microbiologia industriale -...

5
numero 159 novembre 1981 anno XIV volume XXVII LE SCIENZE SCIENTIFIC AMERICAN Microbiologia industriale Un'introduzione al tema del fascicolo: la produzione di alimenti, bevande, farmaci e prodotti chimici per l'industria con particolare attenzione ai nuovi metodi di programmazione genetica dei microrganismi di Arnold L. Demain e Nadine A. Solomon L a microbiologia industriale è in pie- no fermento, una situazione che senza ricorrere a termini tecnici si può definire di agitazione, di turbolenza o, comunque, di grande attività. I pro- gressi recentemente avutisi nel campo della biologia molecolare hanno prodotto un'ondata di eccitazione a proposito delle future applicazioni che le nuove tecniche microbiologiche troveranno in un'ampia gamma di processi industriali. Ciò che spesso manca, però, nelle discussioni sul DNA ricombinante, sull'ingegneria gene- tica e su temi analoghi è il significato del contesto in cui i nuovi sviluppi debbono aver luogo. La microbiologia industriale non è certamente un nuovo campo di atti- vità imprenditoriale: si tratta di un fattore consolidato dell'economia mondiale, cui attualmente è dovuta una produzione annua valutata in decine di miliardi di dollari solo per quanto riguarda gli Stati Uniti. Si tratta inoltre del risultato di un'attività umana molto estesa con una storia estremamente ricca che risale nel tempo per migliaia di anni. Questo fascicolo di «Le Scienze» è de- dicato alla microbiologia industriale, con una particolare attenzione a quei settori in cui è probabile che l'introduzione delle nuove tecniche di manipolazione genetica possano produrre cambiamenti di rilievo. J 'arte della fermentazione, tecnicamen- 'te definita nel senso più ampio come la trasformazione chimica di composti organici per mezzo di enzimi (in partico- lare enzimi prodotti da microrganismi), è molto antica. La capacità di produrre una bevanda alcoolica come la birra mediante lievito era nota ai sumeri e ai babilonesi prima del 6000 a.C. Molto più tardi, nel 4000 a.C. circa, gli egiziani scoprirono che l'anidride carbonica generata dall'a- zione del lievito di birra poteva far lievita- re il pane. Riferimenti al vino, un altro antico prodotto della fermentazione, si possono trovare nel Genesi, dove si rac- conta come Noè ne abusasse un po' troppo. Verso il XIV secolo dopo Cristo la di- stillazione di bevande alcooliche prodotte da granaglie fermentate, una pratica che si pensa abbia avuto origine in Cina o nel Medio Oriente, era diffusa in molte parti del mondo. Altri processi fermentativi che trovano origine nell'antichità sono la coltura di batteri acetici per produrre ace- to, di batteri lattici per conservare il latte, per esempio come yogurt, e di vari batteri e muffe per produrre formaggio. I microrganismi hanno fornito cibi e bevande per più di 8000 anni prima che ne venisse accertata l'esistenza, e ciò av- venne nel XVII secolo. In quel periodo l'olandese Anton van Leeuwenhoek, un pioniere della microbiologia, esaminando con il suo semplice strumento acqua, materia in decomposizione e un po' di patina che aveva prelevato dai suoi denti, riferì sulla presenza di minuscoli animal- cula, piccoli organismi in movimento non più grandi di un millesimo di un gra- nello di sabbia. Molti ritenevano che tali organismi originassero spontaneamente dalla materia non vivente. Infatti, anche se a quel tempo la teoria della generazio- ne spontanea, postulata tra gli altri anche da Aristotele, era screditata per quanto riguardava le forme di vita superiori, essa sembrava in grado di spiegare perché un brodo limpido si offuscasse per la presen- za di una gran quantità di questi organi- smi man mano che il tempo passava. Fu solo nella seconda metà del XIX secolo che il francese Louis Pasteur e l'inglese John Tyndall demolirono la teoria della generazione spontanea e dimostrarono che la vita microbica aveva origine da forme di vita preesistenti. Prima che Pasteur iniziasse i suoi lavori sull'origine della vita microbica, tre ricer- catori, il francese Charles Cagniard de la L'antichità della fermentazione è dimostrata dalle scene di preparazione del pane e della birra che appaiono nel bassorilievo dipinto della pagina a fronte. Il rilievo, che si trova sulla parete di una tomba egiziana della Quinta Dinastia del 2400 a.C., fa parte attualmente della collezione del Museo nazionale delle antichità di Leida. Le figure del pannello superiore sono impegnate (da destra a sinistra) a battere, spulare e macinare presumibilmente orzo o farro, una varietà primitiva di frumento. Le figure nel pannello al centro immergono nell'acqua la farina grossolana, lasciando germinare qualcuno dei granelli interi (a sinistra), lavorano la pasta lievitata, modellandola in vari tipi di forme (al centro) e cuociono il «pane di birra», in un forno (a destra). Il fornaio è ritratto in un atteggiamento caratteristico, mentre riattizza il fuoco con un arnese dalla lunga impugnatura con una mano e con l'altra si protegge gli occhi dal calore. Nel pannello inferiore si vede l'infuso mentre viene colato in un recipiente di fermentazione che è appoggiato su un supporto simile a una fune arrotolata. Dopo alcuni giorni di fermentazione la birra pronta viene versata dal recipiente in giare di terracotta, che subito vengono chiuse, sigillate con argilla e immagazzinate. I birrai egiziani si basavano inizialmente sui lieviti presenti nell'aria o sulla pelle o sulla buccia di frutti e cereali; successivamente si rese disponibile un lievito puro o quasi. Le antiche birrerie produceva- no diversi tipi di birra; alcuni, detti «forti», avevano un contenuto di alcool anche del 12 per cento. 16

Upload: nguyentu

Post on 15-Feb-2019

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

numero 159novembre 1981anno XIVvolume XXVII

LE SCIENZESCIENTIFICAMERICAN

Microbiologia industrialeUn'introduzione al tema del fascicolo: la produzione di alimenti,bevande, farmaci e prodotti chimici per l'industria con particolareattenzione ai nuovi metodi di programmazione genetica dei microrganismi

di Arnold L. Demain e Nadine A. Solomon

L

a microbiologia industriale è in pie-no fermento, una situazione chesenza ricorrere a termini tecnici si

può definire di agitazione, di turbolenzao, comunque, di grande attività. I pro-gressi recentemente avutisi nel campodella biologia molecolare hanno prodottoun'ondata di eccitazione a proposito dellefuture applicazioni che le nuove tecnichemicrobiologiche troveranno in un'ampiagamma di processi industriali. Ciò chespesso manca, però, nelle discussioni sulDNA ricombinante, sull'ingegneria gene-tica e su temi analoghi è il significato delcontesto in cui i nuovi sviluppi debbonoaver luogo. La microbiologia industrialenon è certamente un nuovo campo di atti-vità imprenditoriale: si tratta di un fattoreconsolidato dell'economia mondiale, cuiattualmente è dovuta una produzioneannua valutata in decine di miliardi didollari solo per quanto riguarda gli StatiUniti. Si tratta inoltre del risultato diun'attività umana molto estesa con unastoria estremamente ricca che risale neltempo per migliaia di anni.

