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anno II, n. 4/2008 casa editrice L’OSPEDALE DEL FUTURO MODELLI PER UNA NUOVA SANITÀ a cura di Romano Del Nord, CSPE, Firenze EdA_4.qxp:EdA_042008 2-06-2008 13:55 Pagina 1

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anno II, n. 4/2008

casa editrice

L’OSPEDALE DEL FUTUROMODELLI PER UNA NUOVA SANITÀ

a cura di Romano Del Nord, CSPE, Firenze

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Direttore ScientificoOlimpia Niglio

Direttore ResponsabileLuca Parisato

RedazioneRossella CorraoGiuseppe De GiovanniSamuel Fuyumi NamiokaMarzia MarandolaMaurizio MeossiAlessio PipinatoFederica ViscontiChiara VisentinMarco Zerbinatti

Comitato scientificoGiuseppe BonaccorsoGianluigi CiottaRichard HordenAngelo MangiarottiGuglielmo MontiMaurizio MorandiHendrick MüllerPiero PiccardiArnaldo PomodoroAlberto Sposito

Collaborazione alla RedazionePietro Artale Chiara Mori Anna Pietropolli

Sito Webwww.esempidiarchitettura.itPietro ArtaleEnrico Bono

Progetto grafico e impaginazioneScriptorium, Vicenza

ComunicazioneCristina Sartori

Editore e amministrazionecasa editrice il prato

Redazionecasa editrice il pratovia Lombardia 41/43

35020 Saonara (Pd)tel. 049 640105 - fax 049 8797938www.ilprato.comPeriodicità quadrimestraleanno I, n. 3/2007

Abbonamento annuoeuro 35,00

Copyrightcasa editrice il prato 2006Registrazione presso il Tribunale di Padovan. 2094 del 06/07/2007

Contribuit diBenedetta BiondiAntonella CesaroniMirilia BonnesMarino BonaiutoRomano Del NordCristina DonatiFerdinando FornaraMarco Geddes da FilicaiaDerek ParkerPeter ScherDaniela SoranaMaria Chiara TorricelliEberhard Zeidler

TraduzioniPaul Blackmore, Roma A&B Servizi Linguistici, Padova

Pubblicità e MarketingNuova SAP Editrice di Pegoraro Faniavia Manfroni 12, Padova - tel. 049 691656 - 335 5472014fax 049 8803988. E.mail: [email protected]

ISBN . . . .€ 20,00

In copertina:

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L’OSPEDALE DEL FUTURO. MODELLI PER UNA NUOVA SANITÀ. A CURA DI ROMANO DEL NORD, CSPE, CON CRISTINA DONATI, CSPE, FIRENZE

EdA 4/2008 Indice

EDITORIALE

Romano Del Nord, I nuovi network degli spazi per la cura.

INTERVISTA

� Daniela Sorana, L’innovazione del Nuovo Ospedale Martini di Groningen, Olanda. A colloquio conG.A.M. Thiadens, Direttore Generale. Martini Teaching Hospital: un ospedale a ‘prova di futuro’. Burger Grunstra Architetti.

CULTURA

� Maria Chiara Torricelli, Architettura degli ospedali: storia e contemporameità.� Eberhard Zeidler, Hospital design for emotional and cultural needs.� Derek Parker, Healing the Patient, Healing the Planet.

Sustainability and Evidence Based Design: What’s the Connection?.� Marco Geddes da Filicaia, Interventi di riconfigurazione di ospedali storici.� Mirilia Bonnes, Ferdinando Fornara, Marino Bonaiuto, Psicologia ambientale e architettura per la

progettazione dei luoghi di cura.� Peter Scher, Architecture and the arts in health care.

ARCHITETTURA

� Cristina Donati, “Architettura senza ideologia”. La nuova genesi dell’Ospedale del Terzo Millennio. � Groupe 6, Polo di Cardio-Pneumologia. Ospedale Universitario di Besançon,

Francia, 2000. Daniela Sorana� Rafael Moneo, Maternità e Pediatria, Ospedale Universitario Gregorio Marañón,

Madrid, Spagna, 2003. Cristina Donati� Pei, Cobb, Freed & Partners, Padiglione degli Ambulatori, Ospedale Bellevue,

New York, USA, 2005. Cristina Donati� REES Associates - HAS Architects, Anadolu Health Center, Gebze-Kocaeli, Turchia, 2005. Cristina Donati� Anshen + Allen, Polo Pediatrico “Octav Botnar” Ospedale Great Ormond Street,

Londra, 2006. Cristina Donati� CSPE, Ospedale San Giovanni Battista, Foligno, Perugia, 2006. Cristina Donati� CSPE, Polo Pediatrico Meyer, Careggi, Firenze, 2007. Cristina Donati� BDP - Building Design Partnership, Ospedale Pediatrico Royal Alexandra,

Brighton, UK, 2007. Cristina Donati

SEZIONI.� RdA. Ricordi di Architettura, a cura di Marzia Marandola

Orientamenti dell’Architettura per la Sanità: l’Ospedale San Bartolomeo a Sarzana di Giovanni Michelucci. 1967 - 2000.

� ECA. Esempi Costruttivi di Architettura, a cura di Alessio PipinatoOspedali e innovazione costruttiva sostenibile: il Meyer di Firenze.

� MDA. Materiali di Architettura, a cura di Giuseppe De Giovanni, testo di Antonella CesaroniSpazio interno versus spazio esterno. L’involucro edilizio ospedaliero: tre interventi del CSPE a confronto.

� TdR. Territori di Ricerca, a cura di Maurizio MeossiNon solo icone. L’esperienza dei Maggie’s Centres in UK.

� LdA. Laboratori di Architettura, a cura di Federica ViscontiL’Architettura dell’ospedale, tra forma e funzione. Il Centro Interuniversitario di Ricerca “TESIS” .

� CdA. Concorsi di Architettura, a cura di Chiara Visentin, testo di Benedetta BiondiDue concorsi di grande rilevanza ed attualità. Il rinnovamento dell’Ospedale Mangiagalli e ReginaElena di Milano. La riconversione del Santa Chiara di Pisa.

CONVEGNISTICA

LIBRI&NONSOLOLIBRI

CURRICULA DEGLI AUTORI

p. . . . . . 5

p. . . . . 12

p. . . . . 20p. . . . . 28

p. . . . . 36p. . . . . 44p. . . . . 52

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LA COLLABORAZIONE TRA PSICOLOGI AMBIENTALI

E ARCHITETTI PER LA PROGETTAZINE SANITARIA

Gli approcci della Psicologia Architettonica el’esperienza del CIRPA.

La Psicologia Architettonica è nata proponendosi in parti-colare di contribuire all’ottimizzazione della progettazionearchitettonica alla luce delle aspettative, desideri, bisogni,intenzioni, o “esigenze” delle persone che “occupano” e “uti-lizzano” (users) il progetto una volta realizzato; promuoven-do così quella filosofia progettuale che si definisce come“centrata sull’utente” (user-centered design: cfr. Gifford, 2002).

