newsletter n.143 dicembre 2016 · le vengono dal mondo reale, sottoposto alle leggi fisiche...

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1 - Il forum di bioetica vuole suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca moderna INDICE: Principi e Dilemmi di bioetica Signore, tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia ( libro della Sapienza) Non c’è vero amore senza libertà di Paolo Rossi Libertà. FatoDestinoProvvidenza. La concezione razionale del libero volere di Socrate: Sapere di non sapere. Scoperta dell’anima umana. Scegliere il bene. «Conosci te stesso» La maieutica socratica Il padre della menzogna, il demonio, l'Apocalisse di San Giovanni Apostolo: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Superbia è il peccato dello spirito L’amore vero non sospetta il male, è: paziente, benevolo, non invidia, non si vanta, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, gioisce con la verità, soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa, Rivestitevi dell'armatura di Dio , per poter resistere e superare tutte le prove FORUM di BIOETICA NEWSLETTER N. 143 DICEMBRE – 2016

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- Il forum di bioetica vuole suscitare un interesse culturale sui principi fondanti della bioetica e aprire il dibattito sui dilemmi etici dell’epoca moderna INDICE: Principi e Dilemmi di bioetica Signore,  tutto  il  mondo  davanti  a  te,  come  polvere  sulla  bilancia    (  libro  della  Sapienza)  Non  c’è  vero  amore  senza  libertà  di  Paolo  Rossi  Libertà.  Fato-­‐Destino-­‐Provvidenza.  La  concezione  razionale  del  libero  volere  di  Socrate:  

Sapere  di  non  sapere.  Scoperta  dell’anima  umana.  Scegliere  il  bene.  «Conosci  te  stesso»  La  maieutica  socratica  

Il   padre   della   menzogna,   il   demonio,   l'Apocalisse   di   San   Giovanni   Apostolo:   «Scoppiò   quindi   una  guerra  nel  cielo:  Superbia  è  il  peccato  dello  spirito  L’amore  vero  non  sospetta  il  male,  è:  paziente,  benevolo,    non  invidia,  non  si  vanta,  non  si  comporta  in  modo  sconveniente,    non  cerca  il  proprio  interesse,  non  si   inasprisce,  non  addebita  il  male,  non  gode  dell’ingiustizia,  gioisce  con  la  verità,  soffre  ogni  cosa,  crede  ogni  cosa,  spera  ogni  cosa,  sopporta  ogni  cosa,    Rivestitevi  dell'armatura  di  Dio  ,  per  poter  resistere  e  superare  tutte  le  prove  

 

     

       FORUM  di  BIOETICA  

                   NEWSLETTER  N.  143                          D ICEMBRE  –  2016  

 

 

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Signore,   tutto   il   mondo   davanti   a   te,   come   polvere   sulla   bilancia,   come   una   stilla   di   rugiada  mattutina   caduta   sulla   terra.  Hai  compassione  di   tutti,  perché   tutto   tu  puoi,  non  guardi  ai  peccati  degli  uomini,  in  vista  del  pentimento.  Poiché  tu  ami  tutte  le  cose  esistenti  e  nulla  disprezzi  di  quanto  hai  creato;  se  avessi  odiato  qualcosa,  non  l'avresti  neppure  creata.  Come  potrebbe  sussistere  una  cosa,  se  tu  non  vuoi?  O   conservarsi   se   tu   non   l'avessi   chiamata   all'esistenza?   Tu   risparmi   tutte   le   cose,   perché   tutte   son   tue,  Signore,  amante  della  vita,  poiché  il  tuo  spirito  incorruttibile  è  in  tutte  le  cose.  (Libro  della  Sapienza   11,22-­‐26)  Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore. (LIBRO   DELLA  SAPIENZA   1, 2)

NON  C’È  VERO  AMORE  SENZA  LIBERTÀ  

DI  PAOLO  ROSSI  

LA  LIBERTÀ  

La libertà è la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un'azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.1 Secondo una data concezione, la libertà è una condizione formale della scelta che, quando si tramuterà in atto, in azione concreta, risentirà necessariamente dei condizionamenti che le vengono dal mondo reale, sottoposto alle leggi fisiche necessitanti, o da situazioni determinanti di altra natura. Riguardo all'ambito in cui si opera la libera scelta si parla di libertà morale, giuridica, economica, politica, di pensiero, libertà metafisica, religiosa ecc.2

FATO-­‐DESTINO-­‐PROVVIDENZA    

Fato è un termine derivato dal latino fari verbo che significa "dire", "parlare" e quindi fatum, participio passato neutro vuol dire "ciò che è detto" o "la parola detta (dalla divinità)" a cui ci si deve adeguare e alla quale è inutile tentare di sottrarsi. Indica l'essere sottoposti a una necessità che non si conosce, che appare casuale e che invece guida il susseguirsi degli eventi secondo un ordine non modificabile. Nel linguaggio comune moderno il termine fato è stato sostituito da quello di destino. Il destino invece può essere cambiato poiché esso è inerente alle caratteristiche umane: «faber est suae quisque fortunae» (Ciascuno è artefice della propria sorte). L'unico artefice del proprio destino è dunque l'uomo stesso: concezione questa ricorrente nella mentalità romana, che si contrappone all'idea del fato, dominante nel mondo classico, che implica

                                                                                                                         1 «La libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto.» Marco Tullio Cicerone, De re publica, Libro II, Paragrafo 23. 2 «L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla» Isaiah Berlin, Four Essays on Liberty, Oxford UP, Oxford, 1982, tr. it. Quattro saggi sulla libertà, Feltrinelli, Milano, 1989

Principi  e  Dilemmi  di  Bioetica  

 

