delle finanze e la Alessio Corse, uniti nella volontà di chiedere conto dei danni economici e d'immagine causati dalla bufera provocata dallo scandalo. Caleste e Andrea Alessio, titolari del team Alessio di San Giorgio in Bosco per il quale correva Gotti, hanno chiesto un milione 460mila euro come indennizzo per i danni d'immagine subiti. E adesso, con le ammissioni di colpa in ballo, si vede sotto una luce diversa l'atteggiamento di tutti coloro che si sono indignati di fronte al clamore delle inchieste, in particolare quelli che di fronte alle denunce della stampa e della tv, hanno gridato allo scandalo e si sono sentiti "diffamati". Era tutto vero, reale, drammaticamente concreto quello che le immagini delle telecamere nascoste della Finanza hanno svelato e in giornali hanno pubblicato. Lo confessano i diretti imputati e chiedono clemenza al giudice, ora. Emerge una tragica realtà: il ciclismo maggiore in mano ai dopati. I dopati protagonisti del ciclismo maggiore. Le gare degli ultimi anni da rifare e le classifiche da riscrivere. Questo dice la logica.    

23 ottobre - UNA RICERCA:IL 40% DEI GIOVANI NON ESCLUDE IL DOPING PER EMERGERE NELLO SPORT; NEL CALCIO OLTRE LA META' DOPATIMILANO - Sono i giovani il dramma del doping nel nostro paese. E in particolare la percezione, minima e distorta che essi hanno della farmacia proibita, degli effetti e dei danni (dal punto di vista materiale ed etico) che provoca. La disponibilità a ricorrere all'imbroglio per emergere comunque. È quanto emerge da  una ricerca condotta dall'Azienda Sanitaria Locale di Milano tra 779 atleti dilettanti milanesi con un età compresa tra i 14 e i 24 anni. Le discipline praticate dai non professionisti interrogati sono diverse: 169 ragazzi fanno calcio, 149 pallavolo, 131 basket, 52 atletica leggera, 48 nuoto, 42 ginnastica artistica, 30 ciclismo, 26 arti marziali, 17 body building. In 112 praticano "altri sport". I giovani dilettanti hanno una percezione confusa del doping. Pensano che in alcune discipline (ciclismo e body building) sia utilizzato da quasi tutti i praticanti di alto livello. Indicano nel medico sportivo la figura che più facilmente può portarli all'uso di sostanze proibite. E, soprattutto, il 40% di loro non sa se rinuncerebbe alla carriera sportiva professionistica se fosse in qualche modo obbligato al ricorso al doping. Per oltre la metà dei ragazzi milanesi che costituiscono il campione della ricerca, il doping è un "problema sanitario". Solo il 30% fornisce descrizioni "dell'ambito etico-morale", quindi indicando gli atleti dopati soprattutto come persone che infrangono le regole sportive. Oltre alle discipline ritenute più a rischio, secondo i giovani dilettanti fanno ricorso al doping abbondantemente più del 50% dei praticanti di alto livello di calcio, atletica e nuoto."Sono molto preoccupata", afferma Diana Bianchedi, vicepresidente del Coni, già campionessa olimpica e mondiale di scherma, a margine della presentazione della ricerca a Milano."Si dimostra che i giovani sportivi - prosegue - conoscono poco le sostanze dopanti, hanno scarsi contatti con i medici sportivi e tra loro è diffuso il concetto dell' 'aiutino'. Invece dobbiamo spiegare a tutti che si progredisce solo con l'allenamento e con la forza mentale: se faccio prendere l'anabolizzante a mia madre, non vince certo i 100 metri...".

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Che i giovani atleti abbiano un'idea piuttosto confusa dei diversi sistemi di doping è dimostrato dal fatto che la percentuale di riconoscimento è compresa tra il 40% e l'80% anche per le sostanze vietate più famose: Nandrolone, Epo, Testosterone, ormone della crescita, anfetamine. I diuretici (che servono a mascherare il doping) vengono indicati come proibiti solo dal 6% del campione. Altre sostanze che hanno restrizioni nello sport professionistico (caffeina, cortisone o analgesici) sono state indicate come tali con percentuali variabili tra il 10 e il 20%.Ma la sorpresa maggiore viene forse dalla figura che i ragazzi ritengono più pericolosa per l'introduzione del doping nelle squadre o al singolo atleta. Con più risposte a disposizione, il 43% dei ragazzi intervistati dice che la figura più a rischio è il medico sportivo, il 37% afferma che sia lo stesso atleta a pensare per primo al doping e il 28% indica l'esempio di atleti famosi come elemento fuorviante. Il 15% mette sotto accusa allenatori, sponsor e dirigenti sportivi.A proposito di atleti famosi, in questo periodo in cui emergono casi di doping nel calcio, come reagiscono i giovani quando vedono che un personaggio della loro prima squadra ne ha probabilmente fatto ricorso? "Per ora tranquillamente - risponde Paolo Giulini, consulente del progetto di 'mediazione sportiva' dell'Inter -, anche se il doping è una metafora della tossicodipendenza: i ragazzi, anche quelli delle società professionistiche, sono a contatto con la questione droga quotidianamente, spesso a scuola. Certo che il calcio è assai visibile e anche per questo l'Inter ha avviato un progetto molto completo - conclude Giulini - per una corretta crescita dei suoi giovani, che comprenda e spieghi anche il rapporto tra tifo e mondo del pallone".Gli allenatori dei giovani calciatori che hanno partecipato alla presentazione della ricerca dell'Asl di Milano negano che i professionisti di domani facciano ricorso al doping. "Facciamo riunioni con loro anche su questo problema - dicono gli allenatori -, ma non sanno nemmeno cosa sia: al nostro livello si usa solo tanta acqua prima, durante e dopo gli allenamenti".

26 ottobre - INTERROGATO DAL MAGISTRATO ANTIDOPING IL PRESIDENTE DELL'UCI VARESE - Il presidente dell'Uci, l' olandese Hein Verbruggen, a Varese per le celebrazioni del "Binda day" è stato interrogatorio per un paio d'ore da parte del magistrato che indaga sulle vicende doping. L'interrogatorio - cominciato dopo la registrazione televisiva del programma 'I Miti', dedicato ad Alfredo Binda - è stato condotto dal Pm Paola Cameran, della Procura di Padova, nell'ambito del filone d'inchiesta sul doping relativo al Giro d'Italia 2001 e al blitz di Montecatini. Verbruggen in mattinata aveva tenuto un accorato intervento sul futuro del ciclismo da lui valutato interessante malgrado il problema doping. 

28 ottobre - PERQUISIZIONI DEI NAS ALL'EX MEDICO DELL'EMPOLI CALCIO; RIAPERTA L'INCHIESTAFIRENZE - Si sono presentati alle quattro di mattina. Ancora una clamorosa perquisizione dei Nas di Firenze, stavolta nell'abitazione e nello studio dell'ex medico sportivo dell'Empoli, Francesco Ammanati, operazione  che avrebbe portato al sequestrato di "reperti" interessanti per l'indagine che il sostituto procuratore Luigi Bocciolini ha riaperto circa le presunte irregolarità nel sorteggio dei giocatori dell'Empoli per i controlli antidoping in occasione dello scorso campionato. Con l'abitazione di Ammannati perquisite ancora una volta la sede della procura antidoping del Coni e della Figc a Roma, nonché della Lega calcio a Milano. L'inchiesta del pm fiorentino, dunque, noto già per aver ideato e realizzato il blitz al Giro d'Italia del 2001, punta dunque decisa verso il mondo del pallone. Dopo le provette mal sigillate, di nuovo il caso Empoli alla ribalta, anche se fra i due fatti non sembra esserci nesso logico. Secondo quanto emerso, per l'ex medico dell'Empoli, rimosso dal suo incarico subito dopo il clamoroso caso dei "sorteggi pilotati" si ipotizzano reati di frode sportiva e violazione della normativa antidoping. Fra i documenti ricercati in Federcalcio ci sarebbero i talloncini dei giocatori utilizzati per il "sorteggio" ai fini degli esami antidoping, relativi a tutte le partite giocate dall'Empoli lo scorso campionato. Proprio per la vicenda relativa alla presunte irregolarità nei controlli antidoping l'ex medico sociale dell' Empoli il 19 aprile scorso è stato squalificato per quattro anni dalla commissione disciplinare, dopo essere già stato licenziato dalla società. L'Empoli fu invece multato, a titolo solo di responsabilità oggettiva, per 600 mila euro. Nessun punto di penalizzazione, come richiesto dalla procura antidoping. I provvedimenti furono poi confermati dalla Caf il 6 maggio successivo. All' epoca Ammannati ammise solo "piccole violazioni formali", ma nessun uso di sostanze dopanti come spiegò il suo legale, Marco Ammanati, commesse in occasione delle partite Pistoiese-Empoli ed Empoli-Reggina giocate il 3 marzo e il 17 marzo scorsi. In particolare, come ricostruito dalla commissione disciplinare, il medico aveva contrassegnato deliberatamente i talloncini da utilizzare per il controllo antidoping sia in occasione di Pistoiese-Empoli, sia in occasione di Empoli-Reggina,

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condotta "finalizzata ad eludere il carattere di imprevedibile casualità del sorteggio che condiziona l'efficacia del controllo antidoping". Le successive analisi avevano poi chiarito l'assenza di "positivita" tra i giocatori dell' Empoli. Massimo riserbo sulle indagini da parte di investigatori e pm Bocciolini, che insieme stanno conducendo già le inchieste sul doping al Giro d'Italia e gli accertamenti sulle provette per le analisi antidoping del campionato di A e B ritenute non conformi, perché mal sigillate. Secondo quanto emerso però non ci sarebbero collegamenti fra quest'ultima inchiesta e la riapertura del caso Empoli. 

28 ottobre -  COMINCIA PROCESSO AL PROF. CONCONI È ACCUSATO DI FRODE SPORTIVA INSIEME A DUE COLLABORATORI  FERRARA - Comincia martedi 29 alle 15, davanti al giudice monocratico di Ferrara Valentina Tecilla, il processo per frode sportiva che vede imputato il professor Francesco Conconi. La prima udienza dovrebbe essere dedicata alle eccezioni procedurali e alla fissazione del calendario. Al dibattimento si è arrivati dopo che nella primavera scorsa il Gup Piero Messini d' Agostini aveva rinviato a giudizio Conconi per la frode sportiva, ma aveva fatto cadere le accuse di associazione a delinquere e gli altri reati di cui era imputato il professore, attuale rettore dell' università estense. A processo, con la stessa accusa, sono anche due collaboratori di Conconi, il biologo Ilario Casoni e il medico sportivo Giovanni Grazzi.I tre - secondo l' accusa formulata dal giudice dell' udienza preliminare - avrebbero compiuto "atti fraudolenti al fine di raggiungere, attraverso il miglioramento delle prestazioni agonistiche così artificialmente determinate negli atleti, un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento delle competizioni alle quali gli stessi atleti professionisti avrebbero dovuto partecipare (ad esempio: Olimpiadi invernali, campionati mondiali, giro d' Italia, tour de France)".Secondo l' accusa devono rispondere di frode sportiva, cioè della legge 401 dell' 89, Conconi "quale direttore del centro di studi biomedici applicati allo sport dell' Università di Ferrara", Casoni "quale dipendente della struttura (occupatosi specificamente della preparazione dei fondisti della Fisi e - dall' autunno del '94 - dei ciclisti della Gewiss-Ballan), e Grazzi "quale collaboratore del centro e medico sociale della squadra ciclistica Carrera fino al '95. I tre avrebbero compiuto azioni fraudolente - recita sempre il capo d' accusa - "con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi e in relazione a più competizioni sportive organizzate dalla Federciclismo, dalla Fisi, dalla Fidal, federazioni nazionali affiliate al Coni, o da altre federazioni straniere o enti sportivi internazionalmente riconosciuti dal Coni in concorso tra di loro". In particolare "somministrando Eritropoietina, farmaco ad azione dopante vietato dall' ordinamento sportivo del Cio e del Coni (condotta posta in essere dal solo Grazzi e limitatamente al periodo gennaio '93-luglio '93 nei confronti dei ciclisti Bontempi, Chiappucci, Chiesa, Roche e Sorensen)".E poi, negli altri casi e periodi, "eseguendo prelievi ed analisi ematiche ed altri test clinici e biomeccanici ed elaborando i dati delle analisi con carattere di sistematicità sugli atleti professionisti indicati nell' elenco, curandone la preparazione fisica, in attuazione delle convenzioni stipulate dal centro di studi biomedici con il Coni e dei contratti ed accordi conclusi con le predette federazioni nazionali e squadre ciclistiche ovvero con singoli atleti". Ovvero "controllando nel contempo lo stato di salute degli atleti nei periodi di assunzione da parte degli stessi di Epo, nota agli imputati, interagendo in tal modo con il 'trattamento' e comunque agevolando, favorendo e contribuendo casualmente al doping degli atleti medesimi".Il Gip nel suo atto aveva elencato i nomi di 33 atleti. Tra questi Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Gianfranco Polvara, Giorgio Vanzetta, Manuela Di Centa, Eugeni Berzin, Ivan Gotti, Claudio Chiappucci, Marco Pantani, Stephen Roche, Gianni Bugno, Maurizio Da Milano e Maurizio Fondriest.Conconi e Casoni sono accusati anche dell' aggravante "della violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione e ad un pubblico servizio quanto ai programmi finanziati con denaro pubblico".All' indomani della decisione del Gup i difensori del prof.Conconi, avv.Luigi Stortoni, Maurizio Baraldi e Aldo Meyer, avevano sottolineato che "il rinvio a giudizio per la residua imputazione di frode sportiva non equivale certo a decisione di condanna e ha come unico significato l' esigenza di un approfondimento dibattimentale". I legali avevano ricordato anche che "il giudice ha ritenuto insussistenti le ipotesi accusatorie circa l' esistenza di una associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva e quelle relative alla somministrazione di farmaci pericolosi per la salute degli atleti. Ha infatti assolto il prof.Conconi e gli altri imputati da queste gravissime accuse per assoluta insussistenza dei fatti loro addebitati ed ha altresì escluso le ipotesi di peculato e abuso di atti d' ufficio contestate al prof. Conconi e direttamente attinenti alle sue funzioni universitarie"."La residua imputazione di frode sportiva è stata notevolmente ridimensionata - conclusero i difensori - escludendo, tra l' altro e già in questa fase, qualsiasi condotta di somministrazione di sostanze dopanti da parte

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del prof.Conconi, nonchè riducendo in modo sensibile il numero degli atleti che sarebbero coinvolti. Il prof.Conconi respinge in modo reciso anche questa residua accusa". 

28 ottobre - SVANISCE NEL NULLA IL PROCESSO A CONCONIFERRARA - Cinque anni di inchieste, udienze, rinvii, cinque anni di lavoro e fatica per gli organi della giustizia italiana, per approdare al nulla o quasi. Questo il bilancio del processo contro il professor Francesco Conconi e due suoi ex collaboratori, Giovanni Grazzi e Ilario Casoni, del centro di studi biomedici di Ferrara. Le difese hanno chiesto ed ottenuto che l’iter si concluda il prossimo 19 novembre con rito abbreviato e a porte chiuse, senza la presenza e l’escussione di testimoni, dunque solo sulle 60 mila pagine che rappresentano il dossier delle carte processuali.La decisione è del giudice monocratico Franca Oliva, che, contemporaneamente ha rigettato la richiesta di costituzione come parte civile dell'ex ciclista professionista Maurizio Marchetti. L' ex atleta si riteneva parte lesa per essere stato danneggiato nelle corse professionistiche che aveva corso insieme ad altri ciclisti ritenuti dopati, coinvolti nell'inchiesta di Ferrara. La richiesta è stata respinta - secondo lo stesso Marchetti - perché i piazzamenti dell’ex corridore non erano tali da essere considerati rilevanti. Come se fosse possibile confrontarsi per le prime piazze con atleti che al’epoca marciavano con l’ematocrito al 60%, essendo il limite del 50% istituito solo nel 1997.Secondo le previsioni, il processo dovrebbe esaurirsi nell'udienza del 19 novembre con la discussione finale e la sentenza. In quella occasione i difensori di Conconi, che attualmente ricopre il ruolo di rettore dell’Università di Ferrara, rinnoveranno le loro richieste di "proscioglimento anticipato" perché il reato contestato non è previsto per la legge della frode sportiva del 1989 e di prescrizione del reato, perché ormai scaduti i termini per il giudizio. Ai perché di questa scelta (rito abbreviato, a porte chiuse, e solo sulle carte processuali, evitando pubblicità, trasparenza e le testimonianze degli atleti) risponde Stortoni: "Allo stato degli atti, secondo noi l'unica soluzione processuale è l'assoluzione del professor Conconi poiché non c'è nessun fondamento dell'accusa, l'unica rimasta è quella di frode sportiva mentre le altre, al 99%, sono venute meno (l'associazione a delinquere finalizzata al doping, il peculato, la truffa e così via, ndr). Rispetto all'imputazione contro Conconi questo processo si è celebrato solo perché è stato permesso di tenere in piedi il simulacro del concorso agevolatorio di un atto lecito".Stortoni si è riferito al fatto che Conconi è accusato di aver favorito il doping, controllando dal punto di vista medico gli atleti che erano sottoposti a doping da parte di altri, rimasti ignoti; ma, per la vecchia legge chi si dopava, cioè l'atleta, non commetteva reato. "Questa ipotesi di reato - ha proseguito Stortoni - è del tutto infondata giuridicamente perché se non è punibile l'atleta che si dopa, come previsto dalla legge (quella del 1989, ndr), non lo è altrettanto chi concorre in questo. Dunque se si esclude l'uno, l'atleta dopato, si deve escludere anche la posizione di chi concorre". Insomma se all’epoca il doping non costituiva reato e l’atleta non era punibile, non lo era neppure chi questo doping aveva istigato e favorito. Anni di indagini e lavoro al macero. Anche perché probabilmente è inutile cercare di entrare nel merito tecnico-giuridico di una vicenda che è ormai prescritta. Nelle carte processuali l'ultimo riferimento temporale di pratiche di doping è il 30 ottobre 1995 quando Pantani cadde in corsa alla Milano-Torino e venne ricoverato in ospedale: il reato di frode sportiva scade dopo sette anni e mezzo. Dunque non resta che attendere l'udienza del 19 novembre per verificare cosa deciderà il giudice: proscioglimento anticipato o prescrizione, le uniche due vie possibili.Al processo era stato ammesso come parte civile il Coni, rappresentato dall'avvocato Guido Valori, mentre l'ex ciclista Maurizio Marchetti, professionista negli anni 96-97, che chiedeva di costituirsi come presunto danneggiato, è stato escluso perché il giudice non ha ravvisato nella richiesta dei suoi legali, Palombo e Cannizzo di Latina, e dalla documentazione, assai scarsa, prove di un danno diretto avuto da questa vicenda. "Prendiamo atto della decisione del giudice - hanno commentato i due legali - anche se ci aspettavamo una motivazione diversa. Noi comunque non ci fermiamo qui, ma ora non possiamo anticipare nulla delle mosse future. Marchetti ha fatto dell' antidoping la propria bandiera. È un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, siamo consapevoli delle nostre ragioni e non capiamo come un ciclista professionista non possa aver subito un danno morale dall'aver gareggiato in simili condizioni in gare del tutto alterate. Non abbiamo prodotto documentazione approfondita, tra cui gli ordini d'arrivo delle gare ciclistiche, perché avevamo tempi ristretti e perché abbiamo avuto difficoltà nel recuperare questi ordini. Che tipo di difficoltà? Lascio a voi immaginarlo".

29 ottobre - ANCHE LA GAINES POSITIVA AL MODAFINIL

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LONDRA - C'e anche la velocista Chryste Gaines fra gli atleti americani risultati finora positivi al nuovo stimolante Modafinil. La rivelazione è del Washington Post che cita "ufficiali di gara internazionali a conoscenza dei risultati". Dopo la rivelazione del giornale, il segretario generale della Iaaf, Istvan Gyulai ha affermato che "sono almeno sette gli atleti risultati positivi al Modafinil". La Gaines, 33 anni, ha fatto parte della staffetta 4X100 femminile che vinse l'oro alle Olimpiadi di Atlanta del '96, e la sua positivita' risalirebbe ai campionati nazionali dello scorso giugno. La Gaines è allenata da Remi Korchemny, l'ex tecnico di Valery Borzov che segue anche il campione europeo dei 100 m. Dwain Chambers (positivo al thg), la velocista campionessa del mondo Kelli White e l'ostacolista Chris Phillips (entrambi positivi al Modafinil ai Mondiali di agosto).

29 ottobre - LA FDA USA BANDISCE UFFICIALMENTE IL THGLa Food ad Drug Adrministration, il potente organismo americano che controlla farmaci, cibi e alimenti negli Usa, ha messo ufficialmente fuorilegge il Thg, il terahydrogestrinone, l’anabolizzante fino a poche settimane fa introvabile ai test antidoping che sta sconvolgendo lo sport d’oltreoceano e non solo. Da oggi ne è vietata sia la produzione che la vendita negli Usa. Non esistono, infatti, né test preventivi, né prove che non provochi danni nel fisico umano; anzi, secondo la FDA "Il suo uso può comportare seri rischi per la salute". John M. Taylor, funzionario della FDA ha confermato che il Thg è un precursore del testosterone, derivato dal gestrinone, una sostanza proibita dall’agenzia antidoping Usa. È usata un Europa per curare l’endometrosi, una malattia dell’utero femminile. Strutturalmente il Thg è molto simile al trenbolone uno steroide usato negli Usa per aumentare la massa muscolare delle bestie da allevamento. Il trenbolone è considerata in America una sostanza a restrizione d’uso, come la morfina e le anfetamine, da usare dietro stretta prescrizione medica. Ma già questo fatto testimonia la grande confusione che regna negli Usa a proposito degli anabolizzanti e delle sostanze doping. Altri precursori del testosterone come l’androstenedione e il DHEA, usatissimi nell’ambito delle palestre dai body builders, che hanno gli stessi effetti anabolizzanti e gli stessi effetti secondari, sono classificati come supplementi alimentari e venduti liberamente nei grandi magazzini e nei negozi. Una situazione paradossale per cui, come riferisce il dottor Walder professore di medicina e grande esperto di sostanze doping della New York University, un atleta può comprare e assumere liberamente supplementi dietetici e risultare per questi positivo ai controlli antidoping".Per questo si è mosso anche Mark McClellan dottore economista, portavoce del presidente Bush, di recente nominato nella commissione che guida la FDA, dando il via ad una politica più aggressiva dell’organismo.

29 ottobre – PROCESSO CONCONI, DIFESA CHIEDE PROSCIOGLIMENTO ANTICIPATO, IL PM SI OPPONE  FERRARA - Il fatto doping non era previsto ancora come reato e comunque non è reato la condotta ipotizzata a carico del professor Francesco Conconi di agevolazione ad autosomministrazione del doping. Partendo da due questi profili il professor Luigi Stortoni, difensore di Conconi, ha chiesto al giudice monocratico di Ferrara Valentina Tecilla una pronuncia anticipata di proscioglimento del suo assistito perchè il fatto non costituisce reato. Una richiesta - alla quale il giudice risponderà alla prossima udienza - avanzata in apertura del processo che vede imputato di frode sportiva il prof.Conconi, rettore dell' Università di Ferrara e direttore del centro di studi biomedici applicati allo sport da dove sono passati decine di atleti di alto livello vincitori di medaglie alle Olimpiadi nelle più importanti gare internazionali, e due suoi collaboratori, il medico sportivo Giovanni Grazzi e il biologo Ilario Casoni. Conconi non era persente in aula, gli altri due imputati sì. L' avvocato Stortoni, che ha citato anche la sentenza dela Corte d' Apello che ha assolto Marco Pantani, in pratica ha chiesto al giudice di non andare avanti con il processo e di assolvere subito Conconi: "L" ipotesi a carico di Conconi - ha spiegato il difensore, al di là della sua esistenza o meno, non realizza una fattispecie criminosa". Stortoni ha analizzato quanto previsto dalla legge sulla frode sportiva, la 401/89, che punisce chi offre denaro o altra utilità al fine di raggiungere un risultato diverso nelle competezioni, o chi compie atti fraudolenti per lo stesso scopo. "Il doping non rientra in questo - ha sostenuto il difensore - è stata fatta nel 2000 una legge nuova sul doping perchè la legge dell' '89 non penalizzava questi fatti. È infatti una legge varata per evitare alterazioni di competizioni sportive dovute alle scommesse clandestine. Non c' era riferimento al doping o alla salute degli atleti". C' è poi un secondo profilo per il quale Stortoni ha richiesto il proscioglimento: "Conconi - ha detto il legale - è accusato di aver fatto prelievi del sangue e controlli sulla salute degli atleti agevolando così il doping di questi ultimi". Ma, visto che gli atleti che si dopano, in base alla legge sulla frode sportiva, non sono punibili allora "l' accusa - ha osservato Stortoni - a carico di Conconi è di aver agevolato un comportamento che non è reato. Comunque

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fare un prelievo o un' analisi è un comportamento totalmente lecito e incolore". Il pm Nicola Proto ha chiesto però che l' eccezione presentata da Stortoni sia respinta. La legge sulla frode sportiva - ha ricordato il pm - salvaguarda il bene lealtà sportiva e con la somministrazione di sostanze dopanti questo bene viene comunque leso. Inoltre - ha ricordato ancora - il gup Messini D' Agostini che ha firmato il rinvio a giudizio del professor Conconi, ha fatto giurisprudenza. Ci sono tre sentenze in Italia sul doping e una di questa del gup. Il giudice sostiene che è l' atleta che non è punibile ma è punibile chi in qualche modo aiuta l' atleta nell' assunzione del doping". Il Pm, riguardo alla sentenza delLa Corte d'Apello che ha assolto Pantani, ha ricordato che si è trattato di un caso di "autodoping e che qui invece si parla di doping esogeno". Lo stesso concetto è stato ribadito dall' avvocato di parte civile Guido Valori, che rappresenta il Coni: "La sentenza Pantani assolve l' atleta, cioè assolve chi il doping lo fa da solo". Non assolve chi lo somministra.

LE MORTI NEL CICLISMO E L'INERZIA DELLO STATONOVEMBRE - Si può dire e pensare quello che si vuole. Ma un dato rimane certo ed inconfutabile. Ed è un dato drammatico, di cronaca ricorrente: stanno morendo. Muoiono inspiegabilmente; il cuore che si ferma all’improvviso, spesso senza avvisaglie, né segnali di sorta. Tre ciclisti dall’inizio dell’anno, per restare nel ciclismo maggiore. Ultimo un giovane di soli 24 anni, Marco Rusconi, comasco di Binago, promessa del mondo dilettantistico, in odore di passaggio fra i "pro" con la formazione di Paolo Bettini, la Quickstep Davitamon. Marco era il cognato di Luca Paolini (che ha sposato la sorella), il "braccio destro" di Bettini; stava brindando al suo compleanno in un bar di Lurate Caccivio, assieme ad un amico e compagno di squadra, Paride Grillo. All’improvviso è sbiancato in volto; è uscito dal bar per prendere una boccata d’aria ed è crollato quasi immediatamente fra le braccia dell’amico. Perdendo subito conoscenza. Prontissimi, ma inutili i soccorsi. Arresto cardiaco, il primo verdetto dei medici del 118. Un altro arresto cardiaco nel ciclismo.Marco, dopo alterne vicende, aveva abbandonato le due ruote per abbracciare la carriera di impiegato nell’Enel; la sicurezza del futuro, invece dell’eterno punto interrogativo dell’agonismo maggiore. Ma poi aveva prevalso la passione: si era messo in aspettativa ed era tornato a correre con la Pangoncelli di Trezzo d’Adda, diretta da Alberto Cappelletti. Una scommessa e la voglia immensa di "sfondare", di tentare con tutte le forze la scalata al mondo dei prof. Era un buon passista scalatore e, ovviamente, nulla nelle sue cartelle mediche - a quanto si sa al momento - lasciava lontanamente sospettare un simile evento. Era, secondo chi gli stava vicino, sano come un pesce. Sarà l’autopsia, dunque, a cercare di fare luce. Ammesso che tecnici ed esperti riescano a stabilire le vere cause della morte.Rimane il dato di fondo: muoiono, purtroppo. Tre casi clamorosi dall’inizio dell’anno; uno ogni tre mesi: oltre a Rusconi, il povero Denis Zanette, 33 anni, deceduto dopo una semplicissima visita dal dentista (che l’autopsia ha escluso da ogni responsabilità) e il francese Salanson, anche lui 24enne, morto per infarto questa estate nella sua camera d’albergo, alla vigilia del Giro di Germania.Ma c’è anche il meno roboante, ma purtroppo sempre drammatico decesso di un sedicenne, Marco Ceriani, morto nel maggio scorso in una clinica di Peschiera (Verona), dopo che circa una decina di giorni prima aveva subito un arresto cardiaco durante una corsa e non aveva più ripreso conoscenza.Si tratta di morti inquietanti. Inspiegabili. Su cui occorre indagare al di là e al di sopra dei soliti sospetti che purtroppo accompagnano il ciclismo. Non si può accettare con indifferenza che giovani atleti perdano la vita in questo modo semplicemente per una inspiegabile morte improvvisa. Occorre capire le ragioni di questi decessi fulminei per evitare che si ripetano. Senza falsi pudori né tesi precostituite. Ne va - ormai è chiaro - della vita dei giovani atleti e del futuro stesso delle due ruote.La Fci, la federazione ciclismo, è una delle federazioni più attente alla tutela della salute dei propri iscritti. Ne è controprova il voluminoso libretto sanitario che gli atleti sono tenuti ad aggiornare mensilmente; e la battaglia ingaggiata contro il doping pesante (epo) nelle categorie minori, che ha portato proprio di recente alla scoperta di un fenomeno dalla diffusione enorme, viste le numerose e preoccupanti positività.Ma è evidente che tutto questo non basta se gli atleti continuano a morire. Occorre mettere in moto la scienza per capire e approfondire; per studiare e cercare una via d’uscita a questo triste destino. Tocca a chi ha il dovere istituzionale di tutelare la salute dei cittadini intervenire (leggi ministero della salute); a chi ha mezzi e strutture per indagare e studiare a fondo il fenomeno. È impensabile nell’epoca in cui si clona perfino l’embrione umano, che la scienza alzi bandiera bianca su queste morti inspiegabili, senza neppure provare a risolvere il rebus.

5 novembre - ANCHE SAADI GHEDDAFI NELLA RETE DEL  NANDROLONE

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ROMA - Aspettavano di vederlo finalmente schierato in campo al di là della facile amichevole precampionato in cui catalizzò l'attenzione di tutti più per la sui illustre parentela che per quello che seppe fare col pallone. Aspetteranno. Probabilmente per sempre. Finisce nella rete dell'antidoping Saadi Al Gheddafi, figlio del numero uno libico e, nel farlo batte un record difficilmente battibile: è il primo calciatore ad essere trovato positivo senza essere sceso sul rettangolo di gioco. È capitato al povero Saadi  il 5 ottobre, in occasione di Perugia-Reggina. Norandrosterone, ha sentenziato il laboratorio di Roma particolarmente attivo sul fronte dei calciatori di recente. Un metabolita del famigerato nandrolone, che porta a 14 i casi ormai "consumati" nel dorato mondo del pallone fino a pochissimo tempo fa ritenuto addirittura immune dalla piaga doping. È il terzo giocatore della stagione positivo al nandrolone. Il primo caso della stagione era stato quello di Manuele Blasi. Il giocatore del Parma è risultato positivo anche lui al norandrosterone, in un controllo antidoping ordinario del 14 settembre scorso in occasione di Parma-Perugia. Stessa circostanza il 27 settembre, dopo Udinese-Inter; nelle urine dell'attaccante nerazzurro Mohamed Kallon sono state trovate tracce di norandrosterone e noretiocolanolone. I due metaboliti principali del nandrolone, protagonista indiscusso del doping attuale nel pallone. Sconcerto, meraviglia, sorpresa a Perugia, dove nel pomeriggio Gheddafi si è recato come di consueto all'allenamento pomeridiano con la sua vettura blindata e la scorta armata alle costole. Ed cominciata subito la consueta girandola di ipotesi; con una che - visto il personaggio - trova subito risonanza, anche se priva al momento di qualsiasi riscontro. "Un complotto, un attentato ad un personaggio libico di portata internazionale per screditare l'augusto genitore". Ma il primo a prendere le distanze è proprio il furbo Gaucci, presidente del sodalizio umbro, che, pur strizzando l'occhio a questa fantastica tesi, precisa: "Da qualche tempo si fa seguire da un medico straniero". Complotto anche per la scomodità del personaggio Gaucci,. che comunque addirittura dice di non credere ai test e che il nandrolone abbia effetto dopante? Possibile. ipotizzabile, perfino, specie se si pensa a quante grane nell'estate appena trascorsa ha procurato Gaucci con la vicenda Catania ai signori del pallone. Ma bisognerebbe immaginare un laboratorio romano  complice e questo appare al momento fantastico oltre che assolutamente infondato. Scartato lo schampoo, la carne di maiale o di cinghiale e altre amenità a sfondo sessuale, del tutto improbabili, visto il tipo (una ciclista in passato arrivò a mettere a verbale perfino un atto sessuale particolarissimo pur di svicolare dalle strette dell'antidoping...) resta ben poco se non la solita tesi dell'integratore "impazzito" o contaminato e dell'assunzione inconsapevole. Non ci sono perché soddisfacenti, infatti, per un doping sportivo.   Gheddafi non giocava, e probabilmente chissà quando avrebbe giocato, viste le sue doti atletico-tattiche certamente non sublimi. Rimane la costante del nandrolone. Una sequenza di positività che fa pensare e che deve allertare chi di dovere per gli opportuni controlli. Meglio capire come e perchè succedono questi fatti che lanciare una improbabile campagna contro l'epo. Almeno, appare più urgente.  Sbalorditi i giocatori del Perugia.  Giovanni Tedesco, propone di fermare il campionato per riflettere sul problema del doping, "per capire - dice - quello che realmente accade in questi casi". "Siamo tutti rimasti sbalorditi - diceTedesco - da quanto è accaduto. Siamo infatti più che convinti che lui non abbia mai assunto alcuna sostanza proibita e per questo gli siamo molto vicini. Perchè se è vero che lui ha sinora giocato poco è stato comunque sempre con noi nel gruppo e la sua presenza è stata importante". Il capitano biancorosso sottolinea poi che "questo ulteriore caso dopo quelli di Blasi e Kallon non fa altro che aumentare la paura di tutti i giocatori". "Anche io la domenica mi sento terrorizzato - spiega - dal fatto che potrei essere sorteggiato e pur essendo innocente potrei ritrovarmi positivo senza saperlo, perchè magari c' è una sostanza prodotta dal mio organismo. Nelle scorse settimane ci eravamo riuniti tutta la squadra - aggiunge Tedesco - ed avevamo discusso di questo problema. Già allora era emersa l' idea di fermarci, di smettere di giocare per una o due settimane per riflettere, discutere e capire quello che realmente accade in questi casi".

5   novembre - IL CONI FERMA IL NUOTATORE FIORAVANTI: UNA STORIA DAI MOLTI LATI OSCURIC‘è qualcosa che non convince, che è poco chiaro nella vicenda che sta coinvolgendo uno dei nuotatori più amati e popolari dello sport nostrano. Domenico Fioravanti. Il  bicampione olimpico di Sydney  (100 e 200 rana) è stato fermato dai medici del Coni, che lo hanno dichiarato "temporaneamente non idoneo all’attività agonistica". Il verdetto, dopo le visite mediche cui il campione del Circolo Canottieri Aniene si era sottoposto in vista della trasferta con la azionale azzurra in Sud Africa (da qualche tempo meta preferita per la preparazione invernale di molti sportivi, fra cui anche l’ex campione del mondo del ciclismo Mario Cipollini) per un allenamento collegiale a Durban, fino al 30 novembre. Nulla faceva presagire una simile situazione. Nello scorso week-end l'atleta, proprio in coincidenza con l'avvio della stagione, aveva nuotato in un meeting internazionale in vasca corta a Busto Arsizio, chiudendo i 50 rana in 27"96.

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Ora, da ambienti Coni, trapela la notizia che sarebbero problemi cardiaci ad aver spinto i medici a sospendere temporaneamente l’atleta. Ispessimento cardicaco e aritmia relativa. Un quadro che si accorderebbe con i problemi di asma dell’atleta, che sono da tempo di pubblico dominio. Il condizionale è d’obbligo in questi casi. Infatti, al momento, non ci sono riscontri a quanto filtra dagli ambienti sportivi, che, come si sa, sono autoreferenti. E resta aperta ogni ipotesi. Basti pensare che solo qualche giorno fa Fioravanti aveva nuotato a Busto Arsizio e chi lo ha visto lo ha giudicato in netta ripresa.A complicare le cose, il fatto che Fioravanti è un carattere particolare. «Mi hanno controllato tante volte ed è sempre andato tutto bene, e adesso, ecco questo problema». Ma il cuore - se di cuore si tratta - non ammette deroghe e debolezze. Anche i segnali più piccoli vanno valutati e approfonditi con cura, dicono gli esperti.Nota la sua avversione a farmaci e pratiche illecite, culminata, dopo le due clamorose medaglie alle olimpiadi di Sydney, in una dichiarazione: "Si può vincere anche senza doping", che non sembra avergli creato un ambiente sereno intorno. Qualche screzio con il ct Castagnetti - a quanto riferisce il tam tam dell’ambiente - una non esaltante armonia con i compagni in azzurro e la crisi con la sua ragazza, hanno poi complicato il quadro. È presto per tirare conclusioni, ma è certo che sulla vicenda - che per l’atleta rischia di voler dire la fine dell’attività agonistica - grava un’ombra scura, tutta da chiarire.Nato a Novara il 31 maggio 1977, residente a Trecate, Fioravanti è diventato un simbolo della rinascita del nuoto azzurro. Un 2000 trionfante con oro e argento nei 100 e 200 rana agli europei di Helsinki e la clamorosa doppietta d’oro a Sydney sulle stesse distanze. Colpì il suo fisico minuto, poco muscolato a confronto dei superman gonfi alla "omino Michelin" con cui si trovava a confronto. Un campione a dimensione d’uomo, insomma. Che, almeno all’immagine, allontanava i sospetti pur sempre presenti quando si parla di sport a questi livelli.Ai mondiali di Fukuoka, nel 2001, Fioravanti conquistò l'argento nei 100 e un bronzo sui 50 rana. Poi nel maggio del 2002 lo stop: un infortunio alla spalla lo blocca e lo tiene lontano dalla piscina per un anno e mezzo, spingendolo nella depressione più nera, con l’idea di abbandonare l’attività che comincia ad affiorare. Ma c’è la reazione del campione; lascia la divisa di finanziere e viene alla corte di Castagnetti nel centro federale di Verona, passa alla Canottieri Aniene in cerca di ulteriori motivazioni Ai mondiali di Barcellona è lontano dal podio, ma sembra in ripresa.Fioravanti detiene i primati italiani in vasca lunga nei 50 rana (27"72) stabilito a Fukuoka, nei 100 (1'00"46) a Sydney, nei 200 (2'10"87) ancora a Sydney. Tra i suoi hobby, oltre alle moto e alle auto, c'è anche lo snowboard. Tifa la Roma di Capello e ama i piercing (ne ha uno nuovo al naso) e i tre tatuaggi. 6 novembre - LE CONTROANALISI CONFERMANO: CHAMBERS POSITIVO AL THG LONDRA - Anche le controanalisi hanno dato esito positivo sui campioni del velocista britannico Dwain Chambers, campione europeo dei 100 piani che era stato accusato dopo le prime analisi di avere assunto il tetrahydrogestrinone (THG), il nuovo steroide anabolizzante sintetico che sta facendo tremare il mondo dello sport. Secondo quanto riferito da Nick Davies, portavoce della Iaaf, le controanalisi si sono concluse lunedì a Los Angeles ma il risultato è stato reso noto solo oggi. "Domani mattina - ha spiegato Davies - invieremo alla federazione britannica la notifica della positivtà". Successivamente sarà la federazione inglese a stabilire la probabile sospensione per due anni di Chambers.

6 novembre - GIALLO FIORAVANTI, I GENITORI: "PERCHÈ PROPRIO ORA LO STOP?" ROMA - Si tinge di giallo la vicenda dello stop a Domenico Fioravanti, il bicampione olimpico della rana (100 e 200) ai Giochi di Sydney, fermato dai medici del Coni per una cardiomiopatia che potrebbere mettere a rischio anche il prosieguo della sua carriera di atleta. Dubbi e meraviglia sulla bocca dei suoi genitori che parlano di fulmine a ciel sereno e confutano con rabbia la tesi apparsa su qualche "media" che quella di Domenico sarebbe una patologia ereditaria. Per negarla, il padre Giorgio, la moglie Giuseppina ed il fratello del nuotatore si sono sottoposti ad esami accurati. "Nessuno di noi ha nulla" dice il padre, sbandierando l’esito. Ma è lo stesso Domenico a precisare: "In realtà il mio è un problema congenito: ci sono nato". Il padre di Fioravanti, poi, esclude anche che la patologia sia stata causata da cure: "Tranne che per l'intervento alla spalla dell'anno scorso, mio figlio non ha mai avuto altre patologie e non ha mai preso nulla". E anche Domenico si ribella alle ipotesi che i suoi guai possano essere derivati da farmaci: "Sono ipotesi che mi addolorano. Uno non può neanche stare male senza che subito qualcuno ti accosti al problema del doping. Questa situazione è già abbastanza drammatica... Così sento ancor più dolore. E per quanto riguarda le medicine, io non voglio prenderle neppure quando ho l'influenza, ne ho la fobia".

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Ma i genitori continuano ad avere dubbi. Chiedono chiarezza e certezze. "Il primo controllo - dice Giorgio Fioravanti - risale al giugno 1999. Domenico aveva 21 anni, perché lo fermano ora che ne ha 26? All'inizio ci preoccupammo, chiedemmo delucidazioni, ma ci tranquillizzarono. I medici della federazione ci dissero che era un cuore normale per l'attività di Domenico. Da allora è stato sottoposto a controlli ogni sei mesi. Stavolta quelli del Coni hanno chiesto il parere di un cardiologo a Genova, il prof. Spirito, che con noi non è stato tanto corretto perché non ci ha detto nulla, ma ha parlato con quelli del Coni". Anche per questo la famiglia farà tutti gli accertamenti del caso: "Abbiamo deciso di andare fino in fondo. Stiamo contattando altri cardiologi per capire cos'ha davvero nostro figlio". "Fino a giugno - dice ancora il padre - i risultati erano rassicuranti, simili a quelli precedenti. Abbiamo tutte le cartelle, i valori sono stati sempre più o meno gli stessi. Non so perché lo abbiano fermato proprio adesso". "Non riusciamo a capacitarci - aggiunge - La federazione e la società di Domenico si sono attivate, ma noi non riusciamo a capire cosa possa essere successo". Ma lui, Domenico dopo aver pianto la prende con filosofia. "Ho fatto la solita visita a Roma - racconta - ma per la prima volta il dottor Pelliccia, lo stesso che mi vede sempre, ha deciso di mandarmi da un esperto a Genova. I valori erano sempre gli stessi, a questo punto credo di essere sempre stato al limite. Evidentemente anche negli anni passati ero vicino allo stop. Stavolta ci deve essere stato un leggero peggioramento. Da anni sapevo che la parete cardiaca era più spessa del normale. Il cardiologo evidentemente ora ritiene che la cosa si sia aggravata". Un Fioravanti quasi rassegnato, dunque. Il papà ha dei dubbi? "Il medico - ribadisce il campione - sa cosa guardare, non voglio insinuare nulla. Aspettiamo le altre visite. Se non andranno come spero, non voglio nascondermi nulla: prima di tutto viene la salute... Però se c'è una possibilità di tornare spero di poterla cogliere, ma che sia per tornare davvero. Se però altri cardiologi mi diranno che non c'è nulla da fare, pazienza. Ho già avuto grandi risultati. E volendo guardare il lato buono, meglio adesso che tra sei mesi. Anzi, quasi quasi sento che c'è un pizzico di fortuna, perché così non mi sono illuso. Sarebbe stato terribile lavorare per le Olimpiadi ed essere fermato a poche settimane dai Giochi. È già dura così, perché l'anno scorso mi ero operato proprio per arrivare in forma alle Olimpiadi. E questa storia mi è arrivata addosso come una mazzata, perché era già stato abbastanza difficile il recupero dopo l'operazione alla spalla". Fioravanti avrebbe dovuto far parte della squadra azzurra che, seguendo la moda del momento, ha in programma uno stage di allenamento lontano dall’Italia, a Durban, nel profondo Sudafrica; dall’8 al 30 novembre. L’Africa del sud è la meta preferita da molti atleti, specie ciclisti che lì con calma e tranquillità si possono allenare lontani da preoccupazioni, pressioni e occhi indiscreti. Ma loro, i ciclisti, una ragione, fra le tante, almeno ce l’hanno: il ciclismo è sport di strada e il sole e il clima mite sono elementi fondamentali nella preparazione. Ma il nuoto si volge anche in piscine al coperto. Che necessità c’è di andare fino laggiù?

6 novembre - ANTINORI IL DOPING DI GHEDDAFI JR? SOLO CORTISONE ROMA - "Ma quale doping, la positività di Saadi Al Gheddafi è conseguenza di una terapia medica alla quale l' ingegnere si è sottoposto in Germania per eliminare dolori alla schiena". Lo afferma il professor Severino Antinori il quale, oltre ad essere un ginecologo di fama internazionale, è anche un esperto di medicina interna e di terapie andrologiche e ormonali. Chiamato direttamente dal presidente del Perugia Luciano Gaucci a rappresentare, sotto il profilo medico, la situazione del calciatore libico, Antinori sostiene che "una terapia a base di corticosteroide per curare un fastidioso mal di schiena è alla base del ritrovamento del nandrolone". "Occorre evitare - ha concluso il medico - un' inutile e dannosa caccia alle streghe così come avvenne qualche anno fa per un calciatore del Frosinone risultato positivo al nandrolone dopo aver seguito una mia terapia ormonale contro la sterilità.Gheddafi è un uomo nobile e di grande prestigio morale, pertanto non ha bisogno di ricorrere al doping". 

6 novembre - RINVIATO IL PROCESSO A BRESCIA BRESCIA - È stato aggiornato al 22 gennaio prossimo il processo per doping nei confronti di alcuni personaggi legati al mondo del ciclismo e a una farmacista. Il rinvio è stato disposto dal giudice Gianluca Alessio che ha accolto alcune eccezioni presentate dalle difese secondo cui era nullo il decreto di rinvio a giudizio, per errore di notifica, sia nei confronti di alcuni legali che di alcuni imputati. Il pubblico ministero Paolo Guidi ha inoltre ridotto da 33 a 20 il numero dei testimoni indicati nella lista dell'accusa. Il processo è nei confronti di Giorgio Addis, Mauro Stornati, Paolino Dotti, Pierino Gavazzi, Fabio Bordonali, tutte persone che hanno ricoperto l'incarico di direttore sportivo o erano comunque legati al ciclismo, e una farmacista Luciana Ranieri.

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7 novembre - LE CONFESSIONI DEL MEDICO DELL'EMPOLI: L'ANTIDOPING DELLA FIGC? UNA FARSAROMA - I sorteggi della Federcalcio per i controlli antidoping in campionato? Una barzelletta. O meglio una farsa. Era più facile estrarre i cartellini di quelli che si sapevano a posto che non gli altri. Impossibile che si trovassero positivi ai test. Dalle pieghe dell'inchiesta che i Nas hanno condotto parallelamente a quella della giustizia sportiva sul clamoroso caso dei sorteggi antidoping pilotati nel massimo campionato di calcio che nella primavera dello scorso anno coinvolsero l'Empoli calcio, emergono dichiarazioni sconcertanti. A farle, di fronte agli inquirenti, l'allora medico sociale della società Franco Ammannati accusato di essere l'unico artefice delle manipolazioni che portavano regolarmente a scegliere giocatori che si sapeva in precedenza "puliti" rispetto agli altri. Talvolta i cartellini dei giocatori che avrebbero dovuto essere staccati e mescolati, addirittura restavano nelle stesse posizioni di partenza in cui li ponevano i dirigenti di squadra consentendo la scelta "pilotata" da parte del medico sociale; facilissimo scegliere. L'inchiesta della giustizia ordinaria è andata avanti, ben oltre le conclusioni della solita giustizia sportiva che ha chiuso la sgradevole vicenda con un verdetto tanto contraddittorio quanto incoerente. Da una parte si è sanzionato duramente il medico, ritenuto l'unico responsabile degli imbrogli durante i sorteggi (sotto accusa  un match del marzo 2002); dall'altra non si è ritenuta colpevole la società per responsabilità oggettiva, pur infliggendo alla stessa una multa stratosferrica. Ammannati si è preso, così, quattro anni di squalifica, mentre la società una multa di 600.000 mila euro, ma nessun punto di penalizzazione in classifica. Una sentenza che ha fatto sorridere molti e discutere altri.  Al medico, su cui ricadeva di solito il compito di preparare i cartellini dei giocatori per il sorteggio antidoping, bastava un piccolissimo segno per poi andare a scegliere, una volta "mischiati" i cartellini (operazione che spesso non veniva neppure compiuta, secondo quanto emerso dall'inchiesta), proprio quelli "giusti", cioè quelli dei giocatori non "a rischio". La confessione di Ammanniti svela uno dei meccanismi che per anni ha consentito al calcio di negare anche le evidenze più clamorose, come il doping, o un certo ricorso a farmaci proibiti (leggi cocaina). Un marchingegno che per forza di cose doveva richiamare molteplici complicità anche nelle stesse strutture di controllo. Come quello che consentiva a qualcuno nel vecchio Napoli di Maradona di barare con provette di urina "pulita"e consentire al campione argentino di passare indenne i test pur essendo in chiare condizioni di dipendenza dalla coca. Il passato non è certo limpido, come raccontano le tristi vicende del vecchio laboratorio dell'Acquacetosa, che proprio per i controlli irregolari nel calcio (non venivano ricercati metodicamente gli anabolizzanti e la documentazione non era conservata secondo le regole, tanto da meritare la censura perfino della speciale commissione istituita dal ministero vigilante, all'epoca) perse l'accredito con il Cio e dovette rifare tutta la trafila per ottenerlo di nuovo, dopo la lunga ristrutturazione affidata al dottor Francesco Botré . Lo squallido episodio dell'Empoli, scoppiato all'improvviso nella primavera del 2002, ha forse impedito l'esplodere di uno scandalo assai più grosso, mettendo sull'avviso l'intero ambiente e facendo ovviamente abortire un blitz su scala nazionale che gli inquirenti avevano già programmato. Dopo di esso   - ad onor di cronaca - occorre dire che la Figc è corsa ai ripari mettendo in piedi un nuovo meccanismo di sorteggio con buste "blindate". Più efficiente e meno manipolabile. Ma il clamore dei "peccati" passati non allontana del tutto i dubbi, come sempre succede quando controllati e controllori appartengono alla stessa schiera e sono governati da interessi simili.

10 novembre - ALLARME DI "LIBERA": 400.000 ITALIANI FANNO USO DI SOSTANZE DOPINGROMA - Non c’è solo il mondo dell’agonismo maggiore. Anzi, il doping nello sport di vertice non è che la parte emergente di un iceberg che si allarga al mondo delle palestre, agli sport amatoriali e dilettantistici, ai giovani. Sarebbero almeno 400.000 gli italiani che fanno uso di sostanze dopanti, per le quali vengono spesi ogni anno 650 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti 1,5 miliardi per gli integratori, che spesso contengono a loro volta prodotti dopanti. I dati raccolti da stime dettagliate, sono stati diffusi all'Associazione stampa estera in una conferenza organizzata da "Libera", l’associazione di don Luigi Ciotti. Un fenomeno che si allarga a dimensioni europee e mondiali. "Calcolando quanto avviene in altri Paesi come Inghilterra e Germania - ha spiegato Sandro Donati, maestro dello sport da anni in lotta contro il doping - è possibile stimare in 2,1 milioni gli europei che ricorrono a sostanze dopanti". E si è scoperto, ha aggiunto il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, "che il traffico di queste sostanze segue gli stessi canali del traffico di droga. Sono dunque le stesse organizzazioni criminali a gestire il lucroso affare". "Tutti i mass media - ha rilevato Donati - danno ampio spazio ai grandi atleti dopati, ma il cattivo esempio ha prodotto proseliti in modo silenzioso ed inesorabile ed ora possiamo dire che almeno il 10-15% delle palestre è a rischio, per un totale di 300.000 praticanti, ai quali vanno aggiunti altri

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100.000 legati invece a sport amatoriali". E le intercettazioni telefoniche disposte da alcune procure (sono 40 quelle che in tutta Italia che indagano sul fenomeno), "fanno capire che quello delle palestre è un mondo di bassissimo livello, c' è grande ignoranza sui danni alla salute prodotti da queste sostanze, sotto forma di squilibri ormonali, tumori, danni al sistema nervoso o al sistema epatico, ecc. Questi effetti vengono nascosti e spesso, quando si manifestano, le vittime si rivolgono agli stessi che hanno venduto le sostanze".Per contrastare la diffusione del fenomeno, ha proseguito Donati, "si potrebbe seguire l'esempio di quanto fatto in Danimarca, dove alcune palestre accettano di essere periodicamente controllate dalle autorità, anche a sorpresa, e possono così fregiarsi di un bollino, che dà al cittadino un preciso messaggio: questa palestra è pulita". Ma anche l'Europa, secondo l'esperto, "deve fare la sua parte, promovendo norme più incisive in materia e sviluppando la collaborazione internazionale tra forze di polizia e magistratura"."La quasi totalità delle sostanze dopanti - ha proseguito Donati - è contenuta nei farmaci e, in particolare, in quelli di tipo ormonale che i praticanti sportivi assumono, senza alcuna ragione terapeutica, al solo scopo di incrementare le loro capacità di prestazione o di modificare la propria struttura corporea. La maggior parte di questi farmaci è prodotta dalle principali aziende farmaceutiche multinazionali che, interessate ad incrementare il volume complessivo delle loro vendite, hanno deliberatamente posto in commercio un surplus di prodotti superiore anche di 6 volte alle reali esigenze terapeutiche delle diverse tipologie di malati".Esempi più evidenti sono l'eritropoietina (Epo) e l' ormone della crescita (Gh). Nel 2000, "in Italia le vendite di Epo hanno fruttato 300 miliardi di lire, il doppio rispetto a tre anni prima, mentre quelle di Gh hanno fruttato 200 miliardi. Si tratta di cifre, in preoccupante crescita, che non trovano alcuna giustificazione nel numero di malati esistenti nel nostro Paese e che hanno davvero bisogno di questi farmaci".Del traffico di sostanze dopanti, ha poi detto Don Ciotti, "si parlerà anche giovedì prossimo al Social Forum europeo di Parigi, nel corso di un convegno organizzato da Libera. Come associazione ci proponiamo inoltre di produrre un rapporto annuale, in collaborazione con le procure, su questo traffico".

10 novembre - PROCESSO JUVENTUS: SI PARLA DI ERITROPOIETINATORINO - Duello fra i consulenti della Procura e della difesa nel processo per la somministrazione di medicine ai giocatori della Juventus. Oggeto del contendere nel confronto ordinato dal giudice Casalbore, gli sbalzi ematici di almeno tre di essi: Del Piero, Deschamps e Di Livio, "trattati", secondo l’accusa, dal ’94 al ‘98 con eritropoietina, l’ormone sintetico vietatissimo che stimola la produzione dei globuli rossi favorendo recupero e prestazioni aerobiche migliori.La prova, per l'accusa, è negli sbalzi esorbitanti dell'ematocrito (percentuale di globuli rossi nel sangue) dei tre calciatori, addirittura fino al 21 per cento dei loro valori-base; e nella parallela, massiccia somministrazione di ferro allo scopo - sempre secondo l'accusa - di compensare il crollo di ferritinemia provato dall'Epo. La difesa (avvocato Luigi Chiappero) nega tutto. Il dottor Agricola insiste nel dichiarare la correttezza del suo intero operato, mentre il consulente binaconero Mario Cazzola (già componente di commissione antidoping per la Figc...) è incalzato dagli esperti del pm, Ceci e Benzi. Cazzola si rifà ad uno studio australiano, secondo cui l’uso di epo porterebbe ad un incremento contemporaneo di ematocrito ed emoglobina, mentre per i casi in esame le due condizioni non si sarebbero verificate con la proporzione giusta. Per Deschamps nel ’95 l’ematocrito aumentò anche del 20%, uno sbalzo che ha ben poco di fisiologico (le oscillazioni scientificamente accertate non superano mai il 5%); due volte in sei mesi. Più contenute le variazioni dell’emoglobina (1% e 8%) Un’altalena inspiegabile, secondo l’accusa, se non con la stimolazione eritropoietica. Ma la ricerca australiana non sembra convincere molto, non essendo stata pubblicata su nessuna delle più rinomate riviste scientifiche del settore. Mentre resta sul tappeto la domanda di Benzi che riguarda il medico Agricola, il quale ha visto i test di atleti con sbalzi ematici consistenti senza fare nulla per capire cosa stesse succedendo. Cazzola prova dire che quei test potrebbero essere sbagliati, ma Casalbore lo blocca subito: «Non potete dire che un valore è sbagliato solo quando non vi piace». «Le analisi di Di Livio non mi risultavano - interviene Agricola - saranno state fatte da qualche ricercatore senza che io sapessi nulla, magari utilizzando vecchie provette». Insomma, un’accusa forte e una difesa che è parsa molto debole e in difficoltà.

10 novembre - CICLISMO,SOSPESI 4 ATLETI; A PER TOSONI (DOPPIA POSITIVITA'), 4 ANNI DI SQUALIFICAROMA - La Commissione Disciplinare della Federciclismo, presieduta dall'avv. Raffaele Gallus, ha sospeso, per positività ai controlli antidoping, dall'attività federale per 4 anni (doppia positività) l'elite Cristian Tosoni; trenta mesi invece per l'elite Gabriele Barengo; un anno di sospensione infine per gli altri elites Antonio Quadranti e

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Andrea Rinaldini. La Commissione Disciplinare ha inoltre preso atto e prorogato le sospensioni cautelari per Christian Milone e Roman Radchenko, entrambi per positività alla eritropoietina ricombinante.

11 novembre - PROCESSO DI PADOVA, SI DOPAVANO COME BESTIE, 31 RINVII A GIUDIZIOROMA — Si dopavano come bestie. Nel senso letterale della parola. Assumevano, cioè, gli stessi prodotti (anabolizzanti per lo più) che in veterinaria si danno agli animali da macello per farli crescere rapidamente. Con danni alla salute facilmente immaginabili. Il più pericoloso: l’Igf1, il fattore insulinosimile prodotto di trasformazione (da stimolo) dell’ormone della crescita (gh) con effetti anabolizzanti (fra l'altro), e lo stanozololo, il farmaco reso famoso dallo sprinter canadese Ben Johnson, "positivo" alle Olimpiadi di Seoul. Farmaci non commercializzati, perché appunto di uso veterinario. Ma anche testosterone ed eritropoietina; Geref e gh, caffeina e altri stimolanti in confezioni da cavallo. È un’altra pagine nera per il ciclismo quella scritta dalla Procura di Padova con la richiesta di rinvio a giudizio del pm Paolo Luca per ben 31 persone: corridori, professionisti e dilettanti, cicloamatori, direttori sportivi, meccanici, medici, alcuni dei quali molto noti nell’ambiente delle due ruote. E c’è anche un’archiviazione eccellente, quella dell’ex campione Giuseppe Saronni, attuale team manager della Lampre-Daikin.È il terzo troncone dell’indagine della Finanza padovana, cominciata nel 1999 che, attraverso blitz clamorosi, come quello a Sanremo, al Giro 2001 (contemporaneo a quello dei Nas i cui esiti sembrano finiti nella nebbia, dopo il trasferimento dell’inchiesta a Sanremo...) e alla Tirreno-Adriatico nel 2002, ha già portato a conclusioni clamorose, come la richiesta di patteggiamento del due volte vincitore del Giro, Ivan Gotti, nel camper dei genitori del quale a Molina di Fiemme nell’edizione 2001 della corsa rosa i finanzieri trovarono ogni genere di prodotti dopanti. Il quadro è desolante. Dalle indagini emerge una vera e propria rete con tanto di fornitore di base, Ciro Birra, napoletano che non disdegnava la vendita al dettaglio (ai corridori Baccin e Mondini, compagno di Cipollini nella Domina Vacanze); con i pusher e gli utenti, i corridori, che, per le "dosi" personali e per arrotondare lo stipendio, diventavano a loro volta fornitori di altri compagni. Tutto come nello squallido mondo della droga. Una coincidenza non secondaria dal momento che molte inchieste portano a sottolineare come sia ormai la malavita a gestire il traffico illecito di sostanze dopanti. Birra fornisce il corridore Torraco, che a sua volta fornisce al ds della Colpack, Antonio Bevilacqua 30 milioni di vecchie lire di farmaci dopanti, rubati in ospedale. Sono parte della quota che avrebbe dovuto sborsare per passare professionista. Un meccanismo terribile che la dice lunga su come approdano alla massima categoria certi dilettanti. Stefano Casagranda, e Davide Casarotto, due "pro" della Alessio neppure di primissimo piano, invece, "comprano" siringhe di epo, la famigerata eritropoietina dal "collega" Christian Rossi. Ma Torraco e baccin si appoggiano anche ad altri fornitori, come il ds della dilettantistica Daver Piaggio, Maurizio Balestri, su cui pesa la grave accusa di ricettazione. Per gli altri si va dalla violazione della legge antidoping (376/2000), all’abuso di professione medico-farmaceutica, alla somministrazione di farmaci dannosi alla salute. Richieste di rinvio a giudizio anche per Fabo Sacchi, azzurro della Saeco e della nazionale di Ballerini ad Hamilton. A lui Baccin dava epo, Gh, Geref e Igf1; nonché per lo sprinter Endrio Leoni e per due medici già inquisiti in altre inchieste, l’abruzzese Carlo Santuccione, medico personale dell’azzurro Danilo Di Luca e il toscano Daniele Tarsi. Ma non mancano gli ex professionisti come Alessandro Baronti, ex vincitore di un Giro del Lazio (1997), Simone Biasci e Stefano Giraldi. gente approdata nel mondo degli amatori, dove - mancando i controlli - il doping si è diffuso a macchia d’olio. È lì il vero mercato dei trafficanti.

19 novembre - PRESCRIZIONE E ASSOLUZIONE: COSI' FINISCE IL PROCESSO A CONCONIFERRARA - Dopo cinque anni si è concluso con una assoluzione che dovrà essere interpretata (almeno fino al deposito delle motivazioni) il processo per doping che ha visto sul banco degli imputati il prof.Francesco Conconi, rettore dell' Ateneo di Ferrara e preparatore tra gli anni 70 e 90 di molti atleti di vertice di sport di resistenza, tra cui medaglie d' oro mondiali e olimpiche.Il giudice di Ferrara Franca Oliva, dopo un processo che ha avuto una vicenda travagliata, alle 18, a conclusione di una camera di consiglio durata circa cinque ore, ha pronunciato - a porte chiuse trattandosi di un rito abbreviato - la sua sentenza a carico del prof. Conconi e di due suoi collaboratori, Giovanni Grazzi e Ilario Casoni, che erano accusati di frode sportiva, in pratica di una agevolazione al doping: "Dichiara di non doversi procedere essendo il reato estinto per prescrizione in relazione al fatti contestati fino al 9 agosto '95, assolve gli imputati perché il fatto non sussiste in relazione ai fatti contestati agli imputati dopo il 9 agosto '95.Secondo il Pm Nicola Proto l' assoluzione perché il reato si è estinto significa che comunque i fatti di cui sono

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accusati Conconi e i suoi collaboratori ci sono stati. Per i difensori, al contrario, "la prescrizione, probabilmente, è stata dichiarata senza che il giudice entrasse nel merito", quindi i fatti non sarebbero provati. "Il fatto che sia stata confermata l' ipotesi della prescrizione, che io stesso avevo richiesto - ha spiegato il Pm - è importante perché conferma la sussistenza del fatto. Per arrivare alla prescrizione, infatti, bisogna dire che il fatto c'è, al di là della circostanza che il reato è estinto. Per i fatti successivi avevo chiesto l' assoluzione in base alla 'vecchia' insufficienza di prove, invece il giudice ha deciso, solo per questo periodo, la formula piena. Prima del '95, però, la prova c'era ed era data dal file 'dblab. La prescrizione riconosce l' impostazione accusatoria della Procura".Il file 'dblab' venne trovato in un computer del centro di studi biomedici diretto dal prof.Conconi: dentro c'erano i valori del sangue, come ematocrito ed emoglobina, di molti atleti (tra gli altri Marco Pantani, Manuela Di Centa, Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Giorgio Vanzetta, Eugeni Berzin, Ivan Gotti, Claudio Chiappucci, Stephen Roche, Gianni Bugno, Maurizio Damilano e Maurizio Fondriest). I valori registrati erano bassi durante le fasi non agonistiche, alti in corrispondenza dei principali appuntamenti. Si tratta, appunto, della prova principale portata dall' accusa per dimostrare l'uso di Epo da parte degli atleti.Per l' avv.prof.Luigi Stortoni, il difensore di Conconi, la situazione è diversa: "Il giudice ha dichiarato la prescrizione probabilmente senza entrare nel merito perché la causa estintiva è prevalente, o può essere prevalente, sul merito. Laddove, non essendoci la causa estintiva, il giudice è dovuto entrare nel merito ha dichiarato che i fatti non sussistono totalmente. Attendiamo le motivazioni". Stortoni, anche a nome del prof. Conconi, che non era presente al momento delle sentenza perché si stava recando a Roma dove domani parteciperà alla conferenza dei Rettori, si è detto contento: "Questo incubo, questa montatura, un termine forte che uso con grande consapevolezza, finalmente è crollato anche nel suo ultimo residuo di lavorazione - ha detto Stortoni - che era questa imputazione sopravvissuta a tutte le altre che erano miseramente cadute". L' inchiesta condotta dal Pm Pier Guido Soprani, che poi si è trasferito a Bologna, era nata infatti con altre, più gravi, accuse: dall' associazione a delinquere, alla truffa al peculato. Accuse che erano cadute all' udienza preliminare.I difensori comunque avevano chiesto l' assoluzione piena anche per il periodo prima del 9 agosto '95: In punto di fatto non c'è assolutamente nessuna prova di attività illecita del prof. Conconi - aveva detto Stortoni - Quest'ultimo pezzetto di una mastodontica accusa, riguarda una presunta agevolazione attraverso condotte consistenti nell'attività del centro di studi biomedici applicati allo sport diretto dal prof. Conconi.Attività basata ovviamente su visite e test per ottimizzare le prestazioni degli atleti. Si pretende che questo diventi un'azione illecita". "In punto di diritto - aveva aggiunto Stortoni - questo è un assurdo. Sia la Cassazione, sia la Corte di Appello di Bologna nella famosa sentenza Pantani, sia una sentenza del Gip di Roma, vale a dire tutta la giurisprudenza, sostengono una cosa semplicissima: la legge non considerava illecito doparsi per l'atleta. Quindi non può essere reato una pretesa agevolazione di un atto non illecito".Alla prescrizione si è arrivati anche a causa di una serie di rallentamenti che il processo ha avuto una volta giunto, faticosamente, in aula. Nell'ottobre 2002 era cominciato il dibattimento, ma dopo una eccezione procedurale della difesa il giudice monocratico Valentina Tecilla aveva dovuto rimettere gli atti al Gup. Il Gup il 25 marzo scorso aveva rimandato gli atti al Pm, facendo tornare in sostanza tutto alla fase delle indagini preliminari, fase che la prima volta si era chiusa nell' ottobre 2000. Il Pm aveva dovuto riformulare il rinvio a giudizio per citazione diretta e così il processo era ricominciato a fine ottobre, a prescrizione già scattata.Per capire come è andata esattamente a finire sarà necessario attendere le motivazioni delle sentenza, che verranno depositate entro 90 giorni. 

19 novembre - PROCESSO BOLOGNA '98: ASSOLTO IL PROFESSOR ZEPPILLI ROMA - Il professor Paolo Zeppilli, medico della nazionale italiana di calcio, è stato assolto con formula piena dall'accusa di falso ideologico per presunte ricette non regolari in relazione all'attività dei giocatori azzurri. Il giudice Imperiali, del tribunale di Roma, ha accolto la tesi della difesa assolvendo Zeppilli "perché il fatto non sussiste". "Sono contento, perché questa sentenza conferma il corretto operato dello staff medico - ha detto Zeppilli - Quelle ricette non avevano nulla a che vedere con il doping, si trattava di normali medicinali di pronto soccorso: nessuno dei farmaci prescritti aveva alcunché a che vedere con pratiche del genere". L'inchiesta, partita nel '98 dalla procura di Bologna nell'ambito delle accuse alla farmacia Guandalini (il cui titolare, Massino Guandalini, come riferisce l'Ansa del 4 aprile 2001, era stato condannato in primo grado a due anni  per concorso in esercizio abusivo della professione e adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari), riguardava ricette emesse in vista dello spareggio per i Mondiali Russia-Italia, ed era stata successivamente trasferita a Roma in quanto luogo d'origine delle ricette stesse.  A Roma, il giudice ha accolto la tesi del legale di

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Zeppilli, avvocato Maurizio Migliorelli, secondo il quale le prescrizioni riguardavano normali medicinali di uso comune per giocatori, dirigenti, accompagnatori e altre persone al seguito del gruppo azzurro.

