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L’USO DEL TERRENO COME SORGENTE TERMICA
Angelo Zarrella ([email protected])
Dipartimento di Fisica Tecnica – Università degli Studi di Padova
1. INTRODUZIONE
L’aumento del benessere e delle attività umane, ha portato negli ultimi anni ad una intensificazione
dell’effetto serra, con possibili cambiamenti climatici legati all’aumento della temperatura media
globale. Con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto, firmato anche dall’Italia, viene imposto ad
ogni Paese firmatario di diminuire le proprie emissioni di gas serra nel periodo 2008-2012 di
almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990, considerato come anno di riferimento. Nel Dicembre
2008, il Consiglio Europeo ha approvato il piano secondo cui si impone, entro il 2020, di ridurre del
20% le emissioni di CO2 e di aumentare della stessa percentuale il risparmio energetico e la quota
delle fonti rinnovabili nel mix energetico, nonostante alcune concessioni date ad alcuni Paesi tra cui
anche l’Italia. L’attenzione è già rivolta alla conferenza mondiale sul clima di Copenhagen,
chiamata a dare seguito al Protocollo di Kyoto.
Per adeguarsi a tali norme appare fondamentale sia migliorare l’efficienza energetica dei sistemi,
anche mediante lo sviluppo di nuove tecnologie, che diversificare il più possibile le fonti
energetiche.
In tale quadro si inserisce molto bene la “sorgente geotermica a bassa temperatura1” per la
climatizzazione degli edifici. Sfruttando infatti la quasi isotermia del terreno, è possibile far
funzionare una Pompa di Calore (PdC) acqua-acqua a livelli termici che consentono elevati
coefficienti di prestazione, quindi minor consumi e di conseguenza minori emissioni inquinanti.
Per pompa di calore si intende una macchina che preleva calore da una sorgente a temperatura
inferiore, e lo rende disponibile (assieme all’equivalente termico dell’energia spesa per rendere
possibile questa operazione), per utilizzo esterno, ad una temperatura superiore. Quindi, a rigore, il
termine “pompa di calore” si riferisce al solo funzionamento in regime di riscaldamento. La PdC
diventa “invertibile” quando la stessa macchina è in grado di operare anche come refrigeratore per il
periodo estivo, quando si sottrae calore dall’utenza per cederlo all’ambiente esterno. Le prestazioni
energetiche di una PdC sono valutate con il parametro COP (Coefficient of Performance), che per
un ciclo a compressione di vapore risulta essere (Fig. 1):
• riscaldamento: L
QCOP
2=
• raffrescamento: L
QCOP 1=
1 Da non confondere con quella ad alta temperatura, ad esempio:
il vapore estratto nella località di Larderello in Toscana; acqua ad alta temperatura prelevata dal sottosuolo a Ferrara ed
utilizzata per il teleriscaldamento della città.
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Fig. 1 – Principio di funzionamento della Pompa di Calore e della Macchina Frigorifera.
Nel caso di ciclo inverso ideale di Carnot (due trasformazioni isoterme e due adiabatiche reversibili)
i COP possono essere scritti nel seguente modo (ultima uguaglianza a destra):
• riscaldamento: 12
2
12
22
TT
T
Q
L
QCOP
−=
−==
• raffrescamento: 12
1
12
11
TT
T
Q
L
QCOP
−=
−==
Da queste due ultime relazioni risulta evidente che il COP aumenta al diminuire del salto termico
tra le due sorgenti. Pertanto, per una certa sorgente termica esterna, in regime di riscaldamento il
COP aumenta al diminuire della temperatura di condensazione e quindi di alimentazione dei
terminali ambiente utilizzati; durante il periodo di raffrescamento, invece, l’efficienza energetica
della PdC aumenta all’aumentare della temperatura di evaporazione. Da qui si capisce il motivo per
cui le pompe di calore si accoppiano molto bene con i sistemi a bassa differenza di temperatura (tra
l’aria ambiente ed il fluido termovettore utilizzato), quali ad esempio i pannelli radianti, classici o
nella loro versione ad “attivazione termica della massa”, o anche ventilconvettori.
Come sorgente termica esterna spesso viene utilizzata l’aria. Essa presenta però un inconveniente:
durante il periodo di riscaldamento il carico termico richiesto dall’edificio aumenta al diminuire
della temperatura esterna, provocando una diminuzione di efficienza energetica della PdC; in modo
analogo ciò si verifica anche in regime di raffrescamento sul lato del condensatore.
Un valido sostituto dell’aria è il terreno. Esso presenta un’elevata inerzia termica ed una
temperatura molto stabile già a poca profondità; dalla Fig. 2 risulta evidente che l’ampiezza della
variazione giornaliera di temperatura si riduce già a pochi centimetri di profondità, mentre l’effetto
stagionale svanisce dopo alcuni metri. Ad ogni modo, la temperatura del terreno indisturbato (cioè
che non risente della sollecitazione esterna in superficie, sia di temperatura che di radiazione solare)
oscilla rispetto ad un valore medio che è, con una certa approssimazione, pari alla temperatura
media annuale dell’aria esterna nella località in esame. La temperatura indisturbata del terreno
risulta più vicina alla temperatura dell’ambiente da climatizzare: ciò si traduce in un evidente
aumento di efficienza energetica della PdC, con una conseguente riduzione dei consumi di energia
primaria.
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Bolzano Napoli
λ: 1.8 W/(mK); ρc: 1.925 MJ/(m3K); temperatura sole-aria dell’anno tipo
Fig. 2 – Andamento della temperatura del terreno a diverse profondità durante l’anno (le
temperature sono calcolate numericamente).
Fig. 3 – Principio di funzionamento della PdC
a terreno in regime di riscaldamento.
Fig. 4 – Principio di funzionamento della PdC a
terreno in regime di raffrescamento.
Le PdC geotermiche si possono distinguere in tre grosse categorie:
1. quelle che utilizzano l’acqua di falda come fluido temovettore;
2. quelle che utilizzano l’acqua di superficie, ad esempio di fiumi, laghi, ecc.;
3. quelle che utilizzano degli scambiatori di calore a terreno a circuito chiuso entro cui scorre il
fluido termovettore.