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spesso rassegnazione e passività di fronte al corso necessitato degli avvenimenti. L'uomo romano si considera invece responsabile protagonista delle sue azioni e della lotta contro il bisogno e la miseria. 3 Provvidenza. Già Platone, nel decimo libro delle Leggi, afferma l'esistenza della provvidenza divina. Il tema ritorna nello stoicismo, per il quale l'ordine presente all'interno del cosmo soggiace ad un Logos, una Necessità da intendersi, non in senso meccanico alla maniera degli atomisti, bensì in un'ottica finalistica. Nulla infatti avviene per caso: per gli stoici è il Fato, o il Destino, a guidare gli eventi, facendo in modo che tutto accada secondo ragione. Per questo il Logos stoico è anche Provvidenza (prònoia), in quanto predispone la realtà in base a criteri di giustizia, orientandola verso un fine prestabilito 4. Con il Cristianesimo la Provvidenza viene concepita non più in modo impersonale, quale affermazione di eventi ineluttabili, ma come l'espressione di una Volontà divina che vive, agisce e soffre nella storia degli uomini, camminando insieme a loro. Agostino d'Ippona, per il quale «nulla sotto l'ordinamento sublime della divina provvidenza si verifica irrazionalmente, anche se la ragione è nascosta», risente fortemente della dottrina platonica, ma la coniuga con il nuovo insegnamento evangelico: « Il mondo non è retto da un destino cieco ma dalla provvidenza del sommo Dio, come anche i platonici sostengono.» (Agostino, La città di Dio, libro IX, 13, 2) Una tipica definizione è quella di Giovanni Damasceno: «La provvidenza consiste nella cura esercitata da Dio nei confronti di ciò che esiste. Essa rappresenta, inoltre, quella volontà divina grazie alla quale ogni cosa è retta da un giusto ordinamento». (Esposizione della fede ortodossa, 2,29) In linea generale, la dottrina cristiana afferma che la Provvidenza opera anche, se non soprattutto, attraverso fatti apparentemente casuali, ma in realtà ordinati secondo i piani misteriosi di Dio, il cui scopo ultimo è il bene. Quest'ordine nascosto, tuttavia, non è in alcun modo dimostrabile secondo ragione, ma può essere riconosciuto  solo  tramite  un  atto  di  fede.  Una delle figure contemporanee del cristianesimo che fa del concetto di Provvidenza il motore di tutta la sua azione è Madre Teresa di Calcutta (1910-1997). Il voto di povertà assoluta (nessuna suora della sua congregazione percepisce alcun compenso per il lavoro che svolge) sul quale poggia la sua opera di assistenza in tutto il mondo si basa sulla cieca fiducia nella Provvidenza. Tutt'oggi tutte le sue missioni (più di 700 sedi sparse in oltre 100 nazioni, nelle quali lavorano circa 4500 suore) vivono soltanto grazie alle offerte e alle elemosine ricevute giorno per giorno. Dal Catechismo della Chiesa cattolica: per i cristiani Provvidenza divina "sono le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce con sapienza e amore tutte le creature al loro fine ultimo" (nn. 302 e 321). Le conduce rispettando la loro libertà: cioè l'onnipotenza e onniscienza di Dio si ferma davanti alle scelte della creatura libera. Come si concilino questi due elementi della Provvidenza (disposizione divina e libertà umana) resta un mistero indagabile ma non penetrabile.

La  concezione  razionale  del  libero  volere  Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale. Per le vicende della sua vita e della sua filosofia che lo condussero al processo e alla condanna a morte è stato considerato, il primo martire occidentale della libertà di pensiero. 5 I primi scrittori cristiani videro in Socrate uno dei massimi esponenti di quella tradizione filosofica pagana che, pur ignorando il messaggio evangelico, più si era avvicinata ad

                                                                                                                         3 Antimo Negri, Filosofia del lavoro: storia antologica, Volume 1, Marzorati 1980, p.29 4 Così riferisce Diogene Laerzio riguardo alla dottrina stoica: «Dio è un essere immortale, razionale, perfetto o intelligente, beato, non suscettibile di alcun male, sollecito, per la sua provvidenza, del cosmo e di tutto ciò che è in esso; ma non è antropomorfo» (Diogene Laerzio, Vite, VII, 147). 5 «Finché vivranno uomini sulla terra, la memoria di quel processo non verrà meno. Mai cesserà di essere oggetto di viva deplorazione la condanna del primo martire per la causa della libertà di pensiero e di investigazione.» (Theodor Gomperz, Pensatori greci, vol.II, ed. La Nuova Italia, Firenze, 1950, p.514)

 

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alcune verità del Cristianesimo. Già il martire cristiano san Giustino, sosteneva che «coloro che vissero secondo il Logos sono cristiani, anche se furono giudicati atei, come, tra i greci, Socrate ed Eraclito ed altri come loro» (Giustino, Apologia prima, XLVI, 3). L'Umanesimo e il Rinascimento videro in Socrate uno dei modelli più alti di quella umanità ideale che era stata riscoperta nel mondo antico. A Socrate è attribuita la nascita di quel peculiare modo di pensare che ha consentito l'origine e lo sviluppo della riflessione astratta e razionale, che sarà il fulcro portante di tutta la filosofia greca successiva. Sapere   di   non   sapere. Paradossale fondamento del pensiero socratico è il "sapere di non sapere", un'ignoranza intesa come consapevolezza di non conoscenza definitiva, che diventa però movente fondamentale del desiderio di conoscere. La figura del filosofo è completamente opposta a quella del saccente, ovvero del sofista che si ritiene e si presenta come sapiente, perlomeno di una sapienza tecnica come quella della retorica. Socrate è animato da una grande sete di verità e di sapere, che però sembravano continuamente sfuggirgli. Egli diceva di essersi convinto così di non sapere, ma proprio per questo di essere più sapiente degli altri. (Apologia, 20-55.) Nell'Apologia di Socrate ci viene descritto come egli abbia preso coscienza di ciò a partire da un singolare episodio. Un suo amico, Cherefonte, aveva chiesto alla Pizia, la sacerdotessa dell'oracolo di Apollo a Delfi, chi fosse l'uomo più sapiente e questa aveva risposto che era Socrate. Egli sapeva di non essere il più sapiente e quindi volle dimostrare come l'oracolo si fosse sbagliato andando a dialogare con quelli che avevano fama di essere molto sapienti, i poeti, gli artigiani e, in particolare, i politici. Ma alla fine del confronto, racconta Socrate, questi, messi di fronte alle proprie contraddizioni (l'aporia socratica) 6 e inadeguatezze, provarono stupore e smarrimento, apparendo per quello che erano: dei presuntuosi ignoranti che non sapevano di essere tali. «Allora capii, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante. In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero a odiare Socrate». (Platone, Apologia di Socrate a cura di M.Valgimigli, in Opere pag.45). «Ecco perché ancora oggi io vo d'intorno investigando e ricercando...se ci sia alcuno...che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami che non ci sia nessuno, io vengo così in aiuto al dio dimostrando che sapiente non esiste nessuno» Egli quindi "investigando e ricercando" conferma l'oracolo del dio, mostrando così l'insufficienza della classe politica dirigente. Da qui le accuse dei suoi avversari: egli avrebbe suscitato la contestazione giovanile insegnando con l'uso critico della ragione a rifiutare tutto ciò che si vuole imporre per la forza della tradizione o per una valenza religiosa. Socrate in realtà (sempre secondo la testimonianza di Platone) non intendeva affatto contestare la religione tradizionale, né corrompere i giovani incitandoli alla sovversione. Scoperta  dell’anima  umana. Socrate fu di fatto il primo filosofo occidentale a porre in risalto il carattere personale dell'anima umana. È l'anima, infatti, a costituire la vera essenza dell'uomo. Sebbene la tradizione orfica e pitagorica avessero già identificato l'uomo con la sua anima, in Socrate questa parola risuona in forma del tutto nuova e si carica di significati antropologici ed etici: «Tu, ottimo uomo, poiché sei ateniese, cittadino della Polis più grande e più famosa per sapienza e potenza, non ti vergogni di occuparti delle ricchezze, per guadagnarne il più possibile, e della fama e dell'onore, e invece non ti occupi e non ti dai pensiero della

