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Newsletter SELF - Aprile 2012 - N. 4Via IV Novembre, 57 – 56028 San Miniato (PI), tel. 0571/418873- fax 0571/1826507
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IN PRIMO PIANOCorte de conti, Sezioni Riunite Controllo, Deliberazione n. 11 del 17 aprile 2012
ORDINAMENTO ENTI LOCALI E PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Circolare Ministero Interno n. 7 del 5 aprile 2012Corte di cassazione, sez. III penale, sentenza n. 13927/12 Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 2013/12
PERSONALE E INCARICHI ESTERNI
Tar Campania, sez. I, sentenza n. 1510/12Funzione pubblica, Circolare n. 2/12Corte di Cassazione, sentenza n. 4417/12
POLITICHE SOCIALI ED EDUCATIVECorte di cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 4961/12
PRIVACY E DIRITTO D’ACCESSO
Corte di Cassazione, sentenza n. 13871/12Corte di cassazione, sez. III civile, sentenza n. 5525/12
PROCEDURA DI GARA, CONTRATTI E GOVERNO DEL TERRITORIO
Tar Lombardia Brescia, sez. II, sentenza n. 555/12
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Inps, Circolare n. 54/12
SOCIETA’ PARTECIPATE E SERVIZICorte dei conti, sez. controllo Lombardia, Deliberazione n. 119/12Corte dei conti, sez. controllo Emilia Romagna, Deliberazione n. 9/12Corte dei conti, sez. controllo Piemonte, Deliberazione n. 24/12
Deliberazione n. 11/2012/SS.RR./PAR
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE PER LA REGIONE SICILIANA
IN SEDE CONSULTIVA
ha emesso nell’adunanza del 21 dicembre 2011, presieduta dal dott. Salvatore Cilia, la
seguente
DELIBERAZIONE
* * * *
Visto l’art. 23 del R.D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della
Regione siciliana);
visto il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei
conti per la Regione siciliana);
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di controllo e giurisdizione
della Corte dei conti);
visto il decreto legislativo 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della Regione siciliana recante integrazioni e modifiche al decreto legislativo n.
655/1948);
vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V° della parte
seconda della Costituzione);
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3);
2
vista la richiesta di parere avanzata dal Sindaco del Comune di Scordia (CT) con nota
prot. n. 10156-17/06/2011, presa in carico dal Servizio di supporto di queste Sezioni riunite in
data 27 giugno 2011, prot. n.93/SS.RR./Cons.;
vista l’ordinanza n. 97/2011/SS.RR./Cons. del 7 dicembre 2011 con la quale il
Presidente delle Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva ha convocato il
Collegio per l’odierna adunanza;
udito il relatore, consigliere dr. Guido PETRIGNI
* * * *
Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di Scordia (CT), ha chiesto di conoscere il
parere di queste Sezioni in merito alla possibilità di svolgere procedure di progressione
economiche orizzontali, posticipandone gli effetti economici.
Il rappresentante del Comune richiedente, dopo aver premesso che la richiesta deriva
dalle note limitazioni poste dal decreto legge n. 78/2010, convertito n legge n. 122/2010,
chiede espressamente di sapere se:
1. sia possibile svolgere delle progressioni economiche orizzontali nell’anno 2011 (o
anche in diverso anno, nel rispetto naturalmente delle altre condizioni richieste dall’istituto
contrattuale in esame), ai soli effetti giuridici, posticipando gli effetti economici al 1/1/2014;
2. se sia possibile, ai predetti fini, accantonare la somma occorrente a finanziare le
predette progressioni nel fondo efficienza servizi 2011, per poi distribuirla nell’anno 2014, tra i
dipendenti risultati vincitori.
* * * *
In via preliminare, secondo ormai consolidati orientamenti assunti dalla Corte dei conti
in tema di pareri da esprimere ai sensi dell’art. 7, comma 8 , della legge 131 del 2003, occorre
verificare se la richiesta formulata presenti i necessari requisiti di ammissibilità, sia sotto il
profilo soggettivo, sia sotto il profilo oggettivo.
3
In relazione alle condizioni soggettive la richiesta, formulata dall’organo politico di
vertice e rappresentante legale dell’Ente, è da ritenersi ammissibile.
Quanto alle condizioni oggettive, in particolare deve emergere l’attinenza del parere
richiesto con la materia della contabilità pubblica ed il carattere generale e astratto della
questione sottostante il quesito.
In tema di inammissibilità oggettiva della richiesta del parere, le Sezioni Riunite della
Corte dei conti, con deliberazione n. 1/2011 del 17 dicembre 2010, hanno chiaramente
evidenziato che << l’espressione “ in materia di contabilità pubblica” non può comportare
un’estensione dell’attività consultiva a tutti i settori dell’attività amministrativa, ma va
delimitata ai profili che risultano connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel
quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento
della finanza pubblica- espressione della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117,
comma 3, della Costituzione- contenuti nella legge finanziaria, in grado di ripercuotersi
direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.>>.
In precedenza le medesime Sezioni Riunite, con deliberazione n. 54/2010, investite da
una questione di massima inerente la legittimità di portare a compimento procedure di
progressioni verticali, evidenziavano che la questione non ponesse problematiche
ermeneutiche afferenti a limiti e divieti a tutela dell’equilibrio di bilancio ed esigenze di
coordinamento della finanza pubblica, concernendo esclusivamente la diversa tematica
inerente alle tipologie concorsuali utilizzabili”.
Alla luce di quanto sopra il primo quesito posto è da ritenersi oggettivamente
inammissibile poiché non rientra nell’ambito della materia di contabilità pubblica di cui all’art.
7, comma 8 della legge 5 giugno 2003, n, 131
4
Il Comune di Scordia ha chiesto, infatti, di sapere se sia possibile effettuare progressioni
economiche orizzontali nell’anno 2011, ai soli effetti giuridici, postergandone gli effetti
economici al 1 gennaio 2014.
La questione posta non pone problemi di interpretazione afferenti ai limiti e divieti
sopra indicati, apparendo ictu oculi elusiva una condotta non conforme al meccanismo di
blocco stipendiale previsto dall’art. 9, comma 21, della legge 30 luglio 2010, n.122, ma si
riferisce ad aspetti di riconoscimento giuridico della progressione di carriera,
indipendentemente dagli effetti economici, che comunque sarebbero posticipati agli anni
successivi.
La disposizione in esame stabilisce, infatti, che le progressioni di carriera comunque
denominate del personale non contrattualizzato nonché le progressioni di carriera comunque
denominate e i passaggi tra le aree del personale contrattualizzato disposte negli anni 2011,
2012 e 2013 abbiano effetto, per i predetti anni, ai soli fini giuridici.
La propedeuticità del primo quesito rispetto al secondo, rende quest’ultimo inammissibile
in quanto logicamente e conseguenzialmente connesso ad una risposta nel merito del primo.
La richiesta di parere, per le ragioni dianzi esposte, deve ritenersi oggettivamente
inammissibile.
P.Q.M.
Le Sezioni Riunite della Corte dei conti per la Regione siciliana in sede consultiva
dichiarano inammissibile la richiesta di parere in epigrafe.
Copia della presente deliberazione sarà inviata, a cura della Segreteria,
all’Amministrazione richiedente.
5
Così deliberato in Palermo, nella Camera di consiglio del 21 dicembre 2011.
Il Relatore IL PRESIDENTE
(Guido Petrigni) (Salvatore Cilia)
Depositato in segreteria il 19 gennaio 2012 IL DIRIGENTE
(Maria Di Francesco)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) E.N.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 818/2009 TRIBUNALE di LECCE, del 03/03/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Francesco M. Iacoviello, che ha concluso per annullamento senza rinvio limitatamente alla sospensione condizionale, rigetto nel resto;
Udito il difensore Avv. Andrea Sambati che ha concluso per l'accoglimento.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Lecce, con sentenza del 3 marzo 2010, ha condannato alla pena di 2 mila Euro di ammenda E.N.M., per il reato di cui agli artt. 110 e 81 c.p., e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), perchè, in qualità di dirigente del Comune di Lecce, in concorso con D.D.A., titolare dell'impresa s.r.l. "De Donno Costruzioni", autorizzata alla raccolta ed al trasporto di rifiuti, e S.G., direttore di cantiere dell'impresa (assolti invece con la formula "perchè il fatto non costituisce reato") in relazione al deposito senza autorizzazione di masse di alghe marine (rifiuti organici) su terreno di proprietà del Comune di Lecce (sito in località (OMISSIS), dove erano state depositate circa 4000 me di alghe prelevate dalla darsena di (OMISSIS)) e due aree agricole (site in località (OMISSIS) dove erano state depositate alghe per circa 220 me di alghe prelevate dal porticciolo di (OMISSIS)) di proprietà di privati (che l' E. aveva acquisito in affitto per conto del Comune), fatti accertati in data (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza l' E. ha proposto, tramite il proprio difensore, appello innanzi alla Corte di Appello di Lecce, che lo ha convertito in ricorso per cassazione con ordinanza del 30 settembre 2010, trasmettendo gli atti a questa Corte; l'imputato ha lamentato:
1) Erronea applicazione del D.Lgs. 152 del 2006, art. 256, commi 1, lett. a), e art. 183, lett. m). Il giudice di prime cure non avrebbe considerato la situazione di estrema urgenza in cui il ricorrente, in qualità di amministratore del Comune di Lecce, si era trovato ad operare. Non si sarebbe tenuto conto che il dovere di procedere alla gara pubblica per selezionare la ditta per provvedere allo smaltimento dei rifiuti, avrebbe posto il ricorrente in una condizione deteriore rispetto a quella di un privato cittadino. La sentenza meriterebbe, altresì, di essere censurata nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i requisiti necessari per considerare la raccolta delle alghe, quale deposito temporaneo. Occorrerebbe considerare che mantenere le alghe nel luogo dal quale erano state raccolte sarebbe stato impossibile, stante il rischio di ricaduta in mare con conseguente ostacolo al passaggio delle imbarcazioni. Il limite temporale per il deposito previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, non sarebbe stato violato, e mancherebbe comunque un accertamento ordine alla quantità dei rifiuti giacenti. Da ultimo, non si sarebbe tenuto conto del fatto che l'amministrazione del Comune di Lecce non aveva considerato le alghe alla stregua di rifiuti.
2) Violazione dell'art. 43 c.p., e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256.
Dalle deposizioni testimoniali sarebbe emerso che ad occuparsi della gestione delle alghe dopo la loro raccolta avrebbe dovuto essere il Dirigente dell'Ufficio Ambiente del Comune di Lecce, ing. B., e quindi il mancato smaltimento delle alghe non avrebbe potuto essere addebitato al ricorrente, che essendo invece dirigente dell'ufficio patrimonio del Comune di Lecce, non sarebbe destinatario di alcun obbligo giuridico di provvedere in materia ambientale.
3) Violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a). Il capo di imputazione farebbe riferimento alla condotta di "deposito di alghe", laddove la disposizione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a), indica
quali condotte rilevanti quella della "raccolta, trasporto, recupero, smaltimento... di rifiuti". 3. Il ricorrente ha depositato in data 3 ottobre 2010 nuovi motivi, lamentando carenza di motivazione in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena, in quanto avrebbe avuto interesse ad effettuare il pagamento della pena pecuniaria.
4. Alla odierna udienza, il difensore dell'imputato ha depositato note integrative di quanto dedotto con l'atto di impugnazione e con motivi nuovi, allegando documentazione dalla quale si evidenzierebbe che l'amministrazione comunale aveva l'intenzione di riutilizzare il materiale algale per contrastare i fenomeni erosivi delle spiagge.
Tale progetto, intrapreso dal ricorrente, sarebbe stato portato a termine dal Dirigente del settore ambiente. Di conseguenza, sarebbe ancor più evidente che, dopo i provvedimenti di urgenza, responsabile della gestione del materiale algale avrebbe dovuto essere proprio il dirigente del settore ambiente. Ulteriore conferma del fatto che le alghe non possono essere considerate, nel caso di specie, alla stregua di rifiuti, sarebbe costituita dalla Circolare del Ministero dell'Ambiente del 17 marzo 2006, che indica lo smaltimento in discarica della alghe quale soluzione residuale. Il difensore ha insistito, infine, sulla necessaria riconduzione del fatto concreto alla fattispecie di cui al D.Lgs. 152 del 2006, art. 255.
Motivi della decisione
1. Il secondo motivo di ricorso è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento delle altre censure.
Questa Corte ha affermato il principio secondo il quale "l'amministratore o il legale rappresentante di un ente non può essere automaticamente ritenuto responsabile, a causa della carica ricoperta, di tutte le infrazioni penali verificatesi nella gestione dell'ente", quando nell'ambito dell'ente "l'attività funzionale sia stata preventivamente suddivisa in settori, rami o servizi, e che a ciascuno di essi siano in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la gestione completa degli affari di quel servizio" (Sez. 4, n. 37642 del 27/9/2007, 12/10/2007, Cesarini Sforza, Rv. 237889, in particolare in riferimento al Comune, si veda Sez. 3, n. 5889 del 27/3/1998, dep. 19/5/1998, Sodano, Rv. 210946). In particolare in tema di rifiuti, è stato precisato che, "anche a seguito dell'entrata in vigore dell'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, e successive integrazioni), che ha conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse, permane in capo al sindaco sia il compito di programmazione dell'attività di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani, sia il potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti; sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate. (Fattispecie di avvenuta istituzione di un'isola ecologica per la raccolta di rifiuti non preceduta da alcuna autorizzazione; la Corte ha ritenuto, in applicazione del principio suddetto, che l'onere di richiedere detta autorizzazione incombesse sul sindaco)" (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 19882 dell' 11/3/2009, dep. 11/5/2009, Carboni, Rv. 243717; vedi anche Sez. 3, n. 36571 del 21/6/2011, dep. 11/10/2011, Garetto, Rv. 251242).
2. Orbene, nella vicenda in esame, il giudice di merito ha dato atto che l'ufficio competente a gestire il progetto relativo all'utilizzazione delle alghe (posidonea oceanica) era quello del settore Ambiente ed Ufficio Unico dei rifiuti, come del resto 10 stesso esame testimoniale del dirigente di tale Settore ha evidenziato. Di contro è stato accertato che l'imputato, preposto al settore Patrimonio e Strategie territoriali del Comune di Lecce, aveva dato esecuzione all'ordinanza del Sindaco, datata 12 dicembre 2007, emessa nella sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, con la quale si disponeva la rimozione del materiale che ostruiva la darsena di (OMISSIS), "per ripristinare la sicurezza e la navigabilità". 11 giudice di merito ha erroneamente ritenuto neutra la portata di tale ordinanza rispetto all'operato dell' E.; infatti, è pur vero che l'ordinanza de qua non consentiva di eludere il rispetto della normativa che impone il rilascio di un'apposita autorizzazione per quanto attiene al deposito di rifiuti, ma il provvedimento - secondo quanto riferito nella parte motiva della decisione impugnata - si era limitato a disporre che l'imputato attivasse i poteri rientranti nelle proprie competenze per la rimozione dei rifiuti, ma non risulta chiaro se avesse disposto qualcosa in ordine al deposito ed all'eventuale successiva rimozione e/o smaltimento delle alghe. Di certo sembra che l'ordinanza sindacale non avesse conferito espressamente all' E. poteri rientranti nelle funzioni del dirigente del Settore ambiente. Sul punto la sentenza non ha per nulla chiarito gli esatti profili della posizione di garanzia che costituirebbe base della responsabilità dell'imputato, chiamato a rispondere di deposito abusivo di rifiuti per non avere richiesto le autorizzazioni quanto al deposito delle alghe, atteso che la gestione dei rifiuti, come anche del progetto di utilizzare le alghe per contrastare i fenomeni erosivi delle spiagge, risultava invece direttamente riferibile alla competenza del Settore ambientale del Comune e del suo dirigente.
3. Quindi la sentenza risulta, per le ragioni sopra esposte, carente anche quanto alla ricostruzione della sussistenza del profilo soggettivo di responsabilità, in quanto se è vero che il reato ascritto può essere commesso anche a titolo di colpa, la non riferibilità all'imputato delle funzioni in materia ambientale ed il fatto che lo stesso avesse coinvolto il dirigente del Settore ambientale specificamente per i contatti con la Provincia in riferimento alla problematica delle alghe, devono indurre ad una rivalutazione del giudizio espresso dal giudice di prime cure, che si è limitato ad ancorare la responsabilità colposa alla mera consapevolezza che l'imputato aveva di operare in materia di rifiuti.
Palese è l'erroneità di tale assunto: nessun rimprovero può essere posto a carico del dirigente del Settore Patrimonio se allo stesso non siano stati conferiti i compiti specifici relativi alle procedure in materia di rifiuti, posto che il Tribunale ha dato atto che lo stesso, nel corso dell'esecuzione dell'ordinanza del Sindaco, ebbe a svolgere tale attività anche coordinandosi con il dirigente del Settore Ambiente competente (questo sì munito dei relativi poteri).
E' stato infatti precisato che "i dirigenti comunali possono essere titolari di posizioni di garanzia nello svolgimento dei compiti di gestione amministrativa a loro devoluti, residuando in capo al Sindaco unicamente poteri di sorveglianza e controllo" (cfr. Sez. 4, n. 22341 del 21/4/2011, dep. 6/6/2011, Betti, Rv. 250720). Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Lecce per un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce per un nuovo esame.
N. 02013/2012REG.PROV.COLL.
N. 00268/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 268 del 2008, proposto dal
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede
di Roma, via dei Portoghesi, 12; Direzione Generale Beni Architettonici e
Paesaggio, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di
Venezia e Laguna;
controcontrocontrocontro
Unione dei Comuni di Codevigo e Pontelongo;
per la riforma della sentenza del t.a.r. veneto – venezia, sezione ii, n.per la riforma della sentenza del t.a.r. veneto – venezia, sezione ii, n.per la riforma della sentenza del t.a.r. veneto – venezia, sezione ii, n.per la riforma della sentenza del t.a.r. veneto – venezia, sezione ii, n.
03858/2006, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesag gistica per03858/2006, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesag gistica per03858/2006, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesag gistica per03858/2006, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesag gistica per
l’edificazione di un fabbricato.l’edificazione di un fabbricato.l’edificazione di un fabbricato.l’edificazione di un fabbricato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons.
Gabriella De Michele e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato
N. 00268/2008 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
1 di 5 30/04/2012 15.50
Bacosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la possibilità, o
meno, per l’Unione dei Comuni di Codevigo e Pontelongo di sopprimere la
Commissione Edilizia Integrata, in base all’art. 4, comma 11, del D.P.R. n.
380/2011, nonché all’art. 117 della Costituzione, come integrato con legge
costituzionale n. 3/2001. Con sentenza del Tribunale Amministrativo
regionale per il Veneto, sez. II, n. 3858/06 del 17.11.2006, tale possibilità
era ritenuta sussistente, con conseguente legittimità sotto tale profilo della
delibera consiliare n. 20 in data 1.4.2006 che tale soppressione aveva
disposto, nonché della successiva autorizzazione paesaggistica in data
29.6.2006, rilasciata con adeguata motivazione. Per tali ragioni, con la
medesima sentenza veniva annullato il provvedimento della Soprintendenza
per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Venezia del 4.8.2006, caducatorio
dell’anzidetta autorizzazione paesaggistica, per omessa acquisizione del
parere della C.E.I. e difetto di motivazione.
