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MISURARELA SOSTENIBILITÀ
Indicatori per l’agricoltura italiana
a cura diAntonella Trisorio
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Ministero delle Politiche Agricole
e Forestali
MISURARELA SOSTENIBILITÀ
Indicatori per l’agricoltura italiana
a cura diAntonella Trisorio
Istituto Nazionale di Economia Agraria
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
II
Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole eForestali nell’ambito della legge n. 449, del 23 dicembre 1999, recante la “Razionalizzazionedegli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, e forestale” – D.M. 52454 del 29 dicembre2000.
Il coordinamento della ricerca e la supervisione dei testi è di Antonella Trisorio.La stesura delle parti si deve ai seguenti autori:Introduzione: finalità e metodi dello studio: Antonella Trisorio
Schede indicatori:
L’elaborazione degli indicatori è così ripartita tra i seguenti autori:
Dimensione sociale
indicatori 1-5: Nadia Gargano e Antonella Trisorio
Dimensione economica
indicatori 6-11: Nadia Gargano e Antonella Trisorio
Dimensione ambientale
indicatori 12-15, 22-27, 29-38: Nadia Gargano e Antonella Trisorio
indicatori 16-18, 20,21: Giuseppe Palladino
indicatore 19: Mauro Santangelo
indicatore 28: Antonella Pontrandolfi e Raffaella Zucaro
Appendice 1 - Le tabelle: Antonella Trisorio, Nadia Gargano e Raoul Romano
Appendice 2 - La metodologia: ind. 1-15, 22-27, 29-37, Nadia Gargano e Antonella Trisorio; ind.19, Mauro Santangelo; ind. 16-18, 20,21, Giuseppe Palladino; ind. 28, AntonellaPontrandolfi e Raffaella Zucaro
Appendice 3 - I documenti dell’Unione europea: Antonella Trisorio
Appendice 4 – Siti utili: Nadia Gargano e Antonella Trisorio
Il supporto informatico è stato fornito da Stefano TommasiniLa grafica e l’impaginazione è stata curata da Sofia MannozziLa segreteria del gruppo di lavoro è stata assicurata da Elisabetta Alteri e Claudia Pasiani.
Ringraziamenti:
Il lavoro ha beneficiato dei commenti dei partecipanti dell’8th IWG.AGRI Seminar “Perspectivesfor Agriculture and Rural Indicators and Sustainability” organizzato congiuntamente dall’OCSE eda EUROSTAT a Parigi il 21-22 novembre 2002; e dei partecipanti dell’incontro congiuntoECE/EUROSTAT/FAO/OECD Meeting on Food and Agricultural Statistics in Europe, organizza-to presso le Nazioni Unite a Ginevra il 2-3 luglio 2003.
III
Presentazione
Lo sviluppo sostenibile costituisce l’obiettivo prioritario definito a livello mondiale nella“dichiarazione di Rio” a conclusione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Svi-luppo del 1992. Perseguire questo obiettivo comporta la conservazione del potenziale produttivodell’economia e, dunque, che lo stock di capitale (naturale, umano e prodotto dall’uomo) nondecresca nel tempo. Solo a questa condizione sarà possibile “soddisfare i bisogni delle genera-zioni presenti senza compromettere i bisogni delle generazioni future”.
L’integrazione dei principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche settoriali costituisce unodei principali obiettivi strategici dell’Unione Europea. In questo quadro, la realizzazione di unaagricoltura sostenibile assume un’importanza centrale, data la stretta interdipendenza tra attivitàagricola e capitale naturale.
Il monitoraggio e la valutazione dell’impatto dell’agricoltura sul sistema economico, socialeed ambientale consentono di verificare i progressi verso l’obiettivo della sostenibilità. Tra gli stru-menti disponibili, gli indicatori sono tra i più appropriati allo scopo. Come affermato dalla Com-missione europea, “gli indicatori forniscono la base per la valutazione dei progressi verso l’obiet-tivo di lungo periodo dello sviluppo sostenibile”. Il ricorso agli indicatori, quale strumento di sup-porto alle decisioni, si sta diffondendo in modo crescente tra le amministrazioni pubbliche, per laloro efficacia e flessibilità, e per la possibilità di effettuare confronti spaziali e temporali necessa-ri per disegnare e correggere in modo tempestivo gli interventi di politica. Un valido esempio èrappresentato dal complesso sistema di indicatori sviluppato dalla Commissione Europea per ilmonitoraggio e la valutazione dei Piani di Sviluppo Rurale, e dalla diffusione, a livello internazio-nale, di Rapporti periodici sulla sostenibilità dell’agricoltura basati sull’analisi di indicatori.
In particolare, gli indicatori di agro-sostenibilità proposti in questo lavoro, riferendosi adaspetti sociali, economici e ambientali e alle loro interazioni, consentono un’analisi ad ampiospettro e una visione d’insieme del contributo dell’agricoltura italiana allo sviluppo sostenibile.L’analisi integrata delle tre dimensioni contribuisce infatti a superare i problemi generati da unapproccio parziale, per singole dimensioni, non coerente con i principi dello sviluppo sostenibile.
L’uso degli indicatori proposti può essere di supporto per le Amministrazioni regionali: a)nell’individuare possibili punti deboli, di tipo economico, sociale e/o ambientale, che allontananol’agricoltura regionale dagli obiettivi della sostenibilità; b) nel suggerire possibili azioni attraversocui migliorare l’efficacia delle politiche regionali, o della loro implementazione, riguardo agli obiet-tivi di sostenibilità; c) nel verificare i progressi realizzati nel tempo nei diversi ambiti (sociale, eco-nomico ed ambientale); d) nella diffusione delle tematiche della sostenibilità e nella sensibilizza-zione dei soggetti economici, istituzionali e sociali coinvolti.
Questo lavoro intende fornire alle Amministrazioni regionali uno strumento che contribuiscaa ridurre la distanza tra gli obiettivi di sostenibilità dell’agricoltura e la loro realizzazione.
Al fine di assicurare una verifica nel tempo della sostenibilità dell’agricoltura italiana il rap-porto verrà aggiornato periodicamente.
Prof. Simone Vieri(Presidente dell’INEA)
Roma, luglio 2004
V
INDICE
Introduzione: finalità e metodo dello studio1. Misurare la sostenibilità 12. Il processo di selezione degli indicatori 33. Le tre dimensioni: economica, sociale, ambientale 34. Il processo di classificazione degli indicatori 65. Implementazione e rappresentazione degli indicatori 76. Considerazioni finali e sviluppi futuri 9
Riferimenti bibliografici 12
Gli indicatori di sostenibilità
DIMENSIONE SOCIALE1 Occupazione agricola 142 Indice di invecchiamento dei conduttori agricoli 163 Livello di istruzione dei conduttori agricoli 184 Composizione degli occupati in agricoltura 205 Popolazione residente nei comuni rurali 22
DIMENSIONE ECONOMICA6 Redditività del lavoro 247 Redditività della terra 268 Produttività del lavoro 289 Produttività della terra 3010 Marginalizzazione 3211 Diversificazione dell’attività lavorativa del conduttore 3412 Incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura 3613 Investimenti fissi in agricoltura 38
DIMENSIONE AMBIENTALE14 Carico di bestiame 4015 Patrimonio zootecnico 4216 Bilancio di fosforo 4417 Consumo di prodotti fitosanitari 4618 Emissioni di metano (CH4) 4819 Emissioni di ammoniaca (NH3) 5020 Emissioni di anidride carbonica (CO2) 5221 Uso diretto di energia 5422 Bilancio di azoto 5623 Lisciviazione potenziale dei nitrati 5824 Consumo di fertilizzanti 6025 Applicazione di un piano di concimazione 6226 Sistemi di irrigazione 6427 Superficie irrigata 6628 Fonti di approvvigionamento idrico 6829 Aree protette 7030 Condizione delle specie vegetali 7231 Superficie forestale percorsa dal fuoco 7432 Agricoltura biologica 7633 Misure agroambientali 78
34 Superficie Agricola Utilizzata 8035 Indice di boscosità 8236 Intensificazione 8437 Concentrazione 8638 Manufatti ed elementi di naturalità 88
Appendice 1Le tabelle 91
Appendice 2La metodologia 147
Appendice 3Documenti dell’Unione Europea 159
Appendice 4Siti utili 169
VI
Introduzione: finalità e metodo dello studio
1. Misurare la sostenibilità
I primi studi sulla sostenibilità sono stati realizzati dalle Nazioni Unite immediatamente dopo laConferenza per l’Ambiente e lo Sviluppo svoltasi nel 1992 a Rio, in Brasile. Durante gli anninovanta ha fatto seguito il lavoro dell’OCSE, che ha adottato lo schema di riferimento teoricoPressione, Stato, Risposta (PSR) per la rappresentazione delle relazioni agricoltura-ambiente.Insieme alle attività del Centro Comune di Ricerca e di EUROSTAT, la Commissione europea hasuccessivamente sviluppato una serie di indicatori finalizzata alla valutazione dei progressi delQuinto Programma Quadro. Questa attività ha ricevuto ulteriore impulso dagli importanti contri-buti, sul piano sia teorico sia pratico, provenienti da esperienze nazionali, europee ed extraeuro-pee1.
Dall’insieme di questi studi un dato è emerso chiaramente: la mancanza di una definizione con-divisa del concetto di sostenibilità; e, come ovvia conseguenza, di un approccio comune per lasua misurazione, che risente dell’adozione di parametri di riferimento (quantitativi e qualitativi)non omogenei e variabili in funzione dei diversi contesti nazionali: con difformità di caratteregenerale (attinenti agli obiettivi attribuiti alla sostenibilità) e di carattere particolare (attinenti allaqualità dei dati sui quali fondare la misurazione).
Un aspetto cruciale per la costruzione di indicatori di sostenibilità è l’adozione di uno specificoconcetto di sostenibilità (elaborato ex novo o individuato tra i numerosi disponibili in letteratura).Delle molte (e spesso divergenti) definizioni di sostenibilità esistenti, in questo studio abbiamoadottato quella contenuta nel rapporto Bruntland (Our common future) della Commissione mon-diale per l’Ambiente e lo Sviluppo istituita dalle Nazioni Unite che, per la sua “ampiezza”, è certa-mente la più diffusa e generalmente accettata, soprattutto a livello istituzionale. Secondo questadefinizione, sostenibile è quello “sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti, senzacompromettere la possibilità che le future generazioni possano soddisfare i propri” (WCED, 1987,p. 43). Questo approccio alla sostenibilità è basato sul principio della conservazione delle oppor-tunità “di produzione”, ovvero della capacità produttiva in funzione della disponibilità di fattori. Ilconcetto di sostenibilità viene cioè tradotto nel dovere di ciascuna generazione di individui, neiconfronti della successiva, di garantire la disponibilità di uno stock di capitale2 non decrescentenel tempo (regola del “capitale costante”).
Espresso in tal modo il concetto di sostenibilità implica la possibilità di sostituzione tra le diversecomponenti di capitale: così, ad essere trasmessa alle future generazioni, è una generalizzatacapacità di produrre, piuttosto che qualche specifica componente del capitale (Solow, 1992).Questa interpretazione, che ammette la possibilità di sostituzione tra le componenti del capitale,risponde ad una regola di sostenibilità “debole”: lo sviluppo è sostenibile anche se alcune com-ponenti del capitale (ad esempio quello naturale) diminuiscono, purché il capitale totale nondecresca.
La gran parte della letteratura ecologica, però, rifiuta la completa sostituibilità tra il capitale natu-rale e le altre forme di capitale: per lo meno per alcune categorie di capitale naturale. Secondoquesto approccio più restrittivo, vale una seconda variante della regola del “capitale costante”: laregola della sostenibilità “forte” secondo la quale il capitale naturale deve rimanere costante (oaumentare) nell’ambito del vincolo più generale che lo stock di capitale rimanga costante (o
1
1 Si vedano ad esempio le esperienze dell’Australia (Commonwealth of Australia, 1998), della Finlandia (Aakkula,2000), del Regno Unito (MAFF, 2000) e del Canada (McRae T. et al., 2000).
2 Lo stock di capitale assume tre forme: 1) capitale prodotto dall’uomo (capitale riproducibile); 2) capitale umano (l’in-sieme delle conoscenze e delle capacità); 3) capitale naturale (ogni forma di bene naturale che produca un flusso diservizi ecologici con un valore economico durevole) (Pearce e Atkinson, 1995).
aumenti). Questa posizione si basa sulla considerazione che il capitale naturale comprende alcu-
ne risorse che sono tecnicamente irreversibili ed altre che sono effettivamente irreversibili. La
conoscenza sul capitale naturale è inoltre caratterizzata da condizioni di incertezza. Pertanto,
assumendo una diffusa avversione al rischio a livello collettivo, ci sono buone ragioni per non
impiegare le risorse naturali in una quantità tale da superare un livello ritenuto critico per le con-
dizioni di esistenza o riproducibilità della risorsa stessa. La natura irreversibile di parte non tra-
scurabile del capitale naturale e l’incertezza circa la sua conoscenza sono determinanti nella defi-
nizione della sostenibilità forte.
Una versione modificata della regola della sostenibilità “forte” deriva dall’attribuzione di un’impor-
tanza particolare ad alcune componenti del capitale naturale definite capitale naturale “critico”,
ovvero a quelle che forniscono servizi ambientali insostituibili: le funzioni di “supporto alla vita”
degli ecosistemi. Secondo questa versione della sostenibilità “forte” è il capitale naturale “critico”
che non deve dimininuire nel tempo, mentre l’uso delle altre componenti del capitale naturale
possono essere analizzate secondo l’approccio della sostenibilità “debole” (Atkinson e Pearce,
1993; Pearce e Atkinson, 1995).
Dal contrasto di queste posizioni emerge, così come indicato in Agenda 213, un concetto di soste-
nibilità multidimensionale, che include obiettivi ambientali, economici e sociali. Tra queste com-
ponenti esistono relazioni complesse e numerose. Il raggiungimento di obiettivi di natura diversa
può sviluppare sinergie, ma anche conflitti, la cui soluzione è evidentemente quella ricerca attiva,
attraverso opportune decisioni politiche, di un equilibrio di natura pratica ed operativa.
Una volta adottata una definizione di sostenibilità, il problema è dunque nella sua traduzione in
azioni e pratiche concrete. Tra i principali ostacoli emergono. a) le interrelazioni esistenti tra i
diversi settori economici e tra le diverse dimensioni; b) l’assenza di confini territoriali implicita nel
concetto di sostenibilità. In nessun caso si può infatti pensare di limitare l’applicazione del princi-
pio della sostenibilità ad un settore economico, o ad uno specifico territorio isolatamente consi-
derato. L’attuazione di politiche finalizzate alla realizzazione della sostenibilità in un singolo set-
tore, o territorio, sono infatti destinate a produrre effetti anche su altri settori, o territori. Il che sul
piano analitico (della valutazione di attività che realizzino la sostenibilità) e sul piano pratico (del-
la concreta applicazione di tali politiche) implica una complessa azione di indagine e previsione
degli effetti che l’intervento su un singolo settore economico o territorio possono produrre sugli
altri settori o territori. La costruzione di indicatori a livello settoriale e territoriale mira proprio a
fornire un fondamentale contributo a questa azione di indagine e previsione.
Oggetto di questo studio è l’indagine della sostenibilità - economica, sociale ed ambientale - nel-
lo specifico settore dell’agricoltura italiana, considerandone sia le relazioni con gli altri settori del-
l’economia, sia la complessa articolazione (e differenziazione) territoriale, con particolare atten-
zione alle aree rurali. L’intento è quello di fornire un insieme di indicatori di sostenibilità, che
costituiscano uno strumento di giudizio e di indirizzo per le politiche di intervento in agricoltura: in
linea con la necessità, sostenuta dall’Unione Europea, di porre lo sviluppo sostenibile come
obiettivo centrale di tutti i settori e di tutte le politiche, in particolare quella agricola (Commissione
delle Comunità europee, 2001). In questo contesto emerge con chiarezza l’esigenza da parte
dei decisori politici di strumenti conoscitivi e informativi che consentano di adeguare le politiche
pubbliche agli obiettivi della sostenibilità, favorendo una loro integrazione all’interno delle politi-
che settoriali.
2
3 Agenda 21 è un piano d’azione completo da realizzare a livello globale, nazionale e locale da organizzazioni delsistema delle Nazioni Unite, dagli Stati e dai Gruppi di interesse, in ogni area in cui le attività umane generano impat-ti sull’ambiente.
2. Il processo di selezione degli indicatori
Su un piano più generale gli indicatori di sostenibilità costituiscono uno strumento di monitoraggioe valutazione della sostenibilità di attività e politiche economiche. Essi sono generalmente consi-derati un veicolo per sintetizzare, ovvero semplificare e comunicare informazioni su fenomeni chesono rilevanti per i decisori politici (Moxey et al., 1998). Gli indicatori forniscono la base per lavalutazione dei progressi verso l’obiettivo di lungo periodo dello sviluppo sostenibile: obiettivoche può avere senso solo se i progressi nel suo raggiungimento possono essere valutati in modooggettivo (European Commission, 2001), evidenziando gli eventuali trade-offs tra le tre dimen-sioni - economica, sociale e ambientale - della sostenibilità, e tra i settori dell’attività economica.Gli indicatori sono dunque di supporto ai decisori politici per il disegno e l’adeguamento delle poli-tiche, consentendo, tra l’altro, di individuare eventuali priorità verso le quali orientare le risorsedisponibili.
Nel processo di selezione degli indicatori abbiamo fatto riferimento principalmente ai documentidella Commissione Europea; in particolare a : 1) “A Framework for Indicators for the Economicand Social Dimensions of Sustainable Agriculture and Rural Development” (European Commis-sion, 2001) per gli indicatori della dimensione socio-economica; 2) “Indicators for the Integrationof Environmental Concerns into the Common Agricultural Policy” (Commission of European Com-munities, 2000) e all’esperienza dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo SviluppoEconomico), dell’AEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) e dell’ECNC (European Centre for Natu-re Conservation) per gli indicatori della dimensione ambientale.
La scelta di avvalersi prevalentemente degli indicatori proposti dalla Commissione Europea e dal-le altre istituzioni e organizzazioni internazionali è finalizzata a: a) verificare le possibilità di attua-zione delle proposte citate sulla base dell’attuale sistema informativo nazionale; b) consentireeventuali confronti internazionali (basati su un set di indicatori condiviso). Questa scelta implicache i criteri di selezione degli indicatori siano gli stessi adottati dalle istituzioni di riferimento4, conil vincolo ulteriore della disponibilità dei dati a livello nazionale/regionale. Quando possibile, è sta-ta inoltre data la preferenza agli indicatori più semplici (dal punto di vista delle elaborazione e delnumero dei parametri di cui si compongono) in quanto, generalmente, assicurano una maggioretrasparenza e immediatezza dell’informazione.
3. Le tre dimensioni: economica, sociale, ambientale
Come sopra detto, nel presente rapporto, la sostenibilità in agricoltura è stata rappresentatadistinguendo tra dimensione economica, sociale ed ambientale.
La dimensione economica si riferisce principalmente a: a) l’uso efficiente delle risorse; b) la com-petitività e vitalità del settore agricolo; c) la redditività del settore agricolo d) il contributo dell’agri-coltura allo sviluppo e/o alla conservazione delle aree rurali; e) la diversificazione delle fonti direddito all’interno delle famiglie agricole.
La dimensione sociale fa riferimento all’equità intesa come “uguali opportunità”, non solo a livelloterritoriale (tra aree rurali e non), ma anche a livello settoriale (tra l’agricoltura e gli altri settorieconomici), tra gruppi sociali e tra uomini e donne coinvolti nel settore. Le problematiche consi-derate all’interno di questa dimensione sono quelle legate alle opportunità di impiego e all’acces-
3
4 Ad esempio i criteri adottati dalla Commissione europea per la selezione degli indicatori agroambientali sono iseguenti: 1) rilevanza per le politiche: essere imperniati sulle problematiche chiave; 2) reattività: cambiare con suffi-ciente rapidità in risposta all’azione; 3) solidità analitica: essere fondati su solide basi scientifiche; 4) misurabilità:essere fattibili in termini di disponibilità attuale o futura dei dati; 5) facilità di interpretazione: trasmettere informazioniessenziali, di facile comprensione e senza ambiguità; 6) convenienza economica: avere un costo proporzionato alvalore dell’informazione ottenuta, (Commissione delle Comunità europee, 2001).
so degli agricoltori alle risorse e ai servizi sociali. Gli indicatori si riferiscono soprattutto al capita-le umano e alle sue caratteristiche.
