non c'è posto per meno jota

77
Alessandro Sicilia Non c’è posto per meno jota

Upload: salvatore-p

Post on 23-Mar-2016

224 views

Category:

Documents


3 download

DESCRIPTION

http://issuu.com/www.rendecentrostorico.it/docs/forse_angolo?viewMode=magazine

TRANSCRIPT

Alessandro Sicilia

Non c’è posto per meno jota

Laboratorio di poesia Cosenza

In copertina: Illustrazione di Gianfranco Sergio

Dello stesso autore:Le terze cose (Catanzaro, 1963)Forse angolo (Ferrara – Bologna, 1967)Storia del movimento operaio e contadino nella provincia di Cosenza (Cosenza, 1976)

Proprietà letteraria riservataLaboratorio di poesia – Cosenza

Tel. (0984) 644237

a mi madre

8

La ricca vicenda poetica di Alessandro Sicilia, già al suo terzo volume di canti, si delinea in maniera sempre più puntuale. Le rabbie, le speranze, la vita che affollano questo Non c’è posto per meno jota si aprono con una data precisa, un 31 dicembre, inizio e fine dell’anno, ma anche con una dichiarazione di fine del tempo, di avvento dell’ “anno senza giorni”, quello in cui si accumulano i post – e l’esistenza sembra fatta di ricordi: si rivedano i versi finali di Posto di lavoro, drammatici fino ad essere eccessivi, e significativi di stati d’animo che rischiano di andare verso quell’immaginario negativo che Sicilia, con il suo meno jota, vuole esorcizzare.

E la raccolta è tutta una battaglia contro questa tentazione, forte, abbagliante, tanto più seducente quanto più il poeta è legato a questa dura terra del sud, e ne vede e ne soffre le sconfitte, che sono sue; ma guai a farsi vincere, anche se la stanchezza è tanta, anche se non si è più giovani, e ci si vorrebbe fermare – almeno un momento – a ripensare quello che è stato, alle illusioni passate: “Itinerari di meno jota popolati di ladri/ con case e tegole tonde/ corsie di ospedali affollati con letti per terra./ I miei capelli non sono bianchi/ i miei capelli sono sporchi di farina/ e il vento solo il vento potrà cancellare il bianco”.

Qui, nella poesia che dà il titolo al libro, è anche la chiave per capire le intenzioni e la proposta di Sicilia; e allora, alla luce di questo, un colore diverso acquistano le tante descrizioni, eleganti, quasi calligrafiche, tanto da sembrare irrecuperabili nella loro staticità, e venate invece ancora e sempre di un’ipotesi di movimento, anche se penoso, difficile, forse addirittura assurdo, ma necessario come l’ottimismo della volontà. È per questo che le “ragazze stanche” dei Versi dalla finestra “vanno come una volta/ ancora alla fontana”, e non per un lirico recupero di oleografie di un passato riproposto; è per questo che la paura,

7

il termine dominante di una trinità che non si saprebbe dire se più disgraziata o malefica, e che comprende come altri demoni sud e morte, deve essere solo Stasera, ma “domani non più”, come dice l’ultimo verso dell’allucinato Io vendo la morte.

Anche gli anni, l’esperienza dovranno aiutare in questo sforzo: “Non spolverare i miei capelli/ non è polvere sono pensieri” dicono, con evidente ripresa del tema conclusivo degli Itinerari di meno jota, i due versi iniziali di Polvere; e questa saggezza antica si rinforza nell’amore-ricordo della propria identità, da “le memorie delle cose/ le memorie delle favole/ i sapori del maiale/ i dialetti della terra” di Assemblea fino ai toni oraziani – ma non compiaciutamente allusivi – di un “come è bello bere un bicchiere di vino roso”, fino alla proposta di identificazione di Io sono una cosa, con quella Parantoro deserta nella notte che è solo una piccola frazione di Montalto Uffugo, ma Sicilia non ce lo dice, e lascia lì quel nome pieno di misticismo e capace di caricarsi di tutta la storia di una Calabria greca e latina, magari per più assurde paretimologie.