In sede di appello (n. 268/2008, proposto dal Ministero per i Beni e le
Attività Culturali e notificato il 31.12.2007) si sottolineava viceversa come
l’autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999
(oggi art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004), sub-delegata ai Comuni dalla legge
della Regione Veneto n. 63 del 1994, fosse di competenza della
Commissione Edilizia, integrata da due esperti in materia di bellezze
naturali e di tutela dell’ambiente, nominati dal Consiglio Comunale, quale
organo che non potrebbe qualificarsi come non indispensabile ai sensi
dell’art. 96 del D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, in base al principio secondo cui le
competenze delegate vanno esercitate secondo le modalità definite dal
delegante. In via subordinata, infine, dovrebbe comunque ritenersi che – in
caso di soppressione della CEI – il potere autorizzativo di cui trattasi non
N. 00268/2008 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
2 di 5 30/04/2012 15.50
potrebbe che tornare alla Regione, quale Autorità delegante.
Le argomentazioni interpretative dell’appellante sono condivise dal
Collegio, sotto il prioritario profilo dell’effettiva erronea applicazione del
citato art. 96 D.Lgs. n. 267/2000.
Detta norma infatti – nel richiedere agli organi rappresentativi dei Comuni
di individuare “i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo
collegiale con funzioni amministrative, ritenuti indispensabili per la
realizzazione dei fini istituzionali dell’amministrazione o dell’ente”, con
soppressione degli organismi non identificati come indispensabili e
attribuzione delle relative funzioni all’ufficio, con “preminente competenza
nella materia” – non poteva conferire ai medesimi Comuni, a pena di
incostituzionalità della norma (con riferimento al riparto di competenze fra
Stato ed Enti locali, di cui agli articoli 117 e seguenti della Costituzione), il
potere di effettuare scelte che, nei termini appena indicati, implicassero il
trasferimento ad un ufficio comunale della competenza ad emettere
autorizzazione paesaggistica, trattandosi di competenza dello Stato, da
esercitare in concorso con la Regione interessata o ad essa delegata, per
ragioni di tutela rilevanti per l’intera collettività e, dunque, non affidabili a
valutazioni effettuate in ambito strettamente locale (Cons. St., sez. VI,
25.5.1996, n. 717; Cons. St., sez. Atti norm., 13.1.2003, n. 4804; cfr. anche,
per il principio, Corte Cost., 25.7.2011, n. 244).
Nella situazione in esame, doveva in particolare aversi riguardo per la legge
della Regione Veneto 1.11.1994, n. 93 (Norme per la sub-delega delle
funzioni concernenti la materia dei Beni Ambientali), che nell’art. 4
trasferiva ai Comuni, per quanto qui interessa, le funzioni relative al rilascio
delle autorizzazioni paesaggistiche (già oggetto di delega alla Regione ex art.
82 del D.P.R. 24.7.1977, n. 616) e nell’art. 6 disponeva l’integrazione, a tal
fine, della Commissione Edilizia comunale con due esperti in materia di
bellezze naturali e di tutela dell’Ambiente. L’organo così costituito (C.E.I.)
N. 00268/2008 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
3 di 5 30/04/2012 15.50
non poteva al pari della Commissione Edilizia (C.E., esclusivamente
comunale) essere ritenuto “non indispensabile” ai sensi e per gli effetti della
norma in precedenza citata (art. 96 D.Lgs. 267/2000), potendo quest’ultima
riferirsi all’organo comunale previsto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R.
6.6.2001, n. 380 (quale organo, il cui carattere facoltativo era previsto dalla
stessa normativa), ma non anche al diverso organismo (C.E.I.) direttamente
istituito dalla citata legge regionale n. 93/1994 e portatore di competenze
già delegate dallo Stato alla Regione e che solo l’autorità delegante (o
sub-delegante) avrebbe potuto sopprimere avocando a sé le relative
funzioni, con atto normativo primario o sub-primario.
In assenza, pertanto, di qualsiasi legittimazione del Comune ad incidere
sulle competenze in questione – ed esulando pertanto la C.E.I. dal novero
degli organi collegiali, di cui il Comune potesse essere legittimamente
chiamato a valutare il carattere indispensabile o meno – correttamente, ad
avviso del Collegio, la Soprintendenza risulta avere rilevato l’assenza del
parere obbligatorio di un organo, che non poteva ritenersi soppresso
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba
essere accolto, con assorbimento di ogni ulteriore argomentazione
difensiva; le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente,
benché non costituita in giudizio, vengono liquidate nella misura di €.
3.000,00 (euro tremila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in
primo grado; condanna l’Unione dei Comuni di Codevigo e Pontelongo al
pagamento delle spese giudiziali, nella misura di €. 3.000,00 (Euro
tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
N. 00268/2008 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
4 di 5 30/04/2012 15.50
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012
con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 00268/2008 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
5 di 5 30/04/2012 15.50
N. 01510/2012 REG.PROV.COLL. N. 00350/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 350 del 2012, proposto da:
Giuseppina Acampora, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto
Vitale, con il quale è elettivamente domiciliata in Napoli al Viale
Gramsci n. 19 presso lo studio dell’avv. Antonio Messina;
contro
Comune di Agerola, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Salvatore Florio, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
a) del decreto sindacale n. 18 del 24 novembre 2011, con il quale è
stato conferito al dott. Salvatore Florio l’incarico di componente del
nucleo di valutazione del Comune di Agerola;
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b) di ogni altro provvedimento preordinato, connesso e
consequenziale comunque lesivo degli interessi della ricorrente tra
cui l’art. 50, comma 2, del regolamento di organizzazione degli uffici
e dei servizi del Comune di Agerola, approvato con delibera di giunta
municipale n. 107 del 14 settembre 2011, limitatamente alla parte in
cui individua il sindaco quale organo competente alla nomina del
nucleo di valutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2012 il dott.
Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto che sussistono le condizioni per la definizione del giudizio
con sentenza in forma semplificata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
1. La ricorrente ha partecipato alla selezione pubblica, indetta dal
Comune di Agerola, finalizzata al conferimento dell’incarico di
componente del nucleo di valutazione di cui agli artt. 14 e ss. del
d.lgs. n. 150/2009, organo monocratico la cui nomina è devoluta alla
competenza del Sindaco a termini dell’art. 50, comma 2, del
regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune
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di Agerola, approvato con delibera di giunta municipale n. 107 del 14
settembre 2011.
La ricorrente impugna il decreto sindacale n. 18 del 24 novembre
2011, con il quale è stato conferito al dott. Salvatore Florio il
predetto incarico, nonché la presupposta fonte regolamentare
limitatamente alla parte in cui individua il sindaco quale organo
competente alla nomina del nucleo di valutazione, adducendo vari
vizi inerenti all’incompetenza, alla violazione dell’art. 97 della
Costituzione, alla violazione della legge n. 241/1990, nonché
all’eccesso di potere sotto svariati profili.
2. È fondata la censura con cui la ricorrente denuncia la sussistenza
del vizio di incompetenza per violazione del combinato disposto
dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 150/2009 e dell’art. 42, comma 1,
del d.lgs. n. 267/2000.
Infatti, si presenta condivisibile la tesi sostenuta in gravame secondo
la quale dalla combinazione di tali disposizioni discende la regola che
la competenza alla nomina del nucleo di valutazione spetta al
consiglio comunale, in qualità di organo di indirizzo politico-
amministrativo dell’ente, e non al sindaco, che è semplicemente
l’organo responsabile dell’amministrazione generale del comune ed il
suo massimo rappresentante.
Osserva il Collegio che, se a termini dell’art. 14, comma 3, del d.lgs.
n. 150/2009 l’organismo di valutazione deve essere nominato
“dall’organo di indirizzo politico-amministrativo”, d’altra parte è la
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stessa legge, con l’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000, che
qualifica espressamente come organo di indirizzo politico-
amministrativo il consiglio comunale, con la conseguenza di
individuare per le amministrazioni comunali tale organo come quello
competente alla nomina.
Tale esegesi, tra l’altro, è in linea con il principio secondo cui la
competenza attribuita ai consigli comunali è circoscritta agli atti
fondamentali di natura programmatoria o aventi un elevato
contenuto di indirizzo politico (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 9
giugno 2008 n. 2832 e 31 gennaio 2007 n. 383), se letto alla luce del
chiaro enunciato dell’art. 15 del d.lgs. n. 150/2009, che attribuisce
appunto all’organo di indirizzo politico-amministrativo dell’ente
anche compiti di alta programmazione in materia di miglioramento
della performance.
3. Ne discende che la nomina del componente del nucleo di
valutazione doveva essere effettuata dal consiglio comunale e non
dal sindaco, con conseguente illegittimità degli atti impugnati
(decreto di nomina e norma regolamentare) che pertanto vanno
annullati.
Sussistono giusti e particolari motivi, attesa la novità della vicenda
contenziosa, per disporre la compensazione tra le parti delle spese e
degli onorari di giudizio, ad eccezione dell’importo del contributo
unificato, che il Comune di Agerola dovrà rifondere in favore della
ricorrente.
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P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione
Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Comune di Agerola a rifondere in favore della ricorrente
l’importo del contributo unificato. Spese compensate per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 marzo
2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Carlo Dell'Olio, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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M A D M G B
G A F A R F
S A B G B S
C S
G A M A S N
GB B G S A
F P R F D M
F A A L B A
L I L D S P
T G P D
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile
Sentenza 5 aprile 2012, n. 5525
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo - Presidente
Dott. GIACALONE Giovanni - Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18855/2010 proposto da:
(OMESSO) (OMESSO), elettivamente domiciliato in (OMESSO), presso lo studio dell'avvocato
(OMESSO), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMESSO) giusta delega in atti;
- ricorrente –
Contro
(OMESSO) S.P.A. (OMESSO) in persona del suo procuratore avv. (OMESSO), elettivamente
domiciliata in (OMESSO), presso lo studio dell'avvocato (OMESSO), che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato (OMESSO) giusta delega in atti;
AUTORITA' GARANTE PROTEZIONE DATI PERSONALI in persona del Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge;
- controricorrenti
avverso la sentenza n. 4302/2010 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 06/04/2010 R.G.N.
53850/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2012 dal Consigliere Dott.
LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l'Avvocato (OMESSO);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha
concluso con il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6/4/2010 il Tribunale di Milano respingeva l'opposizione proposta dal sig.
(OMESSO) nei confronti del provvedimento del Garante per la protezione dei beni personali di
rigetto dell'istanza di "blocco dei dati personali che lo riguardavano contenuti nell'articolo
intitolato (OMESSO) (OMESSO), (OMESSO) pubblicato sul (OMESSO) del (OMESSO)", ora
"consultabile nell'archivio storico del (OMESSO), anche in versione informatica, mediante accesso
al sito (OMESSO)", in ordine al quale aveva chiesto la "rimozione dei dati giudiziari".
Avverso la suindicata pronunzia ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 152,
comma 13, il (OMESSO) propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico complesso motivo,
illustrato da memoria.
Resistono con separati controricorsi il Garante per la protezione dei beni personali e la societa'
(OMESSO) s.p.a., che hanno entrambi presentato anche memoria.
Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia violazione del Decreto Legislativo n. 196 del
2003, articoli 2, 7, 11, 99, 102, 150 e 152, articoli 3, 5, 7 del Codice di deontologia e buona condotta
per i trattamenti di dati personali per scopi storici (G.U. n. 50 del 5 aprile 2001), in riferimento
all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
punto decisivo della controversia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che il giudice abbia rigettato la domanda di "spostamento di un articolo pubblicato molti
anni prima in un'area di un sito web non indicizzabile dai motori di ricerca", erroneamente
argomentando dai rilievi che "l'articolo di cui si discute non puo' essere tecnicamente inteso come
una nuova pubblicazione" e che "la ricerca effettuata attraverso i comuni motori - non direttamente
legata all'articolo del (OMESSO) - da, in realta', contezza degli esiti processualmente favorevoli".
Lamenta che l'articolo in questione "non reca, in se', la notizia - distinta e successiva - che
l'inchiesta giudiziaria che aveva condotto all'arresto del ricorrente si sia poi conclusa con il
proscioglimento del medesimo, sicche', ancora oggi, il sig. (OMESSO) e' soggetto allo stigma
derivante dalla continua riproposizione di una notizia che, al momento della sua pubblicazione era
senz'altro vera ed attuale, ma che oggi, a distanza di un cosi' grande lasso di tempo ed in ragione
delle sopravvenute vicende favorevoli, getta un intollerabile alone di discredito sulla persona del
ricorrente, vittima di una vera a propria gogna mediatica".
Si duole che, movendo dalla considerazione che "l'inserimento di una sorta di sequel nell'articolo
contenuto in archivio... farebbe venir meno il valore di documento del testo stesso, vanificandone
cosi' la funzione storico-documentaristica", il giudice di merito non abbia considerato che
relativamente ad un "trattamento svolto per finalita' storico-archivistiche, normate all'articolo 97 e
ss. del medesimo Testo Unico" ai sensi dell'articolo 7 l'interessato ha diritto all'aggiornamento, alla
rettificazione ovvero alla integrazione dei dati che lo riguardano.
Lamenta che, escludendo la sussistenza di "una normativa" quand'anche di "rango secondario
ponente in capo all'editore un onere di aggiornamento degli articoli in archivio", il giudice e'
erroneamente pervenuto a rigettare anche la domanda di "integrazione dell'articolo in questione
con le notizie inerenti gli sviluppi successivi della vicenda narrata, con apposite modalita' tecniche,
anche non modificative della struttura originaria dello scritto", ritenendo inconfigurabile un suo
interesse al riguardo.
Il motivo e' fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Atteso che ogni liberta' civile trova il proprio limite nell'altrui liberta' e nell'interesse pubblico
idoneo a fondare l'eventuale sacrificio dell'interesse del singolo, deve anzitutto osservarsi che la
tutela del diritto alla riservatezza va contemperata in particolare con il diritto di ed alla
informazione, nonche' con i diritti di cronaca, di critica, di satira e di caricatura, questi ultimi
trovanti a loro volta limite nel diritto all'identita' personale o morale del soggetto cui
l'informazione si riferisce.
Il diritto alla riservatezza, che tutela il soggetto dalla curiosita' pubblica (in cio' distinguendosi dal
diritto al segreto, il quale protegge dalla curiosita' privata) essendo volto a tutelare l'esigenza che
quand'anche rispondenti a verita' i fatti della vita privata non vengano divulgati, sin
dall'emanazione della Legge n. 675 del 1996 (poi abrogata e sostituita dal Decreto Legislativo n. 196
del 2003) ha visto ampliarsi il proprio contenuto venendo a compendiarsi anche del diritto alla
protezione dei dati personali (cfr. Cass., 24/4/2008, n. 10690), il cui trattamento e' soggetto a
particolari condizioni (cfr. Cass., 25/5/2000, n. 6877).
Con il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, il legislatore ha introdotto un sistema informato al
prioritario rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali e della dignita' della persona, e in
particolare della riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali nonche' dell'identita'
personale o morale del soggetto (Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 2).
In tale quadro, imprescindibile rilievo assume il bilanciamento tra contrapposti diritti e liberta'
fondamentali, dovendo al riguardo tenersi conto del rango di diritto fondamentale assunto dal
diritto alla protezione dei dati personali, tutelato agli articoli 21 e 2 Cost., nonche' all'articolo 8
Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie
informazioni che, spettando a "chiunque" (Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 1) e ad "ogni
persona" (articolo 8 Carta), nei diversi contesti ed ambienti di vita, "concorre a delineare l'assetto di
una societa' rispettosa dell'altro e della sua dignita' in condizioni di eguaglianza" (cosi' Cass.,
4/1/2011, n. 186).
Il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, ha pertanto sancito il passaggio da una concezione statica a
una concezione dinamica della tutela della riservatezza, tesa al controllo dell'utilizzo e del destino
dei dati.
L'interessato e' divenuto compartecipe nell'utilizzazione dei propri dati personali.
I dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo
correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre
operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario,
aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalita' per le quali sono raccolti o
successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato
per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati
raccolti o successivamente trattati.
La liceita' del trattamento trova fondamento anche nella finalita' del medesimo, quest'ultima
costituendo un vero e proprio limite intrinseco del trattamento lecito dei dati personali, che fonda
l'attribuzione all'interessato del potere di relativo controllo (tanto con riferimento alle finalita'
originarie che ai successivi impieghi), con facolta' di orientarne la selezione, la conservazione e
l'utilizzazione.
L'interessato ha diritto a che l'informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di
proporzionalita', necessita', pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed
effettiva identita' personale o morale (c.d. principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza)
(Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 11). Gli e' pertanto attribuito il diritto di conoscere in
ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonche' di opporsi al
trattamento dei medesimi, ancorche' pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al
riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione,
l'aggiornamento, l'integrazione (Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 7).
Al di la' delle specifiche fonti normative, e' in ogni caso il principio di correttezza (quale generale
principio di solidarieta' sociale - che trova applicazione anche in tema di responsabilita'
extracontrattuale - in base al quale il soggetto e' tenuto a mantenere nei rapporti della vita di
relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonche'
volto alla salvaguardia dell'utilita' altrui - nei limiti dell'apprezzabile sacrificio -, dalla cui
violazione conseguono profili di responsabilita' in ordine ai falsi affidamenti anche solo
colposamente ingenerati nei terzi: cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass.,
15/2/2007, n. 3462; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 30/10/2007, n.
22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056. Da ultimo cfr. Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass.,
19/8/2011, n. 17685) a fondare in termini generali l'esigenza del bilanciamento in concreto degli
interessi, e, conseguentemente, il diritto dell'interessato ad opporsi al trattamento, quand'anche
lecito, dei propri dati.
Se l'interesse pubblico sotteso al diritto all'informazione (articolo 21 Cost.) costituisce un limite al
diritto fondamentale alla riservatezza (articoli 21 e 2 Cost.), al soggetto cui i dati pertengono e'
correlativamente attribuito il diritto all'oblio (v. Cass., 9/4/1998, n. 3679), e cioe' a che non
vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai
dimenticate o ignote alla generalita' dei consociati.
Atteso che il trattamento dei dati personali puo' avere ad oggetto anche dati pubblici o pubblicati
(v. Cass., 25/6/2004, n. 11864), il diritto all'oblio salvaguarda in realta' la proiezione sociale
dell'identita' personale, l'esigenza del soggetto di essere tutelato dalla divulgazione di
informazioni (potenzialmente) lesive in ragione della perdita (stante il lasso di tempo intercorso
dall'accadimento del fatto che costituisce l'oggetto) di attualita' delle stesse, sicche' il relativo
trattamento viene a risultare non piu' giustificato ed anzi suscettibile di ostacolare il soggetto
nell'esplicazione e nel godimento della propria personalita'.
Il soggetto cui l'informazione oggetto di trattamento si riferisce ha in particolare diritto al rispetto
della propria identita' personale o morale, a non vedere cioe' "travisato o alterato all'esterno il
proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale" (v. Cass.,
22/6/1985, n. 7769), e pertanto alla verita' della propria immagine nel momento storico attuale.
Rispetto all'interesse del soggetto a non vedere ulteriormente divulgate notizie di cronaca che lo
riguardano si pone peraltro l'ipotesi che sussista o subentri l'interesse pubblico alla relativa
conoscenza o divulgazione per particolari esigenze di carattere storico, didattico, culturale o piu' in
generale deponenti per il persistente interesse sociale riguardo ad esse.
Un fatto di cronaca puo', a tale stregua, assumere rilevanza quale fatto storico, il che puo'
giustificare la permanenza del dato mediante la conservazione in archivi altri e diversi (es.,
archivio storico) da quello in cui esso e' stato originariamente collocato.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 11, comma 1, lettera b), i dati raccolti e
trattati per una determinata finalita' possono essere in effetti successivamente utilizzati per altri
scopi, con la prima compatibili.
