macchina perversa

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Introduzione di Manuel Vázquez Montalbán Federico del Barrio Nato a Madrid nel 1957. Studia architettu- ra. Dopo i primi tentativi, inizia a delineare uno stile personale su «Madriz», diventan- do una firma imprescindibile della rivista, e su «Medios Revueltos». La orilla del mar e León Doderlin raccolgono alcuni lavori di questo periodo. Coniugando sempre il mestiere di fumettista a quello di grafico e illustratore, disegna la serie Las memorias de Amorós e il secondo tomo di una trilo- gia su Lope de Aguirre (Eura Editoriale, 1991), tutti volumi sceneggiati da Felipe H. Cava, con cui nel 1994 realizza anche El artefacto perverso. Negli ultimi anni si è interessato più alla poesia e al teatro (portando in scena El día en que voló Re- nata e Viaje al Tártaro) e ha pubblicato in Francia una raccolta con lo pseudoni- mo di Silvestre (Relations), che tanto nelle tematiche quanto nella grafica mostra un nuovo tipo di preoccupazioni narrative. Felipe Hernández Cava Nato a Madrid nel 1953. Studia storia dell’arte e, all’inizio degli anni Settanta fonda con Saturio Alonso e Pedro Arjona il gruppo EL CUBRI, che in dieci anni di attività si distingue per l’impegno politico e le ricerche sul linguaggio ironico e del fumetto. Con Sombras e Cadáveres de permiso approda al noir. Sviluppa il lavo- ro di sceneggiatore di fumetti soprattutto con i disegnatori Raúl (tra gli altri Berlin 1931 in uscita per Comma 22, e Fe de er- ratas) e Federico del Barrio, collaborando con una ventina di disegnatori di diverse generazioni (tra cui Pizarro, Salinas, Use- ro, Luis García, Marika, Cánovas, Enrique Breccia, Juan Giménez, Víctor de la Fuen- te, Asun Bazola, Castells, Brocal, LPO, o Laura). È stato direttore artistico della ri- vista «Madriz» e co-direttore di «Medios Revueltos», e ha curato numerose mostre. Negli ultimi anni si è dedicato al lavoro di sceneggiatore per la televisione e di critico d’arte. 14,00 Sugli spagnoli calò un velo di silenzio e di oblio quando prese il via quella fase di transizione politica di cui tanto è stato det- to. Mirando a un passaggio dalla dittatura alla democrazia che fosse pacifico e sen- za traumi, si decise di prendere il passato, non troppo lontano e capace di riaprire ferite appena rimarginate, e metterci una pietra sopra. I giovani si videro quindi ne- gata la memoria di quanto era accaduto sotto il regime franchista e prima ancora. Quando Federico del Barrio e io abbiamo iniziato a lavorare a questo libro, ci sia- mo posti l’obiettivo di ricostruire alcune di quelle zone d’ombra creando un’atmosfera particolarmente oppressiva, e a volte irrea- le, nella quale calare i nostri personaggi (spesso nei fumetti e nel cinema l’evoca- zione di epoche passate si avvale di un uso troppo asettico della documentazio- ne), richiamata dai cavi della tranvia che incombono sulle teste come ragnatele. Allo stesso tempo, però, La macchina perversa è una sorta di omaggio a tutti i fumettisti del dopoguerra che la fede repubblicana allontanò dalle preoccupazioni professio- nali e spinse a cercare rifugio in questo mezzo di comunicazione popolare. La no- stra letteratura di consumo e i nostri fumet- ti erano in buona misura prerogativa dei vecchi “rossi” che, come il nostro Enrique Ponce, alla fine trovarono nei cosiddetti sottogeneri narrativi una degna forma di sussistenza. Il tratto di questo personaggio di fantasia può sicuramente ricordare quel- lo di Eduardo Vanñó Pastor (disegnatore di Roberto Alcázar y Pedrín), noi però avevamo in mente anche Ambrós, Blasco, e, perché no, scrittori come Eduardo de Guzmán, González Ledesma o Marcial Lafuente Estefanía. Che nessuno veda, tut- tavia, in quest’opera, un puro e semplice lavoro di interesse storico e di omaggio a una delle generazioni più maltrattate, e a uno dei mestieri socialmente più oltraggia- ti; una lettura troppo superficiale sarebbe un errore. La macchina parla, ancora una volta, dell’importanza vitale della memo- ria, sempre tanto fragile nella nostra storia passata e recente, e di come sia inevitabile per quanti cercano di seppellirla, ritrovar- sela davanti prima o poi. Felipe Hernández Cava

