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Direttore Responsabile Luisastella Bergomi Editore Andrea Chiarenza Redazione / Uffici Amministrativi Via Raffaello 7/C, 26900 Lodi, LO. www.aksaicultura.net Registro Stampa n° 362 del 02/02/06 Tribunale di Lodi Chiuso in Redazione il g.31/03/2014 Aksai. La Scuola pag. 04 Caterina d’Aragona pag. 06 La Triennale di Milano pag. 08 Brera Design District pag. 13 Klimt. Alle origini del mito pag. 14 La tigre del Caspio pag. 02 Juan de la Cosa pag. 16 Marzo 2014 Neromilanese pag. 21 Genova-Palazzo Reale pag. 10 Sergio Staino pag. 18 Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al di- lemma: arrendersi o perire (Sandro Pertini proclama lo sciopero generale, Milano, 25 aprile 1945). L'Anniversario della liberazione d'Italia, Festa della Li- berazione, Anniversario della Resi- stenza o semplicemente 25 aprile, e’ un giorno fondamentale per la storia d'Italia a simboleggiare la fine della Seconda Guerra Mondiale e dell’occu- pazione nazista germanica che ha avuto inizio nel 1943, nonché la fine del ventennio fascista. L’istituzione di questa festa nazionale fu realizzata su proposta dell’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ed accet- tata dal Principe Umberto, luogote- nente del Regno d’Italia, che la decretò a partire dal 1946 con il De- creto Legislativo luogotenenziale 185 del 22 aprile 1946 mentre ne fu dichia- rata la celebrazione con la legge 260 del 27 maggio 1949. La data del 25 aprile ricorda il giorno preciso dell’in- surrezione generale che portò alla li- berazione di Milano, Genova, Bologna e via via tutte le altre città italiane gra- zie al movimento denominato Resi- stenza italiana che fu caratterizzata dall’impegno unitario di molteplici ed opposti schieramenti politici, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale che poi avrebbe costituito i primi governi del dopoguerra. Nulla si sarebbe potu- to probabilmente fare senza quella “guerra partigiana” portata avanti con co- raggio e disperazione dai gruppi ribelli di “partigiani” che iniziarono a formarsi prima della data dell’8 settembre. Erano uomini e donne normali, cittadini ac- cumunati dall’odio per le ingiustizie di fascisti e tedeschi sul suolo italiano e che costituirono nuclei combattivi ed esperti della guerra di montagna. Il numero di partigiani ai primi di marzo del 1945 aveva raggiunto la consistenza di circa 80.000 ed una stima governativa del 1947 quantificò 223.693 combattenti e 122.518 patrioti per la collaborazione alla lotta partigiana, che affiancò le forze alleate per giungere alla Liberazione. Il tricolore sventola sul Vittoriano. Roma (Wikipedia Comm. L)

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Page 1: Marzo 2014 · alla tigre siberiana, o dell’Amur ed a quella de l Bengala, questa tigre è stata uno dei più grandi felini mai esi-stiti. Sebbene il suo corpo efosse gene - ralmente

Direttore ResponsabileLuisastella Bergomi

EditoreAndrea Chiarenza

Redazione / Uffici AmministrativiVia Raffaello 7/C, 26900 Lodi, LO.

www.aksaicultura.netRegistro Stampa n° 362 del 02/02/06

Tribunale di LodiChiuso in Redazione

il g.31/03/2014

Aksai. La Scuola pag. 04

Caterina d’Aragona pag. 06

La Triennale di Milano pag. 08

Brera Design District pag. 13

Klimt. Alle origini del mito pag. 14

La tigre del Caspio pag. 02

Juan de la Cosa pag. 16

Marzo 2014

Neromilanese pag. 21Genova-Palazzo Reale pag. 10

Sergio Staino pag. 18

Cittadini, lavoratori! Sciopero generale

contro l'occupazione tedesca, contro

la guerra fascista, per la salvezza delle

nostre terre, delle nostre case, delle

nostre officine. Come a Genova e a

Torino, ponete i tedeschi di fronte al di-

lemma: arrendersi o perire (SandroPertini proclama lo sciopero generale,Milano, 25 aprile 1945). L'Anniversariodella liberazione d'Italia, Festa della Li-berazione, Anniversario della Resi-stenza o semplicemente 25 aprile, e’un giorno fondamentale per la storiad'Italia a simboleggiare la fine dellaSeconda Guerra Mondiale e dell’occu-pazione nazista germanica che haavuto inizio nel 1943, nonché la finedel ventennio fascista. L’istituzione diquesta festa nazionale fu realizzata suproposta dell’allora Presidente delConsiglio Alcide De Gasperi ed accet-tata dal Principe Umberto, luogote-nente del Regno d’Italia, che ladecretò a partire dal 1946 con il De-creto Legislativo luogotenenziale 185del 22 aprile 1946 mentre ne fu dichia-rata la celebrazione con la legge 260del 27 maggio 1949. La data del 25aprile ricorda il giorno preciso dell’in-surrezione generale che portò alla li-berazione di Milano, Genova, Bolognae via via tutte le altre città italiane gra-zie al movimento denominato Resi-stenza italiana che fu caratterizzatadall’impegno unitario di molteplici edopposti schieramenti politici, riuniti nelComitato di Liberazione Nazionale chepoi avrebbe costituito i primi governidel dopoguerra. Nulla si sarebbe potu-

to probabilmente fare senza quella “guerra partigiana” portata avanti con co-raggio e disperazione dai gruppi ribelli di “partigiani” che iniziarono a formarsiprima della data dell’8 settembre. Erano uomini e donne normali, cittadini ac-cumunati dall’odio per le ingiustizie di fascisti e tedeschi sul suolo italiano e checostituirono nuclei combattivi ed esperti della guerra di montagna. Il numero dipartigiani ai primi di marzo del 1945 aveva raggiunto la consistenza di circa80.000 ed una stima governativa del 1947 quantificò 223.693 combattenti e122.518 patrioti per la collaborazione alla lotta partigiana, che affiancò le forzealleate per giungere alla Liberazione.

Il tricolore sventola sul Vittoriano. Roma (Wikipedia Comm. L)

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KAZAKHSTAN - LA TIGRE DEL CASPIO

Il ritorno del grande felino?

Fino a poche decine di anni fa, primadella sua completa estinzione, la tigredel Caspio viveva in una vastissimaregione dell’Asia centrale, dalla Tur-chia al Mar Caspio, dall’Iran all’Afgha-nistan, allo Xinjiang cinese. Insiemealla tigre siberiana, o dell’Amur ed aquella del Bengala, questa tigre èstata uno dei più grandi felini mai esi-stiti. Sebbene il suo corpo fosse gene-ralmente meno massiccio di quellodella tigre siberiana e le sue dimen-sioni medie leggermente inferiori, imaschi superavano agevolmente idue metri di lunghezza e potevanoraggiungere un peso di circa duecen-tocinquanta chilogrammi. Questi felinihanno fatto parte della tradizione ka-zaka, uno fra i più importanti simboliculturali del paese. Dato che la lorodiffusione seguiva le migrazioni dellesue prede preferite, i cinghiali, i Kazakile assegnarono il nome di “leopardoviaggiatore”. L’estinzione di questomeraviglioso animale e’ dovuta princi-palmente alla caccia indiscriminata,tanto che all’inizio del ‘900 venne im-piegato persino l'esercito regolarerusso per liberare le foreste, le aree in-torno ai centri abitati ed ai terreni agri-coli e fino al 1929 si pagavano grosse

somme per una pelle di tigre. Ancorapoco prima della seconda guerra mon-diale in Asia centrale venivano ucciseogni anno non meno di cinquanta tigri.Inoltre, durante il periodo sovietico ivasti canneti che le davano riparo ven-nero man mano convertiti in aree de-dicate alla coltivazione del cotone epertanto ll zona dove le tigri avrebberopotuto vivere e prolificare divennesempre più frammentata, confinata inregioni fluviali separate tra loro da ter-reni desertici. Infine, la scomparsa diquesti magnifici felini è dovuta a fattorinon direttamente legati all’uomo, qualila peste suina, l’afta epizootica e disa-stri naturali, come inondazioni e in-cendi che decimarono la popolazionedei cinghiali, fonte principale del lorosostentamento. In Kazakhstan l'ultimatigre fu avvistata nel 1948 nei pressidell'Ili, nella regione del Lago Bal-khash. Recentemente, analizzando al-cuni campioni di tessuto ricavati daesemplari di tigre del Caspio e conser-vati nei musei europei ed asiatici, ri-cercatori dell’Università di Oxford e delU.S. National Cancer Institute, Labo-ratorio di Genomic Diversity del Mary-land, mediante metodologie checonsentono di confrontare il DNA anti-

co (aDNA) con il DNA mitocondriale(mDNA), sono giunti alla conclusioneche vi è una scarsissima variabilità trail DNA della specie estinta e quellodella tigre dell'Amur, che risulta dun-que essere il più stretto parente vi-vente della tigre del Caspio. Stimolatida questa scoperta il WWF-Russia, ilgoverno e vari esperti della Repub-blica del Kazakhstan, da alcuni annihanno iniziato a discutere della possi-bilità di trasferire alcuni di questiesemplari dalla Siberia alla grande re-pubblica centro asiatica, proprio neipressi del delta del fiume Ili, a sud delLago Balkhash, ultima oasi conosciutadella Tigre del Caspio. Nel marzo del2011, il primo ministro kazako KarimMasimov diede ufficialmente il suopieno appoggio a tale programma inun incontro con il WWF-Russia e conla responsabile del WWF-Asia cen-trale. Nel novembre dello stesso anno,in occasione del Forum Internazionaleper la Conservazione della tigre (Glo-bal Tiger Recovery Program) ospitatoa San Pietroburgo dal Primo ministrorusso Vladimir Putin, venne lanciato ilpiano che prevede la reintroduzionedelle tigri nell’arco di cinque dieci annicon un raddoppio del loro numeroentro il 2022. Comunque, prima che letigri possano essere reintrodotte inKazakhstan, il governo dovrà realiz-zare un parco nazionale lungo il ba-cino del fiume Ili per garantire ai feliniuna quantità sufficientemente elevatadi prede, cinghiali, caprioli e gazzelleper sfamarsi e tornare al ciclo naturaledella vita. Roberto D’Amico

