max horkheimer e l’ascesi schopenhaueriana: un’analisi · pdf...

19
Max Horkheimer e l’ascesi schopenhaueriana: un’analisi > di Giacomo Maria Arrigo* 1. Oblio dell’uomo Parlare di ascesi in Max Horkheimer (1895-1973), è una provocazione, oltreché una forzatura. In Schopenhauer la liberazione dalla volontà di vivere assume connotati ben precisi che non trovano posto nel pensiero dei francofortesi, men che meno in Horkheimer. Ma un certo rimando alla dottrina espressa nell’ultimo libro del Mondo come volontà e rappresentazione è nondimeno rinvenibile, sebbene con difficoltà, fra le pagine del fondatore della Scuola di Francoforte, ed è quello che cercheremo di presentare in questo paper, fermo restando la problematicità di un simile accostamento. Il termine “ascesi”, come vedremo, verrà utilizzato in un senso tutto nuovo, lontano dalla concezione filosofica schopenhaueriana, in una forma più accessibile alla mentalità contemporanea. Nel condurre questa analisi partiremo dal considerare il ruolo dell’individuo all’interno delle moderne condizioni sociali, e solo successivamente valuteremo la possibilità di un eventuale trascendimento delle catene del sistema di dominio. Ebbene, qual è il rapporto di Horkheimer con Schopenhauer? «L’opera del filosofo Schopenhauer non è superata» 1 . Con queste parole Horkheimer riconosce la grandezza e l’attualità del pensiero del filosofo di Danzica. Accanto alla componente marxista, difatti, in Horkheimer confluiscono curiosamente le suggestioni metafisiche del Mondo come volontà e rappresentazione, le quali si mescolano armoniosamente con quel pensiero definito “Teoria critica”, un pensiero tutto rivolto alla critica sociale, il quale si sofferma sulle contraddizioni della ragione moderna per smascherarne la volontà di potenza e le pretese totalitarie. Domandiamoci a questo punto quale sia la condizione del singolo nella società contemporanea forgiata dalla dialettica 1 M. Horkheimer, Il pensiero di Schopenhauer in rapporto alla scienza e alla religione, in Id., Studi di filosofia della società, a cura di A. Bellan, Mimesis, Milano-Udine, 2011, p. 212. 1

Upload: lydat

Post on 05-Feb-2018

218 views

Category:

Documents


3 download

TRANSCRIPT

Max Horkheimer e l’ascesi schopenhaueriana:un’analisi

> di Giacomo Maria Arrigo*

1. Oblio dell’uomo

Parlare di ascesi in Max Horkheimer (1895-1973), è unaprovocazione, oltreché una forzatura. In Schopenhauer la liberazionedalla volontà di vivere assume connotati ben precisi che non trovanoposto nel pensiero dei francofortesi, men che meno in Horkheimer.Ma un certo rimando alla dottrina espressa nell’ultimo libro delMondo come volontà e rappresentazione è nondimeno rinvenibile,sebbene con difficoltà, fra le pagine del fondatore della Scuola diFrancoforte, ed è quello che cercheremo di presentare in questopaper, fermo restando la problematicità di un simile accostamento. Iltermine “ascesi”, come vedremo, verrà utilizzato in un senso tuttonuovo, lontano dalla concezione filosofica schopenhaueriana, in unaforma più accessibile alla mentalità contemporanea.

Nel condurre questa analisi partiremo dal considerare il ruolodell’individuo all’interno delle moderne condizioni sociali, e solosuccessivamente valuteremo la possibilità di un eventualetrascendimento delle catene del sistema di dominio.

Ebbene, qual è il rapporto di Horkheimer con Schopenhauer?«L’opera del filosofo Schopenhauer non è superata»1. Con questeparole Horkheimer riconosce la grandezza e l’attualità del pensierodel filosofo di Danzica. Accanto alla componente marxista, difatti, inHorkheimer confluiscono curiosamente le suggestioni metafisiche delMondo come volontà e rappresentazione, le quali si mescolanoarmoniosamente con quel pensiero definito “Teoria critica”, unpensiero tutto rivolto alla critica sociale, il quale si sofferma sullecontraddizioni della ragione moderna per smascherarne la volontà dipotenza e le pretese totalitarie.

Domandiamoci a questo punto quale sia la condizione delsingolo nella società contemporanea forgiata dalla dialettica

1 M. Horkheimer, Il pensiero di Schopenhauer in rapporto alla scienza e allareligione, in Id., Studi di filosofia della società, a cura di A. Bellan, Mimesis,Milano-Udine, 2011, p. 212.

1

dell’illuminismo2. Come mostra tutta l’analisi condotta con l’amicoTh.W. Adorno nel testo Dialettica dell’illuminismo (1947), l’individuoscompare. Le conseguenze sociali della razionalità asservita allalogica del dominio sono disumane e disumanizzanti. Insieme alsenso, alla verità, svanisce anche l’uomo. La riduzione della natura anumeri investe ugualmente il singolo, divenuto poco più che unautoma, un numero di serie, un ingranaggio fungibile. Ragione epersona stanno e cadono insieme: «eclissi della ragione e della libertàspirituale ed intellettuale, cioè eclissi della persona»3.

L’Olocausto aveva preannunciato in modo tragico la direzionedella società occidentale4: all’uomo fagocitato dall’apparato tecnicoviene assegnato un numero, e la sua identità lascia il postoall’anonimato. La massa è il luogo perfetto per il processo dispersonalizzazione. Al posto dei borghesi subentrano «i partecipantial collettivo, utili a una funzione, tutti rappresentanti dello stessocollettivo, scambiabili tra loro a piacere»5.

Horkheimer ha dedicato gran parte del suo lavoro alletrasformazioni della società dalla fine della Seconda guerra mondialein poi, e il suo pessimismo è aumentato con l’intensificarsi delleosservazioni sociologiche. Il timore diffuso nel secondo ‘900 era cheil pensiero potesse far risorgere le ideologie tanto pericolose, e allorasi è deciso all’unanimità di abdicare al pensiero stesso. Questo esitoha trascinato con sé l’uomo nel baratro. Nel frattempo, questo statodi cose è stato dichiarato dall’Occidente come il massimo livello diumanità mai raggiunto: finite le guerre, adesso è il tempo dellosviluppo – economico, ma non umano. Si domanda a tal propositoHorkheimer: «Quand’oggi si parla del dispiegamento dell’individuo,specialmente in America, che cosa s’intende esattamente?» Larisposta non tarda ad arrivare: «[Con questa espressione si intende]il potenziarsi e moltiplicarsi delle abilità, nell’ambito dell’unità dilavoro, più una realista valutazione delle prospettive di carriera». Econtinua:

