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ANNO V (fase. 1). Della Serie, n. 0 12. " MISCELLANEA STORICA PERIODICO QL\DHDIESTRALE Dfl I A TIPOGRAFIA laO\'A'.\'.\ELLI E C.\RPITELLI 18U7.

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ANNO V (fase. 1). Della Serie, n.0 12.

" MISCELLANEA STORICA

PERIODICO QL\DHDIESTRALE

Dfl I A

CASTELFIORE~mo

TIPOGRAFIA laO\'A'.\'.\ELLI E C.\RPITELLI

18U7.

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Direttore: prof. dott. ORAZIO BA CCI.

SOMMARIO

Società storica della Valdelsa . Pag.

F. DINI - Lt Rocchetta di Poggibonsi e Giovanni Acuto (20 XI ' 96) )) 13

D. MARZI - Giovanni Maria Tolosani e Giovanni Lucido Samoteo (19 I ' 97) > 32

VARIETÀ E ANEDDOTI

M. CIONI - Ricordi dei più antichi Costituti di Castelfiorentino . )) 63

Notizie bìbliografiche.

O. BACCI - M. CIONJ. Ricordi di Benedetto XIV in Castelfior·entino (Castel-fiorentino, Profeti, 1896) » 76

Cronaca. 79

N ecrolog-ie.

(In copertina) Elenco delle pubblicazioni ricevute in dono ed in cambio.

PROPRIETÀ LETTERARIA

Per desiderio di alcuni collabo1·atori, apponiamo tra parentesi alle Memorie la data del 1"icevimento del 1nanoscritto.

Alcuni Soci contribuenti devono alla Società la loro quota del 1896, e alcuni anche quella del 1895. Sono pregati di volere mettersi in regola coll'Amministrazione, per non subire ritardi nella spedizione dei fasci­.coli, ~ per evitare di essere dichiarati morosi.

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FOGUO ff ANNUNll A PAGAM~NTO La Casa Editrice BEMPORAD di Firenze ha pubblicato:

OHAZIO BACCI Lihorn docente di Letten1turn ihtliann nel r. htitnto 'nperiore di perfezio~wmento in Firnnze.

DELI~A

DEI~

J>RQSA VOI~GARE QUA1vfilOCJ1=NTO

PRELEZIONE letta il 9 bicern bre 1896.

PREZZO UNA LIRA: PRESSO TUTTI I LIBRAI.

---------~-·----~ ------

TIPOGRAFIA

GIOVANNELI~I E C~L\RPITEI~I~I CASTELFIORENTINO

A PREZZI MODICISSIMI si eseguiscono:

Opei•e cli testo. - Registri d' amminist11azionc e ]Uoduli d'ogni qualitA. lUamlati. - Fatture. -- Circolari. - I1~ticliette. - Partecipazioni cli matrimonio e di morte.

100 ELEGANTI CARTE DA VISITA L. 1,00

DEPOSITO DI STA~PATI

per Amministrazioni comunali. - Esattorie. - RR. Preture. - RR. Carabinieri. - Ricevitori del Lotto.

Richieste ferroviarie per le Reti adriatica e mediterranea.

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IBRE'NOl . . I I CARTA DA PARATI

DA OENT. 20 IL ROLLO

FONDI UNITI ED OPERATI A LIRE 1,20 AL ROLLO

Si decorano stanze per sole lire 10 tutto compreso. Col solo aumento della spesa di viaggio in nra classe e man­

tenimento dell'operaio, si decorano stanze e soffitti per qual­siasi Provincia.

Via Panzani, 1 - FIRENZE - Vi~ dei Banchi, 2. Si cercano Rappresentanti.

Spazio disponibile.

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SOVIETÀ STORIVA DELLA VALDELSA CON SEDE

NELLA BIBLIOTECA COMUNALE VALLESIANA IN

CASTELFIORENTINO

ANNO ~OCIALE V.

ELENCO GENERALE DEI ,COMPONENTI LA «SOCIETÀ STORICA DBLLÀ. VALDELSA •

PRESIDENTE

DEL PELA cav. avv. Antonio.

DIRETTORE

BACCI prof. dott. Orazio.

SEGR~TARIO

CmNr canon. Michele.

CASSIERE

SALMORIA m.0 Raffaello.

CONSIGLIERI

Luscm avv. Giovanni GmccIARDINI S. E. conte comm. avv. Francesco No:l\n·VENERosr-PEsc10LiN1 prop. Ugo BRANDINI dott. BRANDINO

-NERI prop. can. Agostino

MÙttJ7l. ~toi·. e.cc., ann-0 V, faRc. l.

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SOCIETÀ STORICA DELLA V ALDELSA

DINI cav. uff. avv. Leonardo SALVETTI arch. Antonio RONDONI prof. dott. Giuseppe FucINI cav. uff. prof. Renato

SOCI

AMMANNATI sac. Omero - contribuente ANDREAUS prof. Egidio - contrib. . ANGELELLI cav. prof.' Antonio - onorario APPOLLONI Giuseppe - contrib. BACCETTI cav. Gustavo - contrib. BACCI dott. Giuseppe - collab. e contrib. BACCI prof. dott. Orazio - collab. e contrib. BAGNACCI dott. Ezio - contrib. BALDANZI Ernesto - collab. e contrib. BANCHI nob. Antonio - contrib. BANDINELLI Benvenutò - contrib. BANTI cav. Cristiano - collab. e contrib. BARBI prof. dott. Michele - collab. BARNINI Augusto·~ contrib. BARONI Pietro - contrib. BARTALI dott. Giorgio - contrib. BASTIANONI m.°' Gregorio - contrib. BASTIANONI prof. Riccardo - contrib. BECATTELLI canon. Augusto - collab. e contrib. BECCARI ing. dott. Giuseppe - cr;llab. e contrib. BECCIOLINI sac. Alessandro - contrib. BENUCCI m.° Cesare - contrib. BENUCCI sac. Emidio - contrib. BENUCCI Tommaso - contrib. BERTI comm. Pietro - onor. BERTI ing. Virgilio - contrib. BERTIJ'.il dott. Alfredo - collab. e contrib. BERTINI Ettore - contrib. BETTI dott. Icilio - collab. e contrib. BIAGI comm. Guido - onor. BIAGINI cancell. Antonio - contrib.

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SOCIETÀ STORICA DELL<\. V ALDELSA

BIANCHI Giuseppe - contrib. BIBLIOTECA COMUNALE DI SIENA - contrib. BIMBI arcip. Giuseppe - contrib. BIONDI Antonio - contrib. BIONDI avv. Giuseppe - contrib. BITOSSI Giuseppe - contrib. BIZZARRI m.0 Giovacchino - contrib. BoNDI sac. Giuseppe - contrib. BoNGI comm. Salvatore - onor. BoNGI cav. uff. avv. Vincenzo - contrib. BONINI canon. dee. Ciro - contrib. BONINI Numa Pompilior- collab. e contrib. BoNSIGNORI Carlo - contrib. BoRDIGONI Pietro - collab. e contrib. BRANCHI Alberto - contrib. BRANDINI dott. Brandino - collab. e contrib. BRANDINI Guido - contrib. BRASCHI av.v. Claudio - contrib. BRASCHI cav. canon. Zefirino - contrib. BRINI Vincenzo - contrib. BROCCHI sac. Giuseppe - contrib. BRUNORI dott. Nestore,- contrib. BuccHI prop. dott. Gennaro - contrib. BuccrANTI. dott. Gian Domenico - contrib. BuRCHIANTI ing. Emilio - collab. e contrib. BuRRESI cav. avv. Sebastiano - contrib. CAILLI Cammillo - contrib. CALISSE cav. prof. Carlo - collab. CALVANI ing. Vittorio - contr-ib. CANESTRELLI cav. prof. Antonio - collab. CANNICCI Giuseppe - contrib. CANNICCI cav. prof. Niccolò - onor. CANUTI canon. Canuto - contrib. CAPACCIOLI avv. Giuseppe - contrib. CAPOQUADRI avv. Tito - collab. e contrib. CARDUCCI sen. comm. prof. Giosuè - onor. CARNESECCHI archiv. Carfo - collab. CAROCCI cav. Guido - onor.

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SOCIETÀ STORI<JA DELLA VALDELSA

CARROZZI Torello - contrib. CARTEI Betto - contrib. CASANOVA prof. Eugenio - collab. CASINI cav. prof. Tommaso - collab. CASTELLACCI cav. dott. Francesco - contrib. CASTELLACCI avv. Olinto - contrib. CASTRONI-CRESCI Francesco - eontt:ib. CATOLFI ing. Giocondo -· contrib. CAVALCASELLE comm. prof. Giovambattista - enor. CECCARELLI Olinto - contrib. CECCHERELÙ dott. Vittorio - contrib. CEPPARELLI Garibaldo - collab. e contrib. CERAMELLI avv. Francesco - collab. e contrib. CERRANO Federico - contrib. CHECCUCCI Bonfiglio - contrib. CHIARI Giulio - contrib. CmGI-SARACINI conte Fabio - collab. e contrib. CHIOSTRI avv. Silvio - contrib. CuN prof. dott. Vittorio - eolìab. e contrib. CIAPETTI dott. Antonio - contrib. CùPETTI sac. David - contrib. CIAPETTI Eugenio - contrib. Crn1 not. Giulio - contrib. CroNI canon. Michele - collab. e contrib. CroTTA Antonio - contn:b. CONTI canon. Carlo - contrib. CORAZZINI cav. avv. Odoardo ~ collab. CoRSINI Principe Don Tommaso - contrib. CREMONCINI Giulio - contrib. CRIVELLUCCI prof. dott . .Amedeo - eollab. Cuccou-:B'IAscm cav. Guido·- contrib. D'ANCONA eomm. prof. Alessandro - onor. DA FILICAIA conte Andrea - contrib. DA F11ICAIA VED.a :I>ozzr march.a Torella - contrib, DEL BADIA cav. Iodoco - collab. DELLI Domenico - contrib. DEL LUNGO comm. prof. Isidoro - onor. DEL MoRo comm. prof. Luigi - onor.

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SOCIETÀ STORICA DELLA VALDELSA

DEL PELA cav. avv. Antonio - collab. e eontrib. DEL. VEccmo cav. prof. Alberto - eollab. DEL Vivo avv. Giovambaitisfa - contrib. DEL ZAms'A Pietro - contrib. DINI dott. Alberto - cvntrib. DINI cav. uff. dott. Francesco - eollab. e efJ»>Wih. DINI cav. uff. avv. Leonardo - c9llah. e e(llN,trib. DINI canon. Vincenzo - contrib. DOMENICI Giuseppe - contrib. DuccI Giovanni - contrib. F ABBRIZZI sac. Verdiano - contrib. FANTINI ing. Marziale - e9"tYib. FERRARINI dott. Leo:p6ld& - coUab. e c04'//hri'l>. FERRONI Luigi - contrib. FIA.MMAZZO prof. Antonio - eoUab. FLAMINI prof. dott. Francesco - coll6ib.. FoNTANELLI ing. Ernesto - cont'l'ih.

FoNTANELLI Teodoro - contrib.. Fos1 piev. Emilio - collul>. e con;f!l'iJb,, FaANCHETTI cav. prof. avv. AugMt& - onM. FRANCHI dott. Giovanni - Cfìllab. e eontrib. FREY prof. dott. Carlo - colla:&. FUCINI cav. uff. prof. Renato - colW. e co1111ihrib. FusI canon. arcipr. Francese<'» - coutflib-. GALLI piev. Antonio - contrib.

, GALLI-DUNN cav. Marcello - coUab~ e conhib. GHERARDI archiv. cav. Alessandro - collab. GHERARDI nob. Roberto - contrib .. GHILARDI P. FallBtiilO - c@Uab .. GIACCHI Giuseppe fu MelchioDre - crmtrìbi.. GrANI ing. Alessandro - collab. e G(}fll/6ri/J. GIANNETTI Francesco - contrib. GIANNOZZI Giuseppe - contrib. GIORGETTI archiv. Alceste -- col~,

GIOVANNELLI E CARPITELLI tipogr. - a19nf!rib-.

GoNFIANTINI cav .. avv. Francesco - cQntrilJ. GoNNELLI sac. Giuseppe - aontrib~

GoRI Rutilio - contrib.

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6 SOCIETÀ STORICA DELLA VALDELSA

GoRI Serafino - contrib. GOTTI prof. dott. Tommaso - collab. GuICCIARDINI S. E. conte comm. avv. Francesco - collab. e contrib. GurnoTTI cap. Alberto - contrib. INCONTRI march. cav. Carlo - contrib. LAMI cav. avv. Giovanni - contrib. LANDUCCI dott. Cesare - contrib. LEPRI dott. Alfonso - contrib. LEPRI Ferdinando - contrib. LEPRI cav. Giuseppe - contrib. Lucn Raffaello -. contrib. LuscHI avv. Giovanni - collab. e contrib. LusINI sac. dott. Vittorio - collab. e contrib. MACCANTI cav. dott. Giovanni - contrib. MACCIANTI Guido - collab. e contrib. MANNAIONI Augusto - contrib. MANNAIONI ing. Clementino - contrib. MARCELLI Iacopo - collab. e contrib. MARCHESINI prof. dott. Umberto - collab. MARCHETTI m.0 Giuseppe - contrib. MARCOLINI VED." BRANDINI Cesira - contrib. MARIANELLI piev. Raffaello - contrib. MARINARI m.° Francesco - collab. e contrib. MARMOCCHI dott. FerdinandO" - contrib. MARRI Giovacchino - contrib. MARSI canon. Giovanni - contrib. MARTIN! on. Ferdinando - onor. MARZI archiv. Demetrio - collab. MARZI cav. avv. Pier Fnncesco - collab. e contrib. MASETTI contessa Carlotta - contrib. MASETTI conte Pier Pompeo - contrib. MAsI prof. comm. Ernesto - onor. MASINI avv. Giovanni - contrib. MAssAI prop. Giuseppe - contrib. MASSON cav. Luigi - contrib. MATTEOLI arcipr. Marco - contrib. MATTEUCCI arcipr. Leopoldo - contrib. MAzzr dott. Curzio -· collab.

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SOCIETÀ STORICA DELLA V ALDELSA

MAzzoNI Antonio - contrib. MAzzoNI cav. prof. Guido - còllab. MENGOZZI cav. Narciso - contrib. MrLIANI comm. Giovanni - collab. e contrib. MILIANI Lodovico - contrib. MINIATI Luigi - contrib. MoRPURGO cav. dott. Salomone - collab. Mumccm comm. gener. Giuseppe - contrib. NARDI cav. Alfonso - contrib. NARDI-DEI cav. avv. Marcello - onor. NERI prop. Agostino - collab. e ccmtrib. NERI canon. Giovanni -- contrib. Nrcco11 avv. Enrico - collab. e contrib. Nièco11-PECCHIO Gigina - collab. e contrib. NiccoLI Pia - collab. e contrib. NrccoLI prof. Pietro - onor. NICCOLI ing. Raffaello - collab. e contrib. NICCOLI ing. prof. Vittorio - collab. e contrib. Nrncr Romualdo - contrib. N OFERI prof. Luigi - contrib. NoMI-VENEROSI-PESCIOLINI prop. Ugo - collab. e contrib. NovA'l'I prof. dott. Francesco - collab. PACCHI cav. avv. Francesco - contrib. PACINI Arnolfo - contrib. PACINI dott. Enrico - contrib. PALAZZOLI prop. Bernardino - contrib .

. PAMPALONI ing. Giovanni - collab. e contrib. PANDOLFI dott. Fabio - collab. e contrib. PAOLI cav. prof. Cesare - onor. PAOLIERI avv. Angelo - contrib. PAZZAGLI prop. Amos - contrib. PELLESCHI cav. avv. Annibale - contrìb. PERTICI canon. Gaetano - contrib. PETTINI sac. Pietro - contrib. PILACCI avv. Arturo - contrib. PrNTUCCI sac. Luigi - contrib. PODESTÀ barone cav. uff. Bartolommeo - collab. PoGNI sac. Olinto - contriJJ.

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8 SOCIETÀ STORlCA DELLA VALDELSA

PoMPONI cav. avv. Niccola - contrib. PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DI Sro&IA PATJUA DI SIENA - onor. PROFETI Cesare - contrib. PRUKA Francesco - corttrilJ. Puccr cav. march. Emilio - contrib. Puccr canon. prof. Paolo - collab. e contrib. PUCCIONI sac. Carlo - contrib. PuLSELLI dott. Antonio - oontrib. RENIER cav. prof. Rodolfo - collab. RrnoLFI cav. march. Carlo - contrib. RrnoLFI avv. Carlo - col/,aò. e contrib. RrGATTI Enrico - contrib. RIGHINI Orazio - contrib. RoNCI dott. Livio - contrw. RONDONI prof. dott. Giuseppe - col°/ab. e contrib. Rossi cav. prof. Pietro - onor. Rossr prof. dott. Vittorio - oollab. SALMORIA m.0 Raffaello - coUab. SALMORIA piev. Scipione - contrib. SALVETTI arch. Antonio - collab. e conftrib. SALVETTI Raffil.ello - collab. e contrib. SALVI-CRISTIANI cav. capit. Giuseppe - contrib. SANESI cav. prof. Tommaso - onor. SANGIORGI avv. Francesco - collab. e contrib. SANGUINETTI cav. avv. Tuglio - contrib. SARRoccm avv. Gino - collab. e contrib. ScoTONI cav. prof. dott. Giovanni - collab. e contrib. SEGHI cav. dott. Iacopo - contrib. SEGm cav. avv. 'Pietro - contrib. SMORTI Gino - contrib. SPIGm ing. cav. Cesare - contrib. STIOZZI march. Giuseppe - contrib. Surrno cav. Igino Benvenuto - collab. SUSINI dott. Niccolò - contrib. Sussr Amedeo - contrib. TABARRINI S. E. senat. comm. Marco - onor. TADDEI Luigi - contrib. TADDEINI cav. Giacinto - contrib.

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SOCIETÀ STORICA DELLA VALDELSA

TALEI Cammillo - contrib. TALE! Francesco - contrib. TASSINARI avv. Francesco - collab. e contrib. ToGNARINI sac. Giuseppe - contrib. ToMMASINI comm. prof. Oreste - onor. TORRICELLI Valente - contrib. ToRTOLI cav. prof. Giovanni - collab. e contrib. Tosi sac. dott. Gaetano - eollab. e contrib. ToTI mons. Alessandro - onor. TuRNER VED.° CHIAVACCI Sofia - contrib. VALERIO dott. Olinto - collab. e contrib. V AN DEYSE Herman ---' collab. VANNI cav. dott. Vittorio -- contrib. VANNINI Giovacchino - contrib. VEZZI cav. uff. avv. Oreste - collab. e contrib. VICINI Amegon - contrib. Vmo cav. prof. Pietro - collab. VILI~ARI senat. comm. prof. Pasquale - onor. ZANONI prof. Enrico - collab. ZDEKAUER prof. dott. Lodovico - collab. ZENATTI prof. dott. Albino - collab.

1Jlisrell star. ecc., anno V, fase. 1. .2

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RESOCONTO DELL'OTTAVA ADUNANZA GENERALE (28 SETTEl\IBRE 1896)

STESO DAL SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ

L'adunanza è aperta la mattina del 28 settembre 1896 nella sala comunale del Consiglio in S. Gimignano sotto la presidenza dell' on. Sindaco sig. cav. uff. avv. Vincenzo Bongi. Si trovano presenti il Pre­sidente della Società sig. cav. avv. Ant~nio Del Pela, i soci onorari Berti comm. Pietro e Niccoli prof. Pietro, i Consiglieri Brandini dott. Brandina, Dini cav. uff. avv. Leonardo e Nomi-Venerasi-Pesciolini prop. Ugo, il Segretario Cioni can. Michele, il Cassiere Salmoria m.0

Raffaello, ed i Soci Becattelli can. Augusto, Benucci m.° Cesare, Benucci sac. Emidio, Benucci Tommaso, Berti ing. Vìrgilio, Bianchi Giuseppe, Bonsignori Carlo, Brocchi sac. Giuseppe, Galvani ing. Vitto­rio, Cannicci Giuseppe, Capaccioli avv. Giuseppe, Canuti can. Canuto, Ciotta Antonio, Castroni-Cresci Francesco, Castroni cav. Giovacchino, Ceccarelli Olinto, Ceccherelli dott. Vittorio, Delli Domenico, Ducci Gio­vanni, Fosi piev. Emilio, Fontanelli Teodoro, Giani ing. Alessandro, Mar­ri Giovacchino, 1Vlatteucci ~rcip. Leopoldo, Niccoli sig. Pia, Niccoli ing. Raffaello, Ridolfi avv. Carlo, Pettini sac. Pietro, Sanguinetti cav. avv. Tuglio, Talei Cammillo, Talei Francesco e Tosi sac. dott. Gaetano. Giustificano la propria assenza per necessità di vari impegni i soci onorari Franchetti comm. prof. Augusto e Sanesi cav. prof. Tommaso, il Direttore Bacci .prof. dott. Orazio, i Consiglieri Neri prop. Agostino e Pucini cav. uff. prof. Renato, ed i soci Bacci dott. Giuseppe, Bonini can. Ciro, Bonini Numa Pompilio, Braschi cav. sac. Zefirino, Casa­nova prof. Eugenio, Da Filicaia-Dotti conte Andrea e Zdelcauer prof. Lodovico. Trasmette per telegramma cortesi saluti ed auguri la Sezione di Storia Patria senese nella R. Accademia dei Rozzi.

Assistono all'adunanza una Rappresentanza del Conservatorio di S. Chiara condotta dalla sotto-Direttrice, molte signore della Terra, il Comandante dei Militari addetti al Penitenziario; e buon numero di altre persone, che pigliano vivo interesse ai lavori della Società.

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RESOCONTO DEJ',L'OTTAVA ADUNANZA (HJNEllALE ECC. 11

Al gentile ed elegante discorso d'apertura dell'onor. Sindaco di San Gimignano, che in nome del Paese saluta gli adunati, risponde con erudita parola il Presidente della Società, e i due discorsi sono accolti dagli applausi dell'assemblea.

Lo stesso sig. Presidente legge una bella commemorazione necro­logica del socio onorario sen. avv., Narciso Feliciano Pelosini, rile­vandone specialmente il suo amore alla nostra Società, ed agli studi storici. Di altra necrologia dà lettura il cav. uff. avv. Leonardo Dini per commemorare il socio contrìbuente canon. Filippo Pacini.

Il Segretario dà lettura della relazione morale trasmessa dal Di­rettore, che nota l'incremento avvenuto nei lavori sociali e il pro­cedimento loro nell'anno decorso. A significare la gratitudine del-1' assemblea, viene approvato e trasmesso un . telegramma di saluto allo stesso Direttore.

Il consigliere prop. Ugo Nomi-Venerosi-Pesciolini dà lettura di un pregevole scritto sul tema « Il culto delle memorie storiche munici­« pali in S. Gimignano », illustrando i nomi e le opere di tutti i San­gimignanesi che contribuirono a far conoscere la storia della loro classica Terra.

Con altra interessantissima lettura l' avv. Carlo Ridolfi parlò di Giulio Nori giureconsulto sangimignanese del secolo XVI rilevandone, dopo brevi cenni biografici, il merito come penalista profondo, e dando Un SUntO delle SUe dottrine e de' SUOi Scritti. I

Venne quindi approvato all'unanimità il bilancio preventivo per la gestione del futuro anno 1897 compilato dal Consiglio nelle sue ri­sultanze seguenti:

ENTRATA

USCITA •

Avanzo

L. 1209,90 )) 1155,00

L. 54,90

Il Segretario legge la sua annuale relazione economica, rendendo conto non solo dello stato finanziario sodisfacente, ma anche del fun­zionamento regolare dei vari uffici, e di tutta la vita esterna sociale, che mostra di dirigersi sempre più ad incoraggiante progresso.

Dopo la comunicazione delle lettere di accettazione mandate dai soci onorari ultimamente eletti nella generale adunanza di Montaione, vengono ammessi nella Società i nuovi soci proposti dall'ufficio di segreteria.

Viene poi approvata all'unanimità la proposta formulata dal Con­siglio e comunicata dalla presidenza, con la quale si stabilisce che, in conformità allo statuto sociale sarà d'ora innanzi tenuta la sola adu­nanza generale ordinaria annuale, ove nessuna urgenza induca lo stesso Consiglio a convocarne una straordinaria.

Si approva pure la proposta di tenere la nona adunanza generale nella Terra di Casole.

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12 UESOUONTO DELL'OTTAVA ADUNANZA GENERALE ECC.

Dopo cortesi parole di ringraziamento e di lode dette dal Presi­dente della Società l'adunanza è sciolta alle ore 12 e 15 minuti.

Alla geniale refezione, cui si raccolsero i soci, vennero scambiati i più cordiali e cortesi auguri, alla Società ed all'illustre Terra ospitale. ' Graditissima poi ed interessante riusci la visita ai preziosi monu­menti storici ed artistici paesani, dietro la guida erudita e cortese del eh. prop. Ugo Nomi-Venerosi-Pesciolini; e l'intera giornata lasciò negli animi di tutti le più care impressioni e i piu affettuosi ricordi.

-

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LA ROCCHETTA DI POGGIBONSI E

GIOVANNI ACUTO

Il REPETTI nel suo Dizionario geografico storico fisico della Toscana all'Art. Rocchetta di Poggibonsi scrive: «Villa dove « fu una torre appellata la Rocchetta con chiesa (S. Tommaso) « da lunga mano riunita alla cura di S. Maria a Castiglioni.. .. ,, « Detta chiesa è rammentata nella Bolla del Pontefice Onorio III " de' 3 agosto 1220 a favore del Proposto del Piviere di S. Gi­" mignano ,. . « ...... All'art. Castiglioni di Poggibonsi fu avvisato « chiamarsi tuttora la Rocchetta una grandiosa casa turrita, sulla « ripa sinistra dell'Elsa, dalla quale prese il nome una Tenuta di « più poderi, con Torre ed un Palazzo posseduto dalla nobile fa­« miglia senese de' Tolomei, che poi fu nel 1383 da Raimondo di « Biagio de'Tolomei alienato al magnifico milite Giovanni d' Aguto « (Giovanni Havvkwood, o Giavanni Acuto) figlio d'altro Giovanni « inglese. Attualmente è restato il nome di Rocehetta ad un «Podere».

Nei Dizionario stesso all'art. Castiglioni di Poggibonsi, da lui sopra allegato, aveva scritto: « Casolare presso un'antica Torre « chiamata la Rocchetta con Parrocchia (S. Maria Maddalena già « S. Michele con S. Tommaso alla Rocchetta) ...... Dicesi tuttora la « Uocchetta la torre prossima alla parrocchiale di Castiglioni, la « quale convertita in un Palazzo die°de il nome ad una Tenuta ,, .

