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NUTRI.PROF NUTRI.PROF NUTRI.PROF NUTRI.PROF magazine magazine magazine magazine Federazione Nutrizionisti Federazione Nutrizionisti Federazione Nutrizionisti Federazione Nutrizionisti Italiani Italiani Italiani Italiani ® Associazione di riferimento nazionale per Medici, Biologi e Dietisti www.nutriprof.it Vol. II – anno 2013 - Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana - Scienze dietetiche e Nutrizione Clinica Scienze dietetiche e Nutrizione Clinica Scienze dietetiche e Nutrizione Clinica Scienze dietetiche e Nutrizione Clinica Riservato ai Soci Nutri.Prof ® INTESTINO INTESTINO INTESTINO INTESTINO Una nuova nozione: “MicrObesity” TESSUTO OSSEO TESSUTO OSSEO TESSUTO OSSEO TESSUTO OSSEO -Metabolismo del tessuto osseo: diete a confronto – Dalle diete iperproteiche e con alto PraL alla dieta vegana. COMPOSIZIONE CORPOREA COMPOSIZIONE CORPOREA COMPOSIZIONE CORPOREA COMPOSIZIONE CORPOREA -Restrizione calorica e risparmio massa magra ALIMENTAZIONE E SPORT ALIMENTAZIONE E SPORT ALIMENTAZIONE E SPORT ALIMENTAZIONE E SPORT -Effetti della co-ingestione di proteine isolate del siero del latte e carboidrati sul recupero dall’esercizio d’endurance METABOLISMO METABOLISMO METABOLISMO METABOLISMO -Restrizione calorica ed effetti metabolici su pazienti obesi e diabetici tipo 2 -Uova amiche o nemiche del colesterolo? 1

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Vol. II – anno 2013

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Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana Attualità in Scienze della Nutrizione Umana ---- Scienze dietetiche e Nutrizione ClinicaScienze dietetiche e Nutrizione ClinicaScienze dietetiche e Nutrizione ClinicaScienze dietetiche e Nutrizione Clinica

Riservato ai Soci Nutri.Prof ®

INTESTINOINTESTINOINTESTINOINTESTINO

Una nuova nozione: “MicrObesity”

TESSUTO OSSEOTESSUTO OSSEOTESSUTO OSSEOTESSUTO OSSEO

-Metabolismo del tessuto osseo: diete a

confronto – Dalle diete iperproteiche e con

alto PraL alla dieta vegana.

COMPOSIZIONE CORPOREACOMPOSIZIONE CORPOREACOMPOSIZIONE CORPOREACOMPOSIZIONE CORPOREA

-Restrizione calorica e risparmio massa magra

ALIMENTAZIONE E SPORTALIMENTAZIONE E SPORTALIMENTAZIONE E SPORTALIMENTAZIONE E SPORT

-Effetti della co-ingestione di proteine isolate del

siero del latte e carboidrati sul recupero dall’esercizio

d’endurance

METABOLISMOMETABOLISMOMETABOLISMOMETABOLISMO

-Restrizione calorica ed effetti metabolici

su pazienti obesi e diabetici tipo 2

-Uova amiche o nemiche del colesterolo?1

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Presidente Nutriprof: Prof. Riccardo Monaco

Direttore Scientifico: Dott. Giovanni Borghini

Responsabile progetto: Dott.ssa Barbara Chiarulli

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CollaboratoriDott.ssa Letizia Antonia D’Alessandro

Dott.ssa Arianna RossoniDott. Manuel Salvadori

Dott.ssa Eleonora SpallottaDott. Vincenzo Tortora

Distribuzione esclusiva per i soci Nutriprof

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Indice

- MicrObesity a cura di Dott.ssa Arianna RossoniSi analizzano le novità più recenti che possono parzialmente spiegare come imicroorganismi simbionti dell’uomo partecipino all’accrescimento delle riserve digrasso e promuovono tanto l’insulino-resistenza quanto un basso grado diinfiammazione, tre determinanti che caratterizzano l’obesità.………………………………………………………………………………..…….pag.5

-Diete iperproteiche e rischio osteoporosi a cura di Dott.ssa Arianna RossoniSi discute se le diete iperproteiche aumentano il rischio di osteoporosi.

Lʼaumentata escrezione di calcio dovuta a diete HP non sembra essere connessa aduno squilibrio dellʼomeostasi del calcio. Alcuni dati indicano che un intake di HPinduce un aumento dellʼassorbimento di calcio a livello intestinale.…………………………………………………………….……………………… pag.22

-Diete a confronto per il benessere osseo a cura di Dott. Vincenzo TortoraSi approfondicono gli effetti di una dieta iperproteica e/o con alto potenziale di

carico acido renale (PRAL) sull’assorbimento/ ritenzione di calcio (Ca) e sui markersdel metabolismo osseo . Studi recenti rilevano alcun cambiamento nei biomarkersdi riassorbimento o di formazione ossea, indicando che una dieta iperproteica non èdannosa. …………………………..…………………………………………….pag.45dannosa. …………………………..…………………………………………….pag.45

- Vegetarianismo e perdita massa ossea a cura di Dott.ssa Eleonora SpallottaOsservazione degli effetti di una dieta vegana e non sulla variazione dei

biomarkers per il benessere del tessuto osseo. Non è stata trovata alcunasignificativa differenza nel tasso di perdita di massa ossea tra i vegani e onnivori.……………………………………………………………………………….....…pag.55

-Diete ipocaloriche e risparmio massa magra. a cura di Dott. Vincenzo TortoraLa restrizione calorica è uno dei più efficaci modi per promuovere la perdita di pesoed è noto che attivi vie metaboliche protettive. Assieme alla perdita di peso sonofrequentemente riportate conseguenze indesiderate come la perdita della massamagra . Le diete ipocaloriche con aumentato introito proteico sono popolari epossono fornire benefici aggiuntivi attraverso il mantenimento della massa magra,paragonate ad una dieta normoproteica iperglucidica. ……………………….pag.65

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-Diete VLCD ed effetti su pazienti diabetici tipo 2. a cura di Dott. Manuel Salvadori

Gli effetti metabolici della restrizione calorica (RC) di per sé potrebbero, almeno inparte, essere indipendenti dalla riduzione di peso. Studi preliminari hanno volutoconstatare se, nei pazienti obesi diabetici di tipo-2, sette giorni di VLCD influisconosul controllo glicemico attraverso cambiamenti sulle cellule β o sulla sensibilitàinsulinica o su entrambi…………………………… ……………………...…..pag .76

- Uova amiche o nemiche del colesterolo? a cura di Dott.ssa Letizia A. D’Alessandro

Indagine se un'alimentazione giornaliera di uova, con restrizione dei carboidrati,altera il metabolismo delle lipoproteine portando a profili lipoproteci aterogenici ese c’è un’influenza sull’ insulina resistenza in uomini e donne con sindromemetabolica. ……………………………………………………………………….pag.82

-Effetti della co-ingestione di proteine isolate del siero di latte e carboidrati sul recupero dall’esercizio d’endurance a cura di Dott. Manuel Salvadori e Dott. Vincenzo Tortora

La co-ingestione di carboidrati e proteine isolate del siero del latte favorisce effettibenefici sul recupero e sugli adattamenti all’allenamento d’endurance attraversoun’aumentata risposta insulinica ed up-regulation dell’espressione del mRNA delPGC-1 alfa. ………………………………………………………………………..pag.95

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PGC-1 alfa. ………………………………………………………………………..pag.95

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Il microbiota intestinale come target terapeuticoa cura di Arianna Rossoni

Introduzione

L’obesità, il diabete di tipo 2 e l’infiammazionecronica di basso grado stanno diventandoepidemie mondiali. In questo contesto, laletteratura ha ideato un nuovo concettochiamato “MicrObesity” (dalla crasi di Microbi eObesità) che si propone di decifrare il ruolospecifico della disbiosi e il suo impatto sulmetabolismo e sulle scorte energetichedell’ospite. Analizzaremo le novità più recentiche possono parzialmente spiegare come imicroorganismi simbionti dell’uomo partecipinoall’accrescimento delle riserve di grasso epromuovono tanto l’insulino-resistenza quantoun basso grado di infiammazione - tredeterminanti che caratterizzano l’obesità.Negli anni recenti sono stati proposti numerosimeccanismi e sono state identificate diverseproteine. Tra i fattori collegati al microbiota

Nonostante i recenti ed efficaci approccibiologici ai sistemi molecolari abbiano offertouna panoramica veramente ottima in questo“piccolo mondo interiore”, sono necessari piùstudi che svelino come cambiamenti specifici almicrobiota intestinale possano influenzare ocontrastare lo sviluppo dell’obesità e patologiecorrelate.

Evidenze convincenti supportano la concezioneche l’obesità sia influenzata tanto dallo stile divita quanto dalla suscettibilità del soggetto.L’idea più diffusa circa le cause di obesità èquella di uno sbilancio tra ingresso e uscitaenergetica. Nonostante questa ipotesi sialargamente accettata, l’incidenza semprecrescente di obesità negli ultimi 30 anni non puòessere spiegata semplicemente con fattorigenetici. L’obesità è classicamente associata adun ampio insieme di alterazioni metaboliche cheincludono intolleranza al glucosio, diabete di tipo

proteine. Tra i fattori collegati al microbiotaintestinale che determinano l’aumento delleriserve adipose si annoverano: il fattore adiposoindotto dal digiuno, la protein chinasi AMP-attivata, il recettore 41 e il recettore 43accoppaiti alle G-protein . Inoltre, la scopertache un basso grado di infiammazione potrebbeessere direttamente collegato al microbiotaintestinale attraverso l’endotossiemiametabolica (elevati livelli di lipopolisaccaridiplasmatici) ha permesso l’identificazione dinuovi meccanismi coinvolti nel controllo dellabarriera intestinale. Tra questi si sono investigati:l’incidenza del glucagon-like peptide-2, il sistemadegli endocannabinoidi e alcuni batteri specifici(ad es. Bifidobacterium spp.).In aggiunta, l’avvento dei trattamenti conprobiotici e prebiotici sembra essere unpromettente approccio “farmaco-nutrizionale”per far regredire l’alterazione metabolicadell’ospite collegata alla disbiosi osservata inobesità.

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includono intolleranza al glucosio, diabete di tipo2, ipertensione, dislipidemia, disordini dellafibrinolisi, malattie cardiovascolari e steatosiepatica non alcolica (NAFLD) (Eckel et al., 2005;Ogden et al., 2007). La maggior parte di questealterazioni è collegata all’omeostasi del glucosioe allo sviluppo di malattie cardiovascolari, chepossono probabilmente risultare da unacombinazione di associazioni variabili tragenetica e fattori ambientali (Alberti et al., 2005;Kahn et al., 2006; Matarese et al., 2007). Inaggiunta alle cause di quest’epidemia mondiale,l’obesità è stata associata con un’infiammazionecronica di basso grado che contribuisce allosviluppo di insulinoresistenza, diabete di tipo 2 emalattie cardiovascolari (Hotamisligil, 2008;Shoelson and Goldfine, 2009).I meccanismi che sottostanno all’obesità,

all’aumento di massa grassa e allo sviluppo diinfiammazione non sono ancora staticompletamente chiariti.

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Nei decenni precedenti sono stati indagatiintensamente alcuni processi fisiologici cheregolano il peso corporeo e l’omeostasienergetica, compresi i segnali periferici e centraliche controllano l’assunzione di cibo e la lorointegrazione (Small & Bloom, 2004; Wynne et al.,2005; Levin, 2006; Chaudhri et al., 2008; Neary &Batterham, 2009). Discuteremo dell’importanzadi uno specifico fattore ambientale che evolvecon noi e con le nostre abitudini dietetiche dallanascita alla morte, e che contribuisce all’obesità:il microbiota intestinale.

Il microbiota intestinale: il nostro piccolomondo interiore

Da quando nel Novecento Robert Koch e IlyaMechnikov sono stati insigniti di due Nobel infisiologia e medicina per le loro scoperte checollegavano i microbi e la salute umana, si èindagato sui diversi determinanti dell’interazionetra ospite e microbiota sia in senso spaziale(pelle, bocca e intestino) sia temporale (nascitae senilità). Sappiamo che il microbiota umanoconsiste in 10-100 trilioni di microorganismi, unnumero 10 volte superiore a quello delle cellule

Questi dati messi insieme portano allasorprendente conclusione che noi non siamo100% umani, ma solo al 10% umani e al 90%microbi (Fig.1). Nello specifico è risaputo che inquesto “piccolo mondo interiore” l’intestinoprovvede ad un importante ruolo biologico e afunzioni metaboliche non potrebbero essereespletate dal metabolismo umano (Jia et al.,2008).Questa complessa simbiosi e il suo sviluppo sonoprobabilmente dipendenti dalle interazioni tra lagenetica ospite-microbi e l’ambiente (Ley et al.,2006a; Khachatryan et al., 2008). Nonostantel’esatta composizione del microbiota intestinalenon sia conosciuta, avanzate tecnologie inmetagenomica hanno recentemente iniziato asondare i nostri partner microbi (il microbiomaumano) (Qin et al., 2010). E’ stato stimato checiascun individuo ospiti almeno 160 specie da unconsorzio di 1000-1150 specie battericheprevalenti (Qin et al., 2010). Tra questi batteri, il90% dei filotipi è membro di due phyla(Bacteroidetes e Firmicutes), seguiti daActinobacteria e Proteobacteria (Eckburg et al.,2005; Ley et al., 2005; Qin et al., 2010) (Fig.1).

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numero 10 volte superiore a quello delle celluleche esistono nel corpo umano (Savage, 1977); èfacilmente capibile che sia gli uomini che imicrobi sono continuamente influenzati dallaloro costante e intima storia co-evoluzionistica.In più, il microbioma codifica un consorzio digeni superiore il genoma umano di circa 150volte.

Figura 1Il piccolo mondo interiore.Noi siamo composti da diverse specie:eucarioti, batteri e archibatteri. Con unadensità pari a 1011 cellule/g nel colon, èstato stimato che il censimento dei nostrimicrobi supera quello delle celluleeucariote di 10 volte portando allastupefacente conclusione che noi nonsiamo al 100% umani, ma al 90% microbi eal 10% umani.

2005; Ley et al., 2005; Qin et al., 2010) (Fig.1).Molto importante è far notare che a causa delladifficoltà di ottenere campioni da regionidifferenti dell’intestino, la maggior parte deglistudi che hanno investigato l’ecologia e l’attivitàdel microbiota nel tratto intestinale sono staticondotti usando campioni fecali (Robertfroid etal., 2010).

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Quest’aumento di massa grassa era anche piùpronunciata quando la comunità microbioticadell’intestino era derivata da topi geneticamenteobesi (ob/ob) (Turnbaugh et al.,2006).Questi risultati sono probabilmente dovuti a

differenze esistenti nel microbioma di topi magrie obesi e nei metaboliti derivati. In quest’ottica,Ley et al. hanno dimostrato che topi obesiesibiscono una notevole differenza nellaripartizione dei due maggiori phyla (Firmicutes eBacteroidetes), con un rapportoFirmicutes/Bacteroidetes maggiore nel cieco deitopi obesi rispetto a quello dei topi magri (Ley etal., 2005).Per spiegare questi interessanti esperimenti checollegano la composizione della comunitàmicrobiotica dell’intestino all’omeostasienergetica sono stati proposti una serie dimeccanismi. Una prima ipotesi suggerita dairicercatori è stata l’idea che laconvezionalizzazione del microbiota intestinalerisulti in un raddoppio della densità di capillarisull’epitelio dei villi intestinali, cosa che potrebbepromuovere l’assorbimento intestinale dimonosaccaridi (Staooenbeck et al., 2002).

La comunità microbiotica dell’intestinoosservata nei campioni fecali non èrappresentativa al 100% dell’intero piccolointestino: quest’obiezione deve essere tenuta inconsiderazione, e usata per incentivare ulterioriricerche maggiormente specifiche.

L’evidenza per l’interazione tra il microbiotaintestinale e l’omeostasi energetica

Al giorno d’oggi molta attenzione viene riservataal ruolo del microbiota intestinale in relazioneall’omeostasi energetica e alle funzionimetaboliche del soggetto-ospite.Per questo motivo il microbiota intestinale èstato recentemente proposto come un fattoreambientale coinvolto nel peso corporeo enell’omeostasi energetica (Backhed et al., 2004,2005, 2007; Ley et al., 2005, 2006b; Turnbaugh etal., 2006).Questo “organo interiorizzato” contribuisce allanostra omeostasi attraverso molteplici funzionimetaboliche e diversi meccanismi di controllocoinvolti nell’estrazione delle calorie daglialimenti ingeriti, e aiuta a stoccare queste calorie monosaccaridi (Staooenbeck et al., 2002).

Una seconda ipotesi è collegata all’estrazione dienergie da componenti di cibo indigerito, chesarebbero direttamente fermentati in acidigrassi da catena corta (SCFAs), i qualipotrebbero da ultimo partecipare alla lipogenesiepatica de novo attraverso l’espressione didiversi enzimi chiave come l’acetil CoAcarbossilasi (ACC) e la sintetasi di acidi grassi(FAS). Sia ACC che FAS sono controllati dallaproteina legante l’elemento responsivo aicarboidrati (ChREBP) e dalla proteina legantel’elemento responsivo agli steroli (SREBP-1)(Denechaud et al., 2008). In accordo a ciò,Backhed e colleghi hanno dimostrato che laconvezionalizzazione di topi sterili promuove alivello epatico l’espressione di ChREBP e SREBP-1(Backhed et al., 2004) (Fig.2). E’ interessantenotare che lo sviluppo del tessuto adiposoosservato a seguito della colonizzazionedell’intestino con microbi non è direttamentespiegato dalla modulazione delladifferenziazione o lipogenesi del tessutoadiposo.

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alimenti ingeriti, e aiuta a stoccare queste calorienel tessuto adiposo del soggetto per un utilizzosuccessivo.Ad oggi, la prova inequivocabile per il ruolo delmicrobiota intestinale nella gestionedell’omeostasi energetica proviene da studieseguiti su topi privi di flora intestinale (Backhedet al., 2004, 2007; Fleissner et al.,2010; Rabot etal., 2010). Ad esempio, i topi cresciuti in assenzadi microorganismi (condizioni di sterilità prive dibatteri e germi) erano più magri del 40% (menograsso corporeo) rispetto a topi che vivevanocon un microbiota intestinale normale (topi concolonizzazione dell’intestino alla nascita o perInoculazione, detti topi convenzionalizati),sebbene questi ultimi mangiassero circa il 30% inmeno rispetto ai topi asettici (Backhed et al.,2004). In maniera più notevole, laconvezionalizzazione dei topi asettici conmicrobi prelevati dal cieco di un topo magroinduceva un ragguardevole aumento del pesocorporeo (massa grassa totale) entro duesettimane, sebbene la sua assunzione di cibodiminuisse (Backhed et al., 2004).

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Figura 2Il microbiota intestinale aumenta lo stoccaggio di energie.Il microbiota potrebbe essere coinvolto in questo stoccaggio attraverso diversi meccanismi, dimostratiin larga parte in topi asettici. Attraverso l’aumento della produzione e dell’assorbimento di acidi grassi acatena corta, il microbiota intestinale provvede a fornire substrati lipogenici all’ospite, e dunqueaumenta la sua lipogenesi epatica e il suo accumulo di grassi attraverso svariati meccanismi. Ad esempioattraverso la soppressione del fattore adiposo indotto dal digiuno (FIAF) nell’intestino il microbiotaintestinale controlla indirettamente l’attività dell’enzima lipoprotein lipasi (LPL). Inoltre, SCFA partecipa

E’ stato proposto un ruolo per la lipoproteinalipasi degli adipociti (LPL). Coerentemente conquesta ipotesi, gli autori hanno suggerito che ilmicrobiota intestinale promuove l’accumulo digrassi attraverso un meccanismo che lega itrigliceridi circolanti con la soppressionedell’espressione intestinale di un inibitore dellaLPL (FIAF, fattore adiposo indotto dal digiuno)(Backhed et al., 2004). FIAF inibisce l’attività diLPL, dunque diminuisce il rilascio di acidi grassidai triacilgliceroli circolanti. Dunque, a seguitodella colonizzazione dell’intestino dalmicrobiota, l’espressione di FIAF è ridotta e ciòporta a una maggiore attività di LPL e a unmaggiore accumulo di grasso corporeo (Backhedet al., 2004) (Fig.2). In accordo con quest’ipotesi,gli autori hanno trovato che topi carenti di FIAFerano anche resistenti all’aumento di peso

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intestinale controlla indirettamente l’attività dell’enzima lipoprotein lipasi (LPL). Inoltre, SCFA partecipaall’accumulo di grasso attraverso GPR41 e GPR43. Infine, in risposta a una dieta ad elevato contenuto digrassi, il microbiota intestinale inibisce l’ossidazione di acidi grassi dipendente da AMPK; comunquedovrebbe essere tenuto in considerazione che esistono altri meccanismi diretti o indiretti (lineatratteggiata).

corporeo indotto dal microbiota intestinale(Backhed et al., 2004).Ad ogni modo, un recente studio ha suggeritoche il meccanismo FIAF non è universalmenteassociato allo sviluppo di massa grassadeterminata dal microbiota intestinale. Peresempio, è stato recentemente dimostrato chetopi asettici sottoposti a dieta ricca di grassimostravano un aumento dell’espressioneintestinale di mRNA di FIAF senza cambiamentinei livelli di FIAF circolanti quando comparati atopi convenzionalizzati (Fleissner et al., 2010).Una terza ipotesi esplora ulteriormente imeccanismi che sottostanno alla relazioneesistente tra la resistenza di topi asetticiall’obesità dieto-indotta (dieta ricca di grassi) e adisordini metabolici associati (Fig.3) (Backhed etal., 2007).

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In questo studio, l’attivazione di protein chinasiattivate da AMP (AMPK) spiega l’apparenteresistenza di topi asettici allo sviluppo di obesitàin risposta a una dieta ricca di grassi (Backhed etal., 2007). Più precisamente, si è scoperto che ilmicrobiota intestinale sopprime l’ossidazione diacidi grassi guidata da AMPK nel fegato e nelmuscolo scheletrico (Backhed et al., 2007)(Fig.3).Una quarta ipotesi coinvolge invece SCFAs.Samuel et al. hanno dimostrato che topi con unaspecifica comunità microbica fermentativa aiquali è stata soppressa l’espressione delrecettore 41 accoppiato a G-protein (GPR41)resistono all’aumento di grasso in modo migliorerispetto ai loro fratelli che esprimono talerecettore (Samuel et al., 2008). SCFAs agisconocome molecole di segnale e sono ligandi specificiper almeno due recettori accoppiati a G-protein,GPR41 e GPR43 (Le et al., 2003).

In accordo con il potenziale ruolo giocato daqueste GPRs nello sviluppo di massa grassa, unrecente studio ha dimostrato che topi ai quali èstato soppresso il recettore 43 accoppiato a G-protein (GPR43) sono resistenti all’obesitàindotta dalla dieta (Bjursell et al., 2011).Di conseguenza quest’insieme di esperimentisupporta fortemente l’idea che metabolitispecifici provenienti dall’intestino (ad es.SCFAs)agiscano in svariati modi (ad es. come substratienergetici e come regolatori metabolici) (Fig.3).L’idea originale che il microbiota intestinalecontribuisca all’estrazione di energia dalla dietaattraverso una maggior produzione di SCFAs èstata ostacolata da numerosi paradossi. Peresempio non è chiaro in che modo la maggiorquantità di SCFAs trovata nelle feci di animali osoggetti obesi possa direttamente contribuireallo sviluppo di massa grassa e aumento del pesocorporeo (Ley et at., 2005, 2006b; Turnbaugh etal., 2006).

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Figura 3Il microbiota intestinale è coinvolto nella genesi di disordini metabolici associati ad obesità: un modello.L’obesità nutrizionale (dieta ad alto contenuto di grassi) e genetica (topi ob/ob) è associata ad una disbiosiintestinale. Questo porta a determinare la permeabilità intestinale (un’alterata distribuzione delle proteinedelle giunzioni serrate ZO-1 e occludine), promuovendo l’endotosisemia metabolica e iniziando lo sviluppodi un basso grado di infiammazione e di insulino-resistenza nel fegato, nei muscoli e nel tessuto adiposo.

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Al contrario rispetto agli esperimenti standardcondotti con una dieta a pasti, i topi asetticialimentati con diete ad alto contenuto di grassierano resistenti all’obesità indotta dalla dietatipica occidentale, mentre l’intake energetico e ilcontenuto energetico fecale erano equivalentinei topi asettici e nei topi convenzionalizzati. Inostri risultati indicano inoltre che una dietaarricchita con specifici carboidrati non digeribiliporta a una maggiore produzione intestinale diSCFA ed è dunque in grado di rallentarel’aumento ponderale, lo sviluppo di massa grassae la severità dei casi di diabete (Cani et al., 2004,2005a, b, 2006a, b).Questi specifici carboidrati non digeribilirappresentano il concetto proprio dei prebiotici:“La stimolazione selettiva della crescita e/odella/e attività di uno o più generi/speciemicrobiche nella flora batterica intestinale checonferiscono benefici salutistici all’ospite”(Roberfroid et al., 2010). In più, questecomponenti prebiotiche promuovono l’aumentoe lo sviluppo di ceppi batterici abili a digerirepolisaccaridi e fornire energia in più all’ospite,andando al contempo ad aumentare la massa

et al., 2009a) e di peptide-YY (Cani et al., 2009a).In due studi differenti la fermentazione diprebiotici da parte del microbiota intestinale èstata messa in relazione a più bassi livelli di famee aumento della sazietà, e di conseguenza aduna diminuzione dell’intake energetico totale dicirca il 10% (Cani et al., 2006a, 2009a). Altri duestudi, uno di Archer et al. (2004) e uno di Whelanet al. (2006), hanno confermato che lafermentazione di carboidrati non digeribili daparte del microbiota intestinale era in grado dicontrollare il comportamento che portaall’assunzione di cibo e l’impatto sull’intakeenergetico. E’ importante notare checambiamenti nel microbiota intestinale indottidai prebiotici in pazienti obesi diminuiscono ilivelli circolanti di grelina e aumentano quelli dipeptide-YY (Parnell & Reimer, 2009).Ad ogni modo, alcune pubblicazioni riportano

che dosi massicce ma anche molto blande(<8g/giorno) di prebiotici non incidononecessariamente sull’appetito (Peters et al.,2009; Hess et al., 2011). Uno studio recente hadimostrato che una singola dose di prebiotici (ades.inulina) è in grado di aumentare

andando al contempo ad aumentare la massatotale dei batteri nel colon (Kleessen et al., 2001;Kolida et al., 2007, 2006).Sono stati pubblicati solo pochi ma promettentistudi riguardanti potenziali approcci terapeuticibasati sulla modulazione del microbiotaintestinale umano. E’ ben conosciuto chespecifici cambiamenti nella composizione delmicrobiota attraverso l’uso di prebiotici possapromuovere in maniera molto consistente laproduzione di SCFA (Roberfroid et al., 2010). E’interessante notare che questo fenomeno èstato associato a cambiamenti nel modo dialimentarsi grazie ad un meccanismo collegatoalla modulazione della produzione e secrezionedi peptidi intestinali (ad es. peptide-1 glucagon-like [GLP-1], peptide-YY e grelina). Per esempio,in soggetti in salute, l’introduzione di fruttaniinulino-simili (18-20 g/giorno) hasignificativamente aumentato la fermentazionedel microbiota intestinale (Piche et al., 2003;Cani et al., 2009a). In questi studi, l’integrazionecon prebiotici era associata a un aumento deilivelli plasmatici di GLP-1 (Piche et al., 2003; Cani

es.inulina) è in grado di aumentaresignificativamente i livelli plasmatici post-prandiali di GLP-1 e di diminuire i livelli plasmaticidi grelina (Tarini & Wolever, 2010).Questa scoperta contraddice la precedente ideache solo una modulazione persistente eprolungata sia necessaria a determinare effettisulla funzione endocrina dell’intestino. Perquanto riguarda i meccanismi coinvolti nellasecrezione endogena di peptidi intestinali, èstato proposto che SCFAs entrino direttamentein azione a seguito della fermentazioneintestinale. Per esempio, alcuni autori hannoproposto che l’acetato giochi un ruolo in questaregolazione importante, dal momento chehanno scoperto che la modulazione di SCFAsplasmatici è collegata a cambiamenti nei peptidiintestinali coinvolti nella regolazionedell’appetito, ma anche ad una diminuzione dimarker d’infiammazione in soggetti insulino-resistenti (Freeland et al., 2010a; Freeland &Wolever, 2010).

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I dati a nostra disposizione supportano laconvinzione che il flusso metabolico dipendentedal microbiota giochi un ruolo nella regolazionedelle riserve energetiche del corpo non sempreintese solo come riserve di grasso.La complessità del microbiota intestinale ètutt’ora sotto indagine sia in uomini magri cheobesi. Sebbene diversi studi osservazionaliabbiano associato alcuni specifici phyla o ceppiad obesità (Ley, 2010) o ad anoressia(Armougom et al., 2009), esistono risultatidiscordanti. Al di là di queste discrepanze,interventi terapeutici o modulazioni specifichedella composizione del microbiota intestinaleattraverso l’uso di prebiotici sono stati efficaci adimostrare la crescita e l’espansione di alcuniceppi batterici, la cui presenza è spessoassociata a effetti benefici per la salute (ades.Bifidobacterium spp.).Per esempio, il contributo relativo diBifidobacterium spp. merita maggiori ricerchenel campo dell’obesità (Boesten & de Vos, 2008;Boesten et al., 2009; Turroni et al., 2009). Inoltrel’approccio prebiotico sembra anche interessareper aiutare a promuovere altri batteri benefici. In

Un’analogia molto semplice può essere propostafacendo cenno al ceppo commensale diEscherichia coli, che può essere visto comepotenziale agente patogeno, tenendo peròpresente che dei ceppi specifici di E.coli (comeNissle 1917) hanno un impatto positivosull’infiammazione intestinale (Trebichavsky etal., 2010). Questi dati sottolineano quanto siacruciale porsi l’interrogativo di quali effettiassociati all’obesità siano ceppo-specifici e,ancora più importante, quali meccanismi stannoalla base di azioni differenti.

Il microbiota intestinale, l’infiammazione el’insulino-resistenza

Sebbene un consistente corpo di evidenzesupporti l’idea che l’estrazione di energia dalladieta da parte del microbiota intestinale porti inmolteplici modi allo sviluppo di obesità edisordini metabolici ad essa collegati, questeteorie non hanno mai sondato le interazioni tra imicrobi dell’intestino, i disordini metabolicicollegati all’obesità e l’insorgenza diinfiammazione cronica di basso grado. Diversiper aiutare a promuovere altri batteri benefici. In

più, si è dimostrato che l’integrazione confruttani simil-inulina sia in grado di aumentareFaecalibacterium prausnitzii in volontari sani(Ramire-Farias et al., 2009).Questi batteri hanno dimostrato di sapermodulare l’infiammazione e il diabete in soggettiobesi (Furet et al., 2010). Da ultimo, il ceppoLactobacillus spp., appartenente al phylum deiFirmicutes, è soggetto a risultati controversi e adiscussioni all’interno della letteratura (Raoult,2008; Armougom et al., 2009; Delzenne & Reid,2009; Ehrlich, 2009; Santacruz et al., 2009;Andreasen et al., 2010; Aronsson et al., 2010;Balamurugan et al., 2010; Kadooka et al., 2010;Luoto et al., 2011, 2010). Questo dibattito èinerente alla potenziale associazione tralattobacilli e obesità. Stando alle conoscenzeattuali, il dibattito rimane irrisolto: è probabileche quest’associazione esista ma in mododuplice, dal momento che alcune specie sonoprotettive nei confronti dell’obesità mentre altresono di fatto associate all’aumento di peso.

infiammazione cronica di basso grado. Diversistudi supportano l’idea che quest’infiammazionepossa derivare dall’infiltrazione di macrofaginegli organi (tessuto adiposo, muscoli e fegato),condizione che promuove la secrezione di fattoripro-infiammatori (Weisberg et al., 2003; Xu et al.,2003; Tordjman et al., 2008; Olefsky & Glass,2010).Cionondimeno, l’esatto ruolo dei macrofagi e lasorgente e tipologia di fattori che scatenanol’attivazione del sistema immunitario in questospecifico contesto rimane materia di dibattito(Odegaard & Chawla, 2008; Kosteli et al., 2010).Data la pletora di fattori infiammatori (ades.interleuchina-1 [IL-1], fattore-α di necrositumorale [TNF-α], proteina-1 monocitechemotattica [MCP-1], sintetasi inducibiledell’ossido nitrico [iNOS], interleuchina-6 [IL-6])che sono fattori di causa dell’indebolimentodell’azione dell’insulina (o dell’insulino-resistenza) e di diverse interazioni molecolari traimmunità e segnali insulinici, abbiamo cercato unpotenziale fattore in grado di spiegare questimeccanismi.

