maria nei secoli la “madonna d’ognissanti” di giotto · giotto, fi glio di bondone, era nato...

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8 SETTEMBRE-OTTOBRE 2012 Maria nei secoli S econdo la versione più accreditata, Giotto, figlio di Bondone, era nato verso il 1267 a Vespignano, presso Vic- chio nel Mugello. Il padre era un conta- dino e in un primo momento lo allogò come apprendista nell’Arte della lana a Firenze, permettendogli di frequentare la bottega di Cimabue. Poi, vista l’inclinazio- ne del figlio, si risolse di mandarlo dal pittore senza altra occupazione. I suoi primi impegni sono tutti ipotetici: forse lavorò nella decorazione della Basi- lica Superiore di San Francesco ad Assisi, affrescando alcuni episodi tratti dall’An- tico Testamento. Nel frattempo, è quasi certo che abbia compiuto un viaggio a Roma, dove am- pliò la sua cultura artistica avvicinando le opere dell’antichità classica, le pitture di Pietro Cavallini e le sculture di Arnolfo da Cambio. Ritornò, poi, ad Assisi, dove af- frescò le storie di San Francesco, sempre nella Basilica Superiore. È, forse, di questo periodo il frammento in San Giovanni in Laterano, dove Giotto rappresentò Papa Bonifacio VIII che indice il primo giubileo della storia. A SERVIZIO DEGLI SCROVEGNI E DI ROBERTO D’ANGIÒ Dal 1303 iniziò a lavorare agli affreschi della cappella degli Scrovegni, a Padova. Il committente era Enrico degli Scrovegni. Il ricco banchiere patavino aveva fatto co- struire una cappella di famiglia sui resti dell’antica arena cittadina. Terminati i la- vori, Giotto tornò a Roma per attendere ai cartoni del mosaico della Navicella in San Pietro. Lavorò, poi, a Firenze, in Santa Croce, alle cappelle Peruzzi e Bardi. Fu al servizio di Roberto D’Angiò a Napoli, ma non resta nulla che possa ragguagliarci sui progressi del maestro nell’arte sua, se non un segno evidente nella produzione dei pittori locali. Il 18 luglio 1334 pose le fondamenta del campanile della cattedra- le fiorentina. Ma non giunse a vederne la conclusione; morì l’8 gennaio 1337 e fu sepolto con tutti gli onori in Santa Repa- rata, l’antica cattedrale di Firenze. La Maestà fu realizzata attorno al 1310 e posta sull’altare maggiore della chiesa fiorentina di Ognissanti. Committente era la potente comunità degli Umiliati, che si erano stabiliti in quella zona fuori dalle mura cittadine ed erano dediti, oltre che alla perfezione religiosa, alla lavorazione della lana e del vetro. UNA NOVITà ASSOLUTA NELLA PITTURA DELL’EPOCA Nonostante la presenza di arcaismi, come il fondo oro e la proporzione gerarchiz- zata delle figure, la Maestà di Giotto è di una novità assoluta nell’ambito della pittura fiorentina del primo Trecento. In quest’opera, il pittore recupera la spa- zialità tridimensionale empirica propria La “Madonna d’Ognissanti” di Giotto Realizzata attorno al 1310, su richiesta della potente comunità degli Umiliati, fu posta sull’altare maggiore della chiesa fiorentina di Ognissanti. Oggi è conservata nella Galleria degli Uffizi.

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8 settembre-ottobre 2012

Maria nei secoli

Secondo la versione più accreditata, Giotto, fi glio di Bondone, era nato

verso il 1267 a Vespignano, presso Vic-chio nel Mugello. Il padre era un conta-dino e in un primo momento lo allogò come apprendista nell’Arte della lana a Firenze, permettendogli di frequentare la bottega di Cimabue. Poi, vista l’inclinazio-ne del fi glio, si risolse di mandarlo dal pittore senza altra occupazione.I suoi primi impegni sono tutti ipotetici: forse lavorò nella decorazione della Basi-lica Superiore di San Francesco ad Assisi, affrescando alcuni episodi tratti dall’An-tico Testamento.Nel frattempo, è quasi certo che abbia compiuto un viaggio a Roma, dove am-pliò la sua cultura artistica avvicinando le opere dell’antichità classica, le pitture di Pietro Cavallini e le sculture di Arnolfo da Cambio. Ritornò, poi, ad Assisi, dove af-frescò le storie di San Francesco, sempre nella Basilica Superiore. È, forse, di questo periodo il frammento in San Giovanni in Laterano, dove Giotto rappresentò Papa Bonifacio VIII che indice il primo giubileo della storia.