Lo sfruttamento dell’acqua, sia di falda che di superficie, non sempre è possibile; inoltre l’uso di
tale risorsa è regolamentato da apposite leggi e normative, nazionali, regionali o delle comunità
locali. Va detto che l’uso diretto dell’acqua di falda rappresenta la situazione migliore in termini di
efficienza energetica, in quanto l’eventuale scambiatore a circuito chiuso impone un certo salto di
temperatura, di conseguenza una diminuzione di efficienza.
Gli impianti di cui al punto 3 possono utilizzare come fluido termovettore acqua pura o addizionata
con sostanza anticongelante. Con acqua pura, chiaramente, la PdC non può evaporare al di sotto di
5-6°C: in tal caso se il campo di sonde geotermiche non è opportunamente dimensionato si rischia
di non soddisfare ai carichi più esigenti. L’aggiunta di una sostanza anticongelante permette di
evaporare anche a temperature più basse e assorbire sufficientemente calore dal terreno (la forza
motrice del flusso termico è la differenza di temperatura tra il fluido termovettore nel circuito
chiuso ed il terreno) e far fronte a tutti i carichi invernali. Va detto però che la sostanza
anticongelante (in genere glicole etilenico o propilenico) può innescare fenomeni di corrosione ed
in caso di perdite va ad inquinare il sottosuolo e le eventuali falde acquifere, con danni
assolutamente non trascurabili; inoltre, bisogna considerare che dopo un certo periodo di tempo la
sostanza va reintegrata. Da queste ultime considerazioni emerge, dunque, che impianti che
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utilizzano, come fluido temovettore, una miscela di acqua e sostanza anticongelante richiedono
maggiore manutenzione ed attenzione. Quindi, laddove è possibile, risulta più vantaggioso
sovradimensionare il circuito scambiatore a terreno (anche se questo fa aumentare il costo iniziale
di installazione e quindi anche il tempo di ritorno dell’investimento) ed utilizzare acqua pura come
fluido termovettore: ciò permette di avere più alte efficienze energetiche della PdC.
Di seguito vengono presentati alcuni tipi di sonde geotermiche.
2. ALCUNI TIPI DI SCAMBIATORI A TERRENO
2.1 Sonde a sviluppo orizzontale
Le sonde sono interrate in trincee orizzontali scavate a profondità solitamente non superiori ai 2
metri, per tale motivo risentono in una certa misura della variazione delle condizioni climatiche
esterne. Il campo di sonde a sviluppo orizzontale può presentarsi in diverse configurazioni,
differenti fra loro a seconda della forma disegnata dalla tubazione, del numero di tubi impiegati e
della connessione fra i rami. In Fig. 5 sono riportate alcune tipiche configurazioni di posa.
E’ evidente che ad un maggiore fabbisogno termico/frigorifero dell’edificio corrisponde una
maggiore estensione della superficie del terreno dedicato alla posa dei circuiti.
Il flusso termico scambiato fra la sonda ed il sottosuolo è influenzato, ovviamente, dalla lunghezza
della tubazione, dalla profondità di installazione (Fig. 2) e dal passo tra i tubi (all’aumentare di
questo diminuisce l’interferenza termica tra i rami). L’installazione di questa tipologia di sonde
geotermiche necessita di molta superficie di terreno, pertanto bisogna verificarne la disponibilità
presso l’utente.
Aumentare il numero di tubi per trincea o la lunghezza totale di tubo per metro di scavo significa
ridurre la superficie necessaria e quindi le spese di sbancamento ed interramento ma anche
aumentare l’interferenza termica tra le sonde e quindi, a parità di carico termico richiesto, sarà
necessaria una maggiore lunghezza totale di circuito. Questo discorso vale in particolare per i tubi a
spirale detti “slinky” (Fig. 5 d, Fig. 6) che richiedono minori superfici di interramento ma maggiori
lunghezze totali di tubo.
a) - distribuzione a
chiocciola [14]
b) - distribuzione a
serpentino in parallelo [14]
c) - distribuzione a
serpentino in serie [14]
d) - distribuzione a spirale
[17]
Fig. 5 – Alcuni tipi di configurazione di posa delle sonde geotermiche a sviluppo orizzontale.
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Fig. 6 – Configurazioni di posa per tubi
“slinky”.
Fig. 7 – Distanze tra trincee e profondità di
interramento consigliate per sonde orizzontali.
2.2 Sonde a sviluppo verticale
Le sonde geotermiche a sviluppo orizzontale richiedono elevate superfici di terreno, pertanto tale
tipologia trova applicazione solo in casi di modesti fabbisogni energetici (ad esempio in campo
residenziale). Nell’ambito di edifici del settore del terziario, o comunque quando le potenzialità in
gioco cominciano ad essere medio-alte, sono soprattutto le sonde geotermiche verticali (SGV) a
trovare maggiore fattibilità di applicazione. Il principale vantaggio di questa configurazione è
quello di risentire in maniera trascurabile delle variazioni del clima esterno, date le notevoli
profondità raggiunte dalla sonda.
L’installazione di questo tipo di sonde consiste nel perforare il terreno ottenendo un foro verticale
del diametro desiderato, posizionarci all’interno le tubazioni e riempire lo spazio restante tra tubi e
terreno con materiale di tipo bentonitico o calcestruzzo arricchito con sabbie per elevarne la
conducibilità termica.
Fig. 8 – Esecuzione della perforazione per l’installazione di sonde geotermiche verticali.
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Le grandezze tipiche riscontrabili in letteratura per sonde verticali sono riassunte nella Tab. 1.
Tab. 1 - Grandezze tipiche per sonde termiche a terreno a sviluppo verticale. Profondità di perforazione [m] 20 – 180
Diametro della perforazione [mm] 100 – 150
Materiale della tubazione Tubo flessibile in PEAD
(polietilene ad alta densità)
Diametro nominale esterno della tubazione [mm] 20 – 40
Interasse tra le sonde [m] 6 – 8
Le sonde possono essere circuitate tra loro in serie (Fig. 9) o in parallelo (Fig. 10): con il
collegamento in serie si ha un incremento delle perdite di carico.
Fig. 9 – Sonde verticali in serie [1]. Fig. 10 – Sonde verticali in parallelo [1].