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Ad esempio, la chinasi c-Jun N-terminale (JNK), ilfattore di trascrizione nucleare kB (NF-kB) e lachinasi proteica attivata dai mitogeni (MAPK)controllano specifiche vie molecolari chegiocano un ruolo cruciale nello sviluppo diinfiammazione ed insulinoresistenza.L’effetto pro-infiammatorio di una dieta ad altocontenuto di grassi è stato attribuito in largaparte alle proprietà infiammatorie degli acidigrassi dietetici (ad es.acido palmitico).Recentemente è stato proposto che questi acidigrassi stimolino una risposta infiammatoriaattraverso l’attivazione del recettore di LPS (toll-like receptor-4 [TLR-4]) che manda segnali adadipociti e macrofagi, che potrebberocontribuire all’infiammazione del tessutoadiposo nell’obesità (Shi et al., 2006; Suganamiet al., 2007a, b).Ad ogni modo la connessione diretta tra acidi

grassi e TLR4 è stata rivisitata e contestata(Erridge & Samani, 2009). Questi step molecolarigiocano un ruolo cruciale nell’integrazione dirisposta immune e metabolica nei confronti diinfezioni attraverso l’azione di composti derivatida batteri gram-negativi, chiamati

ipotesi fornisce una nuova prospettiva riguardoil ruolo di prodotti derivati dal microbiotaintestinale e il nostro metabolismo. In accordo aciò, è sempre maggiormente riconosciuto che ilsistema immunitario innato e le vie metabolichesiano funzionalmente intrecciate (Olefsky &Glass, 2010).Una serie di esperimenti ha dimostrato che ibatteri intestinali possono iniziare i processiinfiammatori associati all’obesità e all’insulino-resistenza attraverso la modulazione dei livelliplasmatici di LPS (Fig.4).Il primo esperimento che ha supportato unaconnessione tra il microbiota intestinale e unadieta ad alto contenuto di grassi ha portato allascoperta dell’esistenza di una disbiosi microbicatra topi magri alimentati normalmente e tra topialimentati con una dieta ad alto contenuto digrassi.In questo studio, una dieta ad alto contenuto digrassi ha aumentato i livelli plasmatici di LPS(endotossiemia metabolica) di due o tre volte. Ladieta ad alto contenuto di grassi è anche stataconnessa a specifici cambiamenti nella comunitàmicrobica intestinale, con una riduzione marcatada batteri gram-negativi, chiamati

lipopolisaccaridi (LPS) (Guha & Mackman, 2001).Dunque, dato che l’obesità e il diabete di tipo 2sono strettamente associati ad un basso gradodi infiammazione cronica e dato che esisteun’intricata influenza reciproca tra i recettoricoinvolti nelle interazioni dei microbi umani,abbiamo investigato il ruolo di un fattorecollegabile ai microbi nell’eziologia dell’obesità edi disordini associati.Recentemente abbiamo definito i LPS derivatidal microbiota intestinale come il primummovens nello sviluppo precocedell’infiammazione e di patologie metaboliche(Cani et al., 2007a). Più precisamente abbiamodimostrato che l’eccesso di grassi dietetici nonsolo aumenta l’esposizione sistemica ad acidigrassi potenzialmente proinfiammatori e loroderivati, ma facilita anche lo sviluppo diendotossiemia metabolica (ad es.aumento diLPS plasmatici) (Cani & Delzenne, 2007; Cani etal., 2007a). Dato che i LPS possono determinareinfiammazione ovunque nel corpo e cheinterferiscono sia con il metabolismo che con lafunzione del sistema immunitario, questa nuova

microbica intestinale, con una riduzione marcatadi Bifidobacterium spp., batteri connessi aiBacteroides ed Eubacterium rectale-Clostridiumcoccoides (Cani et al., 2007a, c). La rilevanza delsegnale dei LPS allo sviluppo di un basso grado diinfiammazione indotto dalla dieta è statasuccessivamente esplorata da uno studio su topimancanti del co-recettore CD14 del TLR-4: CD14-/-. Dopo quattro settimane di dieta ad altocontenuto di grassi, questi topi esibivano piùmassa grassa e un peso corporeo maggiore,oltre che un basso grado di stato infiammatorio(fegato, tessuto adiposo e muscoli).In modo ancora più rilevante, in assenza di un

recettore per LPS i topi erano resistentiall’obesità dieto-indotta e disordini collegati(compresa insulino-resistenza epatica) (Cani etal., 2007a).Abbiamo anche dimostrato che l’endotossiemiametabolica cronica prodotta da infusionisubcutanee croniche di LPS (che mimanol’endotossiemia metabolica) riducesignificativamente l’infiammazione e l’insulino-resistenza.

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Figura 4 I cambiamenti indotti dai prebiotici nel microbiota intestinale possono eliminare idisordini che si associano all’obesità.I prebiotici modulano la composizione del microbiota intestinale in un modo molto complesso inrisposta a obesità genetica o dieto-indotta (ad es., aumentando Bifidobacterium spp.). Iltrattamento con prebiotici diminuisce la permeabilità intestinale e l’endotossemia metabolica maaumenta l’insulino-resistenza, la steatosi e il basso grado di infiammazione. Uno dei meccanismi chespiega questo fenomeno è l’aumentata produzione endogena di GLP-2, che ristabilisce le funzioni dibarriera dell’intestino.

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Riguardo l’aumento di massa grassa, la gestionecronica con LPS aumenta la massa sottocutaneae viscerale rispettivamente di circa il 30% e 40%.E’ stato notato che l’aumento relativo alla massagrassa e al peso corporeo riconducibili altrattamento con LPS o alla dieta ad elevatocontenuto di grassi e senza carboidrati utilizzatiin questo protocollo era minore rispetto a quelloosservato in una dieta di tipooccidentale. Cionondimeno, altri studifavoriscono quest’ipotesi perché in assenza delrecettore di LPS (modelli CD14-/- o TLR-4-/-) i topisono resistenti ai disordini metabolici dieto-indotti (Cani et al., 2007a; Tsukumo et al., 2007;Davis et al., 2008; Roncon-Albuquerque et al.,2008).E’ stato successivamente investigato il ruolo deiLPS derivati dal microbiota intestinale in quantoessi risultano essere fattori di stimolazione di unbasso grado di infiammazione, di diabete di tipo2 e di insulino-resistenza, un’indagine che hariguardato topi obesi sia per via nutrizionale cheper via genetica attraverso una specificamodulazione della composizione del microbiota

intestinale (Cani et al., 2008; Membrez et al.,2008). In primo luogo, abbiamo trovato che uncambiamento nel microbiota intestinaleattraverso il trattamento antibiotico proteggeverso lo sviluppo di massa grassa indotto dalladieta, intolleranza glucidica, insulino-resistenza,infiammazione e stress ossidativo. Questoinsieme di studi suggerisce in modo incisivo cheuna dieta ad alto contenuto di grassi potrebbenon essere causa diretta di obesità.In secondo luogo, abbiamo trovato che topiob/ob geneticamente obesi esibivano unmigliore fenotipo metabolico (cioè insulino-resistenza e infiammazione) a seguito di unamanipolazione del microbiota intestinale,mentre il loro aumento ponderale totalerimaneva invariato (Cani et al., 2008). Perchiarire meglio il ruolo dei LPS nella patogenesidell’infiammazione e dell’insulino-resistenzaassociate all’obesità, abbiamo deciso diinterferire con il segnale dei LPS attraverso l’usodi due modelli specifici. Nel primo modelloabbiamo somministrato infusioni sottocutaneecroniche di LPS (polimixina B o inibitori di

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endotossine) per quattro settimane a topi ob/obgeneticamente obesi. Il secondo modelloconsisteva in una generazione di topi ob/obmancanti del recettore CD14 per LPS (ob/obCD14-/-).I risultati ottenuti seguendo l’investigazione ditutti questi specifici modelli hanno indicato unasignificativa diminuzione dell’infiammazione edell’infiltrazione dei marker di macrofagi insiemecon una migliorata tolleranza al glucosio einsulino-resistenza (Cani et al., 2008). Questiesperimenti dimostrano chiaramente ilcontributo all’endotossiemia metabolica daparte di derivati da LPS del microbiotaintestinale.Coerentemente con quest’insieme di dati, altri

studi hanno riportato che i livelli plasmatici diLPS sono elevati in topi ob/ob e db/db (Brun etal., 2007). In più, il trattamento con polimixina B,che elimina specificamente i batteri gram-negativi ed inoltre estingue LPS, diminuisce lasteatosi epatica (Pappo et al., 1991). Insieme coni primi risultati, queste scoperte suggerisconofortemente che il contributo del microbiotaintestinale all’endotossiemia metabolica ha a che

Creely et al. hanno recentemente rinforzatol’ipotesi che l’endotossiemia metabolica possaagire come fattore collegato al microbiotaintestinale e coinvolto nello sviluppo di diabetedi tipo 2 e obesità nell’uomo (Creely et al., 2007).Un recente studio che investigava l’impatto degliinibitori alle lipasi pancreatiche e gastriche hamesso in evidenza il legame tra l’endotossiemiametabolica e l’alterazione della tolleranza alglucosio (Dixon et al., 2008). Inoltre è statodimostrato che cambiamenti nell’endotossemiametabolica in pazienti obesi con diabete 2 sonoinversamente correlati a diversi parametriplasmatici (ad es.trigliceridi, colesterolo,glucosio e insulina) (Al-Attas et al., 2009). Daultimo, la relazione tra dieta ad elevatocontenuto di grassi ed endotossemia metabolicaè stata confermata in diversi studi indipendenti(Ghoshal et al., 2009; Ghanim et al., 2009;Deopurkar et al., 2010; Laugerette et al., 2011).Messe insieme queste scoperte rinforzano ilruolo giocato dall’intake (e dall’assorbimento) digrassi nello sviluppo dell’endotossiemiametabolica.Sebbene molti dati supportino la tesi di unintestinale all’endotossiemia metabolica ha a che

fare sia con l’obesità genetica che con quellaindotta dalla dieta. Il rapporto tra una dieta adalto contenuto di grassi, l’obesità, il diabete ditipo 2 e i LPS è stato successivamenteconfermato nell’uomo. Negli ultimi 3-4 anni,numerosi studi hanno confermato l’ipotesi diun’endotossiemia metabolica indotta da unadieta ad alto contenuto di grassi in soggetti sanie obesi. Prima, Erridge et al. hanno esaminato ilivelli di concentrazione di endotossiemia insoggetti umani sani e hanno trovato che pasti adalto contenuto di grassi induconoun’endotossiemia metabolica che raggiungerapidamente concentrazioni sufficienti a indurreun certo grado di infiammazione (Erridge et al.,2007). Abbiamo anche scoperto un link traintake energetico (dieta ad alto contenuto digrasso) ed endotossiemia metabolica in unacoorte di 211 soggetti (Amar et al., 2008). In più èstato dimostrato che l’endotossiemia metabolicain volontari sani aumenta il TNF-α nel tessutoadiposo e le concentrazioni di IL-6 , oltre chel’insulino-resistenza (Anderson et al., 2007).

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Sebbene molti dati supportino la tesi di unmeccanismo dipendente dall’attivazione delcomplesso LPS-TLR-4/CD14, alcune evidenzeemergenti supportano il concetto che altri TLRpotrebbero essere coinvolti nello sviluppodell’insulino-resistenza e di un basso grado diinfiammazione associati all’obesità.Recentemente, diversi studi indipendenti cheinvestigavano il ruolo di TLR-2 hanno associatocausalmente lo sviluppo di obesità dieto-indottae disordini metabolici a questo recettoreassociato a patogeni (Davis et al., 2011; Ehses etal., 2010; Himes & Smith, 2010; Kuo et al.,2011).TLR-2 riconosce un largo numero di molecolecontenenti lipidi, compreso il lipopeptidebatterico (Lien et al., 1999). In più l’espressione el’induzione di TLR-2 sono direttamentecontrollati da LPS, ma TLR-2 può anche essereindotto dal TNF-α e da CD14 (Lin et al., 2000).Questi dati sono stati successivamenteconfermati, ed è stato proposto che la up-regolazione di TLR-2 in presenza di bassi maclinicamente rilevanti livelli di prodotti microbicisia un importante meccanismo attraverso il

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quale il sistema immunitario aumenta la suarisposta a infezioni recenti (ad es.LPS) (Nilsen etal., 2004). Dunque abbiamo proposto chel’endotossiemia metabolica porti all’attivazionedi TLR-2, e dunque all’amplificazione dei segnalidel complesso LPS/TLR-4/CD14 a stimolare larisposta infiammatoria. Diversi studi hannoproposto che acidi grassi saturi promuovanol’infiammazione di basso grado e l’insulinoresistenza attraverso un meccanismodipendente da TLR-4 (Shi et al., 2006; Suganamiet al., 2007a, b).Comunque, è stato suggerito che l’effetto di

acidi grassi saturi sull’attivazione di TLR-4 possaessere dovuta alla contaminazione da LPS deipreparati di acidi grassi o dell’albumina del sierobovino (utilizzata in questi studi) (Erridge &Samani, 2009). Si può suggerire con più certezzache questi acidi grassi sono coinvoltiprofondamente nella stimolazione del sistemaimmunitario innato, ma probabilmente incongiunzione con un’iniziale stimolazione di LPSdel complesso TLR-4/CD14 e una conseguentestimolazione TLR-2. Diverse osservazioni sono asostegno di quest’ipotesi: i) l’alterazione del

attiva di conseguenza l’espressione di TLR-2 asupporto della risposta infimmatoria del sistemaimmunitario innato.

Il microbiota intestinale e la permeabilitàintestinale: uno sguardo nella “MicrObesità”

Tra le cause potenzialmente coinvolte nellosviluppo di un’endotossiemia metabolica,numerosi studi supportano l’idea che unmutualismo ospite-batteri porti al controllo dellefunzioni della barriera intestinale (Brun et al.,2007; Cani et al., 2008, 2009b; De La Serre et al.,2010; Muccioli et al., 2010).L’endotossiemia metabolica (o anche alti livelliplasmatici di LPS) può essere il risultato dimolteplici meccanismi, compresa l’aumentataproduzione di endotossine su stimolazione dicambiamenti del microbiota intestinale (Cani etal., 2007a, c). In condizioni fisiologiche l’epiteliointestinale agisce come una barriera continua edefficace che previene la translocazione batterica(ad es.LPS). Però diverse situazioni endogenee/o esogene sono associate ad un’alterazione diquesta funzione protettiva.sostegno di quest’ipotesi: i) l’alterazione del

microbiota intestinale con antibiotici protegge itopi da un’obesità dieto-indotta e da disordinimetabolici, anche in presenza di recettorifunzionanti TLR-4/2 (Cani et al., 2008); ii) topi acui sia stato soppresso CD14 non sviluppanoinsulino-resistenza indotta dai grassi einfiammazione di basso grado, anche qualora irecettori TLR-4 e TLR-2 siano completamenteespressi (Cani et al.,2007a; Roncon-Albuquerqueet al., 2008), comunque dovrebbe esserericordato che CD14 è richiesto perun’appropriata funzionalità sia di TLR-2 che diTLR-4 (Buwitt-Beckmann et al., 2005; Heine &Ulmer, 2005); e iii) i topi asettici alimentati conuna dieta ad alto contenuto di grassi sonoresistenti allo sviluppo di infiammazione indottada una dieta ad alto contenuto di grassi eresistenti ad insulino-resistenza, sebbene si sianocompletamente digeriti e assorbiti i grassiingeriti (Backhed et al., 2007; Rabot et al.,2010).Presi insieme, questi esperimenti suggerisconoche una cascata di segnale iniziata da unmeccanismo dipendente da LPS/TLR-4/CD14

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questa funzione protettiva.Tra i fattori che portano ad un intestinopermeabile (e quindi ad una condizione chepromuove l’endotossemia metabolica) sonostate proposte la stasi allo stress (Mazzon &Cuzzocrea, 2008), l’assunzione di alcol (Nanji etal., 1993; Nishida et al., 1994; Adachi et al., 1995;Enomoto et al., 1998; Rivera et al., 1998;Enomoto et al., 2001) e le radiazioni (Paulos etal., 2007). In più, noi e altri abbiamorecentemente proposto che cambiamenti nelladistribuzione e localizzazione della zonulinaOccludens-1 (ZO-1) e occludine (due proteine digiunzioni serrate) nel tessuto intestinale sianoassociate con un’aumentata permeabilitàintestinale, che si riscontra in topi obesi ediabetici (Fig.4) (Brun et al., 2007; Cani et al.,2008, 2009b; De La Serre et al., 2010; Muccioli etal., 2010). Diversi meccanismi sembrano spiegareil legame tra il cambiamento del microbiomaintestinale in obesità e cambiamenti nellefunzioni della barriera intestinale (Fig.4 e 5).

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Messi insieme questi dati supportano l’ipotesiche cambiamenti specifici nel microbiotaintestinale migliorino la permeabilità intestinalee il tono infiammatorio attraverso meccanismiGLP-2 dipendenti (Cani et al., 2009b) (Fig.4).A seguito di questi interessanti cambiamentinella permeabilità intestinale con trattamentoprebiotico, sono state condotte misurazionidella permeabilità intestinale a livello del digiunoe ileo, mentre sono state rilevate modulazionidel microbiota intestinale nella parte distaledell’intestino (colon). Tra i potenziali meccanismicoinvolti, abbiamo proposto che il cambiamentodel microbiota intestinale controlla e aumenta laproduzione endogena del peptide GLP-2derivato dal proglucagone intestinotrofico, nonsolo nel colon ma anche nel digiuno (Cani et al.,2009b); di conseguenza migliorerebbe lafunzionalità di barriera intestinale nella partesuperiore dell’intestino sia attraverso circoliregolatori autocrini che paracrini (Cani et al.,2009b).In più era stato precedentemente trovato che iprebiotici aumentano l’altezza dei villi, laprofondità delle cripte e la densità degli strati

In un recente studio abbiamo dimostrato chel’alterazione attraverso prebiotici del microbiotaintestinale di topi geneticamente obesi può agirein modo favorevole sulla barriera intestinale; ilmeccanismo attraverso il quale i probioticimigliorano la permeabilità intestinale nelparticolare contesto di obesità rimane dadefinirsi. Ad ogni modo abbiamo investigato ilruolo di uno specifico peptide intestinalecoinvolto nel controllo della proliferazione dicellule epiteliali e nell’integrità di barrieraintestinale, chiamato peptide-2 glucagon-like(GLP-2) (Jeppesen et al., 2001; Thulesen et al.,2001; Martin et al., 2005; Chiba et al., 2007; Dube& Brubaker, 2007).Abbiamo investigato questo particolare peptideperché in nostri lavori precedenti avevamotrovato che cambiamenti indotti dai prebioticinel microbiota intestinale promuovevano lasintesi di GLP-1 (mRNA proglucagone e peptideGLP-1) nel colon prossimale attraverso unmeccanismo collegato alla differenziazione dellecellule precursori in cellule enteroendocrine(Cani et al., 2004, 2005a, b, 2006b; Cani et al.,2007b; Delzenne et al., 2007). Dato che entrambi profondità delle cripte e la densità degli strati

mucosali nel digiuno e nel colon (Kleessen et al.,2003). Non possiamo poi ignorare chel’integrazione con prebiotici influenzi lacomunità microbiale che risiede nella primaparte dell’intestino, sebbene quest’ipotesirimanga da confermare. Un meccanismoaggiuntivo potenzialmente coinvoltonell’impatto del microbiota intestinale sullosviluppo di obesità e disordini correlati è ilsistema degli endocannabinoidi (eCB).L’interesse per questo sistema biologico originadalle seguenti osservazioni:1. La massima espansione del tessuto adiposo inobesità è caratterizzata da un basso grado diinfiammazione, forse controllato dal microbiotaintestinale (attraverso LPS);2. L’obesità è anche caratterizzata da unaumentata responsività al sistema eCB (ad es.,alterata espressione del recettore 1cannabinoide (CB1 mRNA) e aumentatol ivelloplasmatico di eCB, e aumentati livelli di eCB neltessuto adiposo) (Engeli et al., 2005; Bluher etal., 2006; Matias et al., 2006; Cote et al., 2007;

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2007b; Delzenne et al., 2007). Dato che entrambii GLP sono prodotti e secreti dalle cellule-L edato che la produzione di GLP-1 endogenoaumenta con cambiamenti indotti da prebioticinella flora batterica intestinale, abbiamofocalizzato la nostra ricerca su GLP-2.Abbiamo trovato che un’aumentata produzione

endogena di GLP-2 era associata ad unamigliorata funzionalità della barriera mucosaleattraverso la restaurazione dell’espressione edistribuzione di proteine delle giunzioni serrate(Fig. 4). Per investigare più in profondità il ruolodi GLP-2 nell’effetto protettivo dei prebiotici,abbiamo bloccato i recettori per GLP-2 inconcomitanza a cambiamenti associati aiprebiotici nella flora intestinale. Gli antagonisti diGLP-2 hanno completamente bloccato lemaggiori caratteristiche del trattamentoprebiotico.Dunque, senza una funzionalità del recettoreGLP-2, il trattamento prebiotico è destinato afallire nella riduzione dell’endotossemiametabolica, dell’infiammazione epatica e deimarker di stress ossidativo.

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D’Eon et al., 2008; Starowicz et al., 2008; DiMarzo et al., 2009; Izzo et al., 2009; Muccioli etal., 2010);3. LPS stimola la sintesi di eCB (in vivo e in vitro)(Di Marzo et al., 1999; Maccarrone et al., 2001;Liu et al., 2003; Hoareau et al., 2009);4. Il blocco genetico o farmacologico delrecettore CB1 protegge dall’obesità, dallasteatosi e dal basso grado di infiammazioneattraverso meccanismi non ancora risolti (Osei-Hyiaman et al., 2005; Gary-Bobo et al., 2007;DeLeve et al., 2008; Osei-Hyiaman et al., 2008).Date quest’evidenze emergenti che il sistemaeCB, l’infiammazione e l’obesità sonointerconnesse, abbiamo deciso di investigare inche modo il microbiota intestinale e le funzioni dibarriera possano convergere in un meccanismomolecolare. Usando differenti modelli perstudiare l’inter-relazione tra l’ospite e la suacomunità intestinale di microbi, abbiamoscoperto che cambiamenti specifici della florabatterica intestinale diminuisconoselettivamente l’attività del sistema eCV nelcolon e nel tessuto adiposo (tali cambiamenticomprendono topi asettici verso convenzionali;

Dunque questo studio ha dimostrato in primoluogo che i recettori di CB1 controllano lapermeabilità intestinale attraverso interrelazionicon il microbiota intestinale (Muccioli et al.,2010). Inoltre abbiamo dimostrato l’esistenza diuno scambio reciproco tra eCB e microbiotaintestinale che partecipa alla regolazionedell’adipogenesi (Muccioli et al., 2010) (Fig.5).Abbiamo anche scoperto che cambiamenti nelmicrobiota intestinale attraverso l’uso diprebiotici promuovono la normalizzazione dellaresponsività del sistema eCB sia nell’intestinoche nel tessuto adiposo. Questi effetti sonofortemente associati alla diminuzione dellapermeabilità intestinale, dell’endotossiemiametabolica e dello sviluppo di massa grassa(Fig.5). Cionondimeno, dovrebbe esserericordato che anche se esistono forti correlazionitra la composizione del microbiota intestinale edelementi che controllano le funzioni di barrieraintestinale (ad es.GLP-2 e il sistema degliendocannabinoidi), il diretto coinvolgimento dispecifici microbi intestinali e/o metabolitimicrobiali rimane da essere spiegato.

comprendono topi asettici verso convenzionali;trattamenti dietetici che cambianodrasticamente o selettivamente la composizionedel microbiota intestinale; dis-regolazionegenetica delle interazioni tra batteri intestinali eospite). (Muccioli et al., 2010).Sia in topi obesi per via dietetica che genetica, ilsistema eCB era iperattivato nell’intestino e neltessuto adiposo (Fig.5). Abbiamo trovato che ilsistema eCB, e più specificamente il recettoreCB1, controlla la funzione della barrieraintestinale. Per esempio il blocco del recettoreCB1 in topi obesi riduce la permeabilitàintestinale attraverso il miglioramento delladistribuzione e localizzazione di proteine digiunzioni serrate (ZO-1 e occludine) (Fig.5).In più, l’attivazione di CB1 aumenta in vitro e invivo i marker di permeabilità intestinale(Alhamoruni et al., 2010; Muccioli et al., 2010).

ConclusioniIl nuovo concetto di “MicrObesità” ha portatoalle dimostrazioni dell’impatto del microbiotaintestinale sul metabolismo della persona e dellesue riserve energetiche.Ogni anno, numerose evidenze emergentipossono aiutare la comunità scientifica a capiremeglio questo piccolo mondo nascosto sotto lapelle della nostra pancia.Evidenze convincenti supportano la convinzioneche la comunità microbica partecipa allosviluppo di deposizione di massa grassa, insulino-resistenza e basso grado di infiammazione(fattori che caratterizzano l’obesità). Lo sviluppodi metodi analitici efficaci porterà a spiegare consempre maggiori conoscenze la complessità delmicrobiota intestinale.

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Figura 5 Il microbiota intestinale determina la permeabilità intestinale e la fisiologia del tessuto adiposoattraverso il circolo regolatorio del sistema LPS-eCB.Il sistema eCB è iper-attivato nell’intestino con un conseguente aumento della permeabilità intestinale,dei livelli plasmatici di LPS e dell’infiammazione sistemica. L’influenza reciproca del sistema eCB e delmicrobiota partecipa alla regolazione dell’adipogenesi in modo diretto attraverso l’azione sul tessutoadiposo e in modo indiretto attraverso l’aumento dei livelli plasmatici di LPS. I cambiamenti indotti con iltrattamento di prebiotici nel microbiota intestinale diminuiscono la responsività del sistema eCB sianell’intestino che nel tessuto adiposo, e dunque migliorano la barriera intestinale e normalizzanol’adipogenesi.

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l’adipogenesi.

Cionondimeno, questo porterà anche diversinuovi interrogativi riguardanti i meccanismiattraverso i quali i batteri intestinaliinteragiscono con l’uomo. Le risposte a questedomande-chiave saranno cruciali per lo sviluppodi futuri trattamenti “à la carte” per le patologiecollegate a disbiosi. In questa prospettiva, anchese dovrebbe essere più propriamente verificato,i prebiotici rappresentano uno strumentopromettente, e che è già disponibile.

Bibliografia

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Diete ad elevato contenuto di proteine (HP)esercitano un effetto ipercalciurico pur tenendocostanti i livelli di assunzione di calcio, sebbenegli effetti specifici dipendano dalla natura delleproteine dietetiche. Un pH urinario inferiore èstato osservato in soggetti che hannounʼalimentazione HP. La combinazione di questidue effetti sembra essere associata a condizionidietetiche che favoriscono la demineralizzazionedello scheletro. Lʼaumentata escrezione di calciodovuta a diete HP non sembra tuttavia essereconnessa ad uno squilibrio dellʼomeostasi delcalcio. In contraddizione a ciò, alcuni datiindicano che un intake HP induce un aumentodellʼassorbimento di calcio a livello intestinale.Non esistono dati clinici a supporto dellʼipotesiche diete HP abbiano un effetto negativo sullasalute delle ossa, eccezion fatta per unaconcomitante condizione di inadeguato apportodi calcio. Lʼintake HP promuove la crescita delle

Le diete ricche di proteine sono state associate amodificazioni del calcio urinario e ad escrezioniacide, due fattori che si sospettano riflettere unostato di blanda acidosi che potrebbe portare acondizioni ambientali favorevoli ademineralizzazione dello scheletro e sviluppo dicalcoli renali.Il metabolismo delle proteine dietetichecontribuisce alla produzione endogena di acidi,soprattutto attraverso lʼossidazione di acidiaminosolfurici e fosfoproteine. Tuttavia altririsultati supportano una relazione positiva tralʼintake di proteine e la salute delle ossa. Peranalizzare la letteratura collegata a questetematiche abbiamo condotto ricerche neldatabase MEDLINE attraverso PubMedutilizzando le seguenti parole-chiave: diete adelevato contenuto di proteine, proteinedietetiche, assunzione di proteine, assunzione dicarne, equilibrio acido-base, escrezione acida

Assunzione di proteine, il bilancio del calcio e gli effetti sulla salutea cura di Arianna Rossoni

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di calcio. Lʼintake HP promuove la crescita delleossa e ritarda processi di osteopenia, e una dietabassa di proteine è stata associata ad unmaggiore rischio di fratture allʼanca. Lʼaumentodi acido e di escrezione calcica dovuta a diete HPè stata anche accusata di creare condizioniorganiche favorevoli a calcoli renali e patologieai reni.Tuttavia in soggetti sani non sono stati registratieffetti negativi di diete HP sui reni né in studiosservazionali né in studi di intervento:sembrerebbe che diete HP possano esseredeleterie solo in pazienti con preesistentidisfunzioni metaboliche renali. Dunque la dietaHP non sembra portare a perdita di calcio osseo:il ruolo delle proteine sembra essere piùcomplesso di quanto si creda, e probabilmente èdipendente da altri fattori dietetici e dallapresenza di altri nutrienti nella dieta.

carne, equilibrio acido-base, escrezione acidarenale netta, ipercalciuria, equilibrio del calcio,calcio urinario, escrezione di calcio,assorbimento di calcio, salute delle ossa, massaossea e fratture. La lista di riferimenti è statarevisionata per studi supplementari rilevanti. Eʼstato anche fatto un tentativo per interpretarele differenze tra gli effetti riportati con riguardoalle variazioni di assunzioni dietetiche.

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Assunzione di proteine, calcio urinario,escrezioni acide ed equilibrio del calcio

Proteine dietetiche e calcio urinario ed escrezioniacide

Studi controllati di assunzione dietetica hannomostrato un effetto ipercalciurico delle diete HPquando le proteine supplementari erano date informa purificata (caseina, lattoalbumina,proteine del glutine del grano, albume inpolvere), con unʼescrezione urinaria di calcioaumentata di 0,7-2,2 mg per ogni grammo diproteine supplementari ingerite, a costanti livellidi intake di calcio (Johnson et al., 1970; Anandand Linkswiler, 1974; Kim and Linkswiler, 1979;Schuette et al., 1980; Hegsted and Linkswiler,1981; Hegsted et al., 1981; Zemel et al., 1981;Schuette and Linkswiler, 1982; Lutz, 1984; Trilokand Draper, 1989; Pannemans et al., 1997;Wagner et al., 2007) (Tabella 1).Lʼaumentata escrezione urinaria di calcio è stataosservata sia in donne onnivore che vegetariane(Ball and Maughan, 1997) e in soggetti cheseguivano la dieta Atkins (Reddy et al., 2002).

In studi a nutrizione controllata, comparandodiete con bassi e alti livelli di proteine, il pHurinario risultava ridotto di 0,3-0,8 unità quandolʼassunzione di proteine era aumentata di 40-60g/giorno (Lutz, 1984; Trilok and Draper, 1989;Reddy et al., 2002; Roughead et al., 2003).Sono stati riportati aumenti nellʼescrezione acidarenale netta entro un range di 0,4-1 mEquiv perogni grammo di proteine dietetichesupplementari (Schuette et al., 1980; Hegstedand Linkswiler, 1981; Schuette and Linkswiler,1982; Lutz, 1984; Reddy et al., 2002).Il livello di escrezione acida supplementareindotto da maggiori assunzioni proteichepotrebbe dipendere dalla natura delle proteineingerite.Per esempio, lʼescrezione acida renale netta erapositivamente associata a unʼassunzione diproteine non di origine casearia (Hu et al., 1993)e proteine totali (Frassetto et al., 1998), ma nonad unʼassunzione di proteine vegetali (Frassettoet al., 1998).Comunque, lʼaumentato carico acido renale aseguito di diete HP non è necessariamenteassociato a modificazioni del carico acido

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seguivano la dieta Atkins (Reddy et al., 2002).Altri studi non riportano cambiamenti nei livelliurinari di calcio a seguito di diete ad elevatoconsumo di carne comparate a diete a bassoconsumo di carne (Spencer et al., 1978, 1983,1988). Lʼeffetto ipercalciurico di diete HPdipende certamente dalla natura delle proteinedietetiche, e bisogna anche tenere conto chediversi alimenti ad HP, come carne o prodotticaseari, contengono anche componenti chelimitano lʼescrezione urinaria di calcio.Per esempio, il fosforo esercita un effettoipocalciuretico che contrasta lʼeffettoipercalciuretico determinato dallʼintake proteico.Quando lʼassunzione di proteine e calcio ètenuto costante, un aumento dellʼassunzione difosforo causa una diminuzione del calcio urinariotra il 40 e 65% a seconda del livello di assunzioneproteica (Hegsted et al., 1981).Le diete HP sono anche associate aunʼaumentata escrezione acida, che si riflette inuna diminuzione del pH urinario e un aumentodellʼescrezione acida renale totale.

associato a modificazioni del carico acidosistemico. Il pH plasmatico e la concentrazione dibicarbonati rimane entro range di normalitàquando lʼaumento delle proteine dieteticheraggiunge un massimo di 164 g/giorno (Reddy etal., 2002) o 2 g/kg (Wagner et al., 2007).Il fatto che lʼequilibrio acido-base sistemico

venga preservato suggerisce che il carico acidoindotto dalle proteine può essereadeguatamente gestito dai reni attraversolʼescrezione dellʼeccesso di acidi prodotti eattraverso lʼattivazione di sistemi tampone.

Lʼassunzione di proteine e lʼequilibrio del calcio

Lʼequilibrio del calcio viene definito come:“l’ assunzione data dalla dieta del calcio” meno“somma delle escrezioni urinarie e fecali dicalcio”. Sebbene vi sia un ampio consensoriguardo lʼassociazione tra aumentato introito diproteine dietetiche ed aumentata escrezioneurinaria di calcio, lʼeffetto di diete HPsullʼequilibrio totale organico di calcio è menochiaro (Tabella 2).

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In alcuni studi le diete HP associate ad unaumento dei livelli urinari di calcio erano ancheassociate ad un bilancio di calcio minore enegativo se comparate a diete a bassocontenuto di proteine (LP) (Johnson et al., 1970;Anand and Linkswiler, 1974; Kim and Linkswiler,1979; Allen et al., 1979b; Hegsted et al., 1981;Schuette and Linkswiler, 1982; Lutz, 1984); ladiminuzione del bilancio giornaliero di calcio erain un range di 1-1.6 mg per ogni grammo diproteine extra. Altri studi non riportanocambiamenti nel bilancio di calcio a seguito didiete HP, non si osservano cambiamenti nénellʼescrezione urinaria di calcio nènellʼassorbimento di calcio quando le proteineerano fornite come carne (Spencer et al., 1983;Draper et al., 1991); si è osservata unadiminuzione dellʼescrezione fecale di calcio, checompensa lʼaumentato calcio urinario quando leproteine supplementari venivano aggiunte alladieta in forma di proteine purificate (Cummingset al., 1979; Pannemans et al., 1997).Le discrepanze esistenti tra gli effetti riportatinegli studi di diete HP circa il bilancio di calciopossono essere parzialmente spiegate con ladifficoltà a misurare lʼomeostasi totale del calcio.

intake di fosforo, dal momento che carne elatticini sono alimenti ricchi tanto di proteinequanto di fosforo: ciò potrebbe spiegare perchépiccoli cambiamenti nel bilancio di calciovengono osservati soprattutto in studi nei qualilʼintroito HP è derivante da un elevato consumodi carne e latticini piuttosto che da proteinepurificate.