Non occorre esser pratici dei luoghi per accorgersi della con­fusione che presentano queste notizie. Chi però ne è pratico si con­vince di leggieri, che il benemerito scrittore, non curò molto di assicurarsi, su questo proposito, per via di documenti originali ed ispezione de' luoghi, della esattezza delle sue asserzioni. Per ret-

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14 E'. DINI

tifi.care le quali, e tentar di chiarire, quanto mi e dato, questo punto di storia nostra, pubblico il contratto originale di vendita dei beni dal Tolomei fatta all'Acuto, ingegnandomi di illustrarlo quanto occorra al proposito enunciato, e serva ad un tempo ad accrescere le notizie intorno all'Acuto stesso, e alle persone e luoghi in esso contratto ricordati.

Ecco l'istrumento originale (1). « In Christi nomine. Amen. « Anno domini ab ejus incarnatione millesimo trecentesimo octua­« gesimo tertio, indictione septima die decimo mènsis octobris, pon­« tificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini « Urbani divina providentia Papae sexti.

« Egregius miles dominus Raymondus filius olim domini Blasti « de' Tolomeis de Senis (2), non vi, non dolo aut metu inductus sed « sponte libere et ex certa scientia per se suosque heredes jure pro­" prio et in perpetuum dedit vendidit et concessit et alienavit « magnifico militi domino J ohanni Augut (3) quondam alterius « J oannis anghlici presenti et pro se suisque heredibus et habi­" turis ius vel causam ab eo recipienti et ementi unum resedium « sive podere cum domibus turri et terris laboratoriis vineatis et « buscivis Loco DIC'ro la Rocchetta positum in comitatu Florentiae « in populo S. Mariae Magdalenae Communi Podiobonixi iuxta flu­« men Elsae ex una parte, a secundo heredes Duccii Donati de Adì­« mariis de Florentia a tertio Petrum Corbizini de'Fracassinis de

(l) (R. Archivio di Stato in Firenze, R.o Acquisto. Carte Strozziane Uguccioni. Perganiena dei 10 ottobre 1383). - Noto qui che tutti i documenti, che avrò occasione di citare, tranne li desuma da libri già pubblicati, il che non lascerò di avvertite, si trovano nel R. Archivio suddetto; tal che, per evitare inutili ripetizioni, mi limiterò a citarne soltanto la provehienza.

(2) Perchè l' egregius miles Raimondo de' Tolomei vendesse questi beni, non si sa. Perchè fosse in Napoli col!' Acuto si può congetturare, essendo noto che fu uomo di alto affare, e in Corte di Roma reputatissimo (fu senatore di questa Città nel 1360 e poi nel 1372), e che sostenne in patria e fuori ofizii importanti. Può quindi od aver fatto parte delle soldatesche del!' ingl~se in quella spedizione, o essere un missus del Papa a Re Carlo in tal contingenza.

(3) John Hawkwood, nome che i Fiorentini convertirono in quello di Giovanni Acuto, , si sottoscriveva, secondochè si vede in documenti originali, « Johannes Haukutd; Han­

« kud; Haukevod; Haucwod ». Nei documenti poi o diretti a lui, o che lo nominano si ineontra chiamato « Agud, Achuto, Aguto, Agut, Haukedodd, Aucud, Hauckwd, Han­« ckwod ».

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LA ROCCHETTA DI POGGIBONSI E GIOVANNI ACUTO 15

« Podiobonixi a· quarto heredes Blasii Gambarelli de Florentia (1). « Item duo alia Poderia cum domibus et arboribus posita in dicto « districto sive Communi Podiobonixi in loco dicto Castiglioni po­« puli S. l\fariae Magdalenae iuxta viam ab utraque parte, di­" ctas domos ab alia a quarto Petri Corbizini predicti et Nannis « Francisci Lippi de Russis de Florentia (2

) et a quinto Ecclesia « S. Mariae predictae.

« Item tmum aliud palactium cum vinea et aliis suis poderibus " et pectiis terrarum arboratis positum in Plano Campi populi " S. Lamentii iuxta viam a primo, a secundo Petri Corbizi pre­" dicti et heredes domini Corbezeschi de Florentia a tertio.

« Item unam aliam pectiam terre laborative et arborate po­" sitam in dicto populo S. Lamentii juxta viam a primo a se-

(1) La famiglia degli Adimari era in Firenze numerosissima, e possedeva piuttosto estesamente nel distretto di Poggibonsi sotto nomi di più persone della casata. Chi fosse erede di Duècio di Donato non saprei dire; il certo è che nelle diverse portate al Catasto del 1427 (Q. S. S. Voi. 311, e 104 Piviere di S. Donato iu Poggio) ricorrono citati spesso come proprietarii di terreni in molti luoghi di Valdelsa, Castellano di Donato, Saladino di Matteo, Matteo

0

di Bernardo, Donato di Bernardo, tutti degli Adi· mari. J,atamente possidente nel territorio dei due popoli di S. Lorenzo in Pian di Campi e di S. M. Maddalena a Castigliani era la famiglia pur numerosa de' Fracassini di Poggibonsi, ma verisimilmente dimorante in Firenze; ove si trova ascritta al Gonfa­lone Rnote nel Quartiere di S. Croce. Anche nel 1498 è tuttavia possidente nel Di­stretto di Poggibonsi, e in altri comuni di Valdelsa (Decime: Secolari distinti a Popoli Q. S. S. 1498, pag. 363). Per dare un cenno della copia di possedimenti di questa casata citerò uno fra i molti documenti da ciò, che potrei addurre; e questo è una Sentenza de' 15 giugno 1411. (Prov. dallo Spedale di S. M. Nuova). La quale sulla ere­dità di Giovanni di Corbizzo o Corbizziuo, assegna alla vedova di lui Marchesina figlia di Iacopo di Dese per sue ragioni dotali, una porzione di beni da quello lasciati, e situati nei due popoli che ho nominati sopra, consistenti in una casa da lavoratore con terre annesse e un podere, con diciannove appezzamenti staccati di terreno, che misuravano di qua e di là dal!' Elsa la lunghezza dalle Cantine a Mal traverso.

Ai Gamberelli, possidenti ristretti, successero i Monaci Olivetani di Volterra pel Monastero di Barbiano presso S. Gimignano; così si rileva da un contratto de' 18 no­vembre 1385 (proven. dal Monastero suddetto) col quale Biagio di Pnccio vende ai ri­cordati Monaci un podere con casa pel lavoratore, e varii pezzi di terra situati ne' due popoli più volte rammentati. Dopo tal vendita non ho incontrato altro ricordo di questa famiglia.

(2) Accenno appena, che Nanni di Francesco di Lippo de' Rossi di Firenze compa­risce qui soltanto, e incidentalmente. Ne' molti documenti concernenti vendite, dona­zioni e permute di terreni in questi luoghi, che mi è occorso di vedere, non mi è ca­pitato altre volte; e parmi poter congetturare, che i costui beni, che dovetter esser pochi, passarono ai Baldinotti di Pistoia, o ai Bolognini di Colle.

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16 ~'. DINI

« cundo dicti Nanni Corbizi a tertio Mansiones et domus S. Johan­" nis et a quarto Johannis Nicholai (1).

« Item unam aliam pectiam terre laborative curo domo po­" sitam in dieta populo S. Laurentii in loco. dicto Migliarino

(I) La Parrocchia di S. Lorenzo Campi, o Plano campium, o Planocampi, conforme si incontra scritto in antico quel che ora si denomina Pian di Campi, non sussiste più; e quel che ne costituiva il popolo, forse oggi diminuito assai di numero, è diviso fra le parrocchie limitrofe, specie quella di S. Lucchese, un tempo Casa a, o de' Frati (Istrom. de' 22 ottobre 1275 prov. dallo Spedale di Bonifazio). Un Oratorio di Patro­nato della famiglia Corsini di Firenze, tuUavia sotto l'invocazione di S. Lorenzo, ram­menta la vetustissima ·chiesa, e probabilmente è quella stessa, o parte di essa. Era prossima ali' Elsa, che confina a ponente il Pian di Campi, e confinava allora la villa e il popolo di S. Lorenzp da quel Iato. Considerata però lestensione della deno­minazione da tramontana a mezzogiorno si può asserire, che stesse nel centro. Male si potrebbero stabilire al presente i limiti territoriali de)la parrocchia di quel tempo, poichè essa sicuramente oltrepassava i confini dell'agro detto Pian di Campi, salendo fin presso il culmine delle pendi~i, che lo intorniano da oriente e tramontana. Consta infatti, che la località chiamata Migliarino, situata sulle alture prossime a Casa a Frati apparteneva alla Villa e popolo di S. Lorenzo (Istrum. de' 9 marzo 1347 prov. dallo Spedale di Bonifazio) e che vi appartenèva altresì la costa delle Caselle presso Maltraverso (Sentenza de' 13 giugno 1411 prov. dallo Spedale di S. M. Nuova di Firenze).

Della ~hiesa di S. Lorenzo si hanno in veri ti\, come a quest'articolo asserisce il Repetti, notizie fin dal 1155, nella già ricordata bolla de' 6 marzo di quell'anno, da Adriano IV diretta al_ Pievano di S. Michele in Martori. Forse a que' dì era un sem­plice Oratorio anch'essa. Nel 1299 però apparisce nel Catalogo delle chiese parroc­chiali della Diocesi fiorentina, e qual parrocchia sussisteva tuttavia nel 1498. (Decime Q. S. S. Secolari distinti a' popoli pag. 381).

Pian di Campi poi nan molto dopo il 1299 si incontra qualificato coli' appellativo di Villa; e che fosse tale in realtà Io provano gli istromenti di Procura che gli uo­mini di essa fanno a un deputato per prestare obbedienza a nome loro al Capitano di Poggibonsi sotto dì 16 gennaio 1322, 12 luglio 1324, 13 luglio 1326, 9 settembre 1328 (proven. dal Comune di Poggibonsi). Altra prova si può desumere dal quaderno degli Scrutinii incluso nel libro degli Statuti di Poggibonsi del 1394. II Corbizes,co citato nel Contratto soprariferito era figlio di Mino de' Corbizescl:\). di famiglia fra le primarie di Poggibonsi. Ebbe in moglie Selvaggia di Lotto di Dante degli Scali fio­rentina che gli sopravvisse, e forse ne fu erede, in parte almeno (R. Arch. di Stato in Firenze - Ancisa H. H. pag. 128). Le Mansiones et domus di S. Giovanni, che. in­dicano llue qualità diverse di ricoveri od ospizi, come è facile a immaginarsi, non esiston più. Erano situate conforme sembra, sul pendio a mezzogior_no, che da Martori · e Casa ai Frati scendeva in Pian di Campi, sulla via che conduceva a Colle. Si po­trebbe congetturare che essi fabbricati fossero nel punto oggi detto i Volponi, o un po' più in basso ove stanno altre case coloniche, nella costruzione delle quali si crede di scorgere indizi di vetustà, e di un antico Oratorio. Una chiesetta peraltro di cor­redo ai ricordati Ospizi esistè sicuramente, o qui o altrove, e durava tuttavia nel 1509. (Carte Strozziane cit. D.D.D. 23).

Due Mansiones di S. Giovanni eran parimente nella Villa di Ca\cinaia (Catasto 1427 Piviere di S. Donato in Poggio pag. 659) sulle due rive della Staggia; e due case co-

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LA ROCCHETTA DI POGGIBONSI }} GIOVANNI ACUTO 17

« iuxta viam a duobus lateribus a tertio Antonii Jacobi Dei a « quarto Bartoli dicto Vecchio de Calcinaria (1).

" Item unam aliam pectiam terre laborative et arborate posi­" tam in dicto populo S. Laurentii iuxta dominum Antonium de

loniche. conservano tuttora il nome di Magione. Ma queste Mansiones situate sulla via Romana di que' tempi (Decime secolari distinti a popoli pag. 356) non posson menoma· mente confondersi con quella o due o più ricordate nel contratto, essendochè queste stavano in prossimità dell'Elsa, quelle della Staggia fiumi separati da una lunga cn· tena di poggi che tramezzano, e sono per giunta chiaramente determinate dai terreni adiacenti a confine.

Il Repetti (Ant. Poggibonsi) scrive che la chiesa dello Spedale di S. Giovanni di l\iarturi fu poi detta Magione, e confonde più termini. Anzitutto questo spedale si in· contra sempre denominato S. Johauni di Podiobonixi, mai di Marturi; ed in secondo luogo le Magioni, che serbarono il nome son due, come ho àetto ed è noto, sulla Staggia, e non furon certamente lo Spedale, ma pertinenza di esso, come quelle di Piandicampi. E vero che lo Spedale altresì si trova qualche volta denominato Mansio S. Johannis in Jerusalem de Podiobonixi (Decime Q. S. S. 1534 Religiosi pag. 560); ma siffatta dizione può significare, che il così detto Spedale di Poggibonsi era un sem­plice Ospizio o luogo di fermata, o tale si era poi ridotto; si che come le Mansiones sulla Staggìa e quelle sull'Elsa dipendevau da esso, e;so alla sua volta stava alla di­pendenza di qualche Spadaie vero e proprio, probabilmente di quello di Pisa.

Che che ne sia, dirò che lo Spedale de Podiobonixi, oltre le rammentate Mansiones et domus possedeva latamente nel Distretto (Decime Q. S. S. secolari distinti a popoli pagg. 350, 356, 374. - Istrom del 1 maggio 1442 proven. dallo Spadaie di Bouifazio. -Arch. de'Capitani di Or S. Michele voi. 460 pag. 125). I beni di esso terminarono in una Commenda dei Frati Ospitalieri, conosciuta prima e poi in quest'Ordine sotto il titolo di Commenda Fieri, una delle Camere del Priorato di Pisa. Fu costituita sicuramente prima del 1448, stantechè in data 7 maggio di detto anno, si leggon notati come con­finanti ad altri possessi « bona preceptorie S. Johannis Jerosolimitani de Podiobonixi (prov. dal Monastero degli Olivetani di Volterra). Nel 1776 sussisteva tuttora sotto il titolo di Commenda Fieri) Consegne 18-140-5797).

(1) I Dei o Dey di Poggibonsi, e, stando a qualche documento, della Villa di Casa ai Frati (Istrom. de' 14 novembre 1399 prov. dal Monast. degli Olivetani di Volterra) poi, e fors' anco a.quest'età residenti iu Firenze per ragioni probabilmente di mer­catura, appariscono possidenti di varii appezzamenti di terreno nella Villa di Pian di Campi, e iu quella di Castigliani, siccome si rileva da molti documenti, oltre il Con­tratto Tolomei-Acuto. Nel 1498 possedevan sempre a Montecuccheri presso Castiglioni (Decime Q. S. S. Secolari distinti a popoli pag. 383). Un Antonio di Jacopo col figlio Iacopo erano stati de' solleciti a favorire le mire dei Monaci Olivetani di Volterra di costituire, a furia di pezzi e ritagli, un cumulo di beni, poi divenuto ingente, per dar sussistenza di Badia, al Monastero di Barbiano, dipendente da quello di S. Andrea presso Volterra (Istrom. de' 14 novembre 1399 cit. sopra).

La denominazione di Calcinaia rimane anco al presente; e segna quel territorio sulla via, in antico detta Romana, lungo la Staggia in prossimi ti\ di Poggibonsi a oriento (Decime 1498 Secolari rlistinti a popoli pag. 356). Fu una Villa con Pieve, siccome ri­sulta da un documento del 7 maggio 1'377 (prov. dallo Spedale di Bonifazio). Fin da

J.1Jiscell. stor. ecc., anno Y, fase. l.

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18 ~'. IJINI

« Albertis de Florentia (1) a secundo flnmen Elsae a tertio et quarto « Mansiones S. J ohannis.

« Item unam aliam pectiam terre laborative positam in dicto « populo S. Laurentii iuxta ipsnm dominum Antonium de Alber­« tis a primo a secnndo et tertio Antonii J acobi Dei et heredes « domini Corbizeschi.

remotissimo tempo possedè uno Spedale detto di S. Maria. Ne siam certi da una Sen­tenza pronun1iata il 20 dicembre 1174 (proven. dallo Spedale di Bonifazio) dall' Arci­prete di Volterra insieme coli' Abate di S. Salvatore a Spugna presso Colle, in una ver­tenza fra il Pievano di Marturi o l'Abate di S. Michele di Marturi stesso. Anco più tardi assai esisteva e prosperava; e lo prova un istromento de' 12 gennaio 1348 (prov. dallo Spedale degli Innocenti di Firenze), in virtù del quale fra Donato Spedalingo di esso prende possesso, ne' nomi dello Spedale stesso, di otto poderi ivi minutamente descritti. In questa villa era altresì un Monastero di eremiti ramaldolensi, secondochè ne accerta nn Testamento di Monna Masina di Nello Gherardini di Firenze dimorante a Papaiano, de' 26 aprilo 1354 (Arch. de' Capitani di Or S. Michele, Yol. 460 pag. 53).

(1) La famiglia Alberti di Firenze fu numerosissima, e molti documenti assicurano che fu ampiamente possidente in Val d' Elsa, iu persona specialmente di Antonio di Niccolò. Non vi ha dubbio, che il capostipite di essa, Rustico da Catenaia, si stabili primamente a Poggibonsi (V. Passerini gli Alberti, Firenze 1869, voi. II, doc. I) ml è probabile facesse in questo distretto degli acquisti, mantenuti fino e dopo che questa casata ebbe preso stanza fissa a Firenze; il che avvenne certamente innanzi il 1442 per opera di Alberto di Rustico prima radice di quel tronco degli Alberti, che finì con Leon Battista nel 1836.

Antonio ricordato nel contratto Tolomei-Acuto è quegli degli Alberti, che rispar­miato prima coi fratelli e figli dalla proscrizione, che colpì tante famiglie e porzione della sua casata, vi fu indi a poco, cioè nel!' anno 1400, compreso (V. MACHIAVELLI, lst. fiorent., lib. III, par. 28. - AMMIRATO, Ist. fior., Firenze 1848, voi. IV, lib. XVI, pagg. 22-89), e costretto ad esular da Firenze. Dei heni confiscatigli nei popoli di S. Lorenzo in Piandicampi, e di S. Maria a Castiglioni la moglie di lui, Bartolomea degli Obizi, rivendicò a titolo di sua dote « unam posoessionem cum edifitiis et duabus domibus, in quibus sunt sex palmenti acti ad macinandum, et unam domum in qua sunt duo pilae acte ad gua.lchierandum pannos, et unam domum.cum edifitiis actis ad faciendos folios et imo palcho, et aliis domibus in quibus habitant infrascri-pti . ...... posita ili dieta Communi Podibonixi, loco dicto Poggio Secho cum eat"um confinibllS, (Decreto de' 26 ottobre 1401 emanato dagli amministratori de' Beni de' Ri­belli prov. dallo Spedale di Bonifazio). Di questi beni, siccome dei rimanenti di An­tonio, non si conoscono i passaggi, tranne del podere di Lisoia presso il Fossato di l'llaltraverso, che nella Portata al Catasto dal 1427 dal lavoratore Antonio di Niccolò da Siena è detto essere stato donato, con atto de' 13 luglio 1420, da Brigida degli Alberti, moglie di Lodovico Rabatta, al Monastero delle Brigidiane del Paradiso presso Firenze, fondato da Antonio padre di Lei (Catasto del 1427. Q. S. S. Piviere di S. Donato in Poggio, voi. 104, p. 724. - PASSERINI, Gli Alberti cit. voi. I, tav. I).

Di Poggio Secco non resta neppure il nome: della gora che si nominava da esso e forniva la forza motrice ai mulini, cartiera e gualchiera accennati, e anca ad altri edifizi simili non si ha più i;raccia. Dai documenti riscontrati desumo, che, dal!' Elsa

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LA ROCCHETTA DI l'OGmnoNSI E GIOVAN,';! ACUTO HJ

« Item unum aliam pectiam terre lallorative cum arboribus « positam in dicto populo S. Laurentii a primo juxta viam a se-

' « cundo flumen Elsae a tertio Nannis Corbizini, et a quarto ipsius « domini Antonii de Albertis.

« Item unam aliam pectiam terre laborate vineate arborate « positam in dicto populo S. J,aurentii in loco dicto Caselle sive « Maltraversi juxta viam a primo et secundo a tertio Petri Cor­« bizini et a quarto Magiones S. J oannis predicti cum omnibus " aliis et singulis poderibus, pectiis terrar.um domibus buschis vi­« neis arboribus pertinentibus et expectantibus ad dictum locum « sive resedium Rocchette, poderia predicta posita vel reperta in

si dipartivano più gore, o ciò che è più probabile una sola, che prendeva nomi di­versi sia dal proprietario ai cui edifizi serviva, sia dal territorio che percorreva. (Ca­titsto 1427 Q. S. S. Piviere di S. Donato in Poggio, voi. 104 pagg. 398, 399, 711, 715, 717. Voi. 311, pagg. 244, 253, 494. - Decime Q. S. S. 1498. Secolari distinti a popoli pag. 36;3_ - Istrom. del 1 novembre 1377 prov. dallo Speda!e di S. Maria Nuova. -Arch. di Or S. Michele, voi. 460 pag. 125. - Sentenza. de' 15 giugno 1411 prov. dallo Spedale di S. Maria Nuova).

Son convinto non si possa revocare in dubbio, che una gora, la quale è detta Gora vecchia della Badia di Firenze (intendi dei Brigidiani del Paradiso) avesse principio non lontano da Maltraverso sulla destra dell'Elsa, ove appunto esistevano i beni di que' monaci, lasciati loro dalla figlia di Antonio Alberti, e fors' anco altri preceden­temente donati da Antonio stesso.

Un'altra, o fosse indipendente, o come reputo, una prosecuzione di questa, è certo che traversava il piano del canneto, di fronte alla Rocchetta, sebben diviso dall'Elsa. Quindi si diceva Gora di S. Lorenzo, e poi sotto nome di gora di Poggio secco e delle Mulina procedeva oltre, senza che mi sia riuscito di determinare il punto in che rien­trava nell'Elsa, quantunque ciò dovesse avvenire distante dalle Cantine, luogo che si conosce oggi, siccome allora, con questo appellativo. I molti edifizii che eran collo­cati nel non breve tratto ùi gora o gore, a cui ho alluso, non han lasciato di se traccia, nè memoria della loro situazione. Poggio secco non era di certo sulla destra dell'Elsa, che nell~ località descritte dista assai dai poggi; ma dovette essere sulla sinistra, e deve aver dato il nome ad una porzione di gora situata ai di là dell'Elsa, perchè imminente a questa, e di faccia a quella. Così a cagion d'esempio si legge che qualche apf>ezzamento di terreno situato né! popolo di S. Lorenzo in Pian di Campi si diceva in luogo detto la Rocchetta, sebbene fra quello e questa tramezzasse l'Elsa, e la Villa e il popolo fosser differenti, per la ragione che stava di contro a quella. Se le portate al Catasto di Qpccio di Alberto di Guccio non son designate erronea­mente (Catasto 1427 Q. S. S. Piviere di S. Donato in Poggio voi. 104 pag. 494) non resta più dubbio che Poggio secco, in quelle descritto siccome pertinente alla Villa di Montemorli, fosse tutto o parte del poggio con le pendici relative, che soprasta alle Cantine e al Pian dell'Elsa, la cui vetta, oggi proprietà dei Fratelli Francesco e Leo­nardo Dini di Colle, e dei sigg. Mezzedimi di Poggibonsi, è nel seguito percorsa dalla via vicinale, che da Montemorli conduce a Colle per Ceneracola e Castiglioni.

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20 ~·. Dl~l ------------ --,--------------

« dicto districto Podiobonixi juxta suos veriores confines si qua « essent quae non essent in presenti istrumento declarata et in­" fra predictos confines vel alios siqùi forent plures aut ve­« riores . « Actum N eapolim in Castronovo et Camera regia superiori ubi « eelebratur missa presentibus egregio viro legum doctore domino « Donato quondam J ohannis d' Arizzio serenissimi principis et do­" mini regis Karoli tertii auditore. Egregiis et nobilibus militi­" bus domino Spinetta quondam domini Galeocti Marchioni de « Malespinis et domino Henrico domini Raynaldi de Burgerellis « de Y mola ipsius domini regis consiliarius nobilibus viris Ciolo « olim .J ohannis Ferrieri de Pisis et Antonio Pucciarellli de Por­" cari testibus ad hec habitis requisitis vocatis et rogatis.

« Ego J acobus Taddey Simonis de Terrinca vicarie Pietrasante « publicus imperiali autoritate notarius et judex ordinarius pre­" dictis omnibus et singulis dum sic agerentur presens fui et « rogatus scribere scripsi, signum quoque meum apposui consue­« tum et nomine publicavi (1). ·

È evidente, stando alle parole del contratto in loco dicto Roc­chetta, che con questo nome si designava una località, per quanto non esattamente determinata, non già una grandiosa casa turrita,

(1) È storico, che Giovanni Acuto nel mese ed anno indicati nel contratto, fosse in Napoli stipendiato del Papa in aiuto a Carlo di Durazzo contro gli Angioini. Un llrcvc di Urbano VI fino dall'ottobre 1382 presentava agli Arcivescovi di Napoli e di Capua questo masnadiero colle parole: dilect11m filium nobilem virum Johannem Aguto mUitem anglicanwn (TEMPLE, Leade,. e Marcotti cit. p. 143). Secondo i due autori la compera dei Beni dal Tolomei sarebbe stata un frutto dei risparmi dell'Acuto fatti in questa missione (loc. cit.).

È più probabile per altro fosse stato un impiego delle taglie da esso imposte agli, Angioini prigionieri di guerra, o di altre estorsioni in che fu eccellente. Il prezzo di essa compera, .sborsato sull'atto, fu invero di fiorini seimila d'oro recti ponderis. Stando al ragguaglio, che ne dà il Cibrario, accettato e riferito dal Passerini (Gli Albe1·ti cit., vol. 2, pag. 60) che sarebbe di L. 12,37 a fiorino, si tratterebbe di una somma risparmiata, evidentemente soverchia per uno spenditore sregolato, qual era l'Acuto. Il possesso comprato, poi, non poteva valer tanto.

Il notaio Ja@po di Terrinca, dilettissimo all'Acuto, era il notaio sotietatis angli· corwn fa partibus Italiae milifantium, della qual società o compagnia era capitaneus generalls st1·enuus magnificus et potens miles dominus Johannes Haukeddod (V.

TEMPLE·LEADER e MARcOTTI cit, Doc. XXIV, 3 ottobre 1375 actum in Abatia Insulae comitatus Senarum in campo. antedictae sotietatis). Di qui resta chiarito, come po­te>se trovarsi a Napoli coll'Acuto, e rogare il contratto.

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LA ROCUHETTA Dl l'OUGlllONSl E GIOVANNI ACUTO 21

non una Tenuta con più poderi, non un palazzo di campagna; ma un luogo semplicemente in cui erano situati terreni e case che formavan sostanza della stipulazione.

Esso contratto accenna chiaro altresì che la torre era staccata dalle case, cioè non formante corpo con alcuna di esse; e ne no­mina una sola, mentre gli attuali avanzi lascian presumere, che anco a quel tempo fosser due.