2 La questione che Adorno e Horkheimer si propongono di comprendere inDialettica dell’illuminismo è «perché l’umanità, invece di entrare in uno statoveramente umano, sprofondi in un nuovo genere di barbarie» [M. Horkheimer,Th.W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 2010, p. 3]: ilprogresso, ci insegna la storia, si capovolge sovente in regresso. La dialetticadell’illuminismo, dunque, indica che conoscenza e potere, ragione e dominio sono,di fatto, sinonimi, e la violenza, l’assoggettamento, riguarda anche l’uomo neiconfronti dell’uomo.3 P. Addante, Max Horkheimer: crisi della ragione e nostalgia di Dio, in Id.,L’uomo oggi. Fantoccio o bellezza microcosmica, Laruffa Editore, Reggio Calabria2009, p. 28.4 «Il progresso, in quanto dominio evolutosi nella negazione di se stesso, haportato ad Auschwitz; in Auschwitz si manifesta in ultima analisi l’essenza dellastoria» (I. Mörth, Fondamenti e linee di sviluppo di una teoria critica dellareligione, in Aa.Vv., La teoria critica della religione, Borla, Roma 1986, p. 124).5 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, Marietti, Genova 1988, p. 156.

La tensione fra i singoli e la società è scomparsa a favore dellasocietà, l’identità ha perso ogni contraddizione e si è fatta insulsa, lasocietà diventa un apparato al servizio dei burocrati. L’interaeducazione universitaria tende a questo scopo. Gli studenti devono evogliono imparare sempre soltanto come si fa qualcosa che già esiste,oppure come si diventa qualcosa che già molti sono; essi stessivogliono restare come erano. […] Non è lecito discutere il fondamentodei loro giudizi e delle loro prese diposizione, ma solo il contenuto,l’oggetto; altrimenti li si coinvolge troppo e non si è più scientifici – ecomunque non lo si potrebbe dimostrare. […] La funzione chel’apparato ha trasmesso all’individuo è quella di una rotella che develubrificarsi da sola, è la continuazione del sistema. Così e nonaltrimenti devono essere intesi questi individui – a meno di percepire

la loro profonda e nascosta rassegnazione6.

Horkheimer riconosce che l’individualità è sorta per la primavolta nella sua forma compiuta in seno al cristianesimo grazie alladottrina dell’anima immortale. Il cristianesimo avrebbe dotatol’uomo di una dignità infinitamente superiore a qualsiasi altro esserenaturale, indicando la destinazione sovrasensibile di tutti e diciascuno. Il valore assoluto dell’uomo singolo appare a Horkheimer lanovità per eccellenza del cristianesimo, destinata a mutare le sorti diun intero continente. D’un tratto, però, l’omogeneità cristiana,l’ordine medievale, viene sovvertito (benché Horkheimer non sisoffermi a considerare analiticamente il passaggio epocale verso lamodernità, tuttavia si è più volte espresso negativamente sullaRiforma protestante7). L’uomo nella modernità si svincola dalteocentrismo medievale e assolutizza l’individuo, «cristallizzandoloma preparandone anche la distruzione. Per Amleto infatti l’individuoè entità assoluta e nello stesso tempo priva di valore»8. Infine, giuntal’era dell’individualismo fondato sulla libera iniziativa, lasopravvivenza e l’autoconservazione hanno fatto piazza pulita degliideali cristiani che ancora sopravvivevano nella modernità in formasecolarizzata, e non riconoscendo nulla superiore al punto di vistasoggettivo, trasformano l’individuo in «una sintesi di interessimateriali»9 e null’altro.

Ci troviamo di fronte alla più grande opera di obliodell’individuo, un’azione subdola e tacita che opera a sfavoredell’uomo in direzione di una pianificazione globale. Il dominio

6 Ivi, pp. 50-51.

7 Sul giudizio di Horkheimer sulla Riforma, cfr. A. Bondolfi, Il giudizio di MaxHorkheimer sulla Riforma protestante. Un contributo ad una teoria critica dellamodernità, in «Cenobio. Rivista trimestrale di cultura della Svizzera italiana», 45(1996), pp. 297-312.8 M. Horkheimer, Eclisse della ragione, Einaudi, Torino 200, p. 120.

9 Ivi, p. 121.

3

finalmente dispiegato dal progredire della dialettica dell’illuminismosi ritorce contro l’uomo stesso e lo domina come già faceva con lanatura, reificando l’uno e l’altra all’interno di schemi immutabili etotalmente immanentistici, senza spazio per una ulteriorità salvifica.Ed è per questo che Horkheimer finalizza la teoria critica alla salvezzadell’individuo, studiando il suo rapporto con la situazione sociale invista di un suo trascendimento. La sua attenzione, in sostanza, è tuttavolta al singolo.

2. Uniti sotto la bandiera del singolo

Horkheimer chiama in causa direttamente Marx, contro cui ilNostro, con il passare del tempo, polemizza sempre più apertamentee sempre più volentieri.

Preparata da Hegel e da altri – scrive Horkheimer – cominciacon Marx una nuova epoca del pensiero filosofico; non si tratta piùdella vita del singolo individuo […] ma di un dato collettivo, dellasocietà. […] Senza negare la sua importanza, tuttavia ritengo che ilvero pensiero debba essere anche oggi critico nei confronti di talerestrizione, che non debba cioè sacrificare l’impulso della grandefilosofia. Per quanto la riflessione del singolo possa essere socialmentecondizionata, non potendo fare a meno di riferirsi al momento socialee alle iniziative politiche, tuttavia essa resta sempre pensiero delsingolo individuo, il quale non è solo l’effetto di processi collettivi, ma

anche li assume ad oggetto10.

A questo punto si potrebbe azzardare il seguente confronto, ecioè dire che Horkheimer sta a Marx come Schopenhauer sta a Hegel.Entrambi, Horkheimer e Schopenhauer, com’è noto, hanno preso ledifese del singolo contro le categorie astratte e totalizzanti in cuiviene talvolta risolto. L’universale astratto che prende il posto degliindividui è il più grande rovesciamento, nonché la più grandeperversione, che la modernità abbia potuto concepire: questo ilgiudizio di entrambi i nostri pensatori.

Prendendo in mano il testo Aforismi per una vita saggia, che èil primo lavoro di Schopenhauer studiato da Horkheimer, è possibileimbattersi in simili affermazioni: «L’individualità è di gran lunga piùimportante della nazionalità»11, e, in modo ancora più radicale:«L’universale, non il particolare: è proprio quest’ultimo che contienela realtà»12. Con un profetismo tipico delle personalità geniali,

10 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., pp. 190-191.