Introito proteico e modulazioni delmetabolismo del calcio

La gestione della modulazione di calcio renale

Lʼeffetto ipercalciurico delle proteine dieteticheprobabilmente deriva da unʼalterazione dellagestione di calcio renale (Tabella 3). Un aumentodellʼassunzione di proteine di 2 o 3 volte causaun aumento della filtrazione glomerulare pari al6-20% (Kim and Linkswiler, 1979; Allen et al.,1979b; Schuette et al., 1980; Hegsted andLinkswiler, 1981; Hegsted et al., 1981; Zemel etal.,1981), determinando di conseguenza unaumentato carico di filtrazione di calcio.

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difficoltà a misurare lʼomeostasi totale del calcio.In primo luogo le perdite fecali di calcio (chedevono essere misurate per un periodo di 5-10giorni per essere rappresentative alla dieta) sono10 volte superiori delle perdite urinarie di calcio,e un errore nella determinazione di calcio fecalepuò fortemente incidere nella stimadellʼomeostasi del calcio. In più alcuni fattoridietetici, come lʼintroito di calcio e fosforo, sonoin grado di modulare il bilancio di calcio. Adelevati livelli di introito di calcio, lʼaumentodellʼintroito di fosforo causa un cambiamentodel bilancio di calcio da negativo a positivo(Hegsted and Linkswiler, 1981). Un introitoelevato di proteine e di fosforo è stato associatoad un bilancio di calcio positivo quando lʼintakedi calcio stesso è elevato, ma ad un bilancionegativo quando lʼintake di calcio è basso(Schuette and Linkswiler, 1982). Questi effettisono particolarmente importanti se si tiene inconsiderazione che lʼaumento di proteinedietetiche attraverso la dieta quotidiana siaccompagna generalmente ad un aumentodi

aumentato carico di filtrazione di calcio.In parallelo, il riassorbimento tubulare

frazionato risulta diminuito del 0.9-2% quandolʼaumento delle proteine assunte con la dieta èdel 100-200% (Kim and Linkswiler, 1979; Hegstedand Linkswiler, 1981; Hegsted et al., 1981; Zemelet al., 1981).Queste modulazioni della funzione renale

sembrerebbero essere dovute ad un effettodiretto delle proteine sulle cellule renali, mentre ilivelli circolanti dellʼormone che maggiormenteregola il metabolismo del calcio (lʼormoneparatiroideo) non variano allʼaumentaredellʼintake proteico (Kim and Linkswiler, 1979;Allen et al., 1979b; Schuette et al., 1980).Alterazioni della gestione del calcio renalepossono anche essere associate allʼaumentataescrezione acida associata ad un intake HP.Viene riportato che lʼescrezione di calcio urinarioaumenta di circa 100 mg/giorno a seguito di unadieta acidificante in confronto a una dietabasificante (Buclin et al., 2001).

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Alcune meta-analisi di studi nei quali lʼintakeacido-base è stato manipolato con cambiamentidel cibo assunto o con integratori mostrano unacorrelazione positiva tra lʼescrezione acidaurinaria netta e il calcio urinario, con un aumentodi 0.9-1.4 mg del calcio urinario per ogniaumento dellʼescrezione acida di 1 mEquiv.(Fenton et al., 2008, 2009).Il rapporto tra acidi ed escrezione di calcio è

stato successivamente supportato dal fatto cheun aumento di basi attraverso la dieta in forma dibicarbonato di sodio contrasta parzialmentelʼeffetto ipercalciuretico della dieta HP (Lutz,1984). Più nello specifico, lʼaumentataescrezione urinaria di calcio a seguito di diete HPè spesso attribuita, almeno parzialmente,allʼaumento dellʼescrezione urinaria di solfati chederivano dallʼaumentato metabolismo di acidiaminosolfurici (Schette et al.,1980).Ad ogni modo gli acidi amino solfurici aggiunti a

diete LP in una quantità pressoché simile a quellapresente in diete HP causano un aumento delcalcio urinario che giustifica solo il 44%dellʼaumento causato da diete HP (Zemel et al.,1981), suggerendo dunque che altri fattori siano

Queste prime scoperte furono successivamenteconfermate da alcuni studi di intervento (Lutzand Linkswiler, 1981; Schuette and Linkswiler,1982), mentre altri studi sono stati inefficaci adimostrare una qualsiasi correlazione traproteine dietetiche e assorbimento intestinale dicalcio (Schuette at al., 1980; Hegsted andLinkswiler, 1981; Hegsted et al., 1981).Ad ogni modo in questi studi lʼassorbimento di

calcio è stato stimato usando il metododellʼequilibrio, ossia misurando la differenzaesistente tra lʼassunzione di calcio e le perdite dicalcio fecale.Dal momento che quantificare le perdite fecali ètecnicamente difficile e che questo metodopotrebbe non rilevare piccoli cambiamentinellʼassorbimento, i risultati andrebberointerpretati con cautela. Il reale assorbimentopotrebbe inoltre essere sottostimato poiché èimpossibile dissociare lʼescrezione fecale dicalcio di origine endogena e quella dietetica.Più recentemente alcuni metodi che utilizzanoisotopi del calcio, come il metodo dellʼacquadoppiamente marcata che è lʼattuale gold-standard (Heaney, 2000) o il metodo del

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1981), suggerendo dunque che altri fattori sianocoinvolti nellʼipercalciuria protein-indotta (comead esempio lʼescrezione di ammoniaca).Anche alcuni ormoni che influenzanolʼescrezione di calcio, come insulina, ormoni dellacrescita e glucocorticoidi, potrebbero esserecoinvolti nellʼeffetto ipercalciuretico delleproteine (Allen et al., 1981; Zemel et al., 1981).

La modulazione dellʼassorbimento intestinale delcalcio alimentare

La più vecchia ipotesi riguardante lʼaumentatocalcio urinario indotto da diete HP è stata che leproteine dietetiche sono in grado di stimolarelʼassorbimento intestinale di calcio. Tuttavialʼeffetto delle diete HP sullʼassorbimentointestinale di calcio rimane ancora poco chiaro(Tabella 2).McCance et al. (1942) per primi osservarono chesoggetti sottoposti a diete LP (<70 g/giorno)avevano unʼassorbimento intestinale di calcioridotto del 20% rispetto a soggetti che seguivanodiete HP (>145 g/giorno).

standard (Heaney, 2000) o il metodo delradiotracciante, hanno offerto uno strumentopiù affidabile per stimare lʼassorbimentointestinale di calcio, ma i risultati circa lʼeffettodelle proteine dietetiche sullʼassorbimento dicalcio rimangono contradditori. A parità dicondizioni sperimentali, alcuni studi diintervento hanno trovato che diete HP (1.5-2g/kg comparate a 0.5-1 g/kg di proteineconsumate giornalmente) inducono un aumentodellʼassorbimento di calcio associato ad unaumento dellʼescrezione di calcio in donnepremenopausa e postmenopausa (Kerstetter etal., 1998, 2005; Hunt et al., 2009), mentre altristudi non hanno trovato alcuna correlazione tradieta HP ed assorbimento di calcio, a dispetto diun’aumentata escrezione di calcio (Kerstetter etal., 2006; Ceglio et al., 2009).Uno studio osservazionale longitudinale e alcunistudi di intervento che hanno utilizzato ilmetodo del radiotracciante per stimarelʼequilibrio del calcio non hanno trovato alcuneffetto delle diete HP sullʼassorbimentointestinale di calcio; in questi studi non è stata

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trovata correlazione tra proteine alimentari edescrezione di calcio (Spencer et al., 1983;Dawson-Hughes and Harris, 2002; Roughead etal., 2003).I livelli di calcio dietetico potrebbero modularelʼeffetto dellʼintake proteico sullʼassorbimento dicalcio, e ciò contribuirebbe a spiegare i risultaticontradditori. In effetti Hunt et al. (2009) hannodimostrato che un introito di HP quandocomparato a LP aumenta lʼassorbimento dicalcio solo in presenza di basso intake di calcio(700 mg/giorno), e non con alto introito (1500mg/giorno).Non è ancora chiaro il possibile meccanismo chestimola lʼassorbimento intestinale di calcio inrisposta a proteine alimentari. Lʼassorbimento dicalcio avviene in primo luogo nel duodeno, dovele secrezioni acide gastriche permettono dimantenere lʼambiente a un pH<6.0, necessarioper la solubilizzazione dei sali di calcio derivantidal cibo ingerito (Goss et al., 2007). Laproduzione acida gastrica viene stimolata nonsolo dal sistema nervoso parasimpatico, maanche da segnali chimici, da nutrienti inclusoCa2+ (Hade and Spiro, 1992; Geibel and Wagner,

La mobilizzazione del calcio osseo e la ritenzionenetta di calcio

In accordo allʼipotesi acidificante, la dieta HPcauserebbe un eccesso di carico acido cheandrebbe neutralizzato dal rilascio di ionibicarbonato dalla matrice ossea, un meccanismoche è accompagnato dalla perdita di ioni sodio,potassio e una piccola quantità di ioni calcio(Green and Kleeman, 1991), e di conseguenzalʼaumento del riassorbimento osseo sirifletterebbe nellʼaumento dellʼescrezioneurinaria di calcio (Barzel and Massey, 1998;Remer, 2000; Frassetto et al., 2001; New, 2003)(Tabella 4). Il carico acido potrebbe anchediminuire lʼattività osteoblastica ed aumentarequella osteoclastica, determinando unriassorbimento netto osseo con mobilizzazionedi calcio (Bushinsky, 1989; Krieger et al., 1992;Alpern and Sakhaee, 1997). Ad ogni modo non cisono dati sperimentali convincenti a supporto diquesta teoria. Esistono risultati contradditori suicambiamenti nellʼidrossiprolina urinaria, markerdel metabolismo del collagene, in risposta adiete HP; alcuni studi riportano un aumento dei

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Ca (Hade and Spiro, 1992; Geibel and Wagner,2006) e da alcuni aminoacidi (Konturek et al.,1978; Strunz et al., 1978). Dunque le proteinealimentari potrebbero aumentare la solubilitàdel calcio attraverso la stimolazione dellaproduzione acida gastrica (DelValle and Yamada,1990; Schulte-Frohlinde et al., 1993). In più si èvisto che alcuni derivati dalla digestione diproteine, come ad esempio la caseina,potrebbero stimolare lʼassorbimento intestinaledi calcio attraverso interazioni dirette con ilcalcio stesso (Ferraretto et al., 2001; Erba et al.,2002). Per determinare cambiamenti nel bilanciodel calcio con diete HP sono particolarmenteimportanti i dati riguardo le variazionidellʼassorbimento intestinale di calcio. Infatti,sebbene il calcio urinario sia spesso riportatocome marker del metabolismo calcico, esso nonè ancora un indicatore esatto delle perdite totalidi calcio poiché potrebbero esserci differenzenellʼassorbimento intestinale di calcio checompensano i cambiamenti dellʼescrezione dicalcio.

diete HP; alcuni studi riportano un aumento deilivelli di escrezione urinaria di idrossiprolina aseguito di diete HP (Kim and Linkswiler, 1979;Schuette and Linkswiler, 1982), mentre altri studinon osservano alcun cambiamento (Allen et al.,1979b; Hunt et al., 1995).

Assunzione di proteine e salute delle ossa

Non esistono dati clinici per dimostrare effettinegativi sulla salute delle ossa a seguitodellʼassunzione di proteine

Lʼassunzione di proteine si correla positivamentecon la massa ossea in diverse zone delloscheletro ed in ogni categoria di popolazione, daibambini a uomini e donne anziani.(Hirota et al.,1992; Geinoz et al., 1993; Devine et al., 1995;Cooper et al., 1996; Feskanich et al., 1996;Teegarden et al., 1998; Hannan et al., 2000;Sellmeyer et al., 2001; Whiting et al., 2002; Ilichet al., 2003; Alexy et al., 2005; Budek et al., 2007;Chen et al., 2007; Chevalley et al., 2008; Thorpeet al., 2008).

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Nella loro review sistemica, Darling et al. (2009)hanno notato che la maggior parte delle indaginicross-sezionali o delle review di studi di coortenon riportano né associazione né effettobenefico tra proteine e massa minerale ossea(BMD), e solo unʼindagine ha trovato unacorrelazione negativa tra le proteine e ilcontenuto minerale corporeo. Hanno dunqueconcluso che le proteine dietetiche, se nonsignificativamente favorenti, non sononemmeno nocive alla densità ossea. Un piùrecente studio longitudinale che ha coinvolto540 donne in menopausa non ha trovato alcuneffetto avverso sul BMD a seguito di unaumentato intake proteico (5-25% dellʼenergiatotale giornaliera) (Beasley et al., 2010). Gli studifrequentemente citati che supportano lʼeffettodeleterio delle diete HP sulla salute ossea sonoanalisi retrospettive dellʼincidenza di fratturaallʼanca di donne in menopausa provenienti dapaesi differenti (Abelow et al., 1992; Frassetto etal., 2000); tali studi hanno trovato chelʼincidenza più alta di frattura allʼanca si verificanei paesi occidentali, che hanno un maggiorconsumo di proteine animali dietetiche.

condotto negli Stati Uniti, le donne checonsumavano >95 g di proteine al giornoavevano un aumentato rischio di fratturaallʼavambraccio ma non allʼanca (Feskanich et al.,1996).In unʼindagine retrospettiva norvegese, lʼelevatorischio di frattura allʼanca è stato associato aunʼelevata assunzione di proteine nonprovenienti dai latticini solo quando lʼassunzionedi calcio era concomitantemente bassa (Meyeret al., 1997). La maggiore limitazione di entrambigli studi è stato lʼuso di un questionario difrequenza alimentare mandato per posta, conun numero di risposte limitato e una limitatastima di altri fattori dello stile di vita o dieteticiche potrebbero contribuire al rischio di frattura.Al contrario numerosi altri studi prospetticihanno trovato unʼassociazione chiaramentenegativa tra lʼassunzione di proteine e il rischio difrattura allʼanca negli anziani (Huang et al., 1996;Munger et al., 1999; Wengreen et al., 2004; Misraet al., 2010). In una meta-analisi di studi dicoorte, Darling et al. (2009) non hanno trovatoassociazione tra lʼassunzione di proteine e ilrischio di fratture. In più, in studi di intervento la

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consumo di proteine animali dietetiche.Nonostante ciò ci sono diverse ovvie limitazionia questi studi, come notato da Bonjour (2005). Inprimo luogo, i paesi con la maggiore incidenza difrattura allʼanca sono anche quelli conlʼaspettativa di vita più lunga, che è undeterminante importante del rischio di frattureosteoporotiche (Kannus et al., 1996).Lʼassunzione di proteine è stata valutata sullapopolazione totale ma non sullo specificogruppo in studio. Inoltre le differenze inter-etniche circa il rischio di fratture osteoporotichesono ben conosciute e potrebbero essereattribuibili a molti fattori, tra cui la strutturaossea, il genotipo e lo stile di vita (Nelson eMegyesi, 2004; Lei et al., 2006). Altri datiepidemiologici apportano qualche deboleevidenza che lʼincidenza di fratture è collegataad una maggiore assunzione di proteine. Nellostudio “Nursesʼ Health” durato 12 anni e

rischio di fratture. In più, in studi di intervento lasupplementazione orale di proteine hasignificativamente migliorato la prognosi clinicadopo fratture alle anche riscontrate negli anziani(Delmi et al., 1990; Tkatch et al., 1992; Schurch etal., 1998).

Impatto dellʼassunzione di calcio sul rapporto traintake proteico e salute delle ossa

Esistono alcune evidenze che lʼeffetto beneficodellʼassunzione di proteine sulla massa mineraleossea sia meglio espresso quando lʼintegrazionesia di calcio che di vitamina D è adeguata(Heaney, 2001, 2002; Dawson-Highes, 2003). Trale donne norvegesi è risultato che lʼintakeproteico non si correla al rischio di fratturaallʼanca, eccetto quando questʼintake è ai livellipiù elevati e in associazione a basso introito dicalcio (Meyer et al., 1997).

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Uno studio dʼintervento durato tre anni edeffettuato su uomini e donne over-65 non hatrovato correlazione tra assunzione di proteine eBMD nel gruppo placebo (che assumeva unaquantità normale di calcio), mentre la dieta HPdel gruppo con supplementazione di calcio haregistrato un effetto benefico sulla BMD(Dawson-Hughes and Harris, 2002).Presi insieme, gli studi riguardanti lʼassunzione diproteine e la salute delle ossa suggeriscono chelʼelevato intake proteico derivante dal cibopromuove la crescita ossea e ritarda la perditaossea, e che diete LP sono associate con un piùelevato rischio di fratture allʼanca. Gli effettipositivi dellʼintake di proteine alimentari sullasalute delle ossa sembra essere dipendente,almeno in parte, dallʼassunzione di calcio. Ilmantenimento di unʼadeguata forza e densitàossea con il procedere dellʼetà è altamentedipendente dal mantenimento di unʼadeguatamassa muscolare, e la massa muscolare èviceversa dipendente da unʼadeguato intake diproteine di alta qualità (Wolfe, 2006; Heaney andLayman, 2008).

In cavie da laboratorio adulte, una dieta LP hadimostrato saper diminuire i livelli plasmatici diIGF-1 e di indurre un bilancio osseo negativo condiminuita formazione ed aumentatoriassorbimento (Ammann et al., 2000; Bourrin etal., 200a, b).Questʼeffetto viene invertito con lasupplementazione aminoacidica (Ammann et al.,2000).

Assunzione di proteine, funzione renale eformazione di calcoli renali

Si ritiene che i potenziali effetti nocivi delleproteine dietetiche nei riguardi della funzionerenali possano essere dovuti al “sovralavoro”indotto dalle proteine stesse sui reni. Infatti,come mostrato precedentemente, le diete HPcausano un aumento della filtrazioneglomerulare e unʼiperfiltrazione (Kim andLinkswiler, 1979; Schuette et al., 1980; Hegstedand Linkswiler, 1981; Hegsted et al., 1981; Zemelet al., 1981; Brenner et al., 1982; Bilo et al., 1989;Metges and Barth, 2000; Tuttle et al., 2002;Frank et al., 2009; Burodom, 2010).

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Meccanismi che supportano lʼeffetto beneficodelle proteine sulla salute delle ossa

I meccanismi attraverso i quali le proteineinfluiscono positivamente sulla salute delle ossasono perlopiù connesse al fattore-1 di crescitainsulino-simile (IGF-1). Lʼassunzione di proteineinduce la produzione e lʼazione dellʼIGF-1 sia studisu animali che in studi sullʼuomo (Schurch et al.,1998; Heaney et al., 1999; Arjmandi et al., 2003;Dawson-Hughes, 2003; Ceglia et al., 2009).IGF-1 è il maggiore regolatore del metabolismo

osseo che può agire come regolatore sistemico elocale della funzione osteoblastica (Mohan et al.,1992; Langdahl et al., 1998) e come fattoreaccoppiante delle ossa che rimodella e attiva siail riassorbimento che la formazione ossea (Rubinet al., 2002).Come rivisto da Bonjour et al. (1997) e da Thissenet al. (1994),l’ impatto delle proteine dietetichesullʼIGF-1 e viceversa lʼimpatto dellʼIGF-1 sullasalute delle ossa ha un ruolo chiave nellaprevenzione dellʼosteoporosi.

Frank et al., 2009; Burodom, 2010).In modelli animali, le diete HP induconoipertrofia renale (Addis, 1926; Wilson, 1933;Hammond and Janes, 1998), ma non in modosistemico (Robertson et al., 1986; Collins et al.,1990; Lacroix et al., 2004) e stando alle nostreconoscenze attuali non è chiaro il legame traipertrofia renale indotta dalle proteine oiperfiltrazione e problemi renali in soggetti sani.Solo un recente studio ha dimostrato che neimaiali una dieta HP a lungo termine (4-8 mesi) hacome risultato un aumento della dimensione deireni con evidenze cliniche di danno renale (Jia etal., 2010). Mentre, Martin et al. (2005)concludono che non cʼè unʼevidenza significativadi unʼassociazione tra intake di proteine elevatee inizio o progressione di danni renali in soggettisani. Per esempio, in uno studio osservazionaleunʼassunzione elevata di proteine animali è statacorrelata con un declino della funzione renale indonne con problemi renali preesistenti, ma nonin donne con una funzione renale normale(Knight et al., 2003).

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In studi di intervento di lunga durata che hannoincluso soggetti sani sovrappeso o obesi senzapreesistenti disfunzioni renali, la dieta HP non hainfluenzato negativamente la funzione renale,sia che avesse aumentato il valore di filtrazioneglomerulare e le dimensioni dei reni (Skov et al.,1999), sia che non lʼavesse fatto (Brinkworth etal., 2010). Ad ogni modo, le diete HP sembranoaccelerare il deterioramento renale in pazienticon disfunzioni a questi organi, e la restrizioneproteica è una strategia molto comune perpostporre la progressione della malattia renale(Klahr, 1989; Pedrini et al., 1996; Robertson etal., 2007). Martin et al. (2005) suggeriscono chein persone sane, lʼipertrofia renale aumentatadalla filtrazione glomerulare e lʼiperfiltrazioneindotta dallʼintroito di HP potrebbe essere ilfrutto di un normale adattamento fisiologicoallʼaumentata domanda rivolta ai reni,conseguente al loro ruolo di tampone di acidi.Presi insieme questi risultati suggeriscono chediete HP non dovrebbero avere un effettonegativo su persone sane ma potrebberoaccelerare i problemi renali in persone conpregresse disfunzioni a questi organi.

In più, sebbene una supplementazione di calciopotrebbe essere associata ad un aumentatorischio di formazione di calcoli (Curhan et al.,1997), elevati introiti di calcio dietetico hannodimostrato diminuire il rischio di formazione dicalcoli renali in soggetti sani (Curhan et al., 1993,1997, 2004). Così come lʼintake elevato di calcioriduce lʼassorbimento di ossalati, altroimportante fattore di rischio per la formazione dicalcoli renali, lʼaumento dellʼintake di calciopotrebbe diminuire lʼescrezione urinaria diossalati e in questo modo controbilanciarelʼeffetto promuovente la formazione dei calcoliper lʼaumento del calcio urinario (Heaney, 2006).Questo risultato suggerisce che prodotti lattiero-caseari potrebbero essere benefici per prevenirela formazione di calcoli renali in soggetti sani.

Lʼimpatto di altri fattori dietetici sulla salutedelle ossa e la funzione renale

Lʼeffetto delle proteine dipende anche dallapresenza di altri nutrienti nella dieta (Tabella V).Alti introiti di frutta e verdura sono associati adossa sane negli adulti e negli anziani sia uomini

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pregresse disfunzioni a questi organi.Un altro effetto potenzialmente negativodellʼassunzione di diete HP, in particolare seproteine animali, riguarda la relazione con laformazione di calcoli renali. Lʼassunzione HPinduce un aumento del calcio e dellʼescrezioneacida, che sono considerate essere sostanzepotenzialmente litogene (Robertson et al., 1979;Wasserstein et al., 1987). Studi prospettici hannotrovato un aumentato rischio di formazioni dicalcoli a seguito di un intake elevato di proteineanimali in uomini e donne senza precedentiepisodi di calcolosi (Curhan et al., 1993, 1997),mentre altri studi riportano un rischio nonmodificato o ridotto (Hirvonen et al., 1999;Curhan et al., 2004). Elevati introiti di proteineanimali (carne) sono correlati negativamentecon marker di formazione di calcoli in uomini constoria di calcolosi recidivante, mentre non sonostati registrati cambiamenti in soggetti sani(Nguyen et al., 2001). Eʼ possibile che, come per iproblemi renali, le proteine derivate dalla dietasiano dannose solo per pazienti con disfunzionipreesistenti (Jaeger et al., 1983; Hess,2002).

ossa sane negli adulti e negli anziani sia uominiche donne (New et al., 1997, 2000; Tucker et al.,1999, 2001; New, 2002, 2003; Hardcastle et al.,2011) e ad un ridotto rischio di formazione dicalcoli in pazienti ad alto rischio (Trinchieri et al.,2006; Taylor et al., 2010). Questʼeffetto beneficodi frutta e verdura è probabilmente dovuto alloro elevato contenuto di magnesio e potassio.Negli adulti sani il bicarbonato di potassio si èdimostrato essere ipocalciurico (Lemann et al.,1993; Sebastian et al., 1994; Whiting et al., 1997)ed è stato positivamente associato alla salutedelle ossa (New et al., 1997; Tucker et al., 1999).Sebbene non sia ancora chiaro se l’ effetto deisali di potassio sullʼescrezione di calcio, sulleossa e sui reni sia dovuto ad un effettoalcalinizzante dei bicarbonati o allʼeffetto delpotassio di per sé stesso. La somministrazione diKHCO3 riduce lʼescrezione urinaria di calcio, mala somministrazione di altri sali bicarbonati(NaHCO3) non ha avuto unʼeffetto sistemicosullʼequilibrio del calcio in soggetti sani (Lutz,1984; Lemann et al., 1989).

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Nei topi, la somministrazione di vari estrattivegetali ha indotto unʼinibizione delriassorbimento osseo in vivo,indipendentemente dal loro contenuto di basi(Muhlbauer et al., 2002). Questi datisuggeriscono un possibile ruolo del potassiostesso. In uno studio di coorte di circa 650 donnepre- e post-menopausa si è trovata unacorrelazione inversa tra il potassio dietetico e ilcalcio urinario, senza alcun effettosullʼomeostasi del calcio poiché la calciuriaridotta era controbilanciata da una riduzionedellʼassorbimento intestinale di calcio (Raffertyet al., 2005).In più, il potassio è stato identificato come ilmaggior stimolatore dellʼescrezione urinaria dicitrati, che è un inibitore della formazione dicalcoli di calcio (Demigne et al., 2004; Marangellaet al., 2004). Lʼingestione di alcali come citrato dipotassio e magnesio ha ridotto il rischio diformazione di calcoli renali in uno studiocontrollato randomizzato in un periodo di 3 anni(Ettinger et al., 1997).Il contenuto alcalino e la ricchezza di potassio infrutta e verdura sono positivamente correlati a

Le diete HP sono state anche accusate dicostituire un ambiente favorevole a colacolirenali e patologie renali per causare lʼaumentodegli acidi e dellʼescrezione di calcio, ma nonsono stati trovati effetti negativi di diete HP suireni in soggetti sani, e le diete HP potrebberoessere deleterie solo in pazienti con funzionirenali preesistenti. Ad ogni modo, diete HP sonospesso caratterizzate dallʼavere bassi apporti difrutta e verdura, che si sono già dimostratiessere benefici per la salute delle ossa e lafunzione renale. Di conseguenza, per valutare glieffetti degli introiti dietetici sul bilancio delcalcio, salute delle ossa e funzionalità renale,bisogna prendere in considerazione non solo inutrienti, ma anche possibili deficit alimentari.

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frutta e verdura sono positivamente correlati auna ridotta escrezione di calcio, salute delle ossae ridotto rischio di formazione di calcoli renali insoggetti ad alto rischio.

Conclusioni

Sebbene le diete HP inducono un aumentonellʼescrezione netta di acidi e di calcio urinario,non sembrano essere connesse ad uno squilibriodellʼomeostasi del calcio e non ci sono dati clinicia supporto dellʼipotesi di un effetto nocivo dellediete HP sulla salute delle ossa, eccetto che nelcontesto di un inadeguato apporto di calcio.Dunque è più probabile che lʼeccessivaescrezione urinaria di calcio con diete HP nonorigini da perdita di calcio osseo ma da unaumento dellʼassorbimento intestinale.

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Tab.I

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Tab.II

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Tab.III

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Tabella I - I principali effetti riportati da diete HP sullʼescrezione acida renale in associazione a unʼaumentataescrezione di calcio urinario, in relazione al tipo e alla quantità di proteine dietetiche

Abbreviazioni: C =caseina; CF = studio a nutrizione controllata (tutto il cibo è stato fornito ai soggetti); CO =studio crossover (sia randomizzato che non randomizzato); FE = dieta libera;FR = documentazione del cibo introdotto; G = gelatina; HP = elevate proteine; LA =lattoalbumina; LP= proteinebasse; RNAE= escrezione acida renale netta; TA= acidi titolabili; WE= albumi in polvere; WG =glutine del grano.a Cambiamenti nei valori dei parametri a seguito di diete HP sono state comparate a diete LP: il simbolo ↑indica un aumento dei valori del parametro, il simbolo ↓ indica una diminuzione dei valori del parametro, ilsimbolo = indica cambiamenti non significativi dei valori del parametro.b La differenza nella quantità di proteine in diete HP comparate a diete LP (quantità di proteine in dieta LP vsquantità di proteine in dieta HP).

Tabella II - Effetti maggiori sul bilancio di calcio, assorbimento intestinale di calcio e escrezione urinaria dicalcio riportati da diete con differenti livelli di proteine

Abbreviazioni: C =caseina; CF=studio a nutrizione controllata (tutto il cibo è stato fornito ai soggetti); CO=studio crossover (sia randomizzato che non randomizzato); FE=dieta libera; FR=documentazione del cibointrodotto; G=gelatina; HP=elevate proteine; LA=lattoalbumina; LP=proteine basse; RNAE=escrezione acidarenale netta; TA=acidi titolabili; WE=albumi in polvere; WG=glutine del grano; il simbolo ? indica chelʼinformazione non è data nellʼarticolo.a Stimato come bilancio di Ca in dieta HP - Bilancio di Ca in dieta LP; <0 indica bilancio negativo di Ca in dietaHP.b = indica che il livello di introito di calcio o fosforo è mantenuto costante attraverso i livelli proteici consupplementazione; > indica aumentati livelli di introito di calcio o fosforo con dieta HP.c Livelli più bassi e più alti di intake proteico sono riportati se >2 livelli di intake proteico sono stati investigati.d Risultati dallo stesso studio, con due differenti livelli di introito di fosforo

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d Risultati dallo stesso studio, con due differenti livelli di introito di fosforoe Risultati dallo stesso studio, con tipi differenti di supplementazione proteicaf Risultati dallo stesso studio, con due differenti tipi di supplementazione proteica (animale e vegetale)g Risultati dallo stesso studio, con due differenti livelli di introito di calcio

Tabella III - Effetti principali riportati in diete HP riguardo la gestione renale di calcio

Abbreviazioni: CF = studio a nutrizione controllata (tutto il cibo è stato fornito ai soggetti); CO=studio cross-over (sia randomizzato che non randomizzato); fact. = studio fattoriale; FTR=riassorbimento tubolarefrazionato; GFR = tasso di filtrazione glomerulare; HP = alte proteine; LP = basse proteine; NS = cambiamentinon significativi; ? indica che lʼinformazione non è presente nellʼarticolo.a Cambiamenti in HP comparati con LP (valore nella dieta HP - valore nella dieta LP).b = indica che il livello di introito di calcio è stato mantenuto costante attraverso i livelli di proteine consupplementazione; > indica livelli più elevati di introito di calcio o fosforo con la dieta HP.c Risultati da studi senza valutazione del FTR.d Caseina, lattoalbumina, glutine di grano, albumi in polvere addizionati alla dieta HP per raggiungere elevatilivelli di intake proteico

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Tab.IV

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Tabella IV –Risultati controversi riguardo lʼeffetto delle diete HP sul metabolismo del calcio e riassorbimento osseo

Abbreviazioni: b-ALP = fosfatasi alcalina osso-specifica; CF = studio a nutrizione controllata (tutto il cibo è statofornito ai soggetti); CO= studio cross-over; DPD=deossipiridinolina; FE= dieta libera; HP= alte proteine;HYP=idrossiprolina; LP=basse proteine; IGF-1 = fattore-1 di crescita insulino-simile; NTX= telopeptide N-terminale;PR= studio randomizzato in parallelo; PTH=ormone paratiroideo; OC=osteocalcina; 1.25-OH2-D = 1.25diidrossicolecalciferolo.a Cambiamenti nei valori presi come parametro in diete HP comparate a diete LP: ↑ indica un aumento dei valoridei parametri, ↓ indica una diminuzione dei valori dei parametri, = indica cambiamenti non significati nei valori deiparametri.b Cambiamenti in diete HP comparate a diete LP (valori in diete HP - valori in diete LP).c = indica che i livelli dellʼintake di calcio sono mantenuti costanti attraverso i livelli proteici con supplementazione;

> indica più alti livelli di intake di calcio o fosforo con diete HP.

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Tabella 5 - I principali effetti di elevati introiti di frutta e verdura e di potassio nei confronti del calcio edellʼequilibrio acidobase, delle ossa e della salute renale

Effetti di una dieta ricca in frutta e verdura :

SULLA SALUTE DELLE OSSA

• Associazione positiva tra intake di frutta e verdura e BMD e massa osseaNew et al. (1997); Tucker et al. (1999); New et al. (2000); Tucker et al. (2001); New (2003); Hardcastle et al. (2011)

• Attività inibitoria della verdura sul riassorbimento osseo→ Non mediato da un eccesso di basi: composti farmacologicamente attivi? Effetto delo stesso K ?