28 novembre - LA MORTE DI SALANSON; ELETTROCARDIOGRAMMA ERA IRREGOLARE PER "LE PARISIEN"PARIGI - Il giovane ciclista francese Fabrice Salanson, morto nel sonno a 23 anni il 3 giugno scorso a Dresda, a poche ore dalla partenza del Giro di Germania, aveva un elettrocardiogramma completamente irregolare, tanto da aver costretto i medici a sospendere la prova sotto sforzo in laboratorio.Secondo un documento esclusivo pubblicato dal quotidiano Le Parisien, Salanson - per il quale ora i genitori chiedono chiarezza - era stato sottoposto appena a metà maggio, 15 giorni prima della morte, ad analisi complete al Centro ospedaliero universitario, per la ripresa dell'attività dopo la convalescenza da una frattura alla spalla.Il documento, pubblicato in fotocopia da Le Parisien, mette in luce che l'elettrocardiogramma è fortemente anormale, con vari disturbi elencati. La prova sotto sforzo risulta addirittura "sospesa" quando il corridore raggiunge la velocità di 49 km/h, perché la frequenza cardiaca era salita troppo. Anche l'elettrocardiogramma sotto sforzo si presenta anormale.Molte le domande che i genitori si pongono: perché il ragazzo non è stato fermato? Perché non gli sono stati prescritti ulteriori esami, come un'ecografia cardiaca? L'autopsia sul cadavere di Fabrice Salanson escluse qualsiasi uso di sostanze dopanti.Secondo 'La Boulangerè, la squadra francese del ciclista defunto, "nessuno degli esami medici praticati si è concluso con una controindicazione per la pratica sportiva". "I dirigenti de La Boulangere - spiega la squadra in un comunicato diffuso dopo la pubblicazione dell' elettrocardiogramma da parte di Le Parisien - condividono il dolore della famiglia di Fabrice Salanson. Anche loro tengono molto alla ricerca della verità".La formazione francese garantisce di "fare il possibile per la prevenzione e il controllo periodico dei suoi atleti, sia attraverso il servizio medico interno sia con lo scrupoloso rispetto del controllo medico longitudinale realizzato dalle istanze federali". La Boulangere aggiunge che il corridore "si era prestato per studi scientifici specifici sugli effetti fisiologici dell'attività fisica intensa". Stando a Le Parisien, i genitori del corridore avrebbero intenzione di ricorrere alla procura perchè sia aperta un' inchiesta giudiziaria sul caso.

QUANDO IL DOPING FERMÒ IL PIRATA (ANSA)Era la penultima tappa del Giro d'Italia, il 5 giugno di 5 anni fa. Sempre a giugno, ma del 2003, Pantani, ormai ex corridore, entrò in clinica per curarsi la depressione. Vi restò quasi un mese. Secondo molti commentatori l'esclusione dal Giro segnò la "morte" sportiva e morale del campione romagnolo. Questa la cronaca di quella triste data.Inizia il 5 giugno 1999 la triste vicenda che vede coinvolto Marco Pantani con il doping. Il Pirata, allora maglia rosa, venne fermato prima della partenza della penultima tappa del Giro d'Italia, in seguito ai controlli dei livelli di ematocrito disposti dall'Uci risultati superiori alla norma.Alle 8 Martinelli ritira le risposte e scopre la brutta notizia. Avverte il Pirata che sfoga la sua rabbia rompendo un vetro della sua camera d'albergo.Il villaggio accoglienza, alla partenza si anima. Alle 9.40 comincia a circolare la voce che Pantani è stato fermato dall' Uci. Inizia il corri-corri, il passa parola. Alle 10.10 la Rcs, organizzatrice del Giro, distribuisce il comunicato: 10 corridori controllati; uno fermato. è Marco Pantani. Tutta la Mercatone non parte. Lo hanno deciso gli stessi corridori. "Hanno sempre corso per Marco e anche in questo momento corrono per lui. Hanno deciso di rimanergli vicino", dice Martinelli. L' albergo è ormai un fortino assediato da cronisti, telecamere, macchine fotografiche e microfoni.Alle 11.00 il dottor Roberto Rempi, Martinelli e Agostini scendono nella hall per incontrare i giornalisti. "Non sappiamo che cosa possa essere accaduto, in questo momento ci viene da pensare anche ad un complotto", esclama Agostini visibilmente commosso. Il medico cerca una spiegazione scientifica: "Siamo stati due giorni in altura, siamo passati dal freddo al caldo. Questo può aver dilatato l' ematocrito di Marco che parte da una base già superiore ai 45 punti. Poi in montagna si beve meno anche sottosforzo e anche la disidratazione può alzare l' ematocrito". La corsa parte senza maglia rosa. Savoldelli, secondo in classifica, la rifiuta."Questo controllo mi sembra eccessivo - dice Martinelli, avvilito - non voglio dire che qualcuno ci vuole male, ma in questo momento penso anche al complotto, anche se quando si è in queste situazioni è difficile criticare". E Agostini: "Se qualcuno voleva fare un attentato al ciclismo questa volta ci è riuscito". Il presidente dell'Uci fa sapere: "È la legge. Questo è un duro colpo perchè colpisce un numero uno".

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Virenque, la faccia sporca del ciclismo, è implacabile, lui tante volte accusato e mai incastrato: "è stato applicato il regolamento".Il meccanico Luigi Veneziano piange, come gli altri della Mercatone Uno: "Ci hanno distrutto con un colpo di spugna. Sarebbe stato meglio perdere in corsa".Alle 12.40 Martinelli esce dall' albergo e mette in moto la macchina che porterà Pantani a fare nuovi controlli.Alle 12.55 il Pirata si affaccia sulla porta d' albergo. La padrona piange, la gente lo acclama, la squadra lo protegge con lo sguardo da un balcone. Su altri terrazzi sventolano le bandiere nere del pirata. Decide di parlare: "Sono ripartito dopo gravi incidenti, ma stavolta abbiamo toccato il fondo moralmente". Si ritira? "Ho già risposto. Mi dispiace per i tifosi che mi aspettavano sul Mortirolo".Alle 13.02" Pantani lascia Madonna di Campiglio. Pochi minuti prima Felice Gimondi è salito nella sua camera. "L'ho rincuorato, gli ho ricordato che Merckx nel '69 venne fermato al Giro per un controllo antidoping e un mese dopo vinse il Tour".La Mercatone smobilita. Enrico Zaina, compagno di squadra di Marco, uomo fondamentale sulle salite tuona: "Qualcuno sarà contento. È la giornata più brutta della nostra vita. è assurdo pensare che Marco possa aver preso qualcosa a Giro già vinto".Le sue quattro vittorie al Giro sfumano, i colori delle maglie dei primati che Marco ha vestito, il rosa, il verde, il ciclamino, si attenuano.Vittorio Adorni, ex campione del mondo ammonisce: "Smettiamo di vedere i corridori andare in giro con le centrifughe per controllarsi il sangue. Torniamo ad un ciclismo pulito".Ma purtroppo il mondo del doping non riguarda solo il mondo dei grandi campioni, anche quello dei piccoli campioni, i dilettanti e la gente comune.

ALCUNI CASI RECENTILa stampa Usa ha pubblicato l'elenco dei 27 campioni che avrebbero assunto sostanze proibite tra cui ci sono anche Marion Jones e Tim Montgomery.SAN JOSE (Stati Uniti), 26 aprile 2004 - Una lista di 27 nomi eccellenti dello sport tra cui Marion Jones, Tim Montgomery e Barry Bonds, solo per citare i più noti. È quella pubblicata oggi dal quotidiano San Jose Mercury News che non mancherà di far discutere e che secondo il quotidiano è presente su una nota di un inquirente federale: questi atleti avrebbero assunto tetrahydrogestrinone (THG) dal laboratorio della Balco. Secondo il giornale il documento è un riassunto di un colloquio di Victor Conte, proprietario della stessa Balco, organizzato da un agente del fisco americano lo scorso 3 settembre. Cioè un mese prima che venisse anticipata la scoperta della THG, uno steroide sintetico.Questa lista è apparsa all'indomani di un articolo del San Francisco Chronicle secondo cui Marion Jones e Tim Montgomery avrebbero preso prodotti dopanti da parte della Balco in cambio di pubblicità di uno dei suoi componenti nutrizionali. Gli avvocati di di Conte hanno rigettato il contenuto delle dichiarazioni attribuite al loro cliente assicurando che saranno oggetto di una battaglia legale. Conte è uno dei quattro uomini accusati della distribuzione di steroidi. Naturalmente è arrivata anche una secca replica da parte degli sportivi coinvolti. "Marion Jones non ha assunto nessuna sostanza illegale in cambio di pubblicità" ha assicurato uno degli avvocati della sprinter statunitense, plurimedagliata campionessa olimpica a Sydney 2000. Questa la lista pubblicata dal quotidiano:Baseball:Barry Bonds, Gary Sheffield, Jeremy Giambi, Jason Giambi, Armando RiosFootball:Bill Romanowski, Dana Stubblefield, Josh Taves, Barret Robbins, Chris Cooper, Johnnie Morton, Daryl GardenerAtletica:Marion Jones (sprint), Tim Montgomery (sprint), Regina Jacobs (fondo), Kevin Toth (peso), Alvin et Calvin Harrison (400 m), Kelli White (sprint), Chryste Gaines (sprint), Eric Thomas (400 m ostacoli), Michelle Collins (200 m), Ramon Clay (200 m), John McEwen (martello), Dwain Chambers (sprint/GB), Zhanna Block (sprint/Ucr), Olga Vasdeki (salto triplo/Gre).

DOPING, LA WHITE VUOTA IL SACCO

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L'iridata nei 100 e 200 ammette di avere assunto steroidi ed Epo e testimonierà sul caso Balco. Per lei due anni di stop e cancellati i risultati da fine 2000.MILANO, 19 maggio 2004 - Clamorosi sviluppi nella vicenda di Kelli White, la campionessa mondiale di 100 e 200 metri che era risultata positiva per Modafinil (stimolante) in occasione della rassegna iridata dello scorso agosto a Parigi. La sprinter statunitense ha ammesso davanti all'Agenzia antidoping statunitense (Usada) di avere fatto uso di steroidi anabolizzanti, con chiaro anche se non esplicito riferimento al THG, e di Epo ed è stata squalificata per due anni con decorrenza dal 17 maggio. Inoltre sono stati cancellati tutti i suoi risultati dal 15 dicembre 2000 con conseguente perdita dei titoli nazionali e mondiali.In un comunicato emesso per conto della White si legge che la sprinter ammette di avere usato sostanze illecite, anche non riscontrabili ai controlli antidoping, per migliorare le sue prestazioni: "Facendo questo - le parole della 27enne velocista - ho truffato me stessa, la mia famiglia, i miei amici e lo sport. Sono dispiaciuta per avere fatto delle scelte sbagliate". L'ammissione arriva dopo che l'Usada l'aveva informata di avere sufficienti prove per decretarne la colpevolezza.A rendere particolarmente interessante la sua confessione arrivano le dichiarazioni del suo avvocato Jerrold D. Colton il quale ha fatto sapere che la sua assistita testimonierà non solo davanti all'Usada, ma anche davanti al Senato federale che sta indagando sulla vicenda Balco, la società farmaceutica di Victor Conte che avrebbe fornito THG e altri steroidi a molti atleti di primo piano. "Kelli White ha fatto degli errori - sono le parole dell'alto dirigente Usada Terry Madden - ma ammiro il suo coraggio nel prenderne atto e nell'accettare le sue responsabilità". La confessione della White, il cui allenatore Remi Korchemny è da tempo sotto accusa per avere somministrato sostanze illecite agli atleti, potrebbe rompere un muro di omertà che finora ha caratterizzato gli atleti legati alla Balco. L'inglese Dwain Chambers, campione europeo dei 100, e altri tre atleti positivi per THG sono finora stati squalificati per due anni mentre non è chiaro se altre sanzioni verranno comminati ad atleti non rei confessi, come la White, che vengano giudicati colpevoli di pratiche illecite anche senza essere risultati positivi a un controllo antidoping. A questo proposito Marion Jones, chiamata a testimoniare sul caso Balco insieme al compagno Tim Montgomery, primatista mondiale dei 100, ha fatto sapere nei giorni scorsi che adirà le vie legali se per qualsiasi motivo le fosse impedito di partecipare ai Giochi di Atene. Nick Davies, portavoce della Federazione internazionale (Iaaf), ha dato il benestare alla squalifica e al tempo stesso ha specificato che atleti rei confessi che aiuteranno a scoprire altri casi di doping potranno godere di una riduzione della pena ma soltanto dopo aver scontato almeno un anno di squalifica.

OMBRE GIALLE SU ARMSTRONGGiovedì in libreria annunciata una pubblicazione che accosta la parola doping al suo nome: ci sono le rivelazioni di una ex massaggiatrice della Postal. MILANO, 14 giugno 2004 - Le cronache dalla Francia raccontano di un Lance Armstrong teso. Anzi, nervoso. Non è tanto il quinto posto nella cronometro del Mont Ventoux a preoccuparlo. Né gli squilli di Iban Mayo al Delfinato. Né la maglia gialla che Ullrich veste al Giro di Svizzera. No, Lance sarebbe preoccupato per un libro che sta per scaricargli addosso tutto il fango possibile. Copertina giallo Tour, titolo programmatico: «L.A. Confidential, tutti i segreti di Lance Armstrong». Il libro, che dovrebbe uscire giovedì, è stato scritto a quattro mani da David Walsh, vecchio nemico di Lance e firma autorevole del Sunday Times, e da Pierre Ballester, ex giornalista dell’Équipe che aiutò Willy Voet (il massaggiatore della Festina che finì in prigione perché pizzicato con un carico di doping) a scrivere il libro «Massacro a catena». David Walsh e Pierre Ballester hanno scavato per anni nel passato di Lance Armstrong alla ricerca di ogni errore possibile, di contatti del texano con il mondo del doping e si presentano alla vigilia del Tour con un libro che un risultato lo ha già raggiunto: fa molto parlare di sé. Il libro deve ancora approdare alle librerie, lo farà a giorni, e già i giornali, le agenzie e le tv abbondano di riferimenti e stralci. Domenica, il Sunday Times (il numero domenicale del Times per il quale lavora David Walsh) ha dedicato un’intera pagina alla vicenda del libro, raccontando che Lance avrebbe fatto di tutto per impedirne l’uscita attraverso i suoi avvocati. Il servizio del Sunday Times, con tanto di foto di Walsh, riporta la testimonianza del neozelandese Stephen Swart, che confessa di aver fatto uso di Epo ai tempi in cui era compagno di squadra di Lance alla Motorola. C’è anche il classico riferimento al medico ferrarese Michele Ferrari, l’amicizia più pericolosa di Armstrong. E c’è la descrizione, fatta da Kathy LeMond (perché Greg non ha voluto parlare), di una telefonata di fuoco, del

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primo agosto 2001, tra Lance e Greg, dopo che LeMond lo aveva criticato per i legami con Ferrari, il medico sotto processo in Italia. Sempre domenica, la France Presse ha lanciato il servizio pubblicato ieri sul periodico francese L’Express, che dedica la copertina al caso «L.A. Confidential, i segreti di Lance Armstrong». Nel servizio ripreso ieri dall’Équipe, si parla soprattutto della confessione di Emma O’Reilly, massaggiatrice alla Us Postal dal 1998 al 2000. Walsh e Ballester hanno viaggiato anche negli States e hanno bussato un po’ a tutte le porte: familiari, amici, ex compagni di squadra... Emma O’Reilly ha accettato di parlare. La massaggiatrice irlandese racconta casi specifici che possono danneggiare l’immagine di Armstrong, ma non costituiscono alcuna prova di doping. Emma racconta di quando Lance le chiese di «gettare nella spazzatura un sacchetto nero contenente siringhe vuote, dopo il Giro d’Olanda 1998». O di quando nel ’99, durante il Giro del Delfinato, Lance le avrebbe rivelato di avere l’ematocrito a 41. Emma gli avrebbe domandato: «E Adesso cosa hai intenzione di fare?». Lance avrebbe risposto: «Farò come fanno tutti». O di quando il texano le chiese del fondotinta per cancellare le punture di siringhe al braccio prima delle visite mediche del Tour ’99. O di quando, dopo uno stage d’allenamento sui Pirenei, Armstrong le chiese di andare in Spagna nella sede della Us Postal a ritirare dei medicinali. Johan Bruyneel, tecnico della squadra, le avrebbe dato anche una scatola di pasticche bianche, una dozzina, che Emma avrebbe consegnato direttamente al texano nel parcheggio di un McDonald’s alla periferia di Nizza. O di quando Lance risultò «non negativo» ai corticoidi, dopo la tappa di Challans al Tour del ’99, per una sostanza a restrizione d’uso che il Cowboy non aveva dichiarato al controllo medico. Secondo la massaggiatrice la Us Postal decise di affidarsi alla certificazione retrodatata di quella sostanza ammessa su prescrizione medica. «Adesso Emma tu ne sai abbastanza per farmi cadere», avrebbe detto quella sera Lance alla massaggiatrice. Quella della prescrizione medica costruita appositamente è l’unica accusa diretta, contenuta nel libro, di cui si è venuti a conoscenza. ELance Armstrong non ha perso tempo per reagire e ribadire la sua assoluta estraneità a ogni pratica illegale. Il suo agente Jorg Muller ha diffuso ieri sera un comunicato in cui viene annunciato che Lance ha dato mandato ai suoi legali di avviare già oggi una doppia azione giudiziaria contro Davis Walsh e Pierre Ballester all’Alta Corte di Londra e a Parigi.A proposito dei legami pericolosi con Ferrari, Lance ha sempre difeso il medico di Ferrara, che considera una delle persone più oneste e qualificate che abbia mai conosciuto. Il Cowboy, come tutti i grandi campioni del ciclismo anni 90, ha certamente avuto a che fare con un mondo popolato di ombre. Ma tutta la sua carriera, tutti i controlli che ha effettuato, ci raccontano di un atleta che è sempre rimasto dentro i limiti imposti dai regolamenti.

Tutti i casi di positività al nandrolone- Bucchi e Monaco (Perugia), positivi dopo Lazio-Perugia del 14 ottobre 2000. Hanno avuto 16 mesi di squalifica dalla Disciplinare, ridotti a 8 dalla Caf.- Da Rold (Pescara), Pescara-Monza del 13 settembre 2000. 16 mesi dalla disciplinare, 8 dalla Caf.- Sacchetti (Piacenza), Sampdoria-Piacenza del 23 dicembre 2000, Disciplinare 10, Caf 4.- Caccia (Piacenza), Sampdoria-Piacenza del 23 settembre 2000, Disciplinare 8, Caf 4.- Couto (Lazio), Fiorentina-Lazio del 28 gennaio 2001, Disciplinare 10, Caf 4.- Gillet (Bari), Bari-Reggina del 21 marzo 2001, Disciplinare 10, Caf 4.- Davids (Juventus), Udinese-Juventus del 4 marzo 2001 (ha continuato a giocare fino al 1 maggio), Disciplinare 5, Caf 4.- Torrisi (Parma), Parma-Bologna del 1 aprile 2001, Disciplinare 5, Caf 4.- Stam (Lazio), Lazio-Atalanta del 13 ottobre 2001, Disciplinare 5.- Guardiola (Brescia), Piacenza-Brescia del 21 ottobre 2001 e Lazio-Brescia del 4 novembre 2001, Disciplinare 4 mesi. - Blasi (Parma), Parma-Perugia del 14 settembre 2003. Sospeso in via cautelare dalla Disciplinare.- Kallon (Inter), Udinese-Inter del 27 settembre 2003. Disciplinare 8 mesi.- Gheddafi (Perugia). Perugia-Reggina del 5 ottobre 2003. Disciplinare 3 mesi.

INZAGHI: "PRENDEVO CREATINA"Questa mattina Zidane ha testimoniato a Torino al processo-doping. "Farmaci utili per giocare tante partite". Vialli attacca: "Trattati come colpevoli".L'attaccante ex bianconero e Montero ascoltati oggi a Torino per il processo doping. Il medico Agricola: "Altre squadre usano i nostri farmaci".

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TORINO, 12 gennaio 2004 - All'udienza del processo contro la Juve per frode sportiva Riccardo Agricola, capo dello staff medico sanitario della società bianconera, ha precisato che "i farmaci contestati alla Juventus sono largamente usati anche dalle altre squadre di calcio". Pippo Inzaghi, alla Juve dal 1997 al 2001, è stato ascoltato come testimone e ha ammesso di aver fatto uso di creatina "qualche volta" e in particolare "tra il primo ed il secondo tempo di alcune partite" in cui era particolarmente "affaticato". Anche Paolo Montero ha ammesso l'uso di creatina e di alcuni antidolorifici e antinfiammatori di cui però non ha ricordato il nome. Assente giustificato invece Zinedine Zidane per "obblighi professionali" visto che domani il Real Madrid è impegnato negli ottavi di finale della Coppa del Re.Sul fronte del campo, la vittoria contro la Samp ha consentito alla Juve di tenere il passo di Milan e Roma e, con 34 reti, di superare di una lunghezza i giallorossi nella classifica del miglior attacco di serie A. Tutti segnali positivi per Marcello Lippi che soddisfatto della buona prova di domenica ha concesso il lunedì di riposo ai suoi giocatori. La Juve tornerà ad allenarsi martedì pomeriggio in vista dell'andata dei quarti di coppa Italia in programma giovedì 15 gennaio contro il Perugia di Serse Cosmi. Probabilmente per la trasferta al Curi Lippi schiererà tra i pali Antonio Chimenti lasciando rifiatare Gigi Buffon: il numero uno bianconero, colpito alla testa da una bomboletta a Genova, ha continuato la partita riportando poi a fine gara due punti di sutura al capo. Sulla vicenda sta indagando la Digos di Genova che grazie ai filmati e alle testimonianze dei tifosi blucerchiati sta cercando di identificare il "tifoso" protagonista del lancio.

Zizou: "Creatina solo alla Juve"TORINO, 26 gennaio 2004 - Zinedine Zidane è tornato a Torino. Niente celebrazioni. Nemmeno visite alla Juventus. Il francese si è presentato per testimoniare al processo per la somministrazione di farmaci ai giocatori bianconeri. Tra le tante risposte di "Zizou", un'ammissione: "Ho preso creatina soltanto quando giocavo nella Juventus. Non mi era mai capitato prima, in Francia, e nemmeno adesso in Spagna". Il fuoriclasse francese ha anche affermato che nel periodo juventino gli sono state somministrate flebo con vitamine, aggiungendo un lapidario "così come diceva il dottore" (il riferimento è al medico sociale Riccardo Agricola, ndr): "Sono utili: ho bisogno di vitamine per giocare 70 partite all' anno", ha aggiunto. Prima di Zidane è comparso Gianluca Vialli, convocato dal giudice Giuseppe Casalbore perché chiarisse nel modo migliore alcuni concetti espressi in una intervista radiofonica rilasciata tre settimane fa. Nel corso della sua deposizione, l'ex di Sampdoria, Juve e Chelsea non ha tralasciato certe considerazioni personali sul caso: "Ci sono calciatori - ha infatti dichiarato a giudice e pubblico ministero - che sono venuti qua e si sono sentiti trattare quasi da colpevoli come se avessero qualcosa da nascondere. Io stesso ho l'impressione che voi non mi sembriate convinti".Intanto al termine dell'udienza odierna, sono stati nominati dal giudice Casalbore due periti, Eugenio Mueller, ordinario di farmacologia presso l'Università di Milano e Giuseppe D'Onofrio, docente presso l'Università di Roma e direttore associato di ematologia presso il Policlinico Gemelli di Roma. A Mueller è stato affidato il compito di chiarire se i dosaggi somministrati ai giocatori della Juve sono nella norma e quali sono stati i criteri adottati dai medici della Juve nella somministrazione, la quantità e se e in quale misura la creatina possa procurare variazioni di peso. Il tempo di perizia è stimato in 90 giorni. A D'Onofrio è stata chiesta la perizia sulla quantità di ferro, sull'eritoprometrina, emoglobina. Si dovrà verificare se la somministrazione delle varie sostanze usate dai giocatori della Juve può aumentare i parametri fisici dei giocatori. Questo il calendario delle prossime udienze: la prossima è in programma venerdì 11 giugno, successivamente il 28 giugno, il 1°, il 15 e il 22 luglio.

Galeone "miracolato" del dopingL'ex tecnico di Pescara, Perugia e Napoli denuncia: "Non so come ho evitato conseguenze gravi quando giocavo. Oggi è tutto più sofisticato".PESCARA, 9 gennaio 2004 - Giovanni Galeone, ex tecnico di Pescara, Perugia, Napoli e tante altre squadre, si considera "un miracolato" per non avere subito conseguenze gravi a causa dell'uso di sostanze proibite già quando era giovane e calciatore professionista. "Ai miei tempi si usavano sostanze tipo Micoren, cortecce surrenali, Norden: noi le prendevamo come acque minerali in piena fiducia ritenendo che ci venissero somministrate per il nostro bene" denuncia il tecnico dai microfoni del Tg3 Abruzzo, ricordando di avere già parlato anni fa di queste cose con il direttore di un quotidiano sportivo, ma senza che uscisse nulla. "Poi vennero fuori le denunce di Zeman", ricorda il tecnico, in questi giorni a Pescara, città dove è considerato un profeta per i successi ottenuti con la locale squadra di calcio. Il "doping - afferma Galeone - è una piaga

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vecchissima, sin dai miei tempi. Ora si ricordano i casi clamorosi e le tragedie, di Signorini, di Lombardi, di Petrini che hanno avuto sicuramente dei collegamenti con quelle sostanze che loro devono aver assunto. Questo ormai è quasi un dato assodato. Adesso è un doping un po' diverso, più sofisticato. Però questa ricerca della prestazione a tutti i costi, così esasperata, porta a delle conseguenze che sono deleterie per tutto il mondo del calcio, non solo per i giocatori che vengono squalificati".

DONNE E DOPING Spesso mi chiedo: ma come mai si parla solo di uomini e delle loro usanze "poco salutari" quando ogni giorno sento parlare di donne che abusano di farmaci rientranti nella lista del "doping", per ottenere risultati da primato e chi invece lo faccia solo per perdere cellulite o peso? Non c'è bisogno di guardare le fotografie di qualche Campionessa di Body Building per farsi un'idea di cosa possa ottenere una donna sottoponendosi a varie cure di prodotti anabolizzanti o GH o altro che sia! Conosco tante ragazze che si sottopongono a  cure a base di estratti tiroidei per essere in forma da  spiaggia, o altre che decidono di combattere la ritenzione idrica con diuretici. Per non parlare di quelle che dopo aver  scoperto che il Gh non solo fa ringiovanire, non avendo problemi nell'investire 10-15 milioni di vecchie lire all'anno,si  dedichino frequentemente a  terapie all'insegna della "lunga vita estetica". Potrei stare qua ore e ore a raccontare oltre 20 anni di doping e di donne che hanno perso la loro femminilita' "interna" per vedersi qualche kg. di muscolo in piu' e le vene sui quadricipiti; donne che condividano la vita solo con uomini che abbiano lo stesso stile di vita, visto che poveretto sarebbe chi dovesse cercare di vivere una vita assieme a chi abbia scelto la regola del doping come hobby di tutti i giorni! Vi lascio meditare e sopratutto vi allego un'articolo preso dalla Repubblica, fate voi le dovute conclusioni.   Doping                                    Doparsi? Non è più reato......È di meno di un'ora fà la notizia: Cassazione: doping libero nelle palestre! Sentenza shock: non è punibile penalmente chi procura sostanze dopanti se questa condotta non è volta "ad alterare le prestazioni agonistiche degli atleti". Da oggi, 'spaccio' legalizzato tra i dilettanti.ROMA - Non è punibile penalmente chi procura, commercia o somministra sostanze 'dopanti' ad altri se questa condotta non è volta ad ''alterare le prestazioni agonistiche degli atleti'', o se non è tale da ''modificare i risultati dei controlli sull'uso di questi farmaci o sostanzè'. Lo ha stabilito la Cassazione (sentenza 11277) e non si tratta di una buona notizia. Ci vuole poco, infatti, a immaginare gli effetti di tale sentenza. Chi vende (o spaccia, se preferite) anabolizzanti - o altri prodotti - nelle palestre potrà continuare tranquillamente il suo commercio.Massima severità, invece, con chi vende doping ai professionisti dello sport. ll guaio è che mentre i professionisti sono seguiti da staff medici di alto livello, i dilettanti del muscolo non sono seguiti da nessuno, assumono prodotti pericolosi per la salute a casaccio, non devono sottoporsi ad alcun controllo antidoping e, ogni tanto, ci lasciano pure la pelle. Si tratta di una piaga sociale, non dello sport. Che la Cassazione non conosce o ha deciso di ignorare respingendo il ricorso del Procuratore presso il Tribunale di Biella che chiedeva la condanna di un giovane sorpreso a commerciare anabolizzanti, vale a dire ''dieci fiale di medicinale Deca Durabolin (nandrolone decaonato), attraverso canali diversi da quelli consentiti dalla legge, accordandosi per la loro cessione a un'altra persona, dietro pagamento''.

GIRO DOPING  Dopo il clamoroso fatto di DOPING (body building) portato alla ribalta nazionale dal settimanale Panorama qualche tempo fa, e alla luce dei nuovi fatti accaduti al Giro d’Italia, la partenza della tappa da Rovereto il 31 maggio p.v., mi da un senso di grande disagio. Infatti il nome della”mia Rovereto” (suo malgrado) per la seconda volta (in poco più di un mese) verrà associato a fatti sportivi inerenti il doping. Il 1°caso lo abbiamo in casa, il 2° lo ospitiamo e a me personalmente questa cosa non piace. Purtroppo che si voglia o no iI Giro d’Italia è diventato la grande vetrina nazionale del doping ….. e passa come esempio sotto gli occhi dei nostri ragazzi. Tutti sanno che il ciclismo è largamente dopato, (chi non ricorda che un “Campionissimo” del passato ad un controllo fu trovato “INCINTO”). Tutti sanno che la maggior parte dei culturisti si dopano e tutti sanno che anche le olimpiadi sono in gran parte dopate. Più uno sport è ricco e più c’è doping. Il mondo dello sport professionistico….? È un mondo ipocrita ! Atleti che iI giorno prima giurano di non doparsi, il giorno dopo vengono trovati positivi……e piangendo in diretta TV, dicono che è colpa del caffèlatte della nonna, oppure:

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Mi sono agitato e… automaticamente il mio corpo ha reagito alterando i miei valori….…. Ma per piacere! Lo sapevate che la positività alla caffeina, nel 90% dei casi serve a “mascherare”cose ben più pesanti, ma è la squalifica ad essere molto più leggera? Purtroppo anche il pianto in diretta rende loro migliaia di euro. Dovrebbero sottoporsi tutti ad un corso forzato di dignità. Non sono da esempio ai giovani, ne come atleti e tanto meno come uomini. I peggiori però sono gli Ex dopati, quelli che ci fanno la predica sull’ etica nello sport, ……loro……che con il doping, ci sono andati a nozze  per anni. Purtroppo il messaggio che scaturisce da tutto questo è: Dopatevi !  Ma fatelo bene! Vincerete, avrete successo popolarità    e denaro! Se vi pescano? No problem ! Ci sono sportivi del passato, squalificati perché trovati positivi, che ora ricoprono cariche prestigiose. (Quando mai un “BIG” dello sport ha denunciato qualcuno del suo team?)Ecco così svelato il perché di tanta OMERTA’ nello sport professionistico.Se invece di sport ci vivete, provate a denunciare il doping. Avrete tante parole d’elogio…… e probabilmente finirete senza lavoro e nel dimenticatoio. Fermate il mondo voglio scendere

27 gennaio 2004Pugno duro della Federcalcio per i giocatori che dicono no ai controlli sangue-urine: scatteranno le analisi a sorpresaDoping, niente nazionale per chi rifiuta i test incrociati Slittano all'autunno le assemblee per il rinnovo dei verticiROMA - La Federcalcio passa alle misure forti contro i giocatori che rifiuteranno il test sangue-urine: per loro scatteranno i controlli antidoping sorpresa e saranno esclusi dalla nazionale. Il presidente della Figc, Franco Carraro, è molto esplicito anche se ha sottolineato che il rifiuto di alcuni giocatori non deve preoccupare dato che i nuovi controlli sono ancora "in una fase di rodaggio". "È una novità - ha affermato al termine della riunione del Consiglio federale - e siamo il primo paese che lo fa nel corso del campionato. Il nostro obiettivo è che entro la fine della stagione la percentuale di quanti rifiutano il prelievo siano vicini allo zero". La decisione di non chiamare in azzurro chi rifiuta i test sangue-urine potrebbe stupire. Se non fosse che agli Europei in Portogallo e alle finali degli Europei under 21 questi controlli saranno obbligatori. Nel consiglio di oggi si è anche parlato dell'assemblea straordinaria fissata per il prossimo 2 febbraio e rinviata per due motivi: il Consiglio vuole aspettare un approfondimento sul problema dello statuto dopo il provvedimento Urbani-Pescante che ha riformato la legge Melandri. Ma è anche lo scontro tra la Lega e altre componenti, compresa la Federcalcio, a impedire di fatto che lunedì si possa svolgere l'assemblea, già sfumata nella sostanza nel settembre scorso proprio, causa l'ostruzionismo della Lega. A questo proposito il vice presidente della Lega Antonio Matarrese ha detto che con il rinvio si è voluto evitare "che la Figc subisca un altro affronto e che si arrivi a un altro scontro che non fa bene al calcio". Parole tutto sommato distensive, che avvicinano le parti, che quanto meno sembrano animate da buoni propositi nel discutere prima di decidere. Certo, l'Assemblea avrebbe accelerato i tempi ed avrebbe messo i paletti (leggi regole, ndr) prima dell'iscrizione ai vari campionati che, come ha ricordato Carraro alla fine del Consigilio federale, "è decisa dalla Covisoc". "Se dovessimo organizzare l'Assemblea straordinaria - ha continuato il presidente Figc - non possiamo farla prima degli Europei ma soltanto dopo, visti gli impegni internazionali pressanti". Dunque discorso rinviato a data da destinarsi e con altre idee in testa, perché adesso l'interesse principale è verso la nazionale che giocherà gli Europei a giugno ma che prima sarà interessata da una serie di amichevoli di preparazione. "Personalizzare lo scontro tra Lega e Federcalcio - ha proseguito Carraro - non è giusto. Quello che è avvenuto la scorsa estate ha portato a conseguenze drammatiche, ma il diritto di veto non si può estendere a tutte le materie". Carraro ha anche illustrato il calendario messo a punto per i rinnovi dei vertici di Leghe e Federazione: a metà ottobre si svolgerà l'assemblea della Figc mentre a settembre ci saranno quelle delle Leghe e delle varie componenti tecniche. Tra i provvedimenti presi oggi dal Consiglio federale ci sono anche alcune modifiche al manuale delle licenze Uefa per consentire l'avvio nell'ambito della Figc. Il Consiglio federale ha recepito la nuova lista Wada (agenzia mondiale antidoping), delle sostanze vietate approvata dalla giunta Coni il 23 gennaio scorso. Carraro ha infine annunciato di aver deciso di presentare la sua candidatura all'esecutivo Uefa, al congresso il programma il 22-23 aprile a Cipro. Infine, ma non meno importante, Carraro ha affrontato l'argomento riguardante il decreto spalma-ammortamenti: "Il calcio ha commesso errori, ma chi sostiene che lo Stato abbia aiutato il calcio dice il falso. Noi uomini di

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calcio riteniamo sia ingiusto subire processi demagogici. Certo è che si devono esaminare con freddezza i problemi. Io dico sì all'attenzione sui conti del calcio, ma questa attenzione non deve essere costosa".19 gennaio 2004L'apposita commissione del ministero presenta i primi datiL'uso di sostanze vietate diffuso soprattutto negli sport minoriDoping, un anno di controlli positivi tre sportivi su centoIl generale Borghini (Nas): "Si teme interesse della criminalità"E il 65-70% degli atleti prende troppe medicine e integratoriROMA - Doping, fenomeno allarmante e in continua espansione. Lo confermano i dati raccolti dall'apposita commissione ministeriale nel suo primo anno di attività: è risultato positivo il tre per cento degli sportivi italiani sottoposti a test. Nel corso del 2003 sono stati effettuati 735 controlli su 34 federazioni sportive. Ed è emerso un preoccupante aumento dell'uso di sostanze vietate, soprattutto tra chi pratica gli sport cosiddetti minori. Non più quindi soltanto ciclisti, calciatori e corridori ma anche culturisti e appassionati del tiro a volo. I controlli antidoping del Coni e delle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 avevano dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commissione di vigilanza sul doping, "è stata riscontrata una percentuale di positività cinque volte maggiore". Allarmanti sono anche i dati relativi all'assunzione di medicine e integratori: il 65-70% degli atleti sottoposti a controllo antidoping ha dichiarato di prendere farmaci, soprattutto antinfiammatori non steroidei, assunti nel 35% dei casi, nel 37% integratori e nel 2% prodotti erboristici o omeopatici. "Gli sportivi di casa nostra - ha commentato Luciano Caprino, ordinario di Farmacologia all'Università La Sapienza di Roma e vice presidente della commissione - prendono troppi integratori e farmaci per uso diverso da quello indicato e autorizzato, con altissimi rischi di effetti collaterali". Tornando al doping, la scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il fenomeno fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio. Tutti gli altri sono stati fatti su federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione italiana triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (due casi su quattro); la Federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (quattro su 16); la Federazione italiana tiro a volo, con il 12,5%; la Federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività. I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping. Molte le riflessioni suscitate dal fatto che ad utilizzare le sostanze siano proprio gli atleti che praticano sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. "È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere". Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. "Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati è risultato più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti". Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella Finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione. E dietro il doping ci sono sicuramente vastissimi interessi economici. E, come ha sottolineato il comandante dei Nas, generale Emilio Borghini, durante il convengo "c'è un'ipotesi di coinvolgimento della criminalità organizzata dietro il traffico di sostanze dopanti". "Fortunatamente è intervenuta la legge 376 - ha aggiunto l'ufficiale - che prevede anche sanzioni penali. Attualmente ci sono controlli in tutta Italia".

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I DANNI ALLA SALUTE CHE PROVOCA L’EPO

Il metodo cosiddetto dell’emotrasfusione e l’ormone eritropoietina rappresentano due fondamentali mezzi di doping ematico nella pratica dello sport, soprattutto nelle specialità di resistenza, laddove – cioè – è di fondamentale importanza il possesso di efficienti meccanismi di trasporto dell’ossigeno ai diversi distretti organismici e di cessione dello stesso ai tessuti impegnati nel lavoro.L’eritropoietina è, come detto, una sostanza ormonale prodotta naturalmente dall’organismo sano, che svolge il fondamentale compito di stimolare la produzione e la crescita dei globuli tossi (o eritrociti o emazie). Questa funzione di stimolazione dell’eritropoiesi viene esercitata dall’eritropoietina nel midollo osseo, sul gruppo cellulare cosiddetto dell’eritrone. L’eritropoietina agisce soltanto sulle cellule più adatte, essendo in grado di attivare una sorta di selezione che elimina le cellule meno buone, consentendo solo ad alcune di passare attraverso differenti linee di maturazione e di diventare, alla fine, eritrociti. Tale processo, in verità assai complesso, si definisce apoptosi. Questo processo è tipico dell’eritropoietina endogena, ma non di quella introdotta dall’esterno (esogena, industrialmente prodotta, allo scopo di curare alcune gravi patologie renali).L’eritropoietina ricombinante umana (rHuEPO) non è in grado, infatti, di selezionare, all’interno dell’eritrone, le cellule più adatte per diventare eritrociti: tale incapacità di discernimento (risultante nell’inibizione dell’apoptosi) comporta che tutte le cellule dell’eritrone, anche quelle imperfette, passino attraverso i previsti livelli di maturazione e diventino eritrociti. Secondo le segnalazioni provenienti dalla letteratura scientifica, ciò comporterebbe il rischio di sviluppare nel tempo addirittura malattie tumorali oltre che altre gravi patologie (eritroleucemia, policitemia vera, aplasia della serie rossa da formazione di anticorpi anti-EPO, leucemia mieloide acuta da aumentata concentrazione di EPO nel sangue, ecc).Ma sono diversi i rischi che, oltre a quello sopradescritto, sono insiti nell’uso – specie se massiccio e se protratto, come avviene in diversi atleti - dell’eritropoietina ricombinante:tendenza alla trombofilia, indipendente dal valore di ematocrito: infatti, l’EPO ha la capacità di inibire fattori della coagulazione del sangue, come la proteina "S", motivo per il quale – anche con valori di ematocrito assai bassi – può verificarsi la formazione di trombi intravascolari, nei diversi distretti ed organi corporei (fegato, reni, polmoni, ecc.);tendenza alla trombofilia, dipendente dal valore dell’ematocrito: infatti, l’emoconcentrazione, dovuta all’incremento della massa dei globuli rossi circolanti, può comportare la formazione di grumi e di coaguli sanguigni, all’interno sia delle cavità cardiache atriali e ventricolari sia dei vasi sanguigni, venosi ed arteriosi, dei diversi distretti ed organi corporei (fegato, reni, polmoni, ecc.);emoconcentrazione, ovvero neutralizzazione del fenomeno della emodiluizione (cosiddetta pseudo-anemia dell’atleta di resistenza), che è fenomeno decisamente positivo, soprattutto perché responsabile sia di un miglior rendimento meccanico del cuore, sia della costituzione di una elevata riserva di liquidi da impiegare per la sudorazione;potenziale incremento delle resistenze vascolari nelle zone profonde del cervello , con possibile instaurarazione di un invecchiamento precoce delle strutture, di anticipazione delle modificazioni degenerative età-dipendenti, di alterazione del ruolo fisiologico delle sostanze deputate alla trasmissione degli impulsi nervosi, di aumento delle azioni negative esercitate dai radicali liberi, ecc.);ipertensione, conseguente sclerosi vascolare (nei diversi distretti ed organi corporei, come fegato, reni e polmoni) ed accresciuto rischio di infarto;convulsioni;encefalopatia ipertensiva;leucoencefalopatia (con modificazioni della sostanza bianca cerebrale.Alcuni dei danni connessi all’utilizzazione dell’EPO ricombinante umana, a scopo di doping, sono tipici anche della pratica dell’emotrasfusione, della quale l’uso di EPO può essere considerata come una più "moderna" continuazione. L’emotrasfusione comporta, da parte sua, altri rischi assai gravi:emolisi, con massiccia distruzione di globuli rossi, dovuta soprattutto a sangue non compatibile e manifestantesi con la comparsa nel plasma e nelle urine di emoglobina, arrossamento del volto, dolori addominali, ecc.;emosiderosi, ovvero aumento dei depositi di ferro nel fegato, nel pancreas, nel cuore e nelle ghiandole, con rischio di sviluppare una emocromatosi;

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ipertermia, ovvero pericoloso incremento della temperatura corporea, in seguito a stimolazione del centro termoregolatore da parte di sostanze pirogene (prodotte da inquinanti batterici del sangue conservato), con conseguente inefficace processo di smaltimento del calore corporeo;ittero emolitico, per passaggio dei pigmenti biliari, dal circolo sanguigno ai tessuti;nefrite, ovvero insieme di lesioni reattive sia dei glomeruli renali sia delle microscopiche anse capillari che ne fanno parte, ipertensione arteriosa, alterazioni dell’urina (nel ritmo, nella quantità, nelle modalità di escrezione, nelle stesse caratteristiche chimico-fisiche);reazioni allergiche a conservanti, a farmaci e ad altri additivi del sangue, con possibilità di reazioni umorali (febbre, orticaria, dolori agli arti, ingrossamento delle ghiandole linfatiche), alterazioni anche gravi di cute e mucose (eruzioni, fotodermatosi, edema dei tessuti, congiuntiviti, riniti, nefriti), depressione della funzionalità del midollo osseo (con comparsa di anemia, trombocitopenia, agranulocitosi, ecc.), epatite allergica;shock emolitico, con cefalea, artralgie, lombalgia, vertigine, sudorazione, brividi, febbre, collasso cardiocircolatorio, ipotensione, perdita della coscienza, ecc.).

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IL NANDROLONE, UN DOPING ANTICO

Il Nandrolone, rinvenuto nei test antidoping effettuati su molti atleti - ultimi la velocista giamaicana Merlene Ottey e lo sprinter britannico-olandese Douglas, è uno steroide anabolizzante apparso sul mercato nel 1959. E', forse, assieme al testosterone, l'ormone che presiede a molte funzioni biologiche riguardanti la forza, uno dei prodotti dopanti più utilizzati nello sport. Prescritto normalmente per curare la magrezza costituzionale, la denutrizione e la fragilità delle ossa, soprattutto negli anziani, viene utilizzato dagli sportivi per "gonfiare" i muscoli e fare fronte, in questo modo al "catabolismo", cioè alla distruzione della massa muscolare dovuta agli allenamenti intensi. La presenza del Nandrolone nelle urine è misurata attraverso l'identificazione di due metaboliti, il 19 NA e il 19 NE, che sono il prodotto finale della degradazione della sostanza nell'organismo. E' ancora controverso dal punto di vista scientifico se l'uomo possa produrre in via endogena il Nandrolone. Una minima quantità di questa sostanza è stata rilevata nelle urine delle donne incinte. Ma si tratta di entità minime: da 1 a 2 nanogrammi (un nanogramma = un miliardesimo di grammo). Molto recentemente il dottor Louis Dehennin, che già aveva evidenziato la possibilità di rintracciare  Nandrolone nelle donne in stato di gravidanza, ha constatato che tracce di Nandrolone potrebbero trovarsi anche nell'uomo. Per questo, anche se al momento i regolamenti del CIO non prevedono un "barrage", cioè che la positività venga legata al superamento di una certa quantità rilevate nelle urine, i laboratori internazionali di controllo antidoping hanno trovato una sorta di "gentleman agreement", per cui si considera "positivo" l'atleta nelle cui urine la concentrazione dei metaboliti del Nandrolone superi i 2 nanogrammi. Negli ambienti sportivi c'è l'opinione che questa sostanza non sia particolarmente dannosa per il fisico umano. Ma è un'impressione sbagliata: il Nandrolone rischia di provocare oppure di accentuare (se ereditaria) la tendenza al diabete; provoca, inoltre problemi al sistema cardiovascolare, delle disfunzioni al pancreas oltre che a "mascolinizzare" marcatamente l'aspetto delle donne.

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IL DOPING DA GH

IntroduzioneLo sport è non solo esperienza fisica, ma anche educazione a valori quali l'autodisciplina, il rispetto per se stessi,  per l’avversario e per le regole; volontà e spirito di sacrificio. Negli ultimi anni, il notevole incremento delle conoscenze di fisiologia umana, ha permesso lo sviluppo di nuove pratiche d’allenamento atte al miglioramento delle prestazioni degli atleti nelle competizioni sportive. Tale conoscenza, accanto a tecniche e metodi leciti ha altresì aperto nuovi orizzonti anche per quanto riguarda metodologie di doping nuove e più sofisticate. Per doping s’intende oggi l'uso non giustificato da motivi terapeutici di farmaci e l'adozione di pratiche o artifici tesi ad accrescere artificialmente il rendimento psicofisico. Nello sport il ricorso ad agenti dopanti costituisce non solo un illecito sportivo, ma mina il valore della competizione sportiva distruggendone i valori morali, etici, sociali. E - quel che più conta - il più delle volte è dannoso alla salute.Prima dei recenti sviluppi scientifici, il doping più frequentemente praticato, era costituito dal ricorso a xenobiotici, ad esempio stimolanti, facilmente rintracciabili nelle urine. La tecnica del DNA ricombinante, ha permesso la preparazione d’ormoni peptidici dalla struttura identica a quell’umana in grandi quantità, ad esempio l’eritropoietina e l’ormone della crescita (Growth Hormone, GH). La disponibilità di tali ormoni, per la medicina tradizionale, ha rappresentato un enorme progresso, permettendo la cura di patologie invalidanti, ad esempio il nanismo ipofisario. Ma - per contro - ha consentito anche un uso atipico, fuori dalle normali terapie allo scopo di migliorare le prestazioni fisiche. Ad esempio, l' rGH, è attualmente ampiamente utilizzato a scopo di doping in quegli sport che necessitano l’incremento delle masse muscolari. L’abuso di tali sostanze, fuori dai tradizionali limiti terapeutici, pone nuove problematiche e impone lo sviluppo di nuove strategie di controllo.FisiologiaL’ormone della crescita (growth hormone, GH) è un ormone polipeptidico, costituito da una sequenza di 191 aminoacidi, del peso di 21.500 D, con una emivita di 20-50 minuti, sintetizzato dall'ipofisi anteriore.Secrezione. La secrezione del GH è sotto il controllo di due fattori ipotalamici: il growth hormone-releasing hormone (GRH), che è stimolante e la somatostatina (SS), che è inibente. Questi due ormoni sono parte di un complesso meccanismo di regolazione influenzato da fattori metabolici, ormonali e neurologici (Tab.1).

Tab. 1: Fattori che influenzano la secrezione del GH.Fattori stimolanti Fattori inibentiFISIOLOGICI

SonnoEsercizio fisicoStressIperaminoacidemia post-prandialeIpoglicemia post-prandiale

FISIOLOGICIIperglicemia post-prandialeAcidi grassi circolanti 

FARMACOLOGICI  InsulinaGRHACTH, aMSH, vasopressinab-endorfinaEstrogeniAgonisti a-adrenergici (clonidina)Antagonisti b-adrenergici (propanololo)Dopamino agonisti (levodopa, apomorfina, bromocriptina)GABA agonisti (muscimol)Pirogeni

FARMACOLOGICISomatostatinaGHProgesteroneGlucocorticoidiAntagonisti a-adrenergici (fentolamina)Agonisti b-adrenergici (isoproterenolo)Serotonino antagonisti (metisergide)Dopamino antagonisti (fenotiazine) 

PATOLOGICIDeplezione proteicaCachessiaAnoressia nervosaInsufficienza renale cronica

PATOLOGICIObesitàIpo ed ipertiroidismo 

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Acromegalia

La modalità della secrezione è pulsatile, con una periodicità di circa tre ore, con picchi associati all’assunzione dei pasti e all’attività fisica. Il 70% della produzione del GH avviene nel sonno notturno, con picchi durante le fasi 3 e 4. I picchi secretori si diradano progressivamente con il passare degli anni. La produzione giornaliera in un adulto sano e dell’ordine di 400 micg. Il GH circola nel plasma legato a proteine simili alla porzione esterna del recettore per il GH: growth hormone binding protein (GHBP). I valori ematici medi nell’adulto a digiuno al mattino sono inferiori a 5 mcrg/ml. L'attività fisica determina una secrezione del GH, inversamente correlata al grado di allenamento, in relazione con la soglia anaerobica.Gli effetti del GH sono in parte diretti, come ad esempio l’effetto diabetogeno e lipolitico ed in parte mediati da fattori insulino simili: Insulin Growth Factor (IGF-1, IGF-2). L’IGF-1 è prodotta in numerosi tessuti dove agirebbe sia per via autocrina che per via paracrina. La quota circolante è essenzialmente di produzione epatica. Le IGF sono legate a proteine vettrici le IGF-binding protein (IGFBP), di cui attualmente ne sono state identificate 6. Il 75 % dei peptidi IGF circolano legati ad una molecola di IGFBP3 ed a una proteina denominata Acid-Labile subunit (ALS), costituendo un composto ternario. L’emivita della IGF è di circa 10 minuti, di 1-2 ore se legata alla IGFBP, mentre il composto ternario ha emivita di 12-15 ore. Sia la IGFBP3 che la ALS sono indotte dal GH. L’IGF-1 agisce stimolando la sintesi proteica ed inoltre stimola l’eritropoiesi e la steroidogenesi. Grazie alla tecnica del DNA ricombinante è attualmente disponibile per la terapia, ad esempio del nanismo di Laron: pazienti in cui mancano i recettori per il GH e quindi sono nani con elevati valori di GH e assente IGF-1.L'asse GH-IGF agisce fisiologicamente sul metabolismo glicidico, determinando iperglicemia; protidico, aumentando la captazione cellulare di amminoacidi ed accelerando trascrizione e traduzione di mRNA, favorendo quindi l'anabolismo proteico e lo sviluppo delle masse muscolari; lipidico, determina lipolisi con aumento degli acidi grassi liberi e dei corpi chetonici.Uso ed abusoNei pazienti affetti da deficit di GH, per la terapia sostitutiva, si somministrano da 0.1 a 1 mg al giorno. Probabilmente la dose dell'ormone utilizzata a scopo di doping è notevolmente maggiore. Per evidenti motivi, non vi sono studi controllati sugli effetti dell'abuso del GH.Gli effetti collaterali osservati nei pazienti affetti da deficit di GH posti in terapia con rGH, soprattutto quando agli esordi di tale terapia si prescrivevano dosaggi più elevati degli attuali, sono: ritenzione di fluidi, edemi, sindrome del tunnel carpale, artralgie, mialgie, parestesie, lipoatrofia nei punti di inoculazione, ginecomastia, ipertensione intracranica benigna con papilledema e cefalea, pancreatite acuta. Vi sono dati non confermati che indicherebbero un’aumentata incidenza di leucemia.Nell’acromegalia, patologia dovuta alla presenza di un adenoma ipofisario secernente GH, le alterazioni sono correlate sia con i valori del GH che con la durata della malattia. Anche se, probabilmente, l’abuso a scopo di doping non porta ai livelli plasmatici di GH elevatissimi che si riscontrano in questa condizione, vogliamo citare gli effetti sistemici dell’abnorme secrezione di GH: iperglicemia, cardiomegalia con cardiomiopatia, cardiopatia ischemica, sindrome del tunnel carpale, acromegalia, visceromegalia, poliposi intestinale, patologia nodulare tiroidea, possibile induzione neoplastica soprattutto a livello del colon, ipertensione arteriosa, ipertricosi, dislipidemia.Controllo anti-dopingL'uguale struttura molecolare fra ormone nativo (endogeno) e ormone ricombinante (assunto per via esogena) non ne permette ancora la distinzione in laboratorio con i mezzi attualmente a disposizione.  Mentre il tipo di secrezione (a picchi) e la breve emivita rendono assai difficile la ricerca di questa sostanza nei test antidoping sia sul sangue che sull'urina. Anche se da tempo in varie parti del mondo (anche in Italia) si stanno conducendo studi tesi proprio a questo obbiettivo. Mentre nell'applicazione di un eventuale metodo antidoping si dovrebbe tener conto anche dei tempi: test pre-gara o a sorpresa piuttosto che i tradizionali prelievi post gara che potrebbero dare adito a falsi positivi. Attualmente non si conoscono ancora metodi e analisi sensibili e sicure per identificare il doping da rGH. Anche se un'equipe europea (cui partecipano anche ricercatori dell'Università di Napoli) ci sta lavorando e sembra molto vicina all'obbiettivo. Per il futuro, dunque, si dimostrano necessari: a) analisi di campioni di sangue durante il periodo di allenamento, con dosaggio di IGF-1, IGFBP-2, IGFBP-3;

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 b) una più stretta collaborazione con le case farmaceutiche che producono l’rGH per evitare che partite di tale preziosa risorsa della clinica endocriologica, finiscano sul "mercato" del doping.

I CORTICOSTEROIDICon il termine corticosteroidi, o più correttamente steroidi corticosurrenaIici, si rappresenta unaserie di sostanze prodotte dalla corteccia surrenale la cui sintesi è regolata dall'ipofisi attraversol'ormone corticotropina (ACTH). Del consistente numero di corticosteroidi surrenalici immessi in circolo soltanto alcuni sono significativamente biologicamente efficaci. Sono quelli che si legano direttamente alle cellule bersaglio, mentre i restanti sono inattivi o precursori di molecole attive. La classificazione di questi composti viene effettuata in base alla capacità di poter intervenire sul metabolismo glucidico (gIucocorticoidi); oppure alla possibilità di provocare una ritenzione salina (mineraIcorticoidi) ed all'espletamento di attività androgena ed estrogena. Nel contesto del tema "doping" sono di relativa importanza soltanto i glucocorticoidi.Il più importante glucocorticoide presente negli esseri umani è il cortisolo noto anche comeidroicortisone. Tale sostanza viene prodotta dall'organismo con ritmo circadiano (prevalentementenel sonno) in quantità pari a 10 - 20 mg/die. Una volta prodotto ed immesso in circolonell'organismo viene legato per circa il 75% ad una proteina specifca (CBG), la quota rimanente eche rappresenta la parte attiva è legata all'albumina.L'emivita, plasmatica del cortisolo è di circa 60 - 90 minuti, il 20% è convertito in cortisone esuccessivamente ambedue le molecole sono inattivate a livello epatico; soltanto l' 1% del cortisoloprodotto viene escreto tal quale nelle urine.L'azione biochimica, di questa sostanza si espieta principalmente a livello del DNA cellulareattivando, od inibendo, zone dello stesso e quindi stimolando o reprimendo la produzione diproteine geneticamente determinate. Altresì è stato dimostrato che alcune ed importanti reazionibiochimiche possono avvenire soltanto in presenza di glucocorticoidi sebbene la loro velocità siaindipendente dalla concentratone degli stessi.In particolare i glucocorticoidi influenzano il metabolismo dei carboidrati , delle proteine e degliacidi grassi; queste proprietà, in caso di abuso, sono responsabili degli effetti collaterali collegatialla sommiinistrazione di queste sostanze.I glucocorticoidi stimolano la glicogenogenesi, favoriscono la produzione di glucosio dal catabolismo proteico ed inibiscorto la captazione di quest'ultimo da parte delle cellule adipose con consequenziale aumento della lipolisi. In ogni caso lo stimolo alla produzione di insulina correlato alla glicogenogenesi annulla l'effetto lipolitico facendo in modo che il bilancio finale sia correlato ad un aumento dei depositi di grasso.Sebbene queste sostanze stimolino la sintesi di RNA e delle proteine l'effetto catabolico esercitatosu questultime è di gran lunga superiore. Ovviamente tale situazione si verifica quando laconcentrazione dei glucocorticoidi circolanti è superiore a quella fisiologica (quindi in caso disomministrazione) infatti oltre ad un aumentato catabolismo dei grassiì, si riscontra un aumentatatocatabolismo della massa muscolare, della cute, del tessuto linfatico e dei tessuto connettivo;associata a queste situazioni è evidenziabile una demineralizzazione delle ossa con conseguentimanifestazioni di osteoporosi.Dal punto di vista terapeutico i glicocorticoidi vengono utilizzati per le loro accertate attivitàantinfiammatorie ed immunosoppressive; l'attività antinfiammatoria viene espletata attraversol'inibizione della fosfolipasi A2, aumentando la concentrazione dei polimorfinucIeati neutrofili ediminuendo quella delle altre categorie in cui sono suddivisi i globuli bianchi. L'inibizionedell'attività della fosfolipasi A2 comporta una diminuzione della produzione di prostaglandine e dileucotrieni fattori determinanti l'instaurazione di un processo infiammatorio.Qualora applicati localmente i corticoidi provocano una vasocostrizione, con conseguentediminuzione della permeabilità dei vasi sanguigni capillari, e producendo come effetto finale unadiminuzione del rilascio di istamina da parte dei granulociti basofili.Si tralasciano gli aspetti biochimici associati all'attività immunosoppressiva di questi farmaci inquanto non dInteresse per l'argomento in oggetto.Data l'enorme importanza che a tutt'oggi questi farmaci rivestono per la cura dell'infiammazione e di altri disordini imnunitari appare ovvio che la ricerca scientifica sia stata indirizzata verso la realizzazione di molecole sintetiche più efficaci ed efficienti di quelle prodotte dall'organismo. I glucocorticoidi di sintesi,

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prodotti utilizzando acido colico come molecola basale, differiscono lievemente da quelli naturali, ed in particolare, le modificazioni apportate sono state indirizzate quasi esclusivamente ad aumentare l'emivita delle sostanze stesse lasciando inalterate le attività biochimiche espletate.

Nella tabella qui sotto i glucocorticoidi sintetici più comunemente ufflizzati

Glucocorticoidi ad azione breve Glucocorticoidi ad azione intermedia Glucocorticoidi ad azione protratta

Cortisone Triamcinolone BetametasoneFluocortone Parametasone Desametasone6-Metilprednisolone Fluprednisolone  Meprednisone    Predinsone    Prednisolone    

Gli effetti collaterali derivanti dalla sommnustrazione di glucocorticoidi sono consequenziali sia alla quantità della sosstanza sommnustrata che alla durata dei trattamento. Bassi dosaggi e tempi di somministrazione brevi non evidenziano l'insorgenza di effetti collaterali degni di rilievo. Viceversa somministrazioni pari a 50 - 100 mg/die (dose equivalente) comportano la comparsa di arrotondamento e rigonfiamento del viso, aumento della peluria sulle cosce e sul tronco, insonnia ed aumento dell'appetito. Qualora il trattamento, con le sopracitate quantità, venisse protratto nel tempo potrebbe verificarsi l'insorgenza di effetti indesiderati ben più gravi quali: aumento di peso, riduzione delle masse muscolari iperglicemia, osteoporosi ulcere gastriche, psicosi, cataratte, glaucorna, ritenzione di sodio e perdita di potassio, ipertensione arteriosa, micosi ed infezioni batteriche.In ambito sportivo la somministrazione di corticosteroidi è proibita ad eccezione dell'uso topico (orecchio, occhi, derma) , per inalazione e per via intrarticolare (che comunque deve essere segnalata per iscritto, èreventivamente dal medico curante, agli organi competenti). La somministrazione per via rettale è comunque proibita.

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LE NUOVE FRONTIERE DEL DOPINGSOSTITUTI DEL SANGUE: UN PERICOLO FACILMENTE NEUTRALIZZABILE

Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica e la ricerca scientifica in campo medico non subiscono battute d’arresto. Ne sono riprova le numerose molecole e/o preparazioni – di indubbia efficacia – che vengono continuamente immesse sul mercato.Tra le ultime novità ecco "sostituti del sangue" che rivestono un ruolo assai importante per quanto riguarda la salute pubblica, in quanto ricoprono un ruolo fondamentale nelle terapie di pronto soccorso e in certi interventi chirurgici a carattere di emergenza. Fino a pochi anni fa era ritenuto impossibile produrre sinteticamente prodotti alternativi al fluido biologico indispensabile alla vita umana. Oggi non è più così. Naturalmente si tratta di sostituti "sui generis", cioè prodotti ben lungi dall’espletare tutte le funzioni biochimiche del sangue. Ma, essendo caratterizzati dalla capacità di trasportare l’ossigeno, rappresentano una valida alternativa quando si presenti questa necessità negli interventi chirurgici più delicati. La maggior parte delle attività immunologiche e coagulative del sangue, dunque, non sembra attualmente riproducibile in termini di sintesi, ragion per cui la ricerca si è rivolta verso la caratteristica più abbordabile, quella, appunto del trasporto di ossigeno.Questi prodotti che citeremo come "trasportatori di ossigeno", pur essendo incompleti dal punto di vista biochimico, presentano alcuni considerevoli, vantaggi rispetto alle usuali trasfusioni. Tra questi c’è prima di tutto la disponibilità (il sangue omologo o anche eterologo non sempre è disponibile) , il lungo periodo di conservazione, la possibilità di essere completamente slegati dai gruppi sanguigni e dalla presenza o meno del fattore "rh" nella somministrazione e l'elevato rapporto molecolare di trasporto. Le tecnologie utilizzate per la loro produzione differiscono a seconda del tipo di "trasportatore d’ossigeno". Attualmente ne esistono di due soli tipi: i trasportatori a base emoglobinica e i perfluoroderivati. Per quanto riguarda i trasportatori a base emoglobinica il primo approccio scientifico di produzione è stato quello di utilizzare l’emoglobina estratta dai globuli rossi umani. Tale tipo di tecnica è risultata scarsamente praticabile in quanto la molecola dell’emoglobina, costituita da quattro sub-unità, una volta infusa si divide in due parti ciascuna delle quali comprende due sub-unità, con conseguente diminuzione della capacità legante dell’ossigeno. Inoltre, tale forma molecolare risulta tossica per l’organismo e crea numerosi problemi di carattere biochimico. L’ipotesi di utilizzare emoglobina umana è stata presto scartata. I trasportatori di ossigeno della prima generazione sono stati, dunque, realizzati attraverso la produzione di emoglobina modificata attraverso tecniche genetiche a DNA ricombinante cross-legandola in modo tale da dare origine a forme di poliemoglobina. Questa soluzione (cross-legare chimicamente l’emoglobina) ha risolto il problema della sua instabilità e questa procedura è stata estesa coniugandola con polimeri solubili: sono nate così le cosiddette "emoglobine coniugate". Esistono, inoltre, altre combinazioni di cross-legame chimico con altre sostanze realizzate a seconda delle necessità clinico- terapeutiche di utilizzo.Nell’altra classe di trasportatori di ossigeno la molecola di base è un perfluoro derivato. I perfluoro derivati presentano una elevata capacità di rendere solubile l’ossigeno, tale da consentire concentrazioni superiori fino a 50 volte quelle presenti nel plasma normale. Questi prodotti, però, necessitano di essere legati ad altre particelle, che, nel caso specifico, sono rappresentate da prodotti lipidici. Tale combinazione, in soluzione acquosa, dà origine ad una emulsione costituita da particelle molto piccole, che può essere infusa nel paziente. I prodotti di prima generazione sono stati praticamente dismessi in quanto poco efficaci: la quantità "fisiologica" che poteva essere somministrata non dava luogo ad apprezzabili benefici. La situazione è migliorata con l’introduzione dei perfluorocarburi e di altre molecole quali il perfluorottilbromuro, utilizzanto lecitina come supporto. Essendo trasportatori di ossigeno ed essendo la capacità di trasportare ossigeno fondamentale nelle discipline sportive, specie quelle a base aerobica, è chiaro come la possibilità che tali sostanze siano utilizzate per alterare la performance agonistica sia reale. Ma una tale pratica al di fuori dal necessità cliniche legate ad una qualche patologia non può essere consentita e quindi va inquadrata come vera e propria pratica doping. Tra l’altro, nonostante i dati a disposizione siano ancora pochi, data la relativamente recente introduzione di tali preparati, si ritiene che l’abuso o l’uso non terapeutico di tali sostanze possa comportare, nel caso di componenti emoglobinici gli stessi problemi legati al cronico utilizzo delle trasfusioni (non infettivologici); per i perfluoroderivati sono stati già evidenziati effetti indesiderati per il fegato.Fortunatamente tali sostanze sono facilmente rintracciabili e questo rappresenta il freno maggiore ad una loro potenziale diffusione. Infatti, anche un comune laboratorio dotato di una banale apparecchiatura quale lo

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spettrofotometro, un cromatografo liquido ad alta prestazione (HPLC) ed un emogasanalizzatore, non lascerebbe scampo ai soggetti che praticassero questo tipo di abuso.Ma, naturalmente, occorre una ricerca mirata e nelle procedure del Cio questa semplice verifica non c’è ancora.

ECCO LA SUPER-EPONESP, O ARANESP, O DARBEPOETINA

COS'E':La Darbepoetina (nome comune, Nesp, ovvero: Novel Erithropoiesis Stimulating Protein o Aranesp) è una proteina sintetica che stimola la produzione dei globuli rossi del sangue. Prodotta dalla Amgen di Los Angeles con tecniche ricombinanti, è un farmaco prezioso per curare i malati di reni, alcuni tipi di tumore, i dializzati e le anemie. E’ più costosa dell’epo, ma dieci volte più efficace. COME LA USANO:Si somministra per iniezioni endovenose o sottocutanee. La struttura chimica (è coniugata con 5 molecole di acido sialico, invece di due) consente una lunga permanenza nell’organismo ed espleta la sua attività più a lungo; una dose basta per una settimana, mentre con l’epo, a parità di effetti, occorrono dosi almeno bi-giornaliere.GLI EFFETTI:Si hanno entro otto giorni dall’iniezione; e consistono nell’aumento dei globuli rossi, il che vuol dire più capacità di trasportare ossigeno ai muscoli, cioè migliori prestazioni a base aerobica (sport di resistenza) e migliore recupero.LE PRESTAZIONI:Il miglioramento della disponibilità di ossigeno è valutato fra il 9% e il 20% (Ekblom)

L'EMATOCRITO:L’ematocrito (parte corpuscolata del sangue) sale dai valori-base 42%-44% fino aL 60% ed oltre, secondo le dosi e la durata del trattamento.EFFETTI COLLATERALI:Simili a quelli dell'epo:IMMEDIATI: infezioni, ipertensione, epilessia, ictus, diarrea, sangue più denso, trombosi vascolare, insufficienza cardiaca e danni al cuore, allergie.A LUNGO TERMINE: inibizione della produzione endogena di epo; policitemia, leucemia acuta, (monitoraggio Janssen Cilag-Ministero della salute).COME SI INDIVIDUA AI TEST:Si individua nei test incrociati sangue (parametri ematochimici variati) e nelle urine attraverso l’immunoelettroforesi a gradiente di pH (immunoelettrofocousing). Si fa "migrare" la proteina in un campo elettrico con ph variabile e si identificano le "isoforme" caratteristiche e tipiche di ciascuna delle tre sostanze: epo naturale, epo ricombinante o Nesp. Dal momento che la Nesp non è prodotta da fisico umano, la semplice presenza della molecola è indice di doping.