La dimensione ambientale riguarda la gestione e la conservazione delle risorse naturali. Il siste-ma ambientale è analizzato sulla base di una lista di obiettivi ambientali politicamente rilevanti5:tutela del paesaggio e della biodiversità; protezione delle risorse idriche, del suolo e dell’aria. Gliindicatori fanno riferimento al modello DPSIR (Forze determinanti, Pressione, Stato, Impatto,Risposta) che consente di strutturare e organizzare in modo appropriato l’informazione ambien-tale.
Per ciascuna delle tre dimensioni è stato preliminarmente identificato un insieme di obiettivi prio-ritari, con riferimento ai quali sono stati successivamente selezionati gli indicatori sulla base deidati attualmente disponibili. Il vincolo della disponibilità dei dati consente di verificare le attualipossibilità per l’”analisi della sostenibilità”.
Riguardo alla dimensione temporale, gli indicatori derivano da serie storiche della massima lun-ghezza possibile - nella maggior parte dei casi almeno cinque anni. La lunghezza opportuna del-le serie storiche dipende dal tipo di indicatore.
In alcuni casi le serie storiche disponibili sono di lunghezza inferiore a quella opportuna. Ciò si èverificato soprattutto nel caso degli indicatori ambientali che riguardano problematiche solorecentemente ritenute importanti dalla collettività. In questi casi abbiamo comunque incluso gliindicatori nella lista, al fine di stabilire un livello di riferimento iniziale che consenta, in futuro, lavalutazione degli andamenti.
L’unità geografica adottata è quella costituita dai confini amministrativi al livello più basso possi-bile (regionale, comunale). La scelta di imporre agli indicatori dei limiti territoriali, sebbene intro-duca una distorsione nella valutazione della sostenibilità a livello nazionale, rende il presentelavoro uno strumento più agevolmente utilizzabile dalle Amministrazioni regionali.
Ciascun indicatore è presentato tramite due grafici che ne mostrano gli andamenti per circoscri-zione (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e isole) e per regione. E’ anche fornita una rappresen-tazione sintetica (icone di Chernoff) della performance dell’indicatore in termini di sostenibilità, allivello di circoscrizione e al livello medio nazionale. Questa valutazione sintetica si riferisce a cia-scun indicatore considerato indipendentemente dagli altri. Non vengono cioè considerate le inte-razioni tra i diversi indicatori, per non introdurre elementi di soggettività nell’analisi.
Gli indicatori sono complessivamente 38, di cui 13 riguardano la dimensione socio-economica e25 quella ambientale.
I primi sono finalizzati all’analisi dell’efficienza della produzione del settore agricolo, alla suacapacità di creare impiego e al suo contributo alla conservazione delle aree rurali.
In particolare, la dimensione sociale viene analizzata secondo due aspetti: 1) il capitale umano,con riferimento alle caratteristiche dei conduttori agricoli e al peso dell’occupazione agricola nel-l’ambito del sistema economico; 2) le uguali opportunità con particolare attenzione alle differenzedi genere nell’ambito degli occupati e alla popolazione rurale.
La dimensione economica viene sviluppata attorno a tre punti: 1) l’efficienza, legata principalmen-te all’uso dei fattori produttivi; 2) la vitalità, relativa alle potenzialità di permanenza sul mercato del-le aziende agricole; 3) la competitività, che riguarda in particolare il contributo del settore alla for-mazione della ricchezza nazionale, e il processo di accumulazione di capitale al suo interno.
Molti degli indicatori compresi nelle dimensioni sociale ed economica sono importati da altri ambi-ti disciplinari, e vengono utilizzati nel contesto della valutazione della sostenibilità attribuendo loro
4
5 Ad esempio, nel Sesto Programma di Azione Ambientale, la protezione del suolo, la qualità dell’aria e l’uso e lagestione sostenibile delle risorse naturali sono considerate dall’Unione Europea come questioni di importanza cen-trale.
valenze diverse. Ciò non esclude la necessità di approfondire ulteriormente queste dimensioni inmodo da ottenere indicatori specificatamente disegnati per l’analisi della sostenibilità dell’agricol-tura.
I 25 indicatori relativi alla dimensione ambientale forniscono informazioni sull’impatto dell’agricol-tura sulle cinque componenti6 nelle quali è stata strutturata l’analisi dell’ambiente, in base agliobiettivi ambientali politicamente rilevanti individuati nella fase preliminare.
Il suolo viene considerato come un elemento dinamico e come una risorsa naturale non rinnova-bile. Lo sfruttamento da parte dell’agricoltura ha contribuito al degrado delle sue caratteristichechimiche, fisiche e biologiche. Gli indicatori selezionati sono finalizzati alla valutazione delle rela-zioni tra agricoltura e suolo attraverso misure che evidenziano la pressione dell’attività agricoladerivata dall’allevamento, dall’uso di fertilizzanti e di fitofarmaci, e da altre sostanze inquinanti.
La valutazione dell’impatto dell’attività agricola sulla qualità dell’aria risulta molto complessa.Sebbene l’agricoltura non sia la principale fonte di emissioni in atmosfera, agisce comunque sul-la riduzione dello strato di ozono attraverso emissioni gassose (metano, anidride carbonica eammoniaca). Gli indicatori relativi a questa componente ambientale mirano pertanto alla valuta-zione della quantità di queste emissioni e del consumo energetico (responsabile di una parte del-le emissioni).
Anche le relazioni tra l’agricoltura e le risorse idriche mostrano un quadro piuttosto complesso,dovuto alle difficoltà che si incontrano nell’isolare l’impatto generato dall’attività agricola da quel-lo di altre attività. La valutazione della sostenibilità dell’uso dell’acqua in agricoltura è stata rap-presentata considerando: 1) l’aspetto quantitativo, con particolare attenzione all’uso delle risorseidriche e alla loro gestione (tipo di tecnologia usata per l’irrigazione, tipologia fonti di approvvigio-namento, ecc.); 2) l’aspetto qualitativo, relativo al possibile inquinamento delle risorse idriche(bilancio dei nutrienti, lisciviazione, ecc.).
Secondo la definizione espressa dalla Convenzione sulla Diversità Biologica7 “la diversità biolo-gica viene intesa come variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia, gliecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno par-te; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, tra le specie e tra gli ecosistemi”. La biodiver-sità può essere analizzata in termini di: a) diversità genetica (all’interno delle specie), che riguar-da la diversità tra i geni nell’ambito delle specie “domestiche” (vegetali o animali); b) diversitàdelle specie (tra le specie), cioè il numero delle specie e le popolazioni (fauna e flora) coinvoltedall’agricoltura, incluso il suolo, e gli effetti delle specie non native sull’agricoltura; c) diversitàdegli ecosistemi relativa alla diversità delle specie, dei processi e delle funzioni ecologiche che siosservano nei diversi ecosistemi “costituiti da popolazioni di specie rilevanti per l’agricoltura o dacomunità di specie dipendenti dagli habitat agricoli” (OECD, 2001). Gli indicatori selezionatiriguardano principalmente i due ultimi punti; il primo non è stato per il momento considerato nonsolo per l’insufficienza dei dati disponibili, ma anche per il grado di approfondimento eccessivorispetto agli obiettivi dell’analisi.
Il paesaggio si configura come una problematica simile alla biodiversità per la complessa artico-lazione degli elementi di cui si compone, e ad essa collegata per la natura analoga delle relazio-ni con l’agricoltura. In questo studio il paesaggio è valutato prevalentemente attraverso indicato-ri “indiretti” o proxy che rappresentano fattori di pressione dell’attività agricola e causa di modifi-ca della forma e della struttura del paesaggio (ad esempio la concentrazione e l’intensificazionedell’attività agricola).
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6 Le componenti ambientali considerate sono le seguenti: 1. suolo; 2. atmosfera; 3. risorse idriche; 4. biodiversità; 5.paesaggio.
7 La Convenzione è stata ratificata alla Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite, svoltasi nel 1992 aRio, Brasile.
Per l’analisi dei temi della biodiversità e del paesaggio sono stati considerati anche alcuni indica-tori relativi alla superficie forestale, in quanto componente fondamentale per la valutazione degliaspetti legati alla naturalità dell’agroecosistema.
4. Il processo di classificazione degli indicatori
Come sopra evidenziato, per ciascuna dimensione (economica, sociale e ambientale) è statoindividuato un gruppo di obiettivi prioritari in corrispondenza dei quali sono stati selezionati gliindicatori. L’intero processo di selezione e classificazione degli indicatori viene realizzato tenendoben presente che solo il contemporaneo perseguimento (completo o parziale) di tutti gli obiettiviassicura che l’obiettivo più generale della sostenibilità venga raggiunto.
Al fine di facilitare eventuali confronti internazionali dei risultati gli indicatori sono stati classificatiutilizzando lo schema DPSIR (Forze determinanti, Pressione, Stato, Impatto, Risposta)8 che rap-presenta la catena causale delle relazioni tra l’agricoltura e le tre dimensioni della sostenibilitàconsiderate. Questo modello è stato esteso dalla dimensione ambientale alle dimensioni socialeed economica. Gli indicatori classificati secondo lo schema descritto sono elencati in tabella 1.
Tabella 1 - Lista degli indicatori di sostenibilità
DIMENSIONE SOCIALE DPSIR
DIMENSIONE SOCIALE DPSIR
1 Capitale umano Occupazione agricola D
2 Indice di invecchiamento D
3 Livello di istruzione dei conduttori agricoli D
4 Uguali opportunità Composizione degli occupati in agricoltura D
5 Popolazione residente nei comuni rurali D
DIMENSIONE ECONOMICA
6 Efficienza Redditività del lavoro D
7 Redditività della terra D
8 Produttività del lavoro D
9 Produttività della terra D
10 Vitalità Marginalizzazione D
11 Diversificazione dell’attività lavorativa del conduttore D
12 Competitività Incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura sul valore aggiunto totale D
13 Investimenti fissi in agricoltura D
DIMENSIONE AMBIENTALE
14 Suolo Carico di bestiame P
6
8 Secondo le definizioni dell’AEA le forze determinanti (D) sono le cause primarie degli impatti ambientali. Le pressioni(P) riguardano invece direttamente le cause dei problemi e si riferiscono alle azioni che producono gli impatti ambien-tali. Gli indicatori di stato (S) descrivono le condizioni ambientali con riferimento alla quantità e alla qualità delle risor-se ambientali. Gli indicatori di impatto (I) si riferiscono alle variazioni dello stato e agli effetti delle forze determinanti.Gli indicatori di risposta (R) riguardano le misure adottate per risolvere i diversi problemi individuati (ad esempio lemisure agroambientali, o norme ambientali più restrittive), ovvero le azioni adottate dalla società in risposta ai cam-biamenti ambientali. Queste si distinguono in azioni per: a) prevenire e/o ridurre gli impatti negativi; b) riparare ai dan-ni ambientali; c) per preservare o ripristinare le condizioni delle risorse ambientali.
15 Patrimonio zootecnico S
16 Bilancio del fosforo P
17 Consumo di prodotti fitosanitari P
18 Atmosfera Emissioni di metano (CH4) P
19 Emissioni di ammoniaca (NH3) P
20 Emissioni di anidride carbonica (CO2) P
21 Uso diretto di energia P
22 Risorse idriche (qualità) Bilancio di azoto P
23 Lisciviazione potenziale dei nitrati P
24 Consumo di fertilizzanti P
25 Applicazione di un piano di concimazione R
26 Risorse idriche (quantità) Sistemi di irrigazione P
27 Superficie irrigata D
28 Fonti di approvvigionamento idrico S
29 Biodiversità Aree protette R
30 Condizione delle specie vegetali S
31 Superficie forestale percorsa dal fuoco P
32 Agricoltura biologica P
33 Misure agroambientali R
34 Paesaggio Superficie Agricola Utilizzata R
35 Indice di boscosità S
36 Intensificazione P
37 Concentrazione P
38 Manufatti ed elementi di naturalità P
L’inclusione degli indicatori nell’ambito di una specifica problematica e/o dimensione è una que-stione di interpretazione e di prospettiva. La classificazione adottata non presenta pertanto ele-menti di rigidità, e alcuni indicatori potrebbero rientrare in altre categorie in funzione della doman-da a cui devono rispondere. L’equilibrio tra il numero degli indicatori economici, sociali e ambien-tali non è infatti necessario dato: a) il differente livello di aggregazione dei parametri (e quindi del-le informazioni) di ciascun indicatore; b) la possibile inesatta categorizzazione degli indicatori; c)l’incertezza sulle misure più appropriate da usare (U.S. Interagency Working Group on Sustaina-ble Development Indicators, 1998). Inoltre, poiché la validità di un insieme di indicatori è general-mente limitata nel tempo per la forte dipendenza dalle priorità politiche e dal grado di conoscenza,è necessario assicurare sufficienti margini di flessibilità allo schema di analisi così da consentire leopportune variazioni se le priorità politiche mutano o le nostre conoscenze si ampliano.
5. Implementazione e rappresentazione degli indicatori
L’analisi degli indicatori è stata condotta a livello sia regionale sia di circoscrizione9. La lunghezzadelle serie storiche non è uniforme tra gli indicatori, ma varia in funzione della disponibilità dei datie del tipo di indicatore.
7
9 Le circoscrizioni, e le regioni in esse incluse, sono di seguito indicate: Nord-Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombar-dia, Liguria); Nord-Est (Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna); Centro (Toscana, Umbria,Marche, Lazio); e Sud e Isole (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna).
I dati utilizzati provengono esclusivamente da fonti ufficiali10. Ciò, se da un lato pone un limiteall’analisi, dall’altro fornisce un quadro realistico delle attuali possibilità di implementare indicato-ri proposti a livello internazionale. Alcuni degli indicatori selezionati sono infatti soggetti a limita-zioni dovute alla ridotta disponibilità di dati che, in alcuni casi, causa una insufficiente coperturaspaziale, in altri serie storiche incomplete.
Gli indicatori risultano principalmente da semplici operazioni matematiche tra parametri. Alcuniindicatori inclusi nella dimensione ambientale, ed in particolare “bilancio di azoto”, “bilancio difosforo”, “emissioni di metano” ed “emissioni di ammoniaca”, sono invece ottenuti come prodottodel modello economico-ecologico ELBA elaborato dall’Università di Bologna, e derivato delmodello europeo CAPRI.
Gli indicatori sono organizzati in schede, ciascuna divisa in due parti. La prima contiene informa-zioni di carattere generale sulla problematica in esame; nella seconda viene descritto l’anda-mento della serie storica nelle diverse regioni e nelle circoscrizioni. Obiettivo del presente lavoroè quello di fornire una chiave di lettura e uno strumento di interpretazione dell’andamento dell’a-gricoltura italiana in termini di sostenibilità, e non quello di “leggere” i dati. Pertanto, all’andamen-to di ciascun indicatore è dedicato un commento essenziale, per lasciare parlare i dati, e affidar-ne l’interpretazione agli esperti di settore e ai decisori politici.
I confronti fra le regioni vengono illustrati attraverso grafici, per fornire una visualizzazione imme-diata degli andamenti. Infine, una prima sintetica valutazione dei progressi degli indicatori in esa-me verso la sostenibilità, basata generalmente sull’andamento della serie storica, è resa utiliz-zando una rappresentazione schematica (icona di Chernoff).
Figura 1 - Rappresentazione schematica dei progressi dell’agricoltura verso la sostenibilità
= positivo
= costante
= negativo
Quattro appendici chiudono il Rapporto. La prima fornisce per ciascun indicatore le tabelle con leserie storiche dei dati, distinti per regione e per circoscrizione. In alcuni casi, oltre alle serie stori-che relative all’indicatore presentato nelle schede, vengono mostrati i dati relativi ad indicatorialternativi della tematica oggetto di analisi. Nella seconda viene illustrato il metodo di calcolo uti-lizzato per l’elaborazione di ciascun indicatore, con informazioni sui dati (fonte, lunghezza dellaserie storica). Nella terza viene presentata una rassegna dei documenti politici dell’Unione Euro-pea che riguardano l’agricoltura sostenibile e lo sviluppo rurale. Vengono inoltre messi in eviden-za i riferimenti alle dimensioni ecologica, economica e sociale dell’agricoltura sostenibile e dellosviluppo rurale. Nella quarta viene proposta una lista di siti sul tema dello sviluppo sostenibile,con particolare riferimento all’agricoltura e allo sviluppo rurale. I siti sono suddivisi in tre catego-rie. 1) istituzioni e organismi internazionali; 2) agenzie e ministeri nazionali; 3) organizzazioni nongovernative.
8
10 La maggior parte degli indicatori è ottenuta con dati di fonte ISTAT salvo gli indicatori “consumo diretto di energia” i cuidati sono tratti dal database della RICA; “fonti di approvvigionamento idrico” che deriva da dati di fonte INEA; “super-fici investite ad agricoltura biologica” i cui dati provengono dal database di Biobank; “condizione delle specie” per ilquale sono stati utilizzati dati di fonte WWF (Società Botanica Italiana).
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6. Considerazioni finali e sviluppi futuri
Il presente Rapporto di studio offre un primo tentativo di valutazione della sostenibilità dell’agri-coltura italiana, attraverso l’implementazione di un insieme di indicatori che consente la contem-poranea valutazione di aspetti sociali, economici ed ambientali. Questo insieme di indicatori ècostruito in maniera tale da essere flessibile e modificabile al mutare dei valori della società edelle priorità politiche, e all’ampliarsi della conoscenza.
Gli indicatori costituiscono uno degli strumenti per il monitoraggio e la valutazione dello svilupposostenibile, consentendo: a) di verificare se l’andamento di un’attività economica, quale l’agricol-tura, soddisfa gli obiettivi di sostenibilità; b) di evidenziare i trade-offs tra le tre dimensioni econo-mica, sociale ed ambientale, e tra i settori del sistema economico.
Un efficace utilizzo di questo strumento nel processo decisionale richiede però che il valore diciascun indicatore possa essere confrontato con valori predefiniti, quali soglie, standard, valoriobiettivo. Questo confronto ne consente infatti l’interpretazione alla luce di obiettivi predefiniti.Riguardo al problema dell’interpretazione e dell’adozione degli indicatori nel caso specifico è cru-ciale l’identificazione di condizioni necessarie e sufficienti per la sostenibilità, a partire dalla defi-nizione dei criteri di sostenibilità per ciascuna delle tre dimensioni economica, sociale e ambien-tale. La simultanea valutazione dei progressi in tutte le tre dimensioni permette di ottenere unavisione completa del quadro della situazione.
La tabella 2 mostra una prima valutazione schematica degli indicatori basata prevalentementesul loro andamento.