Le modalità con cui essa può collaborare con progettistie committenza, per contribuire a migliorare la riuscita del

progetto, nella sua realizzazione e utilizzazione sia immediateche di lungo termine, risultano varie e anche possibilmentearticolate. Questo in relazione sia alle aspettative dei proget-tisti e/o della committenza in proposito, sia del momento incui tale collaborazione avviene, in relazione alle diverse fasidello stesso processo progettuale.

A questo proposito, si usano distinguere tre principalidiverse fasi, rispettivamente relative alla (1) ideazione, (2)specificazione e (3) valutazione dello stesso processo pro-gettuale (cfr. Bonnes, Secchiaroli,1992/1995; Bonaiuto,Bilotta, Fornara, 2004). Nella fase di ideazione certe indica-zioni di tipo generale provenienti dalla ricerca psicologicapossono fornire suggerimenti di orientamento alla ideazio-ne del progetto. Nella fase di specificazione si possono cer-

PSICOLOGIA AMBIENTALE E ARCHITETTURA PER LA PROGETTAZIONE DEI LUOGHI DI CURAMirilia Bonnes, Ferdinando Fornara, Marino Bonaiuto

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care di precisare le influenze specifi-che di particolari caratteristiche fisichee spaziali degli ambienti/setting daprogettare o progettati su possibilialtrettanto specifici aspetti o processipsicologici dei relativi utenti/attori (ades. relazione tra aspetti strutturali delsetting e processi di regolazione dellaprivacy, oppure tra luminosità dell’am-biente e confort e/o efficienza lavora-tiva). Nella fase di valutazione si proce-de ad analizzare il progetto una voltarealizzato e occupato, cioè, come sidice, “in corso d’uso” (building-in-use),da parte dei relativi occupanti o utiliz-zatori (users). Questo al fine di indivi-duare direzioni di possibili ulterioriottimizzazioni progettuali, sia perquanto già realizzato, sia soprattuttoper quanto ancora da realizzare equindi, in ogni caso, per gli ulterioriaspetti dello stesso progetto o di altriprogetti futuri.

Lo sviluppo che in questa direzionehanno avuto da tempo in diversi Paesigli studi definiti di “Valutazione Post-Occupativa” (Post-Occupancy Evaluation:POE) dimostra l’interesse che questistudi potrebbero avere anche nelnostro Paese, al fine di sviluppare anchequi quella collaborazione multidiscipli-nare e sistematica tra architetti/proget-tisti e psicologi ambientali, spesso sem-pre più auspicata.

Nonostante questo tipo di colla-borazione rappresenti ancora unevento abbastanza raro in Italia, variesempi in questo senso sono già statirealizzati del nostro Gruppo di ricer-

ca del CIRPA (Centro Interuniversi-tario di Ricerca in Psicologia Ambien-tale), che ha potuto lavorare in variedirezioni a questo riguardo, compre-so l’ambito della progettazione sani-taria.

La prima occasione in questosenso ci è stata offer ta in occasionedel lancio dello Bando di Concorsoper la progettazione del nuovoOspedale Pediatrico Meyer a Firen-ze-Careggi, quando è stata avviata(ormai circa 10 anni fa) una specificacollaborazione con il Gruppo diprogettisti del Centro TESIS dell’Uni-versità di Firenze, ai fini della stessapar tecipazione al Bando del proget-to (cfr. Del Nord, 2006).

Anche noi quindi, seguendo in que-sto quelli che sono stati gli sviluppidella Psicologia Ambientale ed Archi-tettonica internazionale, ci siamoabbastanza presto trovati a confron-tarci con quelle sollecitazioni, che tal-volta provengono in modo particolar-mente puntuale ed innovativo per lastessa Psicologia Ambientale, propriodal versante della progettazione sani-taria, come ci ha anche in questo casodimostrato la nostra esperienza con ilgruppo TESIS. Queste sollecitazionisono state infatti da noi prima raccoltee approfondite, alla luce della lettera-tura scientifica del campo e poi ancheulteriormente sviluppate nel tempo,attraverso nuove linee di ricerca inquesta direzione (cfr. Bonaiuto, Forna-ra, Bonnes, 2003; Fornara, Bonaiuto,Bonnes, 2006, 2007).

L’umanizzazione ospedalieraquale premessa per la collabo-razione tra progettazione sani-taria e psicologia ambientaledei luoghi di cura

Come molta letteratura dimostra esostiene (cfr. Ulrich, 1984, 1995; Lem-precht, 1996), un determinato assettosocio-fisico può accelerare il recuperodella salute e far diminuire i tempi diospedalizzazione e di remissione dallostato di malattia. Negli ultimi anni, cosìcome nel più generale campo della pro-gettazione architettonica, anche nel cam-po dell’edilizia sanitaria si è fatta stradal’esigenza di un tipo di progettazionemeno prioritariamente centrata sugliaspetti tecnologici e più attenta alle per-sone coinvolte (come utenti/attori) neglistessi setting o luoghi ospedalieri - siacome pazienti che come altri utenti/atto-ri - e che viene appunto definita comeprogettazione patient-centered (o anchepiù generalmente come user-centered).Tale progettazione si accompagna a quelpiù ampio processo definito di umanizza-zione ospedaliera, che sta avendo cre-scente importanza e séguito anche inItalia (cfr. Cobolli Gigli, Monico, Carabillò,2001). Con questo termine ci si vuoleriferire alla misura in cui la varietà diaspetti (socio-fisici, funzionali, relazionali,organizzativi, ecc.) che caratterizzano unluogo di cura, risulti orientata a prestarespecifica attenzione alle aspettative, desi-deri, intenzioni e bisogni delle personeche agiscono e vivono (per tempi più omeno lunghi) in questi stessi luoghi e arendersi di conseguenza piùadeguati/congruenti (o fitting) in tale sen-

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so. Questo tenendo presente innanzitut-to i pazienti con relativi accompagnatori,ma anche il personale medico e parame-dico, in stretta interdipendenza con que-sti. Si parla in questo caso di ambientiamichevoli nei confronti dell’utenza (userfriendly environments; cfr. Rossi Prodi,Stocchetti, 1990; Ferrante, 1994).

L’umanizzazione dell’ambiente ospe-daliero passa infatti innanzitutto attra-verso la creazione di ambienti e relativisetting socio-fisici che risultino, secondola prospettiva psicologico-ambientaleprecedentemente delineata, il più possi-bile, non solo di supporto, ma di specificafacilitazione/promozione di tutti queiprocessi psico-fisici e socio-fisici cheaccelerano la remissione dello stato dimalattia (o di recupero della condizionedi salute) e che siano quindi essi stessi ilpiù possibile orientati a ridurre o miti-gare quelle inevitabili condizioni di disa-gio o stress, che fatalmente si accompa-gnano allo stato di malattia, quanto piùquesta assume forme di cronicità.