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DOPING - NUOVI SVILUPPI E PROBLEMATICHE I nuovi sviluppiIl doping nello sport di alto livello rappresenta a tutt’oggi un problema che si cerca di debellare, con sempre maggiore successo, mediante controlli in allenamento da parte non solo delle organizzazioni nazionali, ma anche delle Federazioni internazionali competenti. Tuttavia, in molti Paesi, non vengono ancora effettuati controlli antidoping soddisfacenti; in particolare sussistono gravi carenze per quanto concerne le misure di controllo da mettere in atto in allenamento. Quest’anno la IAAF (International Athletic Amateur Federation, la Federazione internazionale d’atletica leggera) ha riconosciuto la validità dei sistemi di controllo dell’allenamento dei seguenti Paesi (IAAF 1998) Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Svizzera.Contemporaneamente, grazie al miglioramento delle tecniche di analisi, si è riusciti a scoraggiare maggiormente l’uso di steroidi anabolizzanti. Purtroppo esistono ancora settori problematici all’interno delle procedure d’analisi anti-doping, come l’assenza di metodi atti a rilevare alcuni ormoni peptidici, per cui un atleta può far uso di tali sostanze proibite senza che sia possibile provarne la colpevolezza. Ciò viene spesso addotto dalla stampa per affermare che l’anti-doping è una guerra persa.Uno dei nuovi sviluppi, nel campo delle analisi atte a rilevare la presenza di sostanze anabolizzanti, è il miglioramento della tecnica per individuare gli steroidi sintetici mediante spettrometria di massa ad alta risoluzione e l’utilizzazione della spettrometria di massa degli isotopi del carbonio per provare il doping con ormoni steroidei a produzione endogena. La prova a lungo termine della presenza di sostanze ad effetto anabolizzante (beta 2 agonisti, steroidi anabolizzanti) nei capelli è attualmente oggetto di ulteriori ricerche e potrebbe diventare una potenzialità per il futuro.

1. Utilizzazione di metodi per rilevare la presenza di sostanze anabolizzantiGrazie all’uso di tecniche evolute per identificare la presenza di ormoni steroidei anabolizzanti e dei loro metaboliti, negli ultimi anni si è riusciti a migliorare la verifica retroattiva dell’assunzione illecita di ormoni steroidei anabolizzanti sintetici.Questi risultati nella lotta contro il doping si sono potuti ottenere anche grazie alla presa di posizione ed al lavoro coerente della International Weightlifting Federation (IWF), la Federazione internazionale sollevamento pesi. Infatti l’IWF ha imposto che per tutti i controlli da essa previsti venisse utilizzata, senza eccezioni di sorta, la spettrometria di massa ad alto potere di risoluzione (HRMS = High Resolution Mass Spectrometry) , sottoposta a ricerca ed adottata a Colonia a partire dal 1992 per i controlli anti-doping di routine relativi agli anabolizzanti. 

Tabella 1

Campioni controllati 1995 1996 1997

Numero totale di controlli antidoping 6715 7171 6053

Campioni A positivi per presenza di steroidi anabolizzanti 117 69 68% di campioni A positivi 1.7 1.0 1.1Campioni A positivi solo alla prova con HRMS 72 25 34

L’alto numero di casi di positività, che non sarebbero stati scoperti senza l’impiego di questa metodica, ha contribuito notevolmente a scoraggiare il doping con anabolizzanti nel settore della pesistica.Tutti i referti anti-doping positivi, e ciò vale non soltanto per quelli relativi agli steroidi anabolizzanti, devono essere inequivocabili. Una sostanza proibita deve venire identificata con assoluta certezza. A tal fine viene utilizzata la cromatografia a gas/spettrometria di massa (CG/SM), con la quale devono essere rilevati uno spettro di massa o frammenti di massa caratteristici di una sostanza proibita. Perché il campione possa essere definito positivo questi dati spettrometrici di una sostanza isolata dall’urina devono coincidere con quelli del composto di riferimento. Di fatto il metodo dell’HRMS non è una novità, In linea di principio questa tecnica esiste già da alcuni decenni.

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Già nel 1972, in occasione dei Giochi Olimpici di Monaco, Manfred Donike aveva introdotto l’uso di spettrometri di massa molto costosi, seppure non ancora ad alto potere di risoluzione, per garantire la veridicità dei referti di positività relativi alla presenza di stimolanti e narcotici. Solo più tardi vennero prodotti, a prezzi più modici, spettrometri di massa più semplici, con un normale potere di risoluzione, che a partire dal 1976 hanno trovato impiego nei controlli di routine per verificare l’assunzione vietata di anabolizzanti. Con questa strumentazione si è reso possibile il controllo di un gran numero di campioni di urina in tempi relativamente brevi, cosa che non era possibile con i precedenti spettrometri, a causa dell’utenza complessa e della mancanza di una elaborazione computerizzata dei dati.Per la verifica della presenza di sostanze vietate bisogna distinguere due metodi di analisi: il metodo dello screening ed il metodo dell’identificazione- 

Analisi anti-doping: metodo dello screening:analisi rapide, sensibili ed a prezzi contenuti, atte a rilevare molte sostanze ed a fornire un quadro d'insiememetodo dell'identificazione:analisi atte a fornire prove inequivocabili della presenza di una data sostanza dopante

PROCEDIMENTO METODOLOGICO NELLE ANALISI ANTIDOPING DI ROUTINE

1. Il metodo dello screening è un metodo per ottenere un primo quadro d’insieme, con il quale si cerca di rilevare, con efficienza e su un numero elevato di campioni di urina, l’eventuale presenza di numerose sostanze proibite. Il metodo dello screening è sempre un compromesso fra una sensibilità quanto più possibile elevata del metodo di analisi, il tempo necessario per ogni analisi ed i costi. Nel caso degli steroidi anabolizzanti il metodo dello screening consiste nel registrare, per ogni singolo steroide proibito e per i loro metaboliti, un segnale nelle rispettive tracce ioniche.Generalmente un risultato positivo significa dapprima soltanto che è stato fatto uso di una qualche sostanza proibita, ad es. metandinone. La riprova vera e propria della presenza della data sostanza deve essere ottenuta con2. il metodo dell’identificazione. A tal scopo può essere utilizzato un procedimento di segregazione specificamente atto ad isolare il composto cercato dalla sua matrice biologica, l’urina. Perciò i metodi di identificazione, rispetto a quelli di screening, richiedono più tempo ed una maggiore mole di lavoro.Solo a partire dal 1992 sono stati immessi sul mercato spettrografi di massa che consentono di effettuare giornalmente controlli di routine (screening) per appurare la presenza di un gran numero di sostanze in una quantità elevata di campioni di urina. Ciò ha permesso che divenisse possibile con il metodo della HRMS controllare fino a quaranta campioni di urina al giorno in condizioni ottimali per rilevare la presenza di ormoni steroidei anabolizzanti. Perciò, come si è già detto, con la HRMS non è stato introdotto un metodo spettrografico nuovo, ma è stata ottimizzata l’utilizzazione di tecniche già esistenti. Il fatto che molti laboratori fino ad oggi non avessero ancora introdotto l’uso di questi strumenti costosi era evidentemente da ricondursi ai loro limiti tecnici, che non consentivano di effettuare controlli di routine nell’ambito di una prima analisi d’insieme.Una volta divenuti noti i risultati che si ottenevano per mezzo della HRMS, in occasione dei Giochi estivi di Atlanta, il Comitato internazionale olimpico (CIO) ha deciso a breve scadenza di utilizzare questa tecnica di controllo. Fortunatamente questa decisione è divenuta anche esecutiva: tre spettrografi di massa ad alta risoluzione sono stati messi a disposizione dalla ditta Finnigan di Brema e l’utenza è stata assistita dall’Istituto di biochimica dell’Istituto superiore tedesco di sport di Colonia (responsabile Dr. Stevan Horning). In seguito a tutti i laboratori accreditati dal CIO è stato imposto di introdurre e documentare, entro un anno, l’uso di questa tecnica o di altra tecnica spettrografica di massa altrettanto sensibile per effettuare i controlli.Con l’accredito del CIO nel 1997 tutti e venticinque i laboratori riconosciuti dal CIO sono stati sottoposti a verifica anche per ciò che concerne queste prove ottimizzate e più sensibili per rilevare la presenza di steroidi anabolizzanti. Alla verifica tutti i venticinque laboratori hanno fornito risultati soddisfacenti.In tal modo, si può dare per certo che in ogni laboratorio i controlli vengano eseguiti con tecniche di rilevazione di analoga sensibilità e portino, con un altrettanto elevato grado di sicurezza, alla scoperta di atleti che trasgrediscono le regole dopandosi con steroidi anabolizzanti.In che cosa consiste la differenza sostanziale fra i metodi spettrometrici utilizzati in passato e la HRMS? Si possono differenziare due punti:

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La sensibilità dello spettrografo di massa ad alta risoluzione può essere fino a cinquanta volte maggiore. Ciò significa che con la tecnica della HRMS può essere appurata anche la presenza di quantità assai inferiori di uno steroide anabolizzante di quelle rilevabili con la spettrometria utilizzata in passato per le analisi anti-doping di routine.La selettività nel determinare la presenza di una data sostanza nella matrice biologica analizzata, come l’urina, è notevolmente più elevata.Selettività significa che l’esistenza di un dato composto in presenza di altri composti interferenti, come appunto nel caso di estratti di campioni di sostanze di natura biologica, può essere registrata in maniera più precisa ed inequivocabile. Grazie al maggiore potere di risoluzione possono essere rilevate anche sostanze con una più ristretta “finestra di massa”. In questo modo si ottiene una riduzione degli effetti del substrato biologico interferente, cosicché le sostanze dopanti eventualmente presenti possono essere evidenziate meglio.Qui di seguito vorrei descrivere brevemente questa tecnica: il principio della spettrometria di massa ad alta risoluzione si basa sul fatto che le sostanze da rilevare non possiedono una massa molecolare unitaria. Lo stesso vale anche per i frammenti da dissociazione formatisi nello spettrometro in seguito al “bombardamento” di elettroni, ovvero i cosiddetti frammenti ionici.Per convenzione solo il carbonio ha una massa pari a 12, mentre l’idrogeno ha esattamente una massa di 1.007825, l’azoto di 14.003074 e l’ossigeno di 15.994914.Dal computo dei valori di massa degli steroidi anabolizzanti e dei loro metaboliti si ottengono perciò numeri decimali (ad es. per I’epimetendiolo, un metabolita del metandinone, la massa è pari a 448.3192 e per un altro ione dissociato è pari a 358.2692). Grazie all’elevato potere di risoluzione lo spettrometro di massa può essere regolato in modo che possano essere registrati solo ioni con una massa compresa fra 448.27 e 448.37 e fra 358.22 e 358.32. Tutte le sostanze la cui massa non rientra in queste due finestre (l’ampiezza della finestra è pari a 0.1 unità di massa), non venendo registrate, non possono neanche interferire con una sostanza vietata. La finestra di massa dei precedenti spettrometri, invece, è pari esattamente ad 1 unità di massa.La finestra è quindi dieci volte maggiore, per cui la registrazione della sostanza doping può essere inficiata da un maggior numero di composti interferenti.

 

La figura 3 mostra il risultato dell’HRMS, e della spettrometria di massa usata in precedenza, nell’esempio di un campione positivo al controllo della presenza di metandinone (registrazione del suddetto metabolita del metandinone, l’epimetendiolo).

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 2. Determinazione di ormoni steroidei di natura endogena con la spettrometria di massa degli isotopi del carbonioUno dei più recenti sviluppi nella determinazione del doping effettuato con l’apporto esogeno di ormoni steroidei simili a quelli prodotti dal corpo, come il testosterone, è l’utilizzazione del metodo degli isotopi del carbonio. Questo metodo, applicato per la prima volta da Becchi et al. (1994) per determinare il testosterone eliminato con l’urina, dalla fine del 1996 viene sottoposto ad ulteriori verifiche all’Istituto di biochimica dell’Istituto superiore di sport di Colonia, dove viene utilizzato regolarmente per ottenere prove a conferma di risultati che fanno sospettare il doping con ormoni di natura endogena (Hornig et al. 1997). L’utilizzazione di questa tecnica viene sostenuta finanziariamente dalla Federazione internazionale ciclismo.Con essa è possibile, a prescindere dal metodo della prova del testosterone utilizzata fino ad oggi per verificare un incremento non fisiologico del quoziente testosterone/epitestosterone (T/E > 6), nell’urina, individuare se un valore di testosterone al di fuori della norma sia causato da sintesi endogena (e cioè non si tratti di doping) o, viceversa, da apporto esogeno (e cioè si tratti di doping). La misurazione degli isotopi serve a determinare il rapporto fra gli isotopi 13C/12C contenuti nell’ormone. Gli isotopi di un composto possiedono lo stesso numero di protoni, ma un diverso numero di neutroni. L’isotopo 12C è la forma di carbonio più comunemente presente in natura (costituisce il 98.9 % circa del carbonio totale) e possiede 6 protoni e 6 neutroni, da cui il valore convenzionale 12 attribuito alla sua massa totale. L’isotopo del carbonio 13C, che possiede 7 neutroni (uno in più dell’isotopo 12C) rappresenta circa l’1.1 % del carbonio totale.Con il metodo degli isotopi viene determinato con esattezza in quale rapporto stanno fra loro questi due isotopi (13C/12C). Tale rapporto nel caso del testosterone farmacologico, che viene isolato dai suoi precursori vegetali e modificato chimicamente, differisce dal rapporto esistente invece nel testosterone sintetizzato dal corpo (figura 4). 

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 Questo metodo consiste nell’isolare gli ormoni di natura endogena ed i loro principali metaboliti contenuti nell’urina, nel dissociarli mediante cromatografia a gas e quindi nel provocarne la combustione catalitica totale in una camera di ossidazione, riducendoli ad anidride carbonica (CO2). Dopo la combustione la CO2 così ottenuta viene introdotta direttamente in uno spettrometro di massa regolato in modo tale da rilevare soltanto la massa pari a 44 della 12C02 e quella pari a 45 della 13C02. In questo modo si può stimare il rapporto 13C/12C, che in natura corrisponde circa all’1.12 %, con una probabilità di sbagliare pari allo 0.0002 %.Dopo un apporto vietato di testosterone i quozienti degli isotopi 13C/12C sia del testosterone, che dei suoi metaboliti come l’androsterone e l’eziocolanolone, sono notevolmente modificati rispetto ai loro precursori sintetizzati dall’organismo, il pregnandiolo ed il pregnantriolo (figura 5).Ciò si spiega in quanto nel suo metabolismo il testosterone non può venire convertito nei suoi precursori, cosicchè dopo un apporto esogeno di testosterone l’eliminazione urinaria di pregnandiolo e pregnantriolo rimane costante, mentre il testosterone ed i suoi metaboliti presenti nell’urina segnalano la presenza di testosterone sintetico in proporzione alla quantità apportata. 

 La figura 6 mostra il risultato positivo di un controllo (Flenker et al. 1998): come risulta evidente già da una semplice ispezione visiva, i precursori metabolici del testosterone, pregnandiolo e pregnantriolo, a differenza del testosterone e dei suoi metaboliti hanno quozienti 13C/12C più positivi.

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Con questa metodica è possibile rilevare la presenza, oltre che del testosterone, anche di altri ormoni steroidei di natura endogena, come il deidrotestosterone od il deidroepiandrosterone. 3. Analisi dei capelliL’analisi dei capelli è un metodo che attualmente viene utilizzato in larga misura in tossicologia ed in medicina legale. In particolare, nei capelli, vengono depositati composti basici come gli oppioidi di tipo morfinico, per cui dall’analisi dei capelli è possibile ottenere una prova dell’uso di tali sostanze. L’analisi dei capelli fornisce prove dell’avvenuto uso di tali droghe, a seconda della quantità di droga e dalla durata dell’apporto, anche a distanza di mesi dalla sospensione dell’assunzione delle droghe. Perciò questa metodica di analisi rivestirebbe un interesse solo nel caso di quelle sostanze il cui uso è vietato in allenamento, come quelle facenti parte del gruppo degli ormoni peptidici e del gruppo delle sostanze ad effetto anabolizzante, che a sua volta si compone degli anabolizzanti propriamente detti e dei beta 2 agonisti. La possibilità di provare a lungo termine l’avvenuto apporto di sostanze ad effetto anabolizzante è progredita notevolmente soprattutto per ciò che concerne il gruppo degli ormoni steroidei androgeni anabolizzanti (cfr. la trattazione relativa all’HRMS). Tuttavia una metodica aggiuntiva, che potesse produrre prove anche a distanza di mesi, sarebbe utile specialmente in quei settori dove i controlli in allenamento non vengono ancora effettuati con sufficiente regolarità. Esistono ancora pochi dati riguardo alla possibilità di provare la presenza di steroidi anabolizzanti nei capelli. Sono stati presentati risultati ottenuti sia con animali (Hòld u.a. 1996), che con soggetti umani (Thieme et al. 1998), seppure con dosaggi elevati di anabolizzanti.Invece ci sono un gran numero di ricerche che provano la presenza di un Beta 2 agonista, il clenbuterolo, nei capelli di animali e dell’uomo. La prova della presenza di clenbuterolo nei capelli umani mediante metodi immunologici è stata pubblicata da Gleixner et al. (1997).  

La prova dei capelli, affinché possa essere impiegata nelle analisi antidoping, è stata validata con la tecnica combinata della cromatografia a gas e della spettrometria di massa ad alta risoluzione (Machnik u.a. 1998), per cui sarebbe già possibile utilizzarla per le analisi di routine.La figura 7 mostra il cromatogramma, relativo alla determinazione spettrografica HRMS della presenza di clenbuterolo, nel caso di un risultato negativo ottenuto su un campione di capelli normali (figura 7a) e nel caso di un risultato positivo ottenuto su un campione di capelli due mesi dopo che era stata sospesa una somministrazione terapeutica di 60 microgrammi di clenbuterolo al giorno per ridurre le contrazioni uterine (figura 7b).Perciò la presenza di clenbuterolo è stata dimostrata inequivocabilmente ancora due mesi dopo la sua somministrazione. Pur essendo molto promettente, il metodo dell’analisi dei capelli presenta ancora alcune difficoltà sulle quali occorre richiamare l’attenzione. Al metodo si possono opporre obiezioni dal punto di vista della parità di opportunità per tutti, poiché i risultati noti fino ad oggi dimostrano che le sostanze basiche vanno a depositarsi in misura maggiore nei capelli scuri (fino a cinque volte di più), per cui persone con capelli chiari sarebbero

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avvantaggiate a causa nell’inferiore concentrazione di tali sostanze nei capelli e della conseguente maggiore difficoltà di provarne la presenza. Dato che la concentrazione di sostanze anabolizzanti nei capelli, anche nel caso di un uso prolungato, è molto bassa, è presumibile che sarà praticamente impossibile riuscire a dimostrare con la prova dei capelli un uso a breve termine di queste sostanze.E che cosa succede nel caso di atleti che si tagliano i capelli a zero o che li tagliano regolarmente per tenerli corti? In questi casi le probabilità di successo con l’analisi nei capelli sarebbero quasi inesistenti. Manipolazioni come quelle dovute a trattamento chimico dei capelli potrebbero rendere più difficile l’analisi.Nel settore dell’antidoping l’analisi dei capelli non potrà sostituirsi all’analisi dell’urina. Certamente essa potrà fungere da metodo aggiuntivo per chiarire casi di positività o essere adottata al fine di scoraggiare la pratica del doping. Per poter valutare meglio, per il futuro, le potenzialità d’impiego di questo metodo di analisi sono necessari ancora ulteriori risultati sperimentali, in particolare per ciò che concerne gli anabolizzanti. Le problematiche Vengono affrontati i problemi attualmente esistenti per quanto riguarda il rilevamento della somministrazione a scopi dopanti degli ormoni peptitici (eritropoietina - EPO, somatotropina o ormone della crescita - HGH) come anche alcuni recenti sviluppi che riguardano l'utilizzazione, sempre per gli stessi scopi, della caffeina ed anche di altre sostanze stimolanti e dei narcotici. 1. Rilevazione della presenza di ormoni peptidiciAttualmente la rilevazione dell'avvenuta somministrazione di ormoni peptidici, come l'eritropoietina (EPO) e la somatotropina (o ormone della crescita, HGH, Human Growth Hormone) rappresenta un problema.L'uso di queste sostanze nello sport è un tema ricorrente nella stampa e, spesso, l'assenza di prove soddisfacenti per determinarne la presenza viene addotta come argomento in favore del fatto che l'antidoping sarebbe una guerra persa, e che prestazioni di massimo livello non sarebbero realizzabili senza doping. Tuttavia, chi argomenta in questo modo parte dal presupposto che questi ormoni peptidici abbiano un'efficacia illimitata per potenziare la prestazione.Invece solo l'EPO è riconosciuta come sostanza che potenzia la prestazionte, mentre a tutt'oggi esistono ragioni di dubitare degli effetti dopanti della somatotropina. Il problema, ancora irrisolto, di come provare la presenza di queste sostanze rende difficile fare una stima esatta dell'abuso di esse nello sport di vertice.Per trattare il problema della rilevazione dell’avvenuta somministrazione di ormoni peptidici in questa sede, è necessario fare una distinzione fra gonadotropina corionica,eritropoietina e somatotropina, fornire alcune informazioni sull'avanzamento della ricerca e commentare l'attuale stato delle conoscenze relative agli effetti fisiologici di queste sostanze al fine di stimarne gli effetti dopanti.

2. La gonadotropina corionicaPer quanto riguarda la gonadotropina corionica (Human Chorionic Gonadotropin - HCG), ovvero ormone della gravidanza) c’è poco di nuovo da dire. Come si e già visto in altra sede (cfr. Schànzer 1997), questa sostanza, che negli uomini stimola la sintesi di testosterone, è ben chiaramente rilevabile. Ciò vale, però, solo per atleti di sesso maschile, in quanto gli uomini non producono che quantità insignificanti di HCG, cosicché un’assunzione illecita di HCG può venire rilevata assai facilmente nell’urina (Nitschke 1997; Delbeke et al. 1998). Invece nelle donne l’HCG ha un effetto stimolante sulla produzione di estradiolo e di progesterone. L’uso di HCG da parte di atlete è perciò da considerarsi doping? In base al regolamento antidoping la risposta è ”si”’, dal momento che esso non prevede distinzioni fra uomini e donne per ciò che concerne il divieto di somministrazione di HCG. Tuttavia nel caso di atlete di sesso femminile va considerata l’eventualità di uno stato di gravidanza. In caso di gravidanza si rilevano nell’urina elevate concentrazioni di HCG di natura fisiologica (l’aumento di concentrazione di HCG viene appunto utilizzato come indice nei test di gravidanza). In questo caso non può più essere provata la somministrazione esogena di HCG. 3. Analisi del sangueIn collaborazione con la commissione antidoping della Federazione sportiva tedesca e del Comitato olimpico nazionale tedesco e con il laboratorio antidoping di Kreischa è stato avviato un progetto di ricerca sul sangue al

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fine di definire i parametri per la prova dell’abuso di eritropoietina (EPO) e dell’ormone somatotropo. Non si tratta di controlli antidoping, bensì di uno studio effettuato su campioni di sangue e di urina di atleti volontari.L’approccio su cui si basa questo studio consiste nel cercare di individuare, in atleti di altissimo livello, valori di riferimento (basali) per l’EPO e per la somatotropina, come pure altri parametri indiretti che si modifichino sensibilmente in seguito alla somministrazione di questi ormoni. Scopo della ricerca è quello di verificare se è possibile stabilire dei valori limite di concentrazione dell’EPO e della somatotropina da utilizzare in futuro, possibilmente, per controllare l’eventuale abuso di queste sostanze. A questo proposito, attualmente, si sta vagliando l’ipotesi di analizzare comparativamente, oltre all’urina, anche il sangue, dal momento che i valori di riferimento nel sangue sono significativamente più stabili di quelli nell’urina e che per determinare la concentrazione di ormoni peptidici nel sangue sono disponibili in commercio test già ben collaudati. A questo punto è bene sottolineare che, eccezion fatta per la determinazione della trasfusione ematica eterologa, fino ad oggi non esistono prove antidoping basate sull’analisi del sangue che siano in grado di fornire risultati migliori dell’analisi dell’urina. Mentre una parte dei campioni di sangue viene sottoposto ad analisi nei due laboratori tedeschi per la determinazione dell’EPO, un’altra parte dei campioni viene passata al Prof. Sònksen (Londra), il quale attualmente coordina una ricerca sulla determinazione della somatotropina promossa dal Comitato olimpico internazionale e dall’Unione Europea.  4. L’eritropoietinaGli effetti dopanti dell’eritropoietina sono stati evidenziati finora soltanto in uno studio di Ekblom, Berglund (1991). In questo studio a quindici studenti di educazione fisica è stata somministrata EPO (20-40 IU/kg alla settimana) per sei settimane. Al test di resistenza protratto fino ad esaurimento (test su nastro trasportatore) il massimo consumo di ossigeno (VO2max) è aumentato significativamente da 4,52 ±0,45 a 4,88 ± 0,43 l/min ed il tempo massimo di corsa è salito da 500 ± 87 fino a 583 ± 97 sec. Esistono solo pochi dati certi in rapporto all’abuso di EPO a scopo di doping, anche se ci sono indicazioni che permettono di ipotizzare un tale abuso in attività sportive di resistenza come il ciclismo e lo sci di fondo. La portata quantitativa di questo fenomeno, tuttavia, è ancora ben poco conosciuta. Attualmente non si dubita del fatto che l’EPO sia una sostanza che incrementa la prestazione.Nei mammiferi l’EPO stimola la maturazione degli eritrociti all’interno delle cellule del midollo osseo. Agli eritrociti ancora immaturi viene dato il nome di reticolociti. Se aumenta il numero di eritrociti circolanti aumenta anche la quantità di ossigeno che può essere trasportata da essi per unità di volume sanguigno. Ne consegue un miglioramento della produzione aerobica di energia e quindi della prestazione di resistenza. Attualmente non si è in grado di definire in che misura la somministrazione illecita di EPO produca un effetto positivo su un atleta in funzione del suo stato di allenamento. Si presume che atleti di altissimo livello ne abbiano vantaggi minori rispetto ad atleti di livello di prestazione inferiore, ma attualmente non sono disponibili dati per avallare scientificamente quest’ipotesi. Si ritiene che far uso di EPO sortisca effetti comparabili a quelli di un allenamento in altitudine ottimale, ma anche a questo proposito non ci sono dati. L’utilizzazione contemporanea di EPO e dell'allenamento in altitudine è da escludersi, poiché comporterebbe una stimolazione eccessiva e pericolosa dell'eritropoiesi. Più sensata sarebbe invece la somministrazione di EPO al termine di un allenamento in altitudine per mantenere l’accresciuto numero di globuli rossi in circolo.Quanto fin qui esposto evidenzia che è assolutamente necessario controllare l’EPO. Perciò, per scoraggiare questo tipo di doping la Federazione internazionale Ciclismo (Uci) e la Federazione internazionale sci (Fis) hanno emanato il divieto di superare determinati valori limite di emoglobina e di ematocrito. L’Uci utilizza come valore limite da non superare un valore di ematocrito pari al 50 %. La Fis, invece, utilizza come valore limite quello dell’emoglobina, pari a 16,5 g su 100 ml di sangue per le donne e 18,5 g su 100 ml di sangue per gli uomini. I controlli di questi valori ematici, però, non vengono effettuati nell’ambito dei controlli antidoping, nè sono da considerarsi tali. La motivazione è quella di operare in favore della salvaguardia della salute dell’atleta e contro i rischi legati a valori troppo elevati di ematocrito e di emoglobina. Questi controlli vengono effettuati prima delle gare. Se il valore di ematocrito o di emoglobina supera il valore limite l’atleta viene escluso dalla competizione. Oltre a questa iniziativa attualmente ne esistono altre, portate avanti da vari gruppi di lavoro, volte a tentare di sviluppare controlli antidoping per l’EPO con i quali si possa dimostrare con certezza scientifica l’avvenuto uso illecito di questa sostanza.Le ricerche attuali possono essere suddivise in metodi diretti ed indiretti. Nel caso dei metodi di determinazione diretta si cerca di individuare le differenze minime esistenti fra l’EPO prodotta con tecniche di manipolazione genetica, detta anche EPO ricombinante, e l‘EPO di natura umana.

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L’EPO è un ormone peptidico composto da 165 aminoacidi e possiede, in quattro punti della catena proteica, legami con catene di carboidrati eterogenee, che costituiscono il 4O% circa della massa totale della molecola dell’EPO. Ciò significa che l‘EPO non è una molecola ben definita, con una struttura chimica ed un peso atomico esatti ed una formula chimica fissa. A causa della molteplicità delle possibili catene di zuccheri ci sono altrettanto molteplici forme di EPO, aventi tutte lo stesso effetto fisiologico, ma caratteristiche fisiche e chimiche leggermente differenti. L’EPO ricombinante viene prodotta da cellule ovariche di cavie cinesi modificate con tecniche di manipolazione genetica. Ha la stessa identica catena peptidica dell’EPO umana, mentre dovrebbero esserci piccole differenze per quanto riguarda le catene di zuccheri. A causa del diverso numero di gruppi di acidi nelle catene di zuccheri, i due tipi di EPO, quella ricombinante e quella umana, hanno cariche elettriche diverse. Con adeguati metodi di scissione (ad es. elettroforesi capillare) si cerca di sfruttare queste differenze di carica elettrica per riuscire a separare questi due tipi di EO. Recenti pubblicazioni (Wide et al. 1995) mostrano che, in linea di principio, questa distinzione è possibile, seppure siano ancora necessarie grandi quantità di urina, fino ad un litro. Per una futura utilizzazione di questo metodo nelle analisi antidoping di routine la quantità di urina necessaria deve essere ancora notevolmente ridotta, dato che il volume dei campioni di urina disponibili per tutte le procedure di determinazione antidoping non supera i 60-70 ml.Al momento vengono favoriti i metodi indiretti, che consentono uno screening rapido con ridotte quantità di urina o di sangue. Per ottenere conferme sicure dei risultati ottenuti con metodi indiretti possono, successivamente, trovare applicazione metodi diretti, più sicuri ma anche estremamente costosi in termini sia finanziari che di lavoro e di tempo. Dei metodi indiretti per provare il doping con EPO fanno parte, ad es., i metodi immunologici per la determinazione dell’EPO complessiva. A tal fine devono essere prefissate fasce di valori d riferimento. In presenza di valori elevati di EPO nell’urina o nel sangue, comunque, deve essere possibile distinguere i casi in cui sussistono cause fisiologiche o patologiche. A questo scopo potrebbero essere idonei studi endocrinologici, in modo da accertare i valori di riferimento individuali di un atleta. Questo è l’approccio che viene utilizzato attualmente nel nostro Istituto (Breidbach, Schànzer 1998). Per poter lavorare con valori di riferimento, il campo di variazione normale dell’EPO deve essere molto ristretto, affinchè, all’analisi statistica, le concentrazioni di EPO dopo la sua somministrazione possano risultare significativamente diverse dai valori di riferimento. In base ai risultati ottenuti fino ad oggi questi presupposti sono presenti solo nel sangue, mentre valori nell’urina sono troppo bassi e vanno soggetti a fluttuazioni troppo ampie. 

 La figura 1 mostra, ad es., l’andamento della concentrazione dell’EPO nel sangue di un soggetto che presenta basse fluttuazioni da una misurazione all’altra nel corso dei due giorni precedenti un’unica iniezione sottocutanea di 100 lE di EPO per kg di peso corporeo (Breidbach, Schànzer 1998). Dopo la somministrazione di EPO la sua concentrazione nel siero ematico aumenta notevolmente e rimane significativamente elevata per 48 ore. Questo metodo sarebbe fin da ora applicabile per effettuare controlli allo scopo di scoraggiare il doping con EPO. In caso di atleti sospetti si potrebbe procedere poi con verifiche a lungo termine, accertandone i valori di riferimento individualizzati. Questo metodo presuppone che venga fatto uso di campioni di sangue e che i

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controlli vengano effettuati anche in fase di allenamento. Inoltre si deve verificare quali sono i fattori che influenzano l’increzione di eritropoietina e che causano variazioni della sua concentrazione nel sangue.

5. SomatotropinaLa probematica dell’uso della somatotropina (ormone della crescita, HGH) come sostanza dopante è già stata trattata in altra sede (Schànzer 1997, traduzione italiana in Sds n. 41-42, pp. 10-20). Per quanto riguarda lo studio svolto a Londra sotto a direzione del Prof. Sònksen (cfr. par. 3), il suo termine era previsto per la fine del 1998 ed i suoi risultati sono attesI per l’anno in corso. Quindi, attualmente, non si può ancora dire se per i Giochi Olimpici di Sydney del 2000 sarà disponibile una procedura antidoping. Comunque resta ancora da stabilire se la somatotropina sia davvero una sostanza dopante. Dati scientifici che mostrino un effetto di potenziamento della prestazione esistono solo nel caso di adulti affetti da carenza dI somatotropina, dovuta ad es. ad uno stato patologico dell’ipofisi. Nel caso di queste persone la somministrazione di somatotropina provoca un miglioramento della qualità di vita che si accompagna, tra l’altro, ad un aumento della forza muscolare. Comunque, ciò non vale invece nel caso di adulti con una normale funzionalità dell'ipofisi e con una sintesi ed un’increzione fisiologiche di questo ormone. È bene notare che il miglior modo per stimolare la sintesi endogena di somatotropina è dato dal carico sportivo. La figura 2 mostra l’incremento della somatotropina nel sangue a seguito di un carico fisico.Per chi pratica attività motoria nel tempo libero ed in particolare per i culturisti esiste una gran quantità di informazioni concernenti l’uso di sostanze anabolizzanti. Tali informazioni “clandestine” vengono diffuse sia attraverso articoli di riviste specializzate e libri che, di recente, anche via Internet. La figura 3 mostra un estratto di tali informazioni clandestine sulla somatotropina dall'Europian Anabolic Update. Le informazioni qui riportate mostrano che alI’HGH viene attribuito un effetto anabolizzante solo nel caso in cui viene somministrato in combinazione con altri ormoni come quelli tirodei, insulina, gonadotropine, estrogeni, androgeni ed anabolizzanti.Tali informazioni non sono da considerarsi fonti scientifiche, ma rispecchiano le esperienze di culturisti e dei loro istruttori nell'abuso di queste sostanze e mostrano chiaramente che gli effetti dell’HGH vengono considerati opinabili dai suoi stessi consumatori.È evidente che si tratta di pubblicità di determinati composti, costituiti da misture di più sostanze da somministrare insieme. Gli atleti che fanno uso ditali sostanze andranno sicuramente incontro a danni a carico della salute, mentre chi gestisce questa offerta illegale ottiene profitti elevati. 

 6. Caffeina - Caffeina e doping

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La caffeina è stata inserita nella lista delle sostanze dopanti dalla Commissione medica de CIO da quando è stato appurato che veniva assunta dagli atleti ad alti dosaggi per le sue proprietà eccitanti. A tal fine la caffeina veniva somministrata prevalentemente in forma di preparato farmacologico. Per non vietare del tutto la possibilità d bere bevande contenenti caffeina è stato fissato un valore minimo di 12 microgrammi di caffeina per ml di urina. Solo se la concentrazione della caffeina nel campione di urina di un atleta supera questo valore il risultato del controllo viene dichiarato positivo.La caffeina, insieme alla teobromina ed alla teofillina, appartiene al gruppo dei derivati della xantina (figura 4). 

 Queste sostanze hanno effetti rilassanti sulla muscolatura liscia, in particolare su quella bronchiale, per cui ad es. la teofillina vene utilizzata a scopo terapeutico contro l‘asma. D’altra parte, hanno anche un effetto stimolante a livello del sistema nervoso centrale, del muscolo cardiaco, della muscolatura scheletrica ed un effetto diuretico a livello dei reni. A differenza della caffeina, per la teofillina e la teobromina non esiste attualmente alcun divieto. Dal momento che l’assunzione di caffeina non è del tutto proibito, sussiste il problema se assumendo bevande contenenti caffeina si possa incorrere nel rischio di superare questo valore limite di 12 microg/ml. Purtroppo negli ultimi anni non sono state fornite agli atleti indicazioni attendibili in proposito. Ad es. l’informazione diffusa che con il semplice consumo di caffè non è possibile raggiungere questo valore limite non è corretta. Invece gli atleti dovrebbero attenersi strettamente alla seguente indicazione (Donike, Rauth 1996):a prescindere dall’assunzione intenzionale di caffeina a scopo di doping, la presenza di un’elevata concentrazione di caffeina nell’urina può dipendere da due cause:- è stata ingerita un’elevata quantità di caffeina sotto forma di bevande come caffè o tè. Ciò può accadere se si assume tutta in una volta una bevanda contenente caffeina molto concentrata, oppure se si beve ripetutamente, in un lasso di tempo maggiore, una bevanda contenente una concentrazione minore di caffeina. In entrambi i casi, infatti, c’è il rischio che possa venire superato iI valore limite imposto.- il metabolismo individuale della caffeina può, in singoli casi, provocare un’aumentata eliminazione urinaria della caffeina, per cui già soltanto dopo aver ingerito 300 mg circa di caffeina (corrispondenti a due tazze di caffè forte tedesco, vedi ndt), che fino ad ora non erano state considerate a rischio, si può raggiungere il valore limite. 

Indicazione per gli atleti riguardo all'assunzione di caffè e di altre bevande contenenti caffeina:il giorno della gara persone di corporatura "normale" (peso corporeo di circa 75 Kg) non dovrebbero bere più di due tazze (da 150 ml) di caffè "normale"1 . Persone di peso inferiore dovrebbero berne proporzionalmente di meno. Lo stesso vale per il Tè od altre bevande contenenti caffeina. Dall'inizio della gara fino a quando sarà stato consegnato il campione di urina per il controllo antidoping si dovrebbe evitare del tutto il consumo di caffè e di tè.

 

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La caffeina viene metabolizzata quasi totalmente dal corpo e solo il 5% della quantità assunta viene eliminata con l’urina. Se un atleta a causa di differenze individuali ha, rispetto ad altre persone, una minore trasformazione metabolica della caffeina, può accadere che elimini una quantità maggiore di caffeina non trasformata, per cui ne risulta una concentrazione più elevata nell’urina. Per poter valutare il metabolismo individuale della caffeina di una persona abbiamo messo a punto il seguente protocollo. Nell’ambito di uno studio inerente alla caffeina la persona interessata assume in 30 minuti 300 mg di caffeina in forma di caffè (300 ml, due grosse tazze). I campioni di urina prelevati prima e dopo l’assunzione di caffeina vengono analizzati e viene appurata la concentrazione di caffeina. La figura 5 mostra il risultato ottenuto con 9 soggetti che si erano astenuti dal bere caffè prima della prova, i valori di concentrazione urinaria della caffeina dopo l’assunzione del caffè sono compresi fra 4 ed 8 microg/ml, per cui non desterebbero alcun problema nel caso di un controllo antidoping. 

 La stessa prova effettuata con un’atleta di peso corporeo inferiore mostra invece, come si vede nella figura 6, che questa atleta ha superato senza difficoltà il valore limite di 12 microg/ml. 

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 Ciò andrebbe nettamente a sfavore dell’atleta nel caso di un controllo antidoping, benché essa abbia ingerito la stessa quantità di caffeina degli altri soggetti esaminati nel precedente esperimento. Giacché molti dei campioni di urina risultati positivi alla prova della caffeina negli ultimi anni contenevano una concentrazione di caffeina intorno ai 14 microq/ml, un innalzamento del limite di tolleranza a 15 microg/ml servirebbe di sicuro a ridurre notevolmente la portata di questa problematica. Tuttavia a mio avviso non è prevedibile, a breve termine, che all’interno del CIO e delle Federazioni sportive internazionali emerga un parere maggioritario in proposito. Perciò si raccomanda a tutti gli atleti di rispettare le indicazioni presentate più sopra per quanto riguarda l’assunzione di bevande contenenti caffeina.7. Sostanze dopanti per la gara:Per quanto riguarda il gruppo delle sostanze stimolanti e narcotiche vale il principio che sono vietate solo nella fase competitiva (ad esclusione del ciclismo). La loro utilizzazione a scopo terapeutico al di fuori della gara, cioè in fase di allenamento, è invece consentita. Perciò questo gruppo di sostanze può essere utilizzato per ragioni mediche. La loro assunzione, però, deve essere interrotta per un periodo ragionevolmente lungo prima della competizione, affinché il giorno della gara non ce ne siano più tracce nell’urina. Perciò agli atleti viene anche richiesto di indicare, al momento del controllo antidoping, tutti i preparati farmacologici di cui hanno fatto uso nelle ultime 48 ore. Nel caso in cui il risultato del controllo sia positivo, tale indicazione può essere tenuta in considerazione a vantaggio dell’atleta quando si tratta di giudicare il caso e definire il grado della penalità. Inoltre, per ciò che concerne l’utilizzazione di derivati dell’efedrina sono stati definiti valori limite di concentrazione nell’urina, tali che un impiego terapeutico il giorno prima della gara non dovrebbe comportare alcun risultato positivo 24 ore dopo. Il valore limite per l’efedrina, la norpseudoefedrina e la metilefedrina è di 5 microg/ml e quello per la pseudoefedrina e la norefedrina è di 10 microg/ml.Inoltre, negli ultimi anni ci sono stati problemi con il destropropossifene, che, essendo un antidolorifico oppioide, rientrava nel gruppo vietato dei narcotici. Questa sostanza, che viene utilizzata nella terapia antidolorifica, poteva essere rilevata nell’urina fino a 10 giorni dopo l’avvenuta assunzione per via orale, per cui era possibile che un atleta risultasse positivo al controllo se non interrompeva il trattamento medicamentoso con sufficiente anticipo. 

Dal regolamento antidoping della IaafSuddivisione del gruppo delle sostanze stimolanti (regolamento del CIO) in derivati delle anfetamine e stimolantiAmfetamine:amineptina, amfetamina, amfetaminil, benzfetamina, dimetilamfetamina,

Stimolanti:amifenazolo, caffeina*, catina, clorfentermina, clobenzorex, clorprenalina, cropopamide,

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etilamfetamina, fenetilina, fenproporex, fefurfenorex, mesocarbo, metossifenamina, metilamfetamjna, metilfenidato, morazone, pemolina, fendimetrazina, trazina, pipradolo, pirovaleronee sostanze chimicamente o farmacologicamente affini

crotetamide, efedrina, etadrina, etamivan, fencamfamina, mefenorex, metilefedrina, nichenichetamide, pentetrazolo, fentermina, fenilpropanolamifenmena, propilesedrina, stricninae sostanze chimicamente o farmacologicamente affini* per la caffeina la positività del risultato dipende dalla concentrazione nelle urine che non deve superare i 12 microgrammi/ml

 L’analisi dei valori presenti nell’urina non consente di risalire con certezza a quando, di fatto, è stata assunta una data sostanza, poiché sono molti i fattori che possono avere un'incidenza sulla sua eliminazione. Perciò è possibile solo una verifica approssimativa della veridicità delle affermazioni di un atleta (ad es. se afferma di aver assunto una data sostanza l’ultima volta tre giorni prima della gara).Il destropropossifene, frattanto, è stato tolto dalla lista delle sostanze illecite. Un motivo fondamentale alla base di tale decisione è che questo antidolorifico, a differenza della morfina, non provoca dipendenza ed è assai meno rischioso per la salute. Inoltre non trattandosi di un narcotico non è soggetto a limitazioni legali come nel caso della morfina. In questa sede vorrei anche fare presente che sia la Federazione internazionale di atletica leggera (laaf) che la Federazione internazionale ciclismo (Uci) fanno una distinzione fra stimolanti blandi, come l‘efedrina e la caffeina, e stimolanti forti, cioè i derivati dell’amfetamina. Nella tabella presentata su questa stessa pagina è riportato il regolamento della laaf per questi stimolanti. In base a come sono suddivisi varia anche la penalità in cui incorre l‘atleta che ne faccia abuso. Infatti la laaf in caso di prima contravvenzione per avvenuta assunzione di stimolanti blandi prevede, invece della squalifica, soltanto un’ammonizione. Invece in caso di provata assunzione di sostanze del gruppo delle amfetamine è prevista l’interdizione dalle gare per due anni.È interessante notare che l'Uci (la Federazione internazionale di ciclismo) nel suo attuale regolamento antidoping vieta l’uso di sostanze del gruppo delle amfetamine anche in fase di allenamento. È la prima Federazione che impone questo divieto, con il quale vuole evitare l’eventuale abuso di stimolanti forti durante l’allenamento. Questa possibilità non è stata presa in considerazione in nessun altro sport. Allo stato attuale si possono fare senz’altro solo speculazioni riguardo ai motivi che spingono all’uso di stimolanti in fase di allenamento, come ad esempio, per incrementare la motivazione e la disponibilità emotiva a svolgere un allenamento “duro” ed a sopportare grandi volumi di allenamento. Ma non ci sono ancora dati scientifici che dimostrino in che misura, di fatto, gli stimolanti possano giovare in fase ai allenamento e quindi concorrere ad incrementare la prestazione.(1) Si tratta ovviamente di una indicazione quantitativa valida solo per il caffè tedesco, assai meno concentrato del caffè espresso italiano. Bibliografia1- Breidbach A., Schànzer W., Individual reference ranges far serum erythropoietin - A possible approach to detect Epo misuse, in: Schanzer W., Geyer H., Gotzmann A., Mareck-Engelke U. (a cura di), Recent advances in doping analysis (6), 16th Cologne Workshop in Dope Analysis, 1998. 2- Delbeke F. T., Van Eenoo P., De Backer P., Detection of human chorionic gonadothropin misure in sports, lnternational iournal of Sports Medicine, 1998, 19, 287-290.3- Donike M., Rauth 5., Dopingkontrollen, Colonia 1996.4- Ekblom B., Berglund B., Effect of recombinant human erythropoietin in physical performance and maximal aerobic power in man, lnternational Journal of Medicine, 1991, 229, 125-130.5- Nitschke R., Steroidprofile und Verànderung biochemischer Parameter von Hochleistungsradrennfahrern unter extremen Ausdauerbelastungen wàhrend zwei Rundfahrten, Tesi di dottorato, DSHS, Colonia, 1997.6- Schànzer W., Aktuelle Probleme und Tendenzen im Doping, Leistungssport, 27, 1997, 2, 4-11 (Traduzione italiana a cura di P. Magrini e M. Gulinelli, Problemi e tendenze attuali del doping, Sds - Scuola dello sport, 1998, 41-42, 10-20).7- Wide L, Benotsson C., Bergland BO, Ekblom B., Detection in blood and urine of recombinant erythropoietin administered to healthy men, Medicine Science of Sports and Exercise, 27, 1995, 1569-1575.

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IL DOPING GENETICO

'Doping genetico' per ottenere super-atleti? 02 aprile 2004Alcuni ricercatori hanno lanciato l'allarme sulla possibilità che tecniche di ingegneria genetica possano essere impiegate per 'crearè degli atleti superioriÈ un trattamento pensato per combattere la distrofia muscolare e per incrementare la forza muscolare negli anziani, ma potrebbe venir utilizzato per costruire illegalmente dei super-atleti. L'allarme riguarda la terapia genetica per l'aumento della massa muscolare e a mettere in guardia sul rischio di un doping genetico sono gli studiosi che se ne stanno occupando.Ad evidenziare i rischi è stato Lee Sweeney, dell' Universita' della Pennsylvania, nel corso della riunione annuale dell'American association for the Advancement of science a Seattle. 'Ci sono cose che vengono sviluppate con in mente le malattie - ha detto Sweeney - e che un giorno potrebbero essere utilizzate per migliorare le performance degli atleti'.La terapia genetica al centro dell'attenzione è stata studiata per ora sui topi ed ha mostrato un incremento della massa muscolare, sia in dimensioni che in forza, dal 15 al 30%.Richard Pound, della World Anti-doping agency, ha sottolineato come siano già in vigore regolamenti che vietano manipolazioni genetiche negli atleti, ma ha ammesso che terapie del genere potrebbero essere difficili da rilevare. 'Vorremmo poter essere presenti nelle prime fasi delle ricerche - ha detto - ed aiutare a regolamentarlè. GENETICAAtleti, in agguato il doping biotechdi SARA CAPOGROSSI COLOGNESILA POSSIBILITÀ che gli atleti proveranno presto a migliorare le proprie prestazioni con tecnologie genetiche viene evidenziata dai risultati di una nuova ricerca sui muscoli atrofizzati nei ratti. Gli scienziati dietro il nuovo studio sostengono che il loro obiettivo è solo quello di trovare una nuova strada per il trattamento di mali quali la distrofia muscolare. Ma di qui a immaginare i risultati come una nuova e facile soluzione per sportivi che ambiscono alla vittoria finale “truccando la macchina” il passo è breve. E l'ingranaggio non si ferma: «Direi che la metà delle e-mail che ho ricevuto provengono da atleti e l'altra metà da pazienti con distrofia muscolare», è stata la triste constatazione fatta da Lee Sweeney, ricercatore della University of Pennsylvania, nel corso di una conferenza scientifica a Washington State.Ma come si è svolta la ricerca? Il gruppo di ricercatori guidati da Sweeney ha iniettato nei ratti un virus che trasportava un particolare gene all'interno delle cellule muscolari allo scopo di produrre l'ormone della crescita chiamato Igf-I. I roditori sottoposti a questa particolare terapia sono stati inseriti in un programma di esercizi ginnici che ha promosso lo sviluppo di muscoli più grandi e forti. È stato osservato inoltre che un maggiore livello di ormone Igf-I consentiva il mantenimento della massa muscolare raggiunta anche all'arrestarsi dell'allenamento. Una bella notizia per chi deve contrastare il decadimento muscolare, e non solo… Molti atleti si sono subito interessati allo studio, che non è ancora stato pubblicato e che non ha ancora avuto alcuna applicazione sull'uomo.Il passaggio dai ratti all'uomo non è infatti semplice e immediato. Esperimenti clinici di questo tipo hanno portato alla morte di almeno un paziente. Due ragazzi in Francia trattati per l'X-Scid, i cosiddetti "bambini nella bolla", hanno sviluppato una forma di leucemia. E questi sono solo i casi accertati. Il gioco vale la candela? Purtroppo pare che la risposta sia in ogni caso affermativa visto che la World Anti-Doping Agency ha dovuto includere tra la sue norme il divieto di ricorrere alla tecnologia del trasferimento genico, come sottolinea Dick Pound, portavoce dell'agenzia. Norme che a volte, come in questo caso, sono solo virtuali, visto che tutt'oggi sarebbe alquanto difficile individuare una simile forma di doping. «L'unico sistema di verifica sarebbe attraverso una biopsia muscolare», chiarisce Sweeney. Al scuro quindi da qualsiasi controllo? Forse, ma almeno per ora è sconsigliabile sperare che si possa vincere per mutazione genica. La tecnologia non è ancora sufficientemente sviluppata e soprattutto sicura. La speranza è che le federazioni sportive collaborino con la scienza affinché questi come altri ritrovati non vengano usati per migliorare le prestazioni atletiche, ma per aiutare la medicina.

Il doping genetico Copyright by THEA 2003  

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La nuova legge antidoping è stata accolta con grande entusiasmo dallo sport agonistico. Alcuni l'hanno anche accolta come un rimedio efficiente per la prevenzione della diffusione del doping a livello amatoriale. Su questo punto non siamo affatto d'accordo, anzi pensiamo che la legge sia un vero e proprio boomerang per lo sport non professionistico (se applicata, ma se non la applicano che l'hanno fatta a fare?). Già ora le manifestazioni amatoriali a livello nazionale (per esempio i campionati italiani) non godono di un'alta partecipazione; probabilmente d'ora in poi andranno addirittura deserte. Se poi si introducesse il controllo doping a sorteggio nelle grandi maratone anche in queste il numero di partecipanti si ridurrebbe drasticamente in nome del principio "che corro a fare se rischio la galera?". Sì, perché la nuova legge continua a parlare di sostanze proibite, dimenticandosi che molte di esse sono farmaci. Se la loro assunzione da parte del campione è spesso dolosa, nel caso dell'amatore che arriva duemillesimo alla maratona di Venezia è un po' ridicolo parlare di doping. Ci sono i cortisonici, assunti da migliaia di persone per patologie diversissime, l'efedrina contenuta in molti prodotti da erboristeria o negli spray nasali, il DHEA, assunto (a torto o a ragione, non ha importanza, visto che ci sono medici che lo prescrivono) da arzilli cinquantenni nella speranza di ritardare l'invecchiamento, moltissime altre sostanze dai nomi meno noti che sono presenti nella lista antidoping, ma sono comunemente contenute in farmaci. Se la legge è quindi giustificata per i professionisti, è ridicola se verrà applicata genericamente agli amatori; come conseguenza, visto che il fumo fa molti più danni di alcune sostanze inserite nel famoso elenco perché non condannare a tre mesi di carcere tutti i fumatori? Anziché esultare, come sempre quando ci si trova di fronte a una posizione autoritaria, ci si deve

rendere conto che la legge è il fallimento della filosofia di controllo. Se ci fossero controlli validi che scoprissero tutti quelli che si dopano, che bisogno ci sarebbe dello spauracchio del carcere? Se nessuno la facesse franca, nessuno ricorrerebbe al doping. Semplice, no? Purtroppo se fallisce la strategia di controllo, le leggi servono a poco e rischiano di provocare inutili ingiustizie. Siamo cioè d'accordo con il Pm titolare dell'inchiesta di Ferrara, Pierguido Soprani: "Non condivido appieno la scelta di sanzionare penalmente l'atleta, Considerando che questi è il soggetto economicamente debole e specie nello sport dilettantistico e giovanile spesso privo di un'adeguata maturazione culturale che consenta loro di opporsi efficacemente alle pratiche di doping". Il fatto che anziché le leggi

servono i controlli è dimostrato dai possibili sviluppi del doping. Vediamo cosa c'è dietro l'angolo. Il doping genetico - Grazia alla genetica, fra non molti anni saranno pronti vaccini che potranno inserire geni artificiali nei geni delle cellule muscolari, per esempio geni in grado di codificare una proteina o un ormone che stimolano la crescita muscolare oppure geni che attivino la produzione di miosina IIb (un'isoforma della miosina, comune in piccoli mammiferi), con velocità di contrazione altissima che darebbe più potenza alle fibre veloci (in tal modo si potrebbero correre i 100 m in 8"). Come molte runner sanno, in un maratoneta la quantità di fibre muscolari lente è molto maggiore di quella di fibre veloci. Con la genetica chi nasce velocista potrà trasformarsi in un (grande) maratoneta. La possibilità di scoprire questa forma di doping è secondo le conoscenze attuali praticamente nulla poiché per identificare il DNA del gene artificiale occorre conoscere la sequenza del gene, possedendo un campione del tessuto contenente quel DNA; ma poiché potrebbe bastare una sola iniezione per introdurre il gene, non è pensabile di cannibalizzare i muscoli dell'atleta alla ricerca della manipolazione genetica.

16-02-2004 DOPING: QUELLO GENETICO IN AGGUATO DIETRO TERAPIE MUSCOLI (ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico è l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare. Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza. Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, è il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del

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fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilita' in seguito ad indebolimento muscolare. L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori deu muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere piu' recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi. Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli. Secondo Musaro' il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - è prevedibile che ci si arrivera'. È comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''. A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare è anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale è paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

IN AGGUATO IL "DOPING GENETICO" PER AUMENTARE MASSA E FORZA MUSCOLARE DEGLI ATLETI Secondo uno studio presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS).Il doping genetico o cellulare è definito come l'uso non terapeutico di geni, elementi genetici e/o cellule che hanno la capacità di migliorare la prestazione sportiva.(ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico è l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare.Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza.Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, è il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilita' in seguito ad indebolimento muscolare.L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori deu muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere piu' recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi.Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli.Secondo Musaro' il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - è prevedibile che ci si arrivera'. È comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''.A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare è anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale è paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

LA PAURA DEL DOPING GENETICO

I controlli per il doping genetico saranno la principale preoccupazione per il futuro. Gambe piu' lunghe per favorire il salto in alto, la clonazione di campioni del passato, sono alcune ipotesi al vaglio degli esperti dell'antidoping mondiale.

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Se cosi' a Rio de Janeiro i primi di ottobre si era svolto il Congresso Pan-Americano del marketing e degli affari dello sport, negli stessi giorni a Ginevra si riunivano esperti di genetica ospiti di un incontro organizzato dall'Universita' di Losanna per parlare di "Geni e Sport"."Il doping del futuro sara' quello genetico. Cercheranno di alterare la proporzionalita' dell'atleta e dei suoi sistemi organici. Un atleta con gambe molto lunghe avra' il vantaggio nelle gare di salto, oppure per giocare a basket. Ci sara' anche la possibilita' di utilizzare la clonazione. Questo avverra' da qui a 20 anni", ha sostenuto a Rio il medico brasiliano Eduardo de Rose, accreditato come la maggiore autorita' del continente americano nei controlli antidoping."Credo che siamo ancora lontani dall'identificazione chiara e sicura di questi modelli genetici, ma la storia del doping nello sport ci ha mostrato spesso che molta gente ambiziosa forza la mano della tecnologia prematuramente", ha detto a Ginevra il professor Sandro Rusconi dell'Universita' di Friburgo. "Se dovessi prevedere dove la genetica verra' male utilizzata se nella cosmetica o nello sport, direi senza dubbio nello sport. Spero solamente che questo non causi molti danni", anche perchè certe manipolazioni possono risultare irreversibili."Dieci anni fa, le persone ridevano se gli si parlava della terapia genetica come modalita' di doping. Oggi non è piu' uno scherzo, perchè questa è la direzione verso la quale ci stiamo muovendo. Le leggi necessarie per affrontare il problema arriveranno di fatto tardi. L'importante è che non arrivino troppo tardi", ha precisato Rusconi.

DOPING, LA NUOVA FRONTIERA: SUPER ATLETI GRAZIE ALLE INIEZIONI GENETICHE?Sui giornali si legge di tutto. Anche a proposito (ed a sproposito) quando l'argomento è così importante e complesso come il doping nello sport. Di seguito sintetizziamo un articolo apparso sul quotidiano "Il Giornale" di martedi 26 Novembre 2002, che riporta l'intervista rilasciata da Antonio Musarò (Università La Sapienza di Roma), a margine del convegno dei ricercatori Telethon svoltosi a Riva del Garda (TN). Lasciamo ai lettori ogni considerazione si carattere etico - sportivo."Ratti, topi, topini. Il futuro del doping sembra ...squittire.Non è uno scherzo, ma l'amaro -a volte- progresso della amara -a volte- scienza....La scienza è riuscita ad isolare il gene della crescita e ne ha verificata l'efficacia sui topini. Basta iniettarlo e alla povera bestia crescono potenza e massa nei muscoli. Questo, detto in soldoni.Per di più, ed è questo che attira i senza scrupoli dello sport, queste applicazioni genetiche non lasciano traccia sull'organismo dei topini. Dunque...si teme il proliferare di medici, allenatori ed altra fauna pseudosportiva in fila presso qualche ricercatore delinquentello in cerca del suo compiacente aiuto. Una certa parte del mondo dello sport non ha infatti esitato a proporre ai ricercatori di utilizzare la terapia genica per ottenere dei super cavalli e, purtroppo, anche imbattibili giocatori di foot-ball americano.Questa nuova frontiera si chiama doping genetico."Il confine tra l'approccio scientifico limitato alla terapia e altri interessi è purtroppo molto sottile", ha precisato uno dei maggiori studiosi impegnati nella rigenerazione dei muscoli, Antonio Musarò, dell'Università La Sapienza di Roma, a margine del convegno dei ricercatori Telethon di Riva del Garda (Tn).La tentazione di usare la genetica a fini di doping è nata soprattutto dopo le ricerche condotte in Italia, dal gruppo di Musarò, e negli Usa, dal gruppo del fisiologo Lee Sweeney (Pennsylvania University). Collaborando, i due gruppi sono riusciti ad utilizzare il fattore di crescita specifico delle cellule muscolari e ad iniettarlo nelle cellule di topi anzianiie poi di topi con distrofia muscolare. In entrambi i casi i muscoli sono diventati più sviluppati e più forti.Dunque, un grande progresso per la scienza, soprattutto pensando ai malati di distrofia, ma niente di pù allettante per chi andava alla ricerca di nuove strategie per sfuggire ai controlli anti doping: "Il fattore di crescita specifico dei muscoli - ha sottolineato Musarò - non entra in circolazione nel sangue. Di conseguenza, non può essere identificato nè con l'analisi del sangue, nè con quella delle urine. L'unico modo per vberificarne la presenza è una biopsia".Soltanto una tecnica difficilmente praticabile su larga scala, come il prelievo di un frammento di tessuto muscolare, potrebbe rivelare il doping genetico."I primi a contattarci, ha proseguito Musarò, sono stati alcuni ricercatori australiani interessati ad iniettare il fattore di crescita specifico nei cavalli da corsa. Abbiamo avuto anche altre ricerche di questo tipo". Richieste che, naturalmente, non hanno trovato appoggio da parte dei ricercatori.Negli Stati Uniti si pensava già di fare il passo più lungo, sperimentando il doping genetico direttamente sull'uomo. "Al mio collega Sweeney - ha concluso Musarò - ha telefonato l'allenatore di una squadra di foot-

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ball americano". Il suo obiettivo era iniettare il fattore di crescita specifico nei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atletipraticamente imbattibili.-Sui giornali si legge di tutto. Anche a proposito (ed a sproposito) quando l'argomento è così importante e complesso come il doping nello sport. Di seguito sintetizziamo un articolo apparso sul quotidiano "Il Giornale" di martedi 26 Novembre 2002, che riporta l'intervista rilasciata da Antonio Musarò (Università La Sapienza di Roma), a margine del convegno dei ricercatori Telethon svoltosi a Riva del Garda (TN). Lasciamo ai lettori ogni considerazione si carattere etico - sportivo."Ratti, topi, topini. Il futuro del doping sembra ...squittire.Non è uno scherzo, ma l'amaro -a volte- progresso della amara -a volte- scienza....La scienza è riuscita ad isolare il gene della crescita e ne ha verificata l'efficacia sui topini. Basta iniettarlo e alla povera bestia crescono potenza e massa nei muscoli. Questo, detto in soldoni.Per di più, ed è questo che attira i senza scrupoli dello sport, queste applicazioni genetiche non lasciano traccia sull'organismo dei topini. Dunque...si teme il proliferare di medici, allenatori ed altra fauna pseudosportiva in fila presso qualche ricercatore delinquentello in cerca del suo compiacente aiuto. Una certa parte del mondo dello sport non ha infatti esitato a proporre ai ricercatori di utilizzare la terapia genica per ottenere dei super cavalli e, purtroppo, anche imbattibili giocatori di foot-ball americano.Questa nuova frontiera si chiama doping genetico."Il confine tra l'approccio scientifico limitato alla terapia e altri interessi è purtroppo molto sottile", ha precisato uno dei maggiori studiosi impegnati nella rigenerazione dei muscoli, Antonio Musarò, dell'Università La Sapienza di Roma, a margine del convegno dei ricercatori Telethon di Riva del Garda (Tn).La tentazione di usare la genetica a fini di doping è nata soprattutto dopo le ricerche condotte in Italia, dal gruppo di Musarò, e negli Usa, dal gruppo del fisiologo Lee Sweeney (Pennsylvania University). Collaborando, i due gruppi sono riusciti ad utilizzare il fattore di crescita specifico delle cellule muscolari e ad iniettarlo nelle cellule di topi anzianiie poi di topi con distrofia muscolare. In entrambi i casi i muscoli sono diventati più sviluppati e più forti.Dunque, un grande progresso per la scienza, soprattutto pensando ai malati di distrofia, ma niente di pù allettante per chi andava alla ricerca di nuove strategie per sfuggire ai controlli anti doping: "Il fattore di crescita specifico dei muscoli - ha sottolineato Musarò - non entra in circolazione nel sangue. Di conseguenza, non può essere identificato nè con l'analisi del sangue, nè con quella delle urine. L'unico modo per vberificarne la presenza è una biopsia".Soltanto una tecnica difficilmente praticabile su larga scala, come il prelievo di un frammento di tessuto muscolare, potrebbe rivelare il doping genetico."I primi a contattarci, ha proseguito Musarò, sono stati alcuni ricercatori australiani interessati ad iniettare il fattore di crescita specifico nei cavalli da corsa. Abbiamo avuto anche altre ricerche di questo tipo". Richieste che, naturalmente, non hanno trovato appoggio da parte dei ricercatori.Negli Stati Uniti si pensava già di fare il passo più lungo, sperimentando il doping genetico direttamente sull'uomo. "Al mio collega Sweeney - ha concluso Musarò - ha telefonato l'allenatore di una squadra di foot-ball americano". Il suo obiettivo era iniettare il fattore di crescita specifico nei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atletipraticamente imbattibili.

