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Anno V N. 2 Estate 2009 PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE Illustrazione da Arianna Sedioli, SUONI PER GIOCARE, Artebambini, 2007. In questo numero Mamma, quanto sono bravo? 2 L’immaginazione dei bambini alla scoperta del mondo 4 Storie per i più piccoli 8 Cenerentola dal Paese delle Nevi a tutto il mondo 10 Capirsi per capire 14 Musicisti si nasce 16 Libri in vetrina 20 Lo sviluppo in Italia del Progetto“Leggere per Crescere 22 L’inclinazione per la musica traspare già nella prima infanzia, palese e fondamentale in tutte le culture, probabilmente presente fin dagli albori della specie umana. Oliver Sacks Musicisti si nasce LXC Boll. 02-09 IMP. 19-06 22-06-2009 17:14 Pagina 1

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Anno V N. 2 Estate 2009

PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE

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In questo numeroMamma, quanto sono bravo? 2L’immaginazione dei bambini alla scoperta del mondo 4Storie per i più piccoli 8Cenerentola dal Paese delle Nevi a tutto il mondo 10Capirsi per capire 14Musicisti si nasce 16Libri in vetrina 20Lo sviluppo in Italia del Progetto“Leggere per Crescere 22

“ L’inclinazione per la musica traspare già nella prima infanzia,palese e fondamentale in tutte le culture, probabilmente presente fin

dagli albori della specie umana.” Oliver Sacks

Musicisti si nasce

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to di una palla, disporre correttamen-te i pezzi di un puzzle, strimpellare suuno strumento musicale e così via), perarrivare verso i 7-8 anni a valutare sestessi globalmente, come persona, in-dipendentemente dalle prestazioni inparticolari situazioni (attività scolasti-che e sportive, comportamenti socia-li) e dall’aspetto fisico).

Le tappe della formazione del SéL’evoluzione della capacità di autova-lutazione, da alcuni studiosi, è stata sud-divisa in tre fasi:

1. dato un traguardo particolare (peresempio, diventare capaci di far gi-rare una trottola o di inserire corret-tamente alcuni oggetti nei rispettivicontenitori), i bambini al di sottodei 2 anni si compiacciono del ri-sultato, ma fanno poca attenzione al-la reazione dell’adulto rispetto aquanto hanno compiuto;

2. dopo i 2 anni, i bambini mostranosempre di più il bisogno dell’appro-vazione dell’adulto: richiamano l’at-tenzione della madre su ciò che han-no fatto o la guardano non appenahanno completato un compito. Sicomportano quindi come se deside-rassero e fossero capaci di anticipa-re una reazione positiva da parte del-l’adulto e come se dipendessero dal-la sua approvazione;

3. in seguito, verso la fine del pe-riodo prescolare, i bambini diven-tano gradualmente più autonomi: ilgiudizio su di sé non dipende più in-teramente dalle reazioni degli adul-ti; successo e insuccesso coincido-no con i modelli propri dei piccoli equesti non sentono più tanto il bi-sogno di riferirsi ad altri per otte-nerne l’approvazione.

Inizialmente dunque la soddisfazionedi sé è strettamente dipendente dalmodo in cui gli adulti si rapportano albambino, ma con l’età diventa evi-dente una tendenza sempre maggio-re verso l’autonomia, nel momento incui il bambino fa maggiore affida-mento sui propri modelli personali.Questa tendenza continua durante l’a-

dolescenza e non si completa mai; lastima e la considerazione di se stessi,per tutta la vita, saranno influenzatedalle risposte degli altri.

Il ruolo dei genitorinello sviluppodell’autostimaGli altri, per i bambini, sono principal-mente i genitori. Da numerose ricercherisulta che quando i genitori esercita-no la loro opera educativa attenti alladisciplina, ma anche disposti a conce-dere una notevole libertà, hanno figlidotati di alta autostima e tanto piùquanto più essi stessi hanno e dimo-strano di avere una buona e giustifica-ta valutazione di se stessi. Genitori conscarsi e non buoni rapporti con i pro-pri figli spesso inducono in questi unabassa autostima.Naturalmente, i genitori e il loro com-portamento educativo non sono gli uni-ci artefici dell’autostima dei loro figli: unruolo importante hanno le educatricidegli Asili nido e soprattutto le inse-gnanti a partire dalla Scuola dell’infan-zia. Anche i compagni possono avereun ruolo rilevante, senza tuttavia rag-giungere l’importanza di quello dei ge-nitori. In generale si può dire che “qual-siasi persona che in un particolare mo-mento risulti importante nella vita di unbambino, influisce sull’eventuale au-mento o diminuzione della sua fiduciain se stesso”1.

Il possibile, importan-te ruolo delle letturecondiviseLa maturazione di un equilibrato sen-so di autostima dipende dunque in lar-

ga parte da quanto il bambino sente diessere pienamente accettato e apprez-zato dalle persone che egli ritiene im-portanti per la soddisfazione delle pro-prie esigenze mentali, affettive e ma-teriali. La sensazione di essere non so-lo amato, ma anche apprezzato, con-ferisce al bambino un profondo sensodi sicurezza e di benessere. Queste con-dizioni, fortemente favorevoli allo svi-luppo dell’autostima, stimolano nelbambino il desiderio di conoscere, dicomprendere il mondo che lo circonda.

Il gesto di proporgli un libro, acquista-to proprio per lui, e di leggerlo con lui,dedicandogli un tempo del tutto parti-colare, induce il bambino a pensare:“Devo pur valere qualche cosa se tan-ta attenzione mi viene riservata, contanta cura e amore”. E questo pensie-ro viene rafforzato dal semplice fattoche la lettura condivisa comporta ancheuna stretta, importante vicinanza fisica.Infatti, ogni essere umano, nel suo pro-fondo, possiede un istinto che connet-te i contatti fisici, il toccarsi amorevol-mente, a un senso di sicurezza. La con-divisione di un buon libro (buono nelsenso di essere adatto all’età, alla sen-sibilità e ai desideri del bambino), la pos-sibilità (soprattutto quando il bambinoè piccolo) di ascoltare stando vicino,quasi abbracciato all’adulto, alimenta ilsenso dell’intimità, della protezione, del-la reciproca valutazione positiva fra chilegge e chi ascolta, elementi di grandeimportanza per lo sviluppo di una buo-na considerazione di Sé. ■

1. H.R. Schaffer, Lo sviluppo sociale del bambi-no, Raffaello Cortina Editore, 1998.

Nello sviluppo della considerazione di sé, delle proprie capacità, i bambini devono essere continuamente sostenuti dall’approvazione degli adulti che maggiormente si occupano di loro.

Sapeva quello che era, perché

lo dicevano tutti.

Illustrazione di Chris Riddell

da K. Cave, C. Riddell,

QUALCOS’ALTRO, Mondadori, 2002.

NNEL CORSO DELLA VITA di ogni esse-re umano, consapevolmente o incon-sapevolmente, si procede ininterrotta-mente alla formulazione di una rispo-sta a una domanda fondamentale: “Chisono io, per me stesso e in relazione congli altri?”. La domanda e la ricerca del-la risposta confluiscono in quello che èil concetto del Sé: il sentirsi una perso-na distinta da tutte le altre, una entitàpermanente attraverso le circostanze ei cambiamenti dell’esistenza.

I fattori che concorrono alla formazio-ne del Sé sono numerosi, ma di parti-colare importanza sono la considera-zione, i giudizi sulla propria persona eil bisogno di essere approvati. La valu-tazione di sé, l’autostima, è infatti pro-fondamente influenzata dal successo odall’insuccesso socialmente riconosciu-ti, dalla corrispondenza o meno fra ciòche una persona pensa di se stessa e ilvalore che gli altri le riconoscono. Que-sto significa che in nessun momentodella vita si può rispondere alla do-manda: “Chi sono io?” senza fare ri-ferimento alla valutazione degli altri1.

Le capacità di autovalutazione matu-rano nel tempo, prima limitate acomportamenti e prestazioni circo-scritte, ma comunque apprezzabilidagli adulti, come quelle relative ai gio-chi (riuscire a controllare il movimen-

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LA CAPACITÀ di pensare, di creare rap-presentazioni mentali di oggetti, si-tuazioni, affetti, indipendentementedalla loro presenza reale, pressoché as-sente nel primo anno di vita, comin-cia a comparire nel secondo anno e simanifesta con i cosiddetti giochi di fin-zione e con la comparsa dell’abilità diparlare non soltanto di cose reali, maanche di eventi puramente immaginari.Successivamente, l’immaginazione, per-ché è di questo chesi tratta, assume for-me sempre più com-plesse, assumendoun ruolo fondamen-tale nello sviluppoconoscitivo ed emo-tivo del bambino.

L’immaginazione nonè un fenomeno pas-seggero che interes-sa soltanto l’infan-zia: è una capacità ein un certo senso an-che una necessitàche permane lungotutto l’arco della vita di ogni individuo,per il bisogno di trascendere realtà esi-stenziali spesso insoddisfacenti, cer-cando mentalmente eventi alternativi dacontrapporre a quelli spiacevoli real-mente accaduti, oppure tali da soddi-sfare, a livello di immaginazione, desi-deri non appagati o non appagabili nel-la realtà.

Il tema-problema dell’immaginazio-ne, della sua natura e della sua fun-zione, è stato oggetto di speculazio-ne filosofica fin da Aristotele (384-322 a.C.) che per primo la definì neitermini ancor oggi utilizzati, interpre-

tandola come una facoltà che, inter-media fra le funzioni affidate ai sensie quelle proprie dell’intelletto, spingeall’azione in vista di una soddisfazio-ne di un bisogno, dell’appagamentodi un desiderio o della realizzazionedi un fine.