Tabella 2 - Valutazione schematica degli indicatori a livello di circoscrizioni
DIMENSIONE SOCIALE Nord-ovest Nord-est Centro Sud e Isole Italia
1 Occupazione agricola � � � � �2 Indice di invecchiamento dei conduttori agricoli ☺ � � � �3 Livello di istruzione dei conduttori agricoli � ☺ ☺ � ☺4 Composizione degli occupati in agricoltura ☺ ☺ � � ☺5 Popolazione residente nei comuni rurali � � � � �
DIMENSIONE ECONOMICA Nord-ovest Nord-est Centro Sud e Isole Italia
6 Redditività del lavoro ☺ ☺ ☺ ☺ ☺7 Redditività della terra ☺ ☺ ☺ ☺ ☺8 Produttività del lavoro ☺ ☺ ☺ ☺ ☺9 Produttività della terra ☺ ☺ ☺ ☺ ☺10 Marginalizzazione � � � � �11 Diversificazione dell’attività lavorativa del conduttore ☺ ☺ ☺ ☺ ☺12 Incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura � � � � �13 Investimenti fissi in agricoltura ☺ ☺ � � ☺
DIMENSIONE AMBIENTALE Nord-ovest Nord-est Centro Sud e Isole Italia
14 Carico di bestiame � � � � �15 Patrimonio zootecnico � � � � �16 Bilancio di fosforo � � � � �17 Consumo di prodotti fitosanitari � � � � �18 Emissioni di metano (CH4) � ☺ � � �19 Emissioni di ammoniaca (NH3) ☺ ☺ ☺ ☺ ☺
9
20 Emissioni di anidride carbonica (CO2) � � � � �21 Uso diretto di energia ☺ n.d. � ☺ ☺22 Bilancio di azoto � � ☺ � �23 Lisciviazione potenziale dei nitrati � � � � �24 Consumo di fertilizzanti ☺ ☺ � � �25 Applicazione di un piano di concimazione ☺ ☺ ☺ ☺ ☺26 Sistemi di irrigazione ☺ ☺ ☺ ☺ ☺27 Superficie irrigata � � � � �28 Fonti di approvvigionamento idrico n.d. n.d. n.d. � n.d.29 Aree protette ☺ ☺ ☺ ☺ ☺30 Condizione delle specie – – – – –31 Superficie forestale percorsa dal fuoco � � � � �32 Agricoltura biologica ☺ ☺ ☺ ☺ ☺33 Misure agroambientali ☺ ☺ ☺ ☺ ☺34 Superficie agricola utilizzata � � � � �35 Indice di boscosità ☺ ☺ ☺ ☺ ☺36 Intensificazione ☺ ☺ ☺ ☺ ☺37 Concentrazione � � � ☺ �38 Manufatti ed elementi di naturalità ☺ ☺ ☺ � ☺
La selezione degli indicatori, come spesso accade, è stata condizionata alla disponibilità dei dati.Tuttavia, nel nostro caso, è stato possibile coprire ugualmente tutte le dimensioni assicurando lacompletezza della visione di insieme. Ciò non esclude l’opportunità di ulteriori approfondimenti dialcuni temi inerenti in particolare la dimensione sociale (es. equità) e quella ambientale (es. pae-saggio, biodiversità).
Aggregare indicatori giungendo ad una rappresentazione sintetica della sostenibilità è un obietti-vo complesso ma necessario per favorire l’inclusione dell’obiettivo della sostenibilità all’internodel processo di formazione e di attuazione delle politiche pubbliche. L’aggregazione è un modoper semplificare l’informazione al fine di renderla facilmente utilizzabile nella decisione politica,che normalmente richiede strumenti di supporto sintetici e comprensibili.
Questo scopo si è inteso perseguire nel presente studio. Tuttavia, è opportuno rilevare che laricerca della sintesi nel caso degli indicatori proposti è da perseguirsi con alcune cautele. Infatti,nel caso degli indicatori di sostenibilità l’uso di metodi di aggregazione per compensazione (es.media pesata) potrebbe generare distorsioni nell’informazione.
Una possibile soluzione sarebbe pertanto quella di adottare uno strumento di lettura e di sintesidegli indicatori che ne conservi integro il potenziale informativo. Il metodo del cruscotto11, che uti-lizza l’analogia con lo strumento quadro dei veicoli in termini di sostenibilità, sembra rispondere aquesto requisito. Esso infatti consente di gestire e controllare l’insieme degli indicatori, superandoil problema di ricorrere, come si è detto, a calcoli medi che avrebbero la conseguenza di intro-durre ulteriore soggettività al processo di valutazione. Il cruscotto offre, inoltre, una efficace rap-presentazione della complessità del tema della sostenibilità (vedi figura 2) e dell’impossibilità difornire una valutazione univoca su di esso.
Il cruscotto permette di visualizzare simultaneamente il “grado di sostenibilità” per: a) l’insiemedelle dimensioni ; b) ciascuna dimensione; c) ciascun tema all’interno delle dimensioni, d) cia-scun indicatore, consentendo l’analisi della sostenibilità secondo diversi livelli di aggregazione.E’ inoltre possibile svliluppare l’analisi nelle diverse ripartizioni geografiche (ad esempio regione,comune, ecc.).
10
11 Questo approccio, proposto dall’IISD/Consultative Group on Sustainable Development Indicators, “utilizzando lametafora di uno strumento quadro di un veicolo, mostra la valutazione per paese della performance economica,sociale, istituzionale e ambientale verso (o lontano da) la sostenibilità” (http://www.iisd.org/cgsdi/dashboard.htm). Cfr.anche U.S. Interagency Working Group on Sustainable Development Indicators, 1998.
E’ importante sottolineare che anche l’approccio del cruscotto richiede l’individuazione di: 1)obiettivi prioritari per l’economia, l’ambiente e i temi sociali, basati su valori e obiettivi della collet-tività; 2) target e valori soglia per ciascun indicatore. I primi sono legati principalmente alle deci-sioni politiche; sono utili nello stabilire l’importanza relativa (e possibilmente il peso) dei diversielementi della sostenibilità e relativi indicatori. I secondi vengono generalmente suggeriti dalmondo scientifico; sono utili per l’interpretazione della direzione di alcuni sviluppi e andamenti,secondo il metodo della distanza dal target. Ciò specialmente con riferimento all’ambiente che,per l’incertezza, l’irreversibilità e l’ignoranza (più o meno diffusa) dei suoi connotati, richiede par-ticolare prudenza nella definizione ed interpretazione degli indicatori che lo riguardano.
Figura 2 - Il cruscotto della sostenibilità
Nota:
In rosso sono evidenziati gli indicatori che rilevano una situazione di “attenzione”. Il che denuncia la necessità di effettuare
opportune verifiche della sostenibilità negli ambiti segnalati.
11
emiss
ioni d
i anid
ride
carb
onica
diversificazione dell'attività
lavorativa del conduttore
marginalizzazione
produttività della terra
redditività della terra
redditività del lavoro
occu
pazi
one
agric
ola
indi
ce d
i inv
ecch
iam
ento
livello
di istru
zione
dei condutto
ri agric
oli
composizione degli
occupati in agricoltura
popolazione residente nei comuni rurali
produttività del lavoro
lisciv
iazio
ne p
oten
ziale
dei
nitr
ati
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12
GLI INDICATORIDI SOSTENIBILITA’
14
CA
PIT
ALE
UM
AN
O
1. Occupazione agricola
L'occupazione agricola contribuisce a preservare la vitalità delle aree rurali, nonché quella dellostesso settore. L’interpretazione economica dell’andamento di questo indicatore deve tenere con-to della sua relazione con l’indicatore relativo alla produttività del lavoro. Una diminuzione del-l’occupazione può infatti essere legata ad un aumento della produttività.
Nei Paesi industrializzati, in genere, si osserva un trend negativo degli occupati agricoli sia intotale che rispetto agli altri settori. In Italia, nel complesso il settore agricolo occupa, in valoreassoluto, circa 1.120.000 persone, che si ripartiscono per il 14% al Centro, per il 37% al Nord eper il 50% nel Sud e isole. Nel periodo tra il 1991 e il 2000, l'occupazione agricola si riduce del4,5%, passando in media dall'8% al 5% circa del totale degli occupati. L'evoluzione di questavariabile è analoga in tutte le circoscrizioni, sebbene al Sud e isole gli occupati in agricoltura sia-no il 9,3%, quasi il doppio di quelli del Nord-est (5,7), e più di tre volte di quelli del Nord-ovest(2,7%). A livello regionale, le riduzioni più consistenti si registrano nelle Marche (-8,2%), in Abruz-zo (-7,3%) e in Umbria (-6,5%).
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
50
60
70
80
90
100
110
Occupazione agricola (1991 = 100)
15
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
0% 5% 10% 15% 20% 25%
19912000
CA
PITA
LE UM
AN
O
Occupazione agricola
� � � � �
2. Indice di invecchiamento dei conduttori agricoli
I giovani agricoltori rappresentano un elemento essenziale per lo sviluppo e la vitalità delle areerurali. Rispetto ai più anziani manifestano una maggiore propensione all’introduzione di innova-zioni tecnologiche, e una maggiore rapidità nell’adeguamento ad eventuali cambiamenti normati-vi, economici e ambientali. La presenza di giovani contribuisce inoltre alla vitalità delle aree rura-li e, di conseguenza, al presidio e alla tutela del territorio e dello spazio naturale. Ciò contribuiscead un maggiore equilibrio nel sistema economia-ambiente-società. A livello normativo, esiste unquadro legislativo di riferimento che mira ad incentivare il ricambio generazionale dei conduttorianziani a favore di giovani imprenditori (Reg. CE 1783/2003; Reg. CE 1257/99).
Tra il 1993 e il 2000, si assiste ad un aumento dell'indice di invecchiamento, che passa, a livellomedio nazionale, dal 34 al 38%. Il maggiore incremento si realizza nelle regioni centrali (dal 34%al 40%) e in quelle del Nord-est (dal 35% al 38%). Tra le regioni, la Liguria, la Sicilia e la Valled'Aosta presentano i più alti tassi di incremento, mentre la percentuale degli anziani si riduce inSardegna e in Lombardia. Le regioni del Centro presentano, in media, una quota relativamentemaggiore di aziende con conduttori più anziani.
16
Indice di invecchiamento (1993 = 100)
90
100
110
120
130
1993 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
CA
PIT
ALE
UM
AN
O
17
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19932000
CA
PITA
LE UM
AN
O
Indice di invecchiamento
☺ � � � �
3. Livello di istruzione dei conduttori agricoli
Un più alto livello di istruzione si può generalmente associare ad una maggiore tendenza dei con-duttori agricoli ad adottare innovazioni tecnologiche che possono contribuire a migliorare laperformance ambientale dell’attività agricola, a migliorare le condizioni di lavoro e la qualità deiprodotti, e ad aumentare la produttività.
Per quanto concerne l'evoluzione del livello di istruzione, tra il 1995 e il 1999, si assiste ad un lie-ve miglioramento di tale indicatore: aumenta infatti la percentuale sia dei capi azienda con diplo-ma che di quelli con una licenza di scuola media inferiore; diminuiscono invece, rispettivamente,sia i conduttori privi di titolo di studio che quelli con una licenza elementare. Pressoché invariatarimane invece la quota dei laureati (pari nel 1999 al 3%). Il miglioramento del livello di istruzionedei capi azienda è confermato anche a livello di singole circoscrizioni e regioni. In generale sipuò osservare nelle regioni del Sud e isole una più alta incidenza di quanti al massimo hanno unalicenza elementare e nelle aree del Nord e del Centro, una più alta quota di conduttori con un tito-lo di studio superiore.
18
Livello di istruzione dei conduttori agricoli in Italia
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1990 1995 1999
laurea diploma media inferiore elementari privi di titolo
CA
PIT
ALE
UM
AN
O
19
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
laurea diploma media inferiore elementari privi di titolo
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
CA
PITA
LE UM
AN
O
Livello di istruzione dei conduttori agricoli (1999)
� ☺ ☺ � ☺
20
4. Composizione degli occupati in agricoltura
Questo indicatore, insieme a quello relativo all’età dei conduttori, fornisce una descrizione dellecaratteristiche e potenzialità di medio lungo periodo delle risorse umane impiegate in agricoltura.La riduzione della differenza tra i sessi nel tasso di occupazione contribuisce a garantire unamaggiore equità all’interno del settore.
Tra il 1991 e il 2000, a livello nazionale, aumenta la componente femminile in agricoltura: si affie-volisce infatti la differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile. Tale fenomenorisulta più marcato nel Nord, e in particolare, nel Nord-est, dove tale differenza passa dal 3% al2%. Rimane invece stabile la divergenza tra occupati maschi e femmine nel Centro e nel Mezzo-giorno. Quest’ultima circoscrizione si caratterizza, inoltre, per una più alta percentuale di occupa-ti di sesso maschile.
Differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile in agricoltura(1991=100)
60
70
80
90
100
110
120
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
UG
UA
LI O
PPO
RTU
NIT
À UGUALI OPPORTUNITÀ
21
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
-2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19912000
UG
UA
LI OPPO
RTU
NITÀ
Differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile
☺ ☺ � � ☺
5. Popolazione residente nei comuni rurali
Il mantenimento della popolazione nelle aree rurali rappresenta un obiettivo di carattere sociale,la cui realizzazione dipende prevalentemente dalle condizioni di vita in esse presenti (possibilitàdi lavoro, disponibilità di servizi). L'abbandono di queste aree può causare problemi di degradonon solo economico ma anche ambientale.
Tra il 1991 e il 2000, la popolazione residente nei comuni rurali, a livello medio nazionale, rimanesostanzialmente invariata, con una lieve tendenza alla crescita. I comuni rurali del Sud e isole e,in misura più limitata, del Centro manifestano invece una tendenza alla diminuzione. Aumenti del-la popolazione nei comuni rurali sono in parte attribuibili ai recenti fenomeni di controurbanizza-zione prevalenti nelle vicinanze dei grandi centri urbani.
22
Popolazione residente nei comuni rurali in Italia (1991=100)
99
100
101
102
103
104
105
106
107
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
UG
UA
LI O
PPO
RTU
NIT
À UGUALI OPPORTUNITÀ
23
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19912001
UG
UA
LI OPPO
RTU
NITÀ
Popolazione residente nei comuni rurali
� � � � �
24
EFFI
CIE
NZ
A 6. Redditività del lavoro
Questo indicatore, insieme a quello relativo al valore aggiunto per ettaro di SAU, misura la reddi-tività del settore agricolo, ovvero la sua capacità di remunerare i fattori impiegati. Solo se il setto-re risulta essere competitivo e i fattori utilizzati adeguatamente remunerati, la produzione poten-ziale può essere sostenuta nel lungo periodo.
Tra il 1995 e il 2000, il valore aggiunto per unità di lavoro cresce ad un tasso annuo del 4,47%.Aumenti superiori alla media nazionale si registrano sia nelle regioni del Nord-est, che in quelledel Sud e isole, tra cui, in particolare, in Molise, Basilicata e Campania. Più contenuto è l'aumen-to nelle regioni centrali. In termini assoluti i valori più elevati si registrano in Liguria, Lombardia,Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche.
Redditività del lavoro (1995 = 100)
100
110
120
130
140
1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
EFFICIENZA
25
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 5 10 15 20 25 30 35 40
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19952000
EFFICIEN
ZA
Redditività del lavoro (000 di eurolire 1995)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
26
Redditività della terra (1988 = 100)
80
90
100
110
120
130
140
150
1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
EFFI
CIE
NZ
A 7. Redditività della terra
Come la redditività del lavoro, anche il valore aggiunto per ettaro di SAU rientra nel gruppo degliindicatori efficaci nella misurazione dell’efficienza produttiva. A parità di SAU, un aumento delvalore di questo indicatore segnala infatti una più alta redditività della terra.
Nel periodo tra il 1988 e il 2000, il valore aggiunto agricolo per ettaro di SAU aumenta stabilmen-te sia per l’Italia che per le singole circoscrizioni. L’incremento del 2000 è dovuto soprattutto alladiminuzione della SAU rilevata nel Censimento. Il tasso di crescita più elevato si registra al Nord-ovest (3%) e al Sud e isole (2,7%). A livello regionale è da segnalare la buona performance dellaLiguria (6,7%) che presenta il più alto valore aggiunto per ettaro (10,5%), e della Valle d’Aosta(5,4%) al Nord (5,3%); della Calabria (5,3%), della Sardegna (4,7%) e della Basilicata (4,5%) alSud e isole.
EFFICIENZA
27
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 2 4 6 8 10 12
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19882000
EFFICIEN
ZA
Redditività della terra (000 di eurolire 1995)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
EFFICIENZA
8. Produttività del lavoro
Gli indicatori di produttività forniscono una misura dell’efficienza con cui l’agricoltura converte ifattori della produzione in prodotto finale. L’aumento della produttività indica che una maggioreproduzione può essere ottenuta con la stessa quantità di fattori della produzione. La produttivitàdel lavoro è uno degli elementi che forniscono informazioni sulla prosperità economica. In gene-rale, se la produttività del lavoro cresce la produzione potenziale può essere sostenuta nel lungoperiodo, e/o le future generazioni potranno produrre più beni e servizi con un dato ammontare dilavoro.
Negli ultimi vent’anni la produttività del lavoro è cresciuta costantemente. Dal 1980 al 2000 il tas-so di crescita medio annuo è stato del 3,7%.L’incremento più consistente si è rilevato nelle regio-ni del Centro (in particolare Abruzzo e Basilicata) e in quelle del Nord-ovest (in particolare Pie-monte e Liguria).
28
Produttività del lavoro (1980=100)
75
100
125
150
175
200
225
250
275
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 200120001981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999
EFFI
CIE
NZ
A
29
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 10 20 30 40 50 60
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19802001
EFFICIEN
ZA
Produttività del lavoro (000 di eurolire 1995)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
9. Produttività della terra
Gli indicatori di produttività forniscono una misura dell’efficienza con cui l’agricoltura converte ifattori della produzione in prodotto finale. L’aumento della produttività indica che una maggioreproduzione può essere ottenuta con la stessa quantità di fattori della produzione.
Nel periodo tra il 1982 e il 2000 la produttività della terra è aumentata con un tasso annuodell’1,3%, attribuibile sia ad un aumento della Produzione lorda vendibile sia alla forte contrazio-ne della superficie agricola utilizzata registrata nell’ultimo decennio. Le regioni del Nord-ovest,ed in particolare la Liguria, e del Sud e isole, ed in particolare la Sardegna e la Calabria, sonoquelle che fanno registrare i maggiori incrementi.
30
Produttività della terra (1982=100)
80
90
100
110
120
130
1982 1990 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
EFFI
CIE
NZ
A
31
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 2 4 6 8 10 12 14
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19822000
EFFICIEN
ZA
Produttività della terra (000 di eurolire 1995)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
10. Marginalizzazione
Questo indicatore riguarda la crescente incapacità di un’azienda a produrre un reddito accettabi-le a causa del deterioramento dell’ambiente economico e/o fisico. La conseguenza diretta è unaumento del rischio di cessazione dell’attività che, a sua volta, implica una riduzione del presidiodel territorio, la possibile perdita di biodiversità e della tutela del paesaggio. Ciò può produrreeffetti sociali e ambientali complessivamente negativi. Tuttavia, dal punto di vista meramenteeconomico la scomparsa di aziende di piccole dimensioni (economiche e/o fisiche) non costitui-sce di per sé un elemento negativo.
La riduzione nel numero delle aziende di piccole dimensioni risulta essere un fenomeno comunea molti paesi industrializzati. Nel periodo tra il 1995 e il 1999, in Italia, il numero di aziende con talicaratteristiche si riduce, in termini assoluti, di circa 500.000 unità. In termini percentuali, la quotascende in media di sette punti, passando dal 65% al 59%, con riduzioni più accentuate nel Nord.Il fenomeno risulta diffuso in tutte le regioni, ad eccezione della Valle d'Aosta, dell'Abruzzo, dellaPuglia, della Campania e della Sicilia.
32
Marginalizzazione (1995= 100)
80
90
100
110
1995 1997 1998 1999
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
VIT
ALI
TÀ
33
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 20% 40% 60% 80%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19951999
VITA
LITÀ
Marginalizzazione
� � � � �
11. Diversificazione dell’attività lavorativa del conduttore
La percentuale delle aziende secondo l’attività lavorativa del conduttore fornisce una misura del-la diversificazione economica di una azienda: più è alta la percentuale di aziende con conduttoriche diversificano le attività, maggiore potrebbe essere la loro vitalità economica. La diversifica-zione delle attività è una strategia di medio-termine della gestione del rischio che, però, potrebberidurre l’efficienza economica.
Nel periodo tra il 1993 e il 1999 si conferma la generale tendenza dei conduttori agricoli adaumentare il grado di diversificazione delle loro attività con lavori extraziendali. La percentualedei conduttori con attività esercitata "esclusivamente presso l'azienda" scende dal 73,6% al71,3%, mentre sale quella degli occupati "prevalentemente presso l'azienda" (dal 3,6% al 5%) edi quelli con attività “extraziendale" (dal 22,8 al 23,6%). Ad eccezione del Nord-ovest, dove cre-sce in particolare la quota dei conduttori prevalentemente occupati presso l'azienda, nelle altrecircoscrizioni l'andamento risulta analogo a quello medio nazionale. Tra le regioni, il Piemonte, laValle d'Aosta, l'Emilia Romagna e la Toscana presentano una percentuale maggiore di aziendecaratterizzate da un'attività "esclusiva" del conduttore.