La parola domibus non implica la significazione di Palazzo, nè tampoco di casa turrita e grandiosa; anzi l'esclude. Allorchè in­fatti il Notaio ha voluto indicare una casa notevole, almeno per le dimensioni, ossia una casa padronale, la quale era uso dei campagnoli, come è anco oggidì, di denominar palazzo ('), ha ado­perato la parola palactium. E la casa di Pian di Campi doveva conoscersi sotto l'appellativo di palazzo, stantechè certi appezza­menti di terra boscata in vicinanza eran detti « boschi al pala­gio (2) ". Ha adoperato ·pure il vocabolo mansiones e magiones accanto alla voce domus per segnalare la differenza fra casa e ca­samento, come noi diremmo. È poi noto che, quando la parola domus doveva significare una abitazione padronale, si impiegava sempre la dizione domus pro domino, o secondo il linguaggio cam­pagnolo pro oste, e in volgare pel messere, e correlativamente domus pro laboratore, se l'occasione lo richiedeva.

Un esempio di ciò si ha anco in fatto de' Beni dell'Acuto. Quando invero costui, gravato di debiti si risolvè di vendere i possessi di S. Donato a Torre .in Polverosa presso Firenze, e quelli comperati dal Tolomei nel distretto di Poggibonsi, ecco come si incontrano descritti nella analoga provvisione del Comune di Fi­renze (3): i beni di S. Donato « unum podere curo domibus altis « et bassis cum logia columbaria giardino stabulis muratis pro do­« mino, cum duabus domibus pro laboratoribus separatis una ab « alia etc. » : i beni della Rocchetta al contrario « unum resedium « sive podere curo domibus turri et terris laboratoriis vineatis et « buscivis » riportando a parola sino all' ultimo i termini del con­tratto che sopra.

(1) V. Miscellanea storica della Valdelsa, anno III, pag. 153. (2) Sentenza de' 15 giugno 1411 prov. dallo Spedale di S. M.iria Nuova di Firenze. (3) V. Consigli Maggiori, voi. 76, pag; 209. Provvis. dc 5 febbraio 1386.

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22 F. JHNI

Sebbene il vocabolo resedium (1nansio sedes; du Cange gloss. mediae et infimae latinitatis) sembri includere il concetto di una abitazione padronale~ nondimeno nel caso presente, come in altri molti, ha il semplice valore indefinito del latino fun'dus, e ita­liano fondo, e del grecolatino ager, ed agro nostro. La risolutiva poi sive podere, che val possessione in genere, conferma alla voce resedium il significato indefinito di possedimento, che per sapere in che consista, ossia per determinarne lindole, occorre la speci­ficazione degli elementi che lo costituiscono. Spesso poi ci imbat­tiamo nelle dizioni podere cum resedio, e resedium cum domo; il che argomenta che il vocabolo non ha significato determinato. In due documenti per es. (1) ho letto: " podere cum resedio pa­" latio et turri ,, e « resedium cum domo et uno petio terrae ».

Nel caso nostro poi la voce resedi:um ha tanto maggiormente un valore indefinito in quanto che, se le domus eran situate entro la cinta dell'abitato della Rocchetta, le terre dovevan esserne. al di fuori, mettiam pure attigue. E così eran difatto siccome lo chiarisce la descrizione dei loro confini.

Il Repetti potrebbe aver dalla sua le 'parole del contratto unum aliud palactium, che parrebbe indicassero che nella Roc­chetta una delle domus era palazzo, o domus pro domino. Ma non contando la non sempre speciale proprietà della espressione latina dei notari di quel tempo, nel caso nostro è manifesto, che i.I vo­cabolo aliud non può avere il valore di altro o secondo, relativo cioè ad un primo della stessa specie, perocchè questo primo pre­cedente non è stato nominato. Ha quindi un significato mera­mente congiuntivo, come se dicesse inoltre, di più, altresì, tutto quel che si vuole, tranne un significato numerativo, poichè si da­rebbe come ho detto, un secondo senza aver dato un primo.

Nessuna notizia resta, neppure per tradizione volgare, che l'Acuto dimorasse, vuoi pur precariamente, alla Rocchetta; mentre pare (2

) visitasse spesso gli altri suoi possessi di Val di Chiana, senza dir di S. Donato a Torre, ove avea dimora abituale. Vero è peraltro, che molte ragioni possono spiegare le gite~ e fermate

(1) Prov. dallo Spedale degli Innocenti di Firenze. (2) V. TEMPLE·LEAllER e MARCOTTI Giovanni Acuto. Firenze 1889, pag. 223.

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LA ROCCHE'ITA Dl POGGlBONSI E GIOVANNI ACUTO 23

al potente castello di Montecchio, e ai fortilizii di Migliari e Badia al Pino, che non militavan sicuram'ente per la Rocchetta.

Ma la Rocchetta non era un Castello? Giudicando dagli avanzi e. dalla situazione del fabbricato, non si può negare che non fosse qualche cosa di simile. L'angustia però del circuito della doppia cinta di mura, che chiudeva le case e le torri, i ruderi della qual doppia cinta son visibili tuttora, non consente di ritenere fosse un castello castrum, ma un castellio, o come dicevano i francesi un chastillon, d' onde i molti Castigliani che si noveran tuttavia in Italia. Il vocabolo Rocchetta (parva Rocha) significò press' a poco quel che la voce Castellio, colla sola differenza, che quella era si­tuata in luogo dirupato (praesidium in rupe positum), mentre il Castellio poteva esser situato anco in pianura, o in altura di men disagevole accesso. Se allorquando Giovanni Acuto comprò que'beni la doppia cinta esistesse, e le torri, come ho presupposto, fosser due, non posso stabilire ·col mezzo di documenti tassativi. Cinta e torri si giudicano dagli intendenti costruite fre il secolo XIII e XIV; sì che, mentre è indubitato, che al giorno del contra.tto una torre esisteva, riman probabile che esistesse l'altra eziandio. Quanto alla cinta poi, non ricordata affatto nel contratto, nè in altri libri a mia notizia, non sarebbe strano supporre fosse già smantellata, siccome era avvenuto nel 1267 del non distante Ca­stellio di Poggio Asturpio, oggi Poggio Tondo (1). La contempo­raneità probabilissima della costruzione delle due torri porterebbe a concludere che, se una fu dal Tolomei venduta all'Acuto, una ne fosse rimasta ad altro proprietario, che già la possedeva, e che conseguentemente entro il Castellio i proprietari fosser più d'uno; almeno due. Un documento infatti de' 18 ottobre 1424 (2) ricorda un Matteo di Francesco di Donato della Rocchetta; a cui il suo­cero Antonio di Guccio da Montemorli dona una casa e molti ap­pezzamenti di terreno nel popolo di S. Maria Maddalena (Casti­glioni), dei quali non si può fissare nettamente il punto, essendo la pergamena in questa parte mutilata. Se Matteo, o i suoi autori non avevan comperato le case e le terre dell'Acuto quali son de-

(1) V. CusPINI, Notizie per servire alla storia di Poggibonsi. Siena 1850, p. 120. (2) Prov. dal Convento degli Agostiniani di Poggibonsi.

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scritte nel contratto, (e per quel che dirò in seguito non è nem­men probabile) nulla impedisce di ritenere, che in quel recinto possedesse qualcun altro contemporaneamente l'altra torre e una casa almeno, e che l'avesse comperate da chi le possedeva a tempo del Tolomei o dell'Acuto stesso. È chiaro che questo Matteo abi­tava alla Rocchetta; e chiaro mi sembra non fosse un sem­plice e povero lavoratore, una volta che aveva sposato la figlia di un proprietario, che poteva donare tanti terreni quanti son quelli des()ritti nel citato istromento: tanto più che questo Guccio, no­nostante la donazione accennata, si chiarisce tuttavia possidente non mediocre (1).

Una Bolla di Innocenzo II del 1254, trascritta a lettera da Calisto III in una sua del 1457 al Proposto di S. Gimignano, no­mina una chiesa di S. Tommaso alle Bocchette (2). Siffatta deno­minazione, che forse fu la primitiva di quel luogo, potrebbe essere stata desunta dalle due torri ricordate, o da altre che possibil­mente vi fossero esistite a quell' età. Ciò convaliderebbe 1' asser­zione, che la denominazione di Rocchetta poi, e di Rocchette prima, segnalasse indefinitamente un territorio, non un recinto determinato. Perchè però le due torri, e più se vi furono, e il poco caseggiato chiusi da mura di picciol cerchio costituivano una sola Rocchetta, non mi apparisce sufficientemente probabile quel che ho supposto. Penso invece, e ritengo con miglior fondamento, che l'accennata denominazione, scambio di ristringersi ad un angusto cerchio di mura chiudente poche case e due torri, abbracciasse un territorio più ampio, il territorio dico nel quale venivano a confinare i Co­muni di Colle, Poggibonsi e S. Gimignano (3), ove per avventura si incrociavano le vie procedenti dai tre paesi e accedenti ad essi, siccome sembra indicato dal nome « all' ancrociata » che designava· un punto d.el territorio in que' pressi, cioè alle Caselle o Maltra­verso, nel quale il fossato omonimo, discendente dal Poggio di Lisoia e sboccante in Elsa, costituiva il triplice confine (4).

(1) Catasto Q. SS. 1427 Piviere di S. Donato in Poggio, pag. 736. (2) V. COPPI, Annali di Sangimignano. Firenze 1695, pag. 54. (3) Istr. di Confinazione de' 9 dicembre 1345. Prov. dal Comune di Colle. (4) Istr. de' 13 giugno 1411 prov. dallo Spedale di S. Maria Nuova di Firenze.

Catasto q. SS. 1427. Piviere di S. Donato in Poggio, N. 311, pag. 282.

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LA ROCCHETTA DI POGGIBONSI E GIOVANNI ACUTO 25

e

Quel contorno di confine infatti era a breve distanza, e come a capo delle tre vie che s'incrociavano, munito in antico dalle torri della Rocchetta, e dai due Cr{stelliones di Poggio Asturpio e di Castiglioni (due piccole rocche questi ultimi, o due rocchette simili fra loro) e forse da altri, dei quali non avanza memoria. Disfatto il castellio di Poggio Asturpio, e fermàta la denomina~ zione di Castiglioni alla villa, che tuttavia lo conserva, rimase probabilmente come appellativo specifico di Rocchetta quello pre­cedentemente generico e comune di Rocchette ad uno dei tre, se non più, fattori della denominazione di quel territorio.

Concludendo posso. aggiungere, che ciò che oggi si conosce sotto nome di 1Rocchetta, la Villa cioè e case coloniche dei sigg. Marri di Poggibonsì, non era al tempo a cui mi riporto, alcunchè di grandioso e di importante sotto qualunque aspetto possa oggi con­siderarsi. Rade vòlte si incontra ricordata nei documenti di quella età; e sempre come denominazione di territorio, mai di luogo mu­nito, ossia di castello. Nel libro dei Balistarii del 1397 (unico di tal genere che possieda il R. Archivio di Stato in Firenze) mentre si leggono i nomi dei balestrieri forniti da tutte le ville e pertinenze loro del Distretto di Poggibonsi, comprese quelle di S. Lorenzo in Pian di Campi e di S. Maria Maddalena ·a Casti­glioni, non si fa menzione della Rocchetta. Dicasi lo stesso degli Scrutinii (1) nei quali degli uomini della Rocchetta non è parola.

Castiglioni fu veramente una villa. Con tal vocabolo si incontra sempre qualificato (2

). Stando al Repetti, la Rocchetta possedè una Chiesa dedicata a S. Tommaso annessa da lunga mano a quella di Castiglioni. Di tale annessione prove non n'arreca; nè io n'ho scoperto indizio. Potrebbe anco darsi fosse avv.enuto così; come può essere che ·la chiesa di S. Tommaso alle Rocchette ricordata da Onorio III nella Bolla dei 3 agosto 1~20 fosse un oratorio alla pari di quelli, che sotto titolo dei SS. Filippo ed Iacopo, di S. Giu­sto e di S. Lucia eran posti, secondo il Repetti stesso (art. Pog-

(1) Riformagioni e Statuti di Poggibousi, u, 180, anno 1394: Qu;tìforno ùegli Scrutinii.

(2) Istrum. di confinazione de' 9 dicembre 1345 cit. - l8trum. di Procura degli 8 luglio 1;)21}, prov. dallo Spedale di Bonifazio .

. Jiiscell . ."lor. ecr·.-; anno V, fase. 1.

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26 J<', DIN!

gibonsi), in Poggio Asturpio o sue pertinenze, e che son nominati nella Bolla de' 6 maggio 1155 da Adriano IV diretta al Pievano di Marturi, e che, come questi, sparisse o rovinando per trascu­ranza e vetustà, o perchè convertito ad usi profani. Vero è che in una delle Torri della Rocchetta, oggi sbassata e ridotta a casa colonica, si ha tuttora una traccia in una stanza terrena di una Cappella. Ma oltrechè ha dello strano, che l'Oratorio di un popolo fosse collocato in una torre, sorta di caserma; ed oltrechè è certo, come si vedrà in seguito, che la torre in parola, cessato l'uso di presidio a cui era originariamente destinata, nel 1427, e fors'anco assai prima, serviva ad uso di granaio, i valenti in arte argomen­tano da certi segni, che, se fu mai Oratorio, tale addivenne per riduzione eseguita nel sec. XVII, e non innanzi.

È difficile rettificare in questo luogo l'asserzione del Repetti, quanto è agevole rilevarne la leggerezza. I documenti che potrebber apportar luce sono scarsi, e discordanti in guisa, che è impossibile di venire ad una conclusione di qualche valore. Mi limito a ci­tarli, perchè il lettore giudichi. Onorio III colla Bolla de' 3 agosto 1220, concernente i privilegi e le appartenenze del Proposto di S. Gimignano, ricorda S. Tommaso delle Rocchette ; ma Lucio III in una sua del 1182 diretta allo stesso intento alla persona me­desima non la menziona. Innocenzo II con Bolla del 1254 tra­scritta a verbo in quella di Calisto III del 1457 cita S. Tom­maso alle Rocchette e• S. Caterina a Castiglioni. Nel catalogo però delle parrocchiali della Diocesi di Firenze del 1299 la chiesa di Castiglioni è detta sotto l'invocazione di S. Michele. Nel Sinodo Volterrano de' 10 novembre 1356, citato pure dal Repetti, si men­ziona la chiesa di S. Tommaso di Castiglioni e Rocchetta, e nel 1383, siccome si legge nel contratto Tolomei-Acuto, la Rocchetta figura invece nel popolo di S. Maria Maddalena, titolo che da indi in poi si incontra invariatamente dato alla Parrocchiale di Casti­glioni. Una eccezione la farebbe una Portata al Catasto di un la- . voratore al Podere di Lisoia, dichiarante, che questo è situato nel pt>polo di S. Bartolommeo a Castiglioni. Ma evidentemente è un errore. A vendo il podere alcuni appezzamenti nella parrocchia, ora abolita, di S. Bartolommeo a Pini, e altri in quella di-Castiglioni

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fece un miscuglio, -e delle due parrocchie ne formò una (1). In tanta incertezza e discrepanza di notizie, tutte risultanti da documenti certi, se non si può escludere in modo assoluto che a Castiglioni andassero annesse tante Chiese quanti sono i Santi dal cui nome quella s'incontra via via denominata, non si può neppure am­mettere, come probabile, e tanto meno come provato, che fosse l'opposto.

Tornando al contratto, al chiusa della descrizione dei Beni, che han costituito la materia della stipulazione, conferma le osserva­zioni da me fatte sopra le troppo recise asserzioni del chiaro e be­nemerito autore del Dizionario della Toscana; ed esclude il con­cetto che i beni suddetti, distinti nettamente in tre gruppi, for­massero, come Egli dichiara, una Tenuta. Formaron certamente subietto e materia di una contrattazione unica; ma da questo a formare una Tenuta c'è distanza. Se per Tenuta l'egregio signor Repetti intese quel che intendiamo tutti, vale a dire un certo in­sieme di beni riunito territorialmente in una determinata località e compreso sotto un sol nome, bisognerebbe concludere che l'Acuto ne comprò tre. Se difatti fra la Rocchetta e Castiglioni vi era continuità di territorio, non vi era medesimezza di denominazione topografica; e perocchè il popolo e la villa, onde~i beni detti della Rocc.hetta traevano la classificazione giurisdizionale ·e civile eran quelli di Castiglioni, da questo non già da quella avrebbe dovuto desumere il titolo la Tenuta. Pian di Campi poi non aveva nep­pur continuità territoriale colla Rocchetta, separati come sono dal-1' Elsa; ma a tutto concedere, l'estensione dei beni in quella villa e popolo cO!llpresi, e sopratutto il Palagio sarebbero stati cagione che questo e non altro prestasse il nome alla pretesa Tenuta. Il per­chè mi sembra dover conchiudere, che mentre questi tre corpi di beni costituivano la proprietà di un solo, e non si può dire costi­tuissero tre Tenute, non si può dire neppure che ne costituirono una, la q1'ale prese il nome dalla Rocchetta.

Si potrebbe chiedere a titolo di curiosità in quali mani pas­sarono i beni dell'Acuto sopraccennati, e se furono alienati innanzi egli morisse, o dopo.

(1) Catasto d&l 1427 Q. SS. Piviere di S. Donato in Poggio, voi. 104, pag. 724.

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Consta da un documento che non patisce eccezione che agli 11 luglio 1393 (1) i beni in parola eran tu~ts>/a di proprietà del-1' Acuto, sendochè una Provvisione del Comune di Firenze in quella data gli concedeva (2) di poterli alienare, e vi si trovan descritti esattamente nel numero e qualità, che si leggono nella provvisione ricordata già, de' 5 febbraio 1387; la quale, come si vede, allora non ebbe effetto. Dai Capitoli del Comune di Firenze (3) si rileva che sotto de' 11 marzo 1393 esso Comune in considerazione del desiderio espresso dall'Acuto, vecchio e malato, di restitUirsi in patria, scese con lui ·a transazione, e si fece cedere per denari « Castrum Montechii, et fortilitia Migliaris et Badie Pinu » :

dei beni dell'agro poggibonsese non vi è parola. Non cade dubbio neppure sul fatto che nella notte dai 16 ai

17 marzo 1393, e cioè cinque giorni dopo la trans'itzione che sopra, l'Acuto subitamente morisse.

Con tutta probabilità egli morì nella casa di sua abitual di­mora in Polverosa (~). Nè vi si oppone il saper con certezza che a breve distanza, o'ssia il 10 gennaio 1394 «Domina Donnina filia olim Bernabovis de Mediolano, et uxor olim D.ni: Johannis ,, con atto stipulato nella casa di sua abitazione, posta nel popolo di S. Maria a Quarto, Pieve di S. Stefano in Pane, ratificasse la tran­sazione che sopra; dietro la quale Giovanni Orlandini procuratore dell'Acuto cwn mandato post mortem in data 11 gennaio anno stesso, immise in possesso il Comune dei tre luoghi ricordati (°). }_; possibile invero che Domùia Donnina avesse abbandonato la casa di Polverosa, piena ornai di tristi memorie; e che l'Acuto e) si fosse serbato l'uso della casa di antica sua dimora vendendo, o dopo aver venduto l'avesse condotta in affitto. Questo favori­rebbe la non strana congettura, che l'acquirente dei beni di S. Do­nato a 'l'orre in Polverosa, già probabilmente dall'Acuto compe-

(1) Noto il scanso di equiYoci, eh•? le date dogli Atti, che citerò son computabili sécondo lo stile fiorentino.

(2) Consigli maggiori, voi. 83, pag. 109. (3) Voi. I, Firenze, 1866, pag. 49. (4J V. AMMIRATO, Jst. fim". cit. val. IV, pag. 26. (5) Capitoli cit. pag. 50. (6) 'l'EMPLE·LEADER e MARGOTTI cit. p. 2:J9.

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rati dallo Spedale di S. Maria Nuova, fosse stato, come sembra, il vescovo di Signa in Schiavonia, Niccolò Corraduccio di Scesi, dal quale sarebber tornati allo Spedale sopradetto per donazione inter vivos da lui fattagliene (1). Questo però non attenendo al mio tema, non m'indugio a 'chiarirlo.

Circa ai Beni del distretto di Poggibonsi la soluzione è più br~ve, e in parte almeno più sicura.

Convien avvertire anzitutto che la transazione fra l'Acuto e il Comune di Firenze degli 11 marzo 1493, colla quala questo si fece cedere i Beni già nominati di Val di Chiana, per il tacer che fa degli altri, non significa che questi ultimi fossero già alie­nati. Non lo significa, nè lo esclude. Grande è la differenza, quanto a importanza, fra i primi e i secondi. I beni di Val di Chiana, posto anco che Migliari e Badia al Pino fosser fortilizii di poco conto (2), a cagion di Montecchio avevano pel Comune di Firenze un valor militare assoluto, specie contro i Senesi; valore che i beni meramente rurali di Val d'Elsa non possedevano.

Quando però questi ultimi fosser venduti ed a chi primamente, nè se a più o ad un solo, non son riuscito a scuoprire. Nei do­cumenti posteriori al 1399 da me riscontrati, giacchè di anteriori non ho saputo trovarne, si vedono comparire nei due popoli di Piandicampi e Castiglioni possidenti nuovi; e per contro non ho incontrato mai per confinanti ad essi, nè la moglie nè il figlio dell'Acuto. Questo parmi un indizio, che la vendita era avvenuta prima dell'anno accennato sopra, certamente dopo il 1493 e prima del 1399. Fra i nuovi possessori più spesso occorre Antonio Baldi­notti di Pistoia per la maggior quantità de'possessi di che vi appa­risce proprietario. Egli fu indubitatamente uno dei compratori dei Beni dell'Acuto ; ma non forse di tutti; nè potrei dire se compra­tore diretto, o ricompratore; nè in qual mese ed anno.

Baldinotto di Antonio Baldinotti di Pistoia nella sua portata al Catasto del 1427 denunziò' fra le altre sostanze eredate . dal padre, e possedute pro indiviso coi fratelli Niccolò e Scipione le seguenti (1).

(1) Atto di Concordia de' 21 ottobre 1407 p;ov. dallo Spedalc di S. M. Nuova. (2) TEMPLE-LEADER e MARCOTTI cit. pag. 223. (3) Catasto 1427. Pistoia Porta Lucchese, voi. 226.

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~'. DINI

« In prima in Valdelsa a Poggibonsi, fuori della Porta che « va a Colle, una possessione chiamata la Rocchetta con una casa " a uso del Messere, con due cortili d'intorno et una sala a tetto, " et una rocha, dove tegnamo nostre biade, ....... et una stalla " nella detta casa a volta per le bestie, et ancora nel detto cerchio « una casa per lavoratore, e con terra lavorandaia d'intorno ».

Denunzia poi altri appezzamenti di terreno qua e là, che non sembran tutti quelli descritti nel Contratto Tolomei-Acuto, e poi un Podere con casa da lavoratore e terre in Pian di Campi, e un altro Podere a Castiglioni. Nota l3aldinotto, che siffatti posse­dimenti di Val d'Elsa appartenner già a Raimondo de' Tolomei, senza per altro dire da cui suo padre Antonio Baldinotti li com­però. Questa nota non è spiegabile altrimenti, che col ritenere, conforme si pare probabile, che i beni denunziati non fosser se non una porzione, non mica tutti i posseduti dall'Acuto; tal che paresse, a lui denunziante, più esatto rimontare al Tolomei, ossia a colui cui aveva appartenuto e la porzione comperata dal padre suo. e la rimanente, ora in proprietà di altri.

Che che sia di ciò è parvente che le domibus della Rocchetta eran trasformate nel 1427, e divenute per ciò in gran parte casa padronale con annessi e connessi, per opera di cui si ignora; e che la rocca era convertita in granaio, mentre l' altra, forse sbassata da molt' anni prima, era ridotta la stalla a volta. Gli eredi di Scipione di Antonio Baldinotti nel 1496 fanno una dichiarazione al Catasto (1), nella quale non è più parola· della Rocca granaio, segno certo che, o mozzata· o altrimenti modificata non serbava ulteriormente il carattere di torre. Apparisce quasi sicuro che il Baldinotti si era reso proprietario di tutto il fabbricato esistente entro la cinta della Rocchetta, proprietà già dell'Acuto, e di chi altri per avventura ne aveva il possesso.

Resta evidente che l' unum palactium di Pian di Campi non l?assò ai Baldinotti, perocchè non è denunziato dal figlio d'Antonio, tranne che questi, comperatolo, lo avesse presto rivenduto. E su questo proposito sparge qualche lume la denunzia al Catasto del 1427 di un tal Orsino di Iacopo da Poggibonsi (2), il quale pos-

(1) Decime 1496 Q. SS. Secolari distinti a popoli, pag. 360. (2) Catasto del 1427 Q. SS. Piviere di S. Donato in Poggio, pag. 716.

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sidente di case e terreni non pochi in quel distretto, nota un pezzo di terra in luogo detto Migliarino, ed una casa per uso suo nella Villa di Pian di Campi, che non potè essere da lavoratore; e ritengo che questa casa padronale fosse il Palactium dell'Acuto, stantechè aveva annesse la vigna e le terre lavoratoie, e quella stessa unam domum cum plano, stabulo, et cantina cum platea parva che poi nel 20 giugno 1453 ebbero in donazione gli Ago­stiniani di Poggibonsi coi terreni annessi vigna ti e lavorativi (1).

Chi sentisse più viva curiosità e desiderio di ricostruire intie­ramente la topografia del Contratto Tolomei-Acuto, e di conoscere le mutazioni avvenute in que' luoghi, oggi ridotti a campagne lus­sureggianti, ma a rade case, pochi ma grandi poderi, e pochi pro­prietarii, vi riuscirebbe, se gli reggesse la pazienza di confrontare col contratto surriferito e fra loro i non pochi documenti che ho citato, facendo attenzione alle descrizioni di beni che contengono, e tenendo conto delle portate catastali del 1427, e delle iscrizioni alla Decima del 1498 e 1534 (2).

FRANCESCO DINI.

(1) Prov. dal Convento degli Agostiniani di Poggibonsi. (2) Ali' effetto di che è parola nel testo, oltre quanto è ivi indicato gioverà pren­

dere in esame i documenti che appresso, come più specialmente conducenti allo scopo. Istrum. del 1 novembre 1377 prov. dal!' Arch. de' Capitani di Or S. Michele, voi. 460, pag. 125. - Istrum. di confinazione de' 9 dicembre 1345 prov. dal Comune di Colle. Sentenza de' 15 giugno 1411 prov. dallo Spedale di S. M. Nuova. - Istrum. del 1 maggio 1442 e 11 agosto 1425 prov. dallo Spedale di Bonifazio. - Testamenti dal 18 ottobre 1424 e 20 giugno 1453 prov. dal Convento degli Agostiniani di Poggibonsi. - Istrum. de' 18 novembre 1385; 27 dicembre 1385; 14 novembre 1399; 23 feb­braio 1404; 23 ottobre 1426; 7 maggio 1448; 18 ottobre 1424 e 20 giugno 1453 prov. dal Monastero degli Olivetani di Volterra.