All’interno di un più ampio pro-gramma volto all’umanizzazione di unluogo di cura, le caratteristiche socio-fisiche dei relativi ambienti/setting pos-sono infatti risultare come più o menoisomorfici allo stesso “programma uma-nizzato” di tale luogo di cura, il qualepotrà quindi risultare come più o menoorientato, non solo a consentire/rende-re possibile la desiderata remissionedella malattia , ma soprattutto a facilita-re/promuovere questa stessa remissione.

È in questa ottica che un’attenzioneparticolare da parte della progettazio-

ne architettonico-sanitaria alle proprie-tà sia spazio-fisiche che socio-relaziona-li degli ambienti ospedalieri, per relativiisomorfismi ed affordances, possonorendere questi stessi ambienti più omeno capaci di supportare e facilitare ilrecupero di disagi e stress dovuti allamalattia, configurandosi quindi essi stes-si come possibili fonti di recupero, o dirigeneratività (restorativeness) ambienta-le (Scopelliti, Giuliani, 2004), anzichécome possibili ulteriori fonti di stress,come ben illustrato nel recente volumedi R. Del Nord (2006).

La collaborazione con i progettisti del Nuovo OspedalePediatrico Meyer di Careggi

Nello specifico della collaborazionecon i progettisti del nuovo Meyer, ilnostro lavoro si è avviato, in riferimentoa quanto precedentemente illustrato,partendo innanzitutto dalla constata-zione della specialità, in questo casomolteplice, degli utenti/attori da consi-derare. Il caso della progettazione di unOspedale pediatrico configura, infatti,una varietà di utenti/attori portatori divarie specialità, anche rispetto alla piùgenerale utenza ospedaliera.

La Psicologia Ambientale sa infattimolto bene che l’utenza infantile degliambienti di vita, siano essi domestici ourbani (come ad es. la casa, ma anche ilquartiere, le strade, i giardini urbani,ecc.), tende sempre a prospettarsi, perogni progettazione, come un’utenzaparticolarmente e variamente speciale.

Questo, innanzitutto, per la speciali-tà della sua età infantile (tipicamente in

pieno sviluppo), che la rende partico-larmente sensibile (e quindi potenzial-mente più vulnerabile) nei confronti dipossibili agenti e fattori socio-ambien-tali disturbanti, o stressanti, che posso-no verificarsi nei relativi ambienti di vita,più o meno quotidiana.

Tale sensibilità/vulnerabilità risultainoltre accentuata, nel caso dell’ospe-dale pediatrico, dalle condizioni dimalattia (in cer ti casi anche cronica)che caratterizzano l’utenza infantileospedaliera. Questo con le inevitabiliricadute anche sugli altri principaliutenti/attori coinvolti negli stessi set-ting ospedalieri, sia come accompagna-tori-familiari, sia come personale medi-co e paramedico. Vari studi di psicolo-gia dello sviluppo hanno infatti da tem-po evidenziato la par ticolare vulnera-bilità che i bambini hanno nei confrontidegli impatti negativi provocati dallastato di malattia e di eventuale ricove-ro e degenza ospedaliera (cfr. Bowlby,1969). È stato ad esempio variamenteosservato come la malattia in generale,e a maggior ragione il ricovero in ospe-dale, tendano a generare ansia nelbambino, il quale può vivere questieventi come minaccia incontrollabilealla sua integrità ed autonomia, conperdita del senso del tempo e dellacontinuità dell’esperienza, talvoltaaccompagnato da sentimenti di tristez-za e depressione, con possibili conse-guenti disarmonie nello sviluppo del-l’intera personalità (Filippazzi, 1997).

Accanto a tali aspetti specifici del-l’utenza ospedaliera pediatrica, va inol-

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tre tenuto presente come l’utenzainfantile, di setting ambientali in genere,si prospetti per la progettazione comeun’utenza speciale in genere, perchè pertradizione più marginale ai vari pro-grammi di setting, rispetto alle utenzeadulte. Questo dalla micro-scala dei set-ting architettonici e tecnologici quoti-dianamente utilizzati ( ad es. abitazione)alla macro-scala dei luoghi urbani e deisistemi di setting di tali luoghi urbani(come città, quartieri, strade, ecc). Nonè infatti un caso che la stessa psicologiaambientale internazionale si sia inizial-mente subito molto sviluppata intornoa programmi che ponevano appunto ibambini al centro dell’interesse proget-tuale urbano. Basta ricordare, ad esem-pio, quello avviato in Canada, già nelcorso degli anni ’80, dallo psico-sociolo-go ambientale W. Michelson e dai suoicollaboratori con la denominazione di“Child in the City” e ripreso poi e svilup-pato in vario modo in numerosi altriprogrammi ancora in corso in questastessa direzione in vari Paesi (Finlandia,Inghilterra, Olanda), inclusa l’Italia. Essi siqualificano infatti come finalizzati a crea-re ambienti urbani “amichevoli nei con-fronti dei bambini” (“child-friendly envi-ronments o cities”) o “a misura di bambi-ni”, come anche i vari programmi sulla“Città dei bambini” o su “Bambini e cit-ta” in Italia (cfr. Tonucci, 2002, 2004).

È quindi sulla base innanzitutto diqueste prime consapevolezze che si èavviata la nostra collaborazione, comepsicologi ambientali, con il Gruppo deiprogettisti impegnati nel progetto per il

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� 1. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Veduta generale dall’alto.

� 2. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Rendering del giardino con galleria vetrata, dall’esterno.

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nuovo Ospedale pediatrico Meyer,appoggiandoci in questo caso sia ai prin-cipali concetti e costrutti della PsicologiaAmbientale ed Architettonica comeprecedentemente illustrati, sia a quellopiù comprensivo di umanizzazione ospe-daliera, così come precedentementerichiamato.

Il nostro contributo si è pertantoarticolato secondo le principali linee dilavoro solitamente previste per questotipo di collaborazione; in particolare ilnostro lavoro si è sviluppato in succes-sione, in riferimento alle due principalifasi iniziali di tale processo di collabora-zione, con riferimento in particolare aquelle della (1) ideazione e della (2)specificazione del progetto, come inprecedenza dettagliato.

Per entrambe le fasi si è procedutoallo studio della letteratura, sia di psico-logia ambientale che di psicologia dellosviluppo infantile, disponibile a livellointernazionale e capace di fornire indi-

cazioni da considerarsi rilevanti ed utiliper la progettazione di un ospedalepediatrico in genere (per la fase di idea-zione) e per quello del Nuovo Meyer,localizzato nella Villa Ognissanti diCareggi (FI), in particolare (per la fase dispecificazione). Questo ai fini di orienta-re il più possibile le proposte progettua-li al riguardo, in direzione dell’anzidettaumanizzazione ospedaliera.