IL FUTURO DEL DOPINGRoberto Quaglia

La caccia alle streghe è uno dei tuoi passatempi preferiti? Ti proclami contro le discriminazioni però discrimini tra una discriminazione e l'altra? Pensi quasi sempre quello che pensano anche gli altri? Allora sei probabilmente finito nel posto sbagliato a leggere le cose sbagliate. Muta la rotta, o lettore normale, finché sei in tempo, oppure continua a leggere sapendo che comunque perderai il tuo tempo.E' molto di moda al giorno d'oggi vedere nel doping sua maestà il Male. Io che però sono pignolo e poco sensibile ai richiami delle mode, mi ritrovo a domandarmi cosa ne sarà del doping al prossimo giro di boa degli umani costumi, quando la moda dell'antidoping avrà fatto il suo tempo e nessuno discriminerà di più fra doping e doping. Una moda è infatti tale perché dopo un po' passa. Ed è già parecchio tempo che una parte d'umanità si trastulla senza molto senso con il vezzo estetico dell'antidoping.In realtà, l'umanità ha da sempre amato il doping, anche se non lo ha mai chiamato così, facendo di esso libero uso in tutti i tempi e in tutti i contesti. Cos'è infatti il doping? Nient'altro che il fatto di assumere alcune sostanze in grado di migliorare le proprie prestazioni in un qualsiasi campo di attività fisica. Dato che il doping è quindi

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finalizzato ad ottimizzare le proprie prestazioni, viene da chiedersi perché molti vogliano vederci in esso il Male. Cosa c'è di male a volere migliorare le proprie prestazioni? Non migliora le proprie prestazioni anche chi semplicemente si allena? Non sarebbe quindi anche il mero allenamento da intendersi come innegabile doping? La risposta dei fanatici dell'antidoping è: il doping deve essere vietato quando è innaturale e fa male alla salute. D'altra parte, se il doping facesse bene alla salute, mancherebbe davvero qualsiasi argomento per provare a vietarlo. Sul fatto della sua naturalità, poi, c'è tutti da ridire: è naturale andare in automobile? Sono naturali i cibi dei fast-food? E' naturale guardare la televisione? Se la naturalezza di un azione fosse il criterio per stabilire se di doping si tratti o meno, si macchierebbe di doping qualsiasi cittadino (sportivo o meno) che vada in auto, mangi al fast-food e guardi la televisione. E potremmo fare migliaia di altri esempi. Dimentichiamoci quindi l'argomento naturalezza, che in un'epoca di artificiosità totale può solo fare ridere i polli, e limitiamoci al solo altro tema che riempie la bocca dei maniaci dell'antidoping: la salvaguardia della salute dell'atleta.A questo punto però mi viene un inevitabile dubbio: o sono scemo io, o sono scemi gli altri. Per quanto dopati, gli atleti godono infatti nel 99% dei casi di una salute migliore di quella di gran parte del resto della popolazione. Certo ogni tanto ne schiatta qualcuno, ma questo succede anche alla gente normale. Si vive e si muore, cosa c'è di strano? Per ogni volta che un atleta muore a causa del doping, ce ne sono altri dieci che muoiono perché nello sport che fanno semplicemente accade spesso che qualcuno ci lasci la pelle. Due pugili che si pestano danneggiano la mutua salute infinitamente di più che un atleta dedito ad un equilibrato doping, ed i frequenti decessi dei pugili ed i loro inevitabili rimbambimenti lo dimostrano senza ombra di dubbio. Eppure il pugilato non è vietato. Così come non è vietato l'automobilismo, uno degli sport con il più alto coefficiente di morte. E lo stesso calcio, lo sport più amato dagli italiani, pur producendo una bassa quantità di decessi lede i corpi degli atleti più del più accanito doping: è infatti uno scempio continuo di articolazioni, menischi, fibre muscolari e ossa. Non passa domenica che qualche calciatore non s'infortuni. Non preme ai fanatici dell'antidoping della salute di costoro? No. I fanatici dell'antidoping sono dei feticisti. Perché la loro sensibilità morale s'infiammi deve venire rispettata una complessa liturgia di condizioni, devono essere state consumate sostanze proibite e deve essere stato effettuato un rituale di analisi e controanalisi. Insomma, una faccenda essenzialmente mistica come nella storia se ne sono viste molte. Un pretesto come un altro per una bella caccia alle streghe. Una persecuzione contro gli sportivi ma vi siete mai chiesti perché con la storia del doping rompono le palle solo agli sportivi? Perché non fanno l'antidoping anche agli attori cinematografici e teatrali ed ai presentatori televisivi, molti dei quali notoriamente dediti all'uso di cocaina per migliorare le loro prestazioni sulla scena? Dopotutto, anch'essi competono con colleghi che risultano svantaggiati dal loro mancato ricorso a tali sostanze stimolanti. E per non fermarsi agli esempi ovvi, perché non procedere anche contro gli scrittori dediti a doping? Viene fatto l'antidoping sui candidati al premio Nobel per la letteratura? E a quello per la medicina?E a questo punto devo proporre agli inquisitori la mia stessa persecuzione, dato che ricorro abitualmente al doping per riuscire a scrivere i miei pezzi di Pensiero Stocastico. Non so se infatti otterrei gli stessi risultati senza abitualmente drogarmi, prima di ogni mia prestazione, facendo smodato uso di abnormi quantità di caffè (talvolta seguite da dosi integrative di coca cola), beveroni noti per l'alto contenuto di caffeina in essi contenuto. Perché se trovano caffeina nelle urine di Del Piero gli fanno un mazzo così mentre a me che ce l'ho sempre non la cercano neppure? Forse che la mia salute vale meno di quella di Del Piero? Analizzare la mia urina fa più ribrezzo? O la caffeina nuoce meno a me che a un calciatore? Dieci anni fa, per riuscire a scrivere un certo mio libro, dovetti per alcuni mesi ricorrere ad un doping esasperato che certo incise non poco sulla mia salute. All'epoca fumavo, e fumavo parecchio. Scrivendo il mio libro, fumavo ancora di più e, quel che è peggio, non riuscivo a scrivere se non fumavo continuamente. Tutti i giorni, però, dopo qualche ora di scrittura la mia capacità di fumare veniva meno, nausea e disgusto mi rendevano repellente la sola idea di ulteriori sigarette, ed io mi ritrovavo bloccato; non riuscivo infatti più a scrivere se non continuavo a fumare. Pur di continuare a scrivere, allora, ero costretto ad iniziare con il caffè. Il caffè mi faceva infatti tornare voglia di fumare, e così potevo procedere a scrivere, tirando avanti per un altro po'. Ma il caffè dopo un po' ti stronca anche di più delle sigarette, e se non la pianti il cuore ti scoppia. Finalmente smetterla di scrivere? Neppure a pensarci! Ricorrevo a quel punto ad un certo liquore cecoslovacco, di cui avevo in precedenza fatto abbondanti riserve. Il liquore cecoslovacco mi faceva tornare voglia di fumare, il che mi consentiva di proseguire a scrivere, fino a quanto fatalmente giungeva sera. A questo punto, lievemente alticcio, schizzato, e con un misterioso senso di profonda intossicazione interiore, potevo spegnere il computer, soddisfatto e perplesso, e terminare la mia giornata di scrittura. In seguito, il mio istinto di conservazione mi ha indotto a moderare il doping al quale ricorro per scrivere, ma non è questo il punto: può infatti quel mio libro considerarsi valido? Io non l'avrei infatti mai scritto se non avessi fatto ricorso alle sostanze che ho detto, così come Umberto Eco non avrebbe scritto Il Nome della

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Rosa se non avesse potuto nel contempo fumarsi le sue quaranta sigarette quotidiane. E allora perché a Maradona gli hanno fatto per anni l'antidoping tre volte al dì mentre ad Umberto Eco e a me non lo ha mai fatto nessuno? Forse che un libro vale meno che una partita di calcio? Forse che la salute di Umberto Eco vale meno di quella di Cuccureddu (giocatore della Juventus di 20 anni fa trovatene uno oggi con un nome così!). E perché durante le riprese dei film non viene fatto l'antidoping agli attori che in seguito vinceranno il premio Oscar? E' giusto che ad un attore possa essere consentito di recitare meglio di un altro al prezzo dell'ingestione di regolari dosi di caffè, sigarette ed alcolici (per non parlare della cocaina)? Perché un attore salutista dove trovarsi svantaggiato? Perché non si va a vedere cosa si sono fumati gli sceneggiatori di un film umoristico di successo o di certe trasmissioni tivù demenziali? Quindi torniamo alla domanda precedente: perché l'antidoping è una persecuzione dei soli sportivi? La risposta è che gli sportivi sono classicamente individui giovani e inesperti, irregimentati in federazioni di vario genere (a volte anche militari, e comunque sempre paramilitari), una situazione che mal si presta a rivendicare il proprio diritto di fare della propria salute ciò che a uno pare. Attori, giornalisti, scrittori e presentatori televisivi si opporrebbero energicamente (e con pieno diritto) ad intrusioni sistematiche nella loro privacy biochimica.Si vive e si muore, e la società moderna occidentale ha trasferito il paradigma della quantità (su cui è fondata) alla sfera esistenziale: la quantità di qualcosa vale di più della qualità di qualcosa. Questo è il paradigma contemporaneo nel quale l'Occidente affoga. Nella sua estrema e inevitabile manifestazione, questo paradigma ci satura della convinzione che una lunga vita valga di più di una bella vita. Vivere di più diventa più importante che vivere meglio. Altri popoli non annaspano in un pantano simile. Per altri popoli e per altre culture, presenti e passate, la qualità della vita è prevalente rispetto alla quantità della stessa. E in queste culture non troviamo l'orribile tabù della morte che affligge la nostra con tutte le peggiori manifestazioni che da esso derivano: dal senso di sconfitta comunemente associato alla morte all'accanimento terapeutico sui malati terminali. E la qualità della vita è rappresentata da ciò che uno fa. Molti uomini hanno sacrificato la loro vita per una causa. In certi casi li si loda per questo, in altri casi li si condanna. Ma il principio per il quale uno mette in gioco se stesso, la propria salute e la propria vita è uno solo ed è sempre lo stesso ed in quanto tale non andrebbe giudicato: si tratta della legittima ambizione di un essere umano di influire sulla realtà il più possibile durante la vita propria, secondo le modalità ad esso più congeniale, costi quel che costi. Per alcuni ciò si tradurrà nell'ambizione di varare leggi più giuste o di salvare una patria, per altri nell'ambizione di stabilire nuovi primati di tipo sportivo, per altri ancora di scrivere opere letterarie che esprimano concetti ed emozioni mai prima rappresentati su carta, per altri ancora di interpretare personaggi cinematografici che rimangano indelebili nell'Immaginario dell'umanità. Tutte queste persone romanticamente tese verso il superamento dei propri e collettivi limiti sono il vero grandioso motore dell'umanità. Ognuna di esse rischierà volentieri di sacrificare tutto, dalla salute alla vita, pur di incidere sulla realtà in quell'opera o in quel gesto che per loro vale a dare senso a una vita. Ed è davvero misera cosa che masnade di ombrosi figuri senza né arte né parte e insensibili a tale romantica vocazione si industrino ad imbrigliare, ostacolare, giudicare, condannare e punire persone più nobili e coraggiose di loro con la sola colpa di anteporre la qualità del risultato di ciò che essi fanno alla propria incolumità personale.Il futuro del doping può quindi esprimersi in due direzioni opposte.La prima possibilità è quella di un'improvvisa eruzione di fondamentalismo antidoping. In una società governata da un fondamentalismo antidoping, il test antidoping sarà obbligatorio in qualsiasi contesto che preveda una competizione fra esseri umani. Durante le campagne elettorali, i politici dovranno sottoporsi ad analisi dopo ogni comizio o tribuna politica, e se dalle loro urine emergerà che hanno fatto uso di sostanze proibite (dalla cocaina ai tranquillanti, dalla nicotina al caffè) verranno squalificati, ovvero perderanno ogni diritto di concorrere a quelle elezioni. Negli studi televisivi, gli ufficiali dell'antidoping suggeranno metodicamente urine a tutti i coloro che abbiano appena partecipato ad una trasmissione televisiva, presentatori, cantanti, ospiti di talk show e sportivi. Gli atleti dovranno quindi abituarsi che dopo aver appena fatto un controllo antidoping al termine di una competizione sportiva toccherà loro rifarlo se verranno intervistati da un'emittente televisiva. Tutte le industrie ed aziende dovranno avere il personale regolarmente sottoposto ad analisi da parte del Ministero dell'Antidoping, una nuova grande istituzione pubblica che darà vita a migliaia e migliaia di nuovi utili posti di lavoro. Le aziende saranno poi legalmente tenute a tenere un regolare registro dell'antidoping dove gli accertamenti positivi possano venire contabilizzati e convertiti in tasse. Dato che il doping (caffè, nicotina, vino, birra, antidepressivi, ecc.) dei dipendenti favorisce infatti un'azienda rispetto alla concorrenza, sarà giusto che tale illecito vantaggio finisca per tramutarsi in una maggiore tassazione. Il Ministero dell'Antidoping avrà suoi funzionari anche sul set di tutte le produzioni cinematografiche. Pure le pornostar non sfuggiranno al Nuovo Ordine Chimico e dopo ogni amplesso sul set dovranno immancabilmente devolvere un po' della loro pipì alle

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analisi obbligatorie per accertare la naturalezza e legalità del loro coito. Gli accoppiamenti che risulteranno essere stati incoraggiati dall'uso delle solite sostanze proibite (caffè, nicotina, alcolici, ecc.) saranno regolarmente multati. Non è però detto che la storia prenda il corso del fondamentalismo antidoping, ed anche se lo facesse, non durerebbe per sempre. I Grandi Proibizionismi, per quanto frequenti nella storia dell'umanità, sono sempre pregni di quel carico di aberrazione che li condanna a non durare per sempre e venire un giorno rimpiazzati da una tendenza contraria.Vedremo quindi inevitabilmente il giorno in cui la moda mistica dell'antidoping scomparirà nel nulla dal quale emerse poco tempo fa. Il liberismo chimico restituirà finalmente a chiunque la piena responsabilità ed autodeterminazione in merito all'uso ed abuso del proprio corpo.Sotto la propulsione del doping libero, lo sport vivrà una nuova stagione di traguardi grandiosi ed inimmaginabili oggi. Dopotutto, c'è un limite alle capacità fisiche di un corpo umano. E senza i progressi della scienza, questi limiti segnerebbero un giorno la fine dello sport agonistico. Senza i progressi della scienza, si giungerebbe fatalmente al giorno in cui nessuno sarebbe più in grado di correre o nuotare una certa distanza al di sotto di un certo tempo, di saltare, sollevare pesi, lanciare oggetti migliorando ad oltranza i rispettivi record. Il doping libero sarà in futuro l'unico modo in cui lo sport potrà continuare ad esistere e ad appassionare le folle e gli sponsor. Naturalmente, esso non si limiterà alla sola chimica.In futuro, il doping chimico apparterrà all'archeologia dello sport. Anabolizzanti, anfetamine, bombe di aminoacidi, stimolanti, autoemotrasfusioni e chi più ne ha più ne metta, verranno ricordati con tenerezza dagli storici dello sport. Il vero doping del futuro sarà il doping genetico.L'ingegneria genetica brucia oggi tappe su tappe e sta già cambiando il mondo anche se gli effetti non sono ancora bene visibili. Si parla già oggi delle mirabilie che l'ingegneria genetica comporterà in futuro per l'essere umano in campo medico. Non si fa menzione però di quelle che sopra le altre appariranno come le applicazioni più eclatanti: l'ingegneria genetica nel campo dello sport. Correggere le malattie genetiche della popolazione è infatti operazione eticamente pregevole, ma commercialmente diafana. C'è troppa poca gente in giro con il DNA difettoso per costituire un mercato interessante. Milioni di anni di selezione naturale hanno già spazzato via le tare genetiche dal grosso della popolazione. In futuro, agli sponsor interesserà ben altro. Agli sponsor interesserà sempre di più che i campioni dello sport violino vette inviolabili, superino barriere invalicabili, infrangano record infrangibili. Ed il miglior modo di conseguire tali risultati in futuro si avrà con l'ingegneria genetica applicata agli atleti o, se preferite, con il doping genetico. Gli atleti professionisti del futuro accetteranno di venire geneticamente modificati al fine di essere concorrenziali e di potere fare cose che interessino alla gente (intesa come telespettatori). Vedremo allora centometristi con gambe dal diametro crescente anno dopo anno, giocatori di pallacanestro alti dai tre metri in su, ginnasti con le ossa flessibili, sollevatori di pesi massicci e larghi come bulldozer, sottili campioni di salto in alto con ossa cave, lottatori di sumo da una tonnellata, scalatori free climber con poderose mani grifagne dotate di superunghie appuntite retrattili, e forse addirittura pugili con scatola cranica rinforzata e due braccia supplementari (destinate nel tempo a diventare quattro, poi otto, sedici, ecc.). Gli ecologisti insorgeranno contro questi progressi. La biodiversità ne sarà tuttavia accresciuta, ed è opinione consolidata che la natura abbia una certa predilezione per la biodiversità. Ne consegue che, paradossalmente, i Mostri dello Sport venturi non saranno neppure contronatura, anche se a parecchi piacerà molto considerarli tali. Essi vivranno, alcuni di più, altri di meno, ed infine morranno come a tutti tocca. Dalla loro progenie, nuovi incroci daranno realtà a nuove forme e funzioni. L'Evoluzione, che ne sa una più del diavolo, procede anche così. Con il doping genetico e tutti i suoi figli e figliastri.

DOPING: CON LA GENETICA ATLETI 'COSTRUITI' PER PECHINO 2008

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(ANSA-AFP) - PARIGI, 25 LUG - Atleti costruiti in laboratorio saranno già pronti in pista alle Olimpiadi di Pechino: lo scrive la rivista scientifica francese 'Sciences et Avenir', nel numero che sara' in edicola ad agosto. In laboratorio si potranno sviluppare muscoli con fibre lente per la maratona o con fibre veloci per lo sprint. Ma gia' adesso con il doping chimico, sostiene la rivista, l'impunita' e' quasi totale e gli atleti migliori sono quelli che hanno a disposizione i migliori chimici. Con la svolta genetica, i rischi di risultare positivi non esisteranno piu'. Il muscolo "trattato" in laboratorio sara' piu' potente e non rischiera' piu' infortuni come strappi o stiramenti, grazie a veri e propri "bendaggi genetici". Iniettare fattori di crescita e' gia' possibile sull'uomo, mentre la tecnica del trasferimento di geni per ottenere cellule "riparatrici" di muscoli o tendini e' consolidata da anni. Secondo la rivista, nei prossimi cinque anni sara' possibile sperimentarla sull'uomo a fini terapeutici. Tutto con una semplicita' inimmaginabile: "potrei realizzare tutto questo nella mia cucina" assicura Olivier Danos, direttore scientifico del centro di ricerca Genethon di Evry, alle porte di Parigi. L'effetto delle cosiddette "cellule riparatrici" iniettate nel muscolo e' straordinario. Il massimo effetto "dopante" prodotto sugli animali e' stato osservato su alcuni topi, che nell'ambiente della genetica sono diventati famosi come "topi Schwarzenegger". Per Charles Yesalis, epidemiologo all'Universita' di Pennsylvania, "i primi sportivi che avranno fatto ricorso alla genetica saranno in pista alle Olimpiadi del 2008. Attualmente i vincitori sono coloro che dispongono dei migliori chimici. Nel futuro saranno quelli che avranno i migliori genetici". Ma anche l'attuale doping chimico e' talmente diffuso che 'Sciences et Avenir' puo' fornire l'elenco dei metodi normalmente usati da tutti gli "stregoni" delle varie discipline per evitare agevolmente i controlli: liste di prodotti dopanti non ricercati dalle analisi, controllo e gestione dei tempi di individuazione del prodotto nel sangue o nelle urine, prodotti "coprenti". Recenti analisi, secondo la rivista, hanno mostrato per la prima volta che parecchi sportivi utilizzano prodotti che non corrispondono ad alcun farmaco dopante conosciuto: si tratta di medicine sperimentali, e gli atleti sono delle semplici cavie che si prestano al pericoloso gioco pur di migliorare le prestazioni. Per la rivista francese, invece delle analisi biologiche, fin troppo facili da beffare, servirebbe confrontare le curve delle performance di ogni atleta nel tempo e l'analisi dei ritmi cardiaci. A titolo di esempio lampante di doping generalizzato, la rivista nota che nel 1989 furono sette i corridori che scalarono, al Tour de France, la vetta dell'Alpe d'Huez in meno di 45 minuti. Nel 1997 erano diventati 60. Per realizzare alcuni dei loro exploit nelle tappe di montagna, questi corridori hanno bisogno di sviluppare una potenza che consentirebbe di sollevare un sacco di 50 chili per un metro di altezza, 1.380 volte di seguito, alla cadenza di una volta al secondo. (ANSA 25 Luglio 2002 - 18:08).

DOPING GENETICOper ottenere super-atleti?

Alcuni ricercatori hanno lanciato l'allarme sulla possibilità che tecniche di ingegneria genetica possano essere impiegate per 'creare' degli atleti superiori E' un trattamento pensato per combattere la distrofia muscolare e per incrementare la forza muscolare negli anziani, ma potrebbe venir utilizzato per costruire illegalmente dei super-atleti. L'allarme riguarda la terapia genetica per l'aumento della massa muscolare e a mettere in guardia sul rischio di un doping genetico sono gli studiosi che se ne stanno occupando.Ad evidenziare i rischi è stato Lee Sweeney, dell' Universita' della Pennsylvania, nel corso della riunione annuale dell'American association for the Advancement of science a Seattle. 'Ci sono cose che vengono sviluppate con in mente le malattie - ha detto Sweeney - e che un giorno potrebbero essere utilizzate per migliorare le performance degli atleti'.La terapia genetica al centro dell'attenzione è stata studiata per ora sui topi ed ha mostrato un incremento della massa muscolare, sia in dimensioni che in forza, dal 15 al 30%.Richard Pound, della World Anti-doping agency, ha sottolineato come siano già in vigore regolamenti che vietano manipolazioni genetiche negli atleti, ma ha ammesso che terapie del genere potrebbero essere difficili da rilevare. 'Vorremmo poter essere presenti nelle prime fasi delle ricerche - ha detto ed aiutare a regolamentarle'.Quanti ne hanno sentito parlare? .. Su "Le Scienze" di Novembre 2000, pagina 48: Si parla di muscoli che possono essere potenziati e midificati tramite terapie genetiche! Ad un certo punto dell'articolo (pag.56) si trova scritto:"Queste tecniche saranno usate illecitamente dagli atleti del futuro. Le autorità sportive avranno il loro da fare per identificare gli abusi, perchè i geni modificati produrranno proteine in molti casi identiche a quelle prodotte dal copro umano. Inoltre basterà una sola iniezione per introdurre il gene, minimizzando il rischio di essere scoperti. E' vero che i controllori potranno pur sempre identificare il DNA del gene artificiale, ma ne

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dovranno conoscere la sequenza, e chi effettuerà le prove ne dovrà disporre di un campione! Ma il test antidoping basato sul prelievo di frammenti dei muscoli degli atleti non ha molte probabilità di diventare di routine! Quindi si conclude che da ogni punto di vista il DOPING GENETICO SARA' IMPOSSIBILE DA IDENTIFICARE!!

IL DOPING GENETICO O CELLULARE È DEFINITO COME L'USO NON TERAPEUTICO DI GENI, ELEMENTI GENETICI E/O CELLULE CHE HANNO LA CAPACITÀ DI MIGLIORARE LA PRESTAZIONE SPORTIVA.(ANSA) - ROMA, 16 FEB - Il doping genetico e' l'ombra che fin da oggi si disegna dietro i primi esperimenti di terapia genica volti a rigenerare e a rinvigorire i muscoli indeboliti da malattie come la distrofia muscolare. Sono consapevoli del rischio i ricercatori impegnati su questo fronte della ricerca, dall'americano Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania, all'italiano Antonio Musaro', dell'universita' di Roma La Sapienza. Ad avvicinare l'ipotesi che gli atleti di domani potrebbero potenziare i propri muscoli non solo con l'allenamento ma anche con i geni, aumentando massa e forza muscolare, e' il lavoro presentato da Sweeney a Seattle, nel convegno dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS). Nella ricerca, che sara' pubblicata sul Journal of Applied Physiology, il gruppo di Sweeney ha combinato la terapia genica e l'esercizio fisico riuscendo a potenziare massa e forza muscolare. Ripetute arrampicate su delle scalette e iniezioni del fattore di crescita dei muscoli Igf-1 specifico del topo sono riusciti, insieme, a potenziare del 31,3% la massa muscolare e del 28,3% la forza muscolare. Un effetto ben piu' importante di quello osservato utilizzando, da soli, esercizio fisico e fattore di crescita: il 23,3% di massa muscolare in piu' e il 14,4% di forza fisica. Secondo Sweeney l'uso della genetica per il potenziamento muscolare potrebbe servire anche nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani che hanno perso mobilità in seguito ad indebolimento muscolare. L'allenamento, suggerisce Sweeney, ha stimolato le cellule precursori dei muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere più recettive a IGF-I. Il surplus di questa sostanza ha fatto il resto potenziando la massa e la forza muscolare di questi topi.Topi di controllo non trattati col vettore virale non hanno raggiunto, solo con l'allenamento, lo stesso livello di potenziamento dei muscoli.Secondo Musarò il doping genetico ''apre una prospettiva preoccupante ma - rileva - e' prevedibile che ci si arriverà. E' comunque vero - ha aggiunto - che interventi come questi non si fanno nel laboratorio di casa. Ci vogliono competenze e attrezzature per manipolare i virus da utilizzare come vettori nella terapia genica''. A pensare che il doping genetico sia un rischio da non sottovalutare e' anche un rappresentante della World Anti-Doping Agency , secondo il quale la situazione attuale e' paragonabile a quella di 30 o 40 anni fa, quando le attuali tecniche di indagine e i meccanismi regolatori anti-doping non esistevano ancora.(ANSA).

Super atleti con il doping genetico

Diventare dei super-atleti grazie alla terapia genica. Una prospettiva piu' vicina grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori americani che sono riusciti, con iniezioni di materiale genetico, ad aumentare la potenza muscolare di alcuni topi, rendendoli dei 'campioni'. La ricerca, spiegano gli studiosi dell'universita' della Pennsylvania, durante la conferenza dell'American association for the advancement af science di Seattle, e' nata per combattere le malattie degenerative dei muscoli, come la distrofia muscolare. Lee Sweeney , coordinatore dello studio, ha rivelato che l'esperimento ha suscitato un grande interesse tra gli allenatori di diverse discipline sportive. Ma, ha sottolineato, che si tratta solo di un esperimento sugli animali e che, comunque, e' una tecnica proibita sull'uomo per i possibili effetti collaterali e perchè, in campo sportivo, potrebbe essere considerata come una sorta di 'doping genetico'. Il team universitario americano ha iniettato nei topi un virus inattivato che 'trasportava' un gene capace di stimolare nelle cellule dei muscoli la produzione del fattore di crescita igf-1. Gli Animali così trattati, sottoposti a un intenso programma di allenamento, sviluppavano una massa muscolare imponente e potente, che si manteneva sostanzialmente intatta nel tempo. Una tecnica che potrebbe essere di grande aiuto per i pazienti colpiti da malattie degenerative dei muscoli o che hanno perso massa muscolare per immobilità o invecchiamento. La ricerca sarà pubblicata sul numero di marzo della rivista 'Journal of applied physiology'.

Il motivo del rinnovato interesse per il doping genetico

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Il motivo del rinnovato interesse per il doping genetico è legato al fatto che agli esperimenti sui super-topi, già pubblicati, se ne sta per aggiungere un altro (sul Journal of Applied Physiology), destinato a aumentare le preoccupazioni dei vertici dell'antidoping mondiale. Ricercatori americani hanno infatti dimostrato che i muscoli già fuori del comune dei ratti "dopati" geneticamente si possono ulteriormente potenziare con l'allenamento. Proprio ciò che un atleta di vertice potrebbe desiderare. Ma partiamo dai super-topi.Il metodo «Abbiamo iniettato nei muscoli delle cavie un gene capace di aumentare la formazione in di IGF-1 (Insuline-like growth factor-1), una proteina che stimola il metabolismo muscolare, incrementando volume e prestazioni. E ci siamo accorti che i risultati erano ancora migliori se inducevamo le cavie a praticare esercizio fisico (nel caso in questione la "palestra" era una ruotina da far girare nella gabbia)», spiega Lee Sweeney, dell'Università della Pennsylvania. «Per trasferire il gene nei muscoli abbiamo usato come "taxi" un virus innocuo, privato di alcuni geni, sostituiti con altri. Questi ultimi, dopo l'inoculazione, sono stati incorporati dalle cellule muscolari, che li hanno usati per fabbricare la proteina di nostro interesse». Ma non sarebbe stato più semplice iniettare direttamente l'IGF-1 nel sangue? «No,» risponde Sweneey «perché in tal caso ne sarebbe servito troppo per raggiungere valori sufficienti a fare crescere i muscoli. Inoltre, l'IGF-1 non agisce solo sui muscoli volontari, ma anche su quelli involontari, come quelli del cuore e di altri visceri. Quindi, se un atleta prendesse l’IGF-1 per doparsi non avrebbe alcun risultato e in compenso rischierebbe di ammazzarsi danneggiando il cuore e altri organi, rischiando, tra l'altro, un cancro alla prostata». Zampe e quadricipiti. Nel vostro caso invece non c’era questo rischio? «No, almeno in teoria, perché noi abbiamo iniettato il vettore genetico (il virus modificato) in determinati muscoli, ottenendo una maggiore produzione a livello locale dell’IGF-1, senza modificarne i livelli nel sangue». Però rimane da capire come un atleta si potrebbe servire di un metodo del genere. Un conto è fare un'iniezione a un topino con una zampa di pochi millimetri, un conto è voler sviluppare le gambe di uno sprinter. Quante iniezioni dovrebbe fare per avere un quadricipite femorale super? «Basterebbe bloccare la circolazione della gamba e iniettare il virus in un'arteria, per distribuirlo a tutti i muscoli del distretto interessato». Beh, la faccenda allora non è così semplice: bisognerebbe prima di tutto procurarsi un gruppo di biologi-genetisti che sappia replicare il metodo di transfer genetico con un virus modificato, e poi anche un chirurgo vascolare senza scrupoli che accetti di prestare la propria opera per un intervento del genere. «In teoria non è semplicissimo, ma sappiamo bene che ormai nello sport professionistico di alto livello girano somme elevatissime. E se qualcuno mettesse qualche milione di dollari (o di euro) sul tavolo di scienziati e di medici senza troppa coscienza...». Contromisure Tanto più che scoprire il dolo sarebbe parecchio difficile vero? «Gli attuali metodi di indagine sarebbero del tutto impotenti per svelare il doping genetico, perché la concentrazione di IGF-1 nel sangue non cambia. Si sta cercando di stabilire se ci sia qualche altro marcatore, ma, per ora, l'unico modo per svelare il trucco sarebbe quello di fare una biopsia muscolare e poi di analizzare il tessuto con la PCR (Polimerase Chain Reaction), un metodo che servirebbe ad amplificare e quindi a scovare il Dna del gene inserito con il virus. Avete il sospetto che il sistema sia già stato utilizzato da qualche campione? «Non lo sappiamo. Purtroppo, però, non appena le notizie delle nostre sperimentazioni hanno cominciato a circolare siamo stati bombardati e-mail, di sportivi, tra cui allenatori di squadre giovanili, che volevano aumentare le prestazioni proprie o dei propri campioncini.Impressionante... «Sì, soprattutto perché non è stato capito che i nostri esperimenti dicono che il metodo funziona sui topi e che ora stiamo cercando di capire se funziona su animali più grandi, come i cani, ma per sapere se le cose possono andare bene sull'uomo ci sarà bisogno di molti altri studi, di molto altro tempo e di molta prudenza. Sia per verificare l'efficacia, sia, soprattutto per verificare la sicurezza». Già, perché a Seattle è stato ricordato che i vettori virali non sempre hanno funzionato a dovere e hanno fatto anche un paio di vittime. E un conto è correre un rischio per malattie serie, per le quali non c'è altra possibilità che la terapia genica, un conto è correre un rischio… per correre.

DOPING GENETICO

Il doping genetico o cellulare è definito come l'uso non terapeutico di geni, elementi genetici e/o cellule che hanno la capacità di migliorare la prestazione sportiva.La terapia genica mostra i muscoli. E agita il mondo del doping.

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Il futuro del doping sarà quello di super-atleti geneticamente modificati con masse muscolari straordinarie sviluppate grazie a geni specifici? Se fino a ieri questa ipotesi poteva sembrare fantascientifica o quanto meno lontana, da oggi è quasi realtà.In un laboratorio dell'università della Pennsylvania, Lee Sweeney ha sottoposto alcuni topi a un intervento di terapia genica, iniettando un virus che trasportava il gene per la sintesi del fattore di crescita dei muscoli Igf-1. L'incredibile topo-Hulck. Ha così creato dei super topi, molto più forti degli altri: 23,3 per cento di massa muscolare in più e 14,4 di forza fisica. Iniettando il gene e sottoponendo i topi a specifici allenamenti (facendoli arrampicare su scalette e correre su tapis roulant per esempio)  i risultati sono stati ancora più strabilianti, riuscendo a potenziare del 31,3 per cento la massa muscolare e del 28,3 per cento la forza muscolare. Effetti collaterali. Il fine della ricerca era naturalmente diverso: trovare una terapia efficiente per la cura della distrofia muscolare e per il potenziamento dei muscoli nella riabilitazione in caso di traumi e per gli anziani con indebolimento muscolare. Con la nuova tecnica, infatti, il fattore di crescita rimane nei muscoli e non si trasferisce nel sangue dove potrebbe danneggiare altri organi, causando problemi cardiaci e tumori. Ma - come mette in guardia Sweeney - potrebbe essere utilizzato dagli atleti per potenziare forza, massa e resistenza dei muscoli e per recuperare velocemente dopo gli infortuni. Senza alcuna possibilità di essere scoperti. Anche perché l'effetto dell'ormone della crescita non si esaurisce.Rischi remoti? Il trasferimento di materiale genetico è già bandito dal codice internazionale contro il doping. E soprattutto la terapia genica non è un procedimento alla portata di tutti. È ancora in fase di sperimentazione per malattie mortali e con risultati non sempre positivi. Dunque il doping genetico non è ancora alla portata di tutti. Ma ancora per quanto? Dick Pound, presidente dell'Agenzia mondiale per l'anti-doping, non si è detto preoccupato per le olimpiadi di Atene. Ne tanto meno per quelle di Pechino del 2008. Ma a partire dalle olimpiadi del 2012 le autorità sportive potranno trovarsi di fronte a un grave problema. Quello dei super atleti

Il doping genetico - Grazie alla genetica, fra non molti anni saranno pronti vaccini che potranno inserire geni artificiali nei geni delle cellule muscolari, per esempio geni in grado di codificare una proteina o un ormone che stimolano la crescita muscolare oppure geni che attivino la produzione di miosina IIb (un'isoforma della miosina, comune in piccoli mammiferi), con velocità di contrazione altissima che darebbe più potenza alle fibre veloci (in tal modo si potrebbero correre i 100 m in 8"). Come molte runner sanno, in un maratoneta la quantità di fibre muscolari lente è molto maggiore di quella di fibre veloci. Con la genetica chi nasce velocista potrà trasformarsi in un (grande) maratoneta. La possibilità di scoprire questa forma di doping è secondo le conoscenze attuali praticamente nulla poiché per identificare il DNA del gene artificiale occorre conoscere la sequenza del gene, possedendo un campione del tessuto contenente quel DNA; ma poiché potrebbe bastare una sola iniezione per introdurre il gene, non è pensabile di cannibalizzare i muscoli dell'atleta alla ricerca della manipolazione genetica.

Italia. Le staminali che rafforzano i muscoli Muscoli piu' forti e potenti? Possono diventarlo grazie a un vero e proprio megafono molecolare, un segnale biochimico che chiama a raccolta le cellule staminali in circolazione nel sangue, perche' queste rigenerino il tessuto muscolare. E' una scoperta italiana, pubblicata on-line dalla rivista dell'Accademia americana delle scienze, PNAS, e getta le basi per future terapie contro la distrofia muscolare e apre scenari non troppo fantascientifici sull'eventualita' di una sorta di doping molecolare. Lo studio, coordinato da Antonio Musaro', del dipartimento di Istologia ed Embriologia Medica dell'universita' di Roma La Sapienza, e' stato condotto in collaborazione con Nadia Rosenthal, del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (EMBL) di Monterotondo (Roma) e con Giovanna Borsellino, dell'istituto scientifico Santa Lucia di Roma. La ricerca e' stata finanziata principalmente da Telethon e in parte dal progetto cellule staminali del ministero della Salute. A due anni esatti dalla scoperta che il fattore di crescita mIgf1 (Insulin-like growth factor 1) puo' trasformare topi anziani in topi muscolosi, restituendo tonicita' ai loro muscoli, il gruppo di Musaro' ha adesso perche' i muscoli possono rigenerarsi grazie al fattore mIgf1. Ha scoperto quindi perche', grazie al fattore mIgf1, i muscoli invecchiati ritrovavano vigore e quelli indeboliti dalla distrofia si rigeneravano. Il punto di partenza e' stato osservare che i muscoli sono naturalmente in grado di rigenerarsi. Tuttavia, ha osservato Musaro', "nella distrofia muscolare, nell'invecchiamento e in molte malattie neurodegenerative la capacita' dei muscoli di rigenerare le fibre danneggiate e' particolarmente compromessa". Questo accade perche'

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le cellule specializzate nel riparare i muscoli danneggiati, chiamate cellule satelliti, sono poco numerose e con il tempo diventano meno attive anche proteine importanti nella riparazione dei muscoli. Fortunatamente, pero', anche altre cellule staminali, individuate recentemente, possono andare in aiuto dei muscoli. "Possiamo immaginare una sorta di autostrada di cellule staminali -ha detto Musaro'- in cui tali cellule migrano nel circolo sanguigno e raggiungono i vari organi e tessuti in risposta ad uno stimolo rigenerativo". Ma perche' arrivino nei muscoli devono sentire un richiamo molto forte, cosa che in condizioni normali non avviene. Il gruppo di Musaro' ha scoperto che il segnale di cui le staminali hanno bisogno e' il fattore mIgf1, che deve essere pero' potenziato. I ricercatori hanno cosi' utilizzato topi modificati geneticamente (transgenici) in modo da produrre maggiori quantita' del fattore mIgf1. Quest'ultimo, prodotto in grandi quantita', ha amplificato il segnale che i muscoli generano in condizioni normali, comportandosi come un megafono molecolare. "Il fattore di crescita mIgf1 e' in grado di reclutare in modo considerevole le cellule staminali circolanti, le quali, una volte entrate nel compartimento muscolare, partecipano efficientemente al riparo delle fibre muscolari danneggiate". Avere a disposizione un tale megafono molecolare, ha concluso, permette quindi di "disegnare delle strategie terapeutiche al fine di integrare la terapia genica con la terapia cellulare per prevenire i segni patologici della senescenza muscolare e di malattie genetiche, come la distrofia muscolare. Se la scoperta rappresenta una speranza per le persone malate di distrofia muscolare, apre anche la porta al cosiddetto doping genetico. Non e' pura fantasia, infatti, ipotizzare che in futuro il doping abbandoni la via tradizionale dei farmaci per scegliere nuove strade. "Ma fare questo significherebbe giocare col fuoco", ha osservato il ricercatore. Il doping genetico "non e' ancora una realta' ma e' possibile che nel giro di pochi anni la scoperta del fattore di crescita specifico dei muscoli venga sfruttata da chi specula". Le prime richieste in questo senso erano arrivate gia' tempo fa negli Stati Uniti a un collaboratore di Musaro', il fisiologo Lee Sweeney, dell'universita' della Pennsylvania. L'allenatore di una squadra di football americano gli aveva telefonato, nella speranza di poter iniettare il fattore di crescita specifico dei muscoli a tutta la squadra, in modo da ottenere atleti praticamente imbattibili. "A qualcuno il doping genetico puo' sembrare a prima vista un affare -ha osservato Musaro'- perche' permette di aumentare la massa muscolare senza che resti alcuna traccia sospetta. Ma si tratta di un affare losco. Il nostro obiettivo di ricercatori e' dare un supporto a persone i cui muscoli non sono in grado di funzionare, come quelle colpite dalla distrofia muscolare o gli anziani che hanno i muscoli atrofizzati". Oltre alle obiezioni etico, ce ne sono altre relative ai pericoli in agguato dietro al doping genetico. Il fattore di crescita Igf1 e' infatti gia' in vendita su Internet ma, avverte Musaro' "non si tratta del fattore di crescita specifico dei muscoli da noi sperimentato, chiamato mIgf1, ma del fattore circolante". Quest'ultimo viene sintetizzato dal fegato e, circolando nell'organismo, bersaglia vari organi. Quando raggiunge i muscoli ha effetti positivi perche' li rende piu' tonici, ma su altri organi ha effetti negativi, provocando tumori (soprattutto nella prostata) e malattie cardiovascolari. "La forma dell'Igf1 specifica dei muscoli non esiste in commercio e ad oggi non ha dato alcun effetto collaterale negli animali. Anche in questo caso, tuttavia, occorrono cautela e controlli prima di passare dagli esperimenti sugli animali a quelli sull'uomo".  Secondo Robert Sheckley, per troppo tempo ormai Roberto Quaglia non è stato famoso. Secondo Ugo Malaguti, è un genio. Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte.La caccia alle streghe è uno dei tuoi passatempi preferiti? Ti proclami contro le discriminazioni però discrimini tra una discriminazione e l'altra? Pensi quasi sempre quello che pensano anche gli altri? Allora sei probabilmente finito nel posto sbagliato a leggere le cose sbagliate. Muta la rotta, o lettore normale, finché sei in tempo, oppure continua a leggere sapendo che comunque perderai il tuo tempo.E' molto di moda al giorno d'oggi vedere nel doping sua maestà il Male. Io che però sono pignolo e poco sensibile ai richiami delle mode, mi ritrovo a domandarmi cosa ne sarà del doping al prossimo giro di boa degli umani costumi, quando la moda dell'antidoping avrà fatto il suo tempo e nessuno discriminerà di più fra doping e doping. Una moda è infatti tale perché dopo un po' passa. Ed è già parecchio tempo che una parte d'umanità si trastulla senza molto senso con il vezzo estetico dell'antidoping. In realtà, l'umanità ha da sempre amato il doping, anche se non lo ha mai chiamato così, facendo di esso libero uso in tutti i tempi e in tutti i contesti. Cos'è infatti il doping? Nient'altro che il fatto di assumere alcune sostanze in grado di migliorare le proprie prestazioni in un qualsiasi campo di attività fisica. Dato che il doping è quindi finalizzato ad ottimizzare le proprie prestazioni, viene da chiedersi perché molti vogliano vederci in esso il Male. Cosa c'è di male a volere

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migliorare le proprie prestazioni? Non migliora le proprie prestazioni anche chi semplicemente si allena? Non sarebbe quindi anche il mero allenamento da intendersi come innegabile doping? La risposta dei fanatici dell'antidoping è: il doping deve essere vietato quando è innaturale e fa male alla salute. D'altra parte, se il doping facesse bene alla salute, mancherebbe davvero qualsiasi argomento per provare a vietarlo. Sul fatto della sua naturalità, poi, c'è tutti da ridire: è naturale andare in automobile? Sono naturali i cibi dei fast-food? E' naturale guardare la televisione? Se la naturalezza di un azione fosse il criterio per stabilire se di doping si tratti o meno, si macchierebbe di doping qualsiasi cittadino (sportivo o meno) che vada in auto, mangi al fast-food e guardi la televisione. E potremmo fare migliaia di altri esempi. Dimentichiamoci quindi l'argomento naturalezza, che in un'epoca di artificiosità totale può solo fare ridere i polli, e limitiamoci al solo altro tema che riempie la bocca dei maniaci dell'antidoping: la salvaguardia della salute dell'atleta. A questo punto però mi viene un inevitabile dubbio: o sono scemo io, o sono scemi gli altri. Per quanto dopati, gli atleti godono infatti nel 99% dei casi di una salute migliore di quella di gran parte del resto della popolazione. Certo ogni tanto ne schiatta qualcuno, ma questo succede anche alla gente normale. Si vive e si muore, cosa c'è di strano? Per ogni volta che un atleta muore a causa del doping, ce ne sono altri dieci che muoiono perché nello sport che fanno semplicemente accade spesso che qualcuno ci lasci la pelle. Due pugili che si pestano danneggiano la mutua salute infinitamente di più che un atleta dedito ad un equilibrato doping, ed i frequenti decessi dei pugili ed i loro inevitabili rimbambimenti lo dimostrano senza ombra di dubbio. Eppure il pugilato non è vietato. Così come non è vietato l'automobilismo, uno degli sport con il più alto coefficiente di morte. E lo stesso calcio, lo sport più amato dagli italiani, pur producendo una bassa quantità di decessi lede i corpi degli atleti più del più accanito doping: è infatti uno scempio continuo di articolazioni, menischi, fibre muscolari e ossa. Non passa domenica che qualche calciatore non s'infortuni. Non preme ai fanatici dell'antidoping della salute di costoro? No. I fanatici dell'antidoping sono dei feticisti. Perché la loro sensibilità morale s'infiammi deve venire rispettata una complessa liturgia di condizioni, devono essere state consumate sostanze proibite e deve essere stato effettuato un rituale di analisi e controanalisi. Insomma, una faccenda essenzialmente mistica come nella storia se ne sono viste molte. Un pretesto come un altro per una bella caccia alle streghe. Una persecuzione contro gli sportivi ma vi siete mai chiesti perché con la storia del doping rompono le palle solo agli sportivi? Perché non fanno l'antidoping anche agli attori cinematografici e teatrali ed ai presentatori televisivi, molti dei quali notoriamente dediti all'uso di cocaina per migliorare le loro prestazioni sulla scena? Dopotutto, anch'essi competono con colleghi che risultano svantaggiati dal loro mancato ricorso a tali sostanze stimolanti. E per non fermarsi agli esempi ovvi, perché non procedere anche contro gli scrittori dediti a doping? Viene fatto l'antidoping sui candidati al premio Nobel per la letteratura? E a quello per la medicina? E a questo punto devo proporre agli inquisitori la mia stessa persecuzione, dato che ricorro abitualmente al doping per riuscire a scrivere i miei pezzi di Pensiero Stocastico. Non so se infatti otterrei gli stessi risultati senza abitualmente drogarmi, prima di ogni mia prestazione, facendo smodato uso di abnormi quantità di caffè (talvolta seguite da dosi integrative di coca cola), beveroni noti per l'alto contenuto di caffeina in essi contenuto. Perché se trovano caffeina nelle urine di Del Piero gli fanno un mazzo così mentre a me che ce l'ho sempre non la cercano neppure? Forse che la mia salute vale meno di quella di Del Piero? Analizzare la mia urina fa più ribrezzo? O la caffeina nuoce meno a me che a un calciatore? Dieci anni fa, per riuscire a scrivere un certo mio libro, dovetti per alcuni mesi ricorrere ad un doping esasperato che certo incise non poco sulla mia salute. All'epoca fumavo, e fumavo parecchio. Scrivendo il mio libro, fumavo ancora di più e, quel che è peggio, non riuscivo a scrivere se non fumavo continuamente. Tutti i giorni, però, dopo qualche ora di scrittura la mia capacità di fumare veniva meno, nausea e disgusto mi rendevano repellente la sola idea di ulteriori sigarette, ed io mi ritrovavo bloccato; non riuscivo infatti più a scrivere se non continuavo a fumare. Pur di continuare a scrivere, allora, ero costretto ad iniziare con il caffè. Il caffè mi faceva infatti tornare voglia di fumare, e così potevo procedere a scrivere, tirando avanti per un altro po'. Ma il caffè dopo un po' ti stronca anche di più delle sigarette, e se non la pianti il cuore ti scoppia. Finalmente smetterla di scrivere? Neppure a pensarci! Ricorrevo a quel punto ad un certo liquore cecoslovacco, di cui avevo in precedenza fatto abbondanti riserve. Il liquore cecoslovacco mi faceva tornare voglia di fumare, il che mi consentiva di proseguire a scrivere, fino a quanto fatalmente giungeva sera. A questo punto, lievemente alticcio, schizzato, e con un misterioso senso di profonda intossicazione interiore, potevo spegnere il computer, soddisfatto e perplesso, e terminare la mia giornata di scrittura. In seguito, il mio istinto di conservazione mi ha indotto a moderare il doping al quale ricorro per scrivere, ma non è questo il punto: può infatti quel mio libro considerarsi valido? Io non l'avrei infatti mai scritto se non avessi fatto ricorso alle sostanze che ho detto, così come Umberto Eco non avrebbe scritto Il Nome della Rosa se non avesse potuto nel contempo fumarsi le sue quaranta sigarette quotidiane. E allora perché a Maradona gli hanno fatto per anni

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l'antidoping tre volte al dì mentre ad Umberto Eco e a me non lo ha mai fatto nessuno? Forse che un libro vale meno che una partita di calcio? Forse che la salute di Umberto Eco vale meno di quella di Cuccureddu (giocatore della Juventus di 20 anni fa trovatene uno oggi con un nome così!). E perché durante le riprese dei film non viene fatto l'antidoping agli attori che in seguito vinceranno il premio Oscar? E' giusto che ad un attore possa essere consentito di recitare meglio di un altro al prezzo dell'ingestione di regolari dosi di caffè, sigarette ed alcolici (per non parlare della cocaina)? Perché un attore salutista dove trovarsi svantaggiato? Perché non si va a vedere cosa si sono fumati gli sceneggiatori di un film umoristico di successo o di certe trasmissioni tivù demenziali? Quindi torniamo alla domanda precedente: perché l'antidoping è una persecuzione dei soli sportivi? La risposta è che gli sportivi sono classicamente individui giovani e inesperti, irregimentati in federazioni di vario genere (a volte anche militari, e comunque sempre paramilitari), una situazione che mal si presta a rivendicare il proprio diritto di fare della propria salute ciò che a uno pare. Attori, giornalisti, scrittori e presentatori televisivi si opporrebbero energicamente (e con pieno diritto) ad intrusioni sistematiche nella loro privacy biochimica.Si vive e si muore, e la società moderna occidentale ha trasferito il paradigma della quantità (su cui è fondata) alla sfera esistenziale: la quantità di qualcosa vale di più della qualità di qualcosa. Questo è il paradigma contemporaneo nel quale l'Occidente affoga. Nella sua estrema e inevitabile manifestazione, questo paradigma ci satura della convinzione che una lunga vita valga di più di una bella vita. Vivere di più diventa più importante che vivere meglio. Altri popoli non annaspano in un pantano simile. Per altri popoli e per altre culture, presenti e passate, la qualità della vita è prevalente rispetto alla quantità della stessa. E in queste culture non troviamo l'orribile tabù della morte che affligge la nostra con tutte le peggiori manifestazioni che da esso derivano: dal senso di sconfitta comunemente associato alla morte all'accanimento terapeutico sui malati terminali. E la qualità della vita è rappresentata da ciò che uno fa. Molti uomini hanno sacrificato la loro vita per una causa. In certi casi li si loda per questo, in altri casi li si condanna. Ma il principio per il quale uno mette in gioco se stesso, la propria salute e la propria vita è uno solo ed è sempre lo stesso ed in quanto tale non andrebbe giudicato: si tratta della legittima ambizione di un essere umano di influire sulla realtà il più possibile durante la vita propria, secondo le modalità ad esso più congeniale, costi quel che costi. Per alcuni ciò si tradurrà nell'ambizione di varare leggi più giuste o di salvare una patria, per altri nell'ambizione di stabilire nuovi primati di tipo sportivo, per altri ancora di scrivere opere letterarie che esprimano concetti ed emozioni mai prima rappresentati su carta, per altri ancora di interpretare personaggi cinematografici che rimangano indelebili nell'Immaginario dell'umanità. Tutte queste persone romanticamente tese verso il superamento dei propri e collettivi limiti sono il vero grandioso motore dell'umanità. Ognuna di esse rischierà volentieri di sacrificare tutto, dalla salute alla vita, pur di incidere sulla realtà in quell'opera o in quel gesto che per loro vale a dare senso a una vita. Ed è davvero misera cosa che masnade di ombrosi figuri senza né arte né parte e insensibili a tale romantica vocazione si industrino ad imbrigliare, ostacolare, giudicare, condannare e punire persone più nobili e coraggiose di loro con la sola colpa di anteporre la qualità del risultato di ciò che essi fanno alla propria incolumità personale.Il futuro del doping può quindi esprimersi in due direzioni opposte. La prima possibilità è quella di un'improvvisa eruzione di fondamentalismo antidoping. In una società governata da un fondamentalismo antidoping, il test antidoping sarà obbligatorio in qualsiasi contesto che preveda una competizione fra esseri umani. Durante le campagne elettorali, i politici dovranno sottoporsi ad analisi dopo ogni comizio o tribuna politica, e se dalle loro urine emergerà che hanno fatto uso di sostanze proibite (dalla cocaina ai tranquillanti, dalla nicotina al caffè) verranno squalificati, ovvero perderanno ogni diritto di concorrere a quelle elezioni. Negli studi televisivi, gli ufficiali dell'antidoping suggeranno metodicamente urine a tutti i coloro che abbiano appena partecipato ad una trasmissione televisiva, presentatori, cantanti, ospiti di talk show e sportivi. Gli atleti dovranno quindi abituarsi che dopo aver appena fatto un controllo antidoping al termine di una competizione sportiva toccherà loro rifarlo se verranno intervistati da un'emittente televisiva. Tutte le industrie ed aziende dovranno avere il personale regolarmente sottoposto ad analisi da parte del Ministero dell'Antidoping, una nuova grande istituzione pubblica che darà vita a migliaia e migliaia di nuovi utili posti di lavoro. Le aziende saranno poi legalmente tenute a tenere un regolare registro dell'antidoping dove gli accertamenti positivi possano venire contabilizzati e convertiti in tasse. Dato che il doping (caffè, nicotina, vino, birra, antidepressivi, ecc.) dei dipendenti favorisce infatti un'azienda rispetto alla concorrenza, sarà giusto che tale illecito vantaggio finisca per tramutarsi in una maggiore tassazione. Il Ministero dell'Antidoping avrà suoi funzionari anche sul set di tutte le produzioni cinematografiche. Pure le pornostar non sfuggiranno al Nuovo Ordine Chimico e dopo ogni amplesso sul set dovranno immancabilmente devolvere un po' della loro pipì alle analisi obbligatorie per accertare la naturalezza e legalità del loro coito. Gli accoppiamenti che risulteranno essere stati incoraggiati dall'uso delle

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solite sostanze proibite (caffè, nicotina, alcolici, ecc.) saranno regolarmente multati. Non è però detto che la storia prenda il corso del fondamentalismo antidoping, ed anche se lo facesse, non durerebbe per sempre. I Grandi Proibizionismi, per quanto frequenti nella storia dell'umanità, sono sempre pregni di quel carico di aberrazione che li condanna a non durare per sempre e venire un giorno rimpiazzati da una tendenza contraria. Vedremo quindi inevitabilmente il giorno in cui la moda mistica dell'antidoping scomparirà nel nulla dal quale emerse poco tempo fa. Il liberismo chimico restituirà finalmente a chiunque la piena responsabilità ed autodeterminazione in merito all'uso ed abuso del proprio corpo. Sotto la propulsione del doping libero, lo sport vivrà una nuova stagione di traguardi grandiosi ed inimmaginabili oggi. Dopotutto, c'è un limite alle capacità fisiche di un corpo umano. E senza i progressi della scienza, questi limiti segnerebbero un giorno la fine dello sport agonistico. Senza i progressi della scienza, si giungerebbe fatalmente al giorno in cui nessuno sarebbe più in grado di correre o nuotare una certa distanza al di sotto di un certo tempo, di saltare, sollevare pesi, lanciare oggetti migliorando ad oltranza i rispettivi record. Il doping libero sarà in futuro l'unico modo in cui lo sport potrà continuare ad esistere e ad appassionare le folle e gli sponsor. Naturalmente, esso non si limiterà alla sola chimica. In futuro, il doping chimico apparterrà all'archeologia dello sport. Anabolizzanti, anfetamine, bombe di aminoacidi, stimolanti, autoemotrasfusioni e chi più ne ha più ne metta, verranno ricordati con tenerezza dagli storici dello sport. Il vero doping del futuro sarà il doping genetico. L'ingegneria genetica brucia oggi tappe su tappe e sta già cambiando il mondo anche se gli effetti non sono ancora bene visibili. Si parla già oggi delle mirabilie che l'ingegneria genetica comporterà in futuro per l'essere umano in campo medico. Non si fa menzione però di quelle che sopra le altre appariranno come le applicazioni più eclatanti: l'ingegneria genetica nel campo dello sport. Correggere le malattie genetiche della popolazione è infatti operazione eticamente pregevole, ma commercialmente diafana. C'è troppa poca gente in giro con il DNA difettoso per costituire un mercato interessante. Milioni di anni di selezione naturale hanno già spazzato via le tare genetiche dal grosso della popolazione. In futuro, agli sponsor interesserà ben altro. Agli sponsor interesserà sempre di più che i campioni dello sport violino vette inviolabili, superino barriere invalicabili, infrangano record infrangibili. Ed il miglior modo di conseguire tali risultati in futuro si avrà con l'ingegneria genetica applicata agli atleti o, se preferite, con il doping genetico. Gli atleti professionisti del futuro accetteranno di venire geneticamente modificati al fine di essere concorrenziali e di potere fare cose che interessino alla gente (intesa come telespettatori). Vedremo allora centometristi con gambe dal diametro crescente anno dopo anno, giocatori di pallacanestro alti dai tre metri in su, ginnasti con le ossa flessibili, sollevatori di pesi massicci e larghi come bulldozer, sottili campioni di salto in alto con ossa cave, lottatori di sumo da una tonnellata, scalatori free climber con poderose mani grifagne dotate di superunghie appuntite retrattili, e forse addirittura pugili con scatola cranica rinforzata e due braccia supplementari (destinate nel tempo a diventare quattro, poi otto, sedici, ecc.). Gli ecologisti insorgeranno contro questi progressi. La biodiversità ne sarà tuttavia accresciuta, ed è opinione consolidata che la natura abbia una certa predilezione per la biodiversità. Ne consegue che, paradossalmente, i Mostri dello Sport venturi non saranno neppure contronatura, anche se a parecchi piacerà molto considerarli tali. Essi vivranno, alcuni di più, altri di meno, ed infine morranno come a tutti tocca. Dalla loro progenie, nuovi incroci daranno realtà a nuove forme e funzioni. L'Evoluzione, che ne sa una più del diavolo, procede anche così. Con il doping genetico e tutti i suoi figli e figliastri.

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IL DOPING NELLO SPORT

I settori più «dopati» sono quelli relativi agli sport cosiddetti minori Il 3% degli sportivi usa sostanze dopantiI controlli del 2003 su 34 federazioni sportive dicono che il fenomeno è in forte crescita rispetto ai 3 anni precedentiROMA - Ciclisti, corridori e calciatori, ma anche culturisti e appassionati di tiro al volo: il 3% degli sportivi italiani esaminati dalla commissione di vigilanza sul doping usa sostanze dopanti. Emerge dal primo anno di attività di controllo della commissione ministeriale antidoping che nel corso dello scorso anno ha eseguito 735 controlli su 34 federazioni sportive . Dai test realizzati, è emersa una realtà fino ad ora sconosciuta: a fare uso di queste sostanze sono anche e soprattutto gli atleti degli sport cosiddetti minori.

IL CONVEGNO - I dati sono stati presentati nel corso di un convegno nazionale all'Istituto superiore di sanità dedicato proprio alla tutela della salute e la lotta al doping. Molte le riflessioni suscitate dal fatto che a utilizzare le sostanze siano proprio gli sportivi che esercitano la loro attività in sport minori, non quelli sui quali viene esercitata una pressione da parte del mercato o degli sponsor. «È proprio questo aspetto - ha affermato Roberta Pacifici dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell' Iss e membro della Commissione ministeriale - che fa più riflettere». Un aspetto che desta preoccupazione in quanto si tratta di realtà più difficili da controllare. «Il ministero della Salute - ha aggiunto Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline che dai primi dati risultata più grande il fenomeno del doping estendendo i controlli anche fuori dalle gare nel corso, ad esempio, degli allenamenti». Ciò sarà possibile anche grazie ai 3 milioni 500 mila euro stanziati nella finanziaria 2004 per aumentare i controlli ed investire in prevenzione.

DATI IN CRESCITA - Rispetto ai controlli precedenti, l'utilizzo di queste sostanze sembra in crescita. Infatti, i controlli antidoping del Coni e delle federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002, hanno dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9%, dello 0,8% e dello 0,6%. «Dalle verifiche realizzate lo scorso anno dal ministero della Salute, ha spiegato Giovanni Zotta, presidente della commisione di vigilanza sul doping - è stata riscontrata una percentuale di positività 5 volte maggiore». La scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il doping fosse diffuso in tutte le discipline. Il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Italiana Gioco Calcio.

LE FEDERAZIONI - Tutti gli altri controlli sono stati fatti su federazioni che negli ultimi 5 anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la federazione italiana Triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (2 casi su 4); la federazione italiana pesistica e cultura fisica, con il 25% di positività (4 su 16); la federazione italiana Tiro a volo, con il 12,5%, e la federazione italiana gioco Squash anche essa con il 12,5% di positività.

PATTINAGGIOPrimo caso di doping alle Olimpiadi di Salt LakeAncora polemiche nel mondo del pattinaggio

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SALT LAKE CITY - Primo caso di doping alle Olimpiadi della neve. La notizia viene dal Cio, ma non sono stati forniti particolari né sull'identità dell'atleta, né sul suo sesso o sulla specialità praticata. Sembra, però, che non si tratti di un vincitore (o di una vincitrice) di medaglia. La cosa è grave, ma non inaspettata. Prima dell'apertura delle Olimpiadi dello Utah, un dirigente del Cio aveva previsto che nei giorni delle Olimpiadi sarebbero stati certamente scoperti almeno cinque o sei casi di utilizzo di sostanze proibite da parte degli atleti. Segno che tutti, nell'ambiente, sanno che molti continuano a provarci e che i meccanismi di controllo sono ormai abbastanza affinati.Una tegola che arriva alla fine della miglior giornata per i colori azzurri con le medaglie d'oro (Daniela Ceccarelli in superG), argento (staffetta maschile 4x10 chilometri di fondo) e bronzo (Karen Putzer ancora nel superG) e dopo una notte di ulteriori polemiche nel mondo del pattinaggio artistico. Sul ghiaccio c'è stata la seconda giornata di gare per le coppie di danza. Dopo il programma obbligatorio e quello originale, Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio (campioni del mondo in carica) sono ancora al terzo posto dietro la coppia francese Marina Anissina e Gwendeal Peizerat (e ci poteva anche stare), ma anche dietro ai russi Irina Lobacheva e Ilia Averbukh. Il distacco non è incolmabile, con il programma libero, l'ultima prova, ma la medaglia d'oro pare davvero difficile da afferrare. Sembrano inevitabili ulteriori polemiche e accuse sul fronte dei giudici di gara dopo quelle lanciate nei giorni scorsi dagli uomini dello staff della coppia azzurra.Ma più che dalle polemiche di fonte italiana, il mondo del pattinaggio è sconvolto dalla questione della medaglia d'oro ex-aequo assegnata alle coppie di artistico Elena Berezhnaya-Anton Sikharulidze (russa) e Jamie Salé-David Pelletier (canadese) dopo che Cio e federazione internazionale hanno acclarato "pastette" tra i giudici. E proprio mentre si svolgeva la cerimonia di consegna della medaglia alla coppia canadese ingiustamente penalizzata, è partito il contrattacco del giudice sotto accusa, la signora francese Marie-Reine Le Gougne. Le Gougne ha raccontato a un giornalista di essersi sentita "minacciata" e ha accusato la presidente della commissione tecnica Sally Ann Stapleford che ha la doppia cittadinanza francese e canadese: "Mi ha assalito - ha detto - e mi ha rimproverato di aver votato per i russi". In sostanza, par di capire, la signora Le Gougne sembra aver imboccato la strada della ritrattazione della sua "confessione" nella quale aveva ammesso di aver aiutato la coppia russa in cambio di futuri "favori" da parte di altri giudici proprio alla coppia francese di danza che si batte contro i nostri Fusar Poli-Margaglio.Insomma, tra doping e veleni, le Olimpiadi hanno preso una strada che rischia di mettere in secondo piano le gare o di trasformarle in risse con lamentazioni preventive e successive ai risultati. Elena Berezhnaya perde il titolo per dopingLa russa Elena Berezhnaya è risultata positiva al doping durante i recenti campionati ISU. I controlli le erano stati fatti durante i Campionati Europei 2000 a Vienna. La pattinatrice ha dichiarato che i medicinali che hanno fatto risultare il test positivo erano stati presi inconsapevolmente, ma la federazione ha comunque proibito la partecipazione di Elena e Anton ai Campionati mondiali sospendendo la coppia di artistico per 4 mesi.. La coppia è stata anche privata del titolo europeo e del relativo premio in denaro che è stato assegnato alla coppia che si era classificata seconda, Petrova/Tickhonov.

SCI DI FONDO E DOPINGPurtroppo anche nello sci di fondo il problema doping ha caratterizzato questo ultimo decennio anche se nessun atleta italiano è mai stato trovato positivo nei controllo antidoping.Da una perquisizione effettuata a Ferrara presso il centro dell’università diretto dal professor Conconi è stato sequestrato un file chiamato "epo" nel quale figurano anche nomi di atleti dello sci di fondo. Da un attenta analisi però, emergono numerose discordanze tecniche e di metodo, che tolgono validità scientifica al lavoro, mettono a nudo ipotesi di un clamoroso falso. Maurilio De Zolt atleta simbolo dello sci di fondo dichiara di essere stato seguito da Conconi ma con tecniche lecite sottolineando invece la bontà dell’allenamento svolto in tale periodo. Manuela Di Centa afferma invece di non aver mai assunto alcuna sostanza vietata e che il professor Conconi si è limitato a predisporre un programma di preparazione e di controlli analitici durante le varie fasi dell’allenamento, per verificare che le condizioni di salute consentissero di sopportare il carico di lavoro programmato.Nello sci di fondo, come in tutti gli sport di resistenza, il ricorso al doping riguarda per lo più il sangue.Il Doping ematico consiste nella somministrazione ad un atleta di sangue, di globuli rossi e di relativi prodotti emoderivati.L'unico caso eclatante di doping nello sci di fondo è il caso della campionessa russa L. Egorova, squalificata per 2 anni ma regolarmente rientrata alle competizioni....  Molti invece i sospetti e le voci....

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IL DOPING NEL CALCIOdi Eugenio CapodacquaC’è un momento preciso in cui il problema doping nel mondo del calcio sale prepotentemente alla ribalta. È il luglio del 1998, nel ciclismo al Tour de France è appena scoppiato il “caso Festina”; l’arresto del massaggiatore Willy Voet, con l’ammiraglia carica di prodotti dopanti destinati ai corridori, oggetto di una “terapia” continua e organizzata per amministrare sostanze dannose e pericolose con l’unico obbiettivo della prestazione migliore. Zdebek Zeman, allenatore della Roma, in ritiro a Predazzo parla in una storica intervista all’Espresso di un calcio “che deve uscire dalle farmacie”. Indignazione, scandalo, grande bailamme sui “media”, intervento della Procura antidoping del Coni, allora diretta dall’avvocato Ugo Longo (oggi presidente della Lazio) e poi la conclusione; il doping nel calcio non esiste. ORIGINI E invece il doping nel calcio esisteva e come. Si incaricarono, qualche tempo dopo, i tanti, improvvisi casi “nandrolone” (12 nomi “pesanti” ed importanti finiti nella rete dei controlli e oltre una quarantina di casi “border line”, vicini al limite massimo di tolleranza). Se non era mai emerso era anche perché c’erano tante, troppe complicità; prima fra tutte quella del vecchio laboratorio antidoping romano dell’Acquacetosa, l’unico autorizzato in Italia ai controlli, che non rispettava le regole imposte dal Cio (la ricerca sugli anabolizzanti, le sostanze che più incidono sulla prestazione sportiva, veniva fatta violando la normativa, in pratica veniva elusa in buona parte). Laboratorio chiuso, ristrutturato, rinnovato dalle radici, ma problema-doping nel calcio sempre sul tappeto. Un problema che probabilmente nasce dal ricorso drammaticamente intenso ed eccessivo ai farmaci, come prova, ad esempio, il processo alla Juventus ancora in corso, nel quale un farmacista fornitore della squadra bianconera ha già patteggiato la pena, riconoscendo così la propria colpevolezza nel fornire prodotti alla squadra torinese. MERITI E COLPE DELLE TV Il calcio, come tanti altri sport, si è evoluto ed ingigantito con l’avvento delle tv. Sono cresciuti gli appuntamenti, gli impegni, le partite. Nella quantità e soprattutto nella qualità. Forza, velocità, resistenza, potenza hanno preso il sopravvento su tecnica, tattica e strategia. In questo quadro, la figura del giocatore “fornitore” di prestazione diventa centrale. Deve giocare sempre e ad alto livello, deve recuperare prima, deve rimettersi prestissimo dagli acciacchi di gioco. In tutto questo la farmacia ha un ruolo importantissimo. E, dalla farmacia (lecita) abusata, al doping (illecito) il passo è quasi consequenziale, vista la debolezza del controlli, ancora oggi assolutamente spiazzati e incapaci di individuare decine e decine di sostanze. L’esempio più recente con il Thg, un anabolizzante che sfuggiva fino a pochissimo tempo fa ai controlli che sta creando un grossissimo scandalo negli Usa (usato, pare, da numerosi atleti di baseball, football, atletica, tennis, ecc.), è emblematico. Eppure il problema non è tecnico (nell’era dei computer sofisticatissimi e della clonazione umana può sfuggire una semplice molecola?), ma di volontà chiara. Lo sport (il calcio, quindi) con le esigenze dello spettacolo odierne non può controllare se stesso. Ma è esattamente quello che avviene ancora, nonostante il ripetersi degli scandali.GLI ULTIMI CASI Fra i più recenti, prima di Blasi e Kallon, i sorteggi pilotati emersi dal caso Empoli. Non il medioevo, solo l’altro ieri. Un caso, la cui esplosione improvvisa ha bloccato un’ operazione delle forze dell’ordine su vasta scala che avrebbe potuto mettere a nudo una realtà probabilmente diffusissima e clamorosa. Ora anche la Figc, la federazione italiana, ha deciso di mettere mano al problema. Presto dovrebbero partire i famosi controlli “incrociati” sangue e urina. Ma, a parte il fatto che sono rivolti solo su una sostanza, l’epo, l’ormone che stimola la produzione di globuli rossi favorendo le prestazioni e accelerando il recupero, molto di penderà dalle modalità con cui verranno realizzati. Basta poco per rendere il tutto inefficiente e tornare a situazioni già viste, come 10 anni fa quando a fronte di migliaia di test le positività erano bassissime, al di sotto dell’1%. E i controlli ancora una volta sono fatti da strutture calcistiche, cioè interne del mondo dello sport. Insomma l’identità fra controllato e controllore non è la miglior partenza per ricostruire credibilità e allontanare i sospetti.

Boniek attacca: "Nel calcio tutti usano il doping"

30/10/2003. L'inchiesta sull'assunzione di sostanze dopanti da parte della Juventus che trionfò in Champions sull'Ajax, i casi di Davids, Monaco e Bucchi, i più recenti di Blasi e Kallon, per arrivare fino alla cocaina di Maradona. Il doping sembra avere colto soltanto una piccola parte del calcio, ma ogni volta che scoppia un caso riesplodono le polemiche e le domande si moltiplicano.

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Sull'argomento si pronuncia l'ex giocatore bianconero Boniek, il quale ha rilasciato un'intervista al Messaggero in cui attacca tutto il calcio in generale e quello italiano in particolare. È colpa dell'evoluzione che ha avuto il calcio moderno se il doping è entrato "nelle vene" del calcio? Secondo il polacco è proprio così."È tutto il calcio ad essere dopato. Tutti vogliono guadagnare di più, ritengono si tratti di soldi facili e non si fanno scrupoli - afferma Boniek - Il doping ai nostri tempi non c'era, ma con questo non voglio dire che noi eravamo bravi e i giocatori di oggi sono corrotti. I giocatori non sono cambiati, è cambiata la medicina ed è cambiato il ritmo del calcio. Troppe partite, troppi viaggi, troppi allenamenti. E solo con acqua e spaghetti non si va avanti. Il doping c'è ovunque, ammettiamolo; è colpa delle regole poco chiare, come quelle relative al controllo delle società. Le televisioni ti ricoprono d'oro e in cambio ti chiedono la vita. I tifosi non contano più nulla. Al calcio farebbe bene il calendario di una volta: tutte le gare di domenica e al massimo un posticipo".