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GIOVANNI :MARIA TOLOSANI E

GIOVANNI LUCIDO SAMO TEO

I. Biografi del Tolosani e del Lucido. - II. }.fanosci·itti del Tolosani. - III. Notizie sulla vita del Tolosani e del supposto Lucido. -IV. Le opere del Tolosani e dcl Lucido. - V. Ragioni, per cui il Tolosani prese il nome di Lucido. - VI. Meriti del Tolosani.

L

Poco tempo fa, occupandomi degli studi, che, sui primi del se­colo XVI, furono fatti per la questione del Calendario, mi dichia­rava convinto che Giovanni Lucido Samoteo fosse una specie di rmagrarnma, o più precisamente un nome supposto, quasi intera­mente formato colle lettere del nome vero, di Giovanni Maria Tolosani (1). Siccome la natura di quel lavoro non permetteva un esame particolareggiato della questione, non sarà male che qui ne parli un po' più di proposito e tenti di risolverla definitivamente (2).

Il più antico dei biografi, che ci dia notizia del Tolosani, è il frate servita Michele Poccianti, quasi suo contemporaneo, peA:­chè nato verso il 1535, morto nel '76, fiorentino, e vissuto gran

(1) La questione della riforma del Calendario nel Quinto Concilio Lateranense (1512-1517), nelle Pubblicazioni de] R. Istitnto Superiore di Firenze, sezione di Filo· sofia e Filologia (Firenze, Carnesecchi, 1896), pp. 130-149 e 250-254, Cfr. Quanto dissero, a questo proposito, O. BACCI in MiscelZanea storlca della Valdelsa, anno 1896, pp. 69-71; c. DEL LUNGO in Archivio storico italiano, V serie, to. xvm, pag. 433, (anno 1896).

(2) Eviterò, possibilmente, di ripetere le cose già dette nel precedente lavoro; sarà bene, però, ricordare come, fino a non molti anni fa, vigeva in Colle di Valdelsa la tradizione che il Lucido e il Tolosani fossero la stessa persona; e come, ad ogni modo, in gran parte, il merito delle opere del primo spetterebbe al secoudo.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 33

parte della vita nel convento della ss. Annunziata, cioè a pochi passi da quello di s. Marco. Egli si Qsprime così (1) :

Joannes Maria, dominicanus, vir utraque lingua exactissime excul­tus, philosophia ac sacra thaeologia, caeterisque subtilissimis scientiis plenissime imbutus, et mathematicis admodum exornatus, atque, in exquirendis antiquissimis rebus, diligentissimus indagator et historia­rum perpetuus cultor: qui opuscula sua, ut commodius popularem ap­plausum evitaret, sub titulo J oannis dictavit, quod nil aliud sonat, nisi J oannes Maria religiosus colens Deum. Conscripsit haec, et, in primis, materno sermone:

Dilucidarium, in quo de rebus antiquis, tum sacris, tum prophanis, satis excitate et argute peragit.

Item eiusdem extat disputatio responsiva de Maria Magdalena ad opusculum Jacobi, cum quibusdam disputationibus subtilissimis, quae apud Bibliothecam sancti Marci reperiuntur.

Expositiones super ocultos locos Scripturae. De computatione annorum Domini ad fratrem Antonium. Dulciaturn Eremitanum. Jarndudwn reverendre (sic) pater. De corruptione Calendarii ad fratrem Zenobium Acciaiolum, pro

vera celebratione Paschae ... Et plura alia. Claruit 1518.

Le notizie del Poccianti, vere e giuste nella sostanza, ci per­vennero, forse senza colpa sua, nei particolari alquanto inesatte. Solo errori di stampa troviamo, infatti, nel titolo « De corru­ptione ... », certo per " De correctione ... », e nell'altro " De com-" putatione ... ad fratrem 4-ntonium. - Dulciatttm ... », per « De « computatione ... ad fratre~ Antonium Dttlciatum ... ».

Così, quando cita la « Disputatio responsiva ad opuscolum Ja-" cobi Fabri ,, , deve intendersi, evidentemente, « ... Pabri Sta-" pttlensis " ; è perciò, quando dice: " opuscula sua ... sub titulo " J oannis dictavit ,, , deve leggersi, senza dubbio, « ••• J oannis " Lucidi Samotei ». Nè si comprenderebbe, altrimenti, come la « semplice parola Joannes, potesse tirarsi a significare Joannes « JYiaria religi'osus colens De1q_n ».

(1) Catalogus scriptorum florentinorum, aucto1'e ..• , cum additionibui ... LUCAE FERRINII ... , p. 98 (Firenze, Giunti, 1589). Il Poccianti fu maestro di filosofia e teo­logia, predicò in molti luoghi, fra cui alcune città della Francia; raccolse nel suo con­vento una copioso, biblioteca ùi codici, e vi ehbe a discepolo e confratello il Ferrini, prnte"e. Cfr. Catalogus cit., pag. 129; NEGRI G., Istoria cl~gli scritlo1·i fiorentini, p. 416, (Ferrara, Pomatelli, 1722).

Miscell. ,c.;tor. eCf'., anno V, fase. l.

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34 D. MAUZI

Qualche dubbio potrebbe sorgere circa la veridicità del Poc­cianti, a proposito del Dilucidarium, di cui non si trova pur una copia, nè stampata, nè manoscritta. Ma, poichè da moltissimi il Dilucidari:J,m è ricordato e con grandi lodi innalzato a cielo, sem­bra vei:isimile eh' esso sia lopera principale del Tolosani, non af­fatto perduta, ma ben nota col nome del Lucido; sia, cioè, il com­plesso delle operette cronologiche dal nostro Frate pubblicate a Venezia nel 1537, e ristampate, poi, con aggiunte e variazioni piccolissime, nel '46 e nel '75 (1). Questi Lucidar'Z, Dilucidari, Elucidari, come allora si chiamavano, servivano a rischiarare una serie cronologica di avvenimenti, speciali questioni teologiche o sto­riche, memorie di Ordini religiosi, di corrventi, ec., ed erano molto comuni; se ne trovano, quindi, moltissimi nelle nostre biblioteche, manoscritti e stampati. Non solo, dunque, apparisce verisimile, ma probabilissimo, anzi quasi certo, che le operette del Tolosani, le quali rischiaravano molto le tenebre dei secoli scorsi, e fra loro erano intimamente connesse, fossero dai contemporanei comprese sotto il nome unico e generico Dilucidarium. Non potrebbe darsi, altrimenti, che d'un lavoro così importante nulla fosse pervenuto fino a noi (2).

Senza dubbio il Poccianti merita la massima fede, per le con­dizioni di luogo e di tempo, in cui si trovò, per la pratica che dovè avere, anche come raccoglitore di codici, della BibJioteca di s. Marco. Ma vediamo quel che dicano gli altri biografi.

J. Pmnphilus, parlando dei Frati eremitani di s. Agostino, a proposito di Antonio Dolciati, nota che a questi dedica lopera sua «De computatione annorum Domini, Joannes Maria Lucidus,

(l) Cfr. il mio lavoro cit., p. 131. 1.2) Un • Lncidarinm diversarum quaestionum », è ms. in un cod. Magliab. del se­

colo XV, ss. Annunziata, H. 9, 1569. Fra gli incunaboli della Palatina si trova pure un Lucidario in tre diverso edizioni. (Hanno, rispettivamente, le indicazioni: E, 6, 3, 67; E, 6, 4, 17; E, 6, 3, 117); la prima in data di Firenze, 1494; le altre d'un tempo molto vicino. N;il prologo lAutore dice di non voler manifestare il suo nome, perchè altri non abbia invidia che « ••. tal persona quale io sono ..• » parli di cose tanto alte. Non credo che autore possa esserne il 'l'olosani, il quale sarebbe stato, allora, giovanissimo. Ad ogni modo, non può trattarsi del Dilucidarium, giacchè non vi si parla .punto di cose profane.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 35

« dominicanus » (1); la qual cosa fa supporre, non solo che il Panfilo vedesse I' opera colla dedica, ma pur anche eh' egli cre­desse il Tolosani e il Lucido tanto una persona sola, da chiamarli indifferentemente, coll'un nome o coll'altro. Così anche credeva pochi anni dopo il domenicano Serafino Razzi, giacchè nella storia degli uofnini illustri del suo Ordine, fa grandi elogi del Tolosani, non dicendo una sola parola del Luci~o (2).

Antonio Possevino, parlando del Dolciati, dice che « Joannes « Maria Lucidus, dominicanus, » dedicò a lui la nota opera « De « computatione annorum · ... », la quale fu stampata in Firenze nel 1514, apud Stephanum Papiensem (3). Parla, poi, di Giovanni Lucido, enumerando le o'pere da lui pubblicate nel noto volume stampato a Venezia (4), di Giovanni Maria fiorentino dei Predi­catori, ricordando, fra le sue opere, il Dilucidarium, la « Dispu­" tatio de Maria Magdalena ... » e le altre conservate nella Bi­blioteca di S. Marco, le « Expositiones difficilium Scripturae loco­« rum », « De computatione annorum Domini ad Antonium Dul­" ciatum ... », «De corruptione (sic) Calendarii ... » (5). Dice, final-mente, di Giovanni Maria, cognomento Tolosanus, pure dei Pre­dicatori, che pubblicò le « Additiones ad Joannis Lucidi Samo­« thei emendationes temporum », cioè I' opuscolo sesto del noto vòlume, corrispondente al terzo di quel codice Magliabechiano di s. Marco, in cui si conserv;t l'opera del Tolosani «De purissima « veri tate... », intitolato « De compùtatione annorum ab orbe « condito ... » ( 6

), e il libretto "De maxima solis declinatione » C). Egli, dunque, vide, senza dubbio, giacchè ne copia gli errori, le notizie del Panfilo e del Poccianti, il quale ultimo avea indicato, come supponevamo, colla parola Dilucidarium, le operette conte­nute nel noto volume di Venezia. Il Possevino non si accorge di questo, e riesamina il volume, attribuendone, rispettivamente, le

(1) Cronica Ordinis Fratmm hei·emitarum sancii Augustini .. ., c. 104r, anno 1511 (Roma, 1581). Per il Dolciati, cfr. il mio lavoro, pp. 30-34, 112-123 e altrove.

(2) Istoria de gli huomini illustri ... d-e gli Predicatori, p •. 345 (Lucca, 1596). (3) Apparatus Sacer, to. I, p. 104 (Venezia, 1606). (4) Op. cit., to. II, p. 213. (5) Op. e to. cit., p. 217. (6) Cfr. il mio lavoro, p. 133. (7) Apparat11s cit., to. II, p. 218.

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D. lllAR~I

di verse opere a Giovanni Lucido e a Giovanni Maria, cognomento Tolosanus, facendo così, di un solo, tre personaggi. Ma l'errore è tanto evidente, che, dopo aver attribuito, sulla fede del Panfilo, il « De computatione annorum ... » al Lucido, lo assegna, se­guendo il Poccianti, a Giovanni Maria, cioè al Tolosani. Di nuovo v' ha solo l'affermazione che l'operetta fosse stampata nel 1514, a Firenze, apud Stephanum Papiensem (1).

Non meglio informato dei precedenti si dimostra V. M. Fon­tana; il quale parla solo del Tolosani, ed enumera alcune delle opere ricordate dagli altri, dicendo, però, érroneamente, che l'opera « De correctione Calendarii ... ,, fu stampata in Venezia nel 1545, e che il Diiucidariwn fu dedicato all'Acciaiuoli (2); mentre a que­sti fu dedicata, nel 1515, l'operetta precedente, e a Venezia, nel 1546, e non '45, fu stampata la « Brevis annotatio emendatoria ... »

scritta per il concilio di Trento. Il Dilucidarium, invece, non fu, nè avrebbe potuto esser

dedicato all' Acciaiuoli, il quale, secondo il Negri, era morto nel 1520 (3). .

Assai più esatto e completo è Ambrogio Altamura, il quale conosce ed usufruisce quasi tutti i precedenti biografi. Non di­mentica, infatti, alcuna delle opere da loro indicate, e poi, a pro-posito del Possevino, osserva: C) ·

Possevinus, tom. 2 Apparatus Sacri, fol. 217, haec opera tribuit J oanni Mariae fiorentino. Postea, fol. 219, ponit J oannem Mariam, cognomento Tolosano, cui attribuit:

Additiones ad temporum emendationes Joannis Lucidi Samotei. Brevem item calendarii romani emendatfonem de Paschate rite ce­

lebrando, ad Ooncilium Tridentinum. Quae cum eodem Joanne Lucido emissa est in lucem Venetiis, anno 1546. Atque eiusdem Joannis Ma­riae putat esse libellum. « De maxima solis declinatione ».

At ego· indubitate puto hunc unicum esse J oannem et non duos.

(1) Di questa edizione, come neppure del ms., non si trova vestigio; anzi, secondo il PANZER c_d ·altri biblio;rrafi, a Firenze, nel 1514, non si sarebbe stampata da que· sto tipografo che un'opera del Dolci a ti stesso « De festis mobilibus ... » Cfr. il mio lavoro, p. ilO.

(2) De romana pPOvincia Ordinis Praedicatorurn .. ., p. 367 (Roma, 1670). Cfr. il mio lavoro, pp. 141-144 e 250-254.

(3) Op. cit., p. 354. (4) Bi/Jliotheca Dominicana .. ., p. 311, an. 1555 (Roma, 1677),

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUÒIDO SAMOTEO 37

Non si comprende bene se l'Altamura voglia ridurre ad un sol personaggio i due Giovanni Maria soltanto, o se non anche identificare coi due il Lucido. Ad altri è sembrata, ed a me sem­bra, buona l'ultima ipotesi; ad ogni modo, se anche si dovesse accettare la prima, egli non meriterebbe, in ciò, maggior fe<k de­gli autori precedenti; tanto più che, con errore evidentissimo, ri­ferisce queste cose al 1555, nè si avvede della contradizione, in cui cade il Possevino, circa l'opera « De computatione anno­« rum ... ». Si capisce pure eh' egli erra, quando dice, seguendo il Fontana, che il Dilucidarium, o Elucidarium, fu dedicato all' Ac­ciaiuoli.

Verso la fine del secolo XVII, Giovanni Cinelli dette nuove no­tizie intorno al nostro Frate, allungando la lista delle opere sue, e ripetendo anche qualcuno dei precedenti errori; ma dichiarandosi, nella questione dei due nomi, convinto che appartengano veramente ad un sol personaggio. Ecco còme si esprime (1) :

Gio. Maria Lucidi, dell'Ordine di s. Domenico, da Colle di V al d'Elsa, della famiglia Tolosani; e però leggi Giovanni Maria Tolosani .

... Stampò ancora, sotto nome di Gio. Lucido Samoseo (sic), un libro intitolato Emendatio temporum.

Fiorì circa l'(anno) 1545, ed è da molti Giovanni Maria Lucidi chiamato.

Non altrimenti la pensa, sebbene ripeta parecchi dei soliti er­rori, A. M. Biscioni, che, verso il 1730, scrisse le « Aggiunte alla « storia degli scrittori fiorentini del Cinelli » (2).

Più ampiamente di tutti, scrissero, sui primi del secolo scorso, biografie dei Frati predicatori, i pp. Quétif ed ~Jchard, i quali non raccolgono maggiori notizie circa l'esistenza del preteso scrit­tore francese Giovanni Lucido C). Neppure essi evitano tutti gli errori, giacchè suppongono, ad esempio, che i due opuscoli « De correctione Calendarii. .. ,, e « De computatione annorum Domini »,

fossero mandati al Concilio di Trento. Intendono che l'Altamura faccia un solo dei tre personaggi del Possevino, e, inclinando an-

(1) Istoria degli scrittori fìo1·entini, ms. nella nostra Bibliot. Naz .. Centrale, Cl. IX, n. 68, pp: 568, 569.

(2) Sono mss. nella cit.- Bibliot.; v. Cl. IX, n. 75 e 81, cc. 1334, 188. (3) Scripto1·es Ordinis Praedicatorum recensiti .. ., to. II, p. 123 (Parigi, 1721).

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38 D. lllARZI

eh' essi a questa ipotesi, come alla più verisimile, soggiungono: « ... at, ex collatione utriusque et editi libri et ms. s. Marci, di­« scutiant gentiles » • Finalmente, il Moreri, che forse più di tutti avrebbe avuto interesse a non privare la sua patria di questa glo­ria, così lealmente si esprime (1):

Lucide (Jean), mathematicien fameux, publia, dans le XVI siècle, divers traitez, « :be emendatione temporum •, « De vero die passionis « Christi », « Epitoma emendationis calendarii romani •, « Canones in « perpetuam temporum tabulam » etc. On a dit que le nom, qu' il se donna, n' étoit point son véritable ...

Egli, dunque, di lui non conosce che le solite operette del volume giuntino, e niente altro ci dice, che già non sapessimo dai biografi precedenti.

Nessuno di questi biografi, e, tanto meno gli altri, che sarebbe inutile rassegnare (2

), si è curato d'andare al fondo della que­stione, per chiudere finalmente il campo ai dubbi.

A ciò intese, verso il 1722, nella sua Istoria degli scrittori fiorentini, quel Giulio Negri, che a tutti è noto per la facilità straordinaria, con cui sa spesso unire alle vere le più strane ed immaginarie notizie; ma lo fece con sì affrettata leggerezza, che nessun peso hanno avuto poi, nè potevano avere, le sue asser­zioni (3). Eccone· le precise parole (4

) :

Quanto falsamente vada confuso (il Tolosani) con Giovanni Lu­cido, vedrassi in breve ... ; riuscì così eccellente, che un Clavio, un Giovanni Lucido Samoteo non dubitarono imparare nuove cognizioni dalle fatiche del Tolosano. Quindi ne nacque l'equivoco, per cui Am­brogio Altamura e Michele Poccianti, con altri scrittori, lo confusero con Giovanni Lucido Samoteo, sacerdote di professione e di nazione francese; e di due valentissimi scrittori nella computazione de'tempi ne fecero un solo. Per diluaidare quest'errore, basta leggere l'opera

(1) Le grand dictionaire historique .•. , to. V, p. 594 (Parigi, 1746). (2) Neppure dalla «Bibliografia di Colle di Valdelsa » compilata da S. BonaHESI e

conservata ms. nella Bib!iot. comun. dì Siena (P. II, 32, c. 87 e seg.) e gentilmente comunicatami in copia, per ciò che si riferisce al Tolosani, dal eh. direttore, F. Do­nati si ha qualche notizia utiie.

(3) Furono seguite, però, ciecamente da G. C. GALLETTI, neJla Prefazione a La Sfera ... aggiuntavi La Nuova Sfera ... di F. G10. M. ToLOi.INI ... (Firenze, 1859).

(4) Op. cit., p. 257.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 39

di Giovanni Lucido Samoteo, francese di nazione, corretta ~d aumen­tata da frà Girolamo Bardi, fiorentino camaldolese, che va col titolo di Cronua, o emendazione de' tempi, di Gio. Lucido Samoteo, impressa in Venezia, presso i Giunti, l'anno 1575; nella qual' opera v'inserisce una lettera latina di Gio. Mario (sic) Tolosano, con la quale dedica la sua opera De vero Computo annorum a Niccolò Alemani dello stess' Ordine domenicano ... ; nella qual lettera; dopo avere nominati gli antichi scrittori delle computazioni de' tempi e di cronologia, così sog­giunge: «Tandem emendationes temporum, verissima computatione, • descripsit dominus J oannes Lucidus, natione gallus, ac professione « sacerdos eruditissimus; qui, ab orbe condito ad aetatem nostram, « tempora, iuxta veritatem hebraicam, ita 'elucidavit, ut merito Luci­• dus cognominari debeat. Cum autem opus suum uberius et perfe­« ctius reddere cuperet, ex meo breviloquio temporum, in quo colle­• geram fìdeliter emendata tempora, me sibi consensum praebente, « plura excerpsit, et operi suo inseruit. Nam, et ego arbitratus sum « maioris authoritatis esse opus, si, sub nomine Joannis Lucidi, quam «si sub mèo, prodiret in lucem. Idcirco sponte assensum praebui, ut « mei labores sibi ascriberentur; sicut et fecit Pamphilus martyr, qui « suas orationes (lucubrationes) Eusebio, Caesariensi episcopo, in suo «libro De temporibus, condonavit; et, ut opus maioris esset existima­« tionis, tam ipsius Euse"bii praecellenti auctoritate, quam ipsius Pam­« phili solerti ac diligenti computatione- •. Haec Joannes Maria Tolo­sanus, in epistola supradicta Cardinali, data Florentiae, 15 octobris, anno 1535 (1). Da tutto questo si deduce che Gio. Lucido è diverso scrit­tore da Giovan Maria Tolosano, che ... scrisse molte opere, tra le quali: « ... Decorrectione temporum, idest: De vero computo annormn ab orbe «condito usque ad adventum Christi; ad Nicolaum Alamanum car­« dinalem dictum de Capua, Ordinis Dominicanorum, cum epistola «dedicatoria anno 1535 data•. Quest'opera fu poi stampata in Vene­zia, in 4, il 1546. Item opus « De celebratione 'Paschae ad fratrem

(1) La lettera comincia: « Mortalium gesta, praeclara quae sunt memoria digna ... , « in scriptis redigere, non minus necessarium censeo quam scientias rationales et phy­« sicas atque mathematicas codicibus tradere, quoniam eiusmodi scientias quilibet homo, «ingenio praeditus, per se ipsum, rationis discursu., adinvenire potest; sed. historias « praeieriti et longi temporis cognoscere nemo valet, nisi qui eas olim descriptas le­c gerit. Nec sufficit rerum nudas historias texere, sed necesse est quo tempore fueriut, « ipsas enarrare, ut certiorem ex eis notitiam capiamus ». Dopo aver detto dei prece­denti cronologi, del Lucido, delle difficoltà, che nascono, quando vogliamo accordarli intorno a certe cose della divina Scrittura e specialmente al giorno della Passione, così soggiunge: • Luci.dus autem luce clarius hanc quaestionem facile emendata tem­« porum ratione, dissolvit »; e quindi: «Ne, igitur, opera eius incognita lateant, post « Authocis decessum, statui, pro communi utilitate ... , in unum codicem redigere et ... «impressioni tradere, sicut alias, per literas meas, dominationi tuae notum feoi ».

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40 D. MARZI

« Zenobium Acciajolum »; quod opiis misit ad sacrosanctum Concilium Tridentinum; ex quo, per Ambrosium Altamuram, multa mutuatus est pater Clavius pro correptione (sic) Calendarii; impressum Venetiis, anno 1545 ...

Dall'esame di questo brano appaiono manifesti numerosi errori. La lettera del Tolosani è diretta veramente « Reverendissimo

« d. d. Nicolao Alemano, sanctae romanae Ecclesiae cardinali ca­" puano, tituli sancti Xisti, ex Ordine praedicatorio assumpto ... ,, . Non si tratta, però, di Niccolò Alemani, ma del celebre Niccolò Scomberg de Aleniania, domini Theoderici filius, il quale, dalla prima gioventù, erasi dato allo studio del diritto, e, insieme al Ficino e a tanti altri, era rimasto singolarmente colpito dalle prediche che avea fatte a Prato, dopo la Pasqua dei 1496, Gi­rolamo Savonarola (1), il 29 ottobre dell'anno seguente avea preso l'abito religioso in s. Marco; e, dopo la fine così triste del Maestro, a 25 anni, il 31 ottobre 1498, circa 2.am lwram noctis, vi avea fatta solenne professione religiosa nelle mani di frà Mat­teo di Marco da Firenze, allora priore del Convento. Dopo era stato priore nei conventi di Siena, di Lucca, di Firenze; dal giu­gno 1506 all'agosto 1507, socio del maestro dell'Ordine, il fran­cese Giovanni Clerée, quindi provincfale di Terra Santa, procura­tore dell'intero Ordine nella Curia romana, nel 1520 arcivescovo di Capua; finalmente, da Paolo III, nemine, petente, era stato fatto cardinale del titolo di s. Sisto (2). Questo ci spiega facil­mente perchè il Tolosani gli indirizzasse il noto volume. Ma il Negri, che non ricorda le edizioni del '37 e del '46, dà prima il titolo di Cronica alle opere pubblicate nel '7 5, poi le chiama " De vero computo annorum ... ,, ; nota che il Frate di Colle de­dica l'intero volume all'amico cardinale, e non si avvede che ciò rende sempre più probabile l'ipotesi del pseudonimo, essendo dif-

(I) VILLARI P., La storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tempi, voi. I, pag. 454 (Nuova ediz., Firenze, Successori Le Monuier, 1887); cfr. del!' autore stesso: NiccoUJ Machiavelli e i suoi tempi .. ., voi. III, pp. 136, 297, 328, 329 (seconda ediz., Milano, Hoepli, 1897).

(2) V. gli Annalia Conventus s. lYiarci de Florentia, che si attribuiscono, in gran parte, a frà ROBERTO UBALDINI (conservati nella r. Bibliot. Medic.-Laur., codd. di s. Marco, n. 112, cart., in 4), cc. 33, 76, 148, 1'72t. Lo SchOmberg (in essi è scritto Schemberg) morì a Roma I' Il sett. 1537.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 41

ficile che volesse dedicargli fatiche non sue. Nell'enumerare, poi, le opere del Tolosani, dimostra di confondere il brevissimo opu­scolo « De computatione annorum Domini... » con un'opera a parte, stampata nel '46, a Venezia, dedicata allo stesso cardinale, e re­cante il titolo. " De correctione temporum ... », cioè il noto volume. Finalmente suppone eh' ei mandasse al Concilio di Trento l'opera " De celebratione Paschae... » dedicata a Zanobi Acciaiuoli, il quale, secondo il Negri stesso, come s'è visto, era già morto nel 1520.

Ciò posto, è facile vedere che fede meritino le asserzioni di questo biografo. Se_ il Tolosani voleva pubblicare le opere sue sott? finto nome, si capisce che doveva pure ricorrere a qualche espe­diente, per cui gli fosse possibile di far creder vero il nome sup­posto. Come avrebbe potuto, nella lettera diretta all'amico, ma, in sostanza, scritta per il pubblico, svelare ciò eh' era destinato a rimanere segreto? Del. resto allo SchOmbergh aveva già mani­festato, in altra lettera, il proposito suo; non è verisimile che in questa gli spiegasse anche, se pur ve n'era bisogno, quanto non dovea esser conosciuto da tutti?

II.