34
Diversificazione dell'attività del conduttore agricolo in Italia
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1993 1996 1999
Esclusiv. presso l'azienda Preval. presso l'azienda Preval. extraziendale
VIT
ALI
TÀ
35
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Esclusiv. presso l'azienda Preval. presso l'azienda Preval. extraziendale
VITA
LITÀ
Diversificazione dell'attività del conduttore agricolo (1999)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
12. Incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura
Il contributo del settore agricolo alla formazione della ricchezza nazionale fornisce indicazioni sulpeso del settore all’interno del sistema economico e, dunque, sulla sua competitività relativa-mente agli altri settori. Tuttavia esiste una relazione inversa tra questo indicatore e il livello dimaturità dell’economia, per cui nelle economie più avanzate i valori dell’indicatore sono più bas-si.
Negli ultimi anni l’incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura sul valore aggiunto totale ècostantemente diminuita, ad un tasso annuo del 2,5%, raggiungendo valori comparabili a quellidell’Europa centro-settentrionale. L’incidenza più bassa si registra nelle regioni del Nord-ovest ein quelle del Centro, mentre in particolare al Sud e isole il contributo del settore agricolo alla for-mazione del valore aggiunto totale rimane superiore al 4%, sebbene sia diminuito ad un tasso del2,7%, superiore a quello medio nazionale. Le regioni con la maggiore incidenza del valoreaggiunto dell’agricoltura (> 5%) sono la Basilicata, la Calabria e la Puglia.
36
Incidenza del valore aggiunto agricolo sul valore aggiunto totale
0%
1%
2%
4%
5%
6%
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
CO
MPET
ITIIV
ITÀ
37
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19952001
CO
MPETITIIV
ITÀ
Incidenza del valore aggiunto agricolo
sul valore aggiunto totale
� � � � �
13. Investimenti fissi lordi in agricoltura
Gli investimenti fissi lordi in agricoltura contribuiscono ad aumentare la competitività e l'efficienzadel settore. L’incidenza degli investimenti sul valore aggiunto agricolo si attesta intorno al 30%,con un tasso di crescita medio annuo dell’1,5% dal 1995 al 2001.
Le Regioni in cui si investe maggiormente sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Puglia. Tra il1995 e il 2001, la dinamica del tasso di accumulazione del capitale appare complessivamente increscita, con un tasso medio annuo di variazione pari a 2,4%. A livello di circoscrizione emerge lapositiva performance del Nord (3,1% per il Nord-est e 2,9% per il Nord-ovest), cui seguono il Sude isole (2,1%) e il Centro con una dinamica più modesta (1,2%), attribuibile per le prime soprat-tutto alla Sardegna, all’Abruzzo e alla Sicilia, per le seconde all’Umbria e al Lazio.
38
Spesa per investimenti fissi in agricoltura (1995 = 100)
90
100
110
120
130
140
150
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
CO
MPET
ITIV
ITÀ
39
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19952001
CO
MPETITIV
ITÀ
Spesa per investimenti fissi in agricoltura
(milioni di eurolire 1995)
☺ ☺ � � ☺
14. Carico di bestiame
Questo indicatore fornisce informazioni sulla potenziale pressione ambientale, in particolare sulsuolo, attribuibile all’attività zootecnica. Tale pressione è generata in particolare dagli effluentiprodotti dagli animali, ma anche dall’eccessivo calpestio, ed è una possibile causa di degrada-zione del suolo e di inquinamento delle acque.
Nel periodo tra il 1970 e il 2000, il valore dell’indicatore aumenta da 0,49 a 0,82 segnalando unacrescente pressione degli allevamenti sull’ambiente. Il fenomeno ha interessato tutte le circoscri-zioni, sebbene con importanza diversa. Gli aumenti più consistenti si sono verificati nelle regionidel Nord, ed in particolare, in Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Liguria; al Centro e al Sud e iso-le l’incremento è stato mediamente inferiore alla media nazionale. Fanno eccezione la Sarde-gna, il Molise e le Marche. In valore assoluto i maggiori valori dell’indicatore si sono registrati inLombardia, Veneto e Emilia Romagna.
40
Carico di bestiame (1970 = 100)
80
100
120
140
160
180
200
220
1970 1982 1990 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
SUO
LO
41
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19702000
SUO
LO
Carico di bestiame (UBA/SAU)
� � � � �
15. Patrimonio zootecnico
La pressione ambientale degli allevamenti zootecnici, oltre al carico di bestiame, varia in funzionedelle razze allevate. Ad esempio, l’eutrofizazzione delle acque, dovuta alla presenza di un’eleva-ta percentuale di azoto e di fosforo, tende ad essere più frequente nelle aree dove vi è una piùalta concentrazione di suini, mentre la degradazione del suolo è più frequente nelle zone conuna presenza più accentuata di ovi-caprini. La ripartizione degli allevamenti secondo la razzaallevata consente di evidenziare la pressione ambientale associata alle differenti razze.
Nel periodo in esame cambia la composizione degli allevamenti. Aumenta la quota dei suini edegli avicoli rispetto a quella dei bovini. Questa tendenza è più accentuata nelle regioni del Nord-ovest e del Nord-est, dove la riduzione dei bovini è compensata, nel primo caso, da un aumentonetto dei suini, nel secondo, dall'aumento anche degli avicoli. Nelle regioni del Centro si registraun aumento degli allevamenti ovi-caprini e avicoli, mentre più stabili nella composizione sono leregioni del Sud e isole.
42
Patrimonio zootecnico
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1970 1982 1990 2000
Bovini e bufalini Equini Suini Ovi-caprini Avicoli
SUO
LO
43
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Bovini e bufalini Equini Suini Ovi-caprini Avicoli
SUO
LO
Patrimonio zootecnico 2000
� � � � �
16. Bilancio di fosforo
L’indicatore informa sul bilancio di input/output di fosforo per ettaro di terreno, fornendo un dato disurplus quantitativo. L’eccesso di fosforo rilasciato nel terreno, attraverso fertilizzanti organici(letame, liquami) e fertilizzanti minerali (concimi di sintesi), è considerato una delle fonti agricoledi inquinamento e di alterazione degli equilibri biologici e strutturali dei suoli. Un eccesso di fosfo-ro nel suolo può infatti ridurre la diversità delle specie alterando gli equilibri competitivi. Il fosforoè inoltre la principale causa di eutrofizzazione delle acque. La riduzione dei livelli di fosforo nelterreno può richiedere alcuni decenni in quanto il fosforo disponibile viene sostituito dalle riservedi fosforo indisponibile presenti nel suolo. Non è pertanto ragionevole attendersi inversioni di ten-denza nel breve periodo, anche a seguito di eventuali riduzioni dei livelli di apporto.
Le regioni che presentano un surplus per ettaro più elevato sono quelle del Nord, ed in particola-re la Lombardia e il Veneto (più di 60 kg/ha), e l’Emilia Romagna (36 kg/ha). Sono però proprio leregioni del Nord a riportare le maggiori riduzioni negli ultimi sei anni, mentre quelle Centro-meri-dionali, ed in particolare Umbria, Puglia e Sicilia, nonostante i valori relativamente bassi, eviden-ziano i maggiori incrementi.
44
Surplus di fosforo (1994= 100)
60
80
100
120
140
160
180
200
220
240
1994 1998 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
SUO
LO
45
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1994
2000
SUO
LO
Surplus di fosforo (kg/SAU)
� � � � �
17. Consumo di prodotti fitosanitari
L’indicatore prende in considerazione l’ammontare di fitofarmaci (per classi di tossicità e secondoil contenuto in principi attivi) immessi in commercio annualmente, per ettaro di superficie trattabi-le. I fitofarmaci vengono utilizzati per proteggere i raccolti da parassiti, agenti patogeni e infe-stanti, e per assicurare una più elevata qualità della produzione. I tempi di persistenza di questesostanze nell’ambiente possono essere anche molto lunghi. Il maggiore impatto generato dal loroimpiego si esercita sul suolo (che subisce modifiche delle proprietà chimiche, fisiche e biologi-che), sulle risorse idriche, superficiali e profonde, sugli equilibri biologici (microfauna, flora e fau-na), nonché sulla salute umana.
In quindici anni la quantità di prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo in Italia è diminuita diquasi il 18%, con un forte calo (-10%) negli ultimi cinque anni, attribuibile ai prodotti molto tossicio tossici o tossici e nocivi. Non si è però verificata un’analoga riduzione dei principi attivi il cuiimpiego è rimasto sostanzialmente invariato. L’analisi per unità di superficie trattabile da un latoconferma le forti riduzioni dei prodotti con livelli di tossicità più elevati (soprattutto al Centro e alNord), dall’altro fa registrare un aumento del 3% dell’ammontare totale dei fitofarmaci e del 5%dei principi attivi; questi valori derivano principalmente dalla notevole riduzione della SAU regi-strata nel 2000.
46
Prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo (1997=100)
80
85
90
95
100
105
1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
SUO
LO
47
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 20 40 60 80 100
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino Alto-Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
SiciIia
Sardegna
Molto tossico o tossico Nocivo Non classificabile
SUO
LO
Prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo, per classi di tossicità (kg/ha, anno 2000)
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18. Emissioni di metano (CH4)
Una delle principali sfide della comunità internazionale in materia ambientale è la riduzione deigas ad effetto serra (GHG). Gli accordi presi nell'ambito del Protocollo di Kyoto prevedono infattila riduzione delle emissioni dei GHG del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 entro il periodo compre-so tra il 2008 e il 2012. Il metano è uno dei gas responsabili dell'effetto serra e del cambiamentoclimatico, con il conseguente aumento della temperatura della superficie terrestre e della bassaatmosfera, e preoccupanti ripercussioni per la vita della flora e della fauna. Oltre il 30% delleemissioni di metano è dovuto alle attività agricole, ed in particolare alle produzioni zootecniche(principalmente all’allevamento dei ruminanti) e alla coltivazione del riso.
Nel periodo 1994-2000 le emissioni di metano si sono ridotte dell’1,6%, passando da 720 mila aquasi 708 mila tonnellate. La riduzione è quasi interamente attribuibile al Nord-est, a fronte diincrementi al Nord-ovest e al Centro. La quantità più elevata di emissioni di CH4 viene prodotta alSud e isole (in particolare in Sardegna) e al Nord-ovest (soprattutto in Lombardia).
48
Emissioni di metano (1994=100)
80
90
100
110
120
1994 1997 1998 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
ATM
OSF
ERA
49
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1994
2000
ATM
OSFER
A
Emissioni di metano (tonnellate)
� ☺ � � �
19. Emissione di ammoniaca (NH3)
Le pratiche agricole determinano perdite di azoto per volatilizzazione, sotto forma di ammoniaca,che incrementano la caduta di piogge acide e l'eutrofizzazione dei suoli e dei sistemi acquatici.Circa il 90% delle emissioni di ammoniaca in Europa proviene dall’agricoltura. Le fonti principalisono: a) gli effluenti zootecnici (in funzione della loro composizione, gestione ed utilizzazione); b)la concimazione azotata minerale (in funzione della quantità di fertilizzante impiegato, delle carat-teristiche pedo-climatiche e dello stadio vegetativo della pianta al momento della concimazione).
Nell’ambito della Convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero (1999)vengono introdotti obiettivi di riduzione differenziati per paese che, nel loro insieme, dovrebberoportare, a livello europeo, ad una riduzione di NH3 del 17% rispetto ai livelli del 1990.
Nel periodo 1994-2000 si rileva un andamento decrescente delle emissioni atmosferiche di azo-to ammoniacale a livello sia nazionale sia regionale. Le maggiori riduzioni sono realizzate dalFriuli Venezia Giulia e dalla Campania.
50
Emissioni di ammoniaca (1994=100)
70
80
90
100
110
120
1994 1997 1998 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
ATM
OSF
ERA
51
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19941998
ATM
OSFER
A
Emissioni di ammoniaca (tonnellate)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
20. Emissioni di anidride carbonica (CO2)
L’indicatore consente di monitorare le emissione di CO2 di origine agricola. Esso in particolarestima le emissioni derivanti dalla combustione del gasolio delle trattrici, che costituiscono la prin-cipale fonte di CO2. L’accumulo di CO2 in atmosfera, alterando il suo bilancio radiattivo, può pro-vocare importanti modifiche degli equilibri climatici.
La riduzione delle emissioni di CO2 rientra tra gli obblighi stabiliti dalla Convenzione Quadro del-le Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dal Protocollo di Kyoto, che impegnano l’Italia ad unariduzione delle proprie emissioni di GHG del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 entro il periodo com-preso tra il 2008 e il 2012.
Dal 1994 al 1998 le emissioni di CO2 aumentano mediamente del 2,6%. La quantità maggiore diemissioni si rileva al Nord, ed in particolare in Lombardia, in Emilia Romagna (oltre 1000 migliaiadi tonnellate per anno) e in Veneto (964 mila tonnellate).
52
Emissioni di anidride carbonica (1998)
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
ATM
OSF
ERA
53
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1994
1998
ATM
OSFER
A
Emissioni di anidride carbonica (000 di tonnellate)
� � � � �
21. Uso diretto di energia
Questo indicatore stima il livello di consumo energetico relativo alla utilizzazione di alcuni inputdiretti utilizzati nello svolgimento dell'attività agricola (carburanti e oli lubrificanti). L'ammontare dienergia consumata dipende oltre che da fattori esterni quali le condizioni atmosferiche, dalle tec-nologie utilizzate, dall'introduzione di nuove pratiche agricole e dalle politiche che regolano l'uti-lizzo degli input.
Una razionalizzazione del consumo diretto di energia consente di ottenere benefici sia dal puntodi vista economico (maggiore efficienza) sia ambientale attraverso una maggiore conservazionedelle risorse non rinnovabili, una minore immissione di gas nell'atmosfera, una riduzione delrischio per la salute umana e dell’inquinamento delle acque.
Nel 2000 il consumo diretto di energia risulta pari a 363.713 GJ. Tra il 1998 e il 2000, esso siriduce del 6%, passando da 5,3 a 5 GJ per ettaro. Su tale andamento influisce la diminuzione delSud e isole e, in misura più modesta, quella del Nord-ovest, a fronte di un aumento degli impieghienergetici nelle regioni centrali.
54
Consumo diretto di energia (GJ/SAU)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Italia Nord-ovest Centro Sud e isole
19982000
ATM
OSF
ERA
55
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
Italia Nord-ovest Centro Sud e isole
1998
2000
ATM
OSFER
A
Consumo diretto di energia (GJ/azienda)
☺ n.d. � ☺ ☺
22. Bilancio di azoto
L'azoto rappresenta uno degli input indispensabili nella produzione sia vegetale sia animaleessendo fondamentale per la crescita e la produzione. I fabbisogni azotati variano in relazione altipo di coltura e/o di animale allevato, e alla loro performance produttiva. Per le produzioni vege-tali, la fonte di approvvigionamento di azoto è di natura sia inorganica che organica (letame ereflui), per gli animali invece, è costituita da vegetali e sottoprodotti somministrati in qualità di ali-menti. L'output delle produzioni vegetali, in termini di contenuto nutritivo, rappresenta l'input perquelle animali, e viceversa.
Un eccesso di azoto può compromettere la qualità delle acque superficiali e sotterranee (tramiteil percolamento e la lisciviazione), e dell'aria (tramite le emissioni di ammoniaca che incrementa-no la caduta di piogge acide), nonché l’equilibrio degli ecosistemi acquatici. Perdite di azoto impli-cano anche una perdita di risorse economiche per gli agricoltori.
Dopo una prima riduzione del surplus di azoto, nel 2000 si osserva un incremento medio dovutoanche alla contrazione della SAU rilevata dal Censimento. Solo al Centro resta confermata lariduzione rispetto al 1994 (-17,22%). Al Nord gli incrementi non superano il 10%, mentre al Sud eisole si registra un incremento superiore al 50%. A livello regionale emergono situazioni moltodiversificate con incrementi superiori al 230% (Puglia) e diminuzioni fino al 90% (Trentino AltoAdige).
56
Bilancio di azoto (1994=100)
40
60
80
100
120
140
160
1994 1997 1998 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
RIS
ORSE
ID
RIC
HE
(QU
ALI
TÀ)
57
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 20 40 60 80 100 120 140
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1994
2000
RISO
RSE ID
RIC
HE (Q
UA
LITÀ)
Bilancio di azoto (kg/SAU)
� � ☺ � �
23. Lisciviazione potenziale dei nitrati
L’indicatore misura la potenziale pressione ambientale delle attività agricole (coltivazioni e alle-vamento) sugli acquiferi.
Quando l’azoto disponibile eccede la quantità necessaria per coprire i fabbisogni, il surplus vienedisperso nell'ambiente attraverso processi di lisciviazione e volatilizzazione. La lisciviazione del-l'azoto è causa di inquinamento delle acque e, unitamente alla presenza di una cospicua quanti-tà di fosforo, è causa di eutrofizzazione delle acque. La quantità di azoto lisciviato e, il conse-guente livello di inquinamento idrico da nitrati, dipende non solo dalla quantità di azoto sommini-strato, ma anche dalle condizioni del sistema agro-ambientale (es. tipo di suolo), dal processo didenitrificazione, dalle condizioni climatiche e dalla stagione (la maggior parte delle perdite si evi-denzia in autunno ed in inverno quando il fabbisogno di azoto delle piante è ridotto e la minera-lizzazione della sostanza organica incrementa il contenuto di nitrati nell’acqua presente nel suo-lo), dagli ordinamenti colturali adottati (l’assorbimento di azoto dipende dal tipo di pianta) e dalletecniche di coltivazione (quantità e tempi di applicazione del fertilizzante). Situazioni di elevatosurplus di azoto potrebbero pertanto presentare bassi rischi di lisciviazione e, dunque, di inqui-namento, e viceversa, in funzione delle condizioni pedo-climatiche e tecniche.
Nel 2000 l’azoto lisciviato (11,37 kg/ha) era circa un quarto di quello in eccesso (cfr. indicatore22). Analizzando la quantità di azoto lisciviata, le rilevanti differenze tra i livelli di surplus presen-ti tra le circoscrizioni risultano molto attenuate, rendendo piuttosto uniformi i rischi di inquina-mento a livello territoriale. Tuttavia al Sud e isole si confermano i livelli più bassi (<10 kg/ha).
58
Lisciviazione potenziale dei nitrati (kg/ha, anno 2000)
0
10
20
30
40
50
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70
80
90
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
lisciviazione potenziale dei nitrati surplus di azoto
RIS
ORSE
ID
RIC
HE
(QU
ALI
TÀ)
59
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 20 40 60 80 100 120 140
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
lisciviazione potenziale dei nitrati surplus di azoto
RISO
RSE ID
RIC
HE (Q
UA
LITÀ)
Lisciviazione potenziale dei nitrati (kg/ha, anno 2000)
� � � � �
24. Consumo di fertilizzanti
I fertilizzanti minerali utili per il nutrimento delle piante, possono causare degradazione del suolo,inquinamento delle risorse idriche e problemi di instabilità degli ecosistemi acquatici (eutrofizza-zione e perdita di biodiversità). Il consumo per unità di superficie permette di avere indicazionisulla potenziale pressione ambientale della fertilizzazione.
L’utilizzo di fertilizzanti minerali viene regolato dal decreto legislativo 152/99 che recepisce ladirettiva europea 91/676/CEE, e dalla legge 748/84 e successive modifiche. Il Decreto del Mini-stero Politiche Agricole del 19/04/99 “Approvazione del Codice di Buona Pratica Agricola” ne defi-nisce inoltre le procedure d’uso.
Dopo il picco raggiunto nel 1993, la distribuzione di elementi fertilizzanti per ettaro di superficieconcimabile è stabilmente diminuita (fatta eccezione per un picco di dimensioni relativamenteridotte nel 1997) per poi risalire nel 2000, anno in cui si registra una notevole riduzione dellaSAU. Nel complesso, dal 1990 si rileva un aumento nelle ripartizioni del Centro e del Sud e isolee una riduzione in quelle del Nord-ovest. A livello regionale, un tasso annuo di variazione negati-vo si riscontra in Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Molisee Puglia.