Ricordare, in modo esemplificativo,quello che alcuni grandi filosofi hannopensato dell’immaginazione non èpura esibizione culturale, ma ricono-scimento di intuizioni che la psicologiamoderna ha in parte ripreso e confer-mato sulla base di successive indaginiscientifiche. Tanto per fare un esem-

pio, il filosofo inglese Thomas Hobbes(1588-1679) riconosce all’immagina-zione il potere di condizionare tutte leattività mentali, mentre il tedescoImmanuel Kant (1724-1804) sostieneche l’immaginazione è una fonte sog-gettiva fondamentale, insieme all’in-telletto e alla sensibilità, su cui si fondala possibilità stessa della conoscenza.Con il pensatore francese Jean-PaulSartre (1905-1980) la capacità di esi-stere al di fuori e al di sopra della real-tà sensibile, di elaborare un mondoalternativo rispetto a quello concretofa tutt’uno con il fenomeno della liber-tà esistenziale1.

L’immaginazione fattore di crescita

Nell’ambito della psicologia infantile,l’immaginazione del bambino e il suosviluppo hanno ricevuto molta atten-zione, con una grande varietà di inter-pretazioni circa la sua natura e le suefunzioni, tutte e in gran parte condi-zionate specialmente dal pensiero del-

l’austriaco Sigmund Freud (1856-1939),fondatore della psicanalisi e dello psi-cologo svizzero Jean Piaget (1896-1980).In un modo assai semplificato, si può di-re che in ambito psicoanalitico l’imma-ginazione, e non solo quella infantile,viene considerata come una funzionecompensatoria in cui le fantasie appa-gherebbero desideri che non trovanosoddisfazione nella realtà, dando cosìsostanzialmente una valutazione ridut-tiva e prevalentemente negativa del-l’immaginazione infantile. In particola-re, il gioco di finzione (saliente manife-stazione dell’immaginazione), oltre che

essere espressione compensatoria di fru-strazioni, comporterebbe un allonta-namento del bambino dalle relazioni so-ciali autentiche e una sospensione del-la sua capacità di prendere in esame larealtà.

Questa impostazione è fortementecontrastata da quanti invece hannoconstatato come “fin dalle prime fasidell’infanzia l’immaginazione: 1. appaiain particolare sintonia con le relazioni so-ciali; 2. non sia governata da desideriinsoddisfatti; 3. integri l’analisi della real-tà compiuta del bambino”2.

Nei giochi di finzione si può osservare,infatti, non solo che essi sono immagi-nati in contesti sociali e non in solitu-dine, ma anche che vengono tanto piùsviluppati quanto più sono condivisi conaltri bambini, come accade nei giochidi ruolo in cui vengono assegnate leparti destinate a interagire socialmen-te fra loro.

Quanto all’immaginazione come mez-zo per compensare frustrazioni e desi-deri insoddisfatti, è una funzione chepuò naturalmente essere esercitata, manon in esclusiva; infatti, come spiega-re, per esempio, il fenomeno dei mo-stri immaginari? “Quale gratificazioneemotiva potrebbe trarre un bambinodall’inventare una creatura che lo spa-venti e lo tenga sveglio?”3.

Infine, la possibilità che l’immaginazio-ne allontani il bambino dal confrontocon la realtà è un’ipotesi da ribaltare nelsenso che l’immaginazione non ha co-me effetto la distorsione della realtà, macostituisce il fondamento di una capa-cità di giudizio del reale più ricco di al-

ternative e quindi più suscettibile di am-pliare la costruzione, la rappresenta-zione, la conoscenza del mondo reale.

La distinzione fra immaginazione, fanta-sia e fantasticherie

Vi è chi identifica l’immaginazione conla fantasia; altri ritengono che si deb-ba operare una distinzione fra le due inquanto l’immaginazione sarebbe unacreazione mentale affidata a elementidi realtà e finalizzata a uno scopo, men-tre la fantasia sarebbe pura irrealtà, unaimmaginazione sregolata per cui po-trebbe essere considerata, come spes-so si dice nel linguaggio comune, “lapazza di casa”.

Una distinzione viene proposta anchefra fantasia e fantasticheria; quest’ul-tima, detta anche sogno a occhi aper-ti, frequente nei bambini che hannomaggiore facilità di sottrarre al realeconcretezza e credibilità, è lo stru-mento mentale “attraverso cui si con-ferisce struttura e coerenza logica a si-tuazioni fittizie, immaginarie o incon-sistenti rendendole convincenti e per-suasive”3. Dal punto di vista emotivo, non si devetrascurare la possibilità che l’immagi-nazione crei situazioni che portano ilbambino a confondere le fantasie conla realtà, talvolta con risultati tutt’altroche auspicabili. Pensiamo alla paura chespesso i bambini dimostrano per mostriimmaginari o inesistenti figure terrifi-canti. È stato osservato che questo tipodi paure è relativamente poco diffuso adue anni, mentre diviene un fenomenocomune intorno ai cinque anni.

Gli bastava un’emozione anche piccola e la sua immaginazione si metteva in moto.P. Franceschini, CON GLI OCCHI DI MIRÓ,Artebambini, 2008.

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Alcuni pensano che i bambini abbianoben chiara la distinzione fra fantasia erealtà in relazione a oggetti comuni, mache si confondano quando si tratta diimmaginazioni molto lontane dal rea-le. Altri ritengono che quando i bam-bini mostrano una forte reazione emo-tiva, di fronte a una figura o una si-tuazione immaginaria, questa non siadovuta a una confusione fra ciò che èreale e ciò che è immaginario, ma de-rivi da più profonde inquietudini delbambino che persistono anche dopoche i genitori lo hanno ripetutamenterassicurato che i mostri, così come ifantasmi e le streghe cattive, non esi-stono.

Le funzioni dell’immaginazione

L’immaginazione ha un’importanzafondamentale nello sviluppo del bam-bino, nelle sue capacità di conosceree di sentire, specialmente nel periodoche precede l’entrata nella Scuola pri-maria (o elementare, come veniva chia-mata in passato). Un’immaginazioneattiva contribuisce in modo rilevante (eosservabile da parte di genitori atten-ti) alla crescita mentale del bambino inquattro fondamentali direzioni: lo svi-luppo del linguaggio, dell’autocon-trollo, della capacità di socializzazione,di risolvere problemi.

Il linguaggio. Nei giochi di finzione edi ruolo il bambino è indotto a dare no-mi alle cose e alle situazioni create dal-la sua immaginazione, descrivendoli efacendoli propri arricchendoli di quan-to verbalmente proviene dall’ambientein cui vive.

L’autocontrollo. Nei giochi, immagi-nando ruoli di protagonista alle presecon le situazioni più varie, il bambinovi adegua mentalmente le proprie a-zioni, ricavando la sensazione di con-trollare i propri comportamenti rispet-to agli avvenimenti immaginati.La socializzazione. Nei giochi condi-visi con altri bambini o con “l’amico im-maginario” si impone una divisione deiruoli che a sua volta comporta l’ap-prendimento e la messa in pratica del-le norme del convivere con altri, ali-mentando collaborazione e risolvendoconflitti.La soluzione dei problemi. Nel gio-co e nella quotidianità dell’esistenza, ilbambino è continuamente esposto al-l’esigenza di risolvere piccoli o (per lui)grandi problemi, non solo mettendo afrutto gli insegnamenti che gli vengo-no impartiti o gli esempi offerti alla suaattenzione, ma anche ricorrendo al-l’immaginazione di soluzioni del tuttonuove atte a superarli.

La stimolazione dell’immaginazione

L’immaginazione di tutti i bambini in etàprescolare, cioè fra i due e i cinque-seianni, in condizioni di vita normale, si svi-luppa in modo naturale ma, ovviamen-te, tanto meglio quanto più vengonoesposti a esperienze nuove, a una vi-sione via via sempre più aperta sul mon-do. Si pone quindi la questione di checosa in concreto si può fare per favo-rire nei bambini lo sviluppo dell’imma-ginazione.

Innanzitutto, è opportuno limitare iltempo inevitabilmente dedicato alla te-

levisione: non più di un’ora al giorno,scegliendo quanto più possibile pro-grammi adatti all’età e alla sensibilitàdel bambino. La televisione, infatti, coni suoi schemi narrativi convenzionali,inibisce la creatività; inoltre, il tempospeso a guardarla viene sottratto al gio-co, attività ben più importante per fa-vorirla.

Nello sviluppo dell’immaginazione, unaparte essenziale è rappresentata dal gio-co, soprattutto quello di finzione e diruolo. Nei giochi di finzione i bambini,pur valorizzando esperienze e concettiacquisiti dalla realtà, li trasformano, lireinventano, li rappresentano in modosimbolico, creando un proprio mondoimmaginario in cui riversano emozioni,sentimenti, sogni.

I giochi di finzione, contrariamente aquanto si pensa, non sono attività de-stinate a scomparire gradualmente, altrascorrere dell’infanzia verso l’adole-scenza, bensì perdurano per tutta la vi-ta come manifestazione della capacitàmentale di immaginare alternative allarealtà. In questo senso, è un grave er-rore considerare sprecato il tempo deibambini dedicato al gioco in generale,sostituendolo con attività ritenute piùopportune per il suo sviluppo, comequelle sportive, certamente vantaggio-se e da non trascurare, ma non a sca-pito di quelle ludiche.

Ben scriveva qualche secolo fa lo scrit-tore francese Michel de Montaigne(1533-1592). “il gioco dovrebbe esse-re considerato l’attività più seria del-l’infanzia”. Il più possibile senza gio-cattoli sofisticati, e soprattutto “intelli-genti”, progettati per affinare le capa-

cità logiche del bambino, ma molto li-mitativi per quanto riguarda l’immagi-nazione. Per stimolare l’immaginazionemeglio un asciugamano che diventa unturbante, una cordicella un preziosobraccialetto, un vecchio tappeto un tap-peto volante, consunti animali di pelu-che abitatori di foreste immaginarie.

Non meno importante è consentire aibambini la manipolazione dei materia-li più diversi, senza preoccuparsi se spor-cano: argilla, sabbia, pastelli, stoffe ecc.tutto può servire per costruire un pro-prio mondo immaginario (e nello stes-so tempo maturare una conoscenza di-retta dei differenti materiali).