Le tubazioni all’interno della perforazione verticale possono essere:
a. a singolo tubo ad U: all’interno del pozzo vengono inseriti un tubo di mandata e uno di
ritorno collegati sul fondo (Fig. 11 a); esistono anche tubazioni continue senza la saldatura
dell’elemento curvo all’estremità, riducendo così le possibilità di rottura (Fig. 13);
b. a doppio tubo ad U: a differenza della precedente, nella perforazione si inseriscono quattro
tubi collegati a due a due sul fondo (Fig. 11 b);
c. a tubi coassiali: è costituita da due tubi concentrici, anche di differente materiale (Fig. 11 c).
a) - SGV a un tubo ad U
(simple U-tube)
b) - SGV a due tubi ad U
(double U-tube)
c) - SGV a tubi coassiali
Fig. 11 – Sezione trasversale delle sonde geotermiche verticali più utilizzate (dimensioni in
millimetri, disegni non in scala).
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Fig. 12 – Particolare di sonda a semplice U
(modificata da [1]).
Fig. 13 – Particolare di sonda a doppia U
senza giunzioni [14].
2.3 Pali energetici
Un’altra applicazione della geotermia a bassa temperatura sono i cosiddetti pali energetici.
All’interno dei pali di fondazione, ai ferri dell’armatura vengono fissati i tubi in polietilene in cui
circola il fluido termovettore (Fig. 14). In tale applicazione è molto importante che la temperatura
del fluido circolante dentro i tubi non scenda al di sotto di 0°C in quanto ciò porterebbe al
congelamento sia della struttura che del terreno circostante, con conseguenti ripercussioni dal punto
di vista statico.
Un’applicazione simile è quella in cui i circuiti scambiatori vengono distribuiti nel magrone di
sottofondazione (Fig. 15); anche in questo caso vale il limite di temperatura.
Il vantaggio maggiore di queste due ultime applicazioni è la notevole riduzione del costo di
installazione: infatti nella prima viene meno il costo di perforazione, nella seconda, invece, quello
di sbancamento. L’aspetto negativo è una diminuzione della resa termica rispetto ai sistemi classici
presentati in precedenza.
a) – Particolare da [1] b) –Particolare da [14]
Fig. 14 – Pali Energetici: particolari. Fig. 15 – Sonde orizzontali disposte
sottofondazione [1].
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3. GROUND RESPONSE TEST
In linea di principio il “ground response test” consiste nell’installare una sonda geotermica nel
terreno in questione, collegarci l’impianto di prova, eseguire il test misurando le temperature di
ingresso e di uscita del fluido termovettore. La sonda di prova andrà probabilmente a far parte del
campo geotermico dell’impianto. Il test è utile per avere maggiore conoscenza e sicurezza sulle
caratteristiche medie del terreno e permette di progettare il campo sonde nel modo più accurato
possibile, evitando sia sovradimensionamenti che potrebbero rendere antieconomica la soluzione di
geoscambio, sia installazioni in terreni non particolarmente adatti.
Il materiale e il diametro del tubo, il tipo di riempimento, il diametro della sonda e la sua
profondità, dovranno essere quelli di progetto per ridurre le probabilità di errore.
Il “ground response test” permette di:
• ricavare la temperatura indisturbata media del terreno, ossia la temperatura che si ha prima
dell’installazione delle sonde;
• ricavare le caratteristiche termofisiche medie del terreno;
• verificare un modello, ossia vedere se le ipotesi fatte si avvicinano ai risultati del test;
• avere informazioni utili sulla stratigrafia del terreno.
Queste indiscusse caratteristiche positive hanno però un costo che molte volte si preferisce non
sostenere, ricavando in altro modo i dati utili per il dimensionamento.
L’impianto comprende generalmente una pompa, un riscaldatore d’acqua a resistenza, un
wattmetro, due termocoppie, un sistema di acquisizione e memorizzazione dati, tubazioni ben
isolate ed un misuratore di portata. La resistenza elettrica può essere sostituita da una pompa di
calore invertibile: in tal caso la prova può essere condotta sia in regime di riscaldamento che di
raffrescamento. Generalmente si dispone l’impianto all’interno di un carrello trasportabile (Fig. 16)
per evitare di doverlo montare e smontare all’occorrenza.
a) b)
Fig. 16 – Attrezzatura per il Ground Response Test [6].
La prima prova da effettuare è la misurazione della temperatura indisturbata del terreno. Il modo più
efficace per ottenerla è accendere la pompa e guardare subito le misurazioni di temperatura in uscita
dalla sonda: questa raggiungerà un minimo che sarà da considerare il valore cercato. E’ importante
che la misura sia fatta prima che il fluido passi attraverso la pompa di circolazione in modo da
evitare un riscaldamento e quindi un’alterazione della grandezza che si vuole misurare. L’acqua
nella sonda è considerata in equilibrio termico con il terreno. Questo metodo risulta essere molto
accurato e relativamente di facile attuazione se confrontato con altri [6].
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Per la prova di ricerca della conducibilità termica equivalente del terreno, l’impianto deve fornire
alla sonda una potenza termica costante. La portata deve essere misurata da un flussostato, la
potenza termica consumata dalla resistenza sarà misurata dal wattmetro e le temperature dell’acqua
in ingresso ed uscita dalle sonde rilevate da termocoppie. Tutte queste informazioni saranno
memorizzate periodicamente e diagrammate (Fig. 20).
I metodi per stimare le caratteristiche termofisiche del terreno possono essere divisi in metodi diretti
come quello della sorgente lineare o cilindrica, e metodi numerici [6].
Nel caso di sorgente lineare, la sonda geotermica viene approssimata ad una linea; in risposta al
flusso termico q costante nel tempo, il campo di temperatura, funzione del raggio e del tempo,
attorno a questa linea è dato dalla seguente equazione [3]:
=⋅= ∫
∞ −
t
rE
qdu
u
eqtrT
t
r
u
απλπλα
444),(
2
1
4
2
(1)
dove:
λ è la conducibilità termica [W/(m K)];
α è la diffusività [m2/s];
E1 è un integrale esponenziale.