Questo fascicolo di «Le Scienze» è de-dicato alla microbiologia industriale, conuna particolare attenzione a quei settoriin cui è probabile che l'introduzione dellenuove tecniche di manipolazione geneticapossano produrre cambiamenti di rilievo.

J'arte della fermentazione, tecnicamen-'te definita nel senso più ampio come

la trasformazione chimica di compostiorganici per mezzo di enzimi (in partico-lare enzimi prodotti da microrganismi), èmolto antica. La capacità di produrre unabevanda alcoolica come la birra mediantelievito era nota ai sumeri e ai babilonesiprima del 6000 a.C. Molto più tardi, nel

4000 a.C. circa, gli egiziani scoprironoche l'anidride carbonica generata dall'a-zione del lievito di birra poteva far lievita-re il pane. Riferimenti al vino, un altroantico prodotto della fermentazione, sipossono trovare nel Genesi, dove si rac-conta come Noè ne abusasse un po' troppo.

Verso il XIV secolo dopo Cristo la di-stillazione di bevande alcooliche prodotteda granaglie fermentate, una pratica chesi pensa abbia avuto origine in Cina o nelMedio Oriente, era diffusa in molte partidel mondo. Altri processi fermentativiche trovano origine nell'antichità sono lacoltura di batteri acetici per produrre ace-to, di batteri lattici per conservare il latte,per esempio come yogurt, e di vari batterie muffe per produrre formaggio.

I microrganismi hanno fornito cibi ebevande per più di 8000 anni prima chene venisse accertata l'esistenza, e ciò av-venne nel XVII secolo. In quel periodol'olandese Anton van Leeuwenhoek, unpioniere della microbiologia, esaminandocon il suo semplice strumento acqua,

materia in decomposizione e un po' dipatina che aveva prelevato dai suoi denti,riferì sulla presenza di minuscoli animal-cula, piccoli organismi in movimentonon più grandi di un millesimo di un gra-nello di sabbia. Molti ritenevano che taliorganismi originassero spontaneamentedalla materia non vivente. Infatti, anchese a quel tempo la teoria della generazio-ne spontanea, postulata tra gli altri ancheda Aristotele, era screditata per quantoriguardava le forme di vita superiori, essasembrava in grado di spiegare perché unbrodo limpido si offuscasse per la presen-za di una gran quantità di questi organi-smi man mano che il tempo passava. Fusolo nella seconda metà del XIX secoloche il francese Louis Pasteur e l'ingleseJohn Tyndall demolirono la teoria dellagenerazione spontanea e dimostraronoche la vita microbica aveva origine daforme di vita preesistenti.

Prima che Pasteur iniziasse i suoi lavorisull'origine della vita microbica, tre ricer-catori, il francese Charles Cagniard de la

L'antichità della fermentazione è dimostrata dalle scene di preparazione del pane e della birra cheappaiono nel bassorilievo dipinto della pagina a fronte. Il rilievo, che si trova sulla parete di unatomba egiziana della Quinta Dinastia del 2400 a.C., fa parte attualmente della collezione delMuseo nazionale delle antichità di Leida. Le figure del pannello superiore sono impegnate (dadestra a sinistra) a battere, spulare e macinare presumibilmente orzo o farro, una varietà primitivadi frumento. Le figure nel pannello al centro immergono nell'acqua la farina grossolana, lasciandogerminare qualcuno dei granelli interi (a sinistra), lavorano la pasta lievitata, modellandola in varitipi di forme (al centro) e cuociono il «pane di birra», in un forno (a destra). Il fornaio è ritratto inun atteggiamento caratteristico, mentre riattizza il fuoco con un arnese dalla lunga impugnaturacon una mano e con l'altra si protegge gli occhi dal calore. Nel pannello inferiore si vede l'infusomentre viene colato in un recipiente di fermentazione che è appoggiato su un supporto simile a unafune arrotolata. Dopo alcuni giorni di fermentazione la birra pronta viene versata dal recipiente ingiare di terracotta, che subito vengono chiuse, sigillate con argilla e immagazzinate. I birraiegiziani si basavano inizialmente sui lieviti presenti nell'aria o sulla pelle o sulla buccia di frutti ecereali; successivamente si rese disponibile un lievito puro o quasi. Le antiche birrerie produceva-no diversi tipi di birra; alcuni, detti «forti», avevano un contenuto di alcool anche del 12 per cento.

16

Questo ritratto di Pasteur fu eseguito nel 1884 in occasione di una sua visita a Copenaghen.Pasteur, che morì nel 1895, aveva a quel tempo 61 anni. La fotografia, eseguita da J. Petersen &Son, è ora conservata negli archivi del Museo Pasteur che fa parte dell'Istituto Pasteur di Parigi.

Il più antico disegno noto della struttura di un ammasso di cellule di lievito si trovava inserito inuna lettera inviata da Anton van Leeuwenhoek nel 1680 a Thomas Gale, a quel tempo segretariodella Royal Society di Londra. Esaminando un campione di birra fredda con il suo primitivomicroscopio, van Leeuwenhoek notò una grande quantità di piccole particelle. «Alcune di queste-scrisse poi (in latino) - mi sembravano del tutto rotonde, altre erano irregolari e alcune erano piùgrandi delle altre e sembravano consistere di due, tre o quattro delle particelle suddette legateinsieme. Altre ancora consistevano di sei globuli e questi ultimi formavano un globulo unico dilievito... Allo scopo di rappresentare visivamente questa combinazione presi sei palline di cera e leunii insieme come nella figura 1, le sistemai e le disegnai in modo che si potessero vedere tutte e seicontemporaneamente. Successivamente schiacciai queste palline tra le mani così che assunsero laforma mostrata nella figura 2, poiché immagino che il risultato ottenuto facendo rotolare le pallinedi cera tra le mani per comprimerle sia quasi lo stesso che si ha nella fermentazione della birra.»Nonostante van Leeuwenhoek non sia mai stato in grado di distinguere effetfivamente le seicellule che costituivano il globulo più grande, riferì che le sue osservazioni, interpretate alla lucedei modelli di cera «erano per me tanto chiare come se avessi davanti agli occhi una piccola bollatrasparente piena di sei bolle più piccole.» Quello che vide (con un ingrandimento valutato in circa125 diametri) era probabilmente un aggregato di cellule di lievito riprodottesi rapidamente.