Doping e sospetti nel calcio italiano «Se avessi saputo che per tutta quella roba avrei perso amici, e rischiato di morire anch'io, non credo che potendo tornare indietro, rifarei tutto da capo. E mi domando, se valga ancora la pena che un giovane sacrifichi tutta la sua vita per un calcio del genere»: sono le parole pronunciate da Nello Saltutti nell’ultima intervista.Saltutti è morto qualche giorno dopo, colpito da un infarto. Le morti che colpiscono il mondo dello sport cominciano ad essere troppe perché il silenzio continui, ma se ne parla ancora troppo poco. Ecco il perché di “Palla avvelenata”, che parte dalla famosa intervista che Zdenek Zeman rilasciò al Messaggero il 26 luglio 1998 (a pochi giorni dallo “scandalo Festina” del Tour de France, poi raccontato da Willy Voet nel libro “Massacro alla catena”, anche questo pubblicato da Bradipolibri) e dalla conseguente indagine avviata dal procuratore torinese Raffaele Guariniello per fare il punto sul fenomeno del doping e delle morti misteriose nel calcio nostrano.Il libro offre ai lettori un quadro preciso e attento che ripercorre e ricostruisce gli avvenimenti degli ultimi anni (dalla chiusura del laboratorio dell’Acqua Acetosa al processo — ancora in corso — alla Juventus) per soffermarsi in particolare, attraverso interviste, ricostruzioni, ritratti di vita, sui tanti, troppi, casi “sospetti” che ammalano il nostro calcio: dalle troppe morti dovute al morbo di Gehrig ai casi di leucemia, di tumori al fegato, d'infarto. Le morti non chiarite di Bruno Beatrice, Giuliano Taccola, Mauro Bicicli, Guido Vincenzi, Ernst Ocwirk, Gianluca Signorini, Fabrizio Gorin, Andrea Fortunato... Una lista lunga, drammatica, mai completa, che chiede chiarezza attraverso le voci delle vedove, dei familiari o dei vecchi compagni di squadra preoccupati per le loro stesse sorti.Il morbo di Gehrig colpisce i calciatori in misura 150 volte maggiore rispetto alla media mondiale, altre malattie hanno percentuali assurde, largamente superiori a quelle delle persone che non svolgono attività sportive o che praticano altri sport. Il “cocktail infernale”, come lo definisce Eugenio Capodacqua nella prefazione, tutti quei medicinali usati negli anni per potenziare la muscolatura, per favorire un recupero veloce, per alleviare il dolore in vista di una partita importante, e «i cui effetti si cominciano drammaticamente a vedere»: il libro non lancia accuse avventate, ma fa il punto della situazione anche con l’aiuto di medici ed esperti. Gli autori non considerano il volume un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per approfondire, discutere un drammatico mistero ancora tutto da risolvere.Mauro Salizzoni, responsabile del centro trapianti delle Molinette e presidente della Commissione antidoping della Federciclismo, racconta ancora Capodacqua, denuncia un uso di EPO nei giovani tra i 17 e i 23 anni al di sopra del 50%. E nel 2003 sono stati sei i ciclisti morti per infarto, tutti sotto i 35 anni. Quanti sanno ciò che assumono, quali conseguenze può avere sulla loro salute, quali rischi corrono? “Palla avvelenata” ha soprattutto lo scopo di mettere a conoscenza dei rischi. Il suo scopo principale è quello di permettere un’informazione precisa e puntuale, che porti soprattutto i giovani e i loro genitori ad evitare che la situazione attuale possa continuare nei prossimi anni.È un libro che parla perché tutti possano sapere, capire, decidere. C’è chi ha detto che un libro così fa male allo sport, che parlare di doping allontana dallo spettacolo sportivo. Gli autori si augurano, anche perché loro stessi sono appassionati di sport, che il risultato sia un desiderio di uno sport pulito, senza sospetti, senza malati e morti. Uno sport che torni ad essere gioco, gioia, sfida leale, capacità di divertire e di divertirsi

È lo stesso doping?Calcio e ciclismo, destino diverso

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Il doping sembra tornato con grande furia a scuotere il mondo del calcio. Due famosi giocatori di Inter e Parma, Kallon e Blasi, sono risultati positivi al nandrolone, una sostanza che già due anni fa aveva mietuto una bella messe di vittime, e di cui poi non si era più parlato. A voler essere cinici, c'è da pensare che il doping, essendo presente in quasi tutto lo sport d'elite, fatalmente torna, ciclicamente, a colpire questa o quella disciplina, e stavolta tocca di nuovo al dio pallone. Ma a voler invece essere ingenui, viene fuori una domanda facile facile: come mai il ciclismo (che in ogni caso ora non può e non vuole ergersi a fustigatore di questo o quello, non avendo - è dimostrato - le referenze morali per farlo) ha visto la sua immagine deteriorarsi in maniera così netta (e per certi versi irrimediabile), e ha visto certi suoi campioni letteralmente massacrati mediaticamente, e invece i calciatori positivi continuano a giocare con successo, amati e ammirati da tutti? Come mai la positività nel ciclismo viene vissuta come un'onta (lo è, sia chiaro!), e invece nel calcio nessuno ne chiede più conto a chi ne è stato coinvolto? Come mai i tifosi del calcio non danno peso al fatto che i loro campioni più amati possano essere dopati, e quelli del ciclismo sì? E infine, perché se un calciatore disputa una gran partita non viene altro che incensato, mentre se un ciclista fa un'impresa memorabile la fatidica domanda ("Che cosa avrà preso?") aleggia sempre nell'aria?Tutti questi interrogativi li vogliamo girare a addetti ai lavori ed esperti. A loro le risposte, a voi lettori le conclusioni.Il sociologo: Nicola Porro (Presidente Uisp) «Il calcio è una religione civile, vince la filosofia del patto col diavolo»Affrontiamo la questione riguardante il differente impatto che il doping ha sull'opinione pubblica e sui media a seconda se sia coinvolto un ciclista o un calciatore intervistando Nicola Porro, sociologo (autore di diverse pubblicazioni sulla sociologia dello sport) e presidente dell'Unione Italiana Sport per tutti.Professore, come mai questa discrepanza tra ciclismo e calcio? «La prima e più elementare risposta è che il calcio è uno sport di squadra, e quindi a livello di percezione le responsabilità vengono divise per 11. Ma un'analisi più approfondita prende in esame la natura del calcio, che è ormai diventato una religione civile, per non dire una paranoia collettiva: per questo si tende a non voler vedere certe situazioni».Troppo amore acceca.«Pensiamoci bene: il calcio è rimasto l'unico credo collettivo. I valori si sono invertiti rispetto al passato, oggi, la domenica, meno del 20% della popolazione va a messa, ma l'80% segue le partite. E alla sera, pur non essendo andati allo stadio, è inammissibile non sapere se una squadra ha vinto o perso».A cosa porta tutto ciò?«Porta ad una distorsione della percezione della figura del calciatore, che viene innalzato a idolo. Prendiamo l'esempio di Maradona: tutti sanno dei suoi problemi con la droga, ma si tende a perdonare, perché il campione viene identificato con la definizione di "genio e sregolatezza", quindi tutto è lecito per lui. Il calciatore appartiene ormai a una categoria a parte, quella che un tempo era riservata ai musicisti virtuosi: gli si riconoscono doti straordinarie, e a lui è permesso anche trasgredire. È la cosiddetta "filosofia del patto con il diavolo": il campione è lo strumento per ottenere il risultato (che ormai è un valore assoluto, di gran lunga più importante di tutto il resto, etica compresa), per questo motivo a lui tutto è concesso».Una situazione che non fa il bene dello sport...«Sarebbe adatta forse al mondo dello spettacolo (o dell'arte), ma non coincide con le linee guida dell'etica pubblica. Lo sport è un bene pubblico o uno spettacolo?».Ci libereremo mai del doping?«Difficile, se si pensa che addirittura i settantenni ne fanno uso, per arrivare all'800esimo posto piuttosto che al 900esimo della maratona per anziani. Abbiamo rimosso l'idea del limite, non vogliamo riconoscere i nostri, e speriamo, attraverso risultati sportivi artificiosi, di perpetuare la nostra "immortalità"».Un quadro sconfortante.«Anche tra gli amatori, anche tra i semplici frequentatori di palestre di periferia il doping è una realtà. E i giovani dimostrano di accettarlo sempre di più: il 50% degli studenti di scienze motorie da noi intervistati trova ingiusto che ci siano regole severe solo in Italia, perché all'estero si gareggerebbe in condizioni d’inferiorità. Come se il fine dello sport e della lotta al doping non fosse la salute ma il risultato!».Ma è vero che non c'è, a livello dirigenziale, la volontà vera di combattere il doping? «Sì, è vero. Per questo abbiamo voluto definire il doping come reato penale, pur non amando questo passo. Solo così qualcosa si è mosso».

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Il medico: Antonio Dal Monte (Membro Commissione Medica Cio) «Anche nel calcio infinite motivazioni per doparsi»Il Professor Dal Monte è un nemico storico del doping, che da anni combatte attraverso i suoi molteplici incarichi in ambito sportivo e dirigenziale. Un nemico forse ormai disilluso, ma non per questo meno tenace. «Mi fa infuriare vedere le differenze d’entità nelle squalifiche per i ciclisti, o gli atleti, e i calciatori».Il Professore entra nel merito.«Ho visto carriere di atleti distrutte da una pur legittima condanna per doping. Invece coi calciatori mi pare che le cose vadano diversamente: una pacca sulla spalla, "sei stato cattivello, non lo fare più", e tutto viene presto dimenticato».Eppure il doping nel calcio non è meno grave che in altri sport.«Verissimo. Si crede che il calcio non abbia bisogno d’ausili chimici come altre discipline di fatica. Ma guardiamo la cosa da vicino: a parte il potenziamento muscolare ottenibile grazie a medicinali vari, bisogna considerare la capacità di recupero, dopo una partita o anche solo dopo un singolo scatto. L'effetto di una sostanza illecita sui tessuti muscolari, dilatati e usurati dopo molti sforzi, può essere determinante. Inoltre, vorrei anche sfatare delle false credenze relativamente all'hashish: chi l'ha detto che non possa servire a migliorare le prestazioni sportive? Forse che un atleta che gareggia tranquillo (grazie all'assunzione di oppiacei) non può rendere di più?».Ora dall'America arrivano notizie allarmate sul nuovo steroide che non veniva cercato con le analisi e che, pare, fosse largamente usato. «Purtroppo la legge da noi non ci aiuta. Sono illecite solo le sostanze la cui formula è indicata precisamente dal legislatore. Ma così non vengono "coperte" le miriadi di sostanze assimilabili a quelle, ovvero quei farmaci la cui formula è stata minimamente variata, che perciò non rientrano nell'elenco proibito ma che hanno effetti ampiamente dopanti».È vero che non c'è, a livello dirigenziale, una volontà vera di combattere il doping?«No, e questa cosa mi offende. Intanto non posso generalizzare: ci sono soggetti teneri col doping, ma anche persone impegnate fino in fondo. Non posso quindi condividere certe frasi, che trovo qualunquiste e poco professionali».Lei chiaramente è tra quelli impegnati. Con che prospettive? «Non mi faccio illusioni. Ce la metto tutta, ma so che questa lotta non si vincerà: quando in un laboratorio antidoping si scopre una nuova sostanza da vietare, contemporaneamente ne vengono immesse 10 sul mercato. E poi, una cosa che spesso non si considera: l'antidoping costa, e non basterebbe un intero bilancio italiano per studiare tutte le sostanze farmacologiche presenti sulla piazza. Non dimentichiamo infatti che ciò che è dopante è anche utile in medicina come farmaco: il campo di ricerca sarebbe enorme, chi se lo può permettere?».

Il ciclista: Daniele De Paoli «Due anni di stop senza essere positivo, loro 4 mesi per nandrolone»La storia di Daniele De Paoli è esemplare e paradossale. Fermo dal maggio scorso per essere incappato in una squalifica di due anni, è ancora alle prese con avvocati e processi. L'accusa contro di lui: essere stato fermato con sostanze dopanti nell'auto. Per la sua difesa diamo al diretto interessato la parola.«Sto scontando una squalifica di due anni senza essere stato trovato positivo. Tornavo da Livigno, avevo dei medicinali in auto, ma intanto non ero solo, e poi c'erano anche le ricette. Quando la Finanza scoprì che ero un ciclista professionista, scoppiò il casino, e sono ancora qui invischiato in questa storia. Lo ripeto: mai stato trovato positivo».La squadra, la Alessio, come reagì?«Fui io, di mia iniziativa, ad autosospendermi. Dovevo fare il Tour, ma non andai in Francia per evitare problemi alla squadra, visto che gli organizzatori erano molto attenti a questo tipo di cose».Cosa pensa delle attuali squalifiche, molto miti, che subiscono i calciatori? «Beati loro, cosa devo dire? Mi sembra assurdo, ecco tutto. Le scuse che trovano, del tipo che il nandrolone proverrebbe dalla carne di cinghiale o che altro, sono ridicole. Ma anche se restiamo in ambito ciclistico, chi viene fermato per Epo o Nesp subisce una squalifica di un anno. Io, non positivo ma presunto dopato, devo star fermo 2 anni. Questa cosa mi fa girare le scatole, mi sento un perseguitato».Tornerà a correre?«Chi ci pensa? Devo scontare ancora più di un anno di squalifica, se ne riparlerebbe nel 2005, troppo lontano nel tempo. Salvo che qualche ricorso non vada a buon fine; ma non ci credo».

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La voce del calcio: Sergio Campana (Presidente AIC) «I tifosi sono poco interessati a quello che succede fuori dal campo»L'Avvocato Campana, rappresentante dei calciatori e fondatore del sindacato di categoria, non si sottrae al confronto e difende il suo mondo e i suoi "ragazzi". «No, non so se ci sono differenze tra come viene vissuto il doping nel calcio e nel ciclismo. Mi pare che anche da noi ci sia stato un bel clamore, specialmente due anni fa».Sì, però la gente ha dimenticato in fretta: e l'olandese Stam (per fare un esempio), positivo al nandrolone nel 2001, oggi viene incensato come il miglior difensore del mondo, mentre un Pantani si porterà per sempre appresso il marchio di dopato.«Ma quando Stam risultò positivo non era ancora affermato come oggi, e probabilmente se fosse successo qualcosa del genere a Platini, o a Rivera, la reazione di media e pubblico sarebbe stata forte come fu per Pantani».Non può però negare che quando un ciclista compie un'impresa aleggia nell'aria la solita domanda ("Che avrà preso?"), invece quando un calciatore gioca una partita memorabile nessuno si chiede se c'è il trucco. «Questo è vero. Forse perché quello del ciclismo è un pubblico più romantico, che vede i suoi beniamini come eroi, e si sente quindi tradito se quelli sbagliano».Cosa pensa degli ultimi casi di nandrolone che hanno coinvolto i calciatori Blasi e Kallon?«Io ci parlo, con loro, e mi sembrano innocenti. Specialmente Blasi, so per certo che non prende nemmeno le aspirine, perché ha paura dei farmaci. Sono dispiaciuto per loro, ma non posso non portarmi dentro quest'interrogativo: cos'è successo veramente?».Le pare plausibile che professionisti di serie A non sappiano cosa viene loro somministrato?«Gliel'assicuro: c'è fiducia cieca nei medici sociali, può succedere che qualche dottore senza scrupoli dopi gli atleti a loro insaputa. L'AIC comunque non sta con le mani in mano, infatti abbiamo subito dato la nostra adesione ai controlli incrociati su sangue e urine».Lo sport ad alto livello si libererà mai da questa piaga?«Il problema è un'attività agonistica esasperata. So per certo che il recupero naturale dalla stanchezza è ormai impossibile. E allora via ad integratori e altre sostanze, qualcuna delle quali può essere dopante».E cosa dice a chi crede che il doping nel calcio non serva? «Altro che se serve. Malgrado questo sia uno sport molto tecnico oltre che atletico, è ovvio che, dopandosi, anche un campione può migliorare le sue prestazioni».E perché il pubblico calcistico è poco interessato a questi risvolti? «I tifosi sono troppo innamorati di questo sport, ed è un bene. L'altra faccia della medaglia è che non si curano di quel che succede fuori dal campo, a loro (che in ciò non sono ben educati dai media) importa solo che la squadra giochi bene e vinca. Altrimenti non si spiegherebbe come il calcio abbia potuto superare scandali epocali come le scommesse clandestine o i passaporti falsi».

Comunicato Stampa del Sport e doping, il 3% degli atleti esaminati dalla Commissione antidoping assume farmaci e sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni19/01/2004 Vengono presentati oggi, all'ISS, i risultati del primo anno di attività della Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping, istituita presso il Ministero della Salute, che ha effettuato, per la prima volta, controlli pubblici antidoping in molte Federazioni, incluse quelle che raggruppano sport minori.Ciclisti, corridori e calciatori, ma anche culturisti, appassionati di squash e del tiro a volo: il tre per cento di questi atleti esaminati dalla Commissione di vigilanza sul doping si "allena" con farmaci e sostanze ad uso doping. È quanto emerge dal primo anno di attività di controllo della Commissione ministeriale antidoping che ha realizzato, nel corso del 2003, 735 controlli su 34 Federazioni sportive. I risultati di questa attività verranno presentati oggi, all'ISS, nel corso del convegno "La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping"."I risultati ottenuti - afferma Roberta Pacifici, dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell'ISS e membro della Commissione ministeriale - rivelano quanto l'uso di sostanze illecite sia diffuso nel mondo dello sport. E non solo nel mondo del calcio e del ciclismo, ma anche in quello degli sport che richiamano, di solito, un pubblico meno vasto".

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Sono stati riscontrati positivi ai test anti-doping 22 atleti, che rappresentano il tre per cento del totale dei controlli, la percentuale più alta riscontrata fino ad oggi in Italia. "Pur tenendo conto che per alcune Federazioni gli atleti controllati sono stati pochi - afferma Giovanni Zotta, Presidente della Commissione di vigilanza sul doping -, le percentuali di positività sono allarmanti". Infatti, i controlli antidoping effettuati dal CONI e dalle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 hanno dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9, dello 0,8 e dello 0,6 per cento. "Quindi il Ministero della Salute - va avanti Zotta - pur avendo effettuato un numero di controlli 10 volte minore di quelli del CONI ha trovato una percentuale di positività cinque volte maggiore".La scelta di controllare diverse specialità sportive si è basata sull'ipotesi che il doping fosse diffuso in tutte le discipline e non solamente nel calcio. Infatti solo il 14% dei controlli sono stati effettuati sulla Federazione Gioco Calcio. Tutti gli altri controlli sono stati condotti su Federazioni che negli ultimi cinque anni avevano avuto pochi o nessun controllo: la Federazione Italiana Triathlon, dove il 50% del campione è risultato positivo (2 casi su 4), la Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica, con il 25% di positività (4 casi su 16), la Federazione Italiana Tiro a Volo, con il 12,5% di casi riscontrati (1 su 8) e la Federazione Italiana Gioco Squash, anch'essa con il 12,5% di positività (2 casi su 16)."Il Ministero della Salute - conclude Zotta - intende proseguire su questa strada intensificando i controlli in quelle discipline in cui dai primi dati risulta più grave il fenomeno del doping ed estendendo i controlli anche fuori gara, nel corso, per esempio, degli allenamenti. Questo sarà possibile in quanto il governo nella finanziaria 2004 ha stanziato 3.500.000 di euro che consentiranno non solo di effettuare maggiori controlli ma anche di investire in prevenzione, formazione e attività di vigilanza, in collaborazione con il CONI e le Federazioni sportive".

CALCIO & DOPING Niente Nazionale e test a sorpresa a chi dice no agli esami del sangue Niente azzurro per chi rifiuta i test ematici. Lo ha annunciato Federcalcio*NIENTE AZZURRO- In pratica, i calciatori che rifiuteranno di sottoporsi al prelievo del sangue dopo le partite, come d'altronde è nel loro diritto, verranno sottoposti ai controlli obbligatori sulle urine per cercare l'Epo e ad altri controlli a sorpresa durante il campionato. Chi rifiuterà di sottoporsi a questo ulteriore esame non verrà chiamato in nazionale.*TRANQUILLO - Carraro non si è detto preoccupato per il rifiuto da parte di alcuni giocatori ai nuovi controlli: "Siamo in una fase di rodaggio"ROMA, 27 GENNAIO 2004 - Niente azzurro per chi rifiuta i test ematici. Lo ha annunciato Federcalcio ufficializzando un provvedimento che era nell'aria.In pratica, i calciatori che rifiuteranno di sottoporsi al prelievo del sangue dopo le partite, come d'altronde è nel loro diritto, verranno sottoposti ai controlli obbligatori sulle urine per cercare l'Epo e ad altri controlli a sorpresa durante il campionato. Chi rifiuterà di sottoporsi a questo ulteriore esame non verrà chiamato in nazionale.Carraro non si è detto preoccupato per il rifiuto da parte di alcuni giocatori ai nuovi controlli perchè siamo ' 'in una fase di rodaggio. È una novita' e siamo il primo paese che lo fa nel corso del campionato. Il nostro obiettivo è che entro la fine della stagione la percentuale di quanti rifiutano il prelievo siano vicini allo zero''.Carraro ha anche ribadito che il rifiuto comporta anche l'esclusione dalla nazionale: ''Chi non accetta non viene chiamato in azzurro''.

Allarme rosso: senza doping il calcio muore

«Questi casi spuntano come funghi e se molti dicono che certe sostanze sono negli integratori, cominciamo a non prenderli più». Gabriel BatistutaTutti contro tutto. Senza sapere ancora il perchè. Senza sapere, soprattutto, dove andrà il calcio da ora in poi. Da quando ha deciso di andare meno in farmacia. Da quando i giocatori, in preda al panico, non si fidano più nemmeno di quello che trovano nel piatto a pranzo e cena.L'ultimo a dirlo è Batistuta:«Non era mai successo che venissero fuori tanti casi positivi e siamo molto preoccupati, lo saremo fino a che non verrà fatta chiarezza». È difficile esprimere un'opinione, dice l'argentino della Roma, proprio perchè non ci si capisce nulla. Ma qualcosa di concreto, però, si può già fare: «Se è vero che

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queste sostanze si trovano negli integratori, eliminiamoli. Tanto non sono fondamentali, si può superare la fatica anche bevendo acqua e riposando di più».Futuro nebulosoUna linea adottata ormai dall'intera categoria, in attesa di trovare punti di riferimento che non hanno neppure medici ed esperti chimici, in questo momento. Ma nel frattempo, un altro grande interrogativo resta in sospeso: se sei giocatori della Lazio, dopo la partita con il Parma, hanno giustificato i crampi con la scelta di non assumere più integratori, cosa significa questo per il futuro del calcio? Come potranno, gli stessi giocatori, sostenere i ritmi a cui li ha costretti il calendario nelle ultime stagioni?«Vedremo partite sempre più brutte e prestazioni sempre più scadenti»assicura Vincenzo Pincolini, preparatore atletico appena tornato al Milan dopo altre esperienze importanti nel calcio e, ancora prima, nell'atletica.«La colpa è della televisione, che ormai impone un calendario da pazzi. E purtroppo impedisce di allenarsi, perchè ormai si lavora solo sui recuperi e l'obiettivo non è più quello di arrivare al massimo del rendimento di un giocatore, ma quello di mantenersi su un livello accettabile per tutta la stagione».Bufala NandroloneAlla storia del nandrolone, comunque, Pincolini non crede:«Secondo me è una bufala al novantanove per cento e sono curioso di vedere quali sono i livelli, perchè potrebbe darsi che ci sia anche una produzione naturale in certi soggetti. La cosa insopportabile è che si dia per scontato il doping in un ambiente dove non esiste questa cultura e comunque, per me, si può trovare un rimedio alla fatica anche senza integratori: lavorando sull'alimentazione. Come succede con gli africani nell'atletica, che non vogliono assolutamente prendere niente di sintetico e che costringono i medici a trovare soluzioni naturali. Nel calcio è più difficile, perchè i giocatori mangiano insieme solo quando sono in ritiro. Eppure, una dieta particolarmente ricca di proteine può avere la stessa funzione degli integratori. Insieme ad un po' di riposo in più».

Il DOPING NEL CICLISMOPurtroppo nel mondo del ciclismo il termine 'doping '- usato in origine per designare le sostanze eccitanti somministrate ai cavalli da corsa - viene pronunciato assai di frequente, sin dai tempi di Fausto Coppi.Secondo il Comitato Olimpico Internazionale (1993), si considera doping l' uso o la somministrazione di sostanze estranee all' organismo, o di sostanze fisiologiche assunte in quantità anormale da soggetti in buona salute, allo scopo di ottenere un incremento artificiale della performance.Gli steroidi androgeni - anabolizzanti vengono utilizzati da alcuni atleti - in genere sono sportivi di competizioni che richiedono potenza muscolare, forza fisica, massa corporea e velocità - per migliorare le loro prestazioni oppure per lenire il dolore che talvolta insorge a causa di un allenamento intenso ed impegnativo.Secondo Anshel, citato da un documento dell'International Society of Sport Psychology (1993), esistono tre possibili categorie di motivazioni che inducono gli atleti all'uso degli steroidi : Cause psico - fisiologiche: diminuzione della sensibilità al dolore, riabilitazione dopo aver subito un infortunio, controllo del peso corporeo. Effetti psicologici ed emotivi: nikefobia, paura di fallire, ricerca di sicurezza e del benessere fisico. Cause sociali : la pressione dei compagni o dei dirigenti sportivi, desiderio di emulare le prestazioni degli altri atleti di alto livello.Alcuni studi effettuati in merito descrivono gli aspetti positivi e quelli negativi derivanti dall' uso degli steroidi.Tra gli effetti positivi annoveriamo : un incremento della fiducia in sé stessi, un'elevazione dell' attivazione, una maggior resistenza agli sforzi fisici, nonché una maggiore vigilanza mentale, uno stato d'animo positivo e la riduzione della sensazione di fatica.Tra gli effetti negativi, sia dal punto di vista fisico che di quello psicologico, citiamo : un aumento dell' aggressività e dell'irritabilità, insonnia, diminuzione della libido, aumento dell'ostilità e pensieri paranoici.È necessario aggiungere che, secondo alcune indagini, l'uso degli steroidi anabolizzanti può portare all' assuefazione in alcuni atleti e alla dipendenza psicologica in altri soggetti ; chiaramente da questi dati emerge la considerazione che l' uso e l' abuso di queste sostanze sono potenzialmente pericolosi sia per il soggetto che ne usufruisce che per chi gli sta accanto.Bisogna comunque precisare che l' accostamento tra la realtà sportiva e quella di chi fa un uso sistematico di sostanze stupefacenti é spesso improponibile, anche se non impossibile.Con ciò si intende mettere in risalto la differente modalità d' uso delle sostanze in questione da parte dello sportivo e del tossico - dipendente : innanzitutto si tratta di sostanze diverse dal punto di vista chimico (eroina,

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cocaina e così via per quanto riguarda il tossico - dipendente, amfetamine e preparati ormonali per alcuni sportivi) e poi le finalità per cui esse vengono utilizzate sono diametralmente opposte.Infatti lo sportivo intende potenziare la sua prestazione atletica e migliorare la funzionalità del suo corpo ; la sostanza che viene somministrata é molto spesso un mezzo - certamente inadeguato - per valorizzare sé stessi e raggiungere il fine ultimo della vittoria agonistica.Esistono comunque delle situazioni e delle condizioni psicologiche che possono creare nell' atleta uno stato di crescente disagio e predisporlo all' assunzione, ad esempio, di sostanze stimolanti.Quando un atleta entra in uno stato depressivo - e questo può accadere alla fine della carriera, o quando le aspettative di raggiungere dei risultati soddisfacenti continuano a non venire soddisfatte, oppure dopo un lungo periodo di riposo forzato in seguito ad un infortunio - é possibile che prenda in considerazione l' opportunità di assumere sostanze stimolanti.Ma, tornando al discorso del ' doping ' nel ciclismo,da più parti é stato denunciato il fatto che per rendere più interessanti le corse ciclistiche e favorire una selezione e un distacco che un percorso breve e normale non potrebbe permettere, vengono programmati percorsi ardui; é appunto ad esasperazioni di questo genere che alcuni hanno fatto risalire le origini del ' doping ' nel ciclismo.I corridori, impossibilitati ad affrontare e superare tali ingenti difficoltà, sono ricorsi alle sostanze chimiche, attingendo da esse una fonte di energia e di euforia.Il fenomeno é di entità generale e coinvolge tutti i rami delle corse ciclistiche, a partire da una certa età del corridore - intorno ai 18 - 20 anni ed anche prima.Tra gli effetti negativi, sia dal punto di vista fisico che di quello psicologico, citiamo : un aumento dell' aggressività e dell' irritabilità, insonnia, diminuzione della libido, aumento dell' ostilità e pensieri paranoici.È necessario aggiungere che, secondo alcune indagini, l'uso degli steroidi anabolizzanti può portare all' assuefazione in alcuni atleti e alla dipendenza psicologica in altri soggetti ; chiaramente da questi dati emerge la considerazione che l' uso e l' abuso di queste sostanze sono potenzialmente pericolosi sia per il soggetto che ne usufruisce che per chi gli sta accanto.

L’IPPICADoping, le nuove sostanze invisibiliDopo il ciclismo l'indagine sul doping travolge il mondo dell'ippica. I carabinieri del comando provinciale e dei Nas di Milano hanno effettuato perquisizioni negli ippodromi e nelle scuderie di diverse città d'Italia, tra questi anche l'ippodromo de "Le bettole" di Varese.  I nuclei speciali si sono presentati alle scuderie di Varese, sabato mattina, e avrebbero perquisito quelle di un celebre trainer varesino, uno degli otto allenatori indagati in tutt'Italia. L'inchiesta riguarderebbe l'uso di sostanze dopanti somministrate ai cavalli nelle gare di galoppo. Non si tratterebbe della vecchia caffeina, ma di medicinali di ultima generazione, risultato di ricerche avanzate. Sostanze che annullerebbero la fatica e sostanze anabolizzanti, estremamente costose e provenienti dal mercato estero: dhea (conosciuto come ormone della giovinezza), bentelan (antinfiammatorio che aumenta le capacità respiratorie), apomorfina (derivato della morfina per il controllo delle fluttuazioni motorie), clenbuterolo (anabolizzante di sintesi corrispondente all'ormone testosterone), di cui in Italia, secondo l'inchiesta, ci sarebbe un vasto mercato sommerso.Dall'ippodromo di Varese fanno sapere che l'indagine non riguarda la struttura dell'unire, che tra l'altro è rigidamente controllata. Infatti nelle mattinate di mercoledì e giovedì, quindi ancor prima dell'arrivo dei nas, erano stati effettuati i normali controlli e prelievi di routine. I controlli sui cavalli - secondo  quanto dicono i veterinari dell'ippodromo - sarebbero rigorosi soprattutto in gara e le possibilità di sfuggire all'antidoping sarebbero quasi inesistenti. La procedura prevede che sui cavalli vincitori e su tutti i cavalli segnalati, per qualsiasi motivo, all'autorità veterinaria presente sul campo, vengano prelevati campioni di sangue e di urine, spediti poi all'unire di Roma, dove un'equipe di specialisti effettua le analisi.Alcune delle sostanze incriminate però non lascerebbero traccia immediatamente dopo la performance agonistica, perché  verrebbero metabolizzate dall'animale con estrema velocità. Questa sarebbe la ragione delle perquisizioni in vari ippodromi d'Italia ventiquattrore prima dello svolgimento delle corse. L'articolo 229 del regolamento Encat e Jockey (titolo IV e capo I) , intitolato "Doping e cavalli" , recita così: è considerata "doping" la presenza nell’organismo di un cavallo, nel giorno della corsa in cui sia stato dichiarato partente, di una qualsiasi quantità di una sostanza o metabolita di essa appartenente ad una delle categorie comprese nella "lista delle sostanze proibite". Questa norma escluderebbe, dunque, dal campo dell'inchiesta sul

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doping delle corse di galoppo, con annesse polemiche, quei prelievi fatti su cavalli non iscritti in gara e sottoposti a cure mediche con sostanze antinfiammatorie i cui principi attivi sono inclusi nella lista delle sostanze proibite. 

IL CALCIO Calcio e nandrolone, uno steroide anabolizzante usato per gonfiare i muscoli, sembrano viaggiare ormai a braccetto in una simbiosi scandalosa e pericolosa. Il caso di Fernando Couto, il portoghese della Lazio, trovato non negativo dopo la partita Fiorentina-Lazio del 28 gennaio, ha sollevato ormai un polverone nel nostro mondo del pallone. Navigando con la mente scopriamo un listone di altri casi di scottante attualita'. I casi di doping piu recenti portano la firma del poertiere del Bari Gillet, di cui sono state concluse le operazioni di controanalisi che hanno confermato la non negativita', e dei piacentini Caccia e Sacchetti, per i quali nelle prossima settimana ci saranno le controanalisi. La lista di chi ha fatto uso di anabolizzanti si allunga con gli ultimi casi di Bucchi e Monaco del Perugia, risultati positivi lo scorso novembre e qualificati per 16 mesi. E allora è un bel listone di calcio e farmacia. I casi, compreso quello di Couto, diventano ancora piu' scottanti, se si considera che da gennaio l'uso del doping è punito anche penalmente. Ora anche l'Assocalciatori si rende conto del problema il presidente Campana ha lanciato un vero monito ai giocatori, invitandoli ad essere consapevoli di cosa prendono non affidandosi totalmente alle decisioni dei dottori. Ed è notizia di oggi che Sergio Campana sara ascoltato dal capo della procura antidoping del Coni e dal collega dell'ufficio indagini della Figc. Dunque il calcio ora è avvolto dallo scandalo nandrolone. Inevidabile ricordare le parole bomba dell'estate '98 di Zeman sul calcio malato. Dichiarazioni a cui seguirono polemiche, veleni e inchieste.

LA PALLAVOLOInchiesta dopingAscoltato VelascoLa Federazione di pallavolo si riforniva nella farmacia Giardini MargheritaJulio Velasco, ex allenatore della nazionale maschile di pallavolo e poi di quella femminile, ora direttore generale della Lazio, è stato ascoltato alla procura di Bologna per essere sentito dal pm Giovanni Spinosa come persona informata sui fatti.Velasco, accolto davanti alla procura da due militari del Nas che lo hanno accompagnato dal magistrato, ha dribblato le domande dei cronisti. Ci sono farmaci pericolosi nella pallavolo?, è stata una delle domande. "Per carita'...", ha risposto Velasco prima di entrare nel palazzo della procura. "La farmacia (quella dei Giardini Margherita, al centro dell'inchiesta bolognese) era fornitrice anche della Federazione Pallavolo e mi è stato chiesto se avevo visto qualche anomalia. Io non le ho viste. D'altronde la nazionale di pallavolo maschile ha vinto per otto anni e io non devo spiegare che cosa c'era nelle pastiglie che prendevano i giocatori perchè non c'era nessuna pastiglia".Julio Velasco all'uscita dalla procura di Bologna ha spiegato cosi' i 45 minuti di audizione davanti al pm. E l'ex ct della nazionale di pallavolo ha dato la sua ricetta contro il doping: la prevenzione. "Alcune sostanze doping non vengono fuori nemmeno dalle analisi - ha detto Velasco - per questo è importante la cultura della prevenzione". Tornando alla nazionale di pallavolo, Velasco ha ribadito che "non è stato preso alcun farmaco di nessun tipo, comprese le aspirine tranne quando uno aveva mal di testa. Noi abbiamo fatto di questo un principio fondamentale. Semplicemente perchè non volevamo creare la cultura dell'aiuto, neanche di cose lecite. In farmacia compravamo le stesse medicine che comprate voi. Sulla polemica del doping nel calcio io non sono intervenuto perchè purtroppo anche sui mezzi di informazione si cerca piu' il titolo eclatante che la chiarezza. Questo è un tema serio, importante dove non va cercato il titolo". Velasco ha anche bacchettato i giornalisti, dopo una domanda sulla bibita-integratore che ha sponsorizzato la nazionale di pallavolo: "Voi avete una responsabilita' fortissima in questa vicenda. Se fate confusione fate un danno, e il vero rischio della confusione non è per i professionisti ma per i ragazzini. Se un ragazzino ha paura per una bibita si fa confusione e dopo fa di testa sua". La critica si è estesa a come sono state riportate le sue parole dopo l'audizione davanti alla procura antidoping del coni: "Mi hanno messo in bocca cose che non ho detto. Per esempio mi hanno attribuito una domanda che mi avevano fatto. Un giornalista ha chiesto perchè la federazione si riforniva in quella farmacia. Io ho risposto, poi sui giornali c'era la domanda come se l'avessi fatta io, tra virgolette. Io avevo risposto che avevo chiesto alla federazione e mi avevano detto che la farmacia faceva sconti del 20 per cento". La pallavolo è

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immune dal doping? è stato chiesto: "Secondo lei i suoi figli sono immuni? Certe domande malposte non possono avere una risposta. Io alle mie figlie ho sempre insegnato che non erano immuni da nessun pericolo. Quindi le ho educate ad essere attrezzate a qualunque pericolo della vita. Il rischio c'è per chiunque.

BODY BILDING

Da decenni siamo bombardati da riviste con foto di campioni americani di 130 chili che dicono di essere diventati così grazie “ ai principi d’intensità e di corretta alimentazione “.Tralasciano il fatto di essere il frutto di una combinazione tra genetica altamente favorevole e anni di somministrazione a volte dissennata di anabolizzanti e ormone della crescita. Purtroppo la maggioranza dei metodi d’allenamento sono stati testati proprio su questi “atleti“ (vedi i pur buoni , per loro, sistemi Swarzennegger e company) e quindi assolutamente inattendibili per la maggior parte delle persone. Se non prendete steroidi e avete un talento genetico normale, provate ad allenarvi 2 volte al giorno per 25 serie a muscolo come Arnold o 6-7 ore al giorno come un qualsiasi altro professionista: Non crescerete di un solo millimetro e andrete in superallenamento nel giro di un mese. Ma il dramma è che almeno il 95% dei frequentatori delle palestre il talento genetico non c’e l’ hanno assolutamente ed è un assoluto suicidio allenarsi con le tecniche d’allenamento usate dai bodybuilders professionisti. Il problema comunque sembra non essere la rivista che propone le schede del campione, ma nella diffusione, oseremo dire capillare di sedicenti istruttori, molte volte soltanto agonisti o ex agonisti enormi, che con l’aria annoiata o l’atteggiamento classico di chi ti fa un favore, propongono ai loro allievi pari pari le loro schede e la loro alimentazione dicendoli: ”Io sono cresciuto così“. Si, è vero, con quelle schede sono cresciuti, ma supportati da cicli e cicli di steroidi che generalmente il socio medio della palestra non usa, e inevitabilmente, facendo quei programmi si spegne come una candela. Il recupero dell’Hard-Gainer (duro a crescere, in pratica i soggetti che non rispondono molto bene all’ allenamento ipertrofico e sono tanti) è molto più lento dell’ atleta geneticamente favorito e per di più dopato. Si può tranquillamente asserire che nella maggioranza dei casi il recupero dell’ Hard-Gainer varia da un minimo di 2 fino a 7-10 giorni. Allenamenti giornalieri, 3+1, 4+1 ed altro sono quindi da evitare accuratamente per l’atleta naturale (a meno che non prevedano sedute di poche serie).In realtà il bodybuilding così detto “Natural” è praticamente un'altra sport rispetto al culturismo normale in quanto i carichi di lavoro e le tecniche di intensità (super serie, stripping, forzate, negative, ecc.) devono essere enormemente minori per permettere il recupero e quindi la tanto sospirata crescita muscolare.

IL DOPING PSICOLOGICO

Il doping in Psicologia passa sotto una diversa interpretazione a confronto del modello medico. Alla psicologia, infatti, facendo parte delle cosiddette scienze deboli, deboli dal momento che non posseggono al loro interno precise categorie matematiche di riferimento, toccano i problemi forti, i grandi perché della vita a cui non si può dare risposte precise, standardizzate, al contrario delle scienze esatte, come la matematica, la fisica, la chimica ecc., scienze cosiddette forti a cui toccano i problemi deboli, quelli facilmente standardizzabili.È difficile definire il concetto di doping psicologico senza fare delle precise distinzioni. Alla luce della psicologia si possono distinguere tre forme differenti di doping: Il doping da allenamento. Il doping chimico. Il doping povero.

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IL DOPING DA ALLENAMENTO

L'allenamento é considerabile dalla psicologia una forma particolare di doppaggio, l'influenza dell'allenamento non é unicamente diretta al corpo dell'atleta, é diretta al suo cervello, attraverso un sottile e protratto condizionamento in cui, giorno dopo giorno, si assiste ad un vero e proprio rimodellamento della sua struttura cerebrale. È particolarmente utile comprendere come il cervello reagisce ad un contesto di apprendimento, e come le pratiche di allenamento sono forme di apprendimento protratto nel tempo; i neuroni costituiscono la parte quantitativa della materia cerebrale, sono collegati tra loro attraverso i bottoni sinaptici, terminazioni sensibili in grado di regolare l'afflusso on/off degli impulsi nervosi (se passa un messaggi, quanto passa di un messaggio o se non deve passare), essi costituiscono la parte qualitativa del cervello e sono dunque direttamente implicati nelle varie forme di intelligenza. Ora nel momento che si svolgono delle operazioni col corpo, la mente é direttamente coinvolta, in quanto delegata al controllo del movimento stesso, i neuroni implicati nell'attività cerebrale subiscono per questo continui rimodellamenti, così la ripetizione protratta di determinati processi mentali consolida dei circuiti neuronali a spese di altri, lasciando tracce precise di tale attività: condizionamenti, fissazioni, manie ecc. Tutta l'operazione "allenamento" diviene un unico processo di attività collegate e ritualizzate nel tempo, andando a fissare in modo sempre più netto certe qualità e competenze. Il modellamento mentale é un principio presente in tutti i percorsi di apprendimento, é dunque normale per un atleta affrontare tale esperienza. Piuttosto il problema é da porsi in termini evolutivi: quale età può essere considerata legittima per usare le capacità e abusare delle capacità d'apprendimento dei ragazzi, considerando che il cervello tende a fissare le esperienze di apprendimento più significative che divengono in questo modo la base per le esperienze future.Senza voler fare del moralismo credo sia opportuno confrontarsi sulla legittimità o meno di creare forme d'orientamento/condizionamento mentale; senza nulla togliere all'intento positivo dimostrato da molti allenatori, tecnici ed addetti a voler guidare i giovani verso un modello di vita costruttivo e positivo attraverso l'impegno nello sport, piuttosto mi chiedo per quale motivo non fissare dei limiti precisi di età alla "scolarizzazione forzata" dello sport competitivo nella vita di un ragazzo. Purtroppo si ha la tendenza a sottovalutare ciò che non viene direttamente percepito dai sensi, un pugno, uno schiaffo lasciano il segno, mentre parole negative, ragionamenti per quanto distorti e pericolosi non lasciano tracce dirette ed immediate, ma la mente dei giovani, dei bambini in particolare, é estremamente vulnerabile, non possedendo ancora barriere e protezioni, a forme sottili di condizionamento mentale, tanto più quando questi condizionamenti sono appresi attraverso un'attività fisica, infatti é agendo che si impara, l'uomo é molto sensibile all'attività fisica.In momenti di crescita e di cambiamento evolutivo, in pratica fino al completamento dello sviluppo puberale, sono importanti ed utili allenamenti a-specifici, forme ludico-motorie di impegno, oltre a programmi strutturati e precisi di allenamento, anche se così facendo si rischia di allontanare le "geniali" occasioni di apprendimento precoce di abilità e capacità in tenera età, il rischio che si corre, al contrario, é quello di asservire un individuo allo sport e non viceversa. Lo sport deve essere uno degli strumenti di vita non può essere l'unico modello di vita conosciuto. Pensiamo a quanto é diffuso il fenomeno di riciclaggio nel mondo dello sport da parte di ex atleti che non avendo conosciuto altro ambiente per molti anni, divengono manager sportivi, allenatori, tecnici sportivi, ora non é possibile che una parte così numerosa di persone rimanga nel contesto sportivo per scelta;

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purtroppo molti atleti a fine carriera, pur introdotti in ambienti differenti, non riuscendo ad esprimersi nel nuovo ambiente, son dovuti tornare al punto da cui erano partiti.Tutto questo é spesso dovuto alla mancanza di piani formativi adeguati alla crescita dei futuri atleti, credo che in Italia troppo spesso si vivano i contesti di apprendimento, quali scuole, sport, università, lavoro, come contesti separati gli uni dagli altri; un individuo che va bene a scuola non può permettersi lo sport, come uno che lavora non può seguire l'università; le aspettative distorte, i banali luoghi comuni, i pregiudizi delle persone, obbligano a pensarsi in modo limitato. Gli stessi addetti alla formazione dei giovani, perpetuano tali convinzioni! Molte volte mi capita di assistere a manifestazioni di rigidità da parte di educatori ed insegnanti che, venuti a conoscenza dell'attività sportiva di un giovane, non solo non applicano una particolare attenzione nel distinguere tra impreparazioni e difficoltà dimostrate, bensì tendono a considerare il soggetto debole negli studi non accorgendosi magari di pretendere da lui/lei più di ciò che pretendono dagli altri allievi. Stesse pretese e stessi limiti sono dimostrati all'opposto contrario da tecnici, allenatori e quant'altri si interessano del mondo dello sport, tutti vorrebbero dai giovani la loro esclusiva, gli stessi genitori non son da meno ponendo troppo spesso traguardi ed obbiettivi ai loro figli tesi a soddisfare bisogni o pacare personali frustrazioni, che non seguire gli interessi e le ambizioni dei figli.ALLENAMENTO: LA SCIENTIFICITÀ DELLA PROGRAMMAZIONE COME ALTERNATIVA AL DOPING La sindrome generale d'adattamento e l'intervento ormonale Da T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 630-631, a proposito dei risultati fatti registrare alle Olimpiadi di Roma nel 1960 si riporta:"rimasti stazionari per lungo tempo e limitati esclusivamente al già citato campo della costituzionalistica, gli studi sui rapporti tra ormoni e sport, alla stessa stregua che gli studi sui rapporti tra ormoni e altre branche della fisiopatologia e della medicina, hanno subito un cospicuo impulso solo dopo che Selye rese note le sue ricerche e le sue teorie sulla così detta 'Sindrome generale d'adattamento". Tale "sindrome", ancora oggi, costituisce la base sulla quale è essenzialmente interpretato il meccanismo con cui l'individuo in via aspecifica si difende e, quindi, si adatta all'azione dei fattori alternativi del più svariato genere. Tra questi fattori alterativi Selye e gli altri autori, che successivamente se ne sono occupati, hanno incluso: agli agenti fisici, chimici, batterici, il lavoro muscolare, il lavoro intellettuale, la tensione emozionale, le variazioni di temperatura, ecc.. Già agli inizi del 1900 erano stati avviati studi sulla adattabilità degli organismi viventi, ivi compreso l'uomo, alle varie perturbazioni esterne ed interne (agenti alterativi o "stress") che su di essi esercitano la loro influenza. Selye ha avuto il merito di definire in maniera chiara e schematica, apportandovi il contributo di numerose ed originali ricerche personali, il meccanismo ormonale che permette il realizzarsi di questo adattamento.I fondamenti essenziali di questa nuova concezione possono essere così sintetizzati:1) Nell'adattamento degli organismi all'azione dei vari fattori alterativi esogeni ed endocrini si realizzerebbero due tipi di complesse reazioni, di cui una specifica (esempio: ipertrofia dei muscoli nel lavoro muscolare, formazione d'anticorpi nelle infezioni batteriche, ecc.) e l'altra aspecifica: quest'ultima, pur nella sua proteiformità, sarebbe praticamente la stessa qualunque sia l'agente alterativo che lo provoca.2) Il meccanismo con cui si stabilirebbe il complesso delle reazioni aspecifiche che permettono all'organismo di difendersi e di adattarsi, sarebbe sempre lo stesso qualunque sia il tipo d'alterativo che lo provoca; esso consisterebbe essenzialmente in un'aumentata produzione di corticoidi (specie glicocorticoidi) da parte della corteccia surrenale, fenomeno questo mediato tramite un'aumentata produzione iperfasica d'ormone corticotropo (ACTH).3) La dizione "sindrome generale di adattamento", con cui è espressa la somma di queste reazioni aspecifiche, porterebbe pertanto in se un significato finalistico, che sarebbe quello di permettere all'organismo di "adattarsi" ai diversi fattori alterativi, sì da poterli sopportare e superare. Base essenziale di questa adattabilità aspecifica è una normalità di funzione dell'asse ipofiso-corticosurrenalico, poiché i fenomeni peculiari non si verificano se il corticosurrene manca o se l'ipofisi non è in grado di stimolare il corticosurrene mediante il suo ormone corticotropo. L'attività sportiva è uno stress Una delle evenienze più gravi per uno sportivo è lo scarso rendimento che può manifestarsi lentamente ed avere una durata più o meno lunga (come per i giocatori di calcio, alle volte di un'intera squadra), o manifestarsi

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invece, in maniera acuta (come ad esempio le "crisi" o "cotte" del corridore ciclista o del podista) sì da costringere all'interruzione della prestazione. Allo stato attuale dalle conoscenze, a parte l'intervento di altri fattori (di ordine fisico, psichico, neurovegetativo, in rapporto all'uso inconsulto di eccitanti, ecc.), sembra che notevole peso abbia nella genesi di questi fenomeni un'insufficiente funzione del corticosurrene, come denunciato sia dai dati di laboratorio precedentemente riferiti, sia dalla scarsa risposta della ghiandola alla stimolazione esogena con ACTH sia dalla sintomatologia strettamente affine a quella della insufficienza surrenale vera e delle insufficienze surrenali cosi dette "sub-cliniche" o "fruste"; facile stancabilità, astenia, ipotensione, turbe gastroenteriche, ritardo nel recupero del peso perduto durante la prova, alle volte - anche se raramente - collasso e stato di shock.Se questi episodi, acuti o di lunga durata, di scarso rendimento riconoscono come uno dei fattori della loro genesi un'insufficienza corticosurrenale si pone logicamente la questione:A) della possibilità di prevenirli con l'impegno di ormoni;B) della convenienza di curarli con ormoni; C) del come curarli con ormoni. Si ritiene che le forme in parola, che spesso rasentano o fanno chiara parte della patologia, debbano andare di regola trattate con gli usuali mezzi che ha a disposizione la medicina sportiva: riposo, miglioramento dell'allenamento, cure climatiche, regolare alimentazione, tonici, sedativi, ecc…L'impiego degli ormoni deve invece essere limitato, e sempre insieme con le predette misure, solo a particolari casi, e cioè quando vi siano condizioni di gravità o di acuzie o quando il miglioramento non intervenga in periodi di tempo ragionevole o quando, infine, necessiti un particolare recupero che richieda una pronta ripresa di forma dello sportivo. Le risposte aspecifiche In virtù di quanto precedentemente detto si capisce come l'organismo tenda a mantenere integra, con lievi oscillazioni, la propria struttura funzionale come risposta agli stimoli (stress) dell'ambiente in cui vive (temperatura, malattie, traumi, attività muscolare, ecc.).Le reazioni sistemiche aspecifiche si manifestano secondo una risposta che si articola sempre nella successione di tre fasi: FASE DI SHOCK (insufficienza corticosurrenale acuta) nella quale l'organismo subisce passivamente l'azione dell'agente stressante manifestando pallore e sudorazione fredda, debolezza muscolare, tachicardia, ipotensione, ipovolemia, emoconcentrazione, ipoglicemia, ipocloremia, iperpotassiemia, ecc.;FASE DI CONTROSHOCK e DI RESISTENZA (risposta corticosurrenale) nella quale l'organismo mobilita le sue difese tendendo ad aumentare la sua resistenza con la normalizzazione del volume e della pressione del sangue, la caduta dell'ematocrito, l'elevazione della glicemia, l'aumento dell'escrezione dell'azoto, l'aumento dei leucociti, la caduta dei linfociti e degli eosinofili, ecc.In questa fase le reazioni dell'organismo sorpassano il reale bisogno di compensazioneFASE DI ESAURIMENTO (esaurimento cortico surrenale) nella quale l'organismo soccombe agli agenti dannosi; essa può comparire più o meno tardivamente in rapporto alle capacità di risposta dell'organismo stesso e all'intensità dello stress. La fase di esaurimento può anche mancare qualora lo stress si esaurisca in tempo utile, come avviene, nell'attività sportiva. Le reazioni specifiche Secondo Selye, l'attività muscolare è uno "stress" che provoca un periodo di shock molto breve e debole, seguito da fenomeni molto pronunciati di contro-shock che, come già esposto, amplificano la risposta compensativa. Gli agenti stressanti, basati sull'esercizio fisico hanno un indirizzo molto mirato e preciso, in base alla specificità della disciplina praticata e quindi impegnano molto settorialmente tutto il meccanismo di risposta.In base al tipo di stimolo è attivata una puntuale risposta che permette all'organismo di reagire con specificità all'evento stressante: è l'asse ipofiso-corticosurrenalico che attiva il meccanismo di adattamento specifico ormonale e funzionale: ad esempio la termoregolazione se lo stress è determinato dal passaggio da un clima all'altro, l'aumento delle difese immunitarie se la causa stressante è un'infezione, l'aumento della massa muscolare se l'organismo compie un impegnativo lavoro meccanico, ecc.In tutti i casi, in base alla specificità dello stress la risposta organica, è ripagata con un livello maggiore speso per resistere e rispondere allo stress.

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Riferendosi al lavoro muscolare, possiamo dire che esso attiva la funzionalità dell'asse ipofiso-corticosurrenalico che a sua volta attiva (sempre su base ormonale) il sistema muscolare ed il processo energetico più appropriato per poter protrarre il lavoro fino al suo compimento.Finito il lavoro, nella fase di recupero, l'organismo ristabilisce in maniera autonoma ed in quantità superiore a quanto speso nel lavoro stesso (supercompensazione), in previsione di un impegno successivo e più gravoso. Il bivio tra programmazione e doping In quest'ultimo concetto, che andremo ad approfondire, esiste il bivio tra i principali metodi utilizzati per elevare la capacità organica:- programmando l'allenamento in maniera organizzata, sfruttando i principi fisiologici dell'adattamento;- sfruttando l'intervento esogeno di sostanze farmacologiche a base ormonale.  In tutti e due i casi, comunque, si tende ad aumentare la potenzialità del sistema ormonale che sta alla base del lavoro muscolare.La differenza consiste:- nel primo caso, nell'elevarla in maniera naturale, imponendo all'organismo degli stress (esercizi o stimolo) con carico crescente ed articolati in maniera organizzata e ciclica, in modo da sfruttare l'effetto della supercompensazione  - nel secondo caso tale aumento è demandato, per via esogena, all'utilizzo di sostanze definite dopanti

La programmazione dell'allenamento Tralasciando (e condannando) questa seconda strada, possiamo analizzare le basi fisiologiche ed organizzative sulle quali impostare l'allenamento al fine di ottenerne i massimi benefici e risultati.

LA SUPERCOMPENSAZIONE 

Se la prima esposizione non è stata troppo severa e la durata della fase di riposo è stata sufficiente, la seconda esposizione trova l'organismo già predisposto e con un grado di adattamento superiore in partenza, giacché l'organismo ripaga sempre il lavoro svolto con un livello di recupero maggiore di quanto speso.Questo aumento di disponibilità energetica è definita supercompensazione. Ciò porta ad un successivo innalzamento della resistenza allo stimolo specifico rispetto a quella che aveva la prima volta, purché il tempo intercorso tra le due esposizioni non sia eccessivo e l'organismo ne conservi il ricordo. In questo caso, una nuova esposizione ben dosata anche se più intensa della precedente, farà aumentare ancora la capacità di risposta e si costituirà così per ripiani, un aumento della resistenza predisponendo il sistema ad impegni sempre più gravosi.L'organismo, infatti, si adatta a tale successione di stress con precise reazioni specifiche che si esplicano ad esempio con l'ipertrofia muscolare, ipertrofia cardiaca, ecc., indispensabili nell'attività sportiva poiché sono la base della forza e della resistenza.Nell'intervallo tra un'esposizione e la successiva si instaurano e si consolidano i fenomeni di adattamento; la regolarità all'esposizione determina il potenziamento del sistema per effetto di sommazione.Una corretta organizzazione del lavoro muscolare, quindi, deve prevedere una razionale distribuzione ciclica del rapporto stimolo-adattamento affinché si possa esaltare al massimo l'effetto della supercompensazione.Il collocamento dello stimolo (carico della seduta di lavoro) dedicato allo sviluppo della supercompensazione, deve essere perciò accuratamente studiato; in linea generale esso va inserito quando la supercompensazione precedente può essere considerata completamente avvenuta.

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Le singole funzioni biologiche che sono alla base dei principali indirizzi allenanti, hanno precisi tempi di supercompensazione; tale dinamica è definita eterocronismo e la sua conoscenza è fondamentale per la programmazione dell'alternanza dei carichi di allenamento che deve essere impostata sui tempi di ristabilimento parziale o totale delle varie funzioni.

FUNZIONE.BIOLOGICAINDIRIZZO ALLENANTE(t") SUPERCOMPENSAZ.AUMENTI SIGNIFIC.fosfocreatina forza- velocità circa 30 min glicogeno resistenza 2 - 3 ore 7 - 10 gg metabol. proteine trofia muscolare 36 - 48 ore 20 - 30 gg enzimi ciclo krebsendurance 20 - 40 gg   L'organizzazione ciclica dello stimolo Nell'attività sportiva lo stimolo è dato dal carico allenante del "contenuto della seduta di lavoro", ovvero dalla somma del carico di lavoro proposto per ogni singola esercitazione in ogni seduta di allenamento (definibile dalla scelta dalle esercitazioni - tipo e numero), dal carico di lavoro, dal numero di ripetizioni e dal numero delle serie nonché dai tempi di recupero e di pausa e dalla velocità di esecuzione.Stabilito il "contenuto delle sedute di lavoro", è fondamentale impostare il giusto collocamento nel tempo, del carico allenante, il cui incremento tra le sedute di lavoro deve essere inserito quando è stata raggiunta la massima entità della supercompensazione sviluppata con l'allenamento precedente.Ciò presuppone che i carichi di lavoro tra le sedute e tra i microcicli devono essere incrementati gradualmente e progressivamente, ma alternati da precise fasi di sfogo (nelle quali il carico deve diminuire) e fasi di riposo. È in tali periodi che avviene l'adattamento organico (reazioni specifiche) e cioè l'insediamento ed il rafforzamento di quei meccanismi che ripagano il lavoro effettuato, accrescendo così le riserve funzionali e predisponendo il sistema biologico ad un impegno più gravoso.Questo tipo di distribuzione dello stimolo-adattamento deve avvenire mediante un'organizzazione ciclica per garantire la ripetizione dello stimolo in tempi utili al fine di sfruttare la supercompensazione; tale organizzazione deve creare dei cicli di lavoro consequenziali articolati in cicli di breve e lunga durata che nel mondo dello sport è chiamata periodizzazione.

Conclusioni Da quanto riportato si può concludere che Selye ha individuato nell'attività motoria uno stress che scatena fenomeni di adattamento aspecifici e specifici che hanno come base l'attività ormonale ed ha descritto le risposte fisiologiche che potenziano l'organismo predisponendolo ad uno stimolo successivo di più elevata intensità.È tale attività ormonale, quindi, che indubbiamente deve essere elevata per poter aumentare la performance

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sportiva.Di conseguenza le strade da percorrere possono essere come detto due: quella esogena (farmacologica) o quella fisiologica basata sull'organizzazione dell'allenamento che potenzia la funzionalità ormonale in maniera naturale ed autonoma e che costringe l'atleta a vincere e sopportare carichi di lavoro sempre più impegnativi ed intensi con un forte intervento della sua volontà e della sua determinazione.Quest'ultimo punto fa riflettere indubbiamente sulla determinazione che è acquisita dall'atleta stesso e che è trasformata in "sana aggressività agonistica" nel momento della competizione.Chi si abitua a superare se stesso in allenamento saprà con più decisione superare un avversario durante una competizione. La vittoria nasce dalla convinzione e conoscenza delle proprie capacità e dalla determinazione nel dare tutto quello che si ha.L'organizzazione dell'allenamento, quindi, è un fatto puramente scientifico, che anche se con gli appropriati aggiustamenti determinati dalla reale applicazione pratica, deve rispettare le leggi fisiologiche che regolano l'adattamento organico allo stress.BibliografiaT. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 641-642

IL DOPING CHIMICO

Sul doping chimico non c'é molto da aggiungere a ciò che medici e specialisti del settore hanno saputo esprimere molto bene, ciò che ancora una volta non é ben chiaro é il coinvolgimento psicologico al problema. La dipendenza psicologica all'assunzione di sostanze che influenzano direttamente o indirettamente il sistema nervoso é stata troppo spesso sottovalutata, ciò che non si vede, che non appare evidente all'occhio umano ancora una volta non è considerato!Esiste un diretto legame tra la mente ed il corpo, un legame stretto che si esprime attraverso un forte equilibrio psico-fisico, un'equilibrio tra sensazioni che si provano, da una parte, e pensieri che ci girano in testa dall'altra.Le sensazioni che proviamo tutti i giorni sono di due tipi: Quelle rivolte all'esterno, provenienti dai cinque sensi, (vista, ciò che vediamo, udito, ciò che ascoltiamo, tatto, ciò che percepiamo con la pelle, gusto, ciò che assaggiamo, olfatto, ciò che annusiamo). E quelle rivolte all'interno, provenienti dagli organi del nostro corpo, quei gruppi di sensazioni che, gemellate a quelle esterne, ci portano sonno, fame, piacere, dolore, paura, gioia, felicità ecc., sono queste le sensazioni interessate ad essere alterate direttamente dall'assunzione di sostanze doppanti. I pensieri che ci ronzano in testa sono composti da convinzioni, credenze, valori, tutte quelle idee, dalle più banali e futili, alle più complesse e vere, che costituiscono l'insieme della nostra identità: la coerenza che promuoviamo, la consapevolezza che possediamo di noi stessi, il significato che diamo alla nostra vita.Nel momento che assumiamo determinate sostanze doppanti abbiamo un diretto coinvolgimento della mente sia nei processi interni come in quelli esterni, la nostra identità é esposta alla presenza di un differente equilibrio tra i nostri pensieri e le sensazioni ad essi collegate; nel perseverare di tale stato, protraendo l'assunzione di tali sostanze, la nostra realtà psico-fisica si struttura su di un nuovo equilibrio, tutta la nostra realtà, interna come esterna, si andrà a definire in presenza di quel mutato equilibrio, a quel punto siamo divenuti persone diverse. Ciò che ci può succedere assumendo sostanze doppanti é paragonabile a ciò che prova una persona in stato di ebbrezza, con effetti maggiori o minori, a seconda della quantità di sostanza utilizzata, con sensazioni molto personali, al pari di chi prova la ciucca triste piuttosto che la ciucca allegra.Tutto questo, oltre a portarci naturalmente danni fisiologici di varia natura, va ad influenzare direttamente una capacità fondamentale di noi stessi, la memoria, la facoltà della nostra mente di fare proprie, esperienze, nozioni, sentimenti e sensazioni e di richiamarle al momento opportuno, ciò che ci permette di mantenere la nostra idea di identità, e ci riconferma giorno dopo giorno per quel che siamo. La nostra memoria infatti non é costituita da una semplice "idea ricordo", una registrazione meccanica di qualcosa, al contrario ogni memoria é strutturata ed organizzata in un preciso stato psico-fisico di riferimento che ci fornisce il contesto entro cui poter ricordare, un operazione che ci é data unicamente rivivendo determinate realtà interne ed esterne a noi stessi, proprio come in un sogno.Non é dunque possibile recuperare la memoria senza uno stabile contesto di pensieri e sensazioni, e senza memoria non si esiste, non si é nessuno, ecco che diviene indispensabile ricreare lo stato mentale nel quale possediamo memoria di noi stessi, e questo, nel caso di assunzione di sostanze doppanti, dipende strettamente

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dalle sostanze che si é cominciato ad utilizzare e di cui non si può più fare a meno previo perdere la memoria di sè, questo, in poche parole, costituisce l'astinenza psicologica.

IL DOPING POVERO

Il doping povero é dal suo canto la forma di doping più diffusa, soprattutto tra i dilettanti, ed anche il meno controllabile, si manifesta attraverso diverse forme: Suggestioni, Falsi miraggi, Credenze popolari, Dipendenze di vario tipo. Vediamo alcuni esempi di doping povero.Esistono forme di doppaggio che sfruttano l'effetto secondario di certi farmaci di largo consumo quali l'aspirina (acido acetil salicilico, antipiretico, antidolorifico, coadiuvante nelle forme influenzali), e diversi antiacido (per la cura di gastriti, ulcere) come il malox, che presi in grande quantità risultano forti eccitanti, alternativi alla cocaina, costosa e difficile da reperire, mantenendo alti livelli di concentrazione per lunghi periodi; naturalmente, per tali quantità, gli effetti sono altamente dannosi.Amuleti, litanie, feticci di vario genere possono arrivare ad essere vere e proprie ossessioni, a cui giovani atleti tendono, perpetuate nella speranza di ottenere chissà quali vantaggi; spesso tali rimedi e/o consigli sono venduti a caro prezzo da parte di personaggi senza scrupoli.Comuni integratori alimentari, spesso utili, quando prescritti in diete fornite da medici dietologi, nel momento che sono assunti senza regole possono risultare estremamente dannosi. È, infatti, convinzione di molti che la quantità porti con sè il meglio, si tende a pensare: "Se un'aspirina mi fa bene, allora dieci aspirine mi fanno molto bene!", assumendo così dosaggi da intossicazione.La dipendenza da certe sostanze doppanti, assunte nel miraggio di chissà quali risultati, sostanze estremamente costose o perché vietate, difficili da reperire o perché di complessa elaborazione, scatenano, nei consumatori abituali, reazioni molto simili a quelle che si incontrano nel mondo delle sostanze stupefacenti, spingendo anche giovani atleti a diventare loro stessi "spacciatori", verso i propri compagni, per poter continuare a dopparsi.Infine molti gestori di palestre, centri "fitness", società sportive di vario genere, oltre a tenere la cassetta dei medicinali di primo soccorso, posseggono vere e proprie farmacie illegali fornite di ogni ben del "diavolo" si potrebbe dire. La cosa tragicomica, che risulta anche dalla lettura della cronaca di questi giorni, é che molti di coloro che spacciano o fanno uso di certe sostanze illegali lo fanno in buona fede, ignari dei danni che provocano, disinformati sulla reale funzionalità del prodotto, all'oscuro degli effetti secondari che possono insorgere e all'oscuro della legislazione esistente in merito a tali sostanze, ingenui come bambini si fanno prendere con le mani nell'amara marmellata!

Ricerca dell’associazione Libera sulle sostanze proibite: doping per 400mila italiani (La Repubblica – 11.11.2003)

ROMA – Dal calciatore di serie A al campione di ciclismo fino al culturista della palestra di quartiere: il doping contagia gli italiani. Sono 400.000 in Italia le persone che fanno uso di sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni. Un fenomeno che costa ogni anno ben 650 milioni di euro, cui vanno aggiunti 1,5 miliardi per gli integratori, che spesso non contengono soltanto vitamine.

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Ed il 10-15% delle palestre favorisce questo smercio illecito. I numeri sono stati forniti dall’associazione Libera.“Calcolando quanto avviene in altri Paesi come Inghilterra e Germania – ha spiegato Sandro Donati, maestro dello sport da anni in lotta contro il doping – è possibile stimare in 2,1 milioni gli abitanti dell’Europa occidentale che ricorrono a sostanze dopanti”. E visti i numeri in crescita, la malavita organizzata ha fiutato l’affare. Infatti, ha osservato il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, “dalle indagini promosse da 40 procure italiane è emerso che il traffico di farmaci proibiti segue gli stessi canali del traffico di stupefacenti”.La responsabilità del dilagare di questo malcostume, secondo don Ciotti, “sta anche nell’orizzonte culturale di tante persone per le quali conta la forza, la prestazione, il successo a tutti i costi. Ora possiamo dire che almeno il 10-15% delle palestre è a rischio”.La quasi totalità delle sostanze dopanti, spiega Donati, è contenuta nei farmaci e, in particolare, in quelli di tipo ormonale. La maggior parte di questi farmaci è prodotta dalle principali aziende farmaceutiche multinazionali che, interessate ad incrementare le vendite, hanno posto in commercio un surplus di prodotti superiore anche di 6 volte alle esigenze terapeutiche”. Tra gli esempi più evidenti ci sono l’eritropoietina (Epo) e l’ormone della crescita (Gh). Nel 2000 “in Italia le vendite di Epo hanno fruttato 300 miliardi di lire, il doppio rispetto a tre anni prima.Il problema doping nello sport è purtroppo diffuso, serio e preoccupante ! È praticato non solo nello sport di alto livello ma spesso anche in quello amatoriale. È considerato DOPING l'uso di sostanze o di procedimenti destinati ad aumentare artificialmente il rendimento.II doping contravviene all’etica sia dello sport che della scienza medica.II doping consiste:1. nella somministrazione di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e/o 2. nell’utilizzo di vari metodi proibiti. Le autorità sportive e governative sia italiane che internazionali, hanno sempre dimostrato di sottovalutare il problema. La ricerca del risultato a tutti i costi ed i crescenti interessi economici, hanno portato a modificare il tipo di preparazione introducendo metodiche illecite e dannosissime.L'etica sportiva ha lasciato il campo ad un giro di affari che ha raggiunto livelli vertiginosi (quasi mille miliardi di lire l'anno solo nel nostro paese) ed il numero di "praticanti" è in evidente ascesa !I paesi dell'Europa dell'est hanno sicuramente recitato il ruolo di precursori in questo campo a scapito spesso della salute o addirittura della vita stessa degli atleti. Pochissimo si sapeva degli effetti collaterali delle sostanze ingerite, mentre evidenti erano i miglioramenti. Ai medici ed allenatori era sufficiente realizzarsi grazie al risultato; gli atleti ora ne pagano le conseguenze.Ci rendiamo perfettamente conto che risolvere il problema sarà estremamente difficile, complicato e dispendioso. Sarebbero necessarie strutture adeguate e serie,  pene molto più severe per chi lo pratica e soprattutto per chi lo prescrive.Si dovrebbe fare leva sull'etica sportiva attraverso una campagna seria di cultura sportiva nei giovani. Si potrebbe fare sicuramente molto di più !! Con ogni probabilità purtroppo, il problema doping nello sport attuale e nella società attuale, riteniamo non abbia una soluzione reale.Per combattere il grande problema doping nello sport crediamo sia indispensabile l’impegno, non solo delle F.S.N., ma anche dei governi che talvolta ignorano le esigenze del mondo sportivo.Il C.O.N.I. sicuramente è in prima linea in questa lotta, sono già stati effettuati migliaia di controlli, ma purtroppo la scienza medica quasi sempre è più avanti rispetto ai controlli. Anche la scuola potrà sicuramente avere un ruolo importante sulla formazione degli atleti, perché pensiamo sia un fatto di cultura sportiva.Forse un’ altra soluzione potrebbe essere quella di riuscire a riflettere maggiormente sulla nostra fisicità, poiché non basta avere muscoli potentissimi, doping è soprattutto il cervello, e la stragrande maggioranza delle droghe sovralimentano proprio quest’organo, determinante, decisivo, fondamentale». Sa anche come funzionano le cose nel mondo «dove tutti quanti rischiamo di diventare merce, lo sono anche gli atleti, testimonial di prodotti che il grande pubblico deve acquistare ecco come vanno le cose nel mondo dello sport moderno: «È ormai questo lo staff delle società: presidente, allenatore, giocatori e adesso anche un bravo farmacologo». «La forza del doping, cioè di tutte quelle sostanze che in realtà appartengono al nostro organismo ma che, ricreate in laboratorio, ingeriamo sintetizzate in grande quantità, è quello di annullare fatica, sonno, sete, fame». Per farti sentire un Rambo: «L’istinto dell’uomo è la sopravvivenza, questo lo rende cattivo, lo ha sempre portato anche a uccidere. E lo sport, infatti, ha bisogno della cosiddetta cattiveria agonistica per farti salire sul gradino più alto del podio». Dove non c’è più solo una medaglia ad attenderti: ci sono i miliardi, c’è la gloria. Meglio un giorno da leone che

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cento da pecora: «È questo che spinge lo sportivo a barare, perché sul piano etico il doping è una cosa gravissima». Diverso il discorso per chi si dopa per se stesso, per avere un fisico migliore: «Ma in una competizione agonistica no, non vale. Gli anabolizzanti aumentano le masse muscolari: come avere, nel proprio motore, una cilindrata superiore: «Ma è soprattutto nella testa che agiscono queste sostanze. Del resto è tuttora un mistero il fatto che con il condizionamento psicologico si possano portare malati alla guarigione». Il classico effetto placebo: «Dare a un malato una mentina facendogli credere che è la soluzione di tutti i suoi mali». Che sono tanti, nell’uomo. Sport, scienza, etica: l’intreccio è contorto, la miscela esplosiva: «Una medicina può guarirti da una grave malattia. Forse. Sicuramente può farti diventare un superman. Si tratta solo - spiega - di stabilire il rapporto tra costo e beneficio». Il beneficio è elevatissimo: ma vale la pena rischiare di pagare il prezzo più elevato, la propria vita? Il gioco è molto più semplice di quel che appare: «Prendiamo un velocista, non deve compiere azioni particolarmente raffinate, deve solo correre più veloce degli altri. Prendiamo un ciclista: deve solo abbattere la fatica, accumulare energie e arrivare più fresco degli altri all’ultimo sprint». Lo si può fare con droghe dall’effetto immediato, stimolanti, oppure con sostanze, anabolizzanti, che tendono a far diventare il maschio sempre più maschio, («anche a costo di perdere i capelli») e le donne sempre più virili («anche a costo di veder spuntare la barba»). Controindicazioni, queste, che sono una semplice sciocchezza di fronte ai danni: «Fino alla morte, ma ce ne vuole del tempo prima che gli effetti diventino letali. Gli stimolanti prima di toglierti tutto ti danno molto». Esistono poi malattie che fanno tremare le mani, certe medicine ti levano il disturbo, ed è una grande conquista, ma lo stesso farmaco può migliorare la mira di uno sportivo che ha bisogno della mano ferma». I controlli sono efficacissimi, se svolti a dovere: «Non si può affermare che si sia un eccesso di sostanze prodotte dal tuo organisimo : se ci sono, qualcuno le ha introdotte». Frasi semplici e chiare di una grande uomo di scienza. Disincantato. E pessimista sul piante doping. Racconta, infatti, e sembra quasi una parabola laica: «Una volta un gruppo di scienziati, incapace di risolvere un problema, decise di andare a chiedere aiuto a Dio. Il Signore diede una risposta molto cortese e rassicurante: tranquilli, quel problema lo risolveremo. Ma non durante la mia vita».