L’errore rispetto ad una fonte cilindrica risulta minore del 2% se α220 brt ⋅≥ : in genere, per una
sonda geotermica, t è nell’intervallo 10-20 ore. Per valori più grandi del rapporto 2/ rtα , 1E può
essere approssimato con la seguente relazione:
γα
α−
=
2
2
1
4ln
4 r
t
t
rE 5
2≥
r
tα (2)
dove 5772.0=γ è la costante di Eulero. L’errore massimo è 2.5% per 20/ 2 ≥rtα e 10% per
5/ 2 ≥rtα .
Facendo riferimento alla Fig. 17, la temperatura del fluido all’interno della sonda sarà data da:
( ) 0)( TRqtTtT bq
bf +⋅+= (3)
Fig. 17 – Schematizzazione dello scambio termico tra sonda e terreno [6].
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Tenendo conto delle relazioni precedenti risulta (T0 è la temperatura indisturbata):
02
4ln
4)( TRq
r
tqtT bf +⋅+
−
⋅= γα
πλ (4)
Essendo il flusso termico q costante, si può scrivere:
( ) mtktT f +⋅= ln)( (5)
con
( ) ( )[ ] 0
2ln4ln TRqrkm bb +⋅+−−⋅= γα (6)
dove λπ ⋅⋅
=4
qk è la pendenza della retta che esprime la temperatura media del fluido contro il
logaritmo naturale del tempo. Quindi effettuate le misure e ricavata la temperatura media del fluido
(Fig. 18) si riporta quest’ultima in funzione del logaritmo naturale del tempo (Fig. 19) ottenendo la
retta in questione. Nota quindi k si ricava facilmente la conducibilità termica del terreno λ: il valore così trovato è comprensivo dell’effetto del materiale di riempimento, di eventuali movimenti
d’acqua sotterranei, ecc.
Fig. 18 – Ground Response Test: temperature
di mandata e ritorno del fluido termovettore
[6].
Fig. 19 – Ground Response Test:
temperatura media del fluido termovettore in
funzione del logaritmo del tempo [6].
Se si utilizza un software, una volta inseriti i dati relativi al test (caratteristiche geometriche della
sonda, materiali, tempo) si possono effettuare varie simulazioni, procedendo per tentativi sui dati di
conduttività e diffusività medie confrontando il diagramma risultante delle temperature con i valori
ottenuti dal test. Viceversa, se si conoscono in modo approfondito le caratteristiche del terreno
(stratigrafia, proprietà di ogni strato) e si ha la possibilità di usufruire di un modello numerico che
permette di distinguere i vari strati, il “ground response test” può servire come verifica delle ipotesi
prese come input per il modello. Perciò, da un confronto tra i dati risultanti dal modello e quelli
ottenuti dalla prova, si può concludere se c’è o meno convergenza. In Fig. 20 sono riportate le
misurazioni di una prova, mentre in Fig. 21 si trova la relativa elaborazione per il calcolo della
conducibilità termica equivalente.
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Fig. 20 – Esempio di Ground Response Test: dati misurati.
Fig. 21 – Esempio di Ground Response Test: determinazione della conducibilità termica.
Affinché il test possa essere ritenuto valido occorre prestare attenzione ai tempi e alla potenza
termica di prova. Una volta installata completamente la sonda, bisogna far trascorrere dalle 24 alle
72 ore prima di iniziare la prova. La perforazione altera le proprietà del terreno e alza la temperatura
del sottosuolo di qualche grado, perciò si deve aspettare del tempo affinché si riassettino le
condizioni iniziali. Indicativamente, da prove sperimentali, si è visto che dopo due giorni la
temperatura si riporta ad un valore prossimo a quello indisturbato e si è notato che per terreni a
bassa conducibilità sono necessari anche 5 giorni di attesa [6]. Inoltre è importante fare in modo che
la potenza termica per unità di lunghezza della sonda scambiata con il terreno risulti essere pari a
quella di picco, e che essa sia mantenuta per 12-48 ore; in questo modo si ottengono risultati più
attendibili. Infatti, molti modelli non tengono conto della capacità termica del riempimento,
dell’acqua e di altri fattori più o meno trascurabili e questo può causare degli errori, soprattutto se si
esegue una prova breve e comunque con transitori nel tempo.
Nel caso si volessero fare più test con la stessa sonda (fallimento del test precedente, cambio
potenza termica), bisogna attendere che gli effetti della prova precedente si riducano al minimo. Per
un test di 48 ore il tempo di attesa può essere di 10-12 giorni.
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4. METODI DI DIMENSIONAMENTO PER LE SONDE VERTICALI
4.1 Metodo ASHRAE
Attualmente l’ASHRAE prevede una procedura di calcolo che utilizza il metodo sviluppato da
Ingersoll nel 1954 [7] e ripreso ed implementato da Kavanaugh e Rafferty nel 1997 [8]. Di seguito
viene analizzata questa procedura che per comodità sarà denominata “metodo ASHRAE”.
La lunghezza delle perforazioni necessaria in estate ed in inverno è data dalle seguenti relazioni:
( ) ( )
p
c
wowig
scgdgmmbclcgaa
c
ttt
t
FRRPLFRWqRqL
−
+−
⋅+⋅+⋅−+⋅=
2
(7)
( ) ( )
p
h
wowig
scgdgmmbhlhgaa
h
ttt
t
FRRPLFRWqRqL
−
+−
⋅+⋅+⋅−+⋅=
2
(8)
dove:
c e h pedice “c” e pedice “h” indicano il funzionamento estivo (cooling) ed invernale
(heating);
Lc e Lh lunghezze della perforazione necessarie rispettivamente per raffrescare (estate) e
riscaldare (inverno) l’edificio [m];
qa flusso termico medio scambiato con il sottosuolo in un anno [W];
qlc e qlh carichi di progetto necessari per raffrescare (qlc<0) e riscaldare (qlh>0) [W];
Wc e Wh potenze elettriche assorbite dal compressore della pompa di calore/refrigeratore
in corrispondenza del carico di progetto [W];
PLFm fattore di carico/parzializzazione mensile;
Fsc fattore di perdita legato al possibile cortocircuito termico in sonda tra tubo di
mandata e di ritorno;
tg temperatura del sottosuolo non influenzato dalla presenza della sonda [°C];
tp temperatura di penalizzazione, sintetizza l’influenza termica tra le sonde
attraverso il terreno [°C];
twi e two temperature di mandata e di ritorno del fluido che alimenta le sonde geotermiche
sempre nei due casi: estate (pedice c) ed inverno (pedice h) [°C];
Rb resistenza termica per unità di lunghezza della sonda, tra fluido e bordo sonda
[(m K)/W];
Rga resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso annuale
[(m K)/W];
Rgm resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso mensile
[(m K)/W];
Rgd resistenza equivalente per unità di lunghezza del terreno, impulso giornaliero
[(m K)/W];
I flussi termici, i carichi dell’edificio e le penalizzazioni in temperatura sono da considerarsi positivi
in regime di riscaldamento e negativi in quello di raffrescamento.