11 A. Schopenhauer, Aforismi per una vita saggia, Bur, Milano 2013, p. 100.

12 Ivi, p. 198.

Schopenhauer ha inoltre descritto il ruolo del singolo all’interno dellasocietà capitalistica:

Ognuno viene preso in considerazione con riguardo alla suacarica o alla sua occupazione o alla sua nazionalità o alla sua famiglia:vale a dire, alla posizione e al ruolo assegnatigli dalle convenzioni; e inbase a convenzioni viene classificato, e trattato come un prodotto diserie. […] Quel sistema è basato sul fatto che, in questo mondo dellamiseria e del bisogno, ciò che è, dovunque, essenziale, e, quindi,

prevale su tutto il resto, sono i mezzi per ovviare all’una e all’altro13.

Orrore e ribrezzo erano le reazioni di Schopenhauer al sentirparlare della massa, non solo perché attribuiva al popolino, dall’altodella sua misantropia, caratteri più animaleschi che umani, ma ancheperché la massa è un’astrazione che non fa giustizia al singolo: ipopoli sono astrazioni, solo l’individuo è reale. Lo stesso si può diredello Stato, non più l’organismo etico assolutamente compiuto diHegel, bensì

un male necessario, una istituzione cui nell’ampio quadrodell’esistenza viene attribuito un ruolo subordinato: esso non è unistituto per promuovere la moralità, l’educazione, l’edificazione, comevorrebbero renderlo i filosofastri tedeschi, ma una istituzione cheprotegge dagli attacchi cui l’uomo è esposto e da cui può difendersisolo unendosi agli altri: attacchi dall’interno, di un singolo verso un

altro singolo, e attacchi dall’esterno14.

La difesa dell’individuo unisce Schopenhauer e Horkheimersotto un’unica bandiera. Le ideologie novecentesche, obiettivopolemico della teoria critica, sono proprio quell’universale astrattoche pretende di sostituire il singolo e di risolverlo in una sempliceidea omogeneizzante e astraente, indifferente alle differenze e protesaall’appiattimento sistematico delle singolarità che conservano ancorauna propria identità. Secondo la diagnosi schopenhaueriana, leideologie sfociano inevitabilmente nel terrore in virtù del loroallontanamento dall’esperienza.

Per Schopenhauer ogni nostra conoscenza parte dall’intuizionesensibile; questa si prolunga poi attraverso l’intelletto fino alla ragioneche ha la capacità e la funzione di unificare il molteplice in ununiversale. Questo però non accresce mai l’esperienza, soltanto lasottopone a leggi. […] Tale universale, sottolinea Schopenhauer, non èdunque qualcosa che possa stare a sé, senza poggiare su di una

intuizione sensibile, altrimenti si trasforma in una vuota astrazione15.

13 Ivi, p. 220 (corsivo mio).

14 A. Hübscher, Arthur Schopenhauer: un filosofo contro corrente, Mursia,Milano 1990, pp. 194-195.

5

Hegel, com’è noto, ha compiuto questo passo falso. Marx pure,prefigurando una società perfetta in cui l’umanità sarebbe pervenutafinalmente a se stessa, ponendo l’accento sul percorso dell’umanità,sulle sue strutture economiche.

Ma non solo. Infatti secondo Marx il protagonista della vicendasalvifica della storia umana, il soggetto investito dal compitomessianico di redenzione del mondo, è il proletariato, una classe diuomini e non l’uomo singolo. Horkheimer si accorge di questoparticolare, e prende nettamente le distanze da esso16. L. Geninazziricorda che Horkheimer è stato diffidente nei confronti dell’idea delproletariato fin dagli anni ‘3017. Già nel famoso testo Teoriatradizionale e teoria critica, per l’appunto, si trova scritto che nonesiste «una classe sociale al cui consenso ci si possa riferire. Nellecondizioni presenti la coscienza di ogni strato può essereideologicamente ristretta e corrotta»18. Secondo il pensierohorkheimeriano correttamente inteso, «non esiste un soggettoprecostituito per la rivoluzione»19. Horkheimer sviluppa così unpensiero che, prendendo le distanze dal marxismo ortodosso, giungea sostenere che «la speranza della liberazione […] prima ancora chenella classe o in genere nelle masse, è riposta nel singolo»20. Di chetipo di liberazione si tratti, lo vedremo nel prossimo paragrafo. Quibasti sottolineare la critica al concetto di proletariato, ulterioretassello lungo la strada di decostruzione del pensiero marxista. Unasimile valutazione è senz’altro di sapore schopenhaueriano: l’unicacosa che conta è l’uomo singolo, l’individuo concreto, e non vagheastrazioni comunitarie (lo Stato, la nazione, il partito, la classe). Èl’uomo concreto che agisce, soffre e vive; lo Stato non esisterebbesenza il singolo, la classe sarebbe inconsistente senza di esso.

Tutto ciò potrebbe condurre in errore se non considerassimo ilsignificato di “totalità” per la scuola di Francoforte. Totalità, qua,«non è riproduzione positiva del mondo, né immagine di una societàorganica e solidale, prodotta da un unificato e consapevole soggettosociale. È, al contrario, l’immagine critica di un “mondo capovolto”,dunque di una oggettività sociale che va rovesciata»21. Il significato di

15 P. Vincieri, Discordia e destino in Schopenhauer, Il Melangolo, Genova 1993, p.67.16 «La dottrina di Marx ed Engels […] è messianismo malamente secolarizzato,rispetto al quale quello autentico resta infinitamente superiore» (M. Horkheimer,Taccuini 1950-1969, cit., p. 180).17 Cfr. L. Geninazzi, Horkheimer & C., Jaca Book, Milano 1977, p. 308.

18 M. Horkheimer, Teoria tradizionale e teoria critica, in Id, Teoria critica, vol. II,Mimesis, Milano-Udine 2014, p. 185.19 L. Geninazzi, Horkheimer & C., cit., p. 311.

20 R. Buttiglione, Dialettica e nostalgia, Jaca Book, Milano 1978, p. 274.

“totalità” è prettamente metodologico, espressione usata non inmodo affermativo bensì critico, nei confronti di una società chepresenta lo stato di provvisorietà nel suo rimando all’utopico22.Nessuna entità universale che sovrasta il singolo dunque.

È evidente, a questo punto, che il problema si impone più forteche mai: nelle effettive condizioni sociali, dove il singolo è tenutosotto un rigido controllo tecnocratico, che possibilità ha l’uomo discrollarsi di dosso il dominio e, finalmente, riaffermarsi nella suapiena libertà? Per l’appunto, come abbiamo avuto occasione diribadire più volte, nella teoria come nella prassi, «l’illuminismo ètotalitario»23.