Un poeta naîf? Un frutto del sempre fertile stra-paese, mediato dalle delusioni del ritorno al privato? Un grido di rivolta non ripensato, contro la propria infelicità e quella, non casuale, di tanti, di tutta una terra? Ma la tecnica del verso è troppo scaltrita, troppo eleganti le riprese anaforiche come “cicatrici nel mio cuore/ cicatrici di olio santo/ cicatrici ancora fresche di sangue” di Fine d’anno, con l’andamento a litania che trasforma la monodia in canto corale, oppure “a sud morti di fame/ a sud grida di paura/ a sud la vendetta” di Convegno di gabbiani, che richiamano un’altra terzina, in Versi dalla finestra, che si apre con “più a sud”. E forse anche la ‘terra’ di Sicilia non è solo il sud, la Calabria, Rende: ci sono quei tetti di legno di Zakopane che, nonostante le “barriere di neve/ barriere di ghiaccio/ barriere di sogni”,

8

somigliano troppo a quelli di Parantoro perchè lo scenario non ne risulti smisuratamente allargato, e più ricca e completa la metafora del teatro con le sue ragazze bionde.

Poeta, Sicilia sviluppa un discorso organico, politico, coraggioso fino alla disperazione, che gli consente perfino di giocare talvolta con il lettore, e di tendergli qualche trabocchetto. Bisogna perciò leggerlo con estrema attenzione, e sempre consapevoli della sua ‘forte tensione civile per non fraintendere componimenti difficili come Tela, o lo stesso Posto di lavoro, nei quali il lettore frettoloso potrebbe attribuire all’autore le posizioni contro cui egli invece polemizza, e che combatte: guai a non capire il penultimo verso di Tela, “l’ho appesa io a nome del sindacato...”, con quel pronome che marca una partecipazione, un’assunzione di ruolo che è l’esatto contrario del ‘chiamarsi fuori’ di quelli che Sicilia chiamerebbe i fautori di meno iota!

Non è insomma, una poesia facile, o che possa essere letta a tempo perso: ogni parola è pesata, e pesa; ogni verso è in contributo ad una causa; ma è da queste certezze e soprattutto dall’insopprimibile voglia di fare che portano con sé, che bisognerà ripartire per risanare i guasti di questi anni terribili, le devastazioni a cui Sicilia non si vuole rassegnare. E c’è da sperare che insieme con lui saremo tanti, ringranziandolo per questa voce di speranza, pronti a fare la nostra parte per quello che possiamo e sappiamo; anche sulla poesia – o soprattutto sulla poeia? – si potrà allora contare: dopo questo, aspettiamo perciò con interesse e rispetto un nuovo libro, quello che ci dirà che non c’è più il nemico meno iota, e che possiamo riprendere il nostro cammino.

Giovanni Polara

9

Fine d’anno

Spingo un carro di fantasmi,porte chiuseferite aperte,in questo 31 dicembre 1975.Occhi che pensano di ballarestasera dopo cena;malinconia di fine d’annonascosta nel bosco vicinonella ruggine delle foglie,non chiamare il mio nomeballa stringiti a lui,baci sulla tua boccaun zig-zag di passi.Cicatrici nel mio cuorecicatrici di olio santocicatrici ancora fresche di sanguesenza fasce.Esplosioni di bombeesplosioni di baci senza bocchebrindisi senza bicchieri.Un nuovo announ nuovo anno senza giorni.

8

La geometria della Terra

Un cerchio di neve finiscea sud dell’orizzonteal centro un falò.Brucia la geometria della terradella terra che non piangesenza passisenza fiato.Al porto jazz di fuocolaggiù sirene spiegatesegnalano il vento di Diogabbiani ghiaccio aereiuna folla guardaesplode la dinamiteio corro corroe domani non mi fermerò.Linee di vetro contortesimmetriche tagliano il falò,riflessi di spiritidanze a braccia alzate.Una geometria scomposta confusadi cerchi apertilinee tratteggiatepunti a metà,una geometria irrealesottile ingenuauna geometria che bruciala mia terra che non parla.

Posto di lavoro

Nel fumo della tua sigarettaho letto i tuoi pensieri.La conocchia di mia nonna brucia:fumo d’incenso.Disegno triangoli equilaterisulle pagine dattiloscritteslogan di scioperinorme di consigli di quartierie parole parole di ventoraccolte a metà dei prepotenti.Dirigenti di cartapestasaturi di denaroprofili repressivipost avanguardia della P38Disegni di triangoli equilateriaspettano il tuo discorso.