Anche in tale ipotesi essi debbono essere peraltro trattati in modo lecito e secondo correttezza
(Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 11, comma 1 lettera c),) nonche' conservati in forma
che consenta l'identificazione del soggetto cui gli stessi pertengono per un periodo non superiore a
quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati (Decreto Legislativo n. 196
del 2003, articolo 11, comma 1 lettera e)).
Atteso che come sopra indicato il principio di finalita' costituisce un vero e proprio limite
intrinseco del trattamento lecito dei dati personali, emerge allora la necessita', a salvaguardia
dell'attuale identita' sociale del soggetto cui la stessa afferisce, di garantire al medesimo la
contestualizzazione e l'aggiornamento della notizia gia' di cronaca che lo riguarda, e cioe' il
collegamento della notizia ad altre informazioni successivamente pubblicate concernenti
l'evoluzione della vicenda, che possano completare o financo radicalmente mutare il quadro
evincentesi dalla notizia originaria, a fortiori se trattasi di fatti oggetto di vicenda giudiziaria, che
costituisce anzi emblematico e paradigmatico esempio al riguardo.
Si pone peraltro in proposito la questione di delineare il quomodo della tutela, le modalita' di
relativa attuazione.
Va al riguardo altresi' considerato che la notizia, sia essa collocata o meno in un archivio, puo' da
soggetto che effettua il trattamento essere memorizzata anche nella rete internet.
Deve allora prodromicamente distinguersi tra archivio e memoria della rete internet.
Mentre l'archivio si caratterizza per essere ordinato secondo criteri determinati, con informazioni
intercorrelate volte ad agevolarne l'accesso e a consentirne la consultazione, la rete internet
costituisce in realta' un ente ove le informazioni non sono archiviate ma solo memorizzate.
Esso e' dotato di una memoria illimitata e senza tempo, emblematico essendo al riguardo il
comune riferimento al "mare di internet", all'"oceano di memoria" in cui gli internauti "navigano".
La memoria della rete internet non e' un archivio, ma un deposito di archivi.
Nella rete internet le informazioni non sono in realta' organizzate e strutturate, ma risultano
isolate, poste tutte al medesimo livello ("appiattite"), senza una valutazione del relativo peso, e
prive di contestualizzazione, prive di collegamento con altre informazioni pubblicate (come
segnalato anche in dottrina, lo stesso pagerank indica quando una pagina e' collegata da link, non
a quali informazioni essa debba essere correlata, ne' fornisce alcun dato sulla qualita'
dell'informazione).
Si pone allora l'esigenza di attribuzione della fonte dell'informazione ad un soggetto, della relativa
affidabilita', della qualita' e della correttezza dell'informazione.
Al riguardo, a parte il rilievo che come osservato anche in dottrina sul piano pratico la pur
possibile attivita' di cancellazione puo' essere ad esempio chiesta al motore di ricerca Google la
rimozione di una pagina ((OMESSO)) o di un intero URL ((OMESSO)) non e' comunemente posta
in essere, non puo' invero nemmeno prescindersi dalla considerazione della circostanza della
sussistenza di siti che memorizzano i dati scomparsi da altri siti (come, ad es., (OMESSO), il quale
presta un servizio denominato Way back machine).
Gli archivi sono dunque quelli dei singoli utenti che accedono alla rete, dei titolari dei siti, che
costituiscono invero la fonte dell'informazione (c.d. siti sorgente).
Il motore di ricerca e' infatti un mero intermediario telematico, che offre un sistema automatico di
reperimento di dati e informazioni attraverso parole chiave, un mero database che indicizza i testi
sulla rete e offre agli utenti un accesso per la relativa consultazione.
Esso e' un mero fornitore del servizio di fruizione della rete, limitandosi a rendere accessibili sul
sito web i dati dei c.d. siti sorgente, assolvendo ad un'attivita' di mero trasporto delle informazioni
(ad eccezione dell'ipotesi in cui compia un'attivita' di trasformazione delle medesime, a tale
stregua divenendone anch'esso produttore diretto, con conseguente assoggettamento a
responsabilita' in caso di illecito Decreto Legislativo n. 70 del 2003, ex articolo 14 e ss., fonte di
recepimento della Direttiva 2000/31/CE).
In particolare, come posto in rilievo nella giurisprudenza di merito Google e' notoriamente un
motore di ricerca, che si limita a offrire ospitalita' sui propri server a siti internet gestiti dai relativi
titolari in piena autonomia, i quali negli stessi immettono e memorizzano le informazioni oggetto
di trattamento (cfr. Trib. Milano, 24/3/2011).
Al riguardo il motore di ricerca non svolge dunque un ruolo attivo (avendo peraltro il potere-
dovere di impedirne la indicizzazione ed il posizionamento una volta venuto a conoscenza del
contenuto illecito delle medesime contenute nei siti sorgente).
Il trascorrere del tempo assume d'altro canto rilievo con riferimento sia agli archivi del soggetto
che accede alla rete internet sia alla memoria di quest'ultima.
Decisivo si appalesa al riguardo l'interesse pubblico alla conoscenza della notizia, sia essa di
cronaca o storica.
A fronte dell'esigenza di garantire e mantenere la memoria dell'informazione si pone infatti, come
detto, il diritto all'oblio del soggetto cui l'informazione si riferisce.
Se del dato e' consentita la conservazione per finalita' anche diversa da quella che ne ha
originariamente giustificato il trattamento, con passaggio da un archivio ad un altro, nonche'
ammessa la memorizzazione (anche) nella rete di internet (es., pubblicazione on line degli archivi
storici dei giornali), per altro verso al soggetto cui esso pertiene spetta un diritto di controllo a
tutela della proiezione dinamica dei propri dati e della propria immagine sociale, che puo'
tradursi, anche quando trattasi di notizia vera - e a fortiori se di cronaca - nella pretesa alla
contestualizzazione e aggiornamento della notizia, e se del caso, avuto riguardo alla finalita' della
conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione.
Ai fini della lecita a corretta utilizzazione dei dati e' dunque anche in tal caso necessario che
sussista una stretta correlazione temporale tra l'identificabilita' del titolare dei dati e la finalita' del
relativo trattamento.
La finalita' del trattamento condiziona la persistente identificabilita' del soggetto titolare dei dati
ma e' a sua volta normativamente astretta dai rigorosi limiti temporali per i quali e' giustificata
("per un periodo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o
successivamente trattati": Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 11, comma 1, lettera e)).
Al riguardo, con riferimento alla rete internet non si pone allora - diversamente da quanto
affermato nell'impugnata sentenza- un problema di pubblicazione o di ripubblicazione
dell'informazione, quanto bensi' di permanenza della medesima nella memoria della rete internet
e, a monte, nell'archivio del titolare del sito sorgente.
Se il passaggio dei dati all'archivio storico e' senz'altro ammissibile, ai fini della liceita' e
correttezza del relativo trattamento e della relativa diffusione a mezzo della rete internet e'
indefettibilmente necessario che l'informazione e il dato trattato risultino debitamente integrati e
aggiornati.
Anche in tal caso i dati debbono risultare "esatti" e "aggiornati", in relazione alla finalita' del loro
trattamento. A fortiori in caso di relativo inserimento in un archivio storico che come nella specie
venga memorizzato pure nella rete di internet la notizia non puo' continuare a risultare
isolatamente trattata e non contestualizzata in relazione ai successivi sviluppi della medesima.
Cio' al fine di tutelare e rispettare la proiezione sociale dell'identita' personale del soggetto, che
come nel caso - giusta quanto posto in rilievo dal giudice del merito nell'impugnata sentenza (v.
oltre) - costituisce invero proprio o essenzialmente lo scopo che fonda l'interesse pubblico, a sua
volta a base della finalita' del trattamento, alla persistente conoscenza della notizia.
Se pertanto come nella specie l'interesse pubblico alla persistente conoscenza di un fatto avvenuto
in epoca (di molto) anteriore trova giustificazione nell'attivita' (nel caso, politica) svolta dal
soggetto titolare dei dati, e tale vicenda ha registrato una successiva evoluzione, dalla
informazione in ordine a quest'ultima non puo' invero prescindersi, giacche'.altrimenti la notizia,
originariamente compieta e vera, diviene non aggiornata, risultando quindi parziale e non esatta, e
pertanto sostanzialmente non vera.
Se vera, esatta ed aggiornata essa era al momento del relativo trattamento quale notizia di cronaca,
e come tale ha costituito oggetto di trattamento, il suo successivo spostamento in altro archivio di
diverso scopo (nel caso, archivio storico) con memorizzazione anche nella rete internet deve essere
allora realizzato con modalita' tali da consentire alla medesima di continuare a mantenere i
suindicati caratteri di verita' ed esattezza, e conseguentemente di liceita' e correttezza, mediante il
relativo aggiornamento e contestualizzazione.
Solo in tal modo essa risulta infatti non violativa sia del diritto all'identita' personale o morale del
titolare, nella sua proiezione sociale, del dato oggetto di informazione e di trattamento, sia dello
stesso diritto del cittadino utente a ricevere una completa e corretta informazione.
Anche laddove come nella specie non si ponga una questione di tutela contro la diffamazione o di
protezione dell'immagine o dell'onore, sussiste allora in ogni caso l'esigenza di salvaguardare il
diritto del soggetto al riconoscimento e godimento della propria attuale identita' personale o
morale.
Orbene, e' il titolare del sito (nel caso, la controricorrente societa' (OMESSO) s.p.a. ), e non gia' il
motore di ricerca (nel caso, Google), a dover provvedere al raggiungimento del suindicato
obiettivo.
Senz'altro infondati sono allora l'assunto della societa' (OMESSO) s.p.a. secondo cui la domanda
"rivolta ai convenuti in tal senso e'... palesemente mal indirizzata" e l'affermazione contenuta
nell'impugnata sentenza che "la domanda non pare correttamente posta sotto il profilo soggettivo,
non avendo parte ricorrente provveduto a citare quale legittimato passivo la societa' di gestione
del motore di ricerca", e pertanto nella specie Google il giudice del merito ha al riguardo poi
concluso che "peraltro, l'infondatezza nel merito di tale argomentazione (oltre che l'assenza di
qualsivoglia richiesta in tal senso ad opera dei contraddittori) induceva il giudicante a ritenere il
profilo processuale evidenziato assorbito".
All'interessato odierno resistente va dunque riconosciuto il diritto di ottenere l'integrazione ovvero
l'aggiornamento della notizia in argomento a lui relativa (Decreto Legislativo n. 196 del 2003,
articolo 7, comma 3) (cfr. Cass., Sez. Un. penali, 22/9/2011, n. 34476).
Cosi' come la rettifica e' finalizzata a restaurare l'ordine del sistema informativo alterato dalla
notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l'integrazione e
l'aggiornamento sono invero volti a ripristinare l'ordine del sistema alterato dalla notizia
(storicamente o altrimenti) parziale.
L'aggiornamento ha in particolare riguardo all'inserimento di notizie successive o nuove rispetto a
quelle esistenti al momento iniziale del trattamento, ed e' volto a ripristinare la completezza e
pertanto la verita' della notizia, non piu' tale in ragione dell'evoluzione nel tempo della vicenda.
Orbene, atteso che non ricorrendo un'ipotesi di diffamazione o lesione dell'onore e della
reputazione non viene nel caso in rilievo il rimedio della rettifica; e considerato per altro verso che,
stante la sussistenza di persistente interesse pubblico alla conoscenza della ormai "storica" notizia
in argomento ravvisata (diversamente da quanto sostenuto dall'odierno ricorrente) dal giudice di
merito in considerazione della circostanza dell'essere l'odierno ricorrente "un possibile candidato
politico in una delle ultime tornate elettorali" nonche' "uno dei candidati in pectore per cariche,
seppur non politiche, di rilievo pubblico", se non appare ammissibile farsi luogo al prospettato
spostamento della notizia di cronaca di cui trattasi in area non indicizzabile dai motori di ricerca,
all'odierno ricorrente (che ha rinunziato all'originaria pretesa di blocco dei dati personali che lo
riguardano) deve per converso senz'altro riconoscersi il diritto, a tutela della sua attuale identita'
personale o morale, al pure domandato (tempestivamente ed idoneamente in sede di ricorso
introduttivo del giudizio avanti al Tribunale di Milano, non risultando d'altro canto dagli odierni
controricorrenti nemmeno proposto ricorso incidentale con denunzia di errar in procedendo ex
articolo 112 c.p.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) aggiornamento della notizia
di cronaca de qua (pacificamente superato essendo d'altro canto rimasto l'originario improprio
riferimento operato dal ricorrente ai <<dati giudiziarii").
Appare al riguardo invero necessaria una misura che consenta l'effettiva fruizione della notizia
aggiornata, non potendo (diversamente da quanto affermato dal Garante nella memoria)
considerarsi in proposito sufficiente la mera generica possibilita' di rinvenire all'interno del "mare
di internet" ulteriori notizie concernenti il caso di specie, ma richiedendosi la predisposizione di
sistema idoneo a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza nel caso di un seguito e di uno
sviluppo della notizia, e quale esso sia, consentendone il rapido ed agevole accesso ai fini del
relativo adeguato approfondimento.
In caso di disaccordo tra le parti, spetta allora al giudice del merito individuare ed indicare le
modalita' da adottarsi in concreto per il conseguimento delle indicate finalita' da parte del titolare
dell'archivio e del sito web, salva ed impregiudicata l'eventuale necessita' per il medesimo di
rivolgersi al gestore del motore di ricerca al fine di porre in essere le procedure tecnico-
amministrative per la relativa attuazione su quest'ultimo.
Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati nell'impugnata sentenza.
In particolare la' dove il giudice di merito afferma che "l'articolo di stampa in oggetto e'
pacificamente privo di carattere diffamatorio; le notizie potenzialmente lesive pubblicate risultano
infatti scriminate, poiche' costituiscono concreto esercizio del diritto di cronaca giudiziaria e di
critica politica" sicche' "ne discende quale ineludibile corollario che l'inserimento del detto articolo
storico del (OMESSO) e' del tutto lecito", non potendo "essere correttamente vantato il diritto
all'oblio da parte del ricorrente" in quanto "nel caso di specie non si tratta di una nuova ed
ulteriore veicolazione della vecchia notizia, ma del medesimo articolo, esaminabile, non gia'
perche' nuovamente ripubblicato ovvero citato in un diverso articolo di stampa pubblicato su un
numero corrente del (OMESSO), ma solo attraverso l'accesso all'archivio del giornale, quale
componente dell'archivio stesso".
Ancora, allorquando esso rileva "l'intrinseca contraddittorieta' logica sussistente tra la richiesta
applicazione del diritto ad essere dimenticato e l'ineludibile funzione - espressione della stessa
ragione d'essere di una emeroteca - di offrire memoria storica delle vicende salienti di un'epoca,
attraverso documenti redatti esercitando il diritto di cronaca giornalistica, non comprimibile, se
non nei limiti di legge". Ritiene non sostenibile "che ad ogni accesso ad un archivio storico
corrisponda una nuova pubblicazione a mezzo stampa della notizia... non potendosi far discendere
dalle concrete modalita' di accesso alla fonte storica una differente autonoma valenza della stessa".
Sottolinea che la "medesima difesa stigmatizzava inoltre che, digitando il nome del proprio
assistito su Google, sulla schermata usciva in prima posizione proprio l'articolo censurato, privo di
indicazioni sui favorevoli sviluppi della vicenda giudiziaria che lo aveva colpito". Esclude che dal
"mancato aggiornamento" delle notizie a suo tempo pubblicate possa all'interessato derivare
l'"ingiustificata lesione all'onore e alla reputazione". Osserva che "non potrebbe apportarsi
l'aggiornamento richiesto mediante l'inserimento di una sorta di sequel nell'articolo contenuto in
archivio" in quanto "l'alterazione del testo farebbe venir meno il valore di documento del testo
stesso, vanificandone cosi' la funzione storico-documentaristica". Afferma non sussistere "alcuna
fonte normativa fondante in capo all'autore - ovvero all'editore - un onere di aggiornamento delle
notizie negative pubblicate a carico di un determinato soggetto, nemmeno per quanto
specificamente riguarda le notizie di cronaca giudiziaria". Sostiene che la "richiesta di condannare
parte resistente all'inserimento di un banner, sorta di bandierina che richiami a lato dell'articolo
d'archivio un diverso documento da cui emerga l'esito positivo dei processi celebrati a carico del
(OMESSO)... e' una richiesta che dovrebbe eventualmente essere rivolta non a parte resistente, ma
alla societa' responsabile del motore di ricerca, cui competono la scelta e l'eventuale modifica dei
criteri di risposta alle stringhe di ricerca digitale dall'utente". Perviene ad escludere la
configurabilita' in capo al (OMESSO) dell'"invocato diritto all'oblio", essendo il medesimo
"soggetto che svolge attivita' di rilievo pubblico, contiguo ad ambienti politico imprenditoriale,
tanto da risultare provato per sua espressa ammissione in sede di udienza di essere stato indicato
quale possibile candidato politico in una delle ultime tornate elettorali", nonche' "uno dei candidati
in pectore per cariche, seppur non politiche di rilievo pubblico", nella ravvisata sussistenza di "un
persistente interesse pubblico all'apprendimento di notizie relative alla storia personale, anche
giudiziaria, dell'interessato".
Dell'impugnata sentenza s'impone pertanto la cassazione, con rinvio al Tribunale di Milano che, in
diversa composizione, procedera' a nuovo esame, facendo applicazione dei seguenti principi:
- Il sistema introdotto con il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, informato al prioritario rispetto dei
diritti e delle liberta' fondamentali e della dignita' della persona (e in particolare della riservatezza
e del diritto alla protezione dei dati personali nonche' dell'identita' personale o morale del soggetto
cui gli stessi pertengono), e' caratterizzato dalla necessaria rispondenza del trattamento dei dati
personali a criteri di proporzionalita', necessita', pertinenza e non eccedenza allo scopo
(quest'ultimo costituendo un vero e proprio limite intrinseco del trattamento lecito dei dati
personali), che trova riscontro nella compartecipazione dell'interessato nell'utilizzazione dei propri
dati personali, a quest'ultimo spettando il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi
dati personali e come li adopera, nonche' di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorche'
pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la
trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione (Decreto
Legislativo n. 196 del 2003, articolo 7), a tutela della proiezione dinamica dei propri dati personali e
del rispetto della propria attuale identita' personale o morale.
- Anche in caso di memorizzazione nella rete internet, mero deposito di archivi dei singoli utenti
che accedono alla rete e cioe' dei titolari dei siti costituenti la fonte dell'informazione (c.d. siti
sorgente), deve riconoscersi al soggetto cui pertengono i dati personali oggetto di trattamento ivi
contenuti il diritto all'oblio, e cioe' al relativo controllo a tutela della propria immagine sociale, che
anche quando trattasi di notizia vera, e a fortiori se di cronaca, puo' tradursi nella pretesa alla
contestualizzazione e aggiornamento dei medesimi, e se del caso, avuto riguardo alla finalita' della
conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione.