Facendo un passo più in là, possiamo constatare un altro, e piùfatale, sprofondamento. Il soggettivismo moderno è giunto ad unmomento di arresto. Lo ὑποκείμενον della modernità era divenuto,con Cartesio, il subjectum che è l’Io. Ora le cose stanno in un mododiverso. L’Io, che era soggetto, oggi è oggetto, non più punto diriferimento dell’ente in quanto tale, ma ente fra gli enti. «Il soggetto– scrive Horkheimer – diventa l’oggetto di una produzione che eglinon domina»24. Il subjectum oggi è l’apparato. Gli enti assumono iloro connotati non in relazione all’uomo bensì all’apparato dellaproduzione capitalistica: «Il meccanismo che trasforma il materialenell’esperienza “unitaria”, non consiste nelle forme puredell’intuizione e dell’intelletto, ma nello schematismo sociale»25.L’esito è funesto: «Ora nessuno domina su nessuno, e tutti tremanodi fronte al potere»26. L’uomo si è trasformato, da veicolo deldominio, a funzione del dominio al pari della natura. Il dominio, chela dialettica dell’illuminismo ha liberato – o meglio, scatenato –, siabbatte oggi compiutamente sull’uomo stesso, reo di aver aperto ilvaso di Pandora.

Ma cosa è possibile fare per affrancarsi da una situazione chesembra essere l’esito logico della storia umana lungo la linea delladialettica dell’illuminismo? Vediamo a questo punto che ruolo hal’ascesi nell’economia della “salvezza”.

21 L. Ceppa, Lo Stato autoritario di Max Horkheimer, in «Rivista di storiacontemporanea» 9 (1980), p. 449.22 «La totalità francofortese allora non è l’universale storico di hegeliana memoria,non è l’assoluto, ma una categoria prospettica che ci permette di leggere la realtàsociale in una visione unitaria pur nella sua provvisorietà» (M.F. Canonico, Lascuola di Francoforte: teoria a favore dell’uomo?, in Idem, L’uomo misuradell’essere?, Las, Roma 1985, p. 114).23 M. Horkheimer, Th.W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino2010, p. 14.24 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 101.

25 Ivi, p. 5.

26 Ivi, p. 50.

7

3. L’ascesi per conoscenza

Schopenhauer definisce l’ascesi nei termini della negazionedella volontà di vivere. Dunque, come per Schopenhauer l’ascesi è ilsuperamento della voluntas, così per Horkheimer l’ascesi può essereletta come il superamento del dominio: in questo paragrafo verràanalizzato questo semplice schema. Il tema proposto è alquantoprovocatorio: affronta di petto il quesito della fuoriuscita dalladialettica dell’illuminismo, e vuole offrire una prima quantoprovvisoria risposta rinvenibile fra le pagine di Horkheimer.

In Schopenhauer l’ascesi è «l’orrore […] della volontà di vivere,nocciolo ed essenza di questo mondo riconosciuto come pieno distrazio»27. L’individuo, divenuto consapevole dell’essenza di tutte lecose, e riconosciuto se stesso quale volontà secondo una visionemonista, cioè superato il principium individuationis, decide dicessare il perpetuarsi della volontà di vivere che provoca tanto dolore,e ugualmente decide di non volere, cioè di non trattenere nulla per sé,al fine di non provocare più dolore che apparirebbe, in quest’ottica,subito commesso (anche) contro se stesso. Una simile conoscenzadell’essenza delle cose «diviene un quietivo di ogni e qualunquevolere»28, ossia una rinuncia al motivo che spinge all’azione. L’uomoassume un atteggiamento di rassegnazione che è l’assoluta assenza divolontà, e supera, attraverso una condotta di castità e povertà, ilmondo della necessità.

Egli guarda ora indietro, tranquillo e sorridente, allefantasmagorie di questo mondo, che potevano una volta agitare eangustiare anche il suo animo, ma che ora gli stanno davantiindifferenti come i pezzi degli scacchi a gioco finito, o come al mattinoi costumi da maschera smessi, le cui forme ci avevano stuzzicati e

inquietati nella notte di carnevale29.

27 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, Bur,Milano 2009, p. 663.28 Ivi, p. 662.

29 Ivi, p. 678.

L’asceta protesta silenziosamente contro il mondo ed è proteso,attraverso la mortificazione, all’estinzione dell’individualità comefenomenizzazione della Volontà.

Se abbiamo accostato i concetti di volontà e dominio perdefinire le condizioni inique in cui riversa l’uomo (l’una secondoSchopenhauer, l’altra secondo Horkheimer), dobbiamo ora vedere seesistano corrispondenze nel pensiero di Horkheimer di una qualcheascesi. Sfuggire al dominio e, in ultima istanza, alla dialetticadell’illuminismo: è possibile o è solo una utopia irrealizzabile?

Ecco una prima precisazione del significato di ascesi in ambitohorkheimeriano. Scrive il Nostro: «La fine dello sfruttamento […]non è più un’accelerazione del progresso, bensì il salto oltre ilprogresso»30. La legge di sviluppo immanente alla società è funestaperché guidata dal dominio, la cui genesi è ben ripercorsa inDialettica dell’illuminismo. Occorre la radicale volontà dioltrepassare il velo di Maya del dominio tramite un salto, unaestrema uscita – che non è l’atto rivoluzionario31 – dallo sfruttamentouniversale, definito radicalmente come «identità di ideale e reale»32

tipica dei sistemi hegeliani e marxisti. Soggetto dell’azione, che qui chiamiamo ascetica, non è più il

proletariato, né un gruppo sociale definito, bensì «solo gli individuiisolati»33. Oggi tutti sono isolati a causa della massificazione: lamassa, infatti, «dà agli individui un illusorio senso di prossimità eunione: ma proprio questa illusione presuppone l’atomizzazione,alienazione e impotenza dei singoli»34. E incredibilmente, come permagia, è proprio dall’atomizzazione che può venire alla luce un nuovosoggetto capace di liberarsi dalle catene del dominio, attraverso unatteggiamento che ora cercheremo di indagare.

Sembra quasi di sentire la presenza di Schopenhauerallorquando Horkheimer parla di rinnovato protagonismo dei singoli,i soli soggetti della liberazione. Se, tuttavia, questa liberazione siacollettiva o individuale, non ci è dato saperlo, soprattutto perché ilNostro non si sbilancia mai nella descrizione della società che ha dimira, assumendo un atteggiamento che si può definire come una

30 M. Horkheimer, Lo Stato autoritario, in Id, La società di transizione, cit., p. 18(corsivo mio).31 «Se oggi in Occidente avvenisse una rivoluzione, soprattutto nei Paesi in cuiregna ancora la democrazia, il risultato potrebbe essere soltanto un generalepeggioramento, perché sarebbe aperta così una strada più rapida e agevole versoquel controllo centralizzato e unitario che è abbastanza sensato prevedere comeuna prossima ventura realtà» (M. Horkheimer, Rivoluzione o libertà?, Rusconi,Milano 1972, p. 19).32 M. Horkheimer, Lo Stato autoritario, in Id, La società di transizione, cit., p. 19.

