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Neuroscienze e diagnostica
Sta diventando sempre più evidente che il concetto di plasticità cerebrale e sinaptica sia
alla base della possibilità dell’individuo di cambiare e quindi di diventare non solo quello per cui era geneticamente predisposto, ma se
possibile qualcosa di ancora più unico e specifico, che deriva dalla complessa
interazione tra il suo patrimonio genetico e il patrimonio di esperienze relazionali e di vita.
Neuroscienze Ha come oggetto di studio la struttura e la funzione del Sistema Nervoso Centrale e
Periferico, a partire dal suo sviluppo.
Il fine è quello di comprendere in che modo i circuiti neuronali, il loro sviluppo e le loro
modificazioni nel corso della vita costituiscano le basi biologiche della vita emotiva,
comportamentale e cognitiva dell’individuo.
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Neuroscienze Esistono delle caratteristiche neurobiologiche che
predispongono a sviluppare diversi disturbi psichiatrici e di personalità.
Nell’ottica neuroscientifica tutti i disturbi psichiatrici o di personalità sono considerati disturbi “complessi”
nella cui patogenesi sono coinvolti diversi fattori, genetici e ambientali.
Per far sì che il fenotipo patologico si esprima devono essere presenti più geni che predispongono alla
malattia e più fattori ambientali, e deve verificarsi un particolare modello di interazione gene-ambiente che dia luogo a quella determinata condizione patologica.
Neuroscienze Dai risultati di numerosi studi familiari e sui gemelli è risultato che la schizofrenia ha una componente eziopatogenica geneticamente determinata, tanto che il rischio arriva ad essere quasi del 50% nei
gemelli monozigoti di pazienti schizofrenici (Gottesman, 1991).
D’altro canto, il fatto che soggetti che condividono il 100% del materiale genetico non abbiano un
rischio del 100% sembra dimostrare la necessità dell’intervento di più fattori ambientali nel
determinare lo sviluppo della malattia.
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Riduzione della densità della
sostanza grigia nella Schizofrenia
Neuroscienze
Neural dysfunction and violence in schizophrenia: An fMRI investigation. Kumari et al. (2006)
Neuroscienze
Schizofrenici violenti mostrano:
Maggiori deficit di working memory
Attivazioni bilaterali del lobo frontale e del precuneo.
Conclusioni:
Una ridotta attivazione funzionale nella corteccia
frontale e parietale inferiore è relata a gravi violenze
negli schizofrenici forse a causa di un deficit delle
funzioni esecutive
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Neuroscienze Studi recenti (Caspi et al., 2003 e Lazary et al., 2008)
hanno rilevato che la presenza di una o due copie della variante s del gene per il trasporto
della serotonina comporterebbe una maggiore sensibilità dell’individuo a sviluppare episodi di depressione maggiore in seguito ad eventi di
vita stressanti. Ciò dimostra come il patrimonio genetico possa
influenzare la reazione a eventi ambientali e, d’altra parte, come anche gli eventi ambientali
siano necessari, sebbene non sufficienti, a promuovere lo sviluppo della patologia in
individui geneticamente predisposti.
Neuroscienze Negli ultimi anni si è visto che per molte patologie
esistono geni di suscettibilità e geni protettivi. Gli esempi più evidenti sono quelli che si riferiscono alle basi genetiche delle psicosi maggiori (schizofrenia e disturbo bipolare) e che coinvolgono varianti dei geni del sistema delle monoamine (dopoamina, serotonina e
nordrenalina) e del sistema del glutammato.
Per i disturbi di personalità, invece, i dati più numerosi e più consistenti si riferiscono alle diverse dimensioni
della personalità quale per es. l’evitamento del danno, che sarebbe associato a particolari varianti dei
geni del trasportatore della serotonina.
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Neuroscienze Alcuni studi con tecniche di neuroimaging
mostrano delle alterazioni strutturali e funzionali a carico di specifiche aree del cervello in soggetti affetti da disturbi di
personalità o psichiatrici.
Nel disturbo schizotipico di personalità sono state riscontrate anomalie strutturali a livello dei nuclei
del talamo, del giro temporale superiore e dei gangli della base, oltre ad anomalie funzionali a
livello dei lobi frontali e temporali.
Riduzione di volume
dell’Amigdala nel disturbo
Borderline di Personalità
Anche nei disturbi personalità è stata riscontrata la riduzione del volume di alcune aree
Neuroscienze
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Neuroscienze I geni hanno una duplice funzione:
una funzione MODELLO
di replicazione affidabile e per la quale
il processo di variazione non è
regolato dall’esperienza ma
solo da rare mutazioni.
una funzione TRASCRIZIONALE
di determinazione del fenotipo attraverso la
produzione di proteine specifiche che
determinano il carattere di quella cellula.