Muhlbauer et al. (2002)

SULLA SALUTE RENALE

• Correlazione positiva tra diete ad elevato intake di frutta, vegetali, cereali integrali, noci e prodotti caseari ebasso intake di carne rossa e processata (ovvero, basso indice PRAL) e maggiore escrezione urinaria di citrati→ Riduzione del rischio di calcoli→ Effetto benefico di frutta e vegetali sulle ossa e sulla salute renale: effetto di un eccesso di basi e/o dellacomposizione di nutrienti (K)Trinchieri et al. (2006); Taylor et al. (2010)

Effetto del potassio

SULLʼEQUILIBRIO DI CALCIO:• Riduzione dellʼescrezione urinaria di Ca e bilancio di Ca positivo nella somministrazione a breve termine diKHCO3 in adulti saniLemann et al. (1989); Lemann et al. (1993); Sebastian et al. (1994); Whiting et al. (1997)

• Nessun effetto sistemico sulla somministrazione a breve termine di NaHCO3 sull escrezione urinaria di Ca

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• Nessun effetto sistemico sulla somministrazione a breve termine di NaHCO3 sullʼescrezione urinaria di Ca→ Possibile effetto dello stesso K e non solo di bicarbonato di KLutz (1984); Lemann et al. (1989)

• K dietetico è associato a escrezione urinaria di Ca, ma senza alcun effetto sul bilancio di Ca; lʼassorbimentointestinale di Ca è ridotto→ Effetti differenti dipendono dalla sorgente di KRafferty et al. (2005)

SULLA SALUTE DELLE OSSA

• Associazione positiva tra alti intake di K e BMD e massa osseaNew et al. (1997); Tucker et al. (1999); New et al. (2000); Tucker et al. (2001)

SULLA SALUTE RENALE

• Prevenzione di calcoli di ossato di calcio con la supplementazione di citrato di potassio-magnesio in pazienti adalto rischioEttinger et al. (1997); Zerwekh et al. (2007)

Possibili meccanismi del K• Effetti sul bilancio di calcio→ Stimolazione della capacità di riassorbimento renale di fosfati, che porta a più basse concentrazioni sieriche di1.25- diidrossicolecalciferolo e conseguente diminuzione dellʼassorbimento intestinale di CaJaeger et al. (1983); Rafferty and Heaney (2008)

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• Effetto sul bilancio acido-base→ Neutralizzazione dellʼeccesso di ioni solfato fornita dagli acidi amino-solfurici

Markovich et al. (1999)→ Modulazione di diversi processi attivati dallʼacidosi

Caudarella et al. (2003); Tosukhowong et al. (2005)

• Effetto sulla formazione di calcoli→ Effetto positivo sullʼescrezione di citrati

Marangella et al. (2004); Demigne et al. (2004)→ Modulazione di vari processi attivati dallʼacidosi

Caudarella et al. (2003); Tosukhowong et al. (2005)

Abbreviazioni: BMD, densità minerale ossea; PRAL, potenziale carico acido renale

Bibliografia

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Anche se essenziale per la salute delle ossa,l’apporto proteico, specialmente da fontianimali, in grandi quantità è stato considerato unfattore di rischio per l’osteoporosi o le fratture(1-4) per l’aumento dell’escrezione urinaria dicalcio (Ca) risultate dall’acidosi metabolicaindotta dal metabolismo proteico (5-8).Comunque, contrariamente all’ipotesi che unelevato apporto proteico infici la salute ossea,molte osservazioni epidemiologiche correlanoun elevato apporto proteico con l’anabolismodel tessuto osseo, inclusa un’associazione conun’aumentata densità minerale ossea odiminuito rischio di fratture (9-14), con pocheevidenze che indicano associazioni negative (15,16). I risultati di trial ben controllati condotti suesseri umani con isotopi del Ca mostrano che un

influenzata da diete con elevati vs. bassi apportidi proteine animali con differenze sostanziali nelPRAL, col più basso e più alto quintile di PRALcome stimato in recenti studi incrociati (25).I soggetti dello studio erano donne sane, nonfumatrici, in menopausa , reclutate attraversoannunci pubblici e televisivi, radiofonici, stampatie su internet. Le donne erano selezionate perpartecipare se soddisfavano i seguenti criteri diselezione: 40-75 aa di età; almeno 3 aa dall’ultimamestruazione; ormone follicolo-stimolante > 40IU/L; BMI entro il 5° e 95° percentile secondol’età; nessuna patologia apparente determinatatramite esami di screening fisici e del sangue(funzionalità tiroidea, epatica, cardiaca e renalenormali); e nessun segno di osteoporosi comeindicato dal punteggio T sulla densità minerale

Una dieta con elevate quantità di proteine della carne e potenzialecarico acido renale aumenta l’assorbimento parziale di calcio el’escrezione urinaria di calcio senza influenzare i markers delriassorbimento o della formazione ossea in donne in menopausa.

a cura di Vincenzo Tortora

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esseri umani con isotopi del Ca mostrano che unapporto proteico elevato aumental’assorbimento di Ca (17-20). Se questo aumentonell’assorbimento intestinale di Ca possasopprimere l’ipercalciuria in una dieta con unagrande differenza nel carico acido non è ancorachiaro. Inoltre, il riportato effetto deleterio diuna dieta iperproteica sul tessuto osseo puòdipendere da altri fattori, come l’apporto dicalcio (20). Le nostre precedenti ricerche sulfatto che diete con elevata vs. bassa quantità diproteine animali non avessero effetti avversisulla ritenzione di 47Ca o sull’induzione dicalciurea (17) erano opinabili per la piccoladifferenza relativa (~32 mEq/d) nel potenzialecarico acido renale (PRAL) tra le due diete (21). IlPRAL, come misura del carico acido-base dei cibi,può essere utilizzato per stimare l’escrezioneacida renale netta (22-24). Dunque, lo scopo diquesto studio con controllo dell’alimentazioneera investigare come l’assorbimento e laritenzione di Ca e l’escrezione urinaria di Ca fosse

indicato dal punteggio T sulla densità mineraleossea < o = a -2.5 per la regione del collo delfemore o per l’intera regione vertebrale (L1-L4)determinate tramite assorbimetria a raggi X adoppia energia (Hologic Delphi QDR); no usousuale di medicazioni; sospensione di qualsiasisupplemento nutrizionale e medicazionecontenente Ca (e.g. antiacidi con Ca-carbonato)o qualsiasi medicazione nota per interferire conil metabolismo del Ca ed osseo per la duratadello studio; ed accordi per non fare lampadeabbronzanti. Alle partecipanti è stato suggeritodi mantenere il loro normale pattern di sonno,lavori casalinghi ed attività occupazionali. Lecaratteristiche basali delle partecipanti allostudio sono mostrate nella tabella 1.Le donne hanno consumato due dietesperimentali: bassa in proteine e PRAL (LPLP) oalta in proteine e PRAL (HPHP). (Lanomenclatura “low-protein” – LP – si riferiscealla differenza tra le due diete; la dieta LPLPaveva una quantità di proteine pari a quellaraccomandata.)

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Le diete sono state fornite in modo casuale per 7settimane ognuna, con una settimana diintervallo tra i periodi sperimentali, in cui le dietenon erano controllate (1.5 settimane totali)(Figura 1). Dopo 3 settimane di modulazionenutrizionale (e.g. alle settimane 4 ed 11), unmenù di 2 giorni interi di ciascuna dieta è statomarcato con 47Ca. L’assorbimento di Ca è statodeterminato con scintigrafia del corpo completoper 4 settimane dopo l’ingestione dei pastimarcati con isotopo. Campioni di sangue edurine sono stati presi a diversi intervalli di tempo(Figura 1) per valutare gli effetti della dieta suibiomarkers del metabolismo osseo edell’adattamento renale al carico acido.Durante i due periodi di dieta di 7 settimane,tutti gli alimenti e le bevande sono stati forniticome dieta pesata e controllata con un menù didue giorni (tabella 1). Le diete eranoprogrammate in base alle tabelle dicomposizione USDA (26). La composizione deinutrienti ed i valori di PRAL per le diete sonomostrati nella tabella 2. I valori di PRAL sonostati calcolati utilizzando la formula seguente:PRAL (mEq/d) = (mg P/d X 0.0366) + (g

Come risultato, le diete LPLP ed HPHP avevano-48 e 33 mEq di PRAL rispettivamente, per unadifferenza di 81 mEq/d.Il latte scremato era la fonte primaria di calcioper entrambe le diete (tabella 2). La quantità dilatte era divisa in porzioni uguali ad ogni pasto.Lo studio è stato condotto nel Grand Forks (circa48° N), North Dakota, tra la fine di Gennaio el’inizio di Maggio. Per stabilizzare i livelli divitamina D, ogni partecipante ha ricevuto unasupplementazione giornaliera di 10 mcg dicolecalciferolo partendo da 3 settimane prima diiniziare le diete controllate e continuandoattraverso tutto lo studio. All’inizio della dieta,tutte le partecipanti hanno ricevuto in aggiuntaun multivitaminico giornaliero, contenente 10mcg di colecalciferolo (tabella 2, nota in fondo).Il latte scremato era inoltre fortificato convitamina D, fornendo addizionali 2.5 mcg alladieta da 9.4 MJ.Per mantenere il peso corporeo, gli introiticalorici sono stati aggiustati cambiandoproporzionalmente le quantità dei cibi. Il caffè, iltè, le bevande dolcificate artificialmente non abase di cola (contenenti acidi citrico e non acido

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PRAL (mEq/d) = (mg P/d X 0.0366) + (gproteine/d X 0.4888) – (mg K/d X 0.0205) – (mgCa/d X 0.0125) – (mg Mg/d X 0.0263) (22). I valoridei fitati e dei minerali dietetici sono statimisurati analiticamente. Basandosi sull’introitocalorico medio delle partecipanti di 9.4 MJ (2250kcal)/d, le diete LPLP e HPHP contenevano circa61 e 118 g di proteine/d o 0.8 e 1.6 g diproteine/kg peso corporeo, rispettivamente. Ledifferenze nel contenuto proteico sono stateottenuto primariamente aumentando le porzionidi carne (principalmente manzo) ottenendo 12 e68 g di proteine della carne per la LPLP e laHPHP rispettivamente. Per massimizzare ladifferenza in PRAL, paragonata con la dietaLPLP, la dieta HPHP non solo conteneva elevatequantità di carne ma anche più derivati del granoe meno vegetali e frutta ricchi di potassio. Inaccordo, la dieta LPLP enfatizzava prodotti abase di patate e grandi quantità di frutta,verdura e frutta secca, mentre la dieta HPHPforniva riso, pasta ed altri derivati del grano ebassi apporti di frutta e verdura.

base di cola (contenenti acidi citrico e non acidofosforico) e introiti di sale erano personalizzati,limitati a 2 porzioni totali giornaliere e tenuticostanti durante lo studio. Il consumo dell’acquadella condotta cittadina e le gomme damasticare non sono state controllate, avendo leanalisi indicato un basso contenuto minerale.Alle donne è stata data una lista di medicazionisenza obbligo di ricetta approvate, dentifrici edadesivi dentali che contenevano minimequantità di calcio ed altri minerali. Tutti gliingredienti della dieta tranne l’acqua sono statipesati con un’accuratezza dell’1% e, ovepossibile, comprati da lotti di produzione singoli.Le partecipanti hanno consumato un pasto (lacolazione) al Centro di Ricerca nei giorniinfrasettimanali e gli altri altrove.

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Caratteristica Media SDEtà (aa) 56.9 3.2Peso, kg 71.4 10.1BMI 26.8 3.1

Valori sierici

Ca ionizzato, mmol/L 1.2 0.1TRAP, U/L 5.1 0.5Creatinina, mcmol/L 64.2 10.6C-telopeptide del collagene di tipo I,

pmol/L10 5

PTH, pmol/L 7.1 2.0OC, nmol/L 1.7 1.0IGF-1, nmol/L 16.6 5.9OPG, pmol/L 5.5 0.6sRANK, pmol/L 286 17425-idrossicolecalciferolo, nmol/L 60.5 16.3

Valori urinari

Ca, mmol/die 4.0 2.1Mg, mmol/die 2.9 1.0P, mmol/die 22 7K, mmol/die 43 16Creatinina, mmol/die 5.3 3.2Oxalato, mmol/die 0.32 0.29pH 6.2 0.4

Tabella 1. Caratteristiche di base delle partecipanti

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pH 6.2 0.4Ammonio, nmol/die 28 7Acidità titolabile, mEq/die 20 11Acidi organici liberi, mEq/die 32 6N-telopeptide, nmol BCE/die 201 87N-telopeptide, nmol BCE/mmol 44 23DPD, nmol/L 7.5 2.6

Dopo 3 settimane di riequilibrazione ad ognidieta, tutti i pasti del menù di due giorni sonostati marcati con un totale di 148 kBq (4 mcCi) ditracciante 47Ca. L’isotopo (con emivita 4.5 giorni)è stato ottenuto con attivazione neutronica(Università del Missouri, Columbia, MO) del 47Castabile (come Ca bicarbonato, arricchito al30.89%; Oak Ridge National ResearchLaboratory, TN). Il 47Ca è stato aggiunto al lattein proporzione al contenuto di Ca di ogni pastocosì che l’attività specifica dell’isotoporimanesse costante per ogni pasto. Il lattemarcato è stato fatto decantare per almeno 12 hprima dell’amministrazione. Tutti i pasti marcatisono stati consumati sotto la supervisione deiRicercatori al centro di ricerca.

La ritenzione di Ca dalla dieta è statadeterminata con un contatore scintigraficostandard (27, 28). La conta scintigrafica totale èstata eseguita prima (basale) e 1-3 h dopo ilprimo pasto marcato (prima che fosse escretol’isotopo), poi due volte ogni settimana per ilresto di ogni protocollo dietetico. I dati dellaconta corporea totale sono stati corretti per ildecadimento radioattivo al punto centrale deigiorni dei pasti marcati. La precisione dellamisurazione della conta corporea totale eradell’1.4%. La ritenzione di 47Ca misurata èpresentata per 21 giorni. (29)

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I campioni di sangue sono stati presi la mattina adigiuno alle settimane: zero (prima di iniziare ladieta), 3, 5 e 7 di ciascun periodo dietetico. Ledonne hanno fornito 2 raccolte di urine delle 24h consecutivamente durante le settimane 0, 1, 2,3, 5 e 7 di ogni periodo dietetico per monitorarel’escrezione renale dell’acido e del Ca e qualsiasirisposta adattativa al trattamento dietetico. Perminimizzare la variabilità, i campioni sono staticonservati e misurati negli stessi gruppi di analisiper ogni volontario per quei valori cherimangono stabili se congelati.(30) (31) (32)(33)(24)

LPLP HPHP

Proteine, % energia 10 20

Proteine totali, g 61 118

Proteine della carne, g 12 68

Proteine/peso corporeo, g/kg 0.86 +/- 0.08 1.70 +/- 0.21

Grassi, % energia 30 30

Carboidrati, % energia 60 50

Tabella 2. Composizione in macronutrieni e PRAL delle diete sperimentali

Paragonata con la dieta LPLP, la dieta HPHPaumentava significativamente la frazionedell’isotopo di Ca ritenuta dal corpo a 21 giornidall’amministrazione dell’isotopo stesso (Tabella3). Paragonata con la dieta LPLP, la dieta HPHPaumentava la percentuale del Ca assorbito dalladieta (P < 0.05) (Tabella 3). Nonostante unleggere aumento del contenuto di Ca con ladieta LPLP (Tabella 2), l’ aumentata efficienzadell’assorbimento di Ca tendeva ad aumentare laquantità di Ca assorbita dalla dieta HPHP (P <0.12) (Tabella 3).

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Fibra dietetica, g 28 20

Fitati dietetici, mg 661 +/- 11 790 +/- 3

Calcio, mg 907 +/- 55 865 +/- 96

Fosforo, g 1.27 +/- 0.22 1.79 +/- 0.06

Magnesio, mg 387 +/- 10 334 +/- 16

Potassio, g 5.00 +/- 0.11 3.45 +/- 0.12

Sodio, g 3.81 +/- 0.33 3.56 +/- 90.5

PRAL, mEq -48 33

Note1. I dati sono valori medi +/- SD, n = 3 per la composizione dietetica dei menù di due giorni, basati

su un introito calorico medio di 9.4 MJ/die.2. Le proteine, i grassi, i carboidrati e la fibra dietetica sono stati calcolati utilizzando le tabelle di

composizione USDA (26). I fitati, i minerali e gli elettroliti sono stati analizzati come descrittonel testo.

3. Le diete contenevano supplementazione di vitamina D contenente 10 mcg di colecalciferolo emultivitaminico con entente vitamina A acetata (1391 mcg), acido ascorbico (170 mg),colecalciferolo (10 mcg), d-alfa-tocoferolo acetato (13 mg), pirodixina (4.1 mg),cianocobalamina (13.4 mcg), tiamino (3.4 mg), riboflavina (4.0 mg), niacina (50 mg) e acidifolico (1172 mcg).

4. Il PRAL è stato calcolato (22) come: PRAL (mEq/die) = (mg P/die X 0.0366) + (g proteine/die X0.4888) – (mg K/die X 0.0205) – (mg Ca/die X 0.0125) – (mg Mg/die X 0.0263).

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LPLP HPHP SD Interpolato P

Ritenzione di47Ca a 21giorni, %

16.9 19.7 3.8 0.05

Assorbimento, % 22.3 26.5 5.4 0.05

Ca assorbito,mg/die

200 227 46 0.12

Tabella 3. Ritenzione ed assorbimento di Ca in donne in menopausa che consumano dietecontrollate LPLP o HPHP per 7 settimane ognuna in uno studio crociato.

I maggior livelli di proteine dietetiche aumentaval’escrezione di Ca urinario (P = 0.005) per ilperiodo dietetico di 7 settimane (156 vs. 203 +/-63 mg/die per la LPLP e la HPHPrispettivamente). La differenza dieta-correlata

Le differenze nello ione ammonio ed il pHurinario erano consistenti dalla settimana 1 allasettimana 7, suggerendo che l’escrezioneurinaria di acidi rispondeva ai trattamentidietetici entro le prime settimana senza ulteriori

Note.1. I valori sono medie minime quadratiche e SD interpolati, n = 16

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rispettivamente). La differenza dieta-correlatanell’escrezione del Ca urinario era consistentedalla settimana 1 fino alla 7, senza nessunaindicazione di adattamento (l’effetto del tempoe l’interazione tra la dieta ed il tempo non erasignificativo [P > 0.4]) (Tabella 4). Assumendoche l’assorbimento di Ca sia rimasto lo stesso intutto lo studio, la differenza netta tra il Caassorbito (Tabella 3) e l’escrezione urinaria(Tabella 4) non differiva tra dieta LPLP ed HPHP(55 vs. 28 +/- 51 mg/die per la LPLP ed HPHPrispettivamente, P > 0.05).Il magnesio urinario era inferiore ed il fosforomaggiore quando le donne hanno consumato ladieta HPHP paragonata alla dieta LPLP, il cheriflette il contenuto minerale della dieta (Tabella4). I trattamenti dietetici non hanno influenzatol’escrezione di cloro e di sodio (Tabella 4).La dieta HPHP aumentava significativamentel’acidità urinaria (Tabella 4) paragonata con ladieta LPLP. Le donne avevano maggioreescrezione urinaria di ione ammonio quandohanno consumato la dieta LPLP (P < 0.0001).Come risultato, il pH urinario differiva di 1.2 unitàdurante i due periodi dietetici (P < 0.0001).

dietetici entro le prime settimana senza ulterioriadattamenti (Tabella 4). La dieta HPHPaumentava l’escrezione urinaria di creatinina(Tabella 4) paragonata con la dieta LPLP (P <0.0001), riflettendo il maggior contenutodietetico di carne. I trattamenti dietetici nonavevano effetti significativi sui markers diriassorbimento osseo, sia su NTX urinario delle24 h sia su DPD al mattino. La dieta HPHPriduceva l’escrezione urinaria degli acidi organiciliberi (P < 0.0001) e di ossalati (P = 0.0004)paragonata con la dieta LPLP, che rifletteprobabilmente il maggior contenuto di frutta everdura della dieta LPLP.Paragonata con la dieta LPLP, la dieta HPHPaumentava le concentrazioni di IGF-1 (P < 0.0001)e diminuiva le concentrazioni di PTH sierico (P <0.001) (Tabella 5).I trattamenti dietetici non influenzavano

significativamente altri biomarkers sierici, comeil Ca ionico, l’ attività della fosfatasi acidatratrato-resistente (TRAP) , creatinina, laconcentrazione sierica del telopeptite incrociatocarbossiterminale del collagene osseo (CTX),

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Tabella 4. Escrezioni e concentrazioni urinarie in donne sane in menopausa che consumano diete controllate LPLP edHPHP per 7 settimane in uno studio controllato.

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Note.

1. I valori sono medie quadratiche minime ottenute dall’ANCOVA con SD interpolato per le urine delle 24 htranne dove indicato, n = 16.

2. I valori di ogni variabile alla settimana 0 (wk 0) sono utilizzati come covarianze.3. Per i dati trasformati logaritmicamente (ossalato, acidi organici liberi e deossipridinolina-DPD), la media

geometrica nelle unità non trasformate è indicata nelle parentesi.

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l’osteocalcina(OC), l’osteoprotegerina sierica(OPG) ed sRANKL . Alle partecipanti sono statefornite supplementazioni di vitamina D prima edurante lo studio per impedire i possibilicambiamenti nello stato della vitamina D chehanno un effetto potenziale di confondere lemisurazioni dell’assorbimento del Ca. Basandosisulle misurazioni del 25-idrossicolecalciferolo allesettimane, 3, 5 e 7 di ogni periodo dietetico, lostato della vitamina D delle partecipanti noncambiava durante lo studio. Per il range risultatedelle concentrazioni sieriche di 25-idrossicolecalciferolo (32.5 – 9.5 nmol/L), nonc’erano correlazioni tra questa variabile el’assorbimento di Ca (P > 0.05) come valutatoseparatamente per ognuno dei due trattamentidietetici.

Discussione

In questo studio controllato di 15 settimane, èstato mostrato che comparata con una dietacon basse quantità di proteine animali e bassoPRAL, una dieta con elevato contenuto diproteine animali e PRAL aumentava

È stato dimostrato che controbilanciare l’acidosicon minerali che inducono la formazione di basidiminuisce l’escrezione urinaria di Ca attribuitaad un introito proteico elevato (40-43). I datisull’assorbimento del Ca e l’escrezione urinaria diCa non dovrebbero essere utilizzati come unindicatore del bilancio corporeo totale di Ca omobilizzazione di Ca dalle ossa senza misurarel’escrezione fecale e/o endogena di Ca. Peresempio, Kerstetter et al. (18) hanno riportatoche nonostante una dieta iperproteica aumentil’escrezione urinaria di Ca, effettivamentediminuisce la frazione del Ca urinario di origineossea. Comunque, l’aumento dell’assorbimentofrazionale di Ca dovuto alla dieta HPHP può averparzialmente compensato l’aumentonell’escrezione urinaria di Ca.La quantità di Ca nelle diete era leggermente aldi sotto della RDA di 1000 mg Ca/die (44) ma piùalta degli introiti tipici delle donne in menopausanegli Stati Uniti (44) o dei livelli di Ca in studisimili che investigavano gli effetti delle proteinesul metabolismo del Ca (17, 18, 20). I 4 puntipercentuali in più nell’assorbimento di Cafrazionale quando le donne hanno consumato la

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proteine animali e PRAL aumentaval’assorbimento frazionale di Ca dietetico, che eraapprossimativamente compensato da unaaumentata escrezione di Ca.La quantità di Ca assorbita era maggiore dellaquantità urinaria di Ca escreta in entrambe lediete; questo era un risultato atteso, perché ilcontenuto di Ca dietetico in questo studio eraassociato con un bilancio di Ca positivo (35).Relativamente alla dieta LPLP, la dieta HPHPaumentava l’escrezione urinaria di Ca, risultatoconsistente con altre ricerche (18, 20, 36-38).Paragonata con la dieta LPLP, la dieta HPHPconteneva 57 g/die di proteine in più eaumentava l’escrezione urinaria di Ca di 47mg/die, una quantità simile di proteine di quellapresente in altri studi (18, 39). In uno studio consimile contenuto proteico a quello del presentestudio, ma con una minore differenza di PRAL trale due diete (20), la dieta iperproteicaaumentava l’escrezione urinaria di Ca di soli 23mg/die. Questo è consistente con la propostache il carico acido dietetico piuttosto che leproteine sia il maggior fattore che contribuisceall’aumentata escrezione urinaria di Ca.

frazionale quando le donne hanno consumato ladieta HPHP paragonata alla dieta LPLPcontenenti circa 900 mg/die di Ca (Tabella 3) inquesto studio sono paragonabili ad un altrostudio in cui le diete contenevano circa 800mg/die di Ca (18). Comunque, l’aumentodell’assorbimento di Ca dovuto alle proteinedietetiche può dipendere dal contenuto di Cadella dieta; in uno studio (20), le proteinedietetiche aumentavano significativamentel’assorbimento di Ca se la dieta forniva 675 mgCa/die, ma non se venivano forniti 1510 mg diCa/die. Le proteine possono aumentarel’assorbimento di Ca aumentando la suasolubilità nel lume intestinale, mentre alti introitidi Ca possono saturare i recettori perl’assorbimento del Ca, limitando l’aumentoindotto dalle proteine (18).Come ci si aspetta dalla composizione dietetica,l’acidità titolabile era aumentata con la dietaHPHP, mentre il pH era diminuito, un risultatoconsistente con altri studi (17, 20). Nonostantericerche precedenti hanno suggerito un possibileadattamento dell’acidità urinaria col tempo (17),

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Tabella 5. Marker biochimici in donne sane in menopausa che consumano diete LPLP o HPHP per 7 settimaneognuna in uno studio incrociato.

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Note.

1. I valori sono medie quadratiche minime con SD interpolato ottenuto da ANCOVA, n = 16.2. I valori di ogni parametro alla settimana 0 (wk 0) sono covarianze.3. Per i dati trasformati logaritmicamente, la media geometrica nelle unità non trasformate è indicata

nelle parentesi.

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nessun adattamento nell’acidità urinaria onell’escrezione di Ca è stata osservata in 7settimane in questo studio.L’IGF-1 è un potente agente anabolico cheaumenta la formazione di tessuto osseo e lamassa ossea tramite l’aumento del numero edella proliferazione degli osteoprogenitori (45).Nello studio presente, la dieta HPHP aumentaval’IGF-1 di circa il 20% paragonata con la dietaLPLP, un dato confermato da molti altri studi(20, 46-49). In maniera simile in alcuni (50, 51),ma non in tutti (17, 20) gli studi, laconcentrazione sierica di PTH erasignificativamente inferiore quando le donnehanno consumato la dieta LPLP. Nello studiopresente ed in altri (50, 51), la diminuzione delPTH sierico può essere stata una normalerisposta compensatoria all’aumentodell’assorbimento di Ca associato con l’introitoproteico, per mantenere livelli di Ca ematicinormali.Poiché ad ogni partecipante è stata fornita unasupplementazione giornaliera di vitamina D inaggiunta a multivitaminici contenenti vitamina De latte magro fortificato con vitamina D, lo stato

Molte osservazioni epidemiologiche hannomostrato che l’introito proteico a lungo termineè positivamente associato con la densitàminerale ossea (9, 11, 13, 53). Diverse recentimeta-analisi hanno concluso che le proteinesono benefiche per la salute ossea (54) e che ilcarico acido indotto dalle proteine nonpromuove la perdita minerale ossea ocontribuisce allo sviluppo dell’osteoporosi (55,56). I risultati del presente studio sono inaccordo con questi ritrovamenti.In conclusione, nelle donne in menopausa, unadieta elevata in proteine e PRAL aumentaval’assorbimento di Ca, compensando almenoparzialmente la maggiore escrezione urinaria.Non è stato osservato alcun cambiamento neibiomarkers di riassorbimento o di formazioneossea, indicando che una dieta iperproteica nonè dannosa. Comunque, l’aumento dell’IGF-1sierico combinato con la diminuzione del PTHserico suggerisce che una dieta iperproteicapotrebbe essere vantaggiosa sulla salute ossea.

Letteratura citata

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e latte magro fortificato con vitamina D, lo statodella vitamina D delle donne in questo studio eranei range normali (52) utilizzando comeindicatore la concentrazione sierica di 25-idrossicolecalciferolo. Dunque, lo stato dellavitamina D non dovrebbe essere un fattore cheinfluenza i nostri ritrovamenti riguardo i dati diassorbimento del Ca, perché non ci sono statedifferenza nello stato della vitamina D tra i duegruppi.Lo studio presente non ha rilevato cambiamentonei biomarkers potenziali dell’attivitàosteoclastica, come il TRAP, il CTX e l’sRANKLematici ed il DPD urinario, o i biomarkerdell’attività osteoblastica, come l’OPG e l’OCsierico. I cambiamenti osservati nell’IGF-1 e nelPTH erano apparentemente insufficienti perindurre cambiamenti rilevabili nei biomarkerdell’attività degli osteoclasti o degli osteoblasti.

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Vegetarianismo e perdita osseaa cura di Eleonora Spallotta

Il vegetarianismo è sempre più popolare nellesocietà occidentali. Recenti valutazionidimostrano che il 3 e il 5% della popolazione(Gottfredson et al., 2005; Vinnari et al., 2009)segue una dieta vegetariana, e questaproporzione sta crescendo nel tempo.In Asia, se bene non ci sia una statistica ufficiale,

si ritiene che il numero dei vegetariani sia più

Il BMD in donne post menopausa è somma delpicco di massa ossea (raggiunto tra l’età di 20-30anni) e la successiva perdita ossea legata all’età(Riggs et al., 1998). Comunque non ci sono statistudi longitudinali che valutassero il tasso diperdita ossea tra i vegetariani. La perdita osseaderiva da uno squilibrio tra due processi oppostidi formazione ossea e riassorbimento osseo, ma

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si ritiene che il numero dei vegetariani sia piùalto rispetto ai paesi occidentali. Ilvegetarianismo è visto come uno stile di vitasalutare, perché si pensa che gli individui con ladieta vegetariana hanno un più basso rischio dimalattie croniche e un più basso rischio dimortalità rispetto alla popolazione generale,sebbene la differente mortalità tra i gruppivegetariani e non, è una questione controversa(Chang-Claude et al., 2005; Key et al., 2009a, b).La salute dell’osso tra i vegetariani è stataoggetto di preoccupazione per qualche tempo.Sebbene la densità minerale ossea (BMD) neivegetariani, in modo particolare i vegani, è piùbassa rispetto ai non vegetariani (Ho-Pham etal., 2009a ); il rischio di frattura nei vegetarianinon è differente rispetto a quello dei nonvegetariani (Appleby et al.2007). In uno studio siè mostrato che i monaci Buddisti rigorosamentea dieta vegana avevano un BMD simile ai nonvegetariani, malgrado il precedente gruppoavesse un più basso intake di calcio rispettoall’altro (Ho-Pham et al., 2009b).

di formazione ossea e riassorbimento osseo, mapochi studi hanno esaminato l’ associazione tra imarkers del turnover osseo e la perdita ossea neivegetariani.

Descrizione dell’indagine

Nell’indagine proposta si cerca di stabilire il tassodi perdita ossea e rischio di frattura, e la loroassociazione con i markers del turnover osseo elo stato di vitamina D in un gruppo di vegani eonnivori in modalità di studio prospettico.Il contesto dello studio è stata la città di Ho ChiMinh (in passato Saigon) la più grande città ecentro economico del Vietnam. Lo studio fuprogettato come un’ inchiesta longitudinale laquale coinvolse 20 monasteri e templi all’internodella città. I templi erano selezionati in modorandom da 286 templi e monasteri che eranoschedati da un’associazione locale Buddista.Sono state inviate lettere di invito a ognimonastero o tempio per invitare le suore di etàsuperiore ai 50 anni per partecipare allo studio.

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Successivamente sono state selezionate inmodo random dall’archivio elettorale in ognicollegio circostante il tempio, famiglie dove c’erano donne residenti con età di 50 o più anni acui viene spedita una lettera di invito. Le donnericevevano un check-up gratuito e la misurazionedella densità ossea, ma non ricevevano alcunincentivo finanziario.In media, hanno partecipato allo studio tra le 5-6suore di ogni tempio-monastero. Le suore sonovegane in senso stretto perché loro provengonodalla scuola buddista di Mahayana. Le loro dietenon includevano alcun prodotto di origineanimale o marino. Nessuno dei partecipantiaveva malattie in grado di influenzare l’osteoporosi (ipertiroidismo, iperparatiroidismo,problemi renali, sindrome da malassorbimento,alcolismo, colite cronica , mieloma multiplo,leucemia e artrite cronica) oppure ha usato inprecedenza terapie che interferiscono con ilmetabolismo osseo (per esempio , leparina,Warfarin, tirosina ed estrogeni). Ogni individuo èstato esaminato due volte: al basale e alla visitadel follow up. Le misurazioni al basale sono stateprese nell’ Aprile e nell’Agosto del 2008. La visita

Un fattore intensivo o ponderato basato sulconsumo approssimativo di ossigenonecessitava per ogni livello di attività di esseremoltiplicato per il numero di ore impegnate inogni attività, quali attività basale 1, sedentaria 1.1,leggera 1.5, moderata 2.4 e pesante 5.I risultati prodotti per tutte le attività erano poisommati per produrre un indice di attività fisicatotale. Alle donne veniva chiesto di riferire la loroattività presente e passata di fumatrici, l’ uso dialcool e di caffè. Parametrici antropometriciottenuti , includevano l’età, il peso, l’altezza. Ilpeso corporeo è stato misurato usando unabilancia elettronica indossando i vestiti ma senzascarpe. L’altezza è stata determinata senzascarpe con uno stadio metro portatile.L’analisi nutrizionale venne analizzata al basale.Ai partecipanti venne chiesto di compilare unquestionario strutturato per raccogliere i datiriguardanti le abitudini alimentari di 2 giorni. Ilquestionario include otto items sul cibo ingenerale, includendo riso, pesce, carne rossa,carne bianca, uova, derivati del latte, vegetali efrutti. Abbiamo usato campioni, cucchiai ebicchieri di varia taglia per aiutare i partecipanti a

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prese nell’ Aprile e nell’Agosto del 2008. La visitadi follow up venne realizzata tra Aprile e Luglio2010.I dati clinici includono la pressione sanguigna,l’impulso e la storia riproduttiva (ovvero l’etàdel menarca e l’età della menopausa). La storiamedica ossia, le precedenti fratture, ilprecedente e il corrente uso delle terapiefarmacologiche, venne ottenuta da unquestionario standardizzato. La pressionesanguigna venne presa dopo che tutti ipartecipanti erano stati in una stanza silenziosaper 5 minuti ed era stata misurata per 3 volte.Il questionario inoltre richiedeva dati sull’attivitàfisica e i fattori dello stile di vita. Le domanderichieste riguardavano il numero medio di oregiornaliere spese in ognuno dei 5 livelli di attivitàbasate su un questionario simile. Le 5 attivitàerano : attività basale (addormentato osdraiato), sedentario (seduto o in piedi), leggera(camminata qualunque), moderata (giardinaggioe costruzione) e pesante (sollevamenti ogiardinaggio pesante).

bicchieri di varia taglia per aiutare i partecipanti astimare la loro assunzione di cibo. I dati venneropoi inseriti nel “Eiyokun”, un software specificoper analizzare i componenti nutrizionali del ciboVietnamita. I nutrienti stimati da questoprogramma include il totale delle calorie, l’intakedi proteine vegetali e animali, lipidi vegetali eanimali, carboidrati, l’intake nella dieta di calcio,fosfato, sodio, potassio e magnesio.La valutazione per le eventuali fratture vertebraliè stata fatta con raggi X. I raggi X sono stati presialle visite iniziali e al follow-up. La classificazionedelle fratture vertebrali attualmente utilizzata èquella descritta da Genant (Genant et al., 1993).Il radiologo, una volta diagnosticata la natura

osteoporotica della frattura vertebrale, esegueuna valutazione visiva semiquantitativa deiradiogrammi del rachide, classificando le altezzevertebrali in lieve (grado 1) osservando unariduzione dell’altezza del 20-25% nelle vertebreanteriori, al centro e/o posteriormente alta;moderata (grado 2) per una riduzione del 25-40%e severa (grado 3) per una riduzione maggioredel 40% .