33 Ivi, p. 22.

34 M. Horkheimer, T.W. Adorno (a cura di), Lezioni di sociologia, Einaudi, Torino2001, p. 96.

9

teologia negativa in senso sociale, una “utopia negativa”. Il novumnon è pienamente prevedibile, e questo perché se ci fosse «una ricettainfallibile […] l’uomo non potrebbe essere mai liberato, in quantosarebbe pur sempre consegnato ad un processo necessario ereificante»35. Lo stesso vale per una proiezione idealistica dell’utopicoche assumerebbe il carattere programmatico e, daccapo, fungerebbeda manifesto per una rinnovata prassi rivoluzionaria. «Il cielo per cuisi può indicare la via non è un cielo»36.

Come si configura l’attività di liberazione, la cosiddetta “ascesi”francofortese? Per rispondere alla domanda, è bene tornare aSchopenhauer. Il suo discorso prevede non una ma due vie checonducono all’ascesi. La prima via consiste nel fatto che l’ascesi puòessere «provocata dal dolore semplicemente e puramenteconosciuto»; la seconda via raggiunge la noluntas «dal doloredirettamente e personalmente sentito»37. Seguendo questo schema sipossono rintracciare altrettante possibilità anche nel discorso diHorkheimer.

Partiamo dalla prima.Centrale appare essere qua la conoscenza del dolore, cioè del

dominio. È chiaro che tutti sottostanno al dominio, e che il dolore èugualmente patito da ciascuno; ma non è tanto l’esperienza dellasofferenza a rendere il singolo ribelle nei confronti delle condizioni incui vive e a condurlo a una drastica azione di liberazione. L’attivitàascetica di questa prima via è, piuttosto, il portare allaconsapevolezza la violenza in cui versa l’uomo, riconoscerla qualeviolenza e prenderne le distanze. Questo significa farla pervenire allaparola. «Riconoscere l’inferno per quello che è. Saperlo nominare.Questa sarebbe l’unica speranza per la ragione»38.

In più passaggi della sua opera Horkheimer parla della potenzadella parola. Leggiamo, ad esempio, in Ragione e autoconservazione:«Come possibilità di chiamare gli esseri e le cose con il loro nome, laragione non si scioglie nella vita che aliena se stessa e che si preservaattraverso l’annientamento degli altri e di sé»39. Da un’altra partescrive ancora: «[La filosofia] non sa prescrivere il modo in cuisottrarsi all’incantesimo del sussistente; può solo tentare di

35 U. Galeazzi, La teoria critica della Scuola di Francoforte, Edizioni ScientificheItaliane, Napoli 2000, p. 150.36 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 53.

37 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, cit., p. 688.

38 O. Ombrosi, Il crepuscolo della ragione, Giuntina, Firenze 2014, p. 125.

39 M. Horkheimer, Ragione e autoconservazione, in Id., Crisi della ragione etrasformazione dello Stato, Savelli, Roma 1978, p. 125.

chiamarlo per nome»40. E tornando al saggio Lo Stato autoritario,leggiamo:

[L’individuo isolato] è una potenza, giacché tutti sono isolati.Non hanno altra arma fuorché la parola. […] Ma se è vero che la parolapuò diventare una scintilla, è vero anche che oggi essa non ha ancoraprovocato alcun incendio. Essa non ha affatto il significato dellapropaganda, e ha ben poco quello dell’appello: cerca di dire

apertamente ciò che tutti sanno e si vietano di sapere41.

Questo far pervenire alla parola si configura come l’intenzione

ultima della teoria critica, ossia il raggiungimento, attraverso unostudio interdisciplinare, della consapevolezza dell’iniquità dellacondizione umana storicamente divenuta, e la conseguente nascitadella volontà del suo superamento – superamento libero e non fin dasubito precompreso in un sistema “scientifico” che decapita la libertà.In questo senso sarebbe proprio il filosofo, anzi il teorico critico, adessere sulla via della liberazione, poiché è colui che avvertel'ingiustizia che lo circonda.

La O. Ombrosi parla a tal proposito di «nominazioneadamitica», la quale darebbe «alla ragione un aspetto diverso daquello del dominio». Infatti, sostiene la Ombrosi, «non ci sarebbealcuna mira, alcuna decisione, alcuna intenzionalità da parte di chinomina, alcuna violenza da parte del soggetto sull’oggetto, masolamente il lasciar-passare, il lasciar-venire alla parola»42. Una voltadetto l’orrore, è possibile finalmente svincolarsi da esso perché se nericonoscono i tratti, e si identifica una volta per tutte il nemico. «Lalibertà – scrive ancora Horkheimer – consiste nel rendersi visibiledella prigionia»43.

Da qui il richiamo a Schopenhauer, il quale ribadisce che ascesisignifica, «in senso più stretto, questo deliberato spezzare lavolontà»44. Nel caso di Horkheiemer, il deliberato spezzare il dominiosi configurerebbe come una fuoriuscita definitiva dalla dialetticadell’illuminismo che nasce dall’individuazione del male che si annidaovunque, e dal suo conseguente rifiuto.

Aggiungiamo che Horkheimer arriva a un’affermazione noncerto priva di ambiguità. In Taccuini 1950-1969, note semipersonalidel tutto asistematiche, si può leggere d’un tratto e senza un’ulteriorespecificazione il seguente passaggio: «Una giusta ascesi presuppone

40 M. Horkheimer, La trasformazione dell’uomo dalla fine del secolo scorso, inId., La società di transizione, cit., p. 92.41 M. Horkheimer, Lo Stato autoritario, in Id, La società di transizione, cit., p. 24(corsivo mio).42 O. Ombrosi, Il crepuscolo della ragione, cit., p. 125.

43 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 97.

44 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, cit., p. 680.

11

la conoscenza di ciò che è Altro»45. La frase si trascina dietroun’impenetrabile oscurità. Il suo ermetismo può essere in partescalfito se si dovesse intendere l’espressione nei seguenti termini: ilriconoscimento del dolore quale dolore passa attraverso laconoscenza di ciò che è Altro dal dolore, di ciò che si annuncia comeil suo opposto, ossia della giustizia vera cui sempre la teoria critica hamirato senza tuttavia poterla mai inquadrare in una asserzionedefinitiva. E allora dove si manifesta l’Altro? Come è possibileattingervi se è preclusa alla ragione una qualche sua conoscenza? Ilvicolo cieco imboccato dalla dialettica dell’illuminismo rendeimpossibile una risposta.