                                                                                                                         6 Con aporia si è intesa anche una fase della maieutica di Socrate volta alla liberazione dal falso sapere, dalla convinzione cioè di avere delle verità certe. L'interlocutore di Socrate infatti di fronte alle insistenze del maestro che continuamente gli chiedeva cosa fosse, ti estì, quello di cui si stava discutendo, che lo spingeva cioè a tentare delle definizioni sempre più precise dell'argomento della discussione, alla fine entrava nell'aporia, nella strada senza uscita, dichiarando la sua incompetenza nel dare una risposta definitiva e precisa e riconoscendo quindi che la sua certezza iniziale era insussistente

 

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saggezza, della verità, e della tua anima, perché diventi il più possibile buona?» (Apologia di Socrate, traduzione di Giovanni Reale, Rusconi, 1993)

Mentre gli Orfici e i Pitagorici consideravano l'anima ancora alla stregua di un demone divino, Socrate la fa coincidere con l'io, con la coscienza pensante di ognuno, di cui egli si propone come maestro e curatore. (Platone, Protagora, 313, e 2.) Non sono i sensi a esaurire l'identità di un essere umano, come insegnavano i sofisti, l'uomo non è corpo ma anche ragione, conoscenza intellettiva, che occorre rivolgere a indagare la propria essenza.7 Scegliere   il  bene. Una visione intellettualistica della scelta morale condizionata dal sapere è invece nelle tesi socratiche sul principio dell'attraenza del bene e della involontarietà del male: per cui l'uomo per sua natura è orientato a scegliere necessariamente il bene piacevole per la felicità, l'eudemonia, la serenità d'animo, che ne consegue. Se invece l'individuo opera il male questo accade per la mancata conoscenza di ciò che è il vero bene: il male non è mai volontariamente libero ma è la conseguenza dell'ignoranza umana che scambia il male per bene. Anche per Aristotele un'azione volontaria e libera è quella che nasce dall'individuo e non da condizionanti fattori esterni, a condizione che sia predisposta dal soggetto con un'adeguata conoscenza di tutte le circostanze particolari che contornano la scelta: tanto più accurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la scelta corrispondente. «Conosci  te  stesso», risalente alla tradizione religiosa di Delfi, voleva significare, nella sua laconica brevità, la caratteristica dell'antica sapienza greca: quella dei sette sapienti. Il significato originario, dedotto da alcune formule a noi pervenute (Nulla di troppo, Ottima è la misura, Non desiderare l'impossibile), era quello di voler ammonire a conoscere i propri limiti, «conosci chi sei e non presumere di essere di più»; era dunque una esortazione a non cadere negli eccessi, a non offendere la divinità pretendendo di essere come il dio. Del resto tutta la tradizione antica mostra come l'ideale del saggio, colui che possiede la sophrosyne ("saggezza"), sia quello di conseguire la moderazione e di rifuggire il suo opposto: la tracotanza e la superbia (ὕβρις, Hýbris). La  maieutica   socratica.   Il termine maieutica letteralmente, sta per "l'arte della levatrice" (o "dell'ostetrica"), ma l'espressione designa il metodo socratico così come è esposto da Platone nel Teeteto. Parte integrante di questo metodo è il ricorso a battute brevi (brachilogia) in opposizione ai lunghi discorsi (macrologia) del metodo retorico dei sofisti.  Nel Teeteto platonico Socrate afferma: «La mia arte di maieutico in tutto è simile a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che essa aiuta a far partorire uomini e non donne e provvede alle anime generanti e non ai corpi. Non solo, ma il significato più grande di questa mia arte è ch'io riesco, mediante di essa, a discernere, con la maggior sicurezza, se la mente del giovane partorisce fantasticheria e menzogna, oppure cosa vitale e vera. E proprio questo io ho in comune colle levatrici: anche io sono sterile, sterile in sapienza; e il rimprovero che già molti mi hanno fatto che io interrogo gli altri, ma non manifesto mai, su nulla, il mio pensiero, è verissimo rimprovero. Io stesso, dunque, non sono affatto sapiente né si è generata in me alcuna scoperta che sia frutto dell'anima mia. Quelli, invece, che entrano in relazione con me, anche se da principio alcuni d'essi si rivelano assolutamente ignoranti, tutti, poi, seguitando a vivere in intima relazione con me, purché il dio lo permetta loro, meravigliosamente progrediscono, com'essi stessi e gli altri ritengono. Ed è chiaro che da me non hanno mai appreso nulla, ma che essi, da sé, molte e belle cose hanno trovato e generato.» (Platone, Teeteto, 151d) Si è detto inoltre come egli non lasciò niente di scritto 8 della sua filosofia perché pensava che la parola scritta fosse come il bronzo che percosso dà sempre lo stesso suono. Lo scritto non risponde alle domande e alle obiezioni dell'interlocutore, ma interrogato dà sempre la stessa risposta. Per questo i dialoghi socratici appaiono spesso "inconcludenti",