Oltre al gioco, fondamentali elementi di

stimolo dell’immaginazione sono rap-presentati dalla narrazione e dalla let-tura ad alta voce. Il raccontare fiabe,storie, anche di semplici avvenimenti fa-miliari, oltre che divertire, apre nel bam-bino nuove prospettive in cui espanderela propria inventiva, stimolata dalla co-noscenza di nuovi personaggi e dal-l’apprendimento di suggestive nuovetrame narrative. Non meno efficace èla lettura ad alta voce di libri illustratiche favorisce nel bambino la cono-scenza di situazioni, luoghi, personag-gi più complessi, dotati di maggiori det-tagli, linguisticamente più ricchi.

L’utilizzazione di libri illustrati presup-pone una loro scelta oculata, basata sul-la qualità soprattutto delle illustrazioni(meglio pochi libri pregevoli piuttostoche molti scadenti) e su un accorto mo-do di leggerli e condividerli: meglio pri-ma leggere il testo e poi far guardare

le figure, in modo da consentire al bam-bino di immaginare i personaggi, gli am-bienti e le vicende narrate prima diesporlo alle illustrazioni, in qualche mo-do imponendogli così delle rappresen-tazioni prefabbricate che possono bloc-care la sua fantasia. Bisogna fare in mo-do, il più possibile, che nella mente delbambino, per esempio, Biancanevenon si fissi ineluttabilmente come è raf-figurata nei prodotti della Walt Disney.

Da ultima, e non certo ultima per im-portanza, vi è la musica. In questo nu-mero di Leggere per Crescere, alla mu-sica in rapporto allo sviluppo del bam-bino è dedicato tutto un capitolo (pa-gine 16-19). Qui basterà ricordare comeascoltare musica ed eventualmente pro-durla, anche con semplici strumenti fat-ti in casa, contribuisce a dare colore ecalore alle creazioni immaginarie deibambini e alle relazioni che essi intrat-tengono fra loro e con gli adulti.

Tutto insomma – gioco, esperienze nar-rative e di lettura, musica, manipola-zione di materiali – può contribuire al-lo sviluppo dell’immaginazione chenon è soltanto la strada maestra per an-dare creativamente oltre i limiti impo-sti dalla realtà ed eventualmente sod-disfare desideri e calmare ansie, ma an-che un grande ponte verso la cono-scenza del mondo e la costruzione del-la propria personalità. ■

1. N. Abbagnano, G. Fornero, Dizionario di fi-losofia, UTET, 2001.

2. P.L. Harris, L’i0maginazione del bambino, Raf-faello Cortina Editore, 2008.

3. U. Galimberti, Psicologia, Garzanti, 1999.

Un castello incantato immaginato da un bambino di 5 anni.CONCORSO TUTTI BRAVI,GlaxoSmithKline.

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Quando, come e cosa leggere ai bambini nei primianni di vita.

L’IMPORTANZA DELLA NARRAZIONE edella lettura ad alta voce nella promo-zione dello sviluppo mentale e affettivodel bambino è tanto maggiore quantopiù vengono adeguate, nella forma e neicontenuti, alle sue possibilità di capire.Nei primi mesi di vita, quando preval-gono i rapporti faccia a faccia con lamamma (o con chi si occupa del suo ac-cudimento), l’attenzione e l’interesse delbambino sono rivolti alle espressioni delviso, ai suoni, ai movimenti: insomma,a quanto accade direttamente nel rap-porto a due. È verso i 5 mesi di età che,quasi improvvisamente, il bambino si ri-volge in modo sempre più pronunciatoverso il mondo delle cose, gli oggetti chepuò afferrare, maneggiare, e con i qua-li può stimolarsi e divertirsi; è il tempoin cui diminuisce l’attenzione visiva ver-so la madre e questa comincia a rendersiconto che il rapporto faccia a faccia nonbasta più e che è necessario ricercare,per continuare a comunicare con il pro-prio bambino, elementi esterni al loroconfronto a due, sui quali far confluireun comune interesse.

Il graduale sviluppodell’attenzione

Quello della condivisione di elementiadatti a sostenere un rapporto, comepuò essere appunto il raccontare o leg-gere-mostrare un albo illustrato, è unaoperazione che deve fare i conti con ilfatto che fino a circa 10 mesi raramen-te il bambino segue lo sguardo della ma-dre: bisognerà attendere il compimen-to del primo anno perché la direzionedel suo sguardo assuma il significato diun segnale di coinvolgimento reciproco.Nel frattempo, tuttavia, non cessa l’im-portanza di attività come il gioco, in cui

il bambino è totalmente assorbito, di-mentico della madre finché questa nonsolleciti la sua attenzione. Infatti, il bam-bino piccolo, in quanto possiede una ca-pacità di attenzione ancora molto limi-tata, può prestarla a una cosa oppurea una persona, ma non a entrambe con-temporaneamente.Questo significa che un bambino di seimesi prova certamente piacere a senti-re la voce della mamma che gli narra,o gli canta, ma sostanzialmente solo co-me spettatore. Questa mancanza di re-ciprocità non deve essere motivo di sco-raggiamento e interpretata come un se-

gnale di inutilità della prestazione ai fi-ni dello sviluppo del bambino: basteràgiungere all’anno per constatare quan-to egli abbia maturato la capacità di par-tecipare, di condividere con l’adulto leesperienze di gioco, di narrazione e dilettura.Un ulteriore passo in avanti, nell’affinarel’attenzione, viene compiuto dal bam-bino quando verso i 2 anni e mezzo ma-tura la capacità di andare oltre le espe-rienze con gli oggetti e le situazioni con-crete per approdare a quella di pensar-le e rappresentarle interiormente, in mo-do astratto, simbolico. “Fra le manife-

stazioni delle nuove abilità, l’uso del lin-guaggio, come insieme di simboli con-divisi, è la più rilevante e da questo mo-mento in poi gli scambi sociali assumonosempre più la forma di conversazione”1.

Il momento magico per lo sviluppo dellinguaggio prende avvio con la scoper-ta che le parole possono vivere al di fuo-ri delle cose che rappresentano, stimo-lo fondamentale alla straordinaria cre-scita del vocabolario che caratterizzaquesta età. È questo anche un mo-mento assai fertile per l’ascolto e l’in-teresse per i libri. Dai 2 ai 3 anni, infatti,il bambino, soprattutto se è stato po-sto in condizioni di favorevole disponi-bilità di materiale,

■ ha imparato a maneggiare le pagi-ne di carta;

■ ha imparato a sfogliare i libri per tro-vare le immagini preferite;

■ recita intere frasi e talvolta intere sto-rie che gli sono state raccontate olette;

■ coordina i testi con le immagini;■ protesta quando l’adulto dice una

parola sbagliata in una storia cono-sciuta;

■ si “legge” i libri a lui familiari.

Per giungere a questi traguardi, sarà sta-to utile aver cominciato a raccontare eleggere ad alta voce al bambino fin daiprimi mesi di vita: convenzionalmente sidice a partire dai 6 mesi2, comunque ilpiù presto possibile e in modo adatto.

Farsi capire

Che cosa significhi narrare o leggere adalta voce in modo adatto varia a manoa mano che il bambino cresce, dai pri-

Tabella 1 Principali caratteristiche del Parentese

● Pronuncia chiara● Toni più alti● Intonazione accentuata● Linguaggio lento● Pause lunghe● Vocabolario essenziale● Riferimento principalmente

a cose e fatti concreti

mi mesi ai 2-3 anni, Nell’arco di questotempo, gli adulti che si rivolgono ai bam-bini del tutto spontaneamente tendonoad aggiustare il proprio linguaggio alleintuitive, anche se spesso misconosciu-te, capacità di comprensione dei picco-li. Il linguaggio “aggiustato” risponde acaratteristiche quali quelle elencate nel-la tabella 1 ed è denominato nei Paesidi lingua inglese Parentese (parent = ge-nitore) oppure Motherese (mother =mamma).Oltre a un appropriato ricorso al Paren-tese, il miglior modo per raccontare eleggere ad alta voce ai bimbetti può es-sere basato sui seguenti suggerimenti:

■ tenere il bimbo in braccio, in modoche senta il calore di chi gli parla;

■ preferire le cantilene, le filastrocche,le rime, intercalando con tenerezzail nome del bimbo;

■ lasciare che il bimbo tocchi, afferri,succhi: sono i suoi modi per cono-scere il mondo;

■ dare al bimbo un giocattolo che pos-sa mettere in bocca mentre ascolta;

■ leggere poco per volta, aumentan-do con lenta gradualità il tempo de-dicato alla lettura;

■ consentire che il bimbo tocchi le pa-gine del libro che gli viene letto;

■ indicare le figure, nominandole espiegandone la natura e le funzio-ni;

■ non insistere se il bimbo non ha vo-glia di ascoltare;

■ incoraggiare il bimbo a imitare il ver-so o la voce degli animali o delle per-sone raffigurate nelle illustrazioni;

■ valorizzare il “dialogo” che il bimbotenta di fare muovendo le mani o ipiedi, gorgogliando, esprimendo fi-sicamente piacere;

■ fare delle pause e lasciare ai bambi-ni più grandicelli il tempo per ri-spondere alle vostre domande.

Senza pretendere di esaurire la com-plessità e la varietà delle peculiarità deibambini rispetto all’ascolto, se ne pos-sono individuare tre tipi principali. Vi so-no bambini la cui disponibilità e atten-zione sono maggiori quando il raccon-to e la lettura sono sostenuti dalle im-magini; altri, invece, sono più attratti dalsuono delle parole e dal loro fluire; in-fine, vi sono bambini di cui si potrebbedire che sentono con il corpo e che quin-di hanno particolarmente bisogno dicontatto fisico, di muoversi e agire se-condo le suggestioni di quello che ascol-tano. Queste differenze vanno consi-derate oltre che in un quadro di ade-guata comprensione delle caratteristichedel bambino o dei bambini ai quali si rac-conta e si legge, anche su un reale ri-spetto delle loro disponibilità e delle lo-ro reazioni, soprattutto senza mai for-zarli all’ascolto. ■

1. H.R. Schaffer, Lo sviluppo sociale del bambino,Raffaello Cortina Editore, 1998.2. Su questo argomento, vedi “Cominciare il pri-mo giorno”, in Leggere per Crescere, Anno IV n.1, 2008.