Sono quindi state fornite alla pro-gettazione una serie di considerazioni edi indicazioni, di tipo generale nel corsodella prima fase e di carattere specificonel corso della seconda fase, in meritoa quegli aspetti che emergevano comenecessitanti di particolare attenzioneda parte della progettazione, nell’anzi-detta ottica di umanizzazione dei settingospedalieri in genere e di quelli pediatri-ci in modo particolare. Nella prima fasedella nostra collaborazione (fase di idea-zione del progetto) è stata pertantoindividuata una ampia varietà di ambiti

problematici, in senso psicologicoambientale in genere e per lo sviluppoinfantile in specifico, necessitanti di unaparticolare attenzione ideativa da partedella progettazione e riguardanti variaspetti del progetto, quali: la dimensiona-lità di scala, l’accoglienza e la non-monoto-nia degli spazi (per configurazione, volu-metria, materiali, colori, illuminazione,ecc.), la relazionalità sociale dello spazio,con le connesse possibilità di personaliz-zazione/appropriazione dello spazio per-sonale (personal space), di gestione del-l’intimità/riservatezza (privacy) e dellasocializzazione (es. supporto/facilitazio-ne o impedimento della socializzazionesia intima che allargata, spazi comuni espazi privati, ecc.), la fruibilità degli glispazi verdi-naturali (con relativa presen-za, accessibilità visiva e accessibilità difunzione), gli spazi di transizione (e relati-vi orientamento, informazione e acco-glienza), gli spazi ludici, gli spazi e serviziper i genitori, le aree di svago per lo staff.

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� 3. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Cameretta degenza da due letti: immagine dall’alto.

� 4. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Cameretta degenza da due letti immagine da davanti.

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Nella seconda fase (fase di specifica-zione del progetto), sulla base di questestesse indicazioni, sono state analitica-mente esaminate le prime soluzioniprogettuali proposte dagli architetti peri singoli elementi del progetto e formu-late anche in riferimento alle nostreprecedenti indicazioni. Si è quindi pro-ceduto, per i singoli elementi del pro-getto preliminarmente proposto dalversante architettonico, a delineare lerelative specificazioni, nel senso più omeno positivo/congruente con le relati-ve conoscenze psicologiche, sia ambien-tali che di sviluppo infantile, disponibili inletteratura. Questo per i singoli elemen-ti del progetto, in questo caso distintiper le principali aree e reparti dell’ospe-dale, quali: il centro di accoglienza eorientamento, il giardino, l’ingresso e lahall, le aree d’attesa, le aree di degenza,gli ambulatori specialistici, ecc.

ALCUNI ESEMPI DI REALIZZAZIONI

PROGETTUALI PER IL NUOVO

MEYER, ALLA LUCE DELLE

INDICAZIONI PSICOLOGICHE-AMBIENTALI FORNITE.

Se si osservano ora (a distanza diquasi 10 anni da questi nostri lavori) lerealizzazioni progettuali completate, sipossono riscontrare una serie di realiz-zazioni molto congruenti con le nostreindicazioni progettuali. Si danno qui diseguito alcune esemplificazioni, conriferimento ad alcune aree/zone di par-ticolare rilevanza sotto l’aspetto psico-

logico-ambientale. Queste riguardanorispettivamente (1) gli spazi verdi-natu-rali del giardino, (2) gli spazi deputati allagestione delle relazioni di intimità/riserva-tezza ((privacy) dell’area degenza e (3)alcune aree generalmente definibilicome spazi di transizione (ingressi,accoglienza, aree di attesa, ecc.).

Spazi verdi-naturali: le aree agiardino.

Un’ attenzione particolare si è subitoraccomandato di dare agli spazi verdi-naturali, tenendo anche conto dellenotevoli opportunità offerte in questosenso dalla prevista localizzazione delprogetto nella Villa Ognissanti di Careggi.

Come è ampiamente noto nellaletteratura del campo è stata varia-mente dimostrata la capacità che lasola presenza e accessibilità visiva diaree verdi ed elementi vegetali ha diindurre negli esseri umani diversieffetti benefici, tra i quali effetti dirilassamento e di recupero del benes-sere psicofisico, o di rigenerazione(restorativeness). Questi effetti sonostati riscontrati sia con misure esterneo “oggettive”, sia con misure interne o“soggettive”; vale a dire sia in terminidi benefici percepibili consensualmen-te da osservatori esterni, sia in terminidi benefici percepibili soggettivamen-te dall’individuo che fruisce delle areeverdi (es. Ulrich, 1984, 1995). Nelcaso specifico, la presenza di un vastogiardino, che si configura sia comepercorso d’accesso e d’uscita, siacome area di sosta e giuoco, risultaquindi rivolta a favorire tali effetti sugli

utenti in accesso, in permanenza e inuscita. Par ticolarmente orientata intale direzione appare la soluzioneprogettuale di inserire lunghi percorsiperimetrali al coper to all’interno ditali aree verdi-naturali, al fine di garan-tire il più possibile tale possibilità difruizione (anche solo visiva) a tutti gliutenti, garantendo al tempo stesso siail comfort di tale fruizione nei periodicaratterizzati da avversità atmosferi-che, ma anche la possibilità di unafruizione percettiva limitata alla solamodalità visiva (e non multisensorialeattraverso anche il tatto e l’olfatto,ecc.) per tutti gli utenti che comun-que desiderino o necessitino di que-sto, per eventuali idiosincrasie (aller-gie, fobie, etc.).

Inoltre è anche noto, da studi di psi-cologia ambientale specificamente cen-trati sulle aree verdi in ambiente urba-no, che l’attrattiva e l’efficacia di taliaree per i fruitori è generalmentesubordinata ad alcune condizioni, inparticolare il grado di manutenzione eil grado di attrezzature in esse presenti(Bonnes, Aiello e Bonaiuto, 1998). Lasoluzione progettuale quindi adottata(in relazione alla considerevole areanaturale presente nel sito destinato alnuovo Meyer) di ricavare ed inserirenel progetto un ampia area da destina-re a giardino curato ed attrezzato, con-sente di rendere questa vasta area ido-nea a pratiche sia individuali sia colletti-ve di rilassamento e recupero/rigenera-zione psico-fisica. Inoltre l’inserimentosia di specifici arredi sia di attrezzature

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Mirilia Bonnes, Ferdinando Fornara, Marino Bonaiuto 57

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ludiche è rivolta a consentire la con-gruenza (o il fitting) rispetto ad altrepratiche tipiche dell’area verde, nelcaso sia di adulti sia di bambini.

Dal punto di vista psicologico-ambientale, le modalità con cui gli spaziverdi-naturali compaiono e sono resifruibili, per configurazioni spaziali edimmissione di ulteriori elementi/ar te-fatti funzionali (coperture, arredi, ecc.)appare quindi come particolarmenteappropriata ad assolvere, sia le funzionidi rilassamento e di recupero/rigenera-zione psicofisica, sia le ulteriori altrepossibili ed importanti funzioni, qualiquelle ludiche e socializzanti.

Spazi di intimità/riservatezza(privacy): l’area degenza.