                                                                                                                         7 «Socrate: L'anima è quella che governa. Colui dunque che ci esorta a conoscere noi stessi ci invita ad acquistare conoscenza della nostra anima» (Platone, Alcibiade maggiore, 130 e, trad. di E. Turolla). 8 Il motivo per cui Socrate non scrisse nulla si può anche vedere accennato nel Fedro platonico, nelle parole che il re egiziano Thamus rivolge a Theuth, inventore della scrittura: «Tu offri ai discenti l'apparenza, non la verità della sapienza; perché quand'essi, mercé tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza»

 

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nel senso non che girano a vuoto, ma piuttosto che non chiudono la discussione, perché la conclusione rimane sempre aperta, pronta a essere rimessa nuovamente in discussione. Il fatto che Socrate preferisse il discorso orale a quello scritto è il motivo per cui egli era stato confuso con i sofisti. Secondo Platone è questa una delle colpe di Socrate: lui che era vero sapiente si dichiarava ignorante e i sofisti, veri ignoranti, facevano professione di sapienza. In questo modo il maestro contribuiva a confondere il vero ruolo della filosofia ed egli stesso al processo, pur avendo rifiutato l'aiuto di un celebre "avvocato" sofista, per l'abitudine di dialogare con chiunque in strada e nei più diversi luoghi, era stato ritenuto dagli ateniesi un sofista. Ed è così che la scoperta socratica dell'anima umana assume toni decisamente educativi e morali. Secondo Platone, infatti, Socrate è l'unico che intende correttamente il senso della politica, come capacità di rendere migliori i cittadini. (Platone, Gorgia, 521 d.) Socrate li esorta a occuparsi, più che delle cose della città, della città stessa. In Socrate affiora come esigenza di anteporre sempre il bene della città e il rispetto delle leggi agli egoismi dei singoli. 9 «Questo, vedete, è il comandamento che mi viene da Dio. E sono convinto che la mia patria debba annoverare fra i benefici più grandi questa mia dedizione al volere divino. Tutta la mia attività, lo sapete, è questa: vado in giro cercando di persuadere giovani e vecchi a non pensare al fisico, al denaro con tanto appassionato interesse. Oh! pensate piuttosto all'anima: cercate che l'anima possa divenir buona, perfetta.» (Apologia di Socrate, 29 d - 30 b, trad. di E. Turolla, Milano 1953)

Il  padre  della  menzogna  Il Diavolo Se Dio è un essere perfetto, la pienezza di perfezione, ci si pone la domanda: Come è possibile che vicino a un Dio eccellente esista un essere completamente negativo Diavolo? è stato Dio a crearlo? Quello sarebbe in netta opposizione con la sua perfezione. Da dove arriva, dunque, il Diavolo? Troviamo la risposta nell'ultimo libro del Nuovo Testamento, l'Apocalisse   di   San   Giovanni  Apostolo:  «Scoppiò  quindi  una  guerra  nel  cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. II grande drago, il serpente antico, colui che chiamano il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dunque o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo» (Ap 12, 712). Questa relazione biblica ci fa sapere qualcosa sul conflitto tra gli angeli. Ovviamente Dio ha creato gli angeli buoni. Il dono della libertà che avevano dava loro la possibilità di scegliere. Erano messi alla prova dell'ubbidienza e dell'amore; dovevano riconoscere il Dio come il loro Signore Supremo e liberamente mettersi al suo servizio. Invece, in una parte degli angeli nacque superbia, il desiderio di essere dio. Superbia   è   il   peccato   dello   spirito. In seguito, Lucifero, l'angelo di luce, il più grande tra le creature di Dio, e una parte che lo seguiva, si ribellarono e diventarono gli spiriti maligni, i demoni. Nel momento in cui Lucifero, Satana, si è ribellato coscientemente, con tutto il suo essere e con la propria volontà, è diventato irreversibilmente l'essere più lontano da Dio. Il peccato di ribellione è rimasto inculcato nella sua natura e vi rimarrà eternamente. La Bibbia lo chiama con diversi nomi: Satana, Lucifero, Belzebù, il Serpente antico, il Padre della menzogna, l'Accusatore dei fratelli...

                                                                                                                         9 «La virtù è abilità per quelli che se ne ritenevano maestri, per Socrate [...] è bene e sapienza; la vita associata, individualismo governato dall'egoismo per i preparatori alla carriera politica, per Socrate è struttura organica di leggi che chiedono obbedienza e rispetto» (B. Mondin, Storia della metafisica, vol. I, pag. 125, E.S.D., 1998).

 

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Quindi, Dio non ha creato il Diavolo e gli spiriti cattivi, ma sono stati loro, rivoltandosi contro Dio consapevolmente e liberamente a diventare cattivi. Il potere e le capacità che ha ricevuto da Dio prima di ribellarsi, il Demonio li ha ancora. Dio non può negare se stesso. Ma adesso Satana quelle abilità, specialmente la cognizione, le usa per odiare Dio e tutti coloro che volontariamente desiderano servirlo. 130 anni fa, nel 1886, papa Leone XIII introdusse in tutta la Chiesa una preghiera da recitarsi in ginocchio al termine della messa. È una preghiera in cui si chiede a san Michele arcangelo aiuto e protezione per la Chiesa contro le insidie del diavolo che, dice la lettera di san Pietro, "è come un leone ruggente che va in giro cercando chi divorare". Effettivamente la nostra vita non è tranquilla e abbiamo bisogno — anche, e forse soprattutto, da adulti — di una protezione, di una custodia. Non tanto da pericoli esterni di carattere fisico, ma dall'attacco di qualcosa di infinitamente più profondo ed oscuro: la  menzogna.    Il demonio è il "padre della menzogna" ed è contro di essa che Michele con le sue schiere sostiene la sua diuturna battaglia. Il cui campo — lo sappiamo bene — è la nostra incerta ragione e il nostro ondeggiante cuore, prima ancora che la lotta contro nemici provenienti da fuori (che ci sono). Anzi sappiamo anche bene — pur facendo spesso finta di niente — che incaponirci nel puntare le armi contro il nemico esterno è un facile (e inefficace) stratagemma per evitare di guardare in faccia qual è l'autentica battaglia da fare per il Regno di Dio 10. L'arcangelo Raffaele — che significa "medicina di Dio" — ci è necessario perché nelle battaglie scorre sempre un pò di sangue e le ferite debbono essere diligentemente curate, come lui curò la cecità dei pio padre di Tobia. Ma più ancora è necessario l'arcangelo Gabriele, perché ha annunciato che "la molt'anni lagrimata pace" (Dante, Purgatorio, X, 35), la liberazione definitiva dalla menzogna, lungamente e dolorosamente cercata dagli uomini, è arrivata; è arrivata tanto vicina da farsi bambino nel grembo di una ragazza. Gabriele annuncia quindi nella mia storia presente che la battaglia contro il male e la menzogna ha già un vincitore, anche se il drago pur sconfitto — e perciò più "infuriato" (l'Apocalisse) — può combinare ancora parecchi danni. Ma ormai sappiamo che la sua "azione è permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con forza e dolcezza" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 395); anche la fortezza dolce dell'innominato e discretissimo angelo che ha il compito di custodire proprio me.