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LA FIABA È MOLTO SEMPLICE: una fan-ciulla disprezzata e maltrattata, graziead aiuti soprannaturali, capovolge il pro-prio destino sposando un principe. È lafiaba di Cenerentola, una delle più po-polari al mondo. La sua più antica ver-sione scritta è cinese e risale intorno al-la metà del IX secolo, derivazione di unaben più antica tradizione orale di po-polazioni abitanti l’attuale Vietnamsettentrionale. Ventuno sono le versio-ni cinesi antiche individuate e nove quel-le indocinesi.

Negli ultimi decenni, gli studiosi hannoportato alla luce decine e decine di ver-sioni orientali della fiaba di Cenerentola,arricchendo il catalogo di quelle occi-dentali che già alla fine dell’Ottocento

ne contava 345. La fiaba di Ceneren-tola compare anche in un’antica raccoltadi testi letterari tibetani, a loro volta mo-dellati su una celebre opera indiana lecui radici risalgono probabilmente a pri-

ma del X secolo; alcuni, temi sono sta-ti ripresi anche da Giovanni Boccaccio(1313-1375) nel Decamerone e nel Fi-locolo; ai nostri tempi, da Thomas Mann(1875-1955) nel racconto Le testescambiate1.

In un complesso intreccio di versioni,lungo secoli di storia dei popoli più di-versi e lontani dell’Oriente e dell’Occi-dente, la struttura di base della fiaba diCenerentola rimane tuttavia sostan-zialmente la stessa, così come accadeper numerosissime altre fiabe, favole,miti e leggende. Come mai?

Uno studioso russo, Vladimir J. Propp(1895-1970), nella sua ricerca sull’ori-gine storica delle fiabe e sul significatoche possono avere, si rese conto che tut-te hanno una struttura costante, si di-

spiegano cioè secondo un numero re-lativamente limitato di funzioni, 31 pre-cisamente (Tabella 1), messe in atto daun numero limitato di personaggi (Ta-bella 2) secondo uno schema semplicee ripetitivo (Tabella 3)2. Lo scopo prin-cipale delle ricerche di Propp era quel-lo di mettere a punto dei criteri per ar-rivare a dare un ordine, classificare, nelmodo più semplice possibile, il vasto ma-teriale fiabesco presente in tutte le cul-ture, passo che egli riteneva indispen-sabile per procedere alla individuazionedelle radici più profonde delle fiabe edel loro significato.

Tracce di lontanissimetradizioni

Il risultato cui Propp perviene è che, perla maggior parte, gli elementi costitu-tivi delle fiabe possono essere fatti risalire

a riti e miti primitivi, e più specialmen-te al “ciclo d’iniziazione” e alle “rap-presentazioni della morte”. Le fiabe po-polari, soprattutto quelle di magia, nonsarebbero altro che il ricordo di antichecerimonie di iniziazione che venivanocelebrate presso le comunità primitive.Durante questi riti veniva festeggiato inmodo solenne il passaggio dei ragazzidall’infanzia all’età adulta. Essi veniva-no sottoposti a numerose prove attra-verso le quali dovevano dimostrare disaper affrontare da soli le avversità del-l’ambiente e di essere pertanto matu-ri per iniziare a far parte della comuni-tà degli adulti. Dopo le prove, i ragaz-zi e le ragazze, come in una rappre-sentazione teatrale guidata spesso dauno stregone, dovevano “morire” percelebrare la morte dell’infanzia. Questaloro morte temporanea veniva di soli-to provocata con sostanze stupefacen-

ti e al risveglio i giovani venivano con-siderati adulti.

Col passare del tempo i riti d’iniziazio-ne non si celebrarono più, ne rimase tut-tavia il ricordo, trasmesso dagli anzia-ni. I racconti degli anziani vennero tra-mandati per secoli e secoli sotto formadi fiaba, con trasformazioni continue,anche quando il ricordo dei riti si eraperso del tutto.

Nella fantasia di chi tramandava i rac-conti, i giovani, sottoposti al rito, sonodiventati i protagonisti delle fiabe; glistregoni sono diventati i personaggi chefanno paura come gli orchi, le streghe,i mostri, i lupi; le armi che ricevevano iragazzi sono diventate i doni magici chei protagonisti delle fiabe ricevono, persuperare ogni ostacolo, dagli aiutantiche incontrano sul loro cammino.

Stessi significati inPaesi diversi

Il fatto che le fiabe abbiano una strut-tura comune non significa che siano pri-ve di connotazioni diverse, espressionedelle diverse culture in cui vengono nar-rate. Ogni popolo, infatti, ha ambien-tato le proprie fiabe nel contesto terri-toriale e sociale in cui si svolgeva la vi-ta quotidiana, con riferimenti al pae-saggio, alle abitudini, alle credenze, al-le regole della propria comunità. Il po-polo russo ha tramandato le sue fiabeambientate nella steppa, con zar e za-rine; gli Inuit le hanno ambientate trai ghiacci, con cacciatori di foche e di or-si; i popoli nord-americani le hanno am-bientate nelle praterie, con bisonti e co-yote. Anche gli eroi sono diversi, se-condo il Paese nel quale viene am-

“Le fiabe possono dare lechiavi per entrare nellarealtà per strade nuove,possono aiutare i bambi-ni a conoscere il mondo”.

Gianni Rodari

“Le fiabe possono dare lechiavi per entrare nellarealtà per strade nuove,possono aiutare i bambi-ni a conoscere il mondo”.

Gianni Rodari

Particolare di dipinto parietale

dal Palazzo del Potala a Lhasa

raffigurante la principessa Jin.

Illustrazione da

CENERENTOLA NEL PAESE DELLE NEVI,

a cura di C. Gianotti, UTET, 2003.

L’inizio della storia di Cenerentola in una edizione tibetana moderna,riprodotta da CENERENTOLA NEL PAESE DELLE NEVI, a cura di C. Gianotti. UTET, 2003.

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bientata la fiaba, e se in Europa si trat-ta spesso di principi o ciabattini, in Ara-bia si tratta di sceicchi o di beduini, inCina di mandarini o di filatori di seta.Così come sono diversi gli esseri fanta-stici o soprannaturali. Nelle fiabe am-bientate in Europa si trovano i diavoli,gli gnomi, i troll, le streghe; in Cina i dra-ghi, nei territori islamici le entità so-prannaturali djinn. In questo senso ap-punto, le fiabe possono essere testi-monianza della cultura di un popolo1.

Il percorso fiabesconella ricerca di sé

Il tema-problema delle origini delle fia-be implica quello del loro significato, chepuò essere affrontato da diversi puntidi vista: quello psicologico è certamen-te fra i più suggestivi in quanto nelle fia-be si possono riconoscere le proiezionipiù profonde dei desideri dell’uomo, leansie, le paure e quanto di più segretoè nel profondo del suo inconscio.

Nell’ambito della psicologia analitica, lefiabe sono considerate le espressioni piùpure e semplici dei processi psichici del-l’inconscio collettivo, popolato di im-magini, figure simboliche e universalidelle primitive visioni della realtà: gli ar-chetipi in cui l’inconscio individuale af-fonda le sue radici. In questo senso, lefiabe possono essere considerate un gia-cimento di simboli che, interpretando-le e rappresentandole, aiutano a entrarein contatto con le parti più profonde dise stessi.

Se si considera l’esistenza di ogni esse-re umano come una continua costru-zione della propria individualità a par-tire da una comune natura, allora le fia-

Tabella 1. Funzioni dei personaggi delle fiabe

L A FIABA di solito parte da una situazione iniziale in cui si enumerano i membri dellafamiglia oppure si introduce il futuro eroe semplicemente con l’indicarne il nome o la

condizione. Alla situazione iniziale fanno seguito le funzioni (la sequenza di azioni secon-do cui si sviluppa la fiaba):

1. Uno dei membri della famiglia si allontana da casa (allontanamento).2. All’eroe è imposto un divieto (divieto).3. Il divieto è infranto (infrazione).4. L’antagonista fa delle ricerche (investigazione).5. L’antagonista riceve informazioni sulla sua vittima (delazione).6. L’antagonista tenta di ingannare la vittima per impadronirsi di lei o dei suoi averi

(tranello).7. La vittima cade nel tranello e con ciò favorisce involontariamente l’antagonista

(connivenza).8. L’antagonista arreca danno o menomazione a uno dei membri della famiglia

(danneggiamento).9. Il danno o la menomazione vengono resi noti; ci si rivolge all’eroe con una

preghiera o un ordine, lo si manda o lo si lascia andare (mediazione).10. L’eroe acconsente o decide di reagire (inizio della reazione).11. L’eroe abbandona la casa (partenza).12. L’eroe è messo alla prova con preparazione all’acquisizione di un mezzo o di un

aiutante magico (prima funzione del donatore).13. Risposta positiva all’eroe (reazione dell’eroe).14. Il mezzo magico entra in possesso dell’eroe (conseguimento del mezzo magico).15. L’eroe si trasferisce, viene portato o condotto sul luogo in cui si trova l’oggetto delle

sue ricerche (trasferimento dello spazio fra due reami, indicazione del cammino).16. L’eroe e l’antagonista ingaggiano direttamente la lotta (lotta).17. All’eroe è impresso un marchio (marchiatura).18. L’antagonista è vinto (vittoria).19. È rimossa la sciagura o la mancanza iniziale (rimozione).20. L’eroe ritorna (ritorno).21. L’eroe è sottoposto a persecuzione (persecuzione, inseguimento).22. L’eroe si salva dalla persecuzione (salvataggio).23. L’eroe arriva in incognito a casa o in un altro Paese (arrivo in incognito).24. Il falso eroe avanza pretese infondate (pretese infondate).25. All’eroe è proposto un compito difficile (compito difficile).26. Il compito difficile è eseguito (adempimento).27. L’eroe viene riconosciuto (identificazione).28. Il falso eroe o l’antagonista viene smascherato (smascheramento).29. L’eroe assume nuove sembianze (trasformazione).30. L’antagonista è punito (punizione).31. L’eroe si sposa e sale al trono (nozze).

be, in quanto storie con un inizio, undecorso e un termine, possono essereviste come una rappresentazione di ta-le processo di individualizzazione. Ogniuomo, nella costruzione della propria in-dividualità, segue un proprio cammino,come nelle fiabe costellato da tratti co-stanti e comuni, tanto da trovare in que-ste una rappresentazione tipica in cuiogni individuo può ritrovarsi.