Secondo i pp. Quétif ed Échard, la. questione avrebbe potuto esser risolta con un esame comparativo dei manoscritti del Tolo­sani e del Lucido. Per essi, dunque, le opere del Lucido, che si trovassero scritte di mano del Tolosani, a questi, evidentemente, sarebbero da attribuire. Ora si conservano, appunto, diversi codici nella nostra Biblioteca Nazionale Centrale, che contengono moltis­sime opere ed opuscoli del Tolosani, quasi tutti. di sua mano (1);

(1) Sono quelli di s. Marco, segnati: I, 25; VIII, 9 e 27; per la descrizione delle opp. ed opusc., ved. il mio lavoro, p. 131 e segg. Sono tutti della stessa mano, fatta eccezione per gli Epigrammata; e che essa sia del Tolosani, oltrechè da molti indizi, si rileva da questa nota che T. Caccini scrisse a c. 3 del primo di essi, a proposito dell' op. in eoso contenuta «De purissima veritate ... •: «Hoc egregium opus, ab Au­« ctore manu sua exaratum ... publice Jectioni exposuit F. Thomas Caccinius magister « llorentinae Accademiae theologus 1655 •·

Miscell· .~tor. ~r·c., anno V, fuse. l. ti

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42 D. lllARZI

e ve n'è precisamente uno, fra gli altri, che contiene due operette, fin qui sconosciute, le quali, rispettivamente, portano il titolo (1): « Liber de archanis vite Cristi et matris eius; editus per Johannem « Lucidum, natione gallicum »; « Terre Sancte Thopographia per « J oannem L ucidum, natione gallicum ». A chiunque le osservi, esse appariscono, evidentemente, scritte dalla mano stessa del 'f o­losani; onde fa d'uopo supporre che questi ivi proprio si celi sotto il nome di Lucido. Ma v' ha di più.

Fra i libri del convento di s. Marco, consegnati ultimamente dal r. Museo omonimo alla r. Biblioteca Med.-Laurenziana, che ~spettano ancora una definitiva collocazione, ve n' ha uno, di 'va­lore grandissimo per noi ; e ciò è la famosa opera di Paolo di Middelburg "Paulina, De recta Paschae celebratione », posseduta evidentemente e studiata molto a lungo dal Tolosani (2). Infatti, egli, dopo averne diligentemente numerate le carte, vi aggiunse, in principio, due indici, sistematico ed analitico, ed in fine due operette del Lucido: « De vero die passionis Christi... » ; « Epi­« torna emendationis Calendarii » ; finalmente scrisse nei margini moltissime postille, correzioni e note ai vari passi dell'Opera. Nella prima pagina, poi, della medesima, appose questa nota: « Hic

(1) Sono nel cod., pure di s. Marco, segn. V, 3; cart., di m. 0,27. 0,20, che co­mincia con la « Historia Romana a l'aula Diacono Sancti Benedicti, ecclesie Montis « Cassini, edita ... ». Fin verso la metà della c. 39r è d'una mano sconosciuta del sec. XV; comincia, poi, quella del Tolosani, o segue fino a c. 46r; a c. 46t si ha: «Pauli Warnerrid longobardi, qui fuit filius .Diaconi foroliviensi~, librorum, quos ad « Eutropii compenclium addidit, ultimi finis ». Nell'uno e nell'altro titolo, dopo Luci­dum, fu aggiunto, poi cancellato, Sa.motheum. La prima op. va da c. 48r, ov'è l'in­dice, a c. 102t; la seconda dalla c. 102t, dell'indice, alla 118t. Esse hanno, rispet­tivamente, capitoli 48 e 12. Potrebbero sembrare, forse, prese insieme, il Dilueida­rium attribuito al Tolosani, se non fossero d'argomento esclusivamente sacro e troppo ristretto. Vi si riconosce però chiaramente, per le idee, come per il dettato, l'opera del nostro Frate. Così nella seconda op., a c. 103, si trova, per es., la frase « Hinc « est quod plures verbi Dei predicatores et sacrarum litterarum expositores .•. >, che è assai simile a quella usata nel titolo dell' op. • De purissima veritate ... auctore .•. verbi De·i predicatot·e evangelico 'et apostolico ... ». Nel cap. 6 si parla delle genera­zioni di Natan e di Salomone; il 7 (a c. 57t) è una « Predictarum generationum elu­• eidatio ».

(2) Stampata dal Petrucci, a Fossombrone, nel 1513; cfr., per la descrizione, il mio lavoro, pag. 53. Agli egregi sigg. comm. G. Biagi e cav. E. Rostagno professo la più viva gratitudine, per gli aiuti e lo facilitazioni, di cui mi furono larghi durante le non brevi ricerche, che dovei fare nella Biblioteca Laurenziana.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANl E GIOVANNI LUCIDO 8AMOTEO 43

« liber est conventus sancti Marci, de Florentia, Ordinis Predica­"torqm, emptus a F. Jo. M.a de Colle - eiusdem Ordinis; post « cuius obitum, ponatur in Biblioteca eiusdem conventus - in « scannò' 10 orientali » ; e segue: « ln hoc volumine continen­« tur hec, viddicet - Paulina ... (titolo. stampato dell'opera). -«Item De vero die passionis Christi per Joannem Lucidum -«et Epithoma emendationis Calendarii romani per eumdem Johan-" nem Lucidum » C). .

Se, invece, il nostro Frate avesse scritto: « Hic liber ... emptus « a me Jo. M.a de Colle ... »; e quindi: « In hoc volumine con­" tinentur ... Item De vero die ... per me Jonnem Lt1cidum, sive « Joannem Mariam ... », la questione sarebbe finita. Ma la Bi­blioteca del Convento era, naturalmente, aperta a moltissimi, quella stessa privata del Tolosani forse a tutti i suoi confratelli e agli amici, certo ai superiori; non avrebbe, dunque, potuto, se avesse fatto così, conservare, anche solo apparentemente, l'anonimo. Per­ciò ,scrisse in questo modo, impersonalmente come, del resto, anche nelle altre opere, che pubblicò sotto il suo proprio nome. Si esa­minino, ora, i due lavoretti: nulla vi si trova che lasci s~pporre siano stati copiati da un altro esemplare manoscritto; tutto, anzi, concorre a farci ritenere l'opposto. Sono, qua e là, riveduti e cor­retti; e vi si trovano parole, frasi, aggiunte, cancellate, cambiate, sostituite con altre; tutto, insomma, l'aspetto di scritture originali autografi;i rivedute per le stampe, giacchè vi si notano anche al-

(1) La scrittura è tutta di mano del Tolosani. In principio sono aggiunte 4 cc., oltre quella di guardia; da c. 1t a c. 2r è il primo indice; da 2t a 3t, il secondo. La numerazione va da lr [a jr del quaderno] a 395r [GG n]; segue la c. 396 bianca, quindi ricomincia la numerazione delle altre aggiunte in fine. Di queste, la prima è bianca; nella seconda comincia ]'op. «De vero die .•• per Joannem Lucidum (Censo­« 1'em Samotheum cancellato), natione gallum », che finisce a c. 26t. A c. 27r comincia la e Epytorna ... per Joannem LuciduJll censorem Samotheurn •, che finisce a c. 30r. A c. 394t, ov' è l' E1'mta-cor1'ige, dopo hallucinati sunt, il Tolosani nota: « Emen­« davimus sequentes errores ». Infatti, gli errori, lungo il corso del!' Opera, son cor: retti, entro le linee e nei margini. Ma di correzioni, osservazioni, ec, ve ne sono, poi, molte altre, specie per la seconda parte, a cc. 6t, 7, 19, 19t, 21, 2lt, 22, 22t, 23t, 32t, R7, 58, 59, 62, 64, 65, 66, 66t, 70t, 71, 7lt, 73t, 8ot, 85t, 86, 96t, ll7, 97t, 99t, 100, 106t., 108t,

0

129t, 144, 145, l 79t, 184, 186, 191, 192, 198. 203t, 241t, 243, 243t, 244, 246, 272, 276t, 277t, 280t, 288, 296t, 297' 299, 303, 304, 304t, 305t, 316, 330, 341t, 346, E51, 353t, 360t, 362t, 37lt, 384, 386, 39lt, 392, 392t.

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44 D. MABZI

cuni piccoli errori corretti, che, appunto, in queste non appariscono. Ma confrontiamoli con essi attentamente.

Del secondo opuscolo, nella stampa fÙ modificato subito il ti­tolo, giacchè, ad «Epitoma ... per J. L. censorem samotheùm » fu sostituito " Epitoma ... per J. L. natione gallum ». Il cambia­mento potè esser suggerito da molte ragioni, fra le quali fors'an­che il desiderio di allontanare il pericolo che alcuno disapprovasse la parola censorem, in un libro destinato a promuovere la con­cordia dei Cristiani circa la questione del Calendario. Le modifi­cazioni, poi, continuano, assai numerose, nel testo. Sono, in ge­nerale, cambiamenti insignificanti come: scioglimenti di nessi e di sigle, trascrizione in lettere di numeri rappresentati con cifre ro­mane· od arabe, inversioni, ed anche qualche aggiunta, o_, molto più rara, omissione (1). Lo stesso accade per lopuscolo primo, in cui, anzi, ricorrono le modificazioni assai più numerose (2): Ma, insomma, non resta dubbio che siamo davanti a manoscritti daÌ-1' Autore riveduti e corretti, ad 9puscoli stampati, verisimilmente, su quei manoscritti, poi con molta cura limati dall'Autore stesso,

(1) Così, ad es., nel!' Epitoma, a c. 194, I. 34 (ed. del 1546) si ha: «Leoni decimo pontifici» invece di « Leoni X p. » ; a c. 195, ]. 27: «Idem dicit Plinius, « Macrobius, Joannes Chrisostomus, Paulus de Migdelburgio, Joannes Stofflerinus « et plures alii authores, licet Ovidius, in tertio de Fastis, dicat >>, invece di «Idem « dicit Plinius et plures a lii authores, licet aliqui dicant »; e I. 40: « definivit »,

invece di « diffinivit »; a c. 195t, I. 2: « ... aequinoctio, donec ad idem.:. », invece di « ... donec ad eumdem ... » ; c. 196, I. 22 e altrove: « ... tempore concilii ni· «ceni, anno ... 322 ... », invece di « ... tempore concilii niceni, anno ... 323 ... •; c. I 96t, I. 5 ; « longioris· temporis ... », invece di longi temporis ... »; c. 197t, I. 21: « ... ascriptus est Calendario ... », invece di « ... ascriptus est in Calendario ... » ; I. 27: « ... singulis annis 304, ve! 262 ... », imece di « ... singulis 304 ve! 262 annis ... ». Nel volume è incorso pure qualche raro errore, che manca nel ms.; così a c. 197t, I. IO, si ha: « seù, ne ritum iudaicum cum omnibus irnitemur ... »,invece che « s~d, ne ritum iudaicum in omnibus imitemur.' .. »,Si trascura pure, nella stampa, qualche parola o frase del ms., ché non sembra necessaria od opportuna.

(2) Si notino le seguenti: a c. 161 t, !in. ~: « ... temporum descriptionem ... >>,

invece di « ... temporum computationem ... "; c. 162, I. 7: « ... tempus ... quo ... », in­vece di « ... tempus hoc ... quo ... »; c. 163t, I. 4, iu caratteri greci, invece" che la­tini: « embolismos, vel ypm·bolicos » ~ 1. 22: 1< ••• inserebant ... », invece di « ••• 1'.nter­

sel'Pbant ... » ec. Forse più numerose ed ampie che nel secondo, sono in questo le ag­giunte; parecchie pure le inversioni, i mutamenti di casi, le sostituzioni, ad es., di pene a fere, o, viceversa, di impletum a completum, di solum a tantum, hebdomada aù ebdomada; pridie nonas a 20 nonas; Atheniensium iudicfa ad Atheniensis iudicis; situi a sic; nongentesimus a noningentesimus; e simili.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E fHOVANNI LUCIDO SAMOTEO 45

che vi ha fatti lievi cambiamenti di forma, aggiunte dichiarative di poco valore.

Veniamo alle postille numerosissime. Spesso non sono che sem­plici richiami marginali, per rilevare date, nomi e fatti ricordati nel testo; ma le più importanti ed ampie correggono errori, dichia­rano e commentano qualche passo, criticano l' opera intera di Paolo. Alcune di esse corrispondono precisamente a critiche fatte nei due lavori e nelle altre operette del noto volume stampato; qualche volta citano, anche lodandole, le une e le altre. Però esse sono molto più vivaci e numerose, di quel che appaia dalla critica melliflua e rispettosissima dei due opuscoli. Si direbbe che il Tolosani studiasse prima bene addentro la Paulina, e, dopo averne scoperti gli errori, non osasse, a viso aperto, farli cono­scere al pubblico, e appena si arrischiasse a parlarnè, sotto finto nome con grande circospezione. Invece nel libro di Paolo, da lui acquistato e tènuto fino alla morte presso di sè, egli sfoga intero l'animo suo. Non è più il timido e prudente Lucido, di nazione gallo, che parla, ma il Lucido censore samoteo. E l'opera del Tolosani è, infatti, una lunga, paziente censura, quasi demoli­zione, della Paulina. In queste note, osservazioni, correzioni, si vede intero l'animo dello studioso e del ricercatore assiduo, pa­ziente, convinto della verità di quanto espone, tenace nelle opi­nioni sue. Impossibile, quindi, ne sembra eh' egli possa non aver fatto altro che leggere le opere del Lucido, correggere secondo esse, la Paulina, aggiungervi, poi, di suo, nuove correzioni. L'opera critica è così intimamente connessa, così uniforme, che certo dovè scaturire da una mente sola. Basta notare il carattere di alcune osservazioni del Tolosani, perchè siamo indotti a concludere eh' egli solo è il .censore di Paolo (1).

(1) Così, per es., si esprime a c. ,106t: « Animadverte, lector, quoniam hic Author • etiam erravit in annis bissextilibus ante. Christum; quoniam plures anni ante Chri­« stum transierunt sine bissexto, ex reformatione Caesaris Augusti ... , nt posterius pa­« tebit in sequentibus, pagina 299, in tabula ibi descripta, que contradicit eis, que hic • scribuntur ». E a c. 299: • Haec tabula non integre convenit dictis Macrobii, qui « diligentissime veritatem expressit, ut patet in opusculo ..• Joannis Lucidi ... >. A c. « 122: e Nota hic incuriam Authoris, quia hi, qui ab incarnatione Christi ..• ».A c. « 303t: « Hoc non convenit dictis superius, in c. 297, neque inferius, pagina 309 •. « Finalmente, a c. 384: • Rie recte ponit Christum passum anno 33, et superius « anno 34. Itaque nec sibi ipsi .convenit Author ».

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46 D. MARZI

III.

Nè mancano altri argomenti da addurre, per accertare sem­pre meglio l'identità dei due. Questo Lucido, eccleshtstico francese degli ultimi del secolo XV e dei primi del XVI, vissuto molto tempo a Firenze, in intime relazioni col Tolosani, non lascia, ec­cetto le supposte opere sue, alcuna traccia di sè. Inutilmente ne sono state cercate notizie nella Biblioteca e negli Archivi vaticani, a Tolosa, in Francia, ove potrebbe supporsi che il Tolosani avesse qualche antica relazione di famiglia (1), a Firenze, nelle molte biblioteche e nell'Archivio di Stato (2); finalmente in moltissime biografie, generali e speciali, d'Italia e di Francia.

Assai diversamente passano le cose per il Tolosani, giacchè di lui si trovano continui documenti e notizie, le quali tutte concor­remo a farci sempre più ritenere che prendesse il nome di Lucido.

Il Tolosani dovè mantenere relazioni attive e cordialissime col1a famiglia, certo d'origine assai distinta, ma resa forse da lui an­che più nota e famosa; verisimilmente anche con amici e com­pagni. Egli stesso· ebbe, infatti, nell'Ordine, e, per qualche tempo, fin nel suo convento, due altri frati colligiani, Leonardo e Gio­vanni, ambedue figli di Pietro (3); e di suo fratello germano, messer Niccolò, giureconsulto, fatto da Paolo III, verso il 1544, eques aureatus e Senatore di Roma, racconta (4): « ... olim verbis,

(1) Non trovo memoria del Lucido nè del Tolosani nel « Catalogne général des . « manuscrits des Bibliothèques publiques des départements » (Parigi 1885), in cui,

appunto, si descrivono i molti mss. della Biblioteca di Tolosa. Anche il eh. C. Douais di quella città, cui, per consiglio dell'illustre F. Ehrle, mi rivolsi, non sa nulla del Lucido, che crede, egli pure, una persona stessa col Tolosani.

(2) Fra quelli dei Conventi soppressi; vi si coµservano numerosi volumi del tempo, appartenuti ai conventi domenicani di s. Marco e s. M. Novella, di s. Domenico di Fiesole; cistercensi di Cestello e di Settimo. Vi si trova pure memoria di non pochi stranieri, che in essi dimorarono, e co~ essi ebbero qualche relazione.

(3) Son ricordati, con lode, nei citt. Ànnalia di s. Marco, cc. 161, 162, 165. (4) Op. cit. «De purissima veritate ... », c. 6. In un articolo di V. CAPOBIANCHI

(Àrch. della r. Società rom. di Storia patria, to. XIX, p. 390) si ha che G. Bovio e Niccolò Tolosano (sic) « ... furono senatori di Roma negli anni 1509, 1514, 1537, « 1542, o dal 1544 al 1546 •. Sembra però, che solo nel '44 il 'l'olosani divenisse Senatore.

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GIOVANNI·MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 47

« et nunc epistolis plurimum rogat me, ut adversum Lutheranos « opus edam ... » •

Da questo si vede come amici suoi e non del preteso scrittore francese, dovessero esser coloro, che dettarono versi in onore del volume. Si capisce, quindi, come anche le operette riunitevi do­vessero apparire, nella mente di questi, fatica esclusiva del loro compaesano. Altrimenti, si sarebbero espressi, verisimilmente, in altro modo; nè i versì sarebbero rimasti senza cambiamenti di sorta, nelle ultime due edizioni, quando le opere del Lucido v' erano mescolate con quelle del Tolosani; come differentemente, forse, avrebbero agito i tipografi nella segnatura dei fogli di stampa (1). Ma non sarà inutile riprodurre i versi stessi, perchè se ne possa .giudicare con maggior sicurezza.

Versus in laudem voluminis. Marcus Casalis, geminianensi (sic), ad lectoi·em:

Tempora lapsa diu, multosque igno.ta per annos, Et fuerant multis iam variata modis.

Saepe :fides hinc historiae est, quod nulla videtur Nulla, nefas, scriptis hinc et habenda sacris.

Ast modo tam parvo redduntur clara libello, Notaque sunt cunctis quam sua nota domus.

A.ugustini Margacti, geminianensis, epi,gramma.

Tempore, quo Babylon, quo Memphis, Graecia, Roma Creverit, et regum praelia et arma ducum,

Lucidus hoc libro, quo non praestantior alter, Explicat, et verae consulit historiae.

Non :fictas res, lector, habes, quas Graecia mendax Prosequitur: non hic grandia monstra leges:

Eruta sed certis annalibus, ordine certo, Gesta virum; haec vero, verius ipse notat.

Matthaeus Gambacurta, presbyter senensis, ad librum.

Docte liber, propere dominam te confer in Urbem, Et pia Clementis basia da pedi bus:

(l) Le diverse parti del volume sono intimamente unite; la num. dei fogli conti· nua fino ali' ultimo, ed in ciascuno di essi, anche .se contenente gli scritti del 'l'olo· sani, si ripete Jo. Ltt;cidus.

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48 D. l\IARZI

Dicque requirenti quid parvo corpore gestes: Temporibus reddo nomina clara suis.

Idem ad lectorem.

Reges, pontifices, virosque claros, Et qui syderea fruuntur aula, Vis recto ordine scire quo fuere Omnes tempore? perlege· hunc libellum, Quo lecto, peream, nisi, esse lurém Dices in tenebris micantiorem Quam Phoebum medio die nitentem: Qui tanto est tibi gratior futurus, Quam quae sunt reliquis notata chartis, Quanto sunt meliora vera falsis.

Idem ad librum.,

Curras intrepidus licet, libelle, Quo mittit genitor tuus, nec ullos Ronchos pertimeas. Statim placebis, Et semper. Meliora nemo legit Te; nec posteritas leget. Quis alter Eduxit tenebris libellus omnes? Parvo est corpore veritas fidelis, Quam magnis dubia fide anteponunt Docti codicibus. Legeris, ergo, Solus delitiae peritiorum, Dum coelum innumeris micabit astris.

• Gli autori, dunque, sono due sangemignanesi, Marco Casalis e Agostino Margacti, e il prete senese Matteo Gambacorta. Non apparisce assai più verisimile che questi fossero buoni amici ed ammiratori del Tolosani anzichè di un frate o prete straniero, il quale non si sa in che modo avrebbe potuto essere in relazione con loro? Di più; nella lettera allo Schomberg, il Tolosani dice che dette le sue fatiche al Lucido, « ••• sicut fecit Pamphylus « martyr Eusebio, caesariensi episcopo ... , ut opus maioris esset « aestimationis, tam ipsius Eusebii praecellenti authoritate, quam « ipsius Pamphili solerti ac diligenti computatione ». Di Panfilo, dunque, e non d'Eusebio, è tutto il merito; e lo stesso dicasi del· Tolosani rispetto al Lucido. Si noti, poi, la frase, ingegnosa, quanto ambigua: "Ne, ìgitur, opera eius· incognita lateant post Authoris « decessum ... ». Con queste parole sembra. voglia far supporre che

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVAN.\U LUCIDO SAMOTEO 49

il Lucido fosse già morto, e perciò egli si occupi della pubblica­zione; . ma non lo dice, perchè il Lucido è egli, vivo, ma vecchio, e continuamente in pericolo, quindi, di prossima morte. Si osservi il primo epigramma del Gambacorta, dal quale si vede come il libro era stato già· preparato nel 1534, e doveva esser presentato a Papa Clemente VII, che, appunto in quell'anno, morì. E chi avrebbe potuto presentarlo fuori del Tolosani? E questi avrebbe offerto un libro non suo? Ma si notino, poco piit sotto, le parole; « Curras intrepidus licet, libelle - Quo mittit genitor tuus ... '?.

Il Tolosani era,· dunque, il padre del libro, e si celava sotto il nome di Lucido.

Il Gambacorta, finalmente, più tardi dettò un altro tetrastico, che è quasi simile al primo e che il Tolosani stesso, di sua mano, copiò in fronte all'opera « De purissima veritate ,, . Eccolo qui ri­prodotto O:

« Ad librurn tetrasticon jfatthei Gambacurtae, presbiteri orbitellen8is.

Docte liber, propere dominam te confer in Urbem, Et pia Pontificis basia da pedibus; Dicque requirenti quid toto corpore gestes: « Discipulis reddo lurnina sacra Dei » •

Essendo allora Orbetello territorio senese, si comprende come il Gambacorta, che qui è chiamato orbitellensis, potesse anche dirsi, nel '37, Senensis. Ma che il cambiamento introdotto voglia signi­ficare, almeno apparentemente, che gli epigrammi siano di due persone diverse? Ad ogni modo, ne sembra certo che questo, e, quindi, assai verisimilmente, anche gli altri poeti, siano amici del Tolosani e non del preteso scrittore francese.

Esaminando, del resto, la vita e le opere del Frate colligiano, non è difficile farsi un'idea discretamente esatta della sua atti­vità letteraria, delle circostanze, in cui si trovò, e che possono spiegare come fosse indotto a dar alla luce, sotto falso nome, al­cune opere.

È assai probabile che, nella prima gioventù, dedicatosi al-1' esercizio del suo ministero, si occupasse, più che altro, di studi

(1) A c. 4.

Mi.f!,cell. ~tm·. f'Cc., auno V, fa~c. 1. 7

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50 D. JIIARZ~

teologici, della predicazione, e, solo, come si dice, a tempo avan­zato, di letteratura e di storia. Cominciati, però, verso il 1508, e, continuati, pòi, alacremente ovunque, gli studi per la riforma del Calendario, egli, anche per le condizioni favorevolissime a tali ri­cerche, in cui si trovavano Firenze in generale ed il Convento di s. Marco in particolare, tanto vi si dovè applicare, da compiere nel 1515, sull'argomento, il noto poemetto in ottava rima, e poco dopo l'importantissimo lavoro latino, che mandò al Concilio Late­ranense (1). In questo certamente deve ricercarsi l'occasione, per cui il :Frate di Colle ano studio dei computi e della .cronologia dette, in gran parte, l'attività della rimanente sua vita. Il· Concilio non volle risolvere la questione, nella speranza che, intanto, si faces­sero studi più esatti e proposte a tutti più gradite; e, appunto per questo, si continuarono le ricerche, che furono singolarmente in­coraggiate, fino alla sua morte, da Leone X e poi da· Clemente VII. Fra i continuatori più attivi troviamo il Tolosani, che avea già saputo, con un metodo semplice e piano, spiegare lucidamente an­che al volgo le cose più astruse dell'astronomia e del computo.

È noto come l'opera fondamentale per gli studi sul Calendario nel Concilio Lateranense fosse la Paulina del Vescovo di Fossom­brone; in omaggio alla quale probabilmente il Tolosani s' indusse a modificare, nell'opuscolo latino del '15, alcune idee, . che avea manifestate nel Poema.

La Paulina, intanto, divenne oggetto di studi, di critiche, e, più ancora, di lodi in tutto il .mondo cristiano. Il 11olosani, an­ch'egli, si mise ad esaminarla con agio, a rivederne ogni numero, frase, periodo, con pazienza costante di scienziato e di storico. Ne venne fuori la critica più rigorosa e completa; egli costruì, per essa,. intorno ad essa, ed in parte, sulle rovine di essa, il suo si­stema cronologico ; divenne il più acuto, sebbene cortesissimo, cen­sore di Paolo. L'opera constava di due parti: « De recta Paschae « celebratione », in 14 libri; " De vero die passionis Christi '" in 19. Il 11olosani, nel '24, conie si rileva da molte frasi del testo, compilò le due operette a queste parti corrispondenti, l'Epitoma e « De vero die passionis Christi ... ", che, sotto il nome di Lucido,

(l) Fu pubblicato, per la prima volta, in appendice al mio lavoro cit., pp. 250-254.

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 51

pubblicò nel '37. Compose, quindi, fra il '24 e il_ '34, le altre operette cronologiche, che riunì nello stesso volume e sotto il nome stesso('). Fu probabilmente dopo il '37, eh' egli unì al volume di Paolo i due manoscritti citati, che vi fece in principio i due indici; e allora cominciò forse le numerose correzioni e postille alla Pauli"na, interlineari e marginali, le quali, infatti, rimandano spesso a diversi passi di tutti questi opuscoli.

Verisimilmente il Tolosani, dopo il '37, attese, oltrechè ai cro­nologici, ad altri studi d'argomento sacro, finchè, nel '45, essendo vecchissimo, fu incaricato dal Generale dell'Ordine di fare quel lavoro sul Calendario, che, in sostanza, è una ripetizione delle cose dette dall'Autore stesso nel '15, e nel '25 dal Lucido; e co~ì dimostra sempre meglio l'identità dei due personaggi. È proba­bile che il Tolosani non volesse ormai · più valersi del pseudo­nimo, perchè già cessate le ragioni di esso. Scrisse, anzi, e pre­parò per le stampe, la citata opera « De purissima veritate ... ", cui premise una lettera, in. data del 16 agosto 1546, nella quale frà Bartolomeo Spina, pisano, maestro del sacro Palazzo, avendo esaminato, per incarico del Papa, l'opera stessa, ne fa grandi elogi, approvandola completamente, lodando l' eleganza, la ·soavità, la semplicità dell'esposizione (2). Sotto il suo nome, poi, e quasi tutte sembrano scritte circa questi anni, sono le rimanenti operette del Codice; altre pure, anzi, ne stava preparando, e forse volea stampar tutte quelle eh' egli avea composte, quando la morte subitamente l'incolse (3). Non sarà male riprodur qui la breve biografia, che ne danno i citati Annalia di s. Marco (4) :

(1) Che queste operette siauo posteriori al '24, si deduce dal seguente brano, a c. 14: « Causam autem eius erroris... hic non ponimus, quoniam alibi eam descri· psimus »; e la causa è appunto indicata nell' op. «De vero die ... », a c. 166.