L’amore  vero  non  sospetta  il  male  31  Ora  voi  cercate  ardentemente  i  doni  maggiori;  e  vi  mostrerò  una  via  ancora  più  alta:  1 Quand'anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho amore, divento un bronzo risonante o uno squillante cembalo. 2 E se anche avessi il dono di profezia, intendessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede da trasportare i monti, ma non ho amore, non sono nulla. 3 E se spendessi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, tutto questo niente mi giova. 4 L'amore è paziente, è benigno; l'amore non invidia, non si mette in mostra, non si gonfia, 5 non si comporta in modo indecoroso, non cerca le cose proprie, non si irrita, non sospetta il male;

                                                                                                                         10 Gesù utilizza linguaggi e comportamenti diversi, differenti generi letterari e toni di voce per annunciare il Regno. Oggi il suo repertorio ci propone due brevissime parabole per capire cos’è e come funziona il Regno di Dio. È simile ad un granello di senape, è simile al lievito, in quanto è destinato a crescere e a trasformare i cuori e il mondo. Il seme gettato nel giardino sprigiona la sua forza, cresce, si espande, diventa albero accogliente, capace di ospitare gli uccelli. Il lievito mescolato trasforma tutta la farina, la rende commestibile, e pure buona e saporita. Detto diversamente: l’esperienza di Dio ci lascia chiusi in noi stessi o sa di accoglienza e ospitalità? Ancora, diffonde buon odore, sa di fragranza di pane caldo, è un’avventura che trasforma la vita, la fa e ci fa lievitare, ci rende pane gustoso per sfamare gli uomini, ci rende commestibili per i bisognosi? Il “Date voi stessi da mangiare” ci invita a non declinare questo dovere, ma a metterci in gioco per offrire noi stessi, come pane spezzato per nutrire gli affamati. E così la nostra vita può essere o restare piccola, da non servire a nessuno e neppure a noi, oppure, può crescere e può accogliere tutto e tutti dentro di sé, dal momento che, come pane, ha accolto Dio.

 

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6 non si rallegra dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità, 7 tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. 8 L'amore non viene mai meno, ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita 9 perché conosciamo in parte e profetizziamo in parte. 10 Ma quando sarà venuta la perfezione, allora quello che è solo parziale sarà abolito. 11 Quand'ero bambino, parlavo come un bambino, avevo il senno di un bambino, ragionavo come un bambino; quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino. 12 Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto. 13 Ora dunque queste tre cose rimangono: fede, speranza e amore; ma la più grande di esse è l'amore. (Paolo, 1 Corinzi 1-13) 1)  L'Amore  è  paziente. Pazienza: disposizione abituale od occasionale, disposizione alla moderazione ed alla tolleranza nell'ambito dei rapporti sociali. Riesce a sopportare il male, le ingiurie, le provocazioni, senza lasciarsi invadere dal risentimento, dall'indignazione o da sentimenti di rivalsa. Mantiene la mente salda, le dà potere sui sentimenti d'ira e l'arricchisce di paziente perseveranza, in modo che essa impari ad attendere e desiderare la sua correzione, piuttosto che nutrire risentimento per la condotta del fratello. Sopporterà molti sgarbi ed errori commessi dalla persona amata, e saprà attendere a lungo prima di vedere i buoni effetti di tale pazienza su quella medesima persona. «23 Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente. 24 Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti. 25 Eravate infatti come pecore erranti, ma ora siete tornati al pastore e custode delle anime vostre.» (1Pietro 2:23)

«Ma desideriamo che ciascuno di voi mostri sempre lo stesso impegno sino alla fine, in modo che la vostra speranza possa realizzarsi. 12Non dovete diventare pigri; al contrario, dovete seguire l'esempio di quelli che, con la fede e la perseveranza, diventano eredi di ciò che Dio ha promesso. La  promessa  di  Dio  e   la  speranza  cristiana 13 Quando Dio fece la sua promessa ad Abramo, fece anche un giuramento. E poiché non c'era nessuno più grande per il quale giurare, giurò per se stesso, 14e disse: “Ti prometto che ti benedirò e ti darò molti discendenti”. 15Abramo aspettò con pazienza e ottenne ciò che Dio aveva promesso.» (Ebrei 6: 11-15). 2)  L'Amore  è  benevolo.  Che è indice di buona disposizione d'animo o di indulgenza, che sente o dimostra benevolenza. Benigno, buono, cortese, premuroso. Ha sulla lingua insegnamenti di bontà. Il cuore è largo e la mano è aperta, disposizione alla generosità. È pronta a mostrarsi benevola e a fare del bene. Cerca di rendersi utile, approfitta delle opportunità per fare del bene, non solo ma le ricerca. È incline a fare ciò che possa essere giusto, nei limiti delle proprie forze. «24 C'è chi spande generosamente e diventa più ricco, e c'è chi risparmia più del necessario e diventa sempre più povero. 25 La persona generosa si arricchirà e chi annaffia sarà egli pure annaffiato. 26 Il popolo maledice chi si rifiuta di dare il grano, ma la benedizione è sul capo di chi lo vende». (Proverbi 11:24-26) «38 Date, e vi sarà dato; buona misura, premuta, scossa, e traboccante, vi sarà data in seno; perciocché, di qual misura misurate, sarà altresì misurato a voi.» (Luca 6:38) «In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!». (Atti 20:35) 3)  L'Amore  non  invidia.  Risentimento alla vista dell'altrui soddisfazione. Indica il desiderio di partecipazione a un godimento allettante. La carità rifiuta l'invidia, non si dispiace del bene capitato ad altri, né dei doni di costoro o delle loro buone qualità, degli onori che ricevono o delle proprietà che hanno. Se amiamo il nostro prossimo, saremo tanto lontani dall'invidiare il suo benessere o dall'esserne dispiaciuti, che invece lo condivideremo o ce ne rallegreremo. L'invidia è il risultato del