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Per la misurazione della densità minerale ossea( BMD) sono stati presi in esame tramite DEXA ilcollo del femore, colonna lombare ( LS) e corpointero. La BMD era espressa in g/cm² o in T-SCORE, che rappresenta il numero di deviazionestandard dal picco di massa ossea (preso in etàtra i 20 e i 30 anni). Poiché c’era una mancanzadella popolazione di riferimento in BMD inVietnam, abbiamo scelto il database Tailandesedi riferimento per determinare il T-Score(Limpaphayom et al., 2001).Utilizzando i criteridell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Kanis,2002) , abbiamo classificato le donne in duegruppi basati sul T-score: quelle con osteoporosise il loro T-score era ≤ -2.5, e quelle senzaosteoporosi se il loro T-score era > -2.5.Per l’analisi biochimica i campioni di sanguefurono presi di mattina (ore 07.00-12.00)dopo undigiuno notturno di 12 ore. Il siero a digiuno èstato prelevato per calcio, creatinina, enzimiepatici, protocollagene di tipo 1 propeptide N-terminale(PINP), telopeptide C-terminale delcollagene di tipo 1 o beta cross laps (β CTX),ormone paratiroide e 25 idrossivitamina D (25(OH)D).

mancanza di mezzi di trasporto (cinque),l'emigrazione (quattro) e perse al follow-up(cinque). Rispetto all’analisi di coorte, il gruppoperso al follow-up era più vecchio (66 rispetto a61 anni; p = 0,014) e ha avuto più bassa BMD LS(0,70 e 0,77 g/cm2, p = 0,014; Tabella 1). Non cisono state significative differenze in altrecaratteristiche cliniche tra i due gruppi. Perl'analisi di coorte (n = 181), non ci sono differenzesignificative per quanto riguarda età, peso,altezza e BMD tra vegani e onnivori. Tuttavia,rispetto gli onnivori, i vegani avevano un intakedi calcio alimentare, proteine totali e lipidisignificativamente più basso (Tabella 2).Sebbene la BMD nei vegani è stata leggermenteinferiore rispetto agli onnivori, nessuna delledifferenze erano statisticamente significative(Tabella 3). Risultati delle analisi dei lipidi hannomostrato che i livelli di colesterolo totale deivegani erano ~10% (p = 0.006) inferiori rispettoagli onnivori. Tuttavia, non vi era alcunadifferenza significativa in trigliceridi e leptina travegani e onnivori. Non ci sono state anchedifferenze significative nella βCTX e i livelli diPINP tra vegani e onnivori. I vegani hanno avuto

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(OH)D).All’inizio dell’indagine, 210 donne (105 vegane e105 onnivore) hanno partecipato allo studio. Dueanni dopo, 181 donne (88 vegane e 93 onnivore)sono rimaste nello studio. Così, 29 donne(13%)sono rimaste fuori dallo studio. Le ragionidell’ abbandono sono state: la morte (cinque),non interessate (nove), immobilità e / o

Tabella 1 Le caratteristiche basali dei partecipanti stratificati per il follow-up_____________________________________________________________________________________________________

A termine del follow-up Persi al follow up P-value (n = 181) (n = 29)

_____________________________________________________________________________________________________I vegani (n,%) 88 (83.8) 17 (16.2)Onnivori (n,%) 93 (88.6) 12 (11.4)Età (anni) 61 (9.2) 66 (10.4) 0.014BMDdella colonna lombare (g/cm2) 0,77 (0,15) 0,70 (0,13) 0,019BMD del collo del femore (g/cm2) 0,63 (0,11) 0,59 (0,10) 0,062Corpo intero BMD (g/cm2) 0,90 (0,11) 0,86 (0,12) 0,074_____________________________________________________________________________________________________Abbreviazione: BMD, la densità minerale ossea.I valori rappresentano la media (Š.D.).

PINP tra vegani e onnivori. I vegani hanno avutolivelli sierici del 18% più bassi di 25 (OH) D(P<0.0001) rispetto agli onnivori.Come previsto, l’ormone paratiroide nei veganiera più alto rispetto agli onnivori, ma ladifferenza raggiunta non è stata statisticamentesignificativa (P=0.09).

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Tabella 2 Le caratteristiche basali dei partecipanti stratificati allo stato del follow-up___________________________________________________________________________________________________________

Vegani (n=88) Onnivori (n=93) P-value___________________________________________________________________________________________________________Età (anni) 60 (9) 61 (9) 0.617Durata dieta vegana (anni )a 34 (20, 43) 0Età menopausa (anni) 48 (4.8) 49 (4.9) 0.103Età menarca (anni) 15 (2.0) 15.0 (2.1) 0.439Parità b 0.6 (1.7) 3.0 (2.0) <0.001Peso (kg) 53 (9) 54 (6) 0.556Altezza (cm) 148 (6) 150 (5) 0.164Body mass index (kg/m2) 24 (3) 24 (3) 0.885Massa magra (kg) 32.3 (4.7) 32.5 (3.4) 0.721Massa grassa (kg) 18.7 (5.2) 19.3 (4.4) 0.425% grasso corporeo 34.6 (5.7) 35.6 (6.4) 0.300Pressione sistolica (mmHg) 124 (19) 121 (915) 0.373Pressione diastolica (mmHg) 77 (10) 77 (9) 0.990Frequenza polso 77 (8) 76 (7) 0.174Intake di calcio(mg/day)a 300 (182, 432) 590 (420, 763) <0.0001Proteine totali(mg/day)a 36 (28, 53) 62 (53, 73) 0.015Lipidi totali (mg/day)a 21 (15, 32) 35 (28, 46) <0.0001Calorie totali (cal/day)a 1093 (870, 1286) 1429 (1246, 1726) 0.0005Esercizio mattutino (n, %) 67 (76.1) 75 (80.6) 0.461Assunzione di Caffè (n, %) 26 (29.5) 44 (47.3) 0.025Uso di alcool (n, %) 0 9 (9.7) 0.011___________________________________________________________________________________________________________

a Media(25th and 75th percentile). Per le variabili ‘esercizio mattutino’, ‘assunzione di caffè’ e ‘uso di alcool’, i valori sono inriferimento al numero delle donne e alla percentuale del numero totale del campione per ogni gruppo.

b Venti suore sono state precedentemente sposate e hanno avuto figli prima di diventare suore.

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b Venti suore sono state precedentemente sposate e hanno avuto figli prima di diventare suore.I valori rappresentano la media (s.d.).

Tabella 3 – Valori alla rilevazione basale per BMD, vitamin D, PTH, lipidi e ormoni___________________________________________________________________________________________________________

Vegani (n=88) Onnivori (n=93 ) Differenza (95% CI) P-value___________________________________________________________________________________________________________Colonna vertebrale BMD (g/cm2) 0.77 (0.14) 0.79 (0.13) -0.02 (-0.06, 0.03) 0.401Osso femoraleBMD (g/cm2) 0.62 (0.14) 0.64 (0.13) -0.02 (-0.06, 0.02) 0.20325(OH)D (ng/ml) 26.1 (7.4) 31.6 (6.9) -5.6 (-7.6, -3.4) <0.0001PTH (ng/l) 45.8 (19.4) 40.5 (21.9) 5.3 (-0.8, 11.4) 0.089Creatinina (mmol/l) 0.81 (0.13) 0.83 (0.13) -0.015 (-0.053, 0.022) 0.429Glucosio (mmol/l) 4.94 (1.62) 4.79 (0.89) 0.14 (-0.24, 0.52) 0.455Trigliceridi (mmol/l) 2.20 (1.44) 1.87 (0.86) 0.33 (-0.02, 0.68) 0.062Proteina C-reattiva (mg/l) 3.23 (5.71) 2.52 (3.13) 0.71 (-0.63, 2.05) 0.301Colesterolo totale (mmol/l) 5.10 (1.07) 5.55 (1.10) -0.45 (-0.77, -0.13) 0.006Calcio sierico (mmol/l) 1.51 (0.57) 1.22 (0.29) 0.29 (0.16, 0.43) <0.0001Leptina(ng/ml) 17.9 (15.4) 16.0 (10.7) 1.9 (-2.0, 5.7) 0.333bCTX sierico (pg/ml) 486 (251) 476 (226) 10 (-59, 80) 0.774PINP (ng/ml) 58.5 (25.4) 56.6 (32.8) 1.9 (-6.7, 10.6) 0.657___________________________________________________________________________________________________________

Abbreviazione: BMD, densità minerale ossea; CI, intervallo di confidenza; PINP, pro collagene di tipo 1 propeptide N-terminale; PTH, ormone paratiroide; siero bCTX, telo peptide C-terminale del collagene di tipo 1; 25(OH)D, 25-idrossivitamina D.I valori rappresentano la media (s.d.).

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Utilizzando i livelli del 25(OH)D <30 ng/ml(Holick, 2007), la prevalenza della vitamina D erainsufficiente per il 73% dei vegani contro il 46%degli onnivori (P=0.0003). Utilizzando i livelli del25 (OH)-D <20 ng/ml (Holick, 2007), la prevalenzadel deficit di vitamina D era del 27% nei vegani,quattro volte superiore a quella degli onnivori(6.5%; P=0.0002; Tabella 4).Riguardo alla variazione per la BMD c’è stato uncambiamento sito-dipendente. La FN BMDdiminuiva nei vegani (media±s.d., -0.86 ± 3.81%/anno), ed era leggermente più bassa rispettola diminuzione negli onnivori (-1.91±3.45 %/anno;

Tabella 4 - Prevalenza dello stato vitaminico in vegetariani e non vegetariani ________________________________________________________________________25(OH)D livello Vegans Onnivori P-value

(ng/ml) (n=88) (n=93)________________________________________________________________________ ≤20 24 (27.3) 6 (6.5) 0.0002≤25 41 (46.6) 15 (16.1) <0.0001≤30 64 (72.7) 43 (46.2) 0.0003≤50 88 (100.0) 91 (97.9) 0.167________________________________________________________________________

Abbreviazione: 25(OH)D, 25-idrossivitamina D.I valori riguardano I numeri delle donne e la percentuale specifica del (in parentesi).

Per quanto riguarda FN, il tasso di cambiamentorispetto al BMD è stato associato all'avanzaredell'età, alla massa magra e alla massa grassa, aigrassi animali e al rapporto proteine animali :proteine vegetali.Questi fattori hanno descrittocomplessivamente il 9% e il 13% della varianzarispettivamente al cambiamento nella LS e FNBMD.Andando ad osservare l’incidenza delle fratturedurante il periodo di follow-up di 2 anni, 10donne (5 vegane e 5 onnivore) avevano subitouna nuova frattura vertebrale. Non c’era alcunadifferenza significativa nell'incidenza di fratture

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la diminuzione negli onnivori (-1.91±3.45 %/anno;P=0.08). LS BMD nei vegani mostra un leggeroincremento (0.85±4.94 %/anno), che non eradifferente in modo significativo dal tassoosservato negli onnivori (0.89±3.22 %/anno;P=0.078; Tabella 5).L'analisi per età ha rivelato che il calo del FNBMD aumenta con l'avanzare dell'età, in modotale che quelli con età di 70+ anni aveva unmaggior tasso di perdita di massa ossea (-1,03% /anno) rispetto a quelli di età compresa tra i 60 e69 anni (- 0,54% / anno). Per LS BMD, il tasso divariazione è stato anche l'età dipendente: -0,07 %/ anno tra quelli di età 50-59 anni; 1 % / anno traquelli di età 60-69 anni e 1,15% / anno tra quelli di+ 70 anni di età.Per quanto riguarda LS, il tasso di variazionedella BMD è risultata significativamente legataall'età, alla massa magra,alle proteine vegetali, aigrassi animali e all’uso di corticosteroidi (Tabella6).

differenza significativa nell'incidenza di fratturevertebrali tra vegani e onnivori. Ulteriori analisihanno rivelato che una storia personale diprecedenti fratture era associata ad unaumentato rischio di fratture successive.Tuttavia, l'impiego di corticosteroidi, la carenzadi vitamina D e osteoporosi non sono statiassociati ad un aumentato rischio di fratture(Tabella 7).

Discussione

La salute delle ossa nei vegetariani è stato unargomento di preoccupazione per un po 'ditempo, perché in media hanno BMD inferiorerispetto ai non-vegetariani (Craig, 2009;. Ho-Pham et al, 2009a), e un BMD più bassa è unfattore di rischio per fratture dovute a fragilità(Kanis, 2002; Nguyen et al., 2005a, 2007b).

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Tabella 5 - Tasso di variazione (% / anno) della BMD classificata per gruppo_____________________________________________________________________________________________________________

Vegani (n = 88) onnivori (n = 93) Differenza (IC 95%) P-value_____________________________________________________________________________________________________________Età (anni) 61,7 (9,5) 61,6 (9,6) 0,08 (- 2.53, 2.68) 0.954BMD della colonna lombare (g/cm2) 0,85 (4,94) 0,89 (3,22) -0.04 (- 1.36, 1.29) 0.958BMD del collo del femore (g/cm2) - 0,86 (3,81) 1,91 (3,45) 1,04 (-0.12, 2.21) 0.080BMD corpo intero (g/cm2) 1,16 (2,38) 1,81 (3,56) - 0.64 (- 1,63, 0,34) 0,197_____________________________________________________________________________________________________________Abbreviazioni: BMD, la densità minerale ossea, IC, intervallo di confidenza.

Tabella 6 - Determinanti di cambiamenti nella densità minerale ossea: analisi di regressione_________________________________________________________________________________________________________________

Coefficiente di regressione (se) coefficiente standardizzato P-value_________________________________________________________________________________________________________________

BMD lombare della colonna vertebrale (g/cm2)Età (anni) 0.105 (0.034) 0.235 0.002Massa magra (kg) 0.195 (0.074) 0.192 0.009L'uso di corticosteroidi (sì) - 1.879 (0.813) - 0.166 0.022Proteine vegetali (mg / giorno) - 0.075 (0.035) - 0.223 0.036Grasso vegetale (mg / giorno) 0.142 (0.045) 0.417 0.002

BMD del collo femorale (g/cm2)

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BMD del collo femorale (g/cm2)Età (anni) -0.072 (0.038) -0.137 0.051Massa magra (kg) 0.277 (0.089) 0.234 0.002Massa grassa (kg) 0.183 (0.075) 0.182 0.016Grasso animale (kg) - 0.065 (0.030) - 0.170 0.028Proteine animali/proteine vegetali -0.244 (0.094) -0.192 0.01_________________________________________________________________________________________________________________Abbreviazione: BMD, la densità minerale ossea.R2 per BMD della colonna lombare: 0,15 e del collo femorale: 0,18

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Tabella 7 - Fattori di rischio per nuove fratture vertebrali

Fattore di rischio Numero di Tasso di RR (95% CI)frattura / totale incidenza (%)

GruppoOnnivori 5/93 5.4 1.0I vegani 5/88 5.7 1.02 (0.54, 1.92)Frattura precedenteNo 3/143 2.1 1.0Sì 7/38 18.4 8.78 (2.38, 32.4)Impiego di corticosteroidiNo 7/153 4.6 1.0Sì 3/28 10.7 2.34 (0.64, 8.52)Carenza di vitamina DNo 9/151 6.0 1.0Sì 1/30 3.3 0.56 (0.01, 4.25)Fascia d'età (anni) 50-59 4/97 4.1 1.060-69 3/45 6.7 1.62 (0.38, 6.92)70+ 3/39 7.7 1.87 (0.44 , 7.95)OsteoporosiNo 7/154 4.5 1.0Sì 3/27 11.1 2.76 (0.76, 10.0)___________________________________________________________________________________________________________________Abbreviazioni: CI, intervallo di confidenza; RR, rischio relativo

Tuttavia, non vi è stato alcuno studiolongitudinale per valutare l'associazione tra il

In realtà, la BMD LS tendeva ad aumentare conl'avanzare dell'età, e questo risultato è anche

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longitudinale per valutare l'associazione tra ilvegetarianismo e perdita ossea, che è anche unfattore di rischio per fragilità di frattura (Nguyenet al., 2005b). In questo studio prospettico, èstato osservato che il tasso di perdita ossea nelleFN dei vegani non era diversa da quella nei non-vegetariani. Non c'era neanche una differenzasignificativa nell'incidenza di frattura tra i duegruppi. Questi risultati confermano l'opinioneche il vegetarianismo non eserciti effetti negativisulla salute delle ossa.La perdita ossea dopo la menopausa è unfenomeno universale. In Popolazioni caucasicheil tasso di FN perdita ossea varia tra 0,7 e 2 % /anno (Ensrud et al, 1995;.. Jones et al, 1994). Irisultati di questo studio hanno mostrato che iltasso di perdita di massa ossea è stata ~1% /anno, in linea con i risultati precedenti nelledonne caucasiche (Nguyen et al., 2007a).Tuttavia, si è constatato che la perdita di BMD èstata osservata principalmente nell'anca, non alLS .

l'avanzare dell'età, e questo risultato è anchecoerente con dati precedenti per quantoriguarda le donne caucasiche (Jones et al, 1994.;Nguyen et al., 2005b). Esiste una incertezzadelle modifiche differenziali della BMD ed èaltamente possibile che l’ aumento di BMD LS èstata artificialmente indotta da osteofitosi(Jones et al., 1995), che si trova comunemente inindividui con osteoartrosi. Tuttavia, non è statavalutata osteofitosi in questo studio, e diconseguenza non è possibile effettuareinferenza sulla grandezza dell'effetto osteofitosisul cambiamento di BMD LS. Comunque ilpresente risultato conferma che BMD al LS non èuna misura ideale per la diagnosidell'osteoporosi nelle donne in postmenopausa.Abbiamo trovato effetti significativi relativiall’assunzione di calcio nella dieta e vitamina Dsulla perdita ossea. L'assunzione di calcio nelladieta tra i partecipanti di questo studio è statorelativamente basso, ma non ha avuto effettinegativi sulla perdita di tessuto osseo.

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Infatti, l’assunzione alimentare media di calcionei vegani è stato solo di 375 mg / die, moltoinferiore alle assunzioni osservate nei non-vegetariani (683 mg /giorno). In entrambi igruppi, l'assunzione di calcio nella dieta era bensotto il livello raccomandato di 1000 mg / die.Nondimeno, i bassi livelli di calcio nella dieta nonhanno avuto alcun effetto negativo su BMD operdita ossea in entrambi i gruppi, vegetariani eonnivori. Preoccupante, quasi 3/4 dei veganiavevano livelli insufficienti di 25 (OH) vit D , piùdi un quarto il livello di carenza. Anche se questitassi di prevalenza erano significativamente piùalti rispetto ai non-vegetariani, la differenza nonsembra tradursi in effetti negativi sulla densitàossea o perdita ossea. In effetti,non abbiamotrovato alcuna correlazione significativa tra 25(OH) vitD e BMD o cambiamenti nella densitàminerale ossea. Nonostante l'associazione nullapotrebbe essere attribuito alla dimensione delcampione, agli errori di misura sia di BMD che di25 (OH) D, e alla durata del follow-up, la scopertasuggerisce che la vitamina D può avere uneffetto modesto, se presente, sul tasso diperdita ossea nelle donne in postmenopausa.

D'altra parte, negli anziani, la supplementazionedi proteine possono avere un effetto protettivocontro la frattura dell'anca (Munger et al, 1999;.Tylavsky e Anderson, 1988).Così, i risultati ottenuti in riferimento all’attualeletteratura suggeriscono che una maggioreassunzione di proteine animali può avere effettinegativi sulla salute delle ossa. Questo risultato ècoerente con l'ipotesi che le proteine animaliproduce una grande quantità di acido endogeno,che porta ad aumentare il riassorbimento osseo(Barzel e Massey, 1998) e ad avere una maggioreperdita di massa ossea.La frattura è il risultato finale dell’ osteoporosi.In questo studio, non è stata riscontrato alcunadifferenza significativa nell’ incidenza di fratturatra vegani e onnivori. Un precedentementegrande studio (Appleby et al., 2007) ha rilevatoche, sebbene vegani avevano un rischioleggermente più elevato di fratture da fragilitàrispetto agli onnivori (rischio relativo 1.3),qualche vegetariano come gruppo non aveva unrischio maggiore di fratture rispetto aglionnivori.Va notato che in questo studio abbiamo

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perdita ossea nelle donne in postmenopausa.I tassi di perdita ossea sono molto variabili traindividui ed i fattori considerati in questo studiospiegano una minima parte della varianza. Oltrel'età, le misure della composizione corporea(cioè la massa magra e grassa massa) hannoavuto un effetto 'positivo' sulla perdita ossea,che sembra suggerire che il mantenimento di unpeso corporeo stabile durante il periodo post-menopausa può essere protettivo contro laperdita ossea (Nguyen et al., 1998, 2000). Èinteressante notare che, i lipidi di origine animalee il rapporto di proteine animali e vegetali haavuto un effetto significativo sulla perdita osseaal FN. Precedenti studi hanno osservato che unamaggiore assunzione di proteine animali hannoridotto il rischio di frattura, ma altri studi hannodimostrato che gli individui con una maggioreassunzione di proteine animali avevano unmaggior tasso di perdita di massa ossea(Sellmeyer et al., 2001) e un aumento del rischiodi frattura (Feskanich et al., 1996).

Va notato che in questo studio abbiamoconsiderato solo la morfometrica fratturavertebrale, non qualsiasi tipo di frattura. Inoltre,la dimensione del campione del presente studioè modesto e la durata del follow-up èrelativamente breve, e potrebbe non esseresufficiente a delineare un vero e proprio effettodi vegani su rischio di frattura.L’ osso è il risultato netto di due processi oppostidi formazione e riassorbimento. Riassorbimentoosseo e la formazione potrebbero esserevalutati rispettivamente da beta-cross-lap ePINP. In questo studio, abbiamo scoperto chenon vi era alcuna differenza significativa perquanto riguarda marcatori tra vegani e onnivori,e che non vi era alcuna associazione significativatra i marcatori e il tasso di perdita ossea. Inoltre,nessuno dei 2 marcatori era significativorelativamente al rischio di frattura. Presiinsieme, questi dati suggeriscono che la dietavegana non esercita effetti negativi sulriassorbimento osseo o formazione ossea.

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I risultati del presente studio devono essereinterpretati nel contesto dei punti di forza edebolezza dello studio stesso. Il disegnoprospettico di questo studio consente unamigliore quantificazione della perdita di massaossea rispetto ad altri studi trasversali. Latecnologia DEXA per la misurazione della BMD èconsiderata una gold standard per la valutazionedella salute dello scheletro.Tuttavia, lo studio potrebbe essere sbilanciatoverso il gruppo dei sani, così come coloro chehanno abbandonato o si sono persi al follow-uptendevano ad avere BMD inferiore rispetto algruppo che ha completato il follow-up.Si può quindi affermare che il presente studiopuò rappresentare un sottovalutazione del tassodi perdita ossea. La durata di follow-up (peresempio, 2 anni) può essere adeguato pervalutazione dei cambiamenti nel BMD, mapotrebbe non essere sufficiente per lavalutazione del rischio di frattura in gran parte acausa della rarità della frattura nella popolazionegenerale. Inoltre, la maggior parte deipartecipanti provenivano dalle aree urbane, chenon può rappresentare il vero tasso di perdita di

Bibliografia

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non può rappresentare il vero tasso di perdita ditessuto osseo nella comunità generale.In sintesi, questo studio prospettico non hatrovato alcuna significativa differenza nel tassodi perdita di massa ossea tra i vegani e onnivori.Anche se i vegani hanno avuto una più altaprevalenza di carenza di vitamina D e più bassiintroiti di calcio nella dieta rispetto agli onnivori, idue fattori non sono stati associati con la perditaossea. Un elevato apporto di proteine animali edi lipidi può aumentare il tasso di perdita osseanelle donne in post-menopausa.

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Espressione genica della via di segnalazione dell’mTOR edell’ubiquitina-proteasoma nel mantenimento della massa magra aseguito di perdita di peso con dieta iperproteica ipocalorica

a cura di Vincenzo Tortora

La restrizione calorica è uno dei più efficaci modiper promuovere la perdita di peso ed è noto cheattivi vie metaboliche protettive. Assieme allaperdita di peso sono frequentemente riportateconseguenze indesiderate di perdita della massamagra (tessuto muscolare magro). Le dieteipocaloriche con aumentato introito proteicosono popolari e possono fornire beneficiaggiuntivi attraverso il mantenimento dellamassa magra, paragonate ad una dietanormoproteica iperglucidcica. Comunque, ilmeccanismo preciso con cui una dietaiperproteica può mitigare la perdita di massamagra indotta da una dieta per la perdita di pesonon è stato completamente chiarito. Ilmantenimento della massa magra dipende dalla

La strategia principale attuale per il trattamentodell’obesità (BMI ≥30 kg/m2) è il consumo di unadieta low-fat (<30% dell’energia totale) a ridottointroito calorico e l’attuazione di un aumentonell’attività fisica con lo scopo di creare unbilancio energetico negativo. Negli individuisovrappeso od obesi, anche una modestariduzione di peso (5 kg) può avere beneficisignificativi sulla salute, incluso il miglioramentodella sensibilità insulinica (1), della funzione delleisole pancreatiche beta (2), del controlloglicemico, della pressione sanguigna (3) e deimarkers del danno ossidativo cellulare (4).Comunque, durante la perdita di peso indottadalla modificazione dello stile di vita, la perditadella massa magra (FFM) metabolicamente

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mantenimento della massa magra dipende dallastimolazione della sintesi proteica tramite ilcomplesso mTOR, anche se durante larestrizione calorica una diminuzione del tessutomuscolare (atrofia) può conseguire ad uno shiftomeostatico a favore del catabolismo proteico.Questa review descrive la relazione tra lacomposizione in macronutrienti delle dieteipocaloriche e la perdita di peso utilizzandoindicatori metabolici. Specificatamentevalutiamo gli effetti di un aumentato introitoproteico e della restrizione caloricasull’espressione genica nel muscolo scheletrico,con particolare riguardo alla biosintesi,degradazione ed espressione dei geni nella via disegnalazione ubiquitina-proteasoma ed mTOR,inclusi MuRF-1, MAFbx/atrogina-1, mTORC1 edS6K1.

della massa magra (FFM) metabolicamenteattiva è una indesiderata conseguenzafrequentemente riportata (5). L’emergenteevidenza suggerisce che un elevato rapportoproteine/carboidrati in una dieta low-fat conrestrizione calorica (CR) può mitigare le riduzioninella FFM durante la perdita di peso attraversol’aumento della sintesi proteica muscolare e/o lariduzione del catabolismo proteico, migliorandodunque il bilancio proteico muscolare netto (6).Il meccanismo preciso attraverso cui unaumentato introito proteico può mitigare laperdita di massa magra indotta dalla perdita dipeso non è stato completamente chiarito. Incondizioni eucaloriche la continua degradazionedelle proteine che avviene negli organi e tessutivitali è rimpiazzata nello stato post-prandialetramite il rifornimento di aminoacidi derivantiprimariamente dalla componente della FFM checostituisce il muscolo scheletrico (7).

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Al contrario, nello stato post-prandiale, leproteine muscolari sono ripristinate attraversol’aumento della sintesi proteica muscolarestimolato dall’alimentazione, processo cheavviene quasi esclusivamente per via delleproteine che costituiscono gli alimenti ingeriti(8). Una volta che i fabbisogni per un adeguatosubstrato in grado di ripristinare le proteinemuscolari sono superati, la risposta proteicaindotta dall’alimentazione è inibita (9).Assumendo un adeguato apporto proteico, lacrescita delle proteine muscolari che avvienedurante lo stato alimentato bilancia la perdita diproteine muscolari che avviene nella fase postassorbitiva permettendo giorno dopo giorno allamassa muscolare scheletrica di rimanererelativamente costante (7, 10). Comunque,l’eccessivo introito nutrizionale di aminoacidi eglucosio, oltre il fabbisogno organico permantenere l’omeostasi e la produzioneenergetica per i processi cellulari, porta allaresistenza insulinica nel muscolo scheletricotramite una disregolazione della via disegnalazione dell’insulina e potenzialmentepromuovendo il catabolismo proteico (11, 12).

Anche se probabilmente un aumentato introitodi proteine dietetiche durante la CR mitiga leriduzioni della FFM tramite uno o più di questimeccanismi, sono richiesti successivi trial clinicirandomizzati e ben controllati per investigare ilcontributo di ognuno di questi fattori e se esisteuna configurazione dietetica ottimale che puòcompletamente preservare la perdita di FFM.Questa review valuta le attuali evidenzesuggerendo che un aumentato apporto proteicodalla dieta durante la perdita di peso indottadalla CR può mitigare la riduzione della FFM nellepersone sovrappeso ed obese tramite ladiminuzione del catabolismo proteico ed ilmiglioramento dei fattori metabolici, quandoparagonato a dieta con quantità di proteinestandard, iperglucidiche ed ipocaloriche. Imeccanismi principali sono discussi con riguardoalla via di segnalazione dell’ubiquitina-proteasoma e del target della rapamicina neimammiferi (mTOR) e la loro associazione con laCR e la ritenzione della FFM.Una dieta iperproteica ipocalorica è tipicamenteconsiderata essere costituita da circa il 30%dell’energia giornaliera totale dalle proteine, il

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promuovendo il catabolismo proteico (11, 12).La riduzione della FFM che tipicamente avvienedurante la perdita di peso indotta dallarestrizione calorica (CR) implica anche unbilancio proteico negativo netto nel muscoloscheletrico. Ci sono numerosi plausibilimeccanismi, molti dei quali mediati dalleproteine dietetiche, che possono fornire alcunespiegazioni per il bilancio proteico negativonetto. Questi includono un aumentato tasso dicatabolismo delle proteine muscolari in rispostaalla restrizione calorica tramite la sovraregolazione degli enzimi del catabolismoproteico (13, 14); un’inadeguato introito diproteine per pasto e conseguentemente unridotto tasso massimale post-prandiale di sintesiproteica muscolare (8, 15); una ridottaingestione di numero di pasti/proteine durante ilgiorno e conseguentemente un ridotto numerodi intervalli di tempo ad elevata sintesi proteicamuscolare (16, 17); e/o un ridotto tasso di sintesiproteica post-prandiale associata al tipo/qualitàdi proteine che sono ingerite (18, 19).

dell’energia giornaliera totale dalle proteine, il40% dai carboidrati ed il 30% dai grassi, conintroito calorico di circa 6000 kj/die (1400 kcal)per le donne e 7000 kj/die (1600 kcal) per gliuomini. Una dieta con introito proteico standarde carboidrati elevati è tipicamente costituita dal15% dell’energia totale derivante da proteine, il55% dai carboidrati ed il 30% dai grassi.È stato dimostrato che una dieta alta in proteine,bassa in grassi paragonata ad una dieta ad alticarboidrati, con proteine standard, ipocalorica,risulta in una perdita di peso maggiore (20-25) evantaggi metabolici (maggior riduzione nelcolesterolo totale e nei trigliceridi negli uomini[26, 27] e ridotta perdita di FFM nelle donne [28-31]) (tabella 1).Comunque, c’è anche un numero di studi chenon hanno mostrato differenze nella perdita dipeso totale (28, 30, 32-34) o la ritenzione di FFM(22, 23, 35-37) quando regimi ipocaloriciiperproteici sono stati paragonati ad una dietaelevata in carboidrati.

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Tabella 1 - Cambiamenti (Δ) nella massa magra (FFM), massa grassa e peso corporeo totale ± errore standard della media indonne da studi precedenti che hanno esaminato gli effetti di un aumentato introito calorico e della perdita di peso sullacomposizione corporea (Farnsworth et al. [28]; Lucombe-Marsh et al. [65]; Noakes et al. [5]; Layman et al. [29]; Piatti et al.,1994 [31]).

† Dati da studi effettuati solo su donne** Indica una significativa ritenzione della massa magra nel gruppo a dieta dieta HP (iperproteica); * indica una tendenza.