60
Consumo di fertilizzanti (1990=100)
80
90
100
110
120
130
140
150
1990 1993 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
RIS
ORSE
ID
RIC
HE
(QU
ALI
TÀ)
61
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0 100 200 300 400 500 600
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1990
2000
RISO
RSE ID
RIC
HE (Q
UA
LITÀ)
Consumo di fertilizzanti (kg/superficie concimabile)
☺ ☺ � � �
25. Applicazione di un piano di concimazione
L’applicazione di un piano di concimazione, attraverso il controllo delle modalità, dei tempi e del-le dosi di concimazione, consente di ridurre l’eccesso di nutrienti nel suolo e la loro dispersionenelle acque. Questa pratica rappresenta una possibile risposta all’inquinamento ambientaledovuto ai fertilizzanti, e rientra tra le pratiche che contribuiscono alla sostenibilità dell’attività agri-cola.
La percentuale di aziende che adotta un piano di concimazione sta crescendo rapidamente. Dal1998 è aumentata di oltre il 40%, passando dal 20 al 30%. I maggiori incrementi si sono verifica-ti al Sud e isole (in particolare in Abruzzo, Campania e Calabria) che raggiunge così una percen-tuale comparabile a quella delle altre circoscrizioni. Al Centro la percentuale di aziende con pianodi concimazione resta inferiore alla media nazionale, nonostante il forte aumento registrato inUmbria.
62
Applicazione di un piano di concimazione (1998=100)
80
100
120
140
160
180
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
1998
2000
RIS
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ID
RIC
HE
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63
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1998
2000
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RSE ID
RIC
HE (Q
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LITÀ)
Applicazione di un piano di concimazione
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
26. Sistemi di irrigazione
L'indicatore consente di valutare la diffusione dei diversi metodi di irrigazione. Attualmente i siste-mi di irrigazione possono distinguersi in due categorie: quelli a maggiore consumo idrico (som-mersione, scorrimento superficiale e infiltrazione laterale); e quelli a minore intensità di impiego diacqua (aspersione e localizzata sottochioma). I sistemi di irrigazione appartenenti alla prima cate-goria generano una pressione ambientale maggiore di quelli appartenenti alla seconda. Essiinfatti, oltre a maggiori perdite di acqua, potrebbero comportare dispersione di sostanze, con pos-sibile inquinamento delle acque di falda, e fenomeni di ruscellamento con conseguente erosioneidrica.
I sistemi di irrigazione più ampiamente utilizzati sono l’aspersione (circa il 46% delle aziende irri-gue) e lo scorrimento superficiale e l’infiltrazione laterale (44%) che, per la notevole diminuzionedell’ultimo decennio, non è più il sistema prevalente. Nel Nord-ovest lo scorrimento superficialerimane il metodo prevalente (67% delle aziende), mentre nel Nord-est è l’aspersione il metodopiù diffuso (68%). Dal 1980 al 2000 l’evoluzione conferma una generale riduzione della aziendeche praticano lo scorrimento e la sommersione, e un aumento di quelle che adottano l’aspersionee l’irrigazione localizzata sottochioma, sistemi più efficienti e a minor impatto ambientale.
64
Sistemi d'irrigazione in Italia
g
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1982 1990 2000
aspersione sommersione scorrimento superficiale e infiltrazione laterale localizzata sottochioma altro sistema
RISO
RSE
IDRI
CHE
(QU
AN
TITÀ
)
65
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
aspersione sommersione
scorrimento superficiale e infiltrazione laterale localizzata sottochioma
altro sistema
RISORSE ID
RICHE (Q
UA
NTITÀ
)
Sistemi di irrigazione (2000)
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
27. Superficie irrigata
Questo indicatore viene proposto come proxy della quantità di acqua effettivamente utilizzata inagricoltura. I suoi valori risultano influenzati da alcuni fattori quali le condizioni pedo-climatiche eil tipo di colture praticate. La superficie irrigata, aumenta nelle regioni del Sud e nelle aree in cuisono maggiormente presenti le coltivazioni orticole e quelle di specie ad alto valore aggiunto.
Una percentuale più alta di SAU irrigata oltre ad indicare un maggiore uso della risorsa idrica, nelcaso di scarsa attitudine dei suoli alla coltivazione di determinate colture, potrebbe segnalare lapresenza di problemi di degradazione del suolo (erosione idrica, contaminazione dovuta al tra-sporto di sostanze chimiche) e, di conseguenza, di perdita di biodiversità.
In Italia, la superficie irrigata nel 2000 corrisponde, in termini assoluti, a 2.468.000 ettari, pari acirca il 18% della SAU. Rispetto al 1982, essa è aumentata lievemente in termini assoluti, e inmodo consistente rispetto alla SAU, passando dal 10% al 18%. Questo andamento è da attri-buirsi per la gran parte alla consistente contrazione della SAU registrata dal Censimento del2000. Al Nord si registrano la maggiore quota di SAU irrigata e i maggiori tassi di incrementoannui. Al Centro e al Sud la SAU irrigata non supera l’11%, sebbene cresca ad un tasso annuo dicirca il 3%. A livello regionale, gli incrementi maggiori si realizzano in Piemonte e in Valle d'Aosta.
66
Quota di SAU irrigata (1982=100)
100
120
140
160
180
200
220
1982 1990 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
RISO
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IDRI
CHE
(QU
AN
TITÀ
)
67
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
1982
2000
RISORSE ID
RICHE (Q
UA
NTITÀ
)
Quota di SAU irrigata
� � � � �
28. Fonti di approvvigionamento idrico
Dei prelievi dalle 741 fonti dalle quali gli Enti gestori delle regioni meridionali prelevano la risorsaidrica, il 53% è rappresentato da captazioni da falda profonda (la maggior parte mediante pozziprevalentemente dislocati in Puglia). Le captazioni con pozzi da falda superficiale sono il 5%(principalmente localizzate in Campania e Basilicata); quelle da sorgenti, le cui portate, spesso diesigua entità, sono utilizzate prevalentemente ad esclusivo uso irriguo, risultano l’8%. Le preseda lago naturale e/o serbatoi e laghi artificiali sono quasi il 10% e comprendono anche i grossiinvasi sottesi alle dighe. Si hanno, infine, 119 (16%) prese mediante traversa da fiume e 30 (4%)prese da canale.
I prelievi da falda (quasi il 60% di quelli censiti) provocano la maggiore pressione ambientale inquanto, se lo sfruttamento dei corpi idrici è superiore ai tempi di ricarica, si può verificare l’ab-bassamento dei livelli di falda e, nelle vicinanze del mare, l’intrusione salina con scadimento qua-litativo delle acque. La situazione è in realtà anche più grave in quanto l’indicatore non include lestrutture di approvvigionamento private che sfuggono alla pianificazione e al controllo, e chespesso sono legate a fenomeni di prelievo abusivo.
Di particolare rilievo il caso della Puglia dove al fatto già grave che il 92 % dei prelievi è da falda,si aggiunge un reticolo idrografico superficiale scarsamente sviluppato e un’agricoltura irriguamolto diffusa.
68
Ripartizione percentuale delle fonti di approvvigionamento idrico
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Abruzzo
Molise
Campania
Basilicata
Puglia
Calabria
Sicilia
Sardegna
RISO
RSE
IDRI
CHE
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AN
TITÀ
)
69
Sud e isole
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Abruzzo
Molise
Campania
Basilicata
Puglia
Calabria
Sicilia
Sardegna
Captazione da canale Captazione da sorgente Captazione da falda profonda
Captazione da falda superficiale Presa da lago artificiale Presa da lago naturale
Presa da fiume Altro tipo di opera
RISORSE ID
RICHE (Q
UA
NTITÀ
)
Tipologia di fonte di approvviggionamento idrico
�
29. Aree protette
Le aree protette sono caratterizzate da un rilevante valore naturalistico ed ambientale che vienetutelato con specifiche misure di salvaguardia, quali il divieto di svolgere attività che possanodanneggiare il paesaggio, gli ambienti naturali, la flora e la fauna protetta.
Un aumento del numero o della superficie di queste aree indica pertanto un miglioramento delpaesaggio e una maggiore tutela della biodiversità.
In Italia nel 2000 le aree protette risultano 669, (per un’estensione territoriale pari a 2.752.952ettari), di cui: 21 parchi nazionali; 143 riserve naturali statali; 15 riserve marine statali; 110 parchinaturali regionali; 252 riserve naturali regionali; e 128 altre aree naturali protette. Nell’ultimo quin-quennio, le aree protette sono aumentate dell’8,5% (passando da 445 a 669); in particolare èaumentato il numero dei parchi (da 75 a 110) e delle riserve naturali regionali (da 172 a 252).Nel Sud e isole è concentrata la maggior parte delle aree naturali nazionali (il 50% circa), corri-spondenti all’11,2% della sua superficie territoriale. A livello regionale, il contributo maggiore allaformazione della superficie nazionale protetta è dato nell’ordine da: Campania, Abruzzo, TrentinoAlto Adige; molto modesto è invece quello del Molise e della Liguria.
70
Aree protette (numero)
0
100
200
300
400
500
600
700
Parchi nazionali Riserve naturali emarine statali
Parchi e riservenaturali regionali
Altre aree naturaliprotette
Totale areeprotette
1993
2000
BIO
DIV
ERSI
TÀ
71
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
BIO
DIV
ERSITÀ
Aree protette (quota di superficie territoriale), 2000
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
30. Condizione delle specie vegetali
Questo indicatore consente di monitorare la presenza e la condizione di alcune specie vegetali inpericolo (incluse nel “Libro rosso”), rilevanti ai fini della conservazione della diversità delle specie.La misura della biodiversità viene in questo caso collegata al concetto di ricchezza delle specie,ovvero alla presenza/assenza di queste ultime.
Sebbene una riduzione del numero delle specie generalmente indichi una diminuzione della bio-diversità, l’interpretazione di questo indicatore richiede cautela in quanto sarebbe opportuno col-legarlo con i livelli attesi di ricchezza delle specie degli habitat e delle aree ecologiche oggetto diindagine, cioè con le specie caratteristiche dei diversi habitat.
Le regioni che presentano più specie vegetali in pericolo sono la Sicilia (589), il Lazio (563) e l'A-bruzzo (518). Per la prima, sono ben 6 le specie già estinte e 29 quelle estinte in natura. La mag-giore percentuale di specie minacciate e gravemente minacciate si registra in Sardegna, nelleMarche, in Puglia e in Liguria.
Non viene riportata l’analisi per circoscrizione e a livello nazionale in quanto l’aggregazione deidati regionali non corrisponde al numero delle specie in pericolo a livello di circoscrizione o nazio-nale perché ogni specie potrebbe essere in pericolo in più regioni.
72
Specie estinte ed in pericolo (1995)
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Estinte
Specie inpericolo
BIO
DIV
ERSI
TÀ
73
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Estinte
Minacciate
Estinte in natura
A minor rischio
Gravemente minacciate
Vulnerabili
BIO
DIV
ERSITÀ
Specie estinte ed in pericolo (1995)
31. Superficie forestale percorsa dal fuoco
Gli incendi boschivi costituiscono uno dei principali fattori di degrado e di distruzione del patrimo-nio forestale italiano. I danni causati dagli incendi sono di tipo diretto e indiretto. Il primo tiporiguarda i danni che hanno un immediato riscontro economico; il secondo i danni ambientali (alte-razione di popolamenti vegetali, riduzione della difesa idrogeologica, depauperamento dellavocazione paesaggistica e turistico-ricreativa, ecc.). L’indicatore può essere usato come proxydella perdita di biodiversità, sebbene sia opportuno collegarlo ad informazioni sulla fragilità deidiversi ecosistemi coinvolti. Esso fornisce inoltre informazioni sulla risposta, in termini di preven-zione e controllo, al fenomeno degli incendi.
Dal 1985 al 2000 quasi lo 0,7% della superficie forestale nazionale è stato, in media, annual-mente percorso dal fuoco. Dopo i minimi raggiunti nel 1995 e 1996 (0,2%), il valore dell’indicato-re è tornato a salire, raggiungendo livelli che oscillano tra lo 0,7% e lo 0,9%. Nel 2000 le regionidel Sud e isole fanno registrare valori (2,2% in media) molto più elevati rispetto alla media italia-na (0,87%). Le Regioni più intensamente colpite nel 2000 sono state la Puglia, la Sicilia e laCalabria, con una superficie interessata superiore di circa 10 volte a quella della maggior partedelle altre regioni italiane. La circoscrizione meno colpita è invece il Nord-est, con una media del-lo 0,03% di superficie forestale percorsa dal fuoco.
74
Superficie forestale percorsa dal fuoco (1985=100)
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
1985 1990 1995 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
BIO
DIV
ERSI
TÀ
75
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
0 1 2 3 4 5
1985
2000
BIO
DIV
ERSITÀ
Superficie forestale percorsa dal fuoco (1985=100)
� � � � �
32. Agricoltura biologica
L’agricoltura biologica si basa su metodi di produzione che escludono l’uso di fertilizzanti di sin-tesi, fitofarmaci, erbicidi e organismi geneticamente modificati, generando effetti positivi sulla bio-diversità.
Dal 1990 l’incremento della superficie biologica è stato incentivato attraverso numerosi regola-menti comunitari (Reg. CEE 866/90, Reg. CEE 2328/91, Reg. CEE 2078/92, Reg. CEE 2081/93e Reg. CEE 2088/93). Il Reg. 1804/99 ha esteso anche ai prodotti zootecnici il precedente rego-lamento (Reg. 2092/91) per il riconoscimento di produzione biologica.
Dal 1993 al 2000 si è verificata una continua crescita del peso dell’agricoltura biologica sia in ter-mini di superficie utilizzata che di numero di aziende. La quota di SAU destinata all’agricolturabiologica è passata dallo 0,6% all’8%, facendo registrare un incremento medio annuo del 38%.Gli aumenti più consistenti si sono rilevati al Sud e isole, ed in particolare in Sardegna e in Cala-bria. Riduzioni si evidenziano solo in Friuli Venezia Giulia. Parallelamente alla superficie, cresce,in particolare al Sud e isole, il numero di aziende biologiche (da 4.700 nel 1993 a 54.000 nel2000).
76
Quota di SAU ad agricoltura biologica (1993=100)
100
300
500
700
900
1100
1300
1500
1700
1900
2100
2300
2500
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole
BIO
DIV
ERSI
TÀ
77
Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35%
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
19932000
BIO
DIV
ERSITÀ
Quota di SAU ad agricoltura biologica
☺ ☺ ☺ ☺ ☺
33. Misure agroambientali
Le misure agroambientali rappresentano una possibile risposta per migliorare l'impatto dell’attivi-tà agricola sull'ambiente. Esse aumentano il valore ambientale delle aree agricole, con effettipositivi sulla conservazione della biodiversità.
Il regolamento sulle misure agroambientali (Reg. CEE 2078/92), sostituito dalla misura F nei pia-ni di Sviluppo Rurale (Reg. CE 1257/99), ha come obiettivo da un lato di limitare i rischi dell'in-quinamento di origine agricola favorendo produzioni meno intensive; dall'altro di incentivare azio-ni volte alla produzione di esternalità positive quali la tutela della biodiversità e il miglioramentodel paesaggio.
L’adozione delle misure agroambientali è cresciuta in modo considerevole. Nel 2000 la superficieinteressata ha raggiunto 2.748.914 ettari, corrispondenti al 21% della SAU nazionale. Nel con-tempo, è cresciuto il numero dei beneficiari che passa, nel periodo analizzato, da 14 mila a 194mila. Gli incrementi maggiori della quota di SAU interessata dalle misure agroambientali si sonorealizzati al Sud e isole, con un tasso di variazione annuo superiore a quello medio nazionale,pari al 91%; seguono le regioni del Nord-ovest (80%), quelle del Centro (77%) e quelle del Nordest (36%). A livello regionale, gli incrementi medi annui più consistenti si registrano in Campania,in Liguria e in Sardegna, mentre le maggiori quote di SAU si hanno in Valle d’Aosta e TrentinoAlto Adige.
78
Quota di SAU interessata da misure agroambientali (1994=100)
100
1000
1900
2800
3700
4600
5500
6400
7300
8200
9100
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34. Superficie Agricola Utilizzata
Variazioni nell’incidenza della SAU sul territorio nazionale comportano modifiche del paesaggioessendo l’agricoltura la principale utilizzatrice del territorio. Questo indicatore si riferisce alla strut-tura del paesaggio e riguarda la porzione di territorio destinata all’agricoltura.
Dal 1982 al 2000 la quota di superficie territoriale occupata dalla SAU si è ridotta del 16,6%, pas-sando dal 53% al 44%. A livello di circoscrizione, le riduzioni più modeste si verificano al Nord-est(-8,7%), mentre quelle più cospicue nelle regioni del Sud e isole (-21,5%), sebbene queste regio-ni conservino una più elevata porzione di territorio occupata dalla SAU. Le regioni che presenta-no una più alta incidenza di SAU sono la Puglia (65%), la Basilicata (54%), le Marche (52%) el’Emilia Romagna (50%), mentre quelle con una incidenza più bassa sono concentrate prevalen-temente al Nord: Liguria (12%) e Valle d’Aosta (22%).
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Superficie Agricola Utilizzata (1982=100)
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Superficie Agricola Utilizzata
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35. Indice di boscosità
Le foreste svolgono un ruolo centrale nella conservazione della biodiversità, nella protezioneidrogeologica, e dunque nel definire determinate condizioni ambientali che contribuiscono allaformazione del paesaggio. Esse rappresentano pertanto uno degli elementi fondamentali dellastruttura del paesaggio, sono importanti per lo svolgimento di attività economiche, turistico-ricrea-tive e residenziali.
In Italia il patrimonio boschivo ammonta a 6.853.808 ettari ubicati in prevalenza nelle regioni delNord, ed in particolare in Toscana, Piemonte e Trentino Alto Adige. L’indice di boscosità è del22,7%, un valore inferiore alla media europea nonostante la struttura orografica del nostro paesesia costituita in prevalenza da montagna e collina. I valori più elevati si riscontrano in Liguria,Trentino Alto Adige e Toscana. Dal 1960 al 2000 il patrimonio boschivo è aumentato di oltre unmilione di ettari, grazie non solo ad interventi di rimboschimento, ma anche alla ricolonizzazionenaturale di terreni agricoli abbandonati. Gli incrementi più consistenti si registrano nel Sud e iso-le (30%), ed in particolare in Sicilia, Sardegna e Puglia, con un tasso annuo di variazione di 0,87.La distribuzione fra le tipologie di bosco mostra la prevalenza del bosco ceduo (52,8% dellasuperficie forestale totale); cui seguono le fustaie (43,3%) e la macchia mediterranea (3,9%).
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Indice di boscosità (1960=100)
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Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
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Indice di boscosità
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36. Intensificazione
Le modalità di gestione dell’attività agricola influiscono sulle caratteristiche degli agro-ecosistemie, dunque, sul paesaggio agrario. L’indicatore può essere utilizzato per monitorare l’evoluzionedel paesaggio agrario legato alle forme di agricoltura intensiva, che costituisce una modalità digestione dell’attività agricola caratterizzata da un elevato impiego di input per unità di superficie edall'utilizzo di tecniche di coltivazione che possono generare effetti ambientali negativi. L’indica-tore può inoltre, essere utilizzato per assumere informazioni sul grado di sfruttamento del suolo.
Dal 1982 al 2000 si assiste ad un rallentamento del processo di intensificazione, con una ridu-zione del 14% della SAU destinata a colture intensive. Valori superiori alla media nazionale(12,5%) si riscontrano al Nord-est e al Sud e isole. A livello regionale le riduzioni ad un tassoannuo più alto si registrano in Liguria, in Toscana e in Sardegna, mentre le superfici a coltureintensive più estese si rilevano in Campania e in Sicilia.
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Intensificazione (1982=100)
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Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
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Intensificazione
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37. Concentrazione
I diversi assetti della struttura agricola influiscono sulla forma del paesaggio. La concentrazionedell'attività produttiva si riferisce alla diminuzione della numerosità delle aziende, fenomeno spes-so accompagnato da un lato ad un aumento della dimensione media, e dall’altro alla riduzionedel numero di aziende di piccole dimensioni, con il conseguente abbandono delle campagne e laperdita di paesaggio agrario.
Il numero delle aziende, nel periodo tra il 1982 e il 2000, si è ridotto di quasi 700 mila unità, cor-rispondenti a più del 20%. Questa riduzione è avvenuta soprattutto a carico delle aziende di pic-cole dimensioni (< 5 ha) che, rispetto a quelle di grandi dimensioni (> 50 ha), diminuiscono conun tasso medio annuo del 10%. Il fenomeno ha interessato in particolare il Nord-ovest e il Nord-est; al Centro questo rapporto si riduce con un tasso molto più modesto; al contrario, al Sud eisole aumenta, con tassi più elevati in Sardegna, Puglia e Basilicata.