 

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malanimo. La prosperità verso i quali noi auguriamo il bene non potrà mai affliggerci, e la mente impegnata a operare giustamente verso tutti non potrà mai desiderare il male. «Benedite quelli che vi perseguitano. Benedite e non maledite». (Rom12:14); «3 Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, 4 per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, 5 che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. 6 Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, 7 perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: 8 voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, 9 mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.» (1Pietro, 3-9) 4-­‐5)  L'Amore  non  si  vanta,  non  si  gonfia.  Elogiare direttamente o indirettamente sé, le proprie qualità o la propria opera per suscitare l'ammirazione degli altri, talvolta dichiarare quanto si ritenga, anche senza reale fondamento, motivo di gloria e di onore... La carità sottomette l'orgoglio e la vanagloria non è gonfia delle proprie alterigie, non si vanta delle proprie conquiste , non si appropria dell'onore, dell'autorità, del rispetto che non le competono. Non è insolente, o pronta a disprezzare gli altri e a calpestarli, o a trattarli con sufficienza e in maniera offensiva, coloro che sono animati da sincera fratellanza si preserveranno gli uni gli altri nell'onore, il vero amore ci farà stimare i fratelli. «Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno.» (Rom 12:3). «Abbiate tra di voi un medesimo sentimento. Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili. Non vi stimate saggi da voi stessi.» (Rom12:16) «Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente.» (Rom12:10) «Cerchiamo dunque di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione». (Rom14:19) «Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non porre inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di caduta». (Rom14:13) Orgoglio dei Corinzi; umiltà di Paolo: «6 Ora, fratelli, ho applicato queste cose a me stesso e ad Apollo a causa di voi, perché per nostro mezzo impariate a praticare il non oltre quel che è scritto e non vi gonfiate d'orgoglio esaltando l'uno a danno dell'altro. 7 Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l'avessi ricevuto?» (1Corinzi 4:6-7) «Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso» (Filippesi 2:3)

 6)  L'Amore  non  si  comporta  in  modo  sconveniente.  Riprovevole in quanto contrario alle convenienze, al decoro e al senso morale. Non fa nulla di indecoroso o che gli uomini possono generalmente considerare meschino o vile. Non fa cosa alcuna che sia fuori luogo o fuori tempo bensì si comporta, nei confronti di tutti, come si addice al loro proprio rango, essa agisce adeguatamente alla propria condizione, preoccuparsi degli affari propri, senza prendersi il compito di correggere, censurare o disprezzare la condotta degli altri. La carità non fa nulla di sconveniente. «11 La vostra maggiore aspirazione dev’essere quella di vivere una vita tranquilla, badando ai fatti vostri e guadagnando da vivere con il vostro lavoro, come vi ho già raccomandato di fare. 12 Così quelli che non sono credenti avranno fiducia e rispetto di voi, e voi non sarete di peso a nessuno.» (1Tessalonicesi 4:11-13) «11 Non parlate gli uni contro gli altri, fratelli. Chi parla contro un fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei un osservatore della legge, ma un giudice. 12 Uno soltanto è il legislatore e il giudice, Colui che può salvare e perdere; ma tu chi sei, che giudichi il tuo prossimo?» (Giacomo 4:11-12);

 

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«17 Metti di rado il piede in casa del prossimo, ond’egli, stufandosi di te, non abbia ad odiarti.» (Proverbio 25:17) (accortezza, senso di misura nei rapporti interpersonali)- 7)  L'Amore  non  cerca  il  proprio  interesse. La carità è acerrima nemica dell'egoismo: non cerca il proprio interesse, non desidera smodatamente e non ricerca per sé lodi, onori, profitti o piaceri. In effetti, l'amor proprio più o meno accentuato, è consueto a tutti gli uomini, essendo parte della nostra natura. D'altra parte, il Salvatore considera che una ragionevole misura dell'amore per se stessi sia la giusta misura dell'amore per gli altri. «Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». (Matteo 19:19) «cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri». (Filippesi 2:4)

«19 Ora spero nel Signore Gesù di mandarvi presto Timoteo per essere io pure incoraggiato nel ricevere vostre notizie. 20 Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore quel che vi concerne. 21 Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù.» (Filippesi 2:19-21) 8)  L'Amore  non  s'inasprisce. Assumere un aspetto sempre più carico di minacce o di animosità. L'amore modera e reprime le passioni. Essa corregge le asperità del carattere, addolcisce e ammorbidisce l'animo, quindi non concepisce subitanee e violente passioni, né le coltiva a lungo. Quando c'è il fuoco dell'amore, le fiamme dell'ira non possono facilmente accendersi, né bruciare per molto. La carità non sarà mai adirata senza un motivo e si sforzerà di mantenere gli impeti entro, limiti ragionevoli, di modo che questi non superino la misura di ciò che è giusto, nell'intensità come nella durata. L'ira non può trovare riposo nel petto governato dall'amore. È difficile essere adirati con le persone che amiamo: al contrario, è molto facile lasciar andare i nostri risentimenti ed essere riconciliati. «26 Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira 27 e non fate posto al diavolo». (Efesini 4:26-27) «Cessa dall'ira e lascia lo sdegno; non adirarti; ciò spingerebbe anche te a fare il male.» (Salmo 37:8)

«Va', o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte, dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l'indignazione.» (Isaia 26:20) 9)  L'Amore  non  addebita  il  male  Addebitare: Porre, ascrivere a debito... attribuire a colpa, imputare ( il male, un danno, ecc..). Non addebita il male, cioè non coltiva il male...non tiene conto del male...non dà luogo alla vendetta, non si adira troppo presto e per troppo tempo, non serba rancore, è disposta a dimenticare, a rimettere i debiti «59 E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60 Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato. E detto questo si addormentò.» (Atti 7:59-60) «14 Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; 15 ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.» (Matteo 6:14-15) (Per fare questo dobbiamo essere come delle colombe, la colomba è un animale senza bile....simbolo della pace, della purezza, dell'amore, non può serbare o secernere rancore né amarezza). Facciamo attenzione a questi aspetti riflettendo su ciò che la lettera agli ebrei scrive: «Vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio; che nessuna radice velenosa venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano contagiati» (Ebrei 12:15). Paolo parla di radice velenosa, non usa il termine tossica, ma velenosa! E ciò che è velenoso può essere mortale, Dio ci preservi dalla morte spirituale per mancanza di amore. Nei rapporti anche coniugali tra marito e moglie possono avvenire dei malintesi, incomprensioni, o sbagli... come tra fratelli, ma non leghiamo le cose al dito, e non teniamo legato il nostro prossimo ad un debito, con rancori, risentimenti, astio ecc... ma