(2) A c. 6. Questa lettera ha il carattere di un'approvazione dell'Autorità eccle· siastica e d'un amplissimo elogio e raccomandazione dell'Opera. Frà Bartolomeo si dice confratello del Tolosani, suo amico da 50 anni, ec. Da c. 5r a 6r è la lettera dedicatoria dell'Autore a papa Paolo III.

(3) Cfr. il mio lavoro, p. 133. Al ì20 degli opuscoli in questo descritti, segue, nel cod., l'indice di altri 4, che pare non fossero terminati (c. 319t). L'ultimo di questi s'intitola: «Epistola 4a de necessitate corrigendi Calen.darium et pascha Do· «mini». In quello «De Costantini baptismo » dice che I' avea già consegnato al tipo· grafo, quando ebbe in dono un opuscolo stampato a Lione, ec. (c. 371);

(4) A c. 174t.

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52 D. MAHZI

Frater Joannes Maria de Tholosanis, a Colle oriundus, fuit quide1il pater venerandus, bonus et litteratus, sed simpex, atque astrorum scientia, seu astrologia, apprime eruditus, eidemq_ue supraclicte scientie plurimum deditus e~ affectus. Emendavit calendarium romanum de paschate Domini rite celebrando; cuius opus impressum fuit Venetiis, anno Domini 1545. Multa alia scripsit atq_ue edidit, q_uae, adhuc vivens, curabat ut imprimerentur; sed, morte preventus, non fuerunt impressa. Hic, cum esset iam senex, febre quartana correptus, morboq_ue tali invalescente, sacramentis q_uoq_ue ecclesiasticis rite susceptis, in.regu­lari observantia, mortuus est in conventu sancti Spiritus de Senis, anno Domini Mdxlviij, in die sancti Vincentii martyris, eiusdemq_ue diei hora xviij.

Il Tolosani, dunque, valentissimo, ma buono e semplice, quindi molto timido, attendeva, fin nell'estrema vecchiezza, a pubblicar le opere sue. Questa era, dunque, l'abitudine sua, forse l'unica ambizione, consolazione, passatempo e conforto della vita. Si capi­sce, quindi, che sue pure fossero quelle, eh' ei avea già pubblicate sotto altro nome; tanto ciò è vero, che I' Annàlista non sente nep­pure il bisogno di notare che nel '46 (non '45) e prima, erasi affaticato a curar la stampa di opere altrui. Come la maggior parte dei suoi contemporanei, egli, contento di essere preciso nella sostanza, non si cura di certe piccolezze, che gli sembrano prive di qualunque valore.

IV.

L'identità dei due personaggi appare anche manifesta dal-1' èsame intrinseco delle opere, nelle quali troviamo perfetta cor­rispondenza di lingua, di stile, di metodo ; la stessa chiarezza, semplicità, i medesimi concetti e le stesse dottrine, non una diffe­renza, nè una contradizione, non una data, nè un'opinione diversa; identici gli studì dei due scrittori, gli autori, le fonti citate. Il 'l'olosani pubblicò, nel '15, il noto poemetto, coactus amicoruni pre­C'ibus, e, quindi, per le stesse ragioni, ut quidam doctiores me rogaverunt, lopuscolo latino (1); il Lucido, nel proemio dell' Epi-

(lj Cfr. il mio lavoro, pp. 136, 254; così finisce l'opuscolo: « ... et ea in seri· « ptis, sub compendio, redegi, ut, quod apud me sentio, et aliis patefaciam ».

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GIOVANNI .MARJA TOLOSANI E GIOVAN::SI LUCIDO SAMOTEO 53

toma, dice (1): « Rogaverunt me quidam, veritatis amatores, ut « opusculum ederem de reformatione collapsi calendarii... » ; non li ascoltò, esortandoli a leggere le grandiose opere di Paolo e dellò Stoffier. E a proposito dell' op. « De vero die ... », narra come, richiesto arbitro fra un cherico ed un laico, che discutevano sul-1' argomento, spiegò loro la verità; quindi, pregato da essi, « ••• ut « caeteris haec veritas manifestari possit, ... redegi in hoc bre\ri « opusculo ... » (2). Finalmente, nel '45, il Tolosani narra di essere stato indotto a scrivere e a pubblicare, anche come inquisitore, specie contro i Luterani, oltrechè da suo fratello senatore, da per­sone zelanti della fede. Del resto, in tutte le sue opere si propone dHcqmstar merito presso Dio, di giovare al pubblico, ai predi­catori; si rimette, per quanto afferma, alle decisioni della Chiesa romana, ec. Identicamente il Lucido fa simili proteste, giacchè « ••• Dominus promictit praemium occulta vite Christi elucidan­" tibus, ut apparet in predicto Ecclesiastici loco, ubi dicitur: " Qui « elucidant me vitam eternam habebunt ,, » (3).

Ora entriamo nella Biblioteca,· di S. Marco, arricchita· dalla munificenza dei Medici e della Repubblica, dall'amore di quei frati e del Savonarola specialmente per il sapere, di tanti volumi preziosi, che forse accolse, qualche volta, nelle sue pareti il più eletto nucleo di letterati e scienziati del mondo civile (1). Vi tro­viamo subito quanto è sufficiente a darci un'idea delle opere stu­diate dal Tolosani. Questi, come si è visto, aveva stabilito che, dopo la sua morte, la Paulina fosse collocata nella Biblioteca in scanno 10 orientali. La premurosa disposizione, questo legato, che il Frate nostro, in certo modo, faceva al pubblico, delle sue

(1) Voi. cit., c. 194. (2) Yol. cit., c. 161. (3) In principio al « Liber de arcanis vite Christi ... » nel cit. cod. Magliab. di

s. Marco, c. 49. li J,ucido prosegue: « Quicquid ... scribam, sicut et in aliis meis « olim scriptis ac in futurum scribendis, totum subiicio determinationi sacrosante ro­« mane Ecclesie, in cuius fidei confirmationem et robur statuì hoc opus ... in lucem «edere». L'espressione farebbe supporre ehe le due operette unite in questo codice, fossero scritte dopo il 1524.

(4) Cfr. P. V1LLARI, La storia di Gfrolamo Savonarola cit., voi. cit., pp. 36, 511; il lavoro di E. PiccoLOMINI, Delle con.dizion-i e delle viçende della Libreria Medicea privata dal 1494 al 1508, to. XIX, pp. 101 e segg., 254 e segg.; to. XX, p. 51 e segg. (Archivio storico cit., III serie, 1874). .

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54 D. JIIARZI

fatiche, significa, senza dubbio, qualcosa. Esaminando le opere che verisimilmente si trovavano, verso i primi del '500, in quel banco, si vede come esse si occupano, per lo più, di crono­logia e di computo, e sono, di continuo, usufruite, citate dal Lucido, cioè dal Tolosani stesso (1). Egli, dunque, desiderava che la principale opera sua, in fatto di computo, l'apparato critico alla Paulina, trovasse luogo accanto alle opere di quegli antichi cronologi e computisti, eh' egli, così pazientemente, avea studiati giorno e notte! E fra essi, infatti, è anche quell'Eusebio Panfilo, o meglio quell'Eusebio, cui, secondo il Tolosani, Panfilo avea ce­duto, perchè acquistassero maggiore autorità, gli studi da lui fatti sui computi. Se, poi, esa!Jliniamo gli altri banchi della Biblioteca,

(1) In un « Repertorium (degli ultimi del XV o dei primi del XVI), sive index li· « brorum latinae et graecae Bibliothecae conventus sancti Marci de Florentia ... '" conservato nel r. Archivio di Stato modenese (Documenti di Stati esteri) e posseduto, in copia autentica del 6 luglio 1891, dalla r. Bibliot. Med.-Laur., a p. 17 si ha:

«In Banco xo ex parte orientis: ' · -«I. Josephus, de antiquitate Judeorum librÌ XX. - Item libri duo eiusdem de

« vetustate Judeorum adversus Appionem grammaticum, in valde magno et pulchro vo· « lumine fulvo in membranis.

« 2. Josephus, de antiquitate. Item xx libri de antiquitate iudaica. Item libri duo de « vetustate Judeorum adversus Appionem grammaticum. Item liber primus de bello « iudaico. In volumine magno in membranis.

« 3. Josephus, de bello Judaico libri septem; deinde ponuntur quatuor ultimi libri « de antiquitate. In volumine magno et pulchro pagonazo, in membranis.

« 4. Egesippus, de excidio Hierosolymae a Romanis. In volumino mediocri, rubeo, « sive pagonazo, in membranis.

« 5. Historia ecclesiastica Eusebii, et sanctus Hieronimus, de viris illustribus, in « volumine pagonazo mediocri et pulchro, in membranis.

« 6. Eusebius Pamphilus, de eva11gelica preparatione, traductus a Georgio Trape· « suntio, in volumine mediocri rnbeo.

« 7. Hylarii Pictaviensis de Trinitate, in volumine mediocri obscuro, in membranis. « 8. Hylarius, super psalmos, in volumine mediocri et pulchro rubeo, in membranis. « 9. Hylarius, super Beati immaculati, et in fine epistola Alipij et Aug-ustini ad

« Maximum, in volumine parvo, rubeo, in membranis. « 10. Hylarius, snper ,Mattheum, et in fine quaedam epistolae Senecae, in volumine

« simili. « 11. Cronica Eusebii Hieronymi, de temporibus, cum superadditi§- Prosperi, in

• volumine reali, sed basso, in membranis valdo (sic) pulchro pagonazo. « 12. Josephus, de antiquitate iudaica et bello Hierosolomytano, impressus corio

« pagonazo. « 13. Eusebii Pamphili preparatio evangelica, impressa, in volumine semitecto. «-14. Eusebii iterum, Historia Ecclesiastica, impressa, in volumine semitecto ».

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 55

numerosissime sono le opere di astronomia, di astrologia, di com­puto, che probabilmente furono consultafo, studiate dal Lucido, che, anzi, si trovano citate, qua e là, nelle opere sue. Altri co­dici ed opere, finalmente, che doverono servire alla composizione di alcuni lavori del Lucido, si sparsero dal convento di s. Marco nelle biblioteche fiorentine. Basti rammentare il « Liber de locis « hebraicis Eusebii Pamphili, quem latinum fecit sanctus Hiero­« mimus », che si conserva nella Nazionale (1), e fu seguito da lui, nella composizione dell'operetta « Terre Sancte Topographia ,, .

V.

Alcuno potrebbe, forse, osservare che, nonostante i moltissimi argomenti addotti, per dimostrar l'identità dei due personaggi, manca quella prova certissima, che assolutamente toglie l'ultimo dubbio, quale, ad es., sarebbe una .confessione dell'Autore .. Ora è chiaro che, se anche il segreto fosse stato noto a molti, il Tolo­sani, almeno in faccia al pubblico, dovea mantenerlo; che, quindi, giammai avremmo potuto aspettarci da lui direttamente una di­chiarazione così fatta, tanto più che vi sono sempre moltissime cose, le quali tutti sanno, e, perciò appunto, nessuno scrive, per­chè vanno sottintese. Vediamo, però, se, ciò nonostante, fosse pos­sibile levare ai più scrupolosi il minimo dubbio.

Il Lucido nelle sue Emendationes te1nporum, dice (2) : « Bero­" sus autem vocat eum Japetum, cuius ponit octo filios: quorum « unus intermittitur a Moise, scilicet SAMOTES, qui et Dis, quia « non liabuit linguam distinctam »; e quindi: « subiungit etiam « Berosus posteritatem SAMOTIS quam omittit Moyses, ·et dicit « SAMOTES, cognomine Dis; cuius filius Magus, cuius filius Sar­« ron, cuius filius X amnes; cuius filius Driiudes; cuius filius « Bardus; cuius filius Longo; cuius filius Bardus iunior, cuius « filius Celtes ». Finalmente si ha (3) : « Celtas sive Qallos, vel

(1) S. Marco, YII, 42; 13 lf.i di 2 pp. a 2 colonne ciascuna. (2) Voi. cit., lib. 2, cap. 4.o, c. 20 e 20t. (S) Lib. 6, cap. 2, c. 44.

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" Francigenas, condidit SAMOTHES, frater Tubalis, ex Japeto patre. "Dicit enim Berosus, in quinto libro: "Paulo post quam Jubal « condidit Celtiberos, id est post duodecimum annum Nimbroti, « SAMOTES, qui et Dis, Celtas colonias fundavit, idest Gallos, sive " Francos. Neque quisquam, illa aetate, isto sapientior fuit, ac « propterea SAMOTES dictus est ". Haec ille. SAMOTES fuit frater « Com eri et Tubalis ex J a peto patre; a quo primum Britones, « inde Galli SAMOTHEI dicti fuerunt, idest SAPIENTES. Et inferius « Berosus addit, dicens: " Anno quarto Nini, SAMOTES Celtis le­« ges dedit. Saepe au~em variatum est Celtarum nomen. Nam « a principio SAMOTEI dicebantur ... " ».

Sembra inutile qualunque commento, giacchè si capisce troppo bene che Lucido e Samoteo non costituiscono affatto un nome pro­prio, ma sono due aggettivi scelti ad ·indicare i meriti e le qua­lità del vero autore delle operette, che vanno sotto il nome del Lucido. Ora meglio si comprende che significasse quel CENSOREM SAMOTHEUM del manoscritto unito poi alla Paulina, sostituito, nella stampa, modestamente quanto prudentemente, con un na­tione gallum!

Dobbiamo, per.ciò, rigettare _come infondata l'ipotesi che Gio­vanni Lucido Samoteo sia un nome supposto, con fondamento ana­grammatico, di Giovanni Maria Tolosani? O come s'accorda l' ul­tima interpetrazione con quanto disse il Poccianti, che ili"nostro J<'rate volesse sfuggire il plauso popolare, é che il pseudonimo significasse « Joannes Maria religiosus colens Deum »?

Data l'indole del Tolosani, non sembra inverisimile che si pos­sano accordare le opinioni diverse. È, anzi, verisimile che si spar­gessero insieme tutte queste spiegazioni, interpretazioni, etimologie, le quali, del resto, erano singolarmente favorite dalle fogge nume­rose, che i nomi prendevano nelie varie redazioni (1). Certo che fra essi, fatta ragione anche della loro lunghezza, è una gran comu­nanza di lettere, cosicchè solo due o tre opportunamente cambiate,

(1) Si notino le seguenti: « Johannes Maria; Johannes Maria de Colle; Johannes « Maria Tolo.ani; Johannes Maria de Tolosanis • ; di più le corrispondenti voci ita­liane; quindi « Johannes Lucidus; Johannes Lucidus Samoteus; .Johannes Lucidus Sa· mosus • ec. Ora, « Giovanni Lucido Samoteo » ha solo una consonante, e, e due vocali, 11, o, che non siano in «Giovanni Maria de' Tolosani ».

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAMOTEO 57

basterebbero a dare l'anagramma perfetto. Ma più che l' anagram­ma, o insieme ad esso, v'è l'accomodamento, il cambiamento del nome vero, fatto, secondo la moda del tempo, in un nome immagi­nario, ma più bello, più espressivo. Nè mancarono, certo, al Tolo­sani occasioni, che poterono spingerlo a ciò. Di personaggi indi­cati col nome di Lucido, ve n' erano stati buon numero (1). Anzi sembra che quel nome, con tanti Lucidari che si scriveva~o,

fosse allora singolarmente di moda. Vi fu perfino, sugli ultimi del secolo, un'accademia intitolata dai Lucidi; s'ha ragione di credere che, assai prima, parecchi avessero questo nome in alcuna delle moltissime accademie fiorentine e senesi (2); e, del resto, il titolo di Lucidi fu dato anche dal Firenzuola ad una delle sue commedie. Il Tolosani, dunque, lucidissimo nell'esposizione delle sue idee, dilucidatore delle antiche storie, potè esser detto dai coetanei, per antonomasia, il L~cido, 'ed egli accettar volentieri ed appropriarsi questo titolo così onorifico. Nè ciò esclude che vi fosse anche in­dotto da qualche più diretta occasione.

Un confratello del Tolosaui, Giovanni Clerée, « gallus ... , vir « sua aetate nominatissimus, summae apud principes auctoritatis, « doctrina, eloquentia inter aevi sui primQs annumeratus », mae­stro di teologia a Parigi, vicario generale dell'Ordine domenicano, confessore di Luigi XII, che lo condusse seco in Italia, autore di molte •opere (3), ebbe certo che fare coi frati di s. Marco, giac­chè prese anche a socio, come si vide, lo SchOmbergh, tanto amico del Tolosani (4). Siccome Clerée si traduce in latino con

(1) Esistono ancora, per es., gli scritti polemici di un Lucido, di un Samosateo, ecclesiastici del sec. XV; e in quello ~tesso secolo vi_fu pure un prete Lucido, francese.

(2) Nessuno trovo con questo nome nell' op. di C. MAZZI, La congrega dei Rozzi di Siena nel sec. XVI (Firenze, Success. Le Monnier, 1882, voi. 2, in-16); è da no­tare, però, che anche in quella congrega formata di operai, ciascuno avea l'obbligo di prendere uu nom~, che fosse in relazione con le sue particolari qualità (voi. I, p. 89j.

(3) QuÉTIF ed ÉcHARD, op. cit., to. II, p. 11. (4J Così è scritto di lui nei volumi del convento di s. Marco, conservati nel no­

stro Archivio (n. 103, voi. 55, c. 67, anno 150:1): «Maestro Joanni Clereet, fran­e cioso ... , maestro in sacra theologia, et generale maestro de l'Ordine nostro, de' avere « dal nostro convento le infrascripte partite di denari, le quale havea depositato qui •nel convento maestro Vincentio da Castelnuovo, suo antecessore, in servo ••. •· Cfr. pure a c. 76, ove si parl3: del Clereet già morto. Fatto, appunto nel 1507, ai comizi

11fiscell. sto·r. ecc., anno. V, fase l. 8

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58 D. MARZI

Cla,rus (1), non può darsi che al Tolosani da questo nome vero venisse l'inspirazione per il nome falso ?

Se potè il Tolosani da molte occasioni essere indotto a pren­dere il nome di Lucido, dovè, però, anche aver buone ragioni, per desiderare di mettere in pubblico, nascondendo sè stesso, alcune delle note operette.

La questione del Calendario, ai tempi del Tolosani, era la più importante, che occupasse la mente dei dotti e degli ecclesiastici studiosi e zelanti. Doveva servire a determi:uare il giorno della Pasqua; e questa si considerava come~ la più importante, anzi l'unica grande solennità del Cristianesimo, giacchè alla Passione solamente si doveva la salvezza del genere umano. Dio stesso, gli Apostoli, i Padri, i Concili aveano ordinato, minacciando ai trasgressori 1' eterna dannazione, che fosse celebrata nel tempo 'de­bito. Perciò appunto, fra i primi cristiani erano sorte, e poi s'erano prolungate, per secoli, discordie vivissime, lotte accanite, finanche minacce di scismi e di ribellione per parte di alcuni popoli alla Chiesa romana. Gli studi banditi sul Calendario, i propositi contrari alle dottrine ateistiche -manifestatisi nelle prime sessioni del Con­cilio Lateranense, le prediche di alcuni frati, e specialmente del Savonarola, la memoria di recenti disgrazie toccate all'Italia ·e alla Cristianità aveano rinfocolato questi scrupoli e l' antic

0

0 fer­vore del popolo e dei più religiosi e zelanti fra gli ecclesiastici. Ricominciarono, come ai più bei tempi della Scolastica, quasi rea­zione contro l'invadente Umanesimo, le disquisizioni teologiche, le calorose discussioni intorno a molti passi della Bibbia, del Vangelo dei Padri; e di questi passi ne troyava un gran numero chi si occupasse della Passione, della Pasqua, di cronologia cristiana ed ebraica. Si capisce, quindi, che il Frate di Colle temesse d' inciam­pare ad ogni piè sospinto, desiderasse di nascondersi, di premunirsi contro passi mal fatti (~).

di Pavia, maestro generale dell'Ordine, si recò a Roma; tornato in quella città, dopo due mesi dall'elezione, se ne morì.

0

Sembra probabile che nel ritorno passasse da Fi­renze.

(1) Infatti, noi peristilio di un tempio francese, gli fu posta l'epigrafe: «Ego e Clarus clarissime egi ... •.

(2) Nel cap. 13 del!' op., «De vero die ... • (cc. 192-194) spiega come possano aver errato, e quindi debbano esser corretti, anche gli scrittori più dotti e più santi, quali

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GIOVANNI MAHL\ TÒL08ANI ru GIOV Al\NI Ltrcmò. S.UIOTEO 5H

Di più. La sua attività, da molti anni, come si è veduto, era rivolta allo studio ed alla critica della Paulina, alla costruzione d'un edifizio cronologico da contrapporre a quello del Vescovo di Fossombrone.

Senza dubbio, era grande, specie nelle operette destinate al pubblico, la riverenza eh' egli manifestava per il prelato tedesco, per l'uomo di fiducia di tanti pontefici, per ·n più stimato astro­logo del suo tempo. Ma puranche numerose, ardite, gravi erano le censure, che gli moveva (1).

Si sa che Paolo, di carattere oltremodo ardente, punto disposto a sopportare contradizioni, avea, in gioventi1, levato altissimo grido per le furibonde invettive contro i suoi concittadini, che, perciò, l'aveano esiliato dalla patria; contro Pietro de Rivo, professore all'Università di Lovanio; contro il protonotaro apostolico e ni­pote di Paolo II, Pietro Barbo, che era stato suo scolaro a Padova; e contrò molti altri (2). Sebbene nel 1494, fatto vescovo di Fos­sombrone, temperasse un po' la penna, non dismise interamente l'antico abito. E nel 1516, quando il Doctor Parisiensis faceva ogni sforzo per impedire la riforma del Calendario, egli, che, pre­sidente della commissione per la riforma stessa, più di tutti la caldeggiava, in vari scr,itti, furibondo inveì contro di lui; ed anche ~<crisse un apposito opuscolo, sotto forma di lettera a Leone X, in cui~ prendendo occasione da una nota parabola del Vangelo, disse clie _il Pontefice avea sparso buon seme per la riforma; ma il diavolo, in abito di dottore parigino, avea seminato della zizza­nia, cioè la discordia, perchè la riforma non si facesse (3). Paolo, dunque, per il suo carattere, per la sua autorità, incuteva in tutti

s. Agostino, s. Girolamo ed altri. La verità, egli esclama, è superiore a tutti. Que dottori scrissero come uomini, e poterono, quindi, errare, anche perchè non si occU· pavano, avendo tante altre questioni più importanti, di certe piccole cose, specie d'astrologia. Altri computisti, però, la pensavano diversameljte, e non volevano che si mettesse in du\J\Jio lautorità dei ss. Padri.

(1) Chiedendo quasi scusa di censurare un uom.o così insigne, così dotto, così de­gno, cita le parole, con cui questi prometteva di non aversi a male di quelle giuste osservazioni, che gli fossero fatte. Basta riflettere al titolo assunto di censore sa11io· teo, perchè si veda nel Tolosani il fermo proposito di combattere l'idea fondamentale dell'Opera.

(2) Cfr. il mio lavoro, pp. 12-18, 29-53. (3) Cfr. il mio lavoro, pp. 173, 176·178, 183, 187, 205-209, 243-245.

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unù straordinario timore; e si capisce eh.e l'umile Frate non ar­disse, lui vivente, scrivergli contro, impegnarsi, a viso aperto, con lui in qualche polemica. Giustamente, quindi, nota il Baldi, che Paolo certo avrebbe risposto al Lucido, se avesse conosciute le opere sue (1). Nel timore, dunque, che il Tolosani ebbe, verisi­milmente, di lui o di altri interpetri dei passi sacri, deve ricer­carsi, ne sembra, la ragione principale del pseudonimo.

VI.

Ed ora che anche tutte le opere pubblicate sotto il nome del Lucido, vanno attribuite al Tolosani, quale ne vien fuori la figura del Frate colligiano?

La questione del Calendario, se ravvivò, al cominciare dei tempi moderni, le discussioni medievali intorno alla Scrittura ed ai Padri, preparando il terreno, e fors' anche gettando i germi di quelle . discordie, che poi divamparono così ardenti fra cattolici e protestanti, dette anche occasione ad osservazioni ed esperienze, che condussero il Copernico a scoprire il sistema dei c'orpi celesti, a studi pazienti, che agevolarono le grandi opere cronologiche dello Scaligero, del Petavio e di tanti altri, che ne calcarono le orme. La più antica di queste grandi opere, è, secondo il Kalten­brunner (2), la Paulina, che, però, solo si occupa, direttamente, del Calendario e del vero giorno in cui avvenne la Crocifissione. Il Tolosani fece, a quanto sembra, contemporaneamente, ma con più esattezza e fortuna, la via stessa di Paolo. Forse più di lui ebbe tempo, libri ed . altri mezzi di studio; fatto è che, in molti punti, lo colse in fallo, e, come allora meglio si poteva, ristabilì la ve­rità. Nè si limitò a questo; ma dette pure, nelle note operette,

(1) Id., p. 245. (2) Die Vorgeschichte der Gregorianischen Kalenderreform, in Sitzungsb. der

lcaiserlichen Alcademie der Wissenschaften, p. 343 (Philosophisch-Hist. Cl., to.LXXX II. fase. III, 1876, Vienna).

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GIOVANNI MARIA TOLOSANI E GIOVANNI LUCIDO SAllIOTEO 61

tavole cronologiche di tutti gli Stati conosciuti fino ai suoi tem­pi, migliorando molto quelle allora esistenti.

Che tutto ciò dovesse costargli enormi fatiche, è certo credi­bile. Infatti, come Paolo a studiare vegliava le notti (1), così egli: « •••• ad emendationem ... temporum collegimus ea sigillatim in « annis, mensibus et diebus ex martyrologio et aliis authoribus « et libris antiquis emendatis, simul collatis ad ipsum, ingenti ac « maximo labore atque sudore; ita ut quandoque noctes fere du­« ceremus insomnes ad investigandum, non solum annorum et « mensium, sed etiam dierum singula tempora » (2).