Esistono ulteriori evidenze apportandoconfusione in quanto mostrano una maggior

Comunque, è stato trovato che un elevatoapporto proteico (>1.8 g/kg die) a lungo termine

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confusione in quanto mostrano una maggiorperdita di FFM in uomini iperinsulinemici aseguito di una dieta iperproteica paragonata conuna con introito proteico standard (38).Comunque, questa perdita è stata solo di 0.9 kge gli autori hanno concluso che i soggettinormoinsulinemici sembrano avere riduzioni delpeso migliori, minor abbassamento della spesaenergetica e normalizzazione dei livelli di insulinain una dieta iperproteica paragonata ad unadieta isocalorica iperglucidica.Un aumentato effetto termogenico può darealle diete iperproteiche un vantaggio metabolicorispetto alle diete iperglucidiche. È statodimostrato che le proteine dietetiche hanno unsignificativo maggiore effetto sulla termogenesibasale (rispetto a carboidrati e grassi) (39, 40)ed il turnover di azoto è aumentato (indicandoche la sintesi proteica è elevata) (39). In studi incondizioni eucaloriche, nel breve termine (3mesi) l’aumento dell’introito dietetico diproteine diminuiva significativamente il grassocorporeo e preservava la massa magra neipartecipanti magri sani( 41).

apporto proteico (>1.8 g/kg die) a lungo terminein soggetti a cui era appena stato diagnosticatodiabete mellito (DM) insulino-dipendente esoggetti sani, aumenta le concentrazioni diinsulina plasmatica e diminuisce l’ossidazione diglucosio risultando in uno stato di resistenzainsulinica ed intolleranza al glucosio ma questisono stati piccoli studi osservazionali e noninterventi controllati (42, 43).Anche se gli studi osservano unanimamentebenefici favorevoli della restrizione calorica nelridurre il peso corporeo e della massa grassa,una complicazione che si associa ai risultati è lariduzione della FFM (atrofia muscolare)frequentemente riportata (5, 44). La FFM è lamaggiore determinate del tasso metabolicobasale (RMR) (45), il che suggerisce che unadiminuzione nella FFM potrebbe diminuire iprogressi di perdita di peso e può predisporre alriacquisto del peso (46, 47). Inoltre, la perdita diFFM non è generalmente recuperata in modocompleto nei soggetti che riacquistano peso,predispondendoli all’insorgenza della “obesitàsarcopenica” (48).

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Nelle donne, la perdita della performancemuscolare è stata osservata in associazionedell’insorgenza della menopausa, aumentando laloro vulnerabilità alla sarcopenia, paragonatecon uomini della stessa età (49). La perdita dellaFFM può anche avere effetti peggiorativi nellepersone anziane in cui l’aumentata perditamuscolare si correla negativamente con lacapacità funzionale minima per l’autosufficienza(50).L’atrofia del muscolo scheletrico, causata da unosbilanciamento della sintesi e del catabolismoproteico, è facilmente osservabile in condizionicome il diabete non controllato, la cachessiaindotta da tumori, danni al midollo spinale escarsa attività muscolare. Una review sulleproteine dietetiche per l’atrofia muscolare nellacachessia effettuata da Op den Kamp et al. (51),ha trovato che la supplementazione conproteine dietetiche (>1.5 g/kg die) da sola o incombinazione con l’esercizio fisico mantiene oaddirittura migliora la massa muscolare in questipazienti. Inoltre, è stato dimostrato che lasupplementazione di proteine (30 g/die) duranteil mantenimento del peso limiti il riacquisto del

Oltre alla disregolazione dell’omeostasiglicemica, un alterato segnale insulinico nelmuscolo contribuisce alla perdita muscolareosservata nell’obesità, promuovendo ilcatabolismo proteico tramite l’espressione delleubiquitina-ligasi e quindi fornendo una possibilespiegazione del perché un’alta attività dell’mTORnei muscoli delle persone obese e dei topi obesinon provoca ipertrofia muscolare (11). Gliindividui con DM di tipo 2 possono inoltre averealterata sintesi proteica mediata dall’insulina (57,58) perché il segnale degli aminoacidi alcomplesso 1 dell’mTOR (mTORC1) richiede lastimolazione contemporanea dell’insulina (59),che genera un loop a feedback negativo sulleproteine substrato del recettore insulinico (56).Questo è diverso in adulti più anziani (>65 anni)dove un’attenuata risposta alla sintesi proteica èstata osservata, rispetto a giovani adulti (<30anni) a seguito di esercizi contro resistenza (60),indicando che gli anziani possono avere alterataabilità di rispondere allo stimolo anabolicoproteico che risulta in una disregolazione acutadi questa via di segnalazione (61). Una carenza dinutrienti (i.e. il digiuno e possibilmente la CR) è

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il mantenimento del peso limiti il riacquisto delpeso perso durante il dimagrimento (52).I meccanismi attraverso cui un aumentatoapporto proteico mitighi la riduzione della FFMindotta dalla perdita di peso, come indicato inalcuni studi, può essere spiegata dall’esame dellevie molecolari coinvolte nel controllo dellasintesi proteica muscolare (ipertrofia) e delcatabolismo (atrofia). Il fattore di crescitainsulino simile-1 (IGF-1) e PKB/Akt sembranogiocare un ruolo chiave come target centralinella via di sintesi (53) e degradazione proteica(54). Gli aminoacidi e l’insulina attivano la sintesiproteica muscolare tramite una proteina chinasiformata da un complesso serina-treonina,tramite la via del target della rapamicina neimammiferi (mTOR) (figura 1A), col risultato diaumentare la crescita della massa cellulare (55).È stato dimostrato che una sovrabbondanza dinutrienti, in particolare l’aumento dei grassi edegli aminoacidi circolanti, causi lacompensazione delle cellule beta-pancreatiche el’aumentata attivazione dell’mTOR che puòportare alla resistenza insulinica nei tessutiperiferici responsivi all’insulina (56).

nutrienti (i.e. il digiuno e possibilmente la CR) èstata proposta come attivatrice della chinasiattivata dall’adenosina monofosfato (AMPK) edella deacetilasi nicotinammide adeninadinucleotide (NAD+)-dipendente, come SIRT1(Sirtuina 1), che sopprime la via dell’mTOR (62).C’è una forte indicazione che la disregolazionedel segnale dell’mTOR, e quindi la ridotta abilitàdi mantenere la sintesi proteica, avvengaall’inizio della traduzione, perché i soggettianziani presentano più bassa fosforilazione dellachinasi ribosomiale p70S6 1 (p70S6K1) edattenuata attività delle chinasi regolate dalsegnale extracellulare 1 e 2 (ERK1/2) e della via disegnale della chinasi attivante la proteina chinasiattivata da mitogeni 1 (MNK1), paragonati asoggetti più giovani a seguito dell’esercizio constessa intensità relativa (63).La sovrabbondanza di nutrienti, in particolarediete ad alto contenuto di grassi, possonoridurre la capacità delle leptina e dell’insulina dipromuovere l’attività dell’mTORC1 e di ridurrel’introito alimentare (11), indicando che la qualità

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della dieta, piuttosto che l’età, può essere unfattore che influisce sulla nostra abilità dimantenere la sintesi proteica.Altri non hanno trovato alterazioni nei livelli diproteine dell’IRS-1, dell’mTOR o del p70S6K nelmuscolo scheletrico in gruppi di obesi e didiabetici di tipo 2 e sono stati riportati ridottitrasportatori del Sistema L, famiglia carrier deitrasportatori degli aminoacidi 43, membro 2

Studi hanno mostrato che durante il digiuno epossibilmente durante altre condizioni di bassilivelli di insulina, una riduzione nella sintesiproteica ed un aumento nella proteolisiavvengono attraverso la diminuzione della via disegnalazione del PI3K/Akt (70), perché l’IGF-1/insulina bloccano la sovra-regolazione dellatrascrizione dei mediatori chiave della atrofiamuscolare (54). L’IGF-1/insulina inibiscono inoltre

Figura 1A. Rappresentazione schematica che raffigura la via di sintesi proteica nel muscolo scheletrico, checoinvolge il complesso 1 del target della rapamicina nei mammiferi (mTORC1). L’insulina, gli aminoacidi (inclusala leucina) iniziano l’attivazione di una cascata di proteina e lipido chinasi risultando in ultima istanza inaumentata attività dell’mTOR, che facilita la fosforilazione di S6K1 e l’iper-fosforilazione di 4E-BP, con il risultatodi un’aumentata disponibilità di eIF4E per legare eIF4G e formare un complesso attivo eIF4F che risulta inun’aumentata sintesi proteica (adattato, Layman [88], Anthony et al. [89], Drummond et al. [61], Um et al. [98]e Kimball [90, 93].

Figura 1B. Il meccanismo proposto in cui una dieta iperproteica ipocalorica aumenta la via di attivazionedell’IGF-1 PI3K/Akt, fosforilando dunque (P) i fattori di trascrizione FoxO e sotto regolando l’espressione deglienzimi E3 atrogina-1 e MuRF-1, portando alla riduzione della degradazione proteica nel cellule muscolarischeletriche. È stato proposto che PGC-1 alfa, SIRT1 ed AMPK inibiscano l’espressione dei fattori di trascrizioneFoxO e dunque sopprimano il catabolismo proteico (adattato, Lecker et al. [70], Bodine et al. [99], Anthony etal. [89] e Blagosklonny et al. [62]. Le linee tratteggiate raffigurano un’interazione con un meccanismo nonconosciuto. Le linee rosse indicano un segnale inibitorio sulla via.

Figura 1C. Sommario degli eventi di biosintesi e degradazione proteica seguendo una dieta con quantità diproteine standard, alti carboidrati, paragonata ad una dieta iperproteica ipocalorica.

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trasportatori degli aminoacidi 43, membro 2(LAT4) e famiglia carrier dei trasportatori 3,attivatrice del trasporto degli aminoacidi dibasicie neutri, membro 2 (CD98hc) nel gruppo con DMdi tipo 2 (64).Numerosi studi hanno mostrato che le donnetendono a perdere meno FFM (e.g. 0.1 kgrispetto ad 1.5 kg) con diete iperproteiche e CR,rispetto a dieta con apporto proteico standard(Tabella 1) (28, 29, 31, 65), anche se altri nonhanno mostrato differenze significative nellaperdita di peso totale o di grasso tra i gruppi. Lacapacità di ritenere FFM per via dell’aumentatorapporto proteine/carboidrati durante la CR puòessere mediata dall’effetto dell’introito proteicosulla secrezione insulinica (66) e la proteolisi(13). La proteolisi avviene principalmente tramitela via dell’ubiquitina-proteasoma (UPP), chedegrada sia le proteine citosoliche che nucleari(67), così come le proteine miofibrillari (68), checostituiscono la maggior parte delle proteine neltessuto muscolare dell’adulto (69).

muscolare (54). L’IGF-1/insulina inibiscono inoltrel’espressione di due ligasi E3, la proteinadell’atrofia muscolare F-box (MAFbx/atrogina-1)e la proteina a motivi a dita di zinco RINGmuscolo specifica (71).Durante la CR, una diminuzione del muscoloscheletrico (atrofia) può essere guidata da unoshift omeostatico a favore del catabolismoproteico, che può avere un impatto significativosulla ritenzione della FFM. La degradazioneproteica muscolare è un processo complesso incui sono coinvolte le proteasi lisosomiali, leproteasi Ca2+-dipendenti, le caspasi e le UPP (72).L’attività autofagica e proteasomica declinanocon l’invecchiamento e possono contribuire allaperdita di tessuto muscolare correlata all’età (73,74). Al contrario, evidenze nei roditorisuggeriscono che la CR aumenta l’attività el’efficienza di questi processi di controllo dellaqualità cellulare attraverso l’impedimento di unaumento nell’accumulazione dei carboniliproteici (75), ritardando l’aumento dell’attività

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chimotripsina-simile correlato conl’invecchiamento, un indicatore dell’attivitàproteasomica (76). È stato mostrato che lastimolazione della proteolisi osservata durantel’atrofia è dovuta parzialmente all’attivazionedella UPP (77) e quindi questa via può essere dirilevo nella perdita di FFM durante la perdita dipeso. Nei roditori, la CR ha mostrato diminuire leconcentrazioni di insulina nel plasma e di IFG-1sierico fino al 40% (78) (rivisitato in [79]), il chepuò influire negativamente sul muscoloscheletrico.Poiché è stato indicato che l’IGF-1 blocca lasovraregolazione della trascrizione di un certonumero di ubiquitina-ligasi (54), una diminuzionedell’IGF-1 circolante potrebbe risultare in unasovraregolazione della MAFbx/atrogina-1 e dellaMuRF-1 nel muscolo scheletrico, portando ad unaumentata proteolisi e quindi perdita di FFM.Negli esseri umani, una severa CR a lungotermine (1-6 anni) non ha ridotto i livelli di IGF-1.Comunque, una riduzione nell’introito proteico(da 1.67 a 0.95 g/kg die) durante la restrizionecalorica per 3 settimane in un piccolo numero divolontari ha avuto come risultato una riduzione

Aumenti nei livelli di insulina possono stimolarePI3K/Akt, fosforilando le ramificazioni dei fattoridi trascrizione (FoxO), risultando nella ritenzionecitoplasmatica e nella repressione dell’espressione dei geni target (82).Quindi una dieta iperproteica ipocalorica per laperdita di peso può sopprimere gli elementiregolatori chiave della UPP. L’iniziazione dellafosforilazione di FoxO1 dalla PKB nel muscoloscheletrico può diminuire la capacità di FoxO distimolare l’espressione degli enzimi ubiquitina-ligasi (E3) MAFbx/atrogina-1 e MuRF-1 (83) che,quando sovraregolati, sono essenziali per ladegradazione proteica e quindi l’atrofiamuscolare (figura 1B). È stato indicato cheeseguendo esercizi di ultra-endurance edesercizio in combinazione con la perdita di peso,la quantità di proteine ubiquitina-coniugate el’attività chimotripsina-simile sono diminuite (72,84). Anche la sovraregolazione dei trascrittidell’mRNA MuRF1, F-Box e le subunitàproteasomiche C2, sono state osservate cosìcome le proteine di regolazione dell’autofagiaAtg7 ed LC3B (84), indicando che durantel’esercizio di ultra-endurance i processi di

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volontari ha avuto come risultato una riduzionedell’IGF-1 sierico (152 ng/mL) (78). È stato trovatoche una dieta iperproteica ipocalorica per 12settimane con elevate quantità di carne rossanegli uomini aumenti significativamente i peptidiIGF-correlati sia totali (HP 23%, HC 18%) chebioattivi (HP 18%, HC 15%) (80) rispetto ad unadieta iperglucidica (con quantità di proteinestandard). In donne più anziane con peso stabile,un aumentato apporto proteico (30 g/die disupplementazione di siero proteine, per 2 anni)senza CR ha fatto aumentare significativamentel’IGF-1 sierico rispetto al placebo (81) indicandoche l’incremento dell’apporto proteico,attraverso la capacità di elevare l’IGF-1 durante laCR, può impedire l’aumento della proteolisiattraverso l’ inibizione della sovraregolazione deifattori chiave ubiquitina-ligasi (figura 1B).Le diete iperproteiche, ipocaloriche sono ancheassociate dall’aumentata stimolazione dellaproduzione di glucagone e di insulina dalpancreas endocrino, alto turnover del glicogenoe stimolazione della gluconeogenesi (42, 43).

l’esercizio di ultra-endurance i processi dicontrollo della qualità cellulare sono richiestipossibilmente per migliorare la funzione delmuscolo scheletrico riparando il dannomuscolare. Dunque abbiamo proposto che dieteiperproteiche, ipocaloriche per la perdita di pesopossano fosforilare PKB/Akt e FoxO portandoalla soppressione della trascrizione di diMAFbx/atrogina-1 e MuRF-1, con il risultato difrenare la proteolisi che avviene durante la CRnel muscolo scheletrico (figura 1C), e dunque inun mantenimento della FFM.Recentemente è stato indicato che a brevetermine, una dieta isocalorica, iperproteica (10giorni, >130 g proteine/die) aumentava ilturnover proteico organico totale e l’ossidazioneaminoacidica (leucina) senza alcun aumentodella sintesi proteica o della funzionemitocondriale sia in soggetti giovani (<25 anni)che più anziani (>70 anni). Questo indica che unintroito proteico più elevato può stimolare lasintesi proteica a seguito dell’ingestione delpasto ma non migliora la sintesi proteica basale.

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Comunque, il catabolismo proteico postassorbitivo (sia la degradazione che l’ossidazionedegli aminoacidi) era aumentato durante la dietaiperproteica (85). Non si sa con certezza sequesto avviene con diete iperproteiche durantela CR. I prodotti caseari, che contengonoproteine del siero di latte, sono spessocomponenti chiave di una dieta iperproteica, abassi grassi. Le proteine del siero di latteforniscono un’attività di inibizione sull’enzima diconversione dell’angiotensina e contengonoelevate concentrazioni di lecuina, unaaminoacido a catena ramificata (BCAA) (86).L’inclusione di proteine del siero di latte in regimiipocalorici può risultare in un aumentatomantenimento del muscolo scheletrico edaumentata perdita di tessuto adiposo, conbilancio energetico negativo (86, 87). Ci sonoinoltre evidenze crescenti che suggerisconocome i BCAA, in particolare la leucina, abbianoun ruolo significativo nella regolazionemetabolica, al di là del loro ruolo fondamentalecome substrato per la traduzione di numerosemodificazioni pre- e post-trascrizionali (61). Laleucina stimola la via di trasduzione del segnale

L’aumento nelle concentrazioni di aminoacidistimola l’attività della chinasi mTOR (figura 1A)ad induce la fosforilazione della proteinainibitoria legante il fattore eucariotico diiniziazione 4E (4E-BP1) , promuovendo la suadissociazione del fattore di iniziazione dellatraduzione E (eIF4E). Una volta dissociato, eIF4Eè disponibile per legarsi con eIF4E per formareun complesso di iniziazione attivo. È statosuggerito che la leucina stimoli la sintesi proteicanel muscolo scheletrico sia tramite meccanismiinsulino-dipendenti che non insulino-dipendenti.I meccanismi insulino-dipendenti sono associaticon il segnale dell’mTOR attraverso lafosforilazione della proteina che lega eIF4E 1 (4E-BP1) e di S6K1 (59), in contrasto con gli effettiinsulino-dipendenti derivanti da meccanismi nonconosciuti che possono coinvolgere lafosforilazione di eIF4G e/o la sua associazionecon eIF4E (90). Comunque, anche la disponibilitàdi aminoacidi aumenta i livelli di calciointracellulare che possono attivare mTORC1tramite l’attivazione calcio-calmodulina mediatadi la classe III di chinasi PI-3, la proteina umana diselezione vacuolare 34 (hVps34) (96, 97), la

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leucina stimola la via di trasduzione del segnaleche modula l’inizio della traduzione dell’mRNAquindi sovraregola la sintesi proteica (89-91). Èstato identificato che l’acido alfa-chetoisocaproico, un metabolita della leucina,stimoli la fosforilazione della proteina stabile alcalore ed all’acidità (PHAS-I), un regolatoredell’iniziazione della traduzione durante lamitogenesi cellulare recentemente scoperto(92). L’azione della leucina nella via disegnalazione dell’insulina è iniziata dall’mTORC1(59, 93), che è attivato da una moltitudine diormoni (e.g. insulina) e nutrienti (e.g.aminoacidi) che stimolano la crescita e laproliferazione cellulare, mentre è repressa daaltri ormoni (e.g. glucocorticoidi) (94). Ilcomplesso dell’mTOR controlla anche importantifunzioni negli organi periferici incluso ilmetabolismo ossidativo muscolare, ladifferenziazione del tessuto adiposo bianco, lasecrezione insulinica dipendente dalle beta-cellule (95) e l’autofagia muscolare (11).

selezione vacuolare 34 (hVps34) (96, 97), lafosforilazione sia di S6K1 che di 4E-BP1. Comeparte di questa cascata dell’mTOR, è statoindicato anche che l’IGF-1 attivi la traduzione e lasintesi proteica muscolare via tuberina/tuberosclerosi 2 (TSC2). La PKB lavora fosforilando laTSC2 nei siti di fosforilazione che sono diversi daisiti di fosforilazione dell’AMPK (53). È statosuggerito che questa via sia soppressa odisattivata dalla restrizione calorica attraversol’attivazione di AMPK e SIRT1, che avviene anchecon l’somministrazione della metformina (chemima la CR), e prevedibilmente condisattivazione della via insulina/PI3K (63). Aquanto ammonta il grado in cui l’obesità causiuna disregolazione di questa via non è chiaro. Èancora poco noto circa l’impatto di una dietaiperproteica ipocalorica su questa via.

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Considerazioni finali

I meccanismi alla base del mantenimento dellamassa muscolare seguendo una dietaiperproteica con CR che miri alla perdita di peso,sembrano coinvolgere un aumentato consumodi aminoacidi in particolare leucina, che stimolala sintesi proteica muscolare via la via disegnalazione dell’mTOR. Comunque, incontrasto con le osservazioni fatte su modellianimali, gli studi negli esseri umani non hannomostrato alterazioni nei livelli delle proteinedell’IRS-1, dell’mTOR o del p70S6K nella massamuscolare degli obesi e dei diabetici di tipo 2,paragonandoli a partecipanti magri della stessaetà, e che la CR può di fatti disattivare questavia. Dunque la stimolazione della via dell’mTORper aumentare la sintesi proteica non spiegacompletamente la ritenzione di FFM osservabilein studi con interventi di perdita di pesoeffettuati con diete iperproteiche. In questostudio viene proposto che il meccanismo chiavepuò coinvolgere la soppressione degli elementiregolatori dell’UPP nel muscolo scheletrico perevitare l’atrofia. Così come una riduzione nella

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evitare l’atrofia. Così come una riduzione nellaFFM sembra essere una complicazione che siassocia con la perdita di peso, capire imeccanismi alla base che si attivano in rispostaalla composizione dei macronutrienti puòaiutarci nel fornire informazioni dietetiche piùcomprensibili per i professionisti sanitari e lepersone per facilitare una perdita di pesosalutare ed il mantenimento del peso a lungotermine per il trattamento dell’obesità.

Bibliografia

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Le diete altamente ipocaloriche (VLCD): un veloce strumento permigliorare la funzionalità delle cellule β nei pazienti obesi condiabete di tipo 2.

a cura di Manuel Salvadori

Nei pazienti obesi con diabete di tipo 2, icambiamenti nello stile di vita volti a far loroperdere peso risultano nel miglioramento1 onella normalizzazione2 del glucosio plasmatico.Quest’effetto benefico sul controllo dellaglicemia è da ricondursi sia alla secrezioned’insulina che alla sensibilità insulinica3. Gli effettimetabolici della restrizione calorica (RC) di persé potrebbero, almeno in parte, essereindipendenti dalla riduzione di peso. Sia unmiglior controllo glicemico che una maggioresensibilità insulinica sono stati riportati inpazienti con perdita di peso del ~12% con unadieta di 400kcal al giorno, in confronto apersone che hanno ricevuto una dieta di 1000kcal al giorno che hanno perso lo stesso pesocorporeo (~12%)4. Inoltre, durante i primi 10giorni di una VLCD elaborata per 40 giorni, già si

Comunque, nessuno studio ufficiale è statoancora condotto sulla sensibilità delle cellule β alglucosio, e visto che il glucosio è stato datooralmente, altri fattori (ad esempio le incretine,la grelina) potrebbero essere stati coinvolti. Unostudio ha riportato un miglioramento nellariposta delle cellule β durante i clampsiperglicemici (escludendo i fattori dell’intestino)dopo otto settimane di VLCD e durante unperiodo di stabilizzazione del peso corporeo(quindi in assenza di segnale negativod’energia)8. Inoltre, secondo il design dellostudio, non è stata investigata la prima fase dirisposta di secrezione al glucosio.Recentemente, Lim ed altri9 hanno riportatoche, in pazienti con diabete di tipo 2, una VLCDha migliorato marcatamente il controllo delglucosio in pochi giorni e che un miglioramento

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giorni di una VLCD elaborata per 40 giorni, già siosservano i primi effetti sul controllo delglucosio sanguigno di pazienti diabetici di tipo 2,quando ancora il peso non era stato davverointaccato.2 Quando l’intake calorico è statoaumentato dopo la riduzione di peso, il glucosioplasmatico è aumentato, anche se non è statoriguadagnato peso2,4. Il meccanismo che spiegaquesti meccanismi causati da una dieta VLCD inpazienti con diabete di tipo 2 è stato spiegatosolo da pochi studi. La produzione epatica diglucosio risulta diminuita5 dopo 7 giorni di VLCD,così come risulta invece aumentato il livello dellaSI5,6. Uno studio seguente ha replicato gli stessirisultati sugli effetti di una VLCD a breve terminesulla produzione di glucosio epatico, ma non sulvalore di SI in tutto il corpo7.Per quanto riguarda la funzionalità delle celluleβ, studi precedenti hanno riportato unapparente miglioramento nella secrezionedell’insulina durante l’OGTT dopo una VLCD abreve termine5.

glucosio in pochi giorni e che un miglioramentosia del livello epatico di SI e della sensibilità dellecellule β al glucosio intravenoso siano imeccanismi principali coinvolti. Unprolungamento della VLCD per ulteriori ottosettimane ha portato ad un’apparenteremissione del diabete. Questo ed altri studi dimeccanismo sono stati sviluppati su pazienti conun BMI di circa 30-35 nei quali, in accordo con lelinee guida attuali10, la chirurgia bariatrica nondev’essere considerata come un’opzionepossibile. Nei pazienti con diabete di tipo 2 chesubiscono chirurgia bariatrica, miglioramenti delcontrollo glicemico e nella funzionalità dellecellule β sono rilevabili prima che avvenga unasignificativa perdita di peso; c’è inoltre la grandepossibilità che il bypass intestinale possa avereeffetti metabolici (ad esempio sulle cellule β) chesono indipendenti dall’efficacia sul peso,probabilmente coinvolgendo il meccanismodell’asse incretinico11. Inoltre, la remissione deidiabetici di tipo 2 dopo la chirurgia bariatricaarriva a percentuali del 70-80%12.

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Quindi, sarebbe importante sapere se neipazienti estremamente obesi con diabete di tipo2, che sono i maggiori candidati per la chirurgiabariatrica, una dieta VLCD a breve termine possasortire gli effetti simili a quelli sortiti su pazientimeno obesi.E’ stato interessante consultare uno studio in cuisi è voluto constatare se, nei pazienti moltoobesi diabetici di tipo-2, 7 giorni di VLCDinfluiscano sul controllo glicemico attraversocambiamenti sulle cellule β o su SI o entrambi.Lo studio aveva come campione quattordicipazienti con diabete di tipo 2 (7 uomini e 7donne) con età compresa tra 60.3 ± 3.02 condiabete che dura da 4.8 ± 1.68 anni. La diagnosidi diabete è stata stabilita in accordo con i criteridella American Diabetes Association (ADA)13. Icriteri d’inclusione sono stati i seguenti:trattamento o solo con dieta o con agenti oraliipoglicemici, obesità grave (BMI>40) e un buoncontrollo metabolico (HbA1c < 7,5%). Ipartecipanti sono stati esclusi qualora fosserotrattati con agonisti peptide-1 glucagone-simile,inibitori della dipeptil peptidase 4, insulina o cheavessero creatinina sierica > 150 μmol/L.

Tutti gli esami sono stati eseguiti dopo undigiuno notturno di 12 ore, mentre i soggettierano sdraiati a letto. In tutti i soggetti, duecateteri intravenosi sono stati inseriti sulla venaantecubitale e nella vena del polso perl’infusione delle sostanze e l’analisi del campionedi sangue arterioso, seguendo la tecnica hotbox19. Dopo un periodo di 60 minuti utile astabilire il livello basale (~60 fino a 0 min), èstato effettuato un clamp iperglicemico per isuccessivi 120 minuti18. Il glucosio plasmatico èstato misurato a letto ogni 2-5 minuti al bisogno,ed è stato clampato a +7,0 mmol/L (+126 mg/dl).In queste condizioni di costante iperglicemia, lanormale risposta delle cellule β è bifasica, con unpicco insulinico nei primi dieci minuti seguito daun rilascio monotonale18. Campioni di sangue peril glucosio, peptide-C ed insulina sono statiprelevati ogni 2,5 minuti a partire dal minuto 0 alminuto 15, ed ogni 15 minuti dal minuto 15 alminuto 120.La risposta insulinca in acuto (AIR) è statacalcolata come la media incrementale dellaconcentrazione plasmatica di insulina a 2.5, 5.0,7.5 e 10 minuti del clamp iperglicemico18,24. Il

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avessero creatinina sierica > 150 μmol/L.Una settimana prima dell’ammissione inospedale, tutti i medicinali ipoglicemici e gli anti-ipertensivi sono stati sospesi. Per assicurare lasalute dei pazienti, un campione di sangue per laroutine di biochimica è stato raccolto e controllisul profilo glicemico e la pressione del sanguesono stati effettuati ogni giorno.I partecipanti sono stati studiati alla partenzadello studio e poi dopo 7 giorni di restrizionecalorica (VLCD). La VLCD consisteva in una dietadi 400 kcal al giorno, la percentuale didistribuzione di lipidi, proteine e carboidrati èstata decisa sulla base degli Italian Standards ofCare14. I chetoni urinari (Aution Sticks, Arkray;Menarini Diagnostics) sono stati controllati ognimattina come markers di aderenza alla dieta.Il colesterolo plasmatico totale ed i triglicerici,assieme con l’HbA1c sono stati misurati all’iniziodello studio e alla fine del periodo di VLCD15,16.Sia all’inizio che alla fine della VLCD sono staticondotti degli studi iperglicemici di clampinsulinici su tutti i pazienti come sopradescritto18.

7.5 e 10 minuti del clamp iperglicemico . Ilparametro per la risposta insulinca dellaseconda fase (2ndIR) è stato calcolato come lamedia incrementale della concentrazioned’insulina tra il 60esimo ed il 120esimo minutodel clamp iperglicemico18. La disponibilità diglucosio durante il clamp è stata calcolata comela rata di glucosio esogeno infuso correttotramite i (piccoli) cambiamenti nel poolgenerale. (M value; in μmol · min−1 · m−2 BSA)18.La clearance metabolica del glucosio durante ilclamp è stata calcolata come il rapporto tra ilvalore M e la concentrazione prevalente diglucosio. 18 In queste condizioni sperimentali, laclearance metabolica di glucosio soddisfa irequisiti di una misurazione diretta sperimentaledella dispotition index (DI) della seconda fasedella secrezione insulinica (DI; mL · min−1 · m−2BSA)25. In ciò si ritrova l’utilizzo totale delglucosio promosso dalle cellule β alla stessaconcentrazione di glucosio ottenuta con lasperimentazione. Essa misura la capacità delcorpo di gestire un carico glicemico intravenoso,

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e riflette l’adeguatezza delle cellule β dicorreggere la secrezione insulinica e la clearanceinsulinica. La DI ha due vantaggi: 1) è unamisurazione sperimentale diretta, non ilprodotto di due divere correzioni sperimentali e2) a differenza di tutte le altre DI, non richiedeassunzioni riguardo relazioni matematiche checollegano sensibilità insulinica (SI) alla rispostasecretoria delle cellule β o alla concentrazioneinsulinica glucosio-mediata.25 La SI durante ilclamp iperglicemico è stato calcolato come ilrapporto della clearance metabolica del glucosiodiviso per la concentrazione insulinica mediaraggiunta tra il 60° ed il 120° minuto [SI; in (mL ·min−1 · m−2 BSA)/(pmol/L)] (25).I principali dati i del modello sono i seguenti:

1. Parametri della prima faseLa quantità totale dell’insulina secreta nellaprima fase (1stISR; in pmol/m2 BSA) e lasensibilità al glucosio della prima fasesecretiva (σ1), espressa come l’ammontaretotale di insulina secreta in risposta ad unaconcentrazione maggiore di glucosio di 1mmol/L nel primo minuto dello studio, in

I trigliceridi plasmatici (P= 0,0003) sonodiminuiti, ma non il colesterolo totale (P= 0,78),dopo la VLCD (Tabella 1).Il glucosio plasmatico a digiuno è diminuitosignificativamente (P = 0.044), mentre nessuncambiamento significativo è stato osservatosull’insulina a digiuno (P = 0.699) o sui livelli dipeptide-C a digiuno (P = 0,57). (Tabella 1).Durante il clamp iperglicemico, sia il valore M(disponibilità di glucosio) che la DI sonoaumentati significativamente dopo la VLCD (P =0.008 e P = 0.005 rispettivamente) (Figura 1), mala SI non è cambiata significativamente (P = 0,33)(Tabella 1).Riguardo i parametri della prima fase disecrezione insulinica, l’AIR è aumentatosignificativamente dopo la VLCD (P = 0,016)(Figura 2A). Nessun parametro derivato dalmodello di studio (ie. 1stISR o σ1) hannodimostrato cambiamenti significativi (P = 0,18 e P= 0,31, rispettivamente) (Tabella 1).Per quanto riguarda i parametri della secrezioneinsulinica di seconda fase, 2ndISR ha dimostratoun trend non significativo di aumento(P = 0,096)dopo la VLCD. Per i parametri derivati dal

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mmol/L nel primo minuto dello studio, in(pmol/m2 BSA)/(mmol/L· min−1).

2. Parametri della seconda faseLa quantità totale di insulina secreta durantela seconda fase (2ndISR; in pmol/m2 BSA) ela sensibilità al glucosio della seconda fasesecretiva (σ2) espressa come il costantelivello di secrezione insulinica durantel’incremento di un livello di glucosio rispettoalla base – 1mmol/L in (pmol · min−1· m−2BSA)/(mmol/L).

Alla fine, un’indice di clearance insulinica (in L ·min−1 · m−2 BSA) è stato calcolato come ilrapporto tra la media di secrezione insulinicadiviso per la media della concentrazioneinsulinica durante il clamp iperglicemico.Dopo la VLCD, la perdita di peso è stata di 3.22 ±0.56kg, di cui stimata 3.58 ± 0.60 kg (P =0.0000045), di cui il 42% grasso corporeo. Sia ilBMI che la circonferenza vita sono diminuitesignificativamente (P=0,001 per entrambe) –Tabella.1.

dopo la VLCD. Per i parametri derivati dalmodello, invece, 2ndISR è aumentatosignificativamente (P = 0,014) (Figura 2B) e σ2 hadimostrato un trend non significativo versol’aumento dopo la VLCD (P 0 0,068). L’indice diclearance insulinica non è cambiatosignificativamente (P = 0,39) dopo la VLCD(Tabella 1).

Discussione

Il maggiore risultato dello studio preso inesame, è il miglioramento della DI in diabeticigravemente obesi dopo una settimana dibilancio energetico negativo. Questo eventopotrebbe essere dovuto, in via teorica, ad uno opiù dei tre cambiamenti: 1) funzionalitàmigliorata delle cellule β, 2) l’aumento di SI e 3)la diminuita clearance insulinica. Abbiamorilevato un miglioramento della funzionalità dellecellule β dopo la VLCD, laddove i cambiamenti inSI e nella clearance dell’insulina sono statiminimali.