Insediamento presso il fiume Ili

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Il lago Kok-Kol, situato ai piedi del Be-lucha, nell’Oblys di Žambyl in Kaza-khstan, è un lago assai particolare emisterioso. Talvolta possono essereuditi nelle sue vicinanze rumori sordi esulla superficie appaiono strane incre-spature. Molte leggende sono nate perspiegare questi fenomeni. Si crede, adesempio, che il lago sia senza fondo.Inoltre, gli abitanti del luogo pensanoche nel Kol-kol viva Aidahar, lo spiritodell’acqua e affermano di aver visto inmolte occasioni un serpente gigantenuotare nelle sue acque tranquille. Inquanto ritengono che quando passaquesta ipotetica creatura le acque di-ventino salutari, tutti si affrettano a ba-gnarsi nelle acque del lago. Alcuniricercatori hanno scoperto molti canalie gole sotterranee sotto il fondo dellago e pensano che, a causa di questasua particolare conformazione, leacque di tanto in tanto vengano risuc-chiate in tali cavità per poi essere ri-gettate all’esterno. Questa scopertaspiegherebbe la concomitanza deglistrani rumori uditi dagli abitanti dei ter-reni intorno al lago, nonché le incre-spature sulla superficie dell’acquache, grazie al passaggio nei cunicolisotterranei, si caricherebbe di mineraliacquistando particolari virtù curative.Quasi a voler confermare le anticheleggende, da alcuni decenni si voci-fera che nel Kol-kol si aggiri un gigan-tesco animale che, con la sua formaserpentina, sembrerebbe ricordare ilpiù famoso e popolare mostro lacustrescozzese “Nessie”. I primi a darneconto sono stati il geografo AnatolyPechersky e suo figlio Volodja che nel1975, incuriositi dai racconti sul fanto-matico grande mostro lacustre, deci-sero di trascorrere una vacanza allasua ricerca. E, a quanto pare, furonoparticolarmente fortunati, in quantoebbero la ventura di vederlo! Nel loroincredibile racconto i due dichiararonodi aver visto inizialmente un’increspa-tura sulla superficie del lago a circaventicinque metri di distanza dal puntoin cui si trovavano e poi, all’improv-viso, levarsi dall’acqua il collo e la te-

sta di un’enorme bestia serpentiforme.Stimarono la lunghezza del mostro incirca quindici metri, dei quali quasi dueappartenevano all’enorme testa. Lapaura spinse padre e figlio a risalirerapidamente la sponda del lago e, unavolta tornati a riva, fecero appena intempo a vedere la strana creatura im-mergersi e scomparire. La notizia diquesto avvistamento divenne di domi-nio pubblico nel 1977 durante una tra-smissione della radio sovietica e nellostesso anno la rivista “Nature” riportòun articolo che riferiva che era statovisto nel lago Kol-koldi un “KoskolterasRhombopterix”, nome scientifico chepoco tempo prima Sir Peter aveva as-segnato a “Nessie”. Qualche anno piùtardi anche alcuni ricercatori che face-vano parte di una spedizione organiz-zata dalla cattedra di Ecologia degliAnimali dell’Istituto delle Scienze diMosca, dissero di aver osservato unaspecie di grosso serpente lungo circa

Altay - Monti Belukha (Wikipedia Creative Commons license)

KAZAKHSTAN - IL MISTERO DEL LAGO KOL-KOL

Un Nessie si aggira nelle sue acque?

venti metri, simile a quello descritto daiPechersky, emergere di tanto in tantodalla superficie del lago Kol-Kol. Ma lacreatura di questo lago non sembre-rebbe un’eccezione. Infatti, la pre-senza di creature simili, non solo èstata segnalata in vari altri laghi dell’exUnione Sovietica, come ad esempio ilMostro del lago Baikal, il Dragone diBrosno, la Bestia di Voronta e quelladi Khaiyr. Praticamente, ma in ogniparte del mondo spesso si torna a par-lare di queste presenze spesso in-gombranti. Sono nate molte teorie pertentare di dare una spiegazione a que-sti avvistamenti, alcuni ritengono trat-tarsi di plesiosauri preistoricisopravvissuti all’estinzione, altri dimolto meno fantasiosi anguille o sto-rioni giganti. In realtà, sarebbe assaipiù facile scoprirne la reale natura sequalcuno prima o poi riuscisse a farglianche una bella e nitida fotografia.Roberto D’Amico

La famosa foto del mostro di Lochness rivelatasi un falso

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ESPERIENZEAKSAI - LA SCUOLA DI GIANLUCA CHIARENZA

Continuano i corsi per imparare la lingua italiana con sempre più studenti

grazie all’impegno dei maestri

Operations Geology Section Head, In-tegrated Field Modelling Engineer,Lead Process Innovation Engineer,Senior Drilling Operations Engineer,Senior Planning and Performance En-gineer, Warehouse and Materials Ma-nager, Lead Petrophysicist, Intsallationand Testing Engineer, cosa puo uniretutte queste persone oltre il lavoronella stessa azienda? Dopo la loro at-tività principale fanno causa comune ededicano il loro tempo libero agli altri,dando una grande possibilità, quella diimparare la lingua italiana. Sono gli in-segnanti della scuola intitolata a Gian-luca Chiarenza, che l’ha fondata nel2003 nella piccola città di Aksai, doveha lavorato per la fortuna e l’orgogliodi molte persone. Il suo grande desi-derio e’ sempre stato quello di svilup-pare lo studio della lingua italiana,attraverso la divulgazione e lo scam-bio culturale fra Italia e Kazakhstan.Gianluca e’ riuscito nel suo intento edil suo spirito e’ ancora vivo qui in Ka-zakhstan. Ad Aksai, grazie agli inse-gnanti volontari ed all’impegno in Italiadella sua famiglia e dei suoi veri amici,continua tutto ciò che egli ha intra-preso sempre con grande gioia ed ab-negazione. Infatti, tramite l’Associa-

bel paese. Naturalmente, in questianni ci sono stati molti insegnanti e al-trettanti direttori della scuola, ognunodiloro ha dato un prezioso contributoche rimarra’ sempre nella memoriadegli studenti. In questo momento visono tre gruppi di studio della linguaitaliana: i principianti guidati da Vin-cenzo Meli e Lailo Pulotova, una ra-gazza locale che al pari degli italianiinsegna la lingua egregiamente; il li-vello medio guidato da Pier PaoloBerto, Bruno Prandini e Marco Amico-sante e per finire, il livello avanzatocon Roberto Mori, Giorgio Maletti eGianfrancesco Melpignano. Non po-tevo esimermi dal nominare tutti gli in-segnanti, che dimostrano un grandeattaccamento a tutti i studenti. Certa-mente, nessuno ha una formazionepedagogica, ma come diceva sempreGianluca, se le cose si fanno conamore, tutto il resto non conta e gli stu-denti frequentano le lezioni congrande piacere e fanno grandi pro-gressi nello studio. E questi insegnantihanno il grande talento di saper comu-nicare e, soprattutto, di saper sognare.“Chi sa sognare sa realizzare” questoera il motto di Gianluca Chiarenza. Edi nostri insegnanti, oltre il talento e gra-

zione AksaiCultura, ogni anno vieneassegnata la borsa di studio intitolataa Gianluca Chiarenza, dopo una sele-zione tra gli studenti più meritevoli eche dimostrano di voler imparare lalingua italiana. L’Associazione Aksai-cultura si occupa ogni anno di far giun-gere in Italia, presso scuole di grandelevatura culturale, uno o più studentiper un corso avanzato di due setti-mane, dando la possibilità di venire incontatto anche con usi e tradizioni del

Vincenzo Meli con gli studenti del corso principianti

Marco Amicosante con gli studenti del gruppo medio

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Aksai. La scuola di

Gianluca Chiarenza

grande diligenza, realizzano lezioni digrande livello e spesso non se ne ren-dono conto! Questi sono i nostri cariinsegnanti, che si impegnano dopo illavoro ed ognuno si differenzia per ilmetodo didattico. Provengono tutti daregioni italiane diverse e pertanto pos-siamo imparare la lingua italiana attra-verso le sue molteplici sfaccettature ele lezioni diventano sempre più inte-ressanti, divertenti e formative. Le le-zioni di lingua italiana aiutano ad unirele persone di diverse nazionalità: ka-zaki, russi, italiani ed i nostri meravi-gliosi maestri ci aiutano in questo.Inoltre, qualche studente e’ portatomaggiormente allo studio della gram-matica, qualcun altro primeggia nellaconversazione, ma tutto ciò portasempre a risultati positivi. La studen-tessa Aigul Shaimbetova dice “Ab-biamo l’opportunità di esercitarci nellostudio della lingua italiana non solo ascuola, ma anche durante gli incontriche si organizzano con i maestri, doveimpariamo molte cose nuove sulle cul-ture dei nostri due paesi”. Il numerodegli studenti che vogliono frequen-tare la nostra scuola sta aumentandoogni giorno e la costituzione di unnuovo gruppo e’ prevista per il pros-simo mese di settembre. Questo signi-fica che l’interesse per la linguaitaliana e’ vivo e continua a crescere etutto ciò che e’ stato desiderato ed or-

ganizzato dal nostro fondatore conti-nua. Nella scuola di Gianluca si ten-gono anche altri due corsi perstranieri, uno per insegnare la linguarussa e l’altro quella kazaka, frequen-tati anche da italiani che dimostranogrande interesse per queste lingue.Come studentessa del corso d’italianoringrazio di cuore tutti i miei maestri evoglio esprimere loro tutta la mia am-mirazione e gratitudine. Come diret-trice della scuola auguro ai maestri edagli allievi di continuare con passionee costanza nell’insegnamento e nellostudio, ricordando sempre il nostrogrande Gianluca. Ecco come vanno lecose qui ad Aksai. Elvira Aijanova

Lailo Pulotova insegna al gruppo dei principianti

Gruppo medio allo studio (Serviziofotografico di Elvira Aijanova)

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CATERINA D’ARAGONA

La storia della principessa del Galles e regina consorte d’Inghilterra

Gioie e umiliazioni della prima moglie di Enrico VIII

Michael Sittow. Ritratto di dama iden-tificata nella giovane Caterina d'Ara-gona, principessa vedova del Galles,ca. 1503, Kunsthistorisches Museum,

Il complesso periodo in cui si svolserole vicende che portarono allo Scismad’Inghilterra, durante il quale la Chiesad’Inghilterra ruppe i rapporti con l’au-torità’ del Papa e la Chiesa cattolicaromana, fu un’epoca in cui s’intreccia-rono passioni private ed interessi pub-blici e parte di un processo più ampioche giunse alla Riforma protestanteeuropea e che sconvolse la vita reli-giosa in tutta l’Europa del tempo. Unafigura femminile generalmente dimen-ticata dagli storici, come spesso ac-cade quando si cerca di tracciare labiografia di un personaggio vissuto inepoca medioevale, soprattutto se sitratta di una donna, e’ sicuramenteCaterina d’Aragona, principessa delGalles come consorte di Arturo Tudor,prima moglie di Enrico VIII e rivaledell’affascinante Anna Bolena, desti-nata a toglierle il trono. Figlia di Isa-bella e Ferdinando d’Aragona, i famosi“Re Cattolici” del Quattrocento spa-gnolo, nata ad Alcalá de Henares il 16dicembre 1485, aveva sangue spa-gnolo e portoghese insieme a quellodei Plantageneti, detti anche Prima ca-

ca d’ Angio’, la grande casata fondatada Enrico II d’Inghilterra. Isabellad'Aragona discendeva, infatti, duevolte da Giovanni di Gaunt sia dalprimo matrimonio di questi con la cu-gina Bianca di Lancaster sia dal se-condo con Costanza di Castiglia edanche Ferdinando aveva sangue deiPlantageneti in quanto discendente dauna figlia di Enrico II. Caterina tra-scorse la fanciullezza alla corte dei so-vrani spagnoli, allora ancora uncampo mobile, istruita sulla Bibbia maanche sui classici Prudenzio e Gio-venco, Sant’Ambrogio e Sant’Ago-stino, San Gerolamo e Seneca. All'etàdi tre anni, fu promessa al principe Ar-turo Tudor, rampollo di Enrico VII d’In-ghilterra ed erede al trono del regno,che sposò il 14 novembre nel 1501nella Old St Paul's Cathedral, ma ilgiovane morì solo cinque mesi piùtardi. Di conseguenza, Caterina sposòil fratello minore del marito, colui cheavrebbe regnato con il nome di EnricoVIII, ottenendo una dispensa specialeda papa Giulio II, in quanto si dicevache il primo matrimonio non era stato“consumato”. Al riguardo alcuni testibiblici parlavano dell’argomento: unpasso del Levitico vietava di prenderein moglie la vedova del fratello mentre

un passo del Deuteronomio, invece, loprescriveva tra i doveri del fratello mi-nore. Caterina sarebbe dovuta rien-trare nel proprio paese, ma Enrico VIInon volle rinunciare al proprio investi-mento politico con la Spagna ed alcontempo a lei queste nozze frutta-rono un vitalizio che la mise al riparodalle ristrettezze di una vedovanzagallese. Il 1 giugno 1509 fu celebratoil matrimonio in forma privata di Cate-rina con Enrico VIII nell’oratorio dellachiesa del convento adiacente al pa-lazzo di Greenwich, mentre la cerimo-nia ufficiale fu celebrata il giorno diSan Giovanni nell’abbazia di Westmin-ster. Al tempo Enrico non era certa-mente il sovrano burbero, grasso ediroso degli ultimi anni del suo regno,ma un giovane attraente e di aspettoe portamento regale. Pertanto, i primianni della nuova coppia reale furonocaratterizzati dal reciproco rispetto conpubbliche dichiarazioni di sincera fe-deltà. Caterina assunse anche il ruolodi consigliere privato del marito dopola sua ascesa al trono, sfidandospesso l’autorità del cardinale Thomas