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Spiegazione dei termini
qa
E’ definito come flusso termico medio annuale assorbito o ceduto dal terreno e si calcola nel modo
seguente:
8760
11∑ ∑ ⋅
−⋅+⋅
+⋅
=h
h
h
lhc
c
c
lc
a
hCOP
COPqh
COP
COPq
q (9)
dove:
hh e hc sono le ore equivalenti annuali a pieno carico.
I valori di carico di picco qlc e qlh sono gli stessi delle equazioni (7) e (8). I valori di COPc e di
COPh sono scelti in base alla temperatura di ingresso alla PdC (dato di progetto).
PLFm
Fattore di carico/parzializzazione, è molto simile ad un fattore di utilizzazione e si definisce nel
seguente modo (sia per l’estate che per l’inverno):
MeseAlGiorni
MeseAlntoFunzionameDiGiorni
hPiccoDiCarico
OreOrarioCarico
PLFm ××
×=∑
24
24
1 (10)
cW, hW
L’edificio è suddiviso in diverse zone (i zone) da climatizzare; per ognuna si considera una
suddivisione significativa delle ore della giornata in blocchi (ad esempio 4 ore dalle 8 alle 12, 4 ore
dalle 12 alle 16 e 4 ore dalle 16 alle 20); per ogni blocco e per ogni zona (tipo in una matrice) si
individua il carico massimo. Successivamente si individua il blocco che presenta la somma dei
carichi maggiore, si evidenzia e sarà chiamato blocco “bm”. Si considerano tante PdC quante sono
le zone e, da cataloghi tecnici, si individua la taglia necessaria per climatizzare ciascuna zona (Qn,i)
cercando di stare appena sopra il carico massimo giornaliero della zona. Dai cataloghi si ricava
anche la potenza elettrica assorbita (Wc,i, Wh,i).
Per ogni zona, in questo caso, il Part Load Factor è definito come:
in
ibm
idQ
QPLF
,
,
, = (11)
Adesso non resta che sommare il prodotto tra i Part Load Factor per le rispettive potenze:
ici idc WPLFW ,, ⋅=∑ (12)
ihi idh WPLFW ,, ⋅=∑ (13)
Un metodo alternativo più semplice, ma tuttavia meno preciso, per la ricerca di questi termini è
quello di considerare un’unica zona comprendente tutto l’edificio; in tal caso la (11) diventa:
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n
dQ
QPLF max= (14)
e le (12) e (13):
cdc WPLFW ⋅= (15)
hdh WPLFW ⋅= (16)
dove:
Qmax è il carico massimo dell’edificio;
Qn è il carico nominale della macchina;
Wc e Wh sono le potenze elettriche della pompa di calore/refrigeratore in estate ed in
inverno.
Un altro modo ancora più semplificato è considerare:
lcfcclc qCWq ⋅=− )( (17)
lhfhhlh qCWq ⋅=− )( (18)
dove i coefficienti Cfc e Cfh si possono trovare in Tab. 2 [8].
Tab. 2 - Coefficienti Cfc e Cfh in funzione di EER (EER/3.41 = COPc) e di COPh [8].
Cooling EER Cfc Heating COP Cfh
11 1.31 3.0 0.75
13 1.26 3.5 0.77
15 1.23 4.0 0.80
17 1.20 4.5 0.82
Fsc
Questo termine considera il tipo di collegamento tra le sonde (serie e parallelo) e la “portata
specifica”2 del campo geotermico. Con esso si cerca di valutare quanto penalizzante è il flusso
termico tra fluido in mandata e ritorno e non tra fluido e terreno. I valori di Fsc si trovano tabulati in
letteratura [8] e variano generalmente da 1.01 a 1.06.
Fig. 22 - Valori di Fsc in funzione del collegamento tra le sonde e della portata specifica [8].
2 Riferita alla potenza nominale della macchina.
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twi, two
Temperature del fluido entrante ed uscente dalle sonde geotermiche nelle condizioni di progetto. I
due valori sono legati tra loro da un’equazione di bilancio:
( )cwiwopwwclc ttcmWq −⋅⋅=− & (19)
( )hwiwopwwhlh ttcmWq −⋅⋅=− & (20)
tg
La temperatura del sottosuolo è un dato di progetto riscontrabile in tabelle o con appositi test (cfr.
paragrafo 3).
tp
La temperatura di penalizzazione, in un certo qual modo sintetizza l’interferenza reciproca dei
campi termici delle sonde attraverso il terreno, penalizzando il salto termico tra fluido e terreno
indisturbato. Tale grandezza assume valori bassi se i carichi estivi ed invernali sono simili in
modulo, valori maggiori se c’è una predominanza invernale o estiva nel funzionamento
dell’impianto. Inizialmente la tp può essere assunta: alla fine, con il metodo descritto di seguito, si
verificherà l’assunzione fatta.
Una volta noti qa (9), la lunghezza l di ogni sonda e scelta la griglia con cui posizionare le sonde, si
è in grado di verificare il valore di tp assunto.
Il metodo seguente si basa sull’accumulo annuale del calore nel terreno circostante le sonde, e
quindi analizza la conseguente variazione di temperatura. La tp assunta deve essere circa uguale a
quella ottenuta dalla seguente relazione empirica:
11234 1.025.05.01
p
tot
p tN
NNNNt ⋅
⋅+⋅+⋅+⋅= (21)
dove:
N4 numero di sonde circondate su tutti e quattro i lati da altre sonde;
N3 numero di sonde circondate su tre lati da altre sonde;
N2 numero di sonde confinanti su due lati con altre sonde;
N1 numero di sonde confinanti su un lato con altre sonde;
Ntot numero totale delle sonde;
tp1 temperatura di penalizzazione di una sonda circondata da altre su tutti i lati.