a seRvizio degli scRovegni e di RoBeRto d’angiÒDal 1303 iniziò a lavorare agli affreschi della cappella degli Scrovegni, a Padova. Il committente era Enrico degli Scrovegni. Il ricco banchiere patavino aveva fatto co-

struire una cappella di famiglia sui resti dell’antica arena cittadina. Terminati i la-vori, Giotto tornò a Roma per attendere ai cartoni del mosaico della Navicella in San Pietro. Lavorò, poi, a Firenze, in Santa Croce, alle cappelle Peruzzi e Bardi. Fu al servizio di Roberto D’Angiò a Napoli, ma non resta nulla che possa ragguagliarci sui progressi del maestro nell’arte sua, se non un segno evidente nella produzione dei pittori locali. Il 18 luglio 1334 pose le fondamenta del campanile della cattedra-le fi orentina. Ma non giunse a vederne la conclusione; morì l’8 gennaio 1337 e fu sepolto con tutti gli onori in Santa Repa-rata, l’antica cattedrale di Firenze.La Maestà fu realizzata attorno al 1310 e posta sull’altare maggiore della chiesa fi orentina di Ognissanti. Committente era la potente comunità degli Umiliati, che si erano stabiliti in quella zona fuori dalle mura cittadine ed erano dediti, oltre che alla perfezione religiosa, alla lavorazione della lana e del vetro.

una novità assoluta nella pittuRa dell’epocaNonostante la presenza di arcaismi, come il fondo oro e la proporzione gerarchiz-zata delle fi gure, la Maestà di Giotto è di una novità assoluta nell’ambito della pittura fi orentina del primo Trecento. In quest’opera, il pittore recupera la spa-zialità tridimensionale empirica propria

La “Madonna d’Ognissanti” di GiottoRealizzata attorno al 1310, su richiesta della potente comunità degli Umiliati, fu posta sull’altare maggiore della chiesa fi orentina di Ognissanti. Oggi è conservata nella Galleria degli Uffi zi.

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degli antichi e supera la frontalità tipica delle icone bizantine. Le innovazioni in-teressano anche le fi gure di Maria e del piccolo Gesù, che hanno una solidità mai vista in opere precedenti. Anche il chia-roscuro dei panni è netto e teso a dare “verità alle vesti”. Maria è seduta su un trono cuspidato, di schietto gusto goti-co con aperture a bifore trilobate, creato con una prospettiva che rimanda al seg-gio della Madonna di Santa Trinità di Ci-mabue, oppure al trono della “Giustizia” nella Cappella degli Scrovegni, affrescato dallo stesso Giotto; è decorato con mar-mi variegati e con ornamenti vicini alla produzione cosmatesca.Gli sguardi di tutti i personaggi che la affi ancano, sono rivolti alla Vergine; gli angeli in primo piano recano doni: i pri-mi due hanno vasi colmi di fi ori (primi esempi, in ambito medioevale, di “natura morta”), metafore della purezza e della santità di Maria, i successivi una corona e un cofano, simboli della sua regalità. Interessanti sono i due personaggi che si intravvedono nelle due aperture ai fi an-chi del trono: creano una sorta di trittico, del quale occupano i due sportelli laterali.Differenziandosi dalle pitture più antiche, Giotto colloca le diverse fi gure di contor-no spaziate, le une dietro le altre, non ap-piattite su un unico piano e, se pur anco-ra rigidamente simmetriche, tutte hanno una fi sionomia ben defi nita. La tavola è conservata nella Galleria degli Uffi zi a Fi-renze, dove è collocata vicina a due ana-loghe composizioni, una di Cimabue (la Madonna di Santa Trinità), l’altra di Duc-cio di Buoninsegna (Madonna Rucellai).

natale Maffi olimaffi [email protected]

La “Madonna d’Ognissanti” di Giotto