Ritratto di Enrico VIII nel 1509 altempo del matrimonio con Caterina.Scuola inglese. Museo delle Arti diDenver (Colorado)

Ritratto del Principe Arturo Tudor

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pag. 7Marzo 2014

Caterina d’Aragona

Lord Cancelliere ed elemosiniere delre. Infatti, Caterina per sei mesi presela posizione di reggente del regno d'In-ghilterra mentre Enrico VIII si trovavain Francia; in quel periodo, gli Inglesivinsero la battaglia di Flodden Field,circostanza in cui Caterina giocò unruolo importante, appoggiando il ma-rito. La mancanza di un erede ma-schio, molti furono gli aborti diCaterina ed alcuni figli maschi mori-rono dopo poche settimane, cosa delresto frequente in un’epoca in cui lamortalità infantile era altissima, portòal deterioramento dei rapporti tra Ca-terina ed Enrico, ossessionato dallanecessità di garantire un erede alla di-nastia Tudor. La Guerra delle due roseera ancora ben presente nella mentedi Enrico, preoccupato che alla suamorte si sarebbe scatenata unaguerra civile in quanto una donna nonera considerata capace di tenere unitiil paese e la Dinastia Tudor. Infatti,quando il trono era toccato a Matilded'Inghilterra, era scoppiata una guerracivile. La nascita nel 1516 di Maria,quella che sarà la quarta e penultimamonarca della dinastia Tudor, ricor-data soprattutto per il tentativo di re-staurare il cattolicesimo in Inghilterradopo la Riforma, non portò al riavvici-namento dei coniugi. Infatti, il re pen-sava già ad una nuova consorte enella primavera del 1526 era ormai in-fatuato di una graziosa fanciulla dagliocchi neri, Anna Bolena, la figlia di sir

Thomas Boleyn, I conte del Wiltshiree lady Elizabeth Howard, a sua voltafiglia di Thomas Howard, II duca diNorfolk. Enrico tentò di far annullare ilmatrimonio con Caterina per assenzadi un erede maschio, ma papa Cle-mente VII si trincerò dietro numerosicavilli di ordine teologico e formale pernon dare il proprio benestare. In quelperiodo Clemente VII era ostaggio del-l’imperatore Carlo V, che aveva sac-cheggiato Roma nella primavera del1527 e lo spagnolo non aveva alcunaintenzione di rinunciare al legame fa-migliare con la corona inglese. Daparte sua Caterina, ormai appesantitaed invecchiata, umiliata da questa si-tuazione, iniziò a tessere le fila di unacampagna ostruzionista nei confrontidel marito, stringendo una fitta rete direlazioni a corte e guadagnandosi il fa-vore popolare, cercando in tutti i modidi tutelare i diritti dinastici della figliaMaria. Ma tutti i suoi sforzi non porta-rono i frutti sperati ed Enrico riuscì afar annullare il matrimonio dal vescovodi Canterbury nel 1553 ed a sposareAnna Bolena, che non aveva mai vo-luto accettare di ricoprire un ruolo su-balterno, reclamando una posizioneufficiale all’interno della corte inglese,

aprendo di fatto una frattura con laSanta Sede. Caterina perse quindi il ti-tolo di regina e fu allontanata dallacorte e, considerata da Enrico soloprincipessa vedova del Galles, rele-gata nel castello di Kimbolton nelCambridgeshire, da dove non smisemai di lottare, mantenendo scambiepistolari con l’ambasciatore spagnoloa Londra, cercando sempre di proteg-gere la figlia dalle mire della Bolena edove morì nel gennaio del 1536. Sem-bra che Enrico non dimostrò alcun rin-crescimento per la scomparsa dellamoglie, rifiutandosi persino di leggerela sua ultima lettera di addio. Le cosenon andarono comunque come il so-vrano avrebbe voluto, in quanto ancheAnna Bolena partorì una figlia, quel-l’Elisabetta I Tudor che sarà reginad’Inghilterra e d’Irlanda dal 1558 finoalla morte. Anna Bolena venne man-data a morte nel maggio 1536, pochimesi dopo la scomparsa di Caterina.William Shakespeare, nella scena IVdell’atto II dell’Enrico VII, descrisseCaterina coma la “Regina delle Re-gine della terra” mentre a corte venivadescritta come la creatura “più belladel mondo”, protettrice e amica di arti-sti e studiosi. Luisastella Bergomi

Ritratto di Anna Bolena. Castello di Hever (Kent)

La principessa Maria nel 1544

Londra, National Portrait Gallery

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pag. 8Marzo 2014

TRIENNALE MILANO

Dal 5 al 30 marzo la Triennale di Mi-lano ha ospitato le opere di due gio-vani artisti americani che hannodialogato negli spazi espositivi condue linguaggi espressivi molto diversi,ma con tematiche comuni. Michael E.Smith, nato a Detroit nel 1977, è con-siderato uno degli artisti americani piùinteressanti della sua generazione.Nelle sue opere troviamo un'Americamolto lontana dalla cronaca ufficiale,l'America delle città come Detroit, unadistesa di fabbriche in rovina e di caseabbandonate. Come ha sottolineatoSimone Menegoi, uno dei curatoridella mostra, il lavoro di Smith richiedegrande concentrazione ed è, comel'autore, taciturno e schivo. Il vero pro-tagonista della mostra è il vuoto, leopere esposte sono poche e moltoisolate l'una dall'altra, sono oggetti dimodeste dimensioni, ma dall’intensa

ed inquietante presenza. Ian Cheng,nato a Los Angeles nel 1984, lavorasoprattutto avvalendosi della tecnolo-gia informatica, realizzando simula-zioni animate al computer checambiano all'infinito, senza mai ripe-tersi, dando così allo spettatore la sen-sazione di vivere qualcosa di unico edi irripetibile, qualcosa che non cono-sce né inizio né fine. Corpi e brandellidi corpi si muovono in maniera conci-tata in spazi che appaiono ostili, chetrasmettono sofferenza, sconcerto, in-quietudine. Come ha voluto sottoli-neare Edoardo Bonaspetti, curatore diArti Visive e Nuovi Media della Trien-nale “Entrambi gli artisti analizzano letensioni contemporanee ed immagi-nano possibili modalità di reazione edi resistenza attraverso logiche d'op-posizione e di scardinamento dell’ordi-lnario”. Matilde Mantelli

Si è svolta a Milano la seconda edi-zione, la prima risale al 2009, di que-sta significativa iniziativa che vede laTriennale aprire le porte alle Galleriemilanesi iscritte all'ANGAMC Associa-zione Nazionale Gallerie d'Arte Mo-derna e Contemporanea. Questoevento, come ha ricordato AnnamariaGambuzzi, Presidente dell'ANGAMC,rappresenta “un'importante collabora-zione tra organismi privati ed istituzionipubbliche. Un'iniziativa che contribuiràal rafforzamento di importanti sinergievolte alla promozione e valorizzazionedell'arte moderna e contemporanea,ma soprattutto all'arricchimento del giàprestigioso ruolo culturale della città diMilano”. L'ANGAMC, nata nel 1964,ha come obiettivo primario quello dirafforzare sempre più la struttura delmercato dell'arte incentivandone le po-tenzialità grazie alla professionalitàdegli operatori, anche con interventi inambito giuridico ed amministrativo, de-finendo con chiarezza la figura e l'atti-vità del gallerista. Sessanta opere ditrentasei artisti italiani e stranieri (ognigalleria ha presentato opere di un soloartista) animano la mostra per rico-struire la storia della ricerca plastica epittorica dalla metà del secolo scorsofino ai giorni nostri attraverso un per-corso cronologico e tematico volto astimolare confronti ed a ricercare affi-nità tra i vari linguaggi e le diverseforme espressive. Giangaleazzo Vi-sconti di Modrone, Delegato territo-riale di Lombardia ANGAMC, hasottolineato che “in un periodo di crisiquesta iniziativa, resa possibile grazieal contributo della Camera di Com-mercio di Milano, è un indubbio se-gnale che la vivacità delle galleriemilanesi associate all' ANGAMCpossa essere vista come un esempioreale per credere con ottimismo ad unfuturo più sereno”. M.M.

MILANO GALLERIE

Lo spazio espositivo milanese e le moderne soluzioni dell’arte

Le gallerie milanesi

alla Triennale

Video di Ian Cheng

Untitled 2014 di Michael E.Smith

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PASSIONE MOSTREdi Silvia Panza

Liberty. Uno stile per

l’Italia Moderna

Musei San Domenico – Piazza Guidoda Montefeltro, 12 - Forlì1 Febbraio – 15 Giugno 2014www.mostrefondazioneforli.it/

La Galleria dell’Accademia di Firenzevuole celebrare, con una mostra unicanel suo genere, i quattrocentocinquan-t’anni dalla morte di MichelangeloBuonarroti.L’esposizione vuole mo-strarci l’arte di Michelangelo attraversole opere di scultori, pittori e fotografiche dal grande artista fiorentino hannotratto ispirazione e come la fotografiaabbia avuto un ruolo determinante nelconsolidare e nel rendere ancora piùgrandioso il mito di Michelangelo edelle sue opere. La mostra è caratte-rizzata dal modo in cui, dall’Ottocentoai giorni nostri, si è cercato di interpre-tare e riproporre la scultura del Buo-narroti: dalla fotografia intesa comesemplice oggetto di documentazionesino ad arrivare alla creazione di nuovipunti di vista e di analisi dell’operad’arte del Novecento. Tra i grandi arti-sti ispirati da Michelangelo, le cuiopere potranno essere ammirate inquesta mostra, ricordiamo Rodin, Me-dardo Rosso, Matisse e Carlo Mollino.