Louis Pasteur nel suo studio classico del XIX secolo sulla fermentazione della birra fece ricerchesu vari microrganismi responsabili del deterioramento della birra. Questo disegno composito, chemostra i principali contaminanti microbici della birra e del mosto di malto, è riprodotto dall'edi-zione originale francese del 1876 del suo libro Etudes sur la bière, ses maladies, causes qui lesprovoquent. Procédés pour la rendre inaltérable, aree une théorie nouvelle de la fermentation. Funel corso di questo lavoro che Pasteur dimostrò l'esistenza di vita microbica anaerobia, ossia inassenza d'aria. Le particelle più grandi e di forma più simile a quella globulare sono lieviti.

Tour e i tedeschi Theodor Schwann eFriedrich Traugott Mitzing, avevanoproposto indipendentemente che i pro-dotti della fermentazione, soprattuttoetanolo (alcool etilico) e anidride carbo-nica, fossero creati da una forma micro-scopica di vita. Questa idea venne aspra-mente osteggiata dai chimici più autore-voli del tempo (uomini come Rins JakobBerzelius, Justus von Liebig e FriedrichWòhler) i quali sostenevano che la fer-mentazione fosse puramente una reazio-ne chimica e che il lievito presente nelbrodo di fermentazione fosse materia indecomposizione priva di vita.

A Pasteur occorsero quasi vent'anni -dal 1857 al 1876 - per dimostrare chel'ipotesi sostenuta dai chimici non era va-lida. Era stato chiamato in causa dai distil-latori di Lille perché scoprisse come mai ilcontenuto dei loro tini di fermentazionediventasse acido ed egli notò al microsco-pio che il brodo di fermentazione conte-neva non solo cellule di lievito, ma anchebatteri che potevano produrre acido latti-co. In questo ventennio, il suo maggiorcontributo fu quello di stabilire che ognitipo di fermentazione era mediato da unmicrorganismo specifico. Inoltre, in unostudio intrapreso per determinare comemai la birra francese fosse inferiore aquella tedesca, dimostrò l'esistenza di vitapuramente anaerobia, cioè in assenzad'aria.

Una delle idee centrali di Pasteur, ossiache ogni fermentazione fornisce

energia alla specie che la compie, portò,nel 1897 alla scoperta accidentale, da par-te del tedesco Eduard Buchner, che ilmetabolismo poteva aversi senza cellule.Buchner trovò che un estratto di lievitofatto macerare e poi filtrato, in modo chele cellule integre venissero eliminate,conservava la capacità di convertire lozucchero in alcool.

All'importante lavoro di Buchner fece-ro seguito notevoli progressi nella ricercabiochimica di base, ma solo poche dellenuove conoscenze vennero applicate nel-la pratica della fermentazione industrialefino alla prima guerra mondiale. Da partegermanica diventò presto urgente dispor-re di glicerolo per la fabbricazione diesplosivi. Il blocco navale britannico im-pediva l'importazione di oli vegetali, lamateria prima comunemente usata per laproduzione di glicerolo. Diversi anni pri-ma Carl Neuberg, un biochimico tedesco,aveva approfondito un'osservazione diPasteur secondo la quale nella fermenta-zione alcoolica si producevano general-mente piccole quantità di glicerolo. Stu-diando il fenomeno Neuberg scoprì che,aggiungendo bisolfito di sodio al tino difermentazione, si favoriva la produzionedi glicerolo a spese dell'etanolo. Anche sea questa scoperta prebellica venne almomento riservato un interesse pura-mente accademico, i tedeschi l'applicaro-no ben presto nella fermentazione a livel-lo industriale ottenendo un rendimento di1000 tonnellate di glicerolo al mese.

Da parte britannica era necessario l'a-cetone per la produzione di munizioni. In

risposta a questa necessità Chaim Weiz-mann, un chimico di origine russa, mise apunto la fermentazione acetone-butanolo(acetonbutilica) che viene attuata dal bat-terio anaerobico Clostridium acetobutyli-cum. (Weizmann divenne in seguito ilprimo presidente di Israele.) Alla fine del-la prima guerra mondiale il processo te-desco per la produzione del glicerolo uscìdi scena, ma quello della fermentazioneacetonbutilica rimase per molti anni unafonte importante di acetone fino al mo-mento in cui fu sostituito dai processi ba-sati sul petrolio. È stato il primo processodi fermentazione su grande scala per ilquale si sono dovuti risolvere problemi dicontaminazione da parte di altri batteri edi batteriofagi (virus che infettano i batte-ri). Per la prima volta si dovette ricorrerenei fermentatori industriali a metodi dicoltura pura, un'esperienza che dovevadimostrarsi preziosa negli anni quarantaquando ebbe inizio l'era degli antibiotici.

Per migliaia di anni formaggio, carne epane ammuffiti erano stati impiegati nellamedicina popolare per curare le ferite. Fusolo, però, nel decennio 1870-1880 cheTyndall, Pasteur e William Roberts, unmedico inglese, osservarono direttamen-te gli effetti antagonisti di un microrgani-smo su un altro. Pasteur, con la sua carat-teristica lungimiranza, suggerì che il fe-nomeno poteva avere potenzialità tera-peutiche. Nei successivi 50 anni si speri-mentarono come farmaci varie prepara-zioni microbiche, ma erano o troppo tos-siche o inattive negli animali viventi. Fi-nalmente nel 1928 Alexander Flemingnotò che la muffa Penicillium notatumuccideva le colture del batterio Staphylo-coccus aureus quando, accidentalmente,contaminava le piastre di coltura. Dopoaver fatto crescere la muffa in un mezzoliquido e separato il fluido dalle cellule,egli trovò che il liquido privo di cellulepoteva inibire molte specie di batteri. Al-l'ingrediente attivo del liquido Flemingdiede il nome di penicillina, ma subitodopo sospese le ricerche sulla sostanza.