Il volume del Tolosani godè, a lungo, molta stima, ebbe dif­fusione grandissima, e fu da moltissimi letto e studiato. Se ne trovano, infatti, oggi pure, molte copie, spesso con numerose po­stille ed osservazioni manoscritte. Ebbe, del resto, l'onore di tre ediiioni a Venezia, presso i Giunti, che erano i principali librai, tipografi ed editori di quei tempi. Il Lucido, poi, è continuamente usufruito e citato dai cronologi e computisti posteriori, lodato ed esaltato non poco da persone competentissime, quali frà. Girolamo Bardi (3), Bernardino Baldi e molti altri (4). Col suo volume, con­tribuì moltissimo a divulgare le notizie vere dei fatti, ad accre­scere l'interesse per gli studi storici fondati sull'esame critico degli avvenimenti. E questo è merito grande dell'opera sua; me­rito, che, con un senso così vivo di modernità, gli è riconosciuto nei due ultimi distici di Agostino Margacti:

Non fictas res, lector habes, quas Graecia mendax Prosequitur; non hic grandia monstra leges;

Eruta sed certis annalibus, ordine certo, Gesta virum; haec vero, verius ipse notat.

(1) V. il mio lavoro, pag. 248. (2) Voi. cit. del Lucrno, c. 57. (3) Questi cosi dice de) Lucido: « ••• Lucidum ... augendum, corrigen'dum suscepi,

« ne talis tantusque temporum scriptor, quo nullus Christianorum verius, rectiusve « scripsit, interiret, verum mea cura et opera revivisceret: •• ».

(4) V. il mio lavoro, pp. 243-245. Cosi, ad es., nei Commentaria in tertium et guartum capitulum Sphaerae Io. de SAcao Bosco, di F. GrnNTINI, a p. 404 e segg. del to. I, è una Appendix domini Jo.1.NNIS LUCIDI de tempore vitae Christi (Lione, 1577):

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Un'altra lode, finalmente, si deve al Ifrate colligiano, letterato e poeta, studioso di Dante come delle questioni scientifiche più difficili e complicate. Nella vita lunga, operosissima, in mezzo a tanti compositori e sollecitatori di ciarlataneschi pronostici, ebbe, forse per la memoria che in lui dovè rimanere carissima, del ve­nerato confratello e maestro, Girolamo Savonarola (1), il buon senso di non sciupare il tempo e lingegno nelle cabale stolidis­sime dell'astrologia giudiziaria.

Firenze.

DEMÉTRIO MARZI.

(1) Per le prediche fatte e il trattato composto da questi contro gli astrologi, cfr. V11LARI, op. e vol. ci.t., p. 350; il mio lavoro, p. 46. Fors' anche nell'opinione sfavorevolissima, che pare avesse del Savonarola il Vescovo di Fossombrone, sta una delle ragioni, per cui il Tolosani così arditamente si fece a criticarlo.

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VARIETÀ E ANEDDOTI ----··---

RICORDI DEI PIÙ ANTICHI COSTITUTI DI CASTELFIORENTINO

La più moderna ed ultima recensione del Costituto municipale di Castelfiorentino è in data del 17 settembre 1542 e viene conservata in un libro di cartapecorina della Biblioteca comunale Vallesiana di que­sta Terra, che oltre quel documento ne contiene le riforme fattene suc­cessivamente e le approvazioni del governo di Firenze fino. al 1669, insieme con tutti i bandi e ordini, che dovevano essere considerati come parti integrali di quella legislatura per disposizione superiore. È inutile avvertire, che questa ·recensione divisa in settantadue rubri­che, di cui però mancano nel nostro codice le prime trentadue, quan­tunque possa serbare, specialmente nelle disposizioni di carattere sol­tanto locale, un qualche fondo dell'antica maniera con cui si governava la nostra Terra, non ci rappresenta se.non in minima parte l'antico co­stituto di Castelfiorentino; al quale per le varie riforme dovettero suc­cessivamente soprapporsi non solo le idee, che venivano progredendo coll'accostarsi dal medi9 evo al tempo del risorgimento, ma anche le modificazioni imposte dai vari momenti della vita politica della Terra. Questi momenti posson ridursi al regime quasi feudale dei vescovi fiorentini, iniziato per la giurisdizione ecclesiastica esercitatavi fin di principio, non meno che per diritti acquisiti e per affidamento o ac­comandigia spontanea di popoli, che cercavano uno scampo alla tri­stezza di tempi barbari sotto l'opera civilizzatrice della Chiesa; ai tentativi d'indipendenza sperimentati più volte nel primo ventennio del secolo XIII sia con trattati stipulati per mezzo dei propri consoli con altri comuni, sia col ripetuto rifiuto di ricevere il Rettore man­dato dal vescovo; ed alla soggezione completa prima alla repubblica di Firenze, e poi "al principato nefasto dei Medici, che nel governo

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M. CIONI

della Terra importarono la preponderanza dell'assolutismo sostenuto dalla forza.

Quando fosse compilato il primo costituto di Castelfiorentino non ci è dato poter determinare, non solo perchè non ne è rimasta noti­zia, (e del resto rarissime sono le origini conosciute di siffatti lavori) ma anche perchè nessuna redazione nè intera nè frammentaria è pervenuta sino a noi. Osservando però come il 18 novembre del 121!J la nosta Terra per mezzo de' suoi consoli Manfredino, Aringerio e Bo­nincontro, senza autorizzazione o consenso cli superiore potestà, con­cedesse con istrumento stipulato nella Chiesa di S. Lorenzo di Castel­fiorentino a Buonagiunta nunzio del Comune di S. Gimignano piena assicuranza a' Sangimignanesi per loro persone e robe in tutto il suo distretto (l), siamo indotti a ritenere che fino da quel tempo essa pos­sedesse un costituto, che dava il governo a tre consoli e regolava l'esercizio della potestà e della giustizia con un qualche ordinamento. Da questa convenzione conservata nel Libro Bianco di S. Gimignano alle pag. XXv. XX!r. rilevasi inoltre che i consoli erano assistiti da un Consiglio, rimanendo però la suprema autorità nel Consiglio ge­nerale. Questo fatto, che ci riporta ad un tentativo d'indipendenza, fa arguire che anche precedentemente e sotto il dominio del vescovo, si fosse incominciata o abbozzata una costituzione·, quantuny_ue in­formata alle idee più strettamente feudali; quindi non credo teme­raria cosa l'affermare che il più antico costituto dovesse risalire; () alla fine del secolo XII quando troviamo Castelfiorentino fatto cen­tro del movimento guelfo in Toscana per mezzo della taglia felice­mente ispirita da Innocenzo III e quivi stabilita, o al principio del secolo seguente, quando ne appariscono· in varie guise troppo chiari gli indizi.

Di un costituto regolarmente compilato e distinto in capitoli si parla chiaro in un documento del 1231 inteso a comporre le vert!lnze insorte tra il popolo ed il vescovo di Firenze (2). Il nostro Comune tentava allòra r:ifiutare al vescovo alcuni diritti di tasse specialmente a riguardo delle successioni e dei passaggi, per vendita, dei fondi pri­vati, e più di tutto ricusava di assoggettarsi al giudizio del Potestà o del Rettore mandato dal vescovò medesimo e sentenziante in nome di lui. Tale lite di gravissima importanza venne rimessa ad un giu­dizio di arbitri, compromesso di comune accordo in Enrico cappellano dello stesso vescovo ed in Armanno canonico della nostra Pieve di S. Ippolito, i quali il sette di novembre del detto anno tra le altre cose sentenziarono che ciascuno del nostro Comune avesse facoltà dì appel­lare al Potestà ed ai consoli della Terra, i quali giudicherebbero di

(1) PECORI, Storia di S. Ghnt'g'Ylano. Firenze 1853, pag. -18. ( 2) Cfr. C10Nt, Dncumenta 1iistorica cnstrf'nsia, CastelfiOPentino, 188fl.

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RICORDI DEI PIÙ A1'"'TICHI COSTITU'l'I DI CASTELFIORENTINO 65

quell'appellazione per autorità del vescovo, servendosi a loro piacere dì uno· o più assessori secondo i vari casi; o altrìmentì l' appellazìone fosse fatta solamente al vescovo fiorentìno e non mai ad altro gìudice. E si ordinava, che ove concorresse la licenz111 dello stesso vescovo e il beneplacìto del Comune, questa disposizione venisse inserita nel co­stìtuto munìcìpale formandone un capitolo separato. È questa la di­chiarazione più esplìcita, che riguarda l'antica redazione del nostro costituto, e che ci fa conosce l'inserzione in esso di nuove disposi­zioni intese a raffermare l'autorità vescovile; mentre d'altronde sap­piamo che gli uomìni di Castelfiorentino, specialmente quando si trat­tava dì vertenze, in cui avesser parte gli interessi del vescovado, trascurando l'autorità del signore immedìato, ricorrevano di frequente nelle liti e nelle appellazioni al giudizio deì magistratì della repub­blica (1). Dai medesimi arbitri e nel medesimo lodo venne anche sta­bilito che il Comune di Castelfiorentino potesse liberamente redigere un costìtuto con la lìcenza del vescovo per regolare l'amministrazione municìpale, le cui dìsposi~ionì dovessero osservarsi in futuro ed es­sere anche riconosciute' dal vescovo medesimo, a condizione però che in questo nuovo costituto nulla si contenga che possa contradire o derogare ai capitoli vescovili; e in quanto ciò potesse verificarsi quella parte debba considerarsi come nulla. Tale nuovo costituto, appena com­pilato, verrà dal Potestà o dai Consoli" sottomesso all'approvazione del vescovo, il quale avrà facoltà di modificarlo, correggerlo ed anche abrogarlo in quello che fosse contro il proprio· onore o il proprio di­rìtto, o contro la libertà della Chiesa, o contro la fede cattolica, o contro la salute dell'anima. Da queste dichiarazioni si arguisce non solo l'esistenza di. un costituto anteriore, ma anche la notizia che esso, invece di essere stato compilato dagli uomini del Comune, era stato fatto e concesso dal vescovo a guisa di una costituzione, per chiamare anche il popolo a partecipare al governo della Terra, cessando o al­meno indebolendo di molto il vecchio modo di regime feudale, che veniva così immensamente addolcito e si preparava. alle libertà co­munali.

È verosimile che di questa facoltà ottenuta per compilare uno sta­tuto secondo le proprie idee in surrogazione di quello forse imposto o soltanto concesso dal vescovo, si shvisse di fatto il nostro Comune; ma di esso non ci rimane conosciuta nessuna disposizione. I potihi ricordi che possiamo riguardare come tracce di questo nuovo costì­tuto sono il diritto acquisito dal Comune di eleggere i suoi consoli ed il Potestà da riconoscersi e confermarsi per approvazione vesco­vile, i diritti nel vescovo di percipere alcune tasse nelle successioni

(l) LAMI, Jfonwni. Eccl. Flor.

.Jliscell. star. ecc~, anno V, fase. I. 9

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e nelle vendite, e di avere ogni sei mesi dal Camarlingo della Terra il terzo di tutti i proventi del Comune, e le norme per regolare l' am­ministrazione e ia giustizia, di cui non si hftnno che segni langui­dissimi e rari. Non sappiamo però quanto durasse in vigore questo costituto,· e a quali modificazioni anelasse soggetto nel decorrere del tempo. Certo dovette subire grandi correzioni, se anche non venne rinnovato interamente quando il regime di Castelfiorentino passò dalle mani del vescovo in quelle della repubblica di Firenze. Ma come di questo fatto ci è ignota l'epoca precisa, e forse epoca precisa non vi è, essendosi sempre piu o meno mescolata la repubblica in quel go­verno fino ad occuparlo a poco a poco del tutto, così nulla sappiamo della nuova redazione.

Delle riforme avvenute nel secolo susseguente s'incontrano poche tracce in documenti d'altra materia, le quali servono tuttavia anche nella loro brevità, a seguire la storia del nostro costituto. Nel 1317 trovasi ricordo di una nuova compilazione o redazione degli statuti, nella quale si disposero alcune norme per regolare il taglio delle le­gna nella selva di Camporena, appartenente al nosko Comune, stabi­lendosi pene a chi non le osservasse e a chi facesse danni in que' pos­sessi. Le quali disposizioni vennero rinnuovate anche in un'altra re­dazione compilata nel 1354 (L).

Di una riforma poi assai rilevante, per l'influenza spiccata del di­ritto fiorentino, forse causata dall'intera soggezione del Castello alla Repubblica, ci è rimasto un prezioso ricordo nel R. Archivio di Stato di Firenze (2) in un documento pubblicato nel 1895 (Nozze Bacci-Del Lungo) dal sig. A. PIALLINI, nel quale se ne riporta una importan­tissima del 1382. In esso si riferisce come Gherardo di Pietro de' Bo­varelli lanaiolo, Angelo di Bartolo ciompo, e Silvestro di Michele bri­gliaio cittadini fiorentini vennero eletti dal Comune di Castelfiorentino per iscrittura di Ser Stefano di Ser Niccolò da Poggibonsi notaro delle riformagioni di quel Comune, con approvazione del Comune di Firenze, a correggere e modificare come credessero meglio il costituto di Ca­stelfiorentino e del suo distretto. Riuniti pertanto a tale scopo, il giorno 14 aprile.di quel m~desimo anno, in una casa posta sulla piazza di quella Terra, approvarono con valore di nuovo Statuto la disposi­zione con cui si ordinava, che n'essuna persona di quel Comune e del suo distretto di qualunque grado o condizione, potesse simultanea­mente esercitare piu di un ufficio pubblico sotto pena di cinquanta lire di fiorini piccoli da applicarsi alla camera del Comune di Firenze. E poichè tali nomine si facevano per estrazione, la scheda contenente

(1) Archivio di Stato di Pircn7.e. Cortf-! rtrlla Coniunitù di C.:rstd(iorentino. (2} Statnti d~·l Dominio. N 162, Cl~sse Xli, n. ,i2.

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RICORDI DEI Plt AXTICHI C08TITUTI DI CASTELFIORENTINO G7

il nome di persona precedentemente estratta ad altro uffizio dovesse rimettersi in borsa. In secondo luogo venne stabilito il divieto che negli uffizi di Priore, di consiglieri, di camarlingo, di esattore e di capitano e consigliere della parte guelfa, potessero sedere due o più della stessa famiglia o consorteria, disponendo che il nome della se­conda persona, quando venisse estratto, si riponesse nella borsa. In terzo luogo stabilirono che venisse fatta una cassa dove riporre le borse di tutti gli uffici chiusevi dentro con quattro chiavi, di cui una terrebbe il Potestà, l'altra uno dei Priori della Tsrra, la te:rza uno dei Priori delle ville e la quarta il guardiano dei Minori francescani, nel convento dei quali dovesse depositarsi e conservarsi la cassa me­desima. In quarto luogo fissarono che il Consiglio generale fosse com­posto di venticinque uomini scelti di età non minore di venticinque anni, e che il loro uffizio durasse soltanto sei mesi. Di questi consi­glieri, quattordici dovevano appartenere alla Terra, e undici alle ville, e tutti insieme godevano della suprema autorità amministrativa. Il . corpo poi dei soli quattordici consiglieri del castello e de' suoi borghi, da sè e ~senza il concorso di quelli delle ville, doveva godere di quella autorità, che nel cap. VII del precedente costituto sotto la Rubrica De electione et balia ac numero con<;iliariorum concilii .qeneralis già approvato dai Priori delle arti, dal vessillifero di giustizia e da' dodici buonuomini di Firenze, si attribuisce al Consiglio generale. Inoltre venne stabilito in cinque il numero dei Priori; di cui tre fossero estratti dalla borsa del Priorato della Terra, e due da quella del Prio­rato delle ville; dei quali, tre, o anche due soli tra i primi tré aves­sero quella medesima autorità e potestà, che avevano avuto fin al-~lora dal settembre del 1378 in poi; con questo di più che nessun affare possa esser trattato e discusso nel consiglio generale se prima non sia stato riconosciuto e ordinato da cinque o almeno da quattro di loro. Di più fu determinato che i capitani di parte guelfa fossero tre e venissero eletti per estrazione di due dalla borsa del castello, e di uno da quella delle ville, e che i loro consiglieri fossero undici,

· dei quali sei fossero estratti dalla borsa 'dei terrazzani e cinque da quella dei campagnoli. Come provvedimento transitorio, dovendosi far subito e quindi fuori di tempo le nuove estrazioni, venne concesso che quelli i quali entrerebbero in ufficio il giorno appresso, dovessero rimanere in carica un mese e mezzo più del solito, perchè poi alla fo­tura estrazione i nuovi ufficiali potessero ripigliare il periodo consueto, come ne avevano l'autorità e il salari.o prima determinati. Finalmente avendone riconosciuto le buone qualità, confermano per sei mesi Ser Bartolommeo di Bartolo del Bucine nell'ufficio di notaro delle rifor­magioni e dei danni per lo stesso Comune di Castelfiorentino.

È facile vedere come non possano considerarsi queste disposizioni quali un nuovo costituto, ed esse null'altro ;rappresentano che una

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riforma o modificazione di un costituto precedente ~ià. approvato dalla Repubblica, e cui sembra che possa essere assegnato l'anno 1378 e il mese di settembre. Vi si scorge poi chiaramente l'influenza grande del regime fiorentino, sopra tutto ne'Il' ordinamento degli uffizi e nella maniera di crearli, trovandovisi non solo il Consiglio generale, ma anche il magistrato della parte guelfa, che Firenze impose a' danni de' ghibellini nel 1265, dopo essersi rifatta della sconfitta di Montaperti. L'abolizione dei Consoli, di cui non si fa alcun cenno, era anche una conseguenza del pieno assoggettamento della Terra alla Repubblica, come ne era poi un i;tltro segno la sostituzione dei Priori e la crea­zione del magistrato sopra i danni dati. Quindi il costituto così rifor­mato, e quelle prBcedenti riforme·a cui quest'ultime si riferiscono, ap­partengono evidentemente al dominio assoluto délla Repubblica fio­rentina, quando ormai il nostro castello era del tutto sfuggito, in qua­lunque modo ciò avvenisse, al governo del vescovo.

Non abbiamo poi nessuna notizia delle riforme fatte nel secolo XV, tranne il ricordo di quella avvenuta nel 1457, che fu una nuova reda­zione, dove tra le altre cose si rinnuovarono le disposizioni e le. san­zioni per regolare il taglio delle legna nella selva di Camporena, e le pene a chi recasse danni in quelle proprietà. del Comune. Altre riforme di certo ve ne furono, mentre troviamo assai modificati anche gli or­dinamenti amministrativi di quel tempo. Classificata il 12 dicembre 1393 la Potesteria di Castelfiorentino tra quelle di terza Classe (1), e avendo, per ~a sua posizione strategica ed anche commerciale, più fre­quenti relazioni con la capitale, ne risentì col progresso del tempo maggiormente gli influssi, e molti elementi della costituzione fioren­tina vennero ad infiltrarsi come principii generali ne' suoi statuti mu­nicipali. Quello che ci sembra senza dubbio dover essere entrato nel costituto di Castelfiorentino, sulla fine di questo secolo, si è la sicu­rezza del mercato, che il consiglio dei Cento con deliberazione del 22 febbraio 1480 (s. c. 1481) accordò al nostro Comune. Nel qual privilegio si dispone che in ogni sabato di ciascuna settimana, nessuna persona di qualunque grado o di qualunque provenienza possa, durante il mercato, essere assoggettata in sè o ne' suoi beni a veruna molestia per causa di debiti sia pubblici sia privati, o per altra condanna, sotto pena di nullità del fatto e di tre fiorini di multa. Tale privilegio però non vale per i debitori verso i cittadini fiorentini nè per i condannati di danno contro il Comune di Firenze (2). Questa, che chiamarono si­curtà del mercato e di cui fecel'O tanto conto i nostri terrazzani, si trova inserita quasi con identiche parole nel costituto che ci rimane; ma venne cassata nel 1543 per giuste cause; e questo è segno che fino

(I) I Capitoli del Cornune cli Firenze, vol. II, pag. 207. Firenze 1893. (2) Copia esistente nel libro degli Statuti di Castelfiorentino nella Biblioteca comunale Vallesiana,

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a quel tempo era stata osservata come una disposizione statutaria del Comune. Sappiamo d'altronde come nel costituto di quel tempo erano contenuti ordinamenti riguardanti la nomina degli operai di S. Lorenzo, che avevano incarico di amministrare i .beni di questa Chiesa e prov­vedere a' suoi bisogni, la creazione· degli operai di S. Francesco, che erano destinati per bolla papale a sopraintendere al Convento dei Mi­nori -conventuali, quella degli operai di S. Chiara nel Monastero delle Clarisse, e quella degli operai di Camporena ordinati alla custodia ed amministrazione a'ei beni che il nostro Comune possedeva in quel luogo fino dal secolo XIII.

Sul principio del secolo XVI, e innanzi alla riforJlla del giugno 1512, troviamo anche diversamente costituito il Consiglio, che è allora composto di sei priori, tre capitani di parte guelfa, e sei consiglieri estratti dalle varie borse precedentemente formate, i quali sotto la presidenza del Potestà e sulla proposta di uno dei Priori eletto Pro­posto, deliberavano a maggioranza di voti sulle cose amministrative del Comune, rimanendo in carica per sei mesi. Altre costituzioni de­terminavano le attribuzioni e i doveri del Cancelliere incaricato della redazione degli atti pubblici e della conservazione delle carte del Co­mune, e la nomina del maestro della scuola coi relativi salari. Vi era ordinato che al termine della gestione annuale del Camarlingo, scelto tra i. maggiori offerenti e obbligato a dare mallevadori prima di ac­ce~are l' ufficio, si dovessero eleggere dal Consiglio tre ragionieri che ne sindacassero l'operato e ne rivedessero i conti. Si disponeva ancora che d'anno in anno venissero eletti due stimatori del Comune, i quali compilassero il ruolo dei possidenti, verificando il valore dei loro beni e fissandone le tasse da pagarsi al camarlingo. Con altro statuto si stabiliva che si ponesse all'incanto il provento della piazza, cespite speciale di rendita conservato lungamente dal nostro Comune, il quale tassava tutti i generi che venissero pubblicamente venduti in Castel­fiorentino nel giorno di mercato o di fiera, determinandone il dazio sulle rubriche dello stesso costituto, e appaltandone annualmente la rendita dietro mallevadoria del maggior offerente. Era anche regolata l'elezione e i doveri del medico, dei messi e degli altri inservienti del Comune.

Le disposizioni intorno alle sentenze giudiciali ed alle condenna­gioni, che, essendo di competenza del Potestà, o del suo notaro, non venivano portate innanzi al Vicario di Certaldo, vi costituivano la parte giuridico-penale, assai importante a conoscersi, ma di cui non si conosce nulla più che l'esistenza, e le poche tracce che ne rima­sero nell'ultima redazione, quantunque corrette poi in gran parte dagli approvatori di Firenze per causa delle nuove leggi generali. Una delle disposizioni meglio osservate in pratica era l'ordine espresso che qua­lunque appaltatore dei proventi del Comune, quali il Camarlingo, il

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piazzaiolo, o l'accollatario della tassa del pane, non venisse approvato, se non dopo aver presentato due mallevadori capaci di guarentirne gli impegni. Da un'altra rubrica era consentito, che qualunque ter­razzano pagasse gravezza potesse liberamente vendere a fiaschi il vino raccolto ne' propri terreni, derogando in parte alle disposizioni che re­golavano l'esercizio delle rivendite di generi alimentari, o, come dice­vano, il diritto di poter fare o tenere taverna. Anche le disposiaioni riguardanti la festa di S. Verdiana, l'elezione dei quattro festaioli e dei due capitani o connestabili per la rassegna dei fanti che piglia­vano parte con le armi alla processione, erano contenute nel costituto di questo tempo. Quantunque all'infuori di questo non si vedano nei documenti del nostro Archivio cjtate altre disposizioni, pure, istituendo un accurato esame dell'ultima redazione rimastaci e della pratica te­nuta dal Consiglio municipale nell'esercizio de' suoi atti d'amministra­zione, potremmo, non dico ricostruire il costituto in vigore nel secolo XV, ma quasi indovinarne la maggior parte del suo contenuto.

Quali e quante riforme se ne facessero in quel periodo non ab­biamo potuto rintracciare, quantunque sia da credere che se ne tro­verebbe traccia nell'Archivio delle Riformagioni a Firenze, dove si depositavano le copie di quelli originali, distrutti irreparabilmente per l'infausto incendio del palazzo del Comune avvenuto nel gen­naio del 1544. Sarebbe poi difficile assai l'affermare che allora fossero contemplate dal nostro costituto varie consuetudini proprie della .no­stra terra, quali, ad esempio, l'elemosina di L. 8 da darsi a qualunque religioso nell'occorrenza della sua prima messa, l'offerta che ogni anno recava il Consiglio solennemente alle chiese di s: Lorenzo e di S. Fran­cesco nei giorni delle loro feste titolari, o l'omaggio di cera che nel medesimo giorno di S. Lorenzo facevano i censuari del Comune. Nean­che sappiamo se vi fossero contenute disposizioni riguardanti lo Spe­dale di S. Caterina posto in Borgo nuovo, rispetto al quale apparteneva al Consiglio la nomina dello Spedalingo e la sorveglianza sull' ammini­strazione dei beni a lui affidati. TU:tto questo complesso però di notizie, che si rilevano dai libri o campionari del Comune, ci mostrano i tratti principali della vita del nostro Paese sul cadere del secolo XV e ser­vono a darci un'idea del modo, con cui allora si governava, appunto comè presso a poco l'avremmo potuto ricavare dal costituto allora vi­gente, se per buona ventura fosse pervenuto intero fino a noi. Certo anche da questi pochi cenni è facile vedere quanto dovesse esser cam­biato dal primitivo, di cui abbiamo i più lontani ricordi, e quante inno­vazioni ebbero a portarvi le mutate condizioni politiche di Castelfio­rentino, non meno che il generale progresso aelle idee e dei costumi.

Le vicende subite dal nostro costituto nella prima metà del secolo XVI e innanzi alla redazione conservataci, furono molte e di non lieve importanza, appunto per un maggiore sviluppo di progresso nell'assetto

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politico e giuridico della Toscana in quel tempo di rinascimento anche economico. La prima di queste riforme venne fissata nell'adunanza del 28 giugno 1512 nella quale il Consiglio generale con tredici voti fa­vorevoli e due contrari, sopra il parere del consigliere Giovanni di Marco Cimballi, deliberò che si modificassero e correggessero gli sta­tuti secondo i bisogni, deputando a quest'ufficio Romeo di Domenico, Pier8 di Niccolò, Antonio d'Andrea, Niccolò di Giovanni, Andrea di Giovanni e Francesco d'Antonio di Nanni (1). Il medesimo Consiglio introdusse direttamente altre variazioni nell'adunanza del 16 dicem­bre di quello stesso anno, approvando con tredici voti favorevoli contro due bianchi la proposta difesa dal consigliere Simpliciano di M.0 Iacopo « che gli statuti s' intendino correcti in queste 3 parti « cioè, che fo statuto che parlava che a ognuno fussi lecito vendere « vino a fiaschi s'intendeva annullato. Item che tutti quelli che ha­« vessino paghato alchuna graveza nel comune di Castel fior. 0 da anni « 50 in qua possino exercitare gli officij sanza alchuno loro preiudicio • o danno. Item che nessuna cosa la quale paghi gabella in piaza non « si possi il sabato vendere fuori di piaza sotto la pena che si con­« tiene nelli statuti; et che quando queste correctioni si vinchino si « depbino mandare a confirmare a Firenze(2). «Parimente nell'adunanza del 9 marzo 1515 (s. c. 1516) propugnando la proposta il consigliere Antonio di Domenico d'Andrea furono nominati con tredici voti fa­vorevoli nell'ufficio di statutari Francesco· d'Antonio di Nanni, An­drea di Luigi di Matteo ed Agostino di Pantaleone, perchè con la stessa autorità del Consiglio generale correggessero glf statuti aggiungendo e levando in quel modo e forma che a loro paresse e piacesse me­glio (3). Nell'adunanza dell' 11 aprile 1518 il Consiglio elegge Bernardo ai Luigi di Riccardo suo ambasciatore per ottenere a Firenze l' ap­provazione degli statuti, asseg:\}andogli per suo salario soldi venti (4).