Può essere regolata dall’esperienze
Neuroscienze I meccanismi neurobiologici alla base della plasticità
neurale sono strettamente connessi ai processi di apprendimento e memoria che rappresentano
anche la base eziopatogenetica di molte condizioni psicopatologiche.
La memoria ha come base una traccia sinaptica che viene potenziata e permane nel tempo, mediante il fenomeno del Long Term Potentiaton (LTP), grazie
ad un aumento della sensibilità della cellula neuronale dovuto a sua volta ad un aumento
dell’attività dei recettori e/o ad un aumento del numero di recettori presenti sulla sua superficie.
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• I recettori AMPA aprono un canale per il sodio quando si legano al glutammato
• I recettori NMDA hanno uno ione magnesio che impedisce l’apertura del canale
• Il canale del recettore NMDA si apre solo quando: – arriva il glutammato dalla cellula pre-
sinaptica… – …ed il magnesio è stato espulso
perché la cellula post-sinaptica è già depolarizzata
PLT e recettori NMDA
Effetti a lungo termine del PLT
• L’ingresso di ioni calcio viene “interpretato” come segnale di rinforzo della sinapsi
• Aumenta il numero e la sensibilità dei recettori AMPA
• Aumenta la produzione di glutammato nella cellula pre-sinaptica
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Depressione a lungo termine
• Si verifica con stimolazioni a bassa frequenza
• E’ legata ai recettori NMDA e AMPA
• Si verifica un decremento nel numero di
recettori AMPA
• Si riduce la sensibilità dei recettori AMPA
Ippocampo e memoria
Ippocampo?
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Neuroscienze e diagnosi Nei disturbi dell’umore e della depressione maggiore il fatto di conoscere la particolare forma del gene, per il
trasportatore della serotonina, ci permetterebbe di valutare il “rischio” di sviluppare la patologia in presenza
di eventi stressanti e di effettuare un intervento per prevenire la comparsa o la ricorrenza degli episodi di
depressione.
Nei casi di diagnosi clinicamente non chiara, una valutazione della struttura e del funzionamento cerebrale potrebbe consentire di dirimere il dubbio diagnostico e di
mettere in atto più adeguate strategie di intervento. Per es. diagnosi differenziale tra schizofrenia e un disturbo bipolare.
Neuroscienze e diagnosi È noto che nei soggetti traumatizzati esistono alterazioni della struttura e della funzione di
diverse aree cerebrali, tra cui, un’alterazione dell’ippocampo.
Il volume dell’ippocampo risulta ridotto in:
ü soggetti vittime di abusi in età infantile,
ü donne con storie di maltrattamento abuso sessuale, ü soggetti con disturbo bordeline di personalità.
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Neuroscienze e diagnosi Il circuito dello stress è formato da: ippocampo,
corteccia prefrontale, amigdala e nuclei paraventricolari dell’ippocampo.
Prima fase di risposta all’evento stressante si ha un’aumentata liberazione del glutammato a livello della corteccia prefrontale che determina un aumento di trasmettitori monoaminergici nello striato ventrale e nell’amigdala.
Seconda fase l’ippocampo modula l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che poi rilascia gli ormoni correlati alle risposte allo stress nel circolo ipofisario.
L’elevata densità recettoriale che caratterizza l’ippocampo rende conto della sua particolare vulnerabilità ad un’esotossicità dipendente dal rilascio di glutammato e di altri agenti lesivi.
Neuroscienze e diagnosi Un correlato specifico del disturbo post-traumatico da stress sembra essere un pattern di iperattivazione nella regione amigdaloidea, associato o meno a un aumento volumetrico. Bremner e coll. (1999) hanno evidenziato che donne con Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD) hanno un ridotto flusso ematico nella zona del cingolo anteriore quando osservano immagini evocative o quando ricordano il momento della violenza
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Neuroscienze e diagnosi I soggetti traumatizzati presentano alterazioni a carico delle
memorie legate al trauma che a differenza delle memorie non traumatiche risultano eccessivamente immaginifiche, spesso non vengono riconosciute dai soggetti come memorie reali,
vengono rievocate senza il controllo volontario, evocano risposte emotive esagerate di allarme e mancano del
sentimento di identità tipico delle memorie autobiografiche.
Neuroscienze e diagnosi I soggetti traumatizzati sono particolarmente suscettibili allo sviluppo del fenomeno del kindling che si verifica a livello
dell’area limbica.
È un fenomeno di sensibilizzazione per il quale i neuroni rispondono ad uno stimolo “sottosoglia”.