La determinazione di tp1 è fatta sulla base delle seguenti ipotesi: si considera il parallelepipedo di
terreno, di sezione quadrata ds ∗ ds e altezza l, che circonda la sonda (ds coincide con la distanza tra
le sonde nella griglia). Questa porzione di sottosuolo è in grado di accumulare calore, ma non di
scambiarlo con il terreno al di fuori della sua superficie perimetrale. La verifica si fa sulla base di
10 anni, in quanto si assume che sia questo il periodo di tempo necessario perché i flussi termici
annuali vadano a regime.
Essendo il calore immagazzinato dato dalla capacità termica per la differenza di temperatura (tp1) tra
il terreno indisturbato e quello attorno alla sonda, si ha:
ldc
Qt
sp
storedp
⋅⋅⋅=
21 ρ (22)
16 di 25
dove:
ρ è la densità del terreno;
cp è il calore specifico del terreno;
Qstored è il calore accumulabile dopo 10 anni di funzionamento.
Il calcolo del calore diffuso dopo 10 anni si fa utilizzando la soluzione della sorgente lineare e
considerando un cilindro del diametro di 8-10 metri, in quanto, mediamente, sono queste le distanze
interessate dalla trasmissione del calore in questo arco di tempo. Non essendo il gradiente di
temperatura costante lungo il raggio del cilindro indagato, si considerano più cilindri concentrici e
la variazione di temperatura media tra essi:
( ) ripstored trrlcQ ∆⋅−⋅⋅⋅⋅=∑ 22
0πρ (23)
∆tr è la differenza tra la temperatura del terreno indisturbato e quella ad una distanza r dalla
sorgente e si determina applicando la soluzione della sorgente lineare:
( )l
XIqt
g
ar ⋅⋅⋅
⋅=∆
λπ2 (24)
dove il termine I(X) si trova diagrammato di seguito (Fig. 23), in funzione di X che è un parametro
adimensionale così definito:
12 τα ⋅=
g
rX (25)
dove:
αg è la diffusività termica del terreno;
τ1 è il tempo (ad esempio 10 anni).
Fig. 23 - Grafico per la determinazione di I(X) [7].
Se ci sono movimenti d’acqua nel sottosuolo, la temperatura di penalizzazione può essere ridotta in
quanto il calore viene trasportato dalla falda acquifera lontano dal campo sonde. Un semplice
metodo per tener conto di questo è assumere un tempo minore nella (25).
17 di 25
Alternativamente a questo metodo esistono delle tabelle (Tab. 3) che, in base alla griglia di
distribuzione delle sonde, alla distanza tra di esse e al rapporto tra le ore equivalenti di
riscaldamento e di raffrescamento a pieno carico, stimano la temperatura di penalizzazione [8].
Nella Tab. 3 è riportato anche un fattore correttivo Cf (da moltiplicare per il valore di tp letto nella
stessa) per reticoli di sonde di diversa geometria; naturalmente il valore di questo fattore correttivo
aumenta al crescere del numero di sonde interne alla griglia.
Tab. 3 - Penalizzazione in temperatura a lungo termine per una griglia di 10 ∗ 10 sonde verticali e carico termico nel periodo di picco di 350 kW [8].
tg = 10 °C tg = 15.5 °C tg = 21 °C Ore equivalenti
a pieno carico
Riscald./Raffres.
Passo tra
le sonde λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
λg = 1.7
[W/(m K)]
λg = 2.6
[W/(m K)]
[h/h] per anno [m] [°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
[°C]
([m/kW])
4.6 -2.4
(27.5)
-2.4
(21.5) - - - -
6.1 -1.3
(24)
-1.3
(19) - - - - 1500 / 500
7.6 -0.6
(22.5)
-0.6
(17.5) - - - -
3 7.2
(27.5)
6.5
(21) NR
6.5
(27) - -
4.6 3
(20.5)
2.4
(16)
2.6
(21.2)
2.6
(19.5) - - 1000 / 1000
6.1 1.8
(19)
1
(15)
1.4
(23)
1.3
(18) - -
4.6 8.4
(33)
8.4
(25.5) NR
7.1
(30) NR NR
6.1 4.3
(24)
4.4
(19)
3.7
(28.2)
3.7
(22)
3.7
(29)
3.7
(22.5) 500 / 1500
7.6 2.3
(19.5)
2.4
(16.5)
1.9
(25)
1.9
(19.5)
1.9
(25.5)
1.9
(20)
4.6 - - NR NR NR NR
6.1 - - 5.7
(35)
5.7
(27.5)
5.7
(36)
5.7
(28) 0 / 2000
7.6 - - 3
(28)
3
(22)
3
(29)
3
(22.5)
NR: sconsigliabile
Fattori correttivi per altre disposizioni della griglia
Griglia 1 ∗ 10 Griglia 2 ∗ 10 Griglia 5 ∗ 5 Griglia 20 ∗ 20 Cf = 0.36 Cf = 0.45 Cf = 0.75 Cf = 1.14
18 di 25
Rb
Il termine Rb è la resistenza termica per unità di lunghezza fra fluido e terreno in corrispondenza
della superficie esterna della sonda, a contatto con il terreno stesso. Si parla di resistenza
equivalente del foro/sonda rispetto al terreno, dove la sonda è considerata un cilindro introdotto nel
suolo come corpo scaldante o raffreddante. Questo termine può essere ritenuto costante rispetto alla
resistenza termica del terreno, poiché il fluido termovettore, le tubazioni e il materiale di
riempimento hanno un’inerzia termica trascurabile rispetto a quella del terreno circostante.
Per la determinazione della resistenza tra fluido e il bordo della sonda, si trascura la capacità
termica del riempimento, essendo trascurabile rispetto a quella del terreno circostante.