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L'ITALIA DEL DOPING AMATORIALE

Il dottore (quello con la "d" minuscola, per distinguersi da quello più noto, famoso e costoso con la "D" maiuscola, indagato dalle Procure di mezza Italia) non fa ricette. Ti guarda, ti fa pedalare qualche minuto su uno strano attrezzo, ti pizzicotta qua e là sull’addome, sulle spalle, sulle gambe, ti dice se sei grasso o meno, ti fa qualche domanda. Ti suggerisce una tabella di allenamento. Niente medicine, la prima volta. A meno di non essere mandati da qualcuno davvero affidabile e amico. Cosa rarissima. "Ottantamila e passa la paura", raccontano. Ma dal dottore si va per ben altro. Lui ha fama di grande "preparatore"; da lui vanno professionisti di nome; ciclisti, soprattutto, ma anche atleti di varie discipline, dall’atletica al calcio, al nuoto, al triathlon e, da quando è riuscito con la farmacopea moderna, a "far camminare come un treno", come si dice in gergo, anche l’ultimo dei gregari, gode di fama da taumaturgo. Lo hanno ringraziato tanto anche davanti alla tv. E non c’è spot migliore che vedere un atleta di terza categoria vincere e ringraziare il proprio medico.Solo dopo due o tre visite si arriva alla confidenza. E non sempre. Alla formula di rito: "Dottore, voglio andare forte", lui risponde con un contenuto "Quanto forte"?. Poi ti chiede subito se per caso hai già preso "qualcosa", dove per qualcosa si intende qualche potente farmaco. Tutto dipende da quello che rispondi. "Dottore, il medico della mutua mi ha dato il testosterone. Ho già fatto una curetta, ma senza grossi vantaggi". Ecco il segnale preciso che c’è il terreno adatto. Il dottore ti mette in mano carta e penna: "Scrivi: una iniezione di Profasi una volta ogni due giorni…". Così può cominciare il viaggio della "speranza" dell’amatore degli sport di resistenza. Lo racconta A.N. un cicloamatore pentito, che, naturalmente, vuole mantenere l’anonimo. "Questa è una mafia – dice – mi hanno già minacciato". È un sottobosco inquietante quello che emerge dal mondo degli amatori di varie discipline nel rapporto sport-doping-uso-abuso di farmaci. Un mondo dove ormai anche la farmacia illecita ha un peso e un ruolo insospettabile. Oltre che un mercato che dai semplici e consentiti integratori, ai vietatissimi steroidi anabolizzanti, ormoni, stimolanti ed eccitanti, costituisce una florida realtà per l’industria farmacologica. "Con quella roba mi sono sentito fortissimo in poco tempo", racconta A. N., svelando tutta la potenza dei prodotti moderni, davvero in grado di "fare la differenza" e, molto di più dei prodotti del passato, di cambiare equilibri ed esiti sportivi. E sarà proprio lui, autentico spot di se stesso, ad essere il miglior veicolo di pubblicità. È una delle follie del secolo questa corsa alla farmacia proibita nello sport amatoriale. Un fenomeno insospettabile solo qualche lustro fa ed ora di proporzioni mondiali. Un meccanismo tanto pubblicizzato dal dorato mondo dei professionisti, da dilagare sempre più in basso. Fra i giovani agonisti, ad esempio, come è capitato di constatare qualche tempo fa, quando 8 dilettanti sono stati fermati in Toscana dalla commissione medica della federcilismo perché avevano il sangue troppo denso, come Pantani a Madonna di Campiglio. Per non parlare della "casa delle bambole", una storiaccia di prodotti vietati trovati dai Nas di Firenze in casa della presidentessa di una squadra juniores toscana. Juniores, ovvero: ragazzi di 17 anni cui, presumibilmente veniva somministrato Gh, l’ormone della crescita. Con danni futuri certi, anche se tutti da definire per un fisico in formazione.

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O dell’indagine del giudice Casson di Venezia, che in poche perquisizioni a casa di tecnici e atleti giovani e giovanissimi ha sequestrato di tutto. Medicinali a base di eritropoietina, l’ormone che ha sconvolto gli equilibri delle prestazioni di fondo e resistenza (ma anche quelle di forza e velocità). Stimola il midollo spinale a produrre globuli rossi, così il sangue trasporta più ossigeno ai muscoli, migliorando la performance. E, naturalmente, con il sangue che si addensa e circola male nei capillari, porta con sé anche una infinità di controindicazioni e problemi che vanno nel breve termine dalla trombosi, all’ictus; nel lungo dal diabete, al tumore del sangue. E poi corteccia surrenale (allontana la fatica), ormoni, stimolanti, analgesici e preparazioni omeopatiche di tutti i tipi. Prodotti pericolosissimi e anche costosi, che la dicono lunga su quello che ormai è un vero e proprio modello comportamentale. O così o niente sport: questo il ricatto della farmacopea moderna. "Il vero mercato è qui - spiega un Sandro Donati, dirigente del Coni da sempre in prima linea nella lotta al doping – i giovani che hanno fallito l’approccio con lo sport agonistico maggiore e i meno giovani che rispondono all’esigenza di voler in qualche modo apparire. La nostra è una società dove esisti se appari; non si spiega altrimenti questa autentica follia. È un vero e proprio malessere psicologico che pervade queste persone: cercare in ogni modo di farsi notare, di apparire, in tono con la nostra che è una società dell’apparire e non dell’essere".Le cifre, come riportiamo a parte, gli danno ragione. Ma c’è da chiedersi come mai proprio il mondo dello sport, che per tanti anni ha propagandato una realtà di valori assoluti e di lealtà, sia finito in questa autentica palude. "Il mondo dello sport – continua Donati – non ha valutato a sufficienza le conseguenze derivanti dall’esaltazione esasperata del campionismo negli ultimi anni. È stato fatto credere che la "vetrina" dei campioni fosse un elemento di grande propaganda e conquista di proseliti. A diversi lustri di distanza dall’inizio di questa politica si può dire, risultati alla mano, che il campionismo non ha fatto proseliti, tant’è che la crisi di tesserati nelle federazioni che più hanno spinto in questa direzione è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che altri si sono impossessati della figura del campione e lo hanno usato come mero veicolo pubblicitario, ma per ottenere altre cose. Pubblicizzare prodotti industriali, ad esempio: un’auto, un paio di scarpe, una linea di integratori alimentari, in via diretta; i prodotti più nefasti della farmacia proibita in via indiretta. È qui che va cercata la saldatura tra il desiderio di apparire degli amatori e il messaggio dei campioni di successo. Il tifoso-amatore ha finito per essere il primo a non credere dentro di sé nelle qualità tecnico-atletiche del proprio campione, quanto piuttosto negli additivi, in quel qualcosa di magico e taumaturgico che c’è da sempre nella medicina. E ha scelto di imitare". "Quando vedi che uno che battevi sempre – spiega il nostro amatore pentito – d’improvviso ti stacca, pensi subito a quale medicina abbia preso, non a che tipo di allenamento abbia fatto". E, naturalmente, il tam-tam immediato dell’ambiente vale molto di più di tanti spot pubblicitari. Vedere il cambiamento radicale di persone dalle doti limitate, da un giorno all’altro è la migliore pubblicità per i prodotti. E il problema del doping moderno sta proprio qui. Nella enorme capacità che ha la chimica attuale di trasformare la prestazione. Un "trattamento" non più occasionale, ma che dura nei mesi e negli anni (con conseguenze a lungo termine tutte la valutare). "Nessuno conosce oggi cosa possa determinare l’uso incrociato e protratto di prodotti come l’epo e il gh, l’ormone della crescita", dice il professor Pasquale Bellotti, segretario della commissione scientifica del Coni, uno dei pochi organismi nell’ente che ha impostato una vera campagna (battezzata "Io non rischio la salute" e basata su controlli su sangue e urina) contro il diffondersi della farmacia proibita. "Ma saranno comunque conseguenze preoccupanti, per via dei dosaggi abnormi. Questa roba accorcia la vita". Il vero mercato del doping non è tanto, dunque, nella dorata vetrina dei campionissimi (poche centinaia), quanto molto più in basso e va ricercato nella quotidiana banalità del ragioniere che vuole fare meglio del collega di ufficio, magari arrivando 1200esimo nella maratona o 800esimo nella gran fondo cui partecipa. "C’è anche una sorta di rivalsa sulle frustrazioni quotidiane", dice la psicologa dello sport Marina Gerin. Un mercato sempre più sofisticato, che fa ricorso spesso a prodotti "pesanti" e costosi, dalle enormi potenzialità. Costituito dai 3 milioni di praticanti la bici (tra ciclisti della domenica, patiti del fuoristrada, ovvero della mountain bike, delle gran fondo, la moda del momento e delle gare amatoriali). Poi c’è il milione dei praticanti jogging e atletica; i 6.000 del triathlon, fra tesserati alle federazioni sportive e gli utenti fai-da-te, sempre più numerosi secondo la tendenza attuale.Le aziende produttrici di integratori (legali) dalle capacità taumaturgiche si sono moltiplicate negli ultimi anni. Basti pensare che la creatina, messa sotto accusa nel calcio, ha avuto un balzo di almeno il 15% sul mercato, dopo la denuncia di Zeman sugli abusi di farmaci nel pallone.

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Tutto spinge verso il consumo. L’effetto sulla prestazione, innanzitutto: "Non senti la fatica – racconta il solito cicloamatore – e nessuno ti controlla. Da noi non ci sono neppure i test antidoping". La facilità nel reperire i prodotti, poi. "Epo e Gh arrivano sul mercato clandestino principalmente dagli ospedali", spiegano i Nas, impegnati da tempo in una difficilissima battaglia. La circolazione rapida del know-how: "Ora tutti anche il gregario più ignorante, sa come fare e cosa fare: dosi, antidoti, procedure per ingannare gli eventuali test", dice Santoni, manager della Cantina Tollo, una delle formazioni priofessionistiche ha preso parte all’ultimo Giro d’Italia. Ma ci sono delle differenze. "Nell’atletica amatoriale – dice il dottor Fischetto, responsabile della Fidal, la federazione d’atletica, per i controlli antidoping – non abbiamo la sensazione che il fenomeno doping sia molto diffuso. Quest’anno solo tre casi di positività. Ma debbo dire che nelle grandi maratone controlliamo solo gli atleti di vertice". L’impressione è che il settore sia piuttosto lasciato a se stesso. I test sono pochi (una quarantina l’anno contro le migliaia di praticanti) e basati solo sull’urina, cui sfuggono tutte le sostanze più potenti e quelle che consentono di manipolare il sangue. Nel triathlon che è la quint’essenza delle specialità a base aerobica spesso non vengono effettuati neppure questi controlli. "Le tre gare di Coppa del mondo disputate in Italia – racconta Danilo Palmucci, ex campione italiano e sempre nel giro della nazionale azzurra – ad Anzio, Forte dei Marmi e Milano, non hanno avuto controlli. Questo vuol dire la possibilità che ci sia doping selvaggio per tutti dai livelli maggiori a quelli più bassi". Né i costi e le difficoltà di procurarsi certi prodotti possono costituire un freno. L’Epo non è difficile procurarsela attraverso canali clandestini (esce – come abbiamo visto - in gran parte dagli ospedali, dove è usata come farmaco salvavita per i dializzati) e ora anche prodotti d’avanguardia come l’emoglobina sintetica e il Pfc (perfluorocarburo), sostanze usate in rianimazione, che trasportano direttamente l’ossigeno, sono facili da reperire perfino su Internet. Sulla loro pericolosità basti osservare che alcune di esse non hanno ancora ricevuto il placet per uso terapeutico dalle autorità internazionali. Ma ci sono fabbriche clandestine (in Messico soprattutto) che sopperiscono alla bisogna. "Il target dell’atleta medio di triathlon – continua Palmucci – è quello del benestante. I soldi non sono un problema. Come si fa, altrimenti, a spendere 30 milioni l’anno per preparare un evento come il famoso Ironman delle Hawaii, il triathlon più famoso e conosciuto del mondo, per ricavarne magari solo 700 dollari di premio?".I dottori sono tanti. Il nostro lavora non lontano da Roma. Ma come lui nella penisola ce ne sono altri in Toscana, Veneto, Lombardia. Medici o paramedici. "Si sono equamente divisi il mercato, badando bene a non pestarsi i piedi", fanno sapere i Nas. Il loro studio è sempre affollato. Oltre a servire i malati di sport, spesso sono anche medici mutua. Qualcuno ha anche avuto qualche guaio con la giustizia sportiva, una squalifica, ad esempio. Ma questo, lungi dal procurargli problemi, gli ha portato più fama, quindi più clientela. Il tam-tam dei malati di sport è velocissimo e fortissimo. "Arrivare all’altro – racconta il cicloamatore pentito - (quello con la D maiuscola, indagato da tre procure d’Italia per "somministrazione di farmaci dannosi per la salute", n.d.r) - per un amatore è quasi impossibile. È come se un operaio volesse acquistare da Bulgari. Ma questi qui, sono come il Supermercato. Lavorano sulla quantità. Entri, chiedi, acquisti e te ne vai". di Eugenio Capodacqua, dal Venerdì di "La Repubblica" del 25 Giugno 1999

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GLI INTEGRATRORI NON SONO DOPINGL'intervista al Dott.Enrico Arcelli pubblicata dalla "Gazzetta dello Sport" di Venerdì 5 Luglio 2002, a firma di Claudio Ghisalberti.Gli integratori negli ultimi tempi sono stati spesso nell'occhio del ciclone. Nel calcio sono diventati famosi con la carnitina nel Mundial '82. C'è chi sostiene che facciano miracoli; qualcuno li associa al doping. Cerchiamo di fare chiarezza con Enrico Arcelli, dietologo e medico dello sport e Presidente dell'equipe Enervit.-Che cosa sono gli integratori?La legge italiana pone gli integratori sullo stesso piano degli alimenti; la maggior parte di quelli utilizzati dagli atleti sono dei "nutrienti" e servono per rifornire il nostro corpo di alcune sostanze quali acqua, micronutrienti (vitamine, minerali) e macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi).-A che cosa servono gli integratori?Possono costituire la via più agevole ed efficace per porre rimedio ad un problema o per prevenirne l'insorgenza.È però vero che intorno agli integratori c'è un po' di confusione, anche perchè l'offerta è vastissima...Ogni integratore ha le sue specifiche indicazioni e chi fa da sé è possibile che si sbagli: sarebbe meglio farsi seguire da un dietologo o da un medico sportivo......-Gli integratori migliorano le prestazioni?In assoluto no. Però bisogna chiarire una cosa. Ci sono delle persone che hanno delle carenze che in questo caso possono essere risolte con un conseguente miglioramento della prestazione...Ad esempio, un soggetto anemico, se assume del ferro migliora la resistenza, ma lo fa perchè guarisce dall'anemia.Qualcuno, per tirare contro la creatina, ha detto, che fa miracoli. Falso. Ma la creatina, in quantità corretta, serve ai vegetariani per migliorare il recupero...-Con i giovani praticanti come bisognerebbe comportarsi?Con buon senso. C'è da tenere presente che spesso essi mangiano poca frutta e poca verdura. Un'integrazione a base di minerali e di vitamine è quindi talvolta utile Bisogna anche tenere conto che frutta e verdura, a causa dei trattamenti a cui vengono sottoposte, sono sempre più povere di micronutrienti... -Ce ne sono alcuni inutili?La carnitina. È diventata famosa dopo Spagna '82, ma nel calcio non serve a niente. L'organismo ne produce a sufficienza e nel calcio si utilizza glicogeno, non grasso.La carnitina serve invece a trasportare calcio nei mitocondri (I mitocondri sono corpuscoli presenti in tutte le cellule dell'organismo e servono per il metabolismo aerobico delle cellule. Partecipano alla respirazione ed alla produzione d’energia. Aumentano di numero e di volume negli atleti che praticano sport aerobici, N.d.R.). -Gli integratori sono l'anticamera del doping?Nella stessa misura in cui una torta al cioccolato è l'anticamera dell'eroina...

Gli integratori funzionano?

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Copyright by THEA 2004 Moltissimi farmaci e integratori alimentari non funzionano, soprattutto quelli che dovrebbero risolvere piccole patologie o lievi carenze. Nonostante la martellante pubblicità, ormai chi crede ancora ciecamente nella potenza degli integratori (sia sportivi sia per la vita normale) è simile alla massaia che vent'anni fa credeva alla potenza del prodotto per lavare i pavimenti perché vedeva in televisione la sua collega che puliva senza fatica un pavimento sporcato ad hoc con un bel centimetro di polvere e schifezze varie. Il paradosso dell'aspirante campione - È abbastanza facile trovare a livello giovanile un atleta in grado a diciotto anni di correre i 1000 m in 2'40" senza che abbia mai fatto uso di integrazione alimentare o di supporti per il miglioramento della prestazione. A questo punto considerando tutti gli articoli trovati in letteratura, il ragazzo può ragionare così: con gli amminoacidi a catena ramificata guadagno 3", con la creatina 5", con l'inosina 1", con la carnitina 3", con il bicarbonato 2", con l'OKG o la glutammina 2", con il ginseng 2", con la pappa reale 1", con l'integrazione vitaminica corretta 3", con gli antiossidanti, i minerali e il coenzima Q10 4": in totale in un mese d'integrazione si guadagnano 26", cioè scendo a 2'14". Considerando i benefici dell'elettrostimolazione e del potenziamento muscolare, il cambio d'allenatore e di allenamenti (un allenatore nazionale deve pur valere di più rispetto al mio professore di scuola...), l'ultimo modello di scarpe chiodate ecc. guadagno ancora almeno 10". Crescendo e maturando dovrei guadagnare in un anno almeno 4": è ormai certo che l'anno prossimo correrò i mille in meno di due minuti, abbattendo di oltre dieci secondi il record del mondo! La cosa vale anche per tutti quegli integratori orientati a persone "normali": dalle vitamine che con dosi ridicole dovrebbero contrastare l'invecchiamento, al ginkgo che dovrebbe preservare la lucidità mentale (una recente ricerca lo considera poco più dell'acqua fresca), agli integratori per alzare il tono della vita (come se la depressione anche lieve fosse una robetta che si può curare con la pastiglia che si trova al supermercato) ecc. Perché prodotti che in teoria dovrebbero funzionare (per molti di loro ci sono studi scientifici che ne esaltano le qualità) in realtà non producono gli effetti sperati?   Vediamo gli errori (in malafede oppure no, dipende dai casi) più comuni.   Errore di quantità I risultati delle ricerche scientifiche vengono trasmessi solo qualitativamente; per uno scienziato prolungare la vita di un malato terminale di cancro in media di 15 gg. può essere un grande successo, per tutti noi non è che cambi granché. Con gli integratori il passaparola dal lavoro scientifico alla vita di tutti i giorni porta a dimenticare il risultato quantitativo e ciò che migliora (magari di pochissimo) diventa la panacea universale. Per cui chiedersi sempre: sì fa bene, ma quanto fa bene e che dose devo prenderne perché sia veramente efficace? L'errore di quantità è spesso utilizzato per promuovere integratori del tutto inutili perché in dosi bassissime. D'altro canto dosi accettabili costerebbero troppo o sarebbero ingestibili perché magari con effetti collaterali importanti. C'è chi prende integratori "naturali" a base di vitamina C per 50 mg al giorno, il contenuto di un'arancia, illudendosi di conquistarsi la salute perenne. Stessa situazione per molti integratori poco conosciuti, in cui le "dosi consigliate" sono comunque inutili.   Errore di saturazioneMolti prodotti funzionano tanto più quanto il campione esaminato è influenzabile dal prodotto stesso. Un forte bevitore di caffè probabilmente può berne una tazzina prima di andare a letto senza avere inconvenienti; una persona che non beve caffè probabilmente non dormirà o avrà grosse difficoltà ad addormentarsi. Il nostro corpo sa badare a se stesso e attua tutta una serie di meccanismi per cui una sostanza produce benefici fino a un certo punto, poi è necessario assumerne quantità sempre maggiori (effetto droga, come per il caffè, le amfetamine ecc.) oppure la quantità in eccesso viene eliminata senza nessun beneficio . Un esempio dell'effetto saturazione è la carnitina. In ragione di qualche grammo al giorno (anche 10) può essere utile ai cardiopatici, ma è stato ormai provato che in individui normali non migliora assolutamente la prestazione. Un piccolo aneddoto. Dopo aver provato vari prodotti commerciali e non aver avuto nessun miglioramento se non nei primi giorni d'assunzione, un consumatore di ginseng entra in un negozio con fama di serietà e professionalità e chiede al titolare quale sia il miglior ginseng sul mercato. Il negoziante preleva una boccetta da una scatola, la mostra al cliente e aggiunge di non prenderne più di due compresse al giorno perché è veramente forte. Il cliente prende in mano la boccetta, la apre, prende una manciata di compresse (una decina) e le inghiotte. Paga la boccetta e se ne va, lasciando esterrefatto il negoziante. L'indomani ritorna, aspetta che il negoziante abbia finito di servire un cliente e gli dice:"Per sua informazione non ho avuto alcun particolare beneficio né controindicazioni varie" e poi se ne va senza aggiungere altro. Certo non è consigliabile imitare un

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simile comportamento (verificato con i miei occhi!), ma è significativo il fatto che il negoziante credesse veramente che due capsule del suo prodotto dessero una forza e un vigore tali che tre fossero già controproducenti.    Errore di falso bisognoÈ figlio del precedente. Chi propone l'integratore riconosce l'errore di saturazione, ma insinua il dubbio: potresti essere carente della sostanza x, perché non prenderla? La risposta è semplice e duplice: in teoria si può essere carenti di tutto e la nostra vita dovrebbe scorrere trangugiando farmaci e integratori (con il nostro conto in banca che crolla); inoltre ogni sostanza ha effetti collaterali che possono essere lievi, ma a volte sono anche gravi o comunque spiacevoli se si eccede.  Errore di deduzione per ignoranza Un prodotto viene proposto con una motivazione che scientificamente non ha senso, ma sembra averlo per chi non sa come stanno le cose. Questo è ovviamente l'esempio più subdolo perché non ci si può salvare se non si è acculturati; un buon metodo è comunque quello di sentire anche la campana contraria (qualcuno che la pensa in modo contrario c'è sempre!) e poi decidere con la propria testa. Faccio solo due esempi: gli integratori salini e la creatina. Come è dimostrato da una serie impressionante di studi, il reintegro salino è essenziale in attività fisiche della durata superiore alle quattro ore. Considerando anche una sensibilità individuale alla disidratazione, si può comunque affermare che tutti gli integratori salini sono completamente ingiustificati per sforzi inferiori alle due ore; basta reidratarsi (la quantità dipende dallo sforzo e dalle condizioni atmosferiche) con acqua per non avere alcun problema. L'equivoco su cui gioca la pubblicità nasce dal fatto che alcuni problemi (crampi) sono erroneamente attribuiti alla disidratazione: se fosse vero perché calciatori perfettamente allenati sono colti da crampi nei supplementari di una partita in una serata primaverile? Sicuramente durante gli intervalli hanno avuto tutto il tempo di reidratarsi. Il secondo esempio riguarda la pubblicità di prodotti contenenti creatina anche per i non sportivi, con la motivazione che darebbe forza e vigore. Poiché la creatina è coinvolta nella produzione di energia solo per attività esplosive (salti, sprint ecc.) una persona anziana cosa se ne fa della creatina, forse per prendere l'autobus al volo dopo averlo inseguito per una cinquantina di metri? Si noti in questo caso come il "dare energia" sia stato generalizzato da situazioni tutto sommato occasionali per chi non fa sport a situazioni che sembrano quotidiane.

PERICOLO INTEGRATORI

Si riportano i risultati, a dir poco allarmanti, emersi da studi eseguiti per verificare gli effetti di alcuni integratori (o sostanze presenti in essi) sull'uomo. È ovvio che si tratta di dati che devono essere confermati, ma la fonte è sicuramente attendibile ed è perciò auspicabile, quanto meno aumentare il livello di attenzione.Da: "Adverse Cardiovascular and Central Nervous System Events Associated with Dietary Suppelements Containing Ephedra Alkaloids" (C.A. Haller, N.I. Benowitz) e da "Phenylpropanolamine and the Risk of Hemorrhagic Stroke" (W.N. Kernan et al.).2000 Massachusetts Medical Society. Le sostanze elencate di seguito possono favorire le emorragie cerebrali, ma sono di facile reperibilità sul mercato (sono contenute in alcuni integratori alimentari sia di tipo sportivo che "per perdere peso"):1. EFEDRINA 2. PSEUDOEFEDRINA 3. NOREFEDRINA 4. NORPSEUDOEFEDRINA  possono essere anche chiamati:1. ALCALOIDI DELL’EFEDRINA 2. MA HUANG  Prodotti commerciali in cui sono presenti:1. ULTIMATE ORANGE (bevanda tonificante)2. RIPPED FORCE (bevanda tonificante)

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3. SHAPE-FAST PLUS (capsule per perdere peso)4. RIPPED FUEL (capsule per perdere peso) La FENILPROPANOLAMINA, altro prodotto pericoloso come quelli sopra menzionati, che si usa per sopprimere l’appetito, entra anche nella composizione di prodotti per il raffreddore di uso comune, come:1. BABYRINOLO 2. DENORAL 3. ZERINETTA 4. ZERINOL 5. DURAZINA 6. TEMPORINOLO 7. TRIAMINIC Nota bene: tutte queste sostanze fanno parte della lista delle Sostanze Doping per le attività sportive agonistiche. CON LA CREATINA SI RISCHIA IL CANCRO!

L’abuso dell’integratore può avere effetti devastanti sul fisico degli atleti. PARIGI - Il surplus di creatina, sostanza azotata consumata da alcuni atleti con l’obiettivo di accrescere la massa muscolare, presenta un "potenziale rischio cancerogeno". Questi i risultati di una ricerca dell’Agenzia Francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti (AFSSA).Considerata un complemento alimentare energetico, la creatina non figura sulla lista dei prodotti dopanti del Cio. In Italia e in altri paesi il suo consumo è lecito, in Francia è vietato e punito dalla legge sportiva.Nel rapporto si sottolinea che un apporto di creatina superiore a quello di un’alimentazione naturale di origine animale (pesce, manzo, maiale) è inutile, ha pochi effetti sulle performance atletiche e rappresenta "un rischio finora poco considerato, soprattutto a lungo termine".Il comitato di esperti consultato dall’AFSSA, ritiene inoltre che "i supplementi di creatina appaiono contrari alle regole, allo spirito e al significato dello sport" e suggerisce "una riflessione in vista di un'eventuale iscrizione della creatina sulla lista dei prodotti vietati".La richiesta fisiologica di creatina è di 3-4 grammi al giorno per gli sportivi durante la pratica intensa (per la popolazione in generale è di circa la metà). Questa quantità è già apportata dall’alimentazione e dalla "sintesi di origine endogena" e non è stata "appurata alcuna necessità di apporto nutritivo", né di carenze di creatina nell’uomo sano.Se viene raggiunto il risultato sognato da chi prende la creatina - al massimo un aumento del 10% della massa muscolare - ciò avviene, dice la ricerca, "a causa della ritenzione idrica e non di una sintesi proteica".Per quanto riguarda gli effetti dell’apporto dei complementi in creatina, l’AFSSA ha constatato che i miglioramenti riguardano "unicamente gli esercizi brevi e ripetuti, di alta intensità, per un massimo di 15 secondi". Nessun effetto è stato dimostrato sulla resistenza."I rischi della creatina - dicono gli scienziati francesi - in particolare di una elevata ingestione di questo prodotto, sono attualmente mal valutati. Ci risultano incidenti digestivi, muscolari e cardiovascolari. La creatina e la creatinina (sostanza derivata) potrebbero avere, a certe condizioni, effetti cancerogeni per la cui dimostrazione sono stati già portati argomenti sperimentali inoppugnabili".

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LA LOTTA AL DOPING

La lotta al doping è nata in Italia nel 1954. Nel 1961 fu aperto a Firenze il primo laboratorio europeo di analisi anti-doping. Dal 1964 (Olimpiadi di Tokyo) si iniziò ad effettuare sistematici controlli anti-doping sugli atleti. Dal 1971 esiste in Italia una legge che punisce sia chi fa uso di sostanze proibite, sia chi le distribuisce agli atleti. Nel 1971 il Comitato Olimpico Internazionale ha pubblicato una lista di sostanze proibite che viene periodicamente aggiornata.Il CONI ha creato una serie di commissioni ed organismi che danno l’idea esterna di un grande impegno contro il doping, è stato creato un ufficio Procura Antidoping con avvocati e tossicologi per cercare di arginare l’espandersi del fenomeno doping. Sarebbe auspicabile investire risorse alla Scuola dello Sport struttura scientifica del CONI in grado forse di combattere veramente il problema. Il doping possiamo considerarlo un segnale di incultura sportiva, un deficit di educazione sportiva, anche per i limiti che la scuola ha avuto al riguardo, dovrebbe far crescere nei ragazzi la consapevolezza di quanto sia importante per la propria salute adottare uno stile di vita attiva, ma allo stesso tempo insegnare si a vincere, ma anche ad accettare, senza drammi, di non essere un campione.Attualmente la medicina la chimica e la farmacologia permettono la creazione di prodotti sempre più sofisticati, specifici e difficili da trovare. I controlli antidoping, spesso non sono in grado di rilevare le sostanze dopanti anche grazie ad appositi "coprenti".

LOTTA AL DOPING: TANTO FUMO PER FINIRE IN NIENTE. PAGANO SOLO I FESSIDoping sempre all’ordine del giorno, con le vie di sbocco che si presentano come sempre più improbabili se non addirittura impossibili. Questa volta in due processi: quello del caso Conconi, che il GUP di Ferrara ha rimandato al mittente, e quello di Pantani, iniziato nell’aula del Tribunale di Tione (TN) con l’escussione dei primi testi e rinviato al 23 maggio per la prossima udienza.  Due farse all’italiana, seppure in toni diversi. Non si riesce a venire a capo di niente.  A Tione sembra di essere in presenza delle tre famose scimmiette che non vedono, non sentono e non  parlano.  L’accusa del PM Giardina contro Pantani è di “atti fraudolenti finalizzati al raggiungimento di un  risultato diverso da quello connesso allo svolgimento corretto delle competizioni sportive”, cioè di essersi dopato per  vincere. I primi tre testi, gli ex gregari Siboni, Fincato e Ortenzi, che hanno corso al suo fianco per quattro anni, hanno negato di essere a conoscenza di un eventuale uso di sostanze o farmaci proibiti. Anzi, nessuno di loro conosceva le metodologie di allenamento, l’uso di integratori, l’alimentazione e neppure sapeva se il “Pirata” disponesse di un  proprio preparatore atletico. Ortenzi ha addirittura detto che non gli rivolgeva la parole perché aveva soggezione di Pantani. Siamo all’assurdo, non è neppure il caso di parlare di reticenza ma di omertà vera e propria.A Ferrara il giudice dell’udienza preliminare Silvia Migliori, rimettendo gli atti al PM Nicola Proto perché riformuli il capo di imputazione, ha praticamente affossato il procedimento che, tornando alla fase preliminare con un  solo capo di accusa su sette, quello della frode sportiva, appare destinato a finire in prescrizione. In un

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colpo solo vengono annullati tre anni di indagini; considerati i tempi della giustizia, c’è da scommettere che sulla vicenda calerà, con il silenzio, una specie di pietra tombale che impedirà di far luce su quello che, nella sostanza, è stato un vero e proprio “doping” di Stato” che ha operato in Italia dagli anni ’80 in poi fin quasi ai nostri giorni portando medaglie e vittorie a palate allo sport nostrano di cui ci si fa vanto ancora oggi pur sapendo come sono state conseguite.Il numero e il nome dei campioni coinvolti  dal trattamento a base di EPO è significativo al riguardo. Dei 63 compresi nel primo elenco stilato il 27 ottobre 2000 dal PM Soprani nella richiesta a giudizio del prof. Conconi e di altri 7 imputati, ne sono rimasti una trentina: il marciatore Maurizio Damilano e la maratoneta Emma Scaunich, i fondisti Marco Albarello, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Gianfranco Polvara, Giorgio Vanzetta e Manuela Di Centa, e un  folto gruppo di ciclisti. Due squadre quasi al completo: Carrera (Ghirotto, Roscioli, Sorensen, Roche, Chiappucci, Chiesa, Pantani, Pulnikov, Checchin, Siboni, Zaina), e Gewiss (Berzin, Bobrik, Cenghialta, Frattini, Furlan, Gotti, Minali, Santaromita, Ugrumov, Volpi) ai quali si aggiungono Bugno, Bontempi, Della Bianca e Fondriest. Alcuni di costoro sono rimasti nei ranghi nel ruolo di direttori sportivi: chissà cosa insegneranno ai loro corridori ….. Il meglio degli sport di resistenza, insomma, che hanno riportato risultati strabilianti grazie alla “pianificazione” dei valori di emoglobina e di ematocrito che per i fondisti toccavano il massimo d’inverno, in occasione dei Mondiali o delle Olimpiadi, mentre per i ciclisti c’era la differenziazione fra coloro che puntavano alle classiche o alle corse di un  giorno come il Mondiale, e  quelli che miravano invece alle corse a tappe di giugno e luglio.Variazioni contenute fra il 21 e 38 per cento per quanto riguarda i fondisti, che salgono però al 70% nel caso di Chiappucci, 54,6  per Bontempi, 51,1 Ugrumov, 42,5 Pantani, 58,9 Frattini, 40 Gotti, 33,8 Fondriest. Dati sotto un certo aspetto terrificanti, che spiegano certi risultati sbalorditivi che hanno entusiasmato per il modo in cui sono stati conseguiti, determinato da questo “aiutino” illecito. Una pratica istituzionalizzata, che ha preso l’avvio da lontano, dall’emotrasfusione avviata dai tedeschi dell’Est e dai finlandesi   e applicata da noi dall’atletica leggera della seconda metà degli anni ’70 e che si è poi diffusa e con successo in tanti altri sport. Non era ancora considerata una pratica da proibire. Al fondo è sbarcata nel 1982, in occasione dei Mondiali di Oslo ed è continuata anche dopo la messa al bando con la legge Degan del 1985, sostituita negli anni ’90 con la famigerata EPO. Siamo dei perfezionisti: arriviamo magari in ritardo, ma poi recuperiamo il tempo perduto e ci portiamo all’avanguardia.L’inchiesta, iniziata il 21 maggio 1996 con il blitz della Finanza al rientro in  Italia del Giro partito da Atene senza che le perquisizioni della Finanza portassero a risultati poiché le case ciclistiche erano state preavvertite, ha sollevato il coperchio di un calderone nel quale, oltre all’Università di Ferrara, erano coinvolti il CONI   che con i presidenti Carraro, Gattai e Pescante stipulò specifiche convenzioni, dirottando verso Ferrara   660 milioni delle vecchie lire, e diverse federazioni che proprio in quegli anni effettuarono un inaspettato salto di qualità. Una connivenza generale, di cui CONI e federazioni hanno raccolto i frutti , ma della quale alla fine si sono trovati a rispondere davanti alla giustizia solo il prof. Conconi  e i suoi assistenti Grazzi e Casoni. Tutti gli altri prosciolti in istruttoria, mentre il dott. Ferrari, “preparatore” di tantissimi ciclisti, ultimo in ordine di tempo Amstrong, ha in corso un processo a Bologna. Contro Conconi c'erano capi di imputazione sicuramente esagerati dal punto di vista della formulazione (associazione a delinquere, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute, peculato, falso in atti pubblici, esercizio abusivo della professione, abuso d’ufficio), ma sono caduti nel frattempo perché prosciolti; è rimasto solo quello di truffa sportiva che, come detto, è il male minore e finirà per andare in prescrizione. In parole povere, non si raccoglierà nulla dal polverone suscitato per il semplice fatto che gli sforzi della magistratura inquirente, troppo spesso spettacolare e inconcludente, sono stati in gran parte vanificati da quella giudicante. Tempo e denaro sprecati, di cui qualcuno dovrebbe rispondere, a cominciare dai governi che si sono succeduti in  questi anni, che si sono ben guardati dall’adeguare le leggi già esistenti alle nuove necessità. Anzi, ad esclusivo beneficio di quei pochi che in tempi non lontani si servivano dei politici ma adesso gestiscono la politica in proprio, hanno addirittura depenalizzato ogni sorta di reato che li potesse portare nelle patrie galere.  Sono i portatori dei nuovi valori che hanno finalmente messo le mani anche sullo sport, riuscendovi laddove persino il fascismo aveva fallito. La legalizzazione del falso in bilancio del calcio è sintomatica a questo proposito e la giustizia sportiva si è immediatamente adeguata alla nuova aria che tira. O non esiste oppure prende posizione a favore dei padroni del vapore; ad andarci di mezzo è solo qualche scartina senza padrini. Alla fine l’unico a rimetterci, ma più che altro dal punto di vista dell’immagine, sarà solo il prof. Conconi, che nel frattempo è diventato rettore dell’università di Ferrara, mentre chi l’ha posto  nella condizione di operare,

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finanziando la sua attività, si è già coperto le spalle. O si è defilato da anni (l’avv. Gattai) o resta tuttora in sella nel mondo dello sport (Carraro, presidente della Federcalcio) o è addirittura diventato vice ministro con delega allo sport (Pescante). Quest’ultimo, va sottolineato, si tenne nel cassetto per due anni  il “dossier EPO” che nel 1994 gli consegnò Sandro Donati, segretario della commissione antidoping e si dimise dal CONI solamente quando scoppiò il caso del laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa a Roma che avrebbe dovuto fare le analisi e non le faceva o le insabbiava. Fu il solo a dimettersi,  restando emarginato per qualche anno, ma per tornare prepotentemente a galla con la politica. E adesso pontifica e guadagna sempre nuove e prestigiose ribalte.  Se si dovesse arrivare ad una sentenza il prof. Conconi pagherà per tutti, ma abbiamo comunque grossi dubbi considerati gli appoggi di cui può sempre godere a livello politico, economico, imprenditoriale e sportivo lo “stregone” di Ferrara che ha usato la chimica come scorciatoia per ottenere risultati a colpo sicuro che hanno portato gloria allo sport nostrano. Una malintesa applicazione della scienza. Una causa che poteva essere considerata nobile, ma che ha affrontato con mezzi che sicuramente nobili non sono e che fanno a pugni con la deontologia. A suo credito c’è da dire che non lo ha fatto per guadagno, come è stato invece il caso del suo ex assistente Ferrari. Gli stanziamenti del CONI e delle federazioni non sono certamente finiti nelle sue tasche ma sono stati investiti nell’università della quale era allora vice rettore per diventarne in seguito il numero 1. Lo conosco da troppi anni per dubitarne, dai tempi del liceo quando già nutriva l’ambizione di puntare al Nobel. Agli sport di resistenza ha dato un apporto fondamentale con quel test della soglia anaerobica che porta il suo nome, primo passo di quella strada che si sarebbe dovuta seguire nella programmazione della preparazione. Purtroppo ha svicolato come tanti, all’estero ma anche in  Italia, hanno fatto prima e dopo di lui. Al punto che ora, di fronte ad ogni risultato, uno si chiede immancabilmente come è stato ottenuto. Ha dunque minato la credibilità dello sport, ed è questa la cosa più grave.

Codice antidoping, qualcosa si muove La Wada, nonostante le resistenze di Stati Uniti e diverse federazioni, spera di poter introdurre i nuovi regolamenti da Torino 2006.dal nostro inviato Maurizio Galdi  COPENAGHEN, 3 marzo 2003 - Non bastano le tensioni per stoppare il cammino del nuovo codice mondiale antidoping. Lunedì si è inaugurata a Copenaghen la riunione della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, che dovrà vararlo. Molti i distinguo delle Federazioni che annoverano tra i loro tesserati molti professionisti (ciclismo, calcio, tennis, baseball), ma anche degli Stati Uniti che fanno resistenza soprattutto per le pressioni da parte delle leghe professionistiche.Ora si tratta di lavorare di diplomazia, ci sta provando Mario Pescante, presidente dei comitati olimpici europei e sottosegretario del governo italiano con delega allo sport. Pescante è fiducioso: "Siamo a buon punto, l’80 per cento dei votanti è a favore del nuovo codice". Preoccupa quel 20 per cento? Non tanto, ma porterà a fare slittare l’adozione almeno fino a Torino 2006 o addirittura di Pechino 2008; in realtà il Cio sperava di averlo operativo già da Atene 2004. Intanto, però, i primi passi si stanno compiendo. Cambia la filosofia della lotta al doping. Negli sport di squadra non sarà solo il singolo atleta a pagare con la squalifica, ma si arriverà a punire l’intero team se ci saranno altri positivi dopo un controllo di squadra. Le pene saranno più dure, si va verso la famosa armonizzazione: ora chi si dopa rischierà due anni di squalifica e, in caso di recidività, anche la squalifica a vita. Sono proprio le pene severe, ma anche la posizione degli Stati Uniti, che frenano molte federazioni dall’approvare immediatamente il nuovo codice. Rogge, il presidente del Cio, è però stato categorico: "Il codice va approvato perché il doping attacca la nostra gioventù".

Codice antidoping, i dissidenti alle strette La Wada insiste per le nuove regole, le federazioni di calcio e ciclismo nicchiano ma ammettono la validità del progetto.dal nostro inviato Maurizio Galdi COPENAGHEN, 4 marzo 2003 - È stato il giorno degli atti di fede. Nello sport naturalmente. Hanno cominciato i rappresentanti dei governi, hanno proseguito gli atleti, hanno concluso le organizzazioni sportive. Nessuno che abbia pensato di pronunciarsi contro l’adozione del Codice mondiale antidoping. L’opera di convincimento va avanti. Si cercano i punti di contatto, si evitano le diversità. Meglio non parlarne. Neanche il rappresentante della Fifa vuole alzare un polverone. Certo ci sono problemi, certo le punizioni sembrano eccessive "ma il codice è valido", è alla fine la conclusione.

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Nascerà un gruppo di lavoro fino ad Atene 2004 per i casi di doping nel calcio. Anche l’Uci si è mossa: "Non chiediamo un gruppo di lavoro, ma firmeremo ad Atene quando il codice avrà subito le logiche modifiche", dice il responsabile legale Philippe Verbriest. E fin dove si è spinta la capacità di mediare. Fino a ridurre la pena massima di due anni fino a sei mesi quando non sia grave la violazione del codice. Gli atleti volevano di più. Susie O’Neill, nuotatrice australiana, addirittura pensa al quadrato: "Io avrei voluto almeno quattro anni di squalifica per doping. È sempre un fatto grave", ma nel nuoto il professionismo conta ancora troppo poco. I professionisti sorridono. Calcio e ciclismo possono trarre un sospiro di sollievo. Hein Verbuggen, potente presidente internazionale della pedalata, si tiene lontano, ma lascia trapelare il suo scetticismo per le dichiarazioni del presidente del Cio Rogge. Avrebbo commentato con i suoi più stretti collaboratrori: "Dice che chi non firma non avrà le Olimpiadi, vedremo cosa farà nel 2005 con gli Stati Uniti che vogliono i Giochi del 2012 per New York". E mercoledì si deve arrivare alla firma del protocollo d’intesa. Le organizzazioni governative europee avranno un incontro ufficiale in mattinata per preparare un documento congiunto. Gli altri, alla spicciolata firmeranno. Pound tirerà un sospiro di sollievo: anche la conferenza di Copenaghen è andata. Il codice c’è, ora si può anche lavorare per modificarlo.

La Wada insiste per le nuove regole, le federazioni di calcio e ciclismo nicchiano ma ammettono la validità del progetto.dal nostro inviato Maurizio Galdi COPENAGHEN, 4 marzo 2003 - È stato il giorno degli atti di fede. Nello sport naturalmente. Hanno cominciato i rappresentanti dei governi, hanno proseguito gli atleti, hanno concluso le organizzazioni sportive. Nessuno che abbia pensato di pronunciarsi contro l’adozione del Codice mondiale antidoping. L’opera di convincimento va avanti. Si cercano i punti di contatto, si evitano le diversità. Meglio non parlarne. Neanche il rappresentante della Fifa vuole alzare un polverone. Certo ci sono problemi, certo le punizioni sembrano eccessive "ma il codice è valido", è alla fine la conclusione.Nascerà un gruppo di lavoro fino ad Atene 2004 per i casi di doping nel calcio. Anche l’Uci si è mossa: "Non chiediamo un gruppo di lavoro, ma firmeremo ad Atene quando il codice avrà subito le logiche modifiche", dice il responsabile legale Philippe Verbriest. E fin dove si è spinta la capacità di mediare. Fino a ridurre la pena massima di due anni fino a sei mesi quando non sia grave la violazione del codice. Gli atleti volevano di più. Susie O’Neill, nuotatrice australiana, addirittura pensa al quadrato: "Io avrei voluto almeno quattro anni di squalifica per doping. È sempre un fatto grave", ma nel nuoto il professionismo conta ancora troppo poco. I professionisti sorridono. Calcio e ciclismo possono trarre un sospiro di sollievo. Hein Verbuggen, potente presidente internazionale della pedalata, si tiene lontano, ma lascia trapelare il suo scetticismo per le dichiarazioni del presidente del Cio Rogge. Avrebbo commentato con i suoi più stretti collaboratrori: "Dice che chi non firma non avrà le Olimpiadi, vedremo cosa farà nel 2005 con gli Stati Uniti che vogliono i Giochi del 2012 per New York". E mercoledì si deve arrivare alla firma del protocollo d’intesa. Le organizzazioni governative europee avranno un incontro ufficiale in mattinata per preparare un documento congiunto. Gli altri, alla spicciolata firmeranno. Pound tirerà un sospiro di sollievo: anche la conferenza di Copenaghen è andata. Il codice c’è, ora si può anche lavorare per modificarlo.

Le immagini sono state girate dalla Guardia di finanzaCi sarebbe anche un ex vincitore del Giro d'ItaliaIn un video choc i ciclisti si dopanoIl filmato trasmesso dal Tg2 delle 13La Federciclismo: "Sbagliato trasmetterle"ROMA - Scena prima: un uomo seminudo che prepara una siringa e poi esce dal bagno pulendosi, dopo aver praticato l'inframuscolare e aver gettato la siringa. Scena seconda: un terzo uomo "un ex vincitore del Giro" in compagnia di altri due, consiglia e consegna al compagno una sostanza "per andare bene in salita". Scena terza: quello ringrazia, e in veneto dice, "ne sai una più del diavolo". Dopo i sussurri, le accuse, gli arresti, ecco un video che getta nuove ombre sul mondo del ciclismo, già duramente colpito da sospetti e condanne e da mesi al centro della bufera.Sono immagini choc quelle mandate in onda dal Tg2 nell'edizione di oggi delle 13. Immagini effettuate dalla Guardia di Finanza di Padova con telecamere piazzate nelle camere d'albergo. Ciò che si vede lascia pochi spazi

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al dubbio: si vedono alcuni ciclisti colti mentre si iniettano sostanze dopanti o si apprestano a farlo. I volti non sono distinguibili, ma il contenuto delle riprese è chiaro. Si vede il passaggio della siringa, i due atleti che si iniettano il contenuto.Secondo il servizio, si tratta di intercettazioni effettuate durante il Giro d'Italia del 2001, e poi sfociate nel blitz di Sanremo effettuato sia dalla Guardia di Finanza per conto della procura di Padova, sia dai Carabinieri del Nas per conto di quella di Firenze. Un'indagine che si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di 51 persone: ciclisti, medici, direttori sportivi, tecnici e praparatori. Per tutti il reato è di frode sportiva e di violazione delle norme antidoping.Critica la reazione del presidente della Federciclismo Giancarlo Ceruti: "Non credo all'utilità della trasmissone delle immagini: questo è materiale costruito per le indagini, per permettere alla Procura di far rispettare la legge. Non si affronta in modo costruttivo il problema facendolo vedere in tv".

UN PASSO STORICO: I GOVERNI UNITI NELLA LOTTA CONTRO IL DOPING, MA LA STRADA È ANCORA LUNGA...

Marzo 2003 - "Quello che abbiamo dietro è il medioevo della lotta al doping; quello che viviamo è un nuovo rinascimento, ed ora ci accingiamo ad entrare finalmente nell’era moderna". Trasuda orgoglio e soddisfazione il bilancio finale della conferenza mondiale sul doping nello sport, di Jacques Rogge, il presidente del Cio, il comitato olimpico internazionale. E, in effetti, la tre giorni mondiale di Copenhagen ha portato ad un grosso risultato. Politico, prima che sportivo. I governi si sono resi finalmente conto dell’importanza del problema doping nello sport e nella società ed hanno deciso di cooperare per lottare insieme. Approvano, dunque, il codice unico che prevede regole e sanzioni uguali per tutti. Cercheranno di uniformare le proprie leggi nella direzione da questo indicata. Coopereranno per una convenzione internazionale comune. Per ora in coda alla risoluzione finale che prevede un forte impegno c’è la firma di 50 paesi; quelli "sportivamente" più importanti ci sono tutti, Italia fra i primi. Altri 23 firmeranno a breve. Ma la porta è aperta fino a Torino 2006: si conta – un po’ ottimisticamente - di arrivare a 150 nazioni. In ogni caso, il dado è tratto. Indietro non si torna. E questo è un buon passo in avanti. Piccolo, ma storico e importantissimo. Ora spetterà alle organizzazioni sportive, alle federazioni internazionali dare il proprio assenso. Promettono di sottoscrivere tutti, compresa la Fifa, la potente federazione del calcio internazionale, dopo che la commissione speciale, concordata in questi giorni con l’Ama, avrà messo a punto il meccanismo del minimo della pena, fissato a 2 anni per tutti gli sport, ma che in casi eccezionali (che saranno specificati proprio da questa commissione) potrà essere anche inferiore. Il codice, infatti, non è un "assoluto", ma, come lo ha definito Dick Pound, il dinamico presidente dell’Ama che lo ha fortemente voluto, "una creatura che può e deve evolversi e crescere". Atleti e organizzazioni sportive che non lo accetteranno, comunque, saranno fuori dal movimento olimpico: niente Giochi. L’accordo per le componenti sportive dovrà avvenire prima di Atene 2004. L’applicazione effettiva del codice nel 2006. Passo storico, dunque, anche se qualche motivo per riflettere resta ancora. Uno su tutti: la tanto sbandierata ricerca di una uguaglianza  e di un'armonizzazione delle regole e delle pene nel consesso olimpico - tutti gli atleti uguali di fronte alla "legge" - resta al momento un obbiettivo da raggiungere nella sua totalità. Le eccezioni - poche ma clamorose - prodotte dal semplice "invito" e non dall'obbligo di aderire al nuovo codice per le grande organizzazioni professionistiche di Usa e Canada (baseball, football, hochey ghiaccio, principalmente) rischiano di creare più di qualche problema. In buona sostanza un giocatore di baseball può anche rifiutarsi di sottoporsi alla "routine" dei controlli della Wada per tutto il quadriennio olimpico, magari mettendosi a disposizione solo in vicinanza dell'impegno agonistico. "Chi glielo va a dire ad Armstrong che lui è diverso dai suoi connazionali di football e baseball?", fanno sapere - non senza un pizzico ci ragione dall'Uci, la federazione ciclistica internazionale. La scappatoia c'è già ed è rappresentata dai quei "casi eccezionali" di doping non intenzionale di cui una speciale commissione cui prenderà parte anche la Fifa, definirà a breve la casistica dettagliata. Insomma quello che avrebbe dovuto essere un punto di arrivo, sarà invece un punto di partenza. Ma il passo compiuto è comunque importantissimo. Se sarà davvero l'inizio di una nuova era lo dovranno dimostrare adesso tutti i dirigenti sportivi. I governi la loro piena adesione l'hanno data e questo cambierà certamente gli equilibri in campo, dando alla Wada, la cui caratura sopranazionale dovrebbe passare attraverso il riconoscimento ufficiale dell'Unesco (il che semplificherebbe molto i rapporti con gli Stati) un grande potere. Il meccanismo di controllo del doping si sposta sempre più al di fuori del mondo dello sport, come era auspicabile. Al Cio resteranno - se vorrà - solo le Olimpiadi. Alle federazioni internazionali e nazionali i test che vorranno. Ma su tutto vigilerà la Wada, che avrà il massimo potere. Forse a qualcuno dei vecchi dirigenti sportivi la cosa non piacerà del tutto. E

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forse per questo già circolano voci di un tentativo di formare una sorta di "dependance" europea della Wada;  la tesi è: il vero antidoping si fa in Europa . Ma certe manovre del passato risultano più difficili adesso che si sta diffondendo a livello governativo una coscienza più dettagliata e precisa di cosa significhi il doping nello sport, nella società e fra i giovani. E comunque chi non ci sta dovrà venire allo scoperto; dire no. E allora si capirà chi è davvero contro il doping e invece chi fa solo finta di imbastire una lotta cui in realtà tiene pochissimo. In ogni caso, adesso Rogge promette severità: niente sconti a chi non aderisce, saranno fuori dai Giochi. Ma l'ipotesi, ad esempio che possa essere lasciato a casa - ad esempio - il "Dream team" di basket, quando all'epoca l'ex presidente Samaranch avrebbe fatto carte false pur di averlo ai Giochi, visto che trascinava un'ingente fetta di diritti tv, appare davvero esile. Si troverà un compromesso, molto probabilmente. Le cose da fare sono ancora tantissime perché gli atleti non siano più "laboratori chimici ambulanti", come ha detto Pound. A cominciare dalla messa a punto degli standard dei laboratori (cancellata ieri una sostanza vietata: la sinefrina; ciò che rende già obsoleta la lista varata dopo due anni di faticose discussioni dalla CVD, la commissione di vigilanza sul doping della legge 376/2000…). Per finire all’accelerazione della ricerca: il doping genetico batte alle porte e siamo ancora alla dichiarazione di intenti. Pound ha perfino accennato alla possibilità non del tutto irreale di creare una rete di "infiltrati" per conoscere e scardinare dall’interno un meccanismo che è lo stesso o quasi della mafia o della delinquenza comune. E, in effetti, a questo tema sta pensando anche il sottosegretario Pescante con una proposta di modifica della legge antidoping che preveda la possibilità dell’acquisto simulato e limiti inferiori di possesso di sostanze vietate per fare scattare lo spaccio. Più forza a chi indaga, insomma. Iniziativa non disprezzabile. Peccato, però, che l’Italia in questo quadro felice, figuri penosamente in debito. Il nostro beneamato governo non ha versato la sua quota (circa 505 mila euro) per il funzionamento dell’Ama. Come alcune nazioni del terzo mondo. Hanno pagato gli Usa, che questo nuovo codice hanno digerito a fatica per il peso della loro componente professionistica: football e baseball sono semplicemente "invitati" ad aderire (ma – ripete fermo Rogge - chi non accetterà il Codice non farà i Giochi); ha dato il suo contributo (volontario) il Vaticano che non ha atleti se non nello spirito. L’Italia resta in "sur place". Una brutta figura che Tremonti &C potevano risparmiarci.

DOPING: I MEDICI AMMETTONO "ANCHE NOI MEDICI ABBIAMO DELLE COLPE".  "Negli ultimi anni, nel nostro paese, il ricorso agli integratori nello sport ha registrato un vero e proprio boom. Lo sport è vittima di un atteggiamento sbagliato che accomuna sportivi, adulti e giovani ma anche noi medici".È quanto ha dichiarato Francesco Tancredi, componente della Commissione nazionale antidoping e Presidente della Società Italiana Pediatria, durante il primo Congresso dell'Associazione Medico Sportiva svoltosi nei giorni scorsi a Napoli sulla crescente utlilizzazione di sostanze dopanti tra i giovani. Secondo l'Ams, infatti, l'utilizzo di sostanze e di medicinali biologicamente attivi in assenza di indicazioni terapeutich e per ottenere vantaggi nelle prestazioni sportive, il "doping", è in piena diffusione, soprattutto tra gli sadolescenti in età compresa tra i 16 e i 18 anni. Tuttavia, da alcune indagini effettuate dal Ministero della Sanità, risultano interessate da questo fenomeno anche la fascia di età compresa tra gli 8 e i 14 anni e la maggior parte degli sportivi dilettanti."Per procurarsi farmaci come gli anabolizzanti e gli integratori ormonali - ha spiegato Francesco Tancredi - gli sportivi hanno bisogno di una prescrizione medica spesso ottenuta facilmente: ma chi è il responsabile della prescrizione? E soprattutto, chi controlla l'uso e l'abuso di farmaci da parte degli atleti?La risposta è semplice - ha concluso Tancredi - : noi medici dovremmo fare autocritica e tenere sempre viva l'idea che non si è medici se non si fa prevenzione". (Tratto da "L'Eco di Bergamo", domenica 1/12/2002).N.d.R.:Finalmente anche i medici aprono gli occhi sul problema "doping" ed ammettono anche, in qualche modo, le loro responsabilità. Sarebbe tuttavia importantissimo che la presa di posizione del medico intervistato non rimanesse una semplice "vox clamantis in deserto", ma fosse condivisa da tutti, in modo da offrire dei modelli da seguire sul piano della prevenzione, della sensibilizzazione e dell'educazione ad una vita sana e salutare, ma soprattutto porre dei "paletti" saldi e concreti.

Commissione Medica Federale IL RUOLO DEL MEDICO DELLO SPORT PER UNA CORRETTA PRATICA SPORTIVA

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l’importanza di una figura di riferimento in ambito sanitario e quindi del medico dello sport all’interno di ogni ASAIl Medico Specialista in Medicina dello Sport, riveste non il ruolo generico di medico che opera in un ambiente sportivo, ma di specialista dell’ “entità atleta” (intendendo con tale termine chiunque pratichi esercizio fisico, prescindendo dal livello prestativo e dalle ambizioni agonistiche) che in termini fisici, fisiologici, nutrizionali e spesso anche clinici, proprio in relazione alla specifica attività, non può essere assolutamente equiparato all’individuo sano sedentario: così come un bambino non può essere considerato da un punto di vista medico e fisiologico come un “adulto in miniatura”, ma un essere con caratteristiche assolutamente peculiari che deve essere assistito, controllato e curato da uno specialista (in questo caso il Pediatra) il praticante attività fisica, nella stessa ottica, non può certo essere equiparato all’individuo sedentario. È inoltre fondamentale che un atleta sia a conoscenza del proprio stato clinico, delle sue caratteristiche funzionali e delle sue qualità fisiche, e del differente impegno dei sistemi (cardiocircolatorio, muscoloscheletrico, metabolico) dell’organismo determinato dall’attività stessa. In che modo il medico dello sport, e la sua presenza all’interno di un ASA (in qualità di “medico sociale”), può aiutare l’atleta a raggiungere i propri obiettivi? Il primo passo è costituito da una approfondita visita medica con gli opportuni accertamenti strumentali che verifichi non solo l’assenza di controindicazioni alla pratica di attività sportiva agonistica specifica o non agonistica (così come richiesto dalla Legge sulla tutela sanitaria delle attività sportive) ma anche il livello di forma fisica attuale del soggetto, la sua postura, il suo stato nutrizionale e le ambizioni agonistiche o meno dello stesso. Il ruolo del medico nella assistenza di atleti agonisti si svolge in stretto contatto di collaborazione con l’allenatore (e nel caso di atleti di elite di un intero staff di professionisti che può comprendere il fisioterapista, il metodologo dell’allenamento, lo psicologo, ecc.) e punta attraverso il controllo e la valutazione di tutti i vari parametri fisici, fisiologici e nutrizionali ad ottimizzare i risultati dell’allenamento programmato dal tecnico. Disciplina di fondamentale importanza, in quest’ambito, è la “Valutazione Funzionale”, una branca della Medicina dello Sport che attraverso i test (cioè prove standardizzate) permette inizialmente di conoscere le caratteristiche di base dell’atleta, il che consente all’allenatore di elaborare un programma di allenamento individualizzato, e successivamente, attraverso i test di controllo, di verificare e valutare l’entità dei miglioramenti ottenuti e sulla base di questi di modulare il carico di allenamento. Il coniugare sempre miglioramento della prestazione stato di salute e benessere, a prescindere dal livello dell’atleta, ci conduce poi al ruolo più strettamente clinico del medico dello sport sia in termini preventivi, che terapeutici. È bene considerare che oltre alle patologie comuni a qualsiasi individuo, la cui gestione è bagaglio professionale di ogni medico, gli sportivi possono andare soggetti a peculiari eventi patologici che possono per certi versi essere considerate delle vere e proprie “malattie professionali”. Il riconoscimento, il trattamento, ma, prima di tutto, la prevenzione  di tali malattie presuppone una specifica conoscenza non soltanto dell’atleta, ma anche delle singole discipline in termini di gesto tecnico, tipo di impegno muscolo-tendineo e metabolico, consumo calorico e dispendio energetico, caratteristiche delle competizioni, del mezzo tecnico, del terreno di gioco. Qualora poi, nonostante le misure preventive messe in atto, l’atleta dovesse andare incontro ad un infortunio, l’intervento terapeutico sia immediato, sul campo, sia differito nel tempo come trattamento deve essere indirizzato al rispetto delle peculiari caratteristiche ed esigenze dello stesso. La specifica conoscenza delle singole discipline sportive, delle più frequenti emergenze cliniche e dei più comuni meccanismi ed eventi traumatici delle stesse garantisce in molti casi una diagnosi tempestiva e precisa, e di conseguenza un trattamento immediato di pronto intervento efficace. Nel caso poi di trattamento successivo all’evento acuto, di affezioni di tipo traumatico muscolare (contratture, stiramenti, strappi), croniche (es.tendiniti), o ,di patologie di altra natura la terapia deve rispondere ad alcuni criteri imprescindibili: -     essere il più mirata e meno invasiva possibile; -     nel caso di atleti agonisti comprendere farmaci che non contengano componenti inseriti tra le sostanze doping  (molti farmaci di uso comune come antinfluenzali, prodotti contro le malattie da raffreddamento, antibiotici addizionati ad anestetici locali, antinfiammatori contenenti caffeina, antiasmatici sono vietati o necessitano di specifica certificazione); -     se necessario, deve essere seguita da una riabilitazione specifica che garantisca in tempi rapidi il recupero, non solo clinico ma anche della migliore condizione atletica.

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Quando si parla di atleti è bene considerare sempre come la “guarigione clinica”, obbiettivo per l’individuo sedentario, non corrisponda  necessariamente alla possibilità di ripresa della piena attività fisica che deve essere decisa confrontando i dati clinici e gli esami strumentali con il tipo di sollecitazione che l’attività sportiva determina. La gestione di un atleta infortunato e la ripresa della sua attività è infatti un processo molto delicato che deve necessariamente essere condotto da uno specialista del settore, ovviamente se necessario in collaborazione con altri specialisti (ortopedico, fisiatra, ecc.). Dott.ssa Serena Bria

SOSTANZE PROIBITE DAL C.I.O.

StimolantiAmifenarolo, amfetamine, amineptina, cocaina, cropropamide, crotetamide, efedrina, etamivan, etilefrina, fencamfamina, fenfluramina, mdea, mesocarb, metilfenidato, norfenfluramina, pentilentetrazolo, pipradolo, stricnina, e sostanze affini. CaffeinaLa concentrazione nelle urine non può superare i 12 microgrammi per millilitro.Salbutamolo, terbutalina e salmeteroloPermessi solo se assunti per inalazione; l'atleta deve dichiararlo prima della gara.NarcoticiDestropropossifene, diamorfina, etilmorfina, idrocodone, metadone, morfina, pentazocina, petidina, propossi-fene e sostanze affini; (sono permesse codeina, destrometorfano, diidrocodeina, defenossilato e folcodina).AnabolizzantiSteroidi androgeni: boldenone, clostebolo, danazolo, deidroclormetiltestosterone, diidrotestosterone, drostenolone, fluossimesterone, formebolone, mesterolone, metandienone, metenolone, nandrolone, ossandrolone, ossimesterone, ossimetolone, stanozololo, trenbolone e sostanze affini.Testosterone: costituisce violazione un rapporto testosterone/epitestosterone superiore a sei, a meno non sia provato che il fatto è dovuto a una condizione fisiologica o patologica (esempi: bassa escrezione di epitestosterone; deficit enzimatici; tumori che producono androgeni).Beta-2 agonisti: clenbuterolo, salbutamolo, terbutalina, salmetelolo, fenoterolo.DiureticiAcetazolamide, bumetamide, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, mannitolo, mersalil, spironolattone, triamterene e sostanze affini. Ormoni peptidici, glicoproteici e analoghiGonadotropina corionica, ACTH, GH e rispettivi fattori di rilascio; eritropoietina (EPO). BetabloccantiSolo per alcuni sport: acebutololo, alprenololo, atenololo, bisoprololo, bunololo, metoprololo, oxprenololo, propranololo, sotalolo. Agenti mascherantiEpitestosterone, probenecid. Doping del sangueSomministrazione di sangue, globuli rossi o emoderivati.  GLI ANABOLIZZANTII farmaci anabolizzanti vengono usati come sostanze dopanti per le loro azioni generali sui muscoli scheletrici (sviluppo della massa), variazioni indotte nella composizione chimica dei muscoli scheletrici (contenuto di glicogeno e di elettroliti), e per l’azione generale sull’apparato osteo articolare. Essi determinano numerosi

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effetti collaterali dannosi e tossici ed in particolare sulla sfera genitale sia maschile che femminile, alterazioni delle funzionalità epatiche, alterazioni della pelle e alterazioni nella composizione dei muscoli scheletrici.GLI ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI ED ANALOGHIQuesto gruppo di medicamenti è alquanto dismogeneo in quanto comprende medicamenti non strettamente correlati farmacologicamente fra di loro. Gli ormoni peptidici e glicoproteici sono la corticotropina, la ganadotropina corionica, l’ormone della crescita, e l’eritropoietina ed hanno tutti gravi effetti collaterali sull’organismo umano, in particolare provocano alterazioni del metabolismo idrico salino, alterazioni cutanee, alterazioni psicologiche, diabete mellito, miopatia steroidea, obesità a bufalo, osteoporosi, sindrome da astinenza steroidea, sindrome di Cushingiatrogena, sindrome ipercorticosteroidea, ulcera gastroduedenale. Inoltre l’ormone della crescita provoca alterazioni del metabolismo intermedio, alterazioni somatiche, formazione di anticorpi, gigantismo, sindrome acromegalica, sindrome di Jakob.L'ERITROPOIETINADurante gli allenamenti e le gare di fondo gli atleti inducono in specifici siti organismici una protratta diminuzione della pressione perziale di ossigeno che stimola l’eritropoiesi meccanismo molto complesso che coinvolge vari fattori biochimici tra cui l’eritropoietina che nel midollo osseo attiva la conversione di cellule capostipite in elementi successivi fino alla formazione di globuli rossi. Il normale svolgimento dell’eritropoiesi tuttavia necessita di una buona disponibilità di ferro, di varie vitamine, e di alcuni oligoelementi. L’eritropoietina può essere usata a scopo terapeutico in ammalati anemici con insufficienza renale e sottoposti ad emodialisi, ma tali trattamenti sono stati attuati purtroppo anche sugli atleti a scopo di doping alterando artificiosamente la prestazione. Determina un aumento della massa dei globuli rossi circolanti che può portare all’instaurarsi di trombosi dovuta all’aumentata viscosità del sangue.Conseguenze anche gravi come trombosi, danni cerebrali, anticipazione negli anni delle modificazioni degenerative età dipendenti. Tali eventuali patologie si instaurerebbero molti anni dopo il trattamento, rendendo così difficile stabilire una precisa relazione causa effetto, ma pur sempre potendo costituire un potenziale effetto collaterale molto grave, anche se tardivo.L'EMOTRASFUSIONELa somministrazione dolosa di eritropoietina rappresenta il proseguimento della pratica dopante dell’emotrasfusione su cui vi è una grande disparità di opinioni circa l’efficacia nelle prestazioni di fondo. In particolare si parla di autoemotrasfusione qualora si utilizzi il sangue prelevato in precedenza dallo stesso atleta per poi reintegrarglielo in concomitanza della gara.Numerosi gli effetti dannosi collaterali come emolisi, emosiderosi, ipertermia, ittero emolitico, nefrite, reazioni allergiche, shock emolitico che spesso si manifestano a distanza di tempo.I DIURETICISi possono comunemente definire diuretici quei medicamenti che, indipendentemente dal loro meccanismo d’azione, aumentano la diuresi, ossia la produzione di liquido urinario da parte del tessuto renale. In campo sportivo tali sostanze vengono utilizzate per accorciare i tempi di eliminazione di medicamenti dopanti, per diluire gli stessi per rendere difficile il riscontro nell’urina, per modificare il peso corporeo l’addove questo costituisca un fattore determinante la prestazione.I più comuni effetti collaterali dannosi e tossici sono:modificazioni dello stato acido basico del sangue e dei tessuti, variazioni nella concentrazione sanguigna ed urinaria di alcuni importanti componenti funzionali quali sodio, potassio, magnesio, calcio, fosfati, bicarbonati, acido urico,alterazioni del sistema nervoso centrale e periferico, reazioni allergiche, disidratazione,alterazioni del sistema endocrino, formazioni di calcoli renali, variazioni del metabolismo degli zuccheri e dei grassi.GLI STIMOLANTI PSICOATTIVIQuesi farmaci sono stati studiati e sviluppati per scopi ben lontani da quelli per cui se ne fa improprio uso in campo sportivo, influenzano simultaneamente svariati processi del sistema nervoso centrale e, a dosi diverse, determinano effetti diversificati sul comportamento dell’uomo. In base ai loro effetti si distinguono in:analettici, capaci di stimolare il sistema nervoso centrale con specifico riferimento ai centri respiratori e circolatori, analgesici stupefacenti capaci di sopprimere la sensibilità dolorifica, ansiolitici, antidepressivi,antiepilettici, antipsicoti, psichedelici e allucinogeni, psicostimolanti, stabilizzatori dell’umore. I più comuni farmaci stimolanti sono le anfetamine, caffeina, efedrina, cocaina e molte altre i cui effetti collaterali sono tuttaltro che da sottovalutare . I farmaci antidepressivi con effetto stimolante sul sistema nervoso centrale invece provocano già effetti collaterali alle dosi terapeutiche normali, provocando effetti collaterali come allucinazioni, alterazioni della pressione sanguigna, convulsioni, eccessiva sudorazione, vertigini, alterazioni del ritmo cardiaco, cefalea, nausea, spasmo dei bronchi, tosse, vomito.