La reazione a stimoli sottosoglia, o a stimoli interni piuttosto
che esterni, si manifesta di frequente in questi pazienti dando luogo a flashback, incubi e reazioni emotive d’allarme.
È molto importante che si presti una particolare attenzione alla possibilità che si verifichino queste reazioni di
sensibilizzazione modulando di conseguenza gli interventi e i parametri del setting.
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Neuroscienze e diagnosi Alcune patologie psichiatriche hanno un decorso
progressivo che induce cambiamenti strutturali e funzionali a livelli delle diverse aree cerebrali, il che può limitare in maniera significativa le potenzialità plastiche del SNC.
Nella schizofrenia quanto maggiore è la durata di malattia tanto maggiore è la perdita di sostanza grigia cerebrale nei
soggetti schizofrenici, soprattutto a carico di alcune aree della corteccia prefrontale dorso-laterale e del giro
temporale superiore.
Non è ancora chiaro quanto tali modificazioni strutturali possano essere reversibili.
Nel DOC la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), associata a trattamento farmacologico, produce una regolazione dei circuiti cortico-striato-talamici (Baxter et al., 1992;. Schwartz et al., 1996) Nei pazienti fobici la CBT modula l'attivazione anomala delle strutture limbiche e paralimbiche (memoria contestuale e nella paura condizionata) (Roffman et al., 2005). Infine, nella depressione maggiore la CBT regola le attivazioni cerebrali a livello network frontale dorsale, della corteccia prefrontale ventrale e del strutture limbiche (Goldapple et al., 2004).
Come agisce il trattamento sul cervello?
Questi risultati hanno portato i ricercatori a ipotizzare che le terapie psicologiche e farmacologiche potrebbero sottendere un meccanismo neurobiologico comune, la
cui regolazione sia alla base e favorisca il recupero psicologico (Linden, 2006; Barsaglini et al., 2014)
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Neuroscienze e psicoterapia Goldapple e collaboratori (2004) hanno dimostrato che la
psicoterapia cognitivo comportamentale e il farmaco (paroxetina) agiscono sulla depressione producendo
cambiamenti neurofisiologici diversi.
Alla psicoterapia è associato un incremento dell’attività metabolica nel cingolato anteriore e nell’ippocampo con
un decremento nella corteccia frontale mentre
il farmaco agisce in modo opposto, ossia con una diminuzione dell’attività del cingolo e del tronco encefalico ed
un aumento nella corteccia prefrontale.
Come agisce il trattamento sul cervello?
Le terapie psicologiche e farmacologiche
sottenderebbero un meccanismo
neurobiologico comune Sono stati osservati effetti
simili sulle attivazioni cerebrali sia dopo la somministrazione di
farmaci (SSRI) sia dopo la psicoterapia in pazienti
DOC e con fobie specifiche (Barsaglini et al., 2014)
Due correnti interpretative di come agiscono farmacoterapia e psicoterapia
Goldapple e colleghi (2004) hanno ipotizzato che la farmacoterapia agisca esercitando un effetto
bottom-up, prima sulle regioni limbiche e
sottocorticali, mentre la CBT produce effetti top-down,
favorendo le regioni ventrali e limbiche che mediano
l’orientamento dell’attenzione ai segnali
ambientali emozionalmente rilevanti
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RICERCA (Furmark et al., 2002)
Le recenti analisi parlano di modificazioni cerebrali del tutto simili a quelle ottenute con i farmaci
utilizzando, tuttavia, soltanto la psicoterapia. Soggetti gruppo di 12 pz con fobia sociale
Trattamento (9 settimane)
- Farmacologico (citalopram) -Psicoterapia (CBT)
Confronto campione di 6 pz affetti dallo stesso
disturbo non sottoposti ad alcun trattamento
RISULTATI Gruppo trattato con farmaci
decremento dell’irrorazione del talamo di sinistra e nella
corteccia frontale inferiore di sinistra
Gruppo trattato con psicoterapia diminuzione del flusso sanguigno nel grigio
periacqueduttale ed un incremento nel cervelletto e nella
corteccia visiva di secondo ordine di destra
I due gruppi sottoposti ai trattamenti mostrano un cospicuo miglioramento di sintomi clinici, mentre il gruppo in attesa
non esibì alcuna variazione di rilievo.
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Conclusioni
Secondo gli Autori, la CBT potrebbe, attraverso l’esposizione in vivo, indurre un effetto
d’abituazione che interessa proprio l’amigdala, l’ippocampo ed altre aree.
Amigdala: essenziale nell’espressione delle
reazioni di paura ed ansia scatenate dagli stimoli minacciosi.
Ippocampo: anch’esso coinvolto nel circuito neurobiologico della paura tramite consolidamento e recupero di memorie collegate alla fobia stessa.