La progettazione del modulo adot-tato per le stanze di degenza ha presoin considerazione diversi aspetti impor-tanti sotto il profilo psicologico-ambientale, con particolare riferimento

alle opportunità qui offer te (per sino-morfismi e affordances) ai pazienti erispettivi accompagnatori di potergestire le proprie relazioni diintimità/riservatezza (o privacy), siareciprocamente, sia nei confronti delpersonale medico. Come illustrato nel-le figg. 3 e 6, si può ad esempio notarecome la disposizione frontale-sfalsatadei due letti nelle stanze doppie siafinalizzata ad offrire la possibilità di inte-ragire frontalmente con il compagno distanza rimanendo a letto. Inoltre la pre-senza del divano letto accanto a cia-scun letto di degenza, consente la vici-nanza anche notturna di un accompa-gnatore per ciascun paziente. La pre-senza poi di un piano di lavoro e diattrezzature per riporre oggetti perso-nali, separati per ciascun degente, con-sentono a ciascun paziente di realizza-re, in modo personale ed indipenden-te, alcune attività, quali lo scrivere e ildisegnare, importanti sia per l’età dei

degenti, che per le eventuali necessitàlegate alla ridotta mobilità. La possibilitàinoltre di poter isolare ciascuna delledue parti-letto dall’altra, utilizzando latenda-parete scorrevole, facilita lagestione in modo flessibile dell’intimità,a seconda delle circostanze e delle pre-ferenze anche momentanee dei singolipazienti e accompagnatori.

Spazi di transizione: le aree diingresso e di attesa.

Particolare attenzione è stata dedi-cata alle zone di transizione, cioè a que-gli spazi destinati a permanenze e usitransitori, sia spazialmente che nel tem-po (quali aree di ingresso-accoglienza,passaggio, attesa) e quindi specifica-mente deputate a mediare il passaggiodegli utenti/partecipanti/attori da unospecifico setting/luogo ad un altro.Questo facilitando e preparando il piùpossibile questi passaggi/transizioni,attraverso adeguate affordances e iso-

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� 6. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Galleria vetrata dall’interno.� 5. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Sedute nella sala d’attesa.

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morfismi dei relativi setting. Seguendo lateoria ecologico-ambientale dei setting,una particolare attenzione andava inquesto caso dedicata da parte dellaprogettazione alle peculiarità costituti-ve (per programma, partecipanti/attori,affordances percepite e percepibili, iso-morfismi, ecc.) dei setting/luoghi traloro adiacenti, prefigurando quindi spe-cifici setting di mediazione tra questi,finalizzati cioè a preparare l’utente adiventare partecipe/attore disetting/luoghi a volte molto diversi traloro, come ad esempio tra luoghi ester-ni all’ospedale e luoghi/setting interniall’ospedale, oppure tra ingresso/hall eambulatorio specialistico, ecc.

Una par ticolare attenzione è statainfatti dedicata, innanzitutto, alla transi-zione tra ambiente esterno urbano,tipicamente più pubblico (o aperto insenso sociale) ed ambiente interno-ospedaliero, tipicamente più chiuso especializzato in senso sanitario (omedicalizzato), così come alla transi-zione tra le varie zone-setting (orepar ti) interni all’ospedale. L’interaarea ospedaliera è stata progettata inmodo da configurare, per gliutenti/attori che procedono dall’ester-no urbano verso l’interno delle variestrutture ospedaliere, un complessivopassaggio graduale di tale accesso, daspazi più pubblici, non medicalizzati,verso spazi sempre più specializzati insenso medico-sanitario. Questi ultimisono stati infatti collocati con progres-siva profondità di accesso, rispetto aquelli più pubblici e sociali, situati inve-

ce nelle par ti più vicine all’ingressoprincipale.

Sempre a questo fine sono stateanche realizzate due successive “areedi ingresso”, differenziate, tra (a) quelladella hall-principale, situata dopo i pri-mi percorsi di ingresso (o perimetraliin galleria o di attraversamento delgiardino interno), e (b) quella situatanel “Centro di accoglienza e di orien-tamento”, posta in antecedenza all’al-tro ingresso e localizzata nella palazzi-na della Villa pre-esistente: questa pre-vista come primo ingresso dell’Ospe-dale sul fronte della strada esterna.

a) Ingresso (hall/serra) e aree di attesa.Questo ingresso, costituito dalla

hall/serra, intende rappresentare ilmomento di passaggio principale checonclude l’iter di graduale accessodell’utente alla struttura ospedalieravera e propria. Tramite questo specificosetting l’utente/cliente (sia paziente cheaccompagnatore o visitatore) accedealle strutture e ai servizi propriamenteospedalieri (dell’“azienda ospedaliera”),questi tuttavia ulteriormente mediatidai successivi setting, sia dall’area delpunto di informazioni e di accoglienzainterno, (configurato con particolarerilevanza ed evidenza comunicativa), siadelle aree di attesa interne, in questocaso opportunamente attrezzateanche per attività ludiche. Appare infattiparticolarmente importante avere intali aree la presenza di strutture diarredo che consentano sia l’attesa (incondizioni di comfort e privacy perso-

nale), sia certe possibilità anche ludiche(come quelle offer te dalle conforma-zioni delle sedute proposte per talearea). Questo dovrebbe infatti consen-tire a tale area, per un verso di vicariarele funzioni delle aree esterne presentinel giardino qualora queste ultime nonsiano accessibili per motivi climatici opersonali, e per un altro verso dovreb-be poter assolvere la funzione specificadi offrire ai bambini l’opportunità diattività ludiche nella zona immediata-mente antistante gli ambulatori, con-sentendo quindi loro, sia di trasformareun periodo di attesa senza attività in unmomento di attività specifica intrinse-camente interessante, sia di associare alprimo impatto con la struttura ospeda-liera pratiche e strutture ludiche, dun-que atmosfere e significati familiaripositivi.

Si può inoltre notare da tali immagi-ni come appaia continuamente ribaditol’intento progettuale di conferire ecomunicare, per tutte le aree di attesae passaggio (sale d’attesa, corridoi,ecc.), significati non strettamente oesclusivamente sanitari, ma più ampia-mente di accoglienza e ospitalità resi-denziale. Tale intento è stato persegui-to, non solo attraverso il contenimentodelle volumetrie, ma anche nella sceltadei materiali (utilizzando molto il legnoo il metallo verniciato e colorato), deicolori (impiegando colori diversi dalbianco, caldi e anche brillanti), come sipuò osservare dalle varie immaginidegli interni qui presentate ed in quelladella ludoteca

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b) Centro di accoglienza e di orienta-mento generale.Questo nucleo di ingresso, princi-

palmente separato dalle restanti partidell’ospedale, è stato deputato a rap-presentare il primo momento di con-tatto tra l’utente/cliente e l’aziendaospedaliera, con possibilità di fornireall’utente/cliente (paziente e accompa-gnatore, ma anche semplici visitatori) leprime informazioni sia generali sia spe-cifiche sulla struttura e sulle principalifunzioni e attività ospedaliere; questoeventualmente anche giovandosi del-l’apporto di organizzazioni ed associa-zioni di genitori di pazienti specifica-mente attivate in questo senso. Lo sco-po principale di tale setting-luogo èdunque quello di orientare/prepararel’utente/cliente, da un punto di vistanon solo meramente spaziale, maanche cognitivo-affettivo, quindi anche

in senso funzionale-organizzativo. Essoè stato infatti concepito come un pri-mo momento di filtro/transizione, tragli ambienti e luoghi-urbani della vitaabituale quotidiana e lo specifico luogo-ospedale, nel quale l’utente/cliente(paziente e accompagnatore) possaessere opportunamente “attrezzatocognitivamente”. Questo con indubbivantaggi anche sul piano affettivo/emo-zionale - per meglio muoversi all’inter-no dell’ospedale vero e proprio, nelquale entrerà successivamente e pro-gressivamente .