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Concentrazione (1982=100)
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38. Manufatti ed elementi di naturalità
Gli elementi di naturalità, quali i filari, le siepi, i boschetti e le macchie di campo, e i manufatti,quali i fossi e le capezzagne, contribuiscono alla diversità del paesaggio e, in alcuni casi, allasua identità culturale. Le piccole formazioni forestali (boschetti, macchie di campo), i filari e lesiepi svolgono, inoltre, una funzione di conservazione della biodiversità.
Nel 1998 erano presenti, per unità di superficie, mediamente circa 28 metri di fossi e capezza-gne, e 8 metri di filari di alberi e siepi. Di questi ultimi, estensioni superiori alla media si ritrovava-no soprattutto al Nord-ovest (circa 15 m/ha) e al Nord-est (10 m/ha), ed in particolare in Lombar-dia, Veneto e Friuli Venezia Giulia; i fossi e le capezzagne in prevalenza al Nord-est. Le piccoleformazioni forestali si rilevavano principalmente al Nord-est (17 mq/ha) e al Centro (16 mq/ha),con le maggiori estensioni in Veneto, nelle Marche e in Toscana.
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Manufatti ed elementi di naturalità
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Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Italia
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APPENDICE 1LE TABELLE
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Variazione
1998/2000Italia
Numero di aziende 2.984 3.268 2.935 -1,64
SAU media 22,93 24,37 24,84 8,32
QL ad azienda 23,43 24,78 23,85 1,82
QL ad ha 1,02 1,02 0,96 -5,99
QL totali 69.902 80.982 70.008 0,15
Spesa ad azienda (euro) 998 1.135 1.304 30,68
Spesa ad ha (euro) 44 47 53 20,65
GJ ad azienda 121,73 128,86 123,92 1,80
GJ ad ha 5,31 5,29 4,99 -6,01
GJ totali 363.237 421.111 363.713 0,13
Nord-Ovest
Numero di aziende 222 240 181 -18,47
SAU media 12,78 18,87 22,36 74,91
QL ad azienda 17,17 16,31 28,96 68,61
QL ad ha 1,34 0,86 1,30 -3,60
QL totali 3.813 3.915 5.241 37,47
Spesa ad azienda (euro) 793 766 1.527 92,57
Spesa ad ha (euro) 62 41 68 10,10
GJ ad azienda 89,39 85,37 151,11 69,04
GJ ad ha 6,99 4,52 6,76 -3,36
GJ totali 19.845 20.489 27.350 37,82
Centro
Numero di aziende 533 504 483 -9,38
SAU media 23,62 24,76 24,18 2,36
QL ad azienda 28,05 31,44 32,20 14,80
QL ad ha 1,19 1,27 1,33 12,15
QL totali 14.950 15.844 15.552 4,03
Spesa ad azienda (euro) 1.094 1.379 1.764 61,17
Spesa ad ha (euro) 46 56 73 57,45
GJ ad azienda 145,59 163,30 167,29 14,91
GJ ad ha 6,16 6,60 6,92 12,25
GJ totali 77.601 82.304 80.803 4,13
Sud e isole
Numero di aziende 2.229 2.524 2.271 1,88
SAU media 23,77 24,81 25,17 5,88
QL ad azienda 22,94 24,26 21,67 -5,54
QL ad ha 0,97 0,98 0,86 -10,79
QL totali 51.139 61.223 49.214 -3,76
Spesa ad azienda (euro) 995 1.121 1.188 19,42
Spesa ad ha (euro) 42 45 47 12,79
GJ ad azienda 119,24 126,12 112,53 -5,63
GJ ad ha 5,02 5,08 4,47 -10,87
GJ totali 265.790 318.318 255.560 -3,85
Fonte: elaborazioni INEA su dati RICA, anni vari
2000
Anni
1998 1999
Tab. 21 - Uso diretto di energia Rapporto tra la quantità di energia consumata in agricoltura e la SAU (Giga Joule/hadi SAU)
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APPENDICE 2LA METODOLOGIA
148
DIMENSIONE SOCIALE
1. Occupazione agricola
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto tra gli occupati in agricoltura e il totale degli occupati.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1991 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1991 al 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Forze di lavoro, anni vari.
2. Indice di invecchiamento dei conduttori agricoli
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra il numero dei conduttori agri-coli con età superiore ai 65 anni e il numero totale dei conduttori agricoli.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1993 al 2000.
Periodo considerato: anni 1993, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari; Censimento gene-rale dell’agricoltura, 2003.
3. Livello di istruzione dei conduttori agricoli
Descrizione: l’indicatore è calcolato come ripartizione percentuale dei conduttori agricoli secondoil livello di istruzione, indicato dal tipo di titolo di studio conseguito: laurea, diploma, media infe-riore, elementari, privi di titolo.
Periodo considerato: anni 1990, 1995, 1997, 1998, 1999.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari.
4. Composizione degli occupati in agricoltura
Descrizione: l’indicatore è dato dalla differenza tra il tasso di occupazione maschile (rapporto tragli occupati in agricoltura di sesso maschile e il totale degli occupati in agricoltura) e il tasso dioccupazione femminile (rapporto tra gli occupati in agricoltura di sesso femminile e il totale deglioccupati in agricoltura).
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1991 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1991 al 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Annuario statistico italiano, anni vari.
5. Popolazione residente nei comuni rurali
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la popolazione residente neicomuni rurali e il totale della popolazione.
Viene definito rurale il comune che presenta una densità di popolazione inferiore a 100 abitantiper Kmq o una quota di popolazione attiva in agricoltura maggiore di 12,5 (due volte la mediacomunitaria) alla data del Censimento 1991. Il numero dei comuni rimane quindi fisso nel periodoconsiderato.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1991 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1991 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Movimento anagrafico dei comuni, anni vari.
DIMENSIONE ECONOMICA
6. Redditività del lavoro
Descrizione: l’indicatore, espresso in migliaia di eurolire 1995, è ottenuto calcolando il rapportotra il valore aggiunto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, ai prezzi di base, e le unità di lavoro inagricoltura.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1995 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1995 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari.
7. Redditività della terra
Descrizione: l’indicatore, espresso in migliaia di eurolire 1995, è ottenuto calcolando il rapportotra il valore aggiunto dell’agricoltura, ai prezzi di base, e la Superficie Agricola Utilizzata.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1988 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1988 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari; Censimento generale dell’agricoltura,1993, 2003; Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari.
8. Produttività del lavoro
Descrizione: l’indicatore, espresso in migliaia di eurolire 1995, è dato dal rapporto tra il valoredella produzione dell’agricoltura, caccia e silvicoltura e le unità di lavoro in agricoltura.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1980 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1980 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari.
9. Produttività della terra
Descrizione: l’indicatore, espresso in migliaia di eurolire 1995, è dato dal rapporto tra il valoredella produzione dell’agricoltura e la Superficie Agricola Utilizzata.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1982 al 2000.
Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari; Censimento generale dell’agricoltura,anni vari.
10. Marginalizzazione
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto tra il numero di aziende caratterizzate contempora-neamente da una Superficie Agricola Utilizzata inferiore a cinque ettari e da un livello di Unità diDimensione Economica inferiore a 4, e il numero totale di aziende agricole.
L’Unità di Dimensione Economica è il multiplo dell’ecu di riferimento con cui viene misurato ilReddito Lordo Standard attribuito all’azienda. L’ISTAT fa riferimento ad una media degli anni1993, 1994 e 1995 in base alla quale 1 UDE = 1.200 ecu = circa 1.200 euro.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1995 al 1999.
Periodo considerato: anni 1995, 1997, 1998, 1999.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari.
149
11. Diversificazione dell’attività lavorativa del conduttore
Descrizione: l’indicatore è dato dalla ripartizione percentuale delle aziende secondo il tempodedicato dal conduttore al lavoro presso l’azienda.
Periodo considerato: anni 1993, 1995, 1996, 1997, 1999.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari.
12. Incidenza del valore aggiunto dell’agricoltura
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto percentuale tra il valore aggiunto dell’agricoltura, sil-vicoltura e pesca e il valore aggiunto totale, entrambi espressi ai prezzi di base.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1995 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1995 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari.
13. Investimenti fissi in agricoltura
Descrizione: l’indicatore, espresso in milioni di eurolire 1995, è dato dalla somma degli investi-menti fissi lordi in agricoltura.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1995 al 2001.
Periodo considerato: serie annuale dal 1995 al 2001.
Fonte dei dati: ISTAT, Conti economici territoriali, anni vari.
DIMENSIONE AMBIENTALE
14. Carico di bestiame
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto tra le Unità Bovina Adulta (UBA) e la Superficie Agri-cola Utilizzata.
L’UBA, ossia l’unità in base nella quale viene espressa la consistenza media dell’allevamento,viene utilizzata per uniformare le differenze tra le specie zootecniche. Mediante l’utilizzo di appo-siti coefficienti di conversione (equini: 0,6; suini: 0,3; ovi-caprini: 0,1; avicoli: 0,7), tale unità per-mette di ottenere una misura standardizzata per equiparare capi di bestiame appartenenti a spe-cie diverse.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1970 al 2000.
Periodo considerato: anni 1970, 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
15. Patrimonio zootecnico
Descrizione: l’indicatore esprime la ripartizione percentuale del patrimonio zootecnico secondo lerazze allevate (avicoli, ovicaprini, suini, equini, bovini).
Periodo considerato: anni 1970, 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
16. Bilancio di fosforo
Descrizione: l’indicatore, espresso in kg di fosforo/ha/anno, è calcolato considerando l’appor-to dei fertilizzanti minerali e organici a cui si sottrae la quota trattenuta dalla pianta, come di
150
151
seguito indicato:
Bilancio di fosforo = (P fertilizzanti sintetici (1) + P effluenti zootecnici (2) + P delle sementi (3) –P asportato dalle coltivazioni (4) – P asportato dai foraggi (5)) / SAU(6)
Dove:
(1) quantità di fosforo contenuta nei concimi minerali distribuiti al consumo;
(2) quantità di fosforo contenuta negli effluenti zootecnici apportati al terreno, calcolata tenendoconto dello specifico sistema produttivo regionale (lunghezza del ciclo di produzione, pesofinale degli animali, alimentazione degli animali, etc…) e del flusso demografico degli ani-mali allevati;
(3) quantità di fosforo contenuta nelle sementi distribuite al terreno;
(4) quantità di fosforo assorbita dalle colture (produzione cereali, colture industriali, oleiche, pro-teiche, orticole e frutta, …);
(5) quantità di fosforo asportata dai foraggi (erbai, prati e pascoli)
(6) Superficie Agricola Utilizzata (seminativi, prati permanenti, pascoli, coltivazioni permanenti)
Livello geografico di dettaglio: areale 1km x 1km, regionale.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1994 al 2000.
Periodo considerato: anni 1994, 1998, 2000.
Fonte dei dati: Modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bolo-gna.
17. Consumo di prodotti fitosanitari
Descrizione: l’indicatore, espresso in kg/ha di superficie trattabile, è dato dal rapporto tra la quan-tità di prodotti fitosanitari (o principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari) distribuiti per uso agri-colo e la superficie trattabile.
I dati si riferiscono ai prodotti fitosanitari suddivisi per classi di tossicità (molto tossico, tossico,nocivo, non classificabile) e al loro contenuto in principi attivi.
I prodotti fitosanitari sono stati riclassificati dall’ISTAT nel 1997. I confronti con gli anni preceden-ti sono possibili facendo riferimento alla seguente tabella di corrispondenza:
Classificazione dal 1997 Classificazione anni precedenti al 1997
Fungicidi Anticrittogamici
Insetticidi ed acaracidi Insetticidi + rodentici
Erbicidi Diserbanti
Vari Fumiganti nematocidi +
Esche avvelenate +
Fitoregolatori +
Integratori della nutrizione vegetale
Anche i livelli di tossicità sono stati riclassificati dall’ISTAT, per cui, a meno di semplificazioni, nonè possibile effettuare confronti temporali con dati antecedenti al 1997.
La superficie trattabile è data dalla somma delle superfici destinate a: seminativo (al netto deiterreni a riposo); coltivazioni legnose agrarie (al netto dei canneti); coltivazioni foraggere perma-nenti (al netto dei pascoli); orti familiari.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1997 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1997 al 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Statistiche dell’Agricoltura, Statistiche ambientali, Dati congiunturali suimezzi di produzione (dati on line).
18. Emissioni di metano (CH4)
Descrizione: l’indicatore, espresso in tonnellate, è dato dalla quantità di metano emessa dal set-tore agricolo.
Nel calcolo delle emissioni di metano sono state considerate: a) la quantità emessa durante laruminazione degli animali in produzione (funzione della specie e della composizione della razionesomministrata); b) la quantità emessa per ha di risaia (funzione della tecnica di coltivazione).
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1994 al 2000.
Periodo considerato: anni 1994, 1997, 1998, 2000.
Fonte dei dati: Modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bolo-gna.
19. Emissioni di ammoniaca (NH3)
Descrizione: l’indicatore, espresso in tonnellate, è dato dalla quantità di ammoniaca (intesa comeperdita di azoto in forma ammoniacale) emessa dal settore agricolo.
Nel calcolo è stato utilizzato il seguente schema:
Emissioni NH3 = Emissioni stabulazione-ricovero animali (1) + Emissioni pascolo animali (2) +Emissioni stoccaggio effluenti zootecnici (3) + Emissioni spandimento effluenti zootecnici (4) +Emissioni concimazione azoto minerale (5)
(1) Perdite di azoto durante la stabulazione e/o il ricovero degli animali (funzione della specieanimale e del sistema produttivo, alimentazione in particolare).
(2) Perdite di azoto durante lo stazionamento all’aria aperta degli animali (funzione della specieanimale e del sistema produttivo, alimentazione in particolare).
(3) Perdite di azoto durante la fase di stoccaggio degli effluenti animali (funzione del sistemaadottato e dal tempo di stoccaggio).
(4) Perdite di azoto durante la fase di spandimento degli effluenti animali (funzione del sistemaimpiegato).
L’indicatore non tiene conto della voce (5).
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1994 al 2000.
Periodo considerato: anni 1994, 1997, 1998, 2000.
Fonte dei dati: Modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bolo-gna.
20. Emissioni di anidride carbonica (CO2)
Descrizione: l’indicatore, espresso in migliaia di tonnellate, è dato dalla quantità di anidride car-bonica emessa dal settore agricolo.
Per stimare le emissioni di CO2 dalla combustione del gasolio agricolo, si è seguita la metodolo-gia IPCC, descritta nei tre volumi Revised 1996 IPCC “Guidelines for National Greenhouse GasInventories”.
La quantità di gasolio consumata in agricoltura è stimata utilizzando valori che indicano il consu-mo medio di gasolio (litri di gasolio/ha) in riferimento alle operazioni colturali e alle operazioniaziendali meccanizzate.
Nel calcolo è stata utilizzata la seguente equazione:
t CO2 = (((((Litri gasolio per attività agro-zootecnica/densità gasolio)/10^6)* fattore di conversioneNCV (net calorific value)) * fattore di emissione di carbonio del gasolio) * frazione di carbonioossidato nel gasolio)*44/12
I dati sul consumo di gasolio in agricoltura sono tratti dalle tabelle dei consumi previste dal Decre-
152
to Ministeriale delle Politiche Agricole e Forestali del 26 febbraio 2002.
Le informazioni relative alle lavorazioni colturali sono tratte dai disciplinari di buona pratica agri-cola redatti dalla Regione Emilia Romagna.
I dati relativi alla Superficie Agricola Utilizzata e alla consistenza delle mandrie allevate sonoestratti dal modello ELBA.
Periodo considerato: anni 1994, 1998.
Fonte dei dati: Modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bolo-gna.
21. Uso diretto di energia
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto tra la quantità di energia consumata in agricoltura(espressa in Giga joule) e la Superficie Agricola Utilizzata.
Per determinare il livello dei consumi energetici diretti sono stati esaminati i consumi di carburan-ti e oli lubrificanti per ettaro di Superficie Agricola Utilizzata.
Per l’elaborazione si è proceduto nel modo seguente:
- sono state considerate le quantità ed i valori riportati per “lubrificanti” e “carburanti” negli archiviRL0110YU.DBF di CONTINEA delle contabilità relative al triennio 1998-2000;
- successivamente è stato eseguito il rapporto tra quantità e valore riportato per singolo mezzotecnico per calcolare un prezzo medio di acquisto;
- i prezzi dei combustibili sono stati confrontati con i prezzi medi riportati nei siti internet per il periododi riferimento (1998-2000) e con quelli riferiti direttamente dai Responsabili degli Uffici regionali del-la RICA;
- sono stati controllati dagli Uffici regionali della RICA quei prezzi che nei carburanti erano al disotto delle 500 lire al litro e al di sopra delle 2.400 al litro;
- sono stati controllati dagli Uffici regionali della RICA quei prezzi che nei lubrificanti erano al di sot-to delle 2.000 lire al kg ed al di sopra delle 50.000 lire al kg (probabilmente oli idraulici particolari);
- una volta inserite nel database le informazioni relative alle aziende controllate, il campione deicarburanti è stato suddiviso tra le voci “benzina” e “gasolio”, e moltiplicate le quantità di benzinaper 5,53 e le quantità di gasolio per 5,15. Questi due parametri (espressi in GJ per QL) sonotratti dalla tabella di riferimento delle energie unitarie dei fattori produttivi. La suddivisione delcampione dei carburanti è avvenuta secondo la seguente modalità: dove era esplicitato il tipo dicarburante è stata lasciata la voce tal quale; dove non era esplicitata la tipologia, ma era statariportata la generica voce “carburante”, si è utilizzata la voce “gasolio” per i carburanti che ave-vano un prezzo inferiore alle 1.400 lire al litro e “benzina” per gli altri;
- una volta inserite le informazioni per le aziende controllate, le quantità del campione dei lubrifi-canti sono state moltiplicate per 8,37 (coefficiente di trasformazione in GJ per QL);
- i dati sono stati stratificati per circoscrizione e per Polo.
Per il periodo preso in considerazione i dati relativi alle regioni del Nord-est non sono disponibili.
Nel calcolo dell’indicatore è stata utilizzata la lira come moneta di riferimento in quanto CONTI-NEA ha iniziato la rilevazione dei dati economici in euro a partire dall’anno contabile 2002, conl’entrata in vigore dell’euro. Tuttavia, nella tabella riassuntiva, i valori sono stati convertiti in euro.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1998 al 2000.
Periodo considerato: anni 1998, 1999, 2000.
Fonte dei dati: RICA, anni vari.
153
22. Bilancio di azoto
Descrizione: l’indicatore, espresso in kg/ha di SAU, è dato dal rapporto tra la differenza tra gliapporti e i prelievi di azoto e la Superficie Agricola Utilizzata.
Elaborato utilizzando il modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Universi-tà di Bologna, l’indicatore è calcolato secondo lo schema definito dall’OCSE (Soil SurfaceNutrients Balance).
Bilancio di azoto = (quantità di azoto distribuito con i concimi minerali (1) + azoto contenuto neglieffluenti di origine zootecnica (2) + azoto apportato con la pioggia (3) + fissazione biologica diazoto (4) + materiale di semina e di piantagione (5) - azoto asportato dalle colture (6) - azotoasportato dai foraggi (7)) / Superficie Agricola Utilizzata (8)
La voce (5) del precedente schema non è stata inclusa nel calcolo dell’indicatore.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1994 al 2000.
Periodo considerato: anni 1994, 1997, 1998, 2000.
Fonte dei dati:
(1) Quantità di azoto distribuito al consumo contenuto nei concimi minerali: ISTAT.
(2) Quantità di azoto contenuto negli effluenti di origine zootecnica apportati al terreno, calcolatatenendo conto dello specifico sistema produttivo regionale (lunghezza ciclo di produzione,pesi finali, alimentazione,...) e del flusso degli animali allevati: modello ELBA.
(3) Quantità di azoto apportata con la pioggia (mg di azoto/ mm di pioggia): Consorzio ITA, Mini-stero delle Politiche Agricole e Forestali e modello ELBA.