La resistenza termica è data da:
tgrppb RRRR ++= (26)
dove:
Rpp è la resistenza termica complessiva dei tubi in cui scorre il fluido;
Rgr è la resistenza del getto di riempimento;
Rt è la resistenza del tubo esterno che può essere calato in fase di perforazione per
evitare otturazioni del pozzo prima di inserire le sonde e realizzare il getto;
questo tubo può essere tolto (Rt = 0) o meno una volta consolidato il getto.
Una volta scelte le dimensioni geometriche (Dpo e Dpi, rispettivamente diametro esterno ed interno)
e il materiale del tubo ad U (di conduttività termica λp) e calcolato il coefficiente di scambio
termico tra liquido e parete del tubo (hi), la resistenza di un singolo tubo sarà data da:
ipip
pi
po
phD
D
D
R⋅⋅
+⋅⋅
=πλπ
1
2
ln
(27)
Mentre la resistenza termica Rt del possibile tubo esterno è data da:
pt
bi
bo
t
dd
Rλπ ⋅⋅
=2
ln
(28)
Per il singolo tubo ad U la resistenza termica del getto può essere calcolata con la seguente
relazione:
grb
grS
Rλ⋅
=1
(29)
dove:
λgr è la conduttività termica del materiale del getto di riempimento;
Sb è il fattore di corto circuito.
19 di 25
Il termine Sb viene valutato con la seguente relazione [12]:
1
.0
β
β
=po
bb D
dS (30)
dove:
β0, β1 sono fattori geometrici riportati nella Tab. 4 [12];
db è il diametro esterno sonda/perforazione.
Tab. 4 - Coefficienti per il calcolo della resistenza termica del riempimento [12].
Configurazione
ββββ0 20.10 17.44 21.91
ββββ1 -0.9447 -0.6052 -0.3796
Essendo due i tubi in cui scorre il fluido in sonda, la loro resistenza termica complessiva è il
risultato di due resistenze in parallelo (Fig. 24):
2p
pp
RR = (31)
Fig. 24 – Circuito equivalente delle resistenze termiche della sonda [12].
Rga, Rgm, Rgd
I termini Rga, Rgm, Rgd sono delle resistenze che si riferiscono al terreno circostante il foro e
corrispondono al valore assunto da tale grandezza in particolari momenti del funzionamento del
sistema, in pratica:
• quando esso ha raggiunto una certa stabilità nello scambio termico netto (uno o più anni);
• in corrispondenza dello scambio medio che si verifica nel mese di progetto;
• nel momento in cui si verifica un picco nelle ore di progetto.
20 di 25
La prima è la resistenza termica equivalente del terreno per un impulso termico annuale: la finestra
temporale solitamente è di 10 anni (dopo 3650 giorni si pensa che il flusso termico possa essersi
stabilizzato); Rgm rappresenta la resistenza equivalente all’impulso termico su base mensile (di
solito si progetta per il mese, 30 giorni, in cui si verifica il picco del carico); Rgd rappresenta la
resistenza equivalente all’impulso termico su base giornaliera (per esempio si può dimensionare per
le 6 ore, 0.25 giorni di picco giornaliero).
Il calcolo della resistenza equivalente del terreno deriva dalla soluzione proposta da Carslaw e
Jaeger [3], nella quale si definisce un numero di Fourier che mette in relazione il tempo durante il
quale avviene lo scambio termico con il diametro esterno della sonda e la diffusività del terreno αg,
come segue:
24 dFo g τα ⋅⋅= (32)
Si ipotizza che un sistema di questo tipo subisca principalmente tre impulsi di flusso termico,
relativi ai seguenti periodi di tempo:
• 10 anni (3650 giorni); • 1 mese (30 giorni);
• picco giornaliero (6 ore = 0.25 giorni).
Si possono allora definire i seguenti periodi di impulso:
• τ1 = 3650 giorni; • τ2 = 3650 + 30 = 3680 giorni; • τf = 3650 + 30 + 0.25 = 3680.25 giorni.
L’espressione (32), riscritta per ciascuno dei periodi di tempo menzionati, diventa:
24 bfgf dFo τα ⋅⋅= (33)
2
11 )(4 bfg dFo ττα −⋅⋅= (34)
2
22 )(4 bfg dFo ττα −⋅⋅= (35)
dove:
αg è la diffusività termica del terreno;
db è il diametro della perforazione e quindi il diametro esterno della sonda.
21 di 25
Con l’ausilio della Fig. 25, oppure attraverso la seguente relazione che bene interpreta il suddetto
grafico per Fo > 2:
1009.0)ln(0758.0 +⋅= FoG (36)
si ottengono i rispettivi valori di Gf, G1 e G2, dai quali, conoscendo la conduttività termica del
sottosuolo λg, si possono calcolare le resistenze termiche del terreno per mezzo delle seguenti
relazioni:
g
f
ga
GGR
λ1−
= (37)
g
gm
GGR
λ21 −= (38)
g
gd
GR
λ2= (39)
Fig. 25 - Valori di G in funzione di Fo [7].
22 di 25
5. ESEMPIO DI DIMENSIONAMENTO
Si considera un edificio ad uso residenziale formato da due piani fuori terra, ciascuno avente una
superficie di 160 m2 e con la stessa distribuzione di stanze.
L’impianto di climatizzazione, sia estiva che invernale, è costituito da pannelli radianti a pavimento.
E’ presente anche un sistema di ventilazione meccanica (0.5 volumi/ora di aria esterna) sempre in
funzione, dotato di un recuperatore di calore sensibile con efficienza del 50%, garantendo un
continuo ricambio d’aria e il mantenimento delle condizioni ottimali di umidità interna.
La potenza termica di picco è qlh = 8.5 kW nel periodo invernale e qlc = -7.7 kW in quello estivo.
Dal computo dei fabbisogni totali di energia nelle due stagioni risulta:
� ore equivalenti annuali (a pieno carico) di riscaldamento: τh = 892 h/anno;
� ore equivalenti annuali (a pieno carico) di raffrescamento: τc = 810 h/anno;
� ore equivalenti (a pieno carico) nel mese di progetto di riscaldamento: 232 h/mese;
� ore equivalenti (a pieno carico) nel mese di progetto di raffrescamento: 256 h/mese.
I fattori di carico parziale mensili (nei mesi di progetto) risultano:
riscaldamento: (PLFm)h = 232 / (31 ∗ 24) = 0.312; raffrescamento: (PLFm)c = 256 / (31 ∗ 24) = 0.345.