Polonia

Un sentiero di pietrecavalli rossi di gessoombre di memorie.Al vento del nordcolloquio di cosecolloquio di occhicolloquio di sogni.Un alfabeto di arcobalenosentieri di fogliepercorsi da cavalli polacchi.

Assemblea

Assemblea di coloriassemblea di pensieriassemblea di cometedipingo col pennello di parolele memorie delle cosele memorie delle favolee sapori del maialei dialetti della terraDipingo col pennello di parolei giardini dello spazioi pensieri del cielola pioggia di Primaverauna pioggia che scioglie il disgeloil disgelo di una dimensione.

Com’è bello

Come’è bello scrivere con parole semplicicom’è bello respirare con la faccia difronte al ventocom’è bello baciare la tua bocca amore sconosciutocom’è bello scrivere senza punteggiaturasenza fonetica senza verbiscrivere liberamente senza regolecom’è bello premere il pedale dell’acceleratoree correre correre sulla polvere rossaverso la tua casa amore sconosciutocom’è bello mangiare le arance del tuo giardinocom’è bello passeggiare con tesulla strada di neve biancacom’è bello telefonartisentire la tua voceguardare i tuoi occhibussare alla tua portacom’è bello vivere il presenteamare senza sognarecantare bandiera rossascendere in piazzascioperarecom’è bello bere un bicchiere di vino rossoassieme ai compagnia brindare alla felicità.

Voli

Forse i miei sogni non ci sononell’arco dello spaziodove alberga l’ultimo grido,fugge la preghieracammina il tuo passo,e ancora i suonivoli sonoriamiche che ciarlanoschizzi d’inchiostrovoci diafonecrocicchi di una spiaggia d’orovisibilmente morta,ombre e poi cielisilenziosamente verdi.

Tetti di Zakopane

Ho sognato di fare teatro:occhi luminosi di ragazze biondeconfusione di immaginisovrapposizioni di favolepranzi di fragole e pannain piatti di legnocon posate di alluminioGruppi di uomini gruppi di donnepiste bianche geometrie di spiritisci, e maschere di terracotta.Tetti di legno di Zakopanebarriere di nevebarriere di ghiacciobarriere di sogni.

Libertà

Il corvo libera l’altro corvoil ladro libera l’altro ladroil vento libera l’altro vento;Scrivo e non sono rinchiuso tra le sbarrescrivo e non sono prigioniero della ragionee vorrei essere liberocome il corvocome il ladrocome il ventocome l’amore.

Spazi

Tangenziale affollata,era nuova di un mondopensieri negativicorrono, sfreccianodove l’immaginazione è pazzia.Scapolare di gridalinee lungo gli spazirichiami passatigente, mani bruciatee una folla di macchie:volti, cose stradee tutto uno schizzol’inchiostro è finito,pensate piano più pianoe non guardate l’orizzontenon c’è più.

Polvere

Non spolverare i miei capellinon è polvere sono pensieri,non spolverare la mia giacca;lo spazio è pieno di luciombre finite, urlapolvere schizzofrenicascomposizione di cervelliscomposizione di numeripidocchi in provettadomani la luce del sole,tornerà verde il panoramae la polvere diventa gialla.Singhiozzerà l’altroio scriverò due numeri,non spolverare i miei capelli,resta come una pietraabbraccia l’altro cuoree sussurra: amore!Non spolverare i miei capelli.

Natale come spazio

Dalla memoria si allontanano i ricordiil presente degli uominial suono di campaneNatale un semaforo del sistemauno spazio di predicheuno spazio di auguriuno spazio d’acqua santa.Ciaramelle e bestemmiemicroonde di elettricitàmicroonde di benedizioni,sento esplosioni di lacrimemicroonde per l’imbrogliouna finestra è sparitanella logica delle cosesento esplosioni d’aereisento catene tintinnaree discorsi con parole contortediscorsi agli incrocidiscorsi sulle piattaformediscorsi sul filo del vuotosemafori rossi nello spaziosemafori in assembleasempre più rossi.

Stasera

Dimmi staserase ridi di me.Lacrime di sogniNei tuoi occhi di lottae dimmi staserase canti per me,cambia motivoscricchiola solfeggiama dimmi staserase scrivi per me:Versi di setaparole di pianto.E scende stasera la morteArriva dal sud.Stasera non amo nessunolacrime dagli occhidella terra mialacrime umanesu bare di acero vecchio.E dimmi staserase piangi ancora per me.