 

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scegliamo di perdonare come fece Gesù nel suo amore, come fece Stefano, e così Giuseppe che nell'amore di Dio perdonò i suoi fratelli. Il vero amore non è propenso a essere geloso o diffidente; esso nasconderà le colpe evidenti, coprendole con un velo, e non andrà a caccia di quelle che sono coperte e celate per esporle davanti a tutti. «Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l'amore copre una gran quantità di peccati.» (1Pietro 4:8) «20 Noè, che era agricoltore, cominciò a piantare la vigna 21 e bevve del vino; s'inebriò e si denudò in mezzo alla sua tenda. 22 Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e andò a dirlo, fuori, ai suoi fratelli. 23 Ma Sem e Iafet presero il suo mantello, se lo misero insieme sulle spalle e, camminando all'indietro, coprirono la nudità del loro padre. Siccome avevano il viso rivolto dalla parte opposta, non videro la nudità del loro padre. 24 Quando Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, seppe quello che gli aveva fatto il figlio minore e disse: 25 «Maledetto Canaan! Sia servo dei servi dei suoi fratelli!» (Gen 9:20-25) . La parola “addebita” può essere tradotta anche: non sospetta il male, non pensa al male, cioè non guarderà le cose dal lato peggiore, ma si sforzerà di dare la veste migliore alle circostanze che di per se non hanno affatto una buona apparenza . «Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Poi divisero le sue vesti, tirandole a sorte.» (Luca 23:34) «17 Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini. 18 Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. 19 Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore. 20 Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo». 21 Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene». (Rom 12:17-21) 10)  L'Amore  non  gode  dell'ingiustizia  Non si compiace nell'offendere o nel danneggiare alcuno, non farà danno o torto ne si rallegrerà di fare del male o provocare disturbi. Non gioirà neppure delle colpe altrui e delle cadute altrui, per uno spirito caritatevole, i peccati altrui saranno motivo di dolore, e non un diversivo o una delizia. E quale è la peggiore sciagura che possa capitare, se non cadere in peccato? Quanto è incompatibile con la carità cristiana rallegrarsi davanti a una tale caduta. Oggi nel mondo in cui viviamo c'è un' inclinazione al male e a godere dell'ingiustizia, basti vedere quanti quotidiani, giornali, come anche il telegiornale stesso vivono non tanto più di informazione, ma sulle disgrazie altrui, è triste tutto questo...anche per noi credenti che mangiamo nelle nostre tavole tagliando le nostre fettine, dove ormai certe notizie non fanno più un certo effetto alla nostra coscienza che si è indurita. Basti pensare adesso all'ultima moda, che è quella di fare vacanza sulle case, ville, dove sono successi omicidi, disgrazie ecc.......questo per quanto riguarda il mondo. Ma per quanto riguarda anche i rapporti fraterni possiamo riflettere su un episodio: «14 Abramo, com'ebbe udito che suo fratello era stato fatto prigioniero, armò trecentodiciotto dei suoi più fidati servi, nati in casa sua, e inseguì i re fino a Dan. 15 Divisa la sua schiera per assalirli di notte, egli con i suoi servi li sconfisse e li inseguì fino a Coba, che è a sinistra di Damasco. 16 Recuperò così tutti i beni e ricondusse pure Lot suo fratello, con i suoi beni, e anche le donne e il popolo.» (Gen 14:14-16) . 11)  L'Amore  gioisce  con  la  verità  L'Amore è gioia, è allegrezza, Dio è un Dio d'amore, ma Dio, lo Spirito Santo è un Dio di gioia, allegrezza, gioisce nel vedere gli uomini che per mezzo dell'evangelo, della verità, vengono modellati in un temperamento evangelico e resi buoni. Non si rallegra affatto dei loro peccati , ma si delizia nel vederli agire bene, riceve grande gioia nell'osservare che la verità e la giustizia trionfano fra gli uomini, l'innocenza, la fiducia reciproca, la stima, come la pietà e la vera religione crescono rigogliosamente, questo porterà a rallegrare il credente anche nelle situazioni difficili «Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.» (Romani 8:28)

 

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“tutte le cose” significa tutte le cose. Questo è solo per dire che, anche da ciò che ci accade possiamo imparare molto attraverso l’esperienza. Proprio come Pietro, quando peccò e rinnegò Gesù, imparò così tanto da quella esperienza che non fu mai più sfiorato dal pensiero di rifarlo. Divenne un grande uomo di Dio, attraverso questo fallimento. Noi tutti diventiamo uomini e donne di Dio più grandi per le lezioni che impariamo dai nostri fallimenti. Il bene può venire anche attraverso il fallimento. «4 Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi. 5 La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino. 6 Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. 7 E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. 8 Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri. 9 Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi.» (Filip 4:4-9) 12)  L'Amore  soffre  ogni  cosa  Cioè, passerà sopra le ingiurie, senza indulgere all'ira o coltivare sentimenti di vendetta, sarà paziente se provocata, e anche longanime. Si mantiene ferma anche se messa a dura prova e sfidata. Sopporta qualsiasi ingiuria e cattiva azione, si conserva paziente anche in mezzo alle maledizioni, offese , calunnie, prigionie, esilio, legami, tormenti, e nella morte stessa. Che cosa non potrà sopportare un uomo che ama, per amore di colui che è amato! Quanti pericoli si esporrà e quante difficoltà affronterà. «31 Che diremo dunque riguardo a queste cose? Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? 32 Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? 33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. 34 Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. 35 Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Com'è scritto:«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello». 37 Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. 38 Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, 39 né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.» (Rom 8:31-39) «Sopporta anche tu le sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù.» (2Timoteo 2:3) 13)  L'Amore  crede  ogni  cosa  L'Amore crede ogni cosa. Presta fede senza bisogno di prove o giuramenti; per quanto riguarda i rapporti con il nostro prossimo: «l'amore crede ogni cosa». Ciò non significa che l'amore sia ingenuo, o sia sciocco «L'ingenuo crede a tutto quel che si dice, ma l'uomo prudente fa attenzione ai suoi passi.» (Proverbi 14:15). L'amore è saggezza, ma è propenso a credere il bene di tutti a coltivare una buona opinione di ognuno, quando non vi sia alcuna evidenza del contrario. L'Amore dà fiducia, essa non reputa che vi sia caso disperato, ma spera nella correzione anche del peggiore fra gli uomini, ed è pronta ad auspicarsi ciò che desidera. «Salmo di Davide. Il SIGNORE ti risponda nel giorno dell'avversità; il nome del Dio di Giacobbe ti tragga in alto, in salvo» (Salmo 20:1) Poi se la fiducia viene tradita non si può dire che l'amore non dia la possibilità di un riscatto, di riordinarsi (il Signore lo fece anche con Giuda, ma la fiducia non fu corrisposta). L'Amore sarà pronto a credere il bene anche quando ci dovesse essere qualche apparenza poco chiara, o se la prova del male non dovesse essere evidente. Per quanto riguarda il nostro rapporto con il Signore l'amore crede ogni cosa, «Gesù gli disse: «Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Giovanni 20:29) «Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l'ira di Dio viene sugli uomini ribelli.» (Efesini 5:6) 14)  L'Amore  spera  ogni  cosa  