Ri-conoscere

Michelangelo

Galleria dell’Accademia – Via Ricasoli,58/60 - Firenze18 Febbraio – 18 Maggio 2014www.uffizi.firenze.it/mostre/

Verso Monet. Il paesaggio

dal Seicento al Novecento

Basilica Palladiana – Piazza dei Si-gnori - Vicenza22 Febbraio – 4 Maggio 2014www.lineadombra.it

Il passato ci ha offerto numerose mo-stre dedicate al “Liberty”, ma quellarealizzata presso i musei di San Do-menico a Forlì, la possiamo definire lapiù importante ed imponente nel suogenere. Il Liberty non è solo quellostile, proprio del primo Novecento, checon i suoi fiori ha decorato ed abbellitofacciate di case, oggetti d’arreda-mento ed opere d’arte, ma è molto dipiù. E’ un’arte totale che ha coinvolto,oltre la pittura, la scultura e l’architet-tura anche la letteratura, il teatro, lamusica, la poesia, la moda, le arti ap-plicate e decorative. Insomma, lo pos-siamo considerare una vera e proprioespressione di vita. E proprio se-guendo il percorso espositivo saràpossibile trovare e capire la linea co-mune tra i dipinti di Previati e Segan-tini, le vetrate e i ferri battuti di Bellottoe Mazzucotelli, le ceramiche di Chini eCambellotti, i manifesti di Dudovich eBoccioni, i mobili di Zen, Issel e Bu-gatti e gli abiti di Eleonora Duse.

E’ alla Basilica Palladiana di Vicenzache si conclude il secondo capitolodelle esposizioni ospitate dalle città diVerona e di Vicenza. Il lungo ed affa-scinante percorso espositivo è dedi-cato alla produzione pittorica delpaesaggio, in Europa ed in America,dal Seicento ai primi decenni del No-vecento ed è suddiviso in sei sezioni:1. Il Seicento. Il vero e il falso della na-tura. 2. Il Settecento. L’età della ve-duta. 3. Il paesaggio romantico. 4.Realismi. 5. L’impressionismo ed ilpaesaggio. 6. Monet e la nuova ideadi natura. Sono messi a disposizionedel visitatore un centinaio di dipintiprovenienti dai maggiori musei delmondo e da alcune importanti colle-zioni private. Il titolo, rifacendosi all’ul-tima sezione dell’esposizione, vuolesoprattutto mettere in risalto, con unamostra nella mostra (sono presentitrenta dipinti di Monet), il lungo e stra-ordinario studio che il pittore franceseha dedicato al paesaggio.

Alphonse Mucha - Poetry (allegory) Claude Monet. Cattedrale di Rouen

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GENOVA – PALAZZO REALELa storia della residenza Balbi s’intreccia con le vicende della città marinara e

custodisce un patrimonio artistico immenso

Il Palazzo Reale di Genova e’ unodelle più splendide ed imponenti resi-denze patrizie genovesi, con le fac-ciate rosso e ocra che si affacciano daun lato sulla centrale via Balbi e dal-l’altro su di un piccolo e grazioso giar-dino pensile verso il bacino del PortoVecchio, al quale era collegato tramiteun edificio esterno chiamato dai geno-vesi il “Ponte Reale”, demolito nel1964 per ragioni di viabilità. Volutodalla famiglia dei Balbi nel primoquarto del XVII secolo, il palazzo rien-tra in un grande processo di pianifica-zione urbana iniziato settant’anniprima con l’apertura di Strada Nuova,l’odierna via Garibaldi. Da Piazza dellaNunziata, detta “del vastato” dal latino“vastinium” che significa “demoli-zione”, a causa degli sventramenti oc-corsi nel 1155 per la costruzione della

Palazzo Reale dalla parte del giardino pensile (Wikipedia Comm. Licence)

cinta muraria detta “del Barbarossa”,un’impresa a carattere pubblico e pri-vato nel 1602 apre una nuova stradacon una funzione urbanistica, creandoun’alternativa verso il ponente all’an-tica e congestionata via Pre’, fiancheg-giando il porto ed al contempoallestendo un nuovo quartiere aristo-cratico con palazzi decisamente piùampi e monumentali di quelli postinella cinquecentesca via Aurea. Qui lafamiglia Balbi costruisce quattro ma-gioni per annunciare alla città ed al-l’Europa la sopraggiunta potenzaeconomica e politica. Nel 1618 siavvia la costruzione di Palazzo BalbiSenarega e di Palazzo Stefano Balbi;nel 1649 viene completamente ristrut-turato Palazzo Balbi Cattaneo, uncomplesso di case medioevali accor-pate nella seconda metà del XVI seco-

lo e nel 1656 viene iniziato PalazzoBalbi Raggio. Palazzo Stefano Balbiviene ultimato nel 1620, ma già nel1643 inizia la seconda fase della co-struzione con il completamento delcorpo centrale e l’edificazione delledue ali laterali proiettate verso il maree che racchiudono il giardino. Nel1677 il palazzo viene venduto alla po-tente e ricchissima famiglia Durazzo,che già allora contava quattro dogi edue cardinali, che nel 1685 l’amplia in-corporando un fabbricato adiacente,nel 1694 la sopraeleva di un piano enel 1705 la trasforma completamentesecondo il nuovo gusto rococò, produ-cendo un insieme incredibilmente sce-nografico. Nel 1823 i Durazzo cedonoil palazzo ai Savoia, che lo adibisconoa residenza ufficiale, da qui l’appella-tivo di Reale, mentre nel 1842 ne mo-dificano alcuni ambiente per ricavarnele Sale del Trono e delle Udienze ed ilsalone da ballo. Nel 1911 il palazzo di-viene proprietà statale ed apre al pub-blico la quadreria. Dal punto di vistamuseale la visita risulta particolar-mente stimolante in quanto PalazzoReale e’ stato sia un’abitazione privatadi prestigio quasi principesco sia reg-gia e, nonostante tutte le trasforma-zioni subite si e’ conservataun’interessante stratificazioni di de-cori, arredi e gusti estetici assoluta-mente coinvolgente. I più importantiartisti attivi a Genova nel Seicento enel Settecento hanno affrescato lesale: ricordiamo solo “Giove chemanda Giustizia sulla Terra” di Gio-vanni Battista Carlone e gli affreschi diValerio Castelli, Andrea Sighizzi edAngelo Michele Colonna. La quadre-ria, di straordinaria ricchezza e varietà,contiene il meglio della produzione deipittori barocchi genovesi quali: Ber-nardo Strozzi, il Grechetto, il Baciccia,Domenico Fiasella, insieme ai capola-vori di Van Dych, Ferdinand Voet,Guercino, Tintoretto e Luca Giordano.Palazzo Reale conserva quasi tutti imobili originali della sua lunga storia,dalla metà del XVII secolo fino agliinizi del XX, appartenenti sicuramentead una delle arti cosiddette minori, ma

segue

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Genova-Palazzo Reale

affascinante e ricca di piacevoli sor-prese. E’ il caso della Galleria degliSpecchi realizzata dall’architetto Fon-tana dopo il 1766 su modello della“Galerie de Glaces” della Reggia diVersailles. Il motivo per cui a Genovain quel periodo furono realizzate al-cune gallerie degli specchi, comequella di Palazzo Spinola in Pellicaria,e’ un’altra storia e merita di essere rac-contata. Nella seconda metà del XVIIsecolo la potenza economica e mili-tare spagnola era in lento e costantedeclino e la Repubblica di Genova,sua alleata, ne seguiva le sorti. Astronascente della politica europea il refrancese Luigi XIV, il Re Sole, aveval’ambizione di rovesciare i rapporti diforza con la Spagna e di imporre laFrancia come potenza egemone euro-pea, non nascondendo le sue mire suGenova e la Lombardia. Ogni pretestoera buono per accusare la Repubblicadi San Giorgio di atti ostili verso laFrancia per poter giustificare un at-tacco in forze alla città. La mattina del17 maggio 1684 la flotta francese, for-mata da 160 navi con 756 bocche dafuoco si schierò davanti a Genova, ilgiorno seguente le artiglierie cittadineaprirono il fuoco colpendo alcune navie costringendo la flotta francese ad in-dietreggiare. La risposta fu immediatae la sera stessa iniziò il bombarda-mento. La sera del 25 maggio i fran-cesi, dopo il rifiuto del doge FrancescoMaria Imperiale Lercari, tentarono disbarcare a Sampierdarena, ma furonosbaragliati dalla milizia locale e dai vo-lontari della Val Polcevera. Il 29 mag-gio l’offensiva ebbe fine, solo perchéle navi avevano terminato le scorte dimunizioni e la più potente flotta delMediterraneo riprese il mare in dire-zione di Tolone. L’orgoglio, la capar-bietà e la tenacia dei genovesiavevano salvato la città e la Repub-blica dalle mire espansionistiche fran-cesi. Su Genova erano cadute 16.000bombe, la metà rimase inesplosa e idanni furono immensi. Si apriva unmomento diplomatico estremamenteincerto: Genova sapeva benissimoche non avrebbe potuto resistere adun nuovo bombardamento e la Fran-cia era restia a sferrare un nuovo at-tacco dopo la pessima figura del pre-

precedente. E se la città avesse resistito ancora? La credibilità del Re Sole nesarebbe stata annientata. Dopo lunghe trattative diplomatiche, nelle quali fucoinvolto anche papa Innocenzo XI, nel febbraio 1865 fu firmato un trattato dipace: i genovesi si sarebbero presentati a Versailles a porgere le proprie scuseal re e per contro, i francesi avrebbero accolto il doge con prerogative regali.Genova avrebbe quindi abbandonato l’alleanza con la Spagna per entrare nel-l’ambito francese, ma alla pari e non da suddita, non da nazione sconfitta. Il 15maggio 1685 il doge Lercari pronuncia il discorso di scuse davanti al Re Solecon grande dignità. “Aveva un contegno per nulla imbarazzato, della grandezzasenza sottomissione e della sottomissione senza mortificazione” avrebbe scrittoun ambasciatore straniero presente all’incontro. I genovesi seppero trasformareun atto di sottomissione in una gentile concessione, come ad uno zio un po’ pi-gnolo da accontentare a tutti i costi. Fin qui la storia, ma narra la leggenda cheal termine della visita alla reggia di Versailles per impressionare gli ospiti con lasua magnificenza, un cortigiano abbia chiesto al doge cosa lo aveva colpito al-l’interno della reggia ed il Lercari avrebbe risposto: “Qui? Me!”. Nonostante ladisinvoltura e la perfetta padronanza di se il Doge ed il suo seguito dovetteroessere più che affascinati, interessati sia dalla sfarzosa reggia di Versailles chedalla corte del re Sole. Genova subì l'influenza culturale francese che si fecenotare negli arredi, nei vestiti, nel cerimoniale, ma quello che colpì maggior-mente fu la Galleria degli Specchi: nessuno dei palazzi patrizi genovesi potevadisporre dei 73 metri di quella francese, ma molte delle famiglie più abbienti sene fecero costruire una adattandola agli spazi disponibili. Franco Rossi

Dipinto raffigurante il bombardamento navale di Genova del 1684 da partedella flotta francese nel golfo antistante la citta’