Uno schema narrativo che testimonia ilrapporto esistente tra le fiabe e il pro-cesso di individualizzazione (ritrovabileanche in Dante Alighieri) è il seguente:“l’eroe, sperduto nella foresta, ritrovala strada solo grazie all’aiuto di uno spi-rito guida che gli consente di passareindenne attraverso prove e pericoli”3.

Considerato da questo punto di vista,che è prevalentemente quello della psi-cologia analitica di indirizzo junghiano4,“nei miti, nelle leggende, o in qualun-que altro materiale mitologico più ela-borato, noi scopriamo i modelli fonda-mentali della psiche umana rivestiti dielementi culturali, nelle fiabe il materialeculturale specificamente cosciente è pre-sente in misura molto minore; esse ri-flettono, pertanto, più chiaramente imodelli fondamentali della psiche”5.

Alla fine vissero felicie contenti

I contenuti delle fiabe richiamano in mo-do simbolico le aspre vicissitudini dellavita, le ansie, le paure e le angosce deibambini, ma nello stesso tempo pro-spettano e rassicurano sulla potenzia-lità di superarle con il trionfo dei pro-tagonisti nei quali si identificano.

I bambini hanno una visione magica del-le cose, così come è nelle fiabe, descrittenello stesso loro linguaggio non reali-stico, immediatamente afferrabile per lasua chiarezza ed essenzialità. Nelle fia-

be le situazioni sono semplificate, i per-sonaggi tratteggiati nettamente, senzaambiguità: il buono è buono, il cattivoè cattivo e i bambini imparano che nel-la vita sono presenti entrambi e tra lo-ro si può/deve scegliere. Dalle fiabe ibambini apprendono, attraverso la rap-presentazione di situazioni concrete, iprincipi della moralità, le azioni giustecui aderire mediante l’identificazionecon l’eroe vincitore.

Nelle fiabe, infine, si ritrovano, a por-tata di bambino, i problemi universalidell’esistenza umana che comportanoil fatto che “una lotta contro le gravi dif-ficoltà della vita è inevitabile; è una par-te intrinseca dell’esistenza umana, chesoltanto chi non si ritrae intimorito, maaffronta risolutamente avversità ina-spettate e spesso immeritate può su-perare tutti gli ostacoli e alla fine usci-re vittorioso”6. Soprattutto, attraversole fiabe, i bambini apprendono che il be-ne maggiore cui tendere è l’amore (lenozze), la tolleranza, la concordia. ■

1. Queste informazioni sono tratte dall’introdu-zione di Carla Gianotti alla traduzione dellafiaba tibetana pubblicata nel 2003 da Utet:Cenerentola nel Paese delle Nevi. Si veda an-che F. Rotondo, “Da Cenerentola a Giufà. Fia-be ponte fra culture lontane”, in Supplementodi Leggere per Crescere, Anno IV n. 3, Au-tunno 2008.

2. V.J. Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi,2000.

3. Si veda “Nelle fiabe, l’anima dei popoli”, Sup-plemento a Leggere per Crescere, Anno IV n.3, Autunno 2008.

4. Carl Gustav Jung (1875-1961), fondatore del-la psicologia analitica in cui larga parte è ri-servata alle espressioni culturali e creative. DaS. Parise, “Le fiabe”, in Trattato di Psicologiaanalitica, a cura di A. Carotenuto, Utet, 1992.

5. M.L. von Franz , Le fiabe interpretate, Bolla-ti Boringhieri, 1986.

6. B. Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, im-portanza e significati psicoanalitici delle fiabe,Feltrinelli, 2003.

Tabella 2. I personaggi caratteristici delle fiabe

• Eroe Il protagonista che, dopo aver compiuto un’impresa, trionferà

• Antagonista L’oppositore dell’eroe

• Falso eroe o antieroe Chi si sostituisce all’eroe con l’inganno

• Mandante Chi spinge l’eroe a partire per la sua missione

• Mentore La guida dell’eroe, che gli dà un dono magico

• Aiutante Chi aiuta l’eroe a portare a termine la missione

• Sovrano L’amico o l’oppositore

• Principessa Il “premio” amoroso finale per l’eroe

Tabella 3. Schema generale delle fiabe

1. Equilibrio iniziale (inizio).2. Rottura dell’equilibrio iniziale

(movente o complicazione).3. Peripezie dell’eroe.4. Ristabilimento dell’equilibrio

(conclusione).

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Il rapporto con gli altri è compro-messo dal fatto che il bambino ipo-vedente non è in grado di coglierevisivamente le espressioni del viso,di imparare a controllare i propricomportamenti ed emozioni osser-vando quelli della mamma e diquanti lo accudiscono.La carenza del contatto “viso a vi-so” fra adulto e bambino ipove-dente può e deve essere controbi-lanciata dal contatto fisico e dalloscambio di parole, così come può av-venire appunto quando si raccontao si legge ad alta voce.

Le parole indicative

La strutturazione del linguaggio nelbambino avviene in gran parte at-traverso quello che viene chiamatogesto indicale, cioè l’associazione traparola e oggetto che lo identifica.Per un bambino con deficit visivo ciòavviene mediante l’esplorazionetattile di oggetti e persone; tuttavia,va tenuto presente che l’immaginementale che il bambino si costruiscea partire dall’esplorazione tattile tal-volta può non coincidere con l’og-getto reale. Per questo, nello svi-luppo del linguaggio del bambinocon disabilità visiva, l’adulto ha unruolo fondamentale perché è graziealle sue parole indicative, associatealle esperienze tattili, che si favori-sce nel bambino ipovedente la for-mazione del linguaggio. E lo svi-luppo della capacità di dare un no-me alle cose è essenziale per cono-scerle meglio e per meglio rappor-tarsi alla realtà.

Come raccontare

Il racconto di storie, così importan-te per tutti i bambini, diviene un’at-tività da affrontare con alcuni ac-corgimenti con un bambino con dis-abilità visiva: si deve definire e farcomprendere anticipatamente ciòche non è realtà tattile spiegando al-cuni vocaboli e/o situazioni chiaveche si incontreranno nella storia, alfine di evitare distorsioni del sensodi quello che viene narrato. Un bam-bino normodotato è facilitato inquanto possiede già delle categoriementali che gli consentono, me-diante il meccanismo delle associa-zioni, di comprendere vocaboli e si-tuazioni nuove. Il raccontare e lo spiegare eventi,e fatti offre la possibilità al bam-bino con disabilità visiva di cono-scere sfumature verbali diverse pernominare uno stesso oggetto e, co-me per i bambini normali, può mi-gliorare le capacità di apprenderee di prestare attenzione; di svilup-pare immaginazione, creatività,curiosità, autostima.

A volte, apparentemente, il bambi-no con deficit visivo sembra non ri-spondere alla voce di chi gli rac-conta: in realtà egli può girarsi di la-to nel tentativo di concentrarsi, conl’orecchio, su quel suono, per im-parare a riconoscerlo, per appren-dere una coordinazione uditivo-manuale che gli permetterà pianopiano di afferrarne la fonte proprioseguendo il suono. Altre volte, ilbambino può avere il capo chino e,

a prima vista, sembrare rinchiuso insé, isolato dal resto del mondo: in-vece, molto più semplicemente, eglipuò essere impegnato a decodificaregli stimoli uditivi e tattili che gli per-vengono utili al tentativo di porsi inrelazione con il mondo attorno a lui.

Il bambino con deficit visivo è, co-me tutti gli altri, un bambino checresce, che ha voglia di vivere, di in-teragire con tutto ciò che gli sta in-torno. Le parole, richiamando fatti,oggetti, persone, luoghi, li defini-scono, li circoscrivono, li fissano: maserve anche un contatto, una ca-rezza partecipe, confortevole, rassi-curante da parte di chi racconta elegge; un tocco silenzioso, non so-lo per stimolare l’immaginazione maanche perché il silenzio è presup-posto dell’ascolto, della disponibili-tà e della comprensione.

Quello che è importante è dare spazio al silenzio

Lasciar parlare il bambino, mante-nere il silenzio per permettergli dinarrarsi e di darsi così un’identità.Non dissimilmente da quanto av-viene con i bambini senza partico-lari problemi, la narrazione e la let-tura ad alta voce alimentano effet-ti positivi anche in quelli con biso-gni speciali: rafforzano i legami af-fettivi fra chi legge e chi ascolta; mi-gliorano le capacità di apprenderee di prestare attenzione; contribui-scono allo sviluppo del linguaggio edella comunicazione; stimolano l’im-maginazione, la creatività, la curio-

La lettura ad alta voce può costituire una risorsa importanteper allevare i bambini con bisogni particolari, ma anche persviluppare nell’adulto, attraverso una migliore comprensionedi sé, una maggiore capacità di rapportarsi ai figli con biso-gni speciali.

sità; promuovono lo sviluppo emo-tivo e innalzano l’autostima.

Il confronto degli affetti

L’elenco degli effetti positivi dellanarrazione e della lettura ad alta vo-ce, se lo spazio lo permettesse, po-trebbe essere ben più lungo, ma unonon può non essere qui ricordato:l’effetto verso il superamento del-l’esperienza traumatica cui è espo-sta ogni famiglia quando accoglieun bambino disabile, spesso in con-dizioni di spaurita impreparazione.

La scoperta che un proprio bambi-no presenta una disabilità, essen-zialmente viene vissuta dai genito-ri come una perdita, soprattutto laperdita di una prospettiva di un fu-turo di normalità. Il processo di ela-borazione del senso di perdita pri-ma e di ricupero, di aggiustamentopoi, richiede mesi e spesso anni du-rante i quali tutta la famiglia è im-pegnata a trovare i mezzi e i modiper includere il bambino disabilenella normalità della vita domesti-ca e in quella sociale, provvedendoal suo sviluppo e al suo benesserenon solo materiale, ma soprattuttoemotivo e affettivo. Non occorre certo spendere paroleper sottolineare quanta parte pos-sono avere narrazioni e lettureadatte nel “guidare” pensieri esentimenti verso tali traguardi ma-turativi e come la continua costru-zione di un patrimonio comune diracconti e letture finisca per diven-tare un solido cemento dell’unità edegli affetti familiari.