Si è infatti assunto, da un punto divista psicologico-ambientale, che talestruttura dovrebbe portare vantaggid’ordine sia cognitivo sia emotivoall’utente/cliente. Da un punto di vistacognitivo, l’utente/cliente potrebbe quiessere dotato di una serie di conoscen-ze e strumenti, capaci di consentirgli unpiù efficace orientamento successivo

all’interno delle strutture ospedaliere.Da un punto di vista emotivo, il clientepotrebbe qui maturare una prima fami-liarizzazione con l’azienda, orientata arassicurarlo e a tranquillizzarlo. Ciòdovrebbe avvenire sia indirettamente,attraverso appunto la dotazione cogni-tiva la quale attrezzando possibilmenteil cliente di strumenti utili a muoversi ea gestire il nuovo spazio in cui staentrando può indirettamente esercitareun effetto rassicurante, sia direttamenteattraverso l’erogazione di informazionie di contatti personali volti esplicita-mente a rassicurare e tranquillizzare.

Si è infatti anche ipotizzata in pro-posito la possibilità di poter appoggiarela gestione di tale struttura ad eventualiassociazioni di genitori dei pazienti, conla prospettiva auspicata di far organiz-zare modalità e contenuti di tale servi-zio da persone che, avendo avutoun’esperienza per certi versi simile a

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� 7. Figura schematizzata del progetto generale, con frecce per aree/funzioni. � 8. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Rendering del bancone dell’accettazione generale.

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quella degli attuali utenti/clienti, sianoanche capaci di mostrarsi particolar-mente sensibili rispetto alle aspettative(e relative, esperienze, intenzioni, desi-deri, bisogni, ecc.) degli utenti/clientidel momento.

Si è quindi individuato per talestruttura un ruolo cruciale di transizio-ne/mediazione, tra esterno ed internodell’ospedale, da ulteriormente artico-lare e sviluppare in varie direzioni,anche per il futuro. Si è infatti ipotizza-to che in tale setting-luogo potrebberovenire assolte varie funzioni, sia diretta-mente espletate nei confronti degliattuali utenti/clienti, sia anche nei con-fronti di possibili ulteriori funzioni pre-figurabili per il futuro, in prospettiva piùampia e più di lungo termine, anchesulla base di quelle già sperimentate inaltri Paesi e che potrebbero risultarecome par ticolarmente innovative perl’Italia. Queste attività potrebberoinfatti per loro natura trovare proprioin tale Centro di accoglienza il loroprincipale e più adeguato punto logisti-co di riferimento. Si è qui pensato adesempio a quella del Patient and VisitorParticipation (PVP) Project, realizzatapresso l’Università del Michigan (Zim-ring, Reizenstein Carpman e Michel-son, 1987), così come a quella riguar-dante l’ipotizzato programma di moni-toraggio valutativo, fin dagli inizi previ-sto quale completamento della nostracollaborazione con il gruppo dei pro-gettisti per il progetto del NuovoMeyer di Careggi e iniziato nella fasedel Bando del Progetto.

IL MONITORAGGIO VALUTATIVO

DELLA SPERIMENTAZIONE

PROGETTUALE IN ATTO

Anche nel caso della nostra collabo-razione con i progettisti del NuovoMeyer, è stata prefigurata fin dagli inizi,come parte integrante del nostro lavo-ro di collaborazione, la realizzazionedella terza fase di lavoro, solitamenteprevista in questi casi e da noi qui pro-posta come fase di monitoraggio valuta-tivo della sperimentazione progettualein atto. Tale fase è stata infatti propostacon il fine di consentire il monitoraggiodella sperimentazione progettuale unavolta messa in atto, in riferimento siaalle strutture e servizi già realizzati, siain vista dei possibili aspetti progettuali oorganizzativi ancora da realizzare.

Tale programma dovrebbe infattipotersi avviare a partire da 6/12 mesidopo l’apertura dell’azienda al pubblicoe dovrà avvalersi delle metodologieormai consolidate nell’ambito della psi-cologia ambientale e applicata, comequelle della valutazione successiva all’im-piego da parte degli utenti delle struttu-re progettate, definita di “ValutazionePost-Occupativa” (Post Occupancy Eva-luation: POE), nonché di quelle similaritalvolta utilizzate per la valutazione della“soddisfazione del cliente” (CustomerSatisfaction), analogamente ad esperien-ze simili già realizzate da tempo in altriPaesi (Bechtel, 1977; Preiser, 1994).

Tale momento analitico dovrebbeinfatti essere inteso come necessariafase di riflessione valutativa sull’operafino al momento realizzata, al fine di

meglio programmare sia gli eventualicompletamenti o aggiustamenti pro-gettuali già previsti (in termini di even-tuali modifiche, aggiunte e/o abolizioni),sia quelli che si possono venire ad evi-denziare, non semplicemente a proget-to esecutivo ultimato, quanto piuttostoin seguito al prezioso riscontro chesolo può fornire l’uso prolungato eripetuto della specifica struttura ospe-daliera da parte della sua altrettantospecifica - e in questo caso, come giànotato, variamente speciale - utenza.Questo tenendo nel dovuto conto nonsolo le varie specialità già citate tipichedell’utenza ospedaliera pediatrica ingenere, quanto anche le altre possibilispecialità di utenza, qui probabilmenteconnesse allo specifico OspedalePediatrico Meyer di Firenze-Careggi(cfr. Del Nord, 2006).

Per ulteriori informazioni sui temi trattati in que-sto contributo consultare anche il sito webwww.cirpa.it

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� 9. Polo Pediatrico Meyer, Firenze, CSPE. Ludoteca.

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- Benedetta Biondi. Nata a Firenze nel 1975, laureata in Ingegneria Edile presso l’Università di Pisa nel 2002, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, presso l’Università degliStudi di Firenze nel 2006, occupandosi di architettura tradizionale e sviluppo locale. Ha svolto attività di ricerca con il Centro Interuniversitario TESIS occupandosi di edilizia ospedalieraed universitaria. Attualmente si dedica principalmente alla libera professione.

- Mirilia Bonnes. Professore Ordinario di Psicologia Ambientale presso la Facoltà di Psicologia 2 della Sapienza Università di Roma, Direttore del Centro Interuniversitario di Ricerca in Psicologia Ambientale(CIRPA), a cui afferiscono le Università di Roma-Sapienza, Padova, Cagliari, Roma-Tre e LUMSA, Coordinatore del Dottorato in Psicologia Ambientale della Sapienza Università di Roma egià presidente della commissione italiana per il programma Man and Biosphere (MAB) dell’UNESCO. È attiva nel campo della Psicologia Ambientale internazionale e nazionale da più di30 anni, sia come autore di numerose pubblicazioni internazionali e nazionali, sia come coordinatore di programmi di ricerca per organismi internazionali (EC, UNESCO, ICSU) e nazionali(CNR, MURST), sia come membro di comitati scientifici internazionali e nazionali, sia come organizzatore di eventi congressuali a livello internazionale (IAPS, Euro-MAB), tra i quali il pros-simo 20th Congresso Internazionale della International Association of People-environment Studies (IAPS), a Roma (luglio, 2008).