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L’anno 2014 e’ e sarà un anno ecce-zionale per l’arte e la cultura della cittàdi Genova. E’ ancora in corso fino alprossimo 27 aprile l’emozionante mo-stra dedicata ad Eduard Munch alle-stita a Palazzo Ducale che e’ già stataannunciata quella che occuperà la re-sidenza del Doge dal prossimo 20 set-tembre al 15 febbraio 2015 e che siintitolerà “Frida Kahlo – Diego Rivera”,seconda tappa di un percorso iniziatoa Roma presso le Scuderie del Quiri-nale. Le mostre allestite a Roma eGenova dedicate a Frida Kahlo sa-ranno in realtà due rassegne comple-mentari che avranno in comune unatrentina di opere sulle duecento checomporranno il percorso espositivocompleto; mentre la mostra romanaanalizza i rapporti che intercorrevanotra la pittrice messicana, i movimentiartistici e la realtà politica della suaepoca, la mostra genovese preferiràesplorare il suo io interiore ed il rap-porto, spesso tempestoso, con DiegoRivera, suo marito ed a sua voltagrande artista. Una realtà, quella diFrida, divenuta un continuo confrontocon la sofferenza, in giovane età subìun devastante incidente che ne hacondizionato l’esistenza, ed una fortepartecipazione politica attraverso lasua identità di donna. Presenzieràl’inaugurazione genovese la nipoteCristina Kahlo, nota fotografa. Assolu-tamente affascinante ed imperdibile“La rinascita della pittura giapponese”mostra allestita presso il Museo d’ArteOrientale Chiossone fino al 29 giugno.Curata da Donatella Failla l’esposi-zione, di assoluta eccellenza, segue larassegna che si e’ appena conclusa alVictoria and Albert Museum di Londra,che ha riscosso un grandioso suc-cesso con settantasettemila visitatori.Al museo genovese vengono presen-tati settantasette dipinti, circa un sestodella collezione, restaurati negli ultimivent’anni grazie al finanziamento dicirca quaranta milioni di yen da partedi enti pubblici e privati. E’ noto che ilGiappone ama conservare e valoriz-zare sia il proprio patrimonio artisticoche quello in paesi stranieri. Genovapossiede, con altre ventimila opere do-

nate da Edoardo Chiossone, uno deipiù importanti musei di arte orientaled’Euro-pa, dove i visitatori si potrannolasciar sedurre da paesaggi incantatied evanescenti come sogni, dai coloridelicati e smaglianti insieme: piccolitratti di pennello, quasi fossero porteper perdersi in una dimensione alter-.

nativa. Completamente diversi maegualmente interessanti i quadri espo-sti nella Sala delle Udienze di PalazzoReale fino al 1 giugno, tele di Ber-nardo Strozzi, Antoon Van Dick, Tinto-retto e Veronese, che facevano partedella ricca quadreria dei Durazzoquando, nel 1824, vendettero il loropalazzo ai Savoia. Su proposta di Ro-berto D’Azeglio si andò a formare aTorino una Reale Pinacoteca, oggiGalleria Sabauda, con quadri prove-nienti da tutte le residenze reali pos-sedute ed acquisite. Un certo numerodi tele abbandonarono quindi il pa-lazzo di via Balbi per andare ad arric-chire la collezione di Carlo Alberto.Undici di questi quadri tornano ora allaloro collocazione originaria. Questa e’un’occasione imperdibile per poterliammirare, in quanto non fruibili al Pa-lazzo Reale di Torino, ma affidate indeposito al Castello di Moncalieri. Perfinire, un quarantesimo da festeggiare,quello di Lupo Alberto, al Museo Luz-zati nel Porto Antico fino al 6 settem-bre a cura di MEC/Silver, FerruccioGiromini e Sergio Noberini, “Storia diamore e di tagliola” tra un lupo di bellesperanze ed una gallina di buona fa-miglia, la strip vide la luce sulle paginedel Corriere dei ragazzi nel febbraio1974 e dal maggio 1985 apparvecome albo mensile. F. Rossi

Edvard Munch - La ragazza malata (1885/86)

GENOVA 2014Grandi eventi espositivi renderanno effervescente la città marinara

Sesshū Tōyō - Paesaggio d’autunnoe d’inverno - Tôkyô National Museum

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BRERA DESIGN DISTRICT FUORISALONE 2014

L’Italia come riferimento del design nel mondo

Dall'8 al 13 aprile a Milano si svolgeràla quinta edizione di Brera Design Di-strict, Fuorisalone 2014, con una seriedi eventi che faranno da corollario alSalone del Mobile, rendendo protago-nista questo storico ed affascinantequartiere della città, che aprirà le portedelle sue botteghe, degli showroom edi spazi temporanei a cittadini, turistied addetti ai lavori. L'edizione di que-st'anno prevede un ricco calendario diappuntamenti promossi dai più impor-tanti brand internazionali e presenta“Lezioni di Design”con il tema “Be Di-strict: creare connessioni e comuni-care innovazione, offrendo unpercorso con molte iniziative volte allaconoscenza ed all'approfondimentodell'argomento, tra cui “Storia del de-sign italiano. Lezioni di Design”, unaraccolta di documentari prodotti da RaiEducational negli anni Novanta e cherappresentano lo spunto per incontri edibattiti con il pubblico, gli studenti, leaziende in una modalità di confrontoche, partendo dalle esperienze pas-sate, arrivi a trattare temi contempora-nei, quali ad esempio il ruolo deimakers, le ultime frontiere del design,le nuove forme di comunicazione evendita online. Come sostiene il desi-gner Aldo Cibic “Se vogliamo pensareal futuro bisogna guardare al passatoper capire quello che c'è stato dibuono e di interessante e che ci puòessere di nuovo utile”. A questo tema

darà un contributo importante AIS/Design, l'Associazione italiana degli storicidel design nata nel 2009, che proporrà una serie di attività volte alla riscopertadella storia del design ed alla definizione di nuove strategie di marketing. “BeDistrict: creare connessioni e comunicare innovazione”: essere distretto significasoprattutto creare connessioni. L'intervallo di tempo tra la creazione di nuoviprodotti ed il loro lancio sul mercato si sta riducendo, più il quoziente tecnologicoè alto, più rapido è questo processo. La comunicazione si sviluppa secondoprincipi diversi e di conseguenza i nuovi mercati richiedono modelli di sviluppodifferenti ed innovativi. La leadership internazionale del sistema Design/Milanoè certa del fatto che il Salone, il Fuorisalone e l'industria italiana sono e rimar-ranno il riferimento del design nel mondo. Il nostro paese ha un primato e devecomunicarlo al meglio a livello internazionale. A tal scopo è stato realizzato undocumentario che racconta il sistema design e soprattutto i territori dove vieneprodotto e spiega come la settimana del design unisca commercio e cultura,business ed intrattenimento, e rappresenti un esempio virtuoso di vitalità e co-stante rinnovamento. Matilde Mantelli

OPEN HOUSE ROMA 2014 – 10/11 MAGGIOAL VIA LA CAMPAGNA DI CROWDFUNDING

Ha preso il via la campagna di crowd-funding a sostegno della terza edi-zione di “Open House Roma”,manifestazione che apre le porte, inmodo totalmente gratuito, di 150 edificidella Capitale, prevista per quest’annoil 10 e 11 maggio. Nel 2013 OpenHouse ha contato più di 35.000 pre-senze nei luoghi della città altrimentisconosciuti o accessibili solo paga-mento. Anche quest’anno, grazie alprezioso sostegno di molti volontari,Open House offrirà al suo pubblico 48ore di pura scoperta con un percorso

sempre e totalmente gratuito. Partedecisiva per la realizzazione di questaedizione è la campagna di crowdfun-ding, un processo di finanziamentoche inizia dal basso e che mobilita per-sone e risorse con la finalità di racco-gliere i fondi necessari a sostegno diuna manifestazione culturale che stadiventando sempre più estesa e par-tecipata. Ogni anno l’evento si arric-chisce di nuovi siti e progetti edestinati alle persone che credono esostengono il miglioramento qualita-tivo dell'ambiente urbano.

Roma. Tempio di Apollo Sosianopresso il Teatro di Marcello

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Gustav Klimt. Adamo ed Eva (incom-piuto) 1917-18 Olio su tela, cm.173 x60 Vienna, Belvedere © Belvedere,Vienna

il percorso formativo dell'artista findalle sue prime esperienze giovanili,quando frequentava la Scuola di Arti eMestieri della quale farà proprie varietecniche, dall'affresco al mosaico, edove imparerà l'importanza della de-corazione e delle arti applicate. Fon-damentale per la comprensione dellacarriera artistica di Klimt è l'indaginesui suoi rapporti familiari ed affettivi esulla stretta collaborazione con il fra-tello Ernst e con l'amico Franz Matsch,con i quali nel 1881 aveva fondato la“Compagnia degli artisti”, uno straor-dinario sodalizio che condivideva ate-lier e committenze e che si dimostrò ingrado di effettuare lavori decorativi digrandi dimensioni. Proprio a questoperiodo risalgono le importanti com-mittenze relative alle decorazioni diedifici pubblici, tra cui il nuovo Bur-gtheater ed il Museo di Belle Arti diVienna dove Klimt, partendo dall'in-fluenza dello storicismo di Hans Ma-kart, l'artista allora più in voganell'ambiente viennese, da remini-scenze classiche ed esotiche e da unvirtuosismo barocco, inizia una ricercapersonale, nella quale l'assimilazionedei classici non è più puro accademi-smo, ma fa parte di un'evoluzione ar-tistica che lo porterà verso i temisimbolisti, decorativi e floreali dellamaturità. Un'importante fase di pas-saggio nella produzione artistica diKlimt è rappresentata dai bozzetti perla decorazione del soffitto dell'aulamagna dell'Università di Vienna, cherappresentano la Filosofia, la Medicinae la Giurisprudenza ed il cui tema do-veva essere la “Vittoria della luce” se-condo i dettami del positivismo. Klimtsi fa qui interprete visivo della crisi delrazionalismo, rappresentando un'uma-nità dolente nel vuoto cosmico, unfluire di corpi simbolici e metafisici cheemergono da un fondo nebuloso, unturbinio di forme oscure che suscite-ranno grande scandalo e la rottura tral'artista ed il mondo delle istituzioni.Un'intera sala, nella quale il visitatoreè accompagnato dalle sublimi notedella Nona Sinfonia, è dedicata al fre-

KLIMT. ALLE ORIGINI DI UN MITO

A Palazzo Reale di Milano fino al 13 luglio una raccolta straordinaria in

occasione del 150° anniversario della nascita dell’artista

gio di Beethoven, una delle opere piùfamose di Klimt (qui ammiriamo unacopia realizzata nel 1984 per la Bien-nale di Venezia, essendo l'originaleinamovibile), che risale ad uno dei mo-menti più significativi del suo percorso,l'adesione al movimento della Seces-sione. Questa corrente artistica, nataa Vienna sulla scia degli omonimi mo-vimenti di Monaco e Berlino, si inse-riva in quel processo di ripudio delleistituzioni accademiche che caratte-rizzò tutti i movimenti artistici della se-conda metà del diciannovesimosecolo, proponendosi inoltre di com-battere la gretta chiusura entro i con-fini nazionali ed aprendo le porte alleavanguardie europee. In questo climadi grande fermento viene realizzata lamostra dedicata al grande composi-tore tedesco nell'edificio dell'architettoaustriaco Joseph Maria Olbrich, su cuicampeggia il significativo motto “Altempo la sua arte, all'arte la sua li-bertà”, nel tentativo di realizzare unodei punti programmatici focali dellaSecessione, l'opera d'arte totale.Un'intera sala della mostra è dedicataai paesaggi che occuparono grandespazio nelle opere della maturità e neiquali l'artista è teso ad arrestare ideal-mente il tempo, lontano dal naturali-smo impressionista che prevaleva neisuoi contemporanei. Impreziosisconola mostra due opere esposte per laprima volta al pubblico, provenienti dacollezioni private e donate di recenteal Museo del Belvedere, “Il girasole” e“La famiglia”. Alcuni ritratti femminili eduna serie di nudi concludono questoaffascinante “romanzo di formazioneche”, come sottolinea Domenico Pi-raina, Direttore di Palazzo Reale, “sti-mola a ricercare i segni premonitori, gliinflussi artistici, il contesto culturale daiquali emerse l'inconfondibile arte diGustav Klimt”. Matilde Mantelli

Questa mostra nasce dalla stretta col-laborazione tra Palazzo Reale ed ilMuseo Belvedere di Vienna ed è statacurata da Alfred Weidinger, Vicediret-tore del Museo, che si è avvalso dellacollaborazione di Eva di Stefano,grande studiosa dell'artista viennese.Come sottolinea il titolo, l'esposizionesi propone di indagare e di ricostruire

L’esposizione e’ stata realizzata con lacollaborazione del Museo Belvederedi Vienna, promossa dal Comune diMilano-Cultura, organizzata e prodottada Palazzo Reale, 24 ORE Cultura –Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group.