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Tabella.1 - Effetti di una VLCD sulle variabili metaboliche ed antropometriche.

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Figura 1.Effetti di una VLCD sul Disposition Index(DI)Sono rappresentati i dati individuali dei 14pazienti e i valori netti.BSA= Body Surface Area.VLCD = Very Low Calorie Diet.

Figura 2.Valori Medi (±SEM) AIR (A) e 2ndISR (B) in risposta aduna VLCD. N = 14 in entrambi i pannelli. AIR, rispostainsulina acuta; VLCD, Very Low-Calorie Diet; 2ndISR,tasso di secrezione insulinica nella seconda fase, ie,quantità totale di insulina rilasciata durante la secondafase.

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La VLCD ha causato una drastica diminuzione delpeso, della massa grassa e dei trigliceridi.Tuttavia, la SI non è stata toccata, in contrastocol miglioramento della SI epatica riportata daLim et al9. La differenza nei soggetti di studio(gravemente obesi contro obesi/sovrappeso),nel design sperimentale (clamp iperglicemicicontro clamp isoglicemico insulinici) e nel ruologiocato dalla tossicità del glucosio28 potrebberospiegare quest’apparente discrepanza.9

Nello studio proposto, si è esplorato la rispostadi secrezione della prima e della seconda fase siacon indici tradizionali che con parametri derivatisperimentalmente; questi ultimi hanno misuratola secrezione insulinica, non la concentrazione, ela sensibilità delle cellule β al glucosio,indipendentemente dai cambiamenti nellaclearance insulinica. Anche se dei risultatistatisticamente significativi sono stati raggiuntisolo per AIR e 2ndISR, lo scenario generale èvalido per miglioramenti sia nella prima che nellaseconda fase, per una VLCD durata solo 7 giorni.In contrasto con ciò, non sono stati rilevatieffetti sull’insulina a digiuno, come evidenziatodalle misurazioni della concentrazione di insulina

Riguardo i meccanismi che argomentano laremissione del diabete di tipo 212 dopo lachirurgia bariatrica, il ruolo potenziale giocatodall’improvviso bilancio negativo di energia hariguadagnato recente attenzione29,30. Dati moltorecenti supportano l’ipotesi che la restrizionecalorica sia una mediatrice di miglioramentimetabolici immediatamente successivi, inparticolare dopo l’intervento Roux ad Y31,attraverso una migliorata SI epatica conconseguente riduzione di glucosio epatico,almeno nei pazienti diabetici. I dati di questostudio supportano l’idea che la chirurgiabariatrica possa migliorare la funzionalità dellecellule β nei pazienti con diabete di tipo 2,inducendo il bilancio d’energia negativo.Riassumendo, è stato verificato che larestrizione calorica a breve termine di per sémigliora il controllo glicemico e la funzionalitàdelle cellule β in pazienti obesi con diabete ditipo 2, cioè una classe di potenziali candidati perla chirurgia bariatrica. Ulteriori ricercheesploranti il campo del ruolo benefico dellarestrizione calorica dopo procedure di chirurgiabariatrica sono ancora necessarie.

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dalle misurazioni della concentrazione di insulinae peptide-C prima del clalmp iperglicemico.Nei pazienti con diabete di tipo 2, diversimeccanismi potrebbero essere stati coinvolti nelmiglioramento della funzionalità delle cellule β,includendo – ma non solo – la terapiaconcomitante, la minore variazione di glucosio eil valore minore di glucosio netto ingerito.Comunque, l’attenta selezione effettuata suipazienti permette di escludere questi fattori(tossicità del glucosio, variabilità glicemica etrattamento) sui cambiamenti metaboliciosservati poiché, in questo studio sono staticompresi solo pazienti diabetici estremamenteobesi con buon controllo glicemico, trattati solocon dieta o con ipoglicemizzanti orali (sospesiall’inizio della VLCD).In generale, i risultati sono in accordo con quelliottenuti dallo studio di Lim et. Al, ottenuti inpazienti con BMI di circa ~30, nei qualil’importante miglioramento nel controllo delglucosio causato dalla VLCD è stato dovutoprincipalmente a miglioramenti importanti nellafunzionalità delle cellule β e nel SI epatico, senzaevidenze riguardo al SI periferico.

bariatrica sono ancora necessarie.

Bibliografia

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Consumo di uova intere migliora il profili lipoproteico e lasensibilità all'insulina in soggetti con sindrome metabolica

a cura di Letizia Antonia D’Alessandro

L’assunzione giornaliera di uova in un regimelow-carb potrebbe portare ad un’alterazione delmetabolismo lipoproteico, del profilo dellelipoproteine aterogeniche e a insulino resistenzain uomini e donne con sindrome metabolica(MetS).Per analizzare tale ipotesi è stato effettuato unostudio randomizzato in singolo cieco. Ipartecipanti hanno consumato 3 uva intere algiorno o il loro equivalente di un sostitutotuorlo-privo. Il regime alimentare seguito per 12settimane dai partecipanti era di tipo low-carb(25-30% delle calorie totali). I partecipanti (n = 37)erano di mezza età (51,9 ± 7,7 y) e con un BMImedio di 30.4 ± 5.5 kg/m2 nel gruppo che haconsumato uova intere e di 30.6 ± 5.1 kg/m2 incoloro che hanno consumato il sostituto. Circa2/3 dei partecipanti che ha completato lo studioera di sesso femminile sia nell’ EGG (7 maschi, 13gruppi femminili) che nel SUB (5 maschi, 12

In definitiva si può affermare che inserendo l’usomoderato di uova intere in un regime alimentarerestrittivo in carboidrati si ottiene unmiglioramento del profilo delle lipoproteineaterogeniche e della resistenza insulinica neisoggetti con sindrome metabolica.

La sindrome metabolica (MetS) è caratterizzatada una costellazione di fattori di rischio sia per ildiabete di tipo 2 che per le patologiecardiovascolari (CVD). Un importante contributoall'elevato rischio di sviluppo di CVD osservatonella MET è la dislipidemia aterogenica associataa questa condizione, di cui le cause primariesono l’insulino-resistenza e l’adipositàviscerale[1]. La dislipidemia aterogenica ècaratterizzata da uno specifico profilolipoproteico in cui si ritrovano bassi livelliplasmatici di colesterolo HDL (HDL-C), elevatitrigliceridi a digliuno(TG), e una predominanza di

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gruppi femminili) che nel SUB (5 maschi, 12femmine).All’inizio e dopo 12 settimane sono stati valutati:

lipidi plasmatici, apo, oxLDL, CEPT, LCAT. Leconcentrazioni di particelle di lipoproteine e ledimensioni sono state misurate mediantespettroscopia di risonanza magnetica nucleare.Al termine dello studio si è potuto osservare unmiglioramento della dislipidemia aterogenica intutti gli individui, come evidenziato dallariduzione nel plasma di trigliceridi, apoC-III, apoE,oxLDL, del diametro delle particelle VLDL,grandi VDL, IDL totali, LDL piccole e medie (p<0.05). Inoltre, ci sono stati aumenti dei livelli dicolesterolo HDL, grandi HDL e LDL (P <0.05) intutti gli individui. Tuttavia l’aumento delle grandiHDL e del colesterolo HDL, e la riduzione delleVLDL totali e delle piccole VLDL è risultatomaggiore negli individui che hanno consumatouova intere rispetto a coloro che hannoconsumato i sostituti tuorlo-privi (P < 0.05). Si èevidenziata una riduzione dell’insulinaplasmatica e della resistenza all’insulina mentrel’attività dell’LCAT e il diametro di HDL ed LDLsono aumentati nel tempo solo nel gruppo cheha consumato uova intere (P <0,05).

trigliceridi a digliuno(TG), e una predominanza diparticelle LDL piccole e dense [2]. Le piccole LDLsono particolarmente suscettibili all'ossidazionee alla ritenzione sottoendoteliale [2], e lasindrome metabolica è spesso associata a elevatilivelli plasmatici di LDL ossidate (oxLDL) [3].Inoltre nella sindrome metabolica sono evidentialterazioni nelle particelle HDL, con riduzionidell’HDL-C riferito a un aumento percentuale dipiccoli HDL rispetto ai grandi HDL[4].

Abbreviazioni: Apo, apolipoproteina; CETP, proteina ditrasferimento plasmatico degli esteri del colesterolo;CHD, malattia coronarica, CRD, dieta povera incarboidrati; CVD, malattie cardiovascolari; EGG, gruppoche a consumato 3 uova al giorno; HDL-C, colesteroloHDL; LCAT, lecitina-colesterolo aciltransferasi; LDL-C,colesterolo LDL; LPL, lipoproteina lipasi; MetS,sindrome metabolica; NCEP: ATP III, NationalCholesterol Education Program Adult Treatment PanelIII; NMR, risonanza magnetica nucleare; oxLDL, LDLossidate; SUB, gruppo che ha consumato il sostitutod'uovo privo di tuorlo; TC, colesterolo totale; TG,trigliceridi.

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Ci sono prove che le piccole particelle di HDL, lequali sono predominanti nella Mets, sianofunzionalmente difettose e più suscettibili dicatabolismo [5]. Inoltre nei pazienti con CDV siosserva una percentuale maggiore di piccoleHDL [6].Di contro, le grandi HDL sono associate al rischiocardiovascolare in maniera inversamenteproporzionale [6,7]. Inoltre, la sindromemetabolica è spesso associata ad un aumentodelle grandi sottoclassi di VLDL galleggianticome risultato della resistenza all'insulina [8]. Lasovrapproduzione epatica di grandi VLDL è unimportante contributo alla comparsa di altreanomalie lipoproteiche della MET [8]. Cometrattamento di prima linea per la sindromemetabolica sono consigliate strategie alimentarivolte alla perdita di peso. Una strategia dieteticain cui è prevista la restrizione dei carboidrati èparticolarmente efficace per la perdita di peso eper migliorare la dislipidemia aterogenica [10].L’assunzione di carboidrati nel contesto dellaresistenza all'insulina è stato dimostrato cheinduce la lipogenesi de novo e può direzionare ilmetabolismo preferenzialmente alla produzione

In qualche maniera, al contrario di quanto sipotrebbe pensare si ipotizza che il consumo diuova intere possa promuovere lo shift tralipoproteine più aterogeniche in un contesto diinsulinoresistenza e diabete di II tipo, e questo potrebbespiegare i risultati osservati da una ricerca checollegavano uova e rischio CDV in questi soggetti[15]. Lo studio descritto di seguito sopperiscealla mancanza di interventi clinici esaminanti glieffetti del consumo di uova intere sullesottoclassi di lipoproteine in soggetti consindrome metabolica. In tale intervento si èipotizzato che la restrizioni dei carboidratiavrebbe avuto effetti favorevoli su lipoproteine,apolipoproteine e oxLDL in tutti i partecipanti.Inoltre, i partecipanti che consumavano 3 uovaintere al giorno hanno ottenuto maggiorimiglioramenti complessivi nelle concentrazionidelle particelle lipoproteiche, nella dimensionedelle particelle, e nell'attività dell'LCAT rispettoai partecipanti che hanno consumato le uovasenza tuorlo.

Descrizione dell’indagine

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metabolismo preferenzialmente alla produzionedi VLDL ricche in TG [11]. Conseguentemente, larestrizione dei carboidrati nei soggetti con Metsè associata a un miglioramento globale delladislipidemia aterogenica, comprese riduzioniplasmatiche di TG, grandi VLDL, e piccolesottoclassi di LDL con aumento delle grandi HLD.Un'altra strategia dietetica compatibile con lalimitazione dei carboidrati che è stata associata amiglioramenti nelle caratteristiche delleparticelle lipoproteiche è il consumo giornalierodi uova. Nella popolazione sana, l'assunzionegiornaliera di uova sposta la percentuale dellepiccole LDL e HDL verso le loro sottoclassi piùgrandi [12]. Inoltre, l'assunzione giornaliera diuova è stato dimostrato possa aumentarel’attività della lecitina-colesterolo aciltransferasi(LCAT), la quale potenzialmente migliora iltrasporto inverso del colesterolo [13,14]. Così,l’inserimento delle uova nell’alimentazionequotidiana in un regime low-carb può fornirebenefici aggiuntivi per la dislipidemiaaterogenica tipica delle Mets.

Descrizione dell’indagine

Quaranta uomini e donne di età compresa tra 30-70 anni affetti da Sindrome metabolica sonostati reclutati e arruolati in un interventodietetico di 12 settimane.I criteri di esclusione includevano il diabete auto-riferito, disturbi coronarici e cardiaci, ictus,problemi renali, malattie del fegato, cancro,gravidanza in corso o allattamento, e allergia alleuova.Tutti i partecipanti hanno dovuto seguire unadieta moderatamente ristretta in carboidrati(CRD) per 12 settimane (25% -30% dell’energia dacarboidrati, 25% -30% da proteine, e il 45% -50% dagrassi). La dieta era ad libitum e non c'eranoraccomandazioni o restrizioni specifiche nellaquantità calorica. Studenti laureati qualificatihanno dato ai partecipanti delle linee guidadietetiche complete e istruzioni su come seguireun CRD. In aggiunta al CRD, i partecipanti sonostati randomizzati in due gruppi a cui è statochiesto di consumare o 3 uova al giorno (EGG), ol'equivalente quantità in uova senza tuorlo(SUB) per l’intero periodo delle 12 settimane distudio.

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Ogni dose giornaliera (1/2 tazza) di uovaconteneva circa 534 mg colesterolo, 0 g dicarboidrati, 16 g di proteine, 12 g di grassi, edequivaleva a 186 kcal. Una porzione giornalieradel sostituto tuorlo-privo conteneva circa 2 g dicarboidrati, 14 g proteine, pari a 60 kcal. Iprodotti a base di uova sono stati datisottoforma di liquido ed erano uguali sia inconsistenza e colore. I partecipanti eranoinconsapevoli del gruppo di assegnazione e gliovoprodotti sono stati dati bisettimanalmente. Ipartecipanti sono stati invitati a evitare dimangiare uova oltre a quelle assegnate dallostudio. La conformità è stata monitoratamediante l'uso di questionari settimanali e dellaraccolta di contenitori svuotati. Ai partecipanti èstato chiesto di mantenere la loro normaleattività fisica, i farmaci, e gli integratori dieteticiutilizzati prima dell’ inizio dello studio di 12settimane. Un totale di 37 partecipanti (n = 37)ha completato le 12 settimane di studio (25donne e 12 uomini) e i loro dati sono statiutilizzati per le analisi successive.I partecipanti hanno riportato l’assunzione dialimenti per 5 giorni alla sesta e dodicesimasettimana del periodo di studio. Ogni

Le ampiezze di segnale MNR delle sottoclassilipoproteiche sono direttamente proporzionalialle concentrazioni di particelle. La mediaponderata dei diametri lipoproteici è statacalcolata sulla base della concentrazione e deldiametro delle sottoclassi di lipoproteine.Anche se non sono state date specifiche linee

guida o restrizioni caloriche, c’è stata unariduzione del 24% dell’introito calorico in tutti ipartecipanti dall’inizio dell’indagine sino alladodicesima settimana senza differenze tra i duegruppi. Conformemente alla dietamoderatamente low-carb, vi sono state riduzioninel tempo sia per la percentuale di assunzione dienergia proveniente dacarboidrati (40,9 ± 7,4 vs28,3 ± 9,5%, p <0,0001) che per il totale quantitàdi carboidrati consumati al giorno (211,9 ± 51,8 vs114,5 ± 55,0 g / d, P <0.0001) per tutti ipartecipanti. L’assunzione di grassi totali (90,7 ±24,7 vs 81,6 ± 31,4 g / d) e l'assunzione totale diproteine (86,4 ± 22,6 vs 88,2 ± 28,4 gr / d) non ècambiata rispetto al basale in entrambi i gruppi.L'assunzione di energia totale da grassi èaumentata dal 38,6% ± 6,4% al 45,7% ± 7,4% (p<0,0001), mentre l'assunzione di energia daproteine aumentata dal 17,3% ± 3,0% al 23,9% ±

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settimana del periodo di studio. Ogniregistrazione di 5 giorni consisteva di 3 giornisettimanali e 2 festivi.Sono stati eseguiti prelievi a digiuno suipartecipanti dopo 12 ore di digiuno all’inizio dellostudio e alla dodicesima settimana.Il colesterolo plasmatico totale a digiuno (TC), ilcolesterolo HDL (HDL-C), l’insulina plasmatica e itrigliceridi (TG) sono stati determinati all’inizio ealla settimana 12.L’insulina plasmatica è stata misurata a digiunoutilizzando l’equazione del Homeostasis ModelAssessment (HOMA-IR) per stimare la resistenzainsulinica basale sull’insulina plasmatica e sullemisurazioni di glucosio nel plasma [17]. Leconcentrazioni delle particelle VLDL, IDL, LDL,HDL i loro diametri medi sono stati quantificatiutilizzando la risonanza magnetica nucleare(NMR) al basale e alla settimana 12. L’NMR puòquantificare contemporaneamente frazionilipoproteiche >30 che sono raggruppate in 10sottoclassi in base al diametro: grandi VLDL (>60 nm), medie VLDL (35-60 nm), piccole VLDL(27-35 nm), IDL (23-27 nm), grandi LDL (21,2-23nm), medie di LDL (19,8-21,2 nm), piccole LDL (18-19,8 nm), grandi HDL (8,8-13 nm), HDL medie(8,2-8,8 nm) e piccole HDL (7,3- 8.2 nm).

proteine aumentata dal 17,3% ± 3,0% al 23,9% ±4,1% (P <0.0001). Alla settimana12, ci sono state differenze significative tra igruppi per l’assunzione di colesterolo e di colinadalla dieta (EGG vs SUB, P <0.0001). Il gruppoEGG ha aumentato l’assunzione di colesterolodel 106% rispetto il basale (359,9 ± 177,7 vs 740,8± 139,7 mg / die, p <0,0001), mentre il gruppoSUB l’ha diminuita del 38% rispetto al basale(344.9 ± 133.1 vs 213.4 ± 83,3 mg / die, p <0.01). Ilgruppo EGG aumentato apporto di colina del 52%rispetto al basale (332.1 ± 127.4 vs 505.5 ± 113.3, p<0,0001), mentre il gruppo SUB l’ha diminuita del29% rispetto al basale (350.1 ± 90.3 vs 247.8 ±99.9 mg / die, p <0.01).Dopo 12 settimane, c'è stata una perdita di pesodel 4% rispetto al basale sia per il gruppo EGG(87,3 ± 20,2vs 83,7 ± 20,5 kg, P <0.0001) che per ilgruppo SUB (85,6 ± 16,2 vs 82,2 ± 14,9 kg, P<0.0001). I livelli di colesterolo totale del plasma(TC) e di LDL-C sono rimasti invariati dopo 12settimane, indipendentemente dal gruppo (P>0,1) (Tabella 1). Il TC e l’ LDL-C plasmatici nonsono variati nel tempo per il gruppo EGGnonostante la supplementazione alimentarefornita dal tuorlo d’uovo.

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Di contro, l'intervento dietetico hasignificativamente migliorato i marcatori delladislipidemia aterogenica associataalla sindrome metabolica (Tabella 1). L’ HDL-Cplasmatico (P <0.0001) è aumentato del 13,6%,mentre i TG plasmatici (p <0,0001) si sono ridottidel 24,0% in tutti i partecipanti.Conseguentemente, il rapporto TG / HDL-C èdiminuito in modo significativo dal basale allasettimana 12 sia per il Gruppo EGG (3.2 ± 2.1 vs 1.9± 1.4, p <0,0001) che nel gruppo SUB (3,4 ± 2,6 vs2,4 ± 1,5, p <0,05). Il gruppo EGG ha avuto unarisposta HDLC più grande rispetto al gruppoSUB, mostrando un incremento percentualemaggiore per il gruppo EGG (19,1%) rispetto al ilgruppo SUB (9,9%) (P <0.05). Il rapporto LDL-C/HDL-C, un marcatore comunemente usato perevidenziare il rischio aterosclerosi, è miglioratoin tutti i partecipanti per lo più a causadell’aumento di colesterolo HDL-C (Tabella 1). Ilrapporto LDL-C/HDL-C è diminuito del 9,5% nelgruppo SUB e del 13,5% nel gruppo EGG rispetto

al basale. Interessante notare che solo ipartecipanti al gruppo EGG hanno avuto unasignificativa diminuzione nel rapporto LDL-C/HDL-C (P <0,01). Non ci sono stati effettisignificativi dell'intervento sul glucosioplasmatico a digiuno (dati non mostrati). Alcontrario, l'insulina plasmatica e l’HOMA-IR sonodiminuiti in tutti i partecipanti (Tabella 1).Se analizzati separatamente, i partecipanti delgruppo EGG hanno avuto riduzioni significativedi insulina plasmatica (P <0.05) e di HOMA-IR (P<0.05), mentre non sono stati osservatisignificativi cambiamenti nel gruppo SUB. Comemostrato in fig. 1A, la dimensione delle particellemedie VLDL (diametro) è diminuita in modosignificativo per entrambi i sottogruppi. Non cisono state significative differenze nellevariazioni di diametro delle VLDL tra i duegruppi. Per tutti i partecipanti, i cambiamenti delTG plasmatico sono stati positivamente associatia cambiamenti nella dimensione VLDL (r = 0.625,

Tabella 1 – lipidi plasmatici, insulina e insulino resistenza determinata mediante HOMA nei partecipanti al basale, alla settimana 6 e alla 12 dell’intervento dietetico.

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partecipanti al basale, alla settimana 6 e alla 12 dell’intervento dietetico.

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P<0,001) (Fig. 1B). A differenza della dimensionedelle VLDL, la dimensione media delle particelledi LDL è significativamente aumentata dal basalealla settimana 12 solo per il gruppo EGG (Fig. 1C).Per tutti i partecipanti, i cambiamenti nelrapporto TG / HDL-C nel plasma alla 12°settimana sono stati inversamente associati alcambiamento nelle dimensioni delle LDL (r = -0,371, p <0.025) (Fig. 1D).La dimensione media delle particelle HDL èaumentata significativamente solo per il gruppoEGG (Fig. 2A)(EGG: 0,22 ± 0,30 vs SUB: 0,05 ±0,22 nm, P<0,05).Per tutti i partecipanti, i cambiamenti nelledimensioni delle HDL erano positivamenteassociati a cambiamenti nella HDL-C (r = 0.623,P<0,001) (Fig. 2B).Il gruppo EGG ha ottenuto significative maggiori

diminuzioni nelle VLDL totali rispetto al gruppoSUB (P <0,05) (Tabella 2). Le VLDL totali e lemedie VLDL sono diminuite nel gruppo EGGrispettivamente del 19,2% e 31,1% (P <0.05).(Tabella 2). Le VLDL totali e medie sono

diminuite nel gruppo EGG rispettivamente del19,2% e 31,1% (P <0.05). Nel gruppo SUB, invece,le VLDL totali sono diminuite solo del 0,4% eleVLDL medie sono aumentate del 15,5%. Pertutti i partecipanti c’è stata una riduzione del47,2% delle grandi VLDL (p <0,001) e del 32,1%delle IDL (P <0.05). Dopo le 12 settimane distudio ci sono stati cambiamenti significativinella concentrazione totale di particelle LDL inentrambi i gruppi (Tabella 3). Inoltre ci sono staticambiamenti significativi nelle specifichesottoclassi di LDL, con aumento delle grandi LDL(P <0,01), e diminuzione delle LDL medie (p<0.05) e piccole (p <0,05) in tutti i partecipanti.Le grandi LDL sono aumentate del 22,7% per ilgruppo EGG e dell’11,1% per il SUB. LDL medie epiccole sono diminuite nel gruppo EGGrispettivamente del 23,6% e del 22,0% , mentrenel gruppo SUB le riduzioni osservate sono staterispettivamente del 5,3% e del 7,3%. Comemostrato in Tabella 3, alla settimana 12 le oxLDLplasmatiche sono diminuite del 6,8% rispetto albasale in tutti i partecipanti (P <0,05).

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Figura 1 - (A) Variazioni delle dimensioni delle particelle VLDL (diametro) dal basale alla settimana 12 . I valori sonomedie ± SEM. * Indica differenze significative rispetto al basale a P <0,05. (B) Correlazione di Pearson tra levariazioni di TG plasmatici e le dimensioni delle particelle VLDL dal basale alla settimana 12.(C) Variazioni delle dimensioni delle particelle di LDL (diametro) dal basale alla settimana 12. I valori sono medie ±SEM. * Indica differenze significative rispetto al basale a P <0,01.(D) Correlazione di Pearson tra le variazioni di TG / HDL-C plasmatici e le variazioni delle dimensioni delle LDL dalbasale alla settimana 12.

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Figura 2 – (A) Variazioni nella dimensione (diametro) delle HDL dal basale alla settimana 12. I valori sono medie ± SEM. * Indica differenze significative rispetto al basale a P <0,01.(B) Correlazione di Pearson tra le modifiche di HDL-C e cambiamenti nella dimensione delle HDL dal basale alla settimana 12.

Tale riduzione è stata associata ad unariduzione dei livelli di LDL-C (r = 0.558,P <0.001), e delle medie e piccole LDL (r =0,358, p <0.05) (Fig. 3A).Rispetto al basale, non ci sono staticambiamenti significativi nellaconcentrazione di HDL totali in entrambi igruppi (Tabella 4). Tuttavia sono aumentatele grandi HDL del 30,4% nel gruppo EGG (P<0.01) e del 10,3% nel gruppo SUB (P <0.05).Per quanto riguarda le altre sottoclassi diHDL, le medie HDL sono diminuite del 38,8%per tutti i partecipanti (P <0,01), mentre nonvi sono state variazioni nel numero dellepiccole HDL per entrambi i gruppi. L’attivitàdell'LCAT plasmatico è significativamente

aumentata alla settimana 12 nel gruppo EGG(P <0,05), mentre non è cambiata per ilgruppo SUB (fig. 3B).L’ attività del CETP plasmatico non è variatain entrambi i gruppi (P> 0,5, dati nonriportati).Le concentrazioni plasmatiche delleapolipoproteine al basale e alla settimana 12sono esposte nella tabella 5. Per entrambi igruppi non ci sono stati cambiamentisignificativi nella apoA-I plasmatica. Alcontrario, l’apoA-II plasmatica è diminuitanel corso del tempo per tutti i partecipanti(P <0,05), senza differenze tra i gruppi.L’ apoB plasmatica è rimasta invariata in entrambi i gruppi .

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Tabella 2 – Numero di IDL, VLDL, grandi, medie e piccole VLDL in tutti i partecipanti al basale e alla settimana 12 dell’intervento dietetico.

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Tabella 3 – Numero di LDL totali, grandi, piccole e medie LDL ed LDL plasmatiche ossidate in tutti i partecipanti al basale e dopo 12 settimane di intervento dietetico.

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Figura 3 – (A) Correlazione di Pearson tra i cambiamenti del numero delle piccole e medie LDL e icambiamenti nelle oxLDL dal basale alla settimana 12. (B) Cambiamenti nell’attività dell’LCAT dal basale allasettimana 12 in entrambi i gruppi. . I valori sono medie ± SEM. * Indica differenze significative rispetto albasale a P <0,05.

Tuttavia, le riduzioni delle apoB sono state grandi particelle HDL in tutti i partecipanti,

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Tuttavia, le riduzioni delle apoB sono stateassociate alla riduzione delle VLDL totali (r =0,519, p <0,01), delle LDL totali (r = 0,458, p<0,01), e delle oxLDL (r = 0,353, p <0,05). Leconcentrazioni plasmatiche di apoC-II, apoC-III,e apoE sono diminuite significativamente intutti i partecipanti (P <0,05).I principali risultati riportati in questo studiohanno evidenziato che sia la moderatarestrizione dei carboidrati che l'assunzione diuova intere erano in grado di migliorare ladislipidemia aterogenica e l’insulino-resistenzain uomini e donne affetti da sindromemetabolica. La restrizione glucidica e la perditadi peso hanno comportato riduzioni dei TGplasmatici, l’aumento del C-HDL, emiglioramenti nella distribuzione dellesottoclassi delle lipoproteine .Tutti i partecipanti hanno avuto riduzioni nelladimensione delle VLDL, delle sottoclassi dilipoproteine aterogeniche (piccole LDL, grandiVLDL, IDL), e delle oxLDL.Inoltre, ci sono stati aumenti del numero di

grandi particelle HDL in tutti i partecipanti,indicativo di un più sano fenotipo HDL.Inoltre, coloro che hanno consumato uovaintere hanno avuto ulteriori miglioramentinel metabolismo delle lipoproteine , tra cuiaumento del diametro di HDL ed LDL,maggiori riduzioni nelle VLDL totali e medieVLDL, e maggiori aumenti delle grandi HDL,del colesterolo HDL-C, e dell’attivitàdell’LCAT rispetto al gruppo SUB.Le relazioni tra le misure standard dei lipidisanguigni, come l’C-LDL e l’HDL-C, e il CVDsono ben definite.Tuttavia, nonostante la loro importanzanella predizione della malattia, individui convalori di lipidi ematici simili spesso possonoavere rischi per CDV molto diversi [18].In queste circostanze è riciesto l’utilizzo ditest avanzati lipoproteici [19].L'analisi NMR consente la caratterizzazionedelle sottoclassi lipoproteiche eterogeneeche possono differire nella loroaterogenicità,

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offrendo, così, uno strumento per identificare ilreale rischio cardiovascolare tra individui convalori simili di lipidi ematici.Le diverse sottoclassi lipoproteiche misuratemediante analisi NMR, hanno dimostrato esseremarcatori di gravità della malattiacardiovascolare [18], e hanno capacità predittivadel rischio di CVD [6,7,20,21] e del rischio didiabete di tipo 2 [22,23]. Queste associazionisono spesso indipendenti dagli altri comunifattori di rischio, quali l'età e le misurazionistandard dei lipidi sanguigni. In linea con i notieffetti dei carboidrati sulla regolazione dellaproduzione di VLDL-TG [10], si sono avuteriduzioni dei TG plasmatici, del diametro delleparticelle VLDL e del numero delle grandi VLDLin tutti i partecipanti.Inoltre, sono state osservate riduzioni delleapolipoproteine plasmatiche (C-III ed E)associate alle grandi VLDL-TG ricche.ApoC-III e apoE sono note per la capacità diridurre l’ idrolisi e il catabolismo delle VLDL-TGinibendo l’ attività LPL [24,25]. Si sono inoltreosservate maggiori diminuzioni delle VLDL totalie VLDL medie nel gruppo EGG rispetto al gruppoSUB. Il numero delle VLDL tot e delle medie

associato con l’incidenza di CVD [6] e didiabete di tipo 2 [23]. Le ulteriori riduzioni diVLDL osservate nel gruppo EGG, possonoessere legate alla riduzione della produzioneepatica di VLDL, risultante dai miglioramentidell’insulinemia e dell’ HOMA-IR osservati altermine dello studio.La dislipidemia aterogenica del Mets è guidatadalla sovrapproduzione di grandi VLDL TG-ricche, conseguenza della resistenza insulinicaepatica [8]. Quest’ultima aumenta sia ilsubstrato lipidico che la disponibilità di apoBper il montaggio delle VLDL [8]. Le piccole emedie LDL sono significativamente diminuitein tutti i partecipanti . Inoltre, c’è stato unconcomitante aumento nelle grandi LDL(meno aterogeniche). Al contrario delle piccoleLDL, le LDL più grandi non sono generalmenteassociate a un rischio cardiovascolare [6].Inoltre, si è osservato un aumento significativodella dimensione delle particelle LDL nelgruppo EGG. E’ stato già dimostrato comeun’alimentazione che prevede l’uso giornalierodi uova possa determinare l’incremento dellegrandi sottoclassi di LDL e del diametro LDL,misurato mediante gel elettroforesi [26] e

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SUB. Il numero delle VLDL tot e delle medieVLDL è stato dimostrato essere positivamente

misurato mediante gel elettroforesi [26] emetodi NMR [13].

Tabella 4 – Numero di HDL totali, grandi, medie e piccole HDL in tutti i partecipanti al basale e dopo 12 settimane di intervento dietetico.

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Tabella 5 – Apolipoproteine plasmatiche nei partecipanti al basale e alla dodicesima settimana di intervento dietetico.