- Marino Bonaiuto. Direttore del Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione e Vice-Direttore del CIRPA, Professore Ordinario di Psicologia Architettonica presso la Facoltà di Psicologia2 della Sapienza Università di Roma. Svolge attività di ricerca, didattica e consulenza nel campo della psicologia architettonica e ambientale ove è autore di pubblicazioni nazionali e inter-nazionali. Membro dello Steering Committee del 20th International conference of the International Association of People-environment Studies (IAPS) in Roma (2008).

- Antonella Cesaroni.Architetto e Dottore in “Tecnologia dell’Architettura”, si è specializzata presso il Dipartimento TAeD ‘Pierluigi Spadolini’ dell’Università degli Studi di Firenze con una Tesi di Dottorato dal titolo“Approccio per la manutenzione programmata nella conservazione, nella fruizione e nel riuso di opere del periodo eclettico”, tutor il prof. arch. Paolo Felli; attualmente collabora ai Corsi di “Teoriae Storia del Restauro” e “Architettura Contemporanea” tenuti dal prof. Francesco Maria Quinterio presso la Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno dell’Università degli Studi di Camerino.

- Romano Del Nord.Professore Ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” dell’Università degli Studi di Firenze. Nel 1975 fondacon l’Arch. Antonio Andreucci e l’Arch. Paolo Felli, l’associazione professionale di architetti CSPE (Centro Studi Progettazione Edilizia) con sede in Firenze dove svolge attività professionalenell’ambito della progettazione di strutture edilizie complesse per la sanità ed il terziario. Dal 1991 é Direttore del Centro Interuniversitario di ricerca sui Sistemi e Tecnologie per l’ediliziasanitaria “Tesis”, cui afferiscono le Università di Firenze, Milano e Roma “La Sapienza”. Ricopre l’incarico di Prorettore all’edilizia dell’Università degli Studi di Firenze. Collabora con ilMinistero dell’Università e della Ricerca e con il Ministero della Pubblica Istruzione per la definizione di standard normativi e di modelli per il calcolo del fabbisogno di edilizia universitariae scolastica. Responsabile scientifico dell’International Academy of Design and Health e della corrispondente collana editoriale congressuale. Coordinatore dei Master di “Design andHealth” e di “Gestione della Sicurezza”. Presidente della Commissione Ministeriale (MIUR) per l’attuazione degli interventi di edilizia residenziale universitaria. Attivo nell’organizzazionedi eventi congressuali a livello internazionale, ha pubblicato saggi, articoli e manuali sulla progettazione tecnologica, tra cui si ricordano: Architecture for Alzheimer Disease, Alinea Editrice,Firenze 2004; Lo Stress Ambientale nel Progetto Dell’Ospedale Pediatrico, Motta Ed. Milano, 2006.

- Cristina Donati. Architetto, laureata presso l’Università degli Studi di Firenze, dove ha conseguito il Dottorato di Ricerca in storia dell’architettura contemporanea. Dopo la laurea, si trasferisce ad Oxford (UK)dove collabora con studi professionali, organizza eventi legati all’architettura e scrive per riviste internazionali di settore tra cui Modulo, Architecture Today, Perspective on Architecture, Costruirein Laterizio, Controspazio. Ha svolto attività didattica presso la Facoltà di Architettura di Firenze e per il Florence Programme della Kent State University (USA). Tra le recenti pubblicazionisi ricordano i seguenti volumi monografici: Michael Hopkins, Skira Editore, Milano, 2006; CSPE: L’Innovazione Tecnologica dalla Ricerca alla Realizzazione, Electa, Milano, 2007.

- Ferdinando Fornara.Membro del Consiglio Scientifico del CIRPA (Centro Interuniversitario di Ricerca in Psicologia Ambientale) e Ricercatore in Psicologia Sociale presso il Dipartimento di Psicologia dell’Universitàdi Cagliari. Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Psicologia Sociale presso il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione della Sapienza Università di Roma eun Master of Science in Environmental Psychology presso la University of Surrey (UK). È docente di Psicologia Sociale e di Psicologia Ecologica presso la Facoltà di Scienze della Formazionedell’Università di Cagliari. La sua attività di ricerca si è sviluppata nel campo della psicologia ambientale e architettonica, dove ha pubblicato contributi e presentato relazioni a Convegninazionali e internazionali. È membro della IAPS (International Association of People-Environment Studies), dell’Editorial Committee del “Bulletin of People-Environment Studies” e del net-work internazionale di ricerca CSBE (Culture and Space in the Built Environment).

- Marco Geddes da Filicaia.Direttore sanitario Ospedale di Santa Maria Nuova e Palagi – Firenze. È stato direttore sanitario dell’Istituto Timori di Genova e Vice Presidente del Consiglio sanitario nazionale. Collabora conil Ministero della salute quale Membro della Commissione di valutazione (art. 71, comma 2, L. 448/1998) per gli interventi di riorganizzazione e riqualificazione dell’assistenza sanitaria neigrandi centri urbani e del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero della Sanità. Nell’ambito della pianificazione delle strutture sanitarie territoriali e ospedaliereha collaborato al Piano strategico del comune di Firenze. Svolge attività didattica nell’ambito del Master II livello Programmazione, progettazione e gestione degli edifici sanitari nei Paesi delMediterraneo Dipartimento ITACA Università degli studi La Sapienza – Ministero degli affari esteri. Tra le sue pubblicazioni ha curato le Monografie di Salute e Territorio: Programmazioneospedaliera e dimensionamento dei servizi (n. 14); Il governo dell’Ospedale. (n. 160 e 161) e La casa della Salute - Idee di progetto (con Benigni, Fagnoni, Giofrè, Terranova). Alinea 2007.

- Marzia Marandola. Ingegnere, Dottore di Ricerca (2006) in Ingegneria Edile con una tesi su Riccardo Morandi ingegnere (1902-1989): le sperimentazioni e le opere in cemento armato precompresso deglianni Cinquanta. Assegnista di ricerca, insegna storia dell’Architettura alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata. Ha pubblicato (in collaborazione) Giovanni Michelucci(1891-1990), Electa, Milano 2006, oltre a numerosi saggi sull’architettura moderna e contemporanea. Collabora con Casabella.

CURRICULA DEGLI AUTORI

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- Maurizio Meossi. Architetto. Studia a Firenze e Londra (Master presso il Design Research Lab, Archltectural Associatlon). Collabora con Zaha Haidid Architects dal 2002. Coordinatore alla progettazionecostruttiva e alla realizzazione del Museo per le Arti delle XXI secolo in Roma (MAXXI). Lecturer per varie università italiane e straniere. Nel 1999 fonda con F. Innocenti il gruppo diprogettazione aperto SPIN+ (www.spinplus.co.uk), i cui progetti sono stati esposti in varie mostre nazionali ed internazionali.