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VISIONI D’ARTE

Gli incontri dell’Associazione Culturale Silvia Dell'Orso di Milano

OPEN BIKE GIMEMA

nei confronti dei beni artistici ed ambientali, soprattutto quelli meno noti, persalvaguardarli dall'incuria e dal degrado. In collaborazione con Assolombarda,nel cui auditorium Giò Ponti di via Pantano 9 a Milano si è svolta la manifesta-zione, e’ stata organizzata la terza rassegna di Visioni d'arte, quest'anno dedi-cata al tema “Arte e Impresa” per indagare le relazioni tra artisti, architetti,designer, animatori ed imprenditori. Nel corso di quattro incontri sono stati pro-iettati film e documentari accuratamente selezionati dal curatore scientifico, lastorica e critica d'arte Paola Scremin. Il primo incontro si è aperto con la proie-zione di un film documentario del 1967, anno del nascente “made in Italy”, de-dicato al coraggioso esperimento della Bauhaus di Walter Gropius nellaGermania del primo dopoguerra. La scuola d'arte fondata a Weimar da Gropiusper le gravi difficoltà incontrate, prima per l'opposizione dei ceti conservatori epoi per l'ostruzionismo da parte del regime nazista, è assurta a simbolo dellenuove correnti di rottura con il passato. Il secondo incontro, dedicato alla pub-blicità d'impresa, ha offerto, partendo da spot surreali di Salvator Dalì, una riccavarietà di animazioni cinematografiche e televisive, tra cui celebri “Caroselli”che hanno fatto la storia della televisione italiana. La terza giornata ha vistoprotagonisti pittori e scultori che, dalla seconda metà del secolo scorso, si sonoconfrontati con i nuovi materiali che i processi industriali hanno messo a lorodisposizione, il polistirolo, l'acciaio, le plastiche. Ha chiuso la rassegna una se-rata interamente dedicata alla Olivetti con la proiezione dell'unica intervista fil-mata ad Adriano Olivetti e di materiale documentario prodotto dall'aziendad'Ivrea, a dimostrare come si possano coniugare con successo etica, esteticae tecnologia.Matilde Mantelli

Open House Roma e’ la manifestazione internazionale cheogni anno coinvolge 25 città nel mondo, con la FondazioneGIMEMA Franco Mandelli Onlus (Gruppo Italiano MalattieEMatologiche dell’Adulto) che da anni promuove e sostienelo sviluppo della ricerca scientifica sulle malattie del san-gue. In occasione dell’evento previsto per il 10 e 11 maggio,Open House Roma e la Fondazione GIMEMA, in collabo-razione con il Touring Club Italiano, il Maxxi e Salvaiciclisti,presentano Open Bike GIMEMA, due giorni di eventi e tourdedicati alla bicicletta. La Fondazione GIMEMA nasce nel1982 con il coinvolgimento di un piccolo gruppo di centri diematologia conseguendo negli anni enormi successi riu-scendo a creare un network che ad oggi riunisce i repartidi ematologia dei più importanti ospedali italiani. Nei duegiorni del 10 e 11 maggio, la Fondazione GIMEMA diven-terà, per Open Bike GIMEMA, sede di Open House a dueruote. La bicicletta, più che strumento e veicolo per trascor-rere il tempo libero, è oggi considerata l’anti-automobile, unmezzo che sottintende solo valori positivi, condivisi dalla ri-cerca targata GIMEMA: dinamismo, salute, sostenibilità ericerca.Open Bike GIMEMA diviene il luogo di incontro emezzo per scoprire l’importanza del lavoro di Fondazioni diricerca come Gimema.

L'Associazione Culturale Silvia Del-l'Orso, ente no profit fondato a Milanonel 2010 in memoria della storica del-l'arte, giornalista e saggista prematu-ramente scomparsa, realizza iniziativevolte alla sensibilizzazione dei cittadini

10 E 11 MAGGIO 2014

FONDAZIONE GIMEMA - FRANCO MANDELLI ONLUS VIA CASILINA 5, ROMA

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JUAN DE LA COSA La prima carta geografica nautica in cui compare il Nuovo Mondo

Le avventurose esplorazioni del navigatore spagnolo

Il Museo Navale di Madrid, inaugurato nel 1843 per rac-contare l'affascinante storia della navigazione spagnola,nella sua collezione di oltre diecimilasettecento straordi-nari pezzi, tra cui strumenti per la navigazione, modelli diimbarcazioni, carte geografiche, armi, bandiere, uniformie opere d'arte che celebrano le gesta dei grandi naviga-tori, custodisce un'opera di eccezionale valore, la magni-fica carta nautica realizzata da Juan de la Cosa nel 1500in cui, per la prima volta, compare il Nuovo Mondo. Juande la Cosa nasce intorno al 1460 a Santoña, una citta-dina sulla costa cantabrica tra Bilbao e Santander, da unafamiglia agiata che possedeva addirittura un intero quar-tiere della città e che tra i suoi componenti annoveravauomini di mare. Juan, fin da bambino, mostra uno spirito

Mappamondo di Juan de la Cosa nel 1500. Il NuovoMondo è rappresentato nella parte superiore in verde

avventuriero ed una grande passione per lo studio della tec-nica della navigazione, della geografia e dell'astronomia.Poco più che ventenne, nel 1482, viene ingaggiato dal ducadi Medinaceli per lo studio di nuove rotte. La corona casti-gliana aveva vissuto momenti molto difficili per problemi di-nastici, mentre il Portogallo, favorito dalla posizionegeografica idonea a sviluppare i commerci e la navigazioneatlantica e da un periodo di stabilità economica e sociale,aveva acquisito grandi vantaggi sulle rotte atlantiche, cheavevano acquistato un'importanza fondamentale essendochiuse le vie d'accesso verso oriente a causa della cadutadi Costantinopoli nel 1453 nelle mani dei Turchi. Con il deli-cato incarico di raccogliere informazioni sulle nuove rottemarittime Juan, in veste di spia, viene inviato a Lisbona daire cattolici. Correva l'anno 1488 e proprio in quei giorni ilgrande navigatore portoghese Bartolomeo Diaz stava rien-trando dallo straordinario viaggio in cui aveva doppiatol'estremità meridionale del continente nero, poi chiamatoCapo di Buona Speranza, coronando così la lunga ricercaportoghese di vie marittime verso l'India. Juan rischia di es-sere catturato dagli “oficiales” portoghesi ed è costretto afuggire. Proprio in quegli anni l'espandersi dei commerci ele conseguenti nuove esigenze di una navigazione non piùlimitata ai tratti costieri fa sì che si sviluppi una nuova formadi navigazione, l'astronomica, molto diversa da quella “costaa vista” praticata fino a quel momento. Con la navigazioneastronomica, che si avvaleva di strumenti quali la balestrigliae l'astrolabio, il navigatore si libera dal vincolo dei riferimentia terra e risolve il problema dell'orientamento in mare aperto,uno dei più complessi che si siano mai presentati all'uomo.Anche nella tecnica navale si registrano importanti miglio-ramenti: viene introdotta la caravella, agile veliero a due otre alberi pensato proprio per la circumnavigazione del-l'Africa. Nel 1492, anno chiave nella storia spagnola, si con-clude la “reconquista” con la resa del regno moro diGranada ed hanno inizio i grandi viaggi di esplorazione fi-

I Magi. Particolare della carta di Juan de la Cosa

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Juan de la Cosa

nanziati dai re cattolici, Isabella di Ca-stiglia e Ferdinando d'Aragona. Co-lombo parte per il suo primo viaggioaccompagnato da Juan in veste di uf-ficiale economo e di armatore, era in-fatti proprietario della Santa Maria, lanave ammiraglia, e dai fratelli MartínAlonso Yáñez Pinzón al comandodella Pinta e Vicente al comando dellaNiña. Il ventiquattro dicembre la SantaMaria si incaglia nella barriera coral-lina davanti alle coste haitiane e nau-fraga. Secondo quanto riferito dallostorico Bartolomeo Della Casa, cheprobabilmente si è avvalso delle anno-tazioni di Colombo, Juan fu ritenutoresponsabile dell'incidente. Cionono-stante, l'anno successivo partecipaanche alla seconda spedizione di Co-lombo a bordo della Niña, con l'inca-rico di cartografo grazie alle sue vasteconoscenze della materia. Al ritorno laregina Isabella, che contava su di luiper nuove imprese, lo risarcisce per laperdita della Santa Maria. Intanto, nel1494, mediatore il papa AlessandroVI, spagnoli e portoghesi avevano de-limitato le rispettive sfere d'influenzanelle nuove terre scoperte nel trattatostipulato a Tordesillas. Tre anni dopoJuan compie il suo terzo viaggio comepilota principale nella spedizione co-mandata da Alonso de Ojeda, allaquale partecipa anche il grande navi-gatore fiorentino Amerigo Vespucci.Questo viaggio rappresenta la primaesplorazione documentata e cartogra-fata eseguita dagli spagnoli, graziealla quale è stata possibile la completaricognizione delle coste del Venezueladal delta dell'Orinoco fino a Cabo dela Vela nella penisola di Guajira. Nel1500 a Puerto de Santa Maria vicinoa Cadice Juan realizza la storica carta,l'unica sua opera giunta fino a noi,dove rappresenta con grande doviziadi dettagli tutte le terre conosciute. Lecoste europee e mediterranee sonotracciate sulla base dei portolani ma-iorchini e portoghesi che avevano rag-giunto un elevato grado di precisione.Il continente africano appare per laprima volta orientato nord/sud e le suecoste sono tracciate sulla base dellescoperte portoghesi, mentre la rappre-sentazione dell'Asia, non molto pre-cisa, è ancora legata alle teorie tole-

La costa del Brasile. Particolare della mappa di Juan de la Cosa

plorazione cariche di merci. Mentre staaccarezzando l'idea di trasferirsi defi-nitivamente con la famiglia a Hispa-niola, parte come luogotenente diOjeda per una spedizione, sui cui ri-schi aveva messo in guardia il coman-dante, alla ricerca di ricchezze per ilregno di Castiglia. Il 28 febbraio 1510,nella baia di Calamar in Colombia, du-rante una perlustrazione del territorio,Ojeda, Juan ed i loro uomini cadonovittime di un'imboscata e vengono col-piti con frecce avvelenate. Ojeda rie-sce a fuggire e, quando torna con irinforzi, trova tutti i suoi compagnimorti. Juan, vero uomo del Rinasci-mento, navigatore intrepido, carto-grafo, astronomo, abile diplomatico,funzionario di stato ci ha lasciato que-st'opera fondamentale che rappre-senta l'anello di congiunzione tra iportolani medievali e la nascita dellanuova cartografia. Matilde Mantelli

maiche ed alle cronache dei grandiviaggiatori come Marco Polo. Moltodettagliato il tracciato delle Antille edelle terreferme dal rio delle Amazzonia Panamá. Nella parte alta l'effigie diSan Cristoforo, in cui molti vedono il ri-tratto di Colombo, ed al centro del-l'oceano la rosa dei venti con laMadonna, con il volto della regina Isa-bella, ed il Bambino Gesù. L'ottobredello stesso anno lo vede nuovamentein partenza come capitano al seguitodell'esploratore e condottiero Rodrigode Bastidas. Tre anni dopo, duranteuna delicata missione di spionaggio inPortogallo, viene fatto prigioniero esarà liberato solo grazie all'interventodella regina stessa che, per ricompen-sarlo dei suoi servigi, lo nomina “Al-guacil mayor” (governatore conincarichi giurisdizionali) di Urabá, unazona nel mar dei Caraibi ad est dellafrontiera tra Panamá e Colombia, e gliconcede una rendita vitalizia di 50.000maravedì. Durante un successivoviaggio durato tre anni con Juan deLedesma ha la possibilità di esplorarele coste venezuelane e colombiane, leisole Margarita e Giamaica e di tor-nare con un ricco carico di regali perla corona castigliana. Successiva-mente la Casa di Contrattazione delleIndie, un organismo creato per la re-golamentazione del commercio con lecolonie, lo nomina capo della flottigliache aveva il compito di proteggere daipirati le navi di ritorno dai viaggi di es- Juan de la Cosa