Convegno di gabbiani

Gabbiani a convegnodiciannove, uno dittatore.Il tuo fiato è leggeroconvegno ieri al tavolo di vetrodiciannove gabbianibecco giallo dittatore.Ieri la leggendadomani non lo sopoi il singhiozzoal tavolo di terracottaGabbiani rossiin un mare scuro:a sud morti di famea sud grida di pauraa sud la vendettaviva la Sardegnaleggenda di oggia sud il tuo panepieno di spine.

Io vendo la morte

Io vendo la mortela vendo solo staseraa prezzo di costoa soldi contanti.Io vendo la mortesenza occhi e senza baravestita di fuoconuda sul dorso.Stasera frammenti di luciin cima al castellopassaggio di spiriti muticon forbici in manotagliano e cucionoil grande vestito del mondoBrandelli precipitano sui tettima io vendo la morteperchè ho pauradomani non più.

Tela

Ho appeso il tuo quadro in teatrolà nella parete degli applausiUna tela dipintacon succo d’arance ed estratto di bergamottosenza colorantiUna tela che odora di polvere da sparodi pelle di leopardoUna tela argentinizzata nell’immagine.L’ho appesa io a nome del sindacato di lamaa noma del sindacato di merda.

Io sono una cosa

C’è qualcuno che sogna stasera,una cosa che sognaun lontano pensiero circonda la tua casaSogna...non conosco la tua casa.Una cosa che sognagira taglia l’amore.Una cosa che sognaio ti parlo e tu non ci sei.Cadono i rintocchi delle campane,dormono le luci dei tuoi occhia Parantoro deserta nella nottecammina....arrampicato alla terracammina....Una cosa che sogna stasera ma tu non ci sei.

Versi dalla finestra

Un arcobaleno di fangodalla mia finestraun orizzonte di platino,volli di pensieridi pensieri di guerra, di lotte di scioperi.Dalla mia finestraconcerti:concerto di coscienzeconcerto di Brigantiuna montagnaun paesaggio giallo,i pini.Voli di mosche,voli di zanzare,voli di morti,voli di anime,voli di alberi:la mia finestra è rotondala geometria è contortail sogno è irrealela realtà è scomparsa.Il tuo volto è diventato di cerauna realtà spezzatauna realtà che galleggialungo il fiumesenza barca,una realtà astrattae gira gira il tuo voltoattorno all’antenna dei miei ricordi

Ora i tuoi passi non sono più stanchiora il tuo volto non è più di cerai tuoi occhi guardano verso sudpiù a sud della terra maledettapiù a sud della terra perdutapiù a sud della terra tradita.È un grido, un grido senza suonoun grido senza fiatoun grido di vendettas’incontra, si mescola, si confondeassieme alle voci del paesaggio dei morti,assieme alle voci delle ragazze stancheche vanno come una voltaancora alla fontanasi perde all’orizzonte stanco di pensieriall’orizzonte irraggiungibile ed amaroil tuo volto.L’orizzonte un muro di lucee il cerchio, le linee, le curve, gli angolisono scomparsi.

La strada del mare

La spiaggia una lavagna di sabbiaun arcobaleno giallo mi insegue,oltre la montagna la tua casa.La strada del mare:i cesti i volti;una pagina rossa;un angolo di festa dei miei pensieriuna festa umanauna festa con le lacrime agli occhi.Lungo la strada del mare gli occhi scuri,i contadini, i giovani, le ragazzetendono la mano,un angolo che viveun angolo che piangeun angolo del sudun angolo amaro,colloqui del sistemacolloqui di coltelliin questa terra disperataè il mondo, un mondo che piange,è gente che prega e bestemmia,che ama e sospira.Una pagina rossalungo la strada del mare,una pagina nuova.Lontano più lontanole speranze si perdono,e ancora le auto corrono corronoe i giovani, le ragazze, i contadinitendono la mano,

e lontano sempre più lontanoun orizzonte pallidoe ancora un sospiro.Una montagna che nasconde la tua casa,un cielo senza fumo,un cielo senza nuvole,un cielo dove riposano le ossaun cielo dove gli uccelli non volano,una pagina rossauna pagina di speranzaun innoun batticuore,una geometria frantumata,un urto, qualcosa di penetrantequalcosa di rosso,e ancora avantiancora le lacrime.