Nelle Tabelle 5 e 6 sono riportate le caratteristiche dello scambiatore a terreno e le proprietà di
interesse del sottosuolo.
Tab. 5 – Caratteristiche dello scambiatore a terreno. Tipo di sonda semplice U (PEAD)
Conducibilità termica del tubo λp [W/(m K)] 0.4
Diametro esterno del tubo de [mm] 32
Spessore del tubo s [mm] 3
Diametro interno del tubo di [mm] 26
Diametro della perforazione db [mm] 120
Connessione tra le sonde parallelo
Tab. 6 – Proprietà termofisiche del terreno. Conducibilità termica λg [W/(m K)] 1.7
Diffusività termica αg [m2/s] 8.5 ∗ 10-7
Temperatura indisturbata tg [°C] 13.2
Conducibilità termica del riempimento λgr [W/(m K)] 1.6
I valori delle temperature di ingresso nella pompa di calore / refrigeratore e dei salti termici
dell’acqua nel circuito chiuso a terreno nelle condizioni di progetto valgono rispettivamente:
stagione invernale: twi,h = 6 °C; ∆t = 4 °C;
stagione estiva: twi,c = 28 °C; ∆t = 4 °C.
I valori medi stagionali del coefficiente di prestazione della pompa di calore / refrigeratore valgono:
riscaldamento: hCOP = 4.70;
raffrescamento: cCOP = 4.05.
In corrispondenza al carico di picco, i valori del coefficiente di prestazione della pompa di calore /
refrigeratore sono:
riscaldamento: COPh = 3.80;
raffrescamento: COPc = 3.30.
23 di 25
La resistenza termica della sonda Rb è stata calcolata come:
grppb RRR +=
dove Rpp è la somma della resistenza termica di convezione e di conduzione legata allo spessore di
tubo (27) (31), Rgr è invece la resistenza termica del riempimento. Rgr è calcolata tramite la
relazione (29) e (30):
Adottando la configurazione B della Tab. 4, alla fine risulta Rb = 0.12 m K / W.
Nel caso, molto comune nelle applicazioni del terziario, in cui sia necessario disporre più di uno
scambiatore a terreno, costituendo così un campo di sonde geotermiche, occorre calcolare l’effetto
di penalizzazione dovuto alla reciproca interferenza tra le sonde, rappresentato nelle relazioni (7) e
(8) dalla penalizzazione di temperatura tp. Relativamente a questo caso di studio, le potenze in gioco
sono modeste, pertanto si presuppone che le sonde siano ben spaziate tra loro: si assume allora che
la temperatura di penalizzazione tp = 0 °C.
Per quanto riguarda il fattore di cortocircuito Fsc si assume il valore di 1.05 (Fig. 22).
Il flusso termico netto medio annuale scambiato col terreno qa si può valutare come segue:
WCOP
qCOP
q
q
c
c
ch
h
h
a 2058760
810247.17700892787.08500
8760
)1
1()1
1(
−=⋅⋅−⋅⋅
=⋅+⋅+⋅−⋅
=ττ
Rimangono ora solo da calcolare le resistenze efficaci del terreno rispetto ai tre impulsi temporali,
Rga, Rgm e Rgd. Si deve far uso del diagramma di Fig. 25, calcolando i relativi numeri di Fourier Fo.
Come già detto, la curva del grafico, per Fo > 2, può essere approssimata con la relazione analitica
seguente:
1009.0)ln(0758.0 +⋅= FoG
Si può allora procedere al calcolo come segue:
7507712.0
360024)25.0303650(105.842
7
=⋅⋅++⋅⋅
=−
fFo
9518.00.1009 ln(75077)0.0758 =+⋅=fG
In maniera del tutto analoga si calcolano:
Fo1 = 617 da cui G1 = 0.5879
Fo2 = 5 da cui G2 = 0.2244
Di conseguenza le resistenze cercate risultano:
WKmGG
Rg
f
ga /2141.01 =
−=
λ
WKmGG
Rg
gm /2138.021 =−
=λ
24 di 25
WKmG
Rg
gd /132.02 ==λ
Si possiedono ora tutti i dati per calcolare le lunghezze di sonda richieste:
mLh 217
0)2
62(2.13
)05.1132.02138.0312.012.0()8.3
11(85002141.0205
=−
+−
⋅+⋅+⋅−⋅+⋅−=
mLc 202
0)2
2832(2.13
)05.1132.02138.0345.012.0()3.3
11(77002141.0205
=−
+−
⋅+⋅+⋅+⋅−⋅−=
Si decide di dimensionare l’impianto sul raffrescamento, ipotizzando di avere una integrazione
durante la stagione di riscaldamento. Pertanto la lunghezza totale da assumere è 202 metri,
arrotondata a 200 metri: si opta per un campo costituito da 2 sonde, ciascuna avente profondità pari
a 100 metri.
La portata totale di acqua nel circuito chiuso a terreno è facilmente calcolabile:
skgtc
COPq
mcp
c
c
t /6.044197
10033)
11(
.
=⋅
=∆⋅
+⋅=
Ipotizzando di collegare le sonde in parallelo, la portata di acqua in ogni singola sonda risulta 1/2
della portata totale cioè pari a 0.3 kg/s.
E’ bene verificare il regime di moto all’interno delle tubazioni. A 30 °C le proprietà termofisiche di
interesse per l’acqua sono:
� densità ρ = 995.5 kg/m3;
� viscosità dinamica µ = 783.3 10-6 kg/(m s).
Il valore del numero di Reynolds in ciascuna sonda risulta essere:
186784
Re
.
=⋅⋅
⋅=
µπ i
s
d
m
che indica un moto turbolento completamente sviluppato.
Risulta utile verificare anche il valore della velocità dell’acqua all’interno della sonda in modo che
ci sia compatibilità con le perdite di carico; tale valore è:
smd
mv
i
s /57.04
2
.
=⋅⋅
⋅=
ρπ
25 di 25
6. BIBLIOGRAFIA
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Padova.
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ground-source heat pump design. ASHRAE Transactions, Atlanta, Vol. 106, Pt. 1.
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Tratto da http://www.geothermie.de
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