(4) Quantità di azoto fissato da microrganismi in relazione al tipo di coltivazione in atto: IstitutoNazionale per la Nutrizione delle Piante .
(6) Quantità di azoto asportata dalle colture (produzione di cereali, colture industriali, oleiche, pro-teiche, orticole e frutta,...): ISTAT e modello ELBA.
(7) Quantità di azoto asportata dai foraggi (produzione da erbai, prati e pascoli): ISTAT e model-lo ELBA.
(8) Superficie Agricola Utilizzata (seminativi, prati permanenti e pascoli, coltivazioni permanenti):ISTAT e DG REGIO.
23. Lisciviazione potenziale dei nitrati
Descrizione: l’indicatore, espresso in kg/ha di SAU, è dato dal rapporto tra la quantità di azotolisciviato e la Superficie Agricola Utilizzata.
Questo indicatore, elaborato su base regionale, è stato calcolato per la prima volta nel 2000, nonesistono pertanto riferimenti ad anni precedenti.
La quantità di nitrati potenzialmente soggetta a lisciviazione viene stimata dal modello ELBA(Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bologna, sulla base di un bilanciotra gli apporti e i fabbisogni dell’intero ciclo colturale:
Fabbisogno di Azoto (kg/ha) = N_ UPTK(kg/ha) – N_AVA (kg/ha)
dove :
- N_UPTK = azoto assorbito dalla coltura, calcolato in funzione della produzione media per etta-ro e della capacità di assorbimento della coltura;
- N_AVA = azoto disponibile per la coltura durante il suo ciclo di crescita e derivante da fontidiverse dalla concimazione organica ed inorganica = azoto presente nel terreno all’inizio delciclo colturale (1) + azoto disponibile per effetto della mineralizzazione della sostanza organicapresente nel terreno (2) + azoto derivante dai residui della coltura precedente(1) (3) + azoto deri-vante dagli effetti residuali di fertilizzazioni organiche effettuate negli anni passati (4).
154
Gli apporti di azoto sono calcolati al netto dei consumi nel settore florovivaistico; gli asporti nonconsiderano le perdite per volatilizzazione.
La quota potenzialmente lisciviata è calcolata in funzione della coltura (copertura del suolo), del-la piovosità invernale, della tecnica di coltivazione e della quantità di azoto immediatamente dis-ponibile per la coltura. Nel periodo invernale, la quota dilavata è stata stimata in funzione dellapiovosità:
- con piovosità inferiore ai 150 mm: nessuna perdita di azoto disponibile;
- con piovosità compresa fra i 150 ed i 250 mm: perdita del 50% dell’azoto disponibile (2);
- con piovosità superiore ai 250 mm: perdita del 100% dell’azoto disponibile (2).(1) Voce non considerata nel calcolo
Periodo considerato: anno 2000.
Fonte dei dati: Modello ELBA (Environmental Liveliness and Blent Agriculture), Università di Bolo-gna; uso del suolo per unità territoriali di 1 kmq, relativo all’intera superficie agricola italiana, daticlimatici e dati sul profilo del suolo: Consorzio ITA.
24. Consumo di fertilizzanti
Descrizione: l’indicatore, espresso in kg/ha di superficie concimabile, è dato dal rapporto tra laquantità di elementi fertilizzanti (azoto, anidride fosforica e ossido di potassio) distribuiti per usoagricolo e la superficie concimabile.
I dati sugli elementi fertilizzanti sono rilevati dall’ISTAT presso le ditte produttrici e importatrici chedistribuiscono questi prodotti agli agricoltori, ai commercianti, ai consorzi agrari, alle cooperativee associazioni. Si tratta di dati relativi alla vendita dei fertilizzanti e non al loro utilizzo effettivo.
La superficie concimabile è data dalla somma delle superfici destinate a: seminativo (al netto deiterreni a riposo); coltivazioni legnose agrarie (al netto dei canneti); coltivazioni foraggere perma-nenti (al netto dei pascoli); orti familiari.
Per consentire eventuali confronti internazionali, la quantità di elementi fertilizzanti viene rappor-tata anche alla Superficie Agricola Utilizzata, sebbene in questo caso i consumi per ettaro sianosottostimati.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1990 ed il 2000.
Periodo considerato: anni 1990, 1993, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Statistiche dell’Agricoltura, anni vari; Statistiche ambientali, anni vari; Daticongiunturali sui mezzi di produzione (dati on line).
25. Applicazione di un piano di concimazione
Descrizione: l’indicatore è dato dalla percentuale di aziende agricole che adottano un pianoannuale di concimazione.
Viene inoltre calcolata la variazione percentuale dal 1998 al 2000.
Periodo considerato: anni 1998, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, 1998; Censimento generaledell’agricoltura, 2003.
26 . Sistemi di irrigazione
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto percentuale tra il numero di aziende che adottano idiversi sistemi di irrigazione (aspersione, sommersione, scorrimento superficiale e infiltrazionelaterale, irrigazione localizzata sottochioma, altro sistema) e il numero totale delle aziende irri-gue.
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Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
27. Superficie irrigata
Descrizione: l’indicatore è dato dal rapporto percentuale tra la superficie irrigata e la SuperficieAgricola Utilizzata.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1982 al 2000.
Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
28. Fonti di approvvigionamento idrico
Descrizione: l’indicatore è dato dal numero di fonti di approvvigionamento idrico da cui attingonoi Consorzi di Bonifica, censite nelle regioni del Sud e isole (Abruzzo, Molise, Campania, Basilica-ta, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna), secondo le differenti tipologie (captazione da canale, cap-tazione da sorgente, captazione da falda profonda, captazione da falda superficiale, presa dalago artificiale, presa da lago naturale, presa da fiume, sollevamento da vasca di raccolta, altrotipo di opera).
Come fonti di approvvigionamento idrico sono intese le opere di presa sui corpi idrici, cioè lestrutture che consentono il prelievo di acqua (per l’irrigazione) dai corpi idrici. I dati riguardano lefonti gestite da enti gestori pubblici; non sono quindi incluse tutte le strutture di approvvigiona-mento private.
E’ stato considerato l’approvvigionamento: a) continuativo; b) stagionale; c) di emergenza.
Periodo considerato: anno 1999.
Fonte dei dati: INEA, POM risorse idriche 1994-1999.
29. Aree protette
Descrizione: l’indicatore è dato dal numero di aree protette (statali e regionali) iscritte nel 3°aggiornamento dell’elenco ufficiale del Ministero dell’Ambiente.
Vengono inoltre calcolate la superficie e la quota di superficie territoriale occupata da aree pro-tette.
Nell’elenco ufficiale del Ministero dell’Ambiente sono iscritte tutte le aree protette per le quali esi-ste un provvedimento istitutivo formale, pubblico o privato, e che presentano caratteristiche dirilevante valore naturalistico ed ambientale tutelato con specifiche misure di salvaguardiaambientale.
Non è stata considerata una serie storica in quanto esistono incoerenze tra i periodici aggiorna-menti.
Periodo considerato: anno 2000.
Fonte dei dati: Ministero dell’Ambiente, Servizio della conservazione della natura (3° aggiorna-mento elenco ufficiale delle Aree naturali protette).
30. Condizione delle specie vegetali
Descrizione: l’indicatore è dato dal numero di specie vegetali, estinte ed in pericolo, incluse nella“Lista rossa”.
La “Lista rossa” è stata promossa nel 1990 dall’Associazione italiana per il WWF, sotto la direzio-ne del Ministero dell’Ambiente e realizzata, successivamente, dalla Società Botanica Italiana. Ilrilevamento ha interessato solo le piante vascolari (tracheofite: pteridofite, gimnosperme e angio-
156
sperme), la cui valutazione risulta più facile da realizzare e, quindi, più attendibile. Nella tabella sidistingue tra specie in pericolo (gravemente minacciate, minacciate, a minor rischio, vulnerabili),specie estinte e specie estinte in natura. Secondo le definizioni previste dall’IUCN (InternationalUnion for Conservation of the Nature) una specie è:
- estinta quando non vi è alcun ragionevole dubbio che l’ultimo individuo sia morto;
- estinta in natura quando accurate indagini nell’habitat noto o presunto, in tempi appropriati e intutto l’areale storico, non sono riuscite a registrare un solo individuo;
- in pericolo critico quando allo stato selvatico, nell’immediato futuro, si trova ad un rischio diestinzione estremamente alto;
- vulnerabile quando non è in pericolo critico o in pericolo, ma si trova ad alto rischio di estinzioneallo stato selvatico nel medio periodo;
- basso rischio quando non rischia l’estinzione allo stato selvatico in un futuro prossimo, ma sonoben evidenti alcuni fattori di rischio.
Periodo considerato: anno 1995.
Fonte dei dati: Società botanica italiana - WWF, “Liste rosse regionali delle piante d’Italia”, Came-rino.
31. Superficie forestale percorsa dal fuoco
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la superficie forestale percor-sa dal fuoco e la superficie forestale totale.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1985 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1985 al 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Statistiche forestali, anni vari; Coltivazioni agricole e foreste, anni vari; Col-tivazioni agricole, foreste e caccia, anni vari.
32. Agricoltura biologica
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la Superficie Agricola Utilizza-ta investita ad agricoltura biologica e la Superficie Agricola Utilizzata totale.
Viene riportato anche il numero di aziende che praticano l’agricoltura biologica.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1993 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1993 al 2000.
Fonte dei dati: Biobank su dati forniti dagli organismi di controllo, anni vari; ISTAT, Struttura e pro-duzioni delle aziende agricole, anni vari; Censimento generale dell’agricoltura, 2003.
33. Misure agroambientali
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la Superficie Agricola Utilizza-ta interessata da misure agroambientali (Reg. CEE 2078/92 e misura F Reg. CE 1257/99) e laSuperficie Agricola Utilizzata totale.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1994 al 2000.
Periodo considerato: serie annuale dal 1994 al 2000.
Fonte dei dati: AGEA, anni vari; ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole, anni vari;Censimento generale dell’agricoltura, 2003.
34. Superficie Agricola Utilizzata
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la Superficie Agricola Utilizza-
157
158
ta e la superficie territoriale.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1982 al 2000.
Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
35. Indice di boscosità
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la superficie forestale e lasuperficie territoriale.
Per l’anno 2000 viene anche riportata la superficie forestale ripartita secondo la tipologia di bosco(Fustaie: resinose, latifoglie, resinose e latifoglie consociate; Cedui: semplici, composti; Macchiamediterranea).
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1960 al 2000.
Periodo considerato: anni 1960, 1970, 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Statistiche forestali, anni vari; Dati sulla superficie e le utilizzazioni foresta-li (dati on line); Annuario statistico, 2003.
36. Intensificazione
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra la Superficie Agricola Utilizza-ta investita a colture intensive (patata, ortive, vite, agrumi, fruttiferi) e la Superficie Agricola Utiliz-zata totale.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1982 al 2000.
Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
37. Concentrazione
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto tra il numero di aziende con Superficie Agri-cola Utilizzata < 5 ha e il numero di aziende con Superficie Agricola Utilizzata > 50 ha.
Viene inoltre calcolato il tasso medio annuo di variazione dal 1982 al 2000.
Periodo considerato: anni 1982, 1990, 2000.
Fonte dei dati: ISTAT, Censimento generale dell’agricoltura, anni vari.
38. Manufatti ed elementi di naturalità
Descrizione: l’indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra l’estensione degli elementi dinaturalità (filari di alberi, siepi; boschetti, macchie di campo) e dei manufatti (fossi, capezzagne) ela Superficie Agricola Utilizzata.
Periodo considerato: anno 1998.
Fonte dei dati: ISTAT, Struttura e produzioni delle aziende agricole - Anno1998.
APPENDICE 3DOCUMENTI DELL’UNIONE EUROPEA
160
La sostenibilità e lo sviluppo rurale nei documenti politici dell’Unione Europea
Riferimenti alle dimensioni ecologica, economica e socialedell’agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale
Le finalità della politica agricola comune sono:
- incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando ilprogresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della pro-duzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori diproduzione, in particolare della manodopera,
- assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agri-cola, grazie in particolare al miglioramento del reddito indivi-duale di coloro che lavorano nell’agricoltura,
- stabilizzare i mercati,
- garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, - assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.
p. 23 (…) Parallelamente, l’UE dovrebbe sforzarsi di valorizzareil potenziale economico e ambientale delle zone rurali nonchéla loro capacità di fornire posti di lavoro durevoli.
p. 28 (…) Almeno altrettanto importanti [rispetto ai prezzi] sono lasicurezza e la qualità delle derrate. (…) In questo settore assu-mono crescente importanza le questioni di compatibilitàambientale dei metodi di produzione nonché gli aspetti legatial benessere degli animali. (...)
Garantire un equo livello di vita per la popolazione agricola econtribuire alla stabilità dei redditi agricoli restano obiettivi fon-damentali della PAC. In questo contesto, le questioni della diffe-renziazione e ridistribuzione degli aiuti al reddito per gli agricolto-ri e del mantenimento dell’agricoltura sostenibile, acquistanocrescente importanza, e ciò non solamente dal punto di vistadella coesione sociale.
L’integrazione degli obiettivi ambientali nella PAC e il poten-ziamento del ruolo che gli agricoltori possono e dovrebberosvolgere sul piano della gestione delle risorse naturali e dellasalvaguardia del paesaggio rappresentano un altro obiettivosempre più determinante nella PAC.
La creazione di fonti di reddito e occupazione complementa-ri o alternative per gli agricoltori e le loro famiglie, sia nel-l’ambito dell’azienda che al di fuori di essa, resta un obiettivoessenziale per il futuro, dato il ridursi delle possibilità di impiego
Trattato di Amsterdam,Articolo 33 (Trattato di Roma,Art. 39)
Agenda 2000
COM(97)2000 def.
nel settore agricolo propriamente detto. Le zone rurali sono pluri-funzionali e gli agricoltori dovrebbero essere incoraggiati a sfrut-tare tutte le possibilità imprenditoriali che si offrono loro.
Un’ultima considerazione, non meno importante: pur riconoscen-do la necessità di migliorare la competitività agricola di tutte lezone rurali e di promuoverne la diversificazione economica, lepolitiche relative all’agricoltura e alle zone rurali devono contri-buire alla coesione economica all’interno dell’Unione.
Memorandum esplicativo, Il modello europeo di agricoltura:
E’ opportuno elencare qui quali dovrebbero essere le linee princi-pali di questo modello:
- un settore agricolo competitivo che possa gradualmenteaffrontare il mercato mondiale senza essere sovra-compensato,in quanto questo sta diventando sempre più inaccettabile a livel-lo internazionale;
- metodi di produzione ecocompatibili, capaci di offrire pro-dotti di qualità come richiesto dalla società;
- forme diverse di agricoltura, ricche in tradizione, che non sianosolo orientate alla produzione, ma mirino a mantenere sia ilpaesaggio rurale sia comunità rurali attive, che generano emantengono l’occupazione;
Preambolo:
(21) considerando che, per poter fruire dei pagamenti per super-ficie, i coltivatori dovrebbero ritirare dalla produzione una percen-tuale prestabilita dei propri seminativi; che i terreni ritirati dallaproduzione dovrebbero ricevere una destinazione tale darispettare determinati criteri minimi di difesa dell’ambiente;(…)
Preambolo:
(14) considerando che, per potenziare gli incentivi alla produ-zione estensiva al fine di aumentarne l’efficacia rispetto agliobiettivi ambientali, si dovrebbe concedere un importo supple-mentare ai produttori che soddisfano requisiti severi ed effettiviriguardo al coefficiente di densità;
(…)
(pagamenti supplementari) art. 14, (...)
3. I requisiti specifici relativi ai coefficienti di densità sono stabiliti:- tenendo conto, in particolare, dell’impatto ambientale del tipo
di produzione considerato, della sensibilità ambientale del terre-no utilizzato per l’allevamento del bestiame e delle misure appli-cate allo scopo di stabilizzare o migliorare la situazione ambien-tale di tale terreno.
161
Proposta per unRegolamento del Consiglio(CE) concernente la riformadella politica agricolacomune
COM (1998) 182 def., 18marzo 1998
Regolamento (CE) n.1251/1999 del Consiglio del17 maggio 1999 cheistituisce un regime disostegno a favore deicoltivatori di taluni seminativi
Regolamento del Consiglio(CE) n. 1254/1999 relativoall’organizzazione comunedei mercati nel settore dellecarni bovine
162
Preambolo:
(3) considerando che, a norma dell’articolo 159 del trattato, l’at-tuazione delle politiche comunitarie deve tener conto degli obiet-tivi della coesione economica e sociale stabiliti dagli articoli 158e 160 e concorrere alla loro realizzazione; che le misure destina-te allo sviluppo rurale dovrebbero pertanto contribuire a tale poli-tica nelle regioni in ritardo di sviluppo (obiettivo n. 1) e nelle regio-ni con difficoltà strutturali (obiettivo n. 2), (…);
(6) considerando (…) che una politica dello sviluppo ruraledovrebbe essere finalizzata a ricostituire e a rafforzare la com-petitività delle zone rurali, contribuendo in tal modo a mante-nere e a creare posti di lavoro in queste zone;
(18) considerando che gli aiuti comunitari agli investimenti hannoper oggetto l’ammodernamento delle aziende agricole e ilmiglioramento della loro redditività;
(22) considerando che occorre intensificare le iniziative di forma-zione e informazione degli agricoltori riguardo ai metodi di pro-duzione agricola compatibili con l’ambiente;
(24) considerando che il sostegno alle zone svantaggiate dovreb-be contribuire ad un uso continuato delle superfici agricole, allacura dello spazio naturale, al mantenimento e alla promozio-ne di sistemi di produzione agricola sostenibili;
(31) considerando che il regime di aiuti agroambientali dovrebbecontinuare a incoraggiare gli agricoltori ad operare nell’interessedell’intera società, introducendo o mantenendo metodi di pro-duzione compatibili con le crescenti esigenze di tutela emiglioramento dell’ambiente, delle risorse naturali, del suoloe della diversità genetica, nonché con la necessità di salva-guardare lo spazio naturale e il paesaggio;
(40) (…) considerando che l’elenco di tali misure dovrebbe esse-re stabilito in base all’esperienza acquisita e tenendo conto del-l’esigenza che lo sviluppo rurale si basi in parte su attività e ser-vizi extra agricoli, in modo da invertire la tendenza al declinosocioeconomico e allo spopolamento della campagna; cheoccorrerebbe sostenere misure volte ad eliminare le inegua-glianze e a promuovere la parità di opportunità fra uomini edonne;
(41) considerando che i consumatori richiedono in misurasempre maggiore prodotti agricoli e derrate alimentari otte-nuti con metodi biologici; che questo fenomeno sta quindicreando un mercato nuovo per i prodotti agricoli; che l’agricoltu-ra biologica migliora la sostenibilità delle attività agricole econtribuisce pertanto ai fini generali del presente regolamento;(…)
Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consigliodel 17 maggio 1999 sulsostegno allo sviluppo ruraleda parte del Fondo europeoagricolo di orientamento e digaranzia (FEAOG) chemodifica ed abroga taluniregolamenti
163
Preambolo:
(3) considerando che ai fini di una migliore integrazione delladimensione ambientale nelle organizzazioni comuni di mercatogli Stati membri dovrebbero applicare misure ambientaliadeguate per quanto riguarda i terreni e la produzione agri-cola oggetto di pagamenti diretti; che gli Stati membri dovreb-bero decidere sulle conseguenze in caso di mancato rispetto deirequisiti in materia ambientale; che gli Stati membri dovrebbe-ro essere autorizzati a ridurre o persino a sopprimere i bene-fici derivanti dai regimi di sostegno se detti requisiti nonsono soddisfatti; che gli Stati membri dovrebbero adottare talimisure ferma restando la possibilità di concedere aiuti in cambiodi impegni agroambientali di carattere facoltativo;
(4) considerando che per stabilizzare la situazione dell’occu-pazione in agricoltura e per tener conto della prosperità glo-bale delle aziende e del sostegno comunitario a dette aziendecontribuendo così ad assicurare un tenore di vita equo allapopolazione agricola, comprendente tutti i lavoratori del settore,gli Stati membri devono essere autorizzati a ridurre i pagamentidiretti agli agricoltori nei casi in cui (…);
(7) considerando che i regimi di sostegno della politica agricolacomune prevedono un sostegno diretto al reddito, in particolareal fine di assicurare un equo tenore di vita alla popolazioneagricola; che tale obiettivo è strettamente connesso al manteni-mento delle zone rurali; (…)
(8) Il Consiglio prende atto del ruolo plurifunzionale dell’agri-coltura, che va dalla produzione di cibo e materie prime rin-novabili, alla gestione dei paesaggi rurali e alla tutela del-l’ambiente. Il contributo dell’agricoltura alla vitalità dellezone rurali è altresì indiscutibile (…).