- In ipotesi, come nella specie, di trasferimento Decreto Legislativo n. 196 del 2003, ex articolo 11,
comma 1, lettera b), di notizia gia' di cronaca (nel caso, relativa a vicenda giudiziaria di
personaggio politico) nel proprio archivio storico, il titolare dell'organo di informazione (nel caso,
la societa' (OMESSO) s.p.a.) che avvalendosi di un motore di ricerca (nel caso, Google) memorizza
la medesima anche nella rete internet e' tenuto ad osservare i criteri di proporzionalita', necessita',
pertinenza e non eccedenza dell'informazione, avuto riguardo alla finalita' che ne consente il lecito
trattamento, nonche' a garantire la contestualizzazione e l'aggiornamento della notizia gia' di
cronaca oggetto di informazione e di trattamento, a tutela del diritto del soggetto cui i dati
pertengono alla propria identita' personale o morale nella sua proiezione sociale, nonche' a
salvaguardia del diritto del cittadino utente di ricevere una completa e corretta informazione, non
essendo al riguardo sufficiente la mera generica possibilita' di rinvenire all'interno del "mare di
internet" ulteriori notizie concernenti il caso di specie, ma richiedendosi, atteso il ravvisato
persistente interesse pubblico alla conoscenza della notizia in argomento, la predisposizione di
sistema idoneo a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza di un seguito e di uno sviluppo
della notizia, e quale esso sia stato (nel caso, dei termini della intervenuta relativa definizione in
via giudiziaria), consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti ai fini del relativo
adeguato approfondimento, giusta modalita' operative stabilite, in mancanza di accordo tra le
parti, dal giudice di merito.
Il giudice del rinvio provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita'.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione al Tribunale di Milano, in diversa composizione.
Massima redazionale
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DIRITTO.
Gli archivi web devono essere aggiornati all'evoluzione dei fatti, specie quando sia intervenuta la relativa definizione in via giudiziaria. Il titolare dell'organo di informazione è tenuto infatti ad osservare i criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza e non eccedenza dell'informazione, avuto riguardo alla finalità che ne consente il lecito trattamento, nonché a garantire la contestualizzazione e l'aggiornamento della notizia, a tutela del diritto del soggetto cui i dati pertengono alla propria identità personale o morale nella sua proiezione sociale.
N. 00555/2012 REG.PROV.COLL. N. 01655/2011 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1655 del 2011, proposto da:
Enel Rete Gas S.p.a., società soggetta a direzione e coordinamento di
F2i Reti Italia S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco
Ferrari, con domicilio eletto presso Elena Pagani in Brescia, via
Gramsci, 30;
contro
Comune di Bagnolo Cremasco, rappresentato e difeso dall'avv.
Federico Randazzo, con domicilio eletto presso Federico Randazzo
in Brescia, via XX Settembre, 66;
per l'annullamento
- dell’avviso di gara pubblicato dal Comune di Bagnolo Cremasco
sulla GUCE del 3 novembre 2011, recante in oggetto “Erogazione di
gas e servizi connessi”;
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24/04/2012http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Brescia/Sezione%202/2011/201...
- del disciplinare della procedura di affidamento del servizio di gas
naturale a mezzo di rete urbana;
- dei relativi allegati;
- di tutti gli atti della gara relativa all’affidamento di tale servizio;
- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, consequenziale o
comunque connesso;
nonché
per l’accertamento e la dichiarazione del danno ingiusto subito dalla
ricorrente per effetto degli impugnati provvedimenti, da risarcirsi, in
via principale, in forma specifica, ovvero, solo in subordine, per
equivalente mediante il pagamento di una cirfra a ristoro dei danni
subiti e subendi da quantificarsi in corso di causa anche in via
equitativa, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria;
e per la condanna
dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno ingiusto
subito dalla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bagnolo
Cremasco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2012 il dott. Mara
Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
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Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con deliberazione del 19 ottobre 2011, il Comune intimato ha
provveduto ad indire la gara per l’affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale a mezzo di rete urbana, approvando
anche i criteri di valutazione delle offerte.
Ciò nonostante l’entrata in vigore, il 29 giugno 2011, dell’art. 24 del
d. lgs. 93/2011, il cui quarto comma prescrive che il servizio di
distribuzione del gas sia affidato unicamente per ambiti territoriali di
cui all’art. 46 bis, comma 2, del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, come
convertito in legge 222/2007.
Con determinazione 246 del 31 ottobre 2011 sono stati approvati gli
atti relativi alla gara e più precisamente, il disciplinare di gara, il
bando di gara, l’avviso di gara da pubblicare nella GUUE e nella
G.U., l’avviso da pubblicarsi sui quotidiani, lo schema di contratto di
servizio, ecc., documenti che sono stati consegnati in copia ad Enel
Rete Gas s.p.a. (di seguito Enel Rete Gas) in data 9 novembre 2011.
Conseguentemente, il 3 novembre 2011 è stato pubblicato l’avviso di
gara sulla GUCE e il 18 gennaio 2012 sono stati approvati gli atti
relativi all’aggiudicazione definitiva della gara.
Ritenendo illegittimo il suddetto bando di gara (e,
conseguentemente, tutti gli atti successivamente adottati in sua
attuazione), Enel Rete Gas lo ha impugnato, deducendo violazione e
falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, delle
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direttive 98/30/CE e 2009/73/CE, dell’art. 24 del d. lgs. 93/2011,
dell’art. 46 bis, comma 2, del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, del decreto
del Ministero dello Sviluppo Economico del 19 gennaio 2011, di
determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione
del gas e del successivo Decreto del 18 ottobre 2011, nonché dell’art.
66 del d. lgs. 163/2006 e 120 del d. lgs. 104/2010.
Dopo aver speso le proprie ragioni in ordine alla sussistenza della
propria legittimazione attiva (seppur essa non abbia partecipato alla
gara), in quanto operatore del settore interessato al rinnovo della gara
stessa, la ricorrente si è soffermata sulla violazione delle norme sopra
calendate e, quindi, del divieto da esse imposto di indire nuove gare
per l’affidamento del servizio de quo per singolo Comune e non anche
per l’intero ambito territoriale in cui il Comune stesso ricade.
Divieto pienamente operante, secondo la ricorrente, nel caso di
specie in ragione dell’avvenuta pubblicazione del bando di gara solo
il 3 novembre 2011 e, quindi, ben oltre il termine previsto dalla
norma transitoria al fine di ammettere l’applicazione della previgente
disciplina, fissato dal legislatore al 29 giugno 2011.
Al fine di sostenere la propria tesi, parte ricorrente ha richiamato,
quindi, il precedente rappresentato dalle ordinanze del Consiglio di
Stato, sez. V, 30 novembre 2011, nn. 5216 e 5217. Gli atti della
procedura di gara in questione sarebbero, inoltre, illegittimi per
violazione dell’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 66 del d. lgs.
163/2006, in quanto il bando e i suoi allegati non sarebbero stati
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pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sui
prescritti quotidiani nazionali. Ciò determinerebbe, quantomeno, la
non decorrenza dei termini per ricorrere, rispetto ai quali il dies a quo
sarebbe espressamente individuato dall’art. 120 del d. lgs 104/2010,
dalla data in cui è avvenuta la pubblicazione di cui all’art. 66 comma
8 del d. lgs. 163/2006.
L’Amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha eccepito
l’inammissibilità del ricorso sotto una pluralità di profili: la tardività
dello stesso, la carenza di legittimazione a ricorrere di Enel Rete Gas,
in quanto la stessa non ha mai presentato domanda di partecipazione
alla gara censurata, la mancata notificazione del ricorso al gestore
uscente.
Nel merito il ricorso sarebbe infondato, in quanto l’art. 24, comma 4
del d. lgs. 93/2011 non impedirebbe ai Comuni di bandire gare
singole. A tal proposito parte resistente invoca il precedente di
questo Tribunale n. 1170/2001.
Il ricorso avrebbe dovuto, inoltre, essere esteso agli esiti della gara e,
in tale occasione, il contenzioso avrebbe dovuto essere allargato ai
soggetti che a tale gara hanno partecipato.
Nella propria memoria di replica parte ricorrente ha controdedotto a
tutte le eccezioni e sostenuto la propria tesi, ritenendo irrilevante il
richiamo operato alla giurisprudenza formatasi attorno al diverso art.
46 bis del d. l. 159/2007.
Alla pubblica udienza del 28 marzo 2012 la causa, su conforme
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richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di carenza di
legittimazione attiva della ricorrente. A tale proposito il Collegio non
ravvisa ragione di discostarsi dalle conclusioni di cui alla sentenza
dell’Adunanza Plenaria n. 4/11 che ha chiarito come “"la
legittimazione del soggetto che impugna la decisione di indire una
gara è ammessa nei soli casi in cui questi dimostri, comunque, una
adeguata posizione differenziata, costituita, per esempio, dalla
titolarità di un rapporto incompatibile con il nuovo affidamento
contestato". Pertanto, conformemente all’orientamento fatto proprio
dalla sezione V del Consiglio di Stato nella sentenza del 29 febbraio
2012, n. 1187, secondo cui la legittimazione attiva della ricorrente
può essere desunta dal fatto che essa ha lamentato “non l'indizione
in sé della gara, vantando titoli normativi, amministrativi o
contrattuali che ne impedirebbero la celebrazione, bensì la minor
ampiezza dell'ambito territoriale all'interno del quale svolgere il
servizio che, a suo dire, dovrebbe essere allargato ad un più vasto
bacino di utenza comprensivo di altri sei comuni limitrofi a quello
capitolino”, anche nel caso di specie l’eccezione non può essere
accolta.
È pur vero, infatti, che, in linea di principio, la situazione
differenziata può essere ravvisata, in modo certo, solo per effetto
della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione.
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Ciononostante, sono individuate, come possibili ipotesi di
legittimazione, in deroga al principio, i casi in cui il soggetto
contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la
procedura, l'operatore economico "di settore" contesta un
"affidamento diretto" o senza gara, l'operatore manifesta l'intenzione
di impugnare una clausola del bando "escludente", in relazione alla
illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione.
Nel caso di specie, parte ricorrente censura la possibilità stessa, per il
Comune, di bandire la gara, pertanto la mancata partecipazione alla
stessa appare perfettamente in linea con la contestata carenza di
presupposti per la sua indizione, con la conseguenza che la
proposizione del ricorso deve ritenersi ammissibile.
Nel rispetto dell’ordine di trattazione delle questioni proposte - i
principi che definiscono il quale sono puntualmente ricordati sempre
dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 4/2011 - il Collegio ritiene,
quindi, di dover affrontare l’ulteriore questione preliminare attinente
all’eccepita tardività del ricorso così notificato.
Anche tale eccezione non può trovare positivo apprezzamento,
atteso che, a parere del Collegio, l’obbligo di pubblicazione
dell’avviso di gara deve riguardare anche l’affidamento in
concessione dei servizi, in quanto precipitato logico del più generale
principio comunitario della pubblicità e massima partecipazione.
Ne discende che, poiché l’art. 120 del d.lgs. prevede che il termine
decadenziale per l’impugnazione decorra dalla pubblicazione sulla
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Gazzetta Ufficiale, è da tale momento che debbono essere computati
i trenta giorni utili per la notificazione del ricorso, atteso che tale
disposizione, nell’indicare il termine stesso non opera alcuna
distinzione, a tale proposito, tra bandi aventi ad oggetto gare
d’appalto e bandi riguardanti affidamento di servizi in concessione.
Poiché il Comune resistente non ha mai provveduto alla
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ma
solo a quella sulla GUCE, il ricorso deve, quindi, ritenersi tempestivo
per effetto del mancato decorso del termine decadenziale.
Del resto, è pur vero che, a prescindere dall’individuare lo specifico
ambito di applicazione dell’art. 66 del d. lgs. 163/2006, con
determinazione n. 246 del 31 ottobre 2011, il Comune di Bagnolo
Cremasco ha approvato i documenti relativi alla gara per
l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas
naturale nel territorio del Comune stesso e in tale occasione è stato
altresì previsto - per soddisfare i principi di trasparenza, adeguata
pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento richiamati
dall'art. 30 del Codice dei contratti – il rispetto di diverse forme di
pubblicità e cioè la pubblicazione del bando di gara sulla GUUE,
dell’avviso di gara sulla Gazzetta della Repubblica Italiana,dell’avviso
per estratto sui quotidiani. In tal modo l'Amministrazione si è essa
stessa determinata - e autovincolata - a procedere alla pubblicazione
dell'avviso di bando anche sulla G.U.R.I.. Ne consegue che deve
trovare applicazione il disposto dell'art. 66 comma 8 del Codice dei
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contratti, a norma del quale: "Gli effetti giuridici che l'ordinamento
connette alla pubblicità in ambito nazionale decorrono dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana".
Ciò appare rilevante sia ai fini della valutazione della tempestività del
ricorso, sia, come si vedrà nel prosieguo, per stabilire se si applichi o
meno una disposizione nazionale (restando indifferente, sotto il
profilo che qui interessa, la circostanza che la fattispecie riguardi una
concessione di servizi) (cfr, in tal senso, la sentenza T.A.R. Toscana
Firenze Sez. I, 27-10-2011, n. 1596).
Altrettanto infondata appare l’eccezione di inammissibilità connessa
alla pretesa mancata notifica del ricorso introduttivo al gestore
uscente del servizio di distribuzione del gas.
Invero, come evidenziato da parte ricorrente, il gestore uscente non
ha interesse al mantenimento degli atti connessi alla procedura di
affidamento impugnata, ma, al contrario, semmai alla loro
caducazione che comporterebbe la continuazione della gestione del
servizio da parte del medesimo: esso potrebbe, quindi, rivestire, al
più, una posizione di cointeressato all’accoglimento del ricorso.
Peraltro il ricorso in esame non mette in discussione il
riconoscimento del diritto all’indennizzo per l’eventuale riscatto
dell’impianto, per cui anche sotto questo profilo non si ritiene fosse
necessaria la notificazione del ricorso al proprietario dell’impianto
oggetto di riscatto.
La difesa di parte ricorrente appare condivisibile anche con
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riferimento alla sostenuta irrilevanza della mancata impugnazione
degli atti di gara, resa superflua dall’obiettivo primario perseguito con
il ricorso, che è quello di caducare gli atti preordinati all’indizione
della gara, con conseguente travolgimento a cascata dei successivi atti
attuativi, la cui legittimità non avrebbe che potuto essere contestata
per invalidità derivata, non intendendo, la ricorrente, censurare la
successiva conduzione della gara.
Ne consegue che la mancata notificazione dei soggetti che hanno
partecipato alla gara non può essere rilevante in termini di
ammissibilità del ricorso.
Nel merito il ricorso appare fondato, atteso che il bando è stato
pubblicato, anche se solo nella GUCE, in data 3 novembre 2011 e,
quindi, successivamente al 29 giugno 2011, data individuata per il
passaggio al nuovo regime.
Appare opportuno, a tale proposito, ricostruire il quadro normativo
di riferimento.
Il quarto comma dell’art. 24 del d. lgs. n. 93 del 2011, così recita:
“Gli enti locali che, per l'affidamento del servizio di distribuzione di
gas naturale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in
caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o,
in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere
di invito, includenti in entrambi i casi la definizione dei criteri di
valutazione dell'offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e
non siano pervenuti all'aggiudicazione dell'impresa vincitrice,
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possono procedere all'affidamento del servizio di distribuzione di gas
naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della
relativa gara. Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente, a
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le gare
per l'affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate
unicamente per ambiti territoriali di cui all'articolo 46-bis, comma 2,
del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”.
Con tale disposizione, la previsione della possibilità di affidare il
servizio di distribuzione del gas previa costituzione di ambiti
territoriali minimi la cui individuazione era rimessa ad un atto
regolamentare (di cui all’art. 46 bis del d.l. n. 159 del 2007) – indicata,
peraltro, come unica possibilità ammessa in forza del D.M. 19
gennaio 2011 (subito tacciato di non conformità alla legge) - è
definitivamente divenuta obbligatoria, escludendo ogni possibilità di
affidamento del servizio di distribuzione del gas da parte di singoli
Comuni.
In tal senso, anche se come obiter dictum, in quanto nel caso di specie
la disposizione non era applicabile ratione temporis, questo Tribunale si
è già espresso nella sentenza 04 novembre 2011, n. 1516.
Espressamente riconosciuta, quindi, in regime transitorio, la
possibilità di portare a conclusione le procedure per le quali le lettere
di invito siano state inviate prima dell’entrata in vigore di tale novella,
dopo il 29 giugno 2011 deve ritenersi che il legislatore abbia previsto
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che nuove gare possano essere indette solo a livello di ambito
territoriale minimo, precludendo al singolo Comune la possibilità di
bandire una gara autonoma per l’affidamento del servizio di
distribuzione del gas.
Ciò ancorchè i decreti ministeriali, attuativi delle disposizioni
normative relative alla costituzione degli ambiti, siano stati adottati,
in parte, solo dopo la pubblicazione del bando. Secondo
l’Amministrazione resistente tale circostanza avrebbe reso inoperante
l’obbligo di bandire le gare a livello di ambito territoriale fino all’11
febbraio 2012, data di entrata in vigore dell’ultimo decreto attuativo.
Tale tesi non può essere condivisa. La norma, infatti, a prescindere
dai tempi tecnici necessari per l’adozione della disciplina di dettaglio
per l’attuazione delle scelte operate dalla legge in ordine al sistema di
affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas,
inequivocabilmente pone il divieto, nelle more, di procedere
all’indizione di autonome gare da parte dei singoli Comuni: in tale
periodo, quindi, il servizio dovrà essere garantito dal gestore attuale.
Né pare che una tale previsione, dichiaratamente finalizzata al
riordino del sistema di distribuzione del gas in un’ottica di
perseguimento di un assetto efficiente dei settori della distribuzione e
misura dell'energia elettrica in condizioni di economicità e redditività,
contenendone gli oneri generali a vantaggio degli utenti finali, possa
di per sé ritenersi lesiva dei principi di concorrenza e non
discriminazione vigenti nell’ordinamento comunitario.
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Per quanto attiene all’eccepita incostituzionalità della norma che
impone il divieto di bandire gare per l’affidamento del servizio di
distribuzione ai singoli Comuni per eccesso di delega della norma e
conseguente violazione dell’art. 76 della Costituzione, il Collegio,
esaminata la pronuncia del TAR Milano n. 539/2012, invocata da
parte resistente, non ritiene che le conclusioni cui essa perviene siano
talmente stringenti da rendere opportuno un ulteriore rinvio,
deducendo la medesima questione, alla Corte Costituzionale ovvero
la sospensione del giudizio in attesa della pronuncia del giudice delle
leggi.
In ragione di tutto quanto sin qui rappresentato, merita, quindi
accoglimento il ricorso in esame, nella parte in cui è preordinato alla
caducazione del provvedimento impugnato. Non altrettanto può
ritenersi con riferimento alla connessa domanda risarcitoria, la quale
risulta essere stata solo genericamente dedotta. Parte ricorrente,
infatti, non ha fornito alcun principio di prova in ordine al fatto che
l’indizione della gara censurata abbia in qualche modo prodotto un
danno concreto, immediato e diretto nei confronti della stessa. Ne
consegue la mancanza del presupposto essenziale per il
riconoscimento del diritto al risarcimento.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in
causa, attesa la novità della questione controversa e la complessità
della stessa.
P.Q.M.
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Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione
staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando
sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in
motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio, fatto salvo il
rimborso, a favore della ricorrente, del contributo unificato dalla
stessa anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R.
30 maggio 2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 28 marzo
2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/03/2012
IL SEGRETARIO
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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Direzione Centrale Entrate
Roma, 13/04/2012
Circolare n. 54
Ai Dirigenti centrali e periferici Ai Responsabili delle Agenzie Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici
e, per conoscenza,
Al Presidente Al Presidente e ai Componenti del Consiglio diIndirizzo e Vigilanza Al Presidente e ai Componenti del Collegio deiSindaci Al Magistrato della Corte dei Conti delegatoall'esercizio del controllo Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse Al Presidente della Commissione centrale per l'accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati Ai Presidenti dei Comitati regionali Ai Presidenti dei Comitati provinciali
Allegati n.4
OGGETTO: Intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di Durcirregolare. Art. 4 del Decreto Presidente della Repubblica 5 ottobre2010, n. 207.