Segreto

Il mio segreto è un filo grigio.Nel bosco pioggia di foglie,lentamente la radice cresce.L’uomo senza radicinasconde l’essenza di una radice d’aria,invade la terra.Il segreto del vino rossoparole parole che reggono il piano inclinatosprofonda il carrocon il segreto del giornocon passi risonanti,va per la strada feritaa guardare le folle.Un segreto di radiciun fossato di distanzauna divisione nettatra terra e uomo.

Sono le fosse

Sono le fossele fosse degli alberio il cielo in una sera di novembre.Passi distaccati, estasi,alberi e fili:un baglioreil buio.Io non sono nato mi sono perdutole parole sono mute.Un cielo serenole prime ombreun crepuscolo senza sole,un tramonto deserto;lontano un cane abbaiae tu nell’ombra di una lucedai i tuoi bacicammini calpestila strada affollata.Sono le fosse dei mortisono le carni dei vivisono le unghie dei leoniche rompono il silenzioil silenzio di una sera di novembre,dove ancora gli alberi hanno tutte le fogliele fogli di un sud che muore.Novembrenuvole ad occidentebombe, feritie ancora novembresenza i tuoi bacisenza il tuo amore.

capriolecapriole di stelle, capriole di lucie tu danzi su un mare di nuvolee tu sogni una casa col fumo.Novembre un paesaggio tristeun paesaggio verde un paesaggio del sud.Ma il ferito il ferito è il padronee l’eroe il lavoratore.

Itinerari di meno jota

Itinerari di passaggio, itinerari d’addioho contato tutte le foglie degli alberi della terraho contato tutte le note della musica a jazz,itinerari di meno jota lacerati dalla miseriaHo sognato tutti gli occhi delle donnequando fanno l’amorevestite con mantelli bianchi,nascoste da un cerchio di veli.Itinerari di meno jota popolati di ladricon case a tegole tondecorsie di ospedali affollati con letti per terra.I miei capelli non sono bianchii miei capelli sono sporchi di farinae il vento solo il vento potrà cancellare il bianco.

Paura

Paura delle cose,delle lucertoledella malaria delle zanzare;sul tuo vestito di canapa biancogirano le gocce di mielee gia sento la bocca dolcele cose non sono al loro postola terra: periferia di una teoriaho paura che le parole finiscanoed io non posso più scriverenon posso più leggerenon posso più parlaresono prigioniero del silenziola collana di cristalli appesa al tuo collograffiata dalla pauragraffiata dal tuo amoreio non ho vissutoDentro la paura i tuoi occhie dentro i tuoi occhi il lagoe dentro più dentro ancora il mio infinito.

Frantumazioni

Frantumazioni dopo il pastonon legare il cavallo alla mangiatoiala biada è avvelenataritmo di preghieraritmo di lacerazione internanon legare il deputato alla poltronanon legare l’ortolano all’insalataFrantumazioni di schedesolo con la matitasolo con il tuo segno di croceFrantumazioni di coselacrime di calcestruzzoimpatto di pensieriimpatto di riscossaFrantumazioni di parolereggenza a dondolio di altalenaFrantumazioni di sistemiFrantumazioni di religioni.

Posto di blocco

Una strada senza croceviacon rottami di ferro,con fosse di bombeUna strada drittache porta alla tua anima,una strada con miele e benzina.Cortei di popolovertici a brandelli,un risucchio di vocie disegni di panorami bianchi.Attraversano la memoriaali di gabbianisogni schizofrenici che pranzano con posate d’argentoin un pellegrinaggio di povertà:immagini senza coloriin un vuoto di lucistormi arlecchini di cometesbarramento di pensierie di uomini incappucciati.

INDICE

Fine d’anno Pag. 15La geometria della terra » 17Posto di lavoro » 19Polonia » 21Assemblea » 23Com’è bello » 25Voli » 27Tetti di Zakopane » 29Libertà » 31Spazi » 33Polvere » 35Natale come spazio » 37Stasera » 39Convegno di gabbiani » 43Io vendo la morte » 21Tela » 45Io sono una cosa » 47Versi dalla finestra » 49La strada del mare » 53Segreto » 57Sono le fosse » 59Itinerari di meno jota » 63Paura » 65Frantumazioni » 67Posto di blocco » 69

71

Finito di stamparenel mese di gennaio 1985

presso lo

STAB TIPOGRAFICO DE ROSE COSENZA