Tentativi per isolare la penicillina furo-no fatti negli anni trenta da molti chimiciinglesi, ma l'instabilità della sostanza fru-strava i loro sforzi. Nel 1939, infine, unostudio avviato all'Università di Oxford daHoward W. Florey, Ernst B. Chain e dailoro colleghi portò alla preparazione diuna forma stabile di penicillina e alladimostrazione della sua notevole attivitàantibatterica prima negli animali da espe-rimento e poi nell'uomo. Florey e il suocollega Norman Heatley compresero chela situazione nell'Inghilterra del tempo diguerra non era la più adatta per lo svilup-po di un processo industriale per la pro-duzione di antibiotici e, così, nel 1941 sitrasferirono negli Stati Uniti a cercarviappoggio. Con l'aiuto del Dipartimentodell'agricoltura e di molte case farmaceu-tiche americane la produzione di penicil-lina dal Penicillium chrysogenum divennepresto una realtà.

La penicillina, che segnò l'inizio dell'e-ra degli antibiotici, fu seguita molto pre-sto dalle scoperte di Selman A. Wak-sman, un microbiologo del suolo che la-

vorava alla Rutgers University. Graziealle sue ricerche si ottennero dagli atti-nomiceti molti antibiotici nuovi, di cui ilpiù noto è la streptomicina. Da allora si èavuta una vera e propria proliferazione diprocessi di fermentazione industriale e diprodotti economicamente attuabili.

Nonostante le diversità dei processi e

dei prodotti microbici descritti negliarticoli che seguono vi sono alcune carat-teristiche che sono condivise da tutti imicrorganismi. Le più importanti sono ledimensioni molto piccole della cellulamicrobica e il rapporto relativamente ele-vato tra superficie e volume, il quale faci-lita il trasporto rapido di sostanze nutriti-ve entro la cellula e quindi è in grado disostenere il suo elevato tasso metabolico.Per esempio, nei lieviti, il tasso di produ-zione di proteine è di diversi ordini digrandezza più elevato che non nella soia,nella quale è a sua volta dieci volte piùelevato che non nel bestiame. Il tasso

estremamente alto di biosintesi microbicaconsente ad alcuni microrganismi di ri-prodursi in soli 15 minuti.

Gli ambienti che sostengono la vitamicrobica riflettono l'ampia gamma disoluzioni attraverso le quali si è attuatal'evoluzione dei microrganismi. Ve nesono alcuni che vivono a temperatureprossime al punto di congelamento del-l'acqua, altri che vivono a temperature di100 gradi centigradi, alcuni vivono nel-l'acqua di mare, altri nell'acqua dolce,alcuni in presenza d'aria, altri senz'aria.Vi sono certi microrganismi che hannosviluppato cicli vitali con stadi di anima-zione sospesa per far fronte alla mancan-za di sostanze nutritive: in forma di sporeessi rimangono inattivi per anni finchél'ambiente diventa più favorevole allacrescita delle cellule.

Poiché i microrganismi sono capaci diun'ampia varietà di reazioni metaboliche,essi possono adattarsi a fonti diverse dinutrizione e questa loro adattabilità con-

1819

In questa microfotografia elettronica fatta con la tecnica del criodecapag-gio appaiono cellule di lievito in divisione. Le cellule appartengono allaspecie Saccharomyces cerevisiae (d lievito di birra). Il campione è statoprima congelato, poi fratturato; la matrice di ghiaccio è stata successiva-mente asportata, lasciando in rilievo il materiale da replicare. (La microfo-

tografia elettronica è stata in effetti ripresa da una replica a pellicola sottiledella superficie.) La fratturazione ha aperto le cellule rivelando la lorostruttura interna. L'area più piccola a forma di manubrio dentro quella piùgrande sempre a forma di manubrio è il nucleo di una delle cellule mentre sidivide. Sulla superficie della membrana nucleare sono visibili i pori. Le

sente di adottare per le fermentazioniindustriali sostanze nutritive poco costo-se. Per esempio, le melasse e il mosto dimais, prodotti di scarto rispettivamentedella cristallizzazione dello zucchero edella macinazione a umido del mais, pos-sono entrambi servire per la produzionedella penicillina.

Dal punto di vista industriale sonoquattro le classi importanti di microrgani-smi: lieviti, muffe, batteri unicellulari e

attinomiceti. Lieviti e muffe sono moltopiù sviluppati e insieme costituiscono ilgruppo dei funghi. Sono organismi euca-rioti, cioè le loro cellule, al pari di quelledei vegetali e degli animali, hanno un nu-cleo racchiuso da una membrana e con-tengono più di un cromosoma; hannoinoltre organelli, come per esempio i mi-tocondri (le minuscole strutture a formadi salsiccia responsabili del principaleapporto energetico alla cellula). I batteri

unicellulari e gli attinomiceti sono inveceprocarioti; non hanno membrana nuclea-re, né mitocondri e hanno un solo cromo-soma. Inoltre le cellule dei procariotisono tipicamente molto più piccole chenon quelle degli eucarioti. Nonostantequeste fondamentali differenze biologi-che vi è tra muffe e attinomiceti una ras-somiglianza superficiale nel senso chesono entrambi filamentosi, ossia cresconocome un sistema ramificato di ife filiformi

e non come cellule singole. Lieviti e batteri,in condizioni normali, sono unicellulari.

I prodotti di importanza commercialeottenuti da questi microrganismi rientra-no in quattro categorie fondamentali: (1)le cellule microbiche stesse; (2) le grandimolecole (macromolecole) come gli en-zimi che essi sintetizzano; (3) i loro pro-dotti metabolici primari (composti essen-ziali per la loro crescita); (4) i loro prodot-ti metabolici secondari (composti non

altre forme visibili nelle cellule o sono vacuoli(cavità sferiche) o mitocondri (organelliri). La microfotografia, che ingrandisce le celluledi circa 21 000 diametri, è stata realizzata da H.Moor dell'Istituto federale elvetico di tecnologia.

necessari alla loro crescita). In genere imetaboliti primari e secondari di interes-se commerciale hanno un peso molecola-re abbastanza basso: meno di 1500 dal-ton, mentre il peso molecolare di un en-zima può andare da 10 000 a parecchimilioni di dalton.

T e cellule microbiche hanno due applica-zioni importanti dal punto di vista

commerciale; la prima, come fonte di pro-teine soprattutto per l'alimentazione de-gli animali. Comunemente ci si riferisce aquesto prodotto come a proteine unicellu-lari, anche se in realtà è costituito dall'in-tera cellula microbica di cui la proteina è ilcomponente principale.