Ora, parlare più specificatamente della prima via dell’ascesisarebbe impossibile in mancanza di ulteriori indicazioni, sebbene ilriferimento alla forza della parola e alla «nominazione adamitica»non siano dettagli indifferenti, per non parlare del rinvio all’Altro cheapre al discorso sulla nostalgia46.

4. L’ascesi nichilistica

La seconda via dell’ascesi, l’abbiamo detto, è l’esperienza direttadel dolore. Scrive su ciò Schopenhauer:

Il dolore in genere, quale viene inflitto dal destino, è unaseconda via per arrivare a quella negazione; anzi, possiamo supporreche i più vi giungano solo per essa, e che sia il dolore che uno sente eglistesso, e non quello meramente conosciuto, quello che produce piùspesso la piena rassegnazione, frequentemente solo in prossimità della

morte. Giacché solo a pochi basta per ciò la semplice conoscenza47.

Passiamo dunque ai riscontri nel pensiero di Horkheimer. A talproposito è opportuno parlare di ascesi nichilistica, per distinguerladalla possibilità positiva descritta nella prima via.

Il salto fuori dalla dialettica dell’illuminismo, qua, non passa peril tramite della conoscenza dell’orrore bensì per mezzodell’esperienza quotidiana dell’oppressione sociale e della violenzacui l’uomo soggiace senza nemmeno rendersene conto. La drasticitàdelle condizioni sociali plasmate dalla ragione strumentale hannocondotto, come già detto più sopra, all’oblio dell’uomo. L’uomo servesolo all’apparato in cui vive, alla «tecnostruttura»48, ed è considerato

45 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 53.

46 Vedi M. Horkheimer, La nostalgia del totalmente Altro, Queriniana, Brescia1980.47 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, cit., p. 680.

48 M. Horkheimer, Per la critica della società attuale, in Id., La società ditransizione, cit., p. 145.

come una rotella di un meccanismo che lo sovrasta, ovel’individualità viene accantonata49 perché desta scandalo. La logica difondo, lo ripetiamo, è la seguente: «L’essere è visto sotto l’aspettodella manipolazione e dell’amministrazione. Tutto diventa processoripetibile e sostituibile, semplice esempio dei moduli concettuali delsistema: anche il singolo essere umano, per tacere dell’animale»50.

Tutto ciò, si domanda Horkheimer, «non ricorda forse […] ilmattatoio piuttosto che l’ascesi?»51 Ed è proprio a partire da questaconsapevolezza che sviluppa una interessante intuizione. Nellecondizioni attuali l’individuo è ridotto al minimo. Viene guardato conocchi utilitaristici, in base alla sua capacità di servire la macchinasociale. Non è importante il suo nome, la sua storia, la suapersonalità. Lo si abitua a vivere senza certezze. Se ne dispone comeun mero attrezzo. Ma allora

se nella decadenza e nell’atomizzazione gli uomini sono capacidi vivere senza proprietà, senza luogo, senza tempo né popolo, alloraessi si sbarazzano anche dell’Io nel quale si conserva ogniintelligenza come ogni stupidità della ragione storica e il suo

compromesso col dominio52.

L’esito è paradossale: per sopravvivere l’uomo si sottomette allatecnostruttura; il suo unico interesse è l’autoconservazione, maquesta lo conduce al lento ed inevitabile deperimento dell’Io. Edunque, se il dominio politico si esercitava sull’Io, perduto l’Io siscioglie il dominio! «Il Sé che nello stadio più recente della società vain rovina, era il fondamento non solo dell’autoconservazione, maanche dell’ideologia». E più avanti:

Pur nella loro mutilazione gli uomini possono nello spazio di unistante diventare consapevoli che il mondo razionalizzato da parte aparte dalla costrizione del dominio potrebbe scioglierlidall’autoconservazione che li oppone ancora oggi l’uno all’altro. Ilterrore che viene in aiuto alla ragione è nello stesso tempo l’ultimo

mezzo per fermare gli uomini, tanto la verità è vicina53.

Per ricalcare l’immagine omerica di Dialettica dell’illuminismo,si può affermare, senza rischio di fare violenza al pensiero del nostroAutore, che si salva solo l’uomo che, al pari di Ulisse, arriva a dire

49 «È la legge dei grandi numeri, e non il caso singolo, che ritorna nella formula»(M. Horkheimer, Th.W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, cit., p. 90).50 Ibidem.

51 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 53.

52 M. Horkheimer, Ragione e autoconservazione, in Id, Crisi della ragione etrasformazione dello Stato, cit., pp. 126-127 (corsivo mio).53 Ivi, p. 126 (corsivo mio).

13

“sono nessuno”. È questo «l’argenteo bagliore della negazione dellavolontà di vivere, cioè della redenzione, che si sprigionaimprovvisamente dalla fiamma purificatrice del dolore»54?

Vivere il nichilismo fino in fondo, in conclusione. Certo, lacontraddizione è evidente, come sottolinea Buttiglione:

La posizione di Horkheimer oscilla fra due poli. Per un versoegli valorizza l’individuo come luogo della ultima resistenza allairragionevolezza della ragione; per un altro proprio il dissolvimentodell’individuo permette di pensare il capovolgimento della oppressionein liberazione, perché annulla la forza del terrore e quella dellaideologia. […] L’individualità deve insomma essere conservata enegata: solo la sua conservazione nel pensiero critico permette alla sua

negazione sociale di capovolgersi in emancipazione55.

Anche Buttiglione, in fondo, riconosce la problematicità di unasimile posizione, specialmente la difficoltà di riuscire a connettere fraloro i due momenti. Rimane indubitabile, nondimeno, che «se, pergiustificarsi, il potere ha bisogno della coscienza, è colpito a sua voltadalla regressione di quest’ultima»56. La morte dell’Io è la mortedell’apparato tecnocratico.