Di solito ogni considerazione sulladisabilità e il ruolo che la narrazio-ne e la lettura ad alta voce possonoassumere a vantaggio dei bambinicon bisogni speciali è orientata pre-valentemente verso questi; ma nondi secondaria importanza sono gli ef-fetti che possono produrre sugliadulti che le praticano, soprattuttonella scoperta e nella comprensionedi se stessi. Gli adulti, impegnati nel-le relazioni di aiuto di bambini conbisogni speciali sono fortementeesposti a implicazioni emotive nonfacilmente gestibili se non vengonoda essi stessi adeguatamente porta-te alla luce e comprese.La condivisione di narrazioni e di let-ture fra adulti e bambini comporta,anche se in modi non sempre pie-namente avvertibili, un continuoraffrontarsi delle reazioni di chiascolta con quelle di chi racconta olegge ad alta voce; ora se la parte-cipazione alle prime è del tutto ov-via, le seconde quelle degli adultidevono essere poste sotto una len-te di ingrandimento per compren-derle perché è soprattutto pren-dendo coscienza che si può diven-tare soggetti competenti per en-trare utilmente nel mondo dei bam-bini in generale, di quelli con biso-gni speciali in particolare, e crearecosì relazioni di aiuto che sarannotanto più efficaci quanto più la com-prensione del bambino da aiutarepasserà attraverso quella di sé daparte di chi si occupa di lui, del suosviluppo e del suo benessere.

Fonte: R. Caldin, “Il lavoro educativo con ilbambino con deficit visivo”, in Una introdu-zione all’Educazione speciale, AA.VV., Raf-faello Cortina Editore, 2009.

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•NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI si è an-data sviluppando nel mondo unaparticolare attenzione educativa neiconfronti dei bambini che presen-tano problemi alla vista, all’udito, al-la capacità di apprendere, al com-portamento, allo svolgimento dellenormali attività quotidiane propriedella loro età: insomma, bambini icui bisogni materiali, mentali e af-fettivi sono fuori dalla norma e inquanto speciali richiedono misureparticolari per favorirne lo sviluppoe la qualità della vita. Fra le misureutili in tal senso, la lettura ad altavoce può avere un ruolo assai im-portante e ben documentato nel-l’ambito di numerose forme di dis-abilità.

L’incertezza del bambino ipovedente

Prendiamo in considerazione una di-sabilità non molto diffusa, mastraordinariamente importante peri bambini che ne sono colpiti, le lo-ro famiglie, le scuole che li accol-gono: la disabilità visiva. In generale, l’impossibilità di vede-re bene, specialmente quando sitratta di cecità vera e propria, ri-chiama in tutte le persone un sen-so di profonda impotenza, di an-goscia dell’oscurità, di una dipen-denza che ha bisogno di costanteaiuto. L’angoscia soprattutto deriva“dal non riuscire a incontrare losguardo del bambino, quello sguar-do che permetterebbe il riconosci-mento reciproco, la reciproca con-ferma della contentezza di essere in-sieme”. Dalla parte del bambino ipoveden-te, la sua esistenza si svolge sotto ilsegno dell’incertezza non solo neirapporti con gli altri e con l’am-biente in cui vive, ma anche con sestesso: ora si percepisce in un modo,ora in un altro, in un continuo ri-schio di disorientamento.

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di sfida, di corteggiamento di molte spe-cie animali sono costruiti sul ritmo, sultimbro, sulle note anche se (eccetto pergli uccelli) non si può parlare di musi-ca in senso stretto1.

La musicalità innata

Secondo il noto neurologo americanoOliver Sacks (1933)2, e con lui molti al-

tri studiosi, in chiunque è presente unamusicalità innata. Praticamente tutti ibambini dotati di udito normale ri-spondono all’educazione musicale.Sacks rileva che anche i sordi profondipossono avere una musicalità innata.Molte persone non udenti spesso ama-no la musica e sono molto sensibili alritmo che percepiscono non comesuono ma come vibrazione. Questa in-nata musicofilia è avvertibile fin dalla pri-ma infanzia, la qual cosa non dovreb-be sorprendere: nel grembo materno,il primo messaggio sonoro che arriva alfeto è il ritmato battito del cuore dellamadre.

Lo psicoanalista Franco Fornari (1921-1985) e altri psicanalisti ritengonoche il significato profondo del-la musica sia da ricercarsi inun ricupero dell’esperienzaintrauterina che, come esperienza ori-ginaria, è alla base della tendenzaa sognare e a staccarsi dalla real-

tà, nella memoria mai placata di unacondizione felice perduta3.Immediatamente dopo la nascita, il neo-nato viene esposto a ninnananne do-tate di ritmo, melodia, timbro, che so-no i caratteri della musica. Sono espe-rienze che lasciano nella memoria mu-sicale un’impronta che durerà per tut-ta la vita, base di ogni sviluppo dellasensibilità verso la musica, possibile a

seconda delle circostanze musicalmen-te favorevoli o meno in cui, ogni bam-bino prima e ogni adulto poi, condur-rà la sua esistenza.

Gli effetti della musica

Sul destino intellettuale ed emotivo diogni esistenza umana non sono tra-scurabili gli effetti dell’ascoltodella musica che sono di variordini: miglioramento delleprestazioni logiche e lingui-stiche, delle attività motoriedel corpo (destrezza e armo-

niosità), dei sentimenti, di regolazioni fi-siologiche quali la pressione del sangue,le reazioni immunitarie, l’equilibrio or-monale. Inoltre, l’ascolto della musicafacilita l’apprendimento nell’ambitodella matematica e delle lingue e in-crementa il quoziente intellettivo (QI).Infine, la musica può avere un marca-to effetto sul comportamento. Come èfacilmente riscontrabile, le musiche ar-

moniose – come in generale (ma nonsempre) le musiche definite classiche –inducono a comportamenti socialmen-te concilianti, mentre quelle esaspera-tamente “passionali”, come può esse-re la musica rock possono indurre com-portamenti esattamente opposti.

Ma per mantenere e sviluppare il potenziale musicale di ogni bambino è necessario stimolarlo.

In assenza di un’adeguata educazione musicale anche i migliori talenti rischiano di andare perduti.

Illustrazione

da Arianna Sedioli,

SUONI PER GIOCARE,

Artebambini, 2007.

LLA MUSICA È UN LINGUAGGIO cui ven-gono affidati messaggi che la parolaspesso non può esprimere compiuta-mente: gioia, malinconia, nostalgia, sen-timenti amorosi: stati d’animo che per-vadono tutto l’essere, al di là della co-scienza, come emozioni estetiche e an-che emozioni primordiali di eccitazione,di aggressione, di rilassamento, di pau-ra. Ha scritto il filosofo tedesco ArthurSchopenhauer (1788-1860): “Ciò chenella musica vi è di ineffabile, intimo, stanel suo riprodurne tutti i moti della no-stra più profonda natura, la quintes-senza della vita e dei suoi avvenimenti

senza rappresentarli nella loro realtà”.Nella sostanza, la musica è un lin-guaggio pre-verbale, antichissimo,universale come si può dedurre dal

fatto che i messaggi di richiamo,

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Se dall’ascolto si passa all’esecuzionemusicale, oltre al potenziamento dellacreatività e dell’apprendimento e di tut-te le funzioni prima ricordate, gli effet-ti sono anche altri e tali da comporta-re vantaggi, anche extramusicali, chedurano tutta la vita. Tali vantaggiosi ef-fetti riguardano sostanzialmente:

■ la concentrazione;■ la coordinazione;■ la pazienza e la perseveranza;■ l’autostima.

Alcune esperienze, fra le molte centinaiadiscusse nella letteratura scientifica in-ternazionale, possono documentare ivantaggi acquisibili mediante l’ascoltoe l’educazione musicale. Ricercatoridella University of Wisconsin e della Uni-versity of California negli Stati Uniti han-no dimostrato che bambini di 3 e 4 an-ni, dopo sei mesi di lezioni di piano as-sai semplici, hanno presentato un quo-ziente di intelligenza (QI) del 34% su-periore a quello dei loro coetanei. Lo stu-dio in questione è stato fatto su 789bambini di famiglie di diversificata con-dizione socioeconomica. Altri studihanno dimostrato che un anno di edu-cazione musicale accelerava la capaci-tà di leggere nei bambini di una classea livello di una classe superiore e voticomplessivamente più alti, e questo inmodo duraturo se l’educazione musicaleera stata di due anni.

Come educare alla musica

Se, come dice Uto Ughi, la musica è in-nanzitutto un atto d’amore che biso-gnerebbe imparare a praticare fin dapiccoli, è evidente che è in famiglia che

si può e si deve cominciare. Alla do-manda: “Che cosa dovrebbero fare i ge-nitori per avvicinare i loro piccoli alla mu-sica?” Il violinista Uto Ughi risponde:“Ascoltarla in casa, andare ai concertie portarci i figli. In Giappone già dai 3anni, migliaia di bambini seguono deicorsi con le loro mamme e imparano asuonare uno strumento. Questo dimo-stra che ognuno di noi ha una musi-calità latente, che va risvegliata”. Sul co-sa fare, le possibilità sono innumerevoli,molte sono semplicissime e tuttavia daapplicare gradualmente.Intorno ai tre anni, la maggior partedei bambini comincia a dimostrare unreale interesse per tutti i generi di ef-fetti musicali; è quindi soprattuttoquesto il tempo in cui genitori e inse-gnanti della Scuola dell’infanzia do-vrebbero arricchire i giochi, in partico-lare quelli che comportano movimenticorporei, con suoni, anche assai sem-plici, come battere le mani, o con can-zoncine e filastrocche ritmate.

