nino di matteo, direzione distrettuale antimafia, palermo via d'amelio 2014
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Palermo, 2014 - Commemorazione delle Vittime della strage di Via D'Amelio. Estratto del discorso di Nino Di Matteo, Sostituto Procuratore della Rep.ca presso il Tribunale di Palermo - Direzione distrettuale antimafia.TRANSCRIPT
Nino Di Matteo
“Non si può assistere in silenzio al preminente tentativo di trasformare il magistrato
inquirente in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto all’arbitrio del
proprio capo, di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso, purtroppo, nominati da
un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di
autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e dalle indicazioni sempre più
stringenti del suo presidente (Napolitano ndr).
Non si può ricordare Paolo Borsellino e assistere ai tanti tentativi in atto, dalla
riforma dell’ordinamento giudiziario, a quella in cantiere sulla responsabilità civile
dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più
numerose e discutibili prese di posizione del Csm. Non si può ricordare Paolo
Borsellino e assistere in silenzio a questi tentativi finalizzati a ridurre l’indipendenza
dei magistrati a vuota enunciazione formale con lo scopo di annullare l’autonomia
del singolo pm.
Voglio ringraziare tutti quei cittadini che si pongono a scudo di tanti che, anche nella
politica, continuano a calpestare quei valori che furono di Paolo Borsellino, contro
l’arroganza dei prepotenti e degli impuniti. Le commemorazioni hanno un senso solo
se sostenute dal coraggio che dovremo dimostrare da domani. Rispetto alla strage di
via D'Amelio c’è il dovere etico e morale di cercare verità, anche se ci rendiamo conto
che quel cammino costi sempre di più lacrime e sangue, per continuare a cercare la
verità è necessario innanzitutto con onestà intellettuale rispettare la verità e non
avere mai paura a declamarla anche se può apparire sconveniente.
Oggi ci troviamo davanti a un muro di gomma e di indifferenza istituzionale. E c'è il
pericolo di un clima di delegittimazione che si nutre di silenzi colpevoli, ostacoli e
tranelli disposti per arginare quell’ansia di verità rimasta patrimonio di pochi.
Affermano il falso i tanti che, qualcuno per strumentale interesse, continuano a
ripetere che i processi delle stragi hanno portato a un nulla di fatto fingono di
ignorare che 22 persone sono state definitivamente condannate per concorso in
strage. In molti anche all’interno delle istituzioni sanno ma continuano a preferire il
silenzio, certi che quell’omertà continuerà a pagare magari con l’evoluzione di
splendide carriere. Il cammino di liberazione dalla mafia è rimasto a metà del guado,
mentre ai ladri e ai corrotti si assicura la sostanziale impunità.
In una sentenza definitiva della Corte di Cassazione è accertato che un partito
politico, divenuto forza di governo nel 1994, ha poco prima annoverato tra i suoi
ideatori e fondatori un soggetto da molto tempo colluso con gli esponenti di vertice
di Cosa nostra e che da molti anni fungeva da intermediario consapevole dei loro
rapporti con l’imprenditore milanese che di quel partito divenne esponente apicale.
Oggi questo esponente politico (Silvio Berlusconi, ndr), dopo essere stato
definitivamente condannato per altri gravi reati, discute con il Presidente del
Consiglio in carica di riformare la legge elettorale e quella Costituzione alla quale
Paolo Borsellino aveva giurato quella fedeltà che ha osservato fino all’ultimo respiro.
E’ necessario non perdere la capacità di indignarsi e trovare la forza di reagire tutti
abbiamo il dovere di evitare che anche da morto Paolo Borsellino debba subire l’onta
di vedere calpestato il suo sogno di giustizia”.