Il problema che a questo punto si manifesta è la possibilità omeno da parte dell’Io di risorgere dalle proprie ceneri. Definitol’individuo con il nome di atomo sociale, fondamento della collettivitàa cui sono state via via sottratte tutte le comunità intermedie, apartire dalla famiglia57, Horkheimer prende in considerazione l’ideaterribile che, scisso l’atomo, il terreno non sarà più fertile per unarinascita. «Nella realtà sociale atomizzata, l’atomo viene scisso comein quella fisica»58. In un lungo aforisma dal titolo Atomismo scrive:

Gli antichi pensavano che gli elementi e gli atomi fossero mossi(attratti o respinti) dall’amore e dall’odio, che nessuna particella dellamateria fosse sola. Ma dall’unione nasceva la vita. Oggi, alla fine dellaciviltà che fu inaugurata da quella filosofia, gli uomini stessi sonodiventati atomi, mentre nessun amore li unisce. Ognuno è solo comenella natura inorganica, che la scienza ha spogliato da tempo deglispiriti vitali. Anzi, la loro volontà interminabile di dominio riescepersino a spezzare quella che un tempo era considerata l’unità ultima,naturale ed eterna. Gli uomini hanno imparato a scindere l’atomo;come una specie di consolazione, si apre la prospettiva che gli uomini

54 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, cit., p. 681.

55 R. Buttiglione, Dialettica e nostalgia, cit., pp. 300, 301.

56 M. Horkheimer, Potere e coscienza, in Id, Studi di filosofia della società,Mimesis, Milano-Udine 2011, p. 169.57 «La cellula sociale non è più la famiglia, ma l’atomo sociale: l’individuo solo»(M. Horkheimer, Ragione e autoconservazione, in Id, Crisi della ragione etrasformazione dello Stato, cit., p. 112).58 M. Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 40.

– decaduti nella società a forme controllate e totalmente determinatedi esistenza – chiudano il cerchio, e diventino nuovamente puramateria. In questa è forse possibile che, da qualche parte, cominci

nuovamente un movimento che meriti il nome di amore59.

Scisso l’atomo, è il momento dell’esplosione nucleare: l’uomotorna ad essere pura materia. Nonostante il pessimismo di cui èimpregnato questo passaggio, la speranza fa capolino proprio allafine, con un guizzo rapido che ricorda un germoglio in mezzo aldeserto. La speranza è che l’umanità raggiunga se stessa, malgradopermanga il margine di rischio dell’autodistruzione dell’uomo –d’altra parte questo è dovuto alla vertigine della libertà: «Alla fine delprogresso della ragione che sopprime se stessa è possibile solo laricaduta nella barbarie o l’inizio della storia»60. Due esiti opposti chesi configurano come gli sbocchi naturali della progredente dialetticadell’illuminismo. La cosa terribile è, di fatto, la necessità di doverpassare in mezzo all’inferno, qualunque sia il termine della storiaumana. La ricaduta nella barbarie rimane, in ogni caso, l’esito piùplausibile.

Questa sarebbe, nell’essenza, l’ascesi nichilistica che trasparedalle pagine horkheimeriane. Sia chiaro, non si tratta di un concettotematizzato così esplicitamente dall’autore. Ma come abbiamo visto,senza troppa fatica è possibile rintracciare alcuni passi chetestimoniano a favore di un’uscita dalla logica immanente dellosviluppo sociale coincidente con la dialettica dell’illuminismo. Non sitratta di un percorso da intraprendere, non

un “cammino” ma un “salto”, l’evidenza della non necessitàdella necessità del dominio, […] una sorta di “illuminazione”, […] unaconsapevolezza della nullità della pur reale onnipotenza dellaHerrschaft. […] La libertà è possibile proprio in quanto non ènecessaria, né è deducibile dal presente. Ma ciò significa che non

rientra nell’orizzonte del pensabile61.

È a questo livello, così, che si trova un’altra consonanza con la

dottrina di Schopenhauer:

Ciò che resta dopo la totale soppressione della volontà è invero,per tutti coloro che sono ancora pieni di volontà, il nulla. Ma anche,viceversa, per coloro in cui la volontà si è rovesciata e negata, questo

59 Ivi, p. 129.

60 M. Horkheimer, Ragione e autoconservazione, in Id, Crisi della ragione etrasformazione dello Stato, cit., p. 127.61 C. Galli, Introduzione a M. Horkheimer, Th.W. Adorno, Dialetticadell’illuminismo, cit., p. XX.

15

nostro mondo tanto reale con tutti i suoi soli e le sue vie lattee è – il

nulla62.

Bisogna raggiungere la nullità del dominio, per Horkheimer, ela nullità della volontà di vivere, per Schopenhauer: questa è laconclusione pressoché identica dei due autori. In entrambi i casi, laprecedente condizione viene vista ormai con uno sguardo del tuttodistaccato, indifferente, tanto che l’uomo che giungesse alla noluntasgiudicherebbe folle raccapezzarsi nel mondo appena lasciatosi allespalle; quest’ultimo non avrebbe alcun valore residuo una voltaconosciuto uno stadio indicibile e incomunicabile, quello dellaassoluta libertà. La noluntas, anche nel contesto horkheimeriano,significherebbe oltrepassare la ragione calcolante, la ragionesoggettiva, per entrare in un’altra dimensione esistenziale che coloroche sono ancora irretiti nel dominio non possono nemmenoimmaginare.

Ma non è tutto. L’imporsi sempre più perentorio della ragionestrumentale reifica vieppiù l’uomo e trasforma la società in unaamministrazione totale. Il crinale intrapreso dal mondo sembraineluttabile oltreché fatale. Horkheimer stesso, a questo punto,sostiene che la tendenza immanente allo sviluppo dell’umanità «puòessere interrotta solo da catastrofi»63. Lui parla di guerre atomiche oattacchi di natura terroristica; noi invece avanziamo l’idea che lacatastrofe possa essere identificata anche con la distruzionedell’individuo, con la sparizione dell’Io. L’ascesi nichilistica comecatastrofe suprema che interrompe la dialettica dell’illuminismo: nonun granché come suggerimento, ma ricordiamo che non voleva esserequesto l’intento della teoria critica, interessata com’era, invece, aindicare i mali della società più che a proporre antidoti o comodesoluzioni facilmente travisabili in dogmi e ideologie.

Concisamente,

se la teoria si deve adattare sia pur a una prassi che si dice diliberazione, perde ogni valore ed ogni autonomia, mentre la prassi èsolo sedicente liberatoria perché in realtà censura la teoria che non le èfunzionale, e che invece sola potrebbe, nel costante impegno critico,autonomo e spregiudicato, metterne in questione gli obiettivi per non

farle tradire la reale umanizzazione64.

62 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, cit., p. 708.

63 M. Horkheimer, La teoria critica ieri e oggi, in Id., La società di transizione,cit., p. 168. Scrive altrove: «Il processo può essere interrotto da incidenti; rifiutarlo,non partecipare, anziché promuoverlo, equivarrà infine alla follia romantica, allasuperstizione, allo sviluppo degenere di singoli esemplari della specie» (M.Horkheimer, Taccuini 1950-1969, cit., p. 188).64 U. Galeazzi, La teoria critica della Scuola di Francoforte, cit., p. 163.