SOMMARIO: L'art. 4 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 ha introdotto il potere sostitutivodella stazione appaltante nei confronti dell’ Inps, dell’Inail e, in caso diimprese edili, della Cassa edile in caso di inadempienza contributivadell’esecutore e del subappaltatore accertata con il Durc.
Premessa
Il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, «Regolamento di esecuzione ed attuazione del D.Lgs. 12aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture inattuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”» (pubblicato nella G.U. n. 288 del 10dicembre 2010), entrato in vigore l'8 giugno 2011, nella parte I, "Disposizioni comuni", tra lenovità di più rilevante interesse ai fini della disciplina in tema di Durc, all'art. 4 ha introdotto ilpotere sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva dell’esecutoree del subappaltatore (allegato 1).Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a conclusione degli approfondimenti svolti incondivisione con Inps, Inail e Casse edili con il coinvolgimento dell’Autorità di Vigilanza suiContratti Pubblici, con la circolare n. 3 del 16 febbraio 2012 (allegato 2), le cui disposizioni siintendono integralmente richiamate, ha provveduto a fornire alcuni chiarimenti in ordine aicontenuti e alle modalità di attivazione dell’intervento sostitutivo.
1) Intervento sostitutivo: soggetti tenuti all’attivazione.
L’intervento sostitutivo opera nell’ambito dei contratti pubblici (1) ed è attivabile, secondoquanto disposto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R. 207/2010, in presenza di Durc irregolarerelativo ad uno o più soggetti impiegati nell’esecuzione del contratto. La norma dispone che, ricorrendo tale fattispecie, il responsabile del procedimento trattienedal certificato di pagamento l’importo corrispondente alle inadempienze accertate nel Durc che,pertanto, potranno essere riferite sia alla posizione dell’esecutore che a quella delsubappaltatore.Tale importo è versato direttamente dalla stazione appaltante a Inps, Inail e, in caso diimprese edili, anche alle Casse edili. Al riguardo, il legislatore ha precisato che il pagamento di quanto dovuto per le inadempienzesegnalate con il Durc è disposto a cura dei soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. b) del citatoD.P.R. e quindi dalle amministrazioni aggiudicatrici, dagli organismi di diritto pubblico, daglienti aggiudicatori e dai soggetti aggiudicatori (2).
2) Modalità di attuazione dell’intervento sostitutivo nei confrontidell’esecutore del contratto.
Come precisato nel punto precedente, l’irregolarità attestata con il Durc nei confrontidell’operatore economico, parte del contratto pubblico, comporta che il pagamentodell’importo, che avrebbe dovuto essere liquidato dalla stazione appaltante in relazione allafase del contratto, sia effettuato a favore degli Istituti previdenziali e delle Casse edili. Occorre ricordare che la richiamata circolare ministeriale, ha chiarito che la stazioneappaltante, prima dell’attivazione dell’intervento sostitutivo, deve operare, sull’importo inpagamento, la ritenuta dello 0,50 per cento. Tale somma potrà essere svincolata soltanto insede di liquidazione finale, dopo l'approvazione da parte della stazione appaltante del
certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del Durc regolare. Nella citata circolare è stato inoltre specificato che l’istituto dell’intervento sostitutivo operanon soltanto nel caso in cui il debito delle stazioni appaltanti copra interamente le irregolaritàaccertate nel Durc, ma anche qualora il medesimo debito sia in grado di “colmare” le stessesolo in parte. In tale ultima ipotesi il pagamento nei confronti di ciascun Ente dovrà essere effettuato inproporzione alle irregolarità dell’operatore economico segnalate nel documento stesso.
3) Modalità di attuazione dell’intervento sostitutivo in caso di subappalto.
Ferme restando le previsioni indicate al punto precedente, l’intervento sostitutivo opera,secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro, anche per le irregolarità contributive deisubappaltatori impiegati nel contratto.In tale fattispecie la stazione appaltante potrà effettuare il pagamento a favore degli Entiinteressati nei limiti del valore del debito che l’appaltatore ha nei confronti del subappaltatore. In assenza di un’esposizione debitoria dell’appaltatore, ed avvenuto il pagamento nei limitievidenziati, la stazione appaltante potrà effettuare il versamento della somma eventualmenteresidua all’appaltatore nei cui confronti sia certificata la regolarità.
4) Intervento sostitutivo e verifiche ai sensi dell’art. 48-bis del D.P.R.602/73.
Tenuto conto delle finalità poste a fondamento dell’art. 48-bis del D.P.R. 602/73, il Ministerodel Lavoro ha affermato che è possibile ritenere che le stesse “non sembrano poter interferire”con l’applicazione dell’intervento sostitutivo della stazione appaltante. Pertanto, poiché l’istituto in trattazione mira a soddisfare la pretesa creditoria degli Entiinteressati, con la richiamata circolare il predetto dicastero ha precisato che la previsione di cuiall’art. 4 del D.P.R. 602/73 deve avere una “prioritaria applicazione” rispetto al procedimentodell’art. 48-bis.
5) Comunicazione preventiva.
Ricevuto un Durc attestante l’irregolarità dell’esecutore o del subappaltatore, la stazioneappaltante deve comunicare, per posta elettronica certificata, alla Sede Inps che ha accertatol’inadempienza, la volontà di attivare l’intervento sostitutivo. La “comunicazione preventiva” deve essere effettuata utilizzando il modello allegato (allegato3), predisposto al fine di facilitare la trattazione degli interventi sostitutivi. Attraverso talemodello la stazione appaltante deve riportare l’importo che intende versare all’Inps, nelrispetto delle indicazioni fornite dal Ministero sopra richiamate.
6) Modalità di versamento della stazione appaltante per i crediticontributivi.
L'obiettivo della norma, come sopra esposto, attraverso la soddisfazione della pretesacreditoria degli Enti nei cui confronti l'operatore economico ha maturato un'esposizionedebitoria, è quello di concorrere al recupero della regolarità contributiva del medesimo. In talmodo, al verificarsi di tale condizione, si determina la possibilità per la stazione appaltante diliberare il pagamento dei crediti che successivamente all'intervento diventeranno esigibili neiconfronti della stessa o di altre stazioni appaltanti. La stazione appaltante, in tale ambito, effettuerà il pagamento non in proprio ma sostituendosiall'adempimento del contribuente. Conseguentemente, il pagamento della somma oggettodell'intervento sostitutivo, dovrà avvenire utilizzando le medesime modalità e le stessespecifiche previste per l'adempimento contributivo da parte dell'esecutore o del subappaltatorenei confronti dell'Inps. Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 34/E del 11 aprile 2012 hadispostol'integrazione della “Tabella dei codici identificativi” prevista nella sezione “Contribuente”dell’attuale modello di F24 - istituendo il codice "51" avente il significato "Interventosostitutivo - art. 4 del D.P.R. n. 207/2010". In relazione a ciò, la compilazione della predetta sezione "Contribuente" dovrà riportare i datidel contribuente beneficiario del pagamento mentre nel campo "codice fiscale del coobbligato,erede, genitore, tutore o curatore" dovrà essere indicato il codice fiscale della stazioneappaltante versante specificato dal predetto codice identificativo. Tale elemento consentirà la corretta registrazione sia del soggetto versante che delversamento da parte della struttura Inps che ha in carico la posizione a debito segnalata con ilDurc. Ciò costituisce la condizione per la corretta gestione delle previste attivitàamministrative. La "Sezione INPS" dovrà essere compilata secondo le indicazioni che la stazione appaltantericeverà dalla predetta struttura Inps in riscontro alla comunicazione preventiva di cui al puntoprecedente. Al fine di uniformare il sistema di comunicazione tra le strutture dell’Istituto e le stazioniappaltanti è stato predisposto un apposito modello (allegato 4) contenente tutte indicazioniutili alla definizione dell’intervento sostitutivo.Nel predetto modello verrà riportata la conferma o la variazione dell’importo che la stazioneappaltante dovrà versare, nel rispetto del richiamato principio di proporzionalità nonché lemodalità di compilazione del modello F24.Tale importo sarà pari a quello indicato nella comunicazione preventiva ovvero a quelloadeguato al minor valore indicato dalla competente sede dell'Istituto in caso di pagamentiintervenuti sulla posizione contributiva nelle more del perfezionamento del procedimentodell'intervento sostitutivo. Per consentire il corretto svolgimento del procedimento è opportuno che il pagamento siaeffettuato non oltre il termine di 30 giorni e che la notizia dell'avvenuto adempimento siainviata all'indirizzo PEC o email della sede Inps di riferimento.Ciò favorirà la corretta gestione degli eventuali ulteriori interventi di altre stazioni appaltanticontestuali o di poco successivi rispetto a quello in corso.
7) Indicazioni operative.
Il procedimento definito dall'art.4 intrattazione comporta, come detto, la sua attivazione daparte della stazione appaltante ogni volta che, a seguito di una richiesta di Durc relativa allaliquidazione di corrispettivi dovuti all'operatore economico parte del contratto pubblico, ildocumento segnali una irregolarità. Tale previsione evidenzia la necessità che venga posta particolare attenzione al processo diquantificazione del debito contributivo effettuata nel corso dell'istruttoria del Durc. A tale riguardo, si fa presente in primo luogo che precedentemente all'emissione di un Durcirregolare, ai sensi dell'art. 7, co. 3, del D.M. 24 ottobre 2007, con il preavviso diaccertamento negativo, il contribuente deve essere invitato a regolarizzare la posizionedebitoria entro un termine non superiore a 15 giorni. Inoltre, si rammenta che la verifica deveinteressare tutte le posizioni collegate a quella per cui è richiesta la verifica e che la stessa èeffettuata sulla base dello stato degli atti e delle registrazioni presenti negli archivi dell'Istitutoalla data di conclusione della fase istruttoria. Tenuto conto del tempo, pur breve, che potrà intercorrere tra il momento della definizionedella situazione debitoria segnalata con il Durc, la comunicazione preventiva di attivazionedell'intervento sostitutivo della stazione appaltante ed, infine, il momento del pagamento daparte di quest’ultima, è possibile che l’importo dell’inadempienza contributiva possa risultareinferiore rispetto a quello accertato nel Durc. Tale possibilità può verificarsi, come ricordato al punto precedente, a seguito di sistemazionicontabili collegate a pagamenti effettuati dal contribuente ovvero a partite a credito maturatesuccessivamente all'emissione del Durc e nelle more del perfezionamento del procedimentodell'intervento stesso.Diversamente, l'eventuale importo che dovesse essere accertato in un momento successivoalla data di conclusione dell'istruttoria del Durc, resta escluso dallo specifico procedimentoattivato ai sensi dell'art. 4 per il quale resta fermo, come limite massimo, l’importo indicato neldocumento che ha attestato l’irregolarità. In relazione a quanto esposto, all'atto della ricezione del modello di comunicazione preventivadella stazione appaltante, l'operatore della funzione gestione del credito deve:
a. verificare, secondo le predette indicazioni, l’attualità dell’inadempienza contributivaattestata con il Durc al fine di considerare le eventuali variazioni intervenute tra la datadi emissione del Durc e la data di ricezione della comunicazione preventiva checomportano la rideterminazione in riduzione del debito contributivo;
b. definire le specifiche del pagamento con F24 in relazione alla gestione previdenzialeinteressata;
c. trasmettere il modello (allegato 4) al responsabile del procedimento della stazioneappaltante compilato con le indicazioni relative ai precedenti punti non oltre il terzogiorno dal ricevimento della "comunicazione preventiva".
Si raccomanda il rispetto di tale termine in quanto la posizione del contribuente potrebbeessere destinataria anche di contestuali attivazioni di interventi sostitutivi da parte di stazioniappaltanti diverse. Ricorrendo tale ipotesi, le Sedi dovranno procedere alla gestione delle comunicazioni pervenute
dalle stazioni appaltanti secondo l’ordine cronologico di arrivo effettuando in conseguenza, perciascuna di esse, la verifica dell’importo dell’irregolarità attualizzato sulla base dei versamentiaffluiti alla stessa data. Ciò al fine di evitare che siano acquisiti versamenti non dovuti dallestazioni appaltanti che, in tal caso, dovranno essere oggetto di tempestiva restituzione allastazione appaltante medesima. Il Direttore Generale Nori
Note:
1. I "contratti" o i "contratti pubblici" sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggettol'acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l'esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioniappaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudicatori. (art. 3, co. 3del D.Lgs. n. 163/2006)
2. Art. 3, comma 1, lett.b) D.P.R. 207/2010 - 1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) omissis
b) amministrazioni aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, enti aggiudicatori, altri soggettiaggiudicatori, soggetti aggiudicatori e stazioni appaltanti: i soggetti indicati rispettivamente dall'articolo3, commi 25, 26, 29, 31, 32 e 33, del codice;
omissis
3. L’Articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973 (introdotto dall’articolo 2, comma 9, del D.L. n. 262/2006,convertito con modificazioni dalla L. n. 286/2006), stabilisce che “Le amministrazioni pubbliche e lesocietà a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di unimporto superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempienteall’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontarecomplessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalanola circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività diriscossione delle somme iscritte a ruolo”.
Sono presenti i seguenti allegati: Allegato N.1 Allegato N.2 Allegato N.3 Allegato N.4
Cliccare sull'icona "ALLEGATI" per visualizzarli.
1
Lombardia/119/2012/PAR
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
dott. Nicola Mastropasqua Presidente
dott. Giuseppe Zola Consigliere
dott. Gianluca Braghò Primo Referendario
dott. Massimo Valero Primo Referendario
dott. Alessandro Napoli Referendario
dott.ssa Laura De Rentiis Referendario
dott. Donato Centrone Referendario
dott. Francesco Sucameli Referendario (relatore)
dott. Cristiano Baldi Referendario
dott. Andrea Luberti Referendario
nella camera di consiglio del 13 e del 27 marzo 2012
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12
luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno
2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della
Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1
del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali (T.U.E.L.);
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
2
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha
stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma
8, della legge n. 131/2003;
Vista la nota n.3755 pervenuta in data 28 febbraio 2012, con la quale il comune di
Buccinasco (MI) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza
odierna per deliberare sulla prefata richiesta;
Udito il relatore, Francesco Sucameli.
OGGETTO DEL PARERE
Con la nota indicata in epigrafe il Commissario straordinario del Comune di Buccinasco
(MI) ha avanzato un’istanza di parere concernente l’interpretazione della disciplina sulle spese
per il personale con riferimento ad una propria Azienda speciale, operante nella gestione, tra
l’altro, di una farmacia.
La richiesta di parere sorge in relazione alla recente novella legislativa dell’art. 114
T.U.E.L., che col nuovo comma 5-bis (inserito dall'art. 25, comma 2, lett. A del D.L. n. 1 del
2012, c.d. “decreto liberalizzazioni”, conv. con L. n. 27 del 2012) ha esteso ad aziende speciali
ed istituzioni degli enti locali:
i) l’obbligo di osservare il patto di stabilità interno (PSI) con le modalità definite con apposito
decreto interministeriale;
ii) nonché le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali,
a. divieti o limitazioni alle assunzioni di personale;
b. il contenimento degli oneri per consulenze contrattuali e quelli delle altre voci di
natura retributiva o indennitaria e anche degli amministratori;
iii) obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali.
Ciò premesso, considerato che il Comune istante è ente soggetto al Patto di stabilità
interno (PSI), si chiede venga chiarito da questa Sezione:
quesito n. 1. quali sono, per l'anno 2012, le regole da applicare all'azienda speciale in
materia di assunzioni di personale;
quesito n. 2. ove le regole per procedere ad assunzioni fossero quelle applicabili ai
comuni non soggetti al PSI (art. 1, comma 562 Legge n. 296 del 2006, Finanziaria 2007) come
individuare la base di calcolo, posto che la normativa per gli enti non soggetti al PSI impone di
mantenere la spesa complessiva per il personale entro quella storica dell'anno 2004 (art. 1,
comma 562 Legge n. 296/06) e che l'azienda speciale, in quella data, non era ancora stata
costituita;
3
quesito n. 3. se sia possibile effettuare assunzioni a tempo indeterminato, tramite
regolare concorso pubblico, anche se la relativa vacanza di organico si è realizzata non
nell’anno precedente, ma già nel 2009. In caso di risposta negativa, si chiede se sia possibile
effettuare un'assunzione a tempo determinato, considerati i limiti di cui al recente art. 9,
comma 28 del D.L. n. 78 del 2010 (convertito nella Legge n. 122 del 30 luglio 2010, così come
modificato dall'art. 4, comma 102, della Legge n. 183 del 12 novembre 2011, Legge di stabilità
per il 2012). Il Comune, infatti, sottolinea che, in questo secondo caso, supererebbe il limite di
legge stabilito per tale tipologia contrattuale, ovvero il 50% rispetto alla spesa registrata nel
2009. Cionondimeno, considerato che la figura professionale per la quale si intenderebbe
procedere a copertura di organico è quella del farmacista, professionalità imprescindibile per la
gestione del servizio di farmacia comunale, il Comune chiede se sia possibile estendere all’art.
9, comma 28 del D.L. 78 del 2010 il principio espresso nella deliberazione a Sezioni Riunite,
n.46 del 2011, che, per altra norma limitativa delle assunzioni, ammette la deroga per
prestazioni essenziali.
In sede di conversione, peraltro, la legge 24 marzo n. 27 ha modificato l’art. 25, comma
2, del D.L. n. 1 del 2012, introducendo un ulteriore inciso finale al neo-introdotto comma 5-bis
dell’art. 114 T.U.E.L., che ora recita «Sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del
presente comma aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed
educativi, culturali e farmacie.»
PREMESSA
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze
attribuite alla Corte dei conti dalla legge n. 131 del 2003 (recante la disciplina d’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Pertanto, la prima questione che si pone, riguardo al descritto quesito, è quella del
rispetto delle condizioni di legge per accedere alla funzione consultiva della Corte. A tal fine si
rammenta che ai sensi dell’art. 7, comma 8, della citata legge n. 131 del 2003, Regioni,
Province e Comuni possono chiedere alle Sezioni regionali − di norma tramite il Consiglio delle
autonomie locali, se istituito − pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme
di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia
dell’azione amministrativa.
AMMISSIBILITÀ SOGGETTIVA
Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste
di parere dei Comuni, si osserva che, per consolidata giurisprudenza, gli enti elencati dalla
4
legge possono rivolgersi direttamente alla Corte in funzione consultiva, senza passare
necessariamente dal Consiglio delle autonomie locali.
Poiché il commissario straordinario è, nel periodo del suo incarico, l’organo
istituzionalmente legittimato a rappresentante l’ente (in sostituzione del sindaco, normalmente
legittimato ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.), la richiesta di parere è proposta dall’organo
legittimato a proporla ed è pertanto soggettivamente ammissibile.
AMMISSIBILITÀ OGGETTIVA
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, in
premessa occorre rammentare che la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge
131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte
dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli
obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione
finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di
controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di
collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite, in particolare,
con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Secondo le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenute con una pronuncia in sede
di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1°
luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il concetto
di contabilità pubblica deve essere incentrato sul “sistema di principi e di norme che regolano
l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso
dinamico in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri
(Deliberazione del 17 novembre 2010,n. 54).
Peraltro, la stessa giurisprudenza contabile ha puntualmente rammentato che dalla
funzione consultiva resta esclusa qualsiasi forma di cogestione o co-amministrazione con
l’organo di controllo esterno (cfr. ex multis parere sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36).