Un'altra approvazione ebbe a procurare nel giugno del 1520, incari­cando Ser Giorgio Gasparri cancelliere di scrivere in proposito all' uf­fizio delle Riformagion\ una lettera, che sarebbe presentata dagli am­basciatori eletti, Bernardo di Luigi di Riccardo e Vivaldo di Verdiano di Moro ("). Constatando poi il bisogno di correggere alcune disposi­zioni non più convenienti alle condizioni del tempo, nell'adunanza del 26 dicembre di quel medesimo anno, venne ordinata una nuova ri­forma; della quale furono incaricati con dodici voti favorevoli ed in separata .elezione Andrea di Luigi di Matteo di Giusto, Piero di Nic­colò di Pierozzo, Francesco d'Antonio di Nanni e Pierfrancesco di

p) Libro A delle Deliberazioni del Comu.ne, pag. 26v, (Arch. comun. di Castelfiorentino). (2) Lib. cit. p 1g. 29v. {3) Lib. cit. pag. 77r. \i) Lib. cit. paf:. lDGr. ('\) Llb. cit. pag 21:-ir.

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Luigi di Meo Bongianni ('). Anche nel Consiglio generale dell' 11 ago­sto 1521 vennero eletti sulla proposta dei Priori, appoggiata dal con­sigliere Alessio di Paolo di Benedetto, all'ufficio di statutari o di ri­formatori del costituto Guglielmo di Nanni di Bene~etto, Lorenzo di Santi, Lorenzo d'Andrea e Francesco di Meo di Pippo (2). Il giorno 17 d' agosto 1522 si radunarono nella sala del Comune, sotto la pre­sidenza di Lazero di Domenico di Santi Francioso, Piero di Ni~colò di Pierozzo, Bastiano d' Andreolo del Gonnella, Pierfrançesco di Meo Bongianni, Francesco di Paolo del Barca e Lorenzo del Testa eletti statutari e riformatori, i quali ad unanimità di voti approvarono una nuova disposizione come avente valore di statuto, con la quale si' or­dinava che « nessuno che non fussi del Comun~ di Chastel fiorentino <o non pagassi gravezia non possa essere chanonicho di santo ypo­« lito » ; il che si riferiva al diritto di patronato sul nostro Capitolo spettante al Comune per ragione di fondazione, riguardo alla nomina dei canonici. Venne anche approvata nella stessa adunanza con voti quattrò favorevoli e due contrari una seconda riforma, la quale di­sponeva « che nessuno che facesse il pane a Ghastel fiorentino .... so­« portante graveza non pagi tassa alchuna > (3). Con altra delibera­zione consiliare del 9 maggio 1529 vennero incaricati i sindachi o uffi­ciali di Camporena, che allora trovavansi a Firenze, di procurare la conferma degli statuti del Comune con aggiunta o di.~giunta come a loro paressi. Questi' sindaci erano Betto di Giovanni dal Ponte e Lorenzo di Santi già eletti per altri negozi, ai quali furono aggiunti Bernardo di Polluccio e Francesco di Meo di Pippo con incarico di difendere presso i Signori Otto 'il n0stro Comune contro le ragioni dei frati di S, Vivaldo intorno alla questione accesa sui confini dei beni cli Camporena. Il 3 marzo 1531 (s. c. 1532) osservandosi, come da pif­recchi anni non fossero stati nè corretti nè confermati gli statuti, sulla proposta dei Priori consigliata da Francesco di Piero d'Antonio ven­nero eletti con tredici voti favorevoli Lorenzo di Santi d'Antonio, Battista di Lorenzo-d'Andrea e Francesco di Nazario perchè introdu­cessero nel costituto quelle variazioni che credessero necessarie, e ne procurassero la conferma dai Magistrati di Firenze (4). Un'altra revi­sione finalmente ecl una nuova conferma venne procurata per opera di Vivaldo di Verdiano, Bernardo di Giovanni di Riccardo, Lorenzo cli Santi, e Francesco di Vittorio eletti a questo ufficio dal Consiglio ge­nerale nell'adunanza del 16' novembre 1533 C') .

. (1) Lib. cit. pag. 220r. (2) Lib. cit. pag. 225v. (3) Lib cit. pag. 23Gv. (4) Lib. cit. pag. 215r. Deve notarsi che in questo libro essendo sbagliata la numerazione delle carte

dopo la carta 263 segue una seconda nwuer.azione regolare, incominciando però dal 200. (5) Lib. cit. pag. 226v e 22ìr.

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RICORDI DEI PIÙ ANTICHI COSTITUTI DI CASTELFIORENTINO 73

Da questa data in poi non si trova menzione di altra riforma an­teriore alla redazione del 1542; e questa trascuratezza di modificazioni e correzioni così frequenti nei tempi più lontani, vuolsi attribuire non solo alla più. stabile forma di regime, cui era sottoposto il Comune reso impotente alle lotte politiche e amministrative, che innanzi da­vano luogo a tanti cambiamenti di relazioni e di diritti, ma anche all'invasione delle leggi generali, che si emanavano a Firenze e che venivano sostituendo, non senza una qualche influenza delle costu­manze del contado, i costituti delle varie Terre soggette.

Accadeva poi talvolta, se non frequentemente, che le disposizioni statutarie, per alcuna ragione reputata grave, non venissero osservate in casi particolari; e allora sembra,, che l'autorità del Consiglio gene­rale fosse sufficiente a giustificare simile infrazione. Tra gli altri ne abbiamo un esempio in una deliberazione consiliare del 26 dicembre 1539, con la quale si disponeva, che, a causa della universale e gravis­sima carestia, per la quale uno staio di grano costava il prezzo allora enorme di L. 6, venisse limitata la spesa da farsi per la festa di S. Ver­diana a sole L. 21, compresa in questa somma l'offerta ordinaria che dovea fare alla Chiesa il Comune; e che invece i festaioli eletti do­vessero in cotesto giorno distribuire ai poveri una elemosina di L. 100, che il Consiglio aveva allora stanziato per provvedere alla fame con concorso anche delle Compagnie laiche della Terra, che ne avevano dato l'esempio.

All'influsso della città dominante, che d111veva anche meglio sen­tirsi ogni volta che si chiedeva a' suoi magistrati la conferma delle disposizioni statutarie, alle correzioni introdottevi a mano a ni.ano per via di riforme, ed alle derogazioni avvenute per consiliare autorità, dobbiamo anche aggiungere le consuetudini rinnovate della vita pub­blica e privata, che non potevano trovarsi più in armonia con le san­zioni e con le leggi del costituto. Tutto ciò fanno arguire i motivi addotti dal Consiglio generale, nella sua adunanza del 5 giugno 1541, quando s' indusse a deliberare che si compilasse un nuovo libro di statuti per la Terra di «Castelfiorentino per essere i vecchi statuti inclinati e statone tolti buona parte ». Questa confessione della rap­presentanza comunale è preziosissima per conoscere come nel costi­tuto vigente a quel tempo fossero conservate ancora, quantunque forse non sempie mantenute in uso, molte delle antiche disposizioni, che allora avevano bisogno di essere rinnuovate. E però non viene già ordinata una semplice riforma, come negli anni precedenti, ma una revisione totale, o meglio una nuova compilazione, che potesse dare un codice di regole adattate ai nuovi tempi e alle nuove costumanze. A questo ufficio così delicato e tanto importante, nella medesima adu­nanza vennero eletti a pluralità di voti Francesco di Piero di Niccolò, Lorenzo di Santi, Paolo d' Jacopo, Giovanfrancesco di Bastiano di Gra-

.Jliscell. slm'. ~cc., anno V, fase. l. ]{)

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74 lii. CJO)IJ

zia, Vivaldo di Verdiano e Lorenzo di Paolo di Benedetto, i quali compirono la nuova compilazione del costituto, approvata per pubblico e solenne partito il 19 settembre 1542, e riconosciuta o autorizzata con molte limitazioni e correzioni dai magistrati di Firenze il suc­cessivo 21 aprile 1543.

L'osservanza del costituto era promessa con giuramento dal Ret- · tore o Potestà, ed anche dai Priori, Capitani e consiglieri ogni volta che entravano in ufficio. Dnrante il dominio episcopale simile giura­mento veniva prestato in mano del vescovo o di alcun suo delegato; e abbiamo ricordo di quello prestato da Forese di Buonaccorso Adi­mari il 4 gennaio 1252 (s. f.) innanzi a Orlando cancelliere vescovile dopo essere stato nominato Potestà dal Comune, che ne aveva il di­ritto per precedente convenzione; di quello prestato da Baudino de' Rossi il 24 dicembre 1312, da Vanni di Guccio de' Rossi l' 11 no­vembre 1313 e di altri fino a quello prestato il 6 novembre 1319 da Francesco Medici (1). Nel qual giuramento, insieme all'osservanza de­gli statuti, si comprendeva l'obbligo di serbare illesi i diritti del ve­scovo e di amministrare rettamente la giustizia. Più tardi, quando il Potestà era mandato dalla Repubblica, questo giuramento veniva pre­stato solennemente in Castelfiorentino nella chiesa di S. Lorenzo in mano del Cancelliere ed alla presenza dei magistrati comunali e del Priore del Capitolo, dopo la ricostituzione di questo Collegio canoni­cale avvenuta nel 1502, osservandosi in tale occorrenza un cerimonialè più splendido per l' ingressd dello stesso Potestà e per il suo istalla­mento in ufizio. Alla validità di questo giuramento e di quello meno solenne dei Priori, Capitani e Consiglieri era richiesto il contatto cor­porale della mano sui Vangeli, e la formula di bene e rettamente eser­citare il proprio uffizio.

Le ville circostanti al castello, o il suo contado, sempre assai li­mitato specialmente nèl 'Secolo XII e XIII, quando anche il vicino Granaiolo era eretto a comune, non ebbero mai un loro proprio co­stituto e si governavano con quello della Terra principale, non senza tutelare però le proprie ragioni e far valere certi diritti delle mino­ranze, come vediamo nella riforma sopra riportata del 1382. Quindi dai documenti riferiti dal Lami si rileva, come il vescoyo esercitasse per mezzo de' suoi Castaldi di Castelfiorentino gli stessi diritti, che eser­citava in questa Terra, anche sui popoli di Gricciano, Vallecchio, Pi· sango e Cabbiavoli; di tal guisa che più tardi il nostro costituto fu pure considerato e fatto valere come costituto di tutta la nostra Po­testeria. Per qµesto, nella Rubrica LX dell'ultima redazione si legge che gli • statutarij considerato come li popoli della loro Podesteria si e servano delli statuti del comune, come li homini di decto comune,

(l) LA\n 1 ..llonum. Ecc7. FlrJr,

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RWORDI DEI PIÙ ANTICHI CO:,ITITUTI DI CASTELFIORENTINO 75

« et con essi si governano perchè non hanno altri statuti, ....... pertanto • statuirno et ordinorno acciò che ciascheduno habbi il suo dovere che " i popoli di decta Podesteria per l' ad venire debbino aconcorrere alle « spese et di fare et di approbare li statuti, et così alla cera, fogli, « inchiostro, la quale tucta il decto comune pagha ».

Sono questi i pochi ricordi che mi è stato concesso di raccogliere sulle più antiche costituzioni di Castelfiorentino; e gli ho raccolti per invogliare altri, col metterne sott'occhio il pregio che avrebbero se giungessimo a scoprirle o anche a ricostruirne il contenuto nella re­dazione più antica, a istituire più diligenti ricerche là dove si è vo­luto ammassare tanta ricchezza di documenti, che perdono grandis­sima parte del loro valore fuori dei luoghi cui si riferiscono, per naufragare spesso nella quantità immensa della materia coacervata e nella vastità di studì più generali.

M. CIONI.

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NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE

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M. C10NI. Ricordi di Benedetto XIV in Castelfiorentino. (Ca­stelfiorentino, Profeti, 1896) pp. 37 in-8°. Edizione di set­tanta esemplari.

L'operoso ed erudito can. Cioni, che tante benemerenze s'è acqui­stato coi suoi diligenti studì 'sulla storia ecclesiastica e civile di Ca­stelfiorentino, raccoglie in queste pagine le memorie che negli archivi capitolare e della Propositura e in alcune iscrizioni rimangono nella nostra Terra riguardanti il Papa Benedetto XIV che, ben dice l' a., meritò lodi non mentite di amici e nemici del nome cattolico. Si tratta di documenti delle relazioni, che continuarono ad essere molto ami­chevoli, trn Prospero Lambertini papa e il canonico Anton Giuseppe Branchi di Castelfiorentino lettore di Diritto nell'Università di Pisa. Questi documenti, che sono in numero di 40, rimontano al primo tempo dell'esaltazione del Lambertini al trono pontificio (1740), e vanno fino al 1752, cioè fino quasi alla morte del Branchi. Da essi (lettere del Branchi al papa, risposte di segretari papali a lui, qualche lettera della curia fiorentina, ricordi marmorei), esce fuori molto caratteristica la figura di questo canonico, che dev'essere stato assai valente giu­rista, e, credo bene, una buonissima persona, ma, soprattutto, un uomo da non lasciarsi scappar l'occasione di giovare molto a sè, e, po­tendo, un pochino anche agli altri. Se il Cioni volesse e potesse ag­giungere nuove notizie sul Branchi professore a Pisa (e si dovrebbero pur trovare!) ai documenti che ha pubblicati colla consueta diligenza, ne verrebbe agevolmente disegnato un curioso ritrattino, da farne in­travvedere più altri, di Un canonico amico d'un papa nel secolo XVIII; e se ne lumeggerebbe qualche aspetto di quella vita, e non d'un prete solo e d' un solo paese. I documenti qui pubblicati cominciano con una solenne epistola gratulatoria del Branchi al novello papa, di as-

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NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE 77

sai polita latinità e in buon latino anche agli effetti pratici futuri (Do­cum. I, e RU!posta del card. Valenti docum. II). Il canonico Branchi, che, anche da' suoi classici doveva esser ben consigliato ad acchiappare la fortuna per il ciuffo, pensò presto a trar partito dalla potenza del-1' amico papa. Infatti la lettera gratulatoria è datata in Castro Floren­tino noni,s septembris MDCCXXXX, e il 19 novembre il sollecito ca­nonico aveva già ottenuto dalla Congregazione del Concilio alcuni pri­vilegi quanto alla prebenda del suo canonicato! Per le feste natalizie si affretta il Branchi a presentare auguri, sembra in buoni versi latini (e se ne indovina l'eleganza umanistica, coltivata all'ombra d'un Se­minario): risponde, ringraziando, il card. Valenti che il Papa et obser­vantiae tuae significationes benigne excepit, et elegantia ingenii tui mi­i·ìfice est delectatus (Docum. V); poi un biglietto del primo di febbraio di mons. Angelo Arpelli, cameriere segreto di S. S., c'informa (Docum. VI) che il canonico aveva pensato a mandar subito dietro agli auguri una richiesta d'un annuo censo sui beni ecclesiastici, come si chia­risce meglio per i documenti seguenti. Meno male che il Branchi si ricordò anche talvolta di chieder qualche cosa per gli altri canonici della Collegiata di S. Ippolito, come certe mutazioni al vestimento, per le quali riuscì ad ottenere una Bolla (Docum. IX-XIII), e alcuni privi­legi riguardo alla Messa conventuale (Doc. XXIV); e meno male che pensò a impetrare speciali grazie anche per chiese e congregazioni pie del suo paese, e la grazia d'un altare gregoriano anche per Leonardo e Benedetto Tempi (Vedi i Docum. XX-XXIV; XXVII, XXVIII, XXXIII, XXXVI, XXXVIII, XL)! Questo po' di bene che fece per gli altri gli avrà fatta perdonare da Dio e dagli uomini la soverchia cura che pare avesse delle cose temporali. Da' documenti trapela altresi il principio d'una corrispondenza dottrinale che il Branchi avrebbe tenuta col Papa: intorno alla giurisdizione dell'Archimandrita in Mes­sina; sul digiuno de' vecchi: la qual questione toccava forse da vicino il nostro (Docum. XXX, XXXI). Ma il professore canonico, alternando auguri e richieste, versi e calcoli, quando ha fatto gli abitWi compli­menti, e ottenuto alcun che per gli altri, torna a domand~re e rido­mandare per sè; e riesce sempre ad ottenere dalla bontà del suo pro­tettore Badiamo però, in fondo in fondo, non domandò gran cose mai: nè una mensa episcopale, nè un piatto cardinalizio: ebbe modesti desi­deri di comodità spirituali e temporali, quali poteva avere un buon prete che invecchiava e che era stato tutt'altro che sano e forte in gambe anche prima d'esser vecchio (cfr. Docum. XVI e XXXIV). Si noti inoltre, che questo viziarello di chiedere e richiedere non l'ebbe certo il Branchi nè primo, nè solo; nè fu a concedere il primo o il solo Benedetto XIV! Quante date e quante firme e destinazioni di­verse, e specialmente de' giorni nostri, potrebbe avere questa letterina che il card, Valenti scrisse al canonico Branchi il 29 settembre 1742! (Documento XV). •Sarà bene che ella rinnuovi quelle tali suppliche, che

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78 NOTIZIE BillLIOGRAFICHE

« dice avermi tempo fa inviate da presentare a N. S. e me le mandi « nuovamente, non ricordandomi io d'averle ricevute e se pure le ho ri­• cevute si saranno smarrite nella farragin~ di tante altre lettere e « scritture, che mi vengono da mille parti. Questo e rwn altro è il mo-• tivo del mio silenzio, avendo io, come ho sempre avuto, tutto il desi-• derio di servirla in quello che io posso per la stima, che faccio di Lei, « prote.~tandomi sempre ecc. ».

Mentre ci auguriamo che il solertissimo Segretario Cioni voglia disegnarci più nettamente con nuovi documenti il profilo del canonico professore Anton Giuseppe Branchi, gli restiamo grati intanto di questo nuovo manipolo di Documenta castrensia.

ORAZIO BACCI.

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CRONACA

Nel fascicolo III del volume V (1896) dell'ottimo Periodico Studi storici diretto dal nostro consocio AMEDEO CRIVELLUCCI, insigne pro­fessore di storia moderna nella r. Università di Pisa, è reso conto del contenuto delle quattro prime annate della nostra Miscellanea, con parole di molta lode per la nostra Rivista. Di questo nuovo in­coraggiamento che viene cosi autorevolmente porto alla nostra So­cietà siamo onorati e gratissimi.

*** B. FoNTANA nell'Archivio della Società romana di storia patria (XIX, 1-2) ha pubblicato uno studio: Sommario del processo di Aonio Paleario.

*** Il sig. GIUSEPPE ERRICO, pubblicò uno studiolo su Folgore da S. Gimignano e la «Brigata spendereccia». (Napoli, F. Bideri, 1895). A noi non fu possibile ripescarlo, nemmeno direttamente chiedendolo all'editore, tanto rimane introvabile e clandestina questa minuta pro­duzione letteraria meridionale, pur nelle Biblioteche nazionali che do­vrebbero averla!

Il Giornale storico della letteratura italiana (fase. 84, pp. ~5) però ne dà un cenno bibliografico, dal quale si rileva la nessuna importanza dell'opuscolo, uno de' tanti che non servono che ad ingombrare la strada agli studiosi. Il cenno del Giornale storico è breve, ma succoso e ricchissimo, in due note, di indicazioni bibliografiche sulla persona e sulle poesie di Folgore.

*** Nel volume Florentia (Uomini e cose del Quattrocento), recentis­simamente pubblicatosi (Firenze, Barbèra, 1897) dal nostro illustre socio onorario ISIDORO DEL LUNGO, sono alcune pagine (422-445) inti­tolate Un cappellano mediceo, che saranno ricercate e lette con viva curiosità da' cultori della storia Valdelsana, e spécialmente colligiana: pagine ritessute su più antiche spigolature erudite e qui bellamente ripresentate con nuovo nutrimento di fatti e pensieri, nella potente forma del racconto storico, preciso per documenti, vigoroso di concetti, vivace di stile, nella quale l'autore è insigne maestro. Si narra come

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80 CRONACA

Antonio Del Pela, colligiano, legato da rispettosa amicizia al Magni­fico Lorenzo de' Medici, fosse nel 1485 onorato in casa sua d'una vi­sita della moglie di Lorenzo, madonna Clarice degli Orsini, che tor­nava dal Bagno a Morba, e che, per Tavarnelle, Passignano, Sanca· sciano, Certosa in due altri giorni di viaggio se ne tornò a Firenze·

*** Un'accurata relazione su Le scuole elementari di Certaldo nel­l' an;w scolastico 1895-96 fu pubblicata d.al Direttore didattico :Maestro FRANCESCO MARINARI (Certaldo, Benvenuti, 18!.16).

Morì il 10 dicembre 1896 in Firenze il

comm. avv. AUGUSTO BARAZZUOLI

deputato al Parlamento per il Collegio di Colle Valdelsa, che, quando fu Ministro d'Agricoltura e Commercio, venne ascritto tra i nostri soci onorari. Emerse nell'esercizio dell'avvocatura e fu negli ultimissimi tempi tra' maggiori uomini politici di Toscana: nutrito di buoni studi, come molti del Foro e del Parlamento della sua generazione, amò di intelligente amore anche le storiche discipline.

- Ricordiamo con sincero rimpianto anche i nostri cari consoci defunti sac. GIUSEPPE VALACCHI (socio contrib.) parroco di Luco presso Poggibonsi, morto il 2 giugno 1896; LELJO:;~RNINI (socio contrib.) di Certaldo, morto il 23 no­vembre Ì896; cav. GIOVACCHINO CASTRONI già beneme­rito sindaco per molti anni del Comune di Montaione (socio con­trib.) morto il 2 gennaio 1897; e il sac. MARINO MARINELLI proposto di Certaldo (socio contrib.) morto il 28 gennaio 1897. -

ORAZIO BAcor, direttore responsabile.

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PUBBLICAZIONI RICEV"CTE IN DONO ED IN CA~IBIO

Archil;io della R. SocieM i·omana di Storia patria. - Roma, 1896 . .:frchiuio per lo studio d"lle tradizioni popolad. - Torino-Palermo, 1896. Archiuio storico gentilizio dPl napoletano. - Napoli, 1896 . .Archivio storico per le pr01:incie napoletane. - Napoli, 1896. Archivio storico pugliese. - Bari, 1896. Arte e Storia. - Firenze, 1896. Atti e 1·emliconti dell'Accademia di scienze, lettere ed adi degli Zelanti.

Acireale, 1896. Bullettino della Società Dantesca italiana. - Firenze, 1896. Bullettino della Società umbm di Storia patria. - Perugia, 1896. Bullettino sPnese di Storia pafl'ia. - Siena, 1896. Bullettino storico-bibliografico subalpino. Torino, 1897. Bullettino della stampa italiana. - 1897. Commentari <lell' Ateneo di Brescia. - Brescia, 1897. Rrudizione e Belle arH. - Cortona, 1896-'U7. Giornale della librel"ia. - Milano, 1897. Jle11101·ie utldarnesi. Voi. I-IV (1835-1837-1842-1855). ilfiscellanea livomese di storia e di audizione. - Livorno, 1897. Suova rivista misena. - Arcevia, 1896. Rivista abruzzese cli scienze lettere e arti. - Teramo, 1896. Rivista dPlle Biblioteche e degli Archivi. - Roma, 1896. Rivista di sto1ia antica e scienze affini. - Messina, 1896. Rirista di stoiia, arte, archeologia della provincia di Alessandria.

Alessandria, 1897. Rivista storica italiana. - Torino, 1897. CEPPAHELLI G. Fono.q1'(1fie Valdelsane con prefazione di Orazio Bacci. -

(Firenze, 1896). Voi. 1 in 16" con cop. clis. C10N1 M. Ricordi cli Benedetto Xl V in Castelfiorentino. - (Castelfio­

rentino, Profeti, 1896. op. in-16"). VALLEnA prof. C. E. Suicidio di un pi·ete. - (Milano, 1897).

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" MISCELLANEA. STOHJCA

DELLA V1\LDELSA "

La " Miscellanea storica della Valdelsa ,, Periodico del la Società sto­rica della Valdelsa, esce tre volte ali' anno, a li ber i intervalli, in fascicoli

di circa 80 pagine.

L'asso ciazi one annua al Period ico è di L. 6 per l'Italia; per I' EsteP o in pili la diffe r enza de lle spese di posta. Gli abbonamenti s i ricevono

presso la Società storica della Valdelsa in Caste lf ioPent ino. Un numero

separato si vende a L. 2,50.

I manosoPitti s'inviano in Castelfiorentino al la Direzione ohe, anch e non pubblicandoli, non li restituisce .

Le corr isp ondenze non affrancate s i r esp ingono.

SOMMARIO DEL FASCICOLO 10-11. (Anno lì', Num. 2. :JJ.

Società storica della Va ld e lsa. - A. NEHI, Castello e Baùia di Poggio '.\far.

turi presso Poggibonsi (fine)._- E. CASANOì' A, Trattative del Comune di San (;j.

mignano con Clemente IV d6po Benevento (1266- '67). - L. ZDEKAUER, Sugli Statutt della Terra di Casole (1385-1561) . - M. CIONI, Atti della Putesteria di ~fontaione

dal 21 dicembre 14 71 al 20 m11ggio 1472. - I. DEL LUNGO, Tra lo Scala e il Po· liziano. - VARIETÀ E ANEDDOTI. - C. MAZZI, Cartiere, Tipog-rafie e :Uaestri di Grammatica in Valdelsa. Appunti. - F. DINI, Le Cartiere in Colle e la famigli:t Morozzi. Notizie. - N. P. BONINI, t:n altro episodio della peste del 16:Jo a Colle . - L. ZDEKA t:ER, Usi popolan i dell :t Valdelsa, c:tv:tt i da documenti del D'l1gento. -u: NOMI-VENEROSI·PESCIOLI!'l, Bibliografia Sangimignanese. - COM U Nl­CAZIONI E QUESITI. - P. BERTI, Per un' ombsione. - Cronaca. - Necro logie. - (In copertina). Elenco dell e pubblicazioni ricevute in dono e in cambio.