A quattro-cinque anni, i bambini nonsoltanto sono disposti a mettersi a se-dere e ascoltare attentamente brevi mu-siche, ma sono anche molto interessa-ti a produrre suoni per proprio conto,con ogni mezzo.A sei-dieci anni, bambini comincianoa capire che la musica ha una sua strut-tura: è il tempo ideale per intraprendereuna vera e propria educazione musica-le, per imparare a suonare uno stru-mento, per far parte di un coro.

In tutto questo percorso, sarebbe assaiutile uno stretto intreccio tra risorse do-mestiche e risorse esterne alla famiglia:in Italia queste ultime sono notoria-mente assai scarse, contrariamente adaltri Paesi di equivalente sviluppo eco-nomico e sociale. È questo un annosoproblema nazionale. Dice Claudio Ab-bado, celebre e universalmente amatodirettore d’orchestra: “In Italia, in unanazione così ricca di cultura, l’educa-zione musicale latita. Di eccezioni per

fortuna ce ne sono, ma il problema ri-mane comunque: la musica non è ri-conosciuta come uno dei fondamentidella vita culturale del nostro Paese”.Non è un destino ineluttabile: lo di-mostrano non solo i Paesi con sistemidi educazione musicale di grande tra-dizione come la Germania o le Nazio-ni scandinave, ma anche alcuni Paesisostanzialmente considerati del terzomondo, come il Venezuela. RicordaClaudio Abbado: “Il Venezuela [conuna popolazione di poco più di 22 mi-lioni di persone] è un Paese che puòvantare un sistema orchestrale nel qua-le sono coinvolti qualcosa come 240mila giovani! Tutto questo è stato, edè tuttora possibile grazie al MaestroAntonio Abreu, che trent’anni fa hadato vita a un sistema musicale che sal-va i giovani dalla strada, dalla crimi-nalità, dalla droga, offrendo loro l’op-portunità – gratuita – di farsi una cul-tura, il che, in ultima analisi, significafarsi una vita”. (Antonio Abreu è di ori-

gine italiana: suo nonno, Antonio An-selmi Viberti, prima di emigrare in Ve-nezuela, era stato il direttore della ban-da dell’Isola d’Elba).Da altra fonte si apprende che, in Ve-nezuela le orchestre giovanili sarebbero150 e quelle infantili 140; i bambini ei ragazzi che hanno imparato a suo-nare uno strumento musicale e fannoparte di un’orchestra sarebbero circa250.000.Per l’Italia può rappresentare uno sti-molo pensare che per il concerto cheClaudio Abbado ha tenuto a Bolognail 25 ottobre 20084 sono stati impegnatiquasi mille esecutori dei quali circa 623erano voci bianche: bambini selezionatiattraverso un concorso e provenienti daRavenna, Riccione, Parma, Sant’Ilariod’Enza, Cesena, Ferrara, Pontelagorino,Bologna (sessanta bambini del Coro diVoci Bianche del teatro comunale e ilcoro degli studenti della Scuola mediaRolandino de’ Passeggeri), dalla Svizzera(una quarantina).

Non è mai troppo tardi per cominciareTenendo sullo sfondo il positivo segna-le sociale emerso dall’evento bologne-se, pare opportuno concludere con unaimportante e rassicurante considera-zione di Oliver Sacks: “In ogni famigliaha luogo una certa esposizione al lin-guaggio, ed entro i quattro o i cinqueanni di età praticamente tutti i bambi-ni sviluppano una competenza lingui-stica. Nel caso della musica non è det-to che sia così; alcuni ambienti familia-ri, infatti, possono essere quasi del tut-to privi di musica e, come tutti gli altripotenziali, anche quello musicale, persvilupparsi appieno, deve essere stimo-lato. In assenza di incoraggiamento ostimolazione, è possibile che i talentimusicali non si sviluppino. Tuttavia,mentre nei primi anni di vita esiste unperiodo critico abbastanza ben defini-to per l’acquisizione del linguaggio, perla musica questo è meno vero. La man-cata acquisizione del linguaggio a sei-sette anni è un evento catastrofico… Al-la stessa età, la mancata acquisizionedella musica non fa per forza prevede-re un futuro che ne sia del tutto privo2”.Anche per l’esperienza musicale, dun-que, si può dire che, se non è mai trop-po presto, è anche vero che non è maitroppo tardi per cominciare. ■

1. F. Panizon, “La musica, i suoi effetti comuni-cativi e neurofisiologici, e la musicoterapia”,Medico e Bambino, vol. 27 n.8, 2008.

2. O. Sacks, Musicofilia, Adelphi 20083. U. Galimberti, Dizionario di psicologia, Utet

2006.4. In programma “Pierino e il lupo” di Sergej Pro-

kof’ev, con Roberto Benigni voce narrante, el’imponente “Te Deum” di Hector Berlioz. L’i-niziativa aveva come obiettivo quello di pro-muovere l’insegnamento della cultura e del-la pratica musicale in tutta Italia.

“Tutto serve per suonare”.

Illustrazione di Monique Felix,

da T.C. Bartlett,

LEZIONI DI TUBA,

Edizioni C’era una volta..., 1997.

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Libri in vetrinaA cura di WALTER FOCHESATO

Mamma, quanto sono bravo?

SVJETLAN JUNAKOVICL’amore salva la vitaBohem Press, 2009Pagg. 28, euro 13,50Una giornata sul fiume a pescare vista attra-verso i racconti paralleli del papà e della suapiccolina che, a ogni costo, ha voluto accom-pagnare il padre, combinando, a non finire,grandi e piccoli guai. Un finale a sorpresa e ilsegno ironico e divertente dell’autore ne fan-no un libro da non perdere.

MANUELA MONARIIllustrazioni di VIRGINIE PIERROT Zero baci per me!ZOOlibri, 2009Pagg. 32, euro 13,50 Il piccolo protagonista si sente grande e nonvorrebbe più baci né dalla mamma né da nes-sun altro.“I baci bagnano la faccia, sono mie-losi, appiccicosi, rumorosi e tante altre cose cheproprio non vanno”. Una riflessione arguta esorridente sull’amore materno, la crescita e ilbisogno di indipendenza.

YUICHI KASANOBlub blub blubBabalibri, 2009Pagg. 24, euro 11,50Una storiella bizzarra, in un insolito formato,adattissima alla stagione estiva, dato che tut-to si svolge in mare. Il piccolo protagonista sene sta beatamente disteso sul suo salvagen-te, quand’ecco che, a sorpresa, viene solleva-to dal suo papà. I due, però, non hanno fattoi conti con quel che c’è sotto di loro: una tar-taruga e poi un tricheco, una balena, una pio-vra, per tacer del gabbiano…

PIERRICK BISINSKICome un grande!Babalibri, 2009Pagg. 20, euro 10,50Un libro per i lettori più piccoli, con robuste ecoloratissime pagine in cartone. Un testo es-senziale, poco più di una frase, sulla sinistra del-la pagina; a destra, l’immagine. Un confrontofra Papà Coniglio e Piccolo Coniglio sulle co-se quotidiane (vestirsi, mangiare, leggere un li-bro, andare a nanna) per sentirsi importanti.

L’immaginazione dei bambini alla scoperta

del mondo

RICHARD MCGUIRELa notte diventa giornoCorraini Edizioni, 2009Pagg. 38, euro 16Un viaggio intenso e fascinoso che, pagina do-po pagina, dà il la a continui cambiamenti ea una serrata successione logica di avvenimentifino al ritorno alla situazione iniziale. Poesiae scoperta, immaginazione e gioco, e le es-senziali e nitide illustrazioni di McGuire, unodei maestri dell’illustrazione e della graphic de-sign statunitense.

GIANNI RODARIIllustrazioni di ALISTARLa passeggiata di un distrattoEmme Edizioni, 2009Pagg. 28, euro 13,50Giovanni è a dir poco distratto e, quando escedi casa, man mano… perde i pezzi: prima unamano, poi un braccio, un piede, un orecchio,il naso… Tutto per fortuna viene riportato al-la mamma e ci penserà lei a rimettere i pez-zi a posto e a dare un bel bacio al suo disat-tentissimo figliolo. La brevissima storiella è trat-ta dalla notissima raccolta rodariana de Le fa-vole al telefono.

JULIO CORTÁZARIllustrazioni di EMILIO URBERUAGADiscorso dell’OrsoKalandraka, 2009Pagg. 26, euro 14Del grande scrittore argentino scomparso nel1984, un racconto per l’infanzia tenero e sur-reale. Forse non tutti lo sanno ma nei grandicaseggiati c’è un orso rosso di pelo, che si muo-ve fra tubi e camini. È un plantigrado bonarioe affettuoso ma amante degli scherzi e dellepiccole burle. Di grande bellezza e in perfettasintonia con il testo, le tavole di uno dei gran-di nomi dell’illustrazione spagnola.

MARINELLA BARIGAZZIIllustrazioni di URSULA BUCHERChissà…Kite Edizioni, 2009Pagg. 32, euro 14Per Marco è un giorno speciale: il suo primo

viaggio in treno e, mentre le cose e i paesag-gi visti dal finestrino mutano via via, lui si fadelle domande. Grandi domande a cui ogni let-tore, volendo, ne potrà aggiungere. Un albodi limpida grazia e di intensa misura, con squi-site illustrazioni.

Storie per i più piccoli

BENOÎT JACQUES Aprite quella porta!Orecchio Acerbo, 2009Pagg. 112, euro 14Un’originale e felicissima riscrittura della ce-leberrima fiaba di Cappuccetto Rosso. Con unlupo vorace che vorrebbe divorarsi la nonnama quest’ultima, sorda come una campana,non si decide mai ad aprire la porta, mentrela bimba è, tanto per cambiare, in forte ritar-do. Belle le tavole in bianco e nero con inser-ti in rosso, “gotiche” e al tempo stesso ricchedi humour. Perfetto da leggere e rileggere in-sieme, adulti e bambini.

OLIVER JEFFERSL’incredibile bimbo mangia libriZOOlibri, 2009Pagg. 40, euro 15Enrico scopre un giorno di amare i libri, tan-to da divorarli. E comincia, bulimicamente, asgranocchiarli, a mangiarli, a ingurgitarli a piùnon posso. E nel frattempo la sua intelligen-za e le sue conoscenze crescono. Finché ungiorno iniziano i problemi… Una briosa e ar-guta metafora attorno ai piaceri del leggere.