Quindi, i quesiti, oltre a riguardare una questione di contabilità pubblica, devono avere
carattere generale ed essere astratti, cioè non direttamente funzionali all’adozione di specifici
atti di gestione, che afferiscono alla sfera discrezionale della potestà amministrativa dell’ente.
In secondo luogo, oltre a non intervenire nell’attività amministrativa nei termini
predetti, tale funzione consultiva non deve sovrapporsi con l’esercizio di altre funzioni di
controllo della Corte, né tantomeno interferire con l’esercizio di funzioni giurisdizionali (in sede
civile, penale, amministrativa o contabile).
5
Con specifico riferimento alla richiesta analizzata dalla presente pronunzia, i quesiti
risultano oggettivamente ammissibili, in quanto attengono all’interpretazione di norme dettate
specificamente per il contenimento della spesa pubblica (sub specie di spesa per il personale) e
che incidono sulla formazione e gestione del bilancio degli Enti locali.
MERITO
1. La norma su cui si incentrano le questioni ermeneutiche qui proposte è il comma 5-bis
dell’art. 114 T.U.E.L, disposizione recentemente introdotta dal “decreto liberalizzazioni” e
riguardante taluni organismi non societari partecipati dagli enti locali (aziende ed istituzioni). Si
tratta di una previsione normativa assai simile, per formulazione e contenuti, al comma 2-bis
dell’art. 18 del D.L. n. 112 del 2008 (convertito in Legge 6 agosto 2008, n. 133; comma
inserito dall’art. 19 comma 1 del D.L. n. 78/2009, convertito nella l. n. 102/2009), riguardante
peraltro gli organismi societari partecipati dagli enti locali.
Caratteristica delle due disposizioni è quella di costituire un rinvio dinamico al sistema di
limitazioni finanziarie che incombono sugli direttamente enti locali cui sono riconducibili, tra
cui, in particolare, quelli in materia di personale.
Segnatamente, su questo specifico punto è possibile distinguere due distinti ordini di
limitazioni finanziarie:
i) una di carattere “complessivo”, concernente “divieti e limiti nelle assunzioni” gravanti
sull’ente proprietario ed incidente direttamente sulla spesa complessiva dell’organismo
partecipato;
ii) l’altra di carattere “individuale”, cioè mirante a porre un freno alla spesa pro capite
(contenimento degli oneri contrattuali, delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e
degli oneri per consulenze).
Il comma 5-bis, in chiusura, stabilisce altresì che: “Gli enti locali vigilano sull'osservanza
del presente comma da parte dei soggetti indicati ai periodi precedenti”: si tratta, invero, di
una norma ricognitiva del principio per cui, l’ente locale, deve avere il controllo su tutte le
proprie articolazioni organizzative, qualsiasi sia la loro forma giuridica (principio che per le
società in house, si traduce nel requisito del controllo analogo; sul punto, cfr. il recente SRC
Lombardia 12/2012/PAR).
2. In via preliminare, soprattutto con riferimento ai primi due quesiti, è opportuno
rammentare che le aziende e le istituzioni costituiscono organi dell’ente locale dotati di
autonoma soggettività giuridica (nel caso delle aziende, la soggettività è perfetta, in quanto si
tratta di organismi con una personalità giuridica in tutto distinta dall’ente locale di riferimento).
Questa preliminare considerazione è da sola sufficiente ad orientare l’interprete
nell’individuazione delle «disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali» le limitazioni
6
finanziarie richiamate dal comma 5-bis: appare logico, oltre che coerente con la lettera della
diposizione, ritenere che il Legislatore abbia inteso riferirsi agli enti locali della cui
organizzazione le aziende e le istituzioni fanno parte; pertanto, il tipo di limiti, divieti ed
obblighi in materia di personale, cui si riferisce la norma qui oggetto di interpretazione (il
comma 5-bis dell’art. 114 T.U.E.L.) non può che essere quella cui è tenuto l’ente controllante.
Ciò premesso, in quanto il comune di Buccinasco è un ente soggetto alle regole del PSI, nel
caso di specie, i “limiti e divieti” in materia di assunzioni, richiamati dalla norma per l’azienda
speciale, non possono che essere quelli stabiliti per l’ente controllante e segnatamente:
i) il divieto di procedere ad assunzioni nel caso in cui non sia stato rispettato il PSI nell’anno
precedente (art. 76, comma 4, D.L. n. 112/2008)
ii) divieto di procedere a nuove assunzioni in caso di mancata riduzione delle spese di
personale rispetto all’anno precedente (art. 1, comma 557-ter della Legge finanziaria per il
2007 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296, L.F. 2007);
iii) i limiti e i divieti in materia di assunzioni di cui all’art. 76, comma 7, del D.L. n. 112 del
2008 (conv. Legge n. 133/2008, come recentemente novellato dalla L. n. 111/2011 e dalla
Legge n. 214/2011). Presupposto di tale disciplina è l’obbligo di mantenere un virtuoso
rapporto strutturale tra spesa per il personale e spesa corrente complessiva (assumendo
come obbiettivo il 50%). In base a tale norma, le assunzioni: a) sono vietate per gli enti
nei quali tale rapporto è pari o superiore al 50%; b) sono consentite assunzioni a tempo
indeterminato, ma nei limiti del 20%, nel caso in cui il ridetto rapporto sia inferiore al
50%.
A questi divieti e limiti se ne potrebbero aggiungere altri, variamente ricollegati ad obblighi
di legge, tra cui, a titolo esemplificativo, si rammentano quelli in materia di organizzazione del
personale (ad es. quelli ex artt. 6, comma 6, e 33, comma 2, del Dlgs. 165/2001, in relazione
agli obblighi di rideterminazione della dotazione organica nel triennio precedente e di
ricognizione delle eventuali eccedenze di personale).
3. Ciò premesso, in special modo con riferimento al terzo quesito, bisogna ricordare che la
richiesta di parere del Comune di Buccinasco − concernente un’azienda speciale che svolge, tra
l’altro, l’attività di farmacia comunale − è stata posta nelle more della legge di conversione del
D.L. n. 1 del 2012 (conv. con L. n. 27 del 24 marzo 2012), decreto che ha novellato l’art. 114
T.U.E.L.. Nella versione approvata dalle Camere, l’art. 25, comma 2, lett. A del prefato D.L.
(introduttivo del nuovo comma 5-bis, dell’art. 114 T.U.E.L.) è stato emendato con
l’introduzione di un’espressa esclusione a favore delle aziende e delle istituzioni che esercitano
farmacie.
Nella versione emendata, infatti, l’articolo richiamato si conclude con l’inciso «Sono
escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente comma aziende speciali e istituzioni che
gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie.».
7
Ne consegue che la norma sopravvenuta ha fatto venire meno il presupposto normativo
sulla base del quale è stata sollecitata l’attività consultiva di questa Sezione.
P.Q.M.
nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
L’estensore Il Presidente
(Dott. Francesco Sucameli) (Dott. Nicola Mastropasqua)
Depositata in Segreteria il
4 aprile 2012
Il Direttore della Segreteria
(Dott.ssa Daniela Parisini)
Deliberazione n 9 /2012/PAR
•
REPUBBLICA ITALIANA
la
Corte dei conti
Sezione regionale del controllo
"per l'Emilia - Romagna
;
composta dai Magistrati•
!•
vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
visto l'art. 100, comma 2, della Costituzione;.l' ,, ;
Mario Donna
Massimo Romano
Ugo Marchetti
Benedetta Cossu
Riccardo Patumi
Presidente;•
Consigliere;
Consigliere;
Primo Referendario (relatore);
Referendario.
*****
visto il T.U. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti,
approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive
modificazioni ed integrazioni;•
vista la legge 14 gennaio 1994 n. 20, il decreto-legge 23
ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n.
639 recanti disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della
Corte dei conti;
visto l'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340;
visto il Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di
controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data
,
I•I
16 giugno 2000 e successive modifiche;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;
visto l'articolo 17, comma 31, D.L. 1 luglio 2009, n. 78
•convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102;
•vista la legge della Regione Emilia-Romagna n. 13 del 9
ottobre 2009, istitutiva del Consiglio delle Autonomie, insediatosi il,
17 dicembre 2009;,
visto la Convenzione stipulataIl • ~
•il 15 ottobre 2010 sull'attività
•
di collaborazione in merito all'esercizio della funzione di controllo
•collaborativo di cui alla legge n. 131/2003 intercorsa tra la Sezione
regionale di controllo per l'Emilia Romagna, la Regione ed il Consiglio
delle Autonomie Locali;
visto l'articolo 4, comma 2, della predetta Convenzione che
.consente al çAL di chiedere in via autonoma pareri su temi generali
in tema di contabilità pubblica;
vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 4
giugno 2009 n. 9/ SEZAUT/2009/Inpr;
, .viste le deliberazioni delle Sezioni Riunite in sede di controllo
• •vista la richiesta formulata dal Consiglio delle
n. 8 del 26 marzo 2010 e 54 del 17 novembre 2010;• ,
• •
Autonomie>
,
Locali dell'Emilia-Romagna del 9 novembre 2011, concernente, ;'
problematiche interpretative relative all'articolo 16,
138/2011;
•
,
comma 27, d.1.
•vista l'ordinanza presidenziale n. 5 del 9 febbraio 2012, con la
quale la questione è stata deferita all'esame collegiale della Sezione;
udito nella Camera di consiglio il magistrato relatore, Primo.
Referendario Benedetta Cossu;
2
II
Premesso
Il Presidente del Consiglio delle autonomie locali dell'Emilia-Romagna
(di seguito CAL), con nota del 9 novembre 2011, ha rappresentato alla
Sezione l'esistenza di varie problematiche interpretative concernenti
l'articolo 14, comma 32, d.1. 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche ed integrazioni in
tema di dismissioni societarie da parte di enti a minore densità
demografica.
iII,
In particolare il CAL chiede di conoscere:'(,
a) se tra le società partecipate dai Comuni,
'.
di' ridotte dimensioni
demografiche (con popolazione sino a 30.000 abitanti) e di,
medie dimensioni (con :popolazione compresa tra i 30.000 ed i',
50.000 abitanti) che I devono essere poste in liquidazione '
••
rientrino le società
quotate in borsa;
di trasportoI .I
pubblico locale e le società
b) se per i suddetti Comuni alcune tipologie di società previste dal
TUEL (società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza
economica ex art. 113 ; società patrimoniali alle quali sono
state conferite le reti ex art, 113, comma 13; società di
trasformazione urbana ex art. 120) siano consentite;
c) il significato da attribuire alla deroga per le società che negli
•
ultimi tre esercizi hanno registrato utili di esercizio; . • l
d) quali siano le modalità attraverso le quali si deve procedere
alla liquidazione della società, ed i 'riflessi che le varie fasi della
liquidazione hanno sulle scritture contabili dell'ente socio;
e) l'esclusione delle aziende speciali consorti l''' e dei consorzi di
servizi dalla disciplina in esame;
f) l'applicabilità delle deroghe previste per lè partecipazioni in
società da parte dei Comuni con meno di jO.OOO abitanti alle
•
• •
3 •
---~--------~-----~-----------
partecipazioni in società da parte dei Comuni con numero di
abitanti compreso tra i 30.000 ed i 50.000.. ". ~ " , •
Ammissibilità. soggettiva ed oggettiva della. richiesta di- . . ..
parere formulata, dal CAL.."
L'articolo 7, comma 8, della legge n.131/2003 - disposizione che,
costituisce il fondamento normativo. della funzione consultiva •
intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei ,Conti, -
attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali,
se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la,
facoltà di richiedere alla Corte dei conti, pareri in materia di
contabilità pubblica. Analoghe richieste possono, essere, formulate
direttamente dal Consiglio delle Autonomie locali su temi. generali di
contabilità pubblica ai sensi ,dell'articolo 2, comma 4, della
Convenzione stipulata il 15 ottobre 2010 tra la Sezione regionale di
•
controllo per l'Emilia-Romagna, la Regione ed il CAL. , . .1
-'
La richiesta di parere in esame deve essere considerata ammissibile. - ~ . . -
dal punto di vista soggettivo in quanto sottoscritta dal Presidente del. . . ~ "
Consiglio delle Autonomie Locali dell'~milia-Romagna, organo
legittimato ? formulare richieste di, parere. sulla base, della citata
disposizione di fonte convenzionale._ _ . ;1,... .
,
La valutazione dei presupposti di ammissibilità oggettiva, anche per
le richieste formulate dal Consiglio delle Autonomie locali è ,volta ad
accertare, oltre l'inerenza del quesito proposto con le ,materie, di- - -
contabilità pubblica, la rilevanza generale, della questione proposta,, _. . . . , ....
la mancanza di diretta funzionalità della richiesta di parere rispetto'.... r - ~ - '.....
all'adozione di concreti atti di gestione, l'assenza di valutazione su, .. ,., .-
comportamenti amministrativi già compiuti o su provvedim~ntigià
adottati, l'assenza di, interferenze con ,la funzioni giurisdizionale,..... ' '
intestata alla Corte dei Conti o ad. altre giurisdizioni, _, né con, .. ' w ~
4
procedimenti in corso presso la Procura della Corte dei Conti.
In relazione al primo presupposto, le Sezioni Riunite della Corte dei
Conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 17, co. 31, d.l. 1 luglio'
2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto .
2009, n. 102, hanno delineato una nozione di contabilità pubblica
"strumentale" all'esercizio della funzione consultiva intestata alle
Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti. Tale locuzione
comprende, oltre alle questioni tradizionalmente riconducibili al
concetto di contabilità pubblica (sistema di principi e norme che•
regolano l'attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti
pubblici) anche i "quesiti che risultino connessi alle modalità di
utilizzo delle risorse pubbliche nel quadro di specifici obiettivi di
contenimento della spesa sanciti da principi di coordinamento della
finanza pubblica (. ...), contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di
ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell'Ente e
sui pertinenti equilibri di bilancio" (SS.RR., Deliberazione 17
novembre 2010, n. 54).
Ciò premesso, la Sezione ritiene che la richiesta di parere in esame è
ammissibile anche sul piano oggettivo, essendo le problematiche
interpretative sull'articolo 14, comma 32, dI. 78/2010 e s.m.i. inerenti
la contabilità pubblica in ragione degli evidenti riflessi che il fenomeno
delle società partecipate riveste per la finanza pubblica e per il
raggiungimento degli equilibri di bilancio degli enti locali.
In ordine alla sussistenza degli altri requisiti di ammissibilità
oggettiva, la Sezione ritiene che la richiesta di parere in esame.,
presenti il carattere della generalità nei limiti in cui potranno essere
indicati principi utilizzabili anche da parte di altri enti qualora
insorgesse la medesima questione interpretativa; non interferisce
5
con funzioni di controllo o giurisdizionali svolte dalla magistratura ,
contabile e neppure, co~ un ,giudizio civile o amministrativo"
,..
pendente.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la richiesta di parere In ..
esame risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo ed oggettivo e
può essere esaminata nel 1 .•• • ..
.Merito •
1. Con i primi due quesiti - che, per ragioni di connessione, la Sezione" ,''. " .!j,"'" .. ,,'I,'
ritiene opportuno trattare congiuntamente - il CAL chiede di conoscere• " •• <,
se tra le società che i Comuni a densità demografica ridotta (i.e. i. ' _. ~ . ,. "~O ' "-'l:, ~
Comuni con popolazione sino a 30.000 abitanti) e media (i.e.i Comuni, .
con popolazione compresa tra i 30.000 ed i 50.000 abitanti) devono• • ., '-'". 't•
,
società•,, .
dismettere entro i termini previsti per legge rient~ino le
quotate in borsa o alcune tipologie di società previste dal TUEL, quali. -'.~. ~- ~. . .
le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica•
(art. 113); le società patrimoniali alle quali sono state conferite le reti- . . .•
,(art. 113, comma 13); le società di trasformazione urbana (art. 120).. . ";--..' .1.2. L'evoluzione della legislazione in tema di società partecipate
pubbliche è stata•
caratterizzata, a partire, dai più recenti interventi. . ,•
legislativi, da un netto disfavore verso l'utilizzazione dello strumento" ~ ",· •• 1 -'"
societario come modello di organizzazione scelto dai soggetti pubblicil ' •.
,
per lo svolgimento delle proprie funzioni e servizi., ,
Alla base di tale mutato atteggiamento del legislatore devono essere... .- <)'"
individuate ragioni di tutela della concorrenza e del mercato, nonché- ,l J'.
la necessità di limitare l'utilizzo delle società partecipate quale
strumento per eludere l'applicazione della", ,.
normativa relativa al patto. .
•
di stabilità interno, ai vincoli in tema di assunzione di personale o di"l., " '.,; ~ t
indebitamento, alle procedure ad evidenza pubblica .•..
• , ,
6
•
Nel quadro dei predetti interventi legislativi si colloca l'articolo 3,
comma 27 e ss., della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Tale
disposizione stabilisce che le pubbliche amministrazioni non possono
costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e
servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie•
finalità istituzionali, •ne assumere o mantenere, direttamente,
partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Resta sempre·
ammessa la costituzione di società che producono Servizi di interesse
generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di
committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro
e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del
Codice dei contratti pubblici e l'assunzione di partecipazioni in tali
società da parte degli enti in questione, nell'ambito dei rispettivi livelli
di competenza. 'l
L'articolo 3, comma 27, I. cit., come chiarito dalla Corte Costituzionale
con sentenza 4 maggio 2009, n. 148, ha inteso rafforzare la
distinzione tra "esercizio dell'attività amministrativa In forma
privatistica" ed "esercizio delle attività di impresa" da parte delle
amministrazioni pubbliche. Secondo tale distinzione lo strumento
societario deve essere utilizzato da queste ultime come modello
organizzativo per lo svolgimento dei compiti loro affidati, evitando al
contrario, che l'esercizio di attività di impresa possa essere svolto
beneficiando dei privilegi dei quali può godere un soggetto in quanto
pubblica amministrazione.
L'immanenza nel sistema di principi che limitano l'utilizzazione dello
strumento societario da parte delle amministrazioni pubbliche è stata
di recente affermata dal Consiglio di Stato secondo il quale la
costituzione da parte di un ente pubblico di Una società commerciale
che operi sul mercato, in concorrenza con altri operatori privati, deve
7
---------------------------~--~ •
I
essere prevista da espresse disposizioni di legge, e la costituzione di
società per il perseguimento di fini istituzionali propri dell'ente
pubblico è generalmente ammissibile se ricorrono i presupposti dell'in ...
house providing, salvi specifici limiti legislativi (A.PI., 3 giugno 2011, ,. .
n. 10).
E' quindi sulla base delle previsioni contenute nell'articolo 3, comma
27 e ss., legge 244/2007 che anche gli enti locali debbono effettuare
una ricognizione di tutte le partecipazioni societarie al fine di verificare
se si tratti di partecipazioni vietate (attività di produzione di beni e. .
•
,
servizi non inerenti con le proprie finalità istituzionali) e, quindi da '
dismettere, o di partecipazioni consentite (servizi di interesse generale
o di committenza).•
Ulteriori limitazioni all'utilizzabilità dello strumento societario da parte
di Comuni a minore densità demografica sono state introdotte
dall'articolo 14, comma 32, d.1. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con
modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, la cui ratio è stata
individuata nell'esigenza di salvaguardare la concorrenza e l'apertura
•
•
del mercato agli operatori privati e di evitare la proliferazione di •
società sottodimensionate la cui gestione potesse avere ~ripercussioni
negative sui bilanci degli enti costitutori impossibilitati asostenerne gli,
oneri di gestione.