Torniamo così alla prima via di liberazione: la teoria, che non èstrumentale alla prassi, deve fronteggiare e combattere i mostri che laragione abbagliata dal dominio ha prodotto, avere il coraggio dinominarli e purificare il pensiero. Solo da questo sforzo ascetico didecontaminazione dai residui di dominio può nascere una nuovaumanità, senza passare attraverso il rischio di un’autodistruzione(l’ascesi nichilistica) da cui difficilmente può rinascere la vita.

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., La teoria critica della religione, Borla, Roma 1986.ADDANTE P., Max Horkheimer: crisi della ragione e nostalgia di

Dio, in ID., L’uomo oggi. Fantoccio o bellezza microcosmica,Laruffa Editore, Reggio Calabria 2009.

TH.W. ADORNO., Stelle su misura, Einaudi, Torino 2010.BELLAN A., Trasfigurazione e trasformazione. Horkheimer e la

metafisica, in CORTELLA L. (a cura di), Teoria critica e metafisica,Mimesis, Milano-Udine 2009.

BONDOLFI A., Il giudizio di Max Horkheimer sulla Riformaprotestante. Un contributo ad una teoria critica della modernità,in Max Horkheimer a cento anni dalla nascita, Atti del convegno,Montagnola, 22-23 settembre 1995, in «Cenobio» 45, n. 3 (1996),pp. 297-312.

BUTTIGLIONE R., Dialettica e nostalgia, Jaca Book, Milano 1978.CANONICO M.F., La Scuola di Francoforte: teoria a favore

dell’uomo?, in ID., L’uomo misura dell’essere?, Las, Roma 1985.CEPPA L., L’influenza di Schopenhauer sull’ultimo Horkheimer,

in MARINI A. (a cura di), Schopenhauer ieri e oggi, Il Melangolo,Genova 1991.

COSI G., Religiosità e teoria critica. La «teologia negativa» inMax Horkheimer, in «Rivista di Filosofia Neoscolastica» 72(1980), pp. 452-474.

DI NAPOLI N., Al di là della rappresentazione, Loffredo Editore,Napoli 1993.

DONAGGIO E. (a cura di), La Scuola di Francoforte. La storia e itesti, Einaudi, Torino 2005.

17

FALCHI PELLEGRINI M.A., Horkheimer: la critica del dominiopolitico, Centro Editoriale Toscano, Firenze 2001.

GALEAZZI U., La teoria critica della Scuola di Francoforte,Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2000.

GENINAZZI L., Horkheimer & C. Gli intellettuali disorganici, JacaBook, Milano 1976.

M. HORKHEIMER., ADORNO T.W., Dialektik der Aufklärung.Philosophische Fragmente, Querido Verlag, Amsterdam 1947;trad. it. Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 2010.

ID., Eclipse of Reason, Oxford University Press, New York 1947;trad. it. Eclisse della ragione, Einaudi, Torino 2000.

ID., ADORNO T.W. (a cura di), Soziologische Excurse,Europäische Verlagsanstalt, Frankfurt am Main 1956; trad. it.Lezioni di sociologia, Einaudi, Torino 2001.

ID., Kritische Theorie. Eine Dokumentation, 2 voll., S. FischerVerlag GmbH, Frankfurt am Main 1968; trad. it. Teoria critica, 2voll., Mimesis, Milano-Udine, 2014.

ID., Verwaltete Welt? Ein Gespräch, Verlags AG «Die Arche»,Zürich 1970; trad. it. Rivoluzione o libertà?, Rusconi Editore,Milano 1972.

ID., Die Sensucht nach dem ganz Anderen. Ein interview mitKommentar von Helmut Gumnior, Furche-Verlag H. RennebachKG, Hamburg 1970; trad. it. La nostalgia del totalmente Altro,Queriniana, Brescia 2008.

ID., Gesellschaft im Übergang, Fischer Taschenbuch VerlagGmbH, Frankfurt am Main 1972; trad. it. La società di transizione,Einaudi, Torino 1979.

ID., Sozialphilosophische Studien: Aufsätze, Reden undVorträge 1930-1972; mit einem Anhang über Universität undStudium, Athenäum Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt amMain 1972; trad. it. Studi di filosofia della società, Mimesis,Milano-Udine, 2011.

ID., Notizien 1950 bis 1969, S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurtam Main 1974; trad. it. Taccuini 1950-1969, Marietti, Genova1988.

ID., Crisi della ragione e trasformazione dello Stato, Savelli,Roma 1978.

HÜBSCHER A., Arthur Schopenhauer: un filosofo controcorrente, Mursia, Milano 1990, pp. 159-210.

OMBROSI O., Il crepuscolo della ragione, Giuntina, Firenze 2014.PETRUCCIANI S., Ragione e dominio, Salerno Editrice, Roma

1984.RICONDA G., Motivi e attualità della filosofia di Schopenhauer,

in Schopenhauer e il sacro, Atti del seminario, Trento, 26-28aprile 1984, a cura di PENSO G., EDB, Bologna 1987.

ID., Horkheimer e Schopenhauer, in AA.VV., Romanticismo.Esistenzialismo. Ontologia della libertà, Mursia, Milano 1979.

SCHMIDT A., A proposito dell’idea della teoria critica, inHORKHEIMER M., Teoria critica, vol. II, Einaudi, Torino 1974.

ID., La fisionomia spirituale di Max Horkheimer, inHORKHEIMER M., Taccuini 1950-1969, Marietti, Genova 1988.

SCHOPENHAUER A., Il mondo come volontà e rappresentazione, 2voll., Bur, Milano 2009.

ID., Aforismi per una vita saggia, Bur, Milano 2013.VECCHIOTTI I., Introduzione a Schopenhauer, Laterza, Roma-

Bari 2011.VINCIERI P., Discordia e destino in Schopenhauer, Il Melangolo,

Genova 1993.

* Giacomo Maria Arrigo. Nato a Messina nel 1992, nel 2015 consegue con lodela laurea in Filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel2016 si diploma al Master Universitario in Middle Eastern Studies presso l'ASERI(Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali). Attualmente è dottorando in“Politica, Cultura e Sviluppo” presso l'Università della Calabria, dove studia lapresenza dello gnosticismo rivoluzionario all’interno del salafismo-jihadismo; èaltresì membro del centro di studi "Occhialì - Laboratorio calabrese sulMediterraneo islamico" attivo presso la stessa università.

Filosofia e nuovi sentieri /ISSN 2282-5711

https://filosofiaenuovisentieri.it/2017/04/23/max-horkheimer-e-lascesi-schopenhaueriana-unanalisi/

© Filosofia e nuovi sentieri 2015. Tutti i diritti riservati

19