Cenerentola dal Paese delle Nevi a tutto il mondo

VINICIO ONGINIIllustrazioni di CHIARA CARRERLe altre Cenerentole. il girodel mondo in 80 scarpeSinnos Editrice, 2009Pagg. 52, euro 15Dal mondo arabo ai Balcani, dalla Sardegnaal Vietnam un percorso intrigante e suaden-te per scoprire le tante vite, prove, disavven-ture e calzature di una delle fiabe più belle epiù note. Bellissime le eleganti e ardite tavo-le della Carrer.

FABIENNE MOREL – GILLES BIZOUERNEIllustrazioni di PEGGY NILLECenerentola raccontata nelmondoSonda, 2009Pagg. 111, euro 14,90Apparso originariamente in Francia per SyrosJeunesse e, per felice combinazione, apparsocontemporaneamente al precedente titolo, ilvolume muove dalle versioni più note dei fra-telli Grimm e di Charles Perrault. Seguono al-tre storie che, a sorpresa, ci fanno scoprire, peresempio, una Cendrillon (Cenerentola) africa-na e un’altra dei nativi americani.

Musicisti si nasce

ANGELO BRANDUARDI – LUISA ZAPPABRANDUARDIIllustrazioni di GIULIANO FERRILa pulce d’acquaGallucci, 2007Pagg. 32 + cd musicale, euro 16,50Nelle edizioni Gallucci si trovano molti albi il-lustrati e in gran formato che propongono, conintelligenza e costante attenzione alla quali-tà, canzoni d’autore degli ultimi decenni. Mo-tivi capaci di rappresentare un ponte fra le ge-nerazioni. Qui sono poi da sottolineare le lu-minose, morbide e raffinate tavole di Giulia-no Ferri.

COCHI E RENATOIllustrazioni di ANDREA VALENTEE la vita l’è bellaGallucci, 2005Pagg. 38 + cd musicale, euro 16,50Una celebre canzoncina degli anni ’60, un ve-ro e proprio tormentone (“E la vita, la vita/ela vita l’è bella, l’è bella/basta avere l’ombrella,l’ombrella…”) che qui viene reso al megliodalla scatenate e rutilanti invenzioni grafichedi Andrea Valente

MAX BOLLIGERIllustrazioni di PETER SISIl tesoro di GustavoBohem Press, 2009Pagg. 32, euro 14Le incantevoli e preziose tavole di Sis ci nar-rano la lirica storia di un piccolo nano del bo-sco dalla voce incantevole. Una delicata vi-cenda sulla ricerca di se stessi e su quali sia-no le vere ricchezze da conquistare.

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L’AGENZIA REGIONALE SANITARIAdella Regione Puglia, con una delibe-ra del 25 novembre del 2004 ha ap-provato un Programma di Umanizza-zione denominato “Os…pedalizziamoi diritti dei bambini in movimento”(www.arespuglia.it). Obiettivo del Pro-gramma: promuovere la qualità dellavita dei bambini e dei loro familiari nel-l’ambito delle istituzioni ospedaliere pe-diatriche della Regione.

Nel quadro di questo Programma è sta-ta avviata una collaborazione fra ARESe GlaxoSmithKline concretizzata in unprotocollo di intesa tra le parti, sigla-to in data 15 novembre 2006, in cui ilProgetto “Leggere per Crescere” ve-niva adottato per migliorare le condi-zioni di ricovero dei bambini intratte-nendoli con narrazioni e letture ad al-ta voce.

L’introduzione negli ospedali pediatri-ci di un tempo dedicato alla lettura adalta voce aveva e ha tre obiettivi:• intrattenere i bambini, divertendoli einteressandoli;• rafforzare i legami di solidarietà frachi ascolta e chi narra o legge;• cogliere, attraverso le manifestazio-ni partecipative dei bambini, le loro esi-genze e le loro aspettative in terminidi accudimento e di affettività.

L’operazione, iniziata nel 2006, è sta-ta impostata tenendo soprattutto con-

to della necessità di conferire un cer-to livello di professionalità ai narrato-ri e ai lettori, per lo più volontari. In-fatti, l’efficacia ricreativa e terapeuti-ca di una sistematica e continua pra-tica della narrazione e della lettura adalta voce è risultata, fin dalle primesperimentazioni, molto dipendentedall’organizzazione di un razionaleprogramma operativo, con regole eprocedure ben definite e valutabili.Senza un programma vincolante, con-trollato e valutatabile, la maggiorparte delle attività finisce per esaurir-si in prestazioni episodiche di scarsobeneficio per i bambini ricoverati, conirrilevante ricaduta culturale e di com-portamenti sugli operatori che si de-dicano ai piccoli degenti e ai loro fa-miliari .Nell’ultima edizione (2008-2009), ilProgramma ha coinvolto circa 35 as-sociazioni di volontariato più grup-pi di studenti e tirocinanti che hannorealizzato le attività progettate in 34Unità Operative di pediatria pu-gliesi. La fase operativa del progettoha avuto una durata di circa cinquemesi (ottobre 2008-marzo 2009).

Complessivamente sono stati formati361 volontari in più di 100 incon-

PUGLIA

Due anni di letturenegli ospedalipediatrici di tuttala Regione.

Nel confronto fra i risultati consegui-ti nel 2008 rispetto al 2007, gli indi-catori di processo hanno fatto regi-strare un incremento del 41% dellegiornate (512 contro 363) dedicate al-le attività di sensibilizzazione deglioperatori e dei genitori; in 460 di que-ste sono stati anche organizzati grup-pi di lettura e narrazione per i bam-bini ricoverati.

Età dei bambini dei gruppi di lettura

Soddisfazione dei bambini dei gruppi di lettura

Confronti2007 2008

minori di 6 anni da 6 anni a 11 anni maggiori di 11 anni

Grafico 1

Grafico 2

Grafico 3

Presupposti per un efficace programma di narrazione e di lettura ad alta voce

in ospedale

■ definizione dei bisogni dei bambiniricoverati nella loro specifica situazio-ne in termini di età, patologie, assisten-za, presenza di familiari ecc.;

■ valutazione della reale disponibilitàdelle risorse umane (medici, personaleinfermieristico, volontari, assistentisociali) a partecipare secondo regolestabilite;

■ valutazioni delle condizioni ambienta-li e logistiche in cui le esperienze di let-tura ad alta voce dovrebbero essere svi-luppate (spazi, disponibilità di libri emateriali “di cartoleria”, orari, interfe-renze con le esigenze diagnostiche eterapeutiche ecc), tenendo anche contoche molti icoveri pediatrici avvengonoancora in reparti per adulti.

L’enumerazione di questi presuppostisottintende alcune difficoltà non sotto-stimabili, fra le quali quella di intro-durre e far accettare una pratica secon-do criteri vincolanti e quella di garanti-re la continuità nel tempo di prestazio-ni offerte generalmente a titolo gratui-to da parte di volontari.

Il ruolo di GlaxoSmithKline

GlaxoSmithKline, per il secondoanno consecutivo, ha sostenuto l’e-sperienza condotta nella RegionePuglia sotto forma di:

■ donazione di una biblioteca compo-sta da circa 25 volumi a tutti i repartidi pediatria dei 10 Enti ospedalieriindicati da ARES.;

■ sostegno economico ai corsi di forma-zione degli operatori e dei volontari;

■ fornitura del manuale per l’attivazio-ne del Progetto “Leggere perCrescere” da parte degli operatori;

■ fornitura del manuale “Leggere perCrescere. Perché, quando, come ecosa leggere ai bambini in età presco-lare” ad uso delle famiglie;

■ collaborazione per la definizionedegli strumenti di elaborazione deidati.

tri di formazione e supervisione edi questi 276 hanno effettuato le at-tività previste nel progetto (92 in piùrispetto alla prima edizione). L’attivitàdi sensibilizzazione ad opera dei vo-lontari ha raggiunto 1.357 genitori(quasi il doppio rispetto all’anno pre-cedente) e 630 operatori sanitari (piùdi cinque volte il numero di operatori

raggiunti nell’ edizione dell’anno pri-ma). I bambini coinvolti dai volon-tari nei gruppi di lettura, effettuati nel-le corsie degli ospedali, sono stati1.417 (contro i 765 del 2007), di cuipiù del 60% di età inferiore ai 6 an-ni (Grafico 1).Gli indicatori di struttura, di processo edi risultato mostrano che le attività dinarrazione e di lettura in corso di rico-vero ospedaliero sono state ancora piùcoinvolgenti rispetto a quelle del 2007,come lil grafico 2 mette bene in evi-denza.Ma quello che più conta è il fatto chepiù di 4 bambini su cinque si sono di-chiarati “felici” al termine dei gruppidi lettura (Grafico 3).

Lo sviluppo in Italia 2001-2008

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GlaxoSmithKline (GSK) è una multinazionale farmaceutica basata sulla ricerca presente in Italia dal 1932. Oggi nel Paese GSK comprende tutte le componenti industriali del ciclo economico aziendale: la ricerca, la produzione, il marketinge la vendita dei farmaci, dei prodotti da banco e di largo consumo.Nell’ambito delle proprie iniziative a favore della comunità, GSK sviluppa in Italia dal 2001 interventi a favore dei bambini e degli an-ziani con il programma di responsabilità sociale “Salute & Società”.

Tutti gli operatoripossono ricevere gratuitamente

il manuale

“Leggere per Crescere”basta richiederlo a GlaxoSmithKline

registrandosi al sito www.leggerepercrescere.it

■ Progetto editoriale e testi Garamond SAS, Milano ■ Grafica TypeDesign, Milano ■ Redazione Luciana Bozzotti ■ Stampa Cortella S.p.A., Verona ■ Questa pubblicazione è stampata in 30.000 copie.

Periodico del Progetto “Leggere per Crescere” - Registrazione del Tribunale di Verona n. 1602 del 17/6/2004 - Direttore responsabile Romolo Saccomani -© GlaxoSmithKline 2009

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