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Fino al prossimo 3 novembre sara’ adisposizione nelle sale del complessomuseale di Santa Maria della Scala inSiena, la prima rassegna “antologica”di Sergio Staino dal titolo “Satira eSogni”, che evoca le due attitudiniprincipali che hanno da sempre carat-terizzato il lavoro dell'artista. In rasse-gna gli acquarelli e le più recenti operedigitali che hanno reso Sergio Stainouno tra i maggiori protagonisti della sa-tira in Italia. Oltre trecento le opereesposte, dalle prime strisce di Boboper Linus, che risalgono ai primi anniSettanta, fino alle più recenti creazioniin digitale. Intorno all'anno 2000 l'arti-sta ha dovuto abbandonare per motividi eccessivo degrado della vista il di-segno tradizionale fatto a punta di ma-tita o di penna a china, per spostarsiobbligatoriamente sul digitale. La mo-stra dunque segue questo passaggio:dai primi disegni nati su Linus nel ’79agli appassionati interventi su l’Unità epoi il cinema e quello che ha signifi-cato nell’evoluzione del suo disegno,fino alle ultime opere disegnate amano e acquerellate in grigio primadell’addio definitivo e il passaggio aldigitale. Mescolati tra loro temi politici,dispute familiari, disegni per bambini odi puro gioco, tutti segnati e contrad-distinti da un segno e da una fantasia

Arbasino). Sono gli anni dei disegni a penna, dell'usodella china e dei pennarelli. La mostra, fortemente vo-luta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Sienae organizzata da Opera Civita Group, sarà parte inte-grante dei sette percorsi museali del Santa Mariadella Scala. Dopo la laurea in architettura Staino in-segna in provincia di Firenze e poi si dedica al mondodei fumetti con il personaggio che lo ha reso famoso,Bobo. Collabora con Il Messaggero e l'Unità; nel 1986fonda e dirige il settimanale satirico Tango. Nel 1987porta su Raitre Teletango. Collabora con la televisionepubblica, nel 1990 e nel 1993 con il varietà satirico-Cielito lindo, condotto da Claudio Bisio e Athina Cencie si cimenta con la regia e la sceneggiatura, prima conil film “Cavalli si nasce” interpretato da Paolo Hendele David Riondino e poi con “Non chiamarmi Omar”con Gastone Moschin, Stefania Sandrelli e OrnellaMuti. Nel 2007 realizza "M. Periodico di filosofia da ri-dere e politica da piangere" in edicola ogni lunedìcome supplemento a l'Unità con cadenza settimanale

che, al di là delle tante tecniche usate, rimangono completamente identificativedella sua arte. Alla mostra si accede attraverso un arco trionfale, sormontatoda un Bobo-Rodin pensatore e subito ci si imbatterà in una sorta di Pantheondei nostri giorni: grandi sagome dei personaggi che hanno animato gli ultimitrenta tormentati anni della nostra vita politica e istituzionale. Nelle prime saletrovano spazio le memorabili storie degli anni di Linus (Capitan Kid, Moskava,Senza famiglia) e de l'Unità (I funerali di Belinguer, Livorno 1921, A proposito di

SERGIO STAINO Satira e Sogni

Disegni Acquarelli e Opere digitali in Santa Maria della Scala a Siena

Sergio Staino - Dimensione Agricoltura, 2012

Sergio Staino. il Venerdì, 2014

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PONTORNO E ROSSO FIORENTINO - Divergenti della Maniera

Palazzo Strozzi a Firenze celebra i due protagonisti della “maniera moderna”

della prima metà del ’500

Rosso Fiorentino (Giovan Battista di Jacopo)-(Firenze 1494-Fontainebleau1540) Madonna col Bambino e san Giovannino 1514 olio su tavola cm 102,1 x77,5 x 3. Francoforte, Städel Museum, inv. n. 952Rosso

Fino al prossimo 20 luglio presso Pa-lazzo Strozzi a Firenze e’ allestita lamostra dal titolo “Pontormo e RossoFiorentino. Divergenti vie della ma-niera”, dedicata all’opera del Pon-tormo e del Rosso Fiorentino, duepittori anticonformisti e spregiudicatiche furono senza dubbio i protagonistidel nuovo modo di intendere l’arte inquella stagione del Cinquecento.Pontormo fu il pittore aperto alla va-rietà linguistica ed al rinnovamentodegli schemi compositivi della tradi-zione, mentre Rosso fu invece legatis-simo alla tradizione seppur con anelitidi spregiudicatezza e di originalità, in-fluenzato dalla letteratura cabalistica edall’esoterismo. Uno fu più naturalista,vicino a Leonardo, l’altro teso verso lesuggestioni michelangiolesche. Cu-rata da Antonio Natali, direttore della

Galleria degli Uffizi e da Carlo Falciani,docente di storia dell’arte, l’esposi-zione propone le nuove ricerche filolo-giche, storiche e iconologichecondotte sull’opera dei due artisti eproposte nel 1956, quando PalazzoStrozzi ospito’ la “Mostra del Pon-tormo e del primo manierismo fioren-tino”, illustrando criticamente lacomplessità culturale ed espressiva diuna stagione racchiusa nell’etichettarigida di “manierismo”, in cui Rosso ePontormo vengono considerati vocigemelle. Il Vasari, invece, nella sua“Maniera moderna” ne indica le diffe-renti disposizioni ideologiche e lingui-stiche. La mostra odierna esprime laconvinzione che ciascuno dei due ar-tisti rappresentasse una voce autono-noma nelle dimaniche politiche eculturali della città. Dieci sezioni con-

sentono una giusta lettura delle pro-fonde differenze espressive, attra-verso disegni, opere di ritrattistica equell’adesione ad un sentire religiosoortodosso ed eterodosso che emergeprepotentemente in molte delle loroopere. Il percorso inizia dai tre grandiaffreschi della Santissima Annunziata,ai quali si affianca la Pala Cambi di-pinta da Fra’ Bartolomeo e continua indue sale dedicate alla ritrattistica, confogli esemplari in sequenza cronolo-gica che mostrano il differente approc-cio tecnico ed espressivo dei dueartisti, fino all’elaborazione grafica pre-paratoria alla pittura. “La Madonnadella Cintola” di Volognano, lo “Sposa-lizio della Vergine” della Basilica diSan Lorenzo a Firenze, la “Morte diCleopatra” dell’Herzog Anton Ulrich-Museum di Braunschweig ed il “Com-pianto sul Cristo morto” custodito aSansepolcro, mostrano le peregrina-zioni del Rosso Fiorentino fino in Fran-cia, dove divenne il pittore preferito diFrancesco I a Fontainebleau, mentreil Pontormo a Firenze sarà l’artistacaro a Cosimo I de’ Medici. In una salasono stati accostati due arazzi su di-segno del Pontormo per Palazzo Vec-chio e “Venere e Bacco” dipinto dalRosso per la testata est della mede-sima Galleria, conservati al Musée duGrand Duché del Lussemburgo, “Ve-nere e Amore” del Pontormo custoditopresso la Galleria dell’Accademia diFirenze e “la Pietà di Ecouen” delRosso Fiorentino, eccezionalmenteprestato dal Museo del Louvre. Lamostra è promossa e organizzata daFondazione Palazzo Strozzi, Ministeroper i Beni e le Attività Culturali, Soprin-tendenza PSAE e per il Polo Musealedella città di Firenze, con il Comunedi Firenze, la Provincia di Firenze, laCamera di Commercio di Firenze,l’Associazione Partners PalazzoStrozzi, la Regione Toscan ed il con-tributo di Ente Cassa di Risparmio diFirenze. L’allestimento è stato realiz-zato dall’architetto fiorentino Luigi Cu-pellini che ha rispettato appienol’architettura rinascimentale di PalazzoStrozzi.

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SPOSALIZIO DELLA VERGINE

La tavola di Rosso Fiorentino in esposizione all’Ambasciata di Parigi

Rosso Fiorentino Lo sposalizio della Vergine dopo il restauro - Pala Ginori. Firenze, Basilica di San Lorenzo

In occasione della mostra “Pontormoe Rosso Fiorentino. Divergenti viedella Maniera” allestita a Firenzepresso Palazzo Strozzi fino al pros-simo mese di luglio, sta per essere ul-timato il restauro di una tavola dipintada Rosso Fiorentino, proveniente dallaCappella Ginori della Basilica di SanLorenzo e su cui l’Ufficio Città di Fi-renze della Soprintendenza per il PoloMuseale Fiorentino esercita la tutela.Si tratta della tavola raffigurante “LoSposalizio della Vergine” dipinta nel1523, una delle ultime opere che l’ar-tista realizzò a Firenze prima di recarsia lavorare in Francia, dove morì nel1540. E’ giunta perciò gradita la pro-posta dell’Ambasciatore d’Italia inFrancia, Giandomenico Magliano, diorganizzare una presentazione del-l’opera e del suo restauro presso laSede diplomatica italiana a Parigi, rea-lizzata dal 4 al 28 febbraio 2014, qualeoccasione unica e speciale per offrireal pubblico francese, nell’ambito delladiplomazia culturale italiana, una delleopere più affascinanti della produzionemanierista fiorentina, valorizzandooltre confine la scienza e la tecnica delrestauro, di cui l’Italia si pone all’avan-guardia a livello mondiale. La Mostrapresso l’Ambasciata d’Italia a Parigi,che ha vantato il conferimento dell’AltoPatronato del Presidente della Repub-blica, Giorgio Napolitano, ha visto lacollaborazione del Musée du Louveche ha organizzato in contemporaneaun approfondimento sui dipinti diRosso Fiorentino custoditi nel museoparigino e sulla Scuola di Fontaine-bleau, promuovendo presso l’Audito-rium del Louvre un convegno sulrestauro, partecipando anche alla rea-lizzazione del catalogo edito da Alle-mandi. L'opera venne commissionatada Carlo Ginori, uno dei più importantibanchieri fiorentini per la cappella de-dicata a Maria e Giuseppe nella basi-lica fiorentina, già appartenente aiMasi ed acquistata dalla sua famiglianel 1520. Il dipinto aveva un partico-lare significato devozionale, poichédavanti ad esso le giovani spose veni-

vano a far benedire gli anelli nuziali. La scena e’ molto affollata, con al centroGiuseppe con la mazza fiorita che sta infilando l’anello a Maria e si svolge ar-retrata alla sommità di alcuni gradini, ai lati dei quali si trovano alcune figure:due putti che si abbracciano, un santo monaco domenicano che indica la scena,forse san Vincenzo Ferrer e la santa giovane col libro, probalilmente Sant’Apol-lonia. Il complesso tema del dipinto e’ stato studiato dallo storico dell’arte CarloFalciani nel 1996 e testimonia i legami fra il Ginori e il pittore e la loro “simpatia”per i pensieri savonaroliani. Oggi, alla luce del restauro condotto da Maria Te-resa Castellano, diretto da Monica Bietti, finanziato da Art Defender, nella pro-pria sede toscana, tutto questo appare ancor piu’ chiaramente. Alcune indaginidiagnostiche svolte dai tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, il risa-namento del supporto ligneo, la tenuta del colore, la sicurezza della movimen-tazione logistica che si avvale dei mezzi più sofisticati messi a punto da Arterìa,sponsor tecnico, la valutazione dell’ambiente e la sua messa in sicurezza dalpunto di vista climatico e dei parametri calore-umidità, concordati tra Soprin-tendenza e Ambasciata, il progetto espositivo di Contemporanea Progetti, ulte-riore sponsor tecnico, hanno permesso la realizzazione del progetto.