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cover of a comic book on post civil war in spain

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Introduzione diManuel Vázquez Montalbán

Federico del Barrio Nato a Madrid nel 1957. Studia architettu-ra. Dopo i primi tentativi, inizia a delineare uno stile personale su «Madriz», diventan-do una firma imprescindibile della rivista, e su «Medios Revueltos». La orilla del mar e León Doderlin raccolgono alcuni lavori di questo periodo. Coniugando sempre il mestiere di fumettista a quello di grafico e illustratore, disegna la serie Las memorias de Amorós e il secondo tomo di una trilo-gia su Lope de Aguirre (Eura Editoriale, 1991), tutti volumi sceneggiati da Felipe H. Cava, con cui nel 1994 realizza anche El artefacto perverso. Negli ultimi anni si è interessato più alla poesia e al teatro (portando in scena El día en que voló Re-nata e Viaje al Tártaro) e ha pubblicato in Francia una raccolta con lo pseudoni-mo di Silvestre (Relations), che tanto nelle tematiche quanto nella grafica mostra un nuovo tipo di preoccupazioni narrative.

Felipe Hernández Cava Nato a Madrid nel 1953. Studia storia dell’arte e, all’inizio degli anni Settanta fonda con Saturio Alonso e Pedro Arjona il gruppo EL CUBRI, che in dieci anni di attività si distingue per l’impegno politico e le ricerche sul linguaggio ironico e del fumetto. Con Sombras e Cadáveres de permiso approda al noir. Sviluppa il lavo-ro di sceneggiatore di fumetti soprattutto con i disegnatori Raúl (tra gli altri Berlin 1931 in uscita per Comma 22, e Fe de er-ratas) e Federico del Barrio, collaborando con una ventina di disegnatori di diverse generazioni (tra cui Pizarro, Salinas, Use-ro, Luis García, Marika, Cánovas, Enrique Breccia, Juan Giménez, Víctor de la Fuen-te, Asun Bazola, Castells, Brocal, LPO, o Laura). È stato direttore artistico della ri-vista «Madriz» e co-direttore di «Medios Revueltos», e ha curato numerose mostre. Negli ultimi anni si è dedicato al lavoro di sceneggiatore per la televisione e di critico d’arte.

€ 14,00

Sugli spagnoli calò un velo di silenzio e di oblio quando prese il via quella fase di transizione politica di cui tanto è stato det-to. Mirando a un passaggio dalla dittatura alla democrazia che fosse pacifico e sen-za traumi, si decise di prendere il passato, non troppo lontano e capace di riaprire ferite appena rimarginate, e metterci una pietra sopra. I giovani si videro quindi ne-gata la memoria di quanto era accaduto sotto il regime franchista e prima ancora. Quando Federico del Barrio e io abbiamo iniziato a lavorare a questo libro, ci sia-mo posti l’obiettivo di ricostruire alcune di quelle zone d’ombra creando un’atmosfera particolarmente oppressiva, e a volte irrea-le, nella quale calare i nostri personaggi (spesso nei fumetti e nel cinema l’evoca-zione di epoche passate si avvale di un uso troppo asettico della documentazio-ne), richiamata dai cavi della tranvia che incombono sulle teste come ragnatele. Allo stesso tempo, però, La macchina perversa è una sorta di omaggio a tutti i fumettisti del dopoguerra che la fede repubblicana allontanò dalle preoccupazioni professio-nali e spinse a cercare rifugio in questo mezzo di comunicazione popolare. La no-stra letteratura di consumo e i nostri fumet-ti erano in buona misura prerogativa dei vecchi “rossi” che, come il nostro Enrique Ponce, alla fine trovarono nei cosiddetti sottogeneri narrativi una degna forma di sussistenza. Il tratto di questo personaggio di fantasia può sicuramente ricordare quel-lo di Eduardo Vanñó Pastor (disegnatore di Roberto Alcázar y Pedrín), noi però avevamo in mente anche Ambrós, Blasco, e, perché no, scrittori come Eduardo de Guzmán, González Ledesma o Marcial Lafuente Estefanía. Che nessuno veda, tut-tavia, in quest’opera, un puro e semplice lavoro di interesse storico e di omaggio a una delle generazioni più maltrattate, e a uno dei mestieri socialmente più oltraggia-ti; una lettura troppo superficiale sarebbe un errore. La macchina parla, ancora una volta, dell’importanza vitale della memo-ria, sempre tanto fragile nella nostra storia passata e recente, e di come sia inevitabile per quanti cercano di seppellirla, ritrovar-sela davanti prima o poi.Felipe Hernández Cava