 

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L'Amore pur costatando con dolore il momentaneo trionfo del peccato, conserva la speranza della futura vittoria del bene, e in questa generosa speranza l'amore non si stanca. «18 Egli, sperando contro speranza, credette, per diventare padre di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». 19 Senza venir meno nella fede, egli vide che il suo corpo era svigorito (aveva quasi cent'anni) e che Sara non era più in grado di essere madre; 20 davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio, 21 pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo.» (Rom 4:18-21) «Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza.» (2Corinzi 2:14) «Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna.» (Galati 6:8) 15)  L'Amore  sopporta  ogni  cosa  L'Amore sopporta ogni cosa con invincibile costanza: le opposizioni, le prove, le persecuzioni, tutto quello che è lo sforzo del nemico. «2 e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri. 3 Sopporta anche tu le sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. 4 Uno che va alla guerra non s'immischia in faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. 5 Allo stesso modo quando uno lotta come atleta non riceve la corona, se non ha lottato secondo le regole. 6 Il lavoratore che fatica dev'essere il primo ad avere la sua parte dei frutti. 7 Considera quel che dico, perché il Signore ti darà intelligenza in ogni cosa. 8 Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, della stirpe di Davide, secondo il mio vangelo, 9 per il quale io soffro fino ad essere incatenato come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata. 10 Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch'essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.» (2Timoteo 2:2-10) «7 gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. 8 Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. 9 Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo. 10 Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. 11 A lui sia la potenza, nei secoli dei secoli. Amen.» (1Pietro 5:7-11) «fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.» (Ebrei 12:2)

Rivestitevi  dell'armatura  di  Dio  ,  per  poter  resistere  e  superare  tutte  le  prove «10 Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. 11 Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. 12 La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. 13 Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. 14 State saldi, dunque: attorno  ai   fianchi,   la  verità  11;   indosso,   la  corazza  della  giustizia  12;  15   i  piedi,  calzati  e  pronti  a  propagare  il  vangelo  della  pace  13.  16  Afferrate  sempre  lo  scudo della  fede,  con  il  

                                                                                                                         11 La verità di cui si cinge, come di una veste stabile, colui che combatte è la coerenza piena. Per poter combattere contro l'atmosfera maligna, l'atmosfera pestifera nella quale viviamo, occorre essere armati di una profonda coerenza fra ciò che proclamiamo e ciò che dobbiamo internamente sentire e vivere tra noi. E questa coerenza è tanto più importante in quanto noi predichiamo la parola di Dio. Chi non vive ciò che predica si mette a poco a poco nella condizione di essere esposto agli assalti del nemico. 12 La giustizia è qui espressa come l'attività di Dio che salva i poveri e umilia i peccatori. Dio che impetuosamente compie le sue opere, che è salvezza e punizione. Nella nostra situazione, dovremmo tradurla come il partecipare allo zelo di Cristo per la giustizia del Padre. Questa corazza che ci cinge completamente, che ci difende, è il rivestirci di quei sentimenti che fanno gridare a Cristo per le strade di Palestina: «A Dio ciò che è di Dio »; che gli fanno proclamare la giustizia del Padre, e, come giustizia, l'opera di salvezza per chi si pente e il castigo per chi non si pente. Per noi, il partecipare all'intimo zelo di Cristo per la giustizia del Padre, è questa corazza che ci avvolge, e che ci difende dai nemici. 13 Indica l'ardore, il desiderio di predicare il Vangelo, sapendo che è beneficio per gli uomini e che porta loro la pace. Quindi anche la gioia di chi ha trovato il tesoro (la donna che ritrova la dracma e chiama le vicine piena di gioia)

 

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quale potrete   spegnere   tutte   le   frecce   infuocate   del   Maligno  14;   17   prendete   anche   l’elmo   della  salvezza  15  e   la  spada  dello  Spirito,  che  è   la  parola  di  Dio  16. 18 In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. 19 E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, 20 per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare». (lettera di San Paolo apostolo agli Efesini 6,10-20)

                                                                                                                         14 I dardi infuocati lanciati dal maligno (l'espressione è presa dal Salmo 11) sono le mentalità del mondo di peccato che, dal mattino alla sera e dalla sera al mattino, ci circonda assalendoci da ogni parte per toglierci il tesoro della fede. Lo scudo per opporsi a questa mentalità è lo scudo della fede, cioè la considerazione evangelica di tutta la realtà umana, continuamente richiamata. 15 Accettare l'elmo della salvezza; quindi accettate l'azione salvifica di Dio in voi come unica vostra protezione, unica vostra speranza; vi protegge il capo perché essa è la cosa più essenziale. 16 «spada dello Spirito» non tanto la predicazione di Gesù, ma la sua lotta contro Satana, quando si difende citando gli oracoli di Dio. «Sta scritto»; cioè, gli oracoli di Dio furono per Lui, e sono per noi, difesa. Quando siamo assediati dalla mentalità del mondo che ci vorrebbe fare interpretare tutte le cose in maniera puramente umana, dobbiamo ricorrere ai grandi oracoli di Dio nella Bibbia per avere una parola di chiarezza su queste cose e respingere le interpretazioni sbagliate della storia del mondo e della nostra esistenza.

 

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