Secondo tale ,diSPosizio.ne i Comuni con popolazione inferiore al
30.000 abitanti no~ possono costituire nuove società;. devono
. mettere in liquidazione le società già costituite o cederne le
partecipazioni entro il 31.12.2012'. L'obbligo di dismissione e/o•
cessione delle partecipazioni non si applica nel caso in cui le società
1 Il termine per la dismissione delle società e/o partecipazioni vietate - inizialmentefissato al 31.12.2010, e prorogato al 31.12.2011 in sede di conversione del decretolegge (legge 122/2010) - è stato poi spostato al 31.12.2013 ad opera dell'articolo 2,comma 43, d.1. 225/2010 (cd. decreto mille-proroghe) ed anticipato solo per i Comunicon popolazione sino a 30.000 abitanti al 31.12.2012 dall'articolo 16, comma 32, d.1.13.08.2011, n.138 (cfr. Corte Conti, Sez. controllo Lombardia 602/2011/PAR).
8
già costituite: a) abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile
negli ultimi tre esercizi; b) non abbiano subìto; nei precedenti
esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio; c) non
abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio In
conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell'obbligo di
procedere al ripiano delle perdite (tali deroghe sono state introdotte
dall'articolo 2, comma 43, d.1. 225/2010'~- -cd. decreto
"Milleproroghe" conv. in Legge 26.2.2011, n. lO). Il divieto di
costituzione di nuove società e/o l'obbligo di: cessione delle
partecipazioni non si applicano alle società con partecipaZione .
paritaria o proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più
Comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti.
I Comuni con popolazione compresa tra i 30.000 ed i 50.000 abitanti
possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31
dicembre 2013 devono mettere in liquidazione le altre società già
costituite.
La difficoltà interpretativa derivante dalla clausola di salvezza
contenuta nel primo periodo dell'articolo 14, comma 32, d.1. cito
(secondo la quale rimane "fermo quanto previsto dall'articolo 3,
commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre' 2007, n. 244),
dapprima risolta nel senso che i Comuni con popolazione inferiore ai
30.000 abitanti potessero continuare a costituire società che
producono servizi di interesse generale (Sez. Controllo Puglia,,
103/2009/PAR e 76/2010/PAR), è stata superata nel senso che le
due disposizioni operano su piani diversi. L'articolo 3, comma 27,
opera sul piano delle finalità che l'ente può raggiungere mediante lo
•
. ,strumento societario; l'articolo 14, comma 32, sul" piano numerico,
essendo stati fissati dei tetti correlati alla densità demografica
dell'ente (Sez. Lombardia nn. 861/2010/PAR, 952/2010/PAR,
9
•
959/2010/PAR; Sez. Liguria 166/2010/PAR; Sez. Emilia-Romagna, ,
nn. 4/2011/PAR, 30/2011/PAR, Sez. Puglia,
Venezia-Giulia 245/2011/PAR).
12/2011/PAR; Friuli,.~- ~
,
•
Ne deriva, pertanto, che a prescindere dal tipo di attività svolta -
salvo eventuali disposizioni normative speciali che impongano• •
l'esercizio obbligatorio della funz!one in forma societaria, secondo il
modello delle società cd .. di "diritto singolare" - i Comuni con. ,
popolazione inferiore?i 30.000 abitanti non possono costituire nuove
società se non associandosi con altri enti; i Comuni con popolazione"
compresa tra i 30.000 ed i 50.000 abitanti possono detenere una,
sola partecipazione (cfr.. in tal senso Sez.Lombardia, ·deliberazione
124/2011/PAR).
1.3. La soluzione dei primi due quesiti deve essere, pertanto, fornita
sulla base del panorama legislativo e giurisprudenziale sin qui
esposto, tenendo distinte le partecipazioni societarie ammissibili per
i Comuni con popolazione sino a 30.000 abitanti, rispetto a quelle
relative ai Comuni con popolazione compresa tra i 30.000 ed i
50.000 abitanti.
1.3.1. Il mantenimento delle partecipazioni in società quotate In
borsa da parte dei Comuni con popolazione sino a 30.000 abitanti•
può ritenersi ammissibile esclusivamente se ricorrono le condizioni
derogatorie previste dall'articolo 14, comma 32, terzo e quarto. .
.
•
periodo.•
La partecipazione da parte di Comuni con popolazione compresa tra i
30.000 ed i 50.000 abitanti in società quotate in borsa potrà
avvenire nel rispetto,del limite numerico (partecipazione ad una sola, . , ,. ~
società) prevista per tali enti locali dall'articolo 14, comma 32., ., o.A
1.3.2. La costituzione e/o la partecipazione in società che gestiscono
servizi pubblici locali a rilevanza economica da parte dei Comuni a
lO
•
densità demografica ridotta (con popolazione sino a 30.000 abitanti)
deve ritenersi parimenti non consentita - salvo le deroghe previste
ex lege (art. 14, comma 32, terzo e quarto periodo) - in
considerazione della circostanza che lo strumento societario non
costituisce una modalità obbligatoria e necessaria per lo svolgimento
dei predetti servizi, ma, viceversa, rappresenta soltanto un modello
organizzativo da utilizzare in alternativa con altre opzioni.
La costituzione di nuove società e/o il mantenimento di
partecipazioni da parte di Comuni di medie dimensioni (con
popolazione compresa tra i 30.000 ed i 50.000 abitanti) dovrà
avvenire nel rispetto dei limiti quantitativi (una società) previsti
IIII,IIII
~rI
I,
dall'articolo 14, comma 32, d.1. cito •
"1.3.4. Quanto poi alla costituzione e/o al mantenimento di
partecipazioni
considerazioni.
in società patrimoniali "valgano le seguenti I
La possibilità per gli enti locali di costituire soCietà (a capitale
interamente pubblico incedibile) cui conferire "la pròprietà delle reti,
degli impianti e delle altre dotazioni destinate all'esercizio di servizi,
pubblici locali di rilevanza economica" era prevista e disciplinata
dall'articolo 113, commi 2 e 13. Successivamente l'articolo 23 bis,
comma 5, d.1. n. 112/2008 ha stabilito che "ferma restando la
proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a
soggetti privati". A seguito POI del risultato positivo della
consultazione referendaria tenutasi nel mese di giugno 2011 avente
ad oggetto l'articolo 23 bis, comma 5; d.1. cit., che era stato quindi
abrogato, l'articolo 4, comma 28, d.1. 138/2011 ha 'riprodotto
letteralmente la disposizione ivi contenuta.
Ne deriva, pertanto, che la società patrimoniale ex art. 113, commi
"
2 e 13, è da considerarsi una modalità organizzatoria superata e non
Il
I\
più consentita, dovendo rimanere pubblica la proprietà ·delle reti,
impianti ed altre dotazioni patrimoniali relative a servizi ,pubblici
locali di rilevanza economica, potendo, al più, essere ,affidata a
soggetti privati la sola gestione delle reti (cfr. Corte Costituzionale
I
25 novembre 2011, n. 320). ,
In conclusione, ritiene la Sezione che gli enti locali a densità
demografica ridotta e/o media, non solo non potranno costituire
nuove società patrimoniali in ragione del divieto disposto dall'articolo
14, comma 32, d.1. cit, e della previsione contenuta nell'art.icolo 4,
comma 28, d.1. 138/2011, ma dovranno anche dismettere le società
patrimoniali ancora oggi operanti, non essendo più consentito che la. .
proprietà delle reti, impianti ed altre dotazioni destinate all'esercizio
di servizi pubblici locali a rilevanza economica sia detenuta da
società. Nei limiti previsti dall'articolo 14, comma 32, d.l. 78/2010 la
predetta tipologia di enti locali potrà, al più, costituire società e/o
detenere partecipazioni in società cui è affidata la gestione delle reti.•
1.3.5. Quanto, infine, alla possibilità di costituire e/o mantenere•
partecipazioni nelle società di trasformazione urbana (STU) previste. .
dall'articolo 120 TUEL, la Sezione ritiene che, trattandosi di una delle
varie possibilità attraverso la quale viene data attuazione agli .
strumenti urbanistici generali (cfr. TAR Emilia-Romagna, 30 luglio.. .
2004, n. 2338), ma non costituendo tale tipologia societaria l'unico
strumento di attuazione delle previsione dei piani regolatori generali,
la costituzione di tale modello societario e/o il mantenimento di
partecipazioni deve avvenire nel rispetto delle previsione contenute'.'. .
nell'articolo 14, comma 32, d.1. cito
I Comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti non potranno,
pertanto, costituire nuove società di trasformazione urbana se non. ..
nel rispetto. della previsione contenuta nel quarto periodo
12
• •
• •
•
J
dell'articolo 14 (società con partecipazione paritaria o proporzionale
al numero di abitanti costituite da più comuni la cui popolazione
complessiva superi i 30.000 abitanti) e dovranno cedere - salvo i
casi di ricorrenza delle deroghe contenute nelle lettere a, b,c, - le
partecipazioni detenute nelle predette società.
I Comuni con popolazione compresa tra i 30.000 ed i 50.000 abitanti
•potranno costituire e/o mantenere partecipazioni nelle predette
società nel rispetto dei limiti quantitativi previsti dall'art. 14, comma
32, d.1. cito
2. Con il quesito sub c) il CAL chiede di conoscere il significato da
•attribuire alla deroga contenuta nell'articolo 14, comma 32, terzo
periodo, letto a), d.1. 78/2010 per le società che abbiano il bilancio in
utile negli ultimi tre esercizi.
Giova, in proposito, premettere che il termine per le dismissioni di
•
società e/o partecipazioni societarie da parte dei Comuni di ridotte ..
dimensioni demografiche è stato oggetto di una serie di interventi
legislativi.
Il termine del 31.12.2010, inizialmente fissato' dall'articolo 14,
comma 32, d.1. 78/2010 è stato prorogato, in sede di conversione in
legge (I. 30 luglio 2010, n. 122), al 31 dicembre 2011. Un ulteriore
proroga al 31 dicembre 2013 è stata disposta dall'articolo 1, comma
117, I. 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011). Tale
disposizione è stata poi confermata dall'articolo 2, còmma 43, d.1. 29
dicembre 2010, n. 225 (cd. decreto mille proroghe). L'articolo 16,
comma 27, d.1. 138/2011, nel modificare solo "l'alinea" ed la "lettera
a) dell'articolo 14, comma 32, d.l. 78/2010", ha anticipato di un
dismissione delle partecipazioni societarie dei Comuni con
popolazione sino a 30.000 abitanti (cfr. Sez. Controllo Lombardia,
13
"
..
•
•
•·
r
602/2011/PAR), sia il termine per la verifica dei bilanci in utile negli
ultimi tre esercizi.• "
La Sezione ritiene inoltre che il triennio al quale fare ri~erimento per
la suddetta verifica debba tenere conto anche del termine .. di" , ..
approvazione del bilancio di esercizio valido per le società di capitali,
non più indicato a data fissa, ma legato al numerodi giorni (1.20 o,
in caso di proroga di 180) decorrenti dalla chiusura dell'esercizio
sociale entro il quale deve essere convocata l'assemblea ordinaria
per l'approvazione del bilancio di esercizio (art. 2364, comma 2,
•
c.c.). ,Ne deriva, pertanto, ai fini della valutazione del mantenimento di
società o partecipazioni societarie da parte di Comuni ,', con
popolazione inferiore ai 30.000 abitanti, il triennioal quale fare. ...
riferimento è il 2009-2011, non essendo, peraltro, disponibile alla,. . . ",
data del 31.12.2012, il bilancio di esercizio relativo al 2012.
3. Con il quesito sub d) il CAL chiede di conoscere quali sono le• •
modalità attraverso le quali si deve procedere alla liquidazione delle
società da dismettere ed i riflessi che le varie fasi della liquidazione
La Sezione ritiene, in proposito che, in mancanza di ,una disciplina
speciale che regoli le modalità di dismissione delle società partecipate
pubbliche, si deve ritenere applicabile la disciplina di diritto comune•
prevista dagli. articoli 2484 e ss. c.c,. in tema di scioglimento e• • •
liquidazione delle società di capitali. Tali disposizioni prevedono che, al. . . .verificarsi di una delle cause di scioglimento di cui all'art. 2484 c.c., si. . , .
apre una fase nella quale l'organo di amministrazione della società,,accertata l'intervenuta verificazione di una causa di scioglimento,
. , .
provvede a curarne la relativa iscrizione nel registro delle imprese .ed
14
• •
,
J
a convocare la assemblea dei soci affinché SI deliberi In ordine alla
nomina, numero e poteri dei liquidatori.
Scopo della procedura di liquidazione è quello di cedere l'intero
patrimonio sociale al fine di soddisfare, con il ricavato derivante dalla
vendita dei cespiti patrimoniali, dapprima i creditori sociali, e poi
procedere all'eventuale ripartizione dell'attivo residuo tra i soci. Tale
ripartizione, nella procedura di liquidazione delle società di capitali, '
avviene, sulla base di un bilancio finale di liquidazione nel quale viene
indicata la parte spettante a ciascun socio (cd. piano di riparto). Alla
ripartizione dell'attivo segue poi la fase finale e conclusiva della
cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495 c.c.).
Non si ritiene, viceversa, corretto procedere, come prospettato nella
richiesta di parere, ad un trasferimento all'ente proprietario dei valori
patrimoniali attivi (attività immobiliari e mobiliari) e passivi (mutui) .'
durante lo svolgimento della fase liquidatoria. Ciò contrasterebbe,
infatti, sia con la disciplina codicistica, che, anche durante lo
I
~I
,f,~
svolgimento della procedura di liquidazione, non prevede alcuna
confusione tra patrimonio della società e patrimonio personale del
singolo socio, e, ancora di più, con il principio della responsabilità per
debiti secondo il quale per le obbligazioni sociali risponde solo la
società con il suo patrimonio (art. 2325, comma 1 c.c.).
Da tali considerazioni si ricava, quindi, che, solo all'esito della
procedura di liquidazione, SI potrà procedere alla ripartizione
dell'eventuale residuo attivo in favore del comune socio con
Qualora, viceversa, all'esito della procedura di liquidazione, residuino
conseguente acquisizione di tale liquidità al bilancio sociale al Titolo IV
dell'entrata, categoria 1, assimilando tali entrate alle "alienazione
patri monia li". "
,
II,,,I
ancora debiti sociali non soddisfatti neppure con il ricavato della
15
liquidazione, ai sensi dell'articolo 2495 c.c., i creditori sociali "possono
far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza
delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di
•liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se,il mancato pagamento e
dipeso da colpa di questi". Secondo l'interpretazione fornita dalla
giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. V, 10.10.2005, n,
19732, confermata da Sez. V, 21.4.2008, n. 10275 ,e Sez. III,
17.5.2010, n. 11967)"...si determina in tal modo una modificazione del
rapporto obbligatorio dal lato passivo, per la quale all'obbligazione •
della società si aggiunge, pro parte, quella dei singoli soci (oltre che
dei liquidatori colpevoli): si tratta di una ulteriore garanzia che (. ... ) il
legislatore ha inteso accordare ai creditori rimasti insoddisfatti, in base
alla quale è data al medesimo la facoltà di scelta fra l'agire verso la .,
società, non ancora estinta, e l'agire verso i soci. E', tuttavia, evidente
•
•
•
che, (....)• la responsabilità dei soci per. le obbligazioni sociali non,.- - . . "
assolte è limitata alla parte di ciascuno di essi c~nseguita nella "
distribuzione dell'attivo; ne consegue che il creditore che intende agire
nei confronti del socio è tenuto a dimostrare il presupposto della
responsabilità di quest'ultimo (vale dire la sua legittimazione passiva),
e cioè, che in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia
stata la distribuzione dell'attivo risultante dal bilancio medesimo e che. . -
•
,
un quota di tale attivo sia stato riscosso dal convenuto".•"
L'applicabilità di tale disposizione alla liquidazione di; società
partecipate pubbliche determina che l'ente locale socio non avrà alcun
obbligo di accollarsi - né per intero, né in misura proporzionale alla
sua partecipazione, nell'ipotesi di società partecipata da più enti - il
debito sociale rimasto insoddisfatto anche dopo la chiusura della fase
di liquidazione, essendo onere dei creditori sociali agire nei. confronti
l
16
"
della società e, pro quota, nei confronti dell'ente locale che risponderà
sino a concorrenza di quanto conseguito nella distribuzione dell'attivo..
4. Con il quesito sub e) il CAL chiede di conoscere se le Aziende
speciali consortili (articolo 114 TUEL) ed i Consorzi di servizi (articolo
31 TUEL) devono ritenersi sottratti dalla normativa in esame.
La Sezione rileva in proposito che, nonostante l'ambito di applicazione
soggettivo di tale normativa sia espressamenté limitato ai soli·
organismi societari, l'articolo 25, comma 2, d.1. 24 gennaio 2012, n. 1
(cd. decreto Iiberalizzazione) ancora in fase' di conversione,
introducendo il comma 5 bis all'articolo 114 , estende alle aziende
speciali ed istituzioni l'applicazione delle disposizioni che stabiliscono a
•
•
,
I
carico degli enti locali "obblighi e limiti alla partecipazione societaria~
degli enti locali".,
Restano, viceversa, esclusi da lI'applicabilità dell'articolo 14, comma
32, d.1. 78/2010 i consorzi di servizi in quanto non rientranti nel suo
ambito di applicazione soggettivo, né' 'nell'estensione prevista
dall'articolo 25, comma 2 d.1. 1/2012.
S. Con il quesito sub f) il CAL chiede di conoscere se le deroghe
~. '
previste per la costituzione e/o partecipazione in società da parte dei•
comuni con meno di 30.000 abitanti si debbano ritenere applicabili
anche alle partecipazioni societarie da parte dei comuni con numero di
abitanti compreso tra i 30.000 ed i 50.000.
In proposito la Sezione ritiene che, almeno allo stato attuale,
l'interpretazione letterale della norma, unitamente alla circostanza che
i successivi interventi modificativi-integrativi non hanno variato la
disposizione nel senso sopra prospettato, sembrano deporre per la
non applicabilità delle deroghe ai comuni di medie dimensioni
demografiche.
P.Q.M.
•
17
•
.-
La Sezione Regionale di controllo della Corte d\lj"Conti per
l'Emilia Romagna esprime il proprio parere sul quesito riportato in
epigrafe nei termini di cui in motivazione.
ORDINA •
Alla Segreteria di trasmettere copIa della presente
deliberazione - solo in formato elettronico - al Presidente del
Consiglio delle autonomie locali della Regione Emilia-Romagna e di
depositare presso la segreteria della Sezione l'originale della
presente deliberazione in formato cartaceo.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 13 febbraio 2012.
1
l'•
roccoli)
Depositata in segreteria iI.1?.to/2012.
Il Direttte di segreteria
~(
I
I,I
....
.. ' , •
•
18
1
CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE
Delibera n. 24/2012/SRCPIE/PAR
La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nell’adunanza del 7
marzo 2012 composta dai Magistrati:
Dott.ssa Enrica LATERZA Presidente
Dott. Mario PISCHEDDA Consigliere
Dott. Gianfranco BATTELLI Consigliere
Dott. Giancarlo ASTEGIANO Consigliere relatore
Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA Primo referendario
Dott. Walter BERRUTI Primo referendario
Dott.ssa Alessandra OLESSINA Primo referendario
Visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con Regio
Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;
Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di
giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
Visto il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della
Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e
successive modificazioni;
Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per
l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l’art. 7, comma 8;
Visto l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004,
avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività
consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della
medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;
Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio
2006, n. 5;
Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n.