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NEROMILANESE

Racconti quasi neri di Mario RossettiNiente e’ come sembra

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l’etimologia di quel nome. La prima lofaceva risalire a quello di un proprieta-rio terriero, il Gentilin. L’altra lo acco-munava al cimitero, che all’epoca erachiamato “del foppone gentile”. Cioèuno dei cimiteri, detti appunto “fop-poni” (da fòppa, ovvero: buca, fossa)fra i più antichi, aperto nel 1524 peraccogliere i corpi delle numerosissimevittime delle tante epidemie di pestevia via succedutesi. Grazie a succes-sivi ampliamenti ed abbellimenti, sidice, e qui la seconda ipotesi, sia statocosì chiamato perché era “gentile”, il

più bello e curato fra tutti quelli al-l’epoca esistenti fuori le mura dellacittà, nelle aree dei cosiddetti “CorpiSanti”. L’ultima ipotesi lo legava ai ritidei “Gentili”, cioè di coloro che conti-nuavano a praticare, in un punto diquella zona, l’adorazione di varie divi-nità, allo stesso modo degli antichi ro-mani. Divinità che erano state messeal bando dall’avvento del Cristiane-simo e dalla lotta che l’ArcivescovoAmbrogio combatté strenuamentecontro di loro e che in seguito non sa-rebbero più stati definiti “gentili”, ma

segue

Lo vide all’improvviso, seduto al centrodella strada, illuminato dal cono di luceproiettato dai fari della macchina. Eralì, che spiccava nero nel chiarore dellafitta nebbia che avvolgeva la stradinae la campagna circostante, appenafuori della sua casa, nel Pavese, cheaveva lasciato da pochi istanti. Maprima ancora della sua massa scura,erano stati i suoi occhi, che brillavanocome due piccoli fari gialli nel fluttuaredella nebbia, ad attirare la sua atten-zione. Matteo immediatamente frenò,e data la ridottissima velocità allaquale procedeva, non ebbe problemiad arrestarsi prima di investirlo. Il gattonon si mosse di un millimetro, segui-tando a restarsene lì seduto, come sestesse aspettando qualcuno. Matteo,allora, scese dall’auto intenzionato afarlo spostare, ma non ne ebbe iltempo, appena accennò a fare unpasso verso di lui il gatto, dopo averglirivolto un’occhiata prolungata, sparì ailati della strada avvolta dalla nebbia edal buio. Risalito in macchina, Matteoriprese il suo viaggio verso Milano, dadove si era assentato per trascorrerequalche giorno nella sua casa di cam-pagna a lavorare, in quanto apprez-zato scrittore di storia locale, ad unaricerca per il suo ultimo libro: la storiadella strada ove era nato e cresciuto,via Gentilino al Ticinese, che da parec-chi anni aveva lasciato per trasferirsisui Navigli, altro luogo a lui caro,anche se la zona era diventata troppocaotica a causa dei molti locali deditialla movida che avevano snaturatol’atmosfera di quei luoghi. L’incuria deivari amministratori avevano poi com-pletato l’opera, permettendo la demo-lizione di parte delle antiche sponde ingranito ed il degrado del canale, inparticolare della Darsena. Una vera tri-stezza. La ricerca alla quale era impe-gnato era volta a trovare notizieattendibili sulla derivazione del topo-nimo “Gentilino”. Consultando varitesti, aveva trovato diverse ipotesi sul-

Il gatto nero

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partorito i suoi piccoli nella sua le-gnaia, era improvvisamente apparsoun gattone nero, mai visto prima, cheaveva immediatamente attaccato lagatta scacciandola dalla ciottola perprendere il suo posto. Matteo, che disituazioni simili ne aveva vissute pa-recchie, e le aveva sempre risolte met-tendo un’altro recipiente un po’ più inlà per il nuovo arrivato, in modo cheentrambi mangiassero senza bisognodi prepotenze, entrò in casa a pren-dere tutto il necessario. Una volta tor-nato all’aperto vide il nero chedivorava voracemente il contenutodella ciottola della gatta, che si era nelfrattempo prudentemente ritirata su diun muretto accanto. Matteo decise al-lora di lasciar mangiare tranquilla-mente il nero e depose a qualchemetro di distanza il cibo per la gattina,che nel frattempo, in modo molto guar-dingo, era discesa dal suo momenta-neo rifugio. Ma come questa tentò diaccostarsi alla ciottola il nero, con unoscatto felino, è proprio il caso di dirlo,si avventò, soffiando minacciosa-mente verso di lei che si rifugiò dinuovo sul muretto, appropriandosi an-cora una volta del suo mangiare. Allo-

ra Matteo decise che non era possibiletollerare tanta prepotenza ed inter-venne agitando la scopa che era lì ac-canto, certamente non intenzionato acolpire il malandrino, anche se forsese lo sarebbe meritato, ma solo perspaventarlo ed allontanarlo, permet-tendo così alla gattina di terminare ilsuo pasto in pace. La reazione delgatto fu però del tutto imprevista. An-ziché scappare si girò verso Matteo, lofissò intensamente con gli occhi fes-surati, soffiò rumorosamente più volte,digrignò i denti, lanciò un miagoliocupo e lamentoso, simile ad un ulu-lato, ed a passo lento, sempre con latesta girata verso di lui, a mo’ di sfida,si allontanò. Matteo restò impressio-nato da quel comportamento mai vistoprima in un gatto e passato il primomomento di stupore si occupò dellapovera gatta spaventata. Quindi rien-trò in casa. Nei tre giorni successivi,prima del suo rientro in città, il gattac-cio non si fece più vedere e tutto sisvolse tranquillamente. Immerso inquesti pensieri ed accompagnato dallecanzoni di Guccini trasmesse dal cddello stereo di bordo, Matteo giunse acasa e per parcheggiare la macchina

“pagani”. A Matteo sembrava l’ipotesipiù verosimile delle tre e su questastava quindi concentrando le sue ricer-che. Lì nella casa di campagna avevaavuto modo di lavorare proficuamente,grazie alla tranquillità del posto che fa-voriva la sua concentrazione, ma oraaltri impegni lo richiamavano in città.Mentre ad andatura lenta procedevaverso casa, ripensò all’incontro conquel gatto nero, non perché fosse su-perstizioso, anzi, lui amava tantissimoi gatti e non aveva mai avuto nessunaremora nei confronti di quelli neri. Incampagna aveva anche modo di oc-cuparsi del sostentamento dei varigatti randagi che giravano nel suogiardino e in quelli accanto, sia diret-tamente quando era presente, sia poiaiutando un’anziana signora che li ac-cudiva quotidianamente, per le speseveterinarie e l’acquisto di un po’ dicibo. Pensando a ciò gli venne improv-visamente in mente che qualchegiorno prima, mentre dava da man-giare ad una gatta tricolore, che avevachiamato Ciccina e che aveva da poco

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Il gatto nero

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Illustrazioni di Maddalena Rossetti

Il gatto nero

la scena. Spaventato, ma consape-vole del fatto di dover fare qualcosa, ilBiancardi pensò immediatamente diaprire la portiera ed accertarsi dellacondizioni di Matteo che, con il caporeclinato all’indietro, non dava segni divita, ma quella del lato guida dellaLancia Delta era chiusa e così anchequella posteriore, mentre quelle sull’al-tro lato, addossate al muro, impedi-vano ogni tentativo di apertura.Guardò allora meglio attraverso il fine-strino e vide con terrore il taglio che at-traversava la gola di Matteo, mentre ilsangue aveva imbrattato i vestiti, il se-dile ed il pavimento sotto i pedali diguida. Preso il cellulare e vincendol’agitazione chiamò il 118. Le indaginistabilirono che la morte di Matteo risa-liva alla notte precedente a causadella rescissione della carotide. Nes-sun’arma o altro attrezzo idoneo, maper stabilirne esattamente il tipo si sa-rebbe dovuto aspettare l’autopsia.Nulla fu rinvenuto all’interno della vet-tura, né in altro luogo lì intorno o instrada. Il portafoglio con i soldi era an-cora all’interno del giaccone posatosul sedile posteriore. Quindi, niente ra-pina come movente. Il motore dellamacchina era spento, le chiavi ancorainserite nel quadro e, fatto assoluta-mente misterioso, tutte e quattro leportiere erano ermeticamente chiusedall’interno. Testimoni, ovviamentenessuno, data la tarda ora e la nebbiache avvolgeva tutto il condominio ed ilcortile dei box. Dopo alcuni giornil’esito dell’autopsia, anziché fare chia-rezza, rese ulteriormente misteriosa lavicenda. Venne confermata la causadella morte: dissanguamento provo-cato dalla rescissione della giugulareche risultò inequivocabilmente esserestata provocata da un colpo inferto daunghie animali, e questo fu possibilestabilirlo dai numerosi peli trovati siaall’interno della ferita, sia sparsi sui ve-stiti della vittima ed anche sul tappe-tino dietro al sedile di guida. Nessunanimale venne trovato all’interno dellavettura che, ripetiamo, era stata tro-vata chiusa. Altre indagini non porta-rono nessun elemento utile ed il casofinì così negli archivi, andando ad ag-giungersi ai molti altri mai risolti. Ah! di-menticavo, i peli erano di gatto e,precisamente, di gatto nero.

dovette scendere dal mezzo per aprirele due vecchie mezze porte di legnodel box, che si riprometteva di sosti-tuire con una serranda automatizzata,accese la luce all’interno e posteggiò.Spense il motore e si apprestò aduscire dal mezzo.. Il signor Biancardi,titolare di un’edicola a Porta Vittoria, sialzava molto presto la mattina per ini-ziare la sua attività e, come sempre,scese per prendere la sua macchinacustodita nel box, che si trovava ac-canto a quello occupato a Matteo. Fu

molto sorpreso nel vedere che aquell’ora le porte del box del suo vicinoerano spalancate, cosa che oltretutto gli impediva di aprire le sue. At-tese quindi qualche istante per per-mettere l’uscita dell’automezzo, maciò non accadde. Decise pertanto dientrare nel box di Matteo per avvisarloche lui doveva uscire. Fu allora chevide nella vettura un corpo riverso sulsedile di guida. Era Matteo. La lucefioca della lampadina che era rimastaaccesa illuminava sinistramente tutta

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Marzo 2014 pag. 24

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