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I NARCOTICI E ANESTETICI LOCALI:Gli effetti collaterali , dannosi e tossici dei narcotici sono i seguenti: deterioramento dell’adattamento dell’ occhio nel mettere a fuoco legato al mal funzionamento del cristallino,alterazione della pressione arteriosa, analgesia,astenia, blocco della libido,bradicardia,cefalea, dismorrea, diminuzione del riflesso tussigeno, edema polmonare, oligomenorrea,ecc., ricordiamo tra detti prodotti la morfina e il metadone usati solitamente in medicina a scopo antidolorifico. Gli effetti collaterali si hanno soprattutto sul sistema nervoso in quanto inducono una riduzione e perdita della sensibilità dolorifica, termica, di contatto e di pressione, senza compromettere lo stato di coscienza e le funzioni vitali generali.Gli anestetici locali non escludono effetti collaterali e tossici specie se, l’ anestetico passa nel circolo sanguigno.

EFFETTI, TABELLA RIASSUNTIVA

StimolantiNon migliorano la prestazione, ma danno una sensazione di benessere, che spesso si traduce in un rendimento superiore durante la gara.

Ormoni anabolizzantiSempre meno utilizzati negli sport agonistici, dove i controlli sono severissimi, dilagano però nelle palestre di body building. Molti e gravi gli effetti collaterali: danni al fegato, alla prostata e al sistema cardiocircolatorio, sterilità, impotenza, sindromi psichiatriche, femminilizzazione nell'uomo e mascolinizzazione nella donna.

Ormoni peptidiciMolto usati in quanto non rilevabili con le attuali indagini ammesse. Comprendono:GH (ormone della crescita): usato nell'atletica pesante e dai culturisti, questa sostanza aumenta la forza e le dimensioni dei muscoli. Tra i rischi d'abuso ci sono acromegalia, diabete, ipertensione, aumentata incidenza di tumori, morbo di Creutzfeldt-Jakob.GF1 (fattore di crescita insulino simile): prodotto dal fegato soprattutto nel periodo puberale, è una delle sostanze dopanti di più recente introduzione. Ha gli stessi effetti (anche collaterali) dell'ormone della crescita.EPO (eritropoietina): ormone normalmente secreto dal rene, stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi, aumentando quindi la disponibilità di ossigeno. È in auge per gli sport a base aerobica, come il ciclismo e lo sci di fondo. Aumenta la viscosità del sangue, e quindi facilita trombosi ed embolie. Può provocare inoltre insufficienza renale cronica e ipertensione. Per contenerne l'abuso, in due sport sono previsti esami del sangue a sorpresa. Nello sci di fondo viene misurata la concentrazione di emoglobina, che non deve superare i 16,6 g/dl per le donne e i 18,5 per gli uomini. Nel ciclismo si misura l'ematocrito. Valori limite: 50 per cento per l'uomo, 48 per la donna. Chi li supera, sta a riposo per 15 giorni, poi si presenta per un nuovo test. Solo se il valore è nei limiti consentiti può riprendere a gareggiare.

Sostanze mascherantiPermettono di assumere dosi elevate di molecole vietate senza che possano essere riscontrabili con esami di laboratorio. I più usati sono i diuretici, il probenecid e l'epitestosterone.

BetabloccantiAntitremorigeni molto usati nel tiro e nel nuoto sincronizzato.

Agenti mascherantiEpitestosterone, probenecid.

Doping del sangueSomministrazione di sangue, globuli rossi o emoderivati.

DOPINGSi definisce "doping" l'utilizzo di qualsiasi intervento esogeno (farmacologico, endocrinologico, ematologico, ecc) o manipolazione clinica che, in assenza di precise indicazioni terapeutiche, sia finalizzato al miglioramento delle prestazioni, al di fuori degli adattamenti indotti dall'allenamento. 

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Il concetto di modificazione si applica alla condizione tanto fisica che psichica e la definizione di doping è riferibile solo allo sport e si configura perciò come un illecito sportivo.In pratica, il mondo dello sport si limita a considerare il fatto che le modificazioni indotte siano positive ai fini del miglioramento della performance. Non esiste una parallela considerazione del fatto che le modificazioni possano essere negative ai fini della salute, in quanto, solo in alcuni casi, è possibile dimostrare un concomitante danno organico.Il danno organico, infatti, è diagnosticabile solamente a posteriori. I danni alla salute ricadono, ovviamente, in ambito penale.  

Le sostanze dopantiSTIMOLANTI Sono eccitanti centrali che generalmente mimano l'azione dei mediatori prodotti dal sistema neurovegetativo simpatico nel corso dell'esercizio fisico e in situazioni di stress. Migliorano il grado di attenzione e concentrazione e aumentano la resistenza alla fatica e la tolleranza allo sforzo.NARCOTICI Fanno parte della classe degli oppioidi e derivati (morfina, eroina, metadone). Svolgono un'azione analgesica centrale e calmante. Vengono utilizzati per spegnere la sensazione dolorifica come nel pugilato; per contrastarne in parte l'effetto di spegnimento dell'attenzione vengono assunti in combinazione con sostanze stimolanti. Danno tossicodipendenza.ANABOLIZZANTI Gli steroidi anabolizzanti sono sostanze con azione simile a quella dell'ormone maschile testosterone. Le sostanze, come d'altra parte l'ormone, legandosi a specifici recettori cellulari inducono modificazioni tipiche legate alla differenziazione sessuale, principalmente un aumento della massa muscolare e della forza. ORMONI PROTEICI, GLICOPROTEICI E ANALOGHI Gli ormoni sono sostanze naturali che fungono da "messaggeri" all'interno dell'organismo. Questo gruppo di sostanze è disomogeneo, in quanto comprende sostanze non strettamente correlate farmacologicamente fra di loro.

DIURETICI L’uso dei diuretici induce disidratazione; si tratta di una forma di doping specificamente adottata negli sport ove esistono categorie di peso come la lotta, il sollevamento pesi e il pugilato: il vantaggio che ne deriva è quello di gareggiare in una categoria inferiore sfruttando la struttura fisica che competerebbe ad una categoria superiore. Tuttavia, la disidratazione è causa di ridotta funzione neuromuscolare e di difficoltà di termoregolazione in quanto il processo di sudorazione è meno efficiente

Procedure proibiteEMOTRASFUSIONE L'emotrasfusione rappresentava lo strumento adottato per aumentare la massa dei globuli rossi e quindi la capacità di trasporto dell'ossigeno nel sangue. Attualmente la pratica è in disuso essendo stata soppiantata dall'assunzione di EPO. MANIPOLAZIONE FARMACOLOGICA, CHIMICA E FISICA Con questo termine si intendono procedure atte ad alterare i risultati dei test antidoping. Un esempio è rappresentato dall'assunzione del probenecid, un farmaco antigotta che inibisce la secrezione renale di ormoni steroidei e può quindi mascherare l'assunzione di anabolizzanti.

Sostanze con restrizione

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CANNABINOIDI Gli effetti variano con la dose: a basso dosaggio si ha euforia, a dosaggio medio si ha disinibizione, a dosi elevate aggressività. Tuttavia vi è anche un complesso corredo di sintomi non necessariamente positivi ai fini della performance e che manifestano segno di sofferenza del sistema nervoso centrale: diminuzione della forza muscolare, della memoria, dell'equilibrio. CORTICOSTEROIDI Trattamenti prolungati con corticosteroidi sono possibili su precise indicazioni mediche (in particolare in caso di asma e rinite allergica). 

BETABLOCCANTI Si tratta di farmaci che, tra le loro azioni, riducono la frequenza cardiaca. In alcune discipline, come nei tiri (arco, carabina, pistola), l'agitazione fa aumentare la frequenza cardiaca e questo sicuramente disturba la fase di puntamento.

ANESTETICI Si tratta di farmaci che bloccano reversibilmente la trasmissione dello stimolo dolorifico verso il sistema nervoso centrale. Iniezioni sistematiche sono considerate doping, mentre è invece permesso il trattamento locale. Gli effetti dannosi sono legati al passaggio in circolo dell'anestetico e coinvolgono principalmente il tessuto nervoso centrale e l'apparato cardiocircolatorio producendo tra l'altro alterazioni dello stato psichico (agitazione,depressione, insonnia), blocco atrioventricolare, collasso cardiocircolatorio, ipotensione.

LE SOSTANZE DOPANTI

Stato dell’arte e prospettive futureUna ricerca del dott. D.D’Ottavio, responsabile del Servizio di Chimica Analitica e Controllo della Qualità presso l’Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini (Dipartimento servizi: direttore Dr. Mario Valenti).Con la collaborazione di L.Barrucco e R.Guaitolini INTRODUZIONENegli ultimi tempi l'opinione pubblica é stata scossa, attraverso le notizie riportate dai mass-media dall'enorme diffusione delle pratiche farmacologiche e/o metodologiche atte a migliorare le prestazioni degli atleti nelle competizioni sportive. Questo è avvenuto anche a causa degli enormi compensi economici derivanti dalla pubblicità che sponsorizza gli atleti.L'entità di tale fenomeno non deve e non può essere sottovalutata in quanto l'attività professionistica rappresenta soltanto la punta di un iceberg che con il passare del tempo ed in mancanza di contromisure potrebbe provocare danni tutt'oggi impensabili.Cercare di migliorare le proprie prestazioni agonistiche non è un fatto recente. Sin dai tempi dell' antica Grecia, durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici, era prassi usuale l' assunzione da parte dei concorrenti di infusi di erbe e funghi allo scopo di migliorare le proprie performance. Più recentemente, nel XIX secolo in Francia era molto diffusa una mistura di vino e foglie di coca nota con il nome di "vin maraini" capace di ridurre le sensazioni di fatica e di fame durante attività intense e protratte nel tempo. Agli inizi del novecento i maratoneti assumevano alcool durante la gara e gli atleti americani iniziavano le pratiche farmacologiche utilizzando uno stimolante di diffusione popolare quale la stricnina.Con il passare degli anni, e con i progressi della farmacologia, tale attività é diventata sempre più intensa sino al punto di diventare un fenomeno internazionale noto con l'appellativo di il doping. Il termine doping (sostantivo di origine anglosassone) ha le sue radici in un dialetto Sudafricano ed identifica un liquore stimolante che veniva somministrato nelle cerimonie religiose. Oggi, con il termine doping si intende l'assunzione di sostanze ad uso non terapeutico e si indica qualsiasi trattamento inteso ad elevare artificiosamente le prestazioni dell’atleta in gara per favorirlo nella competizione, alterando così i termini della competizione stessa. Il termine doping si diffuse intorno ai primi del ‘900 per indicare la stimolazione illecita degli animali in competizione nei cinodromi e negli ippodromi ed in seguito venne esteso anche all'uomo. Talvolta, questo termine viene sostituito con "aiuto ergogenico" ove il termine ergogenico assume il significato di "tendente ad incrementare il lavoro" e comprende una vasta gamma di prodotti e metodi, leciti e non, che vanno dai semplici carboidrati ai più complessi ormoni glicoproteici comprendendo inoltre le

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complesse metodologie di allenamento inclusa la pratica di terapie psicologiche. Infatti, oggi il doping non include solo l’uso di farmaci, ma anche alcune tecniche quali la deidratazione, la auto-trasfusione del sangue dello stesso atleta (rara), l’ipnosi, la terapia megavitaminica, la somministrazione endovenosa di liquidi, la somministrazione di ossigeno, il carico, ecc. In tempi più recenti il sospetto della pratica dell'uso di sostanze stimolanti iniziò nei Giochi Olimpici invernali del 1952 ed si intensificò nel 1954 quando si diffusero sul mercato gli steroidi anabolizzanti. L'evidente utilizzo di quest'ultimi nei Giochi Olimpici del 1964 condusse all'introduzione del "Controllo doping" nei successivi Giochi del 1968. Qualora questi controlli fossero stati inseriti più precocemente probabilmente si sarebbe potuto evitare il sospetto che le morti di alcuni ciclisti fossero legate all'uso di amfetamine.In contrasto all’espandersi del fenomeno doping, le federazioni sportive mondiali sembrano essere d’accordo sul fatto che i farmaci non dovrebbero essere assunti dagli atleti per migliorare la loro performance. Infatti, ciò avrebbe come conseguenza che il vincitore si identifichi con l’atleta che pratichi il programma farmacologico più efficace e non colui che ottenga le vere migliori prestazioni. Oltre alle valutazioni prettamente morali, esistono anche delle conseguenze fisiche, non certo da sottovalutare, date dall’assunzione a lungo termine di questi farmaci che comportano degli effetti collaterali sull’atleta.Allo scopo di scoraggiare l'uso e l'abuso di farmaci nella pratica sportiva la Commissione medica del Comitato Olimpico Internazionale (IOC) ha stabilito una lista di sostanze, suddivise in classi, e di metodi proibiti applicando severe sanzioni disciplinari agli atleti che dovessero risultare positivi ai controlli effettuati. Ovviamente l'elenco viene continuamente aggiornato e qui di seguito vengono riportate le classi di sostanze e di metodi proibiti.

I Classi di farmaci doping A. Stimolanti B. Narcotici - analgesici C. Agenti Anabolizzanti D. Diuretici E. Peptidi, Ormoni glicoproteici ed analoghi II Metodi doping A.Doping del sangue (Trasfusioni) B. Manipolazioni farmacologiche, chimiche e fisiche III Classi di farmaci soggetti ad alcune restrizioni A. Alcool B. Marjuana C. Anestetici locali D. Corticosteroidi E. Beta - bloccanti Tab.1 Elenco delle classi di sostanze e dei metodi proibiti dal CIOI DANNI DEL DOPINGC’è chi sostiene che liste di questo tipo siano una guida pratica per fare doping e non promuovono alcuna educazione né in campo sportivo né in quello medico-biologico, tale affermazione appare comunque inesatta un quanto la regolamentazione farmacologica ha già prodotto, sebbene limitatamente, effetti restrittivi sull’abuso di queste sostanze. Come é noto, i danni provocati dal doping possono essere rilevabili a breve ed a lungo termine. Tra i primi, dopo le morti da doping causate dalle "vecchie" tipologie di amfetamine, vanno assumendo rilievo le "nuove" morti indotte da beta-bloccanti.I danni a lungo termine possono essere correlati:a) alla mutagenesi farmacologica (ossia mutazione di una cellula germinale portatrice dei caratteri ereditari) le cui conseguenze possono manifestarsi nella prima generazione o dopo molte generazioni successive ;b) alla cancerogenesi chimica, fenomeno di cui si dispongono numerosi dati sperimentali comprovanti la comparsa di tumori indotti da sostanze chimiche, tra cui alcuni farmaci, anche a distanza di molti anni;c) alla teratogenesi farmacologica. In campo sportivo essa riguarda un campione indotto, ossia le atlete ai primi stadi di gravidanza in cui farmaci teratogeni inducono malformazioni correlate all"epoca di somministrazione. Se le analisi anti-doping effettuate sono, da una parte, sempre più specifiche e precise, d’altro canto gli atleti assumono sempre nuove sostanze dopanti per migliorare le proprie condizioni sportive e risultare negativi ai

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test anti-doping. L’opinione di coloro che propongono l’effettuazione dei test farmacologici, è divisa su tre fronti diversi: ci sono coloro che pensano che se il test effettuato sia effettuato più frequentemente e con strumentazione ad elevata sensibilità, l’uso del farmaco potrebbe addirittura venir eliminato non solo nelle gare, ma addirittura negli allenamenti precedenti la stessa gara. Altri affermano che, vietando l’uso di farmaci conosciuti dal punto di vista chimico e biologico, si spingono gli atleti a cercare altri farmaci sui quali si conosce poco o nulla, sia per quanto riguarda i tipi d’analisi da eseguire e le sostanze intermedie da ricercare, che per quanto riguarda gli effetti collaterali a breve e a lungo termine. Una terza opinione in merito è data da coloro che sostengono che i test debbano essere quantitativi piuttosto che qualitativi e che lo scopo delle federazioni sia quello di prevenire l’uso eccessivo dei farmaci. Una trattazione completa del doping farmacologico incontra molte difficoltà, prima fra tutte la illiceità del fenomeno, che ne impedisce una conoscenza approfondita, sia per quanto riguarda i farmaci impiegati che la loro efficacia farmacologica.La diffusione del doping rappresenta un problema complesso che interessa vari aspetti. Tra i fattori responsabili della diffusione del doping sono da tenere in considerazione: il professionismo sportivo, la scarsa formazione sportiva del pubblico, il protagonismo, l’intento speculativo degli atleti e di coloro che li circondano, la diseducazione famigliare. Inoltre, le reazioni psicologiche dell’atleta non sono probabilmente estranee alla diffusione del doping: il calo sportivo (con conseguente calo del divismo) conseguente ad una condotta di vita inadatta alle prestazioni atletiche, finisce per indurre a tale fenomeno. Purtroppo, data l’incompetenza nell’uso delle sostanze prescelte, il doping, è sovente occasione d’intossicazione e può finanche arrivare a mettere in pericolo la vita dell’atleta stesso.Per poter comprendere gli effetti derivanti dall'abuso di queste sostanze è necessario conoscerne la natura, la farmacologia e le modalità di smaltimento da parte dell'organismo; queste informazioni consentono di poter ipotizzare la drammatica situazione in cui potremo trovarci tra qualche anno se non verranno prese adeguate contromisure.

LE SOSTANZE VIETATEStimolanti (1A)Appartengono a questa categoria le sostanze riportate nella tabella sottostante: Amfepramone Fenproporex Amfetaminil Fendimetrazina Aminoneptina Fentermina cloruro Amifenazolo Furfenorex Amfetamina Isoetarina cloruro Bemegride Isoprotenerolo Benzofetamina Ma Huang (Erba efedrinica) Bromantin Meclofenoxate Caffeina (12uglmL) Mefenorex Catina Metaproterenolo Clorfentermina Metamfetamina Clobenzorex Metossifenamina Glorprenalina Metilefedrina Cocaina

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Metilfenidate cloruro Gropropamide Morazone Crotetamide Niketamide Desossiefedrina Pseudoefedrina Dietilpropionil cloruro Pentetrazolol Pentilentetrazolo Dimetamfetamina Picrotoxina Efedrina Pipradolo Etamivan Prolintane Etilamfetamina Propilexedrina Fencamfamina Pirovalerone Fenetillina Selegiline Fenilpropanolammina Strienina Tab.2 Elenco delle sostanze stimolanti proibite dal CIO Appartengono a questa categoria i farmaci che provocano una stimolazione del sistema nervoso; una loro classificazione, pur se non univoca ed ufficialmente accettata, li suddivide in stimolanti psicomotori, ammine simpaticomimetiche e stimolanti del sistema nervoso centrale.

Gli stimolanti psicomotori

Queste sostanze possono a loro volta essere suddivisi in anestetici locali, simpaticomimetici e Xantine.Anestetici localiTutti gli anestetici locali, sebbene il più delle volte in modo assai limitato, stimolano il sistema nervoso centrale; tra questi si differenzia la cocaina in quanto, espletando una intensa attività corticale, è stata inserita tra l’elenco delle sostanze proibite dal CIO.La cocaina appartiene alla categoria degli alcaloidi e, tra questi, è quello più rappresentativo della miscela che si ottiene per estrazione chimica della Erythroxtylon coca, pianta molto diffusa in America Meridionale, Africa ed Indonesia. Questa sostanza è un derivato dell’ecgonina ed in particolare ne rappresenta l’estere metil benzilico. Sono riscontrabili in questa molecola una zona lipofila ed una idrofobica dovute corrispondentemente all’atomo di azoto terziario con caratteristiche basiche ed all’anello aromatico periferico. Essendo tra l’altro dotata di un centro chirale la molecola può esistere in due forme stereoisomere otticamente attive di cui quella levogira, che è quella presente in natura, è dotata di attività farmacologica.La cocaina può essere assunta per via parenterale, per assorbimento da parte delle membrane mucose e per inalazione della stessa sotto forma di fumo (sigarette alla coca). La via orale appare alquanto inefficace poiché l’ambiente acido del tratto gastrointestinale idrolizza la molecola inattivandola.La classificazione di questa sostanza tra gli anestetici locali è dovuta al fatto che la stessa se somministrata in piccole dosi ha effetti anestetizzanti viceversa, se assunta in dosi maggiori, produce una stimolazione del sistema nervoso centrale ed un quadro clinico generale caratterizzato da euforia, diminuito senso della fame e della fatica, aumentati tempi di reazione, aumento del tono muscolare, aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, aumentata frequenza del respiro, xerostomia, midriasi e vasocostrizione. Tali effetti derivano dal blocco del re-uptake dell’adrenalina e della noradrenalina alle sinapsi noradrenergiche nonché dalla stimolazione al rilascio di queste molecole.

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L’assunzione per via endovenosa mostra un picco plasmatico dopo 5 minuti mentre se somministrata per altre vie il picco si riscontra dopo circa un’ora. L’emivita di questa sostanza è di circa un’ora, infatti viene rapidamente metabolizzata attraverso l’azione idrolitica di alcune esterasi.La prima fase metabolica consiste in una prima azione idrolitica che avviene a carico del gruppo metilico con formazione di benzoilecgonina e metanolo ed in una successiva che trasforma la benzoilecgonina in ecgonina ed acido benzoico. Ulteriori reazioni che ultimano il metabolismo di questa molecola avvengono a livello epatico e consistono in una reazione di N-demetilazione che porta alla formazione di norcocaina ed una coniugazione tra l’acido benzoico e l’amminoacido glicina con formazione di acido ippurico. Sebbene non siano state completamente chiariti sia le sedi di azione che i meccanismi metabolici si può con una certa ragionevolezza affermare che, nel processo degradativo, il fegato giuoca un ruolo più importante del rene, dell’encefalo e dei muscoli. Nelle urine dei soggetti che hanno assunto questa sostanza si riscontrano soltanto piccolissime quantità della stessa immodificata; per lo più si rileva la benzoilecgonina che compare entro 4 ore dall’assunzione e protrae la sua permanenza per almeno due giorni a livelli rivelabili con le usuali indagini analitiche.Le dosi assunte voluttuariamente variano in un ambito compreso tra 10 e 120 mg/die e la ripetitività delle somministrazioni porta ad assuefazione ed a tolleranza di dosi più elevate. Comunque, l’aumento della tolleranza è dovuto non all’aumento della quantità di sostanza assunta ma alla diminuzione degli intervalli di tempo di somministrazione... E’ importante rilevare che gli effetti farmacologici della sostanza non sono in relazione diretta con le concentrazioni plasmatiche della stessa e quindi con la quantità assorbita; questo fatto fa supporre che l’organismo sia sensibile più alle variazioni di concentrazione che alla effettiva dose somministrata; è stato ipotizzato infatti che la ripetitività delle assunzioni aumenti la sensibilità del sistema nervoso centrale agli effetti della cocaina stessa.Le dosi letali sono difficili da quantificare in quanto variano dipendono sia dalle modalità di somministrazione che dal grado di assuefazione, i dati relativi alle concentrazioni plasmatiche sono più precisi ed identificano nel valore di 5 mcg/mL la concetrazione massima compatibile con la vita.L’intossicazione acuta grave provoca convulsioni e gravi aritmie che portano al decesso per arresto cardiaco irreversibile.

Farmaci simpaticomimeticiIl gruppo comprende le amfetamine ( dette anche anfetamine od anfetammine) ed i loro sali nonché altre sostanze psicoattive similari. La prima sintesi di una amfetamina risale al lontano 1887 e da allora sono state apportate numerose altre modifiche alla molecola originaria (1-fenil – 2 – aminopropano), in particolare per sostituzione degli atomi di idrogeno dell’anello benzenico, dando origine così al cospicuo ed eterogeneo gruppo degli amfetaminici. In questo variegato gruppo sono comprese sostanze che vanno dalla fentermina, utilizzata per scopi terapeutici, alla MDA (metilen-diossi-amfetamina) ed alla MDMA ( metilen – diossi – metaamfetamina) quasi esclusivamente destinate all’abuso voluttuario.L’uso voluttuario dell’amfetamina risale al 1940 essendo la stessa presente in preparati farmacetuici utilizzati come decongestionante nelle iperemie della mucosa nasale. La sua diffusione nei tempi successivi sembra sia in gran parte dovuta al fatto che venne largamente utilizzata in ambito militare nella seconda guerra mondiale.Queste sostanze si presentano sotto forma di polveri biancastre (a seconda del loro grado di purificazione) allo stato combinato, ovvero, come sali di zolfo o cloro a seconda del tipo di sintesi utilizzata nella loro preparazione. Sono sostanze inodori e dal sapore amaro; la polarità del gruppo amminico le rende solubili in acqua ed alcool. La presenza nella molecola di un centro chirale la rende otticamente attiva; nelle comuni preparazioni è presente sotto forma racemica. Gli effetti farmacologici espletati da questa sostanza derivano dal suo potere stimolante sul sitema nervoso centrale e sui recettori alfa e beta adrenergici. In particolare favorisce il rilascio di neurotrasmettitori dai terminali presinaptici quali epinefrina nor-epinefrina e dopamina. Inoltre gli effetti psicotici associati all’assunzione di dosi elevate sono probabilmente dovuti al rilascio di 5 – idrosssi – triptamina da parte dei recettori triptaminergici.Da un punto di vista sistemico si rileva un aumento della pressione sistolica, un aumento della frequenza cardiaca, vasocostrizione, midriasi, rilasciamento della muscolatura intestinale, aumento del consumo di ossigeno, aumento della temperatura corporea ed eccitazione del centro del respiro; altri effetti prodotti si evidenziano in miglioramento dell’umore, resistenza alla fatica fisica e mentale, aumento della capacità di

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iniziativa e dell’attività motoria, blocco dello stimolo della fame ( isomero destrogiro) e miglioramento dello stato depressivo.Comunque, per dosi elevate, all’effetto stimolante fanno seguito una serie di effetti negativi quali ansietà, allucinazioni e disturbi mentali. La dose attiva è compresa tra i 5 – 10 mg e le intossicazioni mortali sono in effetti molto rare. La dose letale per l’uomo varia notevolmente sia in funzione del grado di assuefazione che delle condizioni fisiche del soggetto; si presume comunque che debba oscillare tra i 20 – 25 mg/Kg di peso corporeo. La variabilità della risposta individuale alle amfetamine si può dedurre dai risultati relativi alle concentrazioni plasmatiche riscontrate nei casi mortali, l’intervallo è compreso tra 0.5 e 41 mcg/mL con una media di 8.6 mcg/mL. In particolare nella pratica dell’attività sportiva l’uso di questo farmaco è assai pericoloso in quanto la ridotta percezione della fatica può indurre all’espletamento di prestazioni nettamente superiori alle proprie risorse fisiche riducendo drasticamente i limiti di tolleranza di cui sopra; è stato tra l’altro dimostrato che la pericolosità del farmaco aumenta all’aumentare del grado di allenamento dell’atleta.L’amfetamina è bene assorbita sia per via orale che per via parenterale; per via orale, essendo una base relativamente debole l’assorbimento avviene per lo più a livello intestinale e si completa dopo 4 –6 ore dall’ingestione con un picco ematico dopo 1 – 2 ore. A livello plasmatico, data la scarsa affinità di legame con le proteine, le concentrazioni risultano relativamente basse e non sono in diretta correlazione con gli effetti psicotropi.Il metabolismo avviene prevalentemente a livello epatico attraverso processi deaminativi che portano all’escrezione urinaria di fenilacetone , acido benzoico ed acido ippurico in ragione di circa il 25% della dose assunta. Il 10% viene invece trasformata per idrossilazione in 4 – idrossi – amfetamina e 4 – idrossi – norepinefrina e il 30% escreta immodificata. E’ importante notare che il pH urinario giuoca un ruolo assai importante in quanto le urine alcaline non consentono l’eliminazione del farmaco tal quale; in questi casi la ricerca dello stesso deve essere indirizzata all’evidenziazione dei suoi metaboliti. Non sembra che l’uso e/o l’abuso di amfetamine porti all’insorgenza di sindromi d’astinenza ma sicuramente comporta una dipendenza psicologica con un aumento della tolleranza. Nei consumatori cronici si riscontrano spesso disturbi vascolari cerebrali, lesioni epatiche e, nei casi più gravi, convulsioni, coma e morte per blocco respiratorio.Le xantineIl gruppo delle xantine consiste in un numero di alcaloidi derivati dalla sostanza madre xantina.Dal punto di vista della diffusione e del consumo la xantina più importante è la caffeina. Il caffè è nel 90% dei casi il mezzo di assunzione della caffeina, che è però presente anche nel cioccolato, in alcune bevande analcoliche e negli analgesici . A seconda delle modalità di preparazione una tazza di caffè contiene da 100 a 120 mg di caffeina, un quarto di bevanda analcolica ne contiene da 30 a 60 mg. e gli analgesici ne contengono una quantità compresa tra 35 e 60 mg; approssimativamente si valuta una assunzione media per persona intorno a 210 mg  al giorno. La caffeina (1-3-7-trimetil-xantina) è uno dei tre possibili derivati della xantina, mentre gli altri due, teobromina e teofilllina, si trovano nel cacao e nel tè rispettivamente; dei tre la caffeina è quella che agisce in modo più energico sul sistema nervoso centrale, mentre la teobromina espleta l’attività minore. A seguito dell’assunzione la caffeina viene completamente assorbita nel tratto gastrointestinale, mostrando un picco ematico dopo 30-60 minuti, e penetra poi rapidamente nel cervello dando origine ad un miglioramento della prontezza di riflessi. Le concentrazioni maggiori dopo l’assunzione sono state riscontrate nei tessuti a più elevato contenuto in acqua e principalmente nel muscolo scheletrico.. L’emivita varia, negli adulti asintomatici, dalle 2 alle 12 ore, con una media di 4–6 ore. La caffeina espleta il suo effetto attraverso meccanismi diversi: è un antagonista dei recettori adenosinici, inibisce l’attività di alcuni enzimi come la fosfodiesterasi, altera sia il rilascio del calcio dal reticolo sarcoplasmatico che la permeabilità del sarcolemma, facilita gli impulsi di trasmissione neuromuscolari. L’inibizione delle fosfodiesterasi provoca un aumento dei livelli di AMP ciclico, importante regolatore delle funzioni cellulari; tra l’altro livelli elevati di questa sostanza provocano un aumento nel rilascio di neurotrasmettitori e dell’attivazione neuronale, la regolazione ormono-indotta della glicogenolisi e della lipolisi, ed una stimolazione dose-specifica del sistema nervoso centrale. Poiché l’adenosina agisce come depressivo del sistema nervoso centrale, ipnotico ed anticonvulsivante, l’inibizione dei suoi recettori da parte della caffeina produce la stimolazione dello stesso aumentando negli atleti la lucidità mentale e riducendo la sensazione di fatica.

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La diminuzione della sensazione di affaticamento è dovuta alla capacità di aumentare il livello di acidi grassi liberi circolanti (NEFA) per accelerata idrolisi dei trigliceridi di riserva; i NEFA sono quindi utilizzati per soddisfare le esigenze energetiche, comportando una riduzione nel consumo delle riserve di glicogeno. L’ingestione di caffeina oltre che produrre un aumento della lipolisi, e quindi della concentrazione plasmatica degli acidi grassi non esterificati, comporta anche un aumento delle catecolammine. La tolleranza si sviluppa entro pochi giorni e l’effetto sulle performance di un individuo normale è fortemente dipendente dalla quantità e dalle modalità di assunzione. L’abituale consumo di caffeina può attenuare il battito cardiaco e diminuire la pressione sanguigna, mentre abbondanti somministrazioni di caffeina possono produrre una risposta catecolaminergica nell’ambito di pochi giorni.Tra gli effetti indesiderati sono incluse palpitazioni, tremori, insonnia, nervosismo, irritabilità ed ansia; gli effetti diuretici della caffeina possono provocare negli atleti uno sbilancio idrico o più seri inconvenienti.La caffeina è stata inclusa dal CIO nell’elenco delle sostanze vietate fino al 1972, per essere in quell’anno rimossa; il suo ruolo venne riconsiderato nel 1984 e quindi di nuovo aggiunta all’elenco fissando però dei valori di soglia: una concentrazione urinaria superiore a 12 mg/L, corrispondente all’assunzione di 500 – 600 mg di caffeina (5-6 tazzine di caffè in un lasso di tempo di 1 – 2 ore) è ritenuta indice di illegalità. Appartengono a questa categoria le sostanze riportate in Tab.2 Alle sostanze stimolanti appartengono il gruppo delle ammine simpaticomimetiche (amfetamina, efedrina, e loro derivati), la caffeina, ed un’altra serie di sostanze con caratteristiche chimiche diverse e non classificabili quindi nello schema prospettato.

Ammine simpaticomimeticheAppartengono a questa categoria tutte le sostanze che possono essere considerate derivati della beta-fenil-etil ammina. Gli effetti prodotti da questi farmaci, in gran parte, sono quelli caratteristici degli stimolanti psicomotori ovvero vasocostrizione cutanea, delle membrane delle mucose e dei visceri, vasodilatazione dei muscoli scheletrici, rilascio della muscolatura bronchiale ed uterina, aumento della frequenza cardiaca, dilatazione delle pupille, ridotta sensazione della fame, glicogenolisi e rimozione di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo. Tale comportamento era comunque facilmente deducibile data la somiglianza strutturale della molecola base a quella delle amfetamine.Questi composti si legano ai recettori adrenergici delle cellule componenti i tessuti bersaglio. Bisogna tener presente che esistono due tipi di recettori adrenergici : quelli di tipo alfa e quelli di tipo beta. A loro volta ciascuno di questi recettori si suddivide dando origine a cinque tipi di recettore: alfa 1, alfa 2, beta 1, beta 2 e beta3. Le ammine simpaticomimetiche, a seconda della loro struttura molecolare, possono essere non selettive o parzialmente selettive per ciascuno dei quattro recettori sopraelencati.

RECETTORI ADRENERGICI Alfa1 costrizione dei vasi sanguigni relativi alla pelle, alle mucose ed alle membraneDilatazione della pupillaRilassamento della muscolatura liscia intestinale Alfa 2 promuovono l’inibizione del rilascio di norepinefrine Beta 1 aumentano il battito e la contrattilità carediaca Beta 2 Dilatazione dei vasi sanguigni dei muscoli scheletriciRilassamento della muscolatura liscia bronchiale,Rilassamento della muscolatura liscia dell’utero Beta 3 aumentano l’attività metabolicaAumentano l’effetto termogenicoDiminuiscono l’appetito

Non tutte le ammine simpaticometiche sono proibite dal CIO in quanto hanno azioni diverse e la loro diversificazione è più riconducibile a cause quantitative che non qualitative. Infatti farmaci che sono soprattutto beta 2 selettivi avranno anche qualche effetto alfa e beta 1 adrenergico che in gran parte dei casi è dose – dipenndente. I recettori beta 2 sono localizzati prevalentemente sulla muscolatura liscia respiratoria, vascolare ed uterina e la loro attivazione provoca un rilascio della stesa. Alcuni farmaci beta 2 selettivi (quali albuterolo e salbutamolo) che hanno scarsi effetti sui recettori alfa e beta , sebbene con alcune restrizioni, sono consentiti in quanto non danno un effetto stimolatorio significativo; altri quali l’isoprenalina, il

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metaproterenolo e la metossifenammina che invece possono dare significativi effetti alfa e beta 1 sono invece proibiti.Stimolanti del Sistema nervoso CentraleQuesta classe di sostanze, conosciute anche come "risveglianti" – "convulsivanti, comprende Amifenazolo, Bemegride, Doxapram, Etamivan, Fluorotile, Niketamide, Pentilentetrazolo, Picrotossina e Stricnina.Alcune di queste sostanze stimolano il sistema nervoso ad un certo livello piuttosto che ad un altro. Alcuni stimolano il tronco cerebrale, in particolar modo il respiratorio depresso agendo da convulsivanti ad azione fugace e producendo attacchi clonici.La stricnina è classificata come stimolante del midollo spinale e, come gli stimolanti midollari, è un convulsivante; determina inoltre eccitazione in tutte le parti del sistema nervoso centrale riducendo l’inibizione della via nervosa spinale.Beta-2-antagonisti (lA)I beta-2-antagonisti sono classificati tra le sostanze stimolanti. Alcuni di questi agenti possiedono inoltre proprietà anabolizzanti, assunti per via orale o per iniezione. Appartengono a questa categoria le sostanze riportate nella tabella qui sotto

I BETA-2-ANTAGONISTIBambuterolo ReproteroloClenbuterolo SalbutamoloFenoterolo TerbutalinaFormoterolo Sostanze affini

Negli atleti la scelta di farmaci per il trattamento dell’asma e delle altre affezioni respiratorie è un grosso problema perché la maggior parte delle sostanze utilizzate ha anche potere stimolante. L’azione di questi farmaci è simile per cui si esplicitano gli effetti e le caratteristiche del clenbuterolo in quanto farmaco facilmente reperibile ed utilizzato in campo veterinario.Il clenbuterolo è un beta-2-antagonista adrenergico che possiede proprietà ergogeniche che derivano dagli effetti stimolanti che è in grado di espletare sul sistema nervoso centrale. E’ un farmaco del tipo simpaticomimetico che produce una azione stimolante periferica sulla muscolatura liscia, una eccitazione della funzione cardiaca ed azioni di tipo metabolico ed endocrino. Lo scopo principale dell’uso di questi prodotti risiede nella capacità di produrre un rilassamento della muscolatura liscia. I beta-2-antagonosti sono infatti utilizzati prevalentemente come broncodilatatori, per la prevenzione ed il trattamento dei sintomi derivanti da esercizi che provocano l’asma e per il rilassamento dell’utero in caso di parto prematuro. Gli effetti anabolici del clenbuterolo sono utilizzati nella prevenzione dell’atrofia muscolare, per l’aumento della massa magra del corpo e per la diminuzione dei grassi; per questo motivo il Clenbuterolo è stato denominato "agente ripartizionante", ovvero, un agente in grado di manipolare la crescita e la composizione del corpo aumentandone la composizione proteica e diminuendone la composizione in grassi. I beta –2- antagonisti sono stati studiati estensivamente negli animali allo scopo di aumentarne la massa magra diminuendone la grassa per migliorarne le caratteristiche alimentari. Il Clenbuterolo è un beta 2 antagonista in grado di influenzare la crescita con effetti centrali e periferici. Questi effetti includono un aumento della contrattilità e del battito cardiaco, un aumento della glicogenolisi epatica e muscolare, la liberazione di acidi grassi liberi ed un aumento del rilascio dell’ormone pituitario. Gli effetti centrali provocati da questa tipologia di farmaci includono la stimolazione respiratoria, l’aumento dei riflessi e la diminuzione dell’appetito.I potenti effetti ergogenici del clenbuterolo derivano dalle caratteristiche simpaticomimetiche di questo farmaco. Sono da rilevare l’aumento della lipolisi e la diminuzione della lipogenesi che possono assumere aspetti drammatici nei trattamenti cronici con beta 2 antagonisti. Questi processi biochimici aumentano la disponibilità di grassi destinati alla produzione di energia, è presumibile quindi, almeno dal punto di vista prettamente teorico, un aumento della resistenza. Altresì si verifica inoltre un aumento della glicogenolisi epatica (che produce una maggior quantità di carboidrati disponibili), un aumento della disponibilità di sangue nei muscoli scheletrici ed un aumento della capacità di distribuzione del sistema periferico.L’anabolismo proteico è stato forse la scoperta più importante associata alla somministrazione di clenbuterolo. L’aumento delle proteine dovrebbe essere associato a processi che comportino l’aumento della loro sintesi o la diminuzione del loro catabolismo, oppure da una combinazione di ambedue i processi. Il meccanismo cellulare proposto per il controllo del metabolismo proteico implica un aumento del trasporto di

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calcio, un aumento dell’AMP ciclico ed una attivazione della protein-chinasi. Ambedue i meccanismi, diretto (rilascio di insulina, aumento del flusso di sangue periferico, rilascio dell’ormone pituitario) ed indiretto ( modulazione del turnover delle proteine, attività contrattile) possono partecipare al processo di ipertrofia.Numerosi studi sull’efficienza ergogenica sono stati condotti su animali, inoltre studi sugli esseri umani sono stati iniziati in concomitanza del suo uso per la terapia dell’obesità. Effetti anabolizzanti nei ratti sono stati riscontrati con un aumento del 10 – 20% della massa muscolare dopo 1 – 2 settimane di somministrazione. La somministrazione di beta 2 antagonisti sembra promuovere l’ipertrofia muscolare fibro-specifica con un aumento che può variare, negli animali, dal 10 al 50%. L’RNA muscolare aumenta in modo consistente con l’aumentare delle proteine nei muscoli e, ultime ricerche, lasciano supporre che il clenbuterolo espleti prevalentemente i suoi effetti anabolizzanti proteici attraverso una diminuzione del rapporto di degradazione proteica, con un lieve aumento della sintesi Altri beta 2 antagonisti (albuterolo, salbutamolo, cimaterolo), sono stati studiati per determinare il loro potenziale effetto ergogenico. Alcuni ricercatori hanno studiato gli effetti acuti di una dose inalatoria di salbutamolo pari a 200 microgrammi su alcune variabili psicologiche e sulle performance di atleti ad alto livello non affetti da asma. Gli autori non trovarono differenze con un altro gruppo a cui veniva somministrato placebo. Tale dato appare comunque in contrasto con altre ricerche condotte per studiare gli effetti cronici di una somministrazione per via orale per tre settimane di una dose di 16 mg al giorno di una sostanza rilasciante salbutamolo. I risultati ottenuti infatti riportano che il gruppo trattato mostrò un aumento, rispetto al gruppo di controllo, dei quadricipiti femorali, della forza dei muscoli tendinei e del ginocchio.Tale discrepanza può essere spiegata dal fatto che gli effetti della dose singola e del trattamento cronico, talvolta, possono essere diversi e che per questo tipo di valutazioni i protocolli di ricerca la lunghezza del trattamento, il dosaggio, le modalità di somministrazione debbono essere riproducibili ed omogenei onde poter correttamente comparare i risultati rilevati.Gli effetti collaterali del clenbuterolo sono simili a quelli di tutti i beta 2 antagonisti. Tremore, tachicardia, ansietà, palpitazioni, mal di testa, anoressia ed insonnia sono i sintomi più comuni. Altri notevoli effetti collaterali comprendono ipertrofia del muscolo cardiaco, aritmia, infarto del miocardio.Possono essere determinati nelle urine livelli di 0.5 ng/ml dopo 2 – 4 giorni dalla somministrazione. La Commissione Medica del CIO ha proibito l’uso dei beta-2-antagonisti sia per le loro caratteristiche stimolanti che anabolizzanti qualora assunti per via orale od intramuscolare. I farmaci riportati in tabella possono essere assunti soltanto per via inalatoria dandone immediata comunicazione scritta agli organi competenti.

I BETA-2-ANTAGONISTI CONSENTITI PER VIA INALATORIASalbutamolo TerbutalineSalmeterolo Salbutamolo/Ipatropium

Narcotici-analgesici (1B)Rientrano in questa categoria e sono proibite dal Cio le sostanze di questa tabella:

I NARCOTICI-ANALGESICI Alfaprodina Agonista Anileridina Agonista Buprenorfina Agonista - Antagonista Dextromoramide Agonista Diamorfina (Eroina) Agonista Dipipanone Agonista Etoeptazina Agonista Fenazocina Agonista Idrocodone Agonista - Idromorfone Agonista

Levorfanolo Agonista Metadone cloruro Agonista Morfina Agonista Nalbufina Agonista-Antagonista Ossicodone Agonista - Ossimorfone Agonista Pentazocina Agonista - Antagonista Petidina Agonista Tintura d’oppio

L’elenco comprende molti narcotico-analgesici classificati, a seconda delle loro caratteristiche farmacologiche, in agonisti, agonisti-antagonisti ed antagonisti; tali composti possono essere naturali o

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sintetici e la loro caratteristica principale è quella di diminuire la risposta fisiologica e psicologica al dolore agendo su recettori specifici del sistema nervoso centrale. Gli antagonisti dei narcotici agiscono in opposizione ai narcotici stessi ma comunque espletato già da soli effetti analgesico-sedativi. Dal punto di vista chimico i narcotici-analgesici possono essere inoltre suddivisi in 5 classi: Fenantreni, Fenileptilammine,Fenilpiperidine,Benzomorfani e Morfinani.Sebbene in seguito useremo il termine "narcotico" bisogna tener presente che questo temine è impreciso in quanto prevede uno stato soporoso o di sonnolenza, infatti, dato che questi farmaci implicano la produzione di analgesia senza la perdita di conoscenza o sonno, sarebbe più appropriato il termine "oppiato" od "analgesico oppioide".Il meccanismo di azione dei narcotici-analgesici è simile a quello di alcuni peptidi endogeni (endorfine, encefaline) aventi proprietà oppiodi-simili, infatti, espletano la loro azione legandosi agli stessi recettori (recettori oppiodi). I siti di legame degli oppiodi sono distribuiti nell’organismo prevalentemente nelle corna dorsali del midollo spinale, in alcune regioni sottocorticali cerebrali, nella sostanza grigia periacqueduttale mesencefalica e nel midollo ventrorostale; questi siti sono presenti sia sui neuroni del midollo spinale che trasmettono il dolore sia sulle afferenze primarie che trasmettono ad essi il messaggio. E’ stato dimostrato che sia gli oppiodi che le endorfine ed encefaline inibiscono il rilascio dei trasmettitori eccitatori dalle afferenze primarie.I farmaci narcotici – analgesici, oltre la funzione antidolorifica, possono produrre sensazioni di euforia o stimolazione psicologica, false sensazioni di invincibilità ed illusione di possibilità atletiche al di sopra di quelle realmente possedute; inoltre innalzano la soglia del dolore al punto tale che gli atleti possono non accorgersi di eventuali danni subiti e quindi subirne ancor più gravi, o percepire come innocue situazioni pericolose, ponendo se stessi e gli altri ad un rischio di incidente ben più grave. Queste sostanze possono inoltre produrre dipendenza fisica, dando origine ai numerosi problemi connessi con la tossicodipendenza; la morfina ed i suoi analoghi chimici e farmacologici è un tipico esempio di sostanza narcotico – analgesica. La maggior parte di questi farmaci presenta come effetto principale una depressione dell’attività respiratoria in funzione della dose assorbita che, nei casi più gravi, può provocare una morte improvvisa. Tra gli altri effetti si ricordano bradicardia, repressione della tosse, miosi, stipsi, rigidità del tronco, nausea, vomito, riduzione della funzionalità renale, possibilità di coliche biliari, aumentato rilascio dell’ormone antidiuretico (ADH), del GH, della prolattina, diminuito rilascio dell’LH e quindi diminuita produzione di testosterone. Alcune caratteristiche di questi farmaci vengono riportate nella tabella che segue.

Farmaco Tipo Dose terapeutica (mg) Dose letale(mg) Emivita Concentraz.Plasmatica (ug/mL)

Morfina Nat. 10 - 20 200 1.8 – 2.9 h

0.7

Eroina (diacetilmorfina) Nat. 5 - 10 100 - 200 38 m 0.4Etilmorfina Nat. 6 - 30 500    Diidromolrfinone Nat. 2 - 5 100    Petidina Sin. 50 - 200 2000 3.2 h 4.3 (e.v) 12 (os)Alfaprodina Sin. 20 - 60 60 - 120 2.2 h 0.62Anileridina Sin. 25 – 50 500   0.9 – 2.0Levorfanolo Sin. 2 - 4 8 - 10   0.8 – 2.7Metadone Sin. 50 – 600 (os) 500 - 800 15 h 1Pentazocina Sin. 30 - 100   2.1 h 1 - 5Destromoramide Sint. 5 - 20      

L’abuso dell’utilizzo di farmaci narcotico – analgesici nello sport si è talmente diffuso che la Commissione Medica del CIO ha incluso questi farmaci nell’elenco delle sostanze proibite, inserimento comunque derivato dalle restrizioni internazionali, stabilite dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, nei confronti del loro trasporto e della loro commercializzazione.Alcuni narcotici – analgesici come la codeina, la diidrocodeina, il difenossilato, la folocodina ed il propossifene non sono proibiti e possono essere utilizzati, come gli antinfiammatori non steroidei quali l’aspirina, i derivati dell’acido antranilico, i derivati dell’acido mefenamico, e composti come il sulindac e

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l’indometacina. La Commissione Medica ha inoltre comunicato agli atleti ed ai medici sportivi di non utilizzare queste sostanze permesse se associate in preparazioni farmacologiche contenenti le sostanze proibite comprese nell’elenco. Agenti anabolizzanti (1C) Appartengono a questa categoria le sostanze riportate qui sotto: Androstenedione Metandienone Bolasterone Metenolone Boldenone Metandrostenolone Clenbuterolo (beta -2- antagonista) Metiltestosterone Clostebol Nandrolone Danazolo Noretandrolone Danocrine Ossimetolone Deidroclorometil Testosterone Oxandrololone DHEA Stanozololo Diidrotestosterone Testosterone Fluossimesterone Zeranol Mesterolone Gli steroidi anabolizzanti androgenici sono dei derivati dell'ormone maschile testosterone.Questi androgeni sono farmaci legittimamente prescritti per usi terapeutici.Infatti si usano per bambini od adolescenti per trattare una pubertà ritardata,aplasia,anemia ed ipogonadismo. Negli adulti gli steroidi sono utilizzati con successo per particolari tipi di nemie,nell'angioedema ereditario,in alcune condizioni morbose ginecologiche,per l'anabolismo proteico, e nell'ipogonadismo maschile. In ultimo; possono giuocare un ruolo importante nel trattamento dell' osteoporosi.L'uso degli steroidi anabolizzanti per scopi non terapeutici non è un fenomeno nuovo.Il primo rapporto sull'uso di queste sostanze risale all' anno 1954 e dieci anni più tardi il loro utilizzo era già largamente diffuso.Malgrado l'uso degli steroidi anabolizzanti da parte degli atleti esista da circa 40anni,soltanto da pochi anni sono stati introdotti dei test per la rilevazione di queste sostanze. Gli steroidi anabolizzanti espletano la loro azione aumentando la sintesi proteica,incrementando la massa corporea e il bilancio di azoto attraverso parecchi meccanismi. Molte cellule del corpo, inclusi i muscoli scheletrici, possiedono dei recettori per legare il testosterone od ormoni simili.La formazione di un complesso steroide-recettore induce la produzione degli enzimi responsabili dell'attivazione della sintesi proteica.Uno degli enzimi che inducono questo processo é la RNA-polimerasi. Biochimicamente la RNA-polimerasi attiva la sintesi ed il metabolismo cellulare delle proteine promovendo l' azione anabolica che conduce all' aumento dei muscoli, della massa corporea e quindi della forza. Gli steroidi anabolizzanti possono altresì portare all'aumento della massa corporea attraverso effetti anticatabolizzanti. Durante episodi di stress,come un intenso esercizio fisico,il corpo rilascia glucocorticoidi che hanno un effetto catabolico sui tessuti.Gli steroidi anabolizzanti competono con i glucocorticoidi per i siti recettori inibendo la degradazione proteica.Altresì gli steroidi anabolizzanti promuovono la ritenzione dell'azoto attraverso lo spostamento dell'equilibrio dell'azoto verso una favorevole e positiva utilizzazione per la formazione delle proteine.Per ottenere il massimo dei benefici da questo effetto,gli atleti debbono mantenere una dieta elevata in calorie e proteine mentre assumono gli steroidi anabolizzanti.Infine gli steroidi anabolizzanti riescono ad aumentare la forza e le masse muscolari attraverso effetti psicologici; infatti gli atleti che assumono steroidi anabolizzanti frequentemente manifestano episodi di

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euforia, aumento dell'aggressività e diminuzione della sensazione di fatica, tutte sensazioni che possono portare ad espletare attività faticose per periodi più lunghi del consueto.Gli steroidi sintetici hanno la struttura base del testosterone umano ed ad essa sono legati sia l' effetto anabolizzante (aumento della massa muscolare) che l' effetto androgenico (mascolinizzazione). Fisiologicamente i due effetti non possono essere separati. Quando l'ormone si lega con i recettori dei vari tessuti,lo stesso tipo di recettore produce effetti anabolici ed androgenici a seconda delle parti del corpo cui lo stesso si lega.Il nome più appropriato per queste sostanze dovrebbe essere "steroidi anabolizzanti-androgenici" ma questo termine è generalmente abbreviato in steroidi anabolizzanti.Un tentativo di migliorare gli effetti anabolizzanti e ridurre gli effetti androgenici é stato effettuato attraverso la creazione di più di 40 molecole apportando modifiche chimiche alla struttura dello steroide. Il testosterone è facilmente degradato dal fegato ed i livelli ematici necessari ad espletare l'effetto anabolizzante non vengono raggiunti. Consequenzialmente la molecola del testosterone é stata modificata in tre posizioni diverse (denominate come tipo A, B e C) ed é stato dimostrato l'incremento di efficacia. Tali modifiche sono rappresentate dall'esterificazione del gruppo 17 – Beta idrossilico (tipo A), dall'alchilazione della posizione 17 Alfa (tipo B) e dalla modificazione dell'anello della struttura dello steroide {tipo C). Preparazioni orali sono generalmente relative ai tipi B e C mentre quelle parenterali ai composti di tipo A.Gli steroidi anabolizzanti possono essere somministrati per via orale o parenterale. Quelli ingeriti per via orale vengono assorbiti dallo stomaco e data la loro scarsa emivita vengono eliminati rapidamente dal corpo umano; a livello epatico sono più tossici degli steroidi iniettabili e hanno un'azione più efficace. Gli steroidi iniettabili sono caratterizzati da una ritardata metabolizzazione, da una eliminazione ridotta (caratteristica questa che consente un aumento della possibilità di determinazione con i test anti-doping per il più lungo periodo di permanenza), da una minore tossicità epatica e da una minore attività rispetto agli steroidi somministrati per via orale. Le preparazioni iniettabili possono essere determinate fino ad un mese dalla somministrazione mentre quelle orali soltanto sino ad un massimo di due settimane in caso di somministrazione discontinua. Gli atleti confidano molto sulle dicerie o sugli aneddoti come guida ai protocolli di somministrazione degli steroidi anabolizzanti. Malgrado non sia supportata da validi presupposti scientifici é frequentemente utilizzata una tecnica definita come "stacking (stoccaggio, ammassamento)" che implica l'uso concomitante di due o più steroidi ad alte dosi. La combinazione dovrebbe coinvolgere sia la somministrazione orale che quella parenterale. Gli atleti sembra che utilizzino uno schema di tipo piramidale, iniziano infatti con bassi dosaggi, raggiungono il picco (talvolta assumendo da tre a cinque farmaci) e lentamente diminuiscono la dose d'uso per un periodo di tempo che può andare dalle 4 alle 18 settimane. Questo tipo di protocollo piramidale é seguito da un periodo di astinenza che può durare da alcune settimane ad alcuni mesi ; questo processo é definito come "ciclo". Durante il picco del protocollo piramidale gli atleti possono assumere quantità maggiori di 10 - 100 volte rispetto quelle previste dai normali trattamenti terapeutici. Non esiste alcun presupposto scientifico che tale pratica sia indispensabile per raggiungere l'effetto anabolizzante.L'aumento di peso é comunemente associato all'uso degli steroidi anabolizzanti ed ha stimolato lo studio della variazione della composizione del corpo. La letteratura internazionale riporta un aumento medio del peso di 2.2 Kg in soggetti che assumono anabolizzanti per un periodo di 3 -12 settimane. Se questo aumento di peso sia da attribuire ad un effettivo incremento della massa corporea od ad un aumento della ritenzione idrica non è stato completamente accertato. Benché studi radiografici e misure della densità corporea indicano un aumento dei muscoli e della massa questo aumento non sembra essere proporzionato all'aumento del Sodio e dell'Azoto. Tuttavia non é ancora stato chiarito se l'aumento del peso corporeo sia legato all'aumento dei muscoli normali, altri tessuti magri od all'aumento dei liquidi intracellulari.

GLI EFFETTI NEGATIVIBenché i potenziali benefici derivanti dall'uso degli steroidi anabolizzanti rimangono discutibili l'effetto immediato ed a lungo termine é stato ben accertato. Gli steroidi anabolizzanti sono stati associati all'infarto del miocardio ed a malattie dell' emisfero cerebro-vascolare. Alcune affermazioni di atleti ritiratisi attività agonistica indirizzano l'abuso di steroidi anabolizzanti come causa della loro miocardiopatia. Altri comuni effetti dannosi coinvolgono il sistema epatico, endocrino, cardiovascolare, immunologico, riproduttivo e psicologico.L'estensivo metabolismo degli steroidi anabolizzanti assunti in forma orale da origine a significativi effetti epatotossici. Le anomalie epatiche causate dall'uso di questi farmaci sono generalmente reversibili se gli stessi vengono somministrati in modo discontinuo. Gli steroidi assunti per via orale possono causare colestasi,

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itterizia e spesso una condizione associata esclusivamente all'uso di steroidi per via orale quale l' epatite peliosica. L' epatite peliosica è la formazione nel fegato di sacche piene di sangue la cui rottura può causare una fatale emorragia.Gli steroidi anabolizzanti hanno effetti drammatici sul sistema riproduttivo dovuti alle loro caratteristiche androgeniche. Significative diminuzioni del testosterone sono state dimostrate in soggetti di sesso maschile che assumevano da 15 a 150 mgl/die di steroidi anabolizzanti. L'androgene esogeno causa atrofia testicolare che può essere irreversibile (castrazione chimica). Gli steroidi anabolizzanti esogeni sostituiscono il testosterone nel sistema di feed-back negativo relativo al sistema pituitario ed ipotalamico con il risultato di produrre una diminuzione delle gonadotropine. La riduzione delle concentrazioni dell'ormone pituitario cellulo-stimolante (ICSH) e dell'ormone follicolo stimolante {FSH) é la causa della diminuzione della produzione di testosterone da parte dei testicoli.I cambiamenti fisici associati agli steroidi anabolizzanti ed al sistema riproduttivo includono un ingrossamento della prostata, diminuzione del 90% della produzione di spermatozoi, atrofia testicolare, impotenza e ginecomastia. Il numero di spermatozoi generalmente ritorna nella norma in caso di sospensione della somministrazione comunque la sterilità è stata registrata sino a 7 mesi dopo la cessazione dell'assunzione del farmaco. La ginecomastia è uno degli effetti meglio conosciuti degli steroidi anabolizzanti ed è caratterizzata da placche subareolari unilaterali o bilaterali, come bottoni, di tessuto. La ginecomastia è causata dagli estrogeni estradiolo ed estrone che vengono prodotti quando gli androgeni sono convertiti nel tessuto extraghiandolare. I livelli di estradiolo negli atleti che praticano l'assunzione di steroidi del tipo stacking possono superare di 7 volte quelli riscontrabili nella fase ovulatoria delle donne. I tentativi di utilizzo di estrogeni inibitori come la gonadotropina corionica umana o tamoxifen non hanno dato successi soddisfacenti. In casi estremi lo sviluppo di tessuto mammario non é totalmente reversibile e deve essere praticata la mastectomia.E' stato inoltre messo in evidenza nell'abuso di queste sostanze un incremento della fragilità dei muscoli tendinei, derivante dalla riduzione della loro elasticità ed è stato accertato che l'incremento della forza muscolare associato ad una minore elasticità facilita l'evento di stiramenti o rotture. Nei giovani gli steroidi causano una prematura chiusura delle epifisi con una conseguente diminuzione dell'altezza da adulti.L'uso degli steroidi anabolizzanti é stato messo in correlazione con una alterazione del metabolismo lipidico. L'aspetto più consistente degli effetti degli steroidi anabolizzanti consiste in un significativo aumento del colesterolo sierico ed in una diminuzione del colesterolo (circa il 50"%) ad alta densità (HDL). I ridotti livelli di HDL sono di tale entità che é stato suggerito di utilizzare tale indice come test di screenig essendo la determinazione urinaria molto costosa. Aumenta invece la produzione di lipoproteine LDL e dopo due mesi di trattamento con steroidi é stata evidenziata una triplicazione del rapporto LDL/HDL. Questo effetto potrebbe non essere irreversibile (ma non c’è certezza); infatti, le concentrazioni di HDL talvolta ritornano ai valori iniziali dopo 7 mesi dalla sospensione dei farmaci. Durante il periodo di non uso dei farmaci si riscontra un aumento dei livelli delle HDL ed una riduzione dei livelli delle LDL. benché gli studi abbiano dimostrato una relazione diretta tra i bassi livelli di HDL e i danni alle arterie coronariche gli effetti a lungo termine della somministrazione degli steroidi anabolizzanti sullo sviluppo di arteriosclerosi delle arterie coronariche non sono stati ancora ben determinati.Gli aspetti psicologici che vengono alterati dalla somministrazione degli steroidi anabolizzanti comprendono euforia, aggressività, irritabilità, tensione nervosa, cambiamenti della libido, mania e psicosi. Fino all'80% dei soggetti che usano steroidi sono aggressivi e violenti durante il periodo del loro utilizzo. Altresì delusione, allucinazioni, anoressia, imperatività e megalomania sono stati correlati all'uso di steroidi anabolizzanti. Gli atleti potrebbero inoltre sviluppare depressione clinica durante il periodo di non somministrazione e questo fatto fa insorgere un ulteriore problema legato alla dipendenza farmacologica quando gli stessi vengano sottoposti a cicli discontinui di somministrazione.La somministrazione di steroidi anabolizzanti è cominciata ad essere comune anche nelle donne e non sono stati documentati effetti diversi da quelli registrati nei soggetti di sesso maschile. Gli effetti riscontrati includevano, mascolinizzazione della voce, ingrossamento del clitoride, aumento della libidine, oligo od amenorrea, aumento dell'aggressività, acne, crescita dei peli del corpo e diminuzione dell'adipe. E' stato inoltre rilevato che l'ingrossamento del clitoride e la mascolinizzazione della voce rappresentano effetti irreversibili.

Diuretici (1D)

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Appartengono a questa categoria le sostanze riportate qui sotto Acetazolamide Diclofenamide Acido Etacrinico Furosemide Amiloride Idroclorotiazide Bendroilumetazide Mannitolo Benzotiazide Mersalyl Canrenone Spironolattone Clomerodrin Torsemide Clortalidone Triamterene I diuretici sono farmaci usati nella pratica clinica per il trattamento dell'ipertensione ed in diversi tipi di edemi. I diuretici aumentano l'escrezione renale di acqua ed elettroliti come conseguenza della loro azione di disturbo sul trasporto ionico nel nefione. Questa azione interferisce con il riasssorbimento tubulare del sodio e da origine ad un aumento della escrezione renale che é accompagnato dall'eliminazione di acqua. I diuretici possono essere classificati a seconda della loro struttura chimica, del loro meccanismo di azione, del loro sito primario di azione sul nefione, e della loro attività diuretica. Quelli con azione primaria sul tubulo prossimale includono gli inibitori dell'anidrasi carbonica come l'acetazolamide e la diclofenamide che sono derivati solfonammidici, la loro efficacia diuretica è bassa infatti provocano l'escrezione di meno del 5% del sodio filtrato. La massima efficacia (escrezione di più del 15% del sodio filtrato) é raggiunta con quei farmaci che esercitano la loro maggiore attività nel tratto ascendente dell'ansa di Henle attraverso l'inibizione del sistema elettrolitico sodio-potassio-cloro. A questo gruppo appartengono i derivati solfonammidici come la furosemide, bumetanide e piretanide, e gli acidi fenossiacetici come l'acido etacrinico. I diuretici benzotiazinici e relativi composti (clortalidone, indopamide) agiscono come sito primario di azione sulla prima porzione del tubulo distale, diminuendo il riassorbimento del cloruro di sodio e essi sono considerati di media efficacia in quanto l'escrezione del sodio risulta essere compresa tra il 5% ed il 10% del Sodio fltrato. Il più importante sito di azione dei diuretici denominati potassio-economizzatori (spironolattone, amiloride e triamterene) è il lato distale del tubulo e il dotto collettore dove viene inibito lo scambio del sodio con il potassio e lo ione idrogeno: questi farmaci hanno bassa efficacia diuretica e differiscono sia chimicamente che per il loro meccanismo di azione. C'è inoltre un altro gruppo di farmaci di bassa efficacia diuretica il cui meccanismo di azione è basato su principi osmotici (diuretici osmotici).L'uso dei diuretici é stato proibito dalla Commissione Medica del CIO perché è stato dimostrato che essi vengono utilizzati nel doping per due ragioni: per abbassare il peso prima delle competizioni negli sport che implicano categorie di peso e per mascherare l'ingestione di altri agenti dopanti riducendo la loro concentrazione nelle urine. Questi scopi vengono realizzati attraverso l'aumento dell'escrezione urinaria ed attraverso l'aumento del pH dell'urina stessa (inibitori dell' anidrasi carbonica) che provoca una riduzione dell' escrezione delle sostanze dopanti con caratteristiche basiche.La perdita di peso dovuta ai diuretici é stata descritta da diversi autori ed i valori oscillano tra il 2% ed il 4% a seconda della dose e del tipo di diuretico utilizzato. L'aumento del volume di urine può essere un indice indiretto della perdita di peso e può variare tra gli 800-1600 mL in 3 o 4 ore. L'effetto dei diuretici sull'escrezione di altri farmaci è stato altresì ben studiato. La somministrazione di acetazolamide riduce l'escrezione di agenti dopanti basici come la mefenteimina, fentermina, etilamfetamina ed amfetamina ed é dovuto, come precedentemente esposto, a1l'aumento del pH dell'urina. La concentrazione urinaria di questi composti può essere ridotta al di sotto dei limiti di sensibilità dei metodi utilizzati nei dei routinari test antidoping. Inoltre la lunga permanenza di queste sostanze nel corpo può produrre un aumento del metabolismo di alcuni composti per cui difficilmente possono essere individuati. Diuretici ad elevata efficacia come la furosemide e la bumetanide, agiscono solamente attraverso la diluizione delle urine senza effetti sulla escrezione dei farmaci.