54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;
2
Vista la richiesta proveniente dal Presidente della Provincia di Biella (BI),
in data 23 dicembre 2012, e pervenuta per il tramite del consiglio delle
Autonomie il 24 gennaio 2012, recante un quesito in materia di
contabilità pubblica avente ad oggetto il “Ripiano perdite Fondazione
partecipata dalla Provincia di Biella”;
Vista l’Ordinanza n. 8/2012 con la quale il Presidente di questa Sezione
di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta e ha nominato
relatore il Consigliere Dott. Giancarlo Astegiano;
Udito il relatore;
Ritenuto in
FATTO
Il Presidente della Provincia di Biella ha inoltrato alla Sezione, per
il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali, un quesito inerente alla
possibilità per la Provincia di “procedere al ripiano delle perdite di
esercizio per il 2009 e 2010 concernenti la Fondazione Funivie di Oropa,
alla luce di quanto stabilito dall’art. 6, co. 19 del D.L. 78/2010 convertito
nella Legge 122/2010”.
La richiesta di parere si basa sulla premessa che la
Provincia di Biella “è socia con una quota del 22% della
Fondazione Funivie Oropa, già Funivie Oropa S.p.A.” in relazione
alla quale la Sezione ha svolto accertamenti in sede di esame del
rendiconto 2009 dell’Ente.
Il Presidente della Provincia di Biella ha evidenziato che la
Fondazione è un ente di diritto privato che, in quanto tale, “non si
presta ad interventi dell’ente pubblico volti a ripianare perdite
pregresse o disavanzi”, come affermato anche dalla
giurisprudenza contabile.
Il richiedente ha precisato altresì che la “Fondazione insiste nella
richiesta di versamento delle somme a ripiano delle perdite relative alla
annualità 2009 e 2010, facendo pervenire da ultimo una diffida a firma
di un legale incaricato”.
Svolta questa premessa, il Presidente della Provincia di Biella
domanda alla Sezione se è corretto che l’Ente non proceda al ripiano
delle perdite ovvero se “occorre comunque procedere al pagamento
delle somme richieste” dalla Fondazione “anche in considerazione del
fatto che una situazione di perdita potrà presumibilmente presentarsi
anche negli esercizi successivi”.
Considerato in
DIRITTO
3
La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti è prevista dall’art. 7, comma 8, della Legge n. 131 del
2003 che, innovando nel sistema delle tradizionali funzioni della Corte
dei conti, dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città
metropolitane possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.
Con atto del 27 aprile 2004, la Sezione delle Autonomie ha
dettato gli indirizzi e i criteri generali per l’esercizio dell’attività
consultiva, evidenziando, in particolare, i soggetti legittimati alla
richiesta e l’ambito oggettivo della funzione.
Occorre pertanto verificare preliminarmente la sussistenza
contestuale del requisito soggettivo e di quello oggettivo, al fine di
accertare l’ammissibilità della richiesta in esame.
Requisito soggettivo:
La legittimazione a richiedere pareri è circoscritta ai soli Enti
previsti dalla legge n. 131 del 2003, stante la natura speciale della
funzione consultiva introdotta dalla medesima legge, rispetto
all’ordinaria sfera di competenze della Corte.
I pareri possono essere richiesti dalle Regioni, dai Comuni, dalle
Province e dalle Città metropolitane. Fatta eccezione per le Regioni, le
richieste di parere devono essere inoltrate alla Sezione di controllo di
norma per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali.
Inoltre, la richiesta può considerarsi ammissibile solo se
proveniente dall’Organo rappresentativo dell’Ente. In genere, ed in linea
di massima, l’organo rappresentativo dell’Ente è da individuare nel
Presidente della Giunta regionale, nel Presidente della Provincia e nel
Sindaco.
Trattandosi, infatti, di richieste in materia di contabilità pubblica
che implicano riflessi sulle concrete scelte gestionali, la legittimazione ad
interpellare la Corte spetterebbe solo all’organo di vertice
dell’amministrazione della Regione o dell’Ente locale.
La richiesta di parere in esame, proviene dal Presidente della
Provincia di Biella ed è stata inoltrata per il tramite del Consiglio delle
Autonomie Locali del Piemonte.
In relazione al profilo soggettivo la richiesta di parere è, dunque,
ammissibile.
Requisito oggettivo:
I pareri sono previsti, dalla Legge n. 131 del 2003,
esclusivamente nella materia della contabilità pubblica.
4
L’ambito oggettivo di tale locuzione, in conformità a quanto
stabilito dalla Sezione delle Autonomie nel citato atto di indirizzo del 27
aprile 2004, nonché nella deliberazione n. 5/2006, deve ritenersi riferito
alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di
settore, ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei bilanci e i
relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria
- contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese,
l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.
Le Sezioni riunite in sede di controllo, nell’esercizio della funzione
di orientamento generale assegnata dall’art. 17, comma 31, del decreto-
legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102, hanno fornito ulteriori chiarimenti (cfr. del. n.
54/2010). Si è precisato, infatti, che la funzione consultiva delle Sezioni
regionali di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve svolgersi
anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo
delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento
della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e
in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria
dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.
Nel caso di specie l’attinenza della questione alla materia della
“contabilità pubblica” si ravvisa nella circostanza che la richiesta di
parere è diretta ad ottenere indicazioni in merito alla gestione delle
risorse degli Enti locali ed al ricorso ad organismi partecipati per lo
svolgimento di compiti di competenza ed attività rilevanti per le
comunità locali, anche in relazione alla necessità di procedere ad una
complessiva razionalizzazione delle attività svolte dalle Amministrazioni
pubbliche.
In ogni caso, come già precisato nei citati atti di indirizzo, nonché
in numerose delibere di questa Sezione, possono essere oggetto della
funzione consultiva della Corte dei Conti, le sole richieste di parere volte
ad ottenere un esame da un punto di vista astratto e su temi di
carattere generale. Devono quindi ritenersi inammissibili le richieste
concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici, tali da
determinare un’ingerenza della Corte nella concreta attività dell’Ente e,
in ultima analisi, una compartecipazione all’amministrazione attiva,
incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza della Corte
quale organo magistratuale.
Indubbiamente, il quesito posto attiene a una fattispecie concreta
e definita, ma la Sezione ritiene di poter fornire indicazioni generali
5
sull’interpretazione della disciplina applicabile nei rapporti fra gli Enti
locali e le Fondazione, spettando successivamente all’Ente valutare la
concreta situazione, individuare i principi applicabili e adottare le
decisioni di sua competenza. In proposito, peraltro, occorre rilevare che
la Sezione, in sede di esame del rendiconto relativo all’esercizio 2009 del
Comune di Biella, ha reso una pronuncia specifica che ha esaminato la
questione dei rapporti finanziari fra il Comune e la Fondazione Funivie
Oropa fornendo valutazioni puntuali che vengono richiamate in questa
sede (delibera n. 100, in data 14 luglio 2011).
In conclusione, la richiesta di parere in esame è ammissibile
anche dal punto di vista oggettivo.
Merito:
Il richiedente, come si è visto, ha posto alla Sezione un quesito in
ordine alla disciplina che regola i rapporti finanziari fra un ente locale ed
una Fondazione di diritto privato che opera sul territorio di riferimento
ed ha domandato se l'Ente locale possa procedere al ripiano delle
perdite della gestione ordinaria.
Preliminarmente, occorre rilevare che in relazione ai rapporti
patrimoniali tra Province, Comuni e fondazioni che svolgono la loro
attività sul territorio di riferimento degli Enti locali e, in particolare, alla
possibilità di erogare contributi la magistratura contabile ha reso
numerosi pareri, ritenendo ammissibile l'erogazione finalizzata alla
conservazione o all'incremento del patrimonio destinato allo svolgimento
dell'attività istituzionale dell'ente morale (ad esempio, Corte dei conti,
sez. contr. Lombardia, 28 gennaio 2009, n. 10).
Il quesito riguarda, però, un aspetto diverso poiché si riferisce alla
possibilità che la Provincia provveda al ripiano delle perdite riferite alla
gestione annuale.
Peraltro, la Sezione, come ricordato sopra, ha affrontato già una
questione analoga a quella prospettata dal richiedente in sede di verifica
del rendiconto relativo all’esercizio 2009 del Comune di Biella, altro Ente
che “partecipa” alla Fondazione Funivie Oropa, sollevando perplessità
riferite alla circostanza che “il concetto di “perdita” da ripianare sembra
estraneo alla nozione di fondazione e che …. l’Ente locale non può
accollarsi l’onere di ripianare di anno in anno, mediante la previsione di
un generico contributo annuale, o anche occasionalmente, le perdite
della fondazione, perché alle stesse deve essere in grado di far fronte la
fondazione con il suo patrimonio: se quest’ultima non vi riesce, si
6
estingue oppure può essere trasformata” (delibera n. 100, in data 14
luglio 2011).
Richiamate le precedenti conclusioni già assunte, sia pure in altra
sede dalla Sezione, è’ opportuno, in ogni caso, richiamare le
caratteristiche essenziali che connotano le fondazioni e verificare entro
quali limiti le stesse siano compatibili con le esigenze rappresentate dal
Presidente della Provincia di Biella (in proposito, la giurisprudenza
contabile ha già reso alcuni pareri e delibere. Per tutti: Sez. contr.
Lombardia, 21 dicembre 2009, n. 1139 e “Relazione sulle
esternalizzazioni degli Enti locali della Regione Lombardia”, approvata
con delibera della Sezione Regionale di controllo della Lombardia n.
1088 del 2009).
1. La fondazione è un ente morale, dotato di personalità giuridica,
disciplinato dal codice civile, che ha quale elemento costitutivo
essenziale l'esistenza di un “patrimonio” destinato alla soddisfazione di
uno “scopo” di carattere ideale (artt. 14 e segg.).
Il “patrimonio” non è solo elemento costitutivo della fondazione ma è
la caratteristica che distingue e differenzia questo istituto
dall’associazione che ha quale elemento essenziale la personalità della
partecipazione di una pluralità di soggetti, finalizzata al raggiungimento
di uno scopo.
Le fondazioni, come anche riconosciuto dalla giurisprudenza
costituzionale, hanno natura privata e sono espressione delle
“organizzazioni delle libertà sociali”, costituendo i cosiddetti corpi
intermedi, che si collocano fra Stato e mercato, e che trovano nel
principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’ultimo comma dell’art. 118
della Costituzione, un preciso richiamo e presidio rispetto all’intervento
pubblico (Corte cost. 28 settembre 2003, n. 300 e n. 301).
2. Caratteristica essenziale della fondazione è l’esistenza di un
patrimonio che deve consentire all’ente di svolgere la sua attività
ordinaria. Si tratta di un requisito essenziale, tant’è che, ove il
patrimonio non sia sufficiente per raggiungere lo scopo o addirittura
venga meno, il codice civile prevede che la fondazione si estingua (art.
27 cod. civ.) e che il suo residuo patrimonio sia trasferito ad organi che
abbiano una finalità analoga (art. 31 cod. civ.), a meno che la
competente autorità provveda alla trasformazione della fondazione in
altro ente (art. 28 cod. civ.).
Secondo il modello tradizionale, la fondazione è tenuta ad utilizzare il
reddito derivante dal patrimonio per lo svolgimento della sua ordinaria
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attività e proseguire la stessa sino a che il patrimonio non si esaurisca o
diminuisca in misura tanto significativa da impedire il regolare
svolgimento del compito per lo svolgimento del quale è stata istituita.
3. Il concetto di perdita gestionale da ripianare è estraneo alla nozione
di fondazione poiché si tratta di un ente incentrato sul patrimonio e non
sull’apporto di capitali da parte dei soggetti partecipanti, come avviene
nella società e, entro certi limiti, nell’associazione.
La nozione di fondazione e la concreta regolamentazione attuata
dal codice civile è incompatibile con la nozione del ripiano di perdite
annuali da parte di terzi poiché si tratta di un’entità, come si è detto,
costituita con un patrimonio che deve essere sufficiente per raggiungere
lo scopo perseguito dai soggetti costitutori.
Ove nell’ambito della gestione ordinaria si verifichi una perdita,
alla stessa deve far fronte la fondazione con il suo patrimonio, sino a che
lo stesso sia sufficiente per raggiungere lo scopo per il quale è stato
costituito l’Ente. Quando il patrimonio non è più sufficiente la Fondazione
si estingue.
4. Al fine di raggiungere lo scopo per il quale è costituita, la fondazione
può intraprendere un’attività nell'ambito della quale può concludere
specifici accordi con soggetti privati o pubblici, i quali, in relazione ai
servizi richiesti o alla particolare importanza dell'attività svolta dalla
fondazione in un determinato ambito territoriale o ambientale, possono
erogare sia corrispettivi per i servizi ricevuti che contributi a
destinazione vincolata.
E’ evidente che i corrispettivi per l’erogazione dei servizi, così come i
contributi, entrano nel patrimonio della fondazione e devono essere
utilizzati nell’ambito dell’ordinaria attività dell’ente morale.
5. Ove nel territorio di riferimento di un Ente locale operi una fondazione
che svolge attività di utilità per la comunità locale, è evidente che la
Provincia o il Comune non potrà trascurare di avere rapporti con la
stessa, soprattutto se la costituzione della fondazione è stata promossa
dagli Enti locali per soddisfare esigenze di interesse per la Comunità
locale o, addirittura, di compiti degli Enti locali costitutori.
E’ possibile, quindi, che il rapporto fra la Provincia ed i Comuni
che hanno contribuito a dar vita alla fondazione relativo allo svolgimento
dell’attività di interesse locale venga regolamentato da una specifica
convenzione che ben può prevedere l’erogazione di contributi finalizzati
ad incrementare il patrimonio dell'ente morale, contribuendo così al
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raggiungimento dello scopo della fondazione in relazione ai bisogni della
comunità locale.
6. In ogni caso è anche possibile che in relazione allo svolgimento di una
particolare attività che rientri fra le competenze degli Enti locali
costitutori e che venga svolta dall'ente morale, la Provincia e i Comuni
interessati possano accollarsi specifiche spese, anche attinenti alla
ordinaria gestione, purchè finalizzate allo svolgimento di un particolare
servizio, direttamente riconducibile agli interessi della Comunità locale.
Ovviamente, si tratta di una questione che deve essere regolamentata in
via preventiva, prima dello svolgimento del servizio, in relazione ai costi
preventivati, risultanti dal piano finanziario che necessariamente deve
essere adottato al fine di calibrare le possibilità operative della
fondazione e preservare il patrimonio.
Al riguardo, infatti deve essere tenuto nel dovuto conto che se
l’Ente locale erogasse direttamente quel particolare servizio dovrebbe
sostenere i costi relativi.
La determinazione dell’ammontare del contributo riferito alle
spese di gestione spetta agli Enti locali ed alla Fondazione e deve essere
stabilito nella convenzione che disciplina i rapporti fra le parti e deve
essere commisurato al servizio reso in concreto.
7. L'Ente locale non può accollarsi l'onere di ripianare, di anno in anno,
mediante la previsione di un generico contributo annuale o anche
occasionalmente, le perdite gestionali della fondazione perchè alle stesse
deve essere in grado di far fronte la fondazione col suo patrimonio.
Se la fondazione non ha un patrimonio che consenta il
raggiungimento dello scopo per il quale è stata costituita non può che
estinguersi e trasformarsi in un altro ente, come si è visto sopra.
8. Ove l'Ente locale assuma l'impegno di far fronte alle perdite della
gestione corrente della fondazione, sia mediante l'erogazione di generici
contributi annuali che con formale ripiano di perdite accertate al
termine dell’esercizio, verrebbe meno la natura di fondazione
dell'organismo agevolato che, di fatto, si trasformerebbe in ente
strumentale del Comune o della Provincia, assumendo natura pubblica
alla stessa stregua di un'azienda speciale o di un organismo societario.
Se le risorse proprie della fondazione non permettono di sostenere le
ordinarie spese di gestione l’ente deve cessare la sua attività, così come
previsto dal codice civile.
Ove, al contrario, fosse previsto un intervento sussidiario dell’ente
locale che si accollasse, comunque, l’onere di ripianare eventuali perdite,
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la natura di organismo privato autonomo verrebbe meno e l’ente
assumerebbe la qualifica di organo strumentale del Comune.
Inoltre, considerata la natura pubblica delle risorse a suo tempo
erogate per la costituzione del patrimonio della fondazione e per gli
eventuali ulteriori contributi a destinazione specifica, gli organi dell’Ente
locale dovrebbero accertare la causa della formazione delle perdite,
accertando anche la presenza di eventuali responsabilità e ponendo in
essere ogni azione affinché la futura gestione dell’organismo sia
condotta in modo da evitare la riduzione del patrimonio.
9. Da ultimo, occorre rilevare che la norma contenuta nell’art. 6, co. 19
del d.l. 31 maggio 2010, conv. dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010,
richiamata nella richiesta di parere dal Presidente della Provincia di
Biella, che ha limitato la possibilità degli Enti locali di effettuare
operazioni di ripiano delle perdite degli organismi partecipati si applica
esclusivamente alle società e non si riferisce direttamente agli altri
organismi partecipati. Peraltro, la norma indica un principio di carattere
generale diretto ad impedire che gli Enti locali procedano al ripiano di
perdite di organismi partecipati, a vario titolo, disperdendo risorse
finanziarie, senza valutare la convenienza della gestione e, pertanto, in
linea di principio può ritenersi che sia possibile procedere ad operazioni
sulla dotazione finanziaria di organismi diversi da quelli societari
solamente se ricorrono le condizioni indicate nel citato co. 19 dell’art. 6
del d.l. n. 78.
10. In conclusione e con specifico riferimento al quesito posto dal
Presidente della Provincia di Biella, la Sezione rileva che mentre l’Ente
locale può erogare specifici contributi ad una fondazione non può
accollarsi l'onere di ripianare di anno in anno (mediante la previsione di
un generico contributo annuale) o anche occasionalmente le perdite
gestionali di una fondazione perchè alle stesse deve essere in grado di
far fronte la fondazione stessa col suo patrimonio.
Ove l'Ente locale assumesse l'impegno di far fronte alle perdite
gestionali, sia mediante l'erogazione di generici contributi annuali che il
formale ripiano occasionale di perdite, verrebbe meno la natura di
fondazione dell'organismo agevolato che, di fatto, si trasformerebbe in
ente strumentale del Comune, assumendo natura pubblica alla stessa
stregua di un'azienda speciale o di un organismo societario.
Peraltro, non è da trascurare che, nella richiesta di parere, il
presidente della Provincia di Biella ha rilevato che la Fondazione Funivie
Oropa in precedenza avrebbe avuto natura societaria. In proposito,
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occorre evitare che lo strumento della fondazione venga utilizzato per
eludere la disciplina imperativa in materia di finanza pubblica dettata dal
legislatore in relazione alle società a partecipazione locale, circostanza
che potrebbe verificarsi in casi come quelli in esame nei quali la
medesima attività era svolta precedentemente da una società di capitali.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione
Piemonte,
rende il parere chiesto dal Presidente della Provincia di Biella, con nota
in data 23 dicembre 2011, pervenuta per il tramite del Consiglio delle
Autonomie Locali del Piemonte in data 24 gennaio 2012, nei termini
indicati sopra.
Copia del parere sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria al
Consiglio delle Autonomie Locali della Regione Piemonte ed
all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.
Così deliberato in Torino nell’adunanza del 7 marzo 2012.
Il Consigliere Relatore Il Presidente F.to Dott. Giancarlo Astegiano F.to Dott.ssa Enrica Laterza
Depositato in Segreteria il 8 marzo 2012 Il Funzionario Preposto F.to Dott. Federico SOLA