Più elevate concentrazioni plasmatiche di LDLsono correlate al’incidenza di CVD [6]. Lepiccole LDL sono state correlate con bassi

È importante sottolineare che questicambiamenti nella dimensione LDL e dellesottoclassi si sono verificati

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piccole LDL sono state correlate con bassilivelli di HDL-C ed elevati TG plasmatici checostituiscono le principali alterazioni dellelipoproteine nella dislipidemia aterogenicaosservata nella sindrome metabolica [4]. Leriduzioni delle piccole LDL osservate inquesto studio sono conformi al parallelomiglioramento dell’ HDL-C, dei TG, e delrapporto TG/HDL-C (utilizzato comemarcatore di resistenza insulinica) [27].Le piccole LDL sono particolarmenteaterogeniche, a causa del maggiore tempo dipermanenza e alla maggiore suscettibilità perl’ossidazione e la ritenzione sottoendoteliale[2]. Conseguentemente si sono osservateriduzioni delle oxLDL in tutti i partecipanti, equesto è associato alla riduzione sia dellepiccole che delle medie LDL [6].I livelli plasmatici di apoB sono rimastiinalterati, in accordo con la mancanza dieffetti sul numero totale di LDL checontribuiscono al 90% del totale di apoBplasmatico [28]. I maggiori cambiamentiosservati nel gruppo EGG sono statil’aumento delle grandi LDL e la diminuzionedelle sottoclassi di LDL più piccole.

sottoclassi si sono verificatiindipendentemente da eventuali variazionidelle LDL-C.Ci sono stati maggiori miglioramentisignificativi sia nella dimensione delle HDL chenel numero delle grandi HDL nel gruppo EGGrispetto al SUB. Inoltre, tali aumenti sono statifortemente correlati all’aumento di HDL-Cplasmatico, in linea con altri studi NMR [6,20].Sono stati evidenziati negli uomini insovrappeso miglioramenti simili nellecaratteristiche delle particelle HDL conl'assunzione giornaliera di uova intere[13].Le particelle di HDL si differenziano perdimensioni, densità e carica a causa delledifferenze di composizione (proteine econtenuto lipidico) [29]. Le piccole HDL, piùdense, sono considerate meno ateroprotettivedelle sottoclassi più grandi, e di solito sonoindicative di un fenotipo caratterizzato dadislipidemia aterogenica [7]. Dimensione delleparticelle HDL misurata mediante NMR èrisultata essere significativamente più piccolanei pazienti affetti da malattia coronarica(CHD) rispetto al controllo [7]. Inoltre, legrandi HDL sono protettive rispetto ai CVD,

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mentre HDL piccole sono associate alla patologiacardiovascolare [6,18]. Alcune analisi non hannotrovato alcuna associazione tra la dimensionedelle particelle HDL e rischio di CHD dopo ilcontrollo per le concentrazioni plasmatiche diapoB e trigliceridi [7]. Tuttavia, le terapie chehanno come risultante HDL più grandi e profilidelle sottoclassi di HDL simili a quelli degliindividui sani possono essere indicative dimiglioramenti del rischio cardiovascolare [30].Dallo studio è emersa una significativa riduzionedel numero delle HDL medie in tutti ipartecipanti. Questo era prevedibile, in quantoosservato anche in altri studi come effettoparallelo delle riduzioni di assunzione dicarboidrati [13,31,32]. Uno studio di controlloosservazionale in uomini con sindromemetabolica ha evidenziato che quelli con menoHDL medie (misurata mediante NMR) avevanouna maggiore incidenza di morte per malattiacoronarica [33]. Tuttavia, altri studi sui profililipoproteici ottenuti mediante NMR non hannotrovato associazione tra HDL medio e CHD [6,7].Nello studio qui descritto si sono osservate,inoltre, riduzioni significative delle apoA-II,probabilmente dovute alla riduzione delle medie

può essere associato a miglioramentinell’inversione del trasporto del colesterolomediata dalle HDL. I miglioramenti delladislipidemia osservati in questo studio sonoalmeno paragonabili ai risultati ottenutiutilizzando cibi integrali volti ad indirizzare emigliorare il profilo dei lipidi plasmatici.Il consumo di 1,5 pompelmi al giorno per 6settimane si è osservato possa ridurre ilcolesterolo plasmatico totale e l’LDL-C negliadulti in sovrappeso, ma non comportamiglioramenti del C-HDL [38].Nei diabetici tipo 2, 4 settimane di consumoquotidiano di mandorle (~ 60 g al giorno) hadeterminato nel 9,7% la diminuizionenel rapporto LDL-C/HDL-C rispetto alla dieta dicontrollo, derivante da riduzioni nel plasma delleLDL-C [39]. Nello studio corrente, il consumo diuova intere è stato associato a una riduzione del13,5% del rapporto LDL-C/HDL-C rispetto albasale, principalmente attribuita all’aumento del19,1% dell’HDL-C plasmatica.Rispetto al sostituto d’uovo privo di tuorlo, glieffetti osservati col consumo di uova intere sonoprobabilmente dovuti proprio al tuorlo.Questi sono una fonte particolarmente ricca di

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probabilmente dovute alla riduzione delle medieHDL [34]. L’ApoA-II è stata associata conun’alterata attività dell'LCAT, ipertrigliceridemia,e aterosclerosi (in modelli animali) [35]. Così, laformazione di grandi HDL a scapito delle medieriflette forse un profilo di sottoclassi di HDL piùateroprotettive a seguito di consumo di uova.Non ci sono state variazioni nelle ApoA-Iplasmatiche, in accordo con la mancanza divariazioni nelle HDL totali, insieme con leriduzioni di HDL medie, che portano entrambiapoA-I e apoA-II, e l’incremento delle grandiHDL, che trasportano prevalentemente apoA-I

[36].L’attività dell'LCAT è aumentata solo nel gruppoEGG. Questo risultato è coerente con altri studiche riportano che l'assunzione giornaliera diuova aumenta l'attività dell'LCAT [13,14]. Questopotrebbe essere indicativo di una maggiorecapacità di maturazione dell’HDL [13]. L'LCAT èdi fondamentale importanza nel facilitare lastabilità e la maturazione delle particelle HDL[37]. Diversamente dall'LCAT, non ci sono staticambiamenti dell'attività plasmatica del CETP inentrambi i gruppi. Pertanto, un aumentodell'attività dell'LCAT dovuto al consumo di uova

Questi sono una fonte particolarmente ricca difosfatidilcolina esogena (PC) e di altri fosfolipidi[40]. Questi sono stati associati adaumenti di HDL-C in studi su animali e umani[41,42].Il fosfolipidi possono essere in parte responsabilidei miglioramenti osservati nell’HDL-C e neiprofili delle HDL.Tra i punti di forza dello studio si può evidenziarela praticità dell’intervento dietetico utilizzato. Irisultati dimostrano che anche una moderatarestrizione di carboidrati può portare amiglioramenti globali nei vari parametri dellasindrome metabolica. Tale modello alimentarepuò essere facilmente seguito ed accettato daipazienti affetti da sindrome metabolica.Inoltre, l'inclusione di uova intere, che sono abasso contenuto di carboidrati, possonomigliorare gli effetti benefici della restrizione deicarboidrati sui lipidi plasmatici, suiprofili lipoproteici, e sulla resistenza all'insulina.Uno dei limiti dello studio è che i partecipanti algruppo EGG erano più insulino resistenti rispettoa quelli del gruppo SUB, e quindi potrebberoaver maggiormente beneficiato della perdita dipeso.

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Inoltre potrebbe essere necessario un ulteriorestudio di maggiore durata per affrontare ilconsumo più prolungato di colesterolo e colinain soggetti con sindrome metabolica.In sintesi, la restrizione dei carboidrati e perditadi peso migliorano il profilo delle lipoproteine inindividui con sindrome metabolica riducendol’oxLDL plasmatico, e modifica la distribuzionedelle sottoclassi lipoproteiche verso una minoreaterogenica. Inoltre, l'inclusione di uovaintereaumenta le grandi HDL, il diametro delleHDL e delle LDL e l’attività dell'LCAT, riducendole VLDL totali e medie. Così, i risultati di questostudio suggeriscono che consumaregiornalmente uova intere in un regimealimentare moderatamente povero incarboidrati favorisca un miglioramento delprofilo lipoproteico aterogenico tipico dellaSindrome metabolica. Ulteriori studi devonoessere condotti per confermare questi risultati.

Bibliografia

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L’ingestione simultanea di carboidrati e proteine del siero di latte isolate aumenta l’espressione dell’mRNA del PGC- 1 alfa: effetti

sull’adattamento all’allenamento endurancea cura di Manuel Salvadori e Vincenzo Tortora

La nutrizione ottimale non è richiesta solo per unnormale funzionamento organico, ma lo statonutrizionale di un atleta di endurance puòinfluire negativamente o positivamente sulla suaperformance sportiva (1). Le richiestenutrizionali degli atleti di endurance includonofabbisogni calorici più elevati per sostenerel’attività e ripristinare il glicogeno ed unaumentato apporto proteico per supportare ilturnover proteico muscolare. Durante l’eserciziod’endurance i fenomeni che maggiormentesquilibrano l’omeostasi cellulare, i depositi el’utilizzo energetico avvengono nei muscoli (2). Ilrecupero da una sessione di allenamento diendurance è fondamentale, dal momento che ildanno muscolare causato durante l’esercizioparzialmente dovuto alla contrazione muscolareed ai cambiamenti ormonali che risultano in una

La nutrizione è una componente chiave persupportare l’allenamento pesante e lacompetizione (6). La sorgente primaria dienergia durante gli eventi d’endurance è ilglicogeno muscolare (7, 8).È ben documentato che la deplezione dellescorte di glicogeno intramuscolari può limitare laperformance durante l’esercizio prolungato (9).Massimizzare i livelli di glicogeno pre-esercizioattraverso il carico dei carboidrati è moltopraticato dagli atleti, in aggiunta al ripristinoimmediatamente dopo l’esercizio perottimizzare il recupero del glicogeno muscolare(10). Comunque, i soli carboidrati non sonoabbastanza per stimolare in modo significativo lasintesi proteica e la risposta adattativaall’esercizio d’endurance (11).Le proteine sono un substrato estremamenteed ai cambiamenti ormonali che risultano in una

degradazione delle proteine muscolari,continuano una volta che l’esercizio vienecessato (3). Questo danno può peggiorare lafunzione muscolare, il trasporto di nutrienti, iltasso di resintesi di glicogeno e squilibrare la viadella sintesi proteica (3).Ripetute sessioni di esercizio d’endurancerisultano in adattamenti strutturali, metabolici efisiologici che garantiscono il miglioramentodella prestazione (4). Gli adattamenti a lungotermine sono un risultato cumulativo di sessionidi allenamento successivi ed il periodo post-allenamento è cruciale nel permettere questiprocessi (2). Durante il recupero l’attivazione dialcune importanti vie di segnalazione avvienenelle prime ore prima di ritornare a valori basaliin 24 ore (2). Il recupero dall’allenamentod’endurance richiede il ripristino delle scorte diglicogeno e la riparazione dei danni muscolari(5).

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Le proteine sono un substrato estremamenteimportante, per la loro influenza sul tasso diregolazione della sintesi proteica muscolare(MPS) ed i conseguenti effetti sul fenotipo delmuscolo scheletrico (12). Gli adattamentimuscolari dipendono dalla disponibilità di unsufficiente apporto proteico (2). Il tipo diproteine consumate può influire il processo direcupero per le differenze nel tasso di digestionedelle proteine e la concentrazione delle stesse(11). Le proteine delle caseine sono rilasciatedallo stomaco più lentamente delle proteineisolate del siero di latte (whey). Dunque, le wheyproducono un aumento più rapido e transitoriodella concentrazione degli aminoacidi epotenzialmente una maggior disponibilità degliaminoacidi stessi (13). Le proteine whey isolate,paragonata ad altre fonti proteiche, sono moltoefficaci nel promuovere la sintesi proteica aseguito dell’esercizio contro resistenza per laloro alta concentrazione in aminoacidi a catenaramificata essenziali (14).

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La modalità dell’esercizio influenza i successiviadattamenti muscolari, con l’eserciziod’endurance che risulta primariamente in unaumentata capacità ossidativa muscolare equello contro resistenza in ipertrofia muscolare(15). L’esercizio d’endurance migliora gliadattamenti del muscolo scheletricoaumentando gli attivatori della biogenesimitocondriale come il coattivatore-1 alfa delrecettore attivato dai proliferatori deiperossisomi gamma (PGC-1 alfa) (16, 17).La regolazione della sintesi proteica coinvolgediverse vie di segnalazione. Queste sonoinfluenzate dagli aminoacidi, l’insulina e lastimolazione meccanica (18). Esiste un ampiocampo di ricerca che dimostra il beneficio dellasupplementazione di proteine con l’eserciziocontro resistenza (14, 19, 20). Comunque, laricerca è limitata sui benefici dellasupplementazione di proteine per atletiimpegnati in allenamenti di endurance. Inparticolare, gli effetti della co-ingestione diproteine isolate del siero di latte e carboidrati sulrecupero dall’esercizio d’endurance e la via delPGC-1 alfa.

I partecipanti hanno effettuato il test per laVO2_max su un cicloergometro. Il testconsisteva in 3 minuti a 3 carichi di lavoro submassimali seguiti da un aumento di 25 watt (W)ogni minuto fino all’esaurimento. Durante iltesto, la frequenza cardiaca (HR) dei soggetti èstata monitorata ed i gas respiratori sono staticontinuamente misurati con un gas analisi. Lemisurazioni dei gas respiratori sono statemisurate utilizzando spirometria a circuitoaperto e la calorimetria indiretta tramite unatabella metabolica.I dati ottenuti dalla VO2_max dei partecipantisono stati usati per calcolare il loro carico dilavoro (70% e 90% della VO2_max) per i test diesercizio. Una curva standard è stata costruitada 3 lavori sub massimali e VO2. La VO2_maxpredetta è stata poi usata per calcolare lapercentuale dei carichi di lavoro (W) in accordoall’equazione lineare generata dalla curvastandard.Completato il testo, i partecipanti sono statiintrodotti ai regimi dietetici e le proceduresperimentali utilizzate durante lo studio. Erarichiesto che i partecipanti mantenessero il loro

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PGC-1 alfa.Lo studio preso in esame valuta 2 settimane dico-ingestione di whey isolate più carboidrati(CHO + WPI) sulla performance di endurance edil recupero, paragonata ad un gruppo isocaloricocon pari carboidrati (CHO). Abbiamo ipotizzatoche CHO + WPI migliori la performance ed ilrecupero aumentando i livelli di glicogenomuscolare e facilitando la risposta adattativa,paragonato ai soli CHO.Il campione dello studio è rappresentato da seiciclisti d’endurance sani e triatleti che hannovolontariamente completato lo studio (età 29 +/-4 anni, peso 74 +/- 2 kg, VO2_max 63 +/- 3 mlossigeno/kg per minuto, altezza 183 +/- 5 cm;medie +/- SEM). I partecipanti hanno completatoun questionario medico standard prima diiniziare l’esperimento. L’ammissione allo studiorichiedeva un consumo massimale di ossigeno dialmeno 60 ml di ossigeno/kg per minuto e nonaver consumato supplementazione di whey nelleultime 12 settimane prima dello studio.

richiesto che i partecipanti mantenessero il loroallenamento durante gli interventi dietetici ed iperiodi di washout.È stato utilizzato un protocollo randomizzatocrociato a singolo cieco per valutare gli effettidella supplementazione delle proteine wheyisolate sulla performance d’endurance ed ilrecupero. Gli interventi dietetici sono staticasualmente assegnati senza che i partecipantilo sapessero, eguagliando le bevande con CHO eCHO + WPI per sapore, odore ed aspetto.Ognuno dei protocolli era seguito da 16 giornitotali (14 giorni seguiti da 2 giorni di carico diCHO) con un periodo di wash out di 4 settimaneper separare gli interventi dietetici.Gli interventi dietetici erano isocalorici ed ilcontenuto di CHO eguagliato (vedere Tabella 1per i valori nutrizionali delle diete). Le dieteerano isocaloriche tramite la modulazione dellaquantità di grassi consumata, comunque ilcontenuto totale di grassi nel gruppo CHOcontribuiva a meno del 30% dell’energia totale.

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Tabella 1- Contenuto di carboidrati (CHO), proteine (PRO) e grassi (Fat) negli interventi dietetici divisi pergruppo solo carboidrati (CHO) e gruppo carboidrati + proteine del siero isolate (CHO+WPI)

Le proteine extra a 1.2 g/kg per giorno sono statesupplementare tramite proteine whey isolate(tabella 2) e fornite con una bevanda sportivapronta (tabella 3). Il gruppo CHO ha consumatola bevanda sportiva, senza le WPI. Nei giorni diallenamenti i partecipanti erano istruiti aconsumare la bevanda durante e dopo lasessione allenante e nei giorni di nonallenamento di consumarla in qualsiasi altromomento del giorno.Ai partecipanti sono stati forniti tutti i pasti e gli

spuntini durante la durata degli interventidietetici per assicurare la consistenza nei livelli di

Tabella 2- Profilo amminoacidico delsupplemento come proteine del siero isolateusato nelle bevande

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dietetici per assicurare la consistenza nei livelli dienergia e macronutrienti e per garantire lacompliance. Inoltre, ai partecipanti sono statefornite delle tabelle come promemoria perfacilitare la documentazione dell’introitoalimentare.Dopo il completamento dei 16 giorni di interventidietetici (CHO o CHO + WPI), i partecipanti sonogiunti al laboratorio il mattino a digiuno. Gliesercizi sono stati completati su uncicloergometro e consistevano nel pedalare per60 minuti al 70% della VO2_max seguiti da 2minuti di riposo, e poi pedalare finoall’esaurimento al 90% della VO2_max. A seguitodi questo, i soggetti hanno recuperato inlaboratorio per 6 ore.Durante le 6 ore di recupero i partecipanti hannoseguito gli interventi dietetici che avevano primadella prova di esercizio (CHO o CHO + WPI). Seessi facevano parte del gruppo solo CHO,consumavano 4 g/kg di carboidrati, 0.6 g/kg digrassi e 0.4 g/kg di proteine.

* Amminoacidi essenziali

Tabella 3- Informazioni nutrizionali per bevande sportive

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Mentre il gruppo con la dieta CHO + WPIconsumava 4 g/kg di carboidrati, 0.4 g/kg digrassi ed 1.1 g/kg di proteine durante le prime 3ore delle 6 di recupero. La fonte proteicadurante il recupero per il gruppo CHO + WPI eraprimariamente costituita da proteine isolate delsiero di latte fornite con una bevanda sportiva(0.7 g/kg).La nutrizione di recupero era eguagliata incarboidrati e resa isocalorica alterando ilcontenuto lipidico della razione fornita.Campioni di sangue venoso sono stati presi ogni20 minuti durante l’esercizio al 70% dellaVO2_max ed al completamento del test al 90%della VO2_max. Il sangue è stato preso ogni 10minuti durante la prima ora ed ogni ora dopo iltest per le rimanenti 6 ore di recupero. Il plasmaè stato successivamente analizzato per leconcentrazioni di glucosio ed insulina.Le biopsie muscolari sono state prese a riposo,alla fine dei 60 minuti al 70% della VO2_max,durante i 2 minuti di pausa, al completamentodel testo fino all’esaurimento al 90% dellaVO2_max ed alla fine delle 6 ore di recupero. Lebiopsie muscolari sono state ottenuto dal vasto

Sia per CHO che per CHO + WPI, il glucosioplasmatico è significativamente aumentatodurante il test al 90% della VO2_max ed è rimastoelevato paragonato al riposo fino a 40 minutidurante il recupero, per il gruppo CHOè rimastoelevato fino a 60 minuti durante il recupero.Nessuna differenza nel glucosio plasmatico èstata rilevata tra le prove in ogni momento. Laconcentrazione plasmatica di insulina (figura 2)per le prove CHO è aumentata paragonata alriposo, dal minuto 40 al 180 durante il recupero(P < 0.05). Nel gruppo CHO + WPI è aumentataparagonata al riposo, dal minuto 30 al minuto180 durante il recupero (P < 0.05).Il gruppo CHO + WPI ha avuto insulinasignificativamente elevata a 180 minuti durante ilrecupero (P < 0.05) paragonato al gruppo CHO.Il contenuto di glicogeno muscolare (Figura 3)era simile tra CHO e CHO + WPI a riposo. Aseguito dell’esercizio e le 6 ore di recupero inentrambi i gruppi era minore che a riposo (P <0.05). Il gruppo CHO + WPI aveva glicogenosignificativamente aumentato dalla fine del testal 90% della VO2_max alla fine delle 6 ore direcupero, mentre il gruppo CHO non mostrava

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biopsie muscolari sono state ottenuto dal vastolaterale. La selezione della gamba è stata casualee nella seconda prova è stata fatta la biopsiasull’altra gamba. I campioni muscolari sono statipresi utilizzando la procedura di Bergstrom (21)modificata per l’ago aspirato (22).Una porzione del muscolo, sottoposto prima acongelamento , è stata utilizzata per analizzare ilglicogeno muscolare.Sono state valutate, attraverso l’analisi della PCR“real-time”, le attività enzimatiche attraversol’espressione dell’RNA messaggero (mRNA) perla glicogeno sintasi, il PGC-1 alfa e la proteinachinasi alfa 2 attivata dall’adenosinamonofosfato (AMPK-alfa2) (24).I risultati hanno mostrato che Il tempo perarrivare all’esaurimento o fatica non differivasignificativamente tra CHO (11:14 +/- 1:05 min) eCHO + WPI (10:05 +/- 1:30 min). Laconcentrazione plasmatica di glucosio èpresentata nella figura 1.

recupero, mentre il gruppo CHO non mostravaquesto aumento. Questo è avvenuto senzadifferenza nell’espressione dell’mRNA per laglicogeno sintasi tra CHO e CHO + WPI (figura 4).L’espressione del mRNA per l’AMPK-alfa2 (figura5) rimane simile sia per il gruppo CHO che per ilgruppo CHO+WPI. A seguito della prova diesercizio al 90% della VO2_max e alla fine della 6ora del recupero, il gruppo CHO aveva un valorepiù basso rispetto al punto di riposo ( rest )(P<0.05). L’espressione del mRNA della PGC-1alfa ( Figura 6) era significativamente più alta,per il gruppo CHO+WPI ,alla fine della 6 ora delrecupero se comparata a tutti i punti dellaprova (P<0.05); inoltre risulta anchesignificativamente più alta alla fine della 6 oradel recupero rispetto al gruppo CHO ( P<0.05)

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Figura 1- Concentrazione del glucosio plasmatico a confronto tra il gruppo solo carboidrati (CHO) e ilgruppo carboidrati + proteine del siero isolate ( CHO + WPI).Il giorno della prova con esercizio consisteva in 60 minuti di cicloergometro a 70% della VO2max con prelievidel sangue presi a riposo e ogni 20 minuti ( riposo, 20,40,60 min). Successivamente si è proceduto ad unasessione di sforzo massimo arrivando al punto di fatica o esaurimento al 90% della VO2max . Il prelievo venosoè stato effettuato alla fine di questo sforzo ( O ) . Le 6 ore di recupero hanno visto i prelievi venosi adintervalli regolari la prima ora (a 10,20,30,40,60 min ) e poi ogni ora ( 120,180,240,300,360 min ). Laconcentrazione del glucosio plasmatico ha un incremento al completamento della prova al 90% della VO2max

per entrambi i gruppi e rimane elevato rispetto alla fase di riposo ( rest) fino a 40 minuti durante la fase direcupero nel gruppo CHO +WPI (# P <0.05) e fino a 60 minuti nel gruppo CHO (* P <0.05) . Valori medi ± SEM( n=6).

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Figura 2- Concentrazione dell’insulina plasmatica a confronto tra il gruppo solo carboidrati (CHO) e ilgruppo carboidrati + proteine del siero isolate ( CHO + WPI).Il giorno della prova con esercizio consisteva in 60 minuti di cicloergometro a 70% della VO2max con prelievidel sangue presi a riposo e ogni 20 minuti ( riposo, 20,40,60 min). Successivamente si è proceduto ad unasessione di sforzo massimo arrivando al punto di fatica o esaurimento al 90% della VO2max . Il prelievo venosoè stato effettuato alla fine di questo sforzo ( O ) . Le 6 ore di recupero hanno visto i prelievi venosi adintervalli regolari la prima ora (a 10,20,30,40,60 min ) e poi ogni ora ( 120,180,240,300,360 min ). Laconcentrazione dell’insulina plasmatica ha un incremento per entrambi rispetto alla fase di riposo ( rest) (CHO , * P <0.05 e CHO+WPI # P<0.05). A 180 min la concentrazione dell’insulina plasmatica era nettamentesuperiore per il gruppo CHO+WPI rispetto al gruppo CHO ( ^ P<0.05) per poi tornare a livelli bsali dopo240 min. Valori medi ± SEM ( n=6).

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Figura 3- Concentrazione del glicogeno muscolare aseguito dell’intervento dietetico a 16 giorni e consuccessive biopsie muscolari il giorno della provad’esercizio al tempo zero ( rest) , a 60 minuti con il70% della VO2max , al tempo di esaurimento con il90% della VO2max e alla fine della 6h di recupero. Ilgruppo (CHO) e il gruppo (CHO+WPI) sono simili ariposo ( rest) . Per tutte le rilevazioni si evidenzia unaconcentrazione più bassa di glicogeno muscolare perentrambi i gruppi rispetto al basale ( # p <0.05). Allafine della 6h del recupero solo il gruppo CHO+WPI haun aumento del glicogeno muscolare rispetto alvalore preso alla fine del tempo di esaurimento al 90%

Discussione

Le proteine sono considerate un componentenutrizionale chiave per il successo atletico,comunque sembra ci sia una mancanza diinformazione riguardante gli effetti di unacombinazione di CHO e supplementazioneproteica sugli adattamenti all’esercizio durante ilrecupero. Questo studio paragona per 2settimane la co-ingestione di proteine isolate delsiero di latte e una dieta elevata in carboidraticon una dieta isocalorica eguagliata incarboidrati negli atleti di endurance. Lasupplementazione proteica con l’adeguatadisponibilità di carboidrati, inclusa in unprogramma di allenamento regolare , noninfluenza la performance del lavoro aerobicointenso o i livelli di glicogeno pre- e post-esercizio. Comunque, l’aumento dell’insulinaplasmatica e dell’espressione dell’mRNAmuscolare per PGC-1 alfa con lasupplementazione CHO + WPI paragonata ai soliCHO indica un potenziale miglioramentodell’adattamento all’allenamento che segue lasupplementazione.

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valore preso alla fine del tempo di esaurimento al 90%della VO2max (* P<0.05). Valori medi ± SEM ( n=6).

supplementazione.I livelli di glicogeno a riposo sono paragonabili

con protocolli precedentemente pubblicati dicarico glucidico (25). La supplementazione con leproteine isolate del siero aumenta ulteriormentei livelli basali di glicogeno quando sono fornitiadeguati introiti di CHO (8 g/kg al giorno) subase giornaliera, a seguito di carico di carboidratiprima della competizione. Comunque, laresintesi di glicogeno alla fine delle 6 ore direcupero è aumentate per il gruppo CHO + WPI enon per quello CHO. Studi precedenti hannomostrato che la co-intestione delle proteine delsiero con i carboidrati consumati primadell’esercizio e del periodo di recuperoaumentano la sintesi di glicogeno muscolaredurante il recupero (26-28). Questi studioutilizzano livelli subottimatli di carboidrati (< 0.8g/kg per ora) richiesti per la massima sintesi diglicogeno durante il recupero, suggerendo che laco-ingestione CHO+WPI può essere beneficasolo per la resintesi di glicogeno quando sonoconsumate insufficienti quantità di CHO.

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Figura 5- Espressione del mRNA della proteinaAMPk-alfa 2 per i due gruppi CHO e CHO+WPI.C’è differenza significativa solo per il gruppo CHO conun abbassamento dell’espressione alla fine del puntodi esaurimento al 90% della VO2max e alla fine della 6Hdel recupero.

Comunque, il presente studio ha mostrato anchebenefici dell’addizione delle proteine isolate delsiero di latte anche quando sono ingeriti valoriottimali di CHO.Jentjens et al. (21) hanno trovato che la co-ingestione di una miscela di aminoacidi incombinazione con elevati introiti di carboidrati(1.2 g/kg per ora) durante il recupero accentual’elevazione dell’insulina plasmatica. Lo studiopresente ha dimostrato che l’insulina a 180 mindell’intervallo di recupero seguenteall’ingestione di CHO + WPI è aumentata e chesul lungo termine c’è una sostenuta elevazionedell’insulina. Le proteine isolate del siero di lattesono insulinotropiche (hanno capacità distimolare la produzione di insulina) paragonatealla caseine o ad altre proteine di originevegetale (29, 30). È stato mostrato che leproteine isolate del siero di latte inducano unarisposta insulinica indipendente dalla co-ingestione di carboidrati (31).Precedenti studi hanno suggerito che i livelliaumentati di insulina siano uno dei principalimeccanismi per cui aumentano i livelli diglicogeno muscolare, via stimolazione dei

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glicogeno muscolare, via stimolazione deitrasportatori di glucosio nel muscolo conconseguente aumento dell’uptake di glucosio eazione della glicogeno sintasi (28, 32).L’espressione dell’mRNA per la glicogeno sintasinon è aumentata in questo studio, indicandomancanza dello stimolo per l’aumento dellasintesi di glucosio. Comunque, l’aumentodell’insulina plasmatica durante il recupero dalCHO + WPI può spiegare l’aumentato ripristinodel glicogeno muscolare osservato nello studiopresente. La precedente riduzione nellaconcentrazione di glucosio plasmatico nelgruppo CHO + WPI (dopo 40 minuti) paragonatoai soli CHO (dopo 60 minuti) supporta questaosservazione.L’insulina può anche avere un ruolonell’aumentare il bilancio proteico nettoattenuando la degradazione proteica (33).Morrison et al. (34) hanno esaminato l’effettodell’esercizio d’endurance e la nutrizione (CHO,proteine e CHO + proteine) sulle vie ditrasduzione del segnale coinvolte nellatraduzione dell’mRNA;

Figura 6- Espressione del mRNA della proteina PGC-1alfa per i due gruppi CHO e CHO+WPI dopo 16 giornidi intervento dietetico e al giorno della provad’esercizio.Le biopsie del muscolo sono state prese a riposo (rest) , dopo 60 min di esercizio al 70% della VO2max,alla tempo di esaurimento al 90% della VO2max e allafine della 6h di recupero. Rispetto alla fine della 6h delrecupero, il gruppo CHO+WPI mostra bassi valoridell’espressione del mRNA di PGC-1alfa ( # P<0.05).Dopo la 6h di recupero c’è un significativo incrementodell’espressione per il gruppo CHO+WPI rispetto algruppo CHO ( ^ P<0.05)

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il target della rapamicina nei mammiferi (mTOR)e tre delle sue proteine dipendenti disegnalazione: proteina ribosomiale s6 chinasi-1(p70s6k), proteina ribosomiale S6 (rps6) eproteina 1 legante il fattore di iniziazione 4E (4E-BP1). Il gruppo CHO + Proteine ha fatto rilevareun aumento dell’insulina e degli stati fosforilatidi 4E-BP1 ed rpS6 a 30 minuti dopo l’esercizio,paragonato al gruppo di soli CHO o soleproteine. Anche l’mTOR è coinvoltonell’attivazione della biogenesi mitocondriale(35). Queste osservazioni sono in accordo con lostudio presente che dimostra una rispostainsulinica elevata nel gruppo CHO + WPI, che puòavere giocato un ruolo nell’aumentodell’espressione dell’mRNA per PGC-1 alfa. Labiogenesi mitocondriale è un adattamento benstabilito con esercizi d’endurance (36), con ilPGC-1 alfa e l’AMPK importanti regolatori diquesto processo nel muscolo scheletrico (36,37). I cambiamenti nello stato energeticocellulare attivano AMPK, che quindi fosforilaPGC-1 alfa (36, 38). L’espressione dell’mRNA perl’AMPK-alfa 2 è diminuita paragonata al riposonel gruppo CHO dopo aver pedalato al 90% della

Comunque, questi studi non hanno esplorato laco-ingestione di CHO e proteine sulla via disegnalazione coinvolta nella sintesi proteica, inparticolare nella via di segnalazione dellabiogenesi mitocondriale.Breen et al. (44) hanno investigato la sintesiproteica mitocondriale e muscolare miofibrillarequando carboidrati o carboidrati più proteinevenivano ingeriti dopo esercizi prolungati diendurance. Questo studio ha trovato chel’ingestione di carboidrati più proteineaumentava la sintesi proteica miofibrillare manon mitocondriale. Questo è in contrasto con lostudio presente, in cui l’mRNA per il PGC-1 alfa èaumentato nel gruppo CHO + WPI paragonato aisoli CHO. L’esercizio aerobico, come pedalareper tempi prolungati eseguito nello studio diBreen et al. (44), rappresenta uno stimolo chedovrebbe portare ad adattamenti come labiogenesi mitocondriale e la sintesi proteicamitocondriale, in cui il PGC-1 alfa è consideratoun regolatore principale. Lo studio presente hainvestigato l’mRNA 6 ore dopo l’esercizio,mentre Breen et al. (44) hanno misurato lasintesi proteica a 4 ore dopo l’esercizio. Questo

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nel gruppo CHO dopo aver pedalato al 90% dellaVO2_max e dopo le 6 ore di recupero, anche sequesto non è differente dal gruppo CHO + WPI.PGC-1 alfa lega e co-attiva un numero di fattori ditrascrizione sia del genoma nucleare chemitocondriale (36, 39). Una singola sessione diattività fisica mostra aumentare l’mRNA per ilPGC-1 alfa negli esseri umani (40, 41).I risultati dal presente studio dimostrano che laco-ingestione di CHO e WPI aumental’espressione dell’mRNA per il PGC-1 alfaparagonata ai soli CHO alla fine delle 6 ore direcupero. Questo risultato può avere importantiimplicazioni per il consumo di CHO + WPI in unprogramma di allenamento di endurance e perl’aumento dell’adattamento muscolare al caricoallenante. Numerosi studi hanno investigato glieffetti della co-ingestione di carboidrati eproteine durante e dopo esercizi di tipoendurance sul tasso di sintesi proteica ed ilbilancio proteico organico totale (42, 43).

sintesi proteica a 4 ore dopo l’esercizio. Questopuò essere un tempo troppo breve dopol’esercizio ed il consumo di CHO più proteine pervedere un aumento nella sintesi proteicamitocondriale (36). È importante notare che lostudio presente ha incluso 2 settimane dicontrollo dietetico e supplementazione primadel test e che lo studio di Breen et al. ha solofornito la supplementazione post-esercizio.L’introito di CHO dei clicisti allenanti nello studiodi Breen et al. era 5 g/kg al giorno, questo è al disotto delle attuali raccomandazioni per gli atleti(45), mentre nello studio presente sono statiutilizzati 8 g/kg al giorno, che hanno portato alledifferenti osservazioni in questo studio.In conclusione si è osservato che 2 settimane diintervento dietetico di co-ingestione di CHO +WPI, hanno effetti positivi su aspettidell’adattamento all’esercizio d’endurance allafine di 6 ore di recupero, a seguito di un testd’endurance.

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I livelli di glicogeno muscolare non sonoaumentati ulteriormente prima dell’esercizio,comunque con la supplementazione di WPI c’èstato un miglioramento del recupero dal test al90% della VO2_max alla fine delle 6 ore direcupero.I livelli di insulina plasmatica sono aumentati nelgruppo CHO + WPI durante la fase di recupero.L’mRNA per il PGC-1 alfa è aumentato alla finedelle 6 ore di recupero seguendo l’ingestione diCHO + WPI. La co-ingestione di CHO-WPI dunquesembra giocare un ruolo importante negliadattamenti all’allenamento d’endurancetramite l’elevazione dell’insulina plasmatica edell’espressione dell’mRNA per il PGC-1 alfadurante il recupero che può portare ad unaumentato recupero, biogenesi mitocondriale edunque in ultima istanza performance.

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