- Derek Parker. La carriera professionale e di ricerca copre oltre quaranta anni di attività dedicata alla progettazione di strutture ospedaliere complesse ed alla integrazione urbana di grandi policliniciuniversitari. Presidente dello studio Anshen+Allen con sede a San Francisco (US) e successivamente della corrispondente sede londinese; ha lavorato in almeno dieci contesti culturali diver-si tra cui: gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, l’Italia, la Norvegia, la ex Unione Sovietica, la Turchia, il Giappone, la Cina e le Filippine. Possiede una profonda conoscenza dei diver-si ambiti tecnologici e costruttivi ed uno spiccato senso del valore della multiculturalità. Tra i numerosi titoli culturali si ricorda: Membro dell’AIA (American Institute of Architects), Membrodel RIBA (Royal Institute of British Architects), Londra, Responsabile del Comitato Scientifico del Congresso “Healthcare Design”, Consulente del “King’s Healthcare Fund” di Londra, Membrodel “California College of Arts and Crafts”, Consulente del Ministero della Sanità della Repubblica della Cina, Direttore del Consiglio del “Hospice of Marin”, California, già Consulente dellaAccademia delle Scienza della Unione Sovietica, già Presidente del “Bay Area Health Planning Council”, già Consulente per l’Architettura del consiglio della Stanford University, già ArchitettoConsulente del “UCSF Medical Centre”.

- Alessio Pipinato. Ingegnere edile, laureato presso l’Università degli Studi di Padova, dove ha conseguito anche il Master in Progettazione di Infrastrutture, ha poi proseguito la sua preparazione accademi-ca presso l’Università di Trento ottenendo il dottorato di ricerca in Ingegneria Strutturale; svolge attività didattica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova, nei corsi di Tecnicadelle Costruzioni e di Teoria e Progetto di Ponti. Coordina annualmente il Master universitario in Progettazione di infrastrutture. Svolge attività di ricerca in tale ambito, in collaborazione conenti ferroviari e autostradali, oltre che ricerche nell’ambito dei materiali da costruzione, con Industrie del settore. E’ membro dell’European Construction Technology Network (ECTP), areaNetwork e area Cities & Building, membro ASCE (American Society of Civil Engineers) e IABSE (International Association for Bridge and Structural Engineering). Ha svolto l’attività profes-sionale di progettista, ottenendo due segnalazioni come finalista nel Premio per l’Urbanistica Piccinato e come finalista italiano dell’Archiprix International 2005. Ha realizzato in campoospedaliero lo studio di fattibilità per la realizzazione dell’IRCCS di Rovigo. Si ricorda inoltre il 3° posto per il progetto del nuovo palazzo del cinema dello Biennale di Venezia. Ha pubbli-cato numerosi contributi in tema di progettazione infrastrutturale in libri e riviste nazionali ed internazionali.

- Peter Scher BA(Arch.) RIBA. Architetto svolge la libera professione in qualità di ricercatore e consulente culturale ed editoriale per la rivista HD Journal for Healthcare Design and Development. Ha accumulatogrande esperienza nella progettazione di strutture sanitarie ed è Visiting Research Fellow del corso di Arts for Health presso la Facoltà di Design della Manchester Metropolitan University.I suoi studi sulla qualità del design ambientale, comprendono la ricerca ed il video Patient-focused Architecture, oltre alla prima valutazione indipendente, The Exeter Evaluation, sulPiano dell’Arte per un importante complesso ospedaliero. È membro del Design Review Panel per il Ministero Britannico della Sanità e membro del Public Health Group della InternationalUnion of Architects (UIA). Ha svolto intensa attività convegnistica sul tema del rapporto tra Arte e Sanità sia in UK che in ambito internazionale, partecipando a conferenze in Italia,Norvegia, Grecia, Egitto, Svezia, Corea, Olanda, Australia, Brasile, Turchia e Sud Africa.

- Daniela Sorana.Architetto e Dottore di Ricerca in Architettura, svolge dal 1998 attività di ricerca presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” dell’Università degli Studidi Firenze, dove attualmente occupa la posizione di ricercatore a tempo determinato. Fa parte del personale ricercatore del Centro Interuniversitario TESIS; è membro del Comitato orga-nizzatore del World Congress on Design and Health della International Academy on Design and Health. Ha pubblicato numerosi contributi in tema di progettazione ospedaliera in libri eriviste.

- Maria Chiara Torricelli. Professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” dell’Università degli Studi di Firenze , docente alla facol-tà di Architettura dell’Università di Firenze nei corsi di laurea di Scienze dell’Architettura e Architettura e coordinatrice del Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, membro delComitato scientifico del Centro Interuniversitario TESIS- Sistemi e Tecnologie per le Strutture Sanitarie. Svolge attività di ricerca sui temi della qualità tecnologica e ambientale e dell’ediliziasanitaria. Fra le sue pubblicazioni: Tipologie edilizie e architettura degli ospedali-Tecnologie dell’edilizia ospedaliera, in: F. Terranova (a cura di) Edilizia per la Sanità, UTET 2005; EdiliziaSanitaria in: Manuale di Progettazione Edilizia, Hoepli 1992; Materiali e Tecnologie dell’Architettura (con R. Del Nord e P. Felli) ed. Laterza 2001; Qualità e gestione del progetto nellacostruzione (con S. Mecca), Alinea 1996.

- Federica Visconti. Nata a Napoli nel 1971. Architetto e dottore di ricerca in Progettazione Urbana, è diplomata presso la Scuola di Specializzazione in Progettazione Architettonica ed Urbana di Napoli. Hapartecipato ad importanti convenzioni e ricerche universitarie, nonché a concorsi di progettazione, approfondendo i temi del progetto urbano e architettonico. Attualmente è docente acontratto di Composizione e Progettazione Urbana presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Federico Il.

- Eberhard H. Zeidler, FRAIC, Hon. FAIA. Direttore dello studio internazionale Zeidler Grinnell Partnership con sedi a Toronto, Canada, Londra, Berlino e West Palm Beach. Nato in Germania, Zeidlerh ha studiato al Bauhaus diWeimar (1945-48) e alla Technische Hochschule di Karlsruhe (1948-49). Nel 195, emigra in Canada dove inizia l’attività professionale, realizzando opere in Canada, US.A. ed in Germania,oltre che a Londra, Mosca Pechino, Shanghai, Kuala Lumpur, Jakarta, Barcellona, Montreal, e Città del Messico. Lo studio ha ricevuto oltre 100 premi sia in Canada che a livello interna-zionale. Zeidler ha ricevuto la Gold Medal dal Royal Architectural Institute del Canada ed è Cavaliere del Lavoro (Officer of the Order) in Canada. Dal 1983 al 2000 è stato Professorepresso l’Università di Toronto.

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