Le cellule microbiche sono utilizzateanche per ottenere le conversioni biologi-che, processi in cui un composto vienetrasformato in un composto struttural-mente affine per mezzo di uno o più en-zimi forniti dalle cellule. Le conversionibiologiche, note anche come trasforma-zioni microbiche, possono essere effet-tuate da cellule in accrescimento, da cellu-le a riposo o anche da cellule essiccate(disidratate). Potendo attuare quasi tutti itipi di reazione chimica, i microrganismipresentano molti vantaggi rispetto ai rea-genti chimici. Per esempio, molte reazionichimiche non biologiche richiedono unaconsiderevole quantità di energia perscaldare o raffreddare il recipiente di rea-zione; inoltre queste reazioni si svolgonogeneralmente in solventi e sono necessaricatalizzatori inorganici. Solventi e cata-lizzatori possono essere entrambi inqui-nanti. Infine, molte reazioni chimiche nonbiologiche . danno origine a sottoprodottiindesiderati che devono essere rimossicon una fase successiva di purificazione.

A differenza della maggior parte dellereazioni chimiche non biologiche, le con-versioni biologiche procedono a tempera-ture biologiche e nell'acqua come solven-te. Spesso le cellule possono essere im-mobilizzate su una struttura di supportoper ottenere la lavorazione in continuo.Un altro pregio importante delle conver-sioni biologiche è la loro specificità: unenzima generalmente catalizza solo untipo di reazione in un sito specifico dellamolecola del substrato. Si può anche far sìche l'enzima scelga, da un miscuglio diforme, un isomero, ossia una particolareforma molecolare di un composto, perprodurre un singolo isomero del prodot-to. Queste caratteristiche spiegano glielevati rendimenti tipici delle conversionibiologiche, i quali possono raggiungere il100 per cento.

La conversione biologica dell'etanoloin una soluzione diluita di acido acetico(aceto) veniva praticata in Babilonia ver-so il 5000 a.C. Altre importanti conver-sioni biologiche trasformano l'isopropa-nolo in acetone, il glucosio in acido gluco-nico e il sorbitolo in sorbosio. (Quest'ul-tima reazione è l'unico passaggio biologi-co nella preparazione altrimenti non bio-logica dell'acido ascorbico, la vitaminaC.) Nell'industria farmaceutica conver-sioni biologiche importanti sono quelleche riguardano la produzione di steroidi.

Più recentemente, nella produzione dipenicillina semisintetica è stato possibilesostituire una reazione chimica che dàorigine a inquinanti con una conversionebiologica non inquinante.

Gli enzimi sono le macromolecole piùversatili prodotte dai microrganismi.Questi catalizzatori biologici sono impor-tanti nell'industria alimentare e chimicaper la loro specificità, efficienza e potenzain condizioni di temperatura e di aciditàmoderate. Sebbene gli enzimi siano tradi-zionalmente estratti dalle piante e daglianimali, sono prodotti sempre in maggiormisura da microrganismi data la facilitàcon cui si può disporre di questi ultimi e sene può migliorare il rendimento manipo-lando o i geni o l'ambiente dei microrga-nismi stessi. Inoltre, nella produzionemicrobica di enzimi, i tempi di fermenta-zione sono brevi, i terreni di coltura nonsono costosi e i procedimenti di screeningsono semplici.

XT ella biosintesi degli enzimi è spesso3 necessario sfruttare o evitare certi

meccanismi regolatori che si sono evolutinell'arco di milioni di anni per impedire lasovraproduzione di enzimi e dei loro pro-dotti. Per esempio, la produzione di unenzima può essere aumentata di un fatto-re 1000 aggiungendo, alla vasca di fer-mentazione, una speciale sostanza indut-trice. L'induttore può essere sia il substra-to su cui l'enzima agisce sia un compostostrutturalmente simile al substrato. Laproduzione di un enzima è qualche voltarepressa da un meccanismo naturale diretroazione associato al prodotto finaledella via metabolica in cui l'enzima agi-sce; si può evitare la repressione limitan-do l'accumulo nella cellula di quel parti-colare prodotto finale. Un altro impor-tante tipo di repressione, noto come re-pressione catabolica, viene evitato sosti-tuendo rapidamente le fonti utilizzate dicarbonio e di azoto (glucosio e ammonia-ca) con altre sostanze nutritive, comeamido o farina di soia, che vengono con-sumate più lentamente.

Oltre agli enzimi, altre macromolecolecommercialmente importanti e che pos-sono essere prodotte da microrganismisono i polisaccaridi (molecole a lunga ca-tena consistenti di unità zuccherine che siripetono). Per anni la fonte principale dipolisaccaridi per l'industria sono stati ivegetali, in special modo le alghe. Recen-temente, però, si è assistito a un fiorire diinteresse per i polisaccaridi prodotti damicrorganismi. Delle migliaia di polisac-caridi che possono essere prodotti micro-bicamente il più noto è lo xantano, che siottiene dal batterio Xanthomonas campe-stris. Questa sostanza colloidale vieneaggiunta a molti cibi per la sua azionestabilizzante e addensante e l'industriapetrolifera comincia a includerla comeingrediente nei fanghi di trivellazione.Tra le altre importanti macromolecoleche si possono ottenere dai microrganismivi sono i principi attivi dei vaccini e degliinsetticidi.

Per produrre commercialmente, me-diante fermentazione, i metaboliti prima-

20 21

processo dei fanghi attivi impiega una complessa popolazione dimicrorganismi per la purificazione e la degradazione degli scoli e deirifiuti industriali. In questa fotografia aerea verticale, ripresa da un'al-

tezza di circa 1500 metri, è visibile un grande impianto di tratta-mento dei rifiuti basato su questo processo, a sud-ovest di Chicago,sull'argine del Chicago Sanitary and Ship Canal. Il nord è a sinistra.