(9) L’integrazione dei requisiti concernenti la tutela dell’am-biente e lo sviluppo rurale nelle politiche settoriali è un ele-mento essenziale per il buon esito dello sviluppo socio-eco-nomico e per attuare e migliorare la politica ambientale. (…)
(11) L’agricoltura sostenibile richiede che le risorse naturalisiano gestite in modo da consentire di trarre vantaggio da que-ste ultime anche in futuro. Essa tiene conto della necessità dipreservare l’equilibrio globale e il valore del patrimonio natu-rale e dell’esigenza che l’agricoltura sia competitiva.
(13) Tali finalità [le finalità della politica agricola comune indicatenell’articolo 33 del trattato di Amsterdam], completate dal contri-buto dell’agricoltura alla vitalità delle zone rurali, includonoimportanti aspetti economici e sociali all’approccio basatosulla sostenibilità. L’agricoltura svolge un’importante funzionecontribuendo a mantenere l’occupazione nelle zone rurali ein tutto il ciclo di produzione alimentare e non alimentare.
Regolamento (CE) n. 1259/1999 del Consigliodel 17 maggio 1999 chestabilisce norme comunirelative ai regimi di sostegnodiretto nell’ambito dellapolitica agricola comune
Strategia per l’integrazionedegli aspetti ambientali edello sviluppo sostenibilenella politica agricolacomune
definita dal Consiglio“Agricoltura”, 15 novembre1999
(15) L’integrazione degli aspetti ambientali nella PAC inizia dal rico-noscimento che un livello di riferimento, che dipende dalle condi-zioni locali, delle buone pratiche agricole, deve essere rispettatoin tutte le aree agricole dell’UE. Come principio generale, gli agri-coltori che contribuiscono alla tutela dell’ambiente in misura supe-riore al livello di riferimento previsto dalle buone pratiche agricoledevono essere adeguatamente remunerati. Alcuni metodi di produ-zione agricola, come ad esempio l’agricoltura biologica, l’agricoltu-ra integrata e la tradizionale produzione agricola a bassi consumiintermedi, e le produzioni tipiche locali generano una combinazionedi effetti ambientali, sociali ed economici positivi.
(36) Occorrerebbe promuovere, in quanto elementi dell’agricol-tura sostenibile, i metodi etici di produzione e il benesseredegli animali.
(46) E’ necessario approfondire e sviluppare maggiormente lapolitica rurale integrata, tenendo conto della dimensionesocio-economica, incoraggiando la cooperazione ed il dialogo aifini della sostenibilità tra i soggetti interessati (autorità ambienta-li, organizzazioni non governative, organizzazioni degli agricolto-ri e enti pubblici) e le misure nazionali. La politica di sviluppo rura-le - in quanto secondo pilastro della PAC - intende definire unquadro coerente e sostenibile per il futuro delle zone rurali, pun-tando a riattivare e rafforzare la competitività, contribuendo intal modo al mantenimento dell’occupazione.
(87) (…) E’ importante ampliare il campo degli indicatori in mododa includere la plurifunzionalità dell’agricoltura e lo svilupposostenibile.
Il Consiglio conviene che:
- L’agricoltura sostenibile garantisce che la base naturale del-l’agricoltura rimanga produttiva e la produzione agricola possaessere competitiva in futuro e che le attività agricole mirino apromuovere un impatto ambientale positivo.
- (…) L’agricoltura è plurifunzionale ed ha ovviamente effettisull’ambiente e sullo spazio naturale. Inoltre, essa ha unruolo fondamentale nella redditività delle zone rurali.
- Le buone pratiche agricole dovrebbero essere sviluppate ulte-riormente e rispettate in tutte le zone dell’UE.
- L’agricoltura svolge un ruolo importante nel contribuire a man-tenere l’occupazione nelle aree rurali e nell’intera catena diproduzione alimentare e non alimentare.
- (…)
- L’agricoltura dovrebbe rispondere alla preoccupazione crescen-
164
te dei consumatori riguardo alla sicurezza alimentare, nonché allaqualità dei prodotti alimentari e dell’ambiente (…)
- Occorre riconoscere i servizi economici, ambientali, sociali eculturali forniti dagli agricoltori, per questi servizi gli agricol-tori dovrebbero essere adeguatamente remunerati. In particola-re, quando gli agricoltori forniscono servizi che recano vantag-gio all’ambiente al di là del livello di riferimento delle buone pra-tiche agricole e della legislazione in materia di ambiente, ciòdovrebbe essere adeguatamente compensato, ad esempiomediante misure agroambientali applicate su base volontaria.
- (…)
La gestione sostenibile della terra e delle risorse naturali ai finidella produzione agricola deve essere in armonia con i valori chela società attribuisce alla protezione dell’ambiente e delpatrimonio culturale.
(Aspetti ambientali della riforma della PAC nel quadrodell’Agenda 2000)
Occorre formulare politiche mirate allo sviluppo sostenibile dell’agri-coltura europea, in base ad un modello europeo di agricoltura effi-ciente, economicamente redditizio e socialmente accettabile.
(Misure per lo sviluppo rurale)
Il potenziale turistico rappresentato da buone condizioni ambientalidelle aree rurali permette la diversificazione delle attività econo-miche; è necessario a tal fine un approccio integrato e sostenibileper soddisfare le esigenze qualitative dei turisti, migliorare la situa-zione delle imprese e delle collettività locali e salvaguardare ilpatrimonio naturale (paesaggio e biodiversità) e culturale(architettura, attività tradizionali e artigianali).
(Indennità compensative nelle zone svantaggiate)
Gli obiettivi di fondo rimangono sostanzialmente invariati, ossiagarantire il proseguimento della coltura sulle superfici agricolenelle zone svantaggiate e favorire in tal modo il mantenimentodi una comunità rurale vitale, conservare lo spazio naturalee mantenere e promuovere sistemi di produzione agricola soste-nibili nelle zone dove ciò è necessario per la protezione dellospazio naturale.
Nella sua accezione più semplice, “l’agricoltura sostenibile” com-porta la gestione delle risorse naturali in modo da assicurarela loro disponibilità in futuro. In questa definizione ristrettadella sostenibilità si riflette in molti casi il tornaconto economicodei conduttori agricoli.
Invece, una più ampia accezione della sostenibilità comprendeuna più vasta serie di caratteristiche correlate al suolo e all’u-
165
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio, alParlamento europeo, alComitato economico esociale e al Comitato delleregioni
Orientamenti perun’agricoltura sostenibile
COM/99/0022 def.
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio eal Parlamento europeo
Indicatori per l’integrazionedella problematicaambientale nella politicaagricola comune
COM/00/0020 def.
so del suolo, quali la tutela dei paesaggi, degli habitat edella biodiversità, ed obiettivi quali la qualità dell’acquapotabile e dell’aria. Secondo questa più ampia visuale, nell’u-so del suolo e delle risorse naturali per la produzione agricolasi deve tener conto della salvaguardia dell’ambiente e delretaggio culturale.
Infine, nella sostenibilità si devono riflettere anche le preoccupa-zioni della società per quanto riguarda la funzione sociale del-l’agricoltura, la preservazione delle comunità rurali e unmodello equilibrato di sviluppo.
Quindi, nell’agricoltura sostenibile si devono riflettere la fun-zione della produzione e anche le funzioni ambientale esociale.
Poco più di una anno fa a Lisbona il Consiglio europeo avevadefinito un nuovo obiettivo strategico per l’Unione: “diventare l’e-conomia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica delmondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibilecon i nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesionesociale”. Il Consiglio europeo di Stoccolma ha successivamentestabilito che la strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile doves-se portare a compimento e ispirarsi a questo impegno politico,includendo una componente ambientale. In questo modo si rico-nosce che, nel lungo periodo la crescita economica, lacoesione sociale e la tutela dell’ambiente devono andare dipari passo.
Lo sviluppo sostenibile offre all’Unione Europea una visionepositiva sul lungo periodo di una società più prospera e piùgiusta, con la promessa di un ambiente più pulito, più sicuroe più sano: (…).
Obiettivi chiari, stabili e di lungo periodo serviranno adinfluenzare le aspettative e a creare le condizioni per dare fiduciaalle imprese, incentivandole ad investire in soluzioni innovative, eper creare nuovi posti di lavoro di alta qualità.
Tutti e a tutti i livelli devono intervenire: molti dei cambiamen-ti necessari per garantire lo sviluppo sostenibile possono essereottenuti solo con un’azione a livello dell’UE.
Per una valutazione completa di tutti gli effetti di una propostaè necessario stimarne l’impatto economico, ambientale esociale all’interno e all’esterno dell’UE; questo esercizio dovreb-be considerare, se necessario, gli effetti a livello di uguaglian-za di genere e di pari opportunità.
La nostra prosperità nel lungo periodo dipende in gran parte daiprogressi delle conoscenze e dell’evoluzione tecnologica.
Anche il sistema di istruzione svolge un ruolo essenziale per far
166
Comunicazione dellaCommissione, del 15 maggio2001
Sviluppo sostenibile inEuropa per un mondomigliore: strategia dell’Unioneeuropea per lo svilupposostenibile
(proposta della Commissioneper il Consiglio europeo diGöteborg)
COM(2001)264 def.
capire meglio la finalità dello sviluppo sostenibile, incentivandoun senso di responsabilità individuale e collettiva, che a sua voltafavorirà un cambiamento comportamentale.
Le sfide principali per lo sviluppo sostenibile rilevate in preceden-za riguardano politiche di vari settori; per questo è necessario unapproccio globale e intersettoriale.
Il suolo assicura una serie di funzioni chiave dal punto di vistaambientale, economico, sociale e culturale che sono indispen-sabili per la vita.
Il suolo è una risorsa vitale sottoposta a crescenti pressioni chedeve essere protetta per assicurare lo sviluppo sostenibile.
Le politiche di protezione del suolo devono quindi conferireun’importanza particolare all’uso sostenibile e alla gestionedei suoli agricoli per tutelarne la fertilità e il valore agronomico.
La strategia deve tra l’altro:
- contribuire a svincolare le pressioni ambientali dalla cresci-ta economica;
- contribuire a realizzare una prassi per l’uso dei prodotti fito-sanitari che risponda al concetto di agricoltura sostenibile,comprese le dimensioni sociale ed economica.
Le risorse naturali sono alla base dei tre pilastri costituiti da:sviluppo sostenibile, sfera economico-sociale e ambiente.Le riserve fisiche possono però diventare scarse e rare pre-giudicando il futuro sviluppo economico e sociale.
(…) dissociare la crescita economica dall’impatto ambienta-le dell’uso delle risorse, è l’obiettivo principale cui contribuiràla presente strategia. Bisognerà garantire che le politicheaventi un’incidenza diretta o indiretta sull’uso delle risorse realiz-zino un’equilibrio tra le componenti economica, ambientale esociale dello sviluppo sostenibile.
La strategia tematica [per l’uso sostenibile delle risorse naturali]fornirà, (…), gli elementi ambientali di un approccio strategicoglobale per la gestione sostenibile delle risorse naturali, con-ferendo la giusta attenzione agli aspetti socioeconomici.
4. Situazione attuale
(…) la strategia sulle risorse permetterà di stabilire i nessi trauso delle risorse, attività economica e impatto ambientale.
La strategia sulle risorse dovrebbe concentrarsi sulla riduzionedegli impatti ambientali dell’uso delle risorse. Nel contesto piùampio dello sviluppo sostenibile una strategia europea sulle risor-se deve anche tener conto delle questioni di scarsità econo-mica e di sicurezza dell’approvvigionamento.
6. Che cosa bisogna fare?
(…) L’obiettivo a lungo termine di questo approccio è conseguire
167
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio eal Parlamento Europeo
Verso una strategia tematicaper la protezione del suolo
COM(2002) 179 def.
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio eal Parlamento Europeo
Verso una strategia tematicaper l’uso sostenibile deipesticidi
COM(2002) 349 def.
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio eal Parlamento Europeo
Verso una strategia tematicaper l’uso sostenibile dellerisorse ambientali
COM(2003) 572 def.
la riduzione dell’impatto ambientale dell’uso delle risorse edell’uso delle risorse scarse (…)
(...) le decisioni politiche siano prese tenendo conto del ruolodelle risorse naturali nel contesto più ampio dello svilupposostenibile.
2. Un nuovo contesto politico
(…) concetto di sviluppo sostenibile (…) necessità di porre le tredimensioni [economica, sociale e ambientale] su uno stessopiano.
Nondimeno, le nostre prospettive economiche e sociali di lungoperiodo dipendono moltissimo dalla capacità di considerare l’am-biente come una componente fondamentale della politicaeconomica e sociale.
Soppesando attentamente i possibili compromessi tra obietti-vi economici e ambientali, si possono trovare soluzioni van-taggiose per entrambi e favorire lo sviluppo sostenibile.
4. Un nuovo approccio alla politica ambientale
(…) Un’indicazione del successo di una strategia [per lo svilupposostenibile] è l’efficacia con la quale affronta il problema di con-ciliare le esigenze contrastanti dei vari pilastri dello svilupposostenibile [ambientale, economico e sociale].
Per procedere verso uno sviluppo sostenibile, occorre sfruttareappieno le possibili sinergie fra l’ambiente e le altre duedimensioni economica e sociale.
L’informazione assolve una serie di compiti fondamentali nelprocesso di definizione delle politiche ambientali.Innanzitutto, essa costituisce una determinante di tali politiche.Monitorando i fattori trainanti, le pressioni e i cambiamenti di statodell’ambiente è possibile individuare i problemi appena emer-gono.
6. Dimensione internazionale
(…) Nell’attuare la strategia [di integrazione delle questioniambientali], occorre prestare particolare attenzione a due obietti-vi: promuovere le sinergie fra gli obiettivi ambientali e di svi-luppo, (…).
7. ConclusioniSaranno prese tutte le iniziative necessarie per raggiungere unelevato livello di crescita economica e di coesione socialenell’Unione garantendo allo stesso tempo la dissociazione daldegrado ambientale.
Fonte: adattato e ampliato da European Commission, (2001), A framework for Indicators for the Economic and Social
Dimensions of Sustainable Agriculture and Rural Development, Brussels.
168
Comunicazione dellaCommissione al Consiglio eal Parlamento Europeo
Riesame della politicaambientale – 2003.
Consolidare il pilastroambientale dello svilupposostenibile”
COM(2003) 745 def.
APPENDICE 4SITI UTILI
170
Istituzioni e organismi internazionali
UE Direzione generale Agricoltura http://europa.eu.int/comm/agriculture/info.htm
UE Direzione generale Ambientehttp://europa.eu.int/comm/dgs/environment/index_it.htm
UE Ufficio statistico (Eurostat) http://europa.eu.int/comm/eurostat/
Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) http://www.eea.eu.int/
Institute for Environment and Sustainability (IES)
UE Direzione generale Joint Research Centrehttp://ies.jrc.cec.eu.int/
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico(OCSE)
http://www.oecd.org
UN Commissione per lo sviluppo sostenibile (UN CSD) http://www.un.org/esa/sustdev/csd.htm
UN Convenzione per la Diversità Biologica (UN CBD) http://www.biodiv.org
UN Convenzione per Combattere la desertificazione (UN CCD) http://www.unccd.int
UN Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico (UN FCCC) http://www.unfccc.de
UN Educational, Scientific and Cultural Organisation (UN ESCO) http://www.unesco.org
UN Environment Programme (UN EP) http://www.unep.org
UN EP World Conservation Monitoring Centre http://www.unep-wcmc.org
UN Food and Agriculture Organisation (FAO) http://www.fao.org
UN Food and Agriculture Organisation (FAO)
Dipartimento Sviluppo Sostenibilehttp://www.fao.org/waicent/faoinfo/sustdev/
World Bank http://www.worldbank.org
World Bank - Rural Development and Agriculturehttp://wbln0018.worldbank.org/essd/essd.nsf/rural+development/portal
World Bank – Environment http://www.worldbank.org/environment/
World Bank - Land Quality Indicators http://www-esd.worldbank.org/lqi/
Agenzie e ministeri nazionali
Department for Environment Food and Rural Affairs – Regno Unito http://www.defra.gov.uk/
Commissione per lo sviluppo sostenibile – Regno Unito http://www.sd-commission.gov.uk/
Natural Resource Conservation Service(Dipartimento Agricoltura - USA)
http://www.nrcs.usda.gov/
United States Environmental Protection Agency - USA http://www.epa.gov/
Agriculture and Agri-food CanadaMinistero dell’agricoltura
Rapporto su indicatori agroambientali
http://www.agr.gc.ca/policy/environment/pubs_aei_e.phtml
171
Organizzazioni non governative
IISD/Consultative Group on Sustainable Development IndicatorsInternational Institute for Sustainable Development
Istituto Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile/Gruppo di consultazione sugli indicatori di sviluppo sostenibile
http://www.iisd.org/cgsdi/indices.htm
IISD/Consultative Group on Sustainable Development IndicatorsThe Dashboard of Sustainability
Il cruscotto della sostenibilità – Criterio di aggregazione degliindicatori di sostenibilità.
http://www.iisd.org/cgsdi/dashboard.htm
European Centre for Nature Conservation (ECNC)
Centro di ricerca finalizzato all’approfondimento di temi di rilevanzascientifica e politica, con particolare attenzione agli aspetti chiave(economici, sociali ed ecologici) che possono influire sullo sviluppodella politica europea per la conservazione della natura (cfr. adesempio rapporto su indicatori agroambientali). Fornisce inoltresupporto alle organizzazioni internazionali e alle iniziative politiiche.
http://www.ecnc.nl/
World Conservation Union (IUCN)
Associazione mondiale finalizzata alla conservazione della natura eall’uso equo ed ecologicamente sostenibile delle risorse naturali.
http://www.iucn.org
World Wide Fund for Nature (WWF)
Organizzazione mondiale che opera localmente per arrestare ladegradazione del mondo naturale.
http://www.panda.org
International Society for Ecological Economics (ISEE)
Società finalizzata all’integrazione e al dialogo delle disciplineper lo sviluppo di un mondo sostenibile.
http://www.ecologicaleconomics.org
International Soil Reference and Information Centre (ISRIC)
Fondazione per la documentazione, informazione e ricerca sui suoli,finalizzata alla conoscenza dei suoli e all’uso sostenibile delterritorio.
http://www.isric.nl
Resources for the Future (RFF)
Istituto di ricerca di scienze sociali (in particolare sui temidell’ambiente, dell’energia e delle risorse naturali) finalizzatoprincipalmente all’informazione dei decisori politici.
http://www.rff.org
Wetlands International
Associazione dedicata alla conservazione e alla gestione sostenibiledelle zone umide.
http://www.wetlands.org/
BirdLife International
Associazione mondiale finalizzata alla protezione degli uccelli e deipopoli.
http://www.birdlife.net/
Biodiversity Conservation Information System
Consorzio di dieci organizzazioni internazionali e programmidell’IUCN finalizzato al supporto dei propri membri e dei decisoripolitici per la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse naturaliviventi.
http://www.biodiversity.org
World Resource Institute
Organizzazione non governativa politica e di ricerca finalizzataall’individuazione di soluzioni per la protezione della terra e per ilmiglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni.
http://www.wri.org
172
Worldwatch Institute
Organismo di ricerca indipendente che dedica particolare attenzionealle interazioni tra le variabili ambientali, sociali ed economiche.
http://www.worldwatch.org
National Councils for Sustainable Development
Organismi nazionali per la partecipazione dei cittadini allo svilupposostenibile.
http://www.ncsdnetwork.org/background.htm
International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM)
Organizzazione per l’adozione di sistemi agricoli basati sui principidell’agricoltura biologica.
http://www.ifoam.org
Finito di stampare nel mese di settembre 2004
dalla Stilgrafica s.r.l. - Roma