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Agli scopi del controllo doping deve essere presi nella giusta considerazione sia il metabolismo che l'escrezione urianaria dei diuretici tal quali. La maggior parte dei diuretici, infatti, sono escreti nelle urine tal quali con un range di eliminazione molto ampio che va da 99% per l'acetazolamide al 4%-12% per il triamterene. Perciò le procedure di screening per la rilevazione dei diuretici sono state sviluppate ed indirizzate per evidenziare il farmaco allo stato puro sebbene per alcuni composti come lo spironolattone, che viene facilmente e completamente metabolizzato ed escreto nelle urine come canrenone, ciò non sia possibile.

Peptidi, ormoni glicoproteici ed analoghi (1E)Gonadotropine Corioniche(HCG)E' molto ben conosciuto che la somministrazione ad uomini di HCG ed altri composti con relativa attività comporta un incremento della produzione di steroidi androgenici, questo fenomeno è considerato equivalente alla somministrazione di Testosterone.Corticotropina (ACTH)La Corticotropina è stata utilizzata per innalzare il livello ematico di corácosteroidi endogeni, è da notare che provoca una sensazione di euforia tipica di quest'ultimi. La somministrazione di corticotropina è considerata essere equivalente alla somministrazione orale, intramuscolare, endovenosa di corticosteroidi.Ormone della crescita (Somatotropo - h-GH)L'ormone umano (GH) della crescita appartiene alla famiglia delle proteine sintetizzate dall'ormone pituitario somatotropo anteriore il cui polipeptide é costituito da un monomero è di 22.000 u.m.a. e costituito da 191 amminoacidi. L' ormone della crescita é usato a scopi terapeutici per ripristinare il deficit dello stesso nelle patologie pediatriche.La ghiandola pituitaria umana contiene tra 5 e 10 mg di GH con una produzione giornaliera di 0.4 - 1.0 mg negli uomini e con valori leggermente più alti negli adolescenti e nelle donne. I valori sierici sono variabili nell'arco della giornata a causa di un rilascio intermittente e pulsatile con una media di 0. 5 - 3.0 ug/ml e sono influenzati da un certo numero di fattori. L' emivita del GH oscilla tra i 15 ed i 45 minuti. La secrezione di GH é controllata attraverso un ciclo di feed-back che coinvolge l'ormone rilasciante il GH (GHRH) e l'ormone inibente il rilascio della somatotropina (SRIH). Il rilascio dell'ormone della crescita può essere influenzato da molteplici fattori incluso il sonno, l'esercizio, lo stress,l' ipoglicemia, gli agonisti alfa adrenergici, i livelli di GH e gli agonisti dopaminergici. L 'ormone della crescita aumenta in risposta all' ipoglicemia ed all'esercizio ed il più elevato flusso di GH si ha approssimativamente 60-90 minuti dopo l'inizio del sonno. Con il successivo rilascio di GH, la ghiandola pituitaria comincia a non rispondere, per alcune ore, alle più lontane stimolazioni dando origine così ad un ciclo di feedback negativo. Questa risposta si verifica sia nel caso di rilascio endogeno che nel caso di somministrazione esogena di GH. Il risultato di una somministrazione esogena è la sottoregolazione del rilascio endogeno di GH. La primaria fruizione del GH è il promuovere la crescita attraverso la generazione di somatomedina, specificamente chiamata (IGF-1) fattore di crescita insulino dipendente. La IGF-1 promuove l'anabolismo facilitando la crescita dei muscoli, della cartilagine e delle ossa. L'aumento del deposito delle proteine (effetto anabolico) è dovuto all'aumento delle sintesi proteica cellulare, con conseguente riduzione del catabolismo proteico. Il GH mediatore della crescita è differente dal GH che viene prodotto come risultato di un lavoro. L'ormone della crescita ha un potente effetto sul metabolismo dei carboidrati e dei lipidi e come conseguenza provoca una riduzione del metabolismo del glucosio e delle proteine in quanto indirizza il metabolismo ossidativo verso l'uso degli acidi grassi. I risultati della somministrazione del GH si manifestano in una diminuzione dei depositi periferici di grasso, in un aumento dei depositi di lipidi a livello epatico ed in un aumento nel plasma degli acidi grassi liberi. I suoi effetti lipolitici ed anabolizzanti che consentono di diminuire il grasso ed aumentare la massa magra del corpo hanno indotto molti praticanti del "culturismo" ad abusare di questa sostanza.Il dosaggio terapeutico nei soggetti deficitari di GH va dai 0.06 mg/Kg a 0.01 mg/Kg per tre volte alla settimana a seconda delle specifiche richieste mediche. Il GH è attualmente disponibile sotto forma di ormone umano della crescita ricombinante (r-GH) ed é correntemente utilizzato per impedire l'insorgenza della malattia di Creuzfeldt-Jacob. Attualmente sono disponibili due forme di r-GH di cui una contiene l'intera naturale sequenza e l'altra contiene un residuo metioninico addizionale. Alcuni atleti hanno riferito di aver assunto quantità sino a 20 volte superiori la dose terapeutica nella speranza di ottenere alcuni degli effetti degli anabolizzanti senza essere individuati mentre tra altri é frequente l'assunzione di propanololo, vasopressina, clonidina e levodopa allo scopo di stimolare la secrezione endogena di GH.

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L'osservazione, in individui acromegalici, dell'aumento della dimensione dei muscoli senza un concomitante aumento della forza ha indotto ad intraprendere uno studio per valutare gli effetti derivanti dalla somministrazione dell'ormone in soggetti sottoposti ad esercizio fisico. I risultati ottenuti non forniscono una risposta univoca ed esauriente sia per le difficoltá oggettive relative all'allestimento di un protocollo riproducibile sia per l'impossibilità di protrarre questo tipo di ricerca per lungo tempo.Gli effetti collaterali che sono associati a somministrazione di elevate quantità di GH sono rappresentati da acromegalia con associata miopatia, neuropatie periferiche, intolleranza al glucosio, aumenti plasmatici del colesterolo e dei trigliceridi, malattie arterio coronariche e cardiomiopatie. Negli atleti in prepubertá, eccessive quantità di GH provocano il gigantismo. Gli effetti muscoloscheletrici e cardiaci associati alla somministrazione di GH possono essere irreversibili, spesso anche dopo la sospensione dell'ormone.GH umano, GH sintetico, fattori rilascianti il GH sono tutte sostanze proibite dal CIO. L'elevato costo di questa sostanza ne limita la diffusione. Non esistono test al momento (ma alcuni studiosi sono molto vicini) per valutare una pregressa somministrazione di r-GH.

EritropoietinaL' eritropoietina (EPO) é una glicoproteina prodotta dal rene che funziona come regolatore della sintesi dei globuli rossi. Ha un peso molecolare di 36.000 u.m.a. ed é composta da 166 aminoacidi, ha una emivita valutabile in 6-9 ore. Approssimativamente il 90% dell' eritropoietina é sintetizzata dalle cellule della corticale renale mentre il restante è sintetizzato in siti extrarenali e principalmente nel fegato. L'eritropoietina ricombinante (r-EPO) è comparsa in Europa nel 1987 e negli Stati Uniti nel 1989. L'EPO ricombinante é quasi identica all'EPO naturale, sia dal punto di vista biochimico che immunologico in quanto sussistono solo piccole differenze. Il processo per produrre la r-EPO commerciale utilizza si basa sull'uso, come ricombinante, dell'acido desossiribonucleico (DNA) ottenuto dalle cellule ovariche di criceto cinese.L'eritropoietina e l'r-EPO sono utilizzate specificamente per aumentare la resistenza degli atleti in condizioni anaerobiche in quanto producono effetti similari a quelli ottenuti con il doping per trasfusione. L'eritropoietina é il fattore più importante per la stimolazione, proliferazione e maturazione delle cellule staminali del midollo spinale che trasformandosi aumentano il rapporto di produzione dei globuli rossi. L'ipossia, con la conseguente diminuzione del flusso sanguigno renale, o bassi livelli dell'emoglobina circolante stimolano la produzione di EPO attraverso questi siti. Nel midollo spinale normale, le cellule staminali, si differenziano con una maturazione ritardata in colonie eritroidi formate da BFU-E (burst-forming-units), queste replicano e si differenziano prima in colonie eritroidi CFU-E (colony-forming-units) e successivamente in globuli rossi maturi. Questo processo normalmente dura 7 giorni, nei primi due giorni non appaiono nuovi globuli rossi ma questi dal quinto giorno in poi raggiungono il picco di produzione. Nei pazienti con blocco renale l' EPO viene somministrata in dosi pari a 150 U/Kg per tre volte alla settimana con, se necessario, una modifica della posologia a seconda della risposta. L'emivita dell'r-EPO somministrata per via endovenosa é approssimativamente di 5-11 ore, mentre per via sottocutanea è di ca. 25 ore e dipendente dal dosaggio, con un picco di concentrazione dopo 15 ore dalla somministrazione.I benefici ergogenici dell' EPO derivano dal rapido rilascio da parte del midollo di reticolociti, dalla stimolazione della megacariocitopoiesi, dall'aumento dell'emoglobina derivante dai precursori delle serie rossa, dalla proliferazione di BFU-E e dalla differenziazione delle CFU-E. Il risultante aumento dei globuli rossi aumenta la capacita di trasporto di ossigeno conseguentemente aumentando la disponibilità dello stesso nei tessuti. L'aumentata disponibilità di ossigeno nei tessuti é dimostrata dall'aumento della produzione di adenosintrifosfato (ATP) e dal miglioramento delle prestazioni aerobiche.Somministrazioni di EPO pari a 600 U/lKg. per via endovenosa due volte alla settimana producono un aumento del volume dei globuli rossi del 41%, dell'ematocrito di oltre il 10%, dei limiti di resistenza di oltre il 17%, dell massimo consumo di ossigeno dell' 8% e della pressione sistolica sanguigna dell' 8%.I DANNIGli effetti avversi derivanti dall'EPO o dall'r-EPO sono dovuti all'incremento della produzione dei globuli rossi e sono dose dipendenti. L'ipertensione e l'iperviscosità (ematrocrito al di sopra del 50%) del sangue sono due potenziali effetti avversi. Gli atleti infatti sono particolarmente sensibili sia agli effetti dell'iperviscositá sia agli effetti biologici derivanti dall'aumento dei globuli rossi che si protraggono per tutta la vita degli stessi (sino a 120 giorni): effetti che possono essere esacerbati durante attività agonistica poiché la disidratazione conseguente aumenta l'iperviscositá. I sintomi dell' iperviscosità inducono mal di testa, vertigini, cambiamenti della visione, angina, claudicazione. Gli atleti possono inoltre andare incontro ad eventi di ipossia

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tromboembolica a causa dell'ispessimento del sangue. Parecchi ciclisti europei sono misteriosamente scomparsi (spesso mentre stavano dormendo) tra il 1987 ed il 1990, anni che coincidono con la comparsa sul mercato europeo dell'r-EPO. E' stato ipotizzato che a questi atleti sia stata somministrata l'EPO e che la stessa abbia prodotto uno sludging vascolare che, amplificato dalla disidratazione, ha causato una occlusione delle arterie coronariche.Il doping del sangue, di qualunque tipo sia (incluso l'uso dell'EPO) é proibito, dal CIO, dalla NCAA e dall'USOC. Sfortunatamente la determinazione della sostanza é particolarmente difficile sia perché l'EPO ricombinante mostra pochissime differenze dall'EPO naturale sia per perché tale sostanza viene rapidamente rimossa dall'organismo; forse successivi progressi tecnologici consentiranno di poterla differenziare. Uno dei parametri indiretti che possono aiutare ad evidenziare questo tipo di doping é la determinazione dell'età dei globuli rossi, infatti, gli atleti che utilizzano l'EPO presentano una quantità di globuli rossi giovani più elevata che nei soggetti normali.

FARMACI SOGGETTI A RESTRIZIONE D'USOAlcool etilico(3A)Nella maggior parte degli sport l'alcool non viene considerata sostanza proibita ma comunque il CIO può richiedere la sua determinazione su sangue o sull'alito. In caso di positività all'atleta potrebbero essere somministrate sanzioni disciplinari.Mariuana (3B)La mariuana, come l'etanolo, nella maggior parte degli eventi sportivi non viene considerata come sostanza proibita. Comunque in caso di positività alla ricerca dei cannabinoidi il CIO può emettere sanzioni disciplinari. La sostanza chimica attiva è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) che espleta la sua azione con meccanismi biochimici ancora non ben conosciuti. Tra gli effetti indesiderati si riscontrano reazioni di panico, psicosi acute, allucinazioni visive, sedazione e compromissione del tempo di reazione.Anestetici locali (3C) Gli anestetici locali iniettabili sono consentiti sotto le seguenti condizioni: 1. Sono permessi la bupivacaina,la mepivacaina,la procaina etc.ma non é permessa la cocaina.Farmaci vasocostrittori { ad esempio l'adrenalina} possono essere associati agli anestetici locali. 2. Sono consentite soltanto iniezioni locali od intrarticolari di questi farmaci e soltanto quando medicalmente necessario 3. Quando giustificato dal punto di vista medico,i dettagli clinici {inclusa la diagnosi,la dose di anestetico ed il tipo di somministrazione} debbono essere immediatamente inviati per iscritto ai preposti dalle Federazioni Corticosteroidi (3D)I corticosteroidi naturali e sintetici (cortisone, prednisone) sono per lo più utilizzati come farmaci antinfiammatori per ridurre il dolore. Se somministrati in modo sistemico essi influenzano la naturale produzione di corticosteroidi nel corpo. I corticosteroidi possono produrre cambiamenti d'umore come euforia od altri tipi di effetti. Il loro uso medico, ad eccezione del trattamento topico, richiede il controllo medico. L'uso dei cortcosteroidi é proibito ad eccezione dell'uso topico (orecchio, occhi e pelle), per inalazione (asma, allergia e riniti) e per via intrarticolare che comunque deve essere segnalato per iscritto dal medico curante ai responsabili delle Federazioni interessate. L'uso per via rettale é altresì proibito.

Beta bloccanti (3E)I beta bloccanti appartengono alla categoria dei farmaci antiaritmici ad azione simpaticolitica ed inseriti nella seconda classe. Dal punto di vista della ricerca farmacologica questi farmaci sono in continua evoluzione vista la necessità clinica di pervenire a sostanze che espletino una azione antagonista pura sui recettori beta. Infatti farmaci quali il practololo, l’acebutolo, l’alprenololo, l’oxoprenololo ed il pindololo espletano anche una lieve azione simpaticomimetica; quest’ultima attività comunque è di grande aiuto in quanto rappresenta una caratteristica protettiva in caso di sovradosaggio e di intossicazione. Il loro meccanismo d’azione consiste nella formazione di un legame altamente specifico con i recettori beta. L’azione farmacologica e tossica di questi farmaci deriva dal blocco funzionale delle strutture che sono regolate da tali recettori . La tossicità di queste sostanze è estremamente variabile e si può manifestare, in soggetti ipersensibili già alle normali dosi terapeutiche mentre, in soggetti normali, si possono somministrare dosi assai elevate senza la comparsa di

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segni collaterali. In definitiva la tossicità di questi farmaci è legata più alla condizione del paziente che alla dose somministrata; gli effetti collaterali più consistenti sono associasti a patologie quali l’insufficienza cardiaca, il blocco atrio ventricolare parziale, l’asma, il broncospasmo, l’ipotiroidismo e l’ipoglicemia grave. Altresì è molto pericolosa l’associazione con i composti digitalici e simpaticomimetici alfa o beta stimolanti.Gli effetti più gravi legati alla somministrazione eccessiva di questi farmaci comprendono la depressione dell’attività cardiaca e la broncocostrizione. Nelle intossicazioni acute si possono riscontrare anche convulsioni e coma sebbene non si possa ritenere che tali eventi siano associati alla neurotossicità di questi farmaci che, in alcuni casi, sono in grado di penetrare rapidamente nel Sistema Nervoso Centrale. In particolare gli effetti tossici si espletano per lo più a livello cardiaco e producono una forte diminuzione della frequenza cardiaca, della forza contrattile, della portata generale (e coronarica) e del lavoro cardiaco; altresì si rileva inoltre una riduzione della velocità di conduzione sia nel sistema specifico che intramiocardico. Tali effetti vengono amplificati qualora il soggetto sia sottoposto a notevole stress muscolare. Ulteriori effetti riscontrabili a dosi tossiche sono il blocco del metabolismo dei grassi e degli acidi grassi non esterificati, della secrezione di insulina e di renina. Il propanololo può essere considerato il capostipite di questo tipo di farmaci che, diversi per alcune caratteristiche di specificità e d’azione, producono in caso di intossicazione gli stessi effetti. Tale sostanza viene assorbita dal tratto digerente e presenta un picco plasmatico in circa due ore, l’emivita è relativamente breve (2 – 4 ore); la somministrazione di quantitativi pari a 2gr da origine a conseguenze estremamente gravi: la dose letale è considerata essere pari a 5 – 6 gr. La Commissione Medica del CIO ha recensito le indicazioni terapeutiche per l’uso dei farmaci beta bloccanti e fatto notare che esistono attualmente una serie numerosa di farmaci alternativi per il controllo dell’ipertensione, delle aritmie cardiache e dell’angina pectoris. Dato il continuo abuso di bata bloccanti la Commissione Medica si è riservata il controllo di questi in alcuni sport. Gli sport implicanti nella ricerca di questi farmaci sono dissimili da quelli che prevedano eventi di resistenza per i quali sono necessari periodi di elevata frequenza cardiaca nonché comportino la formazione di grandi quantità di metaboliti, infatti, in questi casi i beta bloccanti potrebbero seriamente ridurre le performance agonistiche. La lista degli sport in cui i beta bloccanti vengono ricercati include, negli sport invernali, il Biathlon, il Bob, il salto dal trampolino; tra gli sport estivi il tiro con l’arco, gli sport equestri, la ginnastica, il penthatlon moderno, il nuoto sincronizzato, la scherma, la vela, il tiro.

I BETA BLOCCANTI Acebutololo Alprenololo Atenololo Betassololo Bisoprololo Bunololo

Labetalolo Metoprololo Nadololo Oxprenololo Propanololo Sotalolo

Sviluppi futuriL'introduzione di verifiche al di fuori delle competizioni ha reso possibile un approccio più concreto del controllo del doping nella pratica sportiva malgrado tale prassi non sia a tutt'oggi praticata da tutte le Federazioni internazionali afferenti al CIO. Bisogna tener presente che molte delle sostanze proibite, in particolare gli anabolizzanti, vengono ingeriti qualche mese prima delle competizioni allo scopo di aumentare la forza e la massa muscolare. I controlli comunemente eseguiti nelle competizioni non riescono a rilevare questo tipo di doping in quanto la maggior parte di questi farmaci viene eliminata dal corpo molto tempo prima dei controlli. A riprova della diffusione di tale pratica è il fatto che ben il 43% dei test di controllo effettuati al di fuori delle competizioni ha dato esito positivo.La determinazione dell'abuso di farmaci nello sport viene generalmente effettuata attraverso l'identificazione nelle urine del farmaco tal quale, dei suoi metaboliti o di ambedue. Questo approccio in futuro può essere integrato da altri metodi basati su differenti strategie analitiche e differenti materiali biologici. Le differenti possibilità sono basate sull'analisi di markers indiretti e sulle indagini effettuate su campioni biologici differenti dall'urina come il sangue. La prima alternativa é l'analisi dell'urina per evidenziare indiretti, ma specifici, markers. Un approccio relativamente semplice per determinare un precedente abuso di steroidi anabolizzanti é lo studio del profilo degli steroidi endogeni nelle urine. L'approccio è basato su una alterazione causata da un estensivo abuso di steroidi dell' asse ipotalamo-pituitario-testicolare {o adrenocorticale o una combinazione di questi). Notevoli dati relativi a profili normali e patologici sono già

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stati accumulati e potrebbero essere utilizzati come valori di riferimento. Gli analiti più adatti ad essere utilizzati per la definizione dei profili individuali sono il testosterone, l'epitestosterone, l'androsterone e l'etiocolanone. L'approccio comunque è abbastanza complesso poiché durante l'abuso di steroidi anabolizzanti diversi non si ottiene un unico profilo steroideo. La seconda alternativa è l'analisi degli agenti sospetti in un differente liquido biologico. Il sangue sembra la scelta migliore ma offre parecchi vantaggi e svantaggi. Il sangue infatti è stato utilizzato per evidenziare le trasfusioni allogeniche dalla Federazione Internazionale di Sci per parecchi anni. L'evidenziazione é basata sulla identificazione di antigeni non compatibili in relazione ai gruppi specifici di ogni singolo individuo. Questo tipo di analisi é stato effettuato per la prima volta nei Giochi Olimpici di Lillehammer nel 1994.La determinazione del testosterone attraverso il rapporto testosterone/epitestosterone nelle urine é ancora una delle aree più problematiche nel controllo antidoping. Il rapporto T/E infatti è differente in posti differenti. Negli Asiatici per esempio, il rapporto é più basso che nei bianchi e aumenta molto meno con la somministrazione di testosterone. Talvolta sarebbe preferibile, per dirimere i casi dubbi, la determinazione delle sostanze somministrate (propionato, enantato, ed altri esteri del testosterone) in quanto rimangono nel sangue per lunghi periodi dopo la somministrazione. Questo approccio però è difficile, in quanto soltanto quantità in tracce di esteri non idrolizzati sono presenti nel sangue. Con metodi di derivatizzazione sensibili ed accurate estrazioni dei campioni, potrebbe essere possibile un serio approccio.L' analisi del sangue per la determinazione degli ormoni peptidici è un' altra area di elevato interesse. Un promettente campo é la determinazione dell'eritropoietina ricombinante attraverso la misura delle lievi differenze di mobilitá elettroforetica comparando le isoforme multiple e l'EPO di origine naturale. I risultati preliminari indicano che il principio del metodo è utile benché ulteriori valutazioni sono necessarie prima di usarlo routinariamente.La terza alternativa è la ricerca di markers indiretti dei farmaci in fluidi biologici o tessuti diversi dalle urine. Per la determinazione dell' abuso di steroidi anabolizzanti attraverso l' analisi del sangue, sono stati proposti numerosi markers. Tra questi, la determinazione della concentrazione dell' ormone luteinizzante (LH), del testosterone, del 17-idrossi-progesterone ed i rapporto tra questi appare il più promettente.La possibilità di altri materiali, come saliva e capelli, sono interessanti e debbono essere usati. Alcune delle loro proprietà, come l'acquisizione non invasiva di campioni (saliva), o il lungo periodo di permanenza delle sostanze (capelli) possono essere di grande aiuto.E' nostra opinione comunque che l'approccio alla soluzione del problema debba essere effettuato in modo indipendente. Infatti il problema della rilevazione farmacologica non può essere scisso dal problema riguardante gli aspetti patologici e/o le modificazioni plasmatiche indotte dall'abuso di queste sostanze.L'ipotesi tecnica per una soluzione integrale del problema deve prevedere un laboratorio integrato ove vengano effettuate contemporaneamente sia le ricerche farmacologiche che gli accertamenti clinici plasmatici atti ad assicurare che le condizioni organiche dell'atleta rientrino nella norma o che comunque non abbiano subito variazioni significative rispetto ai livelli basali soggettivi. E' proprio questo il punto focale della lotta al doping: lo stretto monitoraggio dei parametri clinici dell'atleta. Tale monitoraggio deve essere frequente ed effettuato sia in tempi di attività agonistica che nei tempi di riposo o di allenamento.Ma per ottenere un successo i parametri chimico-clinici da determinare debbono essere ben individuati e tali da poter essere considerati nel loro insieme come markers specifichi di doping, anche se esiste sempre la possibilità che l'alterazione degli stessi non sia prova documentata dell'assunzione dei farmaci vietati. Un intervento precoce potrebbe portare ad una sospensione cautelativa dell'atleta per motivi di salute e limitare i danni allo stesso nonché, tale soluzione, sarebbe un ott.imo deterrente all'eventuale prosecuzione nell'illecito sportivo.In conclusione, il controllo del doping, comincia ad essere una ipotesi realizzabile che aiuta a determinare l' abuso di droga nello sport attraverso l' applicazione dello stato dell' arte scientifica.La conoscenza degli aspetti biochimici e fisio-patologici collegati all'uso delle sostanze, integrata dalla buona pratica di laboratorio e dall'etica medica, qualora applicata ad un programma razionale di monitoraggio bioclinico potrebbe rappresentare un potente mezzo a tutela della salute degli atleti oggi altamente a rischio data la vastità che ha ormai raggiunto il fenomeno doping.

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LE LEGGI

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2000, la legge concernente "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping".Il provvedimento, che entra in vigore il 2 gennaio 2001, contiene disposizioni di particolare rilevanza, anche di carattere penale, per tutti coloro che praticano attività sportiva o che sono comunque coinvolti nella organizzazione della stessa (CONI, Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate, Enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive, dirigenti, tecnici, medici e operatori sanitari...) introducendo profonde innovazioni sia alla disciplina che nei criteri e nella metodologia dei controlli antidoping finora vigenti in Italia.

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Impegno comune contro il doping

L'Associazione Italiana Calciatori, la Lega Nazionale Professionisti, la Federazione Italiana Gioco Calcio, la Lega Professionisti di Serie C, l'Associazione Italiana Allenatori Calcio, l'Associazione Medici Sportivi, l'Associazione Italiana Preparatori Atletici si sono incontrati a Milano nella sede della LNP per esaminare la situazione doping nel calcio e per definire una strategia comune d'iniziative concrete contro tale pratica dannosa e pericolosissima per la salute degli atleti e contraria ai valori dello sport.I punti salienti

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· La preoccupazione è forte e doverosa a causa dell'incremento dei casi di positività accertata al doping che non può far ritenere ancora marginale il fenomeno.· È stato confermato l'impegno pieno nella lotta al doping, utilizzando le conoscenze scientifiche e fornendo un codice di comportamento che impegni le società, i medici, i calciatori, gli allenatori ed i preparatori atletici.· Nulla dovrà essere lasciato al caso, anche cogliendo le opportunità offerte dalla Legge n.376 del 14/12/2000. L'impegno, e non potrebbe essere diversamente, è quello di denunciare alle autorità competenti tutti i casi di sospetta commercializzazione e somministrazione di sostanze dopanti di cui si venga a conoscenza.· Il calcio è un'attività con caratteristiche certamente d'impresa sempre più accentuate, ma mantiene anche una peculiarità sportiva rilevante ed ha un impatto comunicazionale ed emotivo elevatissimo. Da ciò se ne ricavano due imperativi: a) garantire la salute dei propri atleti; b)garantire il messaggio positivo verso i giovani. Per tutti questi motivi AIC, LNP, FIGC, LP Serie C, AIAC, AMS e AIPAC hanno deciso di intensificare ulteriormente la lotta al doping per intervenire da subito affinché il prossimo campionato (stagione sportiva 2001-2002) inizi con un quadro di riferimento rigoroso, netto ed incisivo.

Le proposte operative concordate

1. Formulare ed approvare entro il 30 giugno 2001 un codice di comportamento per calciatori, allenatori, medici sportivi, preparatori atletici e società di calcio. In detto codice dovranno essere previsti gli obblighi di conoscenza dei prodotti somministrati, la certificazione del consenso dei singoli calciatori, una scheda aggiornata dei prodotti somministrati giornalmente dal medico sociale che dovrà essere conservata in società dallo stesso medico.2. L'attuale schieramento (FIGC, LNP, LP Serie C, AIC, AIAC, AMS, AIPAC) si trasforma in Commissione di consultazione permanente per mantenere un osservatorio continuo che consenta di intervenire tempestivamente, di proporre aggiornamenti delle norme nella lotta al doping alle autorità competenti. La Commissione potrà avvalersi di contributi d’alto valore scientifico che possano offrire un quadro certo e rigoroso della situazione attuale; possano garantire l'aggiornamento continuo dell'evolversi dei prodotti; possano essere di supporto alle strutture mediche delle società di calcio.3. Le vicende che abbiamo di fronte richiedono al CONI ogni approfondimento scientifico, da iniziare immediatamente per valutare le problematiche che i casi emersi hanno evidenziato.4. Definire un vademecum informativo e divulgativo su cosa sia il doping, quali siano i prodotti, quali i danni per l'organismo umano, quali i comportamenti da tenere. La pubblicazione sarà poi distribuita a tutti i calciatori da parte delle rispettive società. Sarà inoltre diffusa in tutti gli istituti scolastici di ogni grado, in accordo col Ministero competente. Il calcio ha una funzione di conoscenza e didattica che non intendiamo sottovalutare. La pubblicazione sarà redatta da un'autorità scientifica riconosciuta da tutte le parti e si proporrà che alla sua stesura e divulgazione partecipino i tre quotidiani sportivi italiani "La Gazzetta dello Sport", "Il Corriere dello Sport" e "Tuttosport". Saranno organizzate in ogni città sede di squadra di calcio incontri per illustrare il vademecum. L'educazione e la crescita culturale sono due componenti fondamentali della lotta al doping.

REGOLAMENTI AL 15 MARZO 1999n.116 del 20/5/1999MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERIEntrata in vigore del nuovo elenco di riferimento delle classi di sostanze farmacologiche e di metodi di doping vietati, emendamento adottato dal gruppo di vigilanza mediante una procedura di voto per corrispondenza il 1° marzo 1999, nel quadro della convenzione antidoping, aperta alla firma a Strasburgo il 16 novembre 1989 (la cui ratifica è stata autorizzata con legge 29 novembre 1995, n.522, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.287, supplemento ordinario, del 9 dicembre 1995).EMENDAMENTO ALL’ALLEGATO¹ adottato dal Gruppo di monitoraggio mediante una procedura di voto per corrispondenza (1 marzo 1999)

NUOVO ELENCO DI CLASSI DI SOSTANZE FARAMACOLOGICHE VIETATE E DI METODI  DOPING 

DATA DI ENTRATA IN VIGORE: 15 MARZO 1999I. CLASSI DI SOSTANZE VIETATE

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Stimolanti Narcotici Agenti anabolizzanti Diuretici Ormoni peptidici e glicoproteici e affini II. METODI VIETATI Emotrasfusione illecita Manipolazione farmacologica, chimica o fisica III. CLASSI DI SOSTANZE SOTTOPOSTE A DETERMINATE RESTRIZIONI Alcool Prodotti della canapa indiana Anestetici locali Corticosteroidi Beta bloccanti ¹Già emendato il 1 settembre 1990, 24 gennaio 1992, 1 agosto 1993, 1 luglio 1996, 1 luglio 1997 e 15 marzo 1998.GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

n.116 del 20/5/1999I. CLASSI DI SOSTANZE VIETATELe sostanze vietate sono suddivise nelle seguenti classi: Stimolanti Narcotici Agenti anabolizzanti Diuretici Ormoni peptidici e glicoproteici e affini Nessuna delle materie appartenenti alle categorie vietate può essere utilizzata, anche se non è citata a titolo di esempio. Per tale motivo è menzionata l’espressione "e sostanze affini". Tale espressione indica sostanze affini alla classe in oggetto, in virtù dei loro effetti farmacologici e/o della loro struttura chimica.A. StimolantiLe sostanze vietate appartenenti alla classe (A) comprendono i seguenti esempi:amineptina, amifenazolo, anfetamine, bromantan, caffeina*, carfedone, cocaina, efedrina**, fencamfamina, mesocarb, pentetrazolo, pipadrolo, salbutamolo***, salmeterolo ***, terbutalina***, e sostanze affini.*Per la caffeina, la definizione di risultato positivo è una concentrazione di caffeina nell’urina superiore a 12 microgrammi per millilitro.**Per l’efedrina, la catina e la metilefedrina, la definizione di risultato positivo è una concentrazione nell’urina superiore a 5 microgrammi per millilitro. Per la fenilpropanolammina et la pseudoefedrina, una concentrazione nell’urina di oltre 10 microgrammi per millilitro è considerata come risultato positivo. Se più di una di queste sostanze è presente in misura inferiore alle rispettive soglie, le concentrazioni dovrebbero essere addizionate. Se il totale supera 10 microgrammi per millilitro, il campione sarà considerato positivo.***Sostanza autorizzata per inalazione solo per prevenire e/o curare l’asma e l’asma indotta dall’esercizio fisico. L’uso per asma e/o asma indotta dall’esercizio fisico deve essere notificato per iscritto all’autorità medica competente da un medico di squadra o da uno pneumologo.NOTA: Tutti i preparati derivati dall’imidazolo sono accettabili in applicazione locale, ad esempio l’ossimetazolina. I vasocostrittori (ad esempio l’adrenalina) possono essere somministrati con agenti anestetici locali. Sono autorizzati i preparati ad uso topico (ad esempio nasale, oftalmologico) di fenilefrina.B. NarcoticiLe sostanze vietate appartenenti alla Classe (B) comprendono i seguenti esempi: buprenorfina, dextromoramide, diamorfina (eroina), metadone, morfina, pentazocina, petidina...... e sostanze affini. NOTA. Sono autorizzate: codeina, dextrometorfano, dextroproposifene, diidrocodeina, difenossilato, etilmorfina, folcodina, proposifene e tramadol.C. Agenti anabolizzantiLe sostanze vietate appartenenti alla Classe (C) comprendono i seguenti esempi:

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1. Steroidi anabolizzanti androgenia. clostebol, fluossimesterone, metandienone, metenolone, nandrolone, 19-norandrostenediol, 19-norandrostenedione, ossandrolone, stanozololo,....e sostanze affini.b. androstenediol, androstenedione, deidroepiandrosterone (DHEA),diidrotestosterone, testosterone*........, e sostanze affini.Le prove ottenute da profili metabolici e/o misurazioni isotopiche possono essere utilizzate per ottenere conclusioni definitive.*La presenza di un rapporto di testosterone (T)-epitestosterone(E) maggiore di sei (6) nell’urina di un concorrente costituisce reato, a meno che non vi sia la prova che tale rapporto è dovuto ad una condizione fisiologica o patologica, ad es. una bassa escrezione di epitestosterone, la produzione androgena di un tumore o una deficienza di enzimi.Nel caso di un rapporto T/E maggiore di 6, è obbligatorio effettuare un esame medico sotto la direzione dell’autorità medica competente, prima di dichiarare che un campione è positivo. Dovrà essere elaborato un rapporto scritto completo, comprendente una valutazione di precedenti ed ulteriori analisi, ed i risultati di analisi endocrine. Se non sono disponibili le analisi precedenti, l’atleta sarà sottoposto ad un controllo senza preavviso almeno una volta al mese per tre mesi. Il risultato di questi esami sarà incluso nel rapporto. In mancanza di collaborazione agli esami, risulterà una dichiarazione di campione positivo.2. Beta-2 agonistiSe somministrati oralmente o per iniezione.bambuterolo, clenbuterolo, fenoterolo, formoterolo, reproterolo, salbutamolo*, terbutalina*,... e sostanze affini. *Consentiti per via inalatoria come descritto all’Articolo (I.A.).D. DiureticiLe sostanze vietate appartenenti alla classe (D) comprendono i seguenti esempi:acetazolamide, bumetanide, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, mannitolo*, mersalil, spironolactone, triamterene, ..... e sostanze affini.*sostanza vietata se somministrata con iniezione intravenosa.E. Ormoni peptidici e glicoproteici e affiniLe sostanze vietate appartenenti alla classe (E) comprendono i seguenti esempi ed i loro affini:1. Gonadotropina corionica (h.CG. – gonadotropina corionica umana) 2. Gonadotropine pituitaire e sintetiche (LH) 3. Corticotropina (ACTH, tetracosactide) 4. Ormone della crescita (hGH) 5. Fattore di crescita di tipo insulina (IGF-1) Sono proibiti anche tutti i rispettivi fattori di liberazione e affini delle sostanze suddette.6. Eritropoietina (EPO). 7. InsulinaAutorizzate solo per curare il diabete dipendente dall’insulina. E’ richiesta una dichiarazione scritta di diabete dipendente dall’insulina, da un endocrinologo o dal medico di squadra.La presenza di un’abnorme concentrazione di un ormone endogeno o la sua rilevazione diagnostica nelle urine di un concorrente, costituisce reato salvo qualora sia documentato che ciò è dovuto unicamente ad una condizione fisiologica o patologica.

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n.116 del 20/5/1999II. METODI VIETATISono proibiti i seguenti metodi:Emotrasfusione illecita (doping del sangue)L’emotrasfusione consiste nella somministrazione ad un atleta, di sangue, globuli rossi, veicoli di ossigeno artificiale o prodotti del sangue affini.Manipolazione farmacologica, chimica o fisica

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La manipolazione farmacologica, chimica o fisica consiste nell’uso di sostanze e di metodi che modificano, tentano di modificare o sono suscettibili di modificare l’integrità e la validità dei campioni di urina utilizzati per i controlli anti-doping, fra i quali figurano (senza che ciò sia limitativo) la somministrazione di diuretici, la cateterizzazione, la sostituzione o alterazione del campione, l’inibizione dell’escrezione renale, in modo particolare per mezzo del probenecid e suoi composti affini, e la modificazione delle misurazioni di testosterone e epitestosterone, in modo particolare con la somministrazione di epitestosterone* e di bromantan.*una concentrazione di epitestosterone nell’urina superiore a 200 nanogrammi per millilitro dovrà essere oggetto di un esame come quello previsto all’articolo I.C.1.b) per il testosterone.Il buon esito o il fallimento dell’uso di una sostanza vietata, o di un metodo vietato è irrilevante, in quanto il solo uso o tentativo di uso della predetta sostanza è considerato reato.

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n.116 del 20/5/1999III. CLASSI DI SOSTANZE FARMACOLOGICHE SOGGETTE A DETERMINATE RESTRIZIONI D’USOA. AlcoolQualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, potranno essere effettuati dei controlli per l’etanolo.B. Prodotti della canapa indianaQualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, potranno essere effettuati controlli per i componenti della canapa indiana (ad es. Marijuana, Hashish). Nei Giochi Olimpici, saranno effettuati dei controlli per i prodotti della canapa indiana. E’ vietata una concentrazione nelle urine di 11-nor-delta 9-tetraidrocannabinolo-9-acido carbossilico (carbossi-THC) eccedente 15 nanogrammi per millilitro.C. Anestetici localiL’uso di anestetici locali iniettabili è consentito alle seguenti condizioni:a) possono essere utilizzate bupivacaina, lidocaina, mepivacaina, procaina, ecc. ma non la cocaina. Insieme agli anestetici locali, possono essere utilizzati agenti vasocostrittori (per es. adrenalina);b) possono essere somministrate soltanto iniezioni locali o intra-articolari;d) soltanto quando esista una giustificazione medica.Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica della somministrazione.D. CorticosteroidiL’uso sistemico di corticosteroidi è proibito.E’ autorizzato l’uso anale, otoiatrico, dermatologico, inalatorio nasale e oftalmologico (ma non rettale). Non sono autorizzate le iniezioni intra-articolari e locali di corticosteroidi.Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica della somministrazione.E. Beta-bloccantiAlcuni esempi di beta-bloccanti sono i seguenti:acebutololo, alprenololo, atenololo, labetalolo, metoprololo, nadololo, osprenololo, propanololo, sotalolo,... e sostanze affini.In conformità al regolamento della Federazione internazionale di sport, saranno effettuati dei controlli per i beta-bloccanti.

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n.116 del 20/5/1999LE REGOLE DEL C.I.O. PER LE SOSTANZE CHE NECESSITANO DI UNA NOTIFICA SCRITTA DA PARTE DI UN MEDICO

SOSTANZEVIETATEAUTORIZZATE CON NOTIFICAAUTORIZZATE SENZA NOTIFICA

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Alcuni beta-agonisti*- Uso orale- Iniezioni sistemiche Inalazione Corticosteroidi- Uso orale- Iniezioni sistemiche- Uso rettale  - anale, otoiatrico, dermatologico,Inalatorio, nasale, oftalmologico- iniezioni locali ed intra-articolari***

Anestetici locali**- Iniezioni sistemiche - Iniezioni locali ed intra-articolari***

* Salbutamolo, salmeterolo, terbutalina; tutti gli altri beta-agonisti sono vietati.** Ad eccezione della cocaina, che è vietata.***Qualora stabilito dalle regole di un’autorità responsabile, può essere necessaria una notifica.

LE CONCENTRAZIONI DI DETERMINATE SOSTANZE NELLE URINE CHE DEVONO ESSERE COMUNICATE DAI LABORATORI ABILITATI DAL C.I.O.caffeina> 12 microgrammi/millilitrocarbossi-THC> 15 nanogrammi/millilitrocatina> 5 microgrammi/millilitroefedrina> 5 microgrammi/millilitroepitestosterone> 200 nanogrammi/millilitrometilefedrina> 5 microgrammi/millilitromorfina> 1 microgrammo/millilitrofenilpropanolammina> 10 microgrammi/millilitropseudoefedrina> 10 microgrammi/millilitrorapporto T/E> 6GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANAn.116 del 20/5/1999LISTA DI ESEMPI DI SOSTANZE VIETATEAVVERTENZA: Non si tratta di una lista esauriente di sostanze vietate. Numerose sostanze non repertoriate in questa lista sono considerate vietate in base alla denominazione "e sostanze affini".Si raccomanda vivamente a tutti gli atleti di assumere solo medicine prescritte da un medico e di accertarsi che contengano unicamente sostanze non vietate dalla Commissione medica del C.I.O. o dalle autorità responsabili.

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Se un atleta deve sottoporsi ad un controllo antidoping, è essenziale che tutte le medicine e prodotti assunti o somministrati durante i sette giorni precedenti, siano registrati nel processo-verbale ufficiale del controllo anti-doping.STIMOLANTIamineptina, amfepramone, amifenazolo, amfetamina, bambuterolo, bromantan, caffeina, carfedone, catina, cocaina, cropropamide, crotetamide, efedrina, etamivan, etilamfetamina, etilefrina, fencamfamina, fenetillina, fenfluramina, formoterolo, eptaminolo, mefenorex, mefentermina, mesocarb, metamfetamina, metossifenamina, metilenediossiamfetamina, metilefedrina, metilfenidato, niketamide, norfenfluramina, paraidrossiamfetamina, pemolina, pentetrazolo, fendimetrazina, fentermina, feniledrina, fenilpropanolammina, foledrina, pipradolo, prolintano, propilesedrina, pseudoefedrina, reproterolo, salbutamolo, salmeterolo, selegilina, stricnina, terbutalina.NARCOTICIBuprenorfina, dextromoramide, diamorfina (eroina), idrocodone, metadone, morfina, pentazocina, petidina.AGENTI ANABOLIZZANTIAndrostenodiolo, androstenedione, bambuterolo, boldenone, clenbuterolo, clostebol, danazolo, de-idroclormetiltestosterone, deidro-epiandrosterone (DHEA), diidrotestosterone, drostanolone, fenoterolo, fluossimesterone, formebolone, formoterolo, gestrinone, mesterolone, metandienone, metenolone, metandriolo, metiltestosterone, mibolerone, nandrolone, 19-norandrostenediol, 19-norandrostenedione, noretandrolone, ossandrolone, ossimesterone, ossimetolone, reproterolo, salbutamolo, salmeterolo, stanozololo, terbutalina, testosterone, trenbolone.DIURETICIacetozolamide, bendroflumetiazide, bumetanide, canrenone, clortalidone, acido etacrinico, furosemide, idroclorotiazide, indapamide, mannitolo, mersalil, spironolactone, triamterene.AGENTI SCHERMANTIbromantan, diuretici (vedere sopra), epitestosterone, probenecid.ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI E AFFINIACTH, eritropoietina (EPO), hCG, hGH., insulina, LHBETA-BLOCCANTIacetobutololo, alprenolo, atenololo, betaxololo, bisoprololo, bunololo, labetalolo, metoprololo, nadodolo, ossiprenololo, propanololo, sotalolo

Legge 14 dicembre 2000, n. 376 – Didsciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping

Il Presidente della Repubblicapromulga

la seguente legge:

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Articolo 1.(Tutela sanitaria delle attività sportive. Divieto di doping).1. L'attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping con appendice, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522[1]. Ad essa si applicano i controlli previsti dalle vigenti normative in tema di tutela della salute e della regolarità delle gare e non può essere svolta con l'ausilio di tecniche, metodologie o sostanze di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo integrità psicofisica degli atleti.2. Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psico-fisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.3. Ai fini della presente legge sono equiparate al doping la somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull'uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche indicati nel comma 2.4. In presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e certificate dal medico, all'atleta stesso può essere prescritto specifico trattamento purché sia attuato secondo le modalità indicate nel relativo e specifico decreto di registrazione europea o nazionale ed i dosaggi previsti dalle specifiche esigenze terapeutiche. In tal caso, l'atleta ha l'obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare a competizioni sportive, nel rispetto di regolamenti sportivi, purché ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica.Articolo 2.(Classi delle sostanze dopanti).1. I farmaci, le sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping a norma dell'articolo 1, sono ripartiti, anche nel rispetto delle disposizioni della Convenzione di Strasburgo, ratificata ai sensi della citata legge 29 novembre 1995, n.522, e delle indicazioni del Comitato internazionale olimpico (CIO) e degli organismi internazionali preposti al settore sportivo, in classi di farmaci, di sostanze o di pratiche mediche approvate con decreto del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, su proposta della Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive di cui all'articolo 3.2. La ripartizione in classi dei farmaci e delle sostanze biologicamente o farmacologicamente attive è determinata sulla base delle rispettive caratteristiche chimico - farmacologiche; la ripartizione in classi delle pratiche mediche è determinata sulla base dei rispettivi effetti fisiologici.3. Le classi sono sottoposte a revisione periodica con cadenza non superiore a sei mesi e le relative variazioni sono apportate con le stesse modalità di cui al comma 1.

4. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.Articolo 3. (Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive).1. E' istituita presso il Ministero della sanità la Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, di seguito denominata "Commissione", che svolge le seguenti attività:a) predispone le classi di cui all'articolo 2, comma 1, e procede alla revisione delle stesse, secondo le modalità di cui all'articolo 2, comma 3;b) determina, anche in conformità alle indicazioni del CIO e di altri organismi ed istituzioni competenti, i casi, i criteri e le metodologie dei controlli anti-doping ed individua le competizioni e le attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori di cui all'articolo 4, comma 1, tenuto conto delle caratteristiche delle competizioni e delle attività sportive stesse;c) effettua, tramite i laboratori di cui all'articolo 4, anche avvalendosi di medici specialisti di medicina dello sport, i controlli antidoping e quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara; predispone i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping nelle attività sportive;d) individua le forme di collaborazione in materia di controlli anti-doping con le strutture del Servizio sanitario nazionale;

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e) mantiene i rapporti operativi con l'Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo la partecipazione a programmi di interventi contro il doping;f) può promuovere campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, in modo particolare presso tutte le scuole statali e non statali di ogni grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive nazionali, le società affiliate, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, anche avvalendosi delle attività dei medici specialisti di medicina dello sport.2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministero della sanità di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite le modalità di organizzazione e di funzionamento della Commissione.3. La Commissione è composta da:a) due rappresentanti del Ministero della sanità, uno dei quali con funzioni di presidente;b) due rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali;c) due rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome;d) un rappresentante dell'Istituto superiore della sanità;e) due rappresentanti del CONI;f) un rappresentante dei preparatori tecnici e degli allenatori;g) un rappresentante degli atleti;h) un tossicologo forense;i) due medici specialisti di medicina dello sport;l) un pediatra;m) un patologo clinico;n) un biochimico clinico;o) un farmacologo clinico;p) un rappresentante degli enti di promozione sportiva;q) un esperto in legislazione farmaceutica.

4. I componenti della Commissione di cui alle lettere f), g), e p) del comma 3 sono indicati dal Ministero per i beni e le attività culturali; i componenti di cui alle lettere h) e n) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale degli ordini dei chimici; i componenti di cui alle lettere i), l) ed m) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri; i componenti di cui alle lettere o) e q) del comma 3 sono indicati dalla Federazione nazionale dell'ordine dei farmacisti.5. I componenti della Commissione sono nominati con decreto del Ministero della sanità, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, e restano in carica per un periodo di quattro anni non rinnovabile.6. Il compenso dei componenti e le spese per il funzionamento e per l'attività della Commissione sono determinati, con il regolamento di cui al comma 2, entro il limite massimo di lire 2 miliardi annueArticolo 4. (Laboratori per il controllo sanitario sull'attività sportiva)1. Il controllo sanitario sulle competizioni sportive e sulle attività individuate dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), è svolto da uno o più laboratori accreditati dal CIO o da altro organismo internazionale riconosciuto in base alle disposizioni dell'ordinamento internazionale vigente, sulla base di una convenzione stipulata con la Commissione. Gli oneri derivanti dalla convenzione non possono superare la misura massima di lire un miliardo annue. Le prestazioni rese dai laboratori accreditati non possono essere poste a carico del Servizio sanitario nazionale né del bilancio dello Stato. I laboratori di cui al presente articolo sono sottoposti alla vigilanza dell'Istituto superiore di sanità, secondo modalità definite con decreto del Ministero della sanità, sentito il direttore dell'Istituto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.2. I laboratori di cui al comma 1 svolgono i seguenti compiti:a) effettuano i controlli anti-doping, secondo le disposizioni adottate dalla Commissione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b);b) eseguono i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili ai fini di doping nelle attività sportive;c) collaborano con la Commissione ai fini della definizione dei requisiti di cui al comma 3 del presente articolo

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3. I controlli sulle competizioni e sulle attività sportive diverse da quelle individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), sono svolti da laboratori i cui requisiti organizzativi e di funzionamento sono stabiliti con decreto del Ministero della sanità, sentita la Commissione, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.4. A decorrere dalla data della stipulazione delle convenzioni di cui al comma 1, e comunque a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano le attività del CONI in materia di controllo sul laboratorio di analisi operante presso il Comitato medesimo.Articolo 5.(Competenze delle regioni).1. Le regioni, nell'ambito di piani sanitari regionali, programmano le attività di prevenzione e di tutela della salute nelle attività sportive, individuano i servizi competenti, avvalendosi dei dipartimenti di prevenzione e coordinano le attività dei laboratori di cui all'articolo 4, comma 3.Articolo 6.(Integrazione dei regolamenti degli enti sportivi)1. Il CONI, le federazioni sportive, le società affiliate, le associazioni sportive, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati sono tenuti ad adeguare i loro regolamenti alle disposizioni della presente legge, prevedendo in particolare le sanzioni e le procedure disciplinari nei confronti dei tesserati in caso di doping o di rifiuto di sottoporsi ai controlli.2. Le federazioni sportive nazionali, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta loro dalla legge, possono stabilire sanzioni disciplinari per la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e per l'adozione o sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, anche nel caso in cui queste non siano ripartite nelle classi di cui all'articolo 2, a condizione che tali farmaci, sostanze o pratiche siano considerate dopanti nell'ambito dell'ordinamento internazionale vigente.3. Gli enti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a predisporre tutti gli atti necessari per il rispetto delle norme di tutela della salute di cui alla presente legge.4. Gli atleti aderiscono ai regolamenti e dichiarano la propria conoscenza ed accettazione delle norme in essi contenute.5. Il CONI, le federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione dell'attività sportiva curano altresì l'aggiornamento e l'informazione dei dirigenti, dei tecnici, degli atleti e degli operatori sanitari sulle problematiche concernenti il doping. Le attività di cui al presente comma sono svolte senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.Articolo 7.(Farmaci contenenti sostanze dopanti)1. I produttori, gli importatori e i distributori di farmaci appartenenti alle classi farmacologiche vietate dal CIO e di quelli ricompresi nelle classi di cui all'articolo 2, comma 1, sono tenuti a trasmettere annualmente al Ministero della sanità i dati relativi alle quantità prodotte, importate, distribuite e vendute alle farmacie, agli ospedali o alle altre strutture autorizzate di ogni singola specialità farmaceutica.2. Le confezioni di farmaci di cui al comma 1 devono recare un apposito contrassegno il cui contenuto è stabilito dalla Commissione, sull'involucro e sul foglio illustrativo, unitamente ad esaurienti informazioni descritte nell'apposito paragrafo "Precauzioni per coloro che praticano attività sportiva". 3. Il Ministero della sanità controlla l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 nelle confezioni dei farmaci all'atto della presentazione della domanda di registrazione nazionale, ovvero all'atto della richiesta di variazione o in sede di revisione quinquennale.4. Le preparazioni galeniche, officinali o magistrali che contengono principi attivi o eccipienti appartenenti alle classi farmacologiche vietate indicate dal CIO e a quelle di cui all'articolo 2, comma 1, sono prescrivibili sono dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile. Il farmacista è tenuto a conservare l'originale della ricetta per sei mesi.Articolo 8.(Relazione al Parlamento)1. Il Ministero della sanità presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, nonché sull'attività svolta dalla Commissione.Articolo 9.

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(Disposizioni penali)1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all'articolo 2, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.2. La pena di cui al comma 1 si applica, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste all'articolo 2, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero siano dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.3. La pena di cui ai commi 1 e 1-bis è aumentata: a) se dal fatto deriva un danno per la salute; b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal CONI.4. Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione.5. Nel caso previsto dal comma 2, lettera c), alla condanna consegue l'interdizione permanente dagli uffici direttivi del CONI, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal CONI.6. Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.7. Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricomprese nelle classi di cui all'articolo 2, comma 1, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 150 milioni.Articolo 10(Copertura finanziaria)1. Gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, valutati in lire 2 miliardi annue, e dell'articolo 4, valutati in lire un miliardo annue, a decorrere dall'anno 2000 sono posti a carico del CONI.2. L'importo corrispondente ai predetti oneri è versato dal CONI all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 marzo di ciascun anno e, in sede di prima applicazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.3. L'importo acquisito all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi del comma 1 è riassegnato ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della sanità. 4. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Legge 28 novembre 2001, n. 426"Misure contro la violenza nello sport e il doping. Istituzione del Museo dello sport italiano"pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 11 dicembre 2001  Art. 1.1. È autorizzata la spesa di lire 5,5 miliardi per l'anno 2002, per la realizzazione di progetti diretti alla informazione e sensibilizzazione in materia di contrasto alla violenza nello sport e al doping, nonchè all'istituzione del Museo dello sport italiano. Per le spese di funzionamento del Museo dello sport italiano è autorizzata la spesa nel limite massimo di lire 500 milioni annue a decorrere dal 2002. Con appositi regolamenti

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del Ministro per i beni e le attività culturali, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti i Ministri competenti, sono disciplinate le modalità di attuazione della presente legge nonché la ripartizione delle risorse necessarie.2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 6 miliardi per l'anno 2002 e 500 milioni a decorrere dal 2003, si provvede quanto a lire 6 miliardi mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali, e quanto a lire 500 milioni mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.La Commissione per la vigilanza

Presso il Ministero della Salute opera la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita in attuazione della legge 376 del 2000, alla quale sono stati affidati i seguenti compiti: predisposizione della lista di farmaci contenenti sostanze dopanti; determinazione dei casi, dei criteri e delle metodologie dei controlli antidoping; effettuazione dei controlli antidoping e quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara; individuazione delle forme di collaborazione in materia di controlli antidoping con le strutture del Servizio Sanitario nazionale; intrattenimento dei rapporti operativi con l’Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo la partecipazione a programmi di interventi contro il doping; promozione di campagne informative per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping. La prima convocazione ufficiale della Commissione è avvenuta il 20 dicembre 2001 in coincidenza con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento inerente la sua organizzazione e il suo funzionamento. Durante il primo anno di attività la Commissione ha predisposto la lista delle sostanze e pratiche dopanti, approvata con decreto firmato congiuntamente dal Ministro della Salute e dal Ministro delle Attività e dei beni culturali che è in via di pubblicazione.La Commissione ha approvato anche le norme procedurali per l’effettuazione dei controlli antidoping e per la tutela della salute che sono state assunte dal Ministro della Salute sotto forma di decreto e pubblicate in Gazzetta Ufficiale in data 24 ottobre 2002, costituiranno punto di riferimento sia per l’autorità giudiziaria sia per gli atleti. Inoltre, è stato predisposto per il 2002 il programma di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping nelle attività sportive, intendendo così promuovere ricerche su specifiche tematiche del settore. La commissione ha inoltre provveduto a stipulare con il laboratorio accreditato CIO, di proprietà della FMSI, la convenzione per l'effetuazione delle analisi relative ai controlli antidoping per il periodo settembre-dicembre 2002.La Commissione ha competenze anche in materia di rapporti operativi con l’Unione europea e con gli altri organismi internazionali che svolgono attività istituzionale nella lotta al doping e in tale ottica l’Agenzia Mondiale antidoping è giunta all'approvazione del Codice Mondiale Antidoping, la cui entrata in vigore è prevista nel marzo 2003. Per quanto riguarda inoltre la promozione di campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, la Commissione ha predisposto uno schema di convenzione con l'ISS, avente ad oggetto i seguenti punti: campagne informative/formative in collaborazione con le varie istituzioni universitarie e scolastiche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive nazionali, le società affiliate e gli enti di promozione sportiva; campagne informative e di formazione indirizzate a pediatri, a medici specialisti in medicina dello

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sport ed a medici prelevatori; campagne informative sull'intero territorio nazionale con la diffusione di apposito materiale utilizzando il circuito delle farmacie.Il dottore (quello con la "d" minuscola, per distinguersi da quello più noto, famoso e costoso con la "D" maiuscola, indagato dalle Procure di mezza Italia) non fa ricette. Ti guarda, ti fa pedalare qualche minuto su uno strano attrezzo, ti pizzicotta qua e là sull’addome, sulle spalle, sulle gambe, ti dice se sei grasso o meno, ti fa qualche domanda. Ti suggerisce una tabella di allenamento. Niente medicine, la prima volta. A meno di non essere mandati da qualcuno davvero affidabile e amico. Cosa rarissima. "Ottantamila e passa la paura", raccontano. Ma dal dottore si va per ben altro. Lui ha fama di grande "preparatore"; da lui vanno professionisti di nome; ciclisti, soprattutto, ma anche atleti di varie discipline, dall’atletica al calcio, al nuoto, al triathlon e, da quando è riuscito con la farmacopea moderna, a "far camminare come un treno", come si dice in gergo, anche l’ultimo dei gregari, gode di fama da taumaturgo. Lo hanno ringraziato tanto anche davanti alla tv. E non c’è spot migliore che vedere un atleta di terza categoria vincere e ringraziare il proprio medico.Solo dopo due o tre visite si arriva alla confidenza. E non sempre. Alla formula di rito: "Dottore, voglio andare forte", lui risponde con un contenuto "Quanto forte"?. Poi ti chiede subito se per caso hai già preso "qualcosa", dove per qualcosa si intende qualche potente farmaco. Tutto dipende da quello che rispondi. "Dottore, il medico della mutua mi ha dato il testosterone. Ho già fatto una curetta, ma senza grossi vantaggi". Ecco il segnale preciso che c’è il terreno adatto. Il dottore ti mette in mano carta e penna: "Scrivi: una iniezione di Profasi una volta ogni due giorni…". Così può cominciare il viaggio della "speranza" dell’amatore degli sport di resistenza. Lo racconta A.N. un cicloamatore pentito, che, naturalmente, vuole mantenere l’anonimo. "Questa è una mafia – dice – mi hanno già minacciato". E’ un sottobosco inquietante quello che emerge dal mondo degli amatori di varie discipline nel rapporto sport-doping-uso-abuso di farmaci. Un mondo dove ormai anche la farmacia illecita ha un peso e un ruolo insospettabile. Oltre che un mercato che dai semplici e consentiti integratori, ai vietatissimi steroidi anabolizzanti, ormoni, stimolanti ed eccitanti, costituisce una florida realtà per l’industria farmacologica. "Con quella roba mi sono sentito fortissimo in poco tempo", racconta A. N., svelando tutta la potenza dei prodotti moderni, davvero in grado di "fare la differenza" e, molto di più dei prodotti del passato, di cambiare equilibri ed esiti sportivi. E sarà proprio lui, autentico spot di se stesso, ad essere il miglior veicolo di pubblicità. E’ una delle follie del secolo questa corsa alla farmacia proibita nello sport amatoriale. Un fenomeno insospettabile solo qualche lustro fa ed ora di proporzioni mondiali. Un meccanismo tanto pubblicizzato dal dorato mondo dei professionisti, da dilagare sempre più in basso. Fra i giovani agonisti, ad esempio, come è capitato di constatare qualche tempo fa, quando 8 dilettanti sono stati fermati in Toscana dalla commissione medica della federcilismo perché avevano il sangue troppo denso, come Pantani a Madonna di Campiglio. Per non parlare della "casa delle bambole", una storiaccia di prodotti vietati trovati dai Nas di Firenze in casa della presidentessa di una squadra juniores toscana. Juniores, ovvero: ragazzi di 17 anni cui, presumibilmente veniva somministrato Gh, l’ormone della crescita. Con danni futuri certi, anche se tutti da definire per un fisico in formazione. O dell’indagine del giudice Casson di Venezia, che in poche perquisizioni a casa di tecnici e atleti giovani e giovanissimi ha sequestrato di tutto. Medicinali a base di eritropoietina, l’ormone che ha sconvolto gli equilibri delle prestazioni di fondo e resistenza (ma anche quelle di forza e velocità). Stimola il midollo spinale a produrre globuli rossi, così il sangue trasporta più ossigeno ai muscoli, migliorando la performance. E, naturalmente, con il sangue che si addensa e circola male nei capillari, porta con sé anche una infinità di controindicazioni e problemi che vanno nel breve termine dalla trombosi, all’ictus; nel lungo dal diabete, al tumore del sangue. E poi corteccia surrenale (allontana la fatica), ormoni, stimolanti, analgesici e preparazioni omeopatiche di tutti i tipi. Prodotti pericolosissimi e anche costosi, che la dicono lunga su quello che ormai è un vero e proprio modello comportamentale. O così o niente sport: questo il ricatto della farmacopea moderna. "Il vero mercato è qui - spiega un Sandro Donati, dirigente del Coni da sempre in prima linea nella lotta al doping – i giovani che hanno fallito l’approccio con lo sport agonistico maggiore e i meno giovani che rispondono all’esigenza di voler in qualche modo apparire. La nostra è una società dove esisti se appari; non si spiega altrimenti questa autentica follia. E’ un vero e proprio malessere psicologico che pervade queste persone: cercare in ogni modo di farsi notare, di apparire, in tono con la nostra che è una società dell’apparire e non dell’essere".Le cifre, come riportiamo a parte, gli danno ragione. Ma c’è da chiedersi come mai proprio il mondo dello sport, che per tanti anni ha propagandato una realtà di valori assoluti e di lealtà, sia finito in questa autentica palude.

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"Il mondo dello sport – continua Donati – non ha valutato a sufficienza le conseguenze derivanti dall’esaltazione esasperata del campionismo negli ultimi anni. E’ stato fatto credere che la "vetrina" dei campioni fosse un elemento di grande propaganda e conquista di proseliti. A diversi lustri di distanza dall’inizio di questa politica si può dire, risultati alla mano, che il campionismo non ha fatto proseliti, tant’è che la crisi di tesserati nelle federazioni che più hanno spinto in questa direzione è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che altri si sono impossessati della figura del campione e lo hanno usato come mero veicolo pubblicitario, ma per ottenere altre cose. Pubblicizzare prodotti industriali, ad esempio: un’auto, un paio di scarpe, una linea di integratori alimentari, in via diretta; i prodotti più nefasti della farmacia proibita in via indiretta. E’ qui che va cercata la saldatura tra il desiderio di apparire degli amatori e il messaggio dei campioni di successo. Il tifoso-amatore ha finito per essere il primo a non credere dentro di sé nelle qualità tecnico-atletiche del proprio campione, quanto piuttosto negli additivi, in quel qualcosa di magico e taumaturgico che c’è da sempre nella medicina. E ha scelto di imitare". "Quando vedi che uno che battevi sempre – spiega il nostro amatore pentito – d’improvviso ti stacca, pensi subito a quale medicina abbia preso, non a che tipo di allenamento abbia fatto". E, naturalmente, il tam-tam immediato dell’ambiente vale molto di più di tanti spot pubblicitari. Vedere il cambiamento radicale di persone dalle doti limitate, da un giorno all’altro è la migliore pubblicità per i prodotti. E il problema del doping moderno sta proprio qui. Nella enorme capacità che ha la chimica attuale di trasformare la prestazione. Un "trattamento" non più occasionale, ma che dura nei mesi e negli anni (con conseguenze a lungo termine tutte la valutare). "Nessuno conosce oggi cosa possa determinare l’uso incrociato e protratto di prodotti come l’epo e il gh, l’ormone della crescita", dice il professor Pasquale Bellotti, segretario della commissione scientifica del Coni, uno dei pochi organismi nell’ente che ha impostato una vera campagna (battezzata "Io non rischio la salute" e basata su controlli su sangue e urina) contro il diffondersi della farmacia proibita. "Ma saranno comunque conseguenze preoccupanti, per via dei dosaggi abnormi. Questa roba accorcia la vita". Il vero mercato del doping non è tanto, dunque, nella dorata vetrina dei campionissimi (poche centinaia), quanto molto più in basso e va ricercato nella quotidiana banalità del ragioniere che vuole fare meglio del collega di ufficio, magari arrivando 1200esimo nella maratona o 800esimo nella gran fondo cui partecipa. "C’è anche una sorta di rivalsa sulle frustrazioni quotidiane", dice la psicologa dello sport Marina Gerin. Un mercato sempre più sofisticato, che fa ricorso spesso a prodotti "pesanti" e costosi, dalle enormi potenzialità. Costituito dai 3 milioni di praticanti la bici (tra ciclisti della domenica, patiti del fuoristrada, ovvero della mountain bike, delle gran fondo, la moda del momento e delle gare amatoriali). Poi c’è il milione dei praticanti jogging e atletica; i 6.000 del triathlon, fra tesserati alle federazioni sportive e gli utenti fai-da-te, sempre più numerosi secondo la tendenza attuale.Le aziende produttrici di integratori (legali) dalle capacità taumaturgiche si sono moltiplicate negli ultimi anni. Basti pensare che la creatina, messa sotto accusa nel calcio, ha avuto un balzo di almeno il 15% sul mercato, dopo la denuncia di Zeman sugli abusi di farmaci nel pallone. Tutto spinge verso il consumo. L’effetto sulla prestazione, innanzitutto: "Non senti la fatica – racconta il solito cicloamatore – e nessuno ti controlla. Da noi non ci sono neppure i test antidoping". La facilità nel reperire i prodotti, poi. "Epo e Gh arrivano sul mercato clandestino principalmente dagli ospedali", spiegano i Nas, impegnati da tempo in una difficilissima battaglia. La circolazione rapida del know-how: "Ora tutti anche il gregario più ignorante, sa come fare e cosa fare: dosi, antidoti, procedure per ingannare gli eventuali test", dice Santoni, manager della Cantina Tollo, una delle formazioni priofessionistiche ha preso parte all’ultimo Giro d’Italia. Ma ci sono delle differenze. "Nell’atletica amatoriale – dice il dottor Fischetto, responsabile della Fidal, la federazione d’atletica, per i controlli antidoping – non abbiamo la sensazione che il fenomeno doping sia molto diffuso. Quest’anno solo tre casi di positività. Ma debbo dire che nelle grandi maratone controlliamo solo gli atleti di vertice". L’impressione è che il settore sia piuttosto lasciato a se stesso. I test sono pochi (una quarantina l’anno contro le migliaia di praticanti) e basati solo sull’urina, cui sfuggono tutte le sostanze più potenti e quelle che consentono di manipolare il sangue. Nel triathlon che è la quint’essenza delle specialità a base aerobica spesso non vengono effettuati neppure questi controlli. "Le tre gare di Coppa del mondo disputate in Italia – racconta Danilo Palmucci, ex campione italiano e sempre nel giro della nazionale azzurra – ad Anzio, Forte dei Marmi e Milano, non hanno avuto controlli. Questo vuol dire la possibilità che ci sia doping selvaggio per tutti dai livelli maggiori a quelli più bassi". Né i

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costi e le difficoltà di procurarsi certi prodotti possono costituire un freno. L’Epo non è difficile procurarsela attraverso canali clandestini (esce – come abbiamo visto - in gran parte dagli ospedali, dove è usata come farmaco salvavita per i dializzati) e ora anche prodotti d’avanguardia come l’emoglobina sintetica e il Pfc (perfluorocarburo), sostanze usate in rianimazione, che trasportano direttamente l’ossigeno, sono facili da reperire perfino su Internet. Sulla loro pericolosità basti osservare che alcune di esse non hanno ancora ricevuto il placet per uso terapeutico dalle autorità internazionali. Ma ci sono fabbriche clandestine (in Messico soprattutto) che sopperiscono alla bisogna. "Il target dell’atleta medio di triathlon – continua Palmucci – è quello del benestante. I soldi non sono un problema. Come si fa, altrimenti, a spendere 30 milioni l’anno per preparare un evento come il famoso Ironman delle Hawaii, il triathlon più famoso e conosciuto del mondo, per ricavarne magari solo 700 dollari di premio?".I dottori sono tanti. Il nostro lavora non lontano da Roma. Ma come lui nella penisola ce ne sono altri in Toscana, Veneto, Lombardia. Medici o paramedici. "Si sono equamente divisi il mercato, badando bene a non pestarsi i piedi", fanno sapere i Nas. Il loro studio è sempre affollato. Oltre a servire i malati di sport, spesso sono anche medici mutua. Qualcuno ha anche avuto qualche guaio con la giustizia sportiva, una squalifica, ad esempio. Ma questo, lungi dal procurargli problemi, gli ha portato più fama, quindi più clientela. Il tam-tam dei malati di sport è velocissimo e fortissimo. "Arrivare all’altro – racconta il cicloamatore pentito - (quello con la D maiuscola, indagato da tre procure d’Italia per "somministrazione di farmaci dannosi per la salute", n.d.r) - per un amatore è quasi impossibile. E’ come se un operaio volesse acquistare da Bulgari. Ma questi qui, sono come il Supermercato. Lavorano sulla quantità. Entri, chiedi, acquisti e te ne vai". "La Repubblica" del 25 Giugno 1999

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