'11 how

t

ruti111311 lUlItlillU lui III IHI11131113i11111 I 1111

11011

ri, bisogna evitare i meccanismi regolatoriche dirigono la sintesi degli enzimi e laloro attività nei microrganismi. Questimeccanismi si sono evoluti per regolare lereazioni enzimatiche, dato che, general-mente, è dannoso, per un organismo innatura, avere una sovraproduzione dimetaboliti interni. Se ciò avviene, l'orga-nismo si limita semplicemente a secerner-li nell'ambiente perché altri organismi liconsumino. A parità di condizioni, il mi-crorganismo sovraproduttore si trovasvantaggiato da un punto di vista compe-titivo e generalmente non sopravvive. Innatura, però, le condizioni non sono sem-pre le stesse e quindi alcuni microrgani-smi riescono a sopravvivere nella loronicchia ecologica anche se il loro metabo-lismo è in una certa misura meno regolatodi quello degli altri microrganismi. I ceppimeno regolati sono i più ricercati da partedei microbiologi nei programmi di scree-ning su grande scala. Una volta che unmicrorganismo leggermente sregolato siaportato in laboratorio, il microbiologotenta di sfruttare o di evitare i meccanisminaturali di regolazione manipolando o lanutrizione o la genetica della coltura.

per l'industria della fermentazione, i

più importanti metaboliti primarisono gli amminoacidi, i nucleotidi purini-ci, le vitamine e gli acidi organici. L'acidocitrico, per esempio, è prodotto da muffequando si crea uno squilibrio nutritivocon la limitazione di certi minerali, comeferro e manganese. Nella maggior partedei processi industriali, per ottenere ele-vati livelli di formazione di metaboliti, sicombinano manipolazioni genetiche eambientali. Risultati notevoli si sono avu-ti con la sovraproduzione di riboflavina(vitamina B 2) da parte della muffa Ash-bya gossypii pari a 20 000 volte la produ-zione normale e la sovraproduzione dicobalammina (vitamina B 12) da parte deibatteri Propionibacterium shermanii ePseudomonas denitrificans pari a 50 000volte la produzione normale.

Di tutti i prodotti tradizionalmente ot-tenuti per fermentazione i più importantiper la salute dell'uomo sono i metabolitisecondari. Questo gruppo comprendenon solo gli antibiotici, ma anche tossine,alcaloidi e fattori di crescita delle piante.La loro struttura è molto varia; ognuno diessi è prodotto da una sola specie micro-bica o da un piccolo numero di specie esono spesso formati da un miscuglio disostanze strettamente collegate. In naturaservono alla sopravvivenza delle specie,ma quando i microrganismi che li produ-cono sono fatti crescere in colture pure, imetaboliti secondari non hanno più que-sta funzione.

I più noti metaboliti secondari sono gliantibiotici. Ne sono stati scoperti già piùdi 5000 e se ne stanno scoprendo ancora aun tasso di circa 300 all'anno. Per la mag-gior parte sono inutili nel senso che per gliorganismi viventi o sono tossici o sonoinattivi. Per qualche ragione sconosciutagli attinomiceti sono straordinariamenteprolifici nella quantità di antibiotici chepossono secernere; circa il 75 per cento di

tutti gli antibiotici sono infatti ottenuti daquesti procarioti filamentosi e di questi il75 per cento è a sua volta prodotto da unsingolo genere: Streptomyces.

Nonostante gli antibiotici noti sianomolti, se ne continua a cercare di nuovi.Sono necessari, infatti, per combattere siagli organismi resistenti per natura siaquegli organismi che hanno acquisito laresistenza per mutazione; sono necessarianche per produrre farmaci più sicuri. Ichimici lavorano costantemente per mo-dificare le strutture naturali scoperte daimicrobiologi e questi antibiotici semisin-tetici hanno già un'importante funzionenella pratica clinica, oltre che in altri cam-pi: per esempio, per favorire la crescitadegli animali da allevamento e nel proteg-gere le piante da microrganismi dannosi.

Il fattore più importante nel mantenerel'industria della fermentazione produtti-va e competitiva rispetto all'industriachimica non biologica è la mutazione. Ilmicrobiologo industriale può trattare unmicrorganismo con un agente mutagenoche aumenta la frequenza di variazioninei geni delle cellule di molti ordini digrandezza. Nonostante le mutazioni ge-netiche siano generalmente dannose al-l'organismo, qualche volta sono benefi-che per l'uomo. Il microbiologo è spessoin grado di identificare queste variazioni(per esempio un aumento nella produzio-ne di antibiotico) con opportuni procedi-menti di screening e può conservarle in-definitamente. Di conseguenza, gli attualiceppi industriali di Penicillium chrysoge-num possono produrre una quantità dipenicillina per unità di volume di brodo10 000 volte superiore a quella prodottadalla coltura originale di Fleming.

I mutanti inoltre producono occasio-nalmente un antibiotico modificato chepresenta proprietà migliori. Sebbenequesto risultato sia generalmente dovutoal caso, i microbiologi hanno di recentemesso a punto una tecnica chiamata bio-sintesi mutazionale per mezzo della qualesi possono ottenere nuovi antibiotici inmodo più razionale.

Nonostante i risultati raggiunti in cam-po industriale dal metodo mutageno

siano buoni, si tratta tuttavia di un proce-dimento lento e che richiede molta accu-ratezza. Negli ultimi anni i progressi com-piuti nella genetica microbica sono staticosì rapidi e sconvolgenti da creare unaserie interamente nuova di opzioni perl'industria della fermentazione. Questeopzioni comprendono la fusione dei pro-toplasti, l'amplificazione dei geni e la tec-nologia del DNA ricombinante. In naturale variazioni genetiche possono avere ori-gine non soltanto per mutazione, ma an-che per ricombinazione genetica tra duecellule di genotipo differente, creandouna progenie che ha i geni di entrambi igenitori. Fino a poco tempo fa questofenomeno non è stato molto sfruttato incampo industriale a causa della frequenzaestremamente bassa della ricombinazio-ne genetica nei ceppi industriali di cellulemicrobiche. Per esempio, l'incrocio didue ceppi della stessa specie di Strepto-

myces dà origine a una sola cellula ricom-binante su un milione di cellule non ri-combinanti.

Con la nuova tecnica di fusione dei pro-toplasti vengono però rimosse le pareticellulari di ciascun tipo, vengono mischia-ti i protoplasti così ottenuti e si permetteal prodotto della fusione di rigenerare laparete cellulare. Questo procedimentoporta a un aumento notevole della fre-quenza della ricombinazione genetica conil risultato che molte specie di Streptomy-ces danno origine, dopo l'incrocio, adalmeno una cellula ricombinante su cin-que. L'aumento nella frequenza di ri-combinazione rende anche possibile ri-scontrare la ricombinazione genetica traspecie differenti. La fusione dei protopla-sti viene ora sfruttata per ricombinaremutanti a lenta crescita, ma ad alta pro-duttività, con i loro predecessori a crescitaelevata per ottenere ceppi a crescita ele-vata e alta produttività; per ricombinareparecchi mutanti ad alta produttività apartire da un singolo trattamento muta-geno oppure per separare trattamentidiversi al fine di ottenere una combina-zione additiva, o forse addirittura sinergi-ca, di mutazioni a produzione migliorata;per produrre inoltre nuovi antibioticiibridi unendo ceppi strettamente correlatiche producono antibiotici differenti.

L'amplificazione genica è un altro me-todo di manipolazione genetica con ungrande potenziale per la microbiologiaindustriale. Con questa tecnica i geni sonoamplificati, o duplicati, forzando i pla-smidi che li portano a riprodursi rapida-mente. (I plasmidi sono piccoli frammenticircolari di DNA extracromosomico, cheportano da due a 250 geni e che possonoesistere o autonomamente nel citoplasmadi una cellula o come parte integrativa delcromosoma.) Quando sono allo statoautonomo, i plasmidi generalmente si ri-producono o allo stesso tasso o a un tassopiù elevato dei cromosomi. Nonostantenormalmente vi siano dalle due alle 30copie di un plasmide per cellula, i plasmi-di possono essere forzati a riprodursi mol-to più velocemente del DNA cromosomi-co, producendo fino a 3000 copie di pla-smide per cellula.

La tecnica dell'amplificazione genica èstata largamente impiegata in battericome Escherichia coli. In teoria è ora pos-sibile trasferire qualsiasi gene cromoso-mico (o grappolo di geni) a un plasmide eamplificare il gene portando la produzio-ne della proteina per la quale il gene codi-fica a livelli molto alti. Quasi tutte le spe-cie batteriche contengono plasmidi, e cosìgli eucarioti e i lieviti. Per l'industria dellafermentazione è molto importante chevirtualmente tutte le specie che produco-no antibiotici contengano plasmidi cheincorporano o i geni strutturali per la pro-duzione di antibiotici o i geni che regola-no l'espressione di tali geni.

Oltre ai plasmidi, anche i batteriofagipossono servire per trasferire e amplifica-re i geni. Grazie all'introduzione delletecniche di amplificazione dei geni, si ot-terranno nuovi processi per la produzionedi enzimi e di metaboliti primari dato che

22 23

I batteri sono sfruttati su vasta scala per estrarre alcuni metalli daminerali di qualità inferiore. Queste due fotografie, per esempio, mo-strano operazioni di lisciviazione batterica in due grandi miniere dirame a cielo aperto negli Stati Uniti sudoccidentali. La fotografia aerea,in alto, dà una visione globale dell'intero sito minerario a Santa Rita(New Mexico); la miniera stessa è sullo sfondo mentre in primo piano, adestra, si vedono le discariche di lisciviazione. La fotografia in basso èuna ripresa ravvicinata di una discarica di lisciviazione in un sito mine-rario analogo a Bingham Canyon (Utah); la soluzione lisciviata vienericiclata da una schiera di spruzzatori rotanti_ batteri, soprattutto del

genere Thiobacillus, contribuiscono all'operazione di lisciviazioneconvertendo il ferro in vari composti, dalla forma ferrosa a quellaferrica. Il ferro ferrico, un agente ossidante efficace, svolge a questopunto due utili funzioni: ossida la pirite trasformandola in acido solfori-co, mantenendo così elevato il grado di acidità della soluzione dilisciviazione, e ossida i solfuri di rame insolubili producendo solfati dirame solubili che migrano in soluzione fino al fondo della discarica dovesi raccolgono in bacini. La soluzione è periodicamente pompata agliimpianti dove viene recuperato il rame. Nella lisciviazione possono esserecoinvolti anche pin di un milione di batteri per grammo di minerale.

molti degli enzimi che codificano per igeni strutturali della biosintesi dei meta-boliti primari sono raggruppati sui cro-mosomi dei batteri. Il trasferimento diquesti «operoni» al DNA dei plasmidi odei batteriofagi, seguito dall'amplifica-zione dei geni, potrebbe produrre nuovimicrorganismi industriali.

IT risultati ottenuti con la ricombinazione

artificiale del DNA, di cui molto si èparlato e scritto, avranno evidentementeun grande impatto sulla microbiologiaindustriale del prossimo decennio. La ri-combinazione genetica è un mezzo peraumentare la diversità dei microrganismi;si tratta di mettere assieme dell'informa-zione genetica per formare nuove combi-nazioni stabili e quindi creare nuovi geno-tipi. In natura, la ricombinazione geneticaavviene tra organismi della stessa specie odi specie strettamente correlate. Tutti gliorganismi hanno enzimi noti come endo-nucleasi di restrizione che riconoscono ilDNA estraneo e lo distruggono così chenon si ha ricombinazione «illegittima».Nel 1973 si scoprì che è possibile tagliarele molecole di DNA con enzimi di restri-zione, congiungere i pezzi di DNA con unaltro enzima (DNA-ligasi) e reintrodurreil DNA ricombinante in E.coli con l'aiutodi un plasmide che funge da vettore. Subi-to dopo i geni del plasmide provenienti daspecie batteriche non correlate venneroricombinati in provetta ed espressi inE.coli. Successivamente si trovò che ilDNA di un eucariota (un lievito) potevaesprimersi in un batterio. Da allora, moltigeni di mammifero, compresi quelli uma-ni, sono stati clonati: copiati in gran nu-mero per moltiplicazione del batterio incui erano stati introdotti. Le preoccupa-zioni iniziali circa la sicurezza di questiprocedimenti non appaiono più giustifica-te alla luce delle ultime ricerche.

Attualmente i batteri producono molteproteine che non producevano in natura;le più note sono l'insulina e l'interferone.L'insulina prodotta dai batteri si è dimo-strata attiva e sicura per l'uomo e l'inter-ferone prodotto con la tecnologia delDNA ricombinante si sta sperimentandonei pazienti. Prendendo ad esempio l'in-terferone è facile apprezzare la capacitàdella tecnologia del DNA ricombinantenel produrre molecole proteiche a costiragionevoli: prima che l'interferone fosseprodotto dai batteri, 50 milligrammi dimateriale molto impuro costavano circa 2milioni di dollari; in futuro l'interferoneprodotto dai batteri verrebbe a costarenon più di qualche centesimo di dollaroper milligrammo di materiale puro. IlDNA ricombinante sarà sfruttato perprodurre ormoni, analgesici e vaccini equesti prodotti avranno un grado di pu-rezza superiore di quelli ottenuti con letecnologie precedenti. I processi tradi-zionali di fermentazione, particolarmentequelli dell'industria degli enzimi, verran-no notevolmente migliorati dall'applica-zione della tecnologia del DNA ricombi-nante. È probabile che la nuova tecnolo-gia soppianti molti processi produttivichimici ad alto consumo energetico e mol-

to inquinanti. È già applicata allo svilup-po di nuovi ceppi batterici che converti-ranno la biomassa agricola e forestale incombustibili liquidi e sostanze chimiche.

Lo studio della ricombinazione geneti-ca negli organismi superiori ha portatoanche un grosso contributo allo sviluppodell'immunologia. Nel 1975 GeorgesKiiihler e Cesar Milstein del British Medi-cal Research Council Laboratory of Mo-lecular Biology di Cambridge hanno fusoun mieloma (una cellula tumorale cuta-nea) di topo con un globulo bianco pro-duttore di anticorpi ottenendo un «ibri-doma», ossia una cellula ibrida, che creb-be in provetta e produsse un anticorpospecifico puro. Mai prima di allora eranostati prodotti anticorpi monoclonali puri;ricercatori e clinici dovevano basarsi sumiscugli impuri di anticorpi in siero ani-male per fornire protezione immunologi-ca contro le malattie. Ora sono commer-cialmente disponibili diversi anticorpimonoclonali.

T microbiologia industriale è eccitante' anche in molte altre aree. Per esem-pio, si studia la fisiologia delle cellule de-gli organismi superiori in vista di potersfruttare queste cellule per produrre me-taboliti vegetali e animali. Con colture dicellule vegetali sono stati ottenuti alcunimetaboliti secondari, ma la relativa tecno-logia non è ancora sfruttabile commer-cialmente. Facendo crescere colture dicellule animali su «perline» microscopi-che (chiamate microportatori o microcar-rier) è stato possibile produrre l'interfe-rone e altre proteine di mammifero. Col-ture di questo tipo hanno consentito diaumentare di molto il rapporto tra areasuperficiale e volume di fluido per celluleche, per crescere, devono essere attaccatea una superficie. Sono già in corso tentati-vi per commercializzare le colture su mi-croportatori.

Dall'ingegneria genetica dovrebberoderivare importanti progressi in campoagricolo, come la sostituzione di fertiliz-zanti azotati sintetici con microrganismiazotofissatori naturali, di cui sia stata po-tenziata l'efficienza. Già si vedono pro-gressi nel tentativo di stabilire una rela-zione sinergica tra i batteri azotofissatoriallo stato libero e le piante, come il mais.Con questo metodo i ceppi di Azotobactervinelandii che espellono ammoniaca for-niscono alle piante azoto fissato e le pian-te forniscono carbonio ai batteri.

Una nuova metodologia farmaceuticaconsiste nel ricorrere a metaboliti secon-dari per malattie che non sono causate dabatteri o da funghi. Per anni i principalifarmaci disponibili per il trattamento dimalattie non infettive sono stati solo pro-dotti sintetici preparati dai chimici. Ana-logamente, i principali agenti terapeuticiper il trattamento di malattie parassitarienegli animali sono stati ottenuti con loscreening di composti sintetizzati chimi-camente e con la modifica della loro strut-tura molecolare. Nonostante siano statisperimentati migliaia di composti, solopochi si sono rivelati promettenti. Manmano che la scoperta di composti nuovi

diventa più difficile, i vuoti vengono col-mati da prodotti microbici.

Un'altra applicazione dell'attività mi-crobica si ha nel campo della purificazio-ne e degradazione delle acque di scolo edei rifiuti industriali. L'utilità dei micror-ganismi nel trattamento dei rifiuti è statariconosciuta fin dal 1914, quando fu svi-luppato per la prima volta il processo deifanghi attivi. Questo processo dipende dauna popolazione complessa di microrga-nismi che si formano naturalmente per lacapacità di ciascun organismo di degrada-re un costituente del materiale di rifiuto edi coesistere con gli altri in un sistemanutritivo complementare. Il passo succes-sivo fu quello di arricchire i fanghi inocu-landovi il miscuglio desiderato di micror-ganismi. Attualmente sono disponibilicolture pure di un singolo microrganismoper degradare composti specifici presentinei rifiuti industriali come ad esempio iPCB (difenili policlorurati).

Le fuoriuscite accidentali di petrolio elo scarico della zavorra o di acque di la-vaggio dalle petroliere sono altri proble-mi di vasta portata che la microbiologiapuò essere in grado di risolvere. Sono statiisolati molti microrganismi che sono ingrado di consumare i componenti del pe-trolio. Ceppi di una di queste specie bat-teriche, Pseudomonas putida, portanogeni di plasmidi che codificano per enzimicapaci di degradare diversi componentidel petrolio. Per mezzo dell'ingegneriagenetica è stata combinata in un unicoceppo la capacità di degradare i vari com-ponenti. Questo ceppo a più plasmididegrada il petrolio più velocemente diqualsiasi altro ceppo originale.

Certi microrganismi sono alla base diun processo metallurgico che si pensa ri-salga ai romani: la lisciviazione battericadi minerali di qualità inferiore per estrar-ne i metalli. Oggi il rame e l'uranio sonocommercialmente lisciviati da batteri,soprattutto del genere Thiobacillus. Sonoin corso ricerche anche su nuovi metodi dilisciviazione batterica, tra cui lo studio dimicrorganismi (compresi i funghi) resi-stenti all'acido e al calore per le loro capa-cità estrattive; lo studio dei meccanismiche sono alla base dell'affinità dei batteriper i metalli; la manipolazione geneticadei batteri per aumentarne la resistenzaalla tossicità dei metalli.

Ripercorrendo la storia e lo stato attualedella microbiologia industriale siamo colpi-ti da un tema che si ripete: i rapporti reci-procamente benefici tra ciò che chiamiamoricerca di base e la ricerca applicata. Unsecolo fa, le ricerche eminentemente prati-che di Pasteur portarono al consolidamentodella microbiologia, dell'immunologia edella biochimica. Molto più tardi la scoper-ta degli antibiotici da parte di ricercatori dimicrobiologia applicata fornì strumentifondamentali per lo sviluppo della biologiamolecolare. E ora la ricerca di base nellagenetica dei microrganismi ha ricambiato ilfavore fornendo un insieme di nuove tecni-che all'industria. Pensiamo che questa si-nergia tra scienza e tecnologia sia la chiavedi ulteriori progressi nel campo